· ORDINE 9-10 2006 Ordine dei giornalisti della Lombardia Anno XXXV n. 9-10 Settembre/Ottobre...

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ORDINE 9-10 2006

Ordinedeigiornalistidella Lombardia

Anno XXXVn. 9-10 Settembre/Ottobre 2006

Direzione e redazioneVia A. da Recanate, 120124 MilanoTelefono: 02 67 71 37 1Telefax: 02 66 71 61 94

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Poste Italiane SpASped.abb.post. Dl n. 353/2003 (conv. in L. 27/2/2004 n. 46) art. 1 (comma 2). Filiale di Milano

Associazione “Walter Tobagi” per la Formazione al GiornalismoIstituto “Carlo De Martino” per la Formazione al Giornalismo

Con l’avallo del ministro del Lavoro e della Previdenzasociale Cesare Damiano

Controriforma all’Inpgi2: chi guadagna fino a 1.500 euro all’anno e ha più di 5 anni di Alboverserà un acconto di 270 euro In precedenza pagava soloun contributo di 120 euro!

In Italia - ma non per i giornalisti - il lavoro fino a 5mila euro è occasionale ed è privo dell’obbligo d’iscrizione alla gestioneseparata dell’Inps (ex articoli 61 della legge 276/2003 e 44 della legge 326/2003). Perché l’Inpgi non si adegua all’Inps? I giornalisti sono cittadini di serie B? Il prelievo è una tassa sullapovertà: somiglia alla “tassa del macinato”, che ha consentito allo Stato risorgimentale di ottenere il pareggio del bilancio.

Franco Abruzzo: “Questa falsa riforma è una mossa per far crescere tra i giornalisti un clima di odio contro l’Ordine e per favorire i piani di abolizione dell’ente. Il gioco è scoperto. È evidente che chi non è iscritto all’Albo non ha questi balzelli sulla testa”.

Milano, 12 luglio 2006. Promosso e organizzato dal Consiglio dell’Ordine dei giornalistidella Lombardia (nel contesto dell’articolo 20/bis del Dpr 115/1965 e con l’approvazionedall’assemblea 2006 degli iscritti), prende il via il IX “concorso” destinato a valorizzare le te-si di laurea dedicate al giornalismo e alle istituzioni della professione. L’obiettivo è quello dicapire, attraverso le tesi, i reali problemi del mondo multimediale e conseguentemente dielaborare i migliori criteri di una formazione moderna dei giovani, che si avviano alla pro-fessione, e di quanti operano già “dentro” la professione. La collaborazione Ordine-Università è prefigurata dal comma 18 dell’articolo 1 della legge 4/1999 (che vuole l’esamedi Stato agganciato alle lauree della riforma) e dal Dlgs 300/1999 (che assegna alleUniversità il compito di preparare i nuovi professionisti): il concorso, lanciato dall’Ordine deigiornalisti di Milano, è un momento di questa collaborazione strategica per i giornalisti.L’articolo 20/bis del Dpr 115/1965 impegna il Consiglio nazionale a “collaborare, diretta-mente o di concerto con i Consigli regionali, con università, facoltà o scuole nazionali uni-versitarie di giornalismo ai fini della organizzazione dei programmi e degli esami per lamigliore formazione e specializzazione professionale dei giornalisti”.Giudice insindacabile del Premio è lo stesso Consiglio dell’Ordine. Le tesi (in unica copiae anche su dischetto in programma word oppure rtf) dovranno pervenire alla segreteriadell’Ordine (via Antonio da Recanate 1- 20124 Milano) entro il 31 dicembre 2006. Le tesi,comunque, non verranno restituite. Ogni candidato dovrà presentare la domanda in cartasemplice corredata dai dati anagrafici comprensivi del codice fiscale, dei recapiti telefonicie della residenza nonché dal certificato di laurea in carta semplice (sono ammessi al con-corso coloro che hanno riportato un voto non inferiore a 99/110). Potranno concorre-

re le tesi discusse nelle Università italiane (pubbliche e private) nel periodo gennaio-di-cembre 2006 a conclusione dei corsi quadriennali e quinquennali nonché dei corsibiennali specialistici post laurea triennale (laurea magistrale). Le sezioni del Premio(al quale ogni candidato dovrà far riferimento) sono sette e ogni vincitore di sezione rice-verà 2.500 euro. L’impegno finanziario dell’Ordine è, pertanto, di 17.500 euro complessivi.La cerimonia della consegna avverrà in occasione dell’assemblea degli iscritti all’Albodell’Ordine della Lombardia. La cerimonia, quindi, è prevista per il marzo 2007 al Circolodella Stampa. Estratti (di 400 righe) delle tesi premiate (e segnalate) verranno pubblicati suTabloid, organo bimestrale dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia. Per la valutazione del-le tesi il Consiglio si avvarrà, come lo scorso anno, dell’opera di consulenti (giornalisti e pro-fessori universitari).

Queste le sezioni:1) Storia del giornalismo italiano, dei suoi interessi e dei suoi protagonisti, anche attraver-

so le vicende storiche e di costume che lo hanno impegnato.2) Storia del giornalismo occidentale.3) Istituzioni della professione giornalistica. La deontologia e l’inquadramento contrattuale

dei giornalisti in Italia, in Europa e nel resto del mondo occidentale.4) Giornalismo radiotelevisivo.5) Giornalismo telematico.6) Giornalismo economico e finanziario.7) Giornalismo culturale, sociale, scientifico, sportivo e di costume.

Sette sezioni: a ogni vincitore 2.500 euro. I candidati dovranno consegnare le tesi entro dicembre. Ammessi al concorso coloroche hanno riportato un voto non inferiore a 99/110.

Via al IX concorso tesi di laurea sul giornalismoPromosso e organizzato dal Consiglio dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia

PREVIDENZA E FREE LANCE SANZIONI PER LA STAMPA

Abruzzo aCapezzone: 5 ragioni a favoredell’Ordine dei giornalisti

Fabio Mussi ritira “il Dpr Siliquini”. Ma annuncia alla Camera la laurea triennale per l’accesso

Le intercettazioni illegali non potranno essere utilizzate ai fini processuali e vanno distrutte

Cinquanta centesimi a copia per chi pubblicaRoma, 22 settembre 2006. Cinque articoli intutto per impedire qualsiasi utilizzazione delleintercettazioni illegali e punire i responsabili. Èstrutturato così il decreto legge approvato dalConsigli dei ministri e che entra in vigore “dalgiorno successivo alla sua pubblicazione sullaGazzetta Ufficiale”, probabilmente dunque dadomani.È il primo articolo a stabilire che “l’autorità giu-diziaria dispone l’immediata distruzione dei do-cumenti, dei supporti e degli atti concernentidati e contenuti di conversazioni e comunica-zioni, relativo al traffico telefonico e telematico,illegalmente formati o acquisiti”. E allo stessomodo si provvede per i documenti formati at-traverso la raccolta illegale di informazioni. Èvietato pure farne copia, ma soprattutto, stabi-lisce la norma, “il loro contenuto non costitui-sce in alcun modo notizia di reato, ne può es-sere utilizzato a fini processuali o investigativi”.Delle operazioni di distruzione è redatto un ap-posito verbale. La lettura del verbale che dà at-to dell’avvenuta distruzione, stabilisce l’articolo2, deve essere sempre consentita.Il decreto punisce anche la semplice deten-zione delle intercettazioni illegali con la reclu-sione da sei mesi a quattro anni; pena che au-menta da uno a cinque anni se il responsabi-le è un pubblico ufficiale o un incaricato di pub-blico servizio.Mentre è l’articolo 4 a stabilire le sanzioni pe-cuniarie a carico dei giornalisti: a titolo di ripa-razione ogni interessato può chiedere all’auto-re della divulgazione degli atti, al direttore o vi-cedirettore responsabile e all’editore in solidotra loro “una somma di denaro determinata inragione di cinquanta centesimi per ogni copiastampata, ovvero da cinquantamila euro a unmilione, secondo l’entità del bacino di utenzaove la diffusione sia avvenuta con mezzo ra-diofonico, televisivo o telematico”. In ogni caso“l’entità della riparazione non può essere infe-riore a ventimila euro”. L’azione di risarcimento“va proposta entro un anno dalla divulgazio-ne”, tranne che la vittima della intercettazioneillegale “non dimostri di averne avuta cono-scenza successivamente. (ANSA)

ABRUZZO: “LE INTERCETTAZIONI ILLEGALINON SONO COPERTE DAL DIRITTO DI CRONACA”

Milano, 22 settembre 2006. FrancoAbruzzo, presidente dell’Ordine deigiornalisti della Lombardia, ha cosìcommentato il provvedimento del go-verno:“Le intercettazioni illegali non sono co-perte dal diritto di cronaca e non pos-sono trovare cittadinanza nelle paginedei giornali. Diverso è il discorso sulleintercettazioni disposte dall’autoritàgiudiziarie: quelle si possono pubblica-re, ma salvaguardando la dignità dellepersone coinvolte.Il rispetto della persona e della dignitàumana è il limite interno all’eserciziodel diritto di cronaca, principio questofiglio dell’articolo 2 della Costituzione edell’articolo 2 della legge professionaledei giornalisti”.

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2 ORDINE 9-10 2006

Con l’avallo del ministro del Lavoro e della Previdenza sociale Cesare Damiano

Controriforma all’Inpgi2: chiguadagna fino a 1.500 euro all’anno e ha più di 5 anni di Alboverserà un acconto di 270 euro. In precedenza pagava soltantoun contributo di 120 euro!

Roma, 8 settembre 2006. GabrieleCescutti, presidente dell’Inpgi, ha diramatoil 5 marzo una lettera, che riportiamo qui diseguito. La lettera annuncia una riformadel sistema di pagamento dei contributi mi-nimi all’Inpgi2. Si tratta di prelievi iniqui,che per di più assicurano pensioni di fameai giornalisti free lance, che vivono di col-laborazioni. Finora coloro che guadagna-vano fino a 1.500 euro all’anno versavanoall’ente un contributo ridotto di 120 euro.Da oggi esiste un unico contributo mini-mo annuo per tutti coloro che abbianoun’anzianità di iscrizione all’Albo professio-nale superiore a 5 anni a prescindere dalreddito: la misura di tale contributo/anticipoè pari a complessivi 270,11 euro. Chi, in-vece, ha meno di 5 anni di Albo dovrà ver-sare un contributo/anticipo (ridotto) di122,72 euro (contro i 120,43 euro di pri-ma). Procediamo con un esempio: chi gua-dagna 10.000 euro, versa l’anticipo di 270euro, che poi scalerà in sede di saldo dai1.200 euro somma equivalente al 12% di10.000 euro. In effetti la riforma favoriscechi guadagna molto e penalizza chi gua-dagna poco, perché a chi guadagna pocola riforma non consente il rimborso delladifferenza tra l’acconto e la somma pari al12% dei compensi percepiti. In sostanzagli acconti (270 o 122 euro) non sono rim-borsabili in quanto rappresentano quelcontributo minimo destinato anche a farfunzionare l’Inpgi2. Da oggi in avanti nonverrà accordato alcun trattamento di fa-vore a chi guadagna meno di 1.500 eu-ro.Ancora una volta l’Inpgi/2 perde l’occasio-ne di accogliere le richieste che vengonodal mondo giornalistico giovanile e non so-

lo giovanile. In Italia - tranne per i giornali-sti - il lavoro fino a 5.000 euro è occasio-nale ed è privo dell’obbligo d’iscrizione al-la gestione separata Inps (ex articoli 61della legge 276/2003 e 44 della legge326/2003). Questo principio vale ancheper l’Inpgi2 in virtù del principio costituzio-nale di uguaglianza tra i cittadini e dell’ar-ticolo 76 (punto 4) della legge 388/2000:“Le forme previdenziali gestite dall’Inpgidevono essere coordinate con le normeche regolano il regime delle prestazioni edei contributi delle forme di previdenza so-ciale obbligatoria, sia generali che sostitu-tive”. Perché i giornalisti sono discriminatirispetto ai cittadini assicurati con l’Inps?Con il parere n. 881 (17 giugno 1998)emesso su richiesta del ministro delLavoro e del ministro del Tesoro, ilConsiglio di Stato ha affermato: “Non sus-siste obbligo di iscrizione alla Cassa diprevidenza per i soggetti iscritti nell’Alboche esercitano un’attività professionale inmaniera occasionale” I due ministri el’Inpgi hanno disatteso il parere.Può l’Inpgi/2 marciare in direzione oppostaagli interessi dei suoi iscritti? Che ne pen-sa la Fnsi?Questa la lettera di Cescutti:“Lo scorso 31 agosto il ministero delLavoro ha comunicato l’approvazione defi-nitiva di un’importante delibera assunta dalComitato amministratore della Gestioneseparata nel mese di maggio. Il provvedi-mento prevede una semplificazione del si-stema di pagamento dei contributi minimiche, come è noto, devono essere versatiogni anno entro il 30 settembre, in accon-to sulla contribuzione dovuta per il mede-simo anno.

Il sistema di acconti oggi abrogato

Finora il meccanismo in vigore prevedevatre casi distinti:● gli iscritti all’Ordine da più di 5 anni dove-

vano pagare un contributo minimo com-plessivo di 338,90 euro (di cui 258,23 atitolo di contributo soggettivo, 51,64 euroa titolo di contributo integrativo e 29,03euro per contributo di maternità);

● coloro che invece erano iscritti all’Ordineda meno di 5 anni dovevano versare uncontributo minimo ridotto pari a 120,43euro (di cui 71,40 euro a titolo di contri-buto soggettivo, 20 euro a titolo di contri-buto integrativo e 29,03 euro per contri-buto di maternità);

● inoltre, era previsto che dovessero ver-sare soltanto il contributo ridotto di120,43 euro anche coloro che, pur es-sendo iscritti all’Ordine da più di 5 anni,prevedessero di conseguire nell’anno unreddito non superiore a 1.500 euro. Perpotersi avvalere correttamente di questapossibilità il collega doveva però comuni-care per iscritto che il proprio reddito(presumibilmente) non avrebbe superatonell’anno la soglia dei 1.500 euro, salvoeventuale conguaglio in caso di supera-mento del limite.

Quest’ultima previsione aveva però inge-nerato confusione tra vari colleghi, con laconseguenza che i numerosi errati paga-menti avevano comportato la necessità difrequenti rettifiche di posizioni, con note-voli carichi di lavoro aggiuntivo per gli uffi-ci dell’Inpgi.

Gli acconti da oggi in vigore

Per questi motivi il Comitato amministrato-re, nella riunione del 10 maggio scorso, haapprovato una modifica al Regolamento(ora ratificata dal ministero del Lavoro) fis-sando un unico contributo minimo annuoper tutti coloro che abbiano un’anzianità diiscrizione all’Ordine professionale superio-re a 5 anni, a prescindere dal reddito. Lamisura di tale contributo è pari a comples-sivi 270,11 euro di cui 200 euro dovuti a ti-tolo di contributo soggettivo, 40 euro dovu-ti a titolo di contributo integrativo e 30,11euro per contributo maternità (tale ultimoimporto varia di anno in anno in relazioneall’andamento degli indici Istat).

Riepilogando, quindi, entro il prossimo30 settembre, i colleghi iscritti dovrannoprovvedere ad eseguire il versamento diuno soltanto dei due seguenti importi di ac-conto:

● Euro 122,72 (di cui 72,61 euro di contri-buto soggettivo, 20 euro di contributo in-tegrativo e 30,11 euro per contributo ma-ternità).

Tale importo dovrà essere versato in ac-conto da coloro che sono iscritti all’Ordineprofessionale da meno di 5 anni.

● Euro 270,11 (di cui 200 euro di contribu-to soggettivo, 40 euro di contributo inte-grativo e 30,11 per contributo maternità).Questo importo, invece, dovrà essereversato in acconto da coloro che vantanoun’anzianità di iscrizione all’Ordine supe-riore a 5 anni.

Sono attualmente in corso di spedi-zione al domicilio di tutti i colleghiiscritti all’Inpgi2 i bollettini di paga-mento prestampati e personalizzati.Nel caso in cui qualcuno non doves-se ricevere il bollettino potrà effettua-re il pagamento specificando la cau-sale del versamento “contributi mini-mi anno 2006”:

o a mezzo c/c postale intestato a:Inpgi Gestione separata D. Lgs.103/96 - n. 94425006;

oppure a mezzo bonifico bancario in-testato:a Inpgi Gestione separata D.Lgs.103/96 - Banca Popolare di Sondrio -Agenzia 11 Roma - CIN W ABI 05696CAB 03200c/c 000020000X28

Roma, 14 luglio 2006. Nella trattativa per il rinnovo delcontratto dei giornalisti il ministro del Lavoro, CesareDamiano, continuerà a cercare elementi di dialogo tra lecontroparti, nonostante la recente presa di posizione, innegativo, manifestata dalla Fieg, l'associazione degli edito-ri. Lo ha detto, a margine di un incontro su concertazionee politica del reddito, il ministro del Lavoro CesareDamiano.“Il ministro - ha osservato riferendosi alle contrapposizionitra giornalisti ed editori in merito al rinnovo del contratto deiprimi - continuerà a cercare opportunità per il dialogo. Igiornalisti - ha concluso - hanno dato la loro disponibilità”.

(ANSA)

Il ministro Damiano assicura:“Continuerò a cercareil dialogo traFnsi e Fieg”

Roma, 7 settembre 2006. La Giunta della Federazione nazionale della stampaitaliana riunita con le Associazioni regionali di stampa, ha proclamato quattro gior-nate di sciopero nazionale dei giornalisti italiani per rivendicare la riapertura del-la trattativa contrattuale con la Federazione italiana editori giornali (Fieg).I giornalisti dei quotidiani, delle agenzie di stampa, dell’emittenza radiotelevisivapubblica e privata si asterranno dal lavoro venerdì 29 e sabato 30 settembre; igiornalisti dei quotidiani e delle agenzie di stampa attueranno altre due giornatedi sciopero nazionale giovedì 5 e venerdì 6 ottobre alle quali parteciperanno an-che i colleghi dei quotidiani free press; i giornalisti della Rai e di tutta l’emittenzaradiotelevisiva nazionale attueranno le altre due giornate di sciopero lunedì 16 emartedì 17 ottobre.Le modalità dello sciopero dei giornalisti dei periodici saranno decise dal

Coordinamento nazionale dei cdr del settore convocato nei prossimi giorni in vi-deoconferenza a Milano e a Roma. (www.fnsi.it)

Fnsi:quattro giornate di sciopero per riavviare la trattativa contrattuale

P R O F E S S I O N E

Biancheri:“Non ci sono indicazioniper la ripresa del negoziato sul contratto”

Roma, 5 giugno 2006. “Non ci sono indicazioni che mi fac-ciano pensare che vi siano condizioni per cui la ripresa diun negoziato possa portare a risultati costruttivi e realisti-ci”. Così il presidente della Fieg, Boris Biancheri, fa il pun-to sulla vertenza per il rinnovo del contratto giornalistico, amargine di una conferenza stampa presso la sede dellaFederazione degli editori. Nel ripercorrere le fasi salienti delnegoziato, Biancheri ha ricordato che “da parte della Fiegera stata fatta una proposta di proroga della normativa vi-gente per affrontare solo la parte economica, ma la propo-sta è stata respinta e questo credo sia stato un errore”.

(Adnkronos)

3ORDINE 9-10 2006

4 ORDINE 9-10 2006

Il “decreto legge Bersani-Visco”colpisce la piattaforma della Fnsi:si allontana per i free lanceil tariffario delle prestazioni,ma resta in piedi quello indicativoe non vincolante dell’Ordine

Milano, 2 luglio-11 agosto 2006. Il “fuoco amico” del gover-no Prodi ha affondato quella parte della piattaforma contrat-tuale della Fnsi, che prevede un tariffario per le prestazioniautonome (dei giornalisti free lance) con queste precise pa-role: “Si chiede, inoltre, la definizione di un tariffario delle pre-stazioni autonome rapportato alla specificità della prestazio-ne (notizia, articolo, inchiesta) e al mezzo di diffusione (quo-tidiani, periodici, giornali elettronici). I compensi dovranno es-sere maggiorati quando si riferiscano ad avvenimenti che ri-chiedano la presenza del giornalista nei giorni domenicali efestivi infrasettimanali”. Il decreto legge, varato il 30 giugnodal Consiglio dei ministri, pubblicato nella Gazzetta Ufficialedel 2 luglio e poi dell'11 agosto come legge n. 248, stabilisceche “sono abrogate le disposizioni legislative e regolamenta-ri che prevedono, con riferimento alle attività libero professio-nali e intellettuali, l’obbligatorietà di tariffe fisse o minime ov-vero il divieto di pattuire compensi parametrati al raggiungi-mento degli obiettivi perseguiti”.È evidente che l’abrogazione riguarda le tariffe obbligatoriefisse o minime in vigore, ma è evidente anche che non se nepossano fissare di nuove, soprattutto tenendo conto che ilContratto dei giornalisti, con il Dpr 153/1961, ha assunto for-za di legge. Può sopravvivere il Tariffario dell’Ordine dei gior-nalisti, - varato ogni anno dal Consiglio nazionale con riferi-mento agli articoli 2, 11 e 35 delle legge professionale n.69/1963 nonché agli articoli 2230, 2231 e 2233 del Codice ci-vile -, che ha carattere indicativo e non vincolante. Il tariffarioin sostanza è una “tabella dei compensi minimi inderogabili,

al netto delle contribuzioni previdenziali, per le prestazioniprofessionali autonome dei giornalisti (locatio operis) non re-golate dal contratto collettivo di lavoro perché non compor-tanti subordinazione anche se costituenti cessioni di dirittod’autore”. I minimi del Tariffario sono valorizzati dai presiden-ti regionali dell’Ordine quando rilasciano il parere di congruità(ex artt. 2233 Cc nonché 636 Cpc) ai giornalisti, che hannodeciso di citare in giudizio gli editori, che hanno omesso il pa-gamento delle collaborazioni. Recita l’articolo 636 Cc: “Il pa-rere non occorre se l’ammontare delle spese e delle presta-zioni è determinato in base a tariffe obbligatorie (che oggi so-no state cancellate, ndr). Il giudice, se non rigetta il ricorso, de-ve attenersi al parere nei limiti della somma domandata, sal-va la correzione degli errori materiali”. Questo articolo do-vrebbe voler dire che il parere riguarda prestazioni non rego-late da tariffe obbligatorie (come sono quelle dei giornalisti).Se così fosse, rimarrebbero in piedi il tariffario dell’Ordine na-zionale e i pareri di congruità dei presidenti degli Ordini re-gionali. Secondo gli articoli articoli 2225 e 2233 del Cc, “il cor-rispettivo (o compenso), se non è convenuto dalle parti e nonpuò essere determinato secondo le tariffe o gli usi, è deter-minato dal giudice. In ogni caso la misura del compenso de-ve essere adeguata all’importanza dell’opera e al decoro del-la professione”. Questi articoli conferiscono una supplenza aigiudici, che dovrebbero determinare in via autonoma l’entitàdei compensi spettanti ai giornalisti liberi professionisti vittimedei “tempi lunghi” o delle dimenticanze degli editori.La legge Bersani-Visco, però, fa saltare l’articolo 633 del Ccin base al quale “il giudice competente pronuncia ingiunzio-ne di pagamento… se il credito riguarda onorari, diritti o rim-borsi spettanti ai notai a norma della loro legge professiona-le oppure ad altri esercenti una libera professione o arte, perla quale esiste una tariffa legalmente approvata”. Come dire:

se non c’è più la tariffa legalmente approvata non c’è più ildecreto di ingiunzione di pagamento. Un bel rebus, che raffor-za la pretesa degli editori di pagare le collaborazioni secon-do i loro comodi.“I compensi in denaro per l’esercizio di arti e professioni so-no riscossi - dice l’articolo 35 della legge - esclusivamentemediante assegni non trasferibili o bonifici ovvero altre mo-dalità di pagamento bancario o postale nonché mediante si-stemi di pagamento elettronico, salvo per importi unitari infe-riori a 100 euro”. Anche i giornalisti free lance “sono obbliga-ti a tenere uno o più conti correnti bancari o postali ai qualiaffluiscono, obbligatoriamente, le somme riscosse nell’eser-cizio dell’attività e dai quali sono effettuati i prelevamenti peril pagamento delle spese”.L’articolo 20 del dl prevede un taglio ai contributi a favore deigiornali organi di partito e/o di movimenti politici “fantasma”.Anche per i giornalisti professionisti, quindi, decadea) il divieto, anche parziale, di pubblicizzare i titoli e le spe-

cializzazioni professionali, le caratteristiche del servizio of-ferto e il prezzo delle prestazioni.

b) il divieto di fornire all’utenza servizi professionali di tipo in-terdisciplinare da parte di società di persone o associa-zioni tra professionisti, fermo restando che il medesimoprofessionista non può partecipare a più di una società eche la specifica prestazione deve essere resa da uno o piùprofessionisti previamente indicati, sotto la propria perso-nale responsabilità.

Concludendo, l’articolo 2 del dl parla delle tariffe proprie dicoloro che svolgono “attività libero professionali e intellet-tuali”, cioè di coloro che hanno sostenuto (ex art. 33, V com-ma, della Costituzione) “un esame di Stato per l’abilitazio-ne all’esercizio professionale”. In una parola la nuova leg-ge si riferisce ai professionisti iscritti nei vari Ordini e Collegi.

La nuova legge si riferisce ai professionisti iscritti nei vari Ordini e Collegi

di Franco Abruzzopresidente dell’Ordine dei giornalisti

della Lombardia

P R O F E S S I O N E

S C U O L E D I G I O R N A L I S M O

Previsto il taglio ai contributi a favore dei giornaliorgani dipartitoe/o dimovimenti“fantasma”. Collaborazionipagate solo via banca

Consulta dei presidenRoma, 4 luglio 2006. A Roma, nella sededell’Ordine nazionale dei giornalisti, si è riu-nita la Consulta dei presidenti e dei vicepre-sidenti degli organismi regionali. Un solo te-ma all’ordine del giorno: le Scuole di giorna-lismo autorizzate. Un quesito su tutti: l’attivitàdi controllo (e verifica) deve essere svoltasolo dall’Ordine nazionale? Sì, secondo l’o-rientamento della quasi totalità dei convenu-ti. Anche se non è stata esclusa la possibi-lità di intervento da parte degli Ordini regio-nali, che potrebbero essere rappresentati sianegli esecutivi delle Scuole sia nel Comitatotecnico scientifico dell’organismo nazionale.Fermo questo punto, Vittorio Roidi, segreta-rio dell’Ordine nazionale, dopo una lunga ecomplessa discussione, ha annunciato l’ini-zio di un lavoro per giungere a modifiche del“Quadro di indirizzi” sulle Scuole di giornali-smo, anche sulla base di contributi futuri.Una modifica sostanzialmente di contenuti,ma anche di numeri. Numeri, perché Roidi -già nel suo intervento di apertura, ricordan-do le proposte sindacali di chiusura a tempodelle Scuole (18 in tutto, 16 operative) per li-mitare il numero di disoccupati postpratican-tato - non ha escluso una possibile “misurapolitica” di riduzione dei praticanti ammessi

dalle strutture autorizzate dall’Ordine (ipotiz-zata una percentuale del 10 per cento). Ilsegretario ha però ribadito un concetto: “Sesi è bravi e preparati il mercato c’è”.Un’affermazione fondata ancora sui numeri:9 professionisti su dieci (formati nelleScuole) lavorano, anche se con diverse ti-pologie contrattuali. Inoltre, Roidi, nel corsodell’introduzione dei lavori, aveva sottolinea-to come, su base annuale, il numero di pra-ticanti delle Scuole che sostengono l’esamedi stato rappresentano il 12 (massimo 15)per cento dei circa 1200 candidati totali.E ora i contenuti. Contenuti che si reggonosul complesso equilibrio tra insegnamentiuniversitari e giornalistici. Sorvolando sugliaccordi raggiunti nelle singole realtà, chi de-cide, relativamente ai giornalisti, se deve in-segnare il professionista Bianchi o Rossi. E,soprattutto, chi decide cosa insegnare. E co-me. Al di là delle direttive del “Quadro di in-dirizzi”, c’è stata la proposta di istituire un“Albo dei formatori”. Insomma, chi è capace,secondo certificato, insegna. Su questo pun-to, il segretario ha espresso una certa per-plessità: “È una idea molto difficile da realiz-zare. E, poi, i formatori devono essere auto-nomi. È indispensabile”. Tra l’altro, il neona-

to Coordinamento delle Scuole, ha tra gliobiettivi principali proprio lo studio delle mo-dalità di insegnamento, nonché dei conte-nuti basilari. Lo stesso Coordinamento po-trebbe partecipare alle riunioni del Comitatotecnico scientifico, così come gli Ordini re-gionali potrebbero essere coinvolti negli in-contri delle Scuole. Sugli stage dei pratican-ti (delle Scuole) posizione quasi unica: sonocolleghi, praticanti, non devono sostituire iprofessionisti in ferie o altro (sottraendo la-voro ai disoccupati), ma neppure stare conle mani nelle mani. Richiesto un utilizzo rea-le e costruttivo nel rispetto delle norme sin-dacali. Casomai, dovrebbero essere diver-samente gestiti gli stagisti provenienti dalleUniversità. Comunque, un tavolo di lavoroampio ma condiviso su più punti. Tra questi,la difesa e la valorizzazione del percorsouniversitario - in grado di garantire profes-sionisti adeguatamente preparati e multime-diali (nonostante i molti stop alla riforma del-l’accesso alla professione) - e l’invito alSindacato a rientrare nei propri compiti isti-tuzionali.E veniamo ai singoli interventi registrati nelcorso della Consulta. Bruno Tucci, presiden-te dell’Ordine del Lazio, ha affrontato più

problemi: “Gli stagisti delle Scuole hanno po-co spazio anche per la presenza in redazio-ne di universitari che poi diventano abusivi”(ipotizzata una trattativa con la Fieg sullemodalità di accesso in redazione degli stagi-sti). Confermata la bontà del percorso uni-versitario contro i ciucci: “Sulle Scuole l’ulti-ma parola spetta all’Ordine nazionale”.Sull’ammissione agli esami, per Tucci sononecessarie regole uniche e uniformità di giu-dizio. E, più in generale, maggiore rigiditàanche in sede nazionale: sotto accusa il“buonismo della Commissione ricorsi”. Sullanecessità di uniformità di giudizio sull’am-missione agli esami (praticantati d’ufficio, maanche freelance) si è espresso ancheMaurizio Paglialunga, presidente dell’Ordinedel Veneto. E ancora: “Gli stagisti spesso so-no forza lavoro a costo zero”; sull’argomentonumero di allievi (e relative polemiche sinda-cali), Paglialunga ha proposto di approfondi-re la capacità di assorbimento del mercato.Infine, la richiesta di nuove regole nel segnodella chiarezza e della trasparenza (anchefinanziaria) nel rapporto con le Scuole inconvenzione: dal legame (“scarso”) con gliOrdini regionali alle rette sborsate dagli allie-vi (“Scuole solo per ricchi?”). Silvano Rizza,

5ORDINE 9-10 2006

Liste di “Autonomia e Solidarietà”, componente degli organismi di categoria dei giornalisti italiani Coordinamento nazionale

Testo del decreto-legge 4 luglio 2006Testo del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, coordinatocon la legge di conversione 4 agosto 2006, n. 248, recan-te “Disposizioni urgenti per il rilancio economico e so-ciale, per il contenimento e la razionalizzazione della spe-sa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e dicontrasto all’evasione fiscale”.

Art. 2. Disposizioni urgenti per la tutela della concorren-za nel settore dei servizi professionali1. In conformità al principio comunitario di libera concorrenzaed a quello di libertà di circolazione delle persone e dei ser-vizi, nonché al fine di assicurare agli utenti un’effettiva facoltàdi scelta nell’esercizio dei propri diritti e di comparazione del-le prestazioni offerte sul mercato, dalla data di entrata in vi-gore del presente decreto sono abrogate le disposizioni legi-slative e regolamentari che prevedono con riferimento alle at-tività libero professionali e intellettuali:a) l’obbligatorietà di tariffe fisse o minime ovvero il divieto di

pattuire compensi parametrati al raggiungimento degliobiettivi perseguiti;

b) il divieto, anche parziale, di svolgere pubblicità informativacirca i titoli e le specializzazioni professionali, le caratteristi-che del servizio offerto, nonché il prezzo e i costi complessi-vi delle prestazioni secondo criteri di trasparenza e veridicitàdel messaggio il cui rispetto è verificato dall’Ordine;

c) il divieto di fornire all’utenza servizi professionali di tipo in-terdisciplinare da parte di società di persone o associazio-ni tra professionisti, fermo restando che l’oggetto socialerelativo all’attività libero-professionale deve essere esclusi-vo, che il medesimo professionista non può partecipare apiù di una società e che la specifica prestazione deve es-

sere resa da uno o più soci professionisti previamente in-dicati, sotto la propria personale responsabilità.

2. Sono fatte salve le disposizioni riguardanti l’esercizio delleprofessioni reso nell’ambito del Servizio sanitario nazionale oin rapporto convenzionale con lo stesso, nonché le eventua-li tariffe massime prefissate in via generale a tutela degli uten-ti. Il giudice provvede alla liquidazione delle spese di giudizioe dei compensi professionali, in caso di liquidazione giudizia-le e di gratuito patrocinio, sulla base della tariffa professiona-le. Nelle procedure ad evidenza pubblica, le stazioni appal-tanti possono utilizzare le tariffe, ove motivatamente ritenuteadeguate, quale criterio o base di riferimento per la determi-nazione dei compensi per attività professionali.2-bis. All’articolo 2233 del codice civile, il terzo comma è so-stituito dal seguente:“Sono nulli, se non redatti in forma scritta, i patti conclusi tragli avvocati ed i praticanti abilitati con i loro clienti che stabi-liscono i compensi professionali”.3. Le disposizioni deontologiche e pattizie e i codici di auto-disciplina che contengono le prescrizioni di cui al comma 1sono adeguate, anche con l’adozione di misure a garanziadella qualità delle prestazioni professionali, entro il 1° gennaio2007. In caso di mancato adeguamento, a decorrere dallamedesima data le norme in contrasto con quanto previsto dalcomma 1 sono in ogni caso nulle.

Art. 20. Presidenza del Consiglio dei ministri1. L’autorizzazione di spesa di cui alla legge 25 febbraio 1987,

n. 67, come determinata dalla tabella C della legge 23 di-cembre 2005, n. 266, è ridotta di 1 milione di euro per l’an-no 2006 e di 50 milioni di euro a decorrere dall’anno 2007.

2. In relazione a quanto disposto dal comma 1, con appositodecreto del Presidente del Consiglio dei ministri sono ri-

determinati i contributi e le provvidenze per l’editoria di cuialla legge 7 agosto 1990, n. 250.

3. La dotazione relativa all’autorizzazione di spesa di cui al-l’articolo 1 della legge 24 febbraio 1992, n. 225, come de-terminata dalla tabella C della legge 23 dicembre 2005, n.266, è ridotta di 39 milioni di euro per l’anno 2006.

3-bis. All’articolo 3, comma 2-ter, secondo periodo, della leg-ge 7 agosto 1990, n. 250, e successive modificazioni, le pa-role: “Gli stessi contributi” sono sostituite dalle seguenti: “Adecorrere dal 1° gennaio 2002 i contributi di cui ai commi 8e 11”.3-ter. Il requisito della rappresentanza parlamentare indicatonell’alinea dell’articolo 3, comma 10, della legge 7 agosto1990, n. 250, e successive modificazioni, non è richiesto perle imprese editrici di quotidiani o periodici che risultano es-sere giornali o organi di partiti o movimenti politici che alla da-ta del 31 dicembre 2005 abbiano già maturato il diritto ai con-tributi di cui al medesimo comma 10.

Art. 35. Misure di contrasto dell’evasione e dell’elusionefiscale12. All’articolo 19 del decreto del Presidente della Repubblica29 settembre 1973, n. 600, dopo il secondo comma sono in-seriti i seguenti: “soggetti di cui al primo comma sono obbli-gati a tenere uno o più conti correnti bancari o postali ai qua-li affluiscono, obbligatoriamente, le somme riscosse nell’e-sercizio dell’attività e dai quali sono effettuati i prelevamentiper il pagamento delle spese.I compensi in denaro per l’esercizio di arti e professioni sonoriscossi esclusivamente mediante assegni non trasferibili obonifici ovvero altre modalità di pagamento bancario o po-stale nonché mediante sistemi di pagamento elettronico, sal-vo per importi unitari inferiori a 100 euro”.

“Autonomia e Solidarietà”:contratti, etica, accesso alla professione, le priorità della categoria

CONTRATTI

L’assemblea sottolinea la gravità della situa-zione che si è determinata per responsabi-lità degli editori della Fieg. La pervicace vo-lontà degli editori di colpire a morte la con-trattazione nazionale della categoria, di stra-volgerne le regole, di indebolire fortementeil sindacato e attraverso questo obiettivo col-pire l’autonomia professionale dei giornalistiha avuto fin qui una risposta ferma ed uni-taria, testimoniata dal successo delle ottogiornate di sciopero finora programmate. Ilgiornalismo italiano non può accettare chel’attuale blocco della trattativa contrattuale siprotragga ancora a lungo.Occorre, come ha chiesto la Fnsi, che il go-verno ponga gli editori di fronte alle loro re-sponsabilità sociali.La Fieg ha presentato al governo un pac-chetto di richieste, alcune delle quali sonoanche condivisibili. Tuttavia, gli editori italia-ni non possono chiedere che un fiume didenaro prenda la strada delle loro aziendee intanto operare una surrettizia riduzionedel costo del lavoro attraverso il blocco delcontratto, l’uso dei lavoratori precari e untrattamento risibile al lavoro autonomo perdi più lasciato senza regole e tutele certe.La trattativa deve avviarsi senza pregiudi-ziali e produrre ragionevoli compromessi.Per quanto riguarda la definizione del profi-lo professionale dei giornalisti addetti stam-pa pubblici urge aprire la trattativa sull’ipo-tesi di testo che la Fnsi, d’intesa con un nu-mero significativo di sindacati autonomi, hagià presentato all’Agenzia per la negozia-

Nel fine settimana di metà giugno, si è tenuta, a Ferrara, latradizionale Assemblea nazionale della componente di“Autonomia e Solidarietà”, la principale forza di maggioranzadella Fnsi e parte importante del governo di tutti gli organismi di categoria.Il dibattito ha affrontato tutti i temi più importanti che stanno difronte alla categoria dei giornalisti. Nel corso della discussionesono intervenuti 36 colleghi e tra questi tutti i principali esponentidegli enti di categoria che fanno riferimento alla componente.

RIFORMA DELL’ACCESSO

L’assemblea di “Autonomia e Solidarietà” ri-tiene il tema della definizione di meccanismicerti ed univoci per l’accesso alla professio-ne giornalistica una delle priorità a cui è difronte la categoria. La riforma della legge isti-tutiva dell’Ordine è ormai ineludibile: gravisono le responsabilità della classe politicache da anni non affronta un problema che ri-guarda un settore importante per la qualitàdella democrazia come è quello dell’informa-zione.L’assemblea di “Autonomia e Solidarietà” ri-badisce la validità della scelta, compiuta an-ni fa, di praticare vie che consentissero con-temporaneamente di elevare la preparazioneculturale dei nuovi colleghi e nel contempo disottrarre la scelta stessa di poter praticare laprofessione giornalistica alla totale discrezio-nalità degli editori. Alla luce delle enormi dif-ficoltà che caratterizzano il mercato del lavo-ro giornalistico, sul quale preme una quota ri-levante di inoccupazione intellettuale oltread un numero altrettanto rilevante di disoc-cupati e precari, “Autonomia e Solidarietà” ri-tiene urgente un confronto approfondito tratutti gli organismi di categoria dei giornalistiitaliani, confronto dal quale devono scaturirescelte in grado di attenuare quanto più pos-sibile l’attuale confusione e disagio.I temi della deontologia e dell’accesso allaprofessione dovranno essere gli elementi do-minanti della campagna elettorale delle ele-zioni per il rinnovo degli organi di governodell’Ordine dei giornalisti che si svolgerannotra un anno circa.

zione contrattuale nel pubblico impiego(Aran). In questo caso la responsabilità delgoverno è diretta e decisiva per indurrel’Aran a convocare i necessari incontri. Ilpermanere di una posizione di indisponibi-lità da parte di Cgil, Cisl e Uil non può im-pedire la realizzazione di quanto previstoda una legge dello Stato che ormai risale a6 anni fa, ma le cui previsioni restano pie-namente valide.Le grandi Confederazioni sindacali debbo-no comprendere che la loro è una posizio-ne sterile che occorre superare nell’interes-se più generale dei lavoratori.Del resto la disponibilità del sindacato deigiornalisti al confronto con le Confedera-zioni per individuare una strada comune suquesto tema è sempre stata totale.

DEONTOLGIAI giornalisti italiani si trovano di fronte a vi-cende che ne mettono fortemente in discus-sione la credibilità. È necessario che tutti gliorganismi della categoria facciano la loroparte. È necessario che ciò che in queste vi-cende - scaturite da varie intercettazioni te-lefoniche che è stato giusto pubblicare - èdeontologicamente rilevante venga esami-nato dall’Ordine professione in tutte le suearticolazioni. È così, con la trasparenza deiprocedimenti, che si opera in modo effettiva-mente garantista verso i colleghi e la pubbli-ca opinione.Su questo tema occorrerà intensificare l’at-tenzione ed operare un approfondimento perrendere più efficaci le regole deontologicheche la stessa categoria si è data.

nti: “Va modificato il Quadro di indirizzi”del Comitato tecnico scientifico dell’Ordine etra i fondatori dell’idea Scuole, è andato viadiritto: “Mi occupo solo di Scuole da circaventi anni e l’esperienza mi dice che solodue o tre sono buone”. Gli stage? “Sono l’es-senza del percorso formativo”. Sui ventilatisquilibri occupazionali, Rizza ha aggiunto:“Bisogna impedire che ne nascano altre oquantomeno autorizzare nuove strutture te-nendo conto delle condizioni di mercato”.“L’opzione universitaria è irreversibile”, seccol’esordio di Ermanno Corsi, presidentedell’Ordine della Campania. Sul potere dicontrollo da esercitare nei confronti delleScuole, Corsi ha affermato: “Non si puòescludere l’assegnazione di alcune funzioniagli Ordini regionali”, tra cui la determinazio-ne del numero di allievi da ammettere nellastruttura di competenza. Per MichelePartipilo, presidente dell’Ordine della Puglia,più che chiudere o stoppare le Scuole, è ne-cessario intervenire sui praticanti fuori con-trollo (d’ufficio e freelance). “Le Scuole sonol’unica strada per avere giornalisti semprepiù preparati, ma si devono anche individua-re gli strumenti per farle funzionare”. Poi, dueproposte: l’istituzione dell’Albo dei formatorie il voto degli allievi sugli insegnanti (da ta-

gliare se non adatti), che alcune scuole giàadottano. Oreste Lopomo, presidentedell’Ordine della Basilicata, ha diviso il suointervento in più punti: “Sulla formazione, èindispensabile un compromesso tra Uni-versità e Ordine per ottenere giusti risultati”;“Lo stage deve essere costruttivo e operati-vo”; “Il sindacato sta distruggendo il ruolodell’Ordine”. E infine: “Gli Ordini regionali de-vono essere rappresentati nel Coordi-namento delle Scuole”. Per Fabrizio Franchi,presidente dell’Ordine del Trentino Alto-Adige, le Scuole garantiscono la formazione,ma bisogna porsi “il problema del numero to-tale dei praticanti provenienti dalla struttureconvenzionate, perché contemporaneamen-te diminuisce il potere contrattuale, indeboli-to anche dai ricatti cui devono sottostareabusivi e precari”. Franchi ha, poi, adombra-to possibili situazioni a rischio, relativamenteai finanziamenti percepiti da alcune Scuole.Francesco De Vito, del Comitato esecutivodell’Ordine nazionale, contrario al blocco perdue anni dei corsi autorizzati (“una posizio-ne sindacale meno minoritaria di un tempo”),ha spostato il problema sul riconoscimentodei praticantati d’ufficio (“spesso molto im-probabili”). Sulla questione delle ammissioni

agli esami, negate dagli Ordini regionali, mapoi approvate in sede nazionale, ha preci-sato: “Sono pochi episodi. Ineliminabili. Perquanto riguarda il resto, bisogna dare attoalla Commissione ricorsi dello sforzo massi-mo prodotto nell’applicazione dei criteri in-terpretativi dell’articolo 34”. Ezio Ercole, vi-cepresidente dell’Ordine del Piemonte, inve-ce si è soffermato soprattutto sulla prepara-zione: “Perché non studiamo qualcosa perfavorire la crescita culturale dei pubblicisti?La risposta potrebbe essere un master, inconvenzione universitaria (per laureati), fi-nalizzato all’approfondimento delle cono-scenze professionali”. Per Elio Pezzi, vice-presidente dell’Ordine dell’Emilia-Romagna,l’organismo nazionale deve mantenere i po-teri di controllo e verifica sulle Scuole, anchese va rinnovato il quadro normativo.Comunque, “non possiamo rinunciare allescelta universitaria”. Sul blocco dei corsi del-le strutture in convenzione, una proposta al-l’insegna del turn over tra le Scuole.Giannetto Sabbatini Rossetti, presidentedell’Ordine delle Marche, ha insistito sulladiversità di giudizio dei singoli organismi re-gionali nel trattare i riconoscimenti d’ufficio ele richieste dei freelance: “Ci vogliono deli-

bere quadro per stabilire i criteri”. E poi: “Glistagisti praticanti devono lavorare non guar-dare, altrimenti non ha senso. Fermiamoquelli provenienti dalle Università”. Infine: “Ilsindacato facesse la contrattazione, nonpossiamo bloccare il mondo. I disoccupati siqualifichino”.Maria Pia Farinella, consiglieredell’Ordine nazionale, si è soffermata sull’a-vanzamento da parte delle donne nel mon-do del giornalismo, da attribuirsi alla diffusio-ne delle Scuole di giornalismo, perché, neiprocessi di formazione, le donne non sonomai seconde. Giulio Mastroianni, consiglieredell’Ordine nazionale, invece, ha propostotre punti specifici su cui lavorare nel prossi-mo futuro: criteri unici (da parte degli Ordiniregionali) relativamente all’iscrizione al regi-stro dei praticanti; utilizzo di soli disoccupatie stagisti (provenienti dalla Scuole autoriz-zate) per le sostituzioni nelle redazioni; infi-ne, la presenza degli Ordini regionali sia ne-gli esecutivi delle Scuole sia nel Comitatotecnico scientifico dell’organismo nazionale.Alla Consulta sono intervenuti il presidentedell’Ordine nazionale dei giornalisti, LorenzoDel Boca, che ha definito la riunione “profi-cua”, e il direttore dell’ente, Ennio Bartolotta.

(g.c.)

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P R O F E S S I O N E

Risposta di Franco Abruzzo a Daniele Capezzone (Rnp) che propone l’abolizione dell’Ordine dei giornalisti

Abruzzo attacca Serventi Longhi: “L’Ordine dei giornalisti è un giudice amministrativo, non il giustiziere della categoria”

Giornalisti:5 ragioni a favoredell’Ordine

Nonvogliamotornare al vecchio“mestiere”

Milano, 11 agosto 2006. Pubblichiamo la let-tera aperta che Franco Abruzzo, presidentedell’Ordine dei giornalisti della Lombardia, haindirizzato all’onorevole rosapugnista DanieleCapezzone, che oggi ha proposto l’abolizionedell’Ordine dei giornalisti, accogliendo i sug-gerimenti degli editori e in generale dei pa-droni delle ferriere:Ho letto con interesse le tue dichiarazionisolitarie all’interno della maggioranza digoverno e contrastate dall’opposizione.Mi permetto sommessamente di ricordareche la parola Ordine significa riconosci-mento giuridico di una professione, nelcaso particolare della professione giorna-listica. L’Ordine, inoltre, è la deontologia.Nel caso specifico le “regole” fissate dallegislatore sono il perno, come afferma ilnostro contratto di lavoro, dell’autonomiadei giornalisti. I Consigli degli Ordini sonoper legge i giudici disciplinari e in questocampo fanno la loro parte, certamente conalti e bassi.Sottolineo l’importanza strategica per unasocietà democratica del nuovo diritto fon-damentale dei cittadini all’informazione(“corretta e completa”), costruito dallaCorte costituzionale sulla base dell’artico-lo 21 della Costituzione e dell’articolo 10della Convenzione europea per la salva-guardia dei diritti dell’uomo (che è legge“italiana” dal 1955). Questo nuovo dirittofondamentale presuppone la presenza el’attività di giornalisti vincolati a una deon-tologia specifica e a un giudice disciplina-re nonché a un esame di Stato, che ne ac-certi la preparazione come prevede l’arti-colo 33 della Costituzione.Le considerazioni sopra esposte consen-tono di risalire alle ragioni che hanno spin-to il Parlamento nel 1963 a tutelare la pro-fessione giornalistica. L’eventuale abroga-zione della legge n. 69/1963 sull’ordina-mento della professione giornalisticacomporterà questi rischi:

1) quella dei giornalisti non sarà più unaprofessione intellettuale riconosciuta etutelata dalla legge;

2) risulterà abolita la deontologia profes-sionale fissata nell’articolo 2 della leg-ge professionale n. 69/1963;

3) senza la legge n. 69/1963, cadrà pergiornalisti (ed editori) la norma che im-pone il rispetto del “segreto professio-nale sulla fonte delle notizie”. Nessunoin futuro darà una notizia ai giornalistiprivati dello scudo del segreto profes-sionale;

4) senza legge professionale, direttori eredattori saranno degli impiegati di re-dazione vincolati soltanto da un artico-lo (2105) del Codice civile che riguardagli obblighi di fedeltà verso l’azienda. Ildirettore non sarà giuridicamente nellecondizioni di garantire l’autonomia del-la sua redazione;

5) una volta abolito l’Ordine, scompariràl’Inpgi. I giornalisti finiranno nel calde-rone dell’Inps, regalando all’Inps un pa-trimonio di 2.500 miliardi di vecchie lire(immobili e riserve).

Governo e Parlamento devono preoccu-parsi di riformare le leggi sugli ordini e icollegi nonché di tutelare i saperi dei pro-fessionisti. La formazione e gli esami perl’accesso devono essere delegati a un al-tro soggetto (l’Università) anche per ga-rantire il rispetto del principio costituzio-nale dell’imparzialità. Non possono esse-re i professionisti a giudicare chi debbaentrare nella cittadella delle professioni. Ècondivisibile, infatti, quella parte del de-creto legislativo 300/1999 sul riordino deiministeri che affida l’accesso alle profes-sioni - e quindi anche della professionegiornalistica - all’Università. Oggi deve es-sere tolto agli editori il potere che hannodal 1928 di “fare” i giornalisti. I giornalistidevono nascere soltanto in Università. Su

questo fronte sei in difficoltà, caro com-pagno Capezzone: il tuo partito, parlo deiradicali, ha promosso un referendum perabolire l’articolo 18 dello Statuto deiLavoratori. Ha perso anche questo refe-rendum come quello contro l’Ordine deigiornalisti. Oserai oggi metterti contro ipadroni, che negano ai giornalisti il rinno-vo del contratto?Non dimenticare: a) che l’Ordine ha cer-cato di liberalizzare la professione crean-do 19 scuole di giornalismo; b) che i suoiminimi tariffari non sono vincolanti (comevuole l’Europa); c) che l’Europa, con la di-rettiva 36/2005 (“Zappalà”) ha dato discoverde gli Ordini e ai Collegi italiani.Quella direttiva e poi il dlgs 30/2006 (“LaLoggia”) hanno stabilito che le professio-ni intellettuali si possono svolgere sia invia autonoma sia in via dipendente.Ti auguro un ravvedimento operoso. Perora sei un giovane vecchio, prigionierodegli schemi pannelliani, rottami di unastoria con pagine anche dignitose sul ter-reno dei diritti civili. Vogliamo rimanereprofessionisti e non tornare alla stagionemortificante del “mestiere”. Di quella sta-gione il buon Giacinto Marco Pannella(mio collega a Il Giorno di Mattei) è testi-mone parigino prezioso. Tu, caroCapezzone, guarda avanti e non sposarele aspettative degli editori, che vogliono igiornalisti asserviti ai loro voleri. SenzaOrdine, infatti, rimarranno soltanto gli or-dini degli editori.Nota. La tua proposta sull’Ordine dei gior-nalisti è un messaggio indiretto di “aboli-zione” ai 2 milioni di iscritti agli Ordini e aiCollegi italiani. I giornalisti non sarannosoli nella loro battaglia!Cordiali saluti e buone ferie.

Franco Abruzzo presidente dell’Ordine dei giornalisti

della Lombardia

Minaccia indiretta ai 2 milioni di professionisti italiani iscritti negli Ordini e nei Collegi

Milano, 12 agosto 2006. Paolo ServentiLonghi, segretario generale della Fnsi, nelcontesto della proposta del parlamentare ro-sapugnista Daniele Capezzone di abolizionedell’Ordine dei giornalisti, ha rilasciato unadichiarazione, che rappresenta un capovol-gimento di fronte e una pugnalata alla schie-na di quanti operano nei Consigli dell’Ordinenonché una caduta personale che denotaapprossimazione e scarsissima preparazio-ne giuridica.

Serventi Longhi scrive che “… un Ordineche non riesce a svolgere tempestiva-mente e con efficacia il ruolo di garanteetico dei giornalisti, ma soprattutto deicittadini, non ha proprio più alcun sensoed anche le regole dell’accesso alla pro-

fessione appaiono inadeguate di fronteal dilagare del precariato e del lavoro ne-ro”. Vogliamo tranquillizzare ServentiLonghi: a partire dal 18 settembre, difronte al Consiglio dell’Ordine di Milano,compariranno, come è già noto, i giorna-listi coinvolti nelle vicende Calciopoli,Sismi, “bimbo mai nato” e commistionepubblicità/informazione.Anche l’Ordine del Lazio ha convocato igiornalisti coinvolti nelle analoghe vicen-de. La giustizia è una cosa tremenda-mente seria: i Consigli dell’Ordine nonsono giustizieri della categoria.I termini a difesa sono un istituto ancheamministrativo, che i Consigli devono ri-spettare in maniera rigorosa (in casocontrario, le decisioni verrebbero cancel-

late dal giudice di appello). La Corte co-stituzionale, con la sentenza 505/1995, havincolato i Consigli a una disciplina au-stera: “Non è fondata, nei sensi di cui inmotivazione, la questione di legittimitàcostituzionale dell’art. 56 comma 2 legge3 febbraio 1963 n. 69, sull’ordinamentodella professione di giornalista, propo-sta, in riferimento agli art. 3 e 24 cost.,sotto il profilo che la norma non consen-tirebbe al giornalista incolpato di parteci-pare alla fase istruttoria del procedimen-to disciplinare a suo carico: la norma in-fatti può essere interpretata nel sensoche, quando in istruttoria si proceda al-l’accertamento dei fatti attraverso la rac-colta di prove, l’incolpato abbia la possi-bilità di visione dei verbali e di utilizzo diogni strumento di difesa con memorie il-lustrative, presentazione di nuovi docu-menti e deduzione di altre prove, com-presa la richiesta di risentire testimoni sufatti e circostanze rilevanti ed attinenti al-le contestazioni (Corte cost., 14 dicembre 1995, n. 505;Parti in causa: Pietroni c. Consiglio naz.ord. giornalisti e altro; Riviste: Giust. Civ.,1996, I, 651 e Rass. Forense, 1996, 32)”.

A questo punto ho un suggerimento da da-re all’amico Paolo Serventi Longhi: quello distudiare la “carte” prima di parlare e di capi-re che le inchieste citate sono state blocca-te anche dal “generale estate”. Anche sul-l’accesso Serventi Longhi dice cavolate:l’Ordine si è battuto e si batte in solitudine

Una volta abolito l’Ordine, rimarranno per togliere agli editori il potere di “fare” igiornalisti, un potere che risale al 1928.L’Ordine ha creato 19 scuole o master digiornalismo. Con il praticantato d’ufficio - av-viato proprio da Milano nel 1967 - l’Ordineha stroncato l’abusivismo nelle redazioni.Chieda lumi a Mario Ajello, che oggi sulMessaggero scrive un articolo ingenerososull’Ordine, dimenticando le sue vicendeprofessionali risolte dall’Ordine di Milano se-condo legge e nel rispetto del valore della di-gnità della persona.Le procedure garantiste - dettate dall’artico-lo 56 della legge professionale 69/1963 edalla legge 241/1990 - non possono esseresuperate allegramente a patto che l’Ordinedei giornalisti rimanga ente pubblico e giudi-ce disciplinare amministrativo. E su questonon ho dubbi: Capezzone ha lanciato unaproposta estiva, che è isolatissima all’internodella maggioranza di governo (come hascritto l’on. Pierluigi Mantini, autorevoleesponente della Margherita).Paolo Serventi Longhi si preoccupi piuttostodi portare a casa il contratto atteso da dueanni, ma senza capitolazioni di fronte allepretese degli editori.

Franco Abruzzopresidente dell’Ordine dei giornalisti della

Lombardia

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soltanto gli ordini degli editori della FiegAbruzzo a Capezzone: “Senza Ordine nessuna tutela. Per la categoria conseguenze devastanti”

Roma, 23 agosto 2003. “Abolire l’Ordine deiGiornalisti avrebbe soltanto conseguenzedevastanti, perché la categoria non sarebbepiù tutelata”. A parlare è Franco Abruzzo, pre-sidente dell’Ordine dei giornalisti dellaLombardia, che ribatte così, all’Adnkronos,all’intervento di Daniele Capezzone, segreta-rio dei radicali italiani, pubblicato oggi su ilGiornale a sostegno della propria proposta diabolizione dell’Ordine. “Mi batto da trent’an-ni - afferma Abruzzo - per ottenere un as-setto innovativo, per avere una riformadella legge ‘63 dell’Ordine professionaleancorata all’Università e alla direttiva89/48/Cee”. L’Europa vuole che i profes-sionisti regolamentati abbiano alle spallealmeno una laurea triennale. Il ministroMussi il 4 luglio in Parlamento ha dichia-

rato che adeguerà gli ordinamenti vigentia quella direttiva. Il presidente dell’Ordinedei giornalisti della Lombardia spiega inoltreche sarebbe d’accordo “soltanto con l’aboli-zione di tutti gli Ordini professionali. Sarebbenecessaria, dunque, una riforma totale,dove tutti gli Albi dovrebbero essere ge-stiti direttamente dallo Stato: gli Albi po-trebbero essere pubblicati nel portale delministero della Giustizia; l’esame di Stato(previsto dall’articolo 33, V comma, dellaCostituzione) potrebbe essere affidato al-le Università, mentre le prime sezioni civi-li dei Tribunali di capoluoghi di regionepotrebbero svolgere le funzioni di giudicedisciplinare.Capezzone non ha ancora capito che la“Carta” francese non è adattabile al siste-

ma italiano, perché la nostra Costituzioneimpone l’esame di Stato a chi intendeesercitare una professione intellettuale. IlParlamento e oggi l’Università hanno de-cretato che esiste la professione di gior-nalista. Capezzone non sa che coloro iquali esercitano di fatto la professionepossono diventare giornalisti di diritto,chiedendo ai Consigli dell’Ordine la deli-bera di iscrizione d’ufficio al Registro. InLombardia abbiamo sanato d’ufficio al-meno 3mila posizioni. Capezzone è di-sinformato quanto impreparato”.“Capezzone - conclude Abruzzo -, isolatonella maggioranza, deve smetterla di la-vorare per gli editori e di dire cavolate.

Le reazionipredicazioni pseudoliberiste servono a po-co, occorre comprendere e far compren-dere che la modernizzazione delle profes-sioni - conclude Mantini - è per la crescitadel paese e delle professioni e non controle professioni’’.

(ANSA)

Marco Lion, no all’ abolizione sì a riformaRoma, 12 agosto 2006. “L’Ordine dei gior-nalisti non va abolito, ma certamente profon-damente riformato’’: lo sostiene il deputato eresponsabile Comunicazione dei VerdiMarco Lion, secondo il quale “occorre unariforma dell’Ordine per garantire la massimatrasparenza e per tutelare maggiormente idiritti dei giornalisti, in particolare dei preca-ri e delle categorie più deboli’’. (ANSA)

Stiffoni e Davico (Lega), no all’abolizionedell’Ordine. Devono finire piuttosto i favoritismi in redazioneRoma, 12 agosto 2006. “L’uscita del radi-cale Capezzone riguardo all’abolizionedell’ Ordine dei giornalisti ricorda tanto ilferroviere Totò in Destinazione Piovaroloche, per fermare il treno con il ministro, siinventa una frana. Capezzone per risolve-re la sua acredine di astinenza parlamen-tare dei radicali, si inventa una cosa chenon ha né capo né coda, a parte qualche

collega che lo segue”.A commentare la proposta del segretariodei Radicali italiani sono i capigruppo delCarroccio in commissione Lavori pubblicie Comunicazione e in commissioneCultura del Senato, Piergiorgio Stiffoni eMichelino Davico. “Qual è lo scopo? - sichiedono entrambi i senatori. Far arrivarepiù soldi alle casse del governo Prodi coni soldi dei professionisti iscritti all’Inpgi ealla Casagit? Se è questo ebbene il bina-rio è totalmente morto.Almeno per quanto ci riguarda.L’Ordine non deve essere abolito, ma al-cune cose vanno cambiate come in altriordini professionali.Per esempio, i favoritismi dei ‘figli di...’ inalcune redazioni di giornali e televisionidevono finire. Tanti bravi precari - conclu-dono - sono da anni in attesa di un con-tratto sicuro”.

(Adnkronos)

Capezzone a Vittadini, gli Ordinivanno superati.Altrimenti non ci sarà alcuna vera liberalizzazione

Roma, 20 agosto 2006. Gli ordini professio-nali “vanno superati”. Il presidente dellaCommissione Attività produttive dellaCamera, Daniele Capezzone, replica alle pa-role pronunciate dal presidente dellaFondazione della Sussidiarietà, GiorgioVittadini, al Meeting di Rimini. “Davvero, noncapisco l’enfasi e l’energia con cui ha ritenu-to di difendere gli Ordini professionali, chesono e restano uno dei maggiori fattori dichiusura illiberale del nostro sistema econo-mico e sociale, di impedimento o comunquedi restrizione nell’accesso alle professioni, edi negazione di una vera concorrenza e di ef-

fettive condizioni di mercato”, affermaCapezzone. “Lo dico da cittadino e da politi-co che, come si sa, è in prima fila nella lottaper le liberalizzazioni. Non avremo nessunavera liberalizzazione, di cui abbiamo inveceun drammatico bisogno, se non si attiveran-no meccanismi di superamento degli ordini,e delle strozzature corporative che caratte-rizzano il sistema-Italia. Il paese è prigionie-ro di lobby e corporazioni”, aggiunge l’espo-nente radicale, concludendo che “è davverocurioso organizzare convegni che portano laparola “liberalizzazioni” nel titolo, e poi, neifatti, difendere quelle che Ernesto Rossi chia-mava le ‘bardature corporative” italiane’.

(Adnkronos)

Piazza a Capezzone, gli Ordini sono presidio di legalità.Occorre una riforma ma non vanno aboliti Roma, 20 agosto 2006. “Capezzone sbagliaprofondamente, gli Ordini professionali sonoun presidio di legalità e qualità del servizio intutte le professioni in cui è necessario un va-glio nella ammissione all’esercizio della atti-vità e un controllo sulla correttezza del suosvolgimento, e ciò nell’interesse dei cittadinie della collettivita”. Angelo Piazza, ex mini-stro della Funzione pubblica e deputato del-la Rnp, replica al presidente della Com-missione Attività produttive della Camerache, a sua volta, era intervenuto a commen-tare le parole del presidente della Fon-dazione della Sussidiarietà, Giorgio Vittadini.“Occorre certo una riforma, che anteponga lafunzione di garanzia degli Ordini in favore de-gli utenti, rispetto a quella di tutela corporati-va degli aderenti; si eviti di creare nuovi ordi-ni inutili; ma abolire gli Ordini professionalinon aiuterebbe cittadini e imprese e li espor-rebbe in troppi casi alla anarchia della man-canza di regole e controlli in attività di rile-vante interesse pubblico”, argomenta Piazza,sottolineando che “sarebbe come volere sop-primere, perché non funzionano in modo ef-ficiente, ospedali o uffici pubblici: si riordina,si migliora, non si butta tutto a mare”.

(Adnkronos)

Studi, ne ha bisogno.Colpisce che non spenda una parola con-tro gli editori padroni della professionedal 1928: sono gli editori che assumonoad libitum i praticanti. La sfacciataggineha un limite, quello costituzionale delbuon costume e della decenza (sestocomma dell’articolo 21).

Nelle pagine seguenti interventi di Del Boca, Tucci, Andriolo e Roidi

Stefano Pediva, IDV,senza l’Ordine non ci sarebbe tutelaRoma, 11 agosto 2006. “Che vada rivedu-ta la riforma degli ordini professionali è unobbligo che spetta al governo e alParlamento, ma che proprio Capezzonevoglia abolire l’Ordine dei giornalisti, perfacilitare la lottizzazione, per decidere po-sti e cariche dei gruppi che controllanol’informazione, proprio non me l’aspetta-vo’’. Lo afferma Stefano Pediva, capo dellasegreteria politica di Italia dei valori.“Sono d’accordo con Tucci che senzal’Ordine professionale non ci sarebbe unatutela per tutti i giornalisti, professionisti opubblicisti, e sono convinto che sia meglioun dibattito aperto che una proposta di leg-ge ferragostana’’, sottolinea.

(Adnkronos)

Mantini (DL), no all’abolizione degli OrdiniRoma, 11 agosto 2006. “La proposta diabolizione dell’Ordine dei giornalisti fattada Capezzone non è in sintonia con il pro-gramma di governo.Noi siamo per la riforma e la modernizza-zione degli Ordini professionali, già avvia-ta nel decreto Bersani e non per l’aboli-zione degli ordini’’. Lo sottolinea in una no-ta il responsabile del settore Professionidella Margherita, l’on. Pierluigi Mantini, se-condo il quale “occorre più concorrenzama anche più professionalità, più respon-sabilità, più deontologia soprattutto in unsettore delicato come quello dell’informa-zione’’.Gli Ordini professionali, per il parlamenta-re dell’Ulivo “devono funzionare meglionella promozione della formazione perma-nente e nella garanzia della qualità e del-l’etica professionale a tutela dei cittadinipiù che degli iscritti.A settembre si avvierà alla Camera l’esa-me della proposta di legge dell’Ulivo per lariforma delle professioni e sarà quella l’oc-casione per una iniziativa politica organicae non episodica. Le fughe in avanti e le

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L’ informazioneritagliata su misura

8 ORDINE 9-10 2006

P R O F E S S I O N E

Nel dibattito interviene anche il segretariodell’Ordine nazionale dei giornalisti, VittorioRoidi. “Quello dei radicali è un vecchio ‘re-frain’. Abolire un Ordine professionale masenza un perché. Affermano che la sua esi-stenza ostacola la libera professione. Il cheè assurdo, basta guardare quante centinaiadi persone scrivono sui giornali senza pos-sedere alcuna tessera e quante, circa 1200

ogni anno, vanno ad affrontare l’esame distato”, scrive Roidi sul sito di Articolo 21.Che si apra finalmente una discussione èpositivo”, osserva comunque Roidi, secondoil quale “qualcosa si muove” ma “per ora nel-la direzione sbagliata”. “Torna la propostadei radicali di abolire l’Ordine dei giornalistie subito si accodano alcuni presunti libera-lizzatori. Ci sono colleghi autorevoli e ce nesono non pochi che in passato dall’Ordine ri-

cevettero sanzioni di natura disciplinare.Ancora non sappiamo - continua Roidi- se ilgoverno Prodi proporrà qualcosa per rifor-mare l’organizzazione dei giornalisti. Puòdarsi che si occupi anche di questa il mini-stro Bersani. E sarebbe un bene, visto cheda molti anni è stata chiesta una profondamodifica della vecchia legge del ‘63, ormaidifficilmente applicabile. Finora il Parlamentonon ha mai trovato il tempo di occuparsene”.Roidi scrive che “i giornali non si occupanomai di questa questione, per una sorta distrano pudore. Invece, è probabile che al cit-tadino interessi sapere chi debba conside-rarsi giornalista, quale preparazione debbapossedere e quali doveri. Avanti allora. Ma sidicano, per favore cose precise. Anzitutto sesi vuole una professione giornalistica.Oppure se, in un nome di una anarco-libertàciascuno possa fregiarsi di questo titolo”.“Alle professioni, dice ad esempio l’UnioneEuropea, si deve accedere attraverso unalaurea almeno triennale, prosegue il segre-

Il segretario dell’Ordine nazionale dei giornalisti, Vittorio Roidi

Lorenzo del Boca, presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti, al direttore del “Giornale”

tario dell’Ordine nazionale dei giornalisti. Sesi vuole abolire il giornalismo professionale,per lasciare spazio a quello dilettantistico, sispieghi comunque quali sono gli obblighi deigiornalisti: la ricerca della verità, come affer-ma la legge del ‘63? Chiunque può diffondere notizie, anche se inrealtà si rivelano solo pensieri personali? Ilgiornalista sarà come uno scrittore o un poe-ta? Se si vuole fare un discorso costruttivo sideve spiegare cosa devono studiare gli aspi-ranti giornalisti? E dove: all’università, oppure è sufficienteapprendere un po’ di mestiere, nelle reda-zioni, come si faceva una volta? Trovate le ri-sposte a questi interrogativi, si abolisca pu-re la vecchia legge. Quel giorno sarò d’ac-cordo. Ma oggi serve una discussione inprofondità. Chi ha dedicato parecchie ener-gie alle questioni della professione, il carne-vale di stagione - conclude Roidi - lo trova in-sopportabile”.

Caro direttore, in Italia la giustizia non fun-ziona. Istruttorie spropositate che, non dirado, mandano in carcere persone che nonc’entrano niente. Occorrono anni per otte-nere una sentenza di primo grado maspesso - dopo altri anni di attesa - vienecontraddetta dal verdetto d’appello. Meglio- molto meglio - i giudici anglosassoni e ifrancesi. Persino gli spagnoli e i greci po-trebbero insegnarci qualche cosa.Dunque aboliamo la giustizia italiana? Lacancelliamo?! In Italia nemmeno i treni fun-zionano. I ritardi sono abituali e il persona-le è scorbutico. Le carrozze risultano sem-pre sporche e, qualche volta, fanno persi-no schifo. Hai viaggiato sui convogli au-striaci, su quelli tedeschi, su quelli dellaGran Bretagna? Una delizia. Si scusanoun’infinità di volte per aver superato l’ora-rio previsto di otto secondi - il battito delleciglia - e quando, per inconvenienti di ec-cezionale gravità, vanno oltre i venti, l’am-ministrazione rimborsa il biglietto. Un altromondo...Allora, aboliamo le ferrovie dello Stato? Viabinari... stazioni... passaggi a livello... coin-cidenze... e via anche i capistazione: quel-li cortesi e quelli maleducati?!

La politica riformil’Ordine

Per la verità non viaggiano bene nemme-no gli aerei. Lì i ritardi sono anche più cro-nici e più consistenti. Per un viaggio Torino-Roma che dovrebbe durare 50 minuti, sisbarca dopo un’ora e mezzo. In proporzio-ne, il trasferimento in Sud America dovreb-be comportare il ritardo di due giorni: code- anche frustranti - per il check in, code perentrare nell’atrio partenze, code per imbar-carsi, code all’arrivo. A Linate e Malpensa,per complicare la vita dei passeggeri, han-no inventato il doppio pagamento: il bigliet-to ha un costo e si può utilizzare la carta dicredito ma poi c’è una non meglio precisa-ta «tassa» e quella va saldata in contanti.All’estero sai che all’ora di partire si partee - minuto più, minuto meno - all’ora di ar-rivare si arriva. Puoi programmare gli im-pegni, accettare appuntamenti, chiedere auna persona di venire a prenderti all’aero-porto perché sai che non la costringerai aun bivacco, con dilatazioni temporali im-previste.Cancelliamo l’Alitalia? E chiudiamo gli sca-li nazionali?Ma, allora, perché mai si dovrebbe abolirel’Ordine dei giornalisti? Ammesso - e nonconcesso! - che il suo funzionamento lasci

Insopportabile carnevale di stagione: dai radicali vecchio refrain

Maurizio Andriolo Bruno Tucci, presidente Odg Lazio

“Sulle professioni, dico noa chi invoca l’Europa”

a desiderare e che altrove sia meglio, per-ché chiudere bottega? Perché solo i gior-nalisti e perché i giornalisti prima di tutti?Ovviamente, sono consapevole che l’istitu-to che presiedo non rappresenta il miglio-re dei mondi possibili. Mi piacerebbe chel’accesso alla professione venisse regola-to da un serio praticantato all’università.Gli ingegneri si formano al Politecnico e ifuturi avvocati vanno a giurisprudenza.Con l’accelerazione sociologica di questiultimi anni, gli aspiranti giornalisti devonostudiare, prepararsi sui libri e conosceregli argomenti di cui parlano. Le imprecisio-ni, qualche approssimazione di troppo e, avolte, gli errori grossolani (anche nella sin-tassi) ci fanno perdere credibilità presso ilettori.All’esame di Stato sarebbe bene arrivarecon gli strumenti moderni, abitualmente inuso nella quotidianità e, quindi, nelle no-stre redazioni. Dimostrare di sapere scri-vere ma doverlo fare con la Olivetti Lettera22 che ormai sta nei musei e nella foto del1940 che ritrae Montanelli nei corridoi delCorriere sembra francamente un po’ de-sueto.E poi sarebbe necessario che l’Ordine po-tesse esercitare un controllo deontologicoefficiente, in modo da intervenire con tem-pestività nei casi di inadempienza dei col-leghi. Adesso le sanzioni arrivano dopo an-ni perché i procedimenti della magistraturaprofessionale seguono gli iter dei procedi-menti amministrativi dove - sembra - nonc’è fretta. Per ottenere l’Ordine che tuttivorremmo basterebbero dei piccoli ritoc-

chi. La categoria è d’accordo e, dunque, gliaggiornamenti sarebbero pure i benvenuti.E, allora, perché non realizzarli? Perchél’Ordine dei giornalisti è regolato dalla leg-ge del 1963 che, approvata quando in Italiaesisteva una radio nazionale e un canaletelevisivo, era stata costruita sulle esigen-ze di allora e non poteva prevedere gli svi-luppi - e i progressi - della società negli an-ni a venire.I dirigenti politici degli ultimi quindici anni -a mia memoria - si sono dichiarati d’accor-do sulla necessità di riformare il nostro isti-tuto, secondo le indicazioni che noi stessiavevamo dato loro. Avessero detto che era-no contrari, si sarebbe potuto discutere;ma andava bene...Ministri, sottosegretari, capigruppo, re-sponsabili dell’informazione, di maggioran-za e di opposizione della dozzina di gover-ni che si sono succeduti in questo periodo.Dunque non è l’onorevole Capezzone chedeve chiedere conto a me delle inefficien-ze dell’Ordine che presiedo. Sono io chedevo chiedere conto a lui del perché ilParlamento non ha mantenuto le promes-se. Occorre che la politica si metta nellecondizioni di approvare la riforma che ci ri-guarda. Se qualcuno ha ancora a cuore gliinteressi dell’informazione. Altre strade, pri-ma che impraticabili, sono dannose. Le no-tizie sono un bene prezioso che, tutti quan-ti, dovremmo tentare di salvaguardare.Altro che affidarle al mercato che, mala-mente interpretato dai liberisti degli ultimicinque minuti, ha già provocato sufficientidanni.

Roma, 21 agosto 2006. “Si discute molto - enon è uno scoop ferragostano - se “abolire ilnostro Ordine. Personalmente ho sempre de-finito “satrapie”, i vari Ordini regionali.Abolire un Ordine sarebbe cosa da poco, madiffido dei proponenti e delle proposte che -come al solito - invocano un “allineamento”dell’Italia a Paesi europei. In Europa sul te-ma di come fare i giornalisti c’è grande con-fusione, varietà di regole, arbitri e pochissi-ma considerazione per chi fa il giornalista.Unico valore: chi scrive sui giornali non èquasi mai un “galoppino”.In Italia quanto a disordine, abuso, prevari-

cazione ce n’è a sufficienza… Se non c’è stata finora una riformadell’Ordine è perché la volontà e l’assensopolitico sono mancati. L’Ordine fa comodocosì com’è… Ma non è con l’abolizione dell’Ordine sic etsimpliciter che risolveremo il problema di co-me si diventa giornalisti.Né sarà con l’affidamento dell’accesso adAuthority (?), a regole etiche (?), sindacati(peggio) e consorterie varie che salveremo ilprossimo futuro del giornalismo italiano. Il ri-schio oggi è che i giornalisti facciano la finedei polli di Renzo”.

Roma, 23 agosto 2006. “Ho già detto unaprima volta che con il signor Capezzone, delquale non conosco l’iter professionale, nonintendo dialogare, in quanto i presidenti de-gli Ordini dei giornalisti casomai dialoganocon chi dovrebbe modificare la legge del ‘63,che noi per primi vogliamo cambiare, nonadeguata ai tempi”. Bruno Tucci, presidentedell’Ordine dei giornalisti del Lazio, ribattecosì, all’ADNKRONOS, all’intervento diDaniele Capezzone, segretario dei Radicaliitaliani, oggi su il Giornale, nuovamente a so-stegno della proposta di abolizionedell’Ordine, secondo la logica di considerare“giornalista non solo e non tanto chi sia tito-lare di una tessera, ma chi il giornalista lo faper davvero, perché a questo dedica la suaattività lavorativa e professionale”. Tucci ri-vendica comunque l’adempimento da partedell’Ordine dei doveri di sorveglianza in cam-po deontologico, a fronte delle critiche in ma-teria di Capezzone al quale ricorda poi chel’Ordine regionale dovette intervenire neiconfronti di Radio Radicale per garantire airedattori l’inquadramento professionale.

Tucci chiarisce anche i meccanismi che por-tarono alla sospensione dall’ordine di EnzoTortora, criticata da Capezzone. “Nello speci-fico vorrei render noto che l’Ordine è interve-nuto sempre e comunque nei confronti deicolleghi che hanno violato le norme deonto-logiche”, afferma Tucci che sottolinea come“a Radio Radicale, emittente che il signorCapezzone dovrebbe conoscere, intervenim-mo noi dell’Ordine del Lazio perché le perso-ne che lavoravano all’interno della redazionenon erano inquadrati nella legge professio-nale ed erano pagati come semplici impiega-ti”. “Da allora anche il direttore MassimoBordin - ricorda il presidente dell’Ordine deigiornalisti del Lazio - è divenuto giornalistaprofessionista grazie a noi”.Tucci spiega infine che, “il collega EnzoTortora fu sospeso dall’Ordine dei giornalistiperché la legge prevede che quando uniscritto viene condotto in carcere, lo stessovenga sospeso per tutto il tempo della de-tenzione, per poi essere in caso reiscritto areclusione finita”.

(Lmg/Col/Adnkronos)

Nessun dialogo conCapezzone sull’Ordine

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L’ informazione ritagliata su misura

9ORDINE 9-10 2006

D I B A T T I T O

Disoccupati: chiarezza sui numeri,fare formazione con i soldi versati dagli editori all’Inpgi,ripescare la “legge Santerini”(forti incentivi alle testate che assumono i “senzalavoro”)

Nessuno è padrone dei numeri veri sull’oc-cupazione giornalistica. Cominciamo con ildire che si possono definire disoccupati sol-tanto i giornalisti professionisti rimasti senzalavoro (art. 4 Cnlg). Esiste anche un elencodi praticanti giornalisti “il cui rapporto di pra-ticantato sia stato interrotto a seguito di riso-luzione del rapporto con aziende editrici diquotidiani, periodici o agenzie di informazio-ni quotidiane per la stampa”. Tanti giornalistiesercitano la professione in uffici stampa edin uffici di comunicazione inquadrati con con-tratto di dirigente. Quando partì l’Inpgi priva-tizzato, alcuni (pochi) optarono per l’Inps.Quanti sono i giornalisti professionisti, rego-larmente iscritti anche all’Inpgi, che oggiesercitano altre professioni? Fatta questapremessa, i dati, citati da Guido Besana, me-

ritano attenzione e rispetto.Scrive Besana: “Dai dati del bilancio Inpgi ri-sultano invece, per il 2005, 1.465 colleghi cuiè stato erogato il trattamento di disoccupa-zione e 98 cassintegrati. Totale 1563. Con i777 che calcoli tu, se fossero disoccupati, siarriva quindi a 2.340. Ma anche senza sia-mo a cifre diverse dalle tue. E non venirci adire che i pubblicisti non contano, per favore.Contano eccome, e spesso sono i più debo-li. A meno che tu sia rimasto al vecchio con-cetto tradizionale del pubblicismo, quello deifarmacisti e degli avvocati. Però quel con-cetto lo hai demolito proprio tu, in questi lu-stri da presidente dell’Ordine lombardo, at-tuando una politica di riconoscimento a tuttocampo e a 360 gradi dell’attività giornalisti-ca, proprio attraverso il massiccio ricorso al-le iscrizioni di pubblicisti”. Ringrazio Besanaper quello che scrive sui pubblicisti: la miapresidenza (dal 15 maggio 1989) è caratte-rizzata anche da una “sanatoria” che ha da-to dignità ai pubblicisti redattori di fatto op-

di Franco Abruzzopresidente dell’Ordine dei giornalisti

della Lombardia

pure praticanti free lance nonché respiro al-le casse dell’Inpgi: la mia politica ha incre-mentato il numero degli iscritti all’Inpgi di al-meno 2.500 unità (soltanto in Lombardia). Inquesto momento i consiglieri Urp dell’OgLLetizia Gonzales e Laura Mulassano hannosotto esame appena 5 domande di iscrizio-ne d’ufficio al Registro. Devo ritenere sul ro-vescio che in Lombardia non esistono pub-blicisti “abusivi” o “in nero”.Rivendico di aver “inventato” giuridicamente(nel 1967) la figura del praticante-redattoredi fatto (io sono il primo nella storiadell’Ordine e sono un ex pubblicista) e nel1989 la figura del “praticante free lance”(accettata dall’Ordine nazionale soltanto ne-gli ultimi tre anni).Come presidente dell’Afg “Tobagi” e conl’aiuto dell’assessore regionale MicheleColucci (Psi) ho dato vita, nella sede dell’Ifg(era il 1991!), ai primi corsi di aggiornamen-to dei giornalisti disoccupati. A coloro che micriticano (legittimamente) ricordo:

a) che ho sostenuto da solo una dura batta-glia per convincere, ma ho perso, Fnsi eInpgi a investire in formazione i quattriniche l’Inpgi riceve dagli editori (in base al-la legge 338/2000) per far formazione. IlFondo per la formazione (che dovrebbeattuare l’articolo 45 del Cnlg) è rimastosulla carta e nell’archivio elettronico delportale dell’Ordine (www.odg.mi.it).

b) che ho cercato di convincere inutilmente icolleghi disoccupati a battersi con durez-za al fine di ripescare “la legge Santerini”di 10 anni fa: sconti previdenziali agli edi-tori che assumono giornalisti senza posto.Il Consiglio di amministrazione dell’Inpgiha al riguardo intenzioni buone, che do-vrebbero concretizzarsi presto.

Insisto: i colleghi senza lavoro devono bat-tersi per ricevere formazioni e incentivi.Chiederò al Consiglio dell’Ordine di Milano difinanziare, con uno stanziamento di 50/60mi-la euro, almeno tre corsi di aggiornamentonell’anno 2006/2007 dell’Ifg De Martino.Ho usato un linguaggio crudo. È vero che nelCnlg c’è l’articolo 36 con la figura del redat-tore pubblicista.Non mi va di illudere i pubblicisti: gli editorinon assumono come redattore chi è pubbli-cista (è tale perché ha scritto 40-60 articoli indue anni). Gli editori danno la preferenza aipraticanti delle Scuole: costano di meno ehanno dimestichezza con il lavoro redazio-nale.Questa è la realtà. Invito i pubblicisti (chepossono aspirare al tirocinio come pratican-ti) a non farsi prendere in giro dalla promes-se sindacali e dall’Inpgi/2 (che promette lapensione ai free lance). I pubblicisti contrat-tualizzati sono per lo più redattori grafici, cor-rispondenti (art. 12 Cnlg), collaboratori fissi(art. 2 Cnlg) e redattori part-time nelle reda-zioni centrali, decentrate e negli uffici di cor-rispondenza. Esistono eccezioni anche digrande livello, poche ma significative.Per lo più sono persone che, per ragioni dietà, non intendono sostenere l’esame diStato. In questa pattuglia figurano anche se-guaci di Marco Pannella “nemico storico”dell’Ordine dei giornalisti. Per oggi, basta.

Convenzione per l’accesso degli iscritti all’Albo a banche dati pubblicheRoma, 7 settembre 2006. Il Consiglio nazionale dei giornalisti e Visura spa, so-cietà di informatica distributrice di banche dati della Pubblica amministrazione onli-ne, hanno stipulato un importante accordo che consente a tutti i giornalisti iscrittiall’Albo di accedere, con una normale connessione Internet, al patrimonio di infor-mazioni delle Camere di Commercio italiane, degli uffici del Catasto e delleConservatorie.Per accedere al servizio il giornalista troverà nel sito www.odg.it il link “BANCHEDATI”. Una volta entrato nel sito operativo (www.banchedatigiornalisti.it) si dovràprocedere con la compilazione del form di iscrizione, all’interno del quale è previstala scelta di una username e di una password.

L’iscrizione è gratuita e serve a registrare i dati di fatturazione.Il servizio funziona con il sistema del conto ricaricabile a scalare: il conto viene ag-giornato in seguito a ogni operazione di versamento, che può essere effettuato con

carta di credito, bonifico bancario, bollettino postale, assegno.In caso di pagamento con bonifico o bollettino, l’iscritto dovrà inviare copiavia fax al numero 0668192749.Il versamento è libero nell’importo. A ogni versamento segue ricezione di fattura inposta elettronica.Allo stesso modo, in seguito alla consultazione di una banca dati, il conto viene ag-giornato con la detrazione del costo relativo al documento richiesto. Nel listino èpubblicata la tipologia di documenti richiedibili con i relativi importi.

Visura spa mette, inoltre, a disposizione un servizio di customer care al numero066841781 o alla casella odg@visura.it.

Ulteriori informazioni sono presenti sul sito www.banchedatigiornalisti.it

Biancheri (Fieg):“Professionisti autonomi? Sono appena 1.900”Roma, 21 luglio 2006. Il presidente della Fieg Boris Biancheriha inviato al ministro del Lavoro Cesare Damiano e al presi-dente della Commissione cultura della camera Pietro Folenaun documento di analisi sulla situazione economica e sinda-cale del settore stampa. Il documento, che affronta tra l’altroil tema dell’occupazione giornalistica in base ai dati Inpgi2005, evidenzia un aumento dell’occupazione giornalisticanell’ultimo quinquennio con “un tasso di espansione di circail 4% all’anno, che - sottolinea il documento - non trova ri-scontro in nessun altro settore di attività”. “Sono aumentate -vi si legge - sia la popolazione stabile a tempo indetermina-to, sia quella assunta con contratti a termine”.“Si è incrementato anche l’utilizzo del lavoro autonomo che,

per i professionisti, interessa circa 1.900 unità che svolgonoattività autonoma piena e qualche centinaio di pubblicisti nel-le stesse condizioni”. I cosiddetti precari sono “il 6,22% dellapopolazione stabile, percentuale che è inferiore di oltre lametà rispetto alla media nazionale”.“Il fenomeno della cosiddetta precarietà - si legge ancora neldocumento - risultante dai dati indicati, si prospetta come as-solutamente fisiologico rispetto alle esigenze produttive del-l’informazione”. (ANSA)

Serventi Longhi: “La Fieg mente. Sono precari oltre 30mila giovani”Roma, 21 luglio 2006. “La Fieg mente sapendo di mentire. Idati sull’occupazione giornalistica diffusi oggi dagli editori - hadichiarato il segretario generale della Fnsi, Paolo ServentiLonghi - sono un esempio di mistificazione e di distorsionedella realtà. Il Minculpop non avrebbe potuto fare di meglio.La realtà è che la Fieg sembra ignorare che l’aumento del16% dei posti di lavoro negli ultimi anni è determinato in lar-ga parte dagli effetti del contratto dei giornalisti dell’emitten-za radiotelevisiva locale (contratto Aeranti-Corallo, niente ache vedere con la Fieg) e di quelli stipulati nell’ambito del-l’applicazione della Legge 150 negli uffici stampa delleRegioni, delle Province e dei Comuni e degli altri Enti pubbli-ci. Dai dati Inpgi si evidenza, nel settore Fieg, un aumento neltriennio 2003-2005 del 2,2%, una percentuale molto lontanada quelle enunciate in maniera confusa dalla Federazionedegli editori. Quello che è più grave, è che la Fieg non preci-sa che di questo aumento i contratti a termine rappresenta-no la parte più significativa. Secondo l’Inpgi, infatti, questicontratti a tempo determinato, talvolta anche di un mese, so-no aumentati del 72%’’. ‘’La Fieg inoltre - prosegue ServentiLonghi - mistifica sul numero dei giornalisti che hanno rap-porto di lavoro autonomo. Altro che 1.900 freelance! Gli iscrit-

ti alla gestione separata dell’Inpgi per il lavoro autonomo so-no quasi 22.500. Di questi poco più di un migliaio hanno an-che un rapporto di lavoro dipendente. Se si considera l’areadi evasione o di elusione della contribuzione all’Inpgi2, si puòragionevolmente affermare che sono oltre 30.000 le giornali-ste ed i giornalisti che sono nell’area del precariato senza al-cun rapporto di lavoro. La stessa Fieg è costretta ad ammet-tere che la retribuzione media di un giornalista autonomo èdi circa 7.000 euro l’anno, un compenso che tiene anche con-to delle alte retribuzioni di poche decine di fortunati colleghi.Questa è la realtà che la Fnsi e l’Inpgi hanno denunciato eche presenteranno nel dettaglio al ministro del Lavoro,Cesare Damiano. È ridicolo affermare che il fenomeno delprecariato giornalistico sia fisiologico. Si tratta invece di unaabnorme condizione che discrimina e marginalizza decine dimigliaia di ragazze e ragazzi che vivono di giornalismo in unacondizione di sfruttamento e di precarietà.“Nulla invece - conclude il segretario della Fnsi - dicono glieditori sul fatto che le retribuzioni lorde nelle aziende Fieg sia-no cresciute ben al di sotto dell’inflazione reale, smentendola campagna di disinformazione sui presunti effetti del pesodegli scatti di anzianita”. (ASCA)

10 ORDINE 9-10 2006

I N T E R C E T T A Z I O N I

Ordine dei giornalisti:“No a nuove leggi.

Non si scrive nulla sulla sfera privata e sui datisensibili delle persone”

Roma, 23 giugno 2006. No a nuove leggi che limiterebberoil diritto di cronaca in una materia, come quella delle inter-cettazioni, che rientra invece nell’applicazione dei codici giàesistenti. Lo ha deciso oggi il Comitato esecutivo delConsiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti, che ha esami-nato il provvedimento adottato dal Garante della privacy perquanto concerne la pubblicazione integrale delle trascrizionidi intercettazioni telefoniche.Il Comitato esecutivo - spiega una nota - rileva che secondoil Garante “è legittimo l’esercizio del diritto di cronaca ed è al-tresì configurabile un interesse pubblico alla conoscenza an-che dettagliata dei fatti”. Il Garante evidenzia poi la necessità“di un’adeguata tutela dei diritti dei soggetti coinvolti dallapubblicazione pressoché‚ integrale di innumerevoli brani diconservazioni telefoniche”. A detta del Garante “non risultaallo stato comprovato che le più recenti pubblicazioni giorna-listiche delle predette trascrizioni siano avvenute violando ilsegreto delle indagini preliminari o il divieto di pubblicare at-ti del procedimento penale”.Per questo il Comitato esecutivo ritiene pertanto che non sianecessaria una nuova formulazione legislativa, che limitereb-be il diritto di cronaca in una materia che rientra invece nel-l’applicazione dei codici deontologici già esistenti.Il Comitato esecutivo raccomanda quindi agli Ordini regiona-li, ai quali è già stato trasmesso il provvedimento del Garante,di vigilare affinché i giornalisti nell’esercizio del diritto-doveredi informazione e di critica assicurino sempre “il rispetto delprincipio dell’essenzialità dell’informazione”.Secondo l’Ordine “il Codice deontologico che il Consiglio na-zionale dell’Ordine dei giornalisti ha approvato d’intesa con ilGarante della privacy chiaramente indica le modalità, di rap-presentazione degli elementi essenziali delle vicende che in-cidono sulla sfera privata delle persone e che hanno riguar-do a dati sensibili”. (ANSA)

PRESCRIZIONI DEL GARANTE DELLA PRIVACY AGLI EDITORI (ART. 154, C. 1, DEL DLGS 196/2003)

Informazione su fatti di interesse pubblico, rispettando le persone. Gli editori e i gioGARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI

Nella riunione odierna, in presenza del prof. FrancescoPizzetti, presidente, del dott. Giuseppe Chiaravalloti, vicepre-sidente, del dott. Mauro Paissan, del dott. GiuseppeFortunato, componenti e del dott. Giovanni Buttarelli, segre-tario generale;

Visti gli atti acquisiti d’ufficio in relazione alla reiterata pubbli-cazione nei giorni scorsi, da parte di varie testate giornalisti-che, di numerose trascrizioni di intercettazioni telefoniche di-sposte da autorità giudiziarie e che hanno coinvolto diversepersone;

Considerato che il Garante, ai sensi dell’art. 154, comma 1,lett. c) del Codice in materia di protezione dei dati personali,ha il compito di prescrivere anche d’ ufficio ai titolari del trat-tamento le misure necessarie o opportune al fine di rendereil trattamento conforme alle disposizioni vigenti;

Rilevata la necessità di esaminare d’ufficio e in via d’urgen-za, anche in assenza di ricorsi, reclami e segnalazioni allostato non pervenuti al Garante, la problematica del rispettodei diritti e delle libertà fondamentali delle diverse personecoinvolte dalla predetta pubblicazione, con particolare riferi-mento alla loro riservatezza, dignità ed identità personale,nonché al diritto fondamentale alla protezione dei relativi da-ti personali;

Rilevato dagli atti che, nell’ambito delle indagini preliminari incorso presso uffici giudiziari, le ipotesi di reato in fase di ac-certamento denotano circostanze ed episodi per i quali, su unpiano generale, è legittimo l’esercizio del diritto di cronaca ed

è altresì configurabile un interesse pubblico alla conoscenzaanche dettagliata di fatti;

Rilevato, tuttavia, che si pone con seria evidenza la neces-sità di assicurare, con immediatezza e su un piano generale,un’adeguata tutela dei diritti di soggetti coinvolti dalla pubbli-cazione pressoché integrale di innumerevoli brani di conver-sazioni telefoniche, intercorse anche con terzi estranei ai fat-ti oggetto di indagine penale o che non risultano allo stato in-dagati, o brani che riguardano in ogni caso diverse relazionipersonali o familiari o, ancora, persone semplicemente lesedai fatti; rilevato che alcuni brani di tali conversazioni atten-gono, altresì, a comportamenti strettamente personali di per-sone pur coinvolte nelle indagini, ma non direttamente con-nessi a fatti penalmente rilevanti;

Considerato che, dagli atti al momento disponibili e dall’at-tuale quadro normativo riferito al processo penale, non risul-ta allo stato comprovato che le più recenti pubblicazioni gior-nalistiche delle predette trascrizioni siano avvenute violandoil segreto delle indagini preliminari o il divieto di pubblicare at-ti del procedimento penale;

Rilevato, infatti, che il codice di procedura penale:

a) vieta la pubblicazione di atti coperti dal segreto o anchesolo del loro contenuto (art. 114, comma 1, c.p.p.);

b) vieta anche la pubblicazione di atti non più coperti dal se-greto fino alla conclusione delle indagini preliminari o altermine dell’udienza preliminare (art. 114, comma 2,c.p.p.);

c) consente sempre, però, la pubblicazione del contenuto diatti non coperti dal segreto (art. 114, comma 7, c.p.p.) e

considera gli atti d’indagine compiuti dal pubblico ministe-ro e dalla polizia giudiziaria non più coperti dal segretoquando l’imputato ne possa avere conoscenza (art. 329c.p.p.; v. anche art. 268, comma 6, c.p.p. relativo al depo-sito di atti concluse le operazioni di intercettazione);

Rilevato che, anche per effetto del meccanismo previsto dal-la legge per acquisire agli atti processuali le sole conversa-zioni rilevanti per il procedimento penale, meccanismo nonpiù adeguato rispetto al fenomeno dell’incessante pubblica-zione integrale di materiali processuali, si pone a volte in mo-do indiscriminato a disposizione dell’opinione pubblica un va-sto materiale di documentazione di conversazioni telefonicheche non è oggetto di adeguata selezione e valutazione; rile-vato che tale materiale, oltre a non risultare sempre essen-ziale per una doverosa informazione dell’opinione pubblica,può favorire anche una percezione inesatta di fatti, circostan-ze e relazioni interpersonali;

Considerato che la vigente disciplina di protezione dei datipersonali che contempera i diritti fondamentali della personacon il diritto dei cittadini all’informazione e con la libertà distampa (d.lg. n. 196/2003; codice di deontologia relativo al-l’attività giornalistica) prevede invece espresse e puntuali ga-ranzie da rispettare e, in particolare:

a) garantisce al giornalista il diritto all’informazione su fatti diinteresse pubblico, ma nel rispetto dell’ essenzialità del-l’informazione;

b) considera quindi legittima la divulgazione di notizie di rile-vante interesse pubblico o sociale solo quando l’informa-zione, anche dettagliata, sia indispensabile per l’originalitàdei fatti, o per la qualificazione dei protagonisti o per la de-

Cassazione sui minori:la tutela della loro privacy assolutamente preminente

Roma, 8 settembre 2006. La tutela della pri-vacy dei minori viene prima di tutto. Lo ribadi-sce la Corte di Cassazione che sottolinea co-me “il diritto alla riservatezza del minore debbaessere, nel bilanciamento degli opposti valoricostituzionali (diritto di cronaca e diritto di pri-vacy) considerato assolutamente preminente”.L’unico strappo alla regola, nel caso della pub-blicazione di una notizia che abbia il centro del-l’interesse un minorenne, sottolinea ancora laSuprema Corte, è costituito dalla “utilità socia-le della notizia” stessa. In questo modo la Terzasezione civile della Cassazione ha accolto il ri-corso di una madre che si era vista rifiutare larichiesta di un risarcimento pari a 150mila eu-ro per la pubblicazione di una foto del figlio mi-nore apparsa sulla rivista” Eva 3000 expressnella quale il ragazzino veniva ritratto integral-mente insieme al padre e alla nuova compa-gna, attrice televisiva.Nel negare la richiesta risarcitoria, la Corted’appello di Milano, dicembre 2001, aveva so-stenuto che la riproduzione fotografica del mi-nore era consentita perché lo stesso era statoritratto in compagnia di una attrice famosa, “co-me tale notoriamente soggetta all’interesse deifotografi di riviste”. Una motivazione bocciatadalla Cassazione. (Adnkronos)

Tribunale diMantova: vietatopubblicare datidelicatisu chi è vittima di una rapina.Società editricecondannata...La diffusione di dati personali nell’eserci-zio di attività giornalistica costituisce trat-tamento ai sensi della l. 675/96 ed è su-bordinata al consenso da parte dell’inte-ressato. Il consenso non è però necessa-rio quando il trattamento è effettuato nel-l’esercizio della suddetta professione e perl’esclusivo perseguimento delle relative fi-nalità, nel rispetto del codice di deontolo-gia di cui all’art. 25, norma che ribadiscela non necessità del consenso purché iltrattamento dei dati sia contenuto nei limi-ti del diritto di cronaca ed in particolaredell’essenzialità dell’informazione riguar-

do a fatti di interesse pubblico. Nel caso dispecie, si è ritenuto che la divulgazione amezzo stampa delle generalità del sogget-to rapinato, della sua età e della città di re-sidenza, avuto riguardo al tipo di attivitàesercitata (agente di commercio di prezio-si), pure effettuata nell’ambito dell’eserci-zio del diritto di cronaca, abbia ecceduto ilimiti di quest’ultimo nel senso che la dif-fusione dei dati in questione (obiettiva-mente idonea a mettere in pericolo l’inco-lumità dell’attore) non era giustificata daalcuna finalità informativa essenziale(Tribunale di Mantova, Sez. II- Giudiceunico dott. Mauro Bernardi - Sentenza del13 maggio 2004).Il Tribunale di Mantova ha condannato lasocietà editrice del giornale a pagare allavittima della rapina, a titolo di risarcimen-to dei danni patiti, la somma di euro9.000,00 oltre agli interessi legali dalla da-ta della sentenza sino al saldo definitivo. IlTribunale, inoltre, ha condannato la so-cietà editrice a rifondere all’attore (il rapi-nato, ndr) le spese di lite liquidandole incomplessivi euro 2.818,38 di cui 211,64per spese, euro 996,74 per diritti ed1.610,00 per onorari, oltre al rimborso for-fetario delle spese ex art. 15 T.P., oltre adI.V.A. e C.P.A. come per legge.

... ma per il Tribunaledi Milanonotizia su personarapinata non viola il diritto alla riservatezza.Assolto il “Corriere della Sera”Milano, 23 agosto 2006. Non è reato e nem-meno una violazione di carattere civilisticopubblicare la notizia di una rapina con le ge-neralità delle vittima. Lo ha stabilito il giudiceDomenico Bonaretti, della prima sezione deltribunale civile di Milano, al termine della cau-sa avviata da Gianpietro P., rappresentantedi preziosi, contro il Corriere della Sera, cheaveva pubblicato la notizia di una rapina dalui subita nell'aprile del 1999 a Mantova. Ilpromotore della causa chiedeva un risarci-mento pari a 15.493 euro per violazione deldiritto alla riservatezza. Il giudice glielo hanegato ritenendo sussistente il diritto di cro-naca. (ANSA)

DUE SENTENZE CONTRADDITTORIE SULLO STESSO FATTO

11ORDINE 9-10 2006

ornalisti “inosservanti” rischiano da 3 mesi a 2 anni di galerascrizione dei modi particolari in cui sono avvenuti;

c) prescrive che si evitino riferimenti a congiunti o ad altri sog-getti non interessati ai fatti;

d) esige il pieno rispetto della dignità della persona;e) tutela la sfera sessuale delle persone, impegnando il gior-

nalista ad astenersi dal descrivere abitudini sessuali riferi-te a persone identificate o identificabili e, quando si trattadi persone che rivestono una posizione di particolare rile-vanza sociale o pubblica, a rispettare comunque sia il prin-cipio dell’essenzialità dell’informazione, sia la dignità;

Considerato che l’indiscriminata pubblicazione di trascrizio-ni di intercettazioni di numerose conversazioni telefoniche,specie quando finisce per suscitare la curiosità del pubblicosu aspetti intimi e privati senza rispondere integralmente adun’esigenza di giustificata informazione su vicende di inte-resse pubblico, può configurare anche una violazione delledisposizioni della Convenzione europea dei diritti dell’uomo edelle libertà fondamentali che contemperano il diritto al ri-spetto della vita privata e familiare con la libertà di espres-sione (artt. 8 e 10 Conv. europea diritti dell’ uomo);

Considerato, quindi, anche sulla base dei principi affermatinei provvedimenti di divieto o di blocco del trattamento dei da-ti personali già adottati dal Garante sulle tematiche in esame,che risulta necessario prescrivere a tutti i mezzi di informa-zione di procedere ad una valutazione più attenta ed ap-profondita, autonoma e responsabile, circa l’effettiva essen-zialità dei dettagli pubblicati, nella consapevolezza che l’affie-volita sfera di riservatezza di persone note o che esercitanofunzioni pubbliche non esime dall’imprescindibile necessità difiltrare comunque le fonti disponibili per la pubblicazione, chevanno valutate dal giornalista, anche alla luce del dovere in-

derogabile di salvaguardare la dignità delle persone e i dirittidi terzi;

Rilevata l’adozione di eventuali altre decisioni in casi specifi-ci, all’esito dell’eventuale ricezione di ricorsi, reclami o se-gnalazioni da parte di persone interessate;

Viste le osservazioni formulate dal segretario generale aisensi dell’ art. 15 del regolamento del Garante n. 1/2000;

Relatori il dott. Giuseppe Chiaravalloti e il dott. MauroPaissan;

Rilevata in conclusione la necessità, ai sensi dell’art. 154,comma 1, lett. c) del Codice in materia di protezione dei da-ti personali (d.lg. n. 196/2003), di prescrivere a tutti gli editorititolari del trattamento in ambito giornalistico di conformarecon effetto immediato, anche al fine di prevenire ulteriori vio-lazioni, i trattamenti di dati personali relativi alla pubblicazio-ne di trascrizioni di intercettazioni telefoniche ai principi ri-chiamati nel presente provvedimento;

Rilevata, infine, la necessità di disporre la trasmissione di co-pia del presente provvedimento al Consiglio nazionaledell’Ordine dei giornalisti, per le valutazioni di competenza;

TUTTO CIÒ PREMESSO IL GARANTE:

a) ai sensi dell’art. 154, comma 1, lett. c) del Codice in ma-teria di protezione dei dati personali prescrive ai titolari deltrattamento in ambito giornalistico di conformare con effet-to immediato i trattamenti di dati personali relativi alla pub-blicazione di trascrizioni di intercettazioni telefoniche a tut-

ti i principi affermati dal medesimo Codice e dall’allegatocodice di deontologia per l’attività giornalistica, richiamatinel presente provvedimento;

b) dispone l’invio di copia della presente decisione alConsiglio nazionale dell’ Ordine dei giornalisti.

Roma, 21 giugno 2006

IL PRESIDENTE PizzettiI RELATORI Chiaravalloti e Paissan

IL SEGRETARIO GENERALE Buttarelli

Dlgs 30 giugno 2003 n. 196. Codice in materia di prote-zione dei dati personali. (Pubblicato nella Gazz. Uff. 29 lu-glio 2003, n. 174, S.O).

Articolo 154. Compiti.1. Oltre a quanto previsto da specifiche disposizioni, ilGarante, anche avvalendosi dell’Ufficio e in conformità al pre-sente codice, ha il compito di:c) prescrivere anche d’ufficio ai titolari del trattamento lemisure necessarie o opportune al fine di rendere il tratta-mento conforme alle disposizioni vigenti, ai sensi dell’ ar-ticolo 143;

Articolo 170. Inosservanza di provvedimenti del Garante.1. Chiunque, essendovi tenuto, non osserva il provvedi-mento adottato dal Garante ai sensi degli articoli 26, com-ma 2, 90, 150, commi 1 e 2, e 143, comma 1, lettera c), èpunito con la reclusione da tre mesi a due anni.

Intercettazioni: no a bavagli, ma si rispettino le regole

Protagonisti a confronto al convegno dell’Ordine con Mastella e Pizzetti

Roma, 4 luglio 2006. No a leggi liberticidené a bavagli per i giornalisti, ma sì al rispet-to delle regole, in particolare a tutela dellapersona, per evitare abusi nella pubblicazio-ne delle intercettazioni telefoniche. È quantoè emerso dal convegno, organizzato a Romadall’Ordine dei giornalisti, al quale hanno par-tecipato il ministro della Giustizia ClementeMastella, i presidenti dell’Associazione magi-strati Giuseppe Gennaro, delle Camere pe-nali Ettore Randazzo, della Fnsi Franco Siddie dell’Odg Lorenzo Del Boca e il presidentedell’Autorità per la protezione dei dati perso-nali Francesco Pizzetti.“Nessuna voglia di fare censura, di mettere lamuseruola o il bavaglio, ma ritengo che cidebba essere minor pigrizia giornalistica”,ha sottolineato Mastella. “Io ho rispetto diquello che i giornalisti mettono sui taccuinima non di quello che si deposita in manierapigra sui loro taccuini”. Per il ministro, “ognu-no ha la sua autonomia e la sua espressio-ne di libertà, però c’è anche l’anonimo che ionon conosco che finisce per essere sacrifi-cato ed esposto assai spesso ingiustamenteal ludibrio e alla gogna mediatica. Credo siabbia il dovere di tutelare questo anonimo”.Quanto al rispetto delle regole, “se all’internodi un’ordine c’è un organismo preposto asanzioni o reprimende, ben venga, altrimentici devono essere norme esterne”, ha ag-giunto Mastella, escludendo di essere “traquelli che vogliono mettere le manette ai gior-nalisti o chiudere gli ordini professionali. Hola mia idea di modernità basata sul rispettodella persona, che è sacra”.

“Non servono leggi liberticide”, ha sottolinea-to Siddi. “È giusto che i misteri vengano sve-lati, che gli scandali escano fuori. Ma quan-do lo scandalo investe la sfera del potere,scattano le tendenze a introdurre limiti alla li-bertà di stampa. Non siamo noi giornalisti afabbricare gli scandali, anche se nelle ultimevicende qualche eccesso c’è stato: dobbia-mo allora ripartire dal nostro Codice deonto-logico e dire che cosa occorre fare perchèvenga rispettato di più”.L’idea giusta, per Siddi, potrebbe essere“creare dentro l’Ordine dei giornalisti un Giurìd’onore che si pronunci in pochi giorni suglieventuali abusi, offrendo l’eventuale ‘ristoro’alla persona coinvolta”. Anche Vittorio Roidi,

segretario dell’Odg, ha lanciato un allarmesulla “voglia di segretezza” maturata dopo irecenti scandali, “che fa pensare a quelloche accadde nel ‘92-’93 con Tangentopoli. Ilgiornalista deve rispettare la Costituzione ela legge sulla privacy, ma tutto va ricondottonell’ambito dell’autoregolamentazione dellacategoria”.Su fronti diversi, penalisti e magistrati. “Nellevicende di questi giorni, compresa Calciopoli- ha detto il presidente dell’Anm Gennaro - cisono parti delle intercettazioni pubblicate chenon provengono dagli uffici giudiziari che lehanno disposte”, bensì “da chi le stava effet-tuando”. Sempre più spesso, infatti, “l’ascol-to viene remotizzato: chi ascolta è persona

diversa da chi ha disposto l’intercettazione”.“La mia - ha detto ancora - non è una difesad’ufficio della categoria: ci sono soggetti in-teressati, per ragioni diverse, alla fuoruscitaanticipata delle intercettazioni sottoposte alsegreto istruttorio”. In ogni caso, perGennaro, “è azzardato pensare di restringe-re ulteriormente i reati per cui è ammessoquesto strumento di indagine; i sistemi sonoestremamente sofisticati, per cui il potere dicontrollo da parte del pm si è attenuato. Sitratta, dunque, di un tema complesso su cuibisogna interrogarsi senza cercare soluzionicomode o rapide”.L’unico discrimine possibile”, secondo il pre-sidente dei penalisti Randazzo, è “la legalità.Di leggi ce ne sono tante, il problema è farlerispettare. Ha senso aggiungere altre regolecon la consapevolezza che non vengano ri-spettate?”Per esempio, “la violazione del segreto d’in-dagine è un reato perseguibile d’ufficio dagliuffici giudiziari: è possibile che non vengaperseguito?” L’unica soluzione è “riconqui-stare il primato della legalità”.Al Garante per la Privacy spetta il difficilecompito di trovare l’equilibrio tra libertà distampa e tutela della persona: di qui il ri-chiamo forte ai giornalisti al rispetto delCodice deontologico, ma anche agli ufficigiudiziari ad adottare “precise misure di si-curezza” per i dati a loro disposizione.Per l’Autorità, ha detto Pizzetti, sarebbe “uti-le” poter comminare “sanzioni pecuniarie piùsignificative”, in ogni caso “non sanzioni pe-nali”. (ANSA)

Carissimo presidente,desidero intervenire sulla tua ultima “new” aproposito di intercettazioni e di dati persona-li. Molto si è detto e scritto in queste setti-mane sul fatto se sia lecito o meno pubbli-care queste benedette “intercettazioni”. Il pa-rere del Garante della Privacy, riportato nel-la nota dell’Ansa che ci hai inviato, dice che“non risulta allo stato comprovato che le piùrecenti pubblicazioni giornalistiche delle pre-dette trascrizioni siano avvenute violando ilsegreto delle indagini preliminari o il divieto dipubblicare atti del procedimento penale”.Secondo me non è di questo che bisognaparlare; e io desidero quindi intervenire mol-to più a monte, cioè non sulla “comunicazio-ne del fatto” quanto sul fatto stesso, dal qua-le poi la comunicazione discende.Ho letto con sbalordimento il verbale dell’in-terrogatorio di una signorina che doveva con-fermare o meno se avesse fatto sesso conun tale, e se lo avesse fatto nei locali di unministero.Dico “con sbalordimento” perché non com-prendo come mai la cosa possa assumererilevanza penale e come mai un giudice del-lo Stato perda il proprio tempo (e i nostri sol-di, mi verrebbe da dire) nel chiedere con in-sistenza a una signorina maggiorenne in chemodo essa disponga del proprio tempo e delproprio corpo.Che io sappia non è affatto un reato “conce-dersi” sessualmente, anche se la cosa av-venga in assenza di una relazione amorosa.È un reato la prostituzione (e anche questonon è che sia evidentissimo; in numerose

L A L E T T E R A

Ma smettiamola di occuparci

di sciocchezzecittà dell’Unione Europea esistono quartieridove si pratica la prostituzione con luminosaevidenza) ma la prostituzione è comunqueun mestiere: praticato abitualmente, con untariffario più o meno noto e applicabile achiunque ne paghi quel prezzo.Io credo che se qualcuno decide “libera-mente” (qua ci vorrebbe un neuropsichia-tra..) di fare sesso con una persona che pos-sa - per questo - facilitargli la carriera lavo-rativa, ciò non sia affare da giudici né da tri-bunali. Qua siamo nel campo dell’etica manon desidero entrarvi. Mi limiterò a dire cheabbiamo dimenticato troppo in fretta, caropresidente, che in gran parte della nostraItalia in un passato neppure troppo lontano(e in qualche caso tuttora) si “dava in sposa”una donna a un uomo che magari essa nonaveva neppure mai visto, solo perché questiera “un buon partito”. “Si dava in sposa” vuol

dire che la poveretta si trovava costretta aprestazioni sessuali magari sgradite, per tut-ta la vita, a fianco di un estraneo che, però,era ricco o potente o, peggio ancora, sem-plicemente un “amico di famiglia”.Quella era l’epoca del maschilismo. Oggi chec’è parità di diritti fra uomo e donna trovomolto più dignitoso, allegro e moderno il fat-to che una persona possa regalarsi unamezz’ora di “bacini” (come diceva la signori-na nella registrazione) con un signore ma-gari garbato e piacevole e che in più abbiaanche la possibilità di aiutarla a fare carrie-ra. E che questo non la obblighi per la vita.Non lo trovi assai più accettabile di quanto èstato costume condiviso, in Italia, per decen-ni?È scandalosa “la cosa in sé” della carrieracontro sesso? Via, qua non stiamo parlandodi ingegneri che devono costruire case soli-

de o di medici che hanno in mano la salutedella gente o di bilanci di aziende multina-zionali affidati a ragazzine di disinvolti costu-mi; qua stiamo parlando di veline e di lavoridi questi tipo, frivoli e futili di per sé. Difficileimmaginare che una ragazza che si avvia al-la “carriera” di velina aspiri a un Oscar o a si-mili riconoscimenti professional-culturali. Auna giovane che abbia in mente di fare la ve-lina e che però non sopporti palpeggiamen-ti e proposte sconce io consiglierei, da padrequale sono, di studiare e imparare un me-stiere. Scrisse Pier Paolo Pasolini, trent’annifa, che in ogni condominio di Roma c’erauna ragazza che si dava a tutti. Ma nessunadi queste, che io sappia, è stata mai convo-cata a Palazzo di Giustizia.Per venire al punto di partenza: stiamo fa-cendo una misera commistione fra cose se-rie (tutti devono avere pari opportunità nelcampo del lavoro) e cose pruriginose (le “ra-gazze facili” sono sempre esistite). Poiché lastampa è una cosa seria il compito di ungiornalista - a parer mio - dovrebbe esserequello di rifiutare con sdegno di occuparsi diqueste sciocchezze, a prescindere dalGarante della privacy, che Dio l’abbia in glo-ria. Qua il problema non è il Diritto bensì il ri-spetto per se stessi e per il lettore. Se un giu-dice ritiene fondamentale un interrogatorioal limite del palpeggiamento psicologico, co-me quello che io ho letto, cuocia nel suo bro-do. Nessun giornalista stia al gioco. Ci sonolivelli di dignità e di rispetto, di sé e degli al-tri, al di sotto dei quali un giornalista non do-vrebbe accettare di scendere.

Paolo Mastromo, Milano

12 ORDINE 9-10 2006

D E L I B E R A D I S C I P L I N A R E Commistione pubblicità-informazione:sanzionata con l’avvertimentoValeria Corbetta (direttore di Flair)

L’avviso disciplinare del 9 novembre2005. Analisi.

In data 9 novembre 2005 il presidente delConsiglio dell’OgL, nell’ambito dei poteri at-tribuitigli dagli articoli 4, 5 e 6 della legge n.241/1990, ha fatto notificare un avviso disci-plinare alla giornalista professionista ValeriaCorbetta (direttore responsabile della testa-ta Flair - editore A. Mondadori), ipotizzando(attraverso la citazione di alcuni articoli delCnlg e della legge professionale 69/1963nonché di un paragrafo della Carta deiDoveri del giornalista) che la stessa abbiaadottato decisioni lesive dell’autonomia del-la professione giornalistica (art. 1, terzo co-ma, del Cnlg) che si fonda sul rispetto delleregole fissate nell’articolo 2 della legge n.69/1963 e in contrasto con l’articolo 44 del-lo stesso Cnlg, il quale impone “di separaretesti giornalistici e messaggio pubblicitari”nonché con la Carta dei doveri del giornali-sta (paragrafo informazione e pubblicità) se-condo la quale “i cittadini hanno il diritto di ri-cevere un’informazione corretta, sempre di-stinta dal messaggio pubblicitario e non lesi-va degli interessi dei singoli. I messaggi pub-blicitari devono essere sempre e comunquedistinguibili dai testi giornalistici attraversochiare indicazioni. Il giornalista è tenuto al-l’osservanza dei principi fissati dal Protocollod’intesa sulla trasparenza dell’informazionee dal Contratto nazionale di lavoro giornali-stico; deve sempre rendere riconoscibilel’informazione pubblicitaria e deve comun-que porre il pubblico in grado di riconoscereil lavoro giornalistico dal messaggio promo-zionale”. La legge professionale detta vinco-li fondamentali per l’attività giornalistica, im-pegnando il giornalista a essere e ad appa-rire corretto.Fra i vincoli figurano:1) l’esercizio delle libertà di informazione edi critica ancorato ai doveri imposti dallabuona fede e dalla lealtà;2) il dovere di promuovere la fiducia tra lastampa e i lettori.Il mensile Flair (numero di novembre) allepagine 154-161, pubblica, a firma MonicaCapuani, un’intervista a Rula Jebreal dal ti-tolo “Sono musulmana. E mi sento euro-pea”. Alle pagine 158-159 e 160-161 le in-serzioni Guerlain sono collocate anche inmezzo all’articolo in modo da creare un’as-sonanza tra testo/pubblicità e inserzioni e ta-li da farle apparire come riferibili al contenu-to dell’articolo con il fine di dare maggior vi-gore alla pubblicità del marchio. Quasi unaforma di pubblicità sublimale. Chi legge a si-nistra (pag. 158) vede la pubblicità in picco-lo e se guarda a destra (pag. 159) vede lapubblicità in grande. La scena si ripete allepagine 160-161.Di particolare richiamo sensuale è il rosso(le nouveau rouge) della pubblicità (pag.158) e delle labbra rosso Guerlain della ra-gazza Guerlain Kisskiss (pag. 159) che hauna anticipazione “rossa” nella ragazza Gillidi pagina 157, mentre alle pagine 160 e 161si gioca su diverse tonalità (“camomilla”)dell’Istant de Guerlain pour homme, deicorpi nudi di lui e di lei nonché dei capelli dilei. Anche qui l’assonanza è altamente sug-gestiva (la fusione dei corpi e delle mani in-trecciate verso l’alto). Quando si parla dipubblicità sublimale (da “sublime”) si intendeanche pubblicità che susciti istinti e desideri

nella persona suggestionata dal forte intrec-cio grafico delle pagine, pubblicità che è pu-re manifestazione di un fatto estetico/ero-tico/dannunziano nel suo massimo grado.Le pagine 157,158,159 e 160-161 vanno vi-ste in chiave unitaria, in sequenza, mentre“tagliano” e spezzano l’intervista.

Le conclusioni.Valeria Corbetta si è difesa affermando:

a) “Flair è un giornale nuovo che lavoramolto sull’immagine e c’è molta infor-mazione scritta. C’è informazione mo-da, c’è informazione bellezza e soprat-tutto c’è una grossa ricerca sul pianodell’immagine fotografica; vive questogiornale molto di immagine. Il giornalepone moltissima attenzione alla foto-grafia, cosa che non succede in altrigiornali. Lavoriamo con un pool di foto-grafi internazionali, lavoriamo tra qui egli Stati Uniti ed ha come obiettivo pro-prio l’internazionalizzazione… Chi cicompra - sono tanti e vorremmo chefossero di più, molti di più - sa benissi-mo il contesto in cui si trova, cioè si tro-va in un giornale che esplora anchenuove strade di impaginazione, chenon sono in conflitto con la deontologia.Quando abbiamo fatto le prime ricer-che su questo giornale è venuto fuoriun dato al quale io tengo molto: la rivi-sta viene comprata per i suoi contenutiprincipalmente ma anche per come lipone ed anche per il livello delle inser-zioni pubblicitarie ... l’informazione pub-blicitaria diventa ... un altro tipo di infor-mazione per questo tipo di pubblico checapisce perfettamente quali siano (al-meno questi sono i risultati della ricer-ca) i messaggi che veicola ed è incu-riosito anche dalla qualità dell’immagi-ne che viene messa in queste campa-gne. Per fare la campagna Guerlain iocredo che abbiano speso delle miliar-date perché si sa cos’è questo mondocome dire della produzione. Quindi so-no d’accordo con l’avvocato, diverso èun contesto di un giornale il cui il letto-re ha meno strumenti e diverso è inve-ce un contesto di un giornale i cui let-tori hanno parecchi strumenti e parec-chie curiosità, insomma. È per questoche non ho rilevato, come dire, conflit-to”.

b) la pubblicità Guerlain è immediatamen-te riconoscibile ed è di livello molto alto.

c) la “continuità (con Gilly) in realtà è pu-ramente casuale nel senso che non soneanche che cosa viene messo al di làdi casi speciali oppure in realtà comeviene impaginato il giornale dalla pub-blicità: lo scopro in fase diciamo nelsenso che non sono io che impagino lapubblicità”.

d) ha avuto “la proposta da partedell’Ufficio pubblicità della Mondadoridi questo formato speciale di pubblicitàe ha ritenuto che non fosse assoluta-mente in conflitto sotto il profilo deon-tologico”.

e) «il problema me lo sono posto e proprioper questo ho preteso degli accorgi-menti nel senso che ci fosse un riqua-dro intorno alla fotografia, che in effettic’è…».

Secondo la difesa, Valeria Corbetta “il pro-

blema se lo è posto subito” e ha affermato:«Io pubblico il messaggio Guerlain, ma sideve capire che è un messaggio pubblicita-rio» per cui ha detto: «Ho preteso questicorrettivi e cioè non l’immagine spot e poi lapubblicità dopo tre pagine ma la pagina dipubblicità a fianco del richiamo della paginaprecedente» in maniera tale che fosse per-cepibile immediatamente che era la foto del-la pubblicità ... separata dall’articolo. Il diret-tore non ha inteso “rigettare un discorso so-fisticato che peraltro attira anche il lettore,perché la pubblicità non è il demonio, la pub-blicità consente a tutti quanti di andareavanti e quindi ho messo in atto tutti i cor-rettivi che impediscono gli equivoci”. ValeriaCorbetta ha esaminato il problema per cer-care di risolverlo: “Cioè non è una roba cheè stata fatta a cuor leggero”. E, d’altronde,lei dice: «Attenzione a rigettare questi tipi dimessaggi (tra virgolette) "pubblicitari" chesono sofisticati, innovativi e che non creanoconfusione con la mia attività di giornalistaper cui non me la sono sentita di rifiutarla».Secondo la difesa, Valeria Corbetta ha ra-gionato così:«Lo pubblico il messaggio frazionato ma acondizione che sia pubblicata la fotografia,che nella pagina a fianco ci sia la foto pub-blicitaria, in maniera tale che il lettore vienesì incuriosito da questa formula ma sa im-mediatamente che è una pubblicità. Quindiquesto è il primo correttivo.Il secondo correttivo che non contrasti, cioèche faccia capire che non fa parte dell’ope-ra del giornalista, che l’articolo non sia de-dicato ad un argomento che possa parlaredi profumi e di rossetti - ed infatti qui si trat-ta di un’intervista ad una vostra collega, pe-raltro musulmana e quindi tutto il contrariodella donna musulmana, che lavora - e quin-di con nessuna attinenza all’articolo; il se-condo discorso è che ci fossero quantome-no delle pagine di testo completo e senzapubblicità e dopo cominciasse il discorsopubblicitario.Ultimo, terzo correttivo o quarto se si vuoleparlare anche del testo, che ci fosse co-munque un riquadro, ovviamente estetica-mente sofisticato, perché tutta l’impagina-zione è molto sofisticata in questo tipo digiornale, che lo separasse dall’articolo equindi, in effetti, c’è questo riquadro diciamobianco intorno alla fotografia che, come pos-so dire, lo tira fuori dal testo dell’articolo.Questo ha ritenuto il direttore in buona fede.Quindi, ripeto, c’è stata un’analisi della gior-nalista che si è posta le due problematiche:quella che non venisse inficiato il suo lavo-ro di direttore, di giornalista come soggettoche fa commistione con la pubblicità e nellostesso tempo che non fossero ostacolati imessaggi pubblicitari...”.Il Consiglio ritiene che Valeria Corbetta nonsia riuscita nell’opera di demolire l’incolpa-zione, elevata a suo carico sia con l’avvisodisciplinare sia con la delibera di aperturadel procedimento. La giornalista ha in effettiadottato decisioni in contrasto con l’articolo44 del Cnlg, che (come la Carta dei doveri)impone “di separare testi giornalistici e mes-saggio pubblicitari”, mentre la legge profes-sionale vincola il giornalista al dovere di pro-muovere la fiducia tra la stampa e i lettori. Lanuova tecnica pubblicitaria, di cui Flair si èfatto portavoce, è in conflitto con la deonto-logia giornalistica. Gli “accorgimenti” sono ri-

sultati vani e insufficienti.Il mensile Flair (numero di novembre) allepagine 154-161, pubblica, a firma MonicaCapuani, un’intervista a Rula Jebreal dal ti-tolo “Sono musulmana. E mi sento euro-pea”. Alle pagine 158-159 e 160-161 le in-serzioni Guerlain sono collocate anche inmezzo all’articolo in modo da creare un’as-sonanza tra testo/pubblicità e inserzioni etali da farle apparire come riferibili al conte-nuto dell’articolo con il fine di dare maggiorvigore alla pubblicità del marchio. Quasi unaforma di pubblicità sublimale. Chi legge a si-nistra (pag. 158) vede la pubblicità in picco-lo e se guarda a destra (pag. 159) vede lapubblicità in grande. La scena si ripete allepagine 160-161.Di particolare richiamo sensuale è il rosso(le nouveau rouge) della pubblicità (pag.158) e delle labbra rosso Guerlain della ra-gazza Guerlain Kisskiss (pag. 159) che hauna anticipazione “rossa” nella ragazzaGilli di pagina 157, mentre alle pagine 160e 161 si gioca su diverse tonalità (“camomil-la”) dell’Istant de Guerlain pour homme.Le pagine 157,158,159 e 160-161 vanno vi-ste in chiave unitaria, in sequenza, mentre“tagliano” e spezzano l’intervista.La rivista si rivolge a un pubblico in preva-lenza femminile, che ha bisogno di simbolicome il rosso Guerlain. I pubblicitari avver-tono il rischio che la gente legga gli articolie non guardi la pubblicità e allora per raffor-zare l’attenzione del lettore sul messaggiopubblicitario spezzano gli articoli con un ri-chiamo che è riferito alla pagina pubblicita-ria successiva. Questa è una tecnica che èinnovativa, fortemente innovativa. In sostan-za il giornale dev’essere percepito dal letto-re come un tutt’uno senza differenze trainformazione e pubblicità commerciale.Nuove filosofie di comunicazione sostengo-no che il periodico dev’essere omogeneo alpunto tale che per essere appunto totaliz-zante, compatto, la pubblicità in qualche mo-do deve confondersi con il testo e viceversa.È un nuovo modo, ma sleale, di porre la co-municazione commerciale, sleale perchénon tutela con priorità il rapporto di fiducia edi credibilità con i lettori. Valeria Corbettaporta intera la responsabilità di non aver op-posto e reso pubblico il proprio dissenso ri-spetto alle pretese dell’Ufficio pub-blicità/marketing della A. Mondadori; princi-pio ribadito nella sentenza n. 1827/2003 del-la prima sezione civile della Corte d’Appellodi Milano e diffuso dall’Ordine di Milano conlettere ai direttori nonché attraverso il men-sile Tabloid e il portale dell’ente. In sostanzala Corte d’Appello ha affermato la respon-sabilità soggettiva del direttore per culpa invigilando: “Il direttore quantomeno avrebbepotuto evidenziare - scrivono i giudici - il pro-prio dissenso all’ufficio marketing... Al con-trario non ha ritenuto di intervenire in alcunmodo ed in questa inerzia non può che rav-visarsi una sua grave omissione...”;

PQMil Consiglio dell’Ordine dei giornalisti dellaLombardia, valutati i fatti addebitati,

deliberadi sanzionare con l’avvertimento (articolo 52legge n. 69/1963) la giornalista professioni-sta Valeria Corbetta, direttore responsabiledi Flair, che viene “richiamata all’osservan-

Economist: nel 2043 la morte dei quotidiani. Internet e disinteresse della gente condannano la carta stampata Londra, 24 agosto 2006. È il 2043, siamo negli StatiUniti. Un lettore sfinito acquista l’ultima copia di un gior-nale su carta. Èquesta la sorte del quotidiano secondoquanto scriverà, sulla base di anticipazioni diffuse oggi, ilsettimanale britannico ‘The Economist’ nel numero in edi-cola domani. La rivista diretta da John Micklethwait dedi-ca alla morte del quotidiano la copertina e un lungo arti-colo, lanciando un preoccupante allarme: nei prossimi de-cenni la diffusione della carta stampata è destinata a crol-lare sotto i colpi di internet e del disinteresse dei lettori. Il2043 è destinata a diventare la data di scomparsa deigiornali in America, secondo un libro di Philip Meyer cita-to dall’Economist. La crisi dei giornali è già una realtà: la

loro diffusione é ormai da decenni in costante calo inEuropa occidentale e negli Stati Uniti. Le persone che la-vorano nel settore negli Usa sono diminuite del 18% tra il1990 e il 2004. La Knight Ridder, società editrice proprie-taria di alcuni dei maggiori quotidiani americani, ha datoil via ad un’operazione di smobilitazione, mettendo la pa-rola fine ad una storia lunga 114 anni.Tutti segnali di quello che sta accadendo al più vecchiodei media. La condanna della carta stampata sembra an-cora più inevitabile a causa dell’avanzata di internet: i ra-gazzi britannici tra i 15 e i 24 anni passano quasi il 30%in meno del loro tempo a leggere da quando hanno co-nosciuto la Rete.“Nei prossimi decenni, forse metà dei giornali del mondosviluppato dovrà chiudere”, questa la lapidaria conclusio-ne della rivista britannica.Non tutti, però, sono in pericolo. Pubblicazioni di alta qua-lità come “il New York Times e il Wall Street Journal do-vrebbero essere in grado di aumentare il loro prezzo percompensare le minori entrate pubblicitarie” e, forse, po-trebbero tenersi in vita grazie al sostegno di associazioninon-profit.Una strada già intrapresa da alcune importanti testate co-me il Guardian. (ANSA)

Giovannini: il web non ucciderà i giornali Bibbiena (Arezzo), 28 agosto 2006.- “I giornali non spari-ranno a causa dello sviluppo dei nuovi media e di internet; siandrà soltanto verso un nuovo assetto, come è successoquando sono comparse la radio e la televisione”. Èil parere diGiovanni Giovannini, per molti anni presidente dellaFederazione Italiana Editori Giornali e dell’agenzia Ansa, alquale la sua città natale, Bibbiena, intitola la biblioteca co-munale. “Io sono un divulgatore - ha aggiunto - e un difenso-re dei nuovi media e nel mio libro ‘Dalla selce al silicio’ parlodella rivoluzione che hanno operato nel mondo della comu-nicazione come della ‘grande mutazione’”. Per quanto riguar-da il fenomeno della free press Giovannini non pensa che es-so potrebbe arrivare a mettere in crisi i giornali tradizionali. “Igiornali gratuiti - ha osservato - attraggono una fetta margi-nale di pubblico, dunque possiamo parlare di complementa-rietà più che di concorrenza dato che hanno due mercati di-versi. Se io fossi un editore risolverei la questione pubblican-do due giornali nella mia zona: uno free press e uno tradi-zionale”. (ANSA)

13ORDINE 9-10 2006

D E L I B E R A D I S C I P L I N A R E

Internet: grazie al web aumenta il numero dei lettori di quotidiani, rileva la ‘Scarborough Research’Roma 5 settembre 2006. Il numero di coloro che leggo-no il giornale su Internet, senza andare a prenderlo inedicola, ammonta attualmente negli Stati Uniti dal 2 al15% del totale. Lo rileva una ricerca della ScarboroughResearch, specializzata nell’analisi dell’andamento deimercati della stampa periodica. Gli analisti americani han-no esaminato l’andamento dei quotidiani nelle 25 zone dimaggior diffusione e la ricerca ha dimostrato che i sitiweb stanno procurando un considerevole aumento di pub-blico ai quotidiani tradizionali.Un caso tipico è quello del New York Times: in una setti-mana l’8% del totale dei lettori si informa esclusivamenteattraverso il Pc, mentre coloro che leggono sia la versio-ne stampata che quella digitale ammontano al 22% deltotale. Tra i lettori-tipo, il 39% è formato da pubblico adul-

to che accede ai siti dei giornali attraverso link di altri in-dirizzi o da motori di ricerca.Per rilevare questi dati la Scabrorough ha messo a puntoun nuovo sistema di misurazione, l’Integrated NewspaperAudience, che serve a quantificare l’audience totale deigiornali quotidiani, oltre il mero conteggio delle copie di-stribuite.“Con tutti i dati negativi che sentiamo sulla stampa quoti-diana in questi giorni, questa analisi porta un soffio di po-sitività, dimostrando che la forza combinata della paginastampata e di quella digitale saranno fondamentali per ilfuturo dei quotidiani, non solo negli Usa” afferma GaryMeo, vice presidente sr. di Scanborough Research. I ri-sultati della ricerca degli analisti americani sono stati con-fermati da un altro studio simile condotto, sempre sullastampa Usa, dal Pew Research Center for People and thePress.Lo studio colloca il New York Times all’apice della classi-fica dei quotidiani più letti on line.Bisogna però tener conto, per un giusto raffronto, che se-condo le rilevazioni di comScore Media Metrix, i lettori online di Yahoo! News in agosto sono stati il quadruplo deltotale di quelli del New York Times.

(ANSA)

Google: col nuovo servizioNews tutte le notizie in Rete San Francisco, 6 settembre 2006. Continuano gli sforzi diGoogle per migliorare i suoi servizi di ricerca news. Il gruppo diMountain View annuncerà oggi infatti un nuovo servizio che per-mette di cercare notizie apparse sulla rete anche anni fa. Finoad ora, il servizio Google News permetteva di trovare in Rete so-lo notizie “vecchie” al massimo di un mese. Adesso, si potrannotrovare “chicche” vecchie anche di anni. Il servizio è realizzato in-sieme al sistema di ricerca news Factiva, creato da Dow Jonese Reuters, mentre Google ha firmato accordi con i più importantigruppi editoriali e dell’intrattenimento che daranno accesso alleloro notizie agli utenti Google.Si tratta in particolare del New YorkTimes, della stessa Dow Jones e del Wall Street Journal, diTime magazine e Washington Post. Digitando un termine nellastriscia di ricerca saremo rimandati agli archivi delle testate inquestione. Le quali offriranno poi (gratis o a pagamento, secon-do la loro policy aziendale) l’accesso all’informazione che inte-ressa. Google non avrà comunque alcuna commissione perquesto servizio. I guadagni del nuovo “News” arriveranno dal-l’aumento delle presenze sul sito, e dunque da maggiori introitipubblicitari.

Cinzia Felicetti non si esibirà in futuro come “attrice pubblicitaria” su Cosmopolitan.Procedimento disciplinare archiviato

D E L I B E R A D I S C I P L I N A R E Franca Sozzani si dimette dal Cdadelle Edizioni Condé Nast SpA.Procedimento disciplinare archiviato

Milano, 22 luglio 2006. Il Consigliodell’Ordine dei giornalisti della Lombardia haarchiviato il procedimento disciplinare avvia-to nei riguardi della giornalista professionistaCinzia Felicetti, direttore responsabile dellatestata Cosmopolitan. Cinzia Felicetti si erasubito adeguata alle censure dell’Ordine e siè impegnata a tenere in futuro comporta-menti corretti: non si esibirà come “attricepubblicitaria” su Cosmopolitan.I FATTI. In data 15 novembre 2005 il presi-dente del Consiglio dell’OgL, nell’ambito deipoteri attribuitigli dagli articoli 4, 5 e 6 dellalegge n. 241/1990, avendo la segreteria del-l’ente acquisito copia del mensileCosmopolitan numero di novembre (n. 11)2005, ha fatto notificare un avviso disciplina-re alla giornalista professionista CinziaFelicetti (direttore responsabile della testataCosmopolitan), ipotizzando che la stessa ab-bia svolto e svolga funzioni in contrasto conl’autonomia della professione giornalistica(art. 1, terzo coma, del Cnlg) che si fonda sulrispetto delle regole fissate nell’articolo 2 del-la legge n. 69/1963, mentre l’articolo 1 (3°

comma) della stessa legge impone ai gior-nalisti professionisti “di esercitare in modoesclusivo e continuativo la professionale digiornalista”; l’articolo 6 “di adottare le deci-sioni necessarie per garantire l’autonomiadella testata”; l’articolo 44 “di separare testigiornalistici e messaggio pubblicitari”. La leg-ge professionale detta vincoli fondamentaliper l’attività giornalistica, impegnando il gior-nalista a essere e ad apparire corretto. Fra ivincoli figurano: 1) la libertà di informazionee di critica (valori che fanno definire il gior-nalismo informazione critica) come diritto in-sopprimibile dei giornalisti; 2) la tutela dellapersona umana e il rispetto della verità so-stanziale dei fatti principi da intendere comelimiti alle libertà di informazione e di critica;3) l’esercizio delle libertà di informazione e dicritica ancorato ai doveri imposti dalla buonafede e dalla lealtà; 4) il dovere di promuove-re la fiducia tra la stampa e i lettori.In particolare a pagina 7 il mensile pubblica,nella rubrica “io e voi”, l’articolo del direttore(“Principesse si diventa”) con la foto del di-rettore. Di lato viene specificato che la foto

del direttore è di Daniela Berruti; il cappottoè di Antonio Marras; la collana è di Pellini; ipantaloni di Emporio Armani; le scarpe diCeline e la borsa di Prada. Cinzia Felicetticonclude così il suo articolo: “A questo pro-posito, se non riuscite a scegliere tra due og-getti, acquistate il più prezioso. La vita è co-sì breve (e voi valete troppo) per portare aspazzo una borsa scadente”. Cinzia Felicetti,come riferito, nella foto porta una borsaPrada (con il marchio visibilissimo). In so-stanza il direttore di Cosmopolitan si presen-ta al pubblico dei lettori come “attrice pubbli-citaria” o “indossatrice”, ruolo che mal si con-cilia con quello che l’ordinamento giuridicoassegna a una giornalista professionista,che è direttore di un periodico.Cinzia Felicetti ha tenuto lo stesso compor-tamento nel numero di dicembre diCosmopolitan. A pagina 7 il mensile pubbli-ca l’articolo del direttore dal titolo “ArrivaWonder Woman”. Di lato viene specificato:foto di Daniela Berruti; pull Max Mara; stolaLuciano Soprani; pantaloni Laura Biagiotti;borsa e scarpe Tood’s; trucco Fabienne Rea

per Biotherm; pettinatura Erroi per PieroBastriani-L’Oreal.LE CONCLUSIONI. Il Consiglio ha preso at-to che, ricevuto l’avviso disciplinare, CinziaFelicetti ha interrotto prontamente i compor-tamenti censurabili secondo le regole deon-tologiche in vigore. Il Consiglio, alla luce del-le affermazioni fatte da Cinzia Felicetti nel-l’audizione del 19 giugno, ha ritenuto supe-rato il problema posto dall’avviso disciplinaree dalla delibera di apertura del procedimen-to disciplinare, decidendo di accogliere la ri-chiesta della difesa presentata con memoria9 gennaio 2006 e ribadita nella seduta del 19giugno.

PQM

il Consiglio dell’Ordine dei giornalisti dellaLombardia, valutati i fatti,

deliberadi archiviare il procedimento aperto nei ri-guardi della giornalista professionista CinziaFelicetti.

Milano, 21 luglio 2006. Il Consigliodell’Ordine dei giornalisti della Lombardia haarchiviato il procedimento disciplinare avvia-to nei riguardi della giornalista professionistaFranca Sozzani, direttore responsabile dellatestata Vogue Italia, consigliere d’ammini-strazione e direttore editoriale di EdizioniCondé Nast SpA,

Ecco in sintesi i fatti. In data 12 ottobre2005 il presidente del Consiglio dell’OgL, nel-l’ambito dei poteri attribuitigli dagli articoli 4,5 e 6 della legge n. 241/1990, avendo la se-greteria dell’ente acquisito copia del Corrieredella Sera del 28 settembre 2005, ha fattonotificare un avviso disciplinare alla giornali-sta professionista Franca Sozzani (direttoreresponsabile della testata Vogue Italia,Consigliere d’amministrazione e direttore edi-toriale di Edizioni Condé Nast SpA), ipotiz-zando che la stessa abbia svolto e svolga,come direttore editoriale della casa editrice,funzioni in contrasto con l’autonomia dellaprofessione giornalistica (art. 1, terzo coma,del Cnlg) che si fonda sul rispetto delle rego-le fissate nell’articolo 2 della legge n.69/1963, mentre l’articolo 1 (3° comma) del-la stessa legge impone ai giornalisti profes-sionisti “di esercitare in modo esclusivo econtinuativo la professionale di giornalista”;l’articolo 6 “di adottare le decisioni necessa-rie per garantire l’autonomia della testata”;l’articolo 44 “di separare testi giornalistici emessaggio pubblicitari”. La legge professio-nale detta vincoli fondamentali per l’attivitàgiornalistica, impegnando il giornalista a es-

sere e ad apparire corretto. Fra i vincoli, chesono alla base anche dell’autonomia profes-sionale dei giornalisti (articolo 1, comma 3,del Cnlg), figurano: 1) la libertà di informa-zione e di critica (valori che fanno definire ilgiornalismo informazione critica) come dirit-to insopprimibile dei giornalisti; 2) la tuteladella persona umana e il rispetto della veritàsostanziale dei fatti principi da intendere co-me limiti alle libertà di informazione e di cri-tica; 3) l’esercizio delle libertà di informazio-ne e di critica ancorato ai doveri imposti dal-la buona fede e dalla lealtà; 4) il dovere dipromuovere la fiducia tra la stampa e i letto-ri; 5) l’esercizio in modo esclusivo e conti-nuativo della professione di giornalista.In una intervista apparsa (a firma Gian LuigiParacchini) sul Corriere della Sera del 28settembre 2005, alla domanda se fosse la“vera testa pensante di diversi stilisti”, FrancaSozzani ha risposto così in modo secco: “Hosoltanto suggerito a tutti di seguire il propriostile ed aiutato alcuni nelle campagne pub-blicitarie visto che abbiamo i migliori fra mo-delle e fotografi”.

Le conclusioni. In data 23 giugno 2006, l’av-vocato Caterina Malavenda ha comunicatoal Consiglio che il 22 giugno Franca Sozzani,facendo seguito alle dichiarazioni rese il 19giugno davanti al Consiglio, aveva rassegna-to le dimissioni dal ruolo di consigliere dalCdA della Condé Nast SpA. Il Consiglio, allaluce degli impegni assunti da Franca Sozzaninell’audizione del 19 giugno, ha ritenuto su-perato il problema posto dall’avviso discipli-

nare e dalla delibera di apertura del procedi-mento disciplinare, decidendo di accoglierela richiesta della difesa presentata nella se-duta del 19 giugno. Resta inteso che FrancaSozzani dovrà fornire la documentazione cir-ca la cessazione ufficiale dall’incarico di con-sigliere d’amministrazione di Condé NastSpA.

PQMil Consiglio dell’Ordine dei giornalisti dellaLombardia, valutati i fatti,

deliberadi archiviare il procedimento aperto nei ri-guardi della giornalista professionista FrancaSozzani.

Pubblicata la foto di un arrestatoin manette: censurato Paolo Mieli

Milano, 13 luglio 2006. Il Consiglio dell’Ordine dei giornalisti dellaLombardia ha sanzionato con la censura il direttore responsabile delCorriere della Sera, Paolo Mieli, per la pubblicazione il 10 settembre2005 di una foto di Guglielmo Gatti, accusato di aver ucciso e fatto apezzi gli zii lo scorso agosto, mentre in manette viene portato in tri-bunale.La difesa di Mieli, rappresentata dall’avvocato Caterina Malavenda, insintesi si è basata sulla sua assenza dalla redazione, perché in ferienel periodo in questione, e sul rispetto avuto nei confronti di Gatti edella verità processuale sia all’interno dell’articolo, a cui la foto facevada corredo, sia nella didascalia che commentava l’immagine incrimi-nata. ‘’La foto in questione - sostiene, tra l’altro, Mieli nella memoriapresentata al Consiglio - è stata pubblicata a pagina 16 di un’edizio-ne sostanzialmente estiva che, di fatto, non è stata sottoposta mate-rialmente al mio controllo. Inoltre quella era il solo modo per docu-mentare l’arrivo di Gatti in Tribunale, visto che l’udienza era a portechiuse’’. Nonostante secondo Mieli non si sia voluto ledere la dignitàdi Gatti, né anticipare un giudizio di colpevolezza, il Consiglio ha deli-berato di sanzionarlo con la censura. Le motivazioni del Consiglio, ri-portate in un comunicato, sono: il direttore non ha fornito il nome del-la persona che lo avrebbe sostituito nel settembre 2005; le manettenon erano essenziali ai fini di documentare l’arrivo di Gatti in tribuna-le; un titolo e una cronaca ‘favorevoli non annullano la pubblicazionedella foto; le responsabilità del direttore abbracciano tutto quello cheviene pubblicato sul giornale. (ANSA)

14 ORDINE 9-10 2006

P R O F E S S I O N I

Fabio Mussi ritirail “Dpr Siliquini”, ma annuncia alla Camerache recupererà le regole europee (laurea almeno triennale per l’accesso).

Questa volta è la rivincitadei giornalisti sugli editoriche dal 1928 “governano”le redazioni dei quotidiani 1. Premessa. Mussi ritira il “Dpr Moratti/Si-liquini”. Accesso agli Ordini professionali:“Una materia sulla quale deve logicamente farpremio il recepimento della Direttiva comunita-ria sulle qualifiche professionali superiori”.

Il ministro dell’Università, Fabio Mussi, su invito della Cortedella Conti, ha ritirato il “DpR Moratti/Siliquini” (uno degli ul-timi atti firmati dal presidente Carlo Azeglio Ciampi), cheavrebbe dovuto disciplinare gli esami di Stato per l’accessoalle professioni di dottore agronomo e dottore forestale, agro-tecnico e agrotecnico laureato, architetto, pianificatore pae-saggista e conservatore, assistente sociale, attuario, biolo-go, chimico, farmacista, geologo, ingegnere, psicologo, tec-nologo alimentare e veterinario, consulente del lavoro, geo-metra e geometra laureato, giornalista, perito agrario e peri-to agrario laureato, perito industriale e perito industriale lau-reato nonché per l’abilitazione nelle discipline statistiche. Perquanto riguarda l e professioni di consulente del lavoro, geo-metra e geometra laureato, giornalista, perito agrario e peri-

to agrario laureato, perito industriale e perito industriale lau-reato, il Dpr prevedeva la doppia via (diploma e laurea),mentre nella versione originaria del 22 dicembre 2005 sta-biliva soltanto il possesso della laurea.Fabio Mussi, nell’audizione del 4 luglio 2006 davanti alla VIICommissione della Camera ha dichiarato: “Ci sono anchestati rilievi degli organi giurisdizionali sul decretoMoratti relativo alle abilitazioni e all’accesso agli ordiniprofessionali: una materia sulla quale deve logicamentefar premio il recepimento della Direttiva Comunitariasulle qualifiche professionali superiori. La Corte deiConti, visto il ritiro del decreto sulle classi di laurea, ciha invitati al ritiro anche di questo”. La DirettivaComunitaria sulle qualifiche professionali superiori è la nu-mero 89/48/CEE del 21 dicembre 1988 “relativa ad un si-stema generale di riconoscimento dei diplomi di istruzionesuperiore che sanzionano formazioni professionali di unadurata minima di tre anni”. La direttiva 89/48/CEE, recepitacon il Dlgs 115/1992, ha introdotto (con l’articolo 2/bis deldlgs 115/1992) la definizione di professione “regolamentata”.Si definisce formazione regolamentata “qualsiasi formazionedirettamente orientata all'esercizio di una determinata pro-

fessione e consistente in un ciclo di studi post-secondari didurata minima di tre anni oppure di durata equivalente atempo parziale in un’università o in un altro istituto di livellodi formazione equivalente e, se del caso, nella formazioneprofessionale, nel tirocinio o nella pratica professionale ri-chiesti oltre il ciclo di studi post-secondari: la struttura e il li-vello di formazione professionale, del tirocinio o della prati-ca professionale devono essere stabiliti dalle disposizioni le-gislative, regolamentari o amministrative dello Stato membrointeressato o soggetti al controllo o all'autorizzazione del-l'autorità designata a tal fine”.La direttiva in conclusione ha fissato il principio per cui l’e-sercizio delle professioni presuppone il superamento di unciclo di studi postsecondari di una durata minima di tre annio di durata equivalente a tempo parziale, in una università oin un istituto di istruzione superiore o in altro istituto dellostesso livello di formazione. I principi fissati dalla direttiva89/48/CEE sono stati realizzati dalla Repubblica Italiana conla Riforma universitaria 1999/2000/2005 e con il contestua-le collegamento (tramite il comma 18 dell’articolo 1 dellalegge 4/1999) delle lauree (triennali) e delle lauree biennalispecialistiche (o magistrali) alle professioni regolamentateorganizzate con l’Ordine (o con il Collegio) e con l’esame diStato. Tra le professioni regolamentate rientra quella di gior-nalista (ex legge n. 69/1963, sentenze nn. 11 e 98/1968;2/1971; 71/1991; 505/1995 e 38/1997 della CorteCostituzionale) alla quale si accede tramite esame di Statoal pari delle altre.La Repubblica Italiana ha recepito in maniera inadeguata,discriminatoria e parziale la direttiva n. 89/48/CEE, non in-cludendo (al pari delle altre) la professione giornalisticanell’Allegato A del Dlgs n. 115/1992, pur in presenza del-l’allora Diploma triennale universitario (o laurea breve)in Giornalismo (decreto 31 ottobre 1991 noto come “rifor-ma Salvini”). La Repubblica Italiana, pur avendone la facoltàin base all’articolo 11 (punto 1a) del Dlgs n. 115/1992, nonha modificato o integrato (“con decreto del Presidente delConsiglio dei ministri”) detto Allegato A, “tenuto conto delledisposizioni vigenti o sopravvenute”, abrogando i commi 4,5, 6 e 7 dell’articolo 33 della legge n. 69/1963, i quali nonstabiliscono alcun percorso formativo universitario minimoper chi intende accedere alla professione giornalistica.Solo nel 2003, con il dlgs 277, la Repubblica italiana ha com-piuto un atto di riparazione parziale, modificando la tabelladelle professioni (allegato C) inclusa nel dlgs 319/1994 (cheingloba la direttiva 92/51/CEE). Oggi, infatti, la professionedi giornalista rientra tra quelle caratterizzate dal possessodel diploma (e non dalla laurea) riconosciute come tali daldlgs 2 maggio 1994 n. 319, che ha dato “attuazione alla di-rettiva 92/51/CEE relativa ad un secondo sistema generaledi riconoscimento della formazione professionale che inte-gra la direttiva 89/48/CEE”. Il dlgs 8 luglio 2003 n. 277 ha da-to, invece, attuazione della direttiva 2001/19/CE, che modifi-ca le direttive del Consiglio relative al sistema generale di ri-conoscimento delle qualifiche professionali. L’allegato II (dicui all'art. 2, comma 1, lettera l) del dlgs 277/2003 citaespressamente la professione di giornalista come vigilatadal ministero della Giustizia. L’allegato II del dlgs 277/2003ha anche sostituito, come riferito, l’allegato C del dlgs319/1994. I dlgs 277/2003 e 319/1994 in sostanza dicono,con l’allegato II (ex allegato C), che la professione giornali-stica (italiana), organizzata (ex legge 69/1963) con l’Ordinee l’Albo (in base all’art. 2229 Cc) e costituzionalmente legit-tima (sentenze 11 e 98/1968, 2/1971, 71/1991, 505/1995 e38/1997 della Consulta), ha oggi sì il riconoscimentodell’Unione europea, ma a un livello inferiore rispetto a quel-le comprese nell’allegato A del Dlgs 115/1992 caratterizza-te dalla laurea. Ora Mussi intende correggere questa stortu-ra con una norma regolamentare semplice in base alla qua-le i praticanti giornalisti all’atto della iscrizione nel Registrodovranno possedere una laurea triennale.La sentenza della quarta sezione della Corte di giustizia eu-

Roma, 5 luglio 2006. I tagli al settore dell’editoria am-monteranno alla cifra di un milione per il 2006 e a 50 mi-lioni di euro per il 2007 e 2008: lo ha spiegato il sottose-gretario alla Presidenza del Consiglio con delega per ilsettore, Riccardo Franco Levi, aprendo con questa preci-sazione la sua audizione in Commissione Cultura allaCamera.“Voglio mettere a punto - ha esordito Levi - una notizia cir-colata nelle ultime ore e riferita alle cronache del Consigliodei ministri di venerdì scorso.Nel dettaglio dei provvedimenti decisi dal Governo si eraparlato di tagli ai contributi per l’editoria da 80 milioni perciascuno degli anni 2006, 2007 e 2008. In realtà - ha pre-cisato - si trattava della prima bozza del testo entrato inConsiglio dei ministri”.Dopo la discussione sul testo, “abbiamo preso atto - haspiegato Levi - della necessità di contribuire al riequilibriodei conti pubblici alla quale non può sottrarsi anche ilDipartimento per l’editoria, ma abbiamo rimodulato i tagli:non ci sarà nessun intervento per il 2006, se non quellosimbolico da un milione di euro, perché si tratta di un prov-vedimento di spesa triennale che ha bisogno di una voceanche per il primo anno, mentre per il 2007 e 2008 le mi-nori spese ammonteranno non a 80, ma a 50 milioni di eu-ro”.Il sottosegretario ha spiegato anche che i tagli investiran-no “non solo la voce dei contributi diretti, ma il complessodelle provvidenze all’editoria che corrispondono a circa500 milioni. Si tratta di uno sforzo ancora significativo, masopportabile”.

(ANSA)

Sole 24 Ore: accordo per l’acquisizione di EditorialeGpp

Milano, 8 set. (Apcom) - Il Sole 24 Ore ha siglato un accor-do con Wise, società di gestione del Fondo Wise Equity, perl’acquisizione dell’intero pacchetto azionario di EditorialeGpp.Lo comuica in una nota il gruppo del quotidiano diConfindustria.L’operazione, attualmente sottoposta all’approvazionedell’Antitrust, consentirà la creazione del primo operatore na-zionale nel settore dell’editoria specializzata business to bu-siness con un fatturato di circa 80 milioni di euro e un por-tafoglio prodotti multimediale e multisettore ampio ed artico-lato. Il perfezionamento dell’accordo avverrà nell’aprile delprossimo anno con l’approvazione del bilancio 2006. Le atti-vità di Gpp saranno inserite nell’ambito dell’Area professioni-sti de Il Sole 24 Ore.Il Sole 24 Ore è già presente in alcuni tra i segmenti tipici del-l’editoria di settore con prodotti propri, grazie all’acquisizionedi Edagricole e all’accordo con Federico Motta Editore che haportato alla costituzione della nuova società editoriale MottaArchitettura. Gpp, azienda editoriale con un fatturato 2005 dioltre 45 milioni di euro opera nei settori Ho.Re.Ca. (Hotel,Restaurant e Catering), retail, ict (Informatica, Broadcastinged Elettronica), edilizia e architettura. Il portafoglio di Gpp ècostituito principalmente da periodici e può contare su oltre70 testate.“Con l’acquisizione di Gpp - osserva l’amministratore delega-to de Il Sole 24 Ore Claudio Calabi - si consolida la posizio-ne di leadership del Sole 24 Ore nella fornitura di servizi edi-toriali, formativi, software e di comunicazione a contenutotecnico, normativo e scientifico destinati al mondo delle pro-fessioni, delle imprese e della pubblica amministrazione”.

Contributiall’editoria:tagli per unmilione nel2006, 50 milioni nel 2007 e nel 2008

15ORDINE 9-10 2006

ropea del 10 maggio 2001 - (nella causa C-285/00 contro laRepubblica francese, che non aveva adottato la normativaeuropea per il riconoscimento della professione di psicologo)- afferma che “la direttiva 89/48/CEE va applicata alle pro-fessioni regolamentate, cioè a quelle per le quali l’accesso ol’esercizio sono subordinati, direttamente o indirettamente,mediante disposizioni legislative, regolamentari o ammini-strative, al possesso di un diploma universitario della durataminima di tre anni”. L’Europa, quindi, vuole che i professioni-sti, compresi i giornalisti italiani organizzati con l’Ordine, ab-biano almeno una laurea triennale.“La giurisprudenza costituzionale ha avuto più volte occasio-ne di precisare che la norma dell’art. 33 Cost. reca in sé unprincipio di professionalità specifica. Essa, cioè, richiede chel’esercizio di attività professionali rivolte al pubblico avvengain base a conoscenze sufficientemente approfondite e adun correlato sistema di controlli preventivi e successivi di ta-li conoscenze, per tutelare l’affidamento della collettività in or-dine alle capacità di professionisti le cui prestazioni incidonoin modo particolare su valori fondamentali della persona: sa-lute, sicurezza, diritti di difesa, etc. (C.Cost., 23 dicembre1993, n. 456; 26 gennaio 1990, n. 29)” (parere n. 448/2001della Sezione Seconda del Consiglio di Stato emesso nell’a-dunanza 13 marzo 2002).Sono mutati i requisiti culturali per l’esercizio delle professio-ni nell’ambito dei Paesi Ue e, quindi, gli aspiranti giornalistiprofessionisti italiani non possono essere discriminati (conviolazione dell’art. 3 Cost.) rispetto agli altri aspiranti pro-fessionisti italiani e a quelli europei sotto il profilo della pre-parazione universitaria minima di tre anni. “Il titolo di studioprecede la maturazione professionale” (Corte Cost., 27 lu-glio 1995, n. 412, a proposito della professione di psicolo-go).

2. Il comma 18 dell’articolo 1 della legge n.4/1999 (voluta dal governo D’Alema rispettosodella direttiva 89/48/Cee) conferisce al mini-stero dell’Università, di concerto con quellodella Giustizia, il compito di “integrare e mo-dificare” con regolamento gli attuali ordina-menti sull’accesso alla professioni e di raccor-darli con le lauree triennali e con le lauree spe-cialistiche biennali.

Il Dlgs n. 300/1999 affida al ministero della Giustizia la vigi-lanza sugli Ordini professionali e al ministero dell’Universitàla “missione” di formare i nuovi professionisti. Il comma 18dell’articolo 1 della legge n. 4/1999 (voluta dal governoD’Alema rispettoso della direttiva 89/48/Cee) conferisce alministero dell’Università, di concerto con quello dellaGiustizia, il compito di “integrare e modificare” con regola-mento gli attuali ordinamenti sull’accesso alla professioni edi raccordarli con le lauree triennali e con le lauree specia-listiche biennali. Il regolamento (Dpr n. 328/2001) disciplinala maggioranza delle professioni intellettuali, ma trascuraquelle dei giornalisti e dei consulenti del lavoro.La base legislativa del regolamento risiede appunto nell’art.1, comma 18, della legge n. 4 del 1999, ai sensi del quale“Con uno o più regolamenti adottati, a norma dell’articolo17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su pro-posta del Ministro dell’università e della ricerca scientifica etecnologica, di concerto con il Ministro di grazia e giustizia,sentiti gli organi direttivi degli ordini professionali, con esclu-sivo riferimento alle attività professionali per il cui eserciziola normativa vigente già prevede l’obbligo di superamentodi un esame di Stato, è modificata e integrata la disciplinadel relativo ordinamento, dei connessi albi, ordini o collegi,nonché dei requisiti per l’ammissione all’esame di Stato e

delle relative prove, in conformità ai seguenti criteri diretti-vi:a) determinazione dell’ambito consentito di attività profes-sionale ai titolari di diploma universitario e ai possessori deititoli istituiti in applicazione dell’articolo 17, comma 95, del-la legge 15 maggio 1997, n. 127, e successive modificazio-ni;b) eventuale istituzione di apposite sezioni degli albi, ordinio collegi in relazione agli ambiti di cui alla lettera a), indi-cando i necessari raccordi con la più generale organizza-zione dei predetti albi, ordini o collegi;c) coerenza dei requisiti di ammissione e delle prove degliesami di Stato con quanto disposto ai sensi della lettera a)”.Con riferimento all’ambito della potestà regolamentare deiMinisteri dell’Università e della Giustizia, si ritiene, - comeha più volte osservato l’Ufficio legislativo del Ministerodell’Università -, che la disposizione dell’art. 1, comma 18,della legge n. 4 del 1999, non debba essere intesa con ri-ferimento alle sole professioni per le quali è già richiesto ildiploma di laurea dalle disposizioni vigenti. La predetta nor-ma, infatti, attribuisce la potestà regolamentare con riferi-mento a tutte le professioni “per il cui esercizio la normati-va vigente già prevede l’obbligo del superamento di un esa-me di Stato”; l’oggetto della norma di delegificazione è per-tanto costituito dalla disciplina delle professioni per le qualiè previsto l’esame di Stato, mentre le disposizioni contenu-te nelle lett. a), b) e c) costituiscono principi e criteri diretti-vi per l’esercizio della potestà regolamentare stessa. Taleinterpretazione della norma in questione è del resto confer-mata dal parere facoltativo reso dal Consiglio di Statonell’Adunanza della sezione seconda il 13 marzo 2002, n.448/2001, proprio con riferimento alla possibilità di include-re la professione di giornalista nella citata disciplina regola-mentare; in tale parere si afferma la natura di esame diStato della prova di idoneità prevista per l’accesso alla pro-fessione di giornalista e si conclude per l’insussistenza dimotivi ostativi alla riforma dell’ordinamento professionaledei giornalisti ai sensi dell’art. 1, comma 18, della legge n.4 del 1999. Una pronuncia, questa, che correggeva la mio-pia della “Commissioni Rossi”, che aveva escluso la pro-fessione di giornalista dal Dpr 328/2001.Va detto anche chedal combinato disposto degli artt. 33, quinto comma, e 117,terzo e sesto comma, della Costituzione, discende la com-petenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di esamidi Stato per l’abilitazione alle professioni, e la connessa po-testà regolamentare.

3. Il “dlgs La Loggia” afferma che il Governoha mantenuto, dopo la riforma del Titolo Vdella Costituzione, i poteri di disciplinare leprofessioni, come riconosciuto ripetutamentedalla Corte costituzionale con le sentenze353/2003, 319/2005, 355/2005, 405/2005,424/2005, 40/2006 e 153/2006.

Questo contesto è stato rafforzato dal “dlgs La Loggia”30/2006 il quale “individua i principi fondamentali in materiadi professioni, di cui all'articolo 117, terzo comma, dellaCostituzione, che si desumono dalle leggi vigenti ai sensidell’articolo 1, comma 4, della legge 5 giugno 2003, n. 131,e successive modificazioni”.

Il comma 4 dell’articolo 1 del dlgs dispone testualmente chenon rientrano nell’ambito di applicazione del decreto “la for-mazione professionale universitaria; la disciplina dell’esamedi stato previsto per l’esercizio delle professioni intellettuali,nonché i Titoli, compreso il tirocinio, e le abilitazioni richie-sti per l’esercizio professionale; l’ordinamento e l’organiz-zazione degli ordini e dei collegi professionali; gli albi e i re-gistri; gli elenchi o i ruoli nazionali previsti a tutela dell’affi-

damento del pubblico; la rilevanza civile e penale dei Titoliprofessionali e il riconoscimento e l’equipollenza, ai fini del-l’accesso alle professioni di quelli conseguiti all’estero”.L’Ufficio legislativo del Ministero dell’Università a ragione “ri-tiene di poter trarre il definitivo riconoscimento che la disci-plina dell’esame di Stato richiesto per le professioni intel-lettuali e dei relativi requisiti di ammissione, compresi i Titolidi studio, rientra nell’ambito della legislazione esclusiva del-lo Stato”. Le materie, di cui parla il comma 4 dell’articolo 1del dlgs, sono tutte disciplinate dagli articoli 33 e 35 dellaCostituzione, dal dlgs 300/1999, dall’articolo 2229 del Cc,dal Codice penale e dalle varie leggi delle professioni intel-lettuali, insomma da norme che conferiscono allo Stato unaparticolare capacità esclusiva di azione.In sostanza il “dlgs La Loggia” afferma che il Governo hamantenuto, dopo la riforma del Titolo V della Costituzione, ipoteri di disciplinare le professioni, come riconosciuto ripe-tutamente, dopo l’entrata in vigore nel 2001 del nuovo TitoloV della Costituzione, dalla Corte costituzionale con le sen-tenze 353/2003, 319/2005, 355/2005, 405/2005, 424/2005,40/2006 e 153/2006. Va detto che l’articolo 33 (quinto com-ma) della Costituzione conferisce il potere esclusivo alloStato di legiferare in tema di “esame di Stato” per l’accessoalle professioni intellettuali: “... Innanzitutto dobbiamo leg-gere la Costituzione nel suo complesso, dove c’è an-cora la norma che dice che per l’esercizio dell'attivitàprofessionale occorre l’esame di Stato (art. 33 Cost.):“È prescritto un esame di Stato... per l’abilitazione al-l’esercizio professionale”. Quindi tutto ciò che attieneallo status del professionista e delle libere professioniè riconducibile all’articolo 33 della Costituzione, il qua-le parla di esame di Stato... una volta recuperato l'art.33 che in effetti vuol dire che lo status delle professio-ni continua a rimanere nelle mani dello Stato, la devo-luzione della materia “professione” alle Regioni puòavere il significato di affidare alle Regioni la disciplinadelle specificità delle professioni nelle realtà locali” (in-tervento conclusivo del prof. Vincenzo Caianiello-presiden-te emerito della Corte costituzionale, ”L’inserimento delleprofessioni nel titolo V della Costituzione”, in Atti delConvegno nazionale “Quale federalismo per le professioni”del 18 marzo 2002 in Codroipo-Ud, promosso dal Cup delFriuli Venezia Giulia). Vincenzo Caianiello, con lungimiran-za, ha anticipato le sette sentenze della Corte costituziona-le, che dal 2003 al 2006 oggi hanno affermato, con grandecoerenza, la competenza esclusiva dello Stato sulle profes-sioni intellettuali.

4. Gli editori rivendicano il “diritto di assu-mere come giornalisti tutti coloro che, a propriodiscrezionale giudizio, ritengono di avviare al-l’attività di informazione”.

Gli editori organizzati dalla Fieg negano l’esistenza di unaprofessione di giornalista e non accettano il collegamentodell’esame di Stato dei giornalisti alle lauree universitarie,perché ciò intaccherebbe “il diritto alla libertà di organizza-zione delle imprese editoriali” (art. 41 Cost.) e nel contem-po limiterebbe “il diritto costituzionale di tutti i cittadini ad ac-cedere, indipendentemente dal titolo di studio posseduto,alla professione giornalistica” (avv. Giancarlo Zingoni, vice-direttore Fieg, convegno di Verona 31 maggio 2002). Glieditori rivendicano il “diritto di assumere come giornalistitutti coloro che, a proprio discrezionale giudizio, ritengonodi avviare all’attività di informazione”, dimenticando che nel-l’ultimo decennio i laureati praticanti sono circa il 75% diquelli che hanno sostenuto l’esame di Stato. Gli editori vo-gliono “fare” i giornalisti come se nulla fosse accaduto ri-

Rtl 102.5:compie 15anni la primaredazione“privata”

Roma, 31 agosto 2006 - Compie quindici anni la redazio-ne di Rtl 102.5: è stata la prima struttura giornalistica del-la radiofonia nazionale privata italiana. Era la fine di agostodel 1991 e l’allora direttore Fabio Santini inaugurò la primaedizione del giornale radio, alla mezzanotte in punto.Da quel giorno, sotto la guida di Roberto Arditti prima e del-l’attuale direttore Luigi Tornari poi, la redazione ha prodot-to ben 131.500 edizioni delle news, con il contributo di ol-tre 140 giornalisti, tra professionisti che lavorano nelle re-dazioni di Milano e Roma, corrispondenti e collaboratoridall’Italia e dal mondo.Le principali sedi di corrispondenza sono New York, Mosca,Parigi, Londra, Bruxelles e Berlino. In questi anni, la reda-zione di Rtl 102.5 ha raccontato tutti i principali avvenimentiche hanno segnato la storia del mondo, alcuni anche conlunghissime dirette, come è avvenuto in occasione dell’11settembre con 72 ore consecutive di diretta dalle sedi diRoma, New York e Milano, o negli ultimi giorni di vita diPapa Giovanni Paolo II.Quella di Rtl 102.5 è stata anche la prima redazione gior-nalistica di una radio privata a raccontare in diretta le par-tite della nazionale italiana di calcio (Europei 2004) e la fi-nale di Champions League (2005), fino a produrre degli“Special” in diretta per raccontare il recente trionfo dell’Italiaai mondiali. Ha raccontato in diretta con i suoi inviati Girid’Italia, Mondiali di sci, Olimpiadi. In occasione delleOlimpiadi invernali di Torino 2006 ha mobilitato gran partedella redazione.Ogni giorno la redazione produce, in diretta 24 ore su 24,il “Giornale Orario”, il notiziario in onda allo scoccare diogni ora. Tutti i giorni dal lunedì al venerdì, alle ore 13 va

in onda, in coda al notiziario, un’appendice di un minuto dinotizie in lingua inglese. La redazione si occupa anche ditutte le trasmissioni di approfondimento giornalistico: “Nonstop news”, in onda ogni mattina dalle 6 alle 9; “Password”,in onda dal lunedì al venerdì, dalle 17 alle 19. Ogni do-menica mattina, dalle 9 alle 11 va in onda “L’indignato spe-ciale”, trasmissione di approfondimento giornalistico cheospita in studio i protagonisti della politica, dello sport edello spettacolo. Molto spazio allo sport: ogni domenica“Mai visto alla radio”, dalle 14 alle 17, collega tutti i cam-pi di calcio della serie A per gli aggiornamenti in diretta suirisultati delle gare e tratta di tutti i più importanti argomentisportivi della giornata. Ogni giorno, su Rtl 102.5 circa 180minuti sono dedicati all’informazione.

(ANSA)

Time, menospecchio e più faro dei tempi

New York, 4 settembre - Un nuovo timoniere fa cambia-re rotta a Time: il settimanale diventerà più analitico sottoil nuovo direttore Richard Stengel.Stengel ha annunciato al New York Times il mutamento dilinea: “Siamo stati tradizionalmente uno specchio dei tem-pi, ora cercheremo di diventare un faro, una lampada cheillumina quanto sta accadendo”, ha detto Stengel.L’obiettivo è di riempire le pagine del giornale con più sag-gi, analisi opinioni di quanto non sia accaduto finora. PerTime è una rincorsa a Newsweek, l’arci-rivale sul frontedei news-magazine, che ha già un parco di grandi firmecome George Will, Anna Quindlen e Fareed Zakaria.

(ANSA)

segue

16 ORDINE 9-10 2006

spetto al Regio decreto (Rd) n. 384/1928 e alla stessa leg-ge n. 69/1963, che davano e danno soltanto agli editoristessi il potere di “creare” i praticanti giornalisti. Eppure conil Rd n. 2291/1929 il monopolio degli editori di “fare” i gior-nalisti” era stato spezzato: quest’ultimo Rd prevedeva la na-scita di una scuola professionale per giornalisti sostitutivadel praticantato tradizionale. La scuola – che, aperta aRoma, durò 4 anni dal 1930 al 1933 – ospitava per sei me-si anche gli studenti universitari, che frequentavano il cor-so di laurea in Scienze politiche a indirizzo giornalisticodell’Università di Perugia: costoro, conseguita la laurea,avevano la facoltà di iscriversi nell’elenco professionistidell’Albo.L’impostazione degli editori trova, comunque, una barrierainsuperabile in alcune sentenze della Corte costituzionale(11/68; 2/1971; 71/1991, 505/1995 e 38/1997). “Rientranella discrezionalità del legislatore ordinario – si legge nel-la sentenza 38/1997 della Corte costituzionale – determi-nare le professioni intellettuali per l'esercizio dle quali è op-portuna l'istituzione di ordini o collegi e la necessaria iscri-zione in appositi albi o elenchi ( art. 2229 cod. civ.)”. Nonsolo. L’articolo 41 della Costituzione, nel proclamare che“l’iniziativa economica privata è libera”, afferma che essa“non può svolgersi ... in modo da recare danno... alla... di-gnità umana”. La posizione degli editori offende la dignitàdei giornalisti italiani (ai quali la Fieg nega assurdamen-te, - in violazione degli articoli 2, 3, 4, 34 e 35 dellaCostituzione -, il diritto all’istruzione universitaria) e neifatti punta a sconfessare il principio elaborato dall’ordina-mento giuridico comunitario (con la direttiva 89/48/Cee)secondo il quale i professionisti “regolamentati” debbanoavere una formazione universitaria minima di 3 anni.Questa direttiva fa da sfondo al Dpr n. 328/2001, che col-lega (in base all’articolo 1, comma 18, della legge n.4/1999) l’esame di stato delle singole professioni intellet-tuali alle lauree della riforma universitaria. Il “nuovo” Dpr328, che scriverà il ministro Mussi, sanerà una discrasiatra Ordine dei giornalisti e normativa comunitaria in temadi accesso, mandando in soffitta le restrizioni attuali.Oggi, come riferito, sono gli editori che decidono chi en-tra nella professione giornalistica come praticante, pre-scindendo dal titolo di studio. La normativa professionaledel 1963 (legge 69) ferisce i principi costituzionali della di-gnità della persona e dell’uguaglianza, quando assegnaagli editori il potere esclusivo di manipolare, con scelte in-controllabili, il diritto costituzionale al lavoro professiona-le dei giornalisti. Con il passaggio dell’accesso

all’Università, viene superato un sistema medioevale diselezione paternalistica e per giunta fortemente antide-mocratico. L’Università, invece, aprendo le porte a tutti, èla via maestra della formazione dei “nuovi” giornalisti.La posizione degli editori va combattuta in maniera radi-cale con un forte impianto giuridico: sul piano dellaCostituzione (artt. 2, 3, 21, 33 e 41), delle sentenze dellaCorte costituzionale (11/1968; 2/1971; 71/1971;389/1989; 505/1995 e 38/1997); della direttiva comunita-ria 89/48/Ce (recepita nel dlgs n. 115/1992); della sen-tenza della quarta sezione della Corte di giustizia euro-pea del 10 maggio 2001 (causa C-285/00 contro laRepubblica francese); del dlgs 300/1999 (art. 50); delleleggi (4/1999, art. 1, comma 18); del parere del Consigliodi Stato 448/2001.La finalità della legge 4/1999 (art. 1, comma 18) è quelladi adeguare i contenuti dell’attività professionale e del re-lativo esame di Stato all’evoluzione normativa dell’ordina-mento degli studi universitari, avviata dall’art.17, comma95, dalla legge n. 127/1997, al quale, appunto, la legge n.4/1999 ha apportato modificazioni.Con specifico riferimento, poi, alla professione giornalisti-ca la Corte costituzionale ebbe a chiarire (sentenze11/1968 e 38/1997) che l’Ordine professionale dei gior-nalisti “ha il compito di salvaguardare erga omnes e nel-l’interesse della collettività la dignità professionale e la li-bertà di informazione e di critica dei propri iscritti; il pre-detto Ordine non si pone pertanto in contrasto con i prin-cipi di libera manifestazione del pensiero, chiunque po-tendo scrivere per e su pubblicazioni di natura giornali-stica, senza avere il titolo di giornalista”. “Con ciò la Corteha ribadito la distinzione tra giornalista munito di una spe-cifica e verificata capacità di informazione e coloro chesono legittimati a scrivere sugli organi di informazionesenza avere quella specifica capacità debitamente verifi-cata e dichiarata” (parere II sezione Consiglio di Stato n.448/2001). In breve l’Ordine dei giornalisti è l’ente che or-ganizza i cittadini i quali manifestano il pensiero per pro-fessione. Sempre a proposito della professione giornali-stica, la stessa Corte costituzionale precisò che “l’Ordineprofessionale dei giornalisti è (al pari degli altri ordini eCollegi professionali), ente pubblico non economico cheemette provvedimenti costitutivi del particolare status pro-fessionale di giornalista, al fine di perseguire fini di interes-se generale, che superano di gran lunga la tutela sindaca-le dei diritti della categoria nel rapporto di lavoro subordi-nato con l’impresa giornalistica” [C. Cost., 8 febbraio 1991,

n. 71; che richiamò la precedente sentenza n. 11 del 1968].“Non è dubitabile che l’attività giornalistica costituisca “eser-cizio professionale” come previsto dall’art. 33, comma 5,Cost. Essa, infatti, anche se svolta nella forma di lavoro di-pendente, rientra nella previsione delle “professioni intellet-tuali per l’esercizio delle quali è necessaria l’iscrizione in ap-positi albi o elenchi”, di cui all’art. 2229 cod. civ. Tale profes-sione è infatti subordinata all’iscrizione nell’albo dei giorna-listi istituito, come detto, dalla legge n. 69/1963” (parere II se-zione Consiglio di Stato n. 448/2001).“La natura professionale dell’attività giornalistica trova,d’altronde, conforto dal combinato dispositivo dall’art.1, comma 3, e dall’art. 2 del D.Lgs. 27 gennaio 1992, n.115 (Attuazione della direttiva n. 89/48/CEE relativa adun sistema generale di riconoscimento dei diplomi diistruzione che sanzionano formazioni professionali diuna durata minima di tre anni) e nel decreto MURST del28 novembre 2000.“La prima fonte ha fissato il principio per cui l’eserciziodelle professioni presuppone il superamento di un ciclodi studi postsecondari di una durata minima di tre annio di durata equivalente a tempo parziale, in una univer-sità o in un istituto di istruzione superiore o in altro isti-tuto dello stesso livello di formazione.“La seconda, emanata in attuazione dell’art. 4, comma 2,del D.M. n. 509 del 3 novembre 1999 sull’autonomia di-dattica degli atenei, nel determinare le classi delle lau-ree specialistiche (il diploma di laurea di una volta) ha

Radio 24: piùascoltatori e tante novità.Santalmassi:siamo in trattative con Sposini

MILANO, 7 settembre 2006. La formula “informazione epassione” ha funzionato se è vero che Radio 24, l’emittentedel Sole 24 Ore, ha fatto registrare un aumento del 12,8% diascoltatori nel primo semestre dell’anno, con una media set-timanale di quasi 1,8 milioni al giorno e con picchi di oltre 2.I dati sono stati resi noti oggi dall’amministratore delegatoRoberta Lai, insieme con il direttore Giancarlo Santalmassiche ha presentato le tante novità del palinsesto autunnale, alvia da lunedì prossimo. Si continua con la filosofia di unnetwork “news and talk”, ma alla parola e alla riflessione - èstato spiegato - si rafforzano la contaminazione musicale, l’at-tenzione al mondo dell’immigrazione, ai cambiamenti dell’Italia, alla storia e allo sport. Sottintesa è la continua innova-zione e la ricerca di format e programmi che possano ri-spondere sempre di più ai target di chi ama la radio.Non è ancora certo, invece, l’arrivo di Lamberto Sposini, l’exvicedirettore del Tg5: “Siamo in trattative per averlo a ‘Vivavoce’- ha spiegato Santalmassi - perché lui sta vagliando an-che altre proposte e quindi preferiamo aspettare che abbiadefinito gli impegni. È un giornalista di talento e gli sono gra-to per aver accettato la prospettiva di venire con noi”. La granparte dei programmi esordienti sono concentrati nel grandecontenitore “Domenica 24”, condotto, dalle 9 alle 15, daGiampaolo Musumeci e Emanuela Pesando. All’interno, sisusseguiranno “Sua Eccellenza” di Giuliano da Empoli, “Iltaccuino del dottor Agro’’ di Domenico Cacopardo, ‘Obbligodi frequenza” di Maria Piera Ceci, quindi “Viaggio in Italia” diGigi Donelli, una sorta di confronto sulla realtà di oggi ri-spetto al famoso libro-resoconto di Guido Piovene. E poi “Unlibro tira l’altro” di Salvatore Carrubba, “Formichine” di PaoloMessa sulla cultura politica ed “Era mio padre” di AnnaMigliorati e ancora, a chiudere, “Strega e madonna” sullapubblicità. Dalle 15 alle 17 spazio allo sport, prima con “IlNavigatore” condotto da Francesca Francone Maitreya eDaniela De Pedrini, e dopo con “A tempo di sport” con CarloGenta. Completano le novità “Storia, storielle e storiacce”raccontate da Daniele Biacchessi, Annarita D’Ambrosio eRaffaella Calandra. Il sabato sono due le trasmissioni inedi-te: “Il volto e l’anima”, in onda dalle 13 alle 14, presentato daRicardo Augusto Moro e Filippo di Giacomo, in cui si dibat-te fra cura del fisico e della personalità interiore, e “Viaggioin Italia” (21-21,30). Dal lunedì al venerdì il ruolo di new-en-try spetta a “I magnifici” (dalle 15 alle 16 con replica alle 22),una serie di reportage sui grandi personaggi del secolo scor-so, in particolare nel campo musicale, e all’appuntamento di“Vedo, Leggo, Ascolto”, prima mandato in onda a spezzonidopo i giornali-radio e, poi, unitariamente alle 23,45. In par-ticolare nella sezione “Ascolto” vi saranno informazioni e sto-rie sui cittadini extracomunitari.Anche l’informazione del mattino viene rinforzata, con i Greconomia e sport e con la nuova rubrica “I furbetti del quar-tierino” (alle 7,15) curata dallo stesso Santalmassi. La fasedi collaudo dell’allungamento d’orario di “Essere e benesse-re” ha dato buona prova, e quindi il seguito programma diNicoletta Carbone resterà di 60 minuti, dalle 12 alle 13.

(ANSA).

Fabio Mussi ritirail “Dpr Siliquini”, ma annuncia alla Camerache recupererà le regole europee (laurea almeno triennale per l’accesso).

Questa volta è la rivincitadei giornalisti sugli editoriche dal 1928 “governano”le redazioni dei quotidiani

P R O F E S S I O N Isegue da pagina 15

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individuato all’allegato 13 la classe 13/S, intitolata “edi-toria, comunicazione multimediale e giornalismo”, indi-candone le relative materie d’esame (“attività formati-ve”).“L’attività giornalistica si configura, dunque, vieppiù og-gi come professione in relazione all’aumentato bagaglioculturale specifico per il suo espletamento: bagaglio inrelazione al quale appare obsoleto – e dunque suscetti-bile di revisione normativa secondo l’intento legislativodella legge n. 4/1999 – il contenuto delle prove d’idoneitàcome oggi configurato dall’art. 32 della L. n. 69/1963 edall’art. 44 del DPR n. 115/1965. Infatti, mutati i requisiticulturali per l’esercizio di una professione, l’accerta-mento dell’idoneità professionale non può prescindereda essi, tenuto conto che “il titolo di studio precede lamaturazione professionale” (C. Cost., 27 luglio 1995, n.412, a proposito della professione di psicologico).“In tale mutato contesto dell’ordinamento universitariola riforma dell’esame per giornalista appare oltretuttoquantomeno opportuna, in quanto risponderebbe allafinalità di adeguamento perseguite dalla legge n. 4/1999,di cui si è fatto cenno all’inizio.“D’altra parte, nella giurisprudenza costituzionale non siè mai dubitato che anche quello di giornalista, al pari dialtre professioni (come ad es. gli avvocati, gli ingegneri,i geometri, etc.) costituisce un ordinamento speciale,con le conseguenti caratteristiche comuni, tra cui quel-la dell’accesso mediante selezione rigorosa ed oggetti-va (C. Cost., 14 dicembre 1995, n. 505, relativa al proce-dimento penale dei giornalisti)” (parere II sezioneConsiglio di Stato n. 448/2001).

5. La professione giornalistica, come quelladegli avvocati e dei medici, è nella Costituzione.

L’Antitrust, sbagliando, ha affermato che soltanto la profes-sione degli avvocati e quella dei medici sono nellaCostituzione (con riferimento agli articoli 24 e 32, che parla-no del diritto di difesa e del diritto alla salute). Anche la pro-fessione di giornalista è nella Costituzione. Il secondo com-ma dell’articolo 21 della Costituzione afferma che “la stam-pa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure”. Lastampa è fatta, alimentata, progettata e creata dai giornalistiprofessionisti. “L'esperienza dimostra – ha scritto la Cortecostituzionale nella sentenza n. 11/1968 - che il giornalismo,se si alimenta anche del contributo di chi ad esso non sidedica professionalmente, vive soprattutto attraversol'opera quotidiana dei professionisti. Alla loro libertà siconnette, in un unico destino, la libertà della stampa pe-riodica, che a sua volta è condizione essenziale di quel li-bero confronto di idee nel quale la democrazia affonda le

sue radici vitali”. La Costituzione e la Corte costituzionale di-segnano, quindi, una professione giornalistica come profes-sione della libertà ancorata alla carta fondamentale dellaRepubblica. “Quella libertà che - come ha scritto Mario Borsa- prima di essere un diritto è un dovere”. Il nuovo diritto fon-damentale dei cittadini all’informazione presuppone la pre-senza e l’attività di giornalisti vincolati a un percorso forma-tivo universitario (come impongono la direttiva comunitaria n.89/48/CEE e il comma 18 dell’articolo 1 della legge n.4/1999), a una deontologia specifica e a un giudice discipli-nare nonché a un esame di Stato. La Corte costituzionale,con la sentenza n. 1/1981, ha riconosciuto “il rilievo costitu-zionale della libertà di cronaca (comprensiva della acquisi-zione delle notizie) e della libertà di informazione quale ri-svolto passivo della manifestazione del pensiero, nonché ilruolo svolto dalla stampa come strumento essenziale diquelle libertà, che è, a sua volta, cardine del regime di de-mocrazia garantito dalla Costituzione”.Il secondo comma dell’articolo 21 va incrociato con il quintocomma dell’articolo 33 della Costituzione: “È prescritto unesame di Stato ... per l'abilitazione all'esercizio professiona-le”. Lo Stato, quindi, deve garantire i cittadini sulla prepara-zione dei giornalisti “all’esercizio professionale”. Su questabase il Parlamento ha stabilito (con la legge n. 69/1963) cheesiste una professione giornalistica, che è stata poi organiz-zata, come prescrive l’articolo 2229 del Codice civile, conl’Ordine (giudice disciplinare e giudice delle iscrizioni) el’Albo. Il vincolo italiano dell’esame di Stato per accedere al-l’esercizio delle professioni intellettuali è un’anomalia inter-nazionale assorbita, però, dal dicembre 1988 nella direttiva89/48/CE recepita nel dlgs n. 115/1992. Questo dlgs all’arti-colo 8 prevede una “prova attitudinale” per l’esercizio di unaprofessionale in ogni Paese comunitario. La “prova attitudi-nale” è in Italia l’esame di Stato di cui all’articolo 33, V com-ma, della Costituzione.

6. La direttiva 2005/36/Ce (“direttivaZappalà”) sulle qualifiche professionali (pub-blicata nella Gazzetta Ufficiale dell’UnioneEuropea L 255/22 del 30 settembre 2005) con-sente, infatti, agli Stati membri di delegare par-te della gestione delle professioni a organismiautonomi, come gli Ordini e i Collegi profes-sionali.

Frattanto il sistema ordinistico italiano esce rafforzato dal va-ro di una nuova direttiva comunitaria. La direttiva 2005/36/Ce(“direttiva Zappalà”) sulle qualifiche professionali (pubbli-cata nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea L 255/22del 30 settembre 2005) consente, infatti, agli Stati membri di

delegare parte della gestione delle professioni a organismiautonomi, come gli Ordini e i Collegi professionali. Ora, gliStati avranno due anni di tempo, sino a settembre 2007, peradeguarsi. La normativa riguarda sia il lavoro subordinatoche autonomo, La direttiva “Zappalà” riconosce e definisce la specificità del-le professioni liberali. La specificità si concretizza nella per-sonalità, nella responsabilità individuale e nell'indipendenzadi chi svolge una professione liberale. Il professionista svol-ge prestazioni di natura intellettuale (distinte da quelle ese-cutive), nell'interesse del cliente e della collettività.Le professioni liberali, proprio perché perseguono l'interessegenerale, possono essere esonerate dalla disciplina tipica dichi pratica il commercio e l'industria, come la libera concor-renza, purché ciò avvenga nei limiti di quanto è strettamen-te necessario a tali obiettivi. In questo quadro, gli Stati Uepotranno prevedere regole che pongono limiti all'eserciziodella professione, stabiliti per legge ma anche attraverso co-dici di autoregolamentazione degli organismi professionali.La direttiva consente la valorizzazione degli Ordini (o delleassociazioni laddove esse siano chiamate a svolgere fun-zioni analoghe dagli ordinamenti nazionali). Infatti, gli Statipossono delegare questi organismi a svolgere competenzeche la direttiva lascia alla competenza nazionale. Tra queste:il ricevimento e la valutazione della dichiarazione preventivain occasione del primo spostamento del professionista cheintende esercitare in libera prestazione dei servizi; la verifi-ca, in occasione della prima prestazione di servizi delle qua-lifiche professionali aventi impatto sulla salute e la sicurezzache non siano disciplinate dalla sezione specifica della di-rettiva; lo scambio d'informazioni nell'ambito della coopera-zione amministrativa; la conferma dell'autenticità dei docu-menti forniti dal prestatore di servizi; l'esame della richiestadi autorizzazione per l'esercizio della professione.In realtà la direttiva non fa che prendere atto della situazio-ne esistente nella maggior parte degli Stati membri, ove i po-teri pubblici delegano parte della gestione delle professionia organismi autonomi.Tuttavia, la direttiva non prevede alcun obbligo di riconosci-mento delle associazioni se non per quelle britanniche eirlandesi tassativamente elencate. La professione eserci-tata dagli iscritti è assimilata alle professioni regolamenta-te e le associazioni sono ora sottoposte agli obblighi in ma-teria di riconoscimento e iscrizione. In questo modo le as-sociazioni britanniche e irlandesi non potranno più ri-fiutare l'iscrizione ai cittadini di altri Paesi Ue, obiettandoche la professione può essere esercitata da un cittadino diun altro Paese Ue senza riconoscimento perché non rego-lamentata.La legittimazione degli organismi rappresentativi delleprofessioni non ha rilievo solo a livello nazionale ma an-che europeo.

Milano, 15 luglio 2006

Hp:fugadi notiziescatena lotte intestine nel Cda

New York, 6 settembre 2006. È passato un anno e mezzo daquando il Consiglio di amministrazione di Hewlett-Packard hadato il benservito a Carly Fiorina, la donna amministratore de-legato dal braccio di ferro ammirata da Wall Street per la suagrinta, ma reputata troppo “arrogante” da molti dirigenti del co-losso informatico. Su quale sia stato il vero motivo del licen-ziamento, se ne saprà di più il prossimo mese, quando in unlibro spiegherà la sua versione su quanto è accaduto.Quale sia la verità, sta di fatto che i problemi interni al consi-glio di amministrazione di Hewlett Packard sono ben lungi dal-l’essere risolti. Ne è prova del nove la notizia arrivata ieri, se-condo cui George Keyworth, membro del Cda, non sarà rie-letto. E questo perchè, dietro la fuga di notizie su Hp, che vaavanti da molti mesi, ci sarebbe proprio lui.Sarebbe stato infatti Keyworth, in più di un’occasione, a rive-lare agli organi di stampa americana il contenuto delle con-versazioni che si tenevano all’interno del Cda.Sarebbe stato lui a parlare anche di un meeting che si tenneai tempi di Fiorina, apparentemente all’insaputa di tutti, e chepoco dopo venne riportato in un articolo del Wall StreetJournal. E sembra che Fiorina all’epoca avesse avuto sospet-ti di lui in più di un’occasione.Keyworth ha confessato di essere stato la fonte di molti arti-coli su Hp riportati dalla stampa e, in un incontro con RobertRyan, responsabile della commissione di supervisione del cdadi Hp che gli ha presentò i risultati di un’indagine avviata sul-la fuga di notizie, si è scusato.Successivamente, il board dell’azienda si è riunito per delibe-rare sulla materia, e lo stesso attuale amministratore delega-to di Hp Mark Hurd, alla domanda di un membro che gli hachiesto cosa dovrebbe fare se un dipendente decidesse di da-re informazioni riservate a un giornalista, ha risposto: “Nonavrei altra scelta se non licenziarlo”.Ma Keyworth non vuole lasciare il Cda, e ha motivato la suadeterminazione a rimanere, con la fiducia che ha ricevuto dal-l’assemblea degli azionisti. A questo si è aggiunta la rabbia diTom Perkins, amico di Keyworth e lui stesso membro delConsiglio di amministrazione che, nell’apprendere la notiziarelativa alla decisione del board di “cacciare” Keyworth, si è al-zato dalla sedia, ha chiuso con violenza la propria valigettaventiquattrore, e ha tuonato. “Mi dimetto e me ne vado”.

(Apcom)

Truffa editoria:rischia il processo ex direttore di giornale. Pm Roma chiede giudizio ancheper moglie e due collaboratori

ROMA, 8 settembre 2006. Avrebbero organizzato una vera epropria associazione a delinquere che, inventando false colla-borazioni giornalistiche, era riuscita ad ottenere contributi “gon-fiati” dalle legge sull’editoria.Per le accuse di associazione a de-linquere finalizzata alla truffa aggravata ai danni dello Stato, fro-de fiscale mediante emissione e annotazione di fatture per ope-razioni inesistenti, favoreggiamento, false comunicazioni socia-li e falsità nelle relazioni delle società di revisione rischiano di fi-nire sotto processo Massimo Bassoli, ex direttore del Giornaled’Italia la moglie Francesca Romana Dolazza, responsabiledella società editrice del giornale Puntocom, e due stretti colla-boratori dello stesso Bassoli, Umberto Lorenzini e Rocco DeFilippis. Nei loro confronti, il pm di Roma Olga Capasso, a con-clusione dell’inchiesta e dopo il deposito degli atti d’indagine, hachiesto il rinvio a giudizio. Saranno giudicati in sede prelimina-re dal gup Galileo D’Agostino il prossimo 13 ottobre. I quattrofurono arrestati nel maggio scorso (solo Francesca RomanaMolazza fu posta agli arresti domiciliari) dopo una indagine ef-fettuata dal Nucleo speciale di polizia valutaria della Guardia difinanza. Secondo gli investigatori, fin dal 2000, sarebbero statisottratti alle casse dello Stato 14 milioni di euro, ottenuti illegit-timamente da un fondo di 600 milioni di euro che ogni anno lapresidenza del consiglio dei ministri destina alla testate giorna-listiche. Il Giornale d’Italia, di cui Bassoli è stato direttore fino alnovembre scorso, secondo l’accusa riceveva ogni anno circa2,5 milioni di euro in quanto organo del movimento politicoPensionati uomini vivi. Per gli inquirenti, il meccanismo ideatoper materialmente ricevere i contributi era semplice: venivanoformate e contabilizzate fatture su collaborazioni giornalistichefittizie emesse a nome di società inglesi, irlandesi e maltesi (poirisultate inesistenti), frodando così il fisco e “gonfiando” in ma-niera rilevante i costi sulla cui base erano calcolate le provvi-denze statali erogate dalla normativa sull’editoria. Per l’accusai pagamenti fittizi riportati in contabilità in realtà affluivano suiconti degli indagati o di società a loro riconducibili. Nell’ambitodella stessa inchiesta, la procura di Roma si appresta a chie-dere ulteriori sei rinvii a giudizio: si tratta di persone che, perl’accusa, sarebbero “favoreggiatori” del gruppo.Tra questi ci sa-rebbero anche i responsabili della società di revisione che hacertificato i falsi bilanci delle società editrici, relativi agli esercizidal 2000 al 2004. (ANSA)

Anche inAustria tabloid a 50 centesimi

Vienna, 1 settembre 2006. È uscito in Austria il nuovo quo-tidiano Öesterreich. Costa solamente 50 cent, è il 17° quoti-diano nel panorama editoriale austriaco ed è composto di cir-ca 70 pagine a colori. Il primo numero oggi è eccezional-mente di 200 pagine ma è molto difficile reperirlo per proble-mi di distribuzione nelle edicole. Al livello nazionale Öester-reich è il quinto quotidiano dopo la Presse, lo Standard, ilKurier e la Krone. I temi sono soprattutto attualità, cronaca ,tivù, moda e sport. Gli editori di Öesterreich sono i fratelliWolfgang e Helmut Fellner, che tra l’altro pubblicano anche ilsettimanale News, sul mercato dal 1992, e il settimanale eco-nomico Format. (ANSA)

Calciopoli: l’Ordine LaziosospendeBiscardi, Mellie Sposini

Roma, 20 settembre 2006. Sospensione di 6 mesi per AldoBiscardi, di 4 mesi per Franco Melli, di tre mesi per LambertoSposini.Sono alcuni dei provvedimenti decisi dal Consiglio dell'Ordinedei giornalisti del Lazio nelle riunioni di ieri e oggi, in merito al-le vicende legate a calciopoli.Il Consiglio ha deciso anche la notifica di un avvertimento perGuido D’Ubaldo, sempre la stessa vicenda, mentre perIgnazio Scardina, la decisione (come da prassi) è stata so-spesa in attesa della conclusione dell'inchiesta giudiziaria.

(ANSA)

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G I U S T I Z I A E I N F O R M A Z I O N E

Dopo il convegno a BemaCorso Bovio spiega la raccomandazione del Comitato dei ministri europei del 10 luglio 2003, n. 2003/13, sulla diffusione di informazioni attraverso i media in relazioneai processi penali.

Giuliano Amato sbaglia: la Corte suprema (giugno-luglio 2005) ha fatto dietrofront dopo l’intervento del presidente dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia nel senso che i nomi sono tornati nelle sentenze. L’Ufficio del Massimario ha spiegato che Franco Abruzzo aveva ragione

Indagini penali e Procure:l’Europa chiede trasparenza.I cittadini devono conoscerequel che accade nei Palazzacci

Lo scandalo della scalata dell’Antonvenetache ha colpito il mondo bancario nel 2005,la vicenda delle partite di calcio truccate,l’inchiesta di Potenza che ha portato in car-cere Vittorio Emanuele di Savoia, da ultimole indagini sulla complicità di ufficiali delSmi con la Cia nel rapimento di Abu Omar,sono i più clamorosi filoni investigativi chefanno lavorare il “tribunale mediatico” inudienza ininterrotta.Intercettazioni, interrogatori, copie di atti,hanno riempito pagine e pagine di giornali.Nel caso di Potenza la misura cautelare in-tegrale è pervenuta alla stampa su suppor-to informatico. L’interrogatorio del cittadinoSavoia (che ha confessato peccati carnali eche ha ingenuamente chiesto ai magistrati“ma mia moglie non saprà nulla di quelloche dico?”: avrebbe meritato la risposta“non possiamo dirle se sua moglie lo saprà,certo lo sapranno i cronisti e tutti i lettori deigiornali”) ha occupato il supplemento di unquotidiano che ha dato alle stampe il ver-bale nella sua interezza.Il flusso di notizie giudiziarie arriva in edi-cola in mille rivoli e in cento fiumi. E non v’èuna autorità di bacino, non v’è un regolato-re dei flussi delle informazioni. Vi sono peròdecine di esondazioni. Si verifica anchequalche devastante alluvione.Oggi però è in vigore un nuovo principio perquanto riguarda le Procure della Re-pubblica.Il decreto legislativo 20 febbraio 2006,n.106, prevede il riassetto dell’ufficio delP.M. nel quadro della riforma dell’Ordi-

namento giudiziario, riforma contestata edella quale si discute l’azzeramento, mache è, per quanto qui interessa, valida edefficace. L’art. 5 prevede che “il Procuratoredella Repubblica mantiene personalmente,ovvero tramite un magistrato dell’ufficio ap-positamente delegato, i rapporti con gli or-gani di informazione”. Ed aggiunge che“ogni informazione inerente alle attività del-la Procura della Repubblica deve esserefornita attribuendola in modo impersonaleall’ufficio ed escludendo ogni riferimento aimagistrati assegnatari del processo”. Edancora, precisa che “è fatto divieto ai magi-strati della Procura della Repubblica di rila-sciare dichiarazioni, o fornire notizie agli or-gani di informazione circa l’attività giudizia-ria dell’ufficio”, sotto pena della segnalazio-ne da parte del Procuratore capo alConsiglio giudiziario per l’esercizio del po-tere di vigilanza e di sollecitazione dellaazione disciplinare, secondo quanto previ-sto dall’ultimo comma della norma citata.La relazione governativa ha precisato che“spetta al solo Procuratore della Repubblicatenere i contatti con i mass media per for-nire la doverosa informazione circa vicendegiudiziarie trattate dall’ufficio”.I commentatori hanno ricordato come per imagistrati si sia sempre ritenuto opportunoevitare dichiarazioni alla stampa su proces-si che stanno trattando, o nei quali sarannochiamati a qualunque titolo a svolgere lapropria funzione.È doveroso per i giudici e procuratori for-mulare le valutazioni anche critiche su pro-cedimenti ancora in corso, nei quali nonsiano direttamente interessati, con cautelaed attenzione nel rispetto della verità stori-ca e senza offese gratuite.

di Corso Bovioavvocato penalista del Foro di Milano

Il giornalista non si deve appiattire sulle velineIl Consiglio superiore della Magistraturaha da tempo tenuto presenti le esigenzedell’informazione, affermando che, qualo-ra ragioni di pubblico interesse richiedanochiarezza e trasparenza, anche per rassi-curare l’opinione pubblica su un procedi-mento pendente, è consigliabile che il ma-gistrato incaricato del caso riferisca al ca-po dell’ufficio, il quale valuterà l’opportu-nità di una sua dichiarazione ufficiale o diun comunicato stampa, rispettati i limitidel segreto. Ancora “può e deve ritenersiconsentito fornire, nelle inchieste giudi-ziarie di particolare rilievo le precisazioninecessarie per dissipare equivoci e perimpedire distorsioni, al fine di contribuiread una corretta informazione”. Mentre“vanno evitati interventi che possono fardubitare delle imparzialità del magistrato”(e il pubblico ministero è una parte impar-ziale) e “della sua libertà di giudizio ri-guardo alla questione sulla quale questipossa essere chiamato a pronunciarsi”.La riforma delle Procure ha tenuto conto del-

la necessità di assicurare l’impersonalità del-l’informazione, di evitare eccessi di protago-nismo (magari involontari) e, nel contempo,di garantire le esigenze di sicurezza del ma-gistrato procedente.Facendo agire il Capo dell’ufficio si fa luogoad “una presa di posizione ufficiale ed im-personale assai preferibile al coinvolgimentodiretto dell’interessato”.Da quanto è stato possibile apprendere, pro-prio dai media, presso la Procura dellaRepubblica di Bologna, già “regolamentata”,la funzione di tramite con i mass media è sta-ta assunta dal Procuratore capo, così comea Palermo, ad Aosta e a Perugia.A Verona invece i rapporti con la stampa ven-gono tenuti dal P.M. di turno.I problemi che si pongono, sono innanzituttoproblemi di una riforma vissuta dalla magi-stratura come iniqua ed oppressiva, che puòquindi indurre ad una applicazione banale eburocratica delle norme sui rapporti con i me-dia.Al di là di quello che può essere l’atteggia-

mento psicologico del terzo potere rispettoalla nuova normativa, ciò che inciderà in mo-do assai significativo sui “rapporti con lastampa” è il carico di lavoro, la carenza ditempo e di risorse e anche, in una certa mi-sura, la carenza di cultura dell’informazione.Il Capo dell’ufficio (o il sostituto delegato)informerà i giornalisti, ma a monte, chi infor-merà il capo? Come questi verrà notiziato?Se al flusso informativo a valle è già stata at-tribuita la poco lusinghiera natura di velina, amonte vi saranno altri “foglietti”; il capo dellaProcura dirà al sostituto che segue l’inchie-sta: “devo redigere un comunicato, scrivimiuna paginetta sulla quale mi potrò basare”.Oppure discuterà brevemente di un temache, pur importante dal punto di vista dellacomunicazione, sarà assolutamente secon-dario e residuale rispetto agli altri più urgen-ti doveri di ufficio.I flussi informativi saranno modesti e pocosoddisfacenti, resterà così aperta la caccia,da parte dei cronisti giudiziari, alle notizie.Forse si otterrà una minore esposizione dei

singoli P.M., titolari delle varie inchieste; for-se si avrà una qualche riduzione del prota-gonismo di certi magistrati, anche se talunisembrano essere una sorta di rubrica fissadel Tg regionale o della cronaca locale (e ta-lora nazionale), difficili da eliminare dal pa-linsesto radiotelevisivo o dalle pagine delquotidiano. Certo, però, il costume e l’abitu-dine dei giornalisti di inseguire verbali, atti ebrogliacci non si perderà o non diminuirà inmaniera significativa.Questa riforma può essere però un’impor-tante occasione per riflettere sulla diffusionee sulla canalizzazione delle notizie relativealle inchieste giudiziarie, sulla esigenza di unvero ufficio stampa, di un press office deiP.M., di un press office del Palazzo di giusti-zia.Le amministrazioni pubbliche comunicano: èstato istituito un Ufficio delle relazioni con ilpubblico, con la brutta sigla di Urp.Anche in virtù di indirizzi a livello comunita-rio, lo Stato deve informare il cittadino. Lo de-ve informare su come esso svolge i suoi

Sentenze della

La lettera circolare (n. 47/06/SG di Prot - Roma, 17 gennaio2006) del primo presidente della Corte supremaCassazione, Nicola Marvulli, ai presidenti titolari delleSezioni civili e penali, al direttore dell’Ufficio del Massimarioe al direttore del Ced sulla “Tutela della privacy ed oscu-ramento dei dati identificativi delle sentenze” confermache la Corte di Cassazione può rilasciare copie integralidelle sentenze ai giornalisti senza oscurare il nome degliimputati. Lo aveva chiarito la relazione 5 luglio 2005dell’Ufficio del Massimario della stessa Corte intervenendoa seguito di precise richieste da parte dell’Ordine dei gior-nalisti della Lombardia. La questione era nata (nel giugno2005) a seguito dell’istanza di un imputato per reati ses-suali che, appellandosi all’articolo 52 del Dlgs n. 196 del2003, aveva sollecitato che il proprio nome pubblicato sul-la sentenza fosse sbianchettato. Per tale motivo, la copiadella sentenza n. 22724/05 della Terza Sezione penale erastata stampata cancellando il nome e le generalità dell’im-putato e con un timbro posto in alto a sinistra che richia-mava la norma di legge che consente l’anonimizzazione.La Suprema Corte ha infatti spiegato che chiunque può ri-chiedere una copia delle sentenze perché in quanto attipubblici pronunciati “in nome del Popolo Italiano’’ e che de-ve, però, oscurare i dati personali se vuole pubblicarle suuna rivista specializzata di informatica giuridica; tuttavia, ta-le obbligo non vale per la cronaca giudiziaria in sensostretto, che deve assicurare il diritto all’informazione pur nelpieno rispetto dei diritti degli imputati. Nella relazione si af-fermava infatti che “le sentenze e gli altri provvedimenti giu-risdizionali possono essere diffusi, anche attraverso il sitoistituzionale nella rete Internet, nel loro testo integrale, com-pleto - oltre che dei dati riferiti a particolari condizioni o sta-tus, anche di natura sensibile - delle generalità delle partie dei soggetti coinvolti nella vicenda giudiziaria” e che “chiesercita l’attività giornalistica o altra attività comunque ri-conducibile alla libera manifestazione del pensiero [...] pos-sa trattare dati personali anche prescindendo dal consen-so dell’interessato e, con riferimento ai dati sensibili e giu-diziari, senza una preventiva autorizzazione di legge o delGarante”.Il “Testo unico della privacy” 196/2003 (come la legge675/1996) dà piena libertà ai giornalisti di trattare i dati giu-diziari (secondo le regole deontologiche). I giudici delle vio-lazioni sono soltanto i Consigli dell’Ordine dei giornalisti.Secondo l’articolo 137 del Dlgs n. 196/2003, ai trattamenti(effettuati nell’esercizio della professione di giornalista e perl’esclusivo perseguimento delle relative finalità) non si ap-plicano le disposizioni del Testo unico del 2003 relative: a)all’autorizzazione del Garante prevista dall’articolo 26; b) al-le garanzie previste dall’articolo 27 per i dati giudiziari; c) altrasferimento dei dati all’estero, contenute nel Titolo VII del-la Parte I. In sostanza l’articolo 137, non prevedendo il di-sco verde del Garante o di soggetti privati, rispetta l’artico-lo 21 (II comma) della Costituzione che vuole la stampanon soggetta ad autorizzazioni. I giornalisti dovranno, co-munque, trattare i dati (=notizie) con correttezza, secondoi vincoli posti dal Codice di deontologia della privacy del

nota di Franco Abruzzopresidente dell’Ordine dei giornalisti

della Lombardia

19ORDINE 9-10 2006

compiti istituzionali, su come la gente puòservirsi delle strutture pubbliche; queste pro-muovono la propria immagine, forniscono co-noscenze sulla propria attività anche perconsentire alla gente di valutarla.La trasparenza e questa attitudine comuni-cativa, dovrebbero estendersi alle Procure,alla macchina della giustizia, ai Tribunali. Lagiustizia è un fatto di enorme rilevanza per lacollettività, considerate anche le implicazionipolitiche di svariate inchieste.Conoscerne i meccanismi e l’attività è un di-ritto dei cittadini, a fronte del quale vi deveessere un significativo e limpido flusso di no-tizie. Tale flusso non può essere per così di-re a senso unico, diffuso attraverso i soli co-municati stampa delle autorità, ma va coor-dinato con la facoltà dei giornalisti di interro-gare e conoscere. Occorre dare al reporter lapossibilità di porre domande e di avere ri-sposte, di chiedere carte e di verificare.L’amico Franco Abruzzo ha ragione: forseè utopistico, ma il giornalista deve essereconsiderato, al pari delle parti processua-

li, titolare del diritto ad ottenere copia de-gli atti, o almeno di taluni essenziali (nonpiù coperti dal segreto).Questo ovviamente presuppone che igiornalisti abbiano un adeguato bagaglioculturale, capacità di leggere, di interpre-tare e criticare gli atti.Franco Abruzzo ha ancora ragione: la pre-parazione delle nuove leve del giornali-smo deve passare per gli studi universita-ri, direi, anzi, prolungandoli con un ma-ster, per quanto qui interessa un master incronaca giudiziaria o in comunicazionegiudiziaria.Quello tra fonte ed operatore dell’informazio-ne, quello tra il giornalista (mediatore tra lafonte ed il pubblico) e il Palazzo di giustizia(o meglio l’ufficio stampa del Palazzo di giu-stizia) deve essere, come detto, un dialogo.Al Palazzo spetta la decisione di quando co-municare e che cosa comunicare. Al Palazzotocca decidere quando va imposto un segre-to assoluto e radicale (sicuramente doverosonella prima fase delle inchieste, allorché va

protetta appunto l’investigazione) e quandoinvece il segreto si attenua. Il segreto è al-trettanto necessario nel caso in cui si tratti diminori o quando si rischi di “sbattere in primapagina” non il mostro ma la sua vittima.Infine, come è doveroso parlare di fatti di ri-lievo, così è doveroso trascurare quelli baga-tellari.Distinguere le informazioni, individuare qualivanno diffuse e quali no è compito delicato,difficile, forse pericoloso. Ma mi pare impen-sabile che venga “pubblicizzata” tutta l’attivitàgiudiziaria. Non si farebbe più luogo ad unainformazione chiara, precisa e limpida ma visarebbe solo un confuso, incomprensibilebrusio di notizie. Brusio che diventerebbe as-sordante, quello che nel gergo della comuni-cazione si chiama rumore. Nella informazio-ne ad un polo vi è il silenzio, al polo oppostovi è il rumore: entrambi portano ad un difettodi comunicazione. Il suono per essere chiaroe percepibile, non deve essere ovviamentesilenzio, ma nemmeno rumore, deve essereindividuato ed individuabile. Ecco perché non

si può pretendere di avere informazioni sututto, ma è necessario focalizzare i temi chemeritano attenzione.Ovviamente questa focalizzazione non puòessere “autoritaria”, ma deve nascere daldialogo, dalla stimolazione dei giornalisti ver-so l’Ufficio stampa del Palazzo di giustiziaper ottenere risposte e dati anche sui casiche, a torto o a ragione considerati bagatel-lari dalla Procura, hanno, all’opposto, inte-resse e rilevanza agli occhi del giornalista.Dunque il reporter, il cronista giudiziariodeve poter interpellare e stimolare laProcura a fornire notizie su ogni caso ri-levante, il giornalista non si deve appiatti-re sulle veline. Se egli è “quasi parte” hadiritto di avere copia degli atti quando glistessi, non sono più segreti, ha diritto diaccedere agli stessi di esaminarli di aver-ne estratti per conoscere e per far cono-scere. Assumendosi ovviamente la pienaresponsabilità di questo ruolo di media-zione appunto tra la fonte (in questo caso

a Cassazione e nomi degli imputati1998, dagli articoli 2 e 48 della legge n. 69/1963 (sull’ordi-namento della professione giornalistica), dalle Carte diTreviso sulla tutela dell’infanzia e dalla Carta dei doveri del1993.Il trattamento dei dati - dice ancora l’articolo 137 - è effet-tuato anche senza il consenso dell’interessato previsto da-gli articoli 23 (Consenso) e 26 (Garanzie per i dati sensibi-li). In caso di diffusione o di comunicazione dei dati per lefinalità di cui all’articolo 136 (trattamenti effettuati nell’eser-cizio della professione di giornalista e per l’esclusivo per-seguimento delle relative finalità) “restano fermi i limiti deldiritto di cronaca a tutela dei diritti di cui all’articolo 2 e, inparticolare, quello dell’essenzialità dell’informazione riguar-do a fatti di interesse pubblico. Possono essere trattati i da-ti personali relativi a circostanze o fatti resi noti direttamen-te dagli interessati o attraverso loro comportamenti in pub-blico”. I giornalisti, che hanno diritto di leggere le sen-tenze nella forma integrale, non possono scrivere i da-ti identificativi di una persona (o di un minore) che hasubito violenza sessuale o che ha subito ricatti sessualie né possono pubblicare dati che consentano, comun-que, l’identificazione di queste persone o, comunque, disoggetti deboli.L’articolo 12 del Codice deontologico relativo al trattamen-to dei dati personali nell’esercizio dell’attività giornalistica(meglio noto come Codice deontologico dei giornalisti sul-la privacy) tratta la “Tutela del diritto di cronaca nei proce-dimenti penali” (al trattamento dei dati relativi a procedi-menti penali non si applica il limite previsto dall’articolo 24della legge n. 675/1996. Il trattamento di dati personali ido-nei a rivelare provvedimenti di cui all’articolo 686, commi 1,lettere a) e d), 2 e 3, del Codice di procedura penale è am-messo nell’esercizio del diritto di cronaca, secondo i princi-pi di cui all’articolo 5). Ciò significa che i giornalisti pos-sono raccontare quello che risulta scritto nel Casellariogiudiziale a carico di ogni persona protagonista di unfatto di cronaca: sentenze di condanna, ordini di car-cerazione, misure di sicurezza, provvedimenti definitiviche riguardano l’applicazione delle misure di preven-zione della sorveglianza speciale, dichiarazione di abi-tualità o professionalità nel reato o di tendenza a delin-quere. Il diritto di cronaca, collegato a fatti di attualità,vince in maniera ampia.La legge sulla privacy non annulla un’altra legge centraledell’ordinamento giuridico, la n. 633 del 1941 sul dirittod’autore. L’articolo 96 (in linea con l’articolo 10 Cc) proteg-ge l’immagine della persona, che deve dare il consenso al-la pubblicazione della sua foto. Senza il consenso, la pub-blicazione della foto diventa un illecito civile. L’articolo 97 fis-sa le eccezioni: “Non occorre il consenso della persona ri-tratta quando la riproduzione dell’immagine è giustificatadalla notorietà o dall’ufficio pubblico coperto, da necessitàdi giustizia o di polizia, da scopi scientifici, didattici o cultu-rali, o quando la riproduzione è collegata a fatti, avveni-menti, cerimonie di interesse pubblico o svoltisi in pubbli-co”. Sul risvolto di tale norma si suole articolare l’ampiezzadel diritto di cronaca: si può pubblicare tutto ciò che è col-legato a fatti, avvenimenti, cerimonie di interesse pubblicoo svoltisi in pubblico.Si legge ancora nella relazione dell’Ufficio delMassimario:“Il Codice prevede uno statuto particolare per l’attività gior-

nalistica, che rifugge dalla previsione di regole rigide e mi-nuziose e che affida in prima battuta il bilanciamento tra idiritti e le libertà allo stesso giornalista il quale, in base aduna propria valutazione (che può essere sindacata), ac-quisisce, seleziona e pubblica i dati utili ad informare la col-lettività su fatti di rilevanza generale e d’interesse pubblico,esprimendosi nella cornice della normativa vigente e nel ri-spetto del proprio codice di deontologia. Esso stabilisceche chi esercita l’attività giornalistica o altra attività comun-que riconducibile alla libera manifestazione del pensiero(inclusa l’espressione artistica e letteraria, come ora preci-sato dall’art. 136 del Codice) possa trattare dati personalianche prescindendo dal consenso dell’interessato e, conriferimento ai dati sensibili e giudiziari, senza una preventi-va autorizzazione di legge o del Garante.In caso di diffusione o di comunicazione di dati, il giornali-sta è peraltro tenuto comunque a rispettare alcune condi-zioni (art. 137, comma 3): i limiti del diritto di cronaca e, inparticolare, quello dell’essenzialità dell’informazione riguar-do a fatti di interesse pubblico, e i principi previsti dal codi-ce deontologico relativo al trattamento dei dati personalinell’esercizio dell’attività giornalistica [41].In ordine ai dati giudiziari, il codice deontologico (art. 12), asua volta, rinvia al principio di essenzialità dell’informazio-ne (art. 5), in modo da evitare riferimenti a congiunti o adaltri soggetti non interessati ai fatti.La non diretta operatività all’attività giornalistica degli effet-ti dell’anonimizzazione disposta ai sensi dell’art. 52, commie 2, del Codice - ma, più limitatamente, l’affidamento al-l’autonomia e alla responsabilità del giornalista, nel rispet-to della legge e del codice doentologico, dei risultati di quel-la ponderazione e di quel bilanciamento - sembra ricavar-si dal parere del Garante 6 maggio 2004 su Privacy e gior-nalismo. Alcuni chiarimenti in risposta a quesiti dell’Ordinedei giornalisti [42]. Il Garante ha evidenziato la necessitàche l’esigenza di assicurare la trasparenza dell’attività giu-diziaria e il controllo della collettività sul modo in cui vieneamministrata la giustizia debba comunque bilanciarsi conalcune garanzie fondamentali riconosciute all’indagato e al-l’imputato: la presunzione di non colpevolezza fino a con-danna definitiva, il diritto di difesa e il diritto ad un giustoprocesso. In particolare, la diffusione dei nomi di personecondannate e, in generale, dei destinatari di provvedimen-ti giurisdizionali, ad avviso del Garante, deve inquadrarsinell’ambito delle disposizioni processuali vigenti, di regolaimprontate ad un regime di tendenziale pubblicità. Di guisache sono ritenuti pubblicabili, ad esempio, l’identità, l’età, laprofessione, il capo di imputazione e la condanna irrogataad una persona maggiorenne ove risulti la verità dei fatti, laforma civile dell’esposizione e la rilevanza pubblica (anchesolo in un contesto locale) della notizia. Secondo il Garante,nella diffusione dei dati dei condannati devono essere pre-si in considerazione il tipo di soggetti coinvolti (ad esempio,persone con handicap o disturbi psichici, o ancora, ragaz-zi molto giovani), il tipo di reato accertato e la particolaretenuità dello stesso, l’eventualità che si tratti di condannescontate da diversi anni o assistite da particolari benefici(es. quello della non menzione nel casellario), in ragionedell’esigenza di promuovere il reinserimento sociale delcondannato. Le medesime ragioni di tutela dei dati perso-nali, ad avviso del Garante, dovrebbero altresì prevalerenei casi in cui la vittima ha manifestato la volontà che i pro-

pri dati non siano resi pubblici (fermo restando il fatto cheil giornalista può procedere alla pubblicazione dei diversidati anche in assenza del consenso da parte degli interes-sati). Tale principio troverebbe, tra l’altro, fondamento nellapossibilità, per ogni soggetto interessato, di opporsi anchein anticipo per motivi legittimi alla pubblicazione (art. 7,comma 4, lettera a, del Codice). Secondo il Garante, il gior-nalista, nell’effettuare le valutazioni a lui rimesse, “non po-trà non tenere conto del bilanciamento di interessi effettua-to in un altro fronte e cioè che le sentenze pubblicate perfinalità di informatica giuridica (non giornaliste, quindi) dal-lo stesso ufficio giudiziario, oppure da riviste giuridiche an-che on-line, potranno in alcuni casi più delicati non recareil nome di taluna delle parti o di terzi (minore, delicati rap-porti di famiglia, ecc.: art. 52 del Codice)”.I nomi degli imputati continueranno, quindi, a comparirenelle cronache. I nomi, invece, non compariranno, come ri-ferito, nelle riviste giuridiche cartacee e in quelle informati-che, nelle raccolte delle massime pubblicate sul web o suicd. Vediamo come stanno le cose. Sull’articolo 52 del dlgs196/2003 è il caso di osservare che:a) l’articolo, su richiesta dell’interessato “per motivi legitti-

mi”, consente alla cancelleria di “apporre un’annotazionevolta a precludere” l’indicazione delle generalità e di altridati identificativi «in caso di riproduzione della sentenza,o provvedimento in qualsiasi forma, per finalità di infor-mazione giuridica, su riviste giuridiche, supporti elettro-nici o mediante reti di comunicazione elettronica”.

b) nei casi previsti dai commi 1 e 2 dello stesso articolo lacancelleria o segreteria appone e sottoscrive anche contimbro la seguente annotazione: «In caso di diffusioneomettere le generalità e gli altri dati identificativi di...».

c) secondo il settimo comma dello stesso articolo, “Fuoridei casi indicati nel presente articolo è ammessa la dif-fusione in ogni forma del contenuto anche integrale disentenze e di altri provvedimenti giurisdizionali”.

Anche l’articolo 52, quindi, consente la pubblicazione “an-che integrale” delle sentenze fuori dai casi relativi alle rivistegiuridiche cartacee o informatiche, ai supporti elettronici oal web. Il Testo unico sulla privacy rispetta totalmente i primidue commi dell’articolo 21 della Costituzione: “Tutti hannodiritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con laparola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampanon può essere soggetta ad autorizzazioni o censure”. Nellalibertà di manifestazione del pensiero coesistono il diritto dicronaca, di informazione, di critica, la libertà di stampare leproprie idee e il diritto dei cittadini all’informazione. “Le li-bertà fondamentali affermate, garantite e tutelate nella Parteprima, Titolo primo, della Costituzione della Repubblica, so-no riconosciute come diritti del singolo, che il singolo devepoter far valere erga omnes. Essendo compresa tra tali di-ritti anche la libertà di manifestazione del pensiero procla-mata dall’art. 21, primo comma, della Costituzione, devesenza dubbio imporsi al rispetto di tutti, delle autorità comedei consociati. Nessuno può quindi recarvi attentato, senzaviolare un bene assistito da rigorosa tutela costituzionale...I fondamentali diritti di libertà proclamati nella Parte prima,Titolo primo, della Costituzione, sono in gran parte compre-si nella categoria dei diritti inviolabili dell’uomo generica-mente contemplati nell’articolo 2” (Corte costituzionale, sen-tenza 122/1970).

Milano, 14 luglio 2006. Repubblica di oggi riporta una intervista di Giuseppe DAvanzo a Giuliano Amato, ministrodell’Interno. Scrive D’Avanzo: “La disciplina che protegge il nostri dati personali è rigorosissima, dice Amato. Prevedeche la pubblicazione di una sentenza passata in giudicato non indichi il nome, ma soltanto le iniziali del condannato.Non è una vistosa contraddizione, un illegalismo diventato prassi, che tutti gli atti giudiziari che precedono lasentenza possano essere pubblicati dai giornali con tanto di nome e cognome? A che cosa servono allora gli infinitimoduli che compiliamo per mettere al riparo da occhi indiscreti i nostri dati sensibili? Abbiamo perso, dice Amato, laconsapevolezza che ci sono limiti invalicabili. L´abuso nella pubblicazione delle intercettazioni telefoniche ne è laprova. Non penso che bisogna ridimensionare le intercettazioni, dice Amato. Nessuno, se non un giudice, puòstabilirne la necessità”. Amato sbaglia in maniera clamorosa.

RELAZIONE (5 luglio 2005) DELL’UFFICIO DEL MASSIMARIO DELLA CASSAZIONE.Il Codice sulla privacy prevedeuno statuto particolare per l’attività giornalistica …

In: https://www.odg.mi.it/docview.asp?DID=1882

segue

20 ORDINE 9-10 2006

il documento, non più la persona, non piùil comunicato) ed il pubblico.Glauco Giostra, validissimo docente di pro-cedura penale all’Università di Macerata estudioso dei rapporti tra giustizia e media, hacurato una importante ricerca per il Cnr sulprocesso penale e l’informazione.Le sue critiche alla costituzione di uffici stam-pa presso le Procure critiche che si rivolge-vano al disegno di legge presentato alSenato nel 1998, non possono essere igno-rate.La ricerca, se cita i casi del Belgio (dove aBruxelles si è istituto una sorta di ufficiostampa del Tribunale) e della Germania (do-ve vi è un magistrato addetto alle comunica-zioni), conclude però che il press office dellaProcura costituirebbe una innovazione inutilee dannosa. Contribuirebbe a spostare il bari-centro del trial by newspaper, il baricentro delprocesso mediatico, a favore dell’accusa.Pur ritenendo preziose le osservazioni diGiostra, pur con tutti i dubbi e le doveroseperplessità, la domanda che dobbiamo con-tinuare a porci è, se davvero non possiamofare nulla e dobbiamo stare alla finestra assi-stendo allo stillicidio, anzi, a non occasionaliscrosci temporaleschi, di notizie elargite osfuggite senza trasparenza alcuna, senza re-sponsabilità alcuna, con il massimo dellasoggettività delle scelte dai pubblici ministeri.Non possiamo farlo perché vi sono duevalori nella nostra Costituzione, quellodella libertà di informazione e quello delgiusto processo, che dobbiamo rispettarema soprattutto condurre a sintesi. Il pro-cesso è tanto più giusto quanto più sotto-posto al controllo sociale e giusto a con-dizione che vi sia una giusta informazionesul processo.Non possiamo trascurare il problema,contentarci dell’attuale stato dell’arte o,peggio, di una applicazione dell’art. 5 deldecreto legislativo n. 106 burocratica e pi-gra. Non possiamo farlo per gli obblighiche abbiamo verso il Consiglio di Europa.La raccomandazione del Comitato dei mi-nistri del 10 luglio 2003, n. 2003/13, sulladiffusione di informazioni attraverso i me-dia in relazione ai processi penali è pococonosciuta, ma di straordinario interesse.Il Comitato dei ministri europei ha racco-mandato alle associazioni professionalidei giornalisti di elaborare le linee direttri-ci e le norme etiche e professionali per lacategoria con speciale riferimento ai re-

G I U S T I Z I A E I N F O R M A Z I O N E

segue dalla pagina precedente portage relativi ai processi penali. Ha rac-comandato di rispettare in tali reportagesla presunzione di innocenza a favore deisospettati e degli accusati, sino a quandola loro colpevolezza non sia stata accerta-ta da un Tribunale. Di rispettare la dignità,la sicurezza e, salvo nel caso in cui l’infor-mazione sia di interesse pubblico, il dirit-to alla privacy (alla riservatezza sulla sfe-ra intima), delle vittime, dei denuncianti,dei sospettati, degli accusati, anche dellepersone riconosciute colpevoli e dei testi-moni, nonché delle loro famiglie. Di evita-re di arrecare pregiudizio alle indagini pe-nali e alle procedure giudiziarie. Infine, diassegnare i reportage sui processi penalia giornalisti che abbiano una adeguataformazione in tale materia.Il principio da cui prende le mosse la racco-mandazione è quello secondo il quale la li-bertà di espressione e di informazione costi-tuisce uno dei fondamenti essenziali di unasocietà democratica. L’importanza dei repor-tages realizzati dai media sui procedimentipenali nasce dalla necessità di rendere visi-bile la funzione dissuasiva del diritto penalee di permettere al pubblico di esercitare il di-ritto di critica sul funzionamento del sistemapenale.Venendo ai vari principi contenuti nell’annes-so alla raccomandazione, il pubblico devepoter ricevere informazioni sulle attività delleAutorità giudiziarie e dei servizi di polizia at-traverso i media. I giornalisti devono di con-seguenza poter liberamente rendere conto ecommentare il funzionamento del sistemagiudiziario penale.L’informazione fornita dall’Autorità giudi-ziaria e dai servizi di polizia deve essereassolutamente veritiera. Può anche basar-si su “presunzioni ragionevoli”, ma in que-sto caso dovrà essere chiaramente mani-festato ai media che non si hanno ancoracertezze ma solo ipotesi sia pure confor-tate da seri indizi.Deve essere garantita la parità di accessoall’informazione giudiziaria, evitando chevi siano discriminazioni tra i giornalisti efavoritismi a vantaggio di questo o di quelreporter.Le Autorità giudiziarie e la polizia debbonoinformare i media attraverso comunicatistampa o conferenze stampa tenute daagenti autorizzati o mediante altri simili “mes-saggi”.Nell’ambito dei procedimenti penali di pubbli-co interesse o che attirano particolarmentel’attenzione della collettività, l’Autorità giudi-

ziaria e la polizia devono informare i mediadei loro atti essenziali, a meno che ciò nonarrechi pregiudizio alla segretezza dell’istru-zione o alle indagini ovvero ritardi o impedi-sca il conseguimento di risultati investigativio processuali.Nel caso di processi penali che si protragga-no per un lungo periodo, l’informazione deveessere fornita regolarmente nel tempo.Né i magistrati, né i poliziotti possono sfrut-tare le informazioni per fini di lucro o di altropersonale vantaggio.L’informazione deve essere mirata allacorretta applicazione della legge.Va tutelata - come detto - la vita privata siadelle persone sospettate, accusate o con-dannate, sia delle altre parti del processo.“Una protezione particolare deve essereofferta alle parti che sono minori di età oalle altre persone vulnerabili, alle vittime,ai testimoni ed ai familiari delle personesospettate, accusate e condannate”.Deve venire assicurato con speciale cural’anonimato delle persone che possonopatire ingiustificati pregiudizi dalla divul-gazione delle informazioni.Ogni persona che è oggetto di resocontinon corretti o diffamatori da parte dei gior-nali in materia di processi penali deve di-sporre di un diritto di rettifica o di replica.Il diritto di rettifica deve essere possibileanche nei confronti dei comunicati stam-pa, contenenti informazioni non corrette,diffusi dalla magistratura o dalla polizia.Nei procedimenti penali in generale e in par-ticolare in quelli che coinvolgono dei giudicipopolari, la magistratura e la polizia devonoastenersi dal fornire pubblicamente informa-zioni che comportino il rischio di un’influenzanegativa sulla equità sostanziale del proces-so. Va cioè tutelata l’ingenuità o l’imparzialitàdel giudice, vanno evitate “anteprime”, conquei processi mediatici, ai quali ci siamo abi-tuati di recente con casi giudiziari diventatispettacoli sotto il pretesto dell’informazione.La raccomandazione europea si occupa an-che della ammissione dei giornalisti alleudienze e alla lettura delle sentenze, con par-ticolare riferimento ad uno spazio loro riser-vato nelle aule di udienza. I reportage in di-retta e le registrazioni da parte dei medianelle aule di giustizia non devono esserepossibili a meno che (e nella misura in cui) lalegge e l’Autorità giudiziaria lo permettanoesplicitamente.I reportage in questione possono venir rea-lizzati soltanto se non vi sia alcun serio ri-schio di una influenza indebita sulle vittime e

sui testimoni, sulle parti dei procedimenti pe-nali, sui giudici popolari e sui magistrati.L’Autorità giudiziaria deve mettere a disposi-zione, al momento opportuno, e su semplicerichiesta dei giornalisti, i calendari delleudienze, i capi di accusa e tutte le altre infor-mazioni pertinenti per la cronaca giudiziaria. “Igiornalisti dovranno essere autorizzati senzadiscriminazione ad effettuare o ricevere copiadelle sentenze rese pubblicamente”, tali sen-tenze potranno essere diffuse al pubblico.Infine vanno protetti i testimoni la cui identitànon va divulgata, a meno che il teste non viabbia preventivamente acconsentito, o quan-do l’identificazione del medesimo è di inte-resse pubblico o la testimonianza ha già avu-to luogo in pubblico. L’identità dei testimoninon va però mai divulgata se ciò mette in pe-ricolo la loro vita o la loro sicurezza.Confido che mi venga perdonata questa pun-tigliosa e forse noiosa analisi; essa però con-tiene un importante “decalogo” sul diritto deimedia di avere, in condizione di uguaglianza,notizie sui processi e di instaurare un franco,leale ed esaustivo dialogo con l’Autorità giu-diziaria. Proprio in virtù della raccomanda-zione del Consiglio di Europa è doverosocreare quel flusso canalizzato ed ordinato diinformazioni sulla giustizia di cui ho detto. Ilflusso deve essere “interattivo”, fatto dallenotizie date dai magistrati e dalle domandedei giornalisti, domande che esigono rispo-sta, che non possono restare inevase.L’informativa consta di comunicati ma devecomprendere, quando è possibile, anche gliatti ostensibili al giornalista, che ha diritto disapere e di leggere.Alle copie clandestine dei verbali, alle copieabusive degli interrogatori, alle copie con-trabbandate dei brogliacci, va contrapposto ildiritto del giornalista di acquisire documenti econoscere carte processuali.Il giornalismo investigativo deve rinascere,può essere giornalismo investigativo sulcampo, ma anche, direi soprattutto, giornali-smo investigativo sui fascicoli e sugli atti deiprocessi.Il mestiere del giornalista sarà ancor più im-pegnativo e faticoso, dovrà essere attentoagli equilibri tra accusa e difesa, ma sarà unmestiere più ricco e dovrà essere più re-sponsabile.Questo per la dignità del lavoro del reporter,ma anche per la dignità del magistrato e so-prattutto, forse un po’ retoricamente, per ladignità della giustizia.

Corso Bovio

Indagini penali e Procure:

l’Europa chiede trasparenza.

I cittadini devono conoscere

quel che accade nei Palazzacci

Levi: serve tavolo Fieg e Fnsiper i diritti d’autore. Servono anche proposte per contrastare la pirateria su libro, musica e cinema Parma, 5 settembre 2006. L’invito a editori e giornalisti asedersi a un tavolo comune per affrontare e risolvere in-sieme il problema dell’evasione dei diritti d’autore sulle ras-segne stampa; il rinnovo del Comitato per la tutela dellaproprietà intellettuale per elaborare in tempi rapidi proposteoperative per contrastare la pirateria che colpisce l’indu-stria del libro, della musica, del cinema. Sono queste le duenuove iniziative annunciate da Ricardo Franco Levi, sotto-segretario alla Presidenza del Consiglio con delega perl’informazione e l’editoria. Levi ha parlato a Parma nel cor-so di un convegno sul tema “Proprietà intellettuale e pote-re di mercato” organizzato dalla Atrip, InternationalAssociation for the Advancement of Teaching and Researchin Intellectual Property. “Tanto la Fnsi, l’organizzazione sin-dacale dei giornalisti, quanto la Fieg, l’associazione cherappresenta gli editori - ha detto Levi - hanno di recente, dinuovo e formalmente sollevato la questione delle rassegnestampa. Le ho, quindi, invitate a sedersi ad un tavolo perstudiare insieme come risolvere il problema. Con l’aiuto el’intervento della Siae, la Società italiana degli autori e de-gli editori, credo che ci siano le condizioni e gli strumentiper risolvere il problema”. “Non sto parlando - ha precisatoLevi - del grande tavolo per il rinnovo del contratto di lavo-ro, materia che ricade sotto la responsabilità del ministroDamiano. Sto parlando di un tavolo più piccolo e più mo-desto, un tavolino per parlare solo di rassegne stampa. Untavolino, però - ha concluso Levi - che potrebbe offrireun’occasione di dialogo tra due categorie che da troppotempo faticano a parlarsi. I rappresentanti dei giornalisti mihanno già espresso la loro disponibilità; spero che lo stes-so facciano gli editori”. (ANSA)

Giornalisti: tre uccisi al mese nel mondo Washington, 20 settembre 2006. Negli ultimi 15 anni, ben 78giornalisti sono stati uccisi in Iraq, che, secondo un recente rap-porto, è il Paese più pericoloso per i professionisti dell'informa-zione. “Fare il giornalista è sempre più rischioso”, spiega lo stu-dio, effettuato dalla Commissione per la protezione dei giorna-listi, un’associazione di New York che promuove la libertà distampa. In media vengono uccisi più di tre reporter al mese, ingiro per il mondo, e in totale, negli ultimi 15 anni, 580 giornali-sti sono morti nello svolgimento del loro lavoro, giudicato spes-so scomodo o inaccettabile da governi e militari. Fra i Paesi chehanno visto più uccisioni di giornalisti, dopo i 78 in Iraq, vi so-no l’Algeria, dove negli ultimi 15 anni sono stati uccisi 60 gior-nalisti, quindi la Russia, con 42 e la Colombia, con 37.Neanche il 2006 fa ben sperare: finora sono morti 31 giornali-sti nel mondo, di cui 20, cioè due terzi, soltanto in Iraq. Due dimeno rispetto all’intero corso del 2005, in cui hanno perso lavita 22 giornalisti in Iraq e 47 in totale nel mondo. “È chiaro atutti quanto sia diventato pericoloso lavorare in Iraq - ha dettoJoel Simon, direttore dell’associazione - e i giornalisti irachenisono i più vulnerabili”. I rischi più grandi sono corsi infatti dallastampa locale: circa l’85% degli omicidi registrati dal 1992, ri-guarda giornalisti del posto, piuttosto che corrispondenti stra-nieri. In Iraq sono 60 i giornalisti iracheni uccisi negli ultimi treanni, cioè da quando gli Stati Uniti hanno invaso il Paese. Lostudio rivela infine che sette giornalisti su 10, fra le vittime de-gli ultimi 15 anni, costituivano un bersaglio perché erano inqualche modo critici del governo: nel 27% dei casi, il governostesso o gli ufficiali militari sono considerati responsabili degliomicidi. (ANSA)

Watergate: nuovo libro smonta Bernstein e Woodward New York, 1 settembre 2006. Dopo oltre 30 anni passati acercare segreti su papi, presidenti, capi dell’Fbi e giudici del-la Corte Suprema, le leggende del Watergate Bob Woodwarde Carl Bernstein ricevono pan per focaccia. Un nuovo libroche analizza la carriera dei due famosi reporter dopo lo scoopdi Gola Profonda li accusa di non aver mantenuto le promes-se fatte da giovani alla musa del giornalismo investigativo.Professoressa di giornalismo alla American University, AliciaShepard ha utilizzato per la prima volta le 75 scatole di do-cumenti dell’era Watergate regalati alla University of Texas daidue giornalisti. Woodward e Bernstein, una vita all’ombra delWatergate, questo il titolo del suo libro in uscita negli Usa innovembre, rende omaggio al colpo giornalistico che pose fi-ne alla presidenza di Richard Nixon, ma fa una critica spieta-ta delle carriere dei dioscuri del Watergate dopo lo scoop cheli ha fatti passare alla storia.Tra le accuse a Woodward, la piùvelenosa è di avere anteposto il successo anche commer-ciale dei suoi libri al lavoro quotidiano al Washington Post.Quanto a Bernstein, Shepard ne chiosa la carriera “sporadi-ca” dopo aver lasciato il quotidiano della capitale.Accompagna il libro un commento elogiativo del lavoro diShepard di Michael Isikoff di Newsweek, erede della tradizio-ne di giornalismo investigativo inaugurata dal Watergate: “Èilresoconto definitivo delle vite di due uomini che hanno cam-biato il giornalismo per sempre”. Né Woodward né Bernsteinsono stati intervistati di recente da Shepard per il libro: “Èsuodiritto scrivere quel che vuole”, ha detto Woodward al sito webEditor and Publisher, che segue il mondo dei media. E ancheBernstein, al lavoro su una biografia di Hillary Clinton, ha det-to di “non aver collaborato” con la studiosa: “Grazie a Dio laCostituzione le permette di scrivere quel che le pare. La no-stra vera vita, il nostro lavoro, assieme e separatamente, perlibri, giornali, riviste, televisione, sono di dominio pubblico e lagente può giudicare da sola”. Il libro è nato sulla scia di unalunga intervista fatta da Shepard ai due nel 2003 per la rivi-sta Washingtonian: riconoscendo lo storico momento dellacoppia al tempo del Watergate, l’esperta di media ne esami-

na la vita con un occhio puntato soprattutto agli errori. Oltreagli archivi all’Università del Texas, Shepard ha utilizzato ol-tre 200 interviste attingendo anche agli atti del divorzio diBernstein dalla regista Nora Ephron, agli archivi del registaAlan Pakula che diresse Tutti gli uomini del Presidente e agliappunti di Robert Redford. . (ANSA)

21ORDINE 9-10 2006

M O S T R AOltre 350 immagini dal 2 novembre al Museo di Storia contemporanea a Milano

di Patrizia Pedrazzini

Sessant’anni di fotogiornalismo italiano fra scomoda realtà e strumento di potere

Ecco allora il viaggio. Dalla cronaca, dai re-portage, dalla grafica dei giornali nell’imme-diato dopoguerra al passaggio dall’informa-zione all’intrattenimento che caratterizza il“nuovo corso” della fotografia negli anniCinquanta; dal rotocalco del boom economi-co al fotogiornalismo della contestazione; finoalla fotografia giornalistica dell’era postmo-derna, sospesa fra creatività e omologazione.Dal neorealismo al paparazzismo, dal repor-tage sociale agli scatti di cronaca degli annidel terrorismo e delle stragi di mafia, dalla fo-to d’evasione all’ingresso nel mondo dell’artee del collezionismo.Ma la mostra è anche una storia di direttori,intellettuali e reporter che hanno tentato di in-frangere il muro dell’informazione “di potere”e di fare un buon giornalismo d’immagine.Ecco, come si legge sempre nell’introduzio-ne,“all’indomani di una democrazia ritrovata”,in un Paese “che ha conosciuto per vent’annisolo l’informazione di regime dell’IstitutoLuce” e sul quale pertanto pesa “la mancan-za di una cultura visiva”, l’Europeo di ArrigoBenedetti che offre al lettore, con i suoi scat-ti secchi ed essenziali, uno spaccato privo diretorica dell’Italia del dopoguerra. EccoTempo, con il grande reportage, firmatoFederico Patellani, sui minatori di Carbonia.Ecco - e siamo nel 1950 - Epoca, e il “coloresgargiante quanto innaturale dei primi ekta-crome, che si fa efficace interprete del nuovoottimismo della società dei consumi”. Ecco,nello stesso decennio, accanto alla “foto neu-tra, buona per ogni testata, che possa adat-tarsi alle diverse linee editoriali con una sem-plice modifica nella didascalia”, anche la sco-perta tardiva, ma prepotente, da parte di unanuova generazione di giovani, della fotografiad’impegno civile del giornalismo europeo estatunitense degli anni Quaranta. SettimoGiorno, L’illustrazione italiana, Il Mondo diMario Pannunzio. E “la foto emblematica, ric-ca di ambiguità, pretenziosa nella sua funzio-

Fino ai femminili. E allo stabilirsi di “quellostretto nesso fra stampa, pubblicità e mo-delli imposti dalla società dei consumi, cheinfluenza profondamente la natura del-l’informazione, in Italia come all’estero,spingendo sempre più verso la definizionedi una realtà virtuale o di un ideale di realtàche, in un’epoca dominata dalle immagini,finisce con il condizionare profondamente lapercezione e concezione del vivere dellagente”.Gli anni Ottanta e Novanta, l’avvento del di-gitale, la perdita di quell’informatore che erail fotografo, vero, come lo definisce RobySchirer, “occhio del giornale sul mondo”. E,sono parole di Mario Dondero, le “foto este-tiche, vuote di contenuti, senza carica so-ciale, senza critica della società, bellissimeimmagini”. Ecco la fotografia d’intratteni-mento, “la fine, nel bene come nel male, diun giornalismo concepito come uno dei po-teri fondamentali di ogni stato democratico”.Mentre il vecchio reportage, “assurto ormaia forma d’espressione artistica, perde lasua carica di pressante denuncia”.La mostra, frutto degli scatti di oltre 150 fo-tografi (“ne mancano alcuni - tiene a preci-sare Lucas - ma solo perché non hanno vo-luto farne parte”), reduce dal successo ri-scosso a Torino, approda nel capoluogolombardo arricchita da una sezione dedica-ta a Milano e alle sue metamorfosi dal do-poguerra a oggi. La capitale morale ed eco-nomica che la città è stata fino agli anniSessanta, i suoi quartieri ancora popolari,le periferie degli immigrati, le fabbriche diSesto San Giovanni e della Bovisa, visti congli occhi dei reporter e dei fotografi di cro-naca dei giornali del pomeriggio. I nuovispazi metropolitani degli anni Settanta.Fino alla città invisibile del Duemila, e allafatica di catturare e di decifrare, con unoscatto, la complessità di un presente sem-pre più immateriale.

“Quarto potere nelle mani della società civile, strumento didenuncia e di conoscenza o mezzo di manipolazione dellecoscienze?”. È sulla traccia di questo “interrogativo antico”che si sviluppa la mostra Il fotogiornalismo in Italia 1945 -2005, a cura di Uliano Lucas e in programma a Milano, alMuseo di Storia contemporanea di via Sant’Andrea 6, dal 2novembre al 7 gennaio. Un viaggio lungo sessant’anni nel-la storia del nostro Paese, per raccontare, in oltre 350 im-magini, l’evolversi del linguaggio dell’informazione, e quindidel fotogiornalismo, in rapporto alle mutate richieste della

società, dei suoi centri di potere, del mondo editoriale.Ma soprattutto un viaggio che è un richiamo a riflettere, aporsi domande oggi dimenticate, al di là e a prescinderedalla facile retorica dalla quale la fotografia d’informazioneè, suo malgrado, avvolta. Documentano veramente, le fotopubblicate in oltre mezzo secolo sulle decine di periodici ita-liani, la realtà del Paese? Cosa hanno fotografato i fotore-porter, e cosa hanno scelto di pubblicare i direttori? Qual èstato, e qual è, il limite del loro fare informazione? In che mi-sura le richieste dell’editoria hanno condizionato, se non ad-

dirittura modificato, il modo di fotografare? Patrocinata dai ministeri dei Beni culturali, degli Affari este-ri e dell’Istruzione, oltre che dall’Ordine dei giornalisti e deifotogiornalisti, la mostra si pone quindi, dice Uliano Lucas,“non come un insieme di belle figurine o di belle foto, macome un invito a ragionare”. Perché, scrive (con TatianaAgliani) nell’introduzione al catalogo, “il fotogiornalismo, neisuoi intenti e nelle sue formule originari, è morto da lungotempo, e tuttavia mai c’è stata epoca in cui la retorica del-l’informazione è stata più grande”.

Dal neorealismo all’estetismo d’autore

Milano com’era,Milano com’è

ne simbolica, carica di seduzioni e di differentigradi di lettura”.Poi il “giornalismo totale” di Le Ore e VieNuove, e un’Italia che si affaccia alla stagio-ne del boom economico con schiere di foto-reporter dallo “straordinario potenziale uma-no, di forza intellettuale e creativa”. Solo che“il giornalismo d’informazione non lo sa o nonlo vuole sfruttare”. E, di seguito, gli anni dellacontestazione, la scoperta che la fotografia ri-veste un’importanza capitale nell’informazio-ne, i quotidiani che si precipitano a crearepropri staff fotografici, le immagini di vita me-

tropolitana dei quotidiani del pomeriggio, le“decine di giornali, della sinistra extraparla-mentare, dei sindacati, antimilitaristi, anarchi-ci o della creatività, che fioriscono per darequella che allora era la controinformazione eche avrebbe dovuto essere solo l’informazio-ne”.Quindi i rotocalchi della Mondadori, rivolti aquella “borghesia che produce e lavora” dellaquale parlava già nel ’53 il fondatore Arnoldo,e che “puntano tutto su un giornale di imma-gini, che colpisca appunto per la sua gran-deur”. Ecco Mario De Biasi e Mauro Galligani.

Uliano Lucas: “La fotografia? Deve diventare materia di studio” “La fotografia? Un problema di cultura”.Milanese, classe 1942, maestro del foto-giornalismo italiano, autore in Italia e nelmondo di reportage sempre contraddi-stinti da spirito di indipendenza, forte im-pegno civile e grande capacità narrativa,Uliano Lucas non ha dubbi, e insiste: la fo-tografia deve essere studiata. Da parte dichi la pratica, ma anche da parte di chi lautilizza, e non da ultimo da parte di chi laguarda, perché, altrimenti, “non la sa leg-gere”.

Eppure non è certo in una tradizione distudio che il fotogiornalismo italianoaffonda le proprie radici.No, in questo senso la nostra è una tradizio-ne di tipo artigianale. Anche se, grazie all’in-telligenza, al gusto, alle indiscusse capacità ditanti nostri fotografi, siamo comunque riuscitia dar vita a un grande fotogiornalismo. Maquanti talenti sono stati sprecati, all’internodei giornali, perché non funzionali al sistema?

Il fotogiornalista non ha mai avuto uno statusvero e proprio, e continua a non averlo.

Insomma, come al solito, all’estero va mol-to meglio.Diciamo che il sistema organizzativo dell’im-magine, in questo Paese, non ha mai investi-to sulla fotografia. E questo perché, a causadel nostro ritardo culturale, non la compren-deva. E oggi non è diverso. Edilio Rusconi,per esempio, aveva capito molto bene l’utiliz-zo dell’immagine. Ma poi, nel nostro panora-ma editoriale, hanno finito col prevalere lapaura, la mancanza di comprensione, le fon-ti inadeguate.

Una buona fetta di responsabilità andràanche alla televisione.Indubbiamente. Senz’altro la crisi del foto-giornalismo è collegata alla tv e ai suoi introi-ti pubblicitari. Anche se bisognerebbe riflette-re sul fatto che l’immagine televisiva ti passadavanti e subito dopo te la sei dimenticata.

Mentre il destino di una fotografia è ben di-verso. Ma occorre anche ragionare, per quan-to riguarda i giornali, sulla fine della cronaca.E dei quotidiani del pomeriggio. Nel sensoche, mentre quelli del mattino erano rivolti auna sorta di élite di lettori, quelli appunto delpomeriggio lavoravano sull’onda lunga dellacuriosità della gente.Quindi attingevano a più fonti fotografiche,agenzie, free lance, gente che lavorava den-tro la vita della città. Mentre oggi si attinge afonti uniche. E ancora: una volta c’erano stilifotografici diversi per i diversi quotidiani. Oggipiù nessun quotidiano ha un suo stile foto-grafico. E la stessa foto artistica, la si ritrovauguale su tutti.

All’estero come funziona? All’estero esiste, nei giornali, la figura del re-dattore fotografico, una figura autonoma eche attinge a più fonti. Ma lo sa che a noi, datre quarti del mondo, non arrivano fotografie?Prendiamo la Cina, per esempio. Oggi come

oggi i fotogiornalisti cinesi sono i più straordi-nari. Ma noi cosa pubblichiamo? Le solite fo-to di grattacieli e autostrade. E il resto? Il re-sto non serve al sistema, e allora non lo sipubblica. Da noi si illustra, si mette in paginala foto tappabuchi. Ma questa non è comuni-cazione.

Lei insiste molto anche sulla questionedella cultura.Assolutamente. Il rapporto fra fotogiornalismoe cultura è strettissimo. Non è un caso chequello europeo sia nato nella Germania deglianni Venti, dove il tasso di scolarizzazione eramolto elevato. Quanto alla fotografia, dovreb-be diventare materia di studio sia nelle scuo-le di giornalismo, che nelle Università.Dovrebbe essere studiata, e bene.Così come, nelle Università per esempio, sipotrebbero allestire musei della fotografia,frutto dei tanti archivi fotografici accumulati,anche dai giornali, nel tempo. E a rischio diandare perduti.

22 ORDINE 9-10 2006

Le professioni e l’esame di Stato: il giudizio negativo va motivato.Il dlgs sul concorso notarile correggeil Consiglio di Stato. Vincono i TarLa “legge omnibus” n. 168/2005

Nel giro di un anno gli esami di Stato hanno subito cambia-menti profondi. La “legge omnibus” (n. 168/2005 pubblicatanella Gazzetta Ufficiale n. 194 del 22 agosto 2005) ha incisosugli esami di Stato, soprattutto quando emergono disparitàdi trattamento nelle prove scritte. In breve il candidato, che su-pera le prove orali, anche se l’ammissione è stata decisa daordinanze dei Tar, “consegue a ogni effetto” l’abilitazione pro-fessionale.La legge di conversione (con modificazioni) del decreto leg-ge 30 giugno 2005 n. 115 (meglio noto come “decreto leggeomnibus”), approvata il 20 luglio 2005 dal Senato e il 30 lu-glio dalla Camera in via definitiva, pubblicata nella GazzettaUfficiale n. 194/2005 come legge 17 agosto 2005 n. 168,contiene un norma destinata a pesare sugli esami di Stato ditutte le professioni intellettuali (in particolare di quelle di av-vocato, notaio, commercialista ed architetto, le più bersa-gliate di ricorsi ai Tar e al Consiglio di Stato). La legge inter-viene in sostanza sulle modalità di svolgimento degli esami,stabilendo che “conseguono a ogni effetto l’abilitazione pro-fessionale i candidati in possesso dei titoli per partecipare alconcorso, che abbiano superato le prove d’esame scritte eorali previste dal bando, anche se l’ammissione alle medesi-me o la ripetizione della valutazione da parte della commis-sione sia stata operata a seguito di provvedimenti giurisdi-zionali o di autotutela”.Questa esplosiva novità è contenuta nel terzo comma (“2-bis”) dell’articolo 4 del provvedimento legislativo. I primi duecommi regolano le elezioni degli Ordini professionali inqua-drati dal Dpr 328/2001, mentre il terzo comma detta “dispo-sizioni in materia di abilitazioni e di titolo professionale” comeannuncia la rubrica dell’articolo 4 della legge di conversione.Questo terzo comma, quindi, riguarda, come si evince anchedai lavori parlamentari, gli esami di tutte le professioni, anchedi quelle non regolate (come gli avvocati, i medici, i consu-lenti del lavoro e i giornalisti) dal Dpr 328/2001.Questa normativa riguarda soprattutto i candidati, che ab-biano ottenuto l’iscrizione con riserva nell’Albo dopo aver su-perato le prove orali dell’esame di Stato anche a seguito diprovvedimenti cautelari dei Tar e del Consiglio di Stato, chehanno ammesso gli stessi alla prova orale senza aver dispo-sto “il riesame degli elaborati scritti da parte di unaSottocommissione diversa da quella che ha formulato il giu-dizio negativo impugnato”. Il terzo comma dell’articolo 4 del-la legge n. 168/2005 non ammette interpretazioni diverse.L’iscrizione temporanea in sostanza diventa definitiva, ancheperché di fatto la nuova legge suggerisce che la prova orale(positiva) abbia assorbito quella scritta (il cui giudizio negati-vo sia stato fulminato dalle ordinanze dei Tar e del Consigliodi Stato). Si tratta di casi in cui i Tar e il Consiglio di Stato han-no accertato che gli elaborati, corretti in tempi minimi, aveva-no subito un trattamento negativo rispetto ad elaborati diidentica “qualità” giudicati, invece, positivamente. È risultatodecisiva l’acquisizione degli elaborati valutati positivamente ecorretti dalla stessa Commissione (magari nella stessa gior-nata).

La lunga battaglia Tar-Consiglio di Statosull’articolo 3 della legge 241/1990

È il caso di ripercorrere, sia pure sinteticamente, la lunga bat-taglia tra Tar e Consiglio di Stato sull’articolo 3 della legge241/1990, cioè sulla motivazione dei punteggi insufficientinelle prove scritte degli esami di Stato (degli avvocati in pri-mis).La valutazione degli aspiranti procuratori leali, essendo fina-lizzata a verificare il possesso da parte dei candidati delle ne-

cessarie conoscenze di base di diritto sostanziale e proces-suale, desumibili dalla correttezza giuridica delle soluzioni da-te alle questioni oggetto delle prove scritte, non può esseresorretta da un mero punteggio numerico (idoneo, di per sé.ad esprimere soltanto un apprezzamento di valore del candi-dato esaminato, ma non ad esternare le rioni che ne hannogiustificato l’attribuzione), richiedendosi l’espressione di ungiudizio, sia pure sintetico, ma idoneo a dare conto della ne-gatività della valutazione, con riguardo alla gravità delle lacu-ne dimostrate nella preparazione richiesta (Tar Marche,12.02.1993, n. 66, in Giur. Merito, 1993, 408 ss., e in Giust.Civ., 1993, 1, 1140 ss).È illegittimo il giudizio di non ammissione di un candidato al-la prova orale (nella specie, per gli esami di abilitazione al-l’esercizio della professione di procuratore legale) qualora - indisparte la considerazione che la particolare ed elevatissimaqualificazione dell’esame impone complesse valutazioni, dif-ficilmente sintetizzabili nel solo voto numerico - esso, peraltroespresso sulla base di astratti criteri di valutazione caratte-rizzati da genericità, appaia inidoneo ad esplicitare l’effettivaosservanza dei criteri e delle modalità predeterminati dallacommissione e, perciò, tale da non esprimere assolutamen-te le ragioni della valutazione (Tar Puglia, sez. I Lecce, 27marzo 1996, n. 120; Parti in causa Messuti c. Min. giust.;Riviste Foro Amm., 1996, 3464, n. Colzi).Il giudizio espresso da una commissione giudicatrice sullaprova scritta di un candidato agli esami per l’iscrizione nel-l’albo di procuratore legale è soggetto all’obbligo di motiva-zione ex art. 3 l. 7 agosto 1990 n. 241, che non può ritenersisoddisfatto con l’attribuzione di un semplice voto numerico(Tar. Lombardia, sez. III Milano, 29 giugno 1996, n. 890;Riviste: Foro Amm., 1997, 523; Rif. Legislativi L 7 agosto1990 n. 241, art. 3).Anche in materia di esami di abilitazione alla professione diavvocato la non ammissione alle prove orali deve fondarsi suuna motivazione che, ai sensi dell’articolo 3 della legge 7agosto 1990 n. 241, ponga il destinatario del provvedimentonella condizione di ricostruire l’iter logico seguito dalla com-missione esaminatrice, la quale non può limitarsi alla mera in-dicazione dei voti numerici assegnati alle prove scritte che,nella fattispecie, risultano essere di alta difficoltà tecnica ecomportanti la soluzione di complesse questioni giuridichespecie quando tali prove appaiono anche essere state og-getto di una sommaria lettura, dal momento che gli elaboratiacquisiti a seguito di istruttoria non portano segni di corre-zione o annotazioni che possano quanto meno consentirel’individuazione di specifici argomenti sui quali la commissio-ne abbia soffermato negativamente la sua attenzione (Tar.Lazio, Latina, 5 marzo 1999, n. 188; Parti in causa Pesce c.Min. giust.; Riviste Foro Amm., 1999, 1084; Rif. legislativi L 7agosto 1990 n. 241, art. 3).Nonostante il contrario orientamento della giurisprudenza delConsiglio di Stato, la Commissione dell’esame di avvocato,secondo costante giurisprudenza, non può valutare, nel ri-spetto dell’art. 3, L. 7 agosto 1990, n. 241, le prove median-te una semplice espressione numerica, ma deve motivareadeguatamente il giudizio di insufficienza onde permettere laricostruzione dell’iter valutativo e il suo assoggettamento alcontrollo giurisdizionale. (Tar Lombardia Brescia 15-03-2003,n. 329; Malcangi c. Ministero giustizia e altri; FONTI Massimaredazionale, 2003)

Tar Lombardia: decida la Corte costituzionale

Va sollevata questione di legittimità costituzionale dell’art. 3 del-la legge n. 241/1990, il quale prevede un obbligo di puntualemotivazione per tutti gli atti amministrativi, nella parte in cui -

Gli esami di Stato delle professioni intellettuali subiscono unariforma radicale nel senso che il legislatore delegante si èpreoccupato, dopo 20 anni di sentenze opposte tra alcuni Tar(in particolare Milano-gestione Mariuzzo, Ancona, Bologna,Brescia, Lecce, Latina) e il Consiglio di Stato, di imporre lamotivazione in tema di giudizi negativi degli elaborati scritti edelle prove orali. Due articoli (11 e 12) del dlgs 24 aprile 2006n. 166 (Norme in materia di concorso notarile, pratica e tiro-cinio professionale) hanno ribaltato la linea consolidata delConsiglio di Stato secondo la quale l'onere di motivazione inriferimento alla valutazione delle prove scritte di un concorsopubblico o di una procedura selettiva per il conseguimentodell’idoneità per l’iscrizione negli albi e collegi professionali èdi regola sufficientemente adempiuto con la sola attribuzionedel punteggio numerico, essendo questa una espressionesintetica, ma eloquente, della valutazione compiuta dallacommissione. Palazzo Spada, con cocciuta pervicacia, ha difatto disapplicato per oltre 15 anni il primo comma dell’arti-colo 3 della legge 241/1990 (“Ogni provvedimento ammini-strativo, compresi quelli concernenti l’organizzazione ammi-

di Franco Abruzzopresidente dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia;

docente a contratto di Diritto dell’informazione alleUniversità di Milano Bicocca e Iulm di Milano.L ’ A N A L I S I

nistrativa, lo svolgimento dei pubblici concorsi ed il persona-le, deve essere motivato, salvo che nelle ipotesi previste dalcomma 2. La motivazione deve indicare i presupposti di fat-to e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisionedell’amministrazione, in relazione alle risultanze dell’istrutto-ria”).Il quinto comma dell’articolo 11 (Correzione delle prove scrit-te) del dlgs sul concorso notarile afferma: “Il giudizio di nonidoneità è motivato. Nel giudizio di idoneità il punteggiovale motivazione”, mentre il quinto comma dell’articolo 12(Svolgimento delle prove orali) ribadisce: “La mancata ap-provazione è motivata. Nel caso di valutazione positiva ilpunteggio vale motivazione”.Le norme, di cui agli articoli 11 e 12 dlgs 166/2006 non pos-sono essere considerate di carattere settoriale e derogatorio.Lo impedisce l’articolo 3 della Costituzione: non ci possonoessere comportamenti difformi nella pubblica amministrazio-ne, obbligata peraltro alla trasparenza e all’imparzialità.Finora era la giurisprudenza (del Consiglio di Stato) ad ave-re imposto una lettura distorta dell’articolo 3 della legge241/1990. Oggi gli articoli 11 e 12 del dlgs 166/2006 valgonoalmeno come orientamento nella interpretazione “autentica”dello stesso articolo 3 della legge 241/1990. In sostanze lebocciature allo scritto e all’orale devono essere motivate. Gliaspiranti professionisti hanno diritto di conoscere le valuta-zioni negative delle Commissioni d’esame anche per trarneun insegnamento per le prove future.

secondo l’interpretazione datane dal Consiglio di Stato (v. inpart. il parere 9 novembre 1995, n. 120 reso dall’AdunanzaGenerale) - non si applicherebbe alla valutazione delle provescritte previste per concorsi pubblici ed in particolare a quellepreviste per l’accesso alla professione di avvocato, essendostato ritenuto sufficiente che la valutazione delle dette prove siaespressa solo con coefficienti numerici.Tale interpretazione, infatti, sembra contrastare:a) con l’art. 3 Cost. perché non appare ragionevole una di-

sposizione normativa inserita nella legge generale sul pro-cedimento amministrativo che, mentre consacra il genera-le principio dell’obbligo di motivazione, tra l’altro facendospecifico riferimento a "lo svolgimento dei pubblici concor-si", ne esclude l’applicazione a categorie di atti (nella spe-cie i giudizi sugli esami d’abilitazione) rispetto ai quali l’e-sigenza dei destinatari di conoscere, attraverso un’idoneamotivazione, le concrete ragioni poste a fondamento dellaloro adozione non è diversa, né minore di quella dei sog-getti interessati agli altri atti amministrativi, se del casoegualmente esprimenti valutazioni di natura tecnica, sicu-ramente vincolati all’osservanza della norma;

b) con gli artt. 24 e 113 Cost., perché la non soggezione al-l’obbligo di motivazione dei giudizi d’esame di cui si discu-te, traducendosi nell’impossibilità per il singolo candidatobocciato di conoscere e controllare le ragioni poste a ba-se del giudizio negativo, interdice ogni concreta tutela nel-la già assai limitata sede della giurisdizione di legittimità,in cui al giudice amministrativo è consentito il solo riscon-tro dell’iter logico delle valutazioni di merito compiute dal-le commissioni esaminatrici; quando, al contrario, anchetale limitato sindacato viene precluso di fronte al mero da-to numerico del voto, non illustrato, cioè spiegato da unaalmeno sintetica, ma concreta, motivazione, la tutela cosìconsentita dall’ordinamento si riduce al solo riscontro diprofili estrinseci e formali, quali quelli inerenti al rispettodelle garanzie connesse alla collegialità dell’organo giudi-cante ed alla sua composizione con una cospicua riduzio-ne del tasso di effettività dei giudizi nella sede generaledella legittimità;

c) con l’art. 97 Cost. perché la sottrazione di una categoria diatti all’obbligo di motivazione appare confliggente sia conil principio di imparzialità (evidentemente meno garantitoda un giudizio espresso in forma solo numerica), sia conil principio di buon andamento dell’amministrazione, che inun ordinamento modernamente democratico si traduceanche nella piena trasparenza dell’azione amministrativa;né le esigenze di snellezza e speditezza del procedimen-to, pure riconducibili al principio di buon andamento ex art.97 Cost. e che sono pianamente percepibili nel già ricor-dato avviso dell’Adunanza generale, possono essere rite-nute prevalenti rispetto all’inderogabile necessità di assi-curare il più corretto rapporto tra cittadino e amministra-zione pubblica, essendo invece diversamente tutelabili at-traverso un’applicazione del principio dell’obbligo di moti-vazione ragionevole e proporzionato ai richiamati obiettividi trasparenza e di tutela (Tar Lombardia - Milano, Sez. III- Ordinanza 7 febbraio 2000 n. 30 - Pres. ed Est. Mariuzzo).

La Corte costituzionale risponde: la questione è palese-mente inammissibile, perché essa non è in realtà direttaa risolvere un dubbio di legittimità costituzionale, ma sitraduce piuttosto in un improprio tentativo di ottenere l’a-vallo a favore di una determinata interpretazione dellanorma, attività, questa, rimessa al giudice di merito, tantopiù in presenza di indirizzi giurisprudenziali non stabiliz-zati.

È manifestamente inammissibile la questione di legittimità co-stituzionale - sollevata dal Tar per la Lombardia, Sez. III, in re-

23ORDINE 9-10 2006

Il Blog è giornalismo.Lo dice un giudice

Il Blog è giornalismo: la valutazione vieneda una sentenza di un giudice di Aosta,Eugenio Gramola, che ha condannato ilgiornalista Roberto Mancini per diffamazio-ne in relazione ad alcuni “post” pubblicatisul suo blog Il blog è uno spazio giornalistico e chi logestisce può essere equiparato al direttoredi una pubblicazione giornalistica. La valu-tazione viene da una sentenza di un giudi-ce di Aosta, Eugenio Gramola, che ha con-dannato il giornalista Roberto Mancini perdiffamazione in relazione ad alcuni “post”pubblicati sul suo blog “Il generale Zhukov:il bolscevico stanco” .La vicenda è stata segnalata da CarloFelice Della Pasqua sul suo blog“Reporters”, su cui è possibile consultarel’intera sentenza in pdf.“Colui che gestisce il blog - afferma in par-ticolare il giudice aostano - altro non è cheil direttore responsabile dello stesso, pur senon viene formalizzata formalmente taleforma semantica per indicare la forma delgestore e proprietario di un sito internet”.“Al di là delle critiche che si possono faree che sono state già fatte alla sentenza -rileva Carlo Felice Della Pasqua - credo sitratti comunque di un testo importante per-ché - a quanto ne so - si tratta della primain Italia contro un blogger accusato di dif-famazione a mezzo stampa (anzi, a mez-zo blog)”. “Da notare - scrive ancora DellaPasqua - che a Mancini non sono state ri-conosciute le attenuanti generiche nono-stante fosse incensurato (fatto non moltofrequente, mi pare) e che gli è stata appli-cata la pena pecuniaria, e non quella de-tentiva, ‘tenuto conto del carattere satiricodella pubblicazione e del fondo di verità inlinea generale ravvisabile in quanto espo-sto’ nel blog”.

A citarlo sono in tanti. Di sicuro i 35 milio-ni di blogger che popolano la rete. E unagrande fetta del miliardo di internettarisparsi per il mondo. Non tutti sanno peròche lo slogan “Web 2.0”, il simbolo dellacondivisione, della partecipazione e del-l’interattività della seconda vita di Internet,è un marchio registrato. E che per poterloutilizzare per eventi pubblici è necessariochiedere il permesso a chi ne ha acquisi-to, legalmente, i diritti.È la storia di Tom Raftery, insignito come"Tech Blogger" dell’anno nella sua Irlandae soprattutto fondatore di It@Cork, orga-nizzazione no profit che promuove l’ado-zione dell’information technology tra le im-prese operanti nell’omonima contea.Quando in febbraio Raftery ha avviato ipreparativi per organizzare la «Web 2.0Half Day Conference» non avrebbe maiimmaginato che quella tavola rotonda tra"smanettoni del social networking" sareb-be uscita dai confini della sua isola perbalzare, di blog in blog, fin sulle pagine del

New York Times. Il tutto alla velocità dellaRete.“Il 24 maggio ho ricevuto una lettera in cuimi si chiedeva di cambiare nome all’even-to - racconta Raftery -. Sono rimasto alli-bito”. A inviarla sono stati i legali dellaCmp, società di marketing della UnitedBusiness Media che con Tim O’Really, acapo dell’editore informatico O’ReallyMedia, organizza dal 2004 un summit an-nuale intitolato Web 2.0 Conference. Lastessa società ha registrato il marchio ne-gli Stati Uniti e lo scorso 21 marzo ha pre-sentato domanda presso l’ufficio brevettieuropeo. Qualcosa è però andato stortonei piani degli avvocati. A sole due ore dal-la pubblicazione del primo post sul caso,sul blog di Raftery sono arrivati centinaiadi messaggi di solidarietà. Una petizionevirtuale che spontaneamente si è allarga-ta a macchia di leopardo finendo anche suBoingboing.net, tra i più noti e apprezzatiblog dell’ipertesto.Il mugolio degli internauti non è risultatovano: dopo tre giorni Raftery ha ricevutouna comunicazione dalla Cmp che auto-rizza la It@Cork a tenere nella data pre-fissata dell’8 giugno la conferenza e in viaoccasionale a non cambiarne il titolo. Lostesso Tim O’Really, pur difendendo le ra-gioni e la validità del marchio, si è scusa-to personalmente per l’accaduto con ilblogger irlandese.

Anche se la storia ha avuto un lieto fine, cisi interroga ora su quale sia l’utilizzo pos-sibile di “Web 2.0”. Sbirciando tra i mes-saggi, i blogger si chiedono se “sia statauna vittoria di Pirro” e se il motto non siacomunque “finito nella scure del business”.I dubbi svaniscono leggendo il documentodel Patent Office del Regno Unito (dove laCmp ha formalizzato la richiesta europea)da cui si apprende che il brevetto non siestende all’utilizzo generico del terminema è limitato all’organizzazione di confe-renze. O’Really, dalle pagine del suo blog,conferma: “Il brevetto è valido solo per glieventi”. Intanto, se negli Stati Uniti non èpiù possibile cambiare le regole, nella Uechi non è d’accordo sull’acquisizione delbrevetto sul termine “Web 2.0” può oppor-si entro il 21 giugno, il giorno in cui scadeil periodo di tre mesi che i soggetti terzihanno a disposizione per porre eventualiobiezioni.Tra diritto del web e attivismo dal basso, ilsuccesso di Raftery non è l’unico che siiscrive nel libro della blogosfera. La scorsasettimana la Apple ha perso una causacon i titolari di due diari elettronici(AppleInsider e PowerPage) che nel 2004avevano pubblicato anticipazioni suAsteroid, un progetto in lavorazione nella"bottega" di Cupertino. Per il Tribunale diSanta Clara i due blogger non sono tenu-ti a rivelare la fonte delle loro notizie. Neigiardini della Silicon Valley si è parlato disentenza rivoluzionaria perché equipara,di fatto, i siti americani a testate, i bloggera giornalisti, estendendo la tutela del se-greto professionale a chiunque pubblichiin modo periodico e continuativo contenu-ti su Internet.

Vito Lopsvito.lops@itnews.it

lazione agli artt. 3, 24, 97 e 113 della Costituzione - dell’art.3 della legge 7 agosto 1990, n. 241, nella parte in cui - se-condo l’interpretazione datane dal Consiglio di Stato - nonprevederebbe l’obbligo di motivazione per i giudizi d’esame.La questione è palesemente inammissibile, perché essanon è in realtà diretta a risolvere un dubbio di legittimità co-stituzionale, ma si traduce piuttosto in un improprio tentati-vo di ottenere l’avallo della Corte costituzionale a favore diuna determinata interpretazione della norma, attività, que-sta, rimessa al giudice di merito (Corte Cost., ord. nn. 70del 1998 e 436 del 1996), tanto più in presenza di indirizzigiurisprudenziali non stabilizzati (Corte Cost., sent. n. 350del 1997). (Corte costituzionale - Ordinanza 3 novembre2000 n. 466. La Consulta ha deciso di non decidere sullaquestione del voto numerico anche con la senten-za14.11.2005 n° 419).

Corte costituzionale:il giudice ha il dovere di seguire l’interpretazione ritenuta più adeguata ai principi costituzionali

“Pur essendo indubbio che nel vigente sistema non sussi-ste un obbligo per il giudice di merito di conformarsi agliorientamenti della Corte di Cassazione (salvo che nel giu-dizio di rinvio), è altrettanto vero che quando questi orien-tamenti sono stabilmente consolidati nella giurisprudenza -al punto da acquisire i connotati del “diritto vivente” - è benpossibile che la norma, come interpretata dalla Corte di le-gittimità e dai giudici di merito, venga sottoposta a scrutiniodi costituzionalità, poiché la norma vive ormai nell’ordina-mento in modo così radicato che è difficilmente ipotizzabileuna modifica del sistema senza l’intervento del legislatore odi questa Corte. In presenza di un diritto vivente non condi-viso dal giudice a quo perché ritenuto costituzionalmente il-legittimo, questi ha la facoltà di optare tra l’azione, sempreconsentita, di una diversa interpretazione, oppure - ade-guandosi al diritto vivente - la proposizione della questionea questa Corte; mentre è in assenza di un contrario dirittovivente che il giudice rimettente ha il dovere di seguire l’in-terpretazione ritenuta più adeguata ai principi costituzionali(cfr., ex plurimis, sentenze n. 226/1994, n. 296/1995 e n.307/1996)”. (Corte costituzionale, sentenza n. 350/1997)

Consiglio di Stato-sentenza n.5108/2003: basta il punteggio numerico

L’onere di motivazione in riferimento alla valutazione delleprove scritte di un concorso pubblico o di una proceduraselettiva per il conseguimento dell’idoneità per l’iscrizionenegli albi e collegi professionali è di regola sufficientemen-te adempiuto con la sola attribuzione del punteggio nume-rico, essendo questa una espressione sintetica, ma elo-quente, della valutazione compiuta dalla commissione (nel-la specie esame per l’idoneità all’esercizio della professio-ne di avvocato). (Cons. Stato Sez. IV 15-09-2003, n. 5108;ministero Giustizia c. L.; FONTI Foro Amm. CDS, 2003,2532).

(Questa linea è stata successivamente ribadita dalla IVsezione del Consiglio di Stato, in maniera secca, conle sentenze 5175/2004 e 6155/2004 nonché dalla V se-zione con le sentenze 8095/2004 e 4165/2005; que-st’ultima afferma in maniera brutale quanto concisa:“Ilsemplice voto in forma numerica attribuito dalleCommissioni alle prove scritte od orali di un concorsopubblico o di un esame di abilitazione è sufficiente”).

Sentenza 6160/2000 della IV sezione del Consiglio di Stato: “Sindacabile la discrezionalità, che non è sinonimo di arbitrarietà”

Il Cds, dopo l’ordinanza della Consulta sull’articolo 3 dellalegge 241/1990, ha, con questa decisione, razionalizzato ilsuo pensiero sulla correzione degli elaborati dei concorsipubblici.Scrive il Cds:“II.3. Circa le doglianze svolte dall’appellante circa la negati-va valutazione delle prove scritte, il Collegio ritiene di doverosservare quanto segue.È notorio che la valutazione delle prove di esame da partedelle commissioni esaminatrici di concorsi a pubblici impieghiè espressione dell’ampia discrezionalità tecnica di cui essedispongono nello stabilire l’idoneità tecnica e culturale deicandidati.Poiché discrezionalità non è sinonimo di arbitrarietà, il relati-vo esercizio è stato ritenuto sindacabile sotto il profilo del-l’eccesso di potere (C.d.S., Sez. IV, 8 settembre 1997 n. 955),per illogicità manifesta, travisamento dei fatti e palese dispa-rità di trattamento (C.d.S., Sez. IV, 24 marzo 1997 n. 298): tut-tavia nessuno di tali profili è stato rilevato in prime cure.Invero l’appellante ha lamentato che la valutazione contesta-ta era affetta da una (presunta) carenza di motivazione inquanto il voto numerico assegnato dalla Commissione esa-minatrice non era in grado di far capire l’iter logico-giuridicoseguito dalla commissione nella correzione degli elaboratiper addivenire ad una valutazione così negativa.Così formulato il motivo è stato giustamente respinto dai pri-mi giudici.

È stato ripetutamente affermato che anche dopo l’entrata invigore della legge 7 agosto 1990 n. 241 l’onere di motivazio-ne delle prove scritte di un concorso pubblico è sufficiente-mente adempiuto con la sola attribuzione del punteggio nu-merico, quest’ultima essendo una espressione sintetica, maeloquente della valutazione compiuta dalla commissione: conla conseguenza che se, per un verso, non vi è alcun bisognodi integrare il punteggio numerico con una apposita motiva-zione (C.d.S., Sez. IV, 4 aprile 1998 n. 543), un obbligo di mo-tivazione ad integrazione del punteggio si pone solo nel ca-so in cui vi sia un contrasto talmente rilevante fra i punteggiattribuiti dai componenti della commissione da configurareun’eventuale contraddittorietà intrinseca del giudizio com-plessivo (C.d.S., Sez. VI, 13 gennaio 1999 n. 14)” (Il Sole 24Ore del 16 dicembre 2000).

Consiglio di Stato: quando i tempi medi della correzionedegli elaborati sono molto esigui, l’operato dell’organo diesame va ritenuto illegittimo.Una volta verificati, sulla base delle attestazioni contenute neiverbali dei lavori della commissione giudicatrice di un pubbli-co concorso, i tempi medi utilizzati per la correzione e valu-tazione dei singoli elaborati, qualora il tempo impiegato risul-ti talmente esiguo da far dubitare che sia stato materialmen-te impossibile l’adeguato assolvimento dei prescritti adempi-menti e dell’espressione ponderata dei giudizi sulla valenzadelle prove, l’operato dell’organo di esame va ritenuto illegit-timo (Cons. Stato, sez. IV, decisione 7 marzo - 22 maggio2000, n. 2915, in Guida dir., 1 luglio 2000 n. 24, con nota dìG. Manzi. E’ superato così un precedente orientamento con-trario, ancora affermato da Cons. Stato, sez. IV, 09.12.1997,n. 1348)

D.Lgs. 24 aprile 2006, n. 166. Norme in materia di concorso notarile, pratica e tirocinio professionale, nonché inmateria di coadiutori notarili in attuazione dell’articolo 7, comma 1, della L. 28 novembre 2005, n. 246. (GazzettaUfficiale 10 maggio 2006 n. 107).

Articolo 11. Correzione delle prove scritte1. La sottocommissione di cui all’articolo 10 procede, collegialmente e nella medesima seduta, alla lettura dei temi di cia-

scun candidato, al fine di esprimere un giudizio complessivo di idoneità per l’ammissione alla prova orale.2. Salvo il caso di cui al comma 7, ultimata la lettura dei tre elaborati, la sottocommissione delibera a maggioranza se il

candidato merita l’idoneità.3. Il giudizio di idoneità comporta l’attribuzione del voto minimo di trentacinque punti a ciascuna delle tre prove scritte.4. In caso di idoneità, la sottocommissione assegna, in base ai voti di ciascun commissario, il punteggio complessivo da

attribuire a ciascuna prova scritta fino ad un massimo di punti cinquanta. A tale fine, ciascun commissario dispone diun voto da zero a tre punti.

5. Il giudizio di non idoneità è motivato. Nel giudizio di idoneità il punteggio vale motivazione.6. Il segretario annota la votazione complessiva o la motivazione, facendola risultare dal processo verbale, per ciascun

elaborato.7. Nel caso in cui dalla lettura del primo o del secondo elaborato emergono nullità o gravi insufficienze, secondo i criteri

definiti dalla commissione, ai sensi dell’articolo 10, comma 2, la sottocommissione dichiara non idoneo il candidato sen-za procedere alla lettura degli elaborati successivi.

Articolo 12. Svolgimento delle prove orali1. La commissione del concorso per notaio, prima dell’inizio delle prove orali, definisce i criteri di valutazione delle prove.2. L’esame orale è pubblico.3. Il presidente, in ogni seduta, indica le materie su cui ciascun commissario interroga i candidati, restando ferma la fa-

coltà di ogni membro della sottocommissione di intervenire su qualunque materia.4. La sottocommissione, terminata la prova orale di ogni singolo candidato, assegna, in base ai voti di ciascun commis-

sario, il punteggio fino ad un massimo di cinquanta punti a ciascun gruppo di materie. A tale fine, ciascun commissa-rio dispone di un voto da zero a dieci punti. Per il superamento della prova orale è richiesto un punteggio minimo ditrentacinque punti per ciascun gruppo di materie.

5. La mancata approvazione è motivata. Nel caso di valutazione positiva il punteggio vale motivazione.6. Il segretario annota la votazione o la motivazione per ciascun gruppo di materie, facendola risultare dal processo ver-

bale.

FONTE NORMATIVA

NORME IN RETE MOVIMENTO DI PRESSIONE TRA I BLOG Brevetti per il secondo Web Vittoria (a metà) di Tom Raftery sull’usodello slogan - E in Usa i blogger vengonodichiarati giornalisti a tutti gli effetti

24 ORDINE 9-10 2006

A dieci anni dalla sua scomparsa, mentreCanale 5 sta per mandare in onda la fictionsulla sua vita (dopo don Orione e donGnocchi, due edizioni su padre Pio e due supapa Wojtyla, anche Di Liegro diventerà cosìun fenomeno “mass-mediatico”, nel senso let-terale della parola, ovvero entrerà globalmen-te nelle case di tutti, anche di chi fino a ogginon lo aveva mai sentito nominare), le suebattaglie appaiono ancora più vividamentecombattute prima con la parola, immediata-mente dopo con la realizzazione dei fatti.Un esempio per tutti, la “guerra” sostenuta peraprire Villa Glori, la prima casa famiglia permalati di Aids, fortemente osteggiata dagliabitanti del quartiere romano. Di Liegro, ap-poggiato da papa Wojtyla ma non da tutto ilclero, prima di tutto “fece sapere”, gridò, fecescandalo. Si affidò ai giornali, che per mesi ri-portarono in prima pagina le barricate del pre-te scomodo. Non disdegnò quei mezzi (“me-dia”, appunto) che oggi, a decenni di distan-za, tutti sappiamo essere strumento potente(e pericoloso) di propaganda. Come uno sma-liziato uomo di teatro, seppe usare il colpo discena, fare comizi, ribattere punto su puntoagli avvocati - principi del Foro - che dell'ora-toria facevano la loro arte. Ma Di Liegro oltreall’arte della parola, scritta e orale, metteva incampo la verità, e così vinceva.Incredibilmente vinceva. Solo contro tutti econtro ogni logica, se non quella del Vangelo.Vent’anni fa, quando ancora da un sacerdoteci si aspettava solo moderazione e obbedien-za, Di Liegro seppe essere “attore”, lui, nato aGaeta, in terra geograficamente laziale magià campana per talento e verve, a pochi pas-si da dove morì Cicerone, il re degli oratori,seppe alzare la voce e ancor più la penna. Inuna parola, quando gli servì seppe esseregiornalista.Maestro di scrittura, ancora oggi fa scuola:basti vedere come dall’invettiva sa fulminea-mente passare alla preghiera, chinare la fron-te e supplicare. Non per sé, ma per i suoireietti.

A “orientare” la vita e le scelte di don Luigi DiLiegro, fondatore e responsabile per vent’an-ni della Caritas di Roma, è stata la sua stes-sa nascita: Sono figlio di un emigrato, pergiunta illegale, entrato clandestinamente ne-gli Usa: non se ne vergognava lui, non mi ver-gogno io... Una famiglia in cui il marchio difabbrica sembrano essere il sacrificio e la po-vertà, impronta esistenziale che non potevanon orientare le mie considerazioni. E, comeavviene nella vita delle persone “segnate”,quelle destinate a lasciare traccia, anche ilsuo venire al mondo ha qualcosa di anomalo,imperscrutabile disegno di una superiore vo-

lontà: Mio padre emigrò più volte. ARotterdam fu pizzicato dalla polizia e tornò aGaeta. Mia madre aspettava un figlio. Quandolo vide svenne: aveva fatto sacrifici enormiper farlo partire. Quel colpo fu così forte chemia madre perse il bambino. A quei tempi, sesuccedevano cose del genere, si faceva unaltro figlio. E così nacqui io...Parte da qui, dal mare di Gaeta e dalle umi-liazioni del pescatore emigrante, la biografiadi monsignor Luigi Di Liegro, scritta dal gior-nalista di Avvenire Pino Ciociola per l’editriceÀncora e da poco giunta in libreria è un per-corso che si snoda lungo la breve vita di donLuigi (stroncata nel 1997, a 69 anni), ma concontinue incursioni negli scritti che il primo di-rettore della Caritas romana ci ha lasciato:preziose testimonianze che mai indulgono alracconto fine a se stesso, ma sempre dannoprofondità e spessore alle lotte del prete natopovero e tra i poveri vissuto. A volte sono let-tere o discorsi ufficiali, altre volte - e sonoquesti i pensieri più “sconvolgenti” - sempliciappunti buttati giù sul blocchetto di un hotel osul retro di un foglio riciclato, prima di gettarsinell’arena e combattere per i “suoi” ultimi.Sono ancora vive nella memoria le battagliepiù dure, tra il 1988 e il ‘91: “Quella per aprirela casa-famiglia per malati di Aids a Villa Glori,che vincerà, e quella per la Pantanella”, doveerano accampati migliaia di immigrati, “chedon Luigi invece perderà”. Villa Glori aveva iltorto di ospitare nove malati di Aids nel cuoredei Parioli, quartiere ricco e per bene. DonLuigi aveva il torto di vedere nel sofferente l’in-carnazione di quel Dio al quale, a 25 anni,aveva votato se stesso: Com’è possibile cheDio si manifesti in un falegname? In Gesù èapparso un amore di Dio che sorprende, per-ché apparentemente sconfitto. Sarà insultatodagli abitanti dei Parioli («Quella casa sareb-be una bomba innescata sotto i nostri bambi-ni»), verrà persino blandito quando ormai saràchiaro che a lui le minacce danno più ostina-zione («Noi lo facciamo per i malati, che es-sendo già deboli potrebbero aggravarsi a con-tatto con i bambini nel parco»), ma non si fer-merà.Tanto che sulle sue orme mano a mano in-grosserà il fiume buono, quel popolo scossodalla sua sincerità quasi violenta: tenevanoper lui i giovani della sinistra, tennero per lui imissini del Fronte della Gioventù, che feceroirruzione a Villa Glori per difendere il prete.L’immagine di Di Liegro che emerge dal librodi Ciociola non ha nulla di soave, anzi, la du-rezza necessaria a chi sceglie di capitanareemarginati e delinquenti, drogati e reietti, sfer-za il lettore e nel contempo lo attrae. È lo stes-so contrasto che attrasse i “peggiori”, chi ave-va anche ucciso nel nome di un’ideologia per-versa. Tra questi Maurice Bignami, coman-dante di Prima Linea, dal 1981 recluso aRebibbia. Quando viene affidato a don Luigi,questi lo spedisce nell’ostello della Caritas,“dove si affrontano e si aiutano le marginalitàpiù incarognite”. Oggi ha due figli, entrambibattezzati da don Luigi, ed è responsabile del-la casa-famiglia Caritas per anziani. È da lìche tramanda il messaggio ricevuto: «Chedobbiamo aiutare quelli che invece vorremmosbattere al muro. Quando incontriamo il peg-giore uomo, siamo noi a dovergli dare unamano perché nessun altro lo farà». Proprio

com’era successo a lui.Don Luigi sa bene che molti di questi lo vo-gliono solo sfruttare, forse lo inganneranno etradiranno, ma il problema non è stabilire seil povero sta dicendo o no la verità: è piutto-sto come aiutarlo ad accorgersi di Dio. Unaregola, che applicata a tutti, ingigantisce ilsuo popolo, fatto di chi sceglie di essere un“ultimo”. Agli altri, ai “primi”, a chi “è certo chegli esseri umani non siano tutti uguali”,Ciociola dedica questo libro.

Luigi Di Liegro diventa sacerdote a venticin-que anni, il 5 aprile del 1953, dopo essersilaureato in filosofia e teologia. Il primo incari-co è come vicario parrocchiale al Prenestino,nella chiesa di “San Leone I”.In un quartiere di ferrovieri ed operai, moltopoliticizzati e diffidenti - scrive -. Dopo qual-che tempo, si accorsero che non appartene-vo alla classe borghese. Anzi, quando co-nobbero le mie origini mi dicevano: “Tu ci ca-pisci, tu sei uno di noi perché hai sofferto lenostre stesse situazioni difficili”. Devo direche il mio più grande successo è stato pro-prio quello di essere riuscito a dialogare conpersone ritenute lontane ed indifferenti.Ancora la forza della parola, il dialogo comegrimaldello per entrare nell’animo altrui, dun-que.E all’inizio degli anni Sessanta don Luigi vaOltralpe tra i minatori per tenere un corso al-la “Jeunesse Ouvriere” (Joc).Ho scoperto le miniere - dirà poi, portandosidietro via via un patrimonio di incontri edesperienze sempre più vaste - dove ho vistoquanta fatica i nostri emigranti erano costret-ti ad affrontare per portare a casa un tozzodi pane. Ho visto la durezza del vivere quoti-diano e spesso che in quelle miniere scen-devano anche ragazzini di quattordici, quin-dici anni. La sera, nelle baracche, si discute-va e si pregava.Rientrato a Roma, nel 1964 viene nominatoresponsabile dell’Ufficio pastorale diocesanodal cardinale Angelo Dell’Acqua (vicario diRoma). Quasi contemporaneamente dal vi-cariato è scelto come rettore dell’Oratorio delSantissimo Sacramento, in una piccola piaz-za affacciata su via del Tritone, dove c’è unmodesto appartamento che resterà la sua di-mora fino alla fine. Il suo numero telefonico losi troverà poi tranquillamente anche suglielenchi: “Di Liegro Luigi, piazza Poli 10,69920486”.Dal 1965 al 1970 è assistente diocesanodell’Azione cattolica giovani. E nel 1978 verrànominato parroco in una piccola dell’estremaperiferia romana, al Centro Giano di Acilia.Nel 1973 riceve la carica di Cappellano diSua Santità, che prevede il titolo di “monsi-gnore”. Don Luigi ne sorrise sempre:Ma quale “monsignore”! - gli capitava di ripe-tere, specie incontrando i più poveri - io michiamo Luigi e tu Giovanni. Diamoci del tu.

Nel 1972, intanto, lo aveva convocato il car-dinale Dell’Acqua:C’era stato un blitz dei carabinieri negli isti-tuti religiosi che ospitavano bambini, un ma-gistrato sospettava maltrattamenti - ricordalo stesso don Luigi -. Il cardinale mi chiesecome potevamo testimoniare che non dava-mo scandalo ed io suggerii una riflessionepubblica.Avverrà un anno e mezzo dopo. Non saràsemplicemente una “riflessione”. E resterànella storia della città come il convegno sui“mali di Roma”.

di Leonardo Usini

Prete, attore, giornalista:in guerra per i reietti

Un oceano di folla:“I mali di Roma”

L’esordio accanto ai minatori

La vita e gli scrittinel libro di Ciociola

Don Luigi Di Liegro

M E M O R I A

“Ricominciare a vedere e ad ascoltare sono forse l’invito più forte che queste pagine lasciano, affinché ognuno possa trovaregli strumenti e i modi per comunicare: per rompere e far rompere i muri, per inventare, scoprire strade nuove, per essere inuna viva ed efficace comunione con gli altri. In una parola, per essere umani”.È tutta in questo breve passaggio la forza di Luigi Di Liegro, sacerdote, combattente, uomo aspro e difficile quanto generosoe integro. Certamente scomodo, a lungo odiato e osteggiato da gerarchie e poteri, gli stessi che poi, quando la morte lo feceuscire di scena dieci anni fa, lo posero sugli altari. Succede a tutti i “santi”, con o senza virgolette.Solo la morte riuscì a farlo tacere, perché Di Liegro - a conti fatti - era soprattutto un grande comunicatore: è strano che unprete, e soprattutto un prete abituato ai fatti, si affidasse poi alla forza della parola, che sapeva utilizzare come una spada.Parole e fatti sono spesso antitetici, ma non in Di Liegro: nella storia recente del nostro Paese, nelle sue grandi conquiste so-ciali e di civiltà (la fondazione della Caritas è solo una delle imprese ascrivibili al sacerdote), resteranno come pietre miliari idiscorsi scritti e ancor più quelli pronunciati da quel piccolo grande uomo, che seppe fronteggiare schiere di nemici potenti,molto più potenti di lui, ma meno abili nel comunicare…Lo abbiamo letto sopra: comunicare è rompere e far rompere i muri, è inventare, è scoprire strade nuove, essere in una vivaed efficace comunione con gli altri. In una parola, essere umani.

La forza della parola

25ORDINE 9-10 2006

È il 12 febbraio 1974: nella basilica di SanGiovanni (e nei cinque settori in cui la dioce-si romana era appena stata suddivisa) co-mincia la conferenza su “Attese di giustizia ecarità nella diocesi di Roma”, che si chiuderàil 15. Partecipano 5mila persone, fra creden-ti e non credenti, laici, sacerdoti, religiosi ereligiose. Si alternano 740 interventi in cinquedistinte assemblee. Don Luigi ha lavorato aquesto convegno senza risparmiarsi.Realizzandolo poi con l’allora cardinale vica-rio, Ugo Poletti.Nel 1968 a Roma quasi 70mila persone vi-vevano nelle baracche.«Basta aprire gli occhi - dice don Luigi - peraccorgersi che all’interno della città convivo-no numerose sotto-città popolate di nullate-nenti, disoccupati, clandestini, inabili sban-dati, drogati, alcolizzati, senza fissa dimora».“Il terzo mondo è nelle borgate”, è uno slogandell’epoca. Al convegno il cardinal Polettispiega che «Roma va cambiata. È una città,non una comunità». Giuseppe De Rita (allo-ra giovane sociologo) descrive la capitale co-me «una città culturalmente inerte, moral-mente opaca, politicamente deresponsabiliz-zata». Nel 1995 don Luigi dirà che, dopo queiquattro giorni, «cominciò un’epoca di rinno-vata responsabilità della Chiesa locale neiconfronti del popolo romano».La Chiesa e la diocesi romana avevano infattiuna lunga storia di impegno nel sociale: nel-la sanità, nell’educazione, nell’assistenza aipiù bisognosi, in tutti gli spazi della margina-lità umana da sempre dimenticati dal poterepubblico.«Ma questo impegno sociale era un binarioquasi distinto dalle preoccupazioni pastorali,una dimensione “specializzata”, quasi tecni-ca di piccole e grandi opere, di iniziative le-gate a carismi personali di persone o enti ec-clesiali, in qualche modo non fatta global-mente propria della strategia pastorale com-plessiva della diocesi».Dopo il convegno qualcosa cambia. Si rinno-va. Senza “tradire” la storia:«Si avverte che l’impegno nel sociale nonpuò essere riservato agli addetti ai lavori, madeve diventare parte “integrante” della pre-senza complessiva della diocesi nella societàromana - dirà don Luigi -. I problemi sociali diuna città come Roma sono di complessità ta-le da non poter essere delegati a singole per-sone, o singoli gruppo, o a singoli enti, mavanno fatti propri da tutta la Chiesa diocesa-na.È un impegno per tutto il popolo di Dio. Anziè un modo di vivere e annunciare oggi ilVangelo, per incarnarlo nei processi reali del-la città».Ma quei quattro giorni - che avrebbero quin-di dovuto dettare i modi del cambiamento dimetodi e circuiti dell’assistenza sociale ec-clesiale - diventano via via anche una duris-sima, pubblica accusa contro l’assenza delpotere politico e istituzionale capitolino, chesi disinteressa dell’uomo. Una sorta di scos-sa elettrica ai muri e alla carne della città.Questa conferenza passerà alla storia noncol suo vero nome, ma come “il convegno suimali di Roma”.Un atto di coraggio imprevisto che gela i rap-porti fra il Vicariato e la Democrazia cristiana.Dirà Giulio Andreotti trent’anni più tardi, nelfebbraio 2004: «All’epoca la messa sotto ac-cusa della politica mi disturbò. Ma che si do-vesse fare di più a Roma, per Roma, era ve-ro».

La casa di Villa Glori alla fine apre i battentiil 5 dicembre 1988 ed accoglie i primi malati:sono nove persone di sesso maschile, conAids conclamato e senza alcun supporto fa-miliare, o perché soli al mondo, o perché ab-bandonati. Un mese prima era sceso in cam-

po lo stesso papa Giovanni Paolo II, che il 6novembre si era recato in visita proprio nelcuore dei Parioli, nella parrocchia di SanRoberto Bellarmino, e aveva alzato il suo gri-do: “Esorto i cristiani a formare una comunitàsolidale in tutto il quartiere, nella quale ognipersona si senta coinvolta e corresponsabile,a cominciare dai sofferenti nel corpo e nellospirito, dai poveri e dai bisognosi, fino agli an-ziani e agli handicappati, agli emarginati e acoloro che vivono nella solitudine”. Sta par-lando agli abitanti del quartiere che, per scon-giurare il pericolo che don Luigi riesca nellasua piccola impresa, si sono persino rivolti al-la magistratura: il loro intento è di fare “giusti-zia”. Ma hanno torto e la casa apre.E pian piano si apre anche qualche cuore,perché la solidarietà è più contagiosa del vi-rus Hiv: adesso i malati, pur con molte diffi-coltà, a volte ricevono visite, escono persinocon qualche amico che li accompagna… «Lagente - scrive carico di speranza don Luigi -ora sembra cominciare a capire. Durante lefestività ci sono persone che vengono qui aportare doni». E la cosa più bella è che “vo-gliono consegnarli di persona, si fermano aparlare”. Lo stigma è superato.

Sono passati quasi 10 anni dall’appello di pa-pa Wojtyla: “Esorto i cristiani a formare unacomunità solidale in tutto il quartiere…”. Maquello che scrive don Luigi nel 1997 sembraquasi una risposta giunta molto tempo dopo:la sua vittoria - spiega - è il trionfo del più de-bole, praticamente è il paradosso che scardi-na ogni nostra abitudine. “La Casa famiglia fuvoluta come una sfida alla cultura che s’in-fiamma alla vittoria del più forte”, dice. E pro-segue, con parole tanto dense di significatiche vanno soppesate una a una, quasi as-saporate: “Fu voluta come una sfida alla cul-tura che offre il giusto solo a chi può permet-tersi il meglio”. “Che riduce la politica a rego-le formali o a questioni monetarie, mentre lepiù drammatiche esigenze dei dannati dellaterra entrano (se ci entrano!) nei programmicome le solite espressioni di auspicio chenon toccano nessuno…”. A don Luigi restapoco da vivere, qualche giorno e morirà, manon desiste e continua a raccogliere l’invito diquel papa: “Vogliamo batterci ancora perchéla convivenza sia civile dovunque, in quellaterra che è di tutti e non è privilegio di nes-suno. Se questo è vero a livello planetario,perché dovrebbe fare eccezione una città co-me Roma, un quartiere dentro questa città,una villa dentro questo quartiere, una palaz-zina dentro questa villa?”…Già, perché? Spesso la solidarietà è bellapurché sia lontana e non disturbi, non emaniil tanfo della malattia né offra il brutto spetta-colo della miseria.

Nella vita non tutti devono diventare vescovi.Ci deve sempre essere qualcuno che portala carretta e io spero di avere sempre la for-za di continuare a spingerla, senza montarcisopra…Questo lo “slogan” della sua vita, la filosofiache determinò ogni sua azione fino alla fine.Che arrivò nella notte tra l’11 e il 12 ottobre1997, quando don Luigi aveva 69 anni. E ilcuore molto malato.Memorabili i funerali, anch’essi un evento“mediatico”, anch’essi fin troppo espliciti diciò che Di Liegro non smise di rappresentarenemmeno dopo la morte. Il giornalista PinoCiociola era presente:«Tre giorni dopo la morte il funerale è nellaBasilica di Roma, San Giovanni in Laterano.Lo celebrano duecento sacerdoti e una tren-tina di vescovi. Il papa manda un suo mes-saggio, sottolineando il coraggioso e instan-

cabile ministero a favore dei poveri e degliemarginati di don Luigi, per i quali ha spesogenerosamente le proprie singolari doti uma-ne e sacerdotali.Il suo corpo l’intera notte precedente è nellasua parrocchia, Santa Maria del Ponte e SanGiuseppe, ad Acilia: a rendergli omaggio ar-rivano il presidente della Repubblica, il presi-dente del Consiglio e cinque o seimila per-sone.A riempire San Giovanni, poi, ci sono immi-grati e parlamentari, ragazzi di Villa Glori esindacalisti, barboni e ed ex-brigatisti. Nelleprime file i “vip”, gli altri dietro. Per la primalettura, dal Libro della Sapienza, sale la ni-pote, Luigina, sull’altare: Agli occhi degli stol-ti parve che morissero… Le preghiere dei fe-deli le leggono invece i volontari, un obietto-re di coscienza, un nomade, un ragazzo ma-lato di Aids: Preghiamo - recita una di queste- affinché gli ultimi che sono sempre stati nelsuo cuore divengano realmente i primi di unacomunità solidale».Quando la bara, al termine, esce dallaBasilica portata a spalla da sei sacerdoti, sfi-la dentro un applauso che dura una decina diminuti. E don Luigi da quel giorno riposa delcimitero del Verano, nella sua Roma.

«Ha ragione Pino Ciociola - scrive il sindacodi Roma, Walter Veltroni, nella postfazione allibro, che comprende anche un intervento diGiulio Andreotti - quando dice che non comea un eroe o come a un santo bisogna pen-sare a don Luigi Di Liegro. Ha ragione quan-do dice che don Luigi è stato innanzitutto unuomo vero e un prete vero. Una persona incarne e ossa, che delle persone in carne eossa si è occupato per tutta la sua esistenza.Al tempo stesso non è stato un uomo cometanti, don Luigi… Da queste pagine emergela sua figura così com’era, sempre ispirata alsostegno degli ultimi, di ‘coloro che non han-no voce’…».Dopo Roma, Milano: Alda Merini, la poetes-sa dei Navigli, scrive invece le parole di in-troduzione al libro. «Ho letto con crescenteemozione queste pagine, che di rigo in rigo,di parola in parola, mi hanno schiuso un oriz-zonte sconosciuto e sorprendente. Ho sco-perto che il miracolo non è il grande eventoche sconvolge il mondo, ma il piccolo gestoripetuto all’infinito, compiuto non per stupiregli scettici, ma per servire i reietti. Dormire suun materasso, in povertà assoluta, come fa-ceva Di Liegro, non è una scelta. È eroismo.Quanto del clero attuale ha perso questa ge-nialità che è il darsi per gli altri…Essere poveri è un privilegio, non una colpa,né una follia o dabbenaggine.Di Liegro è vissuto dell’essenziale, eremita inmezzo alla moltitudine, una fiaccola d’amoreche molti hanno tentato di spegnere: perchéil diseguale dà fastidio, fa rumore anchequando tace, disturba l’arroganza degli in-sensati. In fondo la povertà è un miracolo del-la ragione che pochi oggi conoscono, presicome sono dall’orgasmo di accumulare...Solo il poeta, forse, comprende: il poeta vivedi niente.La città degli uomini è ancora troppo lontanadalla città di Dio: ‘Case su case, cemento sucemento, non trovo l’amico di un tempo…’,cantava Celentano. E la Spaziani scriveva‘tendo le mani a una popolazione di mon-chi…’. Oggi il mondo manca di mani tese,mani di sacerdoti. Scambiatevi un segno dipace, ci dicono in chiesa, ma le mani dovesono?Eppure l’opera instancabile di questo sacer-dote risulta - e risultò allora agli occhi di mol-ti - una specie di follia, la stessa di Cristo, deisanti, dei poeti. Fu follia amorosa che salva lavita, il luogo dove l’uomo campa di speranze.Ma resta solo».

Una casa per i malati di Aids

Il trionfo del più debole

Lo slogan della sua vita

Il ricordo di Veltroni,la poesia della Merini

Pino Ciociola,Luigi Di Liegro,

prete difrontiera,

Àncora Editrice,160 pagine,euro 12,00.

Nelle immaginidel servizio:don Luigifotografato conpapa GiovanniPaolo II e in alcune tappe della suavita pastorale.

26 ORDINE 9-10 2006ORDINE 9-10 2005

LIBRERIA DI TABLOID

L’amicizia italo-inglese risali-va al Risorgimento che i cir-coli liberali londinesi e unavasta opinione avevano se-guito con simpatia e sostenu-to con campagne politiche emezzi finanziari.Storici comeBolton King e GeorgeMacaulay Trevelyan,con i lorolibri su Garibaldi e le guerre diindipendenza,avevano resopopolare e amata l’Italia.Il fascismo,ribaltate le allean-ze naturali e storiche del-l’Italia, per cecità, ambizionee risentimento, fece dell’In-ghilterra la bestia nera del re-gime e la responsabile di tuttii mali del paese. I libellisti sa-lariati, anche di alta fama,presero l’imbeccata e l’Inghil-terra divenne la “Perfida Al-bione”, e gli inglesi derisi co-me “il popolo dei cinque pa-sti”, suprema ironia per unpopolo che a malapena nefaceva uno.

La virulenza della politica an-tinglese del regime era nota.Roberto Festorazzi ha il me-rito di averne ripercorso si-stematicamente la trama e glisviluppi in base a un solidoapparato di documenti ineditio poco noti.L’impresa etiopica segnò l’a-pice del consenso popolarema fu anche l’ultimo succes-so politico del duce.Festorazzi riconosce che l’ir-rigidimento dei britannici (pa-droni di tre quarti del mondo)fu uno dei motivi che indus-sero Mussolini - anche perragioni di prestigio interno einternazionale - a tener testaall’impero britannico e a sfi-darlo. Nell’estate 1935, pochimesi prima dell’inizio delleostilità con l’Etiopia, la GranBratagna inviò una missionea Roma, capeggiata daEden, con l’incarico di offrireall’Italia una provincia del-l’Ogaden; una concessioneche Mussolini ritenne offensi-va.

Roberto FestorazziMussolini e l’Inghilterra1914-1940

di Romano Bracalini

In realtà dopo la martellantepropaganda bellicista il duceera ansioso di portare il pae-se alla prova del fuoco.Inoltre bisognare vendicareAdua, una sconfitta che bru-ciava dal 1896.Le sanzioni applicate dallaSocietà delle Nazioni all’Italiacostituirono per il regime unaltro motivo di propaganda edi orgoglio. Anche una partenon trascurabile della classepolitica inglese - dice Festo-razzi - disapprovò le sanzioniche furono più un incentivoalla guerra che un motivo didissuasione. Mussolini colsel’occasione per tacciare lepotenze occidentali, e primal’Inghilterra, di egoismo e di-sprezzo, e rivendicò all’Italiagli stessi diritti delle altre na-zioni coloniali. La prova servi-va a vincere anche un cupocomplesso di inferiorità.Da quel momento l’Italia, colcontributo fattivo di Francia eInghilterra, si legò mani e pie-di al carro nazista, senzasmentire la fama di eternacomprimaria.Festorazzi, oltre che a fontiitaliane, ha attinto al PublicRecord Office di Londra, cheha una sezione dedicata in-teramente all’Italia e quindi airapporti tra Londra e Roma,ed ha potuto documentare isentimenti britannici menosondati in ordine alla crisi conl’Italia. Il fronte ostile ai pro-

grammi d’ambizione del fa-scismo non era così compat-to. C’era in Inghilterra unacorrente di simpatia per il re-gime di Mussolini. Sir OswaldMosley, lasciato il partito con-servatore, aveva fondato unmovimento ispirato al fasci-smo italiano nella convinzio-ne che esso solo costituissela più valida difesa della ci-viltà europea contro l’ameri-canismo, il giudaismo, il co-munismo.Gli studenti di Oxford, noncondividendo gli indirizzi delgoverno inglese, avevano fir-mato un appello nel quale sidicevano “indisponibili per laguerra e per il re”. Le dottrinetotalitarie apparivano più af-fascinanti della democraziaperfino nella culla del liberali-smo moderno. Lo stessoChurchill, in un discorso delmaggio 1936, si dichiarò con-trario ad ogni ritorsione con-tro l’Italia. Si giunse a un ac-cordo con la firma del“Gentlemen’s Agreements”,un protocollo d’intesa da cuidovevano derivare ulterioriguai, dato che ciascuno deicontraenti lo interpretò a mo-do suo.Arthur Neville Chamberlain,“l’uomo con l’ombrello”, co-me lo beffavano i caricaturistifascisti, conservatore e d’a-spetto irrimediabilmente in-glese, al potere dal maggio1937 al maggio 1940, tentò

di smussare i contrasti macon i dittatori l’unico modo dismussarli è dar ragione a lo-ro. Alla conferenza diMonaco nel 1938 la guerravenne soltanto rinviata di unanno. Ma Chamberlain tornòa casa convinto di aver assi-curato la pace. Diede questogiudizio di Mussolini, cheFestorazzi riporta: “L’ho trova-to franco e pieno di riguardinei nostri confronti. Ha fornitocon enfasi la sua assicurazio-ne che intende tener fedeagli accordi stipulati con noi,che vuole la pace e che èpronto a usare tutta la sua in-fluenza per mantenerla”. Fucosì che si arrivò alla guerra.Dopo i Sudeti e l’annessionedell’Austria (contro la qualeMussolini con gesto di teatroschierò le divisioni alBrennero), Hitler in alleanzacon Stalin, altra viola mam-mola, pretendeva la sparti-zione della Polonia,mentrel’Urss si “pappava” i Baltici edaggrediva la piccola Fin-landia, sempre in nome della“fratellanza dei popoli”.Il fascismo è fascismo sottoqualsiasi colore si celi.Le suemosse sono sempre goffe eprevedibili, purché l’interlocu-tore non si presti alle astuziedel baro.Quando si accorsero del pe-ricolo e della piega degli av-venimenti, gli inglesi parveropiù disponibili a concedere

ben più di una “pidocchiosa”provincia africana. Ma le co-se si erano spinte troppoavanti e non c’era più versodi fermarle.Festorazzi,in questo libro do-cumentato e ben scritto,fruttodi un lungo lavoro di ricerca edi analisi degli avvenimenti,corregge ed emenda parec-chie false impressioni - oltreai soliti pregiudizi politici-,suggerite da un manichei-smo di maniera e dal dogmadelle scuole di dottrina.L’autore mette in evidenza lecolpe e le responsabili dellepotenze occidentali nell’averceduto alle tirannie e di aver-ne sottovalutato il pericolo,furono opportuniste e pavide-più inflessibili con Mussolinie molto meno con Hitler-nellasperanza mal riposta di do-ver rinunciare a qualcosa incambio di una promessa fal-lace. Il nazifascismo andavaaffrontato e contenuto primache,gettata la maschera,giungesse alla fase aggressi-va in cui più nulla, salvo il rim-pianto, avrebbe scongiuratola guerra e la catastrofe.Siamo sicuri che l’Europa ab-bia imparato qualcosa? Il li-bro di Festorazzi ci aiuta a ri-flettere.

Roberto Festorazzi,Mussolini e l’Inghilterra

1914-1940,Datanews,

pagine 236, euro 13,50

Un ossimoro. Un libro scrittoda Giorgio Santerini e ven-duto solo su Internet.S'intitola L’orfano di Stalin enon si trova nelle librerie,perché si tratta di un ebook:l’iniziativa dei libri vendutiesclusivamente in rete è delgiornalista ed editore Lucia-no Simonelli, che li proponesuhttp://www.ebooksitalia.comPer chi non lo conosce (pen-so a molti giovani colleghi),Giorgio Santerini è un gior-nalista che ha lavorato pri-ma all’Avanti! e poi alCorriere della Sera collabo-rando tra l’altro a Panorama,Critica Sociale, CinemaNuovo, L’Europeo. Ma so-prattutto è stato per lunghianni, fino al 1996, segretariodella Fnsi, dopo aver fatto ilpresidente dell’Associazio-ne lombarda dei giornalistiraccogliendo nel 1980 il te-stimone di Walter Tobagi.Certo, per chi lo conosce,stupisce la scelta di affidarsial web da parte di un autoreche non ha mai amato letecnologie.Ricordo per esempio nel1990, quando la Fnsi lo ‘co-strinse’ a usare uno dei pri-mi telefoni cellulari, l’orroredi Giorgio costretto a portar-si dietro quel ‘pesante mat-tone’…In realtà lo stupore di trovareSanterini in rete si superaquando ci si trova in mano,

stampata, la ‘copia ex libris’delle 120 pagine de L’orfanodi Stalin. L’editore lo chiama‘volume su misura’, infatti ar-riva a casa dopo averlo ordi-nato sul web al link:http://www.ebooksitalia.com/ita/detail_ebook.lasso?codice_prodotto=20060325000313529495Ecco allora un libro che rac-conta la fede incrollabile diuomini d’altri tempi, e lo fasviluppando i ricordi di unvecchio uomo, il dottorAllon, misterioso personag-gio che si ritrova nella suaconsueta notte d’insonnia econtrovoglia ripercorre lasua vita. Allon è l’orfano diStalin: ovvero, l’erede di unmondo che nel dopoguerraha provocato la nascita diuna nuova storia, quella delPci, dei suoi successori edei loro rapporti con Mosca,con gli affari e i legami mi-steriosi che hanno unitol’Italia all’Urss.Un legame profondo: peranni il segretario della suasezione ricorda che “il gior-no della vittoria dell’armatarossa arrivata a Berlino, ilcompagno Stalin ha scrittosulla Pravda l’articolo di fon-do: sul futuro dell’agricolturasovietica… perché la secon-da guerra mondiale deveessere solo una tappa, lastoria futura la costruiamonoi”. Ma il protagonista vaanche più in là: “lui non hamai abbandonato Stalin. Èdagli anni ‘50 che non crede

Giorgio Santerini L’orfano di Stalin

di Edmondo Rho

per un istante al dialogo coni cattolici; neanche l’idea deltatticismo lo salva dalla cer-tezza sia un errore quella ri-cerca di alleanza politicacon una forza interclassi-sta”… una convinzioneprofonda su cui però s’inne-sta anche “questo sensod’orrore che lo fa rabbrividi-re…Possono ucciderlo damolto tempo, perché lui satroppo del vecchio partito. Enon solo degli affari spor-chi”.Già. L’orfano di Stalin, il dot-tor Allon, ha i suoi segreti di-struttivi. E così ci accompa-gna nel racconto, dal dopo-guerra fino ai giorni nostri,entrando anche nei territoriimprevedibili di Tangento-poli. Perché Allon ha mano-vrato i finanziamenti occultie le sue tracce di uomo delbusiness sono disperseovunque. Anche se “tutte lecarte sono arrivate aPechino prima del crollodell’Urss e sono custoditelà…”Il libro di Santerini è in realtàun lungo racconto che ab-braccia un tempo di pocheore, quelle che separanoAllon dall’alba del giorno do-po, in cui emergono larghi eprofondi squarci di un’inten-sa esistenza. Andata in crisianche perché la sua lonta-nanza dagli eredi del Pci èincolmabile. Allon rimanecon la sua solitudine: indife-so e nevrotico orfano diStalin.Invece noi, colleghi-lettoried eredi di un giornalismoche ha saputo essere auto-nomo dalla politica pur es-sendone figlio, non voglia-mo essere orfani di San-terini. E lo aspettiamo allasua prossima prova di scrit-tore.

Nel 1944, gli aquilotti delloSpezia calcio allenato daOttavio Barbieri vincevano loscudetto del campionato diguerra battendo anche ilgrande Torino di VittorioPozzo, in una memorabilepartita disputata all’Arena diMilano, semideserta per ti-more di rastrellamenti tede-schi. Barbieri aveva applicatoil cosiddetto mezzo-sistema,che prevedeva l'introduzionedel libero, ideato quando fa-ceva il vice dell’inglese Gar-butt, ai tempi d’oro del Ge-noa. Con le pezze al culo,spostandosi per le trasfertesu una vecchia autobotte,sotto le bombe, gli spezzini diBarbieri ci sono tornati allamente leggendo del TroiaFootball Club, eroica armatacalcistico-brancaleonica pro-tagonista di questo secondoromanzo (dopo il giallo Ragùdi capra) di GianfrancescoTurano, inviato de Il Mondononché “infestatore di campiamatoriali”.Luigi Litaliano (la crasi fu for-se un fatale errore dell’ana-grafe?) è l’allenatore dellacompagine. Agli sgoccioli diuna carriera non certo fulmi-nante, ma con 999 partite al-l’attivo, Litaliano è determina-to a rendere catartica la ten-zone numero 1000. Come?Fanatico di Quel Libro (mainominato, ma che si palesasubito essere l’Iliade), Lita-

liano accetta la sfida di un excompagno d’arme, il baroneUto Sombrero di Cirro-cumulo, personaggio assaipoco limpido che mette incampo la vipparola AcheiAssociazione Oligarchica,nell’ambito di una scommes-sa che non ha solo risvolti fi-nanziari, ma prevede unasorta di sfida virile, un boor-maniano Duello nel Pacificoall’amatriciana, o meglio al-l’ascolana, data la la roton-dità pallonara delle tipicheolive ripiene e la location sta-bilita per l’incontro.Come andrà a finire non lo ri-veliamo, ma sappiate chel’intero libro (forse un po’ trop-po lungo per chi non è un fa-natico della sfera a scacchi,ma comunque piacevolissi-mo) si rivela da subito unagrande metafora omericache altro non è che un me-tafora al quadrato della vita. Itroiani di Litaliano sono i po-veracci, gli sconfitti, gli emar-ginati, i rappresentanti di uncalcio che non c’è più, brutto,sporco e cattivo, ma comun-que epico, ostile a quello me-diaticamente luccicante dioggi, velinaro (in tutti sensi) edivistico.Nel Troia F.C. ci sono tutti ireietti della società (o comun-que bollati come tali): trans,galeotti, sottoproletari di pa-soliniana memoria. Fra gliAchei è invece l’esatto con-trario. Litaliano, che convivecon l’enuretico lupoide Euri-medonte, dopo che la moglie

Gianfrancesco TuranoCatenaccio!

di Michele Giordano greca Maria Papathanassioulo ha lasciato per eccesso didelocalizzazioni residenziali,parla un linguaggio epico-ignorantoide un po’ comeAlexander Perchov in Ognicosa è illuminata di Schrei-ber, si ciba di sughi pronti etiene sul comodino un ritrattodi Nereo Rocco, noto per l’a-more nei confronti del cate-naccio definito da FrancoBaldini, ex direttore sportivodella Roma, “non solo un si-stema di difesa ma soprattut-to un modo di difendere unamentalità”. Insomma una filo-sofia passatista e difensivache si contrappone a una lo-gica modernista tutta puntataall’attacco.Già, un proiettarsi in avanti,un mostrarsi tronfiamenteaggressivi in linea con l’oggi.Pensiamo ad Alex Del Pieroautoproclamatosi tronfia-mente, prima dei Mondiali,novello Achille, ma assai piùpropriamente definibile comeil calciatore con l’uccellino, vi-sto che dalla pelìdea collina,a differenza dei poveri disgra-ziati di Litaliano, sembra nonessere mai sceso.

Gianfrancesco Turano,Catenaccio!,

Dario Flaccovio Editore,pagine 334, euro 14,00

27ORDINE 9-10 2006ORDINE 9-10 2005

“Luoghi, facce, battute, odori,sapori, azioni, situazioni, de-sideri, aspirazioni, frustrazio-ni… memorie confuse e affa-scinanti…”. Rubo all’autore,dall’ultima pagina del suo li-bro, queste parole che benerendono l’idea di quale sia ilnucleo di una narrazione di ri-cordi dell’infanzia e della gio-ventù, contrappuntata daconsiderazioni dell’età matu-ra.I Partigiani di Cittiglio rievoca-no, per chi è consapevole diquanto accadde attorno aglianni quaranta e cinquantadel secolo scorso, momentiesaltanti e inquietanti, in unacornice minimalista di piccolestorie private e di gruppo,lampi di gioie e di dolori, nota-zioni nelle quali, mutando iluoghi e le persone, ciascunopuò riconoscere squarci delproprio passato.Le pagine del tempo lontanorievocato da Nico, ragazzo dicittà, di famiglia borghese,sfollato a Cittiglio, si alterna-no, nei capitoli, ad una corri-spondenza, spostata a tempipiù recenti, tra il protagonistae Lucio, uno del luogo, di soli-do ceppo contadino, in ritar-do con gli studi ma precoceper sensibilità e buon senso.Avanti e indietro, in un giocodi anticipi e flashback.Si assi-ste alla nascita di una bellaamicizia, come poteva capi-tare tra chi, con animo apertoe cuore sincero, imparava acondividere nuove emozionied affrontare inattese espe-rienze.Cittiglio, la Cittiglio di una vol-ta, patria del tre volte campio-ne del mondo di ciclismoAlfredo Binda, è la cornice dimille piccole avventure, dallegare in bici, all’assalto, nonautorizzato a rigogliosi frutte-ti, alle recite teatrali - unapassione premonitrice di unfuturo destino per Nico - dicompagnie messe su allabelle e meglio, alla ricerca neiboschi di castagne, un cibo diguerra, e preziosi funghi por-cini, i primi amori, quasi sem-pre virtuali, le prime scopertedel sesso. E poi i momentidrammatici dei bombarda-menti di Milano, vissuti in pri-ma persona e poi da lontano,a cinquanta chilometri, nellenotti d’agosto, come ad unospettacolo di fuochi artificiali.E ancora, il dopo 8 settem-bre, con le scaramucce parti-giane, le ritorsioni dei fasci-stelli di provincia, l’aggiusta-mento di vecchi conti perso-nali, i morti ammazzati perstrada. Una tragedia nella di-mensione della provincia.Personaggi autentici, citaticon il loro nome: come ilgrande caricaturista antifasci-sta Giuseppe Scalarini che aCittiglio aveva avuto una vil-letta e che ogni tanto, venivaprelevato da due carabinieriper essere spedito al confino;come Mario Apollonio, pro-fessore alla Cattolica e gran-de maestro di cultura teatra-le; come Gianfranco De

Bosio, regista, che, giovanis-simo nell’immediato dopo-guerra, fece conoscere dal-l’Università di Padova, i valoripoetici e politici di Brecht, egli attori giramondo dellaCompagnia Rame, con i fra-telli Franca ed Enrico (DarioFo non era ancora comparsoall’orizzonte) . Altri sono citaticon il solo nome, Umberto,(che di cognome faceva Eco)o con cognomi allusivi comeSergio Pugliese, primo diret-tore della Tv, qui chiamatoBarese e ricordato perché algiovane Nico (in verità al pro-mettente regista Gianfranco)non aveva pronosticato ungrande futuro perché gli attorinon avrebbero preso sul se-rio un regista con l’erre mo-scia o il marchese ArardoSpreti, (qui chiamato Ric-cardo de Seminari) coraggio-so uomo di teatro, erede delSant’Erasmo, il teatro a sce-na centrale inventato daCarlo Lari, che aprì le porteal giovane Nico.Per chi conosce Milano e levicende del mondo televisivo,potrà ripercorrere un itinera-rio, ormai sfumato nel tempo,ma che è stato intensamentevissuto dal protagonista, nel-la cocciutaggine di chi crede-va alla nuova Musa, la Tv,cercando di allontanare undestino che lo portava versol’Ingegneria.In questo libro, denso di epi-sodi, Bettetini, si confessa,senza rigorosa sorveglianza,in modo liberatorio. Anche lascrittura è disinvolta. C’è peròchi sostiene (cito uno specia-lista in materia come DuccioDemetrio) che “da sempre loscrivere e il parlare dei propriricordi ha rappresentato un ri-tuale esplicito ma più spessosegreto.Per se stessi e per glialtri. L’autobiografia è inoltreal contempo tentativo di chia-rirsi le ragioni dei propri suc-cessi o fallimenti esistenzialie strumento deduttivo di ‘am-maestramento’ intergenera-zionale; è il rituale introspetti-vo dell’accorgersi di aver vis-suto, di volerlo raccontare edi illudersi che questo lascitopossa giovare a qualcuno”.Che ne pensa l’autore? Gligiro la domanda assieme adue quesiti: perché il ‘Par-tigiani’ del titolo è con l’inizialemaiuscola? Le vicende resi-stenziali del cittigliese non mipare meritino tale sottolinea-tura.O ‘i partigiani’ sono quelliche hanno amato e amanoCittiglio, comunque?E, secondo quesito lessicale:nel dialetto locale, qui gusto-samente spesso riportato neidialoghi, mi pare che l’equi-valente di sporco, sudicio, siaVunciun (o Vunsciun) con la Ve non nunciun.O Cittiglio si di-stingue anche in questo?

Gianfranco Bettetini,I Partigiani di Cittiglio,

Effatà editrice 2006,Cantalupa (Torino),

pagine 126, euro 15,00

Gianfranco BettetiniI Partigiani di Cittiglio

di Emilio Pozzi

C’è una considerazione, pri-ma ancora di entrare nel me-rito del lavoro in questione,che il libro della giornalistaLucia Bellaspiga subito impo-ne. Ed è che, nel momento incui, giunti al termine della let-tura, si richiude fra le maniquesto volume di poco più diduecento pagine, si ha la pre-cisa, limpida sensazione diconoscere Dino Buzzati.Quasi di averlo conosciuto dipersona, di avergli parlato, diaverne condiviso l’esistenza.Come, forse - ma forse an-che di più e meglio - solo dal-la lettura di tutti suoi scritti edalla visione di tutti i suoi di-pinti - dal quadro più famosoall’ultimo degli schizzi - ci sipotrebbe attendere.Detto questo, Dio che nonesisti ti prego è, come scrivenella prefazione VittorinoAndreoli, “un libro che va allaricerca di quel segreto cheDino Buzzati aveva dentro disé e che forse ognuno di noiporta nascosto nella propriamente”. Dio, appunto, “il Dioche c’è o forse il Dio che nonc’è”. Il Dio che Buzzati, “pienodi voglia di Dio”, è morto, danon credente (non da ateo),

senza avere mai conosciuto.Ma anche il Dio cercato, atte-so, inseguito per tutta la vita.“Non c’è pagina che non siacarica di trascendenza e ditensione verso un mondo pa-rallelo, superiore a quello incui viviamo”, “Non c’è paginache non esprima una religio-sità”, scrive l’autrice. Ed ec-cole, allora, queste pagine.Stralci, passaggi, sintesi de-gli scritti del giornalista, scrit-tore e pittore (ma sono so-prattutto i racconti a esserepresi in considerazione), rac-colti, commentati, messi aconfronto con rigore scientifi-co e insieme appassionatapartecipazione nella primaparte del libro, intitolata ap-punto Le Opere.Una sorta di viaggio nei suoitesti più significativi, “diariotravagliato di un’anima alla ri-cerca di Dio”, ma senza for-zature, senza conclusionigratuite o imposte, senza de-duzioni a tutti i costi: a parlareè sempre e solo Buzzati.Ecco la goccia d’acqua chesale i gradini della scala, im-magine del Destino cheavanza; l’immensa mano diDio ferma in mezzo al cielo,pronta a fare giustizia; l’ospe-dale a sette piani, nel quale imalati sono distribuiti, via via

Lucia Bellaspiga “Dio che non esisti ti prego” Dino Buzzati, la fatica di credere

di Patrizia Pedrazzini

scendendo, a seconda dellagravità; il pertugio negli scavidella metropolitana che portaal mondo dei morti; l’anticaleggenda di Orfeo ed Euri-dice trasferita nella Milanodegli anni Sessanta. E il co-lombre: la salvezza scambia-ta per perdizione, fuggita pertutta la vita, riconosciutaquando ormai è troppo tardi.Poi la seconda parte del libro,I Giorni. Non tutti i giorni, maquei giorni. Quelli dell’“avvisodi partenza”, della “cartolinadi precetto”, dell’attesa, dellapreparazione a quell’ultimoviaggio, che solo svelerà ilMistero. Quelli del “grandecongedo”, il 28 gennaio1972, in un letto della clinica“La Madonnina”. La moglie,gli amici, i medici, le infermie-re. I Pensieri di Pascal sul co-modino. I ricordi. L’agendadegli ultimi mesi, con le ulti-me riflessioni, gli ultimi con-torni delle amate montagneche svettano nel cielo: le nu-vole rosse, le cime gialle disole. Il rifiuto di una forma difede in qualche modo tiepidaod opportunistica, della faci-le, vile conversione sul lettodi morte (Buzzati non vollel’estrema unzione). Però, in-sieme, l’eterna domanda.Che diventa attenzione conti-nua, quasi studio, della mortein quanto soglia “che condu-ce alla verità, qualunque es-sa sia”. E che sfocia nella piùumana delle incertezze:“Però non posso non averedubbi”.Già lo aveva scritto, su unapagina di quaderno, nel1957: “Dio che non esisti tiprego che almeno su questagrande nave che mi porta

via...”. Il libro, rigoroso anchenell’accuratezza grafica, ècorredato da fotografie, scrittiautografi e disegni inediti. Diparticolare interesse, le testi-monianze di Gabriele Fran-ceschini, la guida alpina chelo portava in scalata sulle vet-te dolomitiche (“Ma lo sai cheDino letteralmente tutto l’an-no sopravviveva nell’attesa diquei quindici giorni di arram-picate?”); di Gaetano Afeltra(“Quando lo si chiamava, ri-spondeva sempre ‘Coman-di!’, alla veneta, una parolache per un meridionale sa-rebbe servilismo ma detta dalui era una cosa nobile”); diIndro Montanelli (“Non soquanto capisse del propriogenio. Era semplicemente in-namorato del mestiere digiornalista, anche se avesseguadagnato miliardi con i librinon lo avrebbe lasciato mai”).Di suor Beniamina, giovaneinfermiera alla “Madonnina”negli ultimi cinquantun giornidi vita dello scrittore: “Quan-do suor Beniamina uscivadalla stanza dopo avergli da-to la buonanotte, le chiedeva:E adesso cosa fa?. E lei tuttele volte:Vado a pregare. E laricordo a Dio. Ma una sera lecose cambiarono: Per la pri-ma volta fu lui a chiedermelo:Si ricordi anche di me”.

Lucia Bellaspiga,“Dio che non esisti

ti prego”Dino Buzzati,

la fatica di credere,prefazione di Vittorino

Andreoli,Editrice Àncora 2006,

pagine 224, euro 15,00

In principio era la téchne, ov-vero l’arte, la professione, l’a-bilità nel costruire. Ma già igreci ne sottolineavano l’insi-dia, proprio quando ne dava-no un’accezione peggiorati-va, indicandola quale l’artifi-cio, il tranello o, peggio, l’in-ganno. Nel suo ultimo libro,La coscienza globale, MarioCapanna parte da questa di-stinzione per affrontare lenuove sfide globali e per an-dare oltre «l’irrazionalità mo-derna». Si sofferma quindisull’uomo mediato, vittima edostaggio di una miriade distrumenti tecnici necessari -a suo dire - per collegarlo allarealtà, ma che in verità lo co-stringono a divenire prigionie-ro del «presente come tota-lità di riferimento». E da qui,

attraverso una narrazione li-neare e sempre esemplifica-tiva, analizza alcuni dei prin-cipali luoghi comuni che os-sessionano il dibattito politicoe l’informazione.La critica di Capanna muoveproprio dalla condizione incui versa quest’ultima e, inparticolare, quella televisiva,sintomo significativo di unavenerazione nei confronti del-la tecnica, che ha reso sem-pre più l’uomo automa incon-sapevole di un perverso mec-canismo di identificazione trafine e mezzo. «Attraverso letecnostrutture, arterie dell’ap-parato scientifico-tecnologi-co, l’uomo moderno ha as-sunto un potere tale da modi-ficare la natura fino al puntoda distruggerla»; il rapporto si

Mario Capanna La coscienza globale

di Filippo Maria Battaglia

è così invertito: «l’uomo me-diato, ora, definisce il conte-sto mediante, lo ridisegna, losconvolge, lo produce».Vittime di questo meccani-smo sono in particolare i gio-vani, tendenzialmente sprov-visti di una criticità vigilante epiù propensi all’omologazio-ne proprio perché cresciutied educati all’interno di que-sta visione. Si infrangono co-sì tutti i nessi degli avveni-menti, ormai dominati dallaconvinzione che «i fatti acca-dono e basta».Responsabile di questaaberrante rappresentazioneè l’Occidente, nella sua sor-da pretesa di considerare ilproprio universo valorialequale l’unico possibile.Inevitabile è quindi il cortocir-cuito logico cui cade l’uomocontemporaneo, costretto atrovare giustificazione deipropri comportamenti nonpiù negli scopi e nelle finalità,ma nella tecnica e nei mezzi.Unico rimedio, la coscienzaglobale, la consapevolezzadel legame con il tutto, una

visione omnicomprensiva ecompositiva, frapposta inve-ce alla «falsa coscienza dellafrantumazione». Risultato diquesta visione è l’elaborazio-ne di una globalizzazionemultipolare, dove il modellooccidentale non si chiuda inun atteggiamento totalitarioed autoreferenziale, ma di-venga consapevole della di-versità e dell’alterità che locirconda attraverso l’aequi-tas, intesa come convivenzae conciliazione di forze.La coscienza globale, che siconclude con un dialogo tralo stesso Capanna ed il filo-sofo Emanuele Severino, au-tore di un pamphlet propriosulla téchne, è un libro chesoffre una lettura passiva edimmediata. Leggerlo senzadistinguo ed interrogativi si-gnificherebbe inevitabilmentecontraddirne alla radice tuttele finalità.

Mario Capanna,La coscienza globale,

Baldini e Castoldi Dalai2006,

pagine 171, euro 16,00

periodico ufficiale del Consiglio dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia

Ordine/Tabloid

Poste Italiane SpA Sped.abb.post. Dl n. 353/2003 (conv. in L. 27/2/2004n. 46) art. 1 (comma 2). Filiale di Milano Anno XXXVI - Numero 9-10,Settembre-Ottobre 2006

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La tiratura di questo numero è di 25.471 copie. Chiuso in redazioneil 30 settembre 2006

28 ORDINE 9-10 2006

LIBRERIA DI TABLOID

Dai giorni dell’infanzia allamorte di Leo Longanesi, an-no 1957, in un lungo viaggioche ripercorre l’adesione gio-vanile al fascismo, l’avventuraafricana, la guerra civile inSpagna, l’Estonia felix, l’Eu-ropa campo di battaglia, l’ar-resto e la fuga in Svizzera, laLiberazione e il ritorno in viaSolferino, i rapporti con ilBorghese di Longanesi e l’a-micizia soffusa di velleità gol-piste con l’ambasciatrice UsaClara Boothe Luce, per ap-prodare a Budapest in rivolta:questa l’estrema sintesi di Lostregone. La prima vita diIndro Montanelli edito in mar-zo da Einaudi (titolo desuntoda una lettera dell’ex ministrodegli Esteri fascista DinoGrandi nella quale venivasottolineata l’insuperabilemaestria del giornalista/scrit-tore di Fucecchio nel rendereoriginali e attuali anche fatti esituazioni che il corso deltempo avevano fatalmente

scolorito). La biografia criticadei primi cinquant’anni dellafirma italiana più prestigiosadel Novecento (1909-2001)porta i corposi nomi degli sto-rici Sandro Gerbi e RaffaeleLiucci, una biografia che hacontribuito non poco ad ani-mare (per i suoi risvolti e lerelative messe a punto) l’e-state delle terze pagine e del-le sezioni culturali delle gran-di riviste.La prima parte del li-bro, ancorata all’8 settembre‘43, è opera di Gerbi; la se-conda di Liucci, il tutto (comeè ovvio) discusso e recipro-camente condiviso. Il limitecronologico prescelto, il ‘57appunto, non è casuale:«L’anno prima, a causa dellecorrispondenze di Montanellidall’Ungheria in fiamme - vili-pese dalla destra perchéconsiderate troppo “progres-siste” -, si era interrotto bru-scamente per quasi un annoil sodalizio fra Indro e Leo, l’a-mico di una vita: una fratturaricucita solo poche settimaneprima della morte di quest’ul-timo».

Sandro Gerbi e Raffaele LiucciLo stregone.La prima vita di Indro Montanelli

di Pilade del Buono Soppesato che in settant’an-ni di professione, tra articoli,corsivi brevi e lunghi e rispo-ste ai lettori, Montanelli hapubblicato qualcosa più di50mila pezzi, Gerbi e Liuccisi sono tuffati nella «lettura si-stematica di tutti gli articolimontanelliani individuabili»trascurando le numerose bio-grafie, eccezion fatta per latestimonianza rilasciata daIndro a Tiziana Abate negliultimi mesi di vita e pubblica-ta postuma nel 2002.«Il punto d’arrivo - annotanogli autori nella prefazione(non escludendo un secondovolume) - non è però così ri-gido come sembra. Tutte levolte che ci è parso opportu-no, abbiamo effettuato deisalti in avanti nel tempo». Eproprio questi salti hanno sti-molato il dibattito. Come perla «visione idilliaca e paterna-listica dell’avventura africa-na» di Montanelli (leggere: ibombardamenti aerei con l’i-prite) contrastata per decennidallo studioso Angelo DelBoca. O per la Spagna (filo-

franchismo). O per la que-stione ebraica. O per la testi-monianza su piazzale Loreto(era o non era presente?). O(soprattutto) per il nodo “fa-scismo/antifascismo” cherappresenterà una costantedelle sue molte stagioni sinoallo sdoganamento della sini-stra dopo la chiusura di parti-ta con il Giornale e la breve,intensa e amara avventuradella Voce, in aperta contrap-posizione all’ex amico (e per iconti del Giornale uomo dellaprovvidenza) Silvio Berlu-sconi, sceso in politica.Nell’estate le prese di posi-zione e le polemiche non so-no mancate. Una quindicinadi giorni prima che deflagras-se nel mondo l’imbarazzanteconfessione-outing di GünterGrass, il Corriere della Seradel 22 luglio ha pubblicatonelle pagine culturali il testoinedito di una lettera del 1944destinata all’allora prefetto diMilano Piero Parini «nellaquale Montanelli, si legge,per difendersi dall’accusa di“tradimento”, ricostruiscepuntualmente la storia delsuo distacco dal fascismo»,lettera mai inoltrata giudican-done troppo temerario il con-tenuto l’amico che avrebbedovuto recapitarla - GaetanoGreco Naccarato -, e conser-vata dunque a futura memo-ria. Due giorni dopo ilCorriere ospiterà un interven-to proprio di Gerbi e Liucciispirato da quella lettera, nel

quale vengono elencati alcu-ni “pedaggi” pagati daMontanelli al regime dal ‘38al ‘43 (tipo la denuncia alMinculpop di un alto funzio-nario da lui considerato pocoleale al regime, l’incarico discrivere un libro sull’Albania,l’invio di un articolo al diretto-re Borelli «che forse potràservirVi in tema razzista», l’e-logio della cultura dellaGioventù hitleriana, articolischierati sul nuovo regime fi-lofascista instaurato in Ro-mania, l’incarico, all’inizio del‘41, da parte del Minculpop,di inviare notizie riservate dalfronte greco-albanese) com-pensati dai «non rari spunti di“fronda”» come il richiamoelevatogli da Pavolini per ladenuncia di una spia del-l’Ovra che riferisce apprezza-menti critici di Montanelli suMussolini ascoltati in luoghipubblici e i contatti con MariaJosé e personalità antifasci-ste di area liberale.Sulla stessa pagina delCorriere “la replica” porta lafirma di Pierluigi Battista:«Nel loro cortese intervento,Sandro Gerbi e RaffaeleLiucci non sottolineano abba-stanza che, con la sua letteraa Piero Parini, Montanelli, dalcarcere, non aveva nessuninteresse a negare di avereavuto “vantaggi” dal regimefascista (...).In questo dettaglio trascuratoda Gerbi e Liucci, si nascon-de la peculiarità dell’atteggia-

mento montanelliano neiconfronti del suo giovanile fa-scismo. Primo: Montanellinon negò mai il proprio pas-sato fascista, né mai usò leconsuete attenuanti della“fronda” per vantare, nel do-poguerra democratico, pre-coci attestati di antifascismo(...). Secondo: Montanelli nonsi comportò mai come i tanti,tantissimi intellettuali (di cuiper carità di patria è opportu-no una volta tanto omettere inomi illustri) che nella loroseconda vita di “redenti”nell’Italia postfascista e anti-fascista si impegnarono acancellare le tracce della lo-ro prima vita, insomma del lo-ro precedente fascismo.Questo fu il vantaggio di cuiMontanelli, dopo il ‘44, nonebbe mai modo di godere,semplicemente perché ilgrande giornalista non volleadeguarsi. Un bastian con-trario.O forse un uomo con laspina dorsale diritta».Chi ha avuto la fortuna di co-noscere Montanelli e il privi-legio di lavorargli accanto, siapure nei contrasti che la vitae la professione inevitabil-mente disseminano, non sichiede chi sia stato e cosaabbia rappresentato: lo saperfettamente.

Sandro Gerbi e RaffaeleLiucci,

Lo stregone. La prima vita di Indro Montanelli,

Einaudi, 2006

Nata a Milano ma di originesiciliana, Natalia Milazzo, ca-poredattore di Altroconsumo,ci guida alla scoperta di unastraordinaria isola e dei suoifieri abitanti: la Sicilia e i sicilia-ni. “Sicuramente avrete giàsentito vantare la bellezza ab-bagliante della Sicilia, dellasua natura, della sua arte... viavranno parlato di antichi tea-tri e templi intatti, di fontane espiagge, di cattedrali e mosai-ci, di limoni e palme, di acquecristalline. Ma: e i siciliani?Che cosa sapete, veramente,dei siciliani?”. L’autrice ne de-scrive le abitudini, le contrad-dizioni e i difetti con divertentianeddoti e luoghi comuni, cherendono piacevole la lettura, eche alla fine fanno emergerele grandi virtù di questo popo-lo, facendogli fare “bella figu-ra”. E sì, perché per un sicilia-no, che ha scolpito nel cuore ilmotto “superiore a molti, paria chiunque”, fare “bella figura”è una questione vitale, d’ono-re. In Sicilia, poi, la forma haun’importanza pari, se nonsuperiore, a quella della so-stanza. Per cui un sempliceinvito a pranzo può trasfor-marsi in un’occasione di darsfoggio dell’innata “nobiltà” si-ciliana, ma può anche tramu-tarsi in un incidente diplomati-co se, il malcapitato ospite delNord, ha la sventurata idea diomaggiare il padrone di casacon un vino o un dolce “polen-tone”.Tanto orgogliosi e tantopermalosi, ma con un sensoinnato dell’ospitalità, i siciliani,sono amanti del lusso, ma an-

che disinteressati al denaro equando possono aiutarequalcuno si fanno in quattro.La Sicilia è sempre stata unattivissimo centro dal punto divista artistico, culturale ecommerciale e l’autrice ricor-da brevemente alcuni dei per-sonaggi contemporanei chene proseguono le tradizioni eil prestigio tra cui: FrancoBattiato, Pippo Baudo, Do-menico Dolce, Andrea Camil-leri, Carmen Consoli, MariaGrazia Cucinotta, EmilioFede, Fiorello, Renato Gut-tuso e Gianni Riotta. Nel librosi trovano anche trenta possi-bili cose da fare nell’isola co-me: visitare il Teatro Greco diTaormina o la Valle dei Templidi Agrigento; perdersi nel labi-rinto di Donnafugata o nelmercato del pesce di Ca-tania, la Pescheria; inebriarsicon il gustoso cioccolato diModica o rinfrescarsi con l’im-pareggiabile granita al limo-ne, e tanto altro ancora.Ma laSicilia è soprattutto una perlada respirare almeno una voltanella vita, lasciandosi prende-re dai ritmi dell’isola dove iltempo “non ha importanza”, ilpassato è subito lontano e sivive solo nel presente. E sen-za dimenticare il detto:“Cui vaa Palermu, e ‘un va a Murialisi nni parti sceccu e tornamaiali”.

Natalia Milazzo,Siciliani,

Le Guide Xenofobe,Edizioni Sonda,

Casale Monferrato 2006,pagine 140, euro 9,50

Natalia MilazzoSiciliani

di Massimiliano Lanzafame

Il mondo incontaminato deiPaesi del Sud è una leggen-da, ma un mondo ideale dacontrapporre all’inferno cor-rotto e degradato dell’Oc-cidente. La letteratura d’av-ventura dell’Ottocento ha ri-camato molto sul tema. Dalnostro Salgari a Stevenson,da Dafoe a Kipling sino ad ar-rivare a Conrad e London.Una metafora della vita, dellesperanze, degli ideali naufra-gati nel primo Novecento.Il meticcio è il libro d’esordiodi Angelo Roma. John, il pro-tagonista nativo dei mari delSud, apprende la lettura daun vecchio capitano dellaMarina britannica. Decide diemigrare in Occidente consa-pevole di voler diventare unoscrittore. Angelo Roma pro-pone in una favola le nuoveavventure di un RobinsonCrusoe letterario. Inserendosinella civiltà il protagonistascopre anche l’ipocrisia e lacattiveria. Inaspettatamentearriva il successo e l’amore diuna donna, grazie alla bene-volenza del padrone che lospinge a scrivere. L’autore af-fida allo sguardo ingenuo epuro del Meticcio il compito dimettere in evidenza assurditàe contraddizioni. È un roman-zo senza legami con la realtàdel tempo che ignora glieventi storici drammatici delsecolo breve. Riflessioni at-tuali e provocatorie, ma moltoscontate e banali con un lin-guaggio minimale ed essen-ziale, dove il soggetto vieneposposto al verbo, quasi per

rallentare un’azione effimerae transeunte.Il protagonista sembra viveresolo delle letture di Dickens,Tolstoi, Shakespeare e deiVangeli in un ritiro atempora-le che gli permette di trovarecreatività letteraria, inventan-do un personaggio quasi co-me una sorta di alter ego allaricerca di valori perduti. Mal’epilogo sembra fine a sestesso e non trova uno sboc-co se non il ripetitivo e abusa-to ritorno allo stato di natura.“Se gli uomini osserverannoquesti precetti conseguiran-no il regno di Dio sulla terra eil più alto grado di felicità ac-cessibile ai mortali.“Cercate il regno di Dio e lasua giustizia, e il resto vi saràdato. Noi invece cerchiamo ilresto e ci sorprende di nontrovarlo.Ecco dunque lo sco-po della mia vita. Appenaraggiunto uno, n’è cominciatoun altro!”.Da quella notte si iniziò infattiper Necliudov una vita nuova,non solo perché mutarono lecondizioni della sua esisten-za, ma perché tutto ciò cheaccadde da quel momento inpoi assunse ai suoi occhi unsignificato diverso. Come siconcluderà il nuovo periododella sua vita, lo dirà l’avveni-re.” (Leone Tolstoi, da Resur-rezione).

Angelo Roma,Il meticcio,

PeQuod Editore,pagine 107, euro 13,00

Angelo RomaIl meticcio

di Filippo Senatore

Dimitri Verhulst, scrittore egiornalista belga, nel dicem-bre 2001 viene incaricatodalla rivista Deus ExMachina di scrivere un arti-colo sui rifugiati. Egli decidedi immergersi nella notiziatrascorrendo un certo perio-do nel centro di permanenzaTotem della cittadina belga diArendonk. Da questa espe-rienza, oltre al reportage perla rivista, Verhulst ricava ma-teriale per un libro di breviracconti Problemski Hotel , lametà dei quali - come ci av-verte l'autore - “è inventata,anche se nessuno di essicontiene una sola bugia”. Sitratta di storie di uomini edonne disperati in fuga dal-l’orrore e in viaggio verso lasperanza, che si trovano adover forzosamente sostarein quella sorta di terra di nes-suno che sono i centri di ac-coglienza. In questi luoghi diindeterminazione extratem-porale ed extraterritoriale neiquali vengono rinchiusi, le lo-ro vite sono sospese in atte-sa di imperscrutabili decisio-ni burocratiche ed in questaattesa essi - come il misterio-so animale de La tana diKafka - oscillano irresoluti dauna preoccupazione all’altrasperimentandone tutte le an-gosce. Ne esce fuori un librovolutamente scorretto e catti-vo, scritto con un linguaggiocrudo ed essenziale, che ri-fugge dai soliti racconti edul-corati che mirano a suscitareuna facile pietà nei lettori.Perché è la pietà il cuore del

problema: occorre un foto-grafo che faccia circolarefuori immagini nauseabon-de; occorre esercitarsi a fareuna faccia triste così che l’i-narrivabile potere burocraticoche ne amministra a piaci-mento le vite, possa credere,e giustificare, l’ingresso nelForte Europa perché si ha “lavagina orribilmente mutilata”e non si vuole che alle pro-prie figlie tocchi la stessasorte; occorre andare in giro“con una faccia da calenda-rio di un’associazione noprofit”; ed ancora occorresurclassare tutti gli altri conle proprie disgrazie, perchése uno dice che “i militari delsuo paese gli hanno spezza-to due gambe, l’altro rispon-de che nel suo paese è peg-gio, che i militari gli hannospezzato tre gambe. E cosìnaufraga ogni speranza per-ché come fa uno con duegambe rotte ad ottenere asi-lo politico se non l’hannoconcesso a uno che di gam-be rotte ne ha tre?” Il libro ter-mina con una postfazionedello stesso autore che con-stata amaramente come altermine della prima stesuradel manoscritto, nessuno deivari rifugiati a cui il libro si eraispirato aveva ricevuto pare-re positivo: alcuni erano tor-nati spontaneamente al loropaese, altri erano stati rimpa-triati con la forza, altri ancorainfine erano scomparsi o vi-vevano nell’illegalità.

Dimitri Verhulst,Problemski Hotel,Fazi Editore, 2006,

pagine 121, euro 13,50

Dimitri VerhulstProblemski Hotel

di Sabrina Peron

29ORDINE 9-10 2006

Un libro rivolto ai giovani peravvicinarli, nel loro camminodi crescita personale, a unadelle figure più emblematichedella cultura italiana del XXsecolo: padre Agostino Ge-melli. Con linguaggio sempli-ce e un taglio divulgativo,l’autore, racconta le vicendeche hanno animato la vita delfondatore dell’Università Cat-tolica. Una vita intensa cheha attraversato due guerremondiali e irta di sofferenze,con due incidenti automobili-stici che l’hanno costretto atrascorrere diciannove annitra bastone e carrozzina.Questi eventi negativi nonhanno, però, mai fermato pa-dre Gemelli che ha continua-to a operare, scrivere e orga-nizzare anche nella difficoltà,sospinto com’era da uno spi-rito indomito e da una incrol-labile fede. Ai giovani studentiera solito dire: “Lavora finchései stanco morto, addormen-tati con la testa piena di pro-grammi per l’indomani”.Aveva un volto all’apparenzaburbero dietro il quale, inrealtà, si celava una persona

di squisita delicatezza, pron-ta ad ascoltare e aiutarechiunque. Dalle pagine del li-bro emergono altre storie ealtri personaggi di grande va-lore: Armida Barelli, LudovicoNecchi e Francesco Olgiati.Sono gli amici e i più stretticollaboratori di padre Ge-melli, che hanno condivisocon lui il progetto dell’univer-sità Sacro Cuore. Nella se-conda parte del testo, invece,sono presentati degli scrittidel protagonista, che ne met-tono in luce ancor di più lagrande personalità. Mentrenella parte finale vi è un glos-sario, che dà brevi spiegazio-ni su persone, luoghi e fattidella narrazione, permetten-do al lettore di collocarli nelgiusto contesto storico, so-ciale e religioso.

Agostino Picicco,Padre Agostino Gemelli,

Edizioni Messaggero,Padova 2005,

pagine 166, euro 9,80

Agostino PiciccoPadre Agostino Gemelli

di Massimiliano Lanzafame di Massimiliano Lanzafame

È ancora possibile dire qual-cosa di nuovo su Dio? Pareproprio di sì. Ci pensa Mas-simo Picasso, una vita allespalle nel mondo dell'edito-ria, che percorre strade nonconvenzionali e confezionaun “giallo teologico” dai risvol-ti sorprendenti. Il suo prota-gonista è tormentato dalleimmagini di guerra e di vio-lenza che gli passano davantiagli occhi, soprattutto quellesui bambini, e si domandadove sia finito Dio davanti atale orrore. Decide così dimettere un annuncio sulCorriere della Sera in cui di-ce di voler incontrare e cono-scere Dio, e di essere anchea disposizione di eventuali in-termediari, “purché serissimi,disinteressati e introdotti nel-l'ambiente”. Qualcuno gli ri-sponde e gli dà un appunta-mento. Si presentano due ra-gazzi normalissimi, un dandye un capomastro, pratica-mente due “angeli”. Inizia co-sì il travagliato percorso inte-riore alla ricerca di risposte,che lo porterà ad incontrarealcuni personaggi singolari,

con cui rivivrà, tra gioie e sof-ferenze, le contraddizioni del-la vita. Accompagnato da unsottile filo di angoscia e conun crescendo di intrecci e su-spance, tra morti misteriosee “angeliche” apparizioni, ilprotagonista comporrà ilpuzzle della verità. Indagheràsui lati più oscuri dell'essen-za di Dio, di cui avverte l'inde-cifrabile esistenza, fino adavanzare un'ipotesi sconcer-tante: che anziché un Dio, neesisterebbero due. Due ge-melli, entrambi sovrani, chestarebbero in eterna lotta tradi loro per il dominio sul mon-do. Uno rappresenterebbe ilprincipio del bene che chia-miamo Dio e l'altro il principiodel male che chiamiamoSatana. Una teoria per certiversi sconvolgente, che po-trebbe turbare la sensibilità diqualcuno facendo riflettere illettore sulle sue posizioni.

Massimo Picasso,Il gemello di Dio,Anima Edizioni,

Milano 2005,pagine 307, euro 18,90

Massimo PicassoIl gemello di Dio

Le seppie, quando sannoche un predatore le sta peraggredire, si nascondono allavista spruzzando una nuvoladi inchiostro nero e si dile-guano. È quel nero che ser-peggia in questo romanzo.L’illusione si comporta comela seppia che, per sfuggire al-la presa della realtà, si im-merge nel buio più fitto, men-tre la realtà si scopre a strin-gere nel pugno il vuoto deldubbio. È la storia di un anel-lo di orilanto che passa dimano in mano, in un ospe-dale psichiatrico. Un talisma-

no, (sfilato dal dito di unadonna dormiente in una grot-ta da millenni, in un desertoverso i confini del Turkestan)capace di realizzare i deside-ri durante le notti di plenilunio.Uno scambio di corpi, unamore raggiunto. Ma se larealtà riesce a toccare l’illu-sione costringendola a mo-strare la verità che nasconde,il solo contatto scatena la fol-gore e il nero tizzone divieneil suo nuovo nascondiglio.

Carlo Graffigna,I pleniluni dell’orilanto,

Corponove Editrice,Bergamo 2005

pagine 176, euro 14,00

Carlo GraffignaI pleniluni dell’orilanto

di Alberto Roccatano

La montagna, quando diven-ta innamoramento, ti attiracome il magnete fa con il fer-ro. Ti scoprirai valligiano nelcuore e nel sangue. Scopriraila montagna capace di pren-dersi cura della tua salute maanche di proteggere e man-tenere fuori dal tempo il bam-bino di pianura che eri e chese ne innamorò. E poi, vuoimettere.., un posto, nell’altaVal Brembana, dove si trovaun antico ponte romano, perquanto fuori dal mondo deveessere un posto interessan-te; se poi aggiungi un lungoserpente con le ali, sibilantenel cielo notturno, che i vec-chi del posto giurano di aver

visto, in qualche occasione,allora è anche un posto magi-co. Un posto dove rubano leacque ai focosi torrenti perfarci centrali elettriche. E, sisa, con le centrali arrivano lestrade, e con le strade arriva-no i pigri. La montagna, allo-ra, si ritira sempre più su, perfarsi raggiungere, a piedi, so-lo dai cocciuti montanari e daisolitari rocciatori. Quasi ot-tant’anni del ‘900 scorrono in-tense in queste pagine. Daleggere.

Carlo Graffigna,Montanaro di pianura,

Corponove editrice,Bergamo 2005,

pagine 160, euro 14,00

Carlo GraffignaMontanaro di pianura

Qualcuno ha ucciso il gene-rale segna il ritorno di MatteoCollura al romanzo, dopo lelontane e straordinarie storiecorali di Associazione indi-genti (1979) e Baltico (1988).Non che negli anni intermediegli non avesse scritto libricon ritmo narrativo. Il ritornoalla narrazione per Colluranon è quindi del tutto vero,perché ha continuato semprea farla, anche quando l’urgen-za di dipingere certe realtàitaliane e siciliane l’hanno in-dotto a scegliere la forma delsaggio, ma in chiave appuntonarrativa (come nel libro InSicilia o in Alfabeto eretico).Qualcuno ha ucciso il gene-rale non è perciò un vero “ri-torno”, ma un’evoluzione, e laprova appare arricchita dall’e-sperienza saggistica accu-mulata negli ultimi dieci anni.Pertanto la storia del generalegaribaldino Giovanni Corrao,deluso dal prosieguo delle vi-cende italiane dopo l’unifica-zione, al cui processo ha con-tribuito partecipando alla spe-dizione garibaldina fino allabattaglia sul Volturno, e alsuccessivo tentativo di Ga-ribaldi di ripetere l’operazionenel 1862 con l’obiettivo di libe-rare Roma dal Papato e farladiventare capitale del Regno,è la storia di una disfatta spiri-tuale e di una “morte annun-ciata” perché, come sempreaccade nei delitti di mafia, erastato emarginato e lasciatosolo.Egli avrebbe voluto che ilprogramma rivoluzionario dei

Matteo ColluraQualcuno ha ucciso il generale

di Ottavio Rossani garibaldini si realizzasse inte-ramente: non tanto nella for-ma repubblicana, perchéaveva capito che l’unità delPaese era al di sopra di tutto,ma nelle riforme auspicate epromesse verso una giustiziasociale, un ammodernamen-to delle strutture istituzionali,una riforma agraria, un pro-gramma di investimenti indu-striali, e gli altri punti del pro-gramma garibaldino. Ma ditutto questo non si verificònulla. Garibaldi si ritirò aCaprera, sdegnato proprioperché il rinnovamento da luipromesso venne rinnegatoda Cavour e dai suoi succes-sori alla direzione del governoe giorno dopo giorno affossa-to.Le industrie del Sud furonosmantellate, i finanziamenticominciarono a fluire verso ilNord per lo sviluppo indu-striale. I soldati garibaldininon vennero accolti nell’eser-cito regolare come era statopromesso e furono mandati acasa come straccioni. Il Sudfu messo a ferro e a fuocodalle truppe piemontesi di oc-cupazione.L’impoverimento generale delSud costrinse i contadini ademigrare, dopo il fallimentodella rivolta legittimista (a fa-vore di Francesco II, che te-neva corte a Roma, ancoraufficialmente Re delle DueSicilie, da dove era stato co-stretto all’esilio volontario pernon diventare prigioniero delcugino Vittorio Emanuele IIche fino all’ultimo gli mentì di-chiarando che non aveva mi-re di conquista), ma non ave-va né abdicato né era statodetronizzato.

Il generale Corrao (il titolo glifu conferito da Garibaldi sulcampo per valore militare)aspettava di riprendere l’a-zione prima o poi, quando sifossero verificate le condizio-ni favorevoli: la chiamata allearmi dei volontari da parte diGaribaldi per fare la marciasu Roma lo trovò pronto con isuoi “picciotti” che all’appelloarrivarono tutti, conquistatidai suoi proclami anche semagari non li capivano. Maquando sull’AspromonteGaribaldi fu ferito a una gam-ba da una fucilata di un sol-dato dell’esercito regolareitaliano, semplice continua-zione di quello piemontese,fu chiaro a tutti, anche aCorrao, che ormai non si po-tevano più cullare illusioni. Ilprocesso di rinnovamentoera stato definitivamente rin-negato e riprendeva vigore ilpartito dell’arroganza, dellacorruzione, dell’immobilitàsociale, dell’ingiustizia, che inSicilia si identificavanocon lanobiltà “gattopardesca” im-mortalata dal grande roman-zo di Tomasi di Lampedusa.L’idea forza di Corrao, cioèche la rivoluzione avrebbepotuto comunque riprenderevigore in futuro, era da an-nientare, perciò nessunesponente delle istituzioni gliprestò più attenzione. Il gene-rale fu abbandonato da tutti,restò isolato, gli arrivaronopersino segnalazioni chequalcuno gli avrebbe teso unagguato. Ma continuò a farela sua normale vita, andandoe ritornando dal suo podere,accompagnato dal suo fidoex attendente. I due colpi di

fucile lo uccisero mentre tor-nava a casa sul calesse, co-me il padre della “cavallinastorna” di Pascoli. E questascena è raccontata da Col-lura con una visionarietà fil-mica, in una sequenza rallen-tata per fissare i particolaristrazianti della morte.Il romanzo può ben esseredefinito “storico/poliziesco”.Non nel senso dei noir cheoggi pullulano nelle collane ditutte le case editrici. Colluranon risponde all’esigenzacommerciale di una modache da alcuni anni rende.Usa il metodo dell’inchiestaquasi poliziesca alla manieradi Sciascia: per riscrivere unarealtà negletta anche senzaprove documentali, per spie-gare succintamente che il de-litto è dentro uno scenariostorico, in cui si agitano alcu-ni personaggi veri dell’epo-pea garibaldina da Garibaldia Crispi, da Bixio a RosolinoPilo, nell’anno 1863 e nelmese d’agosto, a circa un an-no dall’avventura garibaldinadell’Aspromonte.Collura non scrive solo un ro-manzo, fa anche un lavoro dicontestualizzazione del pas-sato storico, datato all’agosto1863, con il presente. Colluraparte, nella sua lunga indagi-ne, da una fotografia che ri-trae la mummia di Corrao,rinvenuta nella cripta deiCappuccini a Palermo, tradue parenti e risale alle vicis-situdini che nell’arco di centoanni avevano oscurato la fa-ma, il ricordo, l’esistenza diquesto “eroe” ombroso, gi-gantesco, passionale, esote-rico. Egli continuò a coltivare

il sogno di una rivoluzioneche potesse cambiare la si-tuazione sociale in Sicilia, edi conseguenza in Italia. “Dadue anni sono circondato dauna rete di spie per insidiare imie andamenti e i miei pen-sieri”, scrisse Corrao al gior-nale di Crispi, il Precursore.“Perché tanta attenzione del-la polizia nei suoi confronti?”,si chiede Collura. E tutto il li-bro cerca di rispondere alquesito. La prova sul moven-te, sugli esecutori e sul man-dante dell’omicidio non c’è.Ma la logica della narrazionesurroga la mancanza di do-cumenti certificali.“Qualcuno” - come chiosa iltitolo del libro - ordinò l’ucci-sione del generale perchénon desse più fastidio. Il ge-nerale Corrao doveva morireperché tutti capissero che isogni rivoluzionari dovevanoessere messi nel cassetto.Per un eroe come Corraoche godeva di un grandeconsenso popolare, la solu-zione era il mandato a unclan mafioso di eliminarlo:questo è quel che pensaMatteo Collura.E ci arriva do-po aver visitato i luoghi che ri-cordano le imprese di Cor-rao, dopo aver visionato qual-che ritaglio di giornale cheraccontava all’epoca il fune-rale, la vita, le azioni di Co-rrao. Pur in mancanza di do-cumenti esaurienti, Collura ri-sale verso la presumibile ve-rità attraverso la letteratura,perché come diceva Leo-nardo Sciascia “la letteraturaè verità”, non la sola veritàma una verità possibile. Perraggiungerla Collura dipinge i

ritratti “umani” degli eroi im-balsamati nell’oleografia delRisorgimento (da Garibaldi aBixio a Crispi a Vittorio Ema-nuele II): fissa tali figure nelleloro debolezze, sfrondandoledal vecchiume delle agiogra-fie. Ne esce un affresco deiprimi anni dell’Italia unitariafuori dagli schemi scolasticicui ci hanno abituato cento-cinquant’anni di retorica pa-triottica. Collura scrive in unitaliano “visivo”, quasi conuna tecnica filmica. Mentreleggiamo ci sembra di vederescene in movimento, magariritagliate al rallentatore perdarci la dimensione del tem-po che scorre lento e ineso-rabile davanti e dentro la tra-gedia. Immagini, personaggie luoghi che le parole diCollura, di volta in volta mo-derne e solenni, infuocate oraffreddate, simpatiche oodiose, risonanti o opache,indignate o suadenti, ci offro-no in una luce vivida che illu-mina dubbi e incertezze, mache non riesce a cancellaredel tutto le ombre della storiae del presente. Una provanarrativa di grande esito stili-stico e ritmico, in un gioco diinvenzione e di verifica. Unmodo di raccontare che è ti-pico di una vasta schiera discrittori latinoamericani.Vengono in mente il GarciaMarquez di Nessuno scriveal colonnello o il ManuelScorza di Rulli di tamburiper Rancas. Un modo di nar-rare, epico-lirico-civile, moltovicino a quel realismo magi-co che in Italia purtroppo èpoco frequentato, ma che inAmerica Latina riesce ancoraaddirittura a smuovere le fol-le.

Matteo Collura,Qualcuno ha ucciso

il generale,Longanesi 2006,

pagine 156, euro 13,00

30 ORDINE 9-10 2006

LIBRERIA DI TABLOID

Perplessità, dubbi, interroga-tivi: è ciò che resta della lettu-ra di questo testo da parte diun giornalista.Il primo interrogativo riguardal’anno della prima pubblica-zione del libro negli StatiUniti: il 1973.È ancora attualeun trattato scritto ben trenta-tré anni fa? Forse, da allora,sono cambiate un po’di cose.È cambiato il modo di faregiornalismo, sono cambiatele esigenze del pubblico,sempre più abituato ad averel’informazione di base da ra-dio, TV e web e approfondi-menti e commenti dalla cartastampata (ma poi vi sono del-le geniali commistioni di ruolofra i vari media). E poi: è pos-sibile un raffronto tra il pubbli-co americano e quello euro-peo in generale e italiano inparticolare? Probabilmenteno per un cumulo immenso dimotivi, primo fra tutti il diversoretroterra culturale, la diversaanimosità con la quale da noisi vive l’attualità, dalla politica,alla cronaca nera, il diversospirito critico, l’ironia causticafino al cinismo.A parte ciò, il libro è un pre-gevole trattato, ma non si ca-pisce di cosa. Certo, non digiornalismo soprattutto nondi quel “new journalism” cheviene sbandierato nella pre-fazione e nell’introduzione:dopo 33 anni, quel “new” è di-venuto un reperto archeologi-co. Molte le tematiche affron-tate: dal calcolo delle proba-bilità (spiegato in modo di-scutibile) alla raccolta dei datiper i sondaggi.Tutte cose in-teressanti ma che riguardanoaltri mestieri. Poi si proclamasolennemente che le intervi-ste vanno preparate e nonfatte estemporaneamente, al-la garibaldina. Ma davvero?E allora perché non spiegarela tecnica di scrivere un pez-zo a domande sottintese op-pure quella di fare un’intervi-sta a domande selettive perstrappare un commento a chinon vuol commentare?

Sono alcune delle tecnichedel cosiddetto “giornalismo diprecisione”, note a tutti i colle-ghi. Da quelli che escono dal-le più decantate scuole digiornalismo, quanto da quelliche si sono diplomati sulcampo, facendo la cucina, fa-cendo la gavetta nei commis-sariati di polizia, nei tribunali,nelle strade della propria cittào seguendo le più paludateconferenze stampa.Su un tema mi trovo d’accor-do con il testo di Meyer, l’e-strema prudenza nel tratta-mento dei dati elettorali ascrutinio ancora in corso, nel-la diffidenza verso i sondaggi,lo scetticismo nei confrontidegli exit poll, i limiti delleproiezioni. Comunque, que-sto Giornalismo e metodoscientifico è un ottimo spac-cato del giornalismo ameri-cano degli anni 70. Senz’altromolto utile agli studiosi dellastoria della comunicazionemediatica, ma non di più. Epoi sarebbe ora di chiudereuna volta per tutte nell’arma-dio i miti del giornalismoamericano. Francesco Baco-ne diceva che la conoscenzapassa per la liberazione dacerte convinzioni presentinella nostra mente, da certipregiudizi che limitano la pos-sibilità di conoscere in modooggettivo la realtà, dai miti,dai feticci che il filosofo ingle-se chiamò gli “idola”, gli idolaspecus, tribus, fori e theatri:quattro parole nelle quali ognicollega potrà riconoscere ipropri condizionamenti e au-tocondizionamenti. È cancel-lando certi simboli e certe in-crostazioni culturali che sipuò costruire un giornalismoitaliano moderno.Ovviamente di precisione.

Philip Meyer,Giornalismo e metodo

scientifico, ovvero il giornalismo di precisione,

Luiss University Press,Armando Editore,

pagine 255, euro 24,00

Philip MeyerGiornalismo e metodo scientifico, ovvero il giornalismo di precisione

di Giuseppe Prunai

È bastata la spinta inesorabiledel mezzo televisivo per dare“dignità” alle comunicazionileggere: pettegolezzi o rumorche si vogliano. Negli anni ‘50veniva considerato pettego-lezzo la produzione di notizieche si accompagnavano allapubblicazione di riviste - fu-metto come Bolero e GrandHotel.Ma c’erano anche setti-manali più blasonati che trat-tavano il pettegolezzo congrande cura, popolati di re eregine, attrici e attricette, in-sieme a servizi e reportage ditutto rispetto. Qualche testataè ancora sopravvissuta. Orasiamo sul piano nobilitato delpettegolezzo: il gossip. Neldopoguerra marciava il desi-derio di leggerezza, il bisognodi spensieratezza, sempre al-la ricerca di un lembo di feli-cità che la tristezza e la fero-cia del conflitto avevano can-cellato nel volto di tutte le ge-nerazioni. Dominava la scar-sità e le macerie della guerraerano visibili per lungo tempo.Di tutto ciò non è rimasta al-cuna traccia. La modernità èqualcosa di diverso, ma nonsi riesce più a capire a qualirumori ci si riferisce, da qualeepicentro scaturisce il biso-gno d’infilare lo sguardo nellepieghe dell’anima altrui.C’è dinuovo bisogno di leggerezzaper eccesso di carico emoti-vo, per stress da fatica, perpatologia da benessere, persolitudine, per egoismo, rifiutodella complessità e del pen-siero critico. Marino Rivolsi eUgo Volli, insieme a GuidoFerraro, Anna Col avita, IvanSartori, Barbara Gasparini,Nicoletta Vittadini e PierluigiBasso, hanno voluto rimetterein campo i confini della paro-la, del gesto, dell’evento e delluogo, per attraversare le di-namiche dei comportamentiche legano e inchiodano lepersone al rumor, al pettego-lezzo. Gli autori ripropongonola comunicazione leggera cheviene a scuotere la sensibilitàsociale attraverso il medium,

unico e incontrastato impera-tore dell’ascolto semplice edemotivo. In questo mondos’intrecciano gli stili di vita, ilsé ideale che ciascuno si co-struisce, l’appartenenza so-cio culturale. E dentro questitracciati ben affilati, racconta-ti, si entra nell’anima dellagente. Qui scorrono la caren-za di tensioni, lo scoramento,lo scollamento sociale, le in-soddisfazioni, le aspettative eil sogno. Forse scontiamo an-che un calo di valori e vuotiideologici. In questo coacervoemotivo dondolano la culturae le emozioni del tempo. Diquesto tempo. In questi pas-saggi il lavoro di Rivolsi e Vollisi rivela molto interessante.Analizza la diffusione del rea-lity, l’uso calcolato del “bana-le” come alfabetizzazionemediatica. Passa in rassegnail Grande Fratello, ormai notocome GF, gabbia emotiva ementale, luogo in cui ci spin-ge la televisione, ponendo sestessa al centro dell’universomediatico. Ci presenta la tele-visione che si progetta, si au-toproduce, inventando eventi,personaggi situazioni.Troviamo la visibilità mediale,teatro inventato, ma verosimi-le, smascheramento delle dif-formità, lo schema classicodel bello, del brutto, del buonoe del cattivo. C’è il sentimentopopolare nutrito di normalità eperversione. In questo lavoroc’è tutto.C’è la politica, il quar-tiere, l’ambiente di lavoro, l’in-timo e il collettivo, il vero e l’in-ganno. C’è il profilo socialedell’oggi. Il dopo è già incerto,perché sfera pubblica e priva-to mutano rapidamente. Diqueste pratiche è intrisa an-che la politica. I nostri politicipensano che il pettegolezzosia uno svago, e se colpisceillustri colleghi ancora meglio.Forse è il momento di capircidi più e subito. Questo volu-me lo consente.

Marino Livolsi e Ugo Volli,Rumore e pettegolezzi,

Franco Angeli,Milano 2006,

pagine 142, euro 14,00

Marino Livolsi e Ugo VolliRumore e pettegolezzi

di Franz Foti

Il volume di Antonio Bevere eAugusto Cerri è dedicato e aldiritto dell'informazione, inte-so quale articolazione del piùampio diritto di manifestazio-ne del pensiero che, a suavolta, risponde a un bisognoinsopprimibile dell’uomo. Il di-ritto all’informazione, che sipone in stretta connessionecon il più ampio diritto alla li-bertà di espressione, si decli-na non solo quale diritto diinformare e di informarsi libe-ramente, ma anche quale di-

ritto a non essere impeditidalla ricezione di informazio-ni, nonché a quello di riceve-re informazioni adeguate.Tale diritto, di vitale importan-za in ogni ordinamento de-mocratico, non si esaurisce alcampo della mera cronaca,ma si estende alla critica, intutte le sue svariate forme,che vanno dal radicale dis-senso, all’attacco veemente,ai toni ironici o satirici. Il liberopensiero difatti può germo-gliare solo nel vasto mondodi tutte le idee possibili, con lequali si deve quotidianamen-te cimentare, perché la vita

A. Bevere e A. CerriIl diritto di informazione e i diritti della persona

di Sabrina Peron

Quanta ironia e quanta ama-rezza in questo minuscolo li-bro di Leandro Castellani, re-gista, inventore del Teatro-in-chiesta al tempi della Tv intel-ligente! E il sottotitolo (Lamenzogna eretta a sistemanelle riflessioni di un teleterro-rista) e la citazione iniziale diKarl Popper (Una democra-zia non può esistere fino aquando il potere della televi-sione non sarà pienamentescoperto.Ma allora sarà trop-po tardi) guidano nella letturadei brevi capitoli del pepatovolumetto, nato con la com-plicità di un piccolo editore,Scipioni, che si autodefinisce“anomalo e indisciplinato” .La prima frase del volume miè sembrata molto esatta:“Nella stampa che si occupadi spettacolo c’è oggi unaspecie di generica unanimità.Nessuno critica più nessu-no”. Ma subito dopo mi sonotrovato di parere diverso. Noncondivido infatti il tono usatoper criticare Benigni, nel sen-so di Roberto. “…pletorico,arruffone, inventore di unacomicità becera e sguaiata,apparentemente iconoclastae, in realtà, giullare dei poten-ti, da Berlinguer a cui volevatanto bene, al Wojtilaccioamato-odiato sino all’appro-do a una sorta di scombic-cherato buonismo...”.E via di questo passo. Misembra strano che Castellaninon abbia tenuto presente leradici della commedia dell’ar-te, quella sì quasi sempresguaiata, tanto che ci volle unGoldoni a raddrizzarle legambe, e che non abbia usa-to il criterio dei grandi “nume-ri”, cioè una valutazione com-plessiva sull’iter professiona-le di un attore, giullare quantosi vuole - ma anche un Pre-mio Nobel come Dario Fo ri-vendica l’epiteto di giullare -per rivedere un giudizio, trop-po severo.A parte questa diversità diopinioni su Benigni, certa-mente imprevedibile ma au-

tenticamente sincero, lo scrit-to di Castellani, lo condividodal momento nel quale, quasisubito, acquista il tono pun-gente della satira. Su tutto esu tutti: naturalmente, uno deiprimi bersagli è il reality show.Castellani inventa qualcheassurda proposta (una pre-vede lo svolgimento in unascensore dove sei personesono rinchiuse per un mese)ma la realtà, di solito superala fantasia. Anche le figure ti-piche della tv, come l’anchor-man, il conduttore di pro-grammi leggeri e tutte le tipo-logie che hanno afflitto i ca-nali (tra pubblici e privati nonc’è molta differenza) vengonoanalizzate, e immerse in ba-gni di acido solforico, senzaalcuna pietà da parte di unoche si definisce “teleterrori-sta”.Nel “sottofinale” (mutuando iltermine dagli spettacoli di rivi-sta) l’autore fa ricorso ad unaraffica di citazioni “firmate”,una gragnuola di sassatecontro un giocattolo odiato eamato. Due, le più brevi, so-no, anche se datate, sinteti-camente il pensiero costantedi molti: “Domenica pomerig-gio: continuano con successoi corsi rapidi domenicali dirimbambimento (Sergio Sa-viane); Teleamatori: Se mipiace la Tv? Sì, perché sispegne facilmente (RobertMitchum)”.

Leandro Castellani,Te la do io la tv,

Scipioni 2006,Valentano (VT),

pagine 122, euro 4,00

Leandro CastellaniTe la do io la tivù

di Emilio Pozzi

politica e sociale non è altroche un’eterna ricerca chenon può vivere senza con-traddittorio e senza dialettica.Su questa fondamentale pre-messa, gli autori tracciano ilquadro delle soluzioni propo-ste - non solo in ambito giuri-dico ma anche in quello filo-sofico - al problema dell’eser-cizio di tale diritto. Difatti, la li-bertà di manifestazione delpensiero può trovare sì un li-mite in altri principi o beniprotetti dalla Carta costituzio-nale, ma è tuttavia difficile de-lineare tali limiti, quando l’e-sercizio di tale diritto è veico-lo di verità, soprattutto quan-do questa verità attiene a va-lori sommi dell’uomo e dellaconvivenza sociale. Non acaso, la nostra Costituzione,fonda un cittadino che, nonsolo è parte integrante di unasocietà che riconosce pari di-gnità e libertà di realizzare e

di sviluppare la propria per-sonalità al riparo da ingeren-ze conoscitive ed interventimanipolatori, ma che è an-che titolare del diritto di espri-mere liberamente il propriopensiero. Tuttavia, una so-cietà composta di cittadiniinformati e critici, non è legitti-mata a chiedere il perenneed aprioristico sacrificio deidiritti individuali all’altare deldiritto collettivo dell’informa-zione. In particolare, la Co-stituzione garantendo il liberoe pieno sviluppo della perso-nalità umana in tutti i suoiambiti, esclude l’ammissibi-lità di una categoria di sog-getti espropriati di ogni tuteladella loro persona, in nomedelle esigenze dell’informa-zione. Si crea così quella chegli autori definiscono comeuna “ontologica confliggen-za” tra il diritto di informazio-ne ed i diritti alla reputazione,

alla riservatezza ed all’iden-tità personale, di cui ognunoè titolare. Tale confliggenza,crea un delicato gioco di bi-lanciamento, che si risolve afavore del diritto di informa-zione, solo se, la comunica-zione lesiva degli altrui diritti,attiene a fatti di interesse so-ciale, veri (o almeno seria-mente accertati), nonché es-pressi in termini correlati efunzionali al livello della ma-nifestazione polemica e deldissenso manifestato.Gli autori, inoltre, ben eviden-ziano come, se è pacifico cheil diritto di informazione abbiaradici dogmatiche e costitu-zionali nell’art. 21 Cost., nonaltrettanto pacifiche appaio-no le radici del diritto di acce-dere all’informazione (dirittoquesto necessario per ren-dere effettiva la consapevolepartecipazione del cittadinoalla vita democratica del pro-

prio Paese). In particolareviene sottolineato che il dirittodi ricevere informazioni non èsolo il riflesso passivo del di-ritto di informare, ma rappre-senta anche il correlativo ob-bligo della Repubblica di eli-minare ogni ostacolo di ac-cesso all’informazione e digarantire un’informazionepluralistica. Laddove per plu-ralismo, non si intende solo lamera libertà di concorrenzain quello che viene chiamatoil “mercato delle idee”, maanche il pluralismo delle fontida cui l’informazione può es-sere attinta ed il pluralismoche ricerca la presenza di tut-te le idee, anche di quellescomode e poco vendibili.

Antonio Bevere e Augusto Cerri,

Il diritto di informazione e i diritti della persona,

Giuffrè 2006,pagine 306, euro 29,00

31ORDINE 9-10 2006

Sono molto efficaci e illumi-nanti i titoli dei capitoli chescandiscono gli ultimi diecianni del ventesimo secolo: Ilpartito dei media, Il partitomediale, Finisce il talk show?,Senza regole.E riflettendo sultitolo del volume di Crapis(Televisione e politica neglianni novanta) viene da chie-dersi: la politica ha influenzatola televisione o la televisioneha influenzato la politica? Unbuon esercizio di analisi, conuna risposta difficile (la que-stione non è ancora risoltaadesso che il primo decennio

del ventunesimo secolo si èconsumato al sessanta percento).Certo che questo nuo-vo contributo di Crapis alla ri-flessione sulla storia della co-municazione televisiva inItalia va considerato tra glistrumenti di consultazione piùindicati per rileggere, fra cro-naca e storia, gli avvenimentiche l’autore, nella premessanella quale dà giustamenteruolo di protagonista l’opinio-ne pubblica, ha chiamato, a ri-schio di semplificazione “i die-ci anni che sconvolsero i rap-porti tra politica e tv”. La con-vulsa accumulazione di fatti,nello scenario del mondopuntualmente raccontati at-

Giandomenico CrapisTelevisione e politica negli anni novanta

di Emilio Pozzi

“Nelle vite di essi artefici im-pareranno dove siano l’opereloro, e a conoscere agevol-mente la perfezione o imper-fezione di quelle, e discerne-re tra maniera e maniera; e’potranno accorgersi ancora,quanto meriti lode ed onerechi con le virtù di sì nobili artiaccompagna onesti costumie bontà di vita; ed accesi diquelle laudi che hanno con-seguite i sì fatti, si alzerannoessi ancora alla vera gloria”(Giorgio Vasari).Non è facile descrivere tren-tasette personaggi dell’Unio-ne in questa nuova fase flui-da della politica italiana, dopocinque anni di governo del

centro destra. Gian AntonioStella senza attendere alme-no i cento giorni del governoProdi, ha giocato d’anticipo emolte sue intuizioni si sono ri-velate azzeccate, altre scon-tate conoscendo il back-ground dei soliti noti. ConAvanti popolo, edito daRizzoli, l’inviato del Corrieredella Sera, completa il suo“bestiario” della nomenclatu-ra politica, dedicandosi que-sta volta ai ritratti della nuovamaggioranza.Così come aveva fatto per lacorte berlusconiana, Stellaironizza come il poeta shake-speiriano del Timone d’Ate-ne. “Voi vedete come tutti iceti e tutti gli spiriti, i più frivolie vani non meno che i piùprofondi e austeri, offrono i lo-

Gian Antonio StellaAvanti popolo

di Filippo Senatore

ro servigi al nobile Timone”.Le maggiori perplessità diStella riguardano l’eteroge-neità dei trentasette politici,vecchi e nuovi che rappre-sentano il ceto politico dellamaggioranza di governo. Maal contempo svela una “po-tente astrazione, un pragma-tismo” di pasoliniana elabora-zione. Descrive leader, viceed aspiranti vari senza indul-genze ideologiche.Al di là dei pregi e dei difetti lapolitica non più dei partiti madei personaggi, diventa un’i-perbole dai caratteri bizzarri,eccentrici e surreali.Se ci fermassimo alle etichet-te di Strapaese non com-prenderemmo il lavoro certo-sino dello scrittore il qualescopre aneddoti, episodi e di-chiarazioni sottoponendo ilpersonaggio ad una radio-grafia e ad un giudizio nonsempre benevolo, a voltecaustico. Il linguaggio è colo-rito con citazioni proverbialiche definiscono i sacri lombidei vip italici.La definizione dei coniugiMastella: “ Potere e torroncini

dei Clinton di Ceppaloni;quella di Bassolino: “Lo chia-mavano il Toni Blair ofAfragola”. A proposito diDiliberto: “Con gli amici è dibocca buona. Basti ricordarecome difese a spada trattaNicola Grauso, suo testimo-ne di nozze, anche dopo ilrinvio a giudizio (bancarotta)per il fallimento della cartieradi Arbatax e l’accusa di avereestorto un miliardo al padredella rapita Silvia Melis”.Una citazione da Cuore, set-timanale di resistenza uma-na: “Veltroni tratta con il virusEbola. Clamoroso successodiplomatico del Cavour pi-diessino”.L’autore, come in una scenadi Anni Ruggenti di LuigiZampa, annota: “Mucche co-sì sono l’orgoglio dell’Italia”,sentenziò. “Scusi ministro èun toro”, gli spiegarono. Daquel momento sabato 28 ot-tobre 2000, Fiera della Zoo-tecnia, Alfonso PecoraroScanio sarebbe stato perse-guitato dalle battute.Nel ginepraio in cui si svolgo-no le biografie dei vecchi e

dei nuovi politici, si rivela ilgrande abisso tra passato epresente. Per MoiseiOstrogorski il partito di fineOttocento è una macchina dimanipolazione che “fa appel-lo meno alla ragione eccitan-do di preferenza quelle emo-zioni che turbano la capacitàdi giudizio e che rendono pri-gioniera la volontà”.All’inizio del nuovo millennioitaliano, grazie alla concen-trazione del potere televisivola situazione è peggiorata .Oggi, secondo Gian AntonioStella, per entrare in politicanon è più necessario fre-quentare un partito. Prima bi-sogna diventare noti e il mez-zo televisivo è l’unico passche ti permette di bruciare letappe. Non bastano le appa-rizioni nelle manifestazioni semancano i media. Chi ti notain mezzo a centinaia di per-sone più intelligenti di te?Stella con qualche battutafulminea spiega gli arcana:“Una certa notorietà conqualche ospitata al MaurizioCostanzo Show e battute fol-goranti”. Una volta il segreta-

rio politico, locale o naziona-le, selezionava i quadri nellesezioni di partito. Oggi c’è unGrande Selezionatore chedecide chi sta dentro e chista fuori.Stella, citando le fra-si rubate al personaggio, lovolgarizza e l’umanizza perrenderlo a scelta del lettore,simpatico ovvero odioso. Èun esame onesto e al di so-pra delle parti di virtù e vizi, ditic e di colpi d’ala. L’autore,secondo Luigi La Spina,“sfoggia le principali regoledel giornalismo con disinvoltasapienza. L’umiltà di un durolavoro di ricerca, l’indipen-denza di chi ha convinzionipolitiche ma non le sottomet-te alla convenienza di fazio-ne, il gusto di scavare beichiaroscuri dei comporta-menti per illuminare le ambi-guità delle idee e, soprattutto,la curiosità per il personag-gio, la via maestra per rac-contare la realtà senza saliresulla cattedra”.

Gian Antonio Stella,Avanti popolo,

Rizzoli,pagine. 268, euro 17,50

Olympia Stadion 1936-2006:il cielo è sempre azzurro so-pra Berlino. L’impresa com-piuta dalla nazionale di Lippi,partita tra le polemiche diMoggiopoli, ricorda quellaolimpica degli azzurri guidatida Vittorio Pozzo. Quella na-zionale partecipò alle Olim-piadi tra lo scetticismo dei ge-rarchi fascisti, che ne rimase-ro volutamente alla larga te-mendo brutte figure, salvo poiricredersi, come i nostri attua-li politici, per diventarne i piùcaldi sostenitori. La parteci-pazione ai Giochi Olimpiciera riservata agli atleti dilet-tanti, così il ct-giornalistaPozzo trovò un escamotage,formare una rosa di studentiuniversitari. In realtà eranotutti professionisti, ma invece

di prendere soldi ricevevanoin cambio borse di studio.Trai giocatori si mise in luceAnnibale Frossi, l’ala che gio-cava con gli occhiali, in quan-to miope, ma che davanti allaporta ci vedeva benissimo,tanto da risultare il capocan-noniere del torneo con bensette reti. Annibale Frossi fuautore del gol decisivo nellafinale, quel 15 agosto del1936 contro l’Austria, davantiai novantamila spettatori del-l’Olympia Stadion che tifava-no apertamente per i nostriavversari. Al secondo minutodei tempi supplementari unFrossi irresistibile mise il pal-lone in rete, con una finta, do-po una veloce azione dell’in-tero reparto d’attacco. Dopoaver vestito la maglia del-

Ernesto e Sergio MenicucciAnnibale Frossi Über Alles ele 32 stelle di Germania 2006

di Massimiliano Lanzafame di Massimiliano Lanzafame

l’Inter, la favola di Frossi con-tinuò da allenatore, nellesquadre di mezza Italia,quando per le sue idee rivo-luzionarie fu definito daGianni Brera il “DottorSottile”. Fautore dello sche-ma a “M” ci teneva tantissimoche i suoi giocatori rispettas-sero certi schemi di gioco efu, per questo, un anticipato-re delle teorie rivedute e per-fezionate, da Helenio Her-rera, negli anni sessanta, eda Arrigo Sacchi negli anninovanta. La seconda partedel testo è, invece, una car-rellata sulle “stelle” delMondiale 2006, da Ballack aRonaldinho, con una breve,ma alquanto affascinantestoria delle sfide mondiali:dalla prima Coppa Rimet del1930 vinta dall’Uruguay alBrasile “Pentacampeon” inCorea 2002.

Ernesto e SergioMenicucci,

Annibale Frossi ÜberAlles e le 32 stelle di

Germania 2006,www.lulu.com, Edizione

2006, pagine 127

Quale informazione sull’Eu-ropa e dall’Europa? C’è dav-vero nella gente il desiderio diconoscere la variegata realtàeuropea?Sono alcuni dei quesiti che sipone Gianni Borsa, giornali-sta professionista, che da an-ni segue, per l’agenzia Sir diRoma, le attività delle istitu-zioni dell’Unione Europea aBruxelles e a Strasburgo. Nellibro sono raccolti diversi ser-vizi giornalistici e intervistedell’autore che, settimanal-mente, racconta lo stato disalute dell’Europa e le que-stioni aperte sulla strada del-la piena integrazione: a parti-re dall’iter di ratifica dellaCostituzione, che ha subitoun brusco rallentamento conle bocciature nei referendum

francese e olandese; ai ne-goziati per le nuove adesioni,tra cui quello molto discussodella Turchia; alle politiche in-clusive verso i Paesi nuovientrati dell’allargamento aEst; alla necessità di salva-guardare le diverse culture etradizioni e nello stesso tem-po valorizzare le radici comu-ni, come quella cristiana, chepossono dare un’animaall’Unione. Oggi l’Europa sitrova in un punto di svoltadella propria storia, deve de-cidersi a imboccare la stradadi una reale integrazione deipopoli e degli stati, per non ri-schiare di arenarsi tra ecces-siva prudenza e malintesi.Anche perché gli “euroscetti-ci” alzano la voce, si sentesempre più spesso dire “è

Gianni BorsaCantiere Europa

colpa dell’Europa” a proposi-to dei più svariati temi, che ri-guardano la vita quotidiana,l’economia o la politica.Diventa così fondamentale ilruolo dell’informazione chedeve dimostrarsi matura ecompetente, conoscitricedelle istituzioni e delle aspet-tative della gente, per poteranalizzare in profondità i pro-blemi. In questa ottica, il libro,va inquadrato come un con-tributo “giornalistico”, cioè do-cumentato e pensato, allacostruzione della “casa co-mune” europea.

Gianni Borsa,Cantiere Europa.

Allargamento,Costituzione,Turchia:

dove va la “casa comune”,Edizioni In Dialogo,

Milano 2005,pagine 238, euro 11,00

traverso le immagini televisi-ve, il nevrotico succedersi dicambiamenti d’umore e diconseguenti decisioni ai verti-ci nei palazzi del potere me-diatico, il salire e scenderedegli indici d’ascolto e dellesimpatie nei “salotti” e nelle“piazze” televisive, sono regi-strati con perizia di intelligen-ze cronista da un osservatoreessenzialmente scrupoloso,anche se la sua collocazioneideologica non è nascosta.Ma proprio per questo, il lavo-ro di Crapis va apprezzato.L’opinione poi di studiosi co-me Alberto Abruzzese, Enri-co Menduni, Giovanni Cesa-reo, Nicola Tranfaglia e Pep-pino Ortoleva, anche loro col-locati, in linea di massima,sullo stesso fronte, ma scien-tificamente inattaccabili, haconsentito di dare un serioavallo alla strada imboccatanella narrazione E la biblio-grafia (oltre duecento titoli)conferma l’accuratezza della

ricerca. Del resto prova di se-rietà informativa, Crapis, l’a-veva data nelle sue opereprecedenti (La parola impre-vista. Intellettuali, industriaculturale e società all’avventodella tv in Italia, del 1999 e Ilfrigorifero nel cervello, Il Pci ela Tv da Lascia o raddoppiaalla battaglia contro gli spot,nel 2002).Con analoga impo-stazione il discorso dunqueprosegue. E il racconto sisnoda senza trascurare nes-suno dei protagonisti (politici,giornalisti, conduttori tv, attoridediti alla satira) che hanno ti-ranneggiato molte serate delpiccolo schermo.Dieci anni dipersone e personaggi, anchecon le frasi più significative epolemiche, scorrono davantiagli occhi della nostra memo-ria, restituendoci le sensazio-ni che abbiamo provato nelmomento nel quale le ascol-tavamo, fossimo, a nostra vol-ta consenzienti o contrari.L’elenco, se non di tutti, alme-

no dei principali riempirebbemolte righe. Peccato non tro-varli in un indice dei nomi.Il volume si conclude con unapostfazione che scavalca ildecennio preso in esame eindica, sempre facendo riferi-mento ai fatti più significativi ealle polemiche, le linee di ten-denza che si manifestano.Siamo sempre nella cornicedelle due anomalie italiane(“un polo privato in mano a ununico imprenditore e un polopubblico mai uscito dall’orbitagovernativa, finivano dunqueper sovrapporsi completa-mente […] e partorivano unsistema televisivo in mano aun unico soggetto politicocommerciale), e nelle diatribesulla par condicio”.Il giudizio finale - la narrazio-ne si ferma alla “legge Gas-parri” - non è positivo.Occasioni mancate da en-trambe le parti, sia dal servi-zio pubblico che dalla tv com-merciale egemone.

Al prossimo libro, dunque,che si spera, nell’interessedei cittadini, possa avere unseguito diverso. Qualche timi-do segnale, tutto peraltro dadecodificare ( e forse per que-sto Crapis non ne parla) si ri-scontra ne LA7, dove coesi-stono, con grande professio-nalità, Giuliano Ferrara, af-fiancato da Ritanna Armeni, eGad Lerner, Daria Bignardi ePiero Chiambretti, e rubrichecome Sfera condotto daAndrea Monti e rubriche co-me Omnibus che ha rivelatoun giornalista come AntonelloPiroso, Effetto reale, Atlan-dide, 25a ora.

Giandomenico Crapis,Televisione e politica negli

anni novanta.(Cronaca e storia

1990-2000),Meltemi editore,

Roma 2006,pagine 288, euro 21, 50

32 ORDINE 9-10 2006

Paolo Murialdi, “maestro” tra cronaca,sindacato e storia

Fra i giornalisti meno teneri nei confron-ti della propria corporazione può esse-re sicuramente annoverato Paolo

Murialdi. Eppure fu per non pochi anni, dal1974 al 1981, presidente della Federazionenazionale della stampa, attraversando conPiero Agostini tutti gli anni definiti “di piom-bo”, ma pure quelli nei quali forse la cate-goria si espresse col massimo di autonomiae di dignità fra le tempeste della politica e ilunghi tunnel creati dall’emergenza terrori-stica. Che puntava diritta a colpire - e lacolpì in alcuni dei suoi uomini migliori - la li-bertà di informare coniugata con la respon-sabilità, con la necessità di non cedere néal sensazionalismo né all’autocensura pre-ventiva. Anni difficili, a volte impervi. Anniduri, a tratti durissimi. Nei quali però la ten-sione politica e sindacale era in noi forte,con la voglia di essere presenti, di non mol-lare, nelle aziende e fuori di esse.

EPaolo interpretò bene, assieme aPiero, questa tensione e questa vogliaal vertice della Fnsi. Credo che aver

eletto - a grande fatica la prima volta e conmomenti di vera suspense - un presidentedel sindacato giornalisti con le sue caratte-ristiche sia stato, e resti, un merito non dapoco per noi operatori dell’informazione.Nella sua ligure sobrietà anti-retorica, nonavrebbe voluto, credo, essere definito “unmaestro”. Invece lo è stato nei libri,all’Università e anzitutto nella professione,principalmente al Giorno, prima di Baldaccie poi di Pietra, dove fungeva, con una ap-plicazione costante e a tutto campo, da ca-poredattore centrale e dove curò per anni lapiù straordinaria pagina dei libri che io ram-menti, con giovani talenti critici e letterariche si chiamavano Arbasino, Citati, Garboli,Giudici, Manganelli, lanciati da quelle me-morabili pagine. Ma giovani e meno giovanilo ricordano e lo ricorderanno a lungo per isuoi volumi di storia del giornalismo italia-no, per i suoi manuali su “come si legge ungiornale”, sui quali tanti di loro si sono for-mati e si formeranno.Paolo era figlio d’arte, nel senso che il pa-dre Vezio, inviato sportivo del Messaggero,l’aveva introdotto quasi senza volerlo nel-l’ambiente. A Genova aveva fatto le sue pri-me prove, giovanissimo, nel principale quo-tidiano cittadino, il Secolo XIX. Con me, chel’ho conosciuto nel 1960, ventiquattrenneio, appena quarantenne lui, era portato adaprirsi, insolitamente. Forse perché, alGiorno diretto da chi l’aveva portato in mon-tagna fra i partigiani dell’Oltrepò, cioè daItalo Pietra, anche lui cresciuto a Genova,io ero il ragazzo di bottega che si occupavasovente del porto e dell’economia della suacittà di origine e quindi potevo ormai coglie-re le sfumature di quell’approccio umanoscevro da infingimenti, persino ruvido talora(anche se entrambi, Murialdi e Pietra, ave-vano un à plomb da gentiluomini). Abbiamolavorato insieme per un quindicennio e, incerte pause, mi raccontava di quando il pa-dre l’aveva portato con sé a Roma nella sto-rica sede del giornale dei Perrone (all’epo-ca proprietari anche del genovese SecoloXIX) e lì vi avevano incontrato il direttore deiprimi anni Trenta che reduce da una ceri-monia indossava ancora il tight. Il ragazzoMurialdi ne aveva riportato un’impressionebuffa e paludata insieme del giornalismo, diquello romano soprattutto.

Il padre non era certo un fascista fervente.Suo nonno Luigi, anzi, era stato deputatosocialista riformista di Ovada, sostenitore

delle leghe operaie (dei “carbunìn” in parti-colare) nel porto di Genova, e poi deputatoe sottosegretario con Francesco SaverioNitti nel drammatico periodo postbellico, pri-ma della marcia su Roma. Ma in casa nonse ne parlava, non se ne accennava quasi.

di Vittorio Emiliani “Ciao Paolo, hai insegnato molto

a tanti di noi, senza mai montare

in cattedra, con l'esempio morale

e professionale, con la dignità

dei comportamenti, qualche vol-

ta con la tua ligure rusticità.

Assieme ad altri, ci hai resi, in

anni lontani e indimenticabili, più

maturi, più consapevoli. Come

giornalisti e come uomini”,

Nella capitale, non molto lontano da SanPietro, c’è un sito che i romani d’età chia-mano ancora la Fornace dei Genovesi. Unodi questi era Luigi Murialdi, nonno di Paolo,che si era fatto imprenditore, prima di spe-gnersi ancora relativamente giovane.La prima formazione di Paolo Murialdi erapertanto avvenuta, come per tanti altri, nelGuf della sua città, Genova. Lo ha ricordatonel solo libro, se non erro, dedicato ad unamemoria personale, La traversata (IlMulino), in cui racconta il suo passaggio dal-la fronda gufina nei confronti del fascismo incui era cresciuto (era nato nel 1919) all’an-tifascismo attivo, al partigianato dopo esse-re stato sottotenente degli alpini a Mondovì,senza esperienze belliche. Anche quel suoingresso nelle brigate dell’Oltrepò pavese,nella montagna fra Genova e il Po, lo rac-contava smitizzandolo: “Mi arruolai in uncampo di meliga della cascina chiamata laFogliarina”.

Lì l’aveva convocato Italo Pietra, amicodegli anni genovesi, di lui maggiore diotto anni, quasi sempre in grigioverde

dai primi anni ‘30, fra Etiopia, Albania, e al-tri fronti. Pietra lo aspettava fra il granoturco(la meliga) alto dove s’era fatto ricavare unluogo appartato ove poter leggere: stava persalire in montagna, nella “sua” montagna fraVoghera, Piacenza e Genova, e voleva chePaolo andasse con lui. Così ebbe inizio perMurialdi quel terribile biennio in cui diede leprime prove di coraggio, di senso dell’orga-nizzazione e del comando, di disposizioneal dialogo. Fu lui l’ufficiale incaricato di te-nere i collegamenti con le altre formazioni econ gli Alleati per conto delle brigatedell’Oltrepò e a trattare l’ingresso nelle stes-se di disertori armati, come quei cecoslo-vacchi che possedevano sul Po un bel nu-mero di armi pesanti, di mitragliatrici, utilis-sime per l’avanzata finale verso Milano an-cora da liberare dagli ultimi pericolosi nucleidi cecchini tedeschi.Ma anche della Resistenza Paolo parlavaabbastanza poco e comunque nel modo piùanti-retorico.Contavano i valori di libertà, di giustizia, disolidarietà che essa aveva espresso, fra mil-le contrasti e difficoltà, fino alla Repubblica,fino alla Costituente. Nella sua Traversatanon nascose certo quei contrasti e quelledifficoltà, coi comunisti per esempio, ma pu-re con certi comandanti di GL, e però ciòche valeva era lo sbocco democratico alquale il movimento era pervenuto. Ne parla-vamo ogni tanto, anche perché, avendo ca-sa a Voghera, conoscevo benissimo tutti icomandanti partigiani rimasti molto legati a“Edoardo” (Pietra) e a “Paolo”: “Ciro”,“Fusco”, “Albero”, “Americano”, “Gim” e tan-ti altri.Una volta andammo in treno, assai lenta-mente, da Milano a Sondrio dove, quella se-ra, si doveva tenere un dibattito - che si an-nunciava tesissimo e lo fu - sulle inchiesteche stavamo conducendo su quella provin-cia dominata dalla Dc e dove il ruolo di op-positore era soprattutto dei socialisti.Eravamo Pietra, Murialdi, Pansa ed io.Giampaolo, che aveva pubblicato da Laterzala sua tesi di laurea, piuttosto agiografica inverità, sulla Resistenza fra Genova e il Po,poneva ad entrambi domande ansiose suquesto e su quel personaggio partigiano co-munista della VI Zona, l’area fra Voghera eAlessandria.

EPietra si divertiva, sarcastico, a rispon-dere così: “Il tale? Era un volgare as-sassino” , “Il tal’altro? Un fucilatore”, e

così via. Pansa restava interdetto e Paolo sela rideva condividendo le dissacrazioni deldirettore-comandante.A Sondrio ci aspettava un distinto signore,presidente della Provincia, il quale, a nomedella Dc locale (egemonizzata da AthosValsecchi, leader doroteo, attaccato con fon-dati argomenti da noi, da Pansa in specie)

doveva annunciarci che nessun esponentedemocristiano avrebbe partecipato al dibat-tito di quella sera. Eravamo, se non erro,nella primavera tarda del 1968 e per Pietranon era la migliore delle notizie. Ma il suc-cesso della serata fu caldissimo. A riprovache uomini come Pietra e Murialdi sapeva-no tenere ferma la barra politica di un gior-nale peraltro di proprietà dell’Eni.

Dalla Resistenza Paolo era uscito so-cialista e tale rimase tutta la vita, so-cialista senza tessera, senza dipen-

denze, senza indulgenze, anzitutto versose stesso. Aveva lavorato per l’Avanti! e poiper la socialdemocratica Umanità. Poi eraentrato al Corriere della Sera restandoviper alcuni anni. Al Giorno approdò conGaetano Baldacci venendo, per l’appunto,assieme ad altri fondatori (Franco Nasi,Giorgio Pecorini, Enrico Forni) da viaSolferino.Quel caporedattore centrale che di tutto sicurava, scrupoloso, informato, rigoroso, ditutto si preoccupava fuorché di apparire ac-cattivante, popolare fra i redattori. Ma il suoruolo sapeva esercitarlo con decisione ecompetenza. Con quello scatto di fantasiache gli fece concepire e gestire per anni lapagine dei libri più innovative degli anni ‘60e oltre. Basta riprendere in mano, se lo sitrova, il volume sui “cento libri” consigliatidal Giorno, curato da Garbali e daManganelli. Poi, licenziato, per ragioni poli-tiche, nel ‘72, Italo Pietra dopo l’affermazio-ne del centrodestra, Murialdi rimase pocopiù di un anno con Gaetano Afeltra.

Da tempo si era dedicato a scrivere lasua prima storia del giornalismo. Sidimise, andò in pensione con un an-

no di anticipo. Non fece polemiche esplicitee tuttavia si capì bene il suo dissenso dal-la linea afeltriana che noi della redazionecontestavamo in toto. Nel settembre del ‘74Paolo era venuto al congresso dellaFederazione della stampa a Rimini, invitatoad una tavola rotonda organizzata dallaRegione Emilia-Romagna.Dopo quel dibattito, ci fermammo a chiac-chierare seduti sui gradini nel TeatroNovelli. “Perché non rimani? Non si samai..”, gli accennai sorridendo. In effetti po-teva essere un bel candidato-presidente. Simise a ridere: “Ma va’, chissà che giochi cisono già sotto”. C’erano infatti. Il vertice del-la corrente di Rinnovamento, la nostra, cioèCerchia, Curzi, Massimo Riva, avrebbe vo-luto un presidente di non grande spicco(inutile fare nomi, oggi). All’interno della de-legazione lombarda furono fermissimi nel-l’opporsi, con grande tenacia, Sergio Borsi,Antonio Airò, Giampiero Grecchi e alcunialtri. Con successo, alla fine. Ci accordam-mo in quattro, Andrea Barbato, NuccioFava, Giulio Mazzocchi ed io per “spingere”Murialdi dopo che era caduta al primo tur-no la candidatura, pure eccellente, ma an-cor più di rottura, di Enzo Forcella, presi-dente del Movimento giornalisti democrati-ci. Fui io a chiedere a Luciano Ceschia,

mentre si stava per rivotare (e la compo-nente di centrodestra puntava su Sgarlata,molto appoggiato), di salire su di un tavoloe di candidare a nome di tutti Paolo.Lo fece subito, in modo convinto e convin-cente. Murialdi vinse per cinque o sei votiappena contro la ex maggioranza di cen-trodestra. Incredibilmente emozionato, il ri-minese Guido Nozzoli, ex partigiano ed exGiorno lui pure, arrivò da casa trafelatobrandendo alcune bottiglie di Sangiovesecostringendoci a brindare, stanchissimi, inquell’alba affettuosa, davanti al Novelli alprimo presidente della Fnsi che veniva dal-la Resistenza.

Paolo Murialdi doveva formare, più tar-di, con Piero Agostini segretarioun’accoppiata di grande serietà, com-

petenza, passione sindacale e civile, ac-compagnando l’insegnamento universitarioal lavoro per la bella rivista Problemi del-l’informazione (Il Mulino) e per nuovi librisui quali si è formata più di una generazio-ne di giornalisti. Mai corporativo, schietto egran lavoratore Paolo lo fu anche in Rai nel-l’anno e nel Consiglio dei “professori”, pre-sieduto da Claudio Demattè, fra 1993 e1994, di cui scrisse un’amara cronaca(Maledetti professori, Mulino), cercando diricostruire una azienda travolta dai debiti edal clientelismo di partito e di corrente.

All’avvento del primo governo Ber-lusconi furono subito spazzati via, co-stretti ad andarsene dopo aver impo-

stato un serissimo risanamento. Poi, lui siera dato di nuovo all’insegnamento, ad altrilibri, agli incontri coi giovani, sempre con lasua vena di pessimismo laico che però losollecitava, alla fine, all’impegno democrati-co, a quella didattica formativa. Se lo invita-vano a parlare della Resistenza, accettavaper pronunciare discorsi mai formali.Detestava il trombonismo, ovunque si anni-dasse. Detestava i “prigionieri del sogno”,anche di quello partigiano. Ma lui c’era sem-pre, nelle piazze, nei teatri, nei circoli, nelleaule dei Comuni, anche quando la salutedeclinava e un ictus l’aveva colpito alle cor-de vocali e quindi parlava con fatica,stan-candosi presto.Non si stancava però di lavorare, di esserepresente, di sentire i pochi, vecchi, veri ami-ci. Soltanto due anni fa, già malato, avevaaccettato di ricordare il 25 aprile in piazzaa Stradella. C’erano molti giovani e questobastava all’ex sottotenente degli alpini re-clutato fra i partigiani dell’Oltrepò in uncampo di meliga alla Fogliarina diMontebello. Uscivano libri in cui laResistenza e ancor più il dopoguerra veni-vano dipinti soltanto come un bagno di san-gue inflitto a fascisti e collaborazionisti.

Ne fu sinceramente amareggiato. Lui,che pure mai era stato indulgente congli “esaltatori indiscreti”, acritici del-

l’antifascismo e del artigianato, sentiva il bi-sogno di rimettere a posto le cose.“Alla fine trovammo la libertà”, ha lasciatoscritto, e questo contava, più che mai, e piùdi ogni altra cosa.Con Italo Pietra - che, come scrisse anni faun altro della banda del Giorno, anche luiex partigiano, Manlio Mariani, aveva accen-to di severo abate longobardo - l’amicizia siera interrotta, in modo brusco e duro, comeaccade fra uomini del Nord, poco portati al-le mediazioni. Alla morte di “Edoardo” - av-venuta quindici anni or sono, nella stessaclinica milanese dove si stava spegnendoLuigi Fossati, inviato estero del Giorno esuccessore di Pietra alla direzione delMessaggero - Paolo manifestò un dolorevero e scabro che lo riavvicinò alla famigliadi Italo. Noi, amici e sodali di entrambi, nefummo felici. L’omaggio sincero cheMurialdi rese al suo antico comandante neLa traversata fece da sigillo a quella ricon-ciliazione ideale.

I N O S T R I L U T T I

33ORDINE 9-10 2006

I N O S T R I L U T T I

Umberto Domina,l’umorismo senza veleno

di Emilio Pozzi

Siamo tutti umoristi. In questa frase usata co-me titolo per un suo libro c’è il segno della fi-losofia di Umberto Domina, che umorista loera davvero. A tutto campo. Fierezza isolana,quella della Sicilia, pervasa da umanissimaumiltà (non ha mai applicato alla lettera il suocognome), acquisita in mille esperienze di vi-ta, ha marcato la sua personalità, almeno intre campi: il giornalismo, la pubblicità e la nar-rativa.Il tre, lo si ritrova anche nei luoghi della suaoperosa vita, la Sicilia, Torino e Milano. E sulfilo dei libri che ha scritto, nei quali c’è moltamalinconica autoironia - più sorriso che riso -,ritrovo le tracce di una vita. Intensa, qualchevolta sofferta, senza però scatti di inquietudi-ne e trasalimenti.Quando nel 1965, pubblicò il suo primo libro,Carletto Manzoni lo salutò così: “In tempi co-me i nostri la scoperta di un umorista è un av-venimento che dovrebbe suscitare il più vivointeresse in tutto il Paese. Bisogna dirgli gra-zie e pregarlo di non fermarsi sulla strada dif-ficile che sta percorrendo”.Aveva già 44 anni, ma i primi passi da giorna-lista li aveva fatti in Sicilia, come collaboratoredi un settimanale diretto da Massimo Simili(altro umorista dimenticato), al Giornale diSicilia e al Corriere di Catania e poi era statoun poco prigioniero della laurea in giurispru-denza conquistata a Torino, studi impostigli dalpadre Salvatore, maresciallo dei carabinieri,ma senza nessuna voglia di fare l’avvocato,per cui si trovò a lavorare al Totocalcio e poicollaborando con Ezio Radaelli, ben noto co-me promotore di manifestazioni, si spostò aMilano a occuparsi di pubblicità, prima allaGiviemme (che organizzava Miss Italia, inven-

tata da Dino Villani) e poi, su segnalazione diAntonio Valeri che apprezzava la sua dinami-ca fantasia, alla Philips (allora molto attiva inintelligenti iniziative promozionali).Gli era andato tutto bene, fin da quando erascampato, per un atto di pigrizia, alla morte.Era successo in tempo di guerra.Diventato uf-ficiale a Torino, poteva dormire fuori casermae, una mattina, non si era svegliato.Era proprio il giorno della partenza per il fron-te. Per punizione fu spedito in Calabria. Gli al-tri compagni, imbarcati su una nave diretta inAfrica, furono bombardati e perirono tutti. L’8settembre del ‘43, al momento del ‘tutti a ca-sa’, aveva avuto una seconda fortuna. AReggio Calabria trovò un ufficiale americanoche lo fece imbarcare su un traghetto per laSicilia, affidandogli il compito, tornato a dEnna, di aprire l’ufficio del Pwb, che si occu-pava della censura. Forse da quell’esperienzagli venne poi l’idea di raccogliere ritagli curio-si per due libri (Siamo tutti umoristi e La pub-blicità è la mina - anziché l’anima, ndr - delcommercio, dedicato agli errori di stampa).Ma l’umorista che era in lui ci ha regalato unbel pacchetto di volumi, spiritosi e divertenti. Iltitolo del primo, Contiene frutta secca, prendelo spunto dal fatto che al Sud si aveva l’abitu-dine di spedire molti pacchi a parenti e amicitrasferiti al Nord. E per evitare di dover speci-ficare ogni volta il contenuto, si usava una fra-se standard, ‘contiene frutta secca’, appunto.E nella prefazione - il libro è dedicato alla fi-glia Genny - Domina spiega la vicenda: “È lastoria di Gaetano Zappalà e di GualtieroBorletti. Di un meridionale cioè che aspira alNord e di un settentrionale che viene aspira-to dal Sud. Tuo padre, cara Genny, è più chealtro un Borzalà, uno cioè che ha in sé queltanto di Borletti che lo costringe a rispettare leregole civili ma tristi dei cisalpini, e quel tanto

di Zappalà che l’aiuta a sopportarle”. Un altrolibro, scritto nel 1966 e ripubblicato nel 1975,dedicato al figlio Paolo, La moglie che ha sba-gliato cugino, ha la prefazione di Enzo Biagi,che scrive di essersi divertito e di aver pensa-to a certe pagine di Campanile o di Zavattini.E annota: “In ogni pagina c’è un’invenzione, letrovate si succedono, la scrittura è gradevole.Domina è di quelli che prima pensano poi par-lano. Di solito accade il contrario”.Morti di nebbia è invece dedicato alla moglieMaddalena, ‘con allegria’, milanese doc (il pa-dre era l’avvocato Ambrogio Giacomo An-tonini, autore addirittura di una traduzione inmeneghino de La Divina Commedia e di unvocabolario italiano-milanese. E si parla moltodi Milano, una volta città della nebbia.L’umorismo di Umberto Domina ha percorso

anche le vie dell’etere, in trasmissioni radio etelevisive come “Il bello della diretta”, “Pre-giatissima”, “Cari genitori”, alcune realizzatecon Guido Clericetti.E ancora due trasmesse dalla Rai di Torino,città alla quale il destino l’ha riportato, in anniabbastanza recenti, e cioè la televisiva “Parolamia” per Luciano Rispoli e la radiofonica “L’ariache tira”.Nel ricordarlo, anche noi con un sorriso, nonvogliamo dimenticare una sua creatura, gior-nalisticamente elitaria.È una piccola pubblicazione per un ristrettis-simo numero di amici lettori, arrivata al nume-ro 100, dal titolo apparentemente misterioso:UT. Non aveva niente a che fare con il latinoma era l’inizio di una parola fondamentale cheforse, come a noi, gli piaceva: Utopia.

Guido Oddo,cronista gentiluomo

Se ne è andato in punta di piedi, GuidoOddo, come a confermare uno stile di vi-ta, da antico gentiluomo piemontese (eranato a Torino nel 1920). Alla figlia Mirandaaveva chiesto che il suo congedo dalla vi-ta non fosse divulgato. I vecchi colleghihanno saputo per caso, e con molto ritar-do, che era stato tumulato al CimiteroMonumentale di Milano.È stato una delle voci e dei volti più no-ti, in anni ormai lontani, della tv: cronistadi tennis e di sci, commentatore di serated'arte lirica, soprattutto alla Scala. Lapassione per gli sport preferiti l’aveva por-tato a collaborare a qualche emittente lo-cale, dopo il pensionamento dalla Rai.Antenna 3 alla fine degli anni Ottanta gliaveva affidato una rubrica di pallacane-stro. Ecco in poche, scarne righe la sinte-si di una vita trascorsa da testimone, mafino a farle diventare popolari. La sua vo-ce, fuori campo, ha raccontato disciplinesportive considerate un tempo d’élite, ge-sta della Valanga Azzurra, di GustavoThoeni, di Pierino Gros, di IngemarStenmark E nel campo tennistico (anchelui giocava discretamente nei campionatidei giornalisti), ebbe la fortunata occasio-ne di narrare i momenti d’oro di AdrianoPanatta. Aveva cominciato alla radio, co-me speaker, voce garbata e poco littoria

per i microfoni di Radio Tevere, la disin-volta emittente della Repubblica socialeche trasmetteva da Milano (ne ha scrittoGianni Bongioanni in un suo interessantelibro) e dieci anni dopo aveva cominciatola sua collaborazione alla Rai con La ru-brica Sette giorni in TV, il rotocalco dedi-cato all’illustrazione dei programmi televi-sivi della settimana. Nel 1957 (citiamodalla Garzantina sulla Tv) “in Sette noteleggeva improponibili testi accademici sufenomeni ‘dotti’ come il song di Kurt Weillo le sofisticate Canzoni di Juliette Grèco,a proposito della quale commentava:Ecco una sorprendente creatura, metàdonna metà mostro come una creaturaedipea…solo la pietà cristiana potrebberecuperare queste creature, travolte in ungorgo sempre più vorticoso.Alle piste di sci e ai campi di tennis è ar-rivato alla fine degli anni Sessanta. Haanche condotto, nel 1975, Domenicasprint sulla seconda rete della Rai.Ha insegnato uno stile professionale, eanche di vita, a molti: lontano dagli urli edalla retorica strombazzante, riservato,senza prendersi gratuite confidenze. Lanotizia della sua scomparsa ha sincera-mente addolorato molti colleghi (tra que-sti Giampiero Galeazzi che ha detto: “Èstato il mio maestro; un gran signore, intutti i sensi; bello, elegante, impeccabilenelle sue giacche) e gli appassionatisportivi con molti capelli bianchi.

Carlo Vella,giovane pioniere dellastampa delle comunità

L’esordio nel mestiere risale agli inizi degli an-ni Novanta, ma l’aria e le idee del giornalismoCarlo Vella le respirava già da piccolo. Il non-no materno, Carlo Natale, antifascista vige-vanese aveva fondato L’informatore, destina-to a diventare, anche sotto la guida della figliaMargherita, il giornale punto di riferimentodella comunità vigevanese e della Lomellina.Carlo Vella è scomparso tragicamente la not-te di giovedì 7 settembre in un incidente del-la strada. Aveva solo quarant’anni, e gli ultimitredici li aveva passati a dirigere L’informatore,continuando la tradizione familiare con unospirito adeguato ai tempi e una formula cheaveva fatto del suo giornale un eccezionaleesempio dal punto di vista tecnico, con un im-pianto pionieristico per i tempi (primi anniNovanta) basato sull’intervento diretto delgiornalista sulla pagina: modello che liberòmolti settimanali e bisettimanali locali dal gra-vame imposto dai sistemi editoriali copiati daigrandi quotidiani. Un’altra spinta innovativa fuquella impressa alla cronaca locale, che an-cor oggi ghettizza questo settore della stam-pa a minuzie divise paese per paese, ab-bracciando tutta l’area della Lomellina neisuoi molteplici intrecci. Partendo da quelloambientale (la zona è interessata da una granfetta del Parco del Ticino) alle dinamiche inevoluzione dovute allo spostamento di popo-lazione da Milano all’hinterland.La crisi del settore calzaturiero, il principaledel distretto vigevanese e quella agricola che

di Franco Malaguti

ha investito il comparto risiero lomellino, sonostati per Carlo Vella battaglie che hanno avu-to nell’informatore un punto di riferimento nel-l’ultimo decennio.Da qualche tempo aveva lasciato la direzionedel giornale all’amico Mario Pacali per dedi-carsi a nuove iniziative editoriali, che, speri-mentali come le precedenti, dessero impulsoall’enorme (e sconosciuto ai più) serbatoiodella stampa dei settimanali e bisettimanalidelle piccole comunità, quelle che con un ri-ferimento alla storia e alle tradizioni avevamodefinite “percorribili in un giorno di cavallo…”

Gigi Villa,un amicoin redazione

Perdere un amico è sempre una parte di teche se ne va. Come nel caso di Luigi Villa,scomparso qualche tempo fa, nel bel mezzodella notte, proprio quando la vita sembravadavvero sorridergli. Con due figli "arrivati"(Matteo, ingegnere meccanico, e Federica,detta Chicca, medico) e una vita privata che,a quanto mi raccontava, era tornata a sorri-dergli. E per quei figli stravedeva, così comenon mancava di sottolineare il successo otte-nuto da Francesco, figlio di Cesare, uno deisuoi fratelli, più noto sulle scene come Franz,il socio di Ale, campioni di applausi sulla sce-na di Zelig e dintorni.Di certo è strana la vita. Gigi (tutti lo chiama-vano così) sulla mia strada sarebbe entrato,sia pure indirettamente, nel 1970. All'AgenziaItalia cercavano un giornalista e alcune mez-ze promesse, a me giovane di belle speran-ze che si arrabattava a lavorare in nero di not-te (leggi Sportinformazioni) e in chiaro di gior-no (leggi ufficio), erano state fatte. Invece ar-rivò lui. Ed era giusto che fosse così, vistoche anni prima era stato assunto come tele-scriventista proprio dall'Agi e dove, una voltatornato da militare, aveva fatto il salto di cate-goria diventando praticante e poi professioni-sta nel 1962. Nel 1965 aveva però deciso dilasciare l'agenzia attratto da altre aspettativedi vita: fu infatti "ingaggiato" dalla Honeywell,società di punta, a quei tempi, nel settore

di Mauro Castelli di Emilio Pozziinformatico. Inutile dire che per me fu unagran delusione. In ogni caso non lo conosce-vo, anche se i colleghi Tullio Barbato, SandroBianchi e Bruno Stella ne dicevano un granbene. E non avevo ragione di dubitarne.In seguito me l'avrebbero presentato e avreiincominciato ad apprezzare la sua cordialitàe le sue doti umani per certi versi uniche. Sinquando il primo ottobre 1980 arrivò al Sole24 Ore come addetto agli Interni, settore checasualmente dipendeva dalla caporedazionecentrale di cui facevo parte. E al Sole nonmancò di farsi subito un sacco di amici maanche, lui troppo buono, di pagare - si sa co-me vanno certe cose nel nostro ambiente - lasua voglia di far bene senza pensare alla car-riera. Regalando peraltro il suo apporto ad al-tri settori, compreso l'innovativo inserto dedi-cato a quella che allora era la Comunità eco-nomica europea.Alla fine del dicembre 1992 (era nato il 24maggio 1936 a Usmate Velate, in provincia diMilano) decise di lasciare, in quanto ritenevagiusto dedicare maggiore attenzione ai suoidue ragazzi, che avevano pagato sin troppocaro la scomparsa della madre, portata viada un male incurabile quand'erano ancoradei bambini. Senza comunque mai mancare,lui che delle regole di buon vicinato si era fat-to portavoce, di rimanere in contatto con gliamici. E ancora oggi, per chi volesse salutar-lo e scambiare con lui quattro chiacchiere siapure senza risposta, l'appuntamento è al ci-mitero di Arluno.

34 ORDINE 9-10 2006

I N O S T R I L U T T I

Pasquale Salerno,contro-corrente per vocazione

Un altro amico-collega se n’è andato troppopresto. Sapevo che lottava contro un male dif-ficile, scoperto per caso come lui stesso miraccontò una volta riemerso dalla prima con-valescenza, ma in cuor mio sempre speravoche la lotta fosse vincente. Solo che avevo untermometro indiretto per testare l’evoluzioneclinica: il tempo che trascorreva dalla sua ulti-ma telefonata. Il black out di qualche settima-na corrispondeva inevitabilmente a un perio-do di cura durante il quale Pasquale era in al-tre faccende affaccendato piuttosto che pen-sare ad un articolo da propormi per .Com.Poi, però, il cellulare squillava, il nomeSalerno si illuminava sul display e la sua vo-ce sempre allegra mi invadeva il timpano. Eio, un po’ vigliaccamente per non essere sta-to il primo a comporre il numero di telefono, ti-ravo un sospiro di sollievo.Stavolta, però, quell’intervallo fra le chiamatesi stava allungando in modo anomalo e ognitanto mi ritrovavo a pensare con preoccupa-zione a quell’assenza, senza avere il corag-gio di fare la prima mossa. Non l’avevo senti-to nemmeno in occasione delle traversie cheavevano colpito il giornale da me diretto, finoalla sospensione delle pubblicazioni, avvenu-ta verso la fine di luglio, e alla successivamessa in cassa integrazione di tutto il corpo

di Gianluca Marchi

Milano, 8 settembre 2006. È morto il giornalista Pasquale Salerno. L’11 settembre avrebbecompiuto 59 anni. Era nato a Terranova del Pollino (Pz), ma la sua famiglia vive a CassanoJonio (Cs). Lascia la moglie e una bambina di 8 anni. Cronista, appassionato dei temi e del-l’attività delle istituzioni locali, Salerno faceva parte del Consiglio nazionale dell’Ordine, doveera stato eletto nelle ultime due consiliature, in rappresentanza dei pubblicisti lombardi. Puravendo superato qualche anno fa l’esame di abilitazione professionale aveva preferito restareiscritto nell’elenco dei giornalisti pubblicisti, che aveva rappresentato per molti anni.Collaboratore di varie testate (fra le quali l’Indipendente e .Com) Salerno era stato capo ufficiostampa dell’assessore regionale della Lombardia Domenico Zambetti ed attualmente lavoravanell’ufficio stampa dell’Udc, in Lombardia. In campo sindacale, Salerno è stato presidente del“Movimento nazionale liberi giornalisti”, di cui ha diretto la testata Europress. È stato delegatoper la Lombardia all’ultimo congresso della Federazione nazionale della Stampa. (www.odg.it).

redazionale a partire da metà settembre.Distratto dai miei problemi di lavoro, sono sta-to sfiorato in un paio di occasioni dal timoredi non sentire più la voce di Pasquale fino algiorno della brutale notizia.Pasquale Salerno è stato un amico mio e del-l’ultimo giornale che ho diretto, .Com appun-to. Un amico disinteressato, perché non glie-ne importava niente dei soldi che poteva rag-granellare con una collaborazione più co-stante e continuativa.A lui premeva di poter esprimere, tanto più suun giornale specializzato come il nostro, ilsuo libero e disinteressato parere intorno auna professione, quella del giornalista, dai to-ni spesso più scuri che chiari. Faceva prece-dere il pezzo da una telefonata in cui sonda-va il mio parere sul tema che aveva in mentedi affrontare e quasi sempre, per non diresempre, otteneva il via libera. Il nostro rap-porto era cominciato così fin dall’inizio di.Com.Ho addirittura l’impressione di averlo un po’sorpreso, soprattutto i primi tempi, nell’accet-tare senza batter ciglio i suoi scritti controcor-rente e di averli spesso pubblicati in prima pa-gina. Mi piaceva questo suo spirito libero, ilnon essere per forza legato a un carrozzone:erano le caratteristiche con cui volevo forgia-re .Com. Pasquale mi ha dato una mano afarlo. Gliene sarò sempre grato e lo salutocon le parole care al grande Gianni Brera:che ti sia lieve la terra!

Aldo De Martino, inventò il giornalismo sportivo in tivù

Piccolo, asciutto, agile, gli occhi perenne-mente strizzati dietro gli occhialini da letturad’oro e altrettanto perennemente pronti alanciare occhiate fulminanti di curiosità e iro-nia, Aldo De Martino si portava un monu-mento sulle spalle: il proprio cognome. Loaveva avuto in eredità dal padre Emilio, ilgiornalista sportivo che inventò il giornali-smo sportivo in Italia fra le due guerre escrisse, di corsa in corsa, di Giro in Giro, l’e-popea del nostro ciclismo, offrendo entusia-smo e aggettivi alle imprese di Alfredo Bindae di Fausto Coppi. Un monumento chiama-to Emilio De Martino, che Aldo venerava elustrava con iniziative, ricordi, premi, ritrattipreziosi e documenti rari alle pareti dei suoistudi, ma del quale ormai non sentiva il pe-so per la semplice ragione che, senza ac-corgersene, era nel frattempo diventato unmonumento anche lui. Non alla bicicletta, al-la tivù.Aldo De Martino non aveva la veemenzasanguigna del padre. Era uomo di redazio-ne, più che di galoppate automobilistiche inammiraglia cabriolet fra Stelvio e Pordoi,Ventoux e Izoard. L’avessero mandato a fa-re il suiveur di corse a tappe, sarebbe sce-so di macchina dopo due giorni. Per stan-chezza e per ubriacatura di aria vento sole.Ma del padre aveva l’istinto del pioniere. Erendendosi conto che in famiglia avevanogià scoperto le sconfinate praterie dellosport raccontato sui giornali, del ciclismovissuto sulle pagine della Gazzetta primache davanti alle Magnadyne a cinque valvo-le, Aldo decise di scoprire le praterie altret-tanto sconfinate della televisione. E inventòlo sport raccontato in tivù, creando una te-stata destinata a sopravvivergli: La domeni-ca sportiva.Era, quando Aldo De Martino la propose,una lettura di risultati e una sequela di breviservizi in bianco e nero. Niente studio, lospeaker leggeva fuori campo. Ma la siglamusicale era indovinata: allegra, squillante,coinvolgente, la musichetta della Domenicasportiva era la campana che ogni domenicasera intorno alle dieci chiamava i fedeli delcalcio davanti al rito dei risultati, delle noti-zie, delle interviste e delle immagini. Poi ven-nero i gol, con i telecronisti e gli operatoriche la domenica pomeriggio si scapicollava-no - neve, nebbia, ghiaccio, ingorghi non im-porta - per portare la “pizza” della pellicolagirata agli studi di corso Sempione, in tem-po per montare immagini e commenti. Poi,per conquistare le mogli dei mariti rapiti dalcalcio in tivù, Aldo De Martino - sempre piùnume della Domenica Sportiva - ebbe l’ideadi creare lo spettacolino in studio e di affi-

di Gianni De Felice

Milano, 11 settembre 2006. È morto oggi a seguito di un arresto cardiaco, alla clinica Cittàdi Milano dove era ricoverato per accertamenti, il giornalista Aldo De Martino: aveva 79 annied era figlio di Emilio, anch’egli giornalista e considerato uno degli inventori della pagina spor-tiva. Aldo De Martino era nato a Milano il 3 maggio del 1927. Diventato professionista nel 1957,fu poi inviato speciale, scrisse libri e fu anche editore. È stato protagonista della nascita e del-la crescita della “comunicazione” sportiva in televisione, ed è considerato l’inventore della fa-mosa Moviola che divenne strumento di confronto fra i tifosi nella Domenica Sportiva. Fu di-rettore per venti anni della produzione radiotelevisiva di Milano, raggiungendo con Fantastico,il record assoluto dell’ascolto nazionale, sfiorando i 30 milioni di spettatori. Fondatore e diret-tore di agenzie giornalistiche nazionali, come Agisport e Agir, vicedirettore diSportinformazioni, ha creato e diretto periodici storici, da Sport Universitario, a Pugilato,Vitalità, 30 Giorni di Medicina, Guidare Sport, Rotary Gazzetta 2040. È stato anche titolaredell’editrice Adiemme. Ha scritto vari libri e tra questi una storia del giornalismo sportivo. Attivoanche sindacalmente, attualmente era proboviro dell’Associazione lombarda dei giornalisti egiudice aggregato del Tribunale civile di Milano su designazione del Consiglio nazionaledell’Ordine. Lascia la moglie Carla e il figlio Giorgio, giornalista. (ANSA)

darlo non a un giornalista sportivo, ma a unaffascinante presentatore: Enzo Tortora. Poivenne la moviola - siamo a metà degli anniSessanta - non con nastro magnetico, macon pellicola che l’indimenticabile duoSasso-Vitaletti facevano scorrere e bloccarefotogramma per fotogramma.Perfino Roma - eternamente desiderosa distrappare la Domenica Sportiva agli studi dicorso Sempione - dovette riconoscere la ge-nialità del pioniere Aldo De Martino nella in-venzione del giornalismo sportivo in tivù echiamarlo a dirigere il settore dalle redazio-ni di via Teulada. Ma nel giro di qualche an-no, invece di portare la Domenica Sportivaai piedi di Monte Mario, come forse qualcu-no sperava, il milanese Aldo De Martino riu-scì a riportare se stesso ai piedi dellaMadonnina. Con alcuni galloni in più sullamanica: quelli di direttore del Centro di pro-duzione. E fu l’ultimo periodo di grandi pro-duzioni in corso Sempione, come per esem-pio i Promessi Sposi a puntate del registaNocita. Poi, tramontata per ragioni anagrafi-che la stella di Aldo, cominciò per corsoSempione l’età di un declino che - fra pro-messe e rinvii - ancora continua. Cominciaticon una creazione, quella della DomenicaSportiva, l’èra De Martino in Rai finì con unanobilissima resistenza. E non poteva finirediversamente, considerata l’insospettabiletempra da inarrestabile motoperpetuo che,tanto per non annoiarsi, trovò perfino il tem-po di fondare con Peppino Priscol’Accademia degli Inquieti.Non c’è dunque da meravigliarsi se Aldo DeMartino, mentre recitava una parte storicanella vita della televisione italiana, inventavaanche Vitalità che fu uno dei primi periodicidedicati alla salute, dirigeva l’agenzia politi-co-culturale Il telegramma, curava collane diletteratura sportiva, collaborava alle grandiiniziative culturali del Distretto 2040 delRotary, sosteneva manifestazioni artistichecon riscoperta di grandi pittori del passatoprossimo e scoperta di possibili grandi ta-lenti del futuro imminente. Una delle passio-ni segrete, ma non tanto, di Aldo era propriol’arte contemporanea. Andava a una mostradi Baj quando l’ho incontrato l’ultima volta,pochi mesi fa, in un autobus milanese. Misembrava che stesse bene, nonostante l’età(era nato il 3 maggio 1927), e mi raccontòdelle mille cose che aveva fatto quel giornoe delle altre mille che avrebbe dovuto farel’indomani.Ripenso a quell’incontro, risento quei suoiprogrammi serrati e, volendogli bene, mivien fatto di credere che forse per l’instan-cabile Aldo l’aspetto più brutto della fine èstato quello di non poter più essere Inquieto.Di essere costretto, purtroppo, a riposare.

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L’ECO DELLA STAMPA

35ORDINE 9-10 2006 ORDINE 9-10 2005

Il Piccolo Teatro per i giornalisti a prezzo scontato dal 25 al 35%

Interrogazione alla Giunta Formigoni e all’assessore alla Formazione

Sara Valmaggi (Ds): “La Regione dia risposte chiare e garantisca futuro a Ifg De Martino”

Ecco il testo dell’interrogazione urgente:I sottoscritti consiglieri regionali

PREMESSO CHE- L’Ordine dei giornalisti della Lombardia ha deliberato nel 1974 di dar vita alla Scuoladi giornalismo di Milano, oggi Istituto “Carlo De Martino” per la Formazione alGiornalismo (detto “Ifg De Martino”), che dal 1977 organizza corsi biennali per lo svol-gimento del periodo di praticantato giornalistico e la preparazione all’esame di Statoper la professione giornalistica;- L’Ifg Carlo De Martino è gestito dall’Associazione “Walter Tobagi” per la Formazioneal Giornalismo, ente privato senza scopo di lucro;- La Giunta Regionale della Lombardia ha finanziato per la prima volta il biennio di for-mazione giornalistica 1977-1979 con Dgr n. 16092 del 24 maggio 1978, in applicazio-ne della legge regionale 83/1975, poi sostituita dalla l.r. 95/80- In base alla legge 95/80 l’Associazione Walter Tobagi è ente accreditato presso laRegione Lombardia e l’Ifg è un centro di formazione professionale.

VISTO CHE- La Regione Lombardia ha finanziato l’Ifg nel corso dei 29 anni di attività con un con-tributo complessivo pari a circa 15 miliardi di vecchie lire, che hanno consentito la for-mazione di oltre 600 giornalisti professionisti;- Le erogazioni regionali a favore dell’Ifg sono andate riducendosi progressivamentenell’ultimo triennio, passando da una copertura dei costi pari all’88% nel 2002-2003 aduna copertura del 61% nel 2004-2005;- In particolare, il contributo erogato dalla Regione è stato di 398.500,00 euro nel 2003-2004, di 357mila euro nel 2004-2005 e di 284mila euro nel 2005-2006 (parzialmenteversati).

CONSIDERATO CHE- Il fabbisogno reale minimo stimato dall’Ifg (per una gestione competitiva) è pari a585.000,00 euro;- La retta pagata dagli iscritti al corso dell’Ifg De Martino è pari a 50 euro/annui a fron-te di un costo di frequenza per master e corsi universitari equipollenti che si attesta me-diamente sui 5/6mila euro all’anno;- I tagli ai finanziamenti regionali effettuati nel biennio 2003-2005 hanno indotto l’Ordinedei giornalisti ad erogare contributi una tantum pari a 131mila euro nel 2004 e 205mi-la euro nel 2005 per garantire il seguito dell’attività istituzionale dell’Ifg.

Milano, 15 giugno 2006. “La Regione diarisposte chiare in merito alle sorti dellaScuola di giornalismo di Milano”. È questala richiesta che viene da Sara Valmaggi(consigliere regionale Ds), che in un’inter-rogazione firmata da Giuseppe Benigni(capogruppo Ds) e sottoscritta dagli espo-nenti di tutti i gruppi dell’Unione inConsiglio regionale, sollecita la ripresadelle trattative per garantire il futurodell’Istituto per la Formazione alGiornalismo (Ifg) Carlo De Martino.“La drastica riduzione dei finanziamenti -afferma Sara Valmaggi - dimezzati nel gi-ro di pochi anni, ha creato una situazionedi estrema incertezza e rischia di deter-minare la chiusura dello storico istituto di

Milano. Un istituto, che in questi anni haformato valenti professionisti del settoreoltre a fornire una prospettiva di forma-zione e ricollocazione nel mondo del la-voro a molti giornalisti disoccupati”.“Noi chiediamo - prosegue Valmaggi - chesia garantito un adeguato contributo fi-nanziario, sufficiente a consentire all’isti-tuto di funzionare e di avere una sedeadeguata in cui operare”.“Auspichiamo infine - conclude la consi-gliera diessina - che si giunga alla stipuladefinitiva dell’Accordo di Programma, in-dividuando in questo strumento di colla-borazione la prospettiva di vita e espan-sione di questa importante istituzionelombarda”.

Giuseppe Benigni (Ds)Sara Valmaggi (Ds)Giuseppe Civati (Ds)Antonio Viotto (Ds)Carlo Porcari (Ds)Maria Grazia Fabrizio (Dl)

Luca Gaffuri (Dl)Riccardo Sarfatti (L’Unione Lombardia)Luciano Muhlbauer (Prc)Gianfranco Concordati (Uniti nell’Ulivo)Carlo Monguzzi (Verdi)Marcello Saponaro (Verdi)

CONSIDERATO INOLTRE CHE- Nel marzo del 2005 i presidi delle facoltà di Lettere, Giurisprudenza e Scienze politi-che, in nome e per conto del prof. Enrico Decleva hanno dichiarato la disponibilità im-mediata dell’Università degli Studi di Milano ad assorbire l’Ifg Carlo De Martino collo-candolo nel polo multimediale di Sesto;- Da diversi mesi è aperto un tavolo tecnico con la Regione per definire l’accordo sulfuturo dell’Ifg. Dall’offerta iniziale (annunciata nella primavera 2005 dall’assessoreAlberto Guglielmo all’Ordine) di un finanziamento regionale annuale pari a 445mila eu-ro si è passati ad un’offerta di contributo, da definire attraverso lo strumentodell’Accordo di Programma, di 250mila euro all’anno fino al 2010;

VISTO INFINE CHE- In data 12 giugno 2006, in risposta alla lettera aperta inviata dal presidente dell’ordinedei giornalisti della Lombardia Franco Abruzzo ai consiglieri e agli assessori regionali, incui si espongono le difficoltà sopra elencate in cui versa l’Ifg, la Regione Lombardia haunilateralmente deciso di far saltare sine die l’incontro, previsto per il giorno successivo,con la dirigenza dell’Ifg per la definizione dell’Accordo di Programma di cui sopra.

INTERROGANO LA GIUNTA E L’ASSESSORE COMPETENTE PER SAPERE- Quali iniziative intendano assumere per garantire la continuazione di uno storicoIstituto che, oltre alla formazione al giornalismo, organizza anche corsi per l’aggiorna-mento di giornalisti rimasti disoccupati;- Quando intendono riprendere il confronto, interrotto in data 13 giugno, con la dirigenzadell’Ordine e dell’Afg Tobagi-Ifg Carlo De Martino;- Se e quali iniziative ulteriori intendano porre in atto per supportare la struttura dell’Ifganche per quanto concerne la sede fisica e le spese condominiali;- Se intendono trasformare l’Ifg De Martino in “Istituto regionale di giornalismo” gestitodirettamente dalla Regione e dall’Ordine lombardo dei giornalisti con il contributo di al-tri soggetti pubblici come Provincia di Milano, Comune di Milano e Camera diCommercio di Milano anche per garantire, con cadenza biennale e attraverso concor-so pubblico, a 40 laureati capaci e meritevoli l’accesso al praticantato giornalistico.

Milano, 15 giugno 2006

Il Piccolo Teatro di Milano- Teatro d’Europa compienel 2007 sessant’anni ecelebra questo importan-te traguardo proponendoal suo pubblico 60 spetta-coli.

Il Piccolo, fondato daGiorgio Strehler e PaoloGrassi nel maggio 1947 eoggi diretto da SergioEscobar - mentre a guida-re le scelte artistiche èLuca Ronconi - proponeper la stagione 2006-2007condizioni speciali per gliiscritti all’Ordine dei gior-nalisti ai quali, previa esi-bizione del tesserino,sarà riconosciuta una ri-duzione sul prezzo d’ac-quisto dei biglietti per glispettacoli in scena nellesale del Teatro Strehler,del Teatro Grassi e delTeatro Studio.

La riduzione oscillerà dal35 al 25 per cento, a se-conda degli spettacoli.

Presso le biglietterie delTeatro Strehler, largoGreppi e del TeatroGrassi, via Rovello 2, igiornalisti potranno ac-quistare i biglietti per glispettacoli della serieFestival a 22,50 euro anzi-ché 35,00, quelli della se-rie Stagione a 22,50 euroanziché 29,50, e gli spet-tacoli della serie Blu a17,00 euro anziché 22,50.

Le riduzioni si riferisconoa posti di platea.Si consiglia di acquistarei biglietti con largo antici-po per trovare i posti mi-gliori.

www.piccoloteatro.org

19 - 24 settembre 2006 TEATRO GRASSI Enzo Jannacci Teatro19 - 21 settembre 2006 TEATRO STUDIO Corte Sconta Kol26 - 28 settembre 2006 TEATRO STREHLER Roger Planchon Soirée de Gala3 - 8 ottobre 2006 TEATRO STREHLER Moni Ovadia Es iz Amerike!4 - 15 ottobre 2006 TEATRO STUDIO Kai Hensel Quale droga fa per me? regia Andrée Ruth Shammah11 - 22 ottobre 2006 TEATRO STREHLER Bertolt Brecht Le storie del signor Keuner uno spettacolo di Roberto Andò e Moni Ovadia17 ottobre 2006 - 21 giugno 2007 TEATRO STUDIO La Casa delle Scuole di Teatro18 ottobre - 5 novembre 200 TEATRO GRASSI Pierre Marivaux Le false confidenze regia Toni Servillo20 - 29 ottobre 2006 TEATRO STUDIO Hugo von Hofmannsthal Elettra un progetto di Andrea De Rosa e Hubert Westkemper24 - 27 ottobre 2006 TEATRO STREHLER Lucio Dalla Speak truth to power30 ottobre 2006 TEATRO STUDIO Antonio Moresco Voci dal caos regia Pippo Di Marca31 ottobre - 19 novembre 2006 TEATRO STREHLER Dacia Maraini La lunga vita di Marianna Ucrìa regia Lamberto Puggelli7 - 19 novembre 2006 TEATRO GRASSI Samuel Beckett Finale di partita regia Franco Branciaroli7 - 19 novembre 2006 HANGAR PAOLO FONDRINI, Vittorio Foa, Miriam Mafai, Il silenzio dei comunisti regia Luca Ronconi

AREA EX MARELLI, Alfredo ReichlinSESTO SAN GIOVANNI

14 - 25 novembre 2006 TEATRO STUDIO Athol Fugard, John Kani, Sizwe Banzi est mort regia Peter BrookWinston Ntshona

21 novembre - 7 dicembre 2006 TEATRO STREHLER David Harrower Blackbird regia Peter Stein30 novembre - 20 dicembre 2006 TEATRO GRASSI Walter Fontana Miss Universo regia Cristina Pezzoli2 e 3 dicembre 2006 TEATRO STUDIO Henrik Ibsen L'anitra selvatica regia Eirik Stubø4 dicembre 2006 TEATRO STUDIO Patrice Chéreau Le Grand Inquisiteur6 - 10 dicembre 2006 TEATRO STUDIO Carlo Colla e Figli Aida12 - 15 dicembre 2006 TEATRO STREHLER Heiner Müller Quartett regia Robert Wilson12 - 20 dicembre 2006 TEATRO STUDIO Ugo Chiti I ragazzi di Via della Scala22 dicembre 2006 - 7 gennaio 2007 TEATRO GRASSI Carlo Colla e Figli Il Gatto con gli stivali26 dicembre 2006 - 6 gennaio 2007 TEATRO STUDIO Accademia Perduta Pollicino9 - 28 gennaio 2007 TEATRO GRASSI August Strindberg Il padre regia Massimo Castri11 - 21 gennaio 200716 febbraio - 4 marzo 2007 TEATRO STUDIO Bertolt Brecht Visioni di Galileo regia Maxmilian Mazzotta16 gennaio - 18 febbraio 2007 TEATRO STREHLER Carlo Goldoni Il ventaglio regia Luca Ronconi23 gennaio - 11 febbraio 2007 TEATRO STUDIO Aristofane Gli uccelli Compagnia Lombardi-Tiezzi30 gennaio - 11 febbraio 2007 TEATRO GRASSI Miguel de Cervantes Don Chisciotte regia Maurizio Scaparro21 - 25 febbraio 2007 TEATRO STREHLER Slava's Snowshow27 febbraio - 18 marzo 2007 TEATRO STREHLER Marco Paolini con Io e Margaret Thatcher

I Mercanti di Liquore Miserabili 3 marzo - 5 aprile 2007 TEATRO GRASSI Hermann Broch Inventato di sana pianta regia Luca Ronconi6 - 25 marzo 2007 TEATRO STUDIO Carlo Goldoni La barca dei comici regia Stefano de Luca20 marzo - 5 aprile 2007 TEATRO STREHLER Eduardo De Filippo Le voci di dentro regia Francesco Rosi2 - 5 aprile 2007 TEATRO STUDIO Fanny & Alexander Ada cronaca familiare6 - 29 aprile 2007 TEATRO STUDIO Spazio a Serena Sinigaglia11 - 15 aprile 2007 TEATRO STREHLER William Shakespeare Cymbeline regia Declan Donnellan18 - 29 aprile 2007 TEATRO STREHLER Achille Campanile Il povero Piero regia Pietro Carriglio18 aprile - 14 maggio 2007 TEATRO GRASSI Carlo Goldoni Arlecchino servitore di due padroni regia Giorgio Strehler2 - 13 maggio 2007 TEATRO STREHLER Andrea Camilleri La concessione del telefono regia Giuseppe Dipasquale3 - 6 maggio 2007 TEATRO STUDIO Sergi Belbel Mobil regia Lluís Pasqual8 - 27 maggio 2007 TEATRO STUDIO Spazio a Paolo Rossi16 - 20 maggio 2007 TEATRO STREHLER Johann Wolfgang Goethe Faust regia Eimuntas Nekrosius18 - 20 maggio 2007 TEATRO GRASSI Fernandez de Moratin El sí de las niñas regia Vicente Genovés23 - 27 maggio 2007 TEATRO GRASSI William Shakespeare Twelfth Night/The Taming of the Shrew regia Edward Hall24 - 27 maggio 2007 TEATRO STREHLER Carlo Goldoni Il campiello regia Jacques Lassalle5 - 10 giugno 2007 TEATRO GRASSI Carlo Colla e Figli Aristide e Il mondo alla roversa12 - 24 giugno 2007 TEATRO GRASSI Carlo Colla e Figli Il giro del mondo in 80 giornigiugno 2007 TEATRO STUDIO Omero Iliaca regia Anatoli Vassiliev

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