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«Cerca il fiore più malandato e più piccolo del prato. Non ascoltare chi ti dice che è inutile.
Dedicagli il tuo tempo: vedrai che l’amore lo risveglierà e l’impegno lo farà crescere in alto.
Grazie al tuo esempio porterà i colori più vivi al cielo, e il profumo più dolce alla terra. Non
dimenticare mai queste parole: educare vuol dire coltivare con amore».
Nessuna scuola è stata più bella del tuo esempio, Livia Barberio Corsetti
2
L’AUTONOMIA DELLE ISTITUZIONI SCOLASTICHE
(Fabrizio Dal Passo)
CAPITOLO I
LE ISTITUZIONI SCOLASTICHE AUTONOME
1. Organizzazione scolastica e istruzione
L’istruzione costituisce uno dei compiti primari dello Stato, pur non
essendo di sua esclusiva spettanza: infatti, la Costituzione riconosce che
tale fondamentale funzione può essere esercitata con pari efficacia, anche
dai privati (articolo 33 Costituzione della Repubblica Italiana).
L’interessamento dello Stato per la cultura è fenomeno moderno:
nell’antichità l’istruzione veniva, infatti, lasciata all’iniziativa dei privati e,
successivamente, degli enti ecclesiastici.
Con i principi illuministici si fece strada l’idea dell’istruzione di Stato, che
durante il periodo napoleonico si caratterizzò per il suo ordinamento
fortemente centralista, con la costituzione di un complesso organismo
burocratico ed accentrato.1
Il sistema dell’istruzione in uno Stato può essere duplice.2
Nel primo caso, lo Stato assume l’istruzione tra i pubblici servizi,
attraverso i propri organi. Tali istituti possono far parte dello Stato o essere
investiti di personalità giuridica e autarchia.
1 Per un’analisi storica cfr. FABRIZIO DAL PASSO, Storia della scuola italiana, “Semestrale distudi e ricerche di Geografia”, Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, Abilgraf, Roma2003, pp. 3-147.2 Cfr. il risalente ma fondamentale testo di ZANOBINI: Corso di diritto amministrativo- Giuffré1957 pag. 236-237. V. anche per l'ordinamento scolastico, in genere: LIVIA BARBERIO
CORSETTI - GIORGIO FRANCHI, Testo Unico della scuola, Pirola, 1995. Per una recentetrattazione v. anche MARINA GIGANTE, L'istruzione, in Trattato di diritto amministrativo a curadi SABINO CASSESE, Milano, 2000, p. 505; NICOLA DANIELE, La pubblica istruzione, Giuffré, 2001.
3
Nel secondo caso, invece, l’attività dell’istruzione è lasciata alla libera
iniziativa dei soggetti privati e lo Stato assume funzioni di controllo e di
normazione della materia, in particolare con riguardo al valore dei titoli
rilasciati dagli istituti e all’abilitazione degli insegnanti.
Come è stato autorevolmente considerato3, anche questa forma di
intervento puramente estrinseca è mezzo sufficiente al conseguimento del
fine della funzione pubblica dell’insegnamento. Nel nostro ordinamento lo
Stato gestisce direttamente scuole e istituti di istruzione (articolo 33), pur
riconoscendo ai privati il naturale diritto ad istituire scuole.4
La gestione e l’organizzazione della scuola pubblica sono state
caratterizzate per molti anni da un forte accentramento burocratico-statale.
Emblematico è il passaggio delle scuole elementari dai Comuni (scuole che
secondo la legge Casati n. 3725/1859 dovevano avere), allo Stato in virtù
della legge 4 giugno 1911, n. 487 e del regio decreto legge n. 786/1933.
A partire dalla nota riforma introdotta con i decreti delegati del 31 maggio
1974 (in attuazione della legge delega 30 luglio 1973, n. 477) veniva
segnata una svolta nella concezione dell’organizzazione scolastica,
incentrata sull’idea della scuola autonoma e democratica.
L’innovazione riguardava la costituzione di nuovi organi collegiali e il
riordino di quelli già esistenti, nonché l’attribuzione di autonomia
amministrativa e contabile ai consigli di circolo, di istituto e ai consigli
scolastici distrettuali. Già da allora, dunque, l’idea di un’autonoma gestione
della scuola - rispetto all’apparato statale - veniva considerato dal
3 Idem pag. 2374 Con l'affermazione del principio di libertà della scuola, viene meno l'idea del monopoliopubblico dell'istruzione. Infatti la giurisprudenza della Corte Costituzionale, proprio conriferimento ai rapporti tra istruzione pubblica e privata, ha, in più occasioni, ribadito ledistinzioni e le differenze, sostenendo che “in base all'art. 33 lo Stato ha bensì l'obbligo diprovvedere alla pubblica istruzione dettando le relative norme e apprestando i mezzi necessari, ma non ha l'esclusività dell'insegnamento” (Corte Costituzionale, 29 dicembre 1972, n. 195, inGiurisprudenza Costituzionale, 1972, p. 2177), con la conseguenza che le libertà di istruzione egestione di istituti di istruzione costituisce un vero e proprio diritto soggettivo, garantito allepersone fisiche e giuridiche (Corte Costituzionale, 19 giugno 1958, n. 36, in GiurisprudenzaCostituzionale, 1958, p. 486; inoltre, Corte Costituzionale, 14 aprile 1988, n. 438, ivi, 1988, p. 1998).
4
legislatore elemento fondante di un rilancio qualitativo del servizio
scolastico.
Del resto, il riconoscimento di una maggiore autonomia di organizzazione e
azione di un organo, o addirittura la sua personificazione, non è nuovo
nell’organizzazione amministrativa, ed è finalizzato ad un più efficace,
rapido e qualitativamente elevato livello di servizio.
Si ricordi ad es. il caso delle ex Aziende autonome erogatrici di servizi,
come le Ferrovie dello Stato, le Poste, i servizi telefonici ecc. (poi, come è
noto, tutte privatizzate).
L’assimilazione con tali organismi, se può essere corretto dal punto di vista
organizzativo, non lo è, invece, relativamente al profilo contenutistico: vale
a dire che il servizio scolastico non potrà mai essere assimilato ad un
servizio commerciale, né il rapporto tra discente e docente come un
rapporto contrattuale.5
Sebbene la terminologia utilizzata evochi concetti di contenuto contrattuale
(debito, credito formativo, offerta formativa, carta dei servizi ecc.), occorre
sottolineare che la stessa non può essere rapportata tecnicamente all’istituto
del contratto: infatti secondo la normativa codicistica, il contratto è il
rapporto giuridico bilaterale con il quale le parti intendono costituire
regolare o estinguere tra loro un rapporto giuridico patrimoniale (articolo
1321 codice civile), i cui presupposti per la formazione sono la
patrimonialità della prestazione dedotta nel rapporto, nonché la parità della
posizione dei contraenti. Ove tali condizioni non ci siano o vengano meno,
il contratto è nullo o si risolve (nullità per mancanza di causa: articolo
1418; rescissione del contratto articolo 1447 codice civile). Pertanto,
appare ovvio che tale schema non possa essere utilizzato per il rapporto
5 Ci si riferisce al rapporto docente-alunno, e non all’aspetto all’organizzazione scolasticacomplessivamente considerata, che, relativamente agli istituti privati è considerata, ai finifiscali, come impresa commerciale (v. Cass. 9395 del 6 giugno 1995; risoluzione del Ministerodelle Finanze n. 66 del 23 maggio 2000). Sul rischio di una concezione mercantile e aziendalistica della scuola v. anche SergioAuriemma, Aspetti giuridici-operativi dell’autonomia scolastica, allegato n. 21 del 1/15 luglio2000 a «Notizie dalla Scuola», Tecnodid, p. XVIII.
5
formativo tra docente e discente, trattandosi di un contenuto
eminentemente educativo diretto cioè alla formazione della persona.
In conclusione, il rapporto che intercorre tra docente e allievo non è un
rapporto giuridico.6
Trattando di autonomia scolastica, merita certo particolare interesse
l’insistenza con cui il legislatore (come avvenne anche con la legge delega
537/1993, poi lasciata cadere), ritenga necessario consolidare e accrescere
l’autonomia delle scuole.
Vero è che mentre anteriormente alla legge delega 59/97, si parlava di
autonomia in senso strettamente amministrativo (come autonomia di
gestione, di organizzazione, contabile ecc.), con tale legge si pone invece in
evidenza l’attribuzione dell’autonomia didattica, di organizzazione e di
ricerca delle scuole, unitamente all’acquisto della personalità giuridica.
Questa circostanza sembra rispondere alla necessità di rivalutare il ruolo
delle istituzioni scolastiche come centri di formazione, e di promuoverne,
proprio sotto il profilo didattico-organizzativo un’autentica
“emancipazione” dagli organi statali centrali e ciò in linea con la
Costituzione che promuove il maggiore decentramento e la maggiore
valorizzazione delle comunità locali rappresentative (articolo 5
Costituzione).7
Tale attribuzione di autonomia è evidentemente finalizzata a medio-lungo
termine, a ridare dinamicità agli operatori scolastici, valorizzandone la
creatività, e la potenziale concorrenzialità con altre scuole.
Si parla di medio-lungo termine: sembra, infatti, che in sede di prima
applicazione gli operatori scolastici si trovino per lo più disorientati dalle
nuove attribuzioni, in ragione dell’oggettiva incertezza della normativa
(che in materia scolastica è particolarmente complessa per l’ampiezza delle
6 Cfr. BARTOLOMEI FRANCO: Su alcuni profili giuridici della libertà di insegnamento- Rivistagiuridica della scuola 1987 pag. 4317 Per una interessante analisi etico-sociologica delle scuole dell’autonomia, LUISA RIBOLZI, Stato Sociale e sistema formativo: le prospettive della autonomia, in PIERPAOLO DONATI, LoStato sociale in Italia. Bilanci e prospettive, Mondadori, 1999.
6
fonti secondarie), nonché delle nuove competenze e responsabilità
conseguenti a maggiori spazi di scelta per le scuole.
2. L’autonomia in generale
Nel linguaggio comune per autonomia si intende il potere di libera
determinazione della persona.
In quello giuridico la nozione non ha univocità di significati, trovandosi
una serie diversificata di opinioni.8
Il principio, infatti, non ha una definizione normativa, ed è suscettibile di
molteplicità di contenuti (amministrativa, normativa, contabile ecc.).
Al riguardo, stante la diversità di impostazioni si ritiene non opportuno
esaminare analiticamente le varie forme di autonomia, quanto invece
fornire un concetto di carattere generale, e, successivamente indicare il
contenuto di tale autonomia, in base alle disposizioni di legge.
Un punto sembra accomunare le diverse impostazioni: l’autonomia ha un
significato relazionale9, ed indica la possibilità per un organismo derivato
di gestirsi da sé rispetto all’ente derivante per il più efficace
raggiungimento dei suoi fini istituzionali; non è altro che una forma di
indipendenza relativa da altro organo sovraordinato che deve
necessariamente esistere (giuridicamente, infatti, si è autonomi rispetto a
qualche altro soggetto) ed assume configurazione più o meno ampia in base
al contenuto che ad essa danno le norme che tale autonomia conferiscono.10
Autonomia implica, quindi, un grado di possibilità di scelta per l’organo o
l’ente derivato, anche se tale ambito non è mai definibile a priori, ma è
regolato volta per volta dalla legge.
8 Stando ad un'opinione assai diffusa, il proprium dell'autonomia va ricercato in una specie di“indipendenza” (dei soggetti autonomi dallo Stato), la quale nel linguaggio giuridico va intesacome “autodeterminazione” ovvero “autoregolazione di attività e comportamenti” alla stregua di“prescrizioni poste dagli stessi soggetti i cui comportamenti risultano da esse condizionati”. Cfr. LAVAGNA, Istituzioni di dir. pubblico, Torino, 1979, p. 879. 9 Per tutti: M. S. GIANNINI, Autonomia pubblica, in “Enciclopedia del Diritto” Giuffrè, VolumeIV, pag. 356-366. 10 Cfr. G. D'AMORE e S. SCALA, Commento al Testo unico delle disposizioni vigenti in materia diistruzione, Roma, 1996, p. 52.
7
Il concetto di autonomia, infatti, evoca anche quello di limite11: la
possibilità di autodeterminazione riconosciuto dall’ente che concede
l’autonomia (in tal caso, lo Stato), non comporta, per l’ente derivato la
libertà nell’agire e l’assenza di ogni vincolo, riconoscendosi la sovranità
solo allo Stato12, e l’unicità dello Stato italiano, nonostante la struttura
pluralista.
Parlando in modo figurato, si potrebbe dire che l’attribuzione della
autonomia e l’indicazione normativa dei limiti, è come il tracciato di un
cerchio, entro il quale il soggetto derivato (in tal caso, la scuola), può
assumere le proprie determinazioni.
Nell’ambito del cerchio segnato, l’ente derivato pone in essere le proprie
scelte, che spettano solo al medesimo.
In conclusione, l’autonomia nel diritto amministrativo può essere definita
come la capacità di un’istituzione di curare da sé i propri interessi e di
realizzare i propri fini, utilizzando i mezzi finanziari di cui ha la
disponibilità e avvalendosi di una propria struttura organizzativa, entro i
limiti posti dall’Ente, generalmente lo Stato, che essendo ad essa
sovraordinato, esercita nei suoi confronti un potere di indirizzo e di
vigilanza.13
I decreti delegati attribuivano alle scuole una limitata “autonomia
amministrativa” (articolo 25 decreto del Presidente della Repubblica
416/74, ora articolo 27 testo unico 297/94), mentre la legge delega 59/97,
non parla di attribuzione dell’autonomia amministrativa alle scuole, ma del
riconoscimento alle stesse della personalità giuridica e dell’autonomia
11 V. C. GATTI e S. ZAMBARDI nel chiaro testo: Autonomia amministrativa e gestionefinanziaria delle istituzioni scolastiche, Jovene, Napoli 1976, p. 6: “l’autonomia amministrativa, infatti, anche quando accompagna la personalità giuridica, non attribuisce poteri illimitati, ma, al contrario, comporta pur sempre un vincolo, più o meno rigido, nei confronti dell’Enteoriginario dal quale tale autonomia deriva, sì che può dirsi che le istituzioni che ne sono fornitesi trovano in posizione di indipendenza controllata”. 12 Anche per gli enti con maggiore autonomia, come quella di indirizzo, sono riconosciuti deilimiti e dei controlli: cfr. SANDULLI, Manuale di diritto amministrativo, Jovene, Napoli, 1982, pag. 169. 13 Così C. GATTI e S. ZAMBARDI, cit. pag. 5
8
“funzionale” (articolo 1), poi specificata in autonomia didattica,
organizzativa di ricerca e sperimentazione.
Questo riconoscimento della personalità giuridica, con la conseguente
entificazione della istituzione, comporta di per sé il riconoscimento di
quella capacità di autodeterminazione che invece, in quanto organo dello
Stato, doveva essere esplicitamente riconosciuta dalla legge. Ciò spiega
perché si parli (v. decreto del Presidente della Repubblica 275/99) di
“competenze amministrative” e non già di autonomia amministrativa.14
Pertanto, con l’entificazione, si ha l’implicito e consequenziale
riconoscimento della autonomia amministrativa della istituzione. Anche in
tale caso, la legge regola il rapporto che lega l’istituzione allo Stato
(verifiche, controlli) e quindi l’effettivo ambito della sua possibilità di
autodeterminazione.15
Diversa è la natura della autonomia didattica, organizzativa e di ricerca, che
attiene invece non al profilo amministrativo della scuola, quanto alla sua
finalità istituzionale dell’insegnamento16 ed assume particolare importanza
in virtù del contenuto essenziale della attività svolta dalla scuola ed
all’imprescindibile esercizio della libertà di insegnamento.
14 A proposito di autonomia organizzativa: M. S. GIANNINI rileva che quando i soggetti delrapporto sono persone giuridiche pubbliche “è evidente che ciascuna di esse, per essere soggettogiuridico, non può non avere proprie finanze, proprio patrimonio, propri poteri diautodeterminazione, direzione, gestione ecc.” (op. cit. pag. 364). In tali casi si parla diautonomia organizzativa solo come potere di determinazione generale, da parte dell’ente, delproprio indirizzo politico amministrativo. Peraltro, la variegata gamma di enti pubblici e del controllo statale, rende estremamente difficileuna schematizzazione generale degli enti secondo la natura e il contenuto dell’autonomia aglistessi riconosciuta. 15 Va notato che l'ente pubblico, pur con distinta personalità giuridica, di norma assolve compitiche in vario modo e misura interessano e pertengono allo Stato o ad ente pubblico territoriale (siparla, nel caso, di amministrazione indiretta): la personificazione dell'ente non può comportarepertanto una separazione ed indifferenza totali dell'ente rispetto all'ente di riferimento del qualeassolve i fini. Ciò rende ragione del tipo di relazione (variabile da caso a caso, con maggiore ominore ambito di autonomia), comunque di natura intersoggettiva, che la legge instaura tra ipredetti enti, che è normalmente qualificabile in termini di direzione, vigilanza e controllo, manon di gerarchia. Cfr. SCOCA, La soggettività delle amministrazioni, in AA. VV., Dirittoamministrativo, Monduzzi, Bologna, 1993, volume I, pp. 499 e 626; VIRGA, Dirittoamministrativo, Giuffré, volume I, p. 24, IV ed., 1995. 16 Sul contenuto dell’autonomia didattica e organizzativa v. cap. I, paragrafo 6 di questa ParteSeconda.
9
3. L’autonomia delle scuole anteriormente alla legge delega 59/97
Nella organizzazione scolastica previgente alla riforma di cui alla legge
delega 59/1997, le scuole erano organi dello Stato, con la limitata
autonomia amministrativa riconosciuta dai decreti delegati.
Ancor prima della entrata in vigore del decreto del Presidente della
Repubblica 416/74, alcuni tipi di istituti di istruzione erano già dotati di
autonomia amministrativa e di personalità giuridica: tali erano quelli di
istruzione tecnica e professionale, di istruzione artistica, dei convitti
nazionali e degli educandati femminili.
Con i decreti delegati del 1974, veniva riconosciuta a tutte le scuole una
limitata autonomia amministrativa, ma non anche la personalità giuridica,
che può essere riconosciuta solo con legge. Venivano inoltre creati gli
organi collegiali, di amministrazione attiva, con il compito di gestirla.
Tale disciplina è stata poi inserita nel testo unico 297/94 (Capo V:
autonomia amministrativa e vigilanza: articolo 26-30), ed è destinata a
venire meno in seguito alla adozione del nuovo regolamento di contabilità
(articolo 14 comma 6 decreto del Presidente della Repubblica 275/99).
L’autonomia amministrativa regolata dall’articolo 27 testo unico cit.,
prevede che “i consigli di circolo e di istituto e i consigli scolastici
distrettuali gestiscono i fondi loro assegnati per il funzionamento
amministrativo e didattico e sulla base di un bilancio preventivo”. La
norma riconosceva quindi alle scuole un’autonomia di gestione dei fondi
assegnati e un’autonomia di bilancio, nel senso che il medesimo è diverso
dal bilancio dello Stato, pur essendo ancora le scuole organi dello Stato.
Sempre lo stesso capo (articolo 28: vigilanza), regolava dettagliatamente
l’erogazione delle risorse alle scuole e i controlli effettuati dal
Provveditore, con un regime leggermente differenziato per le scuole dotate
di personalità giuridica.
In definitiva, l’autonomia amministrativa attribuita dall’articolo 27 si
10
identificava nella gestione diretta da parte degli organi collegiali dei fondi
assegnati annualmente per il funzionamento amministrativo-didattico sulla
base di un bilancio di previsione.17
Sempre Sotto il profilo organizzativo, alla scuola era riconosciuta una
limitata autonomia normativa: il consiglio di circolo o di istituto, infatti
“adottano il regolamento interno del circolo o e dell’istituto, che deve, tra
l’altro, stabilire le modalità di funzionamento della biblioteca e per l’uso
delle attrezzature culturali, didattiche e sportive, per la vigilanza degli
alunni durante l’ingresso e la permanenza a scuola, nonché durante l’uscita
dalla medesima” (articolo 6, comma 2, lett. a), decreto del Presidente della
Repubblica 416/1974).
Per quanto concerne la attività didattica, era data la possibilità di porre in
essere sperimentazioni, che si manifestavano su due piani diversi:
a) come ricerca e realizzazione di innovazioni sul piano metodologico-
didattico (articolo 227);
b) come ricerca e realizzazione di innovazioni degli ordinamenti e delle
strutture esistenti che, però, richiedeva l’autorizzazione del Ministro della
Pubblica Istruzione sia perché doveva esserne vagliata la congruità rispetto
alle linee generali di indirizzo politico, sia perché essa richiedeva l’impiego
di risorse umane e finanziarie la cui compatibilità doveva essere valutata in
un quadro di riferimento globale, sull’intero territorio nazionale.18
La autonomia così delineata aveva però ambiti assai limitati.
Dal punto di vista gestionale e contabile: i bilanci erano sottoposti al
controllo preventivo e successivo del Provveditore; così come ogni atto di
particolare rilievo patrimoniale (tramite autorizzazioni e approvazioni).
Per quanto concerne la autonomia normativa, la stessa era limitata ad
ipotesi marginali dell’organizzazione scolastica.
Sotto il profilo didattico e organizzativo, la scuola era rigorosamente tenuta
17 Così A. FERRARI, E. FOLGHERAITER in L’attività gestionale nella scuola, Giuffré 1990, pag. 4. 18 Cfr.: G. D'AMORE e S. SCALA, op. cit., p. 231.
11
a seguire i programmi ministeriali e la impostazione scolastica basata
sull’unità organizzativa della classe e le scansioni temporali previste per
ogni materia.
4. La legge delega 59/97 e la normativa di attuazione
Nella prospettiva di un maggiore decentramento, la legge 59/97 contenente
“delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed
enti locali, per la riforma della pubblica amministrazione e per la
semplificazione amministrativa”, prevede - relativamente all’istruzione -
tre importanti modificazioni organizzative:
1. la riforma dell’organizzazione centrale e periferica (articolo 1-3);
2. la attribuzione della personalità giuridica e autonomia a tutte le scuole
(articolo 21);
3. il decentramento agli enti territoriali di funzioni amministrative proprie
dello Stato, ad eccezione degli ordinamenti scolastici, programmi
scolastici, organizzazione generale dell’organizzazione scolastica e stato
giuridico del personale (articolo 1 comma 3 lett. q).
La attuazione è avvenuta con le seguenti disposizioni normative (si citano
le principali):
1. decreto legislativo 30 luglio 1999 n. 300 artt. 49, 50, 75 e 76 per
quanto riguarda la riforma dell’Amministrazione centrale e periferica,
nonché il decreto del Presidente della Repubblica 5 novembre 2000, n.
347 recante norme di riorganizzazione del Ministero della Pubblica
Istruzione;
2. decreto del Presidente della Repubblica 275/1999 relativo
all’autonomia didattica, organizzativa e di ricerca, nonché di recente il
decreto del Presidente della Repubblica 234/2000 in materia di curricoli
dell’autonomia; decreto del Presidente della Repubblica 233/1998
riguardante le dimensioni ottimali per il conseguimento della personalità
giuridica; decreto legislativo 233/1998 in ordine alla riforma degli organi
12
collegiali territoriali; con decreto legislativo 59/1998 che regola il
conferimento della qualifica dirigenziale ai capi di istituto;
3. decreto legislativo 112/1998 artt. 137-147 relativo alla delega alle
regioni e agli enti locali delle funzioni amministrative esercitate dallo Stato.
4. D. M. 1° febbraio 2001, n. 44, Regolamento concernente le “Istruzioni
generali sulla gestione amministrativo-contabile delle istituzioni
scolastiche”.19
5. L’attribuzione della personalità giuridica a tutte le scuole
Secondo l’articolo 21 della legge 59/97, la personalità giuridica e
l’autonomia organizzativa e didattica viene attribuita alle istituzioni
scolastiche una volta raggiunti i requisiti di dimensione ottimale, attraverso
piani di dimensionamento della rete scolastica, da individuarsi tramite
successivo regolamento.
Il requisito del dimensionamento ottimale è stato applicato - stante
l’esplicito disposto della norma - anche a quelle istituzioni scolastiche che
avevano già la personalità giuridica, ai fini del conseguimento
dell’autonomia didattica e organizzativa riconosciuta dalla legge 59
(articolo 21, comma 7, legge 59/1997).
La personalità giuridica deve essere comunque attribuita entro il 31
dicembre 2000 (articolo 21, comma 4, legge 59/1997).
Il regolamento di attuazione della legge, relativo al dimensionamento delle
19 In Gazzetta Ufficiale 9 marzo 2001, n. 57, S. O. 49 decreto ministeriale emanato in attuazionedell’articolo 21, commi 1 e 14, della legge 15 marzo 1997, n. 59. Le precedenti istruzioni sonostate emanate con il decreto interministeriale 28 maggio 1975 (Supplem. Ord. N. 1 al BollettinoUfficiale del Ministero della pubblica istruzione n. 24-25 del 12-19 giugno 1975) L’articolo 12, comma 4 del decreto del Presidente della Repubblica. 8 marzo 1999, n. 275, richiamatodall’articolo 62 del presente regolamento, stabilisce che “Le istruzioni generali di cuiall’articolo 21, commi 1 e 14, della legge 15 marzo 1997, n. 59, sono applicate in viasperimentale e progressivamente estese a tutte le istituzioni scolastiche dall’anno finanziarioimmediatamente successivo alla loro emanazione“. Le istruzioni del presente regolamentodunque, allo stato, e salvo eventuali innovazioni, essendo state emanate nel 2001, si dovrebberoapplicare dall’anno 2002. Istruzioni contabili in connessione all’avvio, dal 1° settembre 2000, dell’autonomia delle scuole ed all’attribuzione della personalità giuridica a norma del decretodel Presidente della Repubblica. 18 giugno 1998, n. 233, sono state impartite con CircolareMinisteriale n. 187 del 21 luglio 2000 e con Circolare Ministeriale n. 253 del 10 novembre2000, entrambe del “Servizio per gli affari economici” del Ministero.
13
scuole è stato emanato con decreto del Presidente della Repubblica 18
giugno 1998 n. 233 “Regolamento recante norme per il dimensionamento
ottimale delle istituzioni scolastiche e per la determinazione degli organici
funzionali dei singoli istituti, a norma dell’articolo 21 della Legge 15
marzo 1997 n. 59”.
Secondo le disposizioni del regolamento, per acquisire la personalità
giuridica gli istituti di istruzione devono avere di norma un numero di
alunni compreso tra 500-900 alunni, numero che sia prevedibilmente
stabile per almeno un quinquennio. Tale indice di riferimento è però ridotto
in particolari zone come le piccole isole, i comuni montani o aree
contrassegnate da specificità etniche o linguistiche.
La dimensione ottimale di ciascuna scuola, nell’ambito degli indici di
riferimento, è stata definita tenendo conto della consistenza della
popolazione scolastica residente nell’area di pertinenza; delle
caratteristiche demografiche e socio-culturali del bacino di utenza, della
complessità di gestione didattica se nella stessa istituzione coesistono più
gradi di scuole, dell’estensione di fenomeni di devianza giovanile.
Le singole istituzioni che non raggiungevano i parametri indicati, sono state
unificate orizzontalmente con le scuole dello stesso grado comprese nel
medesimo ambito territoriale, o verticalmente in istituti comprensivi dei
vari gradi scuola.
I piani di dimensionamento sono stati definiti in conferenze provinciali di
organizzazione della rete scolastica e approvati dalle stesse entro il 31
dicembre 1998. Le regioni hanno poi approvato il piano regionale di
dimensionamento entro il 28 febbraio 1999 sulla base dei piani provinciali,
assicurandone il coordinamento.
I piani hanno avuto completa attuazione entro l’inizio dell’anno scolastico
2000-2001.
I dirigenti dell’amministrazione scolastica periferica, adottano, in
attuazione dei piani approvati dalle Regioni, i provvedimenti di
14
riconoscimento della personalità giuridica e delle autonomia alle singole
istituzioni scolastiche (articolo 4 decreto del Presidente della Repubblica
233/1998).20
Il regolamento che disciplina l’autonomia delle istituzioni scolastiche è
stato emanato con decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999 n.
275 “regolamento recante norme in materia di autonomia delle istituzioni
scolastiche ai sensi dell’articolo 21 della legge 59/97”.
Il regolamento ha avuto applicazione dal 1° settembre 2000 (in sostanziale
concomitanza con l’acquisto della personalità giuridica da parte delle
scuole). Fino a tale data, però, le istituzioni scolastiche hanno esercitato
l’autonomia ai sensi del D. M. n. 251 del 29 maggio 1998 (“Programma
nazionale di sperimentazione dell’organizzazione scolastica”).
Le istituzioni scolastiche parificate, pareggiate e legalmente riconosciute
hanno adeguato - entro il primo settembre 2000 - il loro ordinamento, in
coerenza con le proprie finalità, alle disposizioni del regolamento relative
alla determinazione dei curricoli, e lo armonizzano con quelle relative
all’autonomia didattica, organizzativa e di ricerca. Ad esse si applicano
anche le norme relative alla sperimentazione dell’autonomia.
6. L’autonomia didattica, organizzativa della scuola
Uno degli ambiti più rilevanti della riforma scolastica, sembra senz’altro
riguardare la maggiore autonomia riconosciuta a livello didattico-
organizzativo21 (nonché di ricerca).
Tale profilo di “autonomia” riguarda non tanto l’aspetto prettamente
amministrativo dell’istituzione scolastica che consegue ed inerisce alla
20 A proposito della procedura di dimensionamento delle Istituzioni scolastiche, lagiurisprudenza ha osservato che la delibera di approvazione del piano regionale didimensionamento, per taluni aspetti ha le caratteristiche dell'atto generale, ma per altri - quelliconcernenti le concrete statuizioni sulle singole scuole - assume i connotati degli atti acontenuto particolare, con il conseguente “obbligo specifico di motivazione” (v. T. A. R. Umbria sent. n. 759/2000). 21 Per organizzativo, la normativa della riforma intende la strutturazione dell’attività didattica, enon invece di quella amministrativa. Anche nel presente testo si fa riferimento al primosignificato del termine, perché appunto più aderente all'uso fatto dal legislatore.
15
nuova creazione di soggetti giuridici, quanto invece alla peculiarità del
servizio reso, non riconducibile ad una funzione amministrativa.
Pare opportuno sottolineare che anche in tal caso sembra corretto l’uso del
termine “autonomia”, inteso come libertà di azione in un ambito predefinito
da parte del soggetto derivante (in tal caso lo Stato).
La necessità di delimitare i limiti della possibilità di azione delle singole
scuole in materia prettamente didattica sembra discendere da due fattori
fondamentali dell’attuale sistema scolastico: l’uno riguarda il
riconoscimento legale del titolo di studio - circostanza che determina una
necessaria uniformità di trattamento su tutto il territorio nazionale - l’altro
il sistema di eguale trattamento di tutto il personale scolastico, statuito, in
termini economici, dalla contrattazione collettiva.
Da quanto sopra esposto derivano i limiti all’autonomia didattica ed
organizzativa della scuola, che, in alcuni casi - specie per quanto concerne
la riduzione dell’ora di lezione - sembrano porsi in contrasto con il nuovo
spazio operativo attribuito alle singole istituzioni scolastiche.
Come sopra delineato, le esigenze rappresentate costituiscono la chiave di
lettura per comprendere le limitazioni all’autonomia, i poteri ancora
residuati in capo al Ministero rinnovato, nonché l’eventuale abrogazione (o
attuale vigenza) della normativa secondaria anteriore all’entrata in vigore
del regolamento sull’autonomia scolastica (decreto del Presidente della
Repubblica 274/1999).
Secondo il punto 7 dell’articolo 21 della legge delega 59/1997 le istituzioni
scolastiche a cui è stata conferita la personalità giuridica, “hanno
autonomia organizzativa e didattica, nel rispetto degli obiettivi del sistema
nazionale di istruzione e degli standard di livello nazionale”.
In base al comma 8 della stessa disposizione di legge: “L’autonomia
organizzativa è finalizzata alla realizzazione della flessibilità, della
diversificazione, dell’efficienza e dell’efficacia del servizio scolastico,
all’integrazione e il miglior utilizzo delle risorse e delle strutture,
16
all’introduzione di tecnologie innovative e al coordinamento con il contesto
territoriale.
Essa si esplica liberamente, anche mediante il superamento dei vincoli in
materia di unità oraria della lezione, dell’unitarietà del gruppo di classe e
delle modalità di organizzazione e impiego dei docenti, secondo finalità di
ottimizzazione delle risorse umane, finanziarie, tecnologiche, materiali e
temporali, fermi restando i giorni di attività didattica annuale prevista a
livello nazionale, la distribuzione dell’attività didattica in non meno di
cinque giorni settimanali, il rispetto dei complessivi obblighi annuali di
servizio dei docenti previsti dai contratti collettivi, che possono essere
assolti invece che in cinque giorni settimanali anche sulla base di
un’apposita “programmazione plurisettimanale”.
Secondo il comma successivo, l’autonomia didattica è finalizzata al
perseguimento degli obiettivi generali del sistema nazionale di istruzione,
nel rispetto della libertà di insegnamento, della scelta educativa da parte
delle famiglie e del diritto di apprendere.
Essa si sostanzia nella scelta “libera” e programmata di metodologie,
strumenti, organizzazione e tempi di insegnamenti opzionali, facoltativi o
aggiuntivi e nel rispetto delle esigenze formative degli studenti.
Quanto precede, “fermi restando il monte ore annuale complessivo previsto
per ciascun curriculum e quello previsto per ciascuna delle discipline ed
attività indicate come fondamentali di ciascun tipo od indirizzo di studi e
l’obbligo di adottare procedure e strumenti di verifica e valutazione della
produttività scolastica e del raggiungimento degli obiettivi” 22 (articolo 21,
22 La norma prevede poi che le istituzioni scolastiche sia singolarmente che “in formeconsorziate” stabiliscano ampliamenti dell'offerta formativa che prevedano varie iniziative, siaper la prevenzione dell'abbandono scolastico, che per l'inserimento nel mondo del lavoro, che diofferta formativa per adulti, e infine per l'utilizzazione delle strutture anche in orariextrascolastici. Nell'esercizio della nuova autonomia, le istituzioni scolastiche sono supportatedagli IRRE, dall'INVALSI, dall'INDIRE, istituti riformati proprio in vista di tale finalità (art. 21, comma 10, legge 59/1997; cfr. il Decreto legislativo 20 luglio 1999 n. 258, “Riordino del CentroEuropeo dell'educazione, della biblioteca di documentazione pedagogica e trasformazione inFondazione del museo nazionale della scienza e della tecnica “Leonardo da Vinci”, a normadell'articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59”, Decreto del Presidente della Repubblica 21
17
comma 9).
La legge delega, quindi, se da un lato amplia il cerchio della autonomia
didattica ed organizzativa, dall’altro ne delimita il raggio, richiamando il
rispetto degli obiettivi nazionali fissati a livello generale, e giustificati,
come già enunciato, dalla necessità di rispettare i parametri necessari
all’uniforme livello di preparazione riconosciuto come presupposto per la
validità del titolo legale di studio.
Tali limiti vengono poi specularmente individuati nei poteri che: il decreto
legislativo 300/1999, il regolamento di attuazione (decreto del Presidente
della Repubblica 347/2000) e il regolamento sulla autonomia (decreto del
Presidente della Repubblica 275/1999) prevedono in capo al Ministro della
pubblica istruzione.23
Secondo l’articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica 275/1999,
il Ministro della pubblica istruzione, definisce (sentito il Consiglio
settembre 2000 n. 313, “Regolamento recante organizzazione dell'Istituto nazionale per lavalutazione del sistema dell'istruzione, attuativo degli articoli 1 e 3 del decreto legislativo 20luglio 1999, n. 258 e Decreto del Presidente della Repubblica 21 novembre 2000, n. 415, “Regolamento di organizzazione dell'Istituto nazionale di documentazione per l'innovazione e laricerca educativa, a norma degli articoli 2 e 3 del decreto legislativo 20 luglio 1999, n. 258”. Articolato in tre nuclei territoriali, l'Indire è un ente dotato di autonomia scientifica, finanziaria, patrimoniale, amministrativa e regolamentare. L'Istituto è stato ripristinato dal 01/09/2012 conla Legge 15 luglio 2011, n. 111 pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 164 del 16 luglio 2011, art. 19: «[…] Dalla medesima data (1 settembre 2012, ndr) è soppresso l'Ansas ed è ripristinatol'Istituto nazionale di documentazione, innovazione e ricerca educativa (Indire), quale ente diricerca con autonomia scientifica, finanziaria, patrimoniale, amministrativa e regolamentare. Sono conseguentemente abrogati i commi 610 e 611 dell'articolo 1 della L. 27 dicembre 2006, n. 296, ferma restando la soppressione degli ex Irre. L'Istituto si articola in 3 nuclei territoriali esi raccorda anche con le regioni […]». L'Istituto subentra all'Agenzia Nazionale per lo Sviluppodell'Autonomia Scolastica che era stata istituita con la L. 296/2006. Con decreto n. 5 del 21dicembre 2012 del Ministro dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, Francesco Profumo, è stato approvato lo Statuto dell'Istituto Nazionale di Documentazione, Innovazione e RicercaEducativa. Lo Statuto è pubblicato integralmente sul sito dell'Istituto. Dell'approvazione delloStatuto è stata data comunicazione sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana - SerieGenerale - n. 41 del 18/02/2013. 23 Secondo l'art. 50 del d.lgs. 300/1999, spetta al Ministero - per quanto concerne il profilodidattico - l'assetto complessivo dell'intero sistema formativo, l'individuazione degli obiettivi edegli standard formativi e percorsi formativi in materia di istruzione superiore”, nonchél’organizzazione generale dell'istruzione scolastica, ordinamenti e programmi scolastici. Ild.P.R. 347/2000 di attuazione prevede che di tali compiti si occupi il Dipartimento per losviluppo dell'istruzione (art. 3, d.P.R. citato). Ulteriori disposizioni per l'articolazione degliUffici scolastici regionali sono state, poi, disciplinate dall'Accordo tra il Ministro della pubblicaistruzione, le regioni, le province, i comuni e le comunità montane sul documento recante“Linee-guida per i provvedimenti di articolazione degli Uffici scolastici regionali” del 19 aprile2001, pubblicato su G.U. 19 maggio 2001, n. 115.
18
nazionale della pubblica istruzione), per i diversi tipi di indirizzo e di
studio:
1) gli obiettivi generali del processo formativo;
2) gli obiettivi specifici di apprendimento relativi alle competenze degli
alunni;
3) le discipline e le attività costituenti la quota nazionale dei curricoli e il
relativo monte annuale;
4) l’orario obbligatorio annuale dei curricoli comprensivo della quota
nazionale obbligatoria e della quota obbligatoria riservata alle istituzioni
scolastiche;
5) i limiti di flessibilità temporale per realizzare compensazioni tra
discipline e attività della quota nazionale del curricolo;
6) gli standard relativi alla qualità del servizio;
7) gli indirizzi generali circa la valutazione degli alunni, il riconoscimento
dei debiti e dei crediti formativi;
8) i criteri generali per l’organizzazione dei percorsi formativi finalizzati
all’educazione permanente degli adulti, anche a distanza.
Per meglio chiarire in ordine logico i vari aspetti della autonomia sopra
indicata nella formazione della quale concorrono norme presenti nelle
diverse forme enunciate, si ritiene poter procedere nella indicazione delle
seguenti modalità di impartire l’istruzione scolastica:
1. che cosa insegnare (discipline di studio);
2. come insegnare;
3. quanto insegnare (orario scolastico e durata delle lezioni).
6. 1. L’individuazione delle discipline oggetto di insegnamento (Curricolo
obbligatorio e facoltativo)
Come sopra descritto, il Ministro individua le discipline che costituiscono
la quota nazionale dei curricoli e il relativo monte ore annuale.
19
Sembra evidente che la norma risponda alla esigenza, più volte esplicata, di
mantenere un livello culturale uniforme tra tutte le scuole della nazione.24
A differenza del passato, però, le Scuole, nell’ambito del Piano dell’Offerta
Formativa (P.O.F.), integrano la quota nazionale con quella ad esse
riservata, attraverso l’individuazione di discipline e di attività da loro
esplicitamente scelte.25
Secondo il regolamento di attuazione di tale disposizione (decreto
ministeriale 26 giugno 2000, n. 234 in G. U. 25 agosto 2000), “la quota
oraria nazionale obbligatoria dei curricoli è pari all’85% del monte ore
annuale” delle singole discipline di insegnamento comprese negli attuali
ordinamenti, mentre quella riservata alle scuole è costituita dal restante
15%.26
I curricoli obbligatori possono poi essere “arricchiti con discipline ed
attività facoltative” che le istituzioni scolastiche programmano sulla base di
progetti con le Regioni, gli enti locali, ed altri soggetti operanti sul
territorio.
Nella scelta delle discipline obbligatorie (per la quota loro spettante), e
quelle facoltative, si può giocare gran parte di quel ruolo di competitività
che la riforma ha voluto dare alle Scuole, per favorirne una maggiore
dinamicità in un contesto scolastico caratterizzato da un rigido centralismo.
6. 2. Le modalità di insegnamento
Una più ampia elasticità rispetto al passato caratterizza le modalità con le
quali viene impartita l’istruzione.
24 Infatti, esplicitamente, il comma successivo dichiara che “nell'integrazione della quotanazionale del curricolo e quella riservata alle scuole è garantito il carattere unitario del sistemaistruzione ed è valorizzato il pluralismo culturale e territoriale”. 25 Il “liberamente” scelte è però vincolato ad alcuni parametri indicati dall'art. 8, e cioè leesigenze degli alunni concretamente rilevate, le esigenze e le attese delle famiglie anche inrelazione al corso di studi prescelto, progetti ed accordi nazionali ed internazionali. 26 Tale quota, secondo il regolamento, potrà essere utilizzata o per confermare l'attuale assettoordinamentale, o per attuare compensazioni tra discipline e attività di insegnamento previstedagli attuali programmi o per introdurre nuove discipline, utilizzando i docenti in servizionell'istituto.
20
In base all’articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica 275/1999,
le istituzioni scolastiche potranno avere maggiore autonomia nella scelta
del metodo scolastico: dall’aggregazione di discipline in aree e ambiti
disciplinari, all’articolazione modulare di gruppi di alunni provenienti
anche da diverse classi o anni di concorso, ad ulteriori forme di flessibilità
non specificate dal regolamento e ritenute più opportune da parte delle
scuole.
Se al Ministro spetta il compito di individuare gli obiettivi nazionali delle
varie discipline, le scuole - da parte loro - “concretizzano gli obiettivi
nazionali in percorsi formativi funzionali alla realizzazione del diritto di
apprendere e alla crescita educativa degli alunni, riconoscono e
valorizzano le diversità, promuovono le potenzialità di ciascuno adottando
tutte le iniziative utili al raggiungimento del successo formativo”.27
In definitiva, pare che secondo l’impostazione scolastica delineata dalla
normativa, ciò che conta sia il raggiungimento dell’obiettivo finale
educativo e che la qualità della scuola si manifesti nella individuazione del
metodo migliore per raggiungerlo.
6. 3. I tempi dell’insegnamento
Particolarmente rilevante è la questione relativa ai tempi
dell’insegnamento, e cioè la durata temporale della scuola sia nel suo
complesso (calendario di inizio e di fine delle lezioni)28, che per quanto
concerne le singole unità di lezione.
L’importanza della questione non è data solo dal presupposto che - anche in
27 Nella terminologia usata dal legislatore della riforma si intreccia un linguaggio giuridico, conconcetti pedagogici anche di nuova impostazione. Non è quindi semplice per il giurista tradurrein termini precisi l'effettiva portata di determinate disposizioni, che si chiarirà solo conl'esperienza pratica. 28 Per quanto concerne il calendario scolastico di inizio e di fine delle lezioni, le singoleistituzioni scolastiche stabiliscono degli adattamenti del calendario scolastico in relazione alleesigenze derivanti dai P.O.F. nel rispetto dei 200 giorni fissati dalla legge (art. 74 t. u. 297/1994)e delle funzioni delegate in materia alle Regioni (vedi ora l'art. 3 della Legge Costituzionale 18ottobre 2001, n. 3 Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione, (GazzettaUfficiale n. 248 del 24-10-2001).
21
questo caso - ad un quantum di ore di lezione corrisponda un quantum di
preparazione uniforme per tutto il territorio nazionale.
Il problema è altresì legato al costo del lavoro degli insegnanti e degli
obblighi di servizio fissati dai contratti collettivi.
Come è noto la contrattazione collettiva della scuola distingue gli obblighi
di servizio in due categorie: quelli direttamente correlati alla didattica e
quelli ad essa funzionali (es. partecipazione a scrutini, a progettazione,
preparazione degli elaborati, preparazione delle lezioni).
Per il personale docente l’articolo 41 del CCNL del 4 agosto 1995 (non
abrogato dall’articolo 48 CCNL 9 giugno 1999), prevede che l’attività di
insegnamento si svolga in 25 ore settimanali nella scuola materna; in 22 ore
settimanali per la scuola elementare (oltre due ore da dedicare alla
programmazione plurisettimanale), e in 18 ore settimanali nelle scuole ed
istituti di istruzione secondaria ed artistica.29
Secondo tale disposizione qualora siano deliberate sperimentazioni che
comportino la riduzione dell’unità oraria di lezione, i docenti “completano
l’orario dell’obbligo con attività connesse alla sperimentazione o con altre
modalità previste dallo stesso progetto di sperimentazione”.
Sono poi considerate altre attività “aggiuntive”, all’insegnamento che
“vengono deliberate dal collegio dei docenti nell’ambito delle risorse
finanziarie disponibili in coerenza con il piano dell’offerta formativa”. Tali
attività sono dunque remunerate al di fuori da quelle rientranti nell’obbligo
di servizio.
Secondo l’articolo 21 della legge 59/1997 e l’articolo 4 del decreto del
Presidente della Repubblica 275/1999, nell’ambito dell’autonomia didattica
le istituzioni scolastiche “regolano i tempi dell’insegnamento”. Ad esse
29 Per le attività funzionali all'insegnamento, di carattere collegiale, l'art. 42 del CCNL prevede:a) un totale di 40 ore annue per le riunioni ai collegi docenti, il ricevimento dei genitori, ecc. b) la partecipazione ai consigli di classe per un massimo di 40 ore annue;c) lo svolgimento degli scrutini ed esami;d) la presenza in classe 5 minuti prima dell'inizio delle lezioni per assicurare l'accoglienza e lavigilanza, e la sussistenza all'uscita degli alunni alla fine delle lezioni.
22
spetta, tra l’altro: “la definizione di unità di insegnamento non coincidenti
con l’unità oraria di lezione” e l’utilizzazione, nell’ambito del curricolo
obbligatorio degli spazi orari residui.
Nell’ipotesi in cui venga ridotta l’unità oraria di lezione, come
esplicitamente previsto dall’articolo 21, legge 59/1997; dall’articolo 4 e 5
del decreto del Presidente della Repubblica 275/1999, nonché - da ultimo -
dall’articolo 3 decreto del Presidente della Repubblica 234/2000 - (secondo
cui: “l’adozione nel piano dell’offerta formativa, di unità di insegnamento
non coincidenti con l’unità oraria non può comportare la riduzione
dell’orario obbligatorio annuale costituito dalle quote di cui ai commi 1 e
2 (curricolo obbligatorio), nell’ambito del quale devono essere recuperate
le residue frazioni di tempo”) - la quota oraria dovrà essere recuperata:
a) sia in relazione al monte ore annuale da dedicare alle discipline
obbligatorie;
b) sia in relazione all’obbligo di servizio dei docenti (recupero che potrà
avvenire anche secondo le modalità dei progetti dell’autonomia della
singola scuola: v. articolo 17 CCNL 1999).30
6. 4. La rete tra scuole
L’articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica 275/1999, prevede
tre modalità di collaborazione tra scuole ed altri enti pubblici o privati:
a) gli accordi in rete tra scuole
b) le convenzioni con enti pubblici o privati
c) l’istituzione o l’adesione a consorzi pubblici o privati.
L’accordo in rete può avere ad oggetto attività didattiche, di ricerca,
sperimentazione e sviluppo, formazione e aggiornamento, ma può anche
concernere attività amministrative delle scuole o addirittura la contabilità
30 Per l’attuale sopravvivenza della c. m. del 22 settembre 1979, n. 243 relativa alla riduzionedell'unità oraria di lezione - senza obbligo di recupero - per difficoltà del trasporto e ragioni dipendolarismo v. l'accordo d'interpretazione autentica 17 settembre 1997 intervenuto tra le OO. SS e l'A.R.A.N. e l'ipotesi di accordo richiamata dalla Circolare Ministeriale 225 del 5 ottobre2000.
23
“ferma restando l’autonomia dei singoli bilanci”. Può riguardare anche
l’acquisto di beni o di servizi, l’organizzazione e altre attività coerenti con
il raggiungimento delle finalità istituzionali.
La competenza per l’approvazione dell’accordo spetta al consiglio di
istituto o di circolo e - per le finalità didattiche - al collegio dei docenti
delle singole scuole interessate.
Sotto il profilo organizzativo, l’accordo individua l’organo responsabile
della gestione delle risorse e del raggiungimento delle finalità del progetto,
la sua durata, le sue competenze e i suoi poteri, nonché le risorse
professionali e finanziarie messe a disposizione dalla rete delle singole
istituzioni.
L’accordo è depositato presso la segreteria delle scuole, ove gli interessati
possono prenderne visione ed estrarne copia.
Gli accordi in rete sono aperti a tutte le istituzioni scolastiche che intendano
parteciparvi e prevedono iniziative per favorire la partecipazione alla rete
delle istituzioni scolastiche che presentino situazioni di necessità.
Quando sono istituite reti di scuole, gli organici funzionali di istituto
possono essere definiti in modo da consentire l’affidamento a personale
dotato di specifiche esperienze e competenze di compiti organizzativi e di
raccordo interistituzionale.
Dal regime sopra esposto emerge il carattere associativo della rete di
scuole: dalla previsione di un fondo comune a quella di un organo
responsabile della gestione delle risorse.
Occorre a tal punto chiedersi quale sia la natura giuridica delle “reti tra
scuole”: dalla previsione di un fondo comune a quella di un organo
responsabile della gestione delle risorse.
Al riguardo, considerata la natura pubblica delle scuole facenti parte della
rete, sembra che gli stessi siano riconducibili alla lata previsione
dell’articolo 15 legge 241/1990.
In base a tale normativa, “le amministrazioni pubbliche possono sempre
24
concludere tra loro accordi per disciplinare lo svolgimento in
collaborazione di attività di interesse comune.
Per detti accordi si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni
previste dall’articolo 11, commi 2, 3 e 5”.
I commi richiamati dall’articolo 11 della legge 241/1990 (norma che
disciplina gli accordi sostitutivi di provvedimenti), prevedono
l’applicazione ai medesimi dei “principi del codice civile in materia di
obbligazione e contratti in quanto compatibili” (comma 2); inoltre “gli
accordi sostitutivi di provvedimenti sono soggetti ai medesimi controlli
previsti per questi ultimi” (comma 3), e infine: “le controversie in materia
di formazione, conclusione ed esecuzione degli accordi di cui al presente
articolo sono riservate alla giurisdizione esclusiva del giudice
amministrativo”.
Per quanto concerne la disciplina relativa alla rete tra scuole, si ritiene
quindi applicabile - in virtù dell’espresso richiamo dell’articolo 15 legge
241/1990 - la disciplina codicistica, per le parti non regolate dall’articolo 7
decreto del Presidente della Repubblica 275/1999.
Sebbene il comma 2 articolo 11 richiamato faccia espresso riferimento alle
obbligazioni e contratti (e non quindi al libro primo, che disciplina le
persone fisiche e giuridiche), è pur vero che le associazioni vengono
costituite con contratto (contratti di comunione di scopo, categoria diversa
da quella dei contratti di scambio).
Pertanto, in virtù del suesposto richiamo, anche la disciplina relativa alle
associazioni pare applicabile alle reti di scuole, nelle parti non regolate
dalla normativa es. per quanto concerne il diritto di recesso dalle singole
scuole alla rete, o in relazione alla responsabilità patrimoniale per le
obbligazioni assunte dalla rete di scuole.
E ciò perché, come detto, la struttura delineata per le reti di scuole ha
carattere associativo in quanto diretto a creare un vincolo tra gli istituti
scolastici, per la gestione comune dei loro interessi.
25
Può sorgere, però, il dubbio circa la disciplina da applicare, se quella
relativa alle associazioni riconosciute o non riconosciute come persone
giuridiche. Sembra doversi optare per la seconda ipotesi.
La struttura associativa delle reti di scuole non determina la nascita di una
nuova persona giuridica, pubblica o privata, e ciò per un duplice ordine di
ragioni.
Innanzitutto la personalità giuridica pubblica è sempre conferita con legge,
sì da ipotizzarsi unioni di enti pubblici senza personalità giuridica.31
Inoltre, la configurazione di una nuova persona giuridica sembra entrare in
contrasto con la ratio della normativa di riforma, diretta a rendere sempre
più indipendenti (se pure permettendo forme di collaborazione) le scuole,
evitando di creare strutture che si sostituiscano alle stesse.32
Relativamente semplice sembra la differenza di struttura tra le reti di scuole
e le convenzioni con università, enti pubblici e privati, prevista dall’articolo
7 comma 8 (le scuole, sia singolarmente che collegate in rete possono
stipulare convenzioni con università statali o private, ovvero con
istituzioni, enti associazioni o agenzie operanti sul territorio che intendano
dare il loro apporto alla realizzazione di specifici obiettivi) e comma 9
(anche al di fuori dell’ipotesi prevista dal comma 1, le istituzioni
scolastiche possono promuovere e partecipare ad accordi e convenzioni per
il coordinamento di attività di comune interesse che coinvolgono, su
progetti determinanti, più scuole, enti, associazioni del volontariato e del
privato sociale).
I predetti accordi, infatti, sono stipulati anche con soggetti diversi dalle
scuole e diretti a soddisfare specifiche necessità.
Più complessa sembra, invece, la distinzione tra le reti di scuole e i
31 Cit. da SANDULLI in nota 309a, in relazione alle federazioni di enti pubblici che hannocarattere di associazioni senza personalità: così l'ANCI (Ass. Nazionale dei Comuni italiani), l'UPI (Unione delle Province d'Italia). 32 La rete di scuole, come indicato dal regolamento, potrà assumere obbligazioni, e quindi avràuna capacità processuale (similmente alle associazioni non riconosciute: art. 75 codice diprocedura civile) risponderà delle obbligazioni con il fondo comune e poi con il patrimoniodelle singole scuole.
26
consorzi, che le istituzioni scolastiche possono costituire o a cui possono
aderire (le istituzioni scolastiche possono costituire o aderire a consorzi
pubblici e privati per assolvere compiti istituzionali coerenti col Piano
dell’offerta formativa di cui all’articolo 3 e per l’acquisizione di servizi e
beni che facilitino lo svolgimento dei compiti di carattere formativo).
Com’è noto il consorzio costituisce un’entità giuridica assai variegata e
presente sia nel diritto privato, che in quello amministrativo.
Secondo la disciplina civilistica (articolo 2062 codice civile e segg.) con il
contratto di consorzio più imprenditori costituiscono un’organizzazione
comune per la disciplina o per lo svolgimento di determinate fasi delle
rispettive imprese.
La causa del contratto di consorzio non è limitata solamente alla disciplina
della concorrenza tra imprenditori, ma ha un ambito più vasto, grazie al
quale il contratto si rivela concepito quale strumento di collaborazione
generale tra imprese diverse, volto a realizzare le più razionali ed opportune
sinergie (Cassazione 3163/1995).
La normativa privatistica distingue i consorzi con attività interna, da quelli
con attività esterna (articolo 2612: v. in particolare articolo 2613 sulla
rappresentanza in giudizio e 2615 responsabilità verso i terzi); i consorzi
volontari da quelli obbligatori (articolo 2616 s.).
Elemento essenziale del contratto di consorzio è la qualità di imprenditore
rivestita dai contraenti.
Tale qualità differenzia i consorzi dalle semplici associazioni, essendo
riconducibile anche il medesimo ai contratti di carattere associativo.
Da tempo regolata con legge è anche la costituzione di consorzi tra enti
pubblici (consorzi amministrativi).
E’ caratteristica comune a tutti i consorzi di essere organizzazioni
permanenti per la realizzazione e la gestione di opere o servizi di interesse
comune ai vari consociati, senza che delle opere e dei servizi diventi
27
titolare il consorzio.33
Già il testo unico della legge comunale e provinciale del 1934 (regio
decreto 383/1934), prevedeva la costituzione di consorzi pubblici tra enti
locali, ai quali la legge espressamente conferiva il carattere di enti
pubblici34, il cui carattere economico o no, dipendeva dal criterio
imprenditoriale o meno con cui veniva gestito il servizio.35
Successivamente la legge 142/1990 (ordinamento delle autonomie locali),
all’articolo 25, regola la costituzione di consorzi tra enti locali “per la
gestione associata di uno o più servizi e l’esercizio di funzioni” “secondo le
norme previste per le aziende speciali di cui all’articolo 23 in quanto
compatibili”.
Secondo l’interpretazione giurisprudenziale, “nonostante il rinvio alla
disciplina delle aziende speciali, contenuto nell’articolo 25 legge 142/1990,
la natura giuridica e l’ambito materiale di attività dei consorzi facoltativi tra
enti locali non coincide con quello delle aziende. Oltre ai consorzi istituiti
per la gestione di servizi di rilevanza economico-imprenditoriale, possono
esistere consorzi destinati allo svolgimento di servizi sociali e di funzioni,
mentre i primi si configurano - al pari delle aziende speciali - quali enti
pubblici economici, i secondi hanno natura istituzionale”.36
In definitiva, per i consorzi pubblici la giurisprudenza non distingue quelli
con attività interna od esterna, ma quelli aventi carattere imprenditoriale o
no, con le conseguenti implicazioni in ordine alla giurisdizione e alla
33 Così SANDULLI, Manuale di diritto amministrativo, 1982, p. 495; v. anche GIZZI, Consorzi fraenti pubblici, NssDi app., II, 486. 34 V: in tal senso: Cass. Sez. u. sent. n. 4347 del 1981; Sez. u. sent. n. 4272 del 1986 sulla naturagiuridica di tali consorzi; v. M. C. SPENA, I consorzi intercomunali, in “Rivista amministrativadella R. I. “, febbraio-marzo 1999, volume 40 fasc. n. 2/3. 35 V. ad esempio: secondo Cass. Sez. u. 1986 n. 4272 del 1986 che riconosce la qualifica di entepubblico economico ad un consorzio dei servizi pubblici di trasporto urbano ed extraurbano, inquanto gestito secondo “criteri e con strutture di tipo imprenditoriale”. Mentre invece ilconsorzio per la riabilitazione dei soggetti neurolesi, “ha natura di ente pubblico noneconomico, in quanto opera con struttura e finalità di tipo pubblicistico nel settore dellarieducazione degli handicappati” (Cass. Sez. u. n. 4793 del 1987). 36 Così T. A. R. Lombardia, Milano, 13 marzo 1995, n. 355; dello stesso T. A. R. sent. 583/1995; T. A. R. Umbria: 273/1995, per tutti.
28
disciplina del personale.37
Occorre, quindi, chiedersi, se, a fronte di un accordo di collaborazione tra
scuole, se lo stesso sia riconducibile alla figura della rete tra scuole -
disciplinata dall’articolo 7, commi 2-6 - del decreto del Presidente della
Repubblica 275/1999, o ad un consorzio, previsto dal comma 10 dello
stesso articolo.
In realtà la risposta non è semplice, e sarà probabilmente oggetto di analisi
giurisprudenziale.
Sembra, al riguardo, potersi ritenere che la collaborazione tra scuole e altri
soggetti rivesta la natura di consorzio quando la gestione sia connotata da
autonomia rispetto alle singole scuole38, e quindi con proprio bilancio.
7. La natura giuridica dell’ente scuola
Rilevante è la questione concernente la natura giuridica delle scuole, cui è
stata conferita la personalità giuridica e l’autonomia, ai sensi dell’articolo
21 della legge 59/1997.
Sembra, infatti, che dalla definizione ontologica delle medesime, derivino
importanti conseguenze sia sul piano sostanziale (rapporto con lo Stato),
che su quello processuale (legittimazione attiva e passiva nei giudizi e
patrocinio della Avvocatura dello Stato).
37 Le norme sul personale dei consorzi contenute nella legge 142/1990 e nel d.lgs. 29/1993 nonsi applicano ai consorzi che hanno natura di ente pubblico economico; il rapporto di lavoro deidipendenti di tali consorzi ha natura privatistica ed è soggetto alla disciplina sostanziale eprocessuale di diritto comune” T. A. R. Lombardia, cit. 355/1995. 38 V. T. A. R. Lombardia, 1905/1997. Sembra non potersi escludere la natura economico-imprenditoriale di alcuni consorzi creati o a cui aderiscono le scuole (v. art. 20 del DecretoInterministeriale 1 febbraio 2001, n. 44 (in SO n. 49 alla GU 9 marzo 2001, n. 57) Regolamentoconcernente le "Istruzioni generali sulla gestione amministrativo-contabile delle istituzioniscolastiche" che prevede la gestione delle aziende agrarie e aziende speciali da parte dellescuole secondo criteri di economicità; v. inoltre l'art. 28 d. legge 28 maggio 1975; Istruzioniamministrativo contabili per le scuole). Questo non significa che le scuole assumono in tali casila qualifica di “imprenditore”. Inoltre, i predetti consorzi possono essere costituiti per“l'acquisizione di servizi e beni che facilitino lo svolgimento di attività formative” e quindi conrilevanza economica, sebbene senza scopo di lucro: v., al riguardo, sent. Cass. Sez. u. 24/1999, secondo cui un consorzio tra Comuni per l'acquisto di materiale scolastico a migliori prezzi, “palesa una indubbia valenza pubblicistica in quanto preordinata al perseguimento degliinteressi dei consorziati, escludendo ogni scopo di lucro degli interessi dei consorziati”.
29
Dottrina e giurisprudenza, non hanno a tutt’oggi approfondito in modo
significativo tali aspetti, inerenti, peraltro, ad una materia - quella scolastica
- che non è stata particolarmente oggetto di studio sistematico su basi
dogmatiche.
Tenuto conto delle considerazioni dottrinali e giurisprudenziali, formatesi
anteriormente alla riforma scolastica, si procederà - pertanto - secondo
un’impostazione di carattere logico, in base a principi di carattere generale.
«Il regolamento sull’autonomia fa cenno (art. 1, comma 1) alla circostanza
che le scuole sono “espressione di autonomia funzionale”. La locuzione
non deve trarre in inganno fino al punto di ritenere che l’attribuzione alla
scuola di personalità ed autonomia ne modifichi il carattere di ente
strumentale dello Stato e la trasformi in un ente autarchico. Basti a tale
riguardo, da un lato, ricordare l’art. 1, comma 2, del d.lgs n. 29/1993 (ora
trasfuso nell’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 165/2001), che annovera gli
istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative tra le
“amministrazioni pubbliche”; dall’altro, considerare che continuano a
permanere connotazioni pubblicistiche della natura giuridica della scuola e
del suo modus operandi, nonché vincoli derivanti dall’inserimento
nell’apparato organizzativo statuale (indirizzi, controlli, vigilanza,
provvista di personale, provvista di risorse, ecc.). L’attribuzione della
personalità giuridica e la più ampia autonomia, dunque non hanno
trasformato la scuola in un soggetto giuridico indipendente e svincolato dal
sistema organizzativo-amministrativo statuale (o provinciale, laddove vi sia
inserimento nella struttura organizzativa di province dotate di autonomia
speciale). Esse, piuttosto, hanno configurato le scuole come centri di
imputazione di situazioni e rapporti giuridici, funzionalmente distinti da
altri soggetti (amministrazione centrale, amministrazione periferica)
operanti nel Sistema, secondo un modulo ben conosciuto in diritto
pubblico.39 Il concetto risulta espresso adeguatamente nella nota min.
39 Si vedano, in proposito, tra molte: Cons. Stato, Sez. V, n. 4850/2000; n. 2735/2000; n.
30
09.11.2001, prot. n. 7267, dove si ricorda che l’attribuzione della
personalità giuridica non fa comunque venire meno la natura di organi
dello Stato delle istituzioni scolastiche».40
Infine, con riferimento all’autonomia negoziale, la circolare MEF n. 31 del
14 novembre 2008, nel ripercorrere il tessuto delle norme di contenimento
della spesa pubblica dettate dal D.L. n. 112/2008, conv. con modif. nella
legge n. 133/2008, testualmente precisa che “è l’Amministrazione
scolastica a stabilire le modalità attraverso le quali sarà assicurato il
raggiungimento dell’obiettivo di contenimento della spesa per quanto
riguarda le istituzioni scolastiche statali, da intendersi quali unità locali del
Ministero dell’istruzione, dell’Università e della Ricerca”.
a) La natura giuridica delle scuole anteriormente alla legge delega
59/1997.
Come è noto, anteriormente alla recente riforma scolastica, le scuole
potevano essere divise in due categorie: quelle con personalità giuridica
(Istituti di istruzione tecnica, professionale artistica, convitti), e quelle
dotate di una certa autonomia amministrativa, ad esse riconosciuta dai c. d.
“decreti delegati sulla scuola” (decreto del Presidente della Repubblica 416
del 1974 in attuazione dei principi contenuti nella legge delega 477/1973).
In relazione alle scuole dotate di autonomia amministrativa, si sono
evidenziati i seguenti aspetti41, che si ritiene opportuno riportare:
1. gli istituti scolastici vanno annoverati tra gli organi dello Stato: ne
consegue che l’attività da essi esplicata per mezzo delle persone fisiche che
vi operano, va imputata direttamente allo Stato, costituisce cioè attività
statuale.42
4586/2001. 40 S. AURIEMMA, voce «Autonomia delle scuole», in Repertorio 2010, Tecnodid, Napoli2010. 41 V. C. GATTI, S. ZAMBARDI, Autonomia amministrativa e gestione finanziaria delle scuole, Jovene, 1976, p. 31 ss. 42 II direttore didattico e il preside sono al tempo stesso organi di primo grado dello Stato, dato
31
2. Tuttavia, essendo agli stessi riconosciuta l’autonomia amministrativa - da
gestirsi tramite organi di natura collegiale -, gli istituti realizzano il
principio organizzatorio del decentramento funzionale, e sono sottratti al
vincolo di subordinazione gerarchica nei confronti dell’apparato
burocratico.43
3. Le istituzioni scolastiche sfuggono quindi al rapporto gerarchico che
caratterizza l’apparato burocratico: i provveditori, infatti, agiscono non
come superiori gerarchici ma, piuttosto come organi di controllo.
4. L’inesistenza di un rapporto gerarchico si manifesta in particolare nei
confronti degli organi collegiali di governo, che non sono organi esecutivi,
soggetti all’osservanza delle disposizioni impartite dai vertici dell’apparato
burocratico, ma organi la cui volontà si forma attraverso il concorso delle
autonome determinazioni dei loro componenti, onde al provveditore era
precluso il potere di annullamento delle loro deliberazioni, potere che è
espressione tipica del rapporto di gerarchia.44
5. Si osservava poi che anche il potere di impartire all’organo sottordinato
disposizioni vincolanti per mezzo di circolari, istruzioni ecc., trova
fondamento in un rapporto di gerarchia, sicché in assenza di tale rapporto, è
da ritenersi precluso alla Amministrazione, se non nei casi previsti dalla
legge, disciplinare l’attività di tali istituzioni attraverso l’emanazione di
che esplicano attività direttamente riferibili all’Ente, e organi dell’istituzione scolastica (cioèorgani statali di secondo grado), quando l'attività posta in essere è imputabile all’istituzione esolo mediatamente allo Stato. Mentre nel primo caso, gli organi considerati, in quantoespressione del decentramento burocratico, sono vincolati all'osservanza del principiogerarchico, non altrettanto avviene allorché operano come organi delle istituzioni autonome, cherappresentano invece un'ipotesi di decentramento funzionale, cui è estraneo qualsiasi vincolo disubordinazione gerarchica. 43 In tal senso si era espresso anche il Consiglio di Stato, con parere 1114 del 1983, ripreso nellac. m. 12 febbraio 1985, n. 60. 44 Cfr. Gatti, op. cit. p. 96 ove si rileva che “Orbene, posto che tra il provveditore e le istituzioniscolastiche non esiste rapporto di gerarchia e che tra le attribuzioni previste dall'art. 26 d.P.R. 416 non è compreso il potere di annullamento degli atti delle istituzioni stesse è agevole rilevareche l'organo di vigilanza non ha alcuna facoltà di provvedere in tal senso”. Si rilevava però chele delibere delle istituzioni erano soggette al potere di annullamento da parte del Governo, inquanto tale potere, conferito, dall'art. 6 del regio decreto 3 marzo 1934, n. 383, ha portatagenerale. Ma si segnalava anche che tale potere viene esercitato solo per questioni di altaamministrazione, che difficilmente si presentano per le istituzioni scolastiche.
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direttive per esse vincolanti.
Da ciò ne derivava che le circolari ministeriali, lungi dal rivestire carattere
di obbligatorietà, possono essere considerate al più come espressione di un
potere di indirizzo, volto ad assicurare una coordinata gestione della scuola.
Sul punto si rileva per inciso che - malgrado tale impostazione teorica - le
fonti di carattere secondario hanno disciplinato in modo penetrante la
materia organizzativa della scuola, sì da essere ritenute, da parte degli
operatori scolastici, quasi come la fonte primaria del diritto.
II potere di controllo si manifesta, invece, nella possibilità per il
provveditore di scioglimento degli organi collegiali della scuola in caso di
perdurante irregolare funzionamento (articolo 26 decreto del Presidente
della Repubblica 416/97, poi inserito nell’articolo 28 testo unico 297/1994,
relativo alle funzioni di vigilanza del provveditore agli studi).
Al provveditore spettava, inoltre, il controllo di legittimità e merito relativi
alla gestione dei fondi da parte delle scuole, attraverso le autorizzazioni e
approvazione dei bilanci preventivi e consuntivi delle singole istituzioni
scolastiche (articolo 28, testo unico 297/1994).
Per gli istituti dotati anche di personalità giuridica, si era osservato che:
1. l’acquisto della soggettività rileva nei confronti dei terzi, mentre invece
nei confronti dello Stato, la Scuola rimane inserita nella sua
organizzazione, sia pure con la natura di organo-ente.45 Come organi dello
45 V. N. DANIELE, La Pubblica Istruzione, Giuffrè, 1986, p. 104 ss. Sul punto, anche la chiara sent. Cass. 10982/1996, ove si afferma: “L'attribuzione agli istitutitecnici della personalità giuridica (art. 3 secondo comma della 1. n. 889 del 1931) ne assicural'autonomia rispetto all’amministrazione centrale della pubblica istruzione, pur se soggetta allavigilanza e ai controlli di questa. Donde la possibilità di essere titolari di situazioni soggettive ein particolare di diritti soggettivi nei confronti di altri enti in relazione alla disciplinadell'erogazione di spese e di somministrazioni varie che la legge Come organi dello Stato, taliscuole esercitano una serie di attribuzioni proprie di quest'ultimo (rilascio dei titoli di studio, certificazioni, attività di amministrazione del personale e di controlli di questa. Donde lapossibilità di essere titolari di situazioni soggettive e in particolare di diritti soggettivi neiconfronti di altri enti in relazione alla disciplina dell'erogazione di spese e di somministrazionivarie che la legge prevede a carico di questi... pur nella rilevata connotazione di enti strumentaliche detti istituti hanno in quanto preordinati alla realizzazione di fini principalmente di interessegenerale. Gli enti strumentali - categoria nella quale, come già detto, rientrano gli istituti tecnici, comeanche gli istituti professionali (cfr. regio decreto legge n. 2038 del 1938) e gli istituti d'arte (cfr.
33
Stato, tali scuole esercitano una serie di attribuzioni proprie di quest’ultimo
(rilascio dei titoli di studio, certificazioni, attività di amministrazione del
personale e conduzione del rapporto con gli studenti), e, attesa la
personalità giuridica di cui sono dotate, entrano nei rapporti con i terzi, nei
cui confronti possono assumere diritti e obblighi.
L’inserimento nella organizzazione dello Stato, si basava sulle seguenti
considerazioni:
a) l’istituzione da parte dello Stato;
b) la potestà per lo Stato di impartire direttive e istruzioni per quel che
attiene l’esercizio della funzione istituzionale;
c) il personale dell’istituzione è statale;
d) non è configurabile una confliggenza di interessi tra l’Ente e lo Stato per
quanto attiene al fine istituzionale.
Pertanto, si riteneva che la personalità fosse attribuita solo per assicurare
1. n. 163 del 1962) - sono caratterizzati dall'esercitare in proprio funzioni e servizi spettanti adaltro ente, al quale ne rispondono per i risultati conseguiti. La figura dell'organo-ente ricorre ogni volta in cui all'organo di una persona giuridica viene asua volta attribuita la personalità giuridica. Tale figura, che opera solitamente come organo dell'amministrazione diretta dello Stato, consegue per lo svolgimento di attività strumentali rispetto all’attuazione delle competenzefunzionali dello Stato. Pertanto il rapporto “tra l'organo-ente e lo Stato si pone in modo diverso aseconda che si tratti di rapporti con i terzi o di rapporti diretti organo-Stato”. In base a taliconsiderazioni, la Cassazione aveva escluso la legittimazione passiva del Ministero dellaPubblica Istruzione nell'azione risarcitoria per i danni provocati da personale della scuola o dasue strutture, atteso che “L'attività del personale, siccome inserita nella struttura dell'istituto ègiuridicamente riferibile a quest'ultimo per ciò che attiene ai rapporti con i terzi e comunque alpotere-dovere di disciplina e di vigilanza siccome rivolto a tutela della regolarità del servizio inproiezione del rispetto della sfera giuridica dei terzi”. In definitiva, il personale scolastico, ancorché dipendente dallo Stato, opera all'interno dell’organizzazione dell'istituto il quale, neirapporti con i terzi, diventa centro di imputazione dell’attività da detto personale svolta, assumendo rilievo non l'inquadramento di quest'ultimo nei ruoli del personale dello Stato, bensìlo svolgimento delle mansioni per il soddisfacimento dell'interesse pubblico specificamenteperseguito dall'ente strumentale (cfr. per riferimenti Cass. 4835/1979, Cass. 2700/1970). L'imputazione anche dell’attività illecita agli istituti scolastici, sulla base delle riportateargomentazioni, sembra più convincente della posizione contraria assunta dalla Cassazione inaltre pronunce (v. ad es. Cass. 341/1996, ove si ritiene sussista la legittimazione passiva delMinistero della Pubblica Istruzione, essendo ad esso riferibile l'attività illecita degli insegnanti, in quanto dipendenti statali). È inoltre da osservarsi, per quanto concerne lo ius postulandii, che specifiche normeattribuivano la difesa in giudizio all’Avvocatura dello Stato, ai sensi dell'art. 43 regio decreto1611/1933: v. per gli istituti tecnici: d.P.R. 446/1977; per gli altri istituti: d.P.R. 1027/1975:“conferimento all'Avvocatura generale dello Stato della rappresentanza in giudizio degli istitutiprofessionali per l'industria e l'artigianato, per le attività marinare, per l'agricoltura, per ilcommercio, alberghieri e femminili”. Per i convitti: art. 203 t. u. 297/1994.
34
una particolare autonomia all’organo e per consentirgli di amministrarsi
senza gli intoppi dell’ordinaria azione amministrativa.
Agli stessi era infatti riconosciuta una maggiore autonomia negoziale,
conseguente alla possibilità di gestire un proprio patrimonio.46
b) La natura giuridica delle istituzioni scolastiche cui è conferita la
personalità giuridica ai sensi della legge 59/1997
1. La legge 15 marzo 1997, n. 59 contiene la delega al Governo per il
conferimento di funzioni e compiti alle regioni e agli enti locali, per la
riforma della pubblica amministrazione e per la semplificazione
amministrativa. Tali funzioni, ai sensi dell’articolo 2 della legge, sono
conferite “nell’osservanza del principio di sussidiarietà”.
Il conferimento, inoltre, secondo il primo comma dell’articolo 1, avviene,
tra l’altro, ai sensi dell’articolo 5 Costituzione.
2. Come è noto, secondo l’articolo 5 della Costituzione, la Repubblica
“attua, nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento
amministrativo; adegua i principi ed i metodi della legislazione alle
esigente dell’autonomia e del decentramento.47
Il decentramento comporta che gli organi cui sono state attribuite le
funzioni “siano attributari e responsabili esclusivi delle materie nelle quali
hanno competenza, senza rapporto di soggezione gerarchica nei confronti
degli organi centrali (e il più possibile indipendenti da essi), spettando a
questi ultimi, in ordine alle materie stesse, soltanto poteri di coordinazione
46 Cfr. Istruzioni amministrative-contabili per i circoli didattici, gli istituti scolastici di istruzionesecondaria ed artistica statali e per i distretti scolastici emanate con d. legge 28 maggio 1975. Aisensi dell'art. 29 t. u. 297/1994, il riscontro della gestione finanziaria amministrativa epatrimoniale di tali istituzioni dotate di personalità giuridica, è affidato a due revisori dei conti, dei quali uno è nominato dal Ministero della Pubblica Istruzione e l'altro dal Ministero delTesoro. 47 Come osservato da LIVIA BARBERIO CORSETTI, “il principio di sussidiarietà, in questo caso, siestende oltre l'ente locale, titolare della autonomia territoriale, per toccare le singole scuole, che, in quanto titolari di autonomia funzionale, dovranno essere libere di organizzarsi e realizzareautonomamente tutti gli obiettivi coerenti con le loro dimensioni”, in Commento al d. lgs112/98, Maggioli, p. 585.
35
e di direzione”.48
In tale prospettiva, gli atti emanati dall’organo competente, assumono
carattere di definitività.49
Il decentramento, si differenzia dalla “delega”, attraverso la quale l’autorità
delegante non si priva dei propri poteri, ma demanda al delegato solo
l’esercizio degli stessi, né del potere di avocare a sé l’attività delegata.
3. Oggetto di decentramento è anche la materia dell’istruzione, come è
“reso palese dal fatto che la stessa legge eccettua dal conferimento le
funzioni ed i compiti riconducibili ad alcuni “settori” della materia
istruzione (ordinamenti scolastici, programmi scolastici, organizzazione
generale dell’istruzione, stato giuridico del personale: articolo 1, comma 3
lett. q)”.50
L’articolo 21 della legge pone come servente il trasferimento delle funzioni
rispetto all’esercizio dell’autonomia: “Ai fini della realizzazione
dell’autonomia delle istituzioni scolastiche le funzioni
dell’Amministrazione centrale e periferica della pubblica istruzione in
materia di gestione del servizio di istruzione, fermi restando i livelli unitari
e nazionali di fruizione del diritto allo studio, nonché gli elementi comuni
all’intero sistema formativo, sono progressivamente attribuite alle
istituzioni scolastiche”.
Come osservato in dottrina51, l’autonomia delle istituzioni si attua
attraverso un trasferimento di funzioni e di compiti, attinenti anche alla
gestione del servizio, direttamente dall’amministrazione statale alle singole
scuole. Con la legge 59/1997, si è operato così un decentramento di
funzioni (e non una semplice delega) dallo Stato alle scuole di determinate
funzioni, come peraltro confermato dal dettato dell’articolo 135 decreto
48 Così SANDULLI, Manuale di diritto amministrativo, cit., p. 365. 49 Idem, p. 367. 50
A. PAINO, Lo Stato autonomista, Aa. Vv., Il Mulino, 1998, p. 448. 51 Idem, p. 449; sul punto v. anche l'art. 3 del testo di legge costituzionale pubblicato in GazzettaUfficiale 12 marzo 1991 laddove, nella previsione di modifica dell'art. 117 Cost., viene fattasalva “l'autonomia delle istituzioni scolastiche”.
36
legislativo 112/1998 “fatto salvo il trasferimento di competenze alle
amministrazioni scolastiche”.52
Peraltro, come sopra rilevato, di decentramento funzionale si parlava già a
proposito delle scuole dotate di autonomia amministrativa.
4. Considerato che l’articolo 21 attribuisce anche la personalità giuridica
alle scuole (che abbiano la dimensione ottimale prevista dalla stessa
disposizione di legge e dal regolamento applicativo), ne consegue - a meno
che non si ritenga che l’attribuzione della personalità giuridica sia un
semplice flatus vocis - che il decentramento così posto in essere ha natura
di decentramento autarchico: con tale formula si indica il fenomeno
organizzativo contrassegnato dalla creazione, da parte dello Stato, di enti
distinti da esso ma che perseguono fini di pertinenza dello Stato, e quindi
ad esso strumentali (esplicitamente Sandulli parla di decentramento
autarchico a proposito degli istituti dotati di personalità giuridica).
Il decreto del Presidente della Repubblica 275/1999, - specifica le materie
oggetto di conferimento, perché autorizzato dall’articolo 21, comma 2,
Legge 59/199753 e puntualizza, altresì, il carattere di definitività degli atti
amministrativi emanati dalle scuole: “I provvedimenti adottati dalle
istituzioni scolastiche divengono definitivi il quindicesimo giorno dalla
data della loro pubblicazione all’albo della scuola” (articolo 14, comma
7).
Secondo l’articolo 14 “A decorrere dal 1° settembre 2000 sono attribuite
alle istituzioni scolastiche le funzioni già di competenza
dell’amministrazione centrale e periferica relative alla carriera scolastica
e al rapporto con gli alunni, all’amministrazione e gestione del patrimonio
delle risorse, allo stato giuridico ed economico del personale, non
riservate, in base all’articolo 15 o ad altre specifiche disposizioni,
52 Vedi, ora, la legge costituzionale n. 3 del 18 ottobre 2001, Modifiche al titolo V della parteseconda della Costituzione (GU n. 248 del 24-10-2001). 53 Ai fini di quanto previsto nel comma 1, si provvede con uno o più regolamenti da adottare aisensi dell'ari, 17, comma 2 della 1. 23 agosto 1988, n. 400”: art. 21, comma 2, Legge 59/1997.
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all’amministrazione centrale e periferica”.
Al conferimento di funzioni alle scuole, corrisponde una importante
modifica strutturale dell’organizzazione centrale e periferica, la quale
assume funzioni di coordinamento, vigilanza in relazione alle funzioni
ancora di pertinenza dello Stato54, ma si spoglia della gestione
amministrativa delle scuole (v. decreto legislativo 300/1999, artt. 1-7, 49-
51, 75-77, 88 e regolamento attuativo n. 347/2000 in G. U. 27 novembre
2000).
Al trasferimento di funzioni amministrative si accompagna il
riconoscimento di un maggiore spazio di autonomia in materia didattica55,
che però non e riconducibile ad una funzione propriamente
amministrativa56 e costituisce la peculiarità della Scuola, rispetto alle altre
strutture amministrative.
5. Preso atto della creazione di soggetti distinti dallo Stato, occorre
considerare se gli stessi siano inseriti nell’organizzazione del medesimo,
dando luogo alla figura degli “organi-enti”.
Al riguardo, sembra doversi dare una risposta positiva in considerazione
dei seguenti elementi:
1. Inserimento del personale nel personale dello Stato, e reclutamento ad
opera del medesimo (procedura esplicitamente sottratta alle singole scuole,
ai sensi dell’articolo 15 decreto del Presidente della Repubblica 275/1999).
2. Responsabilità, nei confronti dello Stato, del dirigente scolastico sia sotto
l’aspetto disciplinare, sia rispetto ai risultati conseguiti: il nucleo di
valutazione per la responsabilità per risultati è incardinato
54 v. D.lgs. 300/1999 e d.P.R. di attuazione 347/2000: l'art. 50 del d.lgs. 300/1999 individua lefunzioni ancora spettanti al Ministero (v. par. 6 di questo capitolo nonché par. 9. 2 in relazionealla nuova configurazione della amministrazione scolastica). Cfr. anche l'Acc. 19 aprile 2001, “Linee guida per i provvedimenti di articolazione degli uffici scolastici regionali” cit. per lecompetenze regionali. 55 V. Cap. I, par. 6. 56 V. Cap. II, par. 1. È stato, inoltre, efficacemente notato che l'attività didattica - a differenza diquella amministrativa - non è direttamente riferibile allo Stato, giacché per il principiocostituzionale della libertà di insegnamento gli insegnamenti impartiti da ciascun docente - entroi limiti fissati dalla legge possono riferirsi solo a questi, non trovando Spazio nell'attualeordinamento costituzionale una dottrina di Stato”. GATTI, op. cit., p. 29, nota 8.
38
nell’amministrazione scolastica è presieduta dal sovrintendente scolastico
(o da un dirigente da lui delegato).
3. Autonomia finanziaria limitata. Se è vero che sussiste maggiore elasticità
nella gestione delle risorse, è anche da constatare che le scuole, attingendo
le loro entrate per la massima parte da denaro pubblico, hanno una limitata
autonomia finanziaria, non potendo imporre tasse per il servizio scolastico
ma solo per specifiche attività. Devono inoltre destinare gran parte delle
entrate a spese fisse, già predeterminate (per il personale ecc.).
4. Il potere di vigilanza e controllo che è rimasto comunque in capo al
Ministero sia in relazione alla responsabilità disciplinare dei Capi di Istituto
(sussistendo per loro, in quanto ancora organi dello Stato per le funzioni
rimaste in capo al medesimo), il vincolo gerarchico), che alla possibilità di
scioglimento degli organi collegiali “in caso di persistenti e gravi
irregolarità o di mancato funzionamento”, ai sensi dell’articolo 28, comma
7, testo unico 297/1994, non abrogato dall’articolo 17 decreto del
Presidente della Repubblica 275/1999.
Il controllo di regolarità amministrativa-contabile è venuto meno in capo al
provveditore, ed è svolto, come per gli enti con personalità giuridica, da un
collegio di revisori dei conti (D.I. 44/2001);
5. Dalle circostanze sopra delineate, sembra non potersi escludere
l’inserimento del nuovo Ente Scuola nell’organizzazione statale.
Si può quindi affermare che lo stesso è ente-organo dello Stato.
Tale figura non è stata oggetto di particolari approfondimenti in dottrina e
giurisprudenza.
Le più puntuali pronunce57 hanno evidenziato la duplicità di veste che
l’Ente assume: persona giuridica nei confronti dei terzi; organi nei rapporti
interni con lo Stato.
In mancanza di una norma che attribuisce esplicitamente il patrocinio
all’Avvocatura dello Stato, il problema si è posto con riferimento alla
57 Cfr. per tutte Cass. 10982/1996 cit. in nota 46 di questo paragrafo.
39
legittimazione processuale e alla rappresentanza in giudizio delle predette
entità giuridiche: con riferimento ad altre analoghe figure soggettive, si è
formata una giurisprudenza contrastante: chi sosteneva che il patrocinio
dell’Avvocatura dello Stato fosse obbligatorio ai sensi dell’articolo 1 regio
decreto 1611/193358, chi invece, che, prevalendo la qualità di enti diversi
dallo Stato, fosse necessaria una norma specifica che attribuisce siffatto
patrocinio.59
6. In realtà la natura giuridica dell’Ente-organo non va risolta alla stregua
della prevalenza dell’una o dell’altra caratteristica di tale figura soggettiva,
e ciò in ragione del fatto che la stessa non costituisce un tertium genus
rispetto all’organo e all’ente.
Come implicitamente riconosciuto dalla citata giurisprudenza, (che parla di
“doppia veste dell’ente-organo”), la caratteristica di tale entità, sembra
quella di avere una duplice natura giuridica: la prima, rapportabile al suo
essere Ente, la seconda all’essere ancora organo dello Stato, in quanto
inserito nella sua organizzazione.
Ne deriva che, sotto il profilo sostanziale alcune attività saranno
rapportabili all’Ente, altre all’organo60, e sotto il profilo processuale, per le
58 È stato ritenuto obbligatorio il patrocinio dell'AIMA, ai sensi dell'art. 1 regio decreto1611/1933, in quanto amministrazione dello Stato (Cass. 5544/1984). Egualmente è stato decisodalla giurisprudenza per altri organi soggettivizzati, quali il Fondo di previdenza del personaledelle Dogane (Cass. 1983 n. 2293); la CPDEL (Trib. Catania 8 marzo 1979), la Cassa per ilMezzogiorno (Trib. Catania 30 aprile 1991). Di recente, con sentenza 8708/2000 il T. A. R. Lazio ha negato ad un istituto la legittimazione processuale autonoma rispetto al Ministero, ritenendo che “II comportamento processuale della parte che ricorre (preside di una istituzionescolastica, difeso in proprio), si pone in inammissibile conflitto tra organi della stessaamministrazione e si configura in contrasto con i principi di autorganizzazionedell'amministrazione”. 59 Ss. Uu. sent. 18 marzo 1999 n. 155, in relazione al patrocinio della Cassa Ufficialidell'esercito. Hanno deciso che la stessa, prima della norma attributiva, non godeva delpatrocinio dell’Avvocatura dello Stato, non potendo “essere condivisa la contraria e quasi coevapronuncia della sezione lavoro, la quale, attenuando la portata della disposizione ... attributiva dipersonalità giuridica, la considerò come amministrazione statale... “. Cass. l luglio 1998, n. 6450. 60 Sarebbe allora necessario distinguere le materie attribuite in proprio alle scuole o ad essedecentrate (tra cui rientrerebbe anche la gestione del personale, trasferita dal decreto delPresidente della Repubblica 275/1999 alle scuole, escluso il reclutamento ed altri pochi atti), daquelle che l'istituto gestisce come organo dello Stato, per le materie ad esso rimaste. Indefinitiva, quasi tutte le controversie vedrebbero la legittimazione delle istituzioni scolastiche:dall’attività negoziale, a quella illecita, a quella di gestione del personale, salve le eccezioni
40
prime sarà necessaria una norma che prevede il patrocinio della Avvocatura
dello Stato, mentre per le seconde, le istituzioni scolastiche si varranno
automaticamente del patrocinio della Avvocatura, ai sensi dell’art 1, regio
decreto 1611/1933.
Siffatta distinzione non è agevole ne pacifica, considerata la complessità -
sul piano pratico - che può portare un continuo distinguo.
Sembrerebbe che ad ovviare perplessità in merito, sia sufficiente una
norma, anche di contenuto regolamentare61, di carattere simile a quelle già
previste.
Nelle more della sua adozione, sembrerebbe corretto applicare in via di
Interpretazione estensiva (non già analogica trattandosi di normativa
speciale), la norma che attribuisce il patrocinio agli istituti già dotati di
personalità giuridica62, o - sempre in via di interpretazione estensiva -
l’articolo 1, regio decreto 1611/1933.63
Siffatta soluzione, sembra essere - allo stato - la più rispondente al pubblico
interesse, considerata la necessità anche di contenere la spesa pubblica, in
relazione ad un potenziale contenzioso scolastico, alimentato, in sede di
prima applicazione, anche dalla obbiettiva incertezza della normativa e alle
nuove questioni giuridiche che si impongono all’attenzione delle scuole.64
Con l’emanazione del decreto del Presidente della Repubblica 4 agosto
2001, n. 352 (G.U. 26 settembre 2001, n. 224) è stato aggiunto un comma
7-bis all’articolo 14 del decreto del Presidente della Repubblica 275/1999
previste. 61 L'art. 43 r.d. 1611/1933, prevede, infatti, che l'autorizzazione ad avvalersi del patrocinio dellaAvvocatura dello Stato può essere data con disposizione di legge o di regolamento. 62 Per le università si è formato un orientamento giurisprudenziale che ritiene obbligatorio ilpatrocinio della Avvocatura dello Stato a seconda che le stesse agiscano come organi delloStato, o come ente autonomo. Tuttavia, a prescindere dal fatto che esiste una norma cheattribuisce il patrocinio della Avvocatura dello Stato, alle Università, tale distinzione, è, nellapratica, fonte di incertezze, sebbene corretta dal punto di vista teorico. È pertanto auspicabile, per le scuole, un intervento del legislatore63 Tale disposizione prevede il patrocinio obbligatorio della Avvocatura dello Stato per le“Amministrazioni dello Stato, anche se organizzate ad ordinamento autonomo”. 64 Occorre infatti non dimenticare, che il finanziamento delle scuole, è quasi esclusivamentefornito da denaro pubblico, e il ricorso a professionisti privati comporta un maggiore onere dispesa per le scuole.
41
secondo cui “L’Avvocatura dello Stato continua ad assumere la
rappresentanza e la difesa nei giudizi attivi e passivi davanti le autorità
giudiziarie, i collegi arbitrali e le giurisdizioni amministrative e speciali di
tutte le istituzioni scolastiche cui è stata attribuita l’autonomia e la
personalità giuridica a norma dell’articolo 21 della legge 15 marzo 1997,
n. 59”.
8. I rapporti con il Ministero riformato
8. 1. L’ organizzazione previgente al decreto legislativo 300/1999
L’organo di vertice della amministrazione - centrale e periferica - è il
Ministro della Pubblica Istruzione.
Secondo l’ordinamento previgente al decreto legislativo 300/1999, e fino
alla sua attuazione - l’organizzazione degli uffici centrali e periferici trova
collocazione negli articoli 611 e s. del testo unico 297/1994 (Testo unico in
materia di istruzione).
In base a tale disciplina 1’amministrazione centrale è articolata in tre
ispettorati e otto direzioni generali, preposte sia alla gestione del personale,
che agli aspetti amministrativi e didattici dei diversi gradi e tipi di scuole
(Direzione generale del personale; dell’istruzione elementare;
dell’istruzione secondaria di primo grado; dell’istruzione classica,
scientifica e magistrale; dell’istruzione tecnica; dell’istruzione
professionale; della istruzione non statale; ispettorato per l’istruzione
artistica, per l’educazione fisica e per le pensioni; servizio per la scuola
materna).
Occorre anche ricordare il Gabinetto del Ministro e le Segreterie
particolari; la Ragioneria centrale dipendente dal Ministero del Tesoro.
L’amministrazione periferica della Pubblica Istruzione è, invece, articolata
nelle sovrintendenze scolastiche regionali e nei provveditorati agli studi, a
livello provinciale.
Le sovrintendenze sono preposte principalmente allo svolgimento delle
42
procedure concorsuali di reclutamento del personale della scuola, mentre il
provveditorato svolge compiti di natura amministrativa di gestione del
personale dei vari gradi di scuola, nonché di coordinamento e vigilanza
sulle scuole.
Presso l’amministrazione centrale e periferica vi sono numerosi organismi
a composizione collegiale con Funzioni prevalentemente consultive; tra gli
organi collegiali rivestono particolare importanza quelli di natura
rappresentativa, formati da una rappresentanza delle componenti della
scuola (insegnanti, genitori, alunni).
Gli stessi sono stati creati o modificati dai c. d. decreti delegati della
scuola, al fine di rendere più partecipativa la gestione della scuola (decreto
del Presidente della Repubblica 416/1974: istituzione e riordinamento di
organi collegiali della scuola materna, elementare, secondaria e artistica,
norme recepite nel testo unico 297/1994: articoli 5 ss.).
• A livello della amministrazione centrale: il Consiglio Nazionale della
Pubblica Istruzione (CNPI);
• a livello decentrato: il consiglio scolastico provinciale (che opera presso il
provveditorato); il consiglio distrettuale (che opera in ambito sub-
provinciale);
• a livello delle singole istituzioni scolastiche: i consigli di classe; di
interclasse; di intersezione; il collegio dei docenti; il consiglio di circolo
(nelle scuole elementari); il consiglio di istituto (nelle scuole secondarie di
primo e secondo grado).
8. 2. Le modifiche introdotte dal decreto legislativo 300/1999 e del
regolamento di attuazione (decreto del Presidente della Repubblica
347/2000)
II decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300 contenente la “riforma della
organizzazione del Governo, a norma dell’articolo 11 della legge 15 marzo
1997, n. 59”, per quanto concerne l’istruzione, prevede:
43
• l’accorpamento del Ministero della Pubblica Istruzione e dell’Università
(Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca), a decorrere dalla
prossima legislatura;
• la modifica della organizzazione della amministrazione centrale e
periferica dell’istruzione, che deve essere definitiva- mente attuata entro
l’anno 2000 (articolo 75, legge 300, comma 4).
L’articolo 75 del decreto legislativo 300/1999 a livello centrale prevede la
creazione di due dipartimenti e la ripartizione fra essi dei compiti e
funzioni con criteri di omogeneità; l’individuazione di tre servizi autonomi
di supporto per l’esercizio di funzioni di interesse comune ai dipartimenti
(informatizzazione, comunicazione ed affari economici).
L’attuazione di questo nuovo modello organizzativo è demandata ad
appositi regolamenti che definiscano la dotazione organica, i compiti e gli
uffici. Con decreto del Presidente della Repubblica 347/2000 sono state
emanate le norme di organizzazione del Ministero della Pubblica
Istruzione.65 Con decreto ministeriale 30 gennaio 2001 (in G. U. 22
febbraio 2001) sono stati riorganizzati gli uffici dirigenziali di livello non
generale.
Secondo la disciplina risultante dal decreto legislativo 300/1999 e il
regolamento di attuazione 347/2000, la nuova configurazione strutturale del
Ministero è funzionale alle competenze di direzione, vigilanza e
orientamento attribuite dalla legge (v. articolo 50 decreto legislativo
300/1999).
Nella XVI legislatura le funzioni in materia di istruzione, università e
ricerca sono state riunificate in un solo Ministero (D.L. 85/2008), come già
disposto dal d.lgs. 300/1999, cui, tuttavia, aveva fatto seguito la nuova
suddivisione in due Ministeri competenti, rispettivamente, in materia di
Istruzione e in materia di Università e ricerca (D.L. 181/2006).
L’organizzazione del nuovo Ministero è stata definita, previo parere
65 Pubblicato in Gazzetta Ufficiale 27 novembre 2000, n. 277 serie generale
44
parlamentare, con il D.P.R. 17/2009. Con il D.P.R. 16/2009, adottato
sempre previo parere parlamentare, è stata, invece, definita
l’organizzazione degli uffici di diretta collaborazione con il Ministro.
In seguito, il D.P.R. 17/2009 è stato modificato con il D.P.R. 132/2011, in
attuazione dell’art. 2, co. 8-bis, del D.L.194/2009, che ha previsto
un’ulteriore diminuzione degli uffici e delle dotazioni organiche.
Altre riduzioni sono state disposte, senza modificare il D.P.R. 132/2011, a
seguito dell’art. 1, co. 3, del D.L. 138/2011.
Da ultimo, l’art. 2 del D.L. 95/2012 ha disposto un’ulteriore riduzione degli
uffici e delle dotazioni organiche dei Ministeri, disponendo che a ciò si
deve provvedere con DPCM. Quest’ultimo è in fase di adozione.
Attuale articolazione centrale del MIUR
A livello centrale, il MIUR è articolato in 3 dipartimenti e 12 direzioni
generali, a ciascuna delle quali è assegnato un determinato numero di uffici
dirigenziali non generali (individuati con il DM 27 luglio 2009), fino a un
massimo di dieci.
Dipartimenti Direzioni generaliIstruzione - Ordinamenti scolastici e autonomia scolastica
- Istruzione e formazione tecnica superiore erapporti con i sistemi formativi delle regioni
- Personale scolastico
- Studente, integrazione, partecipazione ecomunicazione
Università, altaformazione artistica, musicale e coreutica ericerca
- Università, studente e diritto allo studiouniversitario
- Alta formazione artistica, musicale e coreutica
- Coordinamento e sviluppo della ricerca
- Internazionalizzazione della ricercaProgrammazione e - Risorse umane del Ministero, acquisti e affari
45
gestione delle risorseumane, finanziarie estrumentali
generali
- Politica finanziaria e per il bilancio
- Studi, statistica e sistemi informativi
- Affari internazionali
Il D.P.R. 132/2011 ha apportato alcune modifiche, in particolare, alle
competenze della direzione generale per la politica finanziaria e per il
bilancio, al fine di allinearle alle innovazioni introdotte dalla legge di
contabilità (L. 196/2006).
Attuale articolazione periferica del MIUR
A livello periferico operano 18 uffici scolastici regionali (USR), che hanno
sede in ciascun capoluogo di regione e ai quali, in particolare, spetta la
vigilanza sul rispetto delle norme generali sull'istruzione e dei livelli
essenziali delle prestazioni, sull'attuazione degli ordinamenti scolastici, sui
livelli di efficacia dell'azione formativa, nonché la cura dei rapporti con
l’amministrazione regionale e con gli enti locali.
Per ciascun USR è stabilito il numero degli uffici dirigenziali non generali
in cui esso si articola. Per l’individuazione degli stessi uffici dirigenziali
non generali sono stati emanati altrettanti decreti ministeriali in data 29
dicembre 2009, pubblicati nella Gazzetta ufficiale n. 88 del 2010.
A seguito del D.P.R. 132/2011 l’USR non costituisce più un autonomo
centro di responsabilità amministrativa, né assegna le risorse finanziarie
alle istituzioni scolastiche. Infatti, secondo la L. 196/2006, centro di
responsabilità organizzativa sono le unità organizzative di primo livello,
cioè i dipartimenti.
Il coordinamento
La funzione di coordinamento tra i diversi uffici è garantita dalla
46
conferenza permanente dei capi dipartimento e dei direttori generali degli
uffici centrali e degli USR, convocata in adunanza plenaria almeno ogni sei
mesi.
Attuale dotazione organica del MIUR
Il D.P.C.M. 22 giugno 2012, adottato a seguito delle riduzioni di organico
previste dall’art. 1, co. 3, del D.L. 138/2011, ha disposto che:
- resta fermo il contingente di personale di livello dirigenziale generale,
stabilito dal D.P.R. 132/2011 in 34 unità;
- le strutture e i posti di funzione di livello dirigenziale non generale sono
definiti nel numero di 544;
- le dotazioni organiche del personale delle aree prima, seconda e terza
sono rideterminate nel numero di 7034.
L'ulteriore riorganizzazione del MIUR
Nella seduta dell’Assemblea della Camera del 14 novembre 2012 il
Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, rispondendo
all’interrogazione a risposta immediata n. 3-02602, ha fatto presente che, in
attuazione dell'art. 2 del D.L. 95/2012, è in corso di adozione uno schema
di DPCM di riorganizzazione del MIUR, che prevede la riduzione di sette
uffici dirigenziali generali (dunque, da 34 a 27) e l'accorpamento degli
uffici scolastici delle regioni con il minor bacino di popolazione
studentesca. Ha, peraltro, precisato che nelle regioni coinvolte
dall'accorpamento degli uffici scolastici non cambierà il servizio prestato
all'utenza, grazie all'utilizzo delle nuove tecnologie.
Valutazione
Con decreto legislativo 20 luglio 1999, n. 258 il CEDE (Centro europeo
dell’educazione) è stato trasformato in INVALSI (Istituto nazionale per la
valutazione del sistema di istruzione) (articolo 1); la BDP (Biblioteca di
47
documentazione pedagogica) in INDIRE (Istituto nazionale di
documentazione per l’innovazione e la ricerca educativa) (articolo 2).
Gli IRRSAE (Istituti regionali di ricerca, sperimentazione e aggiornamento
educativi), sono trasformati in IRRE (Istituti regionali di ricerca
educativa), dall’articolo 76 decreto legislativo 300/1999, che ne individua
la nuova organizzazione e funzioni.66
La riforma di tali enti è finalizzata al supporto dell’autonomia delle
istituzioni scolastiche autonome (articolo 21 legge 59/1997, comma 10).
Con legge 21 dicembre 1999 n. 508 è stata dettata la “riforma delle
Accademie di belle arti, dell’Accademia nazionale di danza, dell’accademia
nazionale di arte drammatica, degli istituti superiori per le industrie
artistiche, dei Conservatori di musica e degli istituti musicali pareggiati”
(G. U. 4 gennaio 2000).
A tali istituti viene riconosciuta la personalità giuridica e autonomia
statutaria, scientifica, didattica, finanziaria e contabile, secondo le
disposizioni della stessa legge.
Dopo un percorso piuttosto accidentato - cominciato nel 2001 – è stato
approvato con decreto del Presidente della Repubblica del 28 marzo 2013,
n. 80 (GU n. 155 del 4-7-2013) il nuovo Sistema di Valutazione Nazionale
di valutazione in materia di istruzione e formazione, che istituisce e
disciplina il Sistema Nazionale di Valutazione delle scuole pubbliche e
delle istituzioni formative accreditate dalle Regioni. L’Italia si allinea così
agli altri Paesi Europei sul versante della valutazione dei sistemi formativi
pubblici, e risponde agli impegni assunti nel 2011 con l’Unione europea, in
66 Con il decreto del Presidente della Repubblica 313/2000, “Regolamento recanteorganizzazione dell'Istituto nazionale per la valutazione del sistema dell'istruzione, attuativodegli articoli 1 e 3 del D.Lgs. 20 luglio 1999, n. 258” è stata disciplinata l'organizzazionedell'INVALSI; con il decreto del Presidente della Repubblica 21-11-2000 n. 415, “Regolamentodi organizzazione dell'Istituto nazionale di documentazione per l'innovazione e la ricercaeducativa, a norma degli articoli 2 e 3 del D.Lgs. 20 luglio 1999, n. 258” quella dell'INDIRE;con decreto del Presidente della Repubblica 6 marzo 2001, n. 190, “Regolamento concernentel'organizzazione degli Istituti regionali di ricerca educativa, a norma dell'articolo 76 del D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300”, quella degli IRRE.
48
vista della programmazione dei fondi strutturali 2014/2020.67
Il Sistema Nazionale di Valutazione ha lo scopo di dare al Paese un servizio
fondamentale per poter aiutare ogni scuola a tenere sotto controllo gli
indicatori di efficacia e di efficienza della sua offerta formativa ed
impegnarsi nel miglioramento; fornire all'Amministrazione scolastica, agli
Uffici competenti, le informazioni utili a progettare azioni di sostegno per
le scuole in difficoltà; valutare i dirigenti scolastici e offrire alla società
civile e ai decisori politici la dovuta rendicontazione sulla effettiva identità
del sistema di istruzione e formazione.
Il Regolamento dà attuazione alla delega conferita al Governo con il
decreto legge n. 225 del 2010 convertito in legge n. 10 del 2011 e
costituisce un rilevante passo avanti nel percorso cominciato con il decreto
legislativo 286 del 2004. Il Sistema Nazionale di Valutazione si impianta
sull’Invalsi (Istituto nazionale per la valutazione del sistema di istruzione e
formazione) che predispone tutti gli adempimenti necessari per
l’autovalutazione e la valutazione esterna delle scuole, sull’Indire (Istituto
nazionale di documentazione, innovazione e ricerca educativa), che può
supportare le scuole nei piani di miglioramento, su un contingente di
Ispettori definito dal Ministro che ha il compito di guidare i nuclei di
valutazione esterna. L’Invalsi ha anche il coordinamento funzionale
dell’intero Sistema Nazionale.
Il procedimento di valutazione si snoda attraverso quattro fasi essenziali:
a) autovalutazione delle istituzioni scolastiche, sulla base di un fascicolo
elettronico di dati messi a disposizione dalle banche dati del sistema
informativo del Ministero dell’istruzione (“Scuola in chiaro”), dell'
INVALSI e delle stesse istituzioni scolastiche, che si conclude con la
stesura di un rapporto di autovalutazione da parte di ciascuna scuola,
secondo un format elettronico predisposto dall’Invalsi e con la
67 Il regolamento ha concluso il suo iter di approvazione avviato il 24 agosto 2012 data in cui èstato presentato in 1° lettura al Consiglio dei Ministri, dopo aver superato tutti i passaggiprescritti dall’art. 17, comma 2, della legge n. 400/88.
49
predisposizione di un piano di miglioramento.
b) valutazione esterna da parte di nuclei coordinati da un dirigente tecnico
sulla base di protocolli, indicatori e programmi definiti dall’Invalsi, con la
conseguente ridefinizione dei piani di miglioramento da parte delle
istituzioni scolastiche;
c) azioni di miglioramento con l’ eventuale sostegno dell’Indire, o di
Università, enti, associazioni scelti dalle scuole stesse;
d) rendicontazione pubblica dei risultati del processo, secondo una logica di
trasparenza, di condivisione e di miglioramento del servizio scolastico con
la comunità di appartenenza.
Sono più di 1300 le istituzioni scolastiche che, già a partire dall’anno
scolastico 2012/2013, stanno seguendo in via sperimentale secondo diverse
modalità questo percorso che è stato presentato e condiviso, all' interno di
specifiche conferenze di servizio, con tutti i dirigenti delle scuole italiane e
i docenti referenti per la valutazione. Tra gennaio e marzo 2013 tutti i
dirigenti delle scuole italiane e i docenti referenti per la valutazione (circa
26.000 persone), hanno infatti partecipato a seminari di presentazione del
regolamento.
Tuttavia, elementi critici del procedimento di valutazione delle istituzioni
scolastiche possono derivare proprio dal fatto che l’esito dell’operazione è
strettamente connesso al livello di coinvolgimento e di condivisione del
personale delle scuole. Questo in mancanza di un sistema di
incentivi/sanzioni non è scontato. Si sottopone in tal senso una riflessione
finale sul documento OCSE: Education at a glance 2013 dove nella scheda
Paese relativa all’Italia troviamo il seguente esito, forse non previsto:
“Tra il 2005 e il 2011, l’Italia ha conseguito risparmi nei settori
dell’istruzione primaria e secondaria di primo grado aumentando il numero
di studenti per insegnante. […]
Si potrebbe pensare che una tale misura avrebbe potuto nuocere alle
opportunità di apprendimento degli studenti, ma fin qui, tali risparmi
50
sull’istruzione scolastica non hanno compromesso i risultati
dell’apprendimento degli studenti: gli esiti per gli studenti quindicenni
nella valutazione PISA 2009 sono risultati stabili nelle competenze di
lettura (rispetto al 2000) e sono migliorati significativamente in matematica
(dal 2003) e in scienze (2006). Di conseguenza, il sistema sembra essersi
diretto verso una migliore efficienza nell’uso delle risorse.”
Tale esito, se da un lato ci tranquillizza sulla qualità del sistema educativo
italiano, dall’altro fornisce una conferma dell’utilità di monitorare con
regolarità il sistema per promuoverne una sempre migliore efficacia. Negli
anni considerati, dal 2000 al 2009, si sono svolte regolarmente le
somministrazioni nelle scuole dei test Invalsi che hanno contribuito
all’esito virtuoso misurato dall’OCSE.
8. 3. La riforma degli organi collegiali territoriali
II decreto legislativo 30 giugno 1999 n. 233, in attuazione dell’articolo 21
comma 15, Legge n. 59/1997, definisce la “riforma degli organi collegiali
territoriali della scuola, a norma dell’articolo 21 della legge 15 marzo 1997
n. 59”.
I nuovi organi collegiali dovevano essere costituiti entro i1 31 dicembre
2002.68 Dopo il 1° settembre sono state anche abrogate le norme -
contenute nel testo unico 297/1994 - che li regolavano. I nuovi organi
collegiali territoriali:
• a livello centrale: il Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione. Esso
dura in carica 5 anni ed è formato da 36 componenti (di cui 15
rappresentanti dei docenti), mentre gli attuali membri del CNPI sono 74 (di
cui 47 rappresentanti dei docenti). Quindici membri sono nominati dal
68 L'art. 6 del Decreto legge 23 novembre 2001, n. 411, Proroghe e differimenti di termini, pubblicato nella Gazz. Uff. 26 novembre 2001, n. 275 e convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, Legge 31 dicembre 2001, n. 463 (Gazz. Uff. 9 gennaio 2002, n. 7), entrata in vigore ilgiorno successivo a quello della sua pubblicazione, ha modificato l'art. 8, comma 3, del d.lgs233/1999 relativamente alla costituzione dei nuovi organi collegiali e del Consiglio superioredell'Istruzione, antecedentemente prevista per il 1° settembre 2001.
51
Ministro tra esponenti del mondo della cultura, dell’arte, della scuola,
dell’università, del lavoro, delle professioni e dell’industria, mentre i
restanti sono eletti in rappresentanza del personale delle scuole statali, non
statali.
Tale organo, viene configurato, sia sotto il profilo della composizione che
sotto quello dei compiti (il Consiglio non ha più competenze in materia di
stato giuridico dei docenti) come organo di supporto tecnico-scientifico e di
garanzia di unitarietà del sistema nazionale di istruzione.69
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Bis) con
sentenza N. 08843/2013 REG.PROV.COLL. N. 04375/2013 REG.RIC. ha
verificato l’accertarsi dell’illegittimità del silenzio-inadempimento del
Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, formatosi con
riferimento all’obbligo, previsto dall’art. 2, comma 9, del decreto
legislativo n. 233 del 1999, di emanare l’ordinanza con la quale vengono
stabiliti i termini e le modalità per le elezioni, le designazioni e le nomine
dei componenti del Consiglio superiore della pubblica istruzione,
impedendo, per tale via, la regolare costituzione dell’organo collegiale
consultivo. A sostegno del gravame ha dedotto che alla data del 31
dicembre 2012 sono definitivamente cessate le funzioni del Consiglio
nazionale della pubblica istruzione, organo collegiale istituito con D.P.R. n.
416 del 1974 e disciplinato dagli artt. 23 e segg. del d.lgs. n. 297 del 1994.
Tale organo consultivo, al quale sarebbe dovuto succedere il Consiglio
superiore della pubblica istruzione, è stato più volte prorogato dal
Legislatore, da ultimo con l’art. 14 del decreto legge n. 261 del 2011,
convertito, con modificazioni, dalla legge n. 14 del 2012.
69 È stato notato che la configurazione del Consiglio evidenzia come, seppure attenuato, ilverticismo continua a caratterizzare l'azione del Ministero: nonostante l'enfasi postasull'autonomia degli istituti scolastici come elemento portante della riforma, nel Consiglio (maanche negli alni organi collegiali) non si prevede alcuna forma di presenza delle scuole inquanto tali. Non diversamente dal passato, dunque, il Governo della scuola discende per cosìdire sugli istituti scolastici, e l'autonomia non ha modo di espandersi oltre la soglia di questi (o, al massimo, delle reti di scuole): M. GIGANTE, Trattato di diritto amministrativo, a cura di S. Cassese, Milano, 2000, p. 517.
52
Essendo ormai cessate le funzioni del Consiglio nazionale della pubblica
istruzione, senza che il Ministero abbia provveduto ad adottare l’ordinanza
prevista dall’art. 2, comma 9, del d.lgs. n. 233 del 1999 e, pertanto, abbia
reso possibile la costituzione del Consiglio superiore della pubblica
amministrazione, si è determinata una situazione di grave vulnus per i
principi di rappresentanza e garanzia dell’autonomia e dell’unitarietà del
sistema scolastico e formativo, che poteva pregiudicare le corrette
procedure di definizione e validazione di molti atti legislativi e
amministrativi inerenti il sistema di istruzione.
Con la memoria di costituzione depositata in data 12 settembre 2013 il
Ministero, dopo aver confermato che non sono state ancora attuate le
previsioni del d.lgs. n. 233 del 1999, ha giustificato l’inerzia
nell’emanazione dell’ordinanza ministeriale per regolare l’elezione e la
designazione dei componenti del Consiglio superiore della pubblica
istruzione argomentando dal nuovo quadro delle competenze costituzionali
in materia di istruzione risultante dalla riforma del Titolo V della
Costituzione. Più in particolare, ad avviso del Ministero, poiché il nuovo
art. 117 Cost. attribuisce alla legislazione concorrente la materia
dell’istruzione, “salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche e con
esclusione della istruzione e della formazione professionale”, non potrebbe
essere data attuazione ad una disciplina, come quella prevista dal d.lgs. n.
233 del 1999, che lascia pochi margini decisori alle regioni nell’iter di
formazione degli organismi centrali e territoriali di rappresentanza della
scuola. Ha, pertanto, concluso per la necessità di un intervento legislativo
che, allineando la disciplina del d.lgs. n. 233 del 1999 al nuovo quadro
costituzionale di riparto delle competenze tra Stato e regioni, radichi un
nuovo sistema di rappresentanza e consulenza in materia di istruzione
scolastica e formazione.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio ha tuttavia rilevato che
una legge statale emanata prima della riforma del Titolo V della
53
Costituzione e recante disposizioni lesive delle nuove competenze regionali
deve comunque continuare a trovare applicazione anche nel rinnovato
quadro costituzionale, finché non vengano emanate disposizioni legislative
conformi al nuovo riparto di competenze. A tale conclusioni conduce il
principio di continuità dell’ordinamento, più volte richiamato dalla
giurisprudenza della Consulta proprio per dirimere questioni di legittimità
costituzionale sollevate in relazione al riformulato art. 117 Cost.70
• a livello regionale: i Consigli regionali dell’istruzione.
Il consiglio è istituito presso ogni ufficio periferico regionale della Pubblica
Istruzione Dura in carica tre anni ed ha competenze consultive e di
supporto all’amministrazione a livello regionale. Il Consiglio è composto
anche da rappresentanti dei datori di lavoro e dei lavoratori.
Il consiglio regionale esprime parere obbligatorio in varie materie, tra cui
l’autonomia delle istituzioni scolastiche, il reclutamento e la mobilità del
personale, l’attuazione degli organici funzionali di istituto (articolo 4
decreto legislativo 233/1999).
• consigli scolastici locali: sostituiscono i consigli scolastici distrettuali e
provinciali. Possono avere sede presso gli uffici periferici
dell’amministrazione o presso istituzioni scolastiche.
Sono costituiti e sottoposti a vigilanza (con potere di scioglimento), da
parte degli enti locali, ai sensi dell’articolo 139, comma 1 lett. g del decreto
legislativo 112/1998.
I consigli scolastici locali hanno competenze consultive e propositive nei
confronti dell’amministrazione scolastica periferica e delle istituzioni
scolastiche autonome in merito, tra l’altro, all’attuazione dell’autonomia,
alle reti di scuole, all’informatizzazione, all’edilizia scolastica,
all’orientamento ecc.
70 Cfr. C. Cost. ord. 23 luglio 2002, n. 383; Id. 22 luglio 2003, n. 270; Id. 21 luglio 2004, nn. 255 e 256 nonché la chiara previsione dell’art. 1, comma 2, della legge 5 giugno 2003, n. 131.
54
• altri organi collegiali: il singolo ente locale può istituire ulteriori organi
collegiali, temporanei o permanenti (articolo 6 decreto legislativo
233/1999).
8. 4. La responsabilità per i risultati del dirigente scolastico
Secondo l’articolo 20 del decreto legislativo 29/1993 i dirigenti “sono
responsabili del risultato dell’attività svolta dagli uffici ai quali sono
preposti, della realizzazione dei programmi e dei progetti loro affidati in
relazione agli obiettivi dei rendimenti e dei risultati della gestione
finanziaria tecnica e amministrativa, incluse le decisioni organizzative e di
gestione del personale”. La responsabilità dirigenziale si caratterizza per
essere inscindibilmente collegata alla realizzazione degli obiettivi, alla
corretta ed economica gestione delle risorse pubbliche, all’imparzialità e al
buon andamento dell’azione amministrativa.
A tale regola generale non fa eccezione il dirigente scolastico come emerge
dall’espressa previsione contenuta nel primo comma dell’articolo 25-bis
del decreto legislativo 29/1993 (introdotto dall’articolo 1, comma 1 del
decreto legislativo 59/1998), per cui i dirigenti scolastici rispondono no,
agli effetti dell’articolo 20, (occorre ricordare che questo è stato sostituito
dal decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 286 che all’articolo 10, comma 2,
ha abrogato i commi da 1 a 7 dell’articolo 20) in ordine ai risultati “che
sono valutati tenuto conto della specificità delle funzioni e sulla base delle
verifiche effettuate da un nucleo di valutazione istituito presso
l’amministrazione scolastica regionale, presieduto da un dirigente e
composto da esperti anche non appartenenti all’amministrazione stessa”.
Conseguentemente l’articolo 41 del CCNL del 31 agosto 1999, istituisce
presso ciascun ufficio scolastico regionale un nucleo di valutazione
dell’attività dei capi di istituto, presieduto dal Sovrintendente scolastico (o
da un dirigente da lui delegato), da un ispettore tecnico e da un esperto,
anche esterno, in tecniche di valutazione e controllo di gestione.
55
Secondo la norma, i nuclei devono considerare i processi promossi dai capi
di istituto in ordine a:
- direzione e organizzazione dell’istituzione scolastica;
- relazioni interne ed esterne;
- innovazione e sviluppo;
- valorizzazione delle risorse umane e gestione delle risorse finanziarie e
strumentali a disposizione.
Come correttamente osservato71 la responsabilità dirigenziale trova difficile
applicazione nell’ambito della scuola, sia perché il governo è in gran parte
collegiale (al capo di istituto sono devolute precipuamente funzioni di
coordinamento, di rappresentanza e di gestione unitaria dell’istituzione) sia
in ragione della peculiarità del servizio scolastico, non valutabile in termini
di stretta efficienza economica.
È stato ritenuto72 che la previsione generica di verifiche da parte di un
nucleo di valutazione incardinato nell’amministrazione scolastica possa
difatti consentire forme indebite di condizionamento non solo per il
dirigente scolastico, ma anche per l’autonomia scolastica.
Tale affermazione sembra corretta nella misura in cui la valutazione sia tesa
anche a sindacare le scelte didattiche della scuola, nell’esercizio
dell’autonomia e della libertà di insegnamento, e nell’esercizio di tale
funzione difficilmente sindacabile. La verifica e il raggiungimento degli
obiettivi di apprendimento è pertanto oggetto di valutazione da parte
dell’Istituto Nazionale per la valutazione del sistema dell’istruzione.
Se invece, come si legge nella norma contrattuale, la verifica presenta
connotati organizzatori-gestionali, il problema non si pone.
71 C. MAUCERI, La dirigenza scolastica, in Il lavoro alle dipendenze delle amministrazionipubbliche, p. 903, commentario diretto da FRANCO CARINO e MASSIMO D'ANTONA (dal d.lgs. n. 29/1993 ai d.lgs. n. 396/1997, 80/1998 e 387/ 1998), Giuffrè, 2000. 72 Idem sulla valutazione dei capi di istituto, v. anche art. 25, comma 1, d.lgs. 165/2001: idirigenti scolastici sono inquadrati in ruoli di dimensione regionale e rispondono, agli effettidell'articolo 21, in ordine ai risultati, che sono valutati tenuto conto della specificità dellefunzioni e sulla base delle verifiche effettuate da un nucleo di valutazione istituito pressol'amministrazione scolastica regionale, presieduto da un dirigente e composto da esperti anchenon appartenenti all'amministrazione stessa”.
56
È necessario comunque, al fine di evitare responsabilità oggettive o
indirette, che sia normativamente chiarito l’ambito di competenze dei
singoli organi operanti nella scuola.
Come di recente evidenziato dal Consiglio di Stato73, si pongono problemi
interpretativi - con possibili abrogazioni - in relazione alla normativa che
regola i poteri dei dirigenti (decreto legislativo 29/1993 e successive
modifiche), e le competenze degli organi collegiali, come previste dal testo
unico 297/1994.
Ne consegue un’oggettiva incertezza circa i precisi poteri - e quindi
responsabilità - del dirigente scolastico. Anche a seguito della c.d. «riforma
Brunetta» (D.lgs. n. 150/2009) il Collegio dei docenti ha ancora la facoltà
di stabilire le modalità di impiego dei docenti. È quanto emerge da un
Parere dell’Avvocatura dello Stato, chiamata a pronunciarsi sulla cogenza
delle disposizioni di cui all’art. 28 CCNL del comparto scuola, dopo
l’approvazione del d.lgs. 150/2009.74 Secondo l’organo di rappresentanza
del Ministero, la riforma Brunetta non ha inciso sulle disposizioni
contrattuali, né ha cancellato le prerogative degli organi collegiali della
scuola. Benché il D.lgs. n. 150/2009 abbia in qualche modo ampliato i
poteri del Dirigente scolastico, tali poteri devono essere esercitati nel
rispetto delle competenze degli organi collegiali.
73 V. parere del 26 luglio 2000, n. 1021 e 27 ottobre 1999 n 1603 Cons. Stato, Sez. II74 Parere dell’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Venezia prot. n. 9895 del 06.03.2013
57
CAPITOLO II.
L’AUTOGOVERNO DELL’ISTITUZIONE SCOLASTICA
1. L’organizzazione della scuola e la libertà di insegnamento
a) La peculiarità ontologica del servizio scolastico
Nella sua struttura essenziale l’insegnamento si traduce in un rapporto tra
insegnante e allievo a contenuto formativo e didattico. Tuttavia, dato che
nell’epoca attuale l’istruzione è impartita nell’ambito di una struttura
amministrativa complessa, si pone il problema, ove si riconosca alla stessa
una certa autonomia, di quale sia l’organizzazione più confacente con il
tipo di funzione svolta e con la libertà di insegnamento riconosciuta al
singolo docente.
L’aspetto organizzativo è particolarmente complesso e delicato, con
conseguenze inevitabili, a breve e a lungo termine, sulla preparazione
tecnica e umana degli alunni. In materia scolastica ogni scelta organizzativa
è, infatti, di frequente, una scelta didattica.
Due sono gli elementi che concorrono a differenziare la struttura scolastica
da ogni altro organismo amministrativo.
Il primo riguarda la natura ontologica del servizio prestato, che non è
riconducibile ad un servizio puramente commerciale o amministrativo.
E’ stato efficacemente sottolineato, in proposito, che “la funzione docente,
non rientra nella funzione amministrativa, bensì costituisce un alterum
genus, caratterizzato dall’attività di trasmissione della cultura, di contributo
alla elaborazione di essa e di impulso alla partecipazione dei giovani a tale
processo, nonché alla formazione della loro personalità”.75
Se è vero, infatti, che l’insegnante deve esplicare anche funzioni
75 SALVATORE MASTROPASQUA: Insegnamento (Libertà di) in “Novissimo dig.”, appendice IV, Utet, Torino, 1983, 287.
58
amministrative (quella di partecipare al governo della scuola, nonché
l’attività valutativa e certificativa della preparazione degli alunni), vero è
che in essa non si riconduce se non la parte più esterna e marginale del
rapporto educativo. Non sembra, quindi, corretto far rientrare la funzione
docente in quella amministrativa, sulla base della schematica ripartizione
delle funzioni (legislativa, giurisdizionale, amministrativa).76
Diversamente opinando, viene ad essere svalutata la stessa funzione
docente e il ruolo essenziale dell’insegnamento. Il docente quindi, sotto tale
profilo, non esaurisce il suo status nella figura e funzione del pubblico
impiegato.
Proprio in ragione della peculiarità della funzione scolastica, che si
differenzia dalla normale gestione amministrativa e che non è ad essa
riconducibile, il legislatore ha “escogitato” per la scuola una forma di
governo collegiale che ne rispetti, appunto, la finalità, creando gli organi
collegiali:
- il consiglio di istituto o di circolo nelle scuole elementari
(rappresentativi delle varie componenti della scuola) avente competenze
generali in materia di indirizzi gestionali educativi, di programmazione
economico-finanziaria e in particolare con il compito di definire gli
indirizzi generali per le attività della scuola; adottare il piano dell’offerta
formativa elaborato dal collegio dei docenti verificandone la
corrispondenza agli indirizzi generali e alle compatibilità rispetto alle
risorse umane e finanziarie disponibili; determinare i criteri per
l’utilizzazione delle risorse finanziarie; approvare i documenti contabili
fondamentali e adottare il regolamento interno dell’istituzione scolastica;
- il collegio dei docenti (formato esclusivamente dai soggetti tecnicamente
competenti: i docenti) che è un organo tecnico e professionale con
competenze generali in materia didattica e di valutazione dei risultati
dell’attività didattica. Esso approva il piano dell’offerta educativa, i profili
76 ibidem
59
didattici delle iniziative, dei progetti e degli accordi ai quali l’istituzione
scolastica intende aderire, la proposta di regolamento interno
dell’istituzione per le parti relative ai profili didattici, al funzionamento del
collegio stesso, delle sue articolazioni e degli organi cui compete la
programmazione didattico-educativa e ogni altro provvedimento connesso
con l’esercizio dell’autonomia didattica.
b) La libertà di insegnamento
L’ulteriore elemento che concorre a differenziare l’attività di insegnamento
da ogni altra funzione amministrativa è costituito dalla libertà di
insegnamento.77
Tale diritto è sancito innanzitutto dalla Costituzione: “L’arte e la scienza
sono libere e libero ne è l’insegnamento”(articolo 33).
Come è pacifico, la stessa si traduce nella duplice libertà: libertà “nella”
scuola (libertà di insegnamento), libertà “della” scuola (diritto dei privati di
costituire scuole non statali).
Per quanto concerne la libertà “nella” scuola, di cui si parla in questa sede,
questa si sostanzia nella libertà di insegnamento, che si traduce nella libertà
di insegnare secondo metodi e criteri didatticamente validi, senza dover
subire intromissioni altrui o condizionamenti di alcun genere.78
Secondo l’articolo 1 del testo unico 297/94 (formazione della libertà degli
alunni e libertà di insegnamento)”nel rispetto delle norme costituzionali e
degli ordinamenti della scuola stabiliti dal presente testo unico, ai docenti è
garantita la libertà di insegnamento intesa come autonomia didattica e
come libera espressione culturale del docente.
L’esercizio di tale libertà è diretto a promuovere, attraverso un confronto
77 È largamente diffusa nella scienza giuridica l'idea della riconduzione della libertà diinsegnamento alla libertà di manifestazione del pensiero, considerando l'insegnamento inrapporto di specie a genere con la manifestazione del pensiero; si vedano al riguardo, tra gli altriS. FOIS, Principi costituzionali e libere manifestazioni del pensiero, Milano, Giuffrè, 1957 e V.CRISAFULLI, La scuola nella Costituzione, in “Riv. Trim. dir. pubblicato”, 1956. 78 così testualmente S. MASTROPASQUA, Insegnamento (libertà di), pag. 289.
60
aperto di posizioni culturali, la piena formazione della personalità degli
alunni.
E’ garantita l’autonomia professionale nello svolgimento della attività
didattica, scientifica e di ricerca”.
Aggiunge l’articolo 2: “tutela della libertà di coscienza degli alunni e diritto
allo studio: l’azione di promozione di cui all’articolo 1 è attuata nel rispetto
della coscienza morale e civile degli alunni”.
Limite intrinseco alla libertà di insegnamento è la scientificità del
contenuto rappresentato agli alunni, nonché il rispetto, della persona e della
libertà di coscienza.
Ciò premesso, occorre considerare che il problema riguarda gli eventuali
limiti estrinseci alla libertà di insegnamento derivanti sia da dall’apparato
organizzatorio statale che dalla gestione collegiale e democratica della
scuola.79
Per quanto concerne il primo aspetto, si è concordemente affermato che i
poteri autoritativi dello Stato devono adottare un’organizzazione scolastica
che sia compatibile con essi, provvedendo sì ad organizzare i servizi
scolastici, le ore di insegnamento e quanto altro necessario, ma senza
prevedere né procedere ad alcuna intrusione nel rapporto didattico, che
deve essere lasciato, per ciò che concerne la trasmissione della cultura,
all’autonoma determinazione e al singolare indirizzo di ogni insegnante.80
Tuttavia, la libertà di insegnamento, essendo attribuita la singolo docente,
può vedersi limitata anche da organi della stessa scuola.
Negli ultimi decenni, infatti, si è sempre maggiormente allargata all’interno
delle strutture scolastiche la partecipazione rappresentativa, indirizzata ad
una maggiore democratizzazione della scuola. Tuttavia, anche tale forme di
partecipazione possono creare problemi di compatibilità con la libertà di
79 UMBERTO POTOTSCHNIG, in Insegnamento (libertà di), Enc. Giuffré, 1971., volume XXI, pag. 749. 80 Così: MELE, Libertà di insegnamento e metodi didattici sperimentali in: TAR 1985-parte II, pag. 33
61
insegnamento, dato che quest’ultima deve essere tutelata anche nei
confronti degli organi collegiali: se, infatti, la libertà di insegnamento è
riconosciuta tout court al “singolo docente, è chiaro che essa non gli può
essere sottratta neppure da un organo collegiale di cui egli sia membro”.81
Si può quindi dare l’evenienza dell’impugnazione di atti che siano in
contrasto con la libertà di insegnamento: la giurisprudenza ha riconosciuto
l’interesse all’impugnazione degli insegnanti dissenzienti dalla
deliberazione del collegio dei docenti ritenuta lesiva della libertà di
insegnamento.82
La delibera degli organi collegiali, infatti, pur essendo efficace anche nei
confronti della minoranza dissenziente (non essendo richiesto l’unanimità
dei votanti), può essere però impugnata ove vi sia stata violazione della
libertà di insegnamento.83
c) Libertà di insegnamento e Piano dell’Offerta Formativa (P.O.F.)
L’articolo 4 decreto del Presidente della Repubblica 275/99 (regolamento
sull’autonomia scolastica), sancisce che l’autonomia didattica si espleta
“nel rispetto della libertà di insegnamento”.
La maggiore autonomia didattica e di ricerca riconosciuta alle scuole con la
recente riforma, nonché l’allontanamento dall’impostazione di programmi
ministeriali specifici per l’approccio alla verifica per obbiettivi, appare
maggiormente confacente al rispetto della libertà di insegnamento, intesa
come svincolo delle scuole dall’incidenza statale su scelte di tipo didattico.
Occorre verificare però se, con l’operatività del Piano dell’offerta formativa
81 POTOTSCHNIG, op. cit., pag. 749. 82 La deliberazione del collegio dei docenti non è un atto meramente programmatorio, e cometale lesivo (TAR Lombardia, Sez. III, 1984 n. 209. 83 “Al riguardo deve osservarsi che la legge attribuisce al Collegio dei docenti nella materia dicui trattasi un “potere deliberante”, che trova limiti solo nella garanzia della libertà diinsegnamento. Una volta, pertanto, che sia stato accertato, come nel caso, il rispetto di talelimite, deve ammettersi che le deliberazioni di che trattasi sono vincolanti anche nei confrontianche dei docenti dissenzienti in minoranza, non prevedendo la legge che esse debbano essereadottate all’unanimità per la loro piena operatività, né concedendo ai singoli dissenzienti unafacoltà di dissociazione nell’attuazione dei programmi didattici ed educatici deliberati” (TarLazio, Foro Amm. 1984 pag. 726).
62
della scuola (P.O.F.), si verifichino situazioni incompatibili con la libertà
didattica riconosciuta al singolo docente.
Non è escluso, invero, che la possibilità per la scuola di incidere in modo
consistente nell’organizzazione del servizio scolastico (con la possibilità di
aggregare discipline scolastiche, di articolazione modulare di gruppi di
alunni, e altre forme di novità organizzativo-didattiche), possano interferire
con la libertà didattica del docente.
Non sembra, infatti, superflua la dizione della norma, laddove, nello
stabilire i contenuti della “autonomia didattica”, chiarisce che la
progettualità della scuola deve essere esercitata “nel rispetto della libertà di
insegnamento” (articolo 4).
Si deve puntualmente verificare, nelle fattispecie concrete e con la messa in
atto delle nuove scelte delle scuole, se vi siano incidenze e restrizioni sulla
libertà di insegnamento.
La soluzione, probabilmente, va cercata nei seguenti termini.
Il primo riguarda la valutazione concreta se la metodologia organizzativa
che la scuola ha operato nell’ambito dell’autonomia riconosciuta dalla
legge abbia effettivamente inciso sulla scelta didattica del docente, o se sia
puramente estrinseca alla stessa; la valutazione non è però semplice, e può
dare adito a soluzioni contrastanti.84
Ove la scelta operata sia di natura didattica, è necessario l’assenso del
84 V. in relazione all’adozione del tempo pieno; soluzioni contrastanti in giurisprudenza inordine alla lamentata lesione della libertà di insegnamento: TAR Sicilia 15. 1. 1986 n. 12 “ildiritto alla libertà di insegnamento, costituzionalmente garantito, consiste nella scelta dellemodalità e dei contenuti dell’insegnamento nel rispetto dei programmi, nonché dei fondamentalicriteri di esercizio della funzione docente: di conseguenza, l’incidenza di atti autoritativiconcretamente idonei a modificare l’attività di insegnamento, indirizzandola verso schemi olinee non logicamente scaturenti dall’insegnamento stesso, viene a ledere l’autonomia e ladignità in esso radicate (fattispecie d’istituzione del “tempo pieno” con l’inclusione di unaclasse senza il consenso dell’interessato”. Nello stesso senso: TAR Lombardia, Sez. III, 263/85, secondo cui: “per il principio di libertà di insegnamento garantita dall’art. 33 comma 1 Cost, contenuto nell’art. 1 d.P.R. 31 maggio 1974 n. 417, per la realizzazione del tempo pieno nellescuole può essere utilizzato solamente quel personale docente che vi consenta, rivelandosiarbitraria l’imposizione di tale modello didattico a quegli insegnanti che non intendono aderirvi. Confr., invece, Cons. Stato, sez. VI, 635/92 e TAR Basilicata, 26 gennaio 1990 n. 2, che, relativamente al tempo pieno, specificano trattarsi di una scelta organizzativa che non incidesulla libertà di insegnamento.
63
docente.85 E’ allora necessario rispettare eventuali diverse impostazioni.
Esplicitamente per salvaguardare tale scelte, l’articolo 3, comma 2, decreto
del Presidente della Repubblica 275/99, dichiara che il P.O.F. “comprende
e riconosce le diverse opzioni metodologiche, anche di gruppi minoritari, e
valorizza le corrispondenti professionalità”.
In conclusione si ritiene che nel P.O.F., debba essere lasciato spazio a
scelte metodologiche diverse da quelle adottate dalla maggioranza dei
docenti.
2. Il governo collegiale dell’istituzione scolastica
Anteriormente all’emanazione dei decreti delegati sulla scuola,
l’organizzazione scolastica era assai semplificata, facendo capo in tutto alla
struttura gerarchica del Ministero e prevedendo solo in modo limitato la
partecipazione di organi collegiali (in tema di collegio dei professori o di
consiglio di classe cfr. articolo 27, 28, 37 e 38 regio decreto 30 aprile 1924
n. 965).
Con i decreti delegati del 31 maggio 1974 (in attuazione della legge delega
30 luglio 1973 n. 477), furono istituiti nuovi organi collegiali di governo e
riordinati quelli già esistenti con la finalità di “realizzare la partecipazione
nella gestione della scuola dello Stato, dando alla scuola stessa i caratteri di
una comunità che interagisce con la più vasta comunità sociale e
civica”(articolo 5 legge 477/1973).86
85 MELE, op. cit., pag. 37. 86 La dottrina ricorre alla figura dell'unione personale di organi per spiegare la natura degliorgani collegiali, organi dello Stato inseriti nella sua amministrazione ed al tempo stesso organidella comunità scolastica (cfr. A: PIZZORUSSO, La comunità scolastica nell'ordinamentorepubblicano, in “Foro it. “, 1975, e. 224); la giurisprudenza, se nega che l'autonomia loroconferita giunga fino al punto da configurarli quali centri portatori di autonoma soggettività, afferma che essi, che «pure fanno parte della composita struttura scolastica, operano nell'ambitodi quell'ordinamento e concorrono a perseguire e realizzare l'interesse della pubblica istruzioneproprio della scuola», non sono sottoposti gerarchicamente alle autorità scolastiche. Cfr. Consiglio di Stato, Sez. II, parere 12 gennaio 1983, n. 1114, in “Rivista giuridica della scuola”, 1986, p. 397; nello stesso senso, già T. A. R. Lombardia, 7 novembre 1979, n. 925, ivi, 1982, p. 137; T. A. R. Piemonte, 18 ottobre 1977, n. 494, m, 1979, p. 649; inoltre C, Conti, Sez. II, 12luglio 1989, n. 151, in “Foro amm.”, 1990, p. 536; Consiglio di Stato, Sez. VI, 9 settembre1989, n. 1222 in Consiglio di Stato, 1989, p. 1079 e sulla scia di tale parere ricordiamo la
64
Gli istituiti organi collegiali dovevano, pertanto, provvedere al governo
della scuola, accanto al Preside, per gestire l’autonomia amministrativa
riconosciuta con la stessa legge.
A differenza della maggior parte delle attribuzioni degli organi collegiali
territoriali (il consiglio scolastico provinciale, il Consiglio Nazionale della
Pubblica istruzione ecc.), gli organi della scuola previsti dalla legislazione
delegata hanno potere non semplicemente consultivo, ma deliberante.
Le norme contenute nei decreti delegati, sono poi state recepite nel testo
unico 297/94, Parte prima, titolo I, intitolato: “Organi collegiali della
scuola e assemblee degli studenti e dei genitori”.
In particolare, la parte che qui interessa relativa al governo dell’istituzione
scolastica, si trova disciplinata nel capo I del titolo I, che riporta: “organi
collegiali a livello di circolo e di istituto e assemblee degli studenti e dei
genitori”.
Tali norme rimarranno in vigore fino alla riforma degli organi collegiali
della scuola, come disciplinato dal Decreto legislativo 30 giugno 1999, n.
233, Riforma degli organi collegiali territoriali della scuola, a norma
dell’articolo 21 della Legge 15 marzo 1997, n. 59.
Al fine di evitare prolungate elencazione delle competenze di ogni singolo
organo, si ritiene più utile esaminare brevemente alcuni punti essenziali
relativi ai medesimi.87
1. Nell’istituzione degli organi di governo della scuola, come già rilevato, il
legislatore ha tenuto presente la duplice funzione svolta nell’ambito
scolastico: quella principale – funzione docente – e quella ausiliaria –
funzione amministrativa.
Ha istituito quindi due organi con funzioni deliberanti, l’uno relativo agli
aspetti didattici dell’insegnamento, l’altro a quelli amministrativi e
circolare del 12 febbraio 1985, n. 60 che qualifica gli organi collegiali della scuola come organidello Stato. 87 Per un ampia disamina, v. G. RAPPAZZO, A. PIETRELLA: “La gestione collegiale della scuola”Giuffrè, 1987, pag. 1361.
65
gestionali.
Il primo è rappresentato dal collegio dei docenti: lo stesso è formato da tutti
i docenti in servizio nella scuola (siano o no di ruolo), ed è presieduto dal
direttore didattico (nelle scuole elementari) o dal Preside, oggi unificati
nella figura del Dirigente scolastico.
Il collegio dei docenti ha potere deliberante, e, pertanto, partecipa
attivamente al governo della scuola, in materia didattica (ad esempio, tra le
competenze elencate dall’articolo 7, testo unico 297/94: cura la
programmazione dell’azione educativa e l’adeguamento dei programmi di
insegnamento alle esigenze ambientali; adotta i libri di testo; adotta le varie
iniziative di tipo didattico), ha poi funzioni consultive sempre in materia
didattica (consiglio di classe: funzione consultiva e valutativa).
Il consiglio di istituto (o di circolo per le elementari) ha carattere
rappresentativo, perché formato da rappresentanti delle varie componenti
della scuola (docenti, personale amministrativo, genitori alunni, direttore
didattico o preside; nelle scuole secondarie superiori, anche rappresentanti
degli alunni).
I poteri del consiglio di istituto sono anch’essi deliberativi, e riguardano
principalmente l’attività amministrativa della scuola (determinazione di
forme di autofinanziamento; deliberazione del bilancio; adozione del
regolamento interno, programmazione attività extrascolastiche ecc. v.
articolo 10 testo unico 297/94).
Le delibere del Consiglio di istituto sono eseguite dalla Giunta esecutiva
(con a capo il Preside o il direttore didattico), che ha anche funzioni
propulsive.
Non hanno invece funzione deliberante le assemblee degli studenti e dei
genitori.
In realtà, come da più parti rilevato è opinione diffusa quella secondo cui il
governo collegiale della scuola non si sia mai realizzato, rimanendo lo
66
stesso al potere direttivo (capo di istituto e giunta esecutiva).88
L’individuazione dei motivi pare complessa. Gli stessi possono forse essere
ricondotti ad una molteplicità di cause: il limitato ruolo della autonomia
riconosciuto alle scuole in ambito amministrativo e didattico; l’eccessivo
frazionamento di competenze tra i vari organi; il numero elevato di
componenti del collegio dei docenti, senza divisione di competenze89; le
scarse competenze tecniche del massimo organo deliberante in materia
amministrativa (consiglio di istituto), dovute, probabilmente alla eccessiva
rappresentatività.90
3. Organi collegiali e competenze del dirigente scolastico
Probabilmente in ragione del fatto che nella scuola le scelte organizzative e
quelle didattiche non di rado si sovrappongono, le competenze attribuite ai
due organi collegiali a volte si confondono; così come non esattamente
delineate risultano le competenze degli organi collegiali rispetto al capo di
istituto.
La situazione è attualmente complicata dalla attribuzioni riconosciute al
Dirigente scolastico, in base al decreto legislativo 29/93 (articolo 25 bis
così come integrato dal decreto legislativo 6 marzo 1998 n. 59 e dal decreto
legislativo 165/2001), che affida al dirigente scolastico la gestione unitaria
della istituzione, la gestione delle risorse finanziarie e strumentali, nonché
poteri di direzione, di coordinamento e di valorizzazione delle risorse
88 v. per tutti: CORRADO MAUCERI: “la dirigenza scolastica” in “Il lavoro alle dipendenze dellepubbliche amministrazioni “... 2000 AA. VV. 89 Per limitare gli inconvenienti legati all’elevato numero di componenti del collegio deidocenti, con conseguenti riunioni svolte in modo confuso e non concludente, il Ministero haproposto con circolare 274/1984 del 19 settembre, moduli di organizzazione del lavorocollegiale. A tale scopo è apparso utile al Ministero suggerire, nell’esercizio dei poteri diautorganizzazione, delle forme di articolazione interna del collegio. cit. in RAPAZZO, op. cit. pag. 237. A livello amministrativo era affidata al Provveditore agli Studi la soluzione deiconflitti di competenza tra organi delle istituzioni scolastiche (art. 28 u. c. t. u. 297/94). Talepotere, che rientrava nelle funzioni di vigilanza del Provveditore, è stato abrogato dall’art. 17del regolamento 275/99 relativo all’autonomia delle istituzioni scolastiche. 90 “Al riguardo si può osservare che quanto più numeroso ed eterogeneo nella sua composizioneè l’organo collegiale, tanto più basso risulterà il livello medio della competenza, con evidentiriflessi negativi sul buon funzionamento dell’organo medesimo”. S. MASTROPASQUA, Insegnamento (libertà di) cit. pag. 293.
67
umane.
Il problema è rilevante considerate le competenze amministrative che sono
state trasferite alle scuole in materia di gestione del personale (articolo 14
decreto del Presidente della Repubblica 275/1999), nonché la più ampia
autonomia finanziaria e contabile delle scuole.
Il dirigente scolastico ha il compito di organizzare l’attività scolastica
secondo criteri di efficienza e di efficacia formativa e risponde in ordine ai
risultati.
La normativa precitata ha creato la nuova figura del dirigente delle
istituzioni scolastiche, modificando “le funzioni direttive” di cui all’articolo
396 testo unico 297/94 in funzioni dirigenziali.
Come di recente evidenziato dal Consiglio di Stato “il nuovo assetto della
dirigenza scolastica vale a rendere operativo il principio dell’autonomia
delle istituzioni scolastiche individuando un referente tendenzialmente
unico per la realizzazione dei fini di gestione di tutte le funzioni
amministrative che per loro natura possono essere esercitate dalle
istituzioni scolastiche e di realizzazione della flessibilità, diversificazione,
efficienza ed efficacia del servizio scolastico dell’articolo 21 commi 4 e 8,
come elementi qualificanti del predetto principio.
Di qui la necessità di evitare, per quanto possibile, duplicazioni, dispersioni
o frammentazioni di competenze tra i vari organi della scuola che
vanificherebbero, attraverso un assetto fluttuante e incerto delle funzioni, le
finalità di autonomia, efficienza ed efficacia dell’azione delle istituzioni
scolastiche correlate alla tendenziale concentrazione di compiti nella figura
del dirigente scolastico.
Tale necessità traspare, d’altronde con specifico riferimento al settore
scolastico, dall’articolo 21 comma 15 della legge 59/97, che nel fissare i
principi e criteri direttivi delle norme delegate per la riforma degli organi
collegiali della pubblica istruzione a qualsiasi livello, individua
specificamente quello dell’eliminazione delle duplicazioni organizzative e
68
funzionali, secondo il precetto generale dell’articolo 12, comma 1 lett. g)
della stessa legge” (parere Consiglio di Stato sez. seconda 26 luglio 2000 n.
1021; nonché, parere Consiglio di Stato sez. seconda 27. 10. 1999 n. 1603).
Nel ritenere l’incompatibilità tra alcune attuali competenze del dirigente
scolastico e quelle attribuite dal testo unico 297/94 agli organi collegiali
(nel caso di specie in ordine alla scelta dei propri collaboratori, nonché di
gestione delle risorse finanziarie e strumentali), il Consiglio di Stato ha
ritenuto urgente la riforma degli organi collegiali della scuola, che metta
ordine nella materia in esame.
4. La riforma degli organi collegiali
Nuovi organi collegiali sono previsti per la scuola dell’autonomia. In
effetti, come sopra evidenziato, la riforma degli organi dell’istituzione
scolastica si rende urgente a fronte delle nuove competenze attribuite alle
scuole e ai poteri e responsabilità riconosciuti ai dirigenti scolastici dal
decreto legislativo 59/1998 e dal decreto legislativo 165/2001.
E’ attualmente ancora allo studio del Parlamento un disegno di legge
presentato in data 9 luglio 2013, annunciato nella seduta ant. n. 63 del 10
luglio 2013 al Senato. Nella relazione al provvedimento presentato dalla
Sen. Giannini, si evincono le preoccupazioni per “l'istruzione pubblica
italiana … ormai da tempo profondamente in crisi, con gravi risvolti
negativi per l'intero Paese. Testimonianza ne sono, tra le altre cose, la
dispersione scolastica, il bullismo, le classi sovraffollate, gli edifici
scolastici non in sicurezza, i giovani inoccupati, i risultati scolastici
inferiori nei raffronti internazionali dell'OCSE, la carenza di giovani
adeguatamente formati per il mercato del lavoro, l'analfabetismo di ritorno,
i docenti demotivati, l'indebolimento generale del tessuto culturale del
Paese”. Il testo recepisce l'atto Senato n. 3542, frutto del lavoro della VII
Commissione cultura della Camera dei deputati, nato dall'iniziativa
parlamentare della deputata Valentina Aprea come atto Camera n. 953 e poi
69
approvato in un testo unificato da quel ramo del Parlamento, il cui iter di
esame al Senato della Repubblica si è interrotto presso la VII Commissione
permanente a causa dello scioglimento anticipato delle Camere.
Il disegno di legge intende, in particolare, “proporre un nuovo modello di
governance della scuola statale che punta a trasformare radicalmente la
guida delle istituzioni scolastiche, la quale si presenta, ancora oggi,
caratterizzata da elementi che non colgono pienamente i cambiamenti
costituzionali e i recenti progressi e le innovazioni sulle norme di governo
in materia sia amministrativa che didattica”. Ancor più importante,
all'interno di questo cambiamento, che può agevolmente trovare attuazione
nel titolo V della parte seconda della Costituzione, resta la sfida di
ricollocare le risorse finanziarie destinate all'istruzione partendo dalla
libertà di scelta delle famiglie.
Il disegno di legge si compone di sedici articoli.
L'articolo 1 riguarda l'autonomia delle istituzioni scolastiche,
costituzionalmente sancita e riconosciuta sulla base di quanto stabilito
dall'articolo 21 della legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive
modificazioni, e dal regolamento di cui al decreto del Presidente della
Repubblica 8 marzo 1999, n. 275, e i loro rapporti con lo Stato, le regioni e
le autonomie locali che contribuiscono al perseguimento delle finalità
educative delle stesse.
L'articolo 2 disciplina gli organi delle istituzioni scolastiche organizzati
sulla base del principio della distinzione tra funzioni di indirizzo, funzioni
di gestione e funzioni didattico-educative. Tali organi sono il consiglio
dell'autonomia, il dirigente scolastico, con funzioni di gestione e di
coordinamento, il consiglio dei docenti con le sue articolazioni: consigli di
classe, commissioni e dipartimenti; il nucleo di autovalutazione.
L'articolo 3 definisce il consiglio dell'autonomia che ha compiti di indirizzo
generale dell'attività scolastica.
L'articolo 4 disciplina la composizione del consiglio dell'autonomia,
70
composto da un numero di membri compreso fra nove e tredici e presieduto
dal dirigente scolastico.
L'articolo 5 enuncia le prerogative del dirigente scolastico, il quale,
nell'ambito delle proprie funzioni di cui all'articolo 25 del decreto
legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ha la legale rappresentanza
dell'istituzione e, sotto la propria responsabilità, gestisce le risorse umane,
finanziarie e strumentali e risponde dei risultati del servizio agli organismi
istituzionalmente e statutariamente competenti, ai sensi del decreto
legislativo 27 ottobre 2009, n. 150.
L'articolo 6 riguarda il consiglio dei docenti e le sue articolazioni al fine di
progettare le attività didattiche e di valutazione collegiale degli alunni.
L'articolo 7 riconosce e promuove la partecipazione e i diritti degli studenti
e delle famiglie rispetto all'attività della scuola, con particolare riguardo al
diritto allo studio e alle misure di contrasto alla dispersione scolastica.
L'articolo 8 regolamenta la costituzione in ciascuna scuola del nucleo di
autovalutazione dell'efficienza, dell'efficacia e della qualità complessive del
servizio scolastico, in raccordo con l'Istituto nazionale per la valutazione
del sistema educativo di istruzione e di formazione (INVALSI), di cui al
decreto legislativo 19 novembre 2004, n. 286.
L'articolo 9 regola la conferenza di rendicontazione che il consiglio
dell'autonomia deve promuovere annualmente, inviando successivamente
una relazione all'ufficio scolastico regionale.
L'articolo 10 disciplina la costituzione di reti e consorzi a sostegno
dell'autonomia scolastica, nel rispetto dei requisiti, delle modalità e dei
criteri fissati con regolamento adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 1,
della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni.
L'articolo 11 norma l'istituzione da parte del Ministro dell'istruzione,
dell'università e della ricerca del Consiglio nazionale delle autonomie
scolastiche e conferenze regionali del sistema educativo, scolastico e
formativo nazionale integrato.
71
L'articolo 12 prevede la costituzione di una commissione di monitoraggio
da istituirsi con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su
proposta del Ministro dell'istruzione, dell’università e della ricerca con lo
scopo di seguire per due anni il processo attuativo delle disposizioni di cui
al presente disegno di legge.
L'articolo 13 dispone una serie di abrogazioni.
L'articolo 14 include una norma di salvaguardia.
L'articolo 15 contiene una norma transitoria riguardante l'ufficio scolastico
regionale che esercita i compiti di organo competente di cui all'articolo 3,
commi 4 e 5 fino alla completa attuazione del titolo V della parte seconda
della Costituzione.
L'articolo 16 include una clausola di neutralità finanziaria.
5. La progettualità della scuola: il Piano dell’Offerta Formativa
(P.O.F.)
Caratteristica essenziale della scuola “dell’autonomia”, è la possibilità di
predisporre un piano dell’offerta formativa differenziato da scuola a scuola.
La predisposizione del piano è obbligatoria per la scuola, dovendo la stessa
indicare in che modo intende gestire l’ambito di scelta didattica e
organizzativa riconosciuto dalla legge.
“Il piano è il documento fondamentale costitutivo dell’identità culturale e
progettuale delle istituzioni scolastiche ed esplicita la progettazione
curricolare, extracurriculare, educativa ed organizzativa che le singole
scuole adottano nell’ambito della loro autonomia” (articolo 3 decreto del
Presidente della Repubblica 275/99).
Occorre a tal punto analizzare più da vicino le competenze degli organi
scolastici in ordine alla elaborazione ed adozione del P.O.F.
Il problema sembra di non scarsa rilevanza considerato che, a differenza del
passato, con l’elaborazione del P.O.F. e il riconoscimento di effettivi spazi
di autonomia, gli organi della scuola hanno un’effettiva e maggiore
72
possibilità operativa.
Inoltre, l’autonomia organizzativa, riguarda proprio la gestione delle
metodologie di apprendimento (es. unificazione delle classi, aggregazioni
di materie), ambiti in cui comunque vi è un’intersecazione tra un aspetto di
tipo gestionale (legato ad es. al numero di docenti assegnati alla scuola), e
aspetti di tipo didattico (convenienza ad applicare una metodologia
didattica piuttosto che un’altra in relazione alla maturazione degli alunni
concretamente presenti nella scuola).
Se si considera che in passato il collegio dei docenti ha avuto comunque un
ruolo marginale, attualmente la possibilità di scelta, tra l’altro, del 15%
delle discipline e delle attività extracurriculari, ne amplia notevolmente la
possibilità di azione.
La molteplicità di interessi in gioco (non esclusi quelli economici legati alle
sponsorizzazioni di attività della scuola), può generare un potenziale
conflitto tra i vari organi scolastici, in ordine alla adozione della scelta
progettuale della scuola. (che ne influenza comunque, anche verso
l’esterno, l’impostazione culturale).
Secondo il regolamento sulla autonomia il P.O.F. è elaborato dal collegio
dei docenti sulla base degli indirizzi generali per l’attività della scuola e
adottato dal consiglio di circolo o di istituto.
L’elaborazione del P.O.F. deve avvenire “tenuto conto delle proposte e dei
pareri formulati dagli organismi e dalle associazioni, anche di fatto dei
genitori e per le scuole secondarie, degli studenti”.
A tal fine questo il dirigente scolastico “attiva i necessari rapporti con gli
enti locali e con le diverse realtà istituzionali, culturali, sociali ed
economiche operanti sul territorio” (articolo 3).
Occorre a questo punto verificare quale natura giuridica e quale
obbligatorietà abbia la consultazione con altri organismi operanti sul
territorio.
Innanzi tutto è necessario considerare quali siano gli adempimenti del capo
73
di istituto in relazione alla attivazione dei rapporti con le varie realtà
istituzionali.
La stessa non può tradursi nell’obbligo di informazione di una serie
indeterminata di soggetti a pena di nullità del P.O.F., quanto nella
disponibilità del medesimo alle iniziative proposte dai soggetti interessati.
Il collegio dei docenti - nella elaborazione del piano - deve tenere conto
delle proposte formulate, nel senso che ha l’obbligo di valutare
l’adeguatezza didattica delle medesime, in relazione al tipo di alunni che
frequentano la scuola.
Il P.O.F., deve tenere conto anche delle esigenze del contesto territoriale,
sociale ed economico della realtà locale, ma ciò non significa che il
collegio dei docenti debba essere vincolato dall’eventuale vantaggio
economico della iniziativa.
Diversamente opinando si verrebbe ad eliminare l’autonomia didattica
riconosciuta alla scuola.
Tale autonomia, deve essere affermata non solo nei confronti dello Stato,
ma anche delle realtà locali e territoriali.91
La scuola è l’ultimo soggetto responsabile delle scelte didattiche ivi svolte.
Tale responsabilità e garanzia è peraltro manifestazione - sia pure collettiva
- della libertà di insegnamento, riaffermata da tutte le fonti normative della
riforma.
Il P.O.F., è adottato dal Consiglio di circolo o di istituto. Lo stesso è reso
pubblico e consegnato agli alunni e alle famiglie all’atto dell’iscrizione.
91 A. PAINO: “Nel sistema della legge 59, il complesso di funzioni e compiti che possonocostituire oggetto di conferimento alle autonomie regionali e colali appare, pertanto, delimitato amonte, della riserva, allo Stato, dei compiti riconducibili alle previsioni di cui all'art. 1, comma3, lett. q, ed a valle, della riserva alle scuole dei compiti da trasferire a queste ultime nel quadrodella autonomia scolastica”.(A. Paino, Lo Stato autonomista, Aa. Vv., Il Mulino, 1998, p. 445).
74
CAPITOLO III.
LA SOGGETTIVITÀ E LA GESTIONE DEI BENI
1. Personalità giuridica e titolarità dei beni.
L’acquisto della personalità giuridica determina la piena soggettività della
scuola nei confronti dei terzi.
Ciò significa che, a differenza del passato, l’istituzione scolastica è
direttamente titolare di diritti e di doveri, e non invece il Ministero della
Pubblica Istruzione.92 Questo avviene sia sul piano sostanziale che su
quello processuale.
Dal punto di vista sostanziale, le scuole, diventano titolari di diritti reali -
mobiliari e immobiliari - nonché di diritti di credito e di obblighi.
Dal punto di vista processuale, è l’istituzione scolastica ad avere la
legittimazione processuale, e quindi a stare in giudizio, in persona del
dirigente scolastico.93
Con l’attribuzione della personalità giuridica, l’istituzione scolastica, è
titolare dei propri beni, sia mobili che immobili. Gli stessi costituiscono il
patrimonio della scuola, e sono iscritti in relativi inventari, tenuti dal
direttore dei servizi generali e amministrativi.94
Per inventario si intende la procedura di ricerca e individuazione dei beni, a
cui segue l’ulteriore attività di classificazione (qualità, quantità, ecc.)
nonché di valutazione del singolo bene attraverso operazioni di valore di
stima e di costo. Il patrimonio consiste nel complesso dei beni economici
92 ad eccezione, come visto, delle scuole che, già in passato, erano dotate di personalitàgiuridica. 93 per un’esauriente disamina della capacità di agire sostanziale e processuale degli istitutiscolastici dotati di personalità giuridica, v. Cass. Sez. III, sent. n. 10982 del 1996, jonché Cass. Sez. U. 1991 n. 1316994 V. circolare ministeriale 253 del 10 novembre 2000 avente ad oggetto “Autonomiascolastica”. Acquisizione della personalità giuridica. Contabilità beni mobili dello Stato. Passaggi di consegne”.
75
che appartengono alla Istituzione scolastica autonoma; essi si distinguono
in immobili, mobili infruttiferi (durevoli e di consumo) e mobili fruttiferi
(titoli e valori).
Anche i beni di consumo (di poco valore o deperibili), pur non essendo
oggetto di inventariazione, devono essere contabilizzati. Ciò serve per poter
determinare la consistenza patrimoniale, nonché la quantità di giacenza dei
beni.
Secondo il regolamento di contabilità delle istituzioni scolastiche95, i beni
immobili appartenenti al patrimonio dello Stato e degli enti locali, sono
concessi in uso alle istituzioni scolastiche.
La normativa non prevede quindi un passaggio di proprietà dagli enti
predetti alle scuole, non potendosi, con atto regolamentare, derogare alla
disciplina prevista dalla legge 23/96, in materia di edilizia scolastica, che
prevede la proprietà - e anche gli oneri - delle scuole a carico degli enti
locali.
Peraltro, considerati tutti fenomeni di migrazione interna, che possono
determinare nel giro di poco tempo, eccedenze o insufficienze gravi nella
disponibilità di spazi per l’attività didattica, sembra più opportuno
mantenere per le scuole l’attuale assetto amministrativo, ovvero
l’utilizzazione in uso degli edifici scolastici, che consente all’ente locale di
ridistribuire gli edifici in caso di necessità.
Ciò non toglie che le stesse possano diventare proprietarie di altri immobili
da utilizzare per le finalità scolastiche o per forme di autofinanziamento,
anche grazie a donazioni.
Ma con quali mezzi possono le istituzioni scolastiche provvedere,
eventualmente all’acquisto di immobili?
Al riguardo, l’articolo 49 del regolamento di contabilità chiarisce che
l’acquisto di immobili può essere fatto esclusivamente con fondi derivanti
95 V. art. 23 decreto ministeriale 1 febbraio 2001, n. 44: regolamento concernente le “Istituzionigenerali sulla gestione amministrativo-contabile delle istituzioni scolastiche” pubblicato in G.U. 9 marzo 2001.
76
da attività proprie, da legati, eredità e donazioni.
Per facilitare - in tal senso - l’incremento del patrimonio scolastico, la legge
59/97 (articolo 21 comma 6), abroga le disposizioni che prevedono
autorizzazioni preventive per l’accettazione di donazioni, eredità e legati da
parte delle istituzioni scolastiche. Sui cespiti ereditari e su quelli ricevuti
per donazione non sono poi dovute le imposte in vigore per le successioni e
le donazioni.96
2. L’autonomia finanziaria
L’autonomia finanziaria consiste nella imputazione alle istituzioni di un
complesso di mezzi finanziari da impiegare per l’espletamento delle
proprie attività97, rapportabili sempre alle finalità istituzioni, non potendo
l’istituzione scolastica perseguire fini di lucro.
La provvista dei mezzi finanziari è a carico essenzialmente del bilancio del
Ministero della Pubblica Istruzione (articolo 27 testo unico 297/94), cui si
possono aggiungere contribuzioni di enti e privati, e, i proventi delle tasse,
contributi e rette.98
Parlando di autonomia finanziaria, occorre chiarire che la stessa non
comporta un potere di diretta provvista dei fondi.
Tale aspetto dell’autonomia finanziaria si presenta con carattere di
generalità nell’ambito della finanza pubblica, atteso che il potere di
imposizione fiscale, tranne eccezioni, è riservato allo Stato.99
96 Per un approfondimento in tema di contabilità pubblica, v. A. Bennati, Manuale di contabilitàdi Stato, Napoli, 1990.V. anche S. BUSCEMA, Trattato di contabilità pubblica, Milano, 1982 e, più di recente C. MANACORDA, Istituzioni di contabilità pubblica, Giappichelli, 1998. 97 C. Gatti e S. ZAMBARDI: autonomia amministrativa cit. pag. 12. 98 v. art. 18, Istruzioni ministeriali emanate con D. I. 28. 5. 1975, che contiene l’elenco delleentrate delle istituzioni scolastiche: “I mezzi finanziari di cui i circoli didattici, gli istitutiscolastici di istruzione secondaria e artistica e i distretti scolastici dispongono sono costituiti: a)dal contributo dello Stato b) dal contributo di enti o di privati c) dalle rendite derivanti dalpatrimonio d) dalle rendite derivanti da lasciti e donazioni e) dalle tasse e contributi scolastici f)dalle rette per i convitti g) dagli utili derivanti dalla gestione di aziende speciali o agrarie h) daqualsiasi altra oblazione o provento. I mezzi finanziari di cui alle lettere c), e), f) e g) competonoagli istituti dotati di personalità giuridica. 99 E’ stato al riguardo notato che “la progressiva dilatazione del sistema di finanziamento stataledelle attività di enti e istituzioni dotate di autonomia ha per conseguenza una graduale
77
Considerato il carattere eventuale dei contributi non statali, si è parlato al
riguardo, di “autonomia finanziata”, piuttosto che di “autonomia
finanziaria”.100
L’articolo 41 delle nuove istruzioni amministrative-contabili, prevede la
possibilità di accordi di sponsorizzazione con soggetti pubblici o privati.101
E’ data preferenza a soggetti che, per finalità statutarie, per le attività
svolte, ovvero per altre circostanze abbiano in concreto dimostrato
particolare attenzione e sensibilità nei confronti dei problemi dell’infanzia e
dell’adolescenza.
La norma fa divieto di concludere accordi di sponsorizzazione con soggetti
le cui finalità ed attività siano in contrasto, anche di fatto, con la funzione
educativa e culturale della scuola.
Occorre vedere di volta in volta, nella pratica, in che modo le scuole
riescano ad interagire con soggetti economici (imprese, banche ecc.),
salvaguardando - ed anzi valorizzando - il proprio progetto culturale.
2. 1. L’attuale gestione finanziaria
Particolarmente complesso è l’argomento relativo alla gestione delle risorse
alterazione della funzione del bilancio dello Stato che, da documento riflettente sul pianofinanziario il programma di Governo, si va sempre più configurando quale mera registrazione dimovimenti di cassa disposti a favore di centri decisionali abilitati all’impiego delle risorsericevute sulla base di valutazioni autonome” GATTI cit. n. 16 pag. 13. Del resto tale fatto, sembra essere una fisiologica conseguenza della progressiva attuazione del decentramentoamministrativo auspicato dalla Costituzione. 100 idem, pag. 14101 E' stato osservato che l'autonomia scolastica si esercita in un ambito che per quanto riguardale risorse finanziarie e umane è in realtà in larghissima misura definito dal centro. “Innanzitutto, le scuole sono finanziariamente dipendenti dallo Stato, oltre che dagli enti locali, in secondoluogo nell'ambito di tali finanziamenti i margini di manovra delle scuole sono estremamenteridotti, dal momento che le risorse che ad esso affluiscono sono per più del 90% costituite daonere per il personale e comunque da spese di carattere inderogabile. L'autonomia sotto questoprofilo è davvero limitata, e si riferisce da un lato a quelle risorse che le scuole possonoprocacciarsi attraverso l'ampliamento della propria offerta formativa o attraverso la conclusionedi accordi per la realizzazione di specifici progetti formativi, e dall'altro all'incremento deitrasferimenti statali non legati a spese inderogabili (in questo senso i trasferimenti finanziarilegati al Fondo per l'arricchimento e l'ampliamento dell'offerta formativa e per gli interventiperequativi di cui alla legge 440/1997 e alla direttiva del Ministero della P. I. 238/1998). Inrealtà in questo modo l'esistenza della autonomia della scuola viene a dipendere dalla capacitàmanageriale dei capi di istituto” GIGANTE M., op. cit., pag. 527.
78
da parte delle scuole e dei controlli da parte della Amministrazione statale.
Il t.u. 297/1994 prevede in modo dettagliato l’iter procedimentale
attraverso il quale il fondo per le spese di funzionamento amministrativo e
didattico, a favore delle istituzioni, entra nella loro disponibilità. Le norme
ivi contenute (artt. 26-29) sono state abrogate con l’entrata in vigore del
regolamento di contabilità (v. articolo 14, comma 6, decreto del Presidente
della Repubblica 275/1999).
In virtù di tale disciplina il Ministero dispone di aperture di credito a favore
dei provveditori agli studi, i quali tenuto conto della popolazione scolastica,
delle esigenze dei diversi tipi di scuola, erogano, distribuendole tra le varie
istituzioni, le somme necessarie mediante ordinativi emessi sui fondi loro
accreditati (articolo 27 t.u. 297/1994).
Nel sistema delineato dal decreto del Presidente della Repubblica 416/74
(recepito nel testo unico 297/94, articolo 27 cit.), la competenza del
Ministero in materia di contributi alle istituzioni scolastiche si esaurisce nel
puro e semplice trasferimento di fondi ai provveditori agli studi, senza
alcuna possibilità di ingerenza circa il loro impiego.
Il riparto dei detti fondi tra le varie istituzioni scolastiche della provincia è
infatti espressamente affidato alla valutazione dell’organo decentrato, con
la duplice limitazione dell’osservanza dei criteri stabiliti analiticamente
dalla legge102 e dell’obbligo di consultazione del consiglio scolastico
provinciale.
Tali fondi, sono gestiti dalle istituzioni scolastiche sulla base di un bilancio
preventivo, autonomo rispetto a quello dello Stato, e sottoposto alla
approvazione da parte del Provveditore (articolo 28 testo unico 297/94).103
Il provveditore agli studi procede poi all’approvazione dei conti consuntivi
su parere di una Commissione formata da due funzionari della carriera
102 Corte dei Conti, Sez. Contr. Stato, det. 1650 del 23 aprile 1986, v. anche Corte dei Conti Sez. Contr. Stato n. 32 del 16 marzo 1993. 103 il Provveditore agli studi procede alla approvazione dei bilanci preventivi sentita la giuntaesecutiva del consiglio scolastico provinciale (art. 28 comma 2 t. u. 297/94)
79
dirigenziale e direttiva, di cui uno appartenente alla amministrazione
scolastica e l’altro della ragioneria provinciale dello Stato, nonché da un
rappresentante dei genitori e degli studenti del Consiglio Scolastico
Provinciale, preferibilmente esperto in materia amministrativo-contabile.
I contributi sono destinati alle spese per il funzionamento amministrativo e
didattico delle scuole, nonché del pagamento delle supplenze temporanee
(articolo 27 comma 12 testo unico 297/94).
Il personale di ruolo è, infatti, pagato direttamente dal Ministero del Tesoro,
e alle altre spese di manutenzione concorrono anche gli enti locali.104
2.2. Le nuove istruzioni generali sulla gestione amministrativo-
contabile delle istituzioni scolastiche
L’articolo 21 comma 14 della legge 59/97 ha previsto l’emanazione - con
decreto del Ministro della Pubblica Istruzione di concerto con il Ministro
del tesoro - delle istruzioni generali per la nuova gestione amministrativo-
contabile delle istituzioni scolastiche.105
E ciò per l’autonoma allocazione delle risorse, per la formazione dei
bilanci, per la scelta dell’affidamento dei servizi di tesoreria o di cassa,
nonché le modalità di riscontro delle gestioni delle istituzioni scolastiche,
anche in attuazione dei principi sanciti dalle norme sulla autonomia.
Il comma 1 dello stesso articolo 21, prevede la possibilità di deroga alle
norme di contabilità di Stato, riaffermato dall’articolo 14, comma 3, decreto
del Presidente della Repubblica 275/99.
Il regolamento è stato emanato, com’è noto, con decreto ministeriale
104 Le aperture di credito di cui al comma 3 art. 27 t. u. 297/97 (spese di funzionamentoamministrativo e didattico) sono soggette alla resa del conto, nei termini e con le modalitàpreviste dall’art. 60 e 61 legge contabilità di Stato. Il controllo sui rendiconti è esercitato dallaRagionerie regionali dello Stato e dalle delegazioni regionali della Corte dei Conti, competentiper territorio. 105 Queste sostituiscono le “Istituzioni amministrativo-contabili per i circoli didattici, gli istitutiscolastici di istruzione secondaria e artistica statali per i distretti scolastici”, emanate con d. i. 28maggio 1975.
80
44/2001.106
Le istruzioni generali ivi contenute dovevano essere applicate in via
sperimentale e progressivamente estese a tutte le istituzioni scolastiche
dell’anno finanziario immediatamente successivo alla loro emanazione e
quindi dal 2002. Tuttavia, con l’emanazione del decreto del Presidente
della Repubblica 352 del 4 agosto 2001, che ha modificato il comma 4
dell’articolo 12 del decreto del Presidente della Repubblica 275/1999,
l’applicazione delle predette istruzioni generali ha preso il via dal 1°
settembre 2001.107
Esaminando in sintesi la disciplina sulla gestione contabile, si rilevano le
seguenti caratteristiche del sistema di gestione:
1. la dotazione finanziaria dello Stato viene suddivisa “dotazione ordinaria
e dotazione perequativa”. La dotazione perequativa, verrà calcolata in
relazione alle condizioni demografiche, orografiche, economiche e socio
culturali del territorio. Sui criteri di ripartizione delle assegnazioni
perequative è sentito il parere della conferenza unificata Stato-regioni-città
e autonomie locali (articolo 6 decreto del Presidente della Repubblica
233/1988).108
106 Il regolamento è suddiviso in sette titoli:Titolo I: Gestione Finanziaria; Capo I: principi e programma annuale; capo II: Realizzazione delprogramma annuale; capo III: Servizi cassa; Capo IV: Conto consuntivo; Capo V: Gestionieconomiche separate; Titolo II: Gestione patrimoniale, beni e inventari; Titolo III: Scritturecontabili e contabilità informatizzata; Titolo IV: attività negoziale; Capo I - Principi generali;capo II: Singolari figure contrattuali; capo III: Altre attività negoziali; Titolo V: Controllo diregolarità amministrativa contabile; Titolo VI: Attività di consulenza contabile; Titolo VII:Disposizioni finali. 107 Il suddetto decreto del Presidente della Repubblica n. 352/2001 ha inserito un comma 7-bisaggiuntivo all'art. 14 del decreto del Presidente della Repubblica 275/1999, prevedendo che:“L'Avvocatura dello Stato continua ad assumere la rappresentanza e la difesa nei giudizi attivi epassivi davanti le autorità giudiziarie, i collegi arbitrari e le giurisdizioni amministrative especiali di tutte le istituzioni scolastiche cui è stata attribuita l'autonomia e la personalitàgiuridica a norma dell'art. 21 della legge 59/1997”. 108 Con circolare Ministeriale 187 del 21 luglio 2000 sono state fornite alle Istituti scolastiche“istruzioni amministrativo-contabili per le istituzioni che acquistano personalità giuridica adecorrere dal 1° settembre 2000”. Secondo il d. legge 28 agosto 2000, n. 240 conv. in Legge 27ottobre 2000, n. 306 la “dotazione ordinaria è stabilita in misura tale da consentire l'acquisizioneda parte delle istituzioni scolastiche dei beni di consumo e strumentali necessari a garantirel'efficacia del processo di insegnamento-apprendimento nei vari gradi e tipologiedell'istruzione”.
81
2. l’attività finanziaria (il cui esercizio ha inizio il primo gennaio e termina
il 31 dicembre di ogni anno), si svolge sulla base di un programma annuale,
predisposto dal dirigente scolastico e proposto dalla giunta esecutiva con
apposita relazione e con il parere di regolarità contabile del Collegio dei
revisori, entro il 31 ottobre al Consiglio di Istituto o di circolo, per
l’approvazione.
Nella relazione sono individuati gli obbiettivi da conseguire e la
destinazione delle risorse in coerenza con il P.O.F.109
La delibera di approvazione è adottata dal Consiglio di Istituto entro il 15
dicembre dell’anno di riferimento. L’approvazione del programma,
comporta l’autorizzazione al pagamento delle spese ivi previste.
Il programma è affisso all’albo della istituzione scolastica entro quindici
giorni dalla approvazione e inserito, ove possibile, nel sito WEB
dell’istituzione scolastica.
3. Il programma è realizzato dal dirigente scolastico, nell’esercizio dei
compiti e delle responsabilità di gestione di cui all’articolo 25 bis decreto
legislativo 29/93, come integrato dal decreto legislativo 59/98.
4. Le entrate sono riscosse dall’istituto di credito che gestisce il servizio di
cassa.
Il servizio di cassa e quello di custodia e amministrazione di titoli della
istituzione scolastica, è affidato ad un unico servizio di credito.
5. Il conto consuntivo110 è rimesso dal dirigente scolastico all’esame del
collegio dei revisori dei conti e successivamente (entro il 30 aprile),
sottoposto alla approvazione del Consiglio di istituto. Il regolamento
prevede la nomina di un commissario ad acta, ove il Consiglio non deliberi
109 Il programma deve contenere altri elementi contabili: e cioè tutte le entrate, aggregatesecondo la loro provenienza, nonché la predisposizione di schede illustrative finanziarie perogni progetto compreso nel programma. 110 che si compone della situazione della cassa, della situazione patrimoniale e del prospettodelle spese per il personale e per i contratti d’opera, nonché di un prospetto sintetico dei risultatieconomici della gestione. Il bilancio sarà quindi un bilancio di cassa, e non più di competenza, con i residui attivi epassivi.
82
sul conto consultivo entro 60 giorni dalla sua presentazione. Il conto
consultivo è pubblicato all’albo della istituzione.
6. Al controllo di regolarità amministrativa contabile (di cui all’articolo 2
del decreto legislativo 286/99)111 provvede un collegio di revisori dei conti,
nominato dall’ufficio scolastico regionale. Il collegio è costituito da tre
membri (uno nominato dal Ministero della Pubblica Istruzione; uno dalla
Ragioneria e uno dagli enti locali).112
111 Il d.lgs. 286 del 30 luglio 1999 prevede il “riordino e potenziamento dei meccanismi estrumenti di monitoraggio e valutazione dei costi, dei rendimenti e dei risultati delle attivitàsvolte dalle amministrazioni pubbliche, a norma dell'articolo 11 della legge 15 marzo 1999, n. 59”. Secondo tale disciplina le pubbliche amministrazioni, nell'ambito della rispettivaautonomia, si dotano di strumenti adeguati a:a) garantire la legittimità, regolarità e correttezza dell'azione amministrativa (controllo diregolarità amministrativa contabile);b) verificare l'efficacia, efficienza ed economicità dell'azione amministrativa al fine diottimizzare, anche mediante tempestivi interventi di correzione, il rapporto tra costi e risultati(controllo di gestione);c) valutare le prestazioni del personale con qualifica dirigenziale (valutazione della dirigenza);d) valutare l'adeguatezza delle scelte compiute in sede di attuazione dei piani, programmi edaltri strumenti di determinazione dell'indirizzo politico, in termini di congruenza tra risultaticonseguiti e obiettivi predefiniti (valutazione e controllo strategico) (Art. 1). Come esplicitato dall'art. 1 comma 4: “Il presente decreto non si applica alla valutazionedell'attività didattica e di ricerca dei professori e ricercatori delle università, alla attivitàdidattica del personale della scuola, all'attività di ricerca dei ricercatori e tecnologi degli enti diricerca”. Ai controlli di regolarità amministrativa e contabile provvedono gli organi appositamenteprevisti dalle disposizioni vigenti nei diversi comparti della pubblica amministrazione e, inparticolare, gli organi di revisione, ovvero gli uffici di ragioneria, nonché i servizi ispettivi. Leverifiche di regolarità amministrativa e contabile devono rispettare, in quanto applicabili allapubblica amministrazione, i principi generali della revisione aziendale asseverati dagli ordini ecollegi professionali operanti nel settore. 112 le novità introdotte dal regolamento, sono in parte anticipate dalla circolare 272 del 12novembre 1999, riguardante il “bilancio di previsione per l’anno finanziario 2000-istituzioniscolastiche di ogni ordine e grado, artistiche, educative e distretti scolastici. La circolare contiene anche istruzioni per gli istituti comprensivi/verticalizzati e orizzontali(unificazione di scuole dello stesso grado). Il bilancio è redatto in base a nuovi modelli, allegatialla circolare. Viene istituito il capitolo di “finanziamento compensi ed indennità per il miglioramentodell’offerta formativa (in sostituzione di altri precedenti capitoli), vengono soppresse learticolazioni presenti nei capitoli di entrata. Si fa però rilevare che la creazione nel bilancio delleistituzioni scolastiche di capitoli unici in entrata e in uscita nei quali far confluire o far gravareindistintamente le provviste finanziarie o le spese per le diverse esigenze, se da una parteconsente maggiori spazi di flessibilità nell’utilizzo delle risorse stesse, dall’altro rende perònecessario attivare, da parte delle singole scuole, specifici atti di amministrazione e schedecontabili che consentano la dimostrazione dei diversi interventi finanziari operati in ossequi alprincipio di trasparenza e in considerazione di sicure e puntuali iniziative di monitoraggio daparte del Ministero.
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3. L’attività negoziale
Per autonomia di gestione si intende la facoltà dell’istituzione scolastica di
amministrare i beni di cui dispone e di svolgere attività negoziale
necessaria per il perseguimento delle proprie finalità.113
Com’è noto, l’attività negoziale si esplica mediante la stipulazione di
accordi bilateriali a contenuto patrimoniale (articolo 1321 codice civile) o -
nei casi previsti dalla legge - mediante negozi unilaterali (es. la costituzione
di una fondazione).
Il regolamento sulla gestione delle scuole autonome, sancisce che le
istituzioni scolastiche “per il raggiungimento e nell’ambito dei propri fini
istituzionali hanno piena autonomia negoziale”, fatte salve le limitazioni di
legge.
Nell’ambito della dotazione finanziaria assegnata dallo Stato, e degli ampi
capitoli di spesa, nonché ricorrendo a forme di autofinanziamento, le
istituzioni scolastiche possono così ricorrere allo strumento contrattuale,
con maggiore ampiezza che in precedenza.
Il dirigente, quale legale rappresentante dell’Istituto, svolge l’attività
negoziale necessaria all’attuazione del programma annuale.
Secondo il regolamento, il dirigente può delegare lo svolgimento di singole
attività negoziali al direttore, ed anche avvalersi dell’opera di esperti
esterni, qualora non siano reperibili tra il personale dell’Istituto, specifiche
competenze indispensabili al concreto svolgimento di attività negoziali.
3.1. La conclusione del contratto
Per esigenze di trasparenza e buon uso del denaro pubblico, la normativa
sulla contabilità di Stato regola minuziosamente il procedimento relativo
alla scelta del contraente.114
113 GATTI cit. pag. 14114 Il procedimento amministrativo dei contratti a evidenza pubblica è regolato, in via generale, dalla legge di contabilità generale dello Stato (regio decreto n. 2440/1923 artt. da 3 a 21), dalregolamento applicativo (regio decreto n. 827/1924 artt. da 36 a 124). La normativa più recente
84
L’ente pubblico, infatti, ricorrendo allo strumento contrattuale, non ha,
come il privato, la possibilità di scegliere in modo insindacabile il proprio
contraente.
La normativa, distingue, dunque, le fasi relative alla formazione del
contratto:
a) la deliberazione a contrarre;
b) la scelta del contraente;
cui segue la conclusione e la esecuzione del contratto.
Il regolamento sulla nuova contabilità regola, anche in deroga - in quanto
semplificate - alle disposizioni di contabilità di Stato, le varie fasi relative
alla conclusione del contratto.
Per le scuole non è prevista la fase di approvazione del contratto atteso che
la delibera del consiglio di istituto è ritenuta all’uopo sufficiente.
a) deliberazione a contrarre
In alcuni casi la deliberazione a contrarre spetta al Consiglio di istituto, in
altri al Dirigente scolastico, sulla base dei criteri e dei limiti fissati dal
Consiglio.
Al consiglio di istituto spettano le deliberazione relative a contratti
particolarmente significativi per la scuola, sia dal punto di vista economico
che di immagine: quali: la costituzione di fondazione; l’adesione a reti di
scuole o consorzi; la partecipazione a iniziative che comportano
coinvolgimento di agenzie, enti, università soggetti pubblici o privati; tutti i
contratti che hanno per oggetto diritti reali immobiliari (alienazione
trasferimento di diritti reali su beni immobili ecc.) (articolo 33 decreto
ministeriale 44/2001).
Spettano al dirigente scolastico – nei limiti e secondo i criteri fissati dal
Consiglio di Istituto- i contratti di sponsorizzazione; di locazione di
è stata disciplinata dall’art. 125 del D.Lgs. 163/2006 (il “Codice degli Appalti”) ad integrazione, per gli istituti scolastici, di quanto già previsto dall’art. 34 del D.I. 44/2001 recante "Istruzionigenerali sulla gestione amministrativo-contabile delle istituzioni scolastiche".
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immobili; convenzioni relative a prestazioni del personale della scuola e
degli alunni per conto terzi.
b) scelta del contraente
Il regolamento individua delle modalità di scelta del contraente che
garantiscono la trasparenza e l’imparzialità dell’azione amministrativa e
della gestione del pubblico denaro, ma, d’altra parte costituiscono
procedimenti semplificati rispetto alla normativa prevista per la contabilità
di Stato.115
Tuttavia, per una maggiore garanzia e trasparenza le scuole possono
scegliere di ricorrere alla procedure di gara disciplinate dalle norme
generali di contabilità di Stato.
c) tipologia di contratti
Secondo l’articolo 1322 codice civile, i contraenti privati possono stipulare
qualsiasi contratto, anche a causa mista o atipici, che rispondano al loro
interesse.
Per gli enti pubblici, tale autonomia contrattuale subisce delle limitazioni,
dirette a salvaguardare le finalità istituzionali e il buon uso del denaro
pubblico.
Il regolamento chiarisce che la autonomia contrattuale è data per il
raggiungimento e nell’ambito dei propri fini istituzionali.
Viene poi specificato che possono stipulare convenzioni e contratti, con
esclusione dei contratti aleatori e in genere delle operazioni finanziarie
115 Per le attività di contrattazione il cui valore sia superiore a 2000 Euro il dirigente procedealla scelta del contraente, previa comparazione delle offerte di almeno tre ditte direttamenteinterpellate (art. 34 reg.). Secondo la legge di contabilità di Stato, la scelta del contraenteavviene secondo uno dei seguenti metodi: a) pubblico incanto (o asta pubblica), che è una garaaperta a tutti i possibili concorrenti; b) licitazione privata, che è una gara ristretta ad un limitatonumero di concorrenti ritenuto idonei dall'amministrazione; c) trattativa provata, che è unascelta discrezionale della amministrazione, metodo ritenuto peraltro eccezionale da applicaresolo in presenza delle condizioni stabilite dalla legge; d) appalto-concorso, metodo particolareseguito per speciali lavori o forniture allorché si chieda ai concorrenti ritenuti idonei e invitatialla gara “di presentare in base a prestabilite norme di massima, i progetti tecnici e le condizionialle quali siano disposte ad eseguirli” (art. 4, legge contabilità di Stato).
86
speculative, nonché la partecipazione a società di persone o capitali,
associazioni che -come è noto- sono costituite a scopo di lucro. E’ fatta
salva però la partecipazione e la costituzione di consorzi, anche nella forma
di società a responsabilità limitata.
E’ fatto inoltre divieto alle istituzioni scolastiche di acquistare servizi per lo
svolgimento di attività che rientrano nelle ordinarie mansioni o funzioni del
personale in servizio nella scuola, fatto salvo quanto previsto dall’articolo
40.
Tale norma contempla la possibilità di stipulare contratti di insegnamento
(contratti d’opera), con esperti per particolari attività o insegnamenti.
Vi è quindi una rilevante apertura per la scelta - da parte dell’istituzione - di
docenti che arricchiscano l’offerta formativa e il prestigio della scuola con
una elevata professionalità.
Il consiglio di istituto deve, però, disciplinare con regolamento le procedure
di scelta del contraente, onde evitare abusi e favoritismi.
Il capo secondo del regolamento individua diverse figure contrattuali, a cui
le scuole devono fare riferimento ove intendano stipulare contratti come
quelli disciplinati (alienazione beni prodotti dalla istituzione scolastica,
concessione di beni in uso gratuito, contratti di insegnamento, di
sponsorizzazione, di comodato, mutuo, locazione finanziaria,
compravendita di immobili, appalti per lo smaltimento di rifiuti speciali, di
gestione finanziaria, di concessione in uso di siti informatici).116
L’articolo 31 - primo comma - chiarisce che “le istituzioni scolastiche, per
116 Per quanto concerne i contratti di mutuo si è osservato che tale strumento di indebitamento -un tempo espressamente ammesso dalla legge soltanto per determinate categorie di enti pubblici(essenzialmente enti territoriali), è oggi consentito anche ad altra categoria di enti (tra cui lescuole: art. 45 schema di regolamento), sia pure con vincoli particolari. “Sennonché perl'incertezza sulle norme alle quali fare riferimento, vi è il rischio di rendere di fatto impraticabileuno “strumento” di gestione che invece può essere di particolare utilità…Analogo discorso puòessere fatto nel settore delle Assicurazioni, a fronte dell'offerta di “prodotti assicurativi” semprepiù sofisticati sicuramente ben lontani dai tradizionali concetti del pagamento di una somma(premio) per ottenere garanzie su un rischio ben circoscritto e definito. Per non parlare, poi, deldibattutissimo problema circa la possibilità o non di utilizzo - e in caso di risposta affermativa, con quali modalità - da parte delle pubbliche amministrazioni dei brokers, cioè di quegli espertiin materia assicurativa che ricevono mandato dagli assicurati od assicurandi, percependo però ilcompenso dalle imprese di assicurazione” (C. MANACORDA, op. cit., p. 70).
87
il raggiungimento e nell’ambito dei propri fini istituzionali, hanno piena
autonomia negoziale, fatte salve le limitazioni specifiche poste da leggi e
regolamenti, nonché delle presenti disposizioni”.
Secondo l’articolo 37: “Le istituzioni scolastiche applicano le norme del
presente capo nei casi espressamente contemplati, nonché in quelli che, pur
non rientrando nelle singole previsioni, sono assimilabili al caso regolato”.
Il sistema delineato dal regolamento sembra lasciare spazio anche alla
conclusione di contratti diversi da quelli specificamente regolati, ferma
restando la finalità istituzionale del contratto concluso.
Nel caso di stipulazione di contratti diversi, andranno quindi applicate le
norme del codice civile, o quelle del regolamento, ove le figure contrattuali
siano analogicamente riconducibili a quelle ivi contemplate.117
4. I Fondi Strutturali Europei 2007/2013 e i Programmi Operativi Nazionali
"Competenze per lo Sviluppo" (FSE), "Ambienti per l'Apprendimento"
(FESR)
Nella Programmazione dei Fondi Strutturali Europei 2007/2013 relativa ai
Programmi Operativi Nazionali "Competenze per lo Sviluppo" (FSE),
"Ambienti per l'Apprendimento" (FESR) e progetti finanziati dai Programmi
Operativi Regionali (POR) delle Regioni appartenenti all'obiettivo
Convergenza, le Istituzioni Scolastiche possono avvalersi, ai fini
dell'attuazione dei progetti finanziati dai Fondi Strutturali, delle procedure
“semplificate” previste dal codice degli appalti, in coerenza con gli esigui
importi normalmente a base d’asta, e ciò in quanto le stesse consentono una
117 L'art. 56 disciplina i “progetti integrati di istruzione formazione”. Secondo tale norma lascuola singolarmente o nella forma dell'accordo in rete di cui all'art. 7 d.P.R. 275/1999, possono:a) stipulare convenzioni con università, Regioni ed enti pubblici;b) stipulare intese contrattuali con associazioni e privati;c) partecipare ad associazioni temporanee con agenzie pubbliche e private che realizzino“collaborazioni sinergiche” per l'attuazione di particolari progetti di formazione. Le intese di collaborazione con soggetti pubblici sono regolati con convenzioni. Quelle conagenzie formative private devono risultare da atto scritto nel quale sono delineati gli aspettiorganizzativi del progetto da realizzare, le competenze di ciascun soggetto e l'ammontare dellerisorse da impiegare allo scopo.
88
più spedita e lineare gestione dell’affidamento. Le attuali procedure sono
disciplinate dall’art. 125 del D.Lgs. 163/2006 (Decreto legislativo 12 aprile
2006 n. 163 Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e
forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE)118 e
dall’art. 34 del D.I. 44/2001 recante "Istruzioni generali sulla gestione
amministrativo-contabile delle istituzioni scolastiche", secondo una
procedura semplificata:
- ai fini dell’acquisizione di servizi, beni e lavori di valore pari o superiore
a 40.000,00 Euro e fino alle soglie individuate dall’art. 125 del Codice
degli Appalti, le Istituzioni Scolastiche possono ricorrere alla procedura di
cottimo fiduciario di cui al richiamato art. 125 del Codice e, dunque,
consultare mediante invito, almeno cinque operatori economici ritenuti
idonei alla realizzazione del lavoro, servizio o fornitura da acquisire, se
sussistono un tale numero di soggetti idonei, nel rispetto dei principi di
trasparenza, rotazione, parità di trattamento (art. 125, commi 8 e 11, del
Codice degli Appalti);
- per l’affidamento di servizi, beni e lavori di valore inferiore a 40.000,00
118 Pubblicato nella G.U. n. 100 del 02/05/2006, s.o. n. 107 - entrato in vigore il 01/07/2006. Ultime modifiche al Codice in vigore dal 2014: Regolamento (CE) 13/12/2013 n. 1336, invigore dal 01/01/2014, ha disposto: NUOVE SOGLIE COMUNITARIE: modificaimplicitamente gli articoli 28, 29, 32, 99, 125, 196, 215, 235 e 253 comma 27; Decreto-Legge23/12/2013 n. 145 (cd "Destinazione Italia''), in vigore dal 24/12/2013 e Legge di conversione21/02/2014 n. 9 in vigore dal 22/02/2014, ha disposto: FORMA DEL CONTRATTO: (con l'art. 6, comma 6 e 7) la modifica dell'art. 11 comma 13; PAGAMENTO DIRETTOSUBAPPALTATORE: (con l'art. 13, comma 10, lettera a), b)) la modifica dell'art. 118, comma3, 3bis e 3ter; SVINCOLO GARANZIE OPERE IN ESERCIZIO: (con l'art. 13, comma 11) lamodifica dell'art. 237-bis; Legge 27/12/2013 n. 147 (cd "Legge di Stabilità 2014''), in vigore dal31/12/2013, ha disposto:ACQUISTI IN ECONOMIA PICCOLI COMUNI: (con l'art. 1, comma343) la modifica dell'art. 33, comma 3-bis; PAGAMENTI AFFIDATARI DEI CONTRAENTIGENERALI: (con l'art. 1, comma 72) la modifica dell'art. 176, comma 9; Decreto-Legge30/12/2013 n. 150 (cd "Milleproroghe 2014"), in vigore dal 01/01/2014, e Legge di conversione27/02/2014 n. 15, in vigore dal 01/03/2014, ha disposto: PROROGA REQUISITICONTRAENTI GENERALI (con l'art. 4, comma 5) la modifica dell'art. 189, comma 5. PROROGA SISTEMA AVCPASS (con l'art. 9, comma 15-ter) la modifica dell'art. 6bis, comma1. PROROGA CENTRALE DI COMMITTENZA PER PICCOLI COMUNI (con l'art. 3, comma 1-bis, la modifica dell'art. 33, comma 1. Decreto-Legge 24/04/2014 n. 66 (cd "DecretoIrpef 2014"), in vigore dal 24/04/2014, in attesa di conversione in Legge, ha disposto:ACQUISTI DEI COMUNI NON CAPOLUOGHI DI PROVINCIA: (con l'art. 9, comma 4) lamodifica dell'art. 33, comma 3-bis; PUBBLICITÀ SOLO TELEMATICA DEI BANDI SOPRAE SOTTO SOGLIA: (con l'art. 26 comma 1 lett. a, lett. b) la modifica dell'art. 66, commi 7 e7bis, e dell'art. 122, commi 5 e 5bis.
89
Euro e superiore a 2000,00 Euro od alla più elevata soglia individuata dal
Consiglio di Istituto, le Istituzioni Scolastiche possono procedere ad
affidamento avvalendosi della procedura comparativa di cui all’art. 34 del
D.I. 44/2001 e cioè previa acquisizione di tre preventivi; anche in tale
ipotesi l’affidamento deve avvenire nel rispetto dei principi di trasparenza,
rotazione, parità di trattamento;
- quando il valore del servizio, dei beni e dei lavori da acquisire è inferiore
a 2.000,00 Euro o alla soglia individuata dal Consiglio di Istituto, le
Istituzioni Scolastiche possono procedere mediante affidamento in via
diretta da parte del responsabile del procedimento ai sensi dell’art. 125,
comma 11, del Codice degli Appalti; anche in tal caso l’affidamento deve
avvenire nel rispetto dei principi di trasparenza, rotazione, parità di
trattamento.
Al fine di ricorrere a tutte le procedure sopra indicate, le Istituzioni
Scolastiche devono provvedere alla preventiva definizione delle tipologie
di beni e servizi acquisibili in economia nell’ambito di un apposito atto
regolamentare adottato dal Dirigente Scolastico.
Ciò premesso, resta inteso che è comunque in facoltà delle Istituzioni
Scolastiche avvalersi delle procedure aperte per l’acquisizione di
beni/servizi e lavori, ferma restando la necessità in tale ipotesi di
ottemperare rigorosamente agli obblighi prescritti dal Codice degli Appalti
in relazione alla pubblicazione del bando di gara ed agli avvisi.
La pubblicità del bando di gara è elemento essenziale ed imprescindibile
della procedura aperta, atteso che, è proprio mediante la pubblicazione
del bando che la stazione appaltante manifesta all’esterno la propria
volontà di affidare un contratto pubblico di lavori, servizi e forniture,
consentendo a qualunque operatore interessato, ed in possesso dei requisiti
di qualificazione individuati nel bando come necessari alla partecipazione
alla procedura selettiva, di presentare la propria offerta e partecipare alla
gara. La mancata pubblicazione pertanto costituisce violazione del
90
principio di partecipazione; tale violazione dell’interesse pubblico alla
potenziale partecipazione può essere dedotta a fondamento di illegittimità
della gara da parte dei soggetti interessati. Il mancato rispetto di tali
disposizioni è pertanto idoneo a determinare l’inammissibilità della spesa.
Per gli appalti sotto soglia comunitaria vige il principio secondo il quale le
stazioni appaltanti non sono tenute al rispetto degli obblighi di pubblicità in
ambito sopranazionale (art. 122, comma 1 per i lavori e art. 124, comma 1
per servizi e forniture) e l’avviso di preinformazione è facoltativo (art. 122,
comma 2 per i lavori e art. 124, comma 2, per servizi e forniture). Il Codice
dei contratti pubblici, infatti, prevede discipline differenti relativamente ai
contratti che si collocano, in base al valore, al di sopra o al di sotto della c.d
soglia di rilevanza comunitaria, diversamente indicata per lavori, servizi
o forniture.
Di seguito si riporta una tabella di sintesi delle soglie.
Soglie di rilevanza comunitaria 119
Oggetto AppaltoSoglie dal
01/01/2012 ( 1 )
Lavori 5.000.000Servizi e forniture (settori ordinari) 200.000*Servizi e forniture (settori ordinari) 130.000**
119 (1) Nuove soglie per gli appalti di rilievo comunitario dal 1° gennaio 2012; Reg. UE n. 1251/2011 del 30 novembre 2011 che modifica le direttive 2004/17/CE, 2004/18/CE e2009/81/CE (GUUE. n. 314/64 del 1° dicembre 2009). * Per gli appalti pubblici di forniture e di servizi aggiudicati da stazioni appaltanti diverseda quelle indicate nell'allegato IV del Codice (amministrazioni diverse da quelle centrali) di cuial caso ex art. 28 co. 1 lettera b. 1), nonché per gli appalti pubblici di servizi, aggiudicati da unaqualsivoglia stazione appaltante, aventi per oggetto servizi della categoria 8 dell'allegato II Adel Codice (servizi di ricerca e sviluppo), servizi della categoria 5 dell'allegato II A del Codice(servizi di telecomunicazione), servizi elencati nell'allegato II B del Codice (ad es. servizialberghieri, legali,etc) di cui al caso ex art. 28 co. 1 lettera b. 2; ** Per gli appalti pubblici di forniture e di servizi diversi da quelli di cui alla lettera b. 2)dell’art. 28 del Codice, aggiudicati dalle amministrazioni aggiudicatrici che sono autoritàgovernative centrali indicate nell'allegato IV del Codice (Presidenza dei Ministri, Ministeri eConsip).
91
CAPITOLO IV
LEGISLAZIONE STATALE E REGIONALE IN MATERIA DI
ISTRUZIONE SECONDO LA LEGGE 3/2001
1. legislazione esclusiva e concorrente, concetti.
Secondo le previgenti norme costituzionali, la potestà legislativa generale
spettava allo Stato.
Gli articoli 116 e 117 Costituzione attribuivano alle Regioni il potere
legislativo su specifiche e tassative materie.
Con riferimento al vecchio testo della Costituzione sono stati elaborati i
seguenti concetti - tutt’oggi validi - in base ai quali viene distinta la potestà
legislativa nei rapporti Stato-Regioni.
legislazione esclusiva (o piena):
Le Regioni a Statuto speciale sono titolari del c.d. potere di “legislazione
piena od esclusiva” limitatamente alle materie indicate nei rispettivi Statuti
che riguardano soprattutto il benessere e il progresso sociale e sulle quali la
Regione ha una riserva piena di competenza, che esclude l’intervento di
leggi statali anche a carattere generale. (c.d. ripartizione orizzontale di
competenza).
- limiti alla legislazione esclusiva
La legislazione esclusiva soggiace alla sola legislazione costituzionale e ai
principi generali dell’ordinamento giuridico e non alle singole leggi dello
Stato (per un principio generale ricavabile dagli articoli 10, 11, 80 e 87
Costituzione limite alla legislazione regionale esclusiva sono anche i
principi dell’ordinamento internazionale e le direttive della Comunità
europea).
I principi generali che limitano la legislazione esclusiva sono stati
interpretati dalla Corte Costituzionale come i principi e gli interessi cui si
92
informa l’intero complesso delle leggi relative alle materie regionali,
nonché le norme fondamentali delle riforme economico-sociali, cioè quelle
che rendono unitario l’indirizzo politico in quelle materie, d’applicazione
generale e universale. (cfr. per tutte sent. 80/1996).
La Corte Costituzionale ha altresì precisato che in materia di legislazione
esclusiva la singola legge statale non può imporre l’obbligo di
adeguamento ai principi della legge medesima, perché in tal modo si viene
ad incidere sulla materia devoluta alla Regione (v. per tutte Corte
Costituzionale 241/1997 in materia di procedure per il rilascio di
concessioni edilizie).
la legislazione concorrente
Le regioni a Statuto ordinario avevano - secondo il vecchio testo
dell’articolo 117 della Costituzione - una competenza legislativa nelle
materie esplicitamente indicate dall’articolo 117 predetto.
Per le materie di competenza delle Regioni a statuto ordinario, si parla di
legislazione concorrente (o ripartita), nel senso che la materia appare
ripartita verticalmente tra Stato e Regione e le due fonti, statale e regionale,
concorrono a formare la definitiva e completa disciplina.
- limiti alla legislazione concorrente
Secondo il vecchio testo dell’articolo 117 nelle elencate materie, emana
norme legislative “nei limiti dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi
dello Stato, sempreché le norme stesse non siano in contrasto con
l’interesse nazionale e con quello delle altre Regioni”.
Spetta quindi allo Stato dettare i principi fondamentali per ciascuna
materia: si tratta delle c.d. “leggi cornice” che recano una sistematica
disciplina di principio relativa ad interi settori di competenza regionale.
Poiché, però, non sempre lo Stato ha emanato le leggi cornice e poiché non
era possibile bloccare il potere legislativo regionale in attesa di tali leggi, si
è convenuto (articolo 17, legge 16 maggio 1970, n. 281) che i principi
93
fondamentali fossero desumibili implicitamente dalle leggi statali vigenti.
Lo Stato, però, non può formulare tali principi in modo così minuzioso da
rendere inutile la legge regionale; spetta quindi esclusivamente alla
Regione rendere operativi quei principi, e quindi formulare la legge
operativa nel rispetto dei medesimi.
In materia scolastica, l’articolo 117 della Costituzione prevedeva la
competenza concorrente delle Regioni solo per la “istruzione artigiana e
professionale e assistenza scolastica”. Lo Stato ha emanato la legge quadro
in materia di formazione professionale (legge 845/1978).
la legislazione delegata
Vi è un terzo tipo di competenza legislativa regionale, quella c.d.
“delegata”. Rientrano in questo tipo le leggi che la regione emana su
delega dello Stato, allorché il Parlamento attribuisce alle Regioni il potere
di attuare con proprie norme una specifica legge (articolo 117 Costituzione;
esempio di tale legge: la n. 59/1997).
2. la legge costituzionale 2001 n. 3: le modifiche al titolo V della
Costituzione
La legge costituzionale 2001 n. 3 modifica sostanzialmente e
profondamente i rapporti Stato-Regione.
La potestà legislativa generale, mentre prima spettava allo Stato, ora spetta
alle Regioni.
Al riguardo la legge distingue:
la competenza esclusiva dello Stato
Si prevedono esplicitamente e tassativamente i casi in cui lo Stato ha la
legislazione esclusiva. Tra tali materie rientrano le “norme generali
sull’istruzione”.
la competenza concorrente dello Stato
Si ridefiniscono le ipotesi di legislazione concorrente, prevedendo materie
94
molto più ampie di quelle contemplate dal riformato articolo 117 della
Costituzione.
La norma chiarisce che nelle materie di legislazione concorrente, spetta alle
Regioni la potestà legislativa salvo che per la determinazione dei principi
fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato. Tale concetto non
sembra differire da quello elaborato dalla dottrina e dalla giurisprudenza
circa il contenuto della legislazione concorrente: e cioè che i principi
fondamentali presuppongono una legge cornice e che le regioni, nel rispetto
dei principi dettati, provvedono a legiferare.
Tra le materie oggetto di legislazione concorrente è prevista la “istruzione,
salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della
istruzione e della formazione professionale;
• la potestà sussidiaria dello Stato
La legge n. 3, ormai in vigore, ha posto l’annoso problema della sorte delle
leggi con essa incompatibili. Secondo le prime opinioni non di verifica
un’abrogazione automatica di tutte le leggi incompatibili emanate dallo
Stato e attualmente di competenza della Regione, e ciò per evitare vuoti
normativi. Si ricorre al concetto di sussidiarietà più volte enunciato dalla
legge. Secondo tale impostazione, fino a quando la legge regionale non
regoli la materia ad essa spettante, resterà in vigore la normativa statale.
3. Le competenze legislative in materia di istruzione
La legge 3/2001 pone rilevanti problemi interpretativi, per quanto concerne
i limiti delle Regioni nel legiferare e i rapporti con la legislazione statale.
Per quanto concerne la materia dell’istruzione il problema più rilevante che
pone la legge 3 è il rapporto tra la materia soggetta alla giurisdizione
esclusiva dello Stato “norme generali sull’istruzione” e quella soggetta
alla legislazione concorrente.
Rientra tra la legislazione concorrente, infatti, anche la materia
dell’”istruzione, salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche e con
95
esclusione della istruzione e della formazione professionale”.
Occorre chiedersi al riguardo se l’espressione “norme generali
sull’istruzione” sia pleonastica rispetto al termine “istruzione” previsto
dalla legislazione concorrente, atteso che anche nel caso della legislazione
concorrente lo Stato deve limitarsi a fissare i principi generali in materia,
sebbene utilizzando le c.d. “leggi-quadro”.
Si ritiene al riguardo che la potestà esclusiva statale sulle norme generali
sull’istruzione, per essere ben interpretata, debba essere letta in raccordo
con l’espressione contenuta sub m) della legge e cioè che spetta
esclusivamente allo Stato la “determinazione dei livelli essenziali delle
prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti
su tutto il territorio nazionale”.
Poiché, infatti, il diritto all’istruzione è riconosciuto come diritto sociale di
tutti i cittadini (articolo 34 Costituzione: “la scuola è aperta a tutti”), spetta
quindi allo Stato la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni
rese dal servizio dell’istruzione.
Ciò comporta il diritto-dovere dello Stato di prevedere parametri di
valutazione validi su tutto il territorio nazionale; di garantire la libertà di
insegnamento; di tutelare le fasce di soggetti più deboli (alunni portatori di
handicap), nonché di garantire il diritto delle famiglie alla libertà di scelta
tra scuola pubblica e privata e i diritti-doveri degli alunni, nonché di
definizione degli ordinamenti scolastici essenziali.
Di conseguenza anche nelle materia di competenza esclusiva delle Regioni,
le stesse incontreranno come limite - laddove si tratta di realizzazione di
diritti sociali e civili - il potere statale di legificazione, che potrà anche
esprimersi in forma regolamentare (secondo la legge 3, infatti, il potere
regolamentare è attribuito allo Stato solo in materia di competenza
esclusiva).
********
96
Si possono esaminare più in dettaglio i vari ambiti relativi all’istruzione al
fine di verificare la suddivisione di competenze:
a) inizio dell’obbligo scolastico e sua durata;
b) ordinamento scolastico;
c) valutazione del sistema educativo di istruzione e formazione
professionale;
d) nozione di credito scolastico e formativo;
e) individuazione del contenuto essenziale dei piani di studio;
f) esami di Stato;
g) requisiti richiesti per l’abilitazione all’insegnamento;
h) standard formativi richiesti per la spendibilità nazionale dei titoli
professionali e per i passaggi dai percorsi formativi ai percorsi
dell’istruzione.
a) Inizio dell’obbligo scolastico e sua durata
Tale materia rientra nella competenza legislativa esclusiva statale sia sotto
il profilo della sua appartenenza alle norme generali sull’istruzione, sia
sotto il profilo della sua riconduzione nell’ambito dei livelli essenziali di
prestazione. La durata dell’obbligo scolastico deve essere infatti ritenuta un
principio generale e cardine dell’istruzione da leggersi in correlazione
all’articolo 3, all’articolo 5 ed all’articolo 33 della Costituzione. Tali
norme, infatti, garantiscono una parità a tutti i cittadini nell’inserimento nel
mondo del lavoro e quindi una condizione di uguaglianza che deve essere
tutelata da norme dello Stato in termini omogenei su tutto il territorio
nazionale. L’assolvimento dell’obbligo scolastico dovrà essere assicurato
in termini adeguati alle diverse situazioni ed età degli studenti, e a tal fine
non si potrà provvedere che con regolamento.
b) Ordinamento scolastico
97
Per ordinamento scolastico ci si intende riferire agli ordini ed ai gradi di
scuole, alle tipologie ed ai relativi indirizzi di studio, che devono essere
omogenei su tutto il territorio nazionale al fine di assicurare la mobilità
degli studenti da una Regione all’altra. La definizione degli ordinamenti
non può che spettare, quindi, allo Stato, come potestà legislativa esclusiva.
c) Valutazione del sistema educativo di istruzione e formazione
professionale
Fermo restando che la valutazione degli alunni compete ai docenti della
classe frequentata, la valutazione del sistema educativo nel suo complesso,
che richiede anche sistematiche verifiche dei livelli di apprendimento,
dovrà essere assicurata sulla base di criteri nazionali.
d) Nozione di credito scolastico e di credito formativo
Le prospettive di trasferimento alle Regioni dell’istruzione professionale e
l’esigenza di conservare l’omogeneità dei titoli professionali regionali, che
devono restare spendibili su tutto il territorio nazionale, nonché di
consentire il passaggio dal sistema di formazione professionale al sistema
di istruzione, impone di adottare in tutto il sistema educativo un’unità di
misura uniforme, la cui definizione non può che essere riservata allo Stato
in quanto essa deve valere su tutto il territorio nazionale.
e) Piani di studio
Lo Stato deve stabilire la quota nazionale dei piani di studio, le relative
discipline e attività di insegnamento, il relativo monte ore, gli obiettivi
nazionali di apprendimento degli alunni, l’orario annuale complessivo
comprensivo della quota nazionale obbligatoria e della quota riservata alle
scuole; i criteri generali di flessibilità dei piani di studio; gli standard
relativi alla qualità del servizio; gli indirizzi e i criteri generali circa la
valutazione degli alunni; il riconoscimento dei debiti e dei crediti formativi.
98
f) Esame di Stato
Ai sensi dell’articolo 33 della Costituzione, l’esame di Stato è titolo
necessario per accedere ai vari ordini e gradi di scuola, nonché titolo legale
di studio su tutto il territorio nazionale. La disciplina relativa compete
quindi allo Stato.
g) Standard formativi
Per quanto riguarda, poi, il settore dell’istruzione e formazione
professionale, fermo restando che esso è rimesso alla potestà legislativa e
regolamentare delle Regioni, rientra nella potestà legislativa esclusiva dello
Stato la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni, in quanto la
fruizione del tipo di formazione di cui trattasi rientra anch’essa nel novero
dei diritti civili e sociali, per i quali devono essere assicurati livelli
essenziali su tutto territorio nazionale, a norma dell’articolo 117, secondo
comma, lett. m). Rientra pertanto nella competenza statale la definizione di
standard minimi, richiesti per la spendibilità nazionale dei titoli
professionali conseguiti all’esito dei percorsi formativi, nonché per i
passaggi dai percorsi formativi ai percorsi dell’istruzione. Poiché inoltre
l’istruzione professionale è una branca dell’istruzione, compete allo Stato
di dettare norme generali anche relativamente alla istruzione professionale
(ordine degli studi, contenuti dei piani di studio, valutazione etc...).
**********
Individuati gli ambiti di cui lo Stato ha il potere/dovere di emanare
norme legislative di carattere generale, occorre ora determinare quando tale
legislazione in materia scolastica richieda un ulteriore livello di
normazione, come quello regolamentare, in assenza del quale si
determinerebbe un’assenza di disciplina su aspetti che caratterizzano gli
elementi essenziali del sistema formativo. La fonte regolamentare si rende
99
infatti necessaria in ragione della natura squisitamente tecnica della materia
dell’istruzione, che non può essere disciplinata in tutto a livello legislativo.
Tale ulteriore livello è da individuare con riferimento ai seguenti aspetti:
determinazione delle modalità di valutazione dei crediti scolastici;
individuazione del contenuto dei curricoli scolastici per la quota
nazionale (obiettivi specifici di apprendimento, discipline e attività
costituenti la quota nazionale del curricolo, orari, limiti di flessibilità
interni nell’organizzazione delle discipline), perché si tratta di materie
non riconducibili ad una fonte tendenzialmente rigida come quella
legislativa, anche per i suoi profili prevalentemente tecnici; i piani di
studio devono contenere un nucleo essenziale, omogeneo su base
nazionale che rispecchi la cultura, le tradizioni e l’identità nazionale, e
una quota da definirsi da parte delle regioni e degli istituti scolastici, più
strettamente collegata alle realtà locali;
Struttura degli esami di Stato: egualmente dicasi per la struttura degli
esami di Stato, che richiede una normazione puntuale e specifica,
relativa allo svolgimento degli esami, alla modalità di scelta delle
materie, alla composizione delle commissioni, alla valutazione dei
crediti formativi e scolastici. Lo Stato, oltre a definirne i contenuti
essenziali, deve altresì con regolamento disciplinarne lo svolgimento, e
ciò, appunto, perché ai sensi dell’articolo 33 Costituzione (non
modificato), rimane un esame di “Stato”, che serve per accedere ai vari
ordini e gradi di scuola o per la conclusione di essi e per il
riconoscimento del titolo legale di studio su tutto il territorio nazionale.
********
Rientrano nella legislazione concorrente tra Stato e Regione le materie
relative alla istruzione, quali ad esempio: organizzazione scolastica;
ordinamenti scolastici, obbligo scolastico, distribuzione delle scuole sul
territorio (razionalizzazione della rete scolastica) ecc.
Ciò significa che lo Stato deve limitarsi a fissare i principi fondamentali o
100
legge-cornice, senza entrare nei dettagli, i quali spettano alla normativa
regionale.
Sarebbe pertanto necessaria una ricognizione per verificare quanto - nella
legislazione esistente - dovrebbe essere devoluto alla competenza
regionale.
E’ pur vero che, fino a che non interviene una legge regionale in
applicazione del principio di sussidiarietà sopra richiamato, devono
ritenersi operanti le norme statali.
Per quanto concerne ad es. l’istituzione di nuove scuole, l’articolo 33 della
Costituzione (che non ha subito modifiche), prevede che la Repubblica
istituisce scuole “statali” per tutti gli ordini e gradi. Tale formulazione non
impedisce l’istituzione di scuole da parte delle autonomie, tenendo presente
che in base alla nuova formulazione dell’articolo 114 Costituzione la
Repubblica è costituita: dai Comuni, dalle Province, dalle Città
metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato”. Tuttavia tali scuole dovrebbero,
secondo il dettato della Costituzione, rimanere statali (e non regionali).
La normativa concorrente non opera nei seguenti casi:
a) “...salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche”
La legge n. 3 costituzionalizza per la prima volta il principio della
autonomia delle istituzioni scolastiche senza però definirne il contenuto.
Dal contesto della norma pare però chiaro che tutto ciò che concerne
l’autonomia delle scuole esula dalla competenza regionale.
I principi generali in materia di autonomia devono essere dati dalla legge
statale, rientrando tale materia nelle “norme generali sull’istruzione”
oggetto di competenza esclusiva dello Stato. Già è presente una normativa
che stabilisce l’ambito e i limiti della autonomia didattica, organizzativa e
gestionale delle istituzioni scolastiche (d.p.r. 275/1999; decreto ministeriale
44/2001).
Tale normativa prevede che le scuole determinino anche parte dei curricoli
101
obbligatori.
La definizione degli ordinamenti scolastici essenziali spetta comunque allo
Stato, dovendosi far rientrare nelle “norme generali sull’istruzione” di
competenza esclusiva dello Stato.
Non sarebbe, quindi, costituzionale, una legge che svuotasse di significato
il principio dell’autonomia. Al contrario, sarebbe in linea con la
costituzione una normativa che ne ampliasse i limiti, prevedendo
eventualmente un maggiore potere di autorganizzazione, anche, se del caso,
in relazione alla scelta del personale docente (e non solo alla sua gestione
amministrativa) quantomeno per lo svolgimento della parte del curricolo di
competenza delle scuole.
b) “ ...con esclusione della istruzione e della formazione professionale”
secondo il vecchio testo dell’articolo 117 l’istruzione professionale (intesa
poi come formazione professionale), rientrava nella legislazione
concorrente Stato-regione.
Nel testo vigente, la materia è demandata alla legislazione esclusiva della
Regione. Egualmente l’articolo 116 del nuovo testo prevede che possono
essere attribuite in materia di istruzione a Regione diverse da quelle a
Statuto speciale “forme e condizioni particolari di autonomia” con legge
dello Stato, su iniziativa della Regione interessata.
In entrambi i casi si deve ritenere però che valgano i limiti alla legislazione
esclusiva rappresentati dalle norme costituzionali (tra cui il principio di
unità della Repubblica), trattandosi di normativa ad esse subordinata,
nonché i principi generali dell’ordinamento scolastico, secondo
l’elaborazione della Corte Costituzionale in materia di giurisdizione
esclusiva, infine i limiti posti dal rispetto del servizio minimo di qualità
delle prestazioni concernenti il diritto all’istruzione, come sopra ricordato.
Si pongono però delicati problemi interpretativi in particolare per quanto
concerne la materia della “istruzione” professionale: il nuovo testo della
102
Costituzione riporta ambedue i termini: “istruzione e formazione
professionale”, ad evitare che in futuro possa riproporsi il problema se
l’istruzione professionale sia o meno di competenza regionale. Per questo
settore si pongono però delicati problemi interpretativi per quanto concerne
l’istruzione “tout court” e l’istruzione professionale. Si ravvisa l’esigenza
di predisporre norme che individuino con chiarezza tali confini. Le
soluzioni possono essere diverse: dal prevedere il passaggio degli istituti
professionali alle Regioni, allo stabilire che le Regioni possano istituire
vere e proprie scuole di istruzione professionale.
4. La riforma del Titolo V della Costituzione in materia di funzioni
amministrative.
La legge costituzionale n. 3/2001, nel ridelineare il quadro delle
competenze di Stato, Regioni, ed enti locali, è incisivamente intervenuta in
materia di funzioni amministrative, e di loro distribuzione.
Il nuovo articolo 118 Costituzione prevede infatti che «le funzioni
amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che, per assicurarne
l’esercizio unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane,
Regioni e Stato (...)».
La disposizione costituzionale chiarisce come l’eventuale conferimento
delle funzioni amministrative - normalmente spettanti ai Comuni - a
Province, Città metropolitane, Regioni o Stato, debba avvenire sulla base
dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza.
Punti focali della riforma dell’assetto delle funzioni amministrative
risultano dunque:
- I Comuni divengono «cuore amministrativo» della Repubblica120, in
quanto di norma titolari delle funzioni amministrative.
- Risulta così superato il c.d. principio del “parallelismo”, previsto nel
vecchio testo dell’articolo 118 Costituzione, in base al quale alla potestà
120 L’espressione è di G. D’AURIA, in Foro it., 2001.
103
legislativa in taluna materia, si accompagnava la titolarità delle funzioni
amministrative nella materia medesima (nella specie: alle Regioni
spettavano le funzioni amministrative nelle materie di propria potestà
legislativa, elencate nell’articolo 117 vecchio testo).
- rispetto al precedente assetto istituzionale, che già prevedeva il normale
esercizio di funzioni da parte delle Regioni, attraverso delega delle stesse a
Province, Comuni od altri enti locali, l’attuale quadro istituzionale
riformato prevede che Stato e Regioni (non possano, ma) debbono
attribuire le proprie funzioni agli enti locali, salvo motivare espressamente
le ragioni che giustifichino un eventuale trattenimento delle funzioni a
livello di Provincia, Città metropolitana, Regione o Stato.
- Tale eventuale “sottrazione” di funzioni ai Comuni dovrà, in base al
dettato costituzionale, radicarsi in esigenze di «esercizio unitario», valutate
sulla base dei citati principi di sussidiarietà, differenziazione ed
adeguatezza.
4.1 Il precedente assetto costituzionale ed il superamento del
«principio del parallelismo»
Il previgente testo dell’articolo 118 Costituzione incentrava l’attribuzione
delle funzioni amministrative sul c.d. principio del “parallelismo”, in base
al quale alla potestà legislativa in taluna materia, si accompagnava la
titolarità delle funzioni amministrative nella materia medesima.
Più dettagliatamente, il previgente assetto istituzionale, come delineato nel
precedente titolo V della Costituzione, prevedeva che:
- nelle materie oggetto di potestà legislativa delle Regioni (legislazione
concorrente, come delineata dall’articolo 117 vecchio testo), spettavano
alle Regioni stesse anche le funzioni amministrative. Emergeva perciò la
scelta del Costituente di istituire un inscindibile nesso tra competenza
legislativa, da un lato, e funzione amministrativa, dall’altro.
- Il previgente articolo 118 faceva comunque salva la possibilità di
104
attribuzione con leggi della Repubblica, a Province, Comuni od altri enti
locali, delle funzioni inerenti materie di interesse esclusivamente locale.
- Era inoltre fatta salva la possibilità di delega dallo Stato alle Regioni, con
legge dello Stato, dell’esercizio di altre funzioni amministrative, anche,
dunque, in materie non oggetto di competenza legislativa regionale.
- Infine, il dettato costituzionale (articolo 118 ult. comma, vecchio testo)
prevedeva come il normale esercizio delle funzioni spettanti alle Regioni,
avvenisse attraverso delega a Province, Comuni od altri enti locali, o
valendosi dei loro uffici. Pur nel riconoscimento, operato con tale
previsione, del ruolo degli enti locali (riconoscimento peraltro disatteso
nella prassi amministrativa, che ha visto scarso ricorso a tale meccanismo
di normale esercizio di funzioni, relegato piuttosto nell’eccezione), è
necessario sottolineare come la delega costituzionalmente prevista operava
sul mero piano dell’esercizio di funzioni, lasciando immutata la loro
titolarità, in capo alle Regioni.
Come accennato, tale assetto istituzionale risulta oggi profondamente
mutato, alla luce di modifiche così sintetizzabili:
1) Superamento del cd. principio del parallelismo;
2) Trasformazione di quella che era mera facoltà di attribuzione di
funzioni – rectius: di delega all’esercizio delle stesse - agli enti locali, in un
obbligo di attribuzione delle funzioni amministrative ai Comuni, salvo
l’esistenza di ragioni di esercizio unitario che giustifichino la permanenza
delle funzioni stesse in capo a Province, Città metropolitane, Regioni,
Stato;
3) L’attuale attribuzione di funzioni agli enti locali, dunque, si iscrive
non già nel quadro di una delega, bensì comporta l’assunzione, per
Comuni, ma anche per Province e Città metropolitane, di titolarità delle
funzioni stesse.
5. la distinzione tra funzioni proprie e funzioni conferite
105
Il nuovo articolo 118 Costituzione individua due categorie di funzioni, di
cui Comuni, Province e Città metropolitane siano titolari: le funzioni
amministrative proprie, e quelle conferite con legge statale o regionale.
(I) funzioni proprie
La categoria delle funzioni proprie appare di difficile individuazione
concreta: il legislatore della riforma del Titolo V della Costituzione tace,
difatti, ogni elemento indicativo in materia, rimandando all’interprete ogni
valutazione in tema.
Le difficoltà interpretative permangono, in considerazione del dettato
dell’articolo 117 Costituzione, lett. p), dove il legislatore della Riforma ha
inserito, tra le materie oggetto di competenza legislativa esclusiva dello
Stato, anche le «funzioni fondamentali di Comuni, Province, Città
metropolitane».
Risulta dunque opportuno chiedersi se funzioni proprie - cui, in via
interpretativa, deve riconoscersi un qualche carattere di essenzialità a
livello locale – e funzioni fondamentali – cui lo stesso carattere non
potrebbe negarsi – in definitiva siano da considerare categorie coincidenti.
In tal caso, se si riconoscesse tale coincidenza, la normativa costituzionale
apparirebbe contraddittoria, laddove si afferma da un lato la titolarità, in
capo agli enti locali, di funzioni proprie, quasi “ontologicamente” loro
spettanti, e perciò distinte dalle funzioni conferite; e poi si affida
l’individuazione di tali funzioni “proprie” ad altro soggetto istituzionale, lo
Stato, attraverso la propria legislazione esclusiva.
Tuttavia secondo la tesi prevalente le funzioni “fondamentali” e le funzioni
“proprie” sarebbero la stessa cosa.
(II) funzioni conferite
Il conferimento di tale seconda categoria di funzioni avviene con legge
statale o regionale, secondo le rispettive competenze.
106
Tuttavia anche tale terminologia è ambigua, non risultando chiara la
distinzione tra funzioni fondamentali, proprie e conferite.
L’analisi del dettato costituzionale induce in definitiva a ritenere che spetti
tuttora a scelte discrezionali dello Stato e delle Regioni l’individuazione
delle funzioni da intestare agli enti locali.
Risulta in tal senso ipotizzabile il sorgere di controversie tra enti locali,
Stato e Regioni, circa le future scelte di allocazione delle funzioni da questi
ultimi operate: ciò sia nel senso di una rivendicazione, da parte degli enti
locali - dei Comuni in primis - di funzioni loro non attribuite, sia,
viceversa, nel senso di una “ricusazione” di compiti loro assegnati, in base
ai menzionati principi di sussidiarietà, adeguatezza e differenziazione, che
determinino esigenze di «esercizio unitario» delle funzioni amministrative.
In tali ipotesi di conflittualità, peraltro, gli enti locali risulterebbero però
privi, rispetto agli altri soggetti istituzionali, di efficaci strumenti di tutela,
non risultando loro possibile adire la Corte Costituzionale.
Unica ipotesi di tutela, evincibile dalla nuova disciplina costituzionale,
consiste nell’azione del Governo, quale “garante” delle autonomie locali, di
fronte alla Consulta, attraverso promozione della questione di legittimità
costituzionale, «quando ritenga che una legge regionale ecceda la
competenza della Regione» (ledendo, eventualmente, le competenze degli
enti locali; articolo 127 nuovo testo).
6. La legislazione ordinaria in materia di funzioni: il decreto legislativo
112/1998.
La materia delle funzioni amministrative risultava già interessata,
anteriormente alla modifica del titolo V delle Costituzione, da un processo
di profonda riforma, iniziato con la legge 142/1990 (legge sulle autonomie
locali), e proseguita sino alla legge 59/1997 (ed ai decreti legislativi a
questa seguiti), con la quale si è dato avvio al c.d. terzo decentramento
amministrativo, rovesciando il rapporto tra “centro” e “periferia” nella
107
distribuzione delle funzioni amministrative.
Tale rovesciamento, che ha visto un radicale ridimensionamento del ruolo
dello Stato, in favore di Regioni ed enti locali, risulta reso operativo con
d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112, recante “Conferimento di funzioni e compiti
amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del
capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59”.
Con tale decreto, si è operato il consistente trasferimento delle funzioni di
amministrazione a Regioni, Comuni, Province e Città metropolitane,
residuando in capo allo Stato i soli compiti tassativamente previsti dalle
norme del decreto in ciascuna materia trattata.
In via residuale, il decreto riconosce allo Stato poteri di indirizzo e
coordinamento (articolo 4 decr. 112), e poteri sostitutivi, esercitabili in casi
di accertata inattività dell’ente titolare delle funzioni, in presenza di
determinati requisiti ed attraverso apposito procedimento (articolo 5 decr.
112).
6.1 l’istruzione scolastica nel decreto legislativo 112/98.
Il titolo IV (Servizi alla persona e alla Comunità), Capo III, del decreto
112/98, disciplina in modo specifico il conferimento delle funzioni
amministrative a Regioni ed enti locali in materia di istruzione scolastica.
Oggetto specifico di tale conferimento risulta la «programmazione e
gestione amministrativa del servizio scolastico», fatto salvo il trasferimento
di compiti alle istituzioni scolastiche come previsto dall’articolo 21 della
legge 59/97.
Il legislatore definisce «programmazione e gestione amministrativa del
servizio scolastico», come «l’insieme delle funzioni e dei compiti volti a
consentire la concreta e continua erogazione del servizio di istruzione»
(articolo 136 comma 1, decr. 112), fornendo il contenuto definitorio del
concetto di funzione, per la materia dell’istruzione scolastica.
In base alla lettera del decreto (articolo 137 decr. 112), risultano permanere
108
in capo allo Stato i compiti e le funzioni concernenti:
a) criteri e parametri per l’organizzazione della rete scolastica
b) valutazione del sistema scolastico
c) determinazione e assegnazione delle risorse finanziarie a carico del
bilancio dello Stato e del personale delle istituzioni scolastiche
d) conservatori di musica, accademie di belle arti, istituti superiori per le
industrie artistiche, accademia nazionale di arte drammatica, nonché di
danza, scuole ed istituzioni culturali straniere in Italia (categorie escluse,
dunque, dal processo di conferimento agli enti locali).
Risultano invece delegate alle Regioni le funzioni amministrative:
a) di programmazione dell’offerta formativa integrata tra istruzione e
formazione professionale;
b) di programmazione della rete scolastica a livello regionale (nei limiti
delle risorse umane e finanziarie, ed in coordinamento con la
programmazione con l’offerta formativa integrata di cui alle lett.
precedente);
c) di suddivisione, anche sulla base delle proposte degli enti locali
interessati, del territorio regionale in ambiti territoriali funzionali ad una
migliore offerta formativa;
d) di determinazione del calendario scolastico;
e) dei contributi alle scuole non statali;
f) di attività di promozione nelle materie oggetto delle funzioni conferite;
Risultano infine conferiti a Province e Comuni le funzioni in materia di:
a) istituzione, soppressione, aggregazione, fusione di scuole, in attuazione
degli strumenti di programmazione;
b) redazione dei piani di organizzazione della rete di istituzioni scolastiche;
c) supporto organizzativo, per prestazione del servizio di istruzione a
portatori di handicap;
d) piano di utilizzazione degli edifici e delle attrezzature, in accordo con le
istituzioni scolastiche;
109
e) sospensione delle lezioni in casi urgenti;
g) costituzione e controllo sugli organi collegiali scolastici a livello
territoriale.
La ripartizione interna di tale ultimo blocco di funzioni tra Province e
Comuni, vede le prime competenti in relazione all’istruzione secondaria
superiore, i secondi, invece, competenti relativamente ai gradi di scuola
inferiori.
*********************
La riforma costituzionale non lascia immutato tale quadro di allocazione. Si
profilano, difatti, una serie di dubbi circa la conformità al nuovo testo
costituzionale di tali previsioni legislative, gerarchicamente subordinate, in
quanto fonti ordinarie, alle previsioni contenute in Costituzione.
In particolare, sono sorti dubbi circa le seguenti questioni:
- la stessa dicitura del decreto legislativo, articolo 138, rubricato “deleghe
alle Regioni”, appare attualmente dicitura impropria. Il concetto di delega,
che si attagliava nello schema del decreto al vecchio articolo 118
Costituzione comma 2, mal si concilia con l’attuale formulazione
dell’articolo 118 Costituzione, e con l’intero piano di redistribuzione delle
competenze delineato dalla legge Costituzione 3/2001.
Nell’attuale assetto istituzionale, infatti, le Regioni risultano non già
destinatarie di deleghe funzionali da parte dello Stato, quanto esse stesse
soggetto istituzionale che conferisce agli enti locali funzioni amministrative
(non più soggetto “passivo” della delega, bensì soggetto “attivo” del
conferimento).
Inoltre, laddove le Regioni svolgano funzioni amministrative, tale esercizio
avviene non già a titolo di delega all’esercizio (come era in passato), bensì
in forza della titolarità, in capo all’ente regionale, delle funzioni stesse,
sulla base di esigenze di «esercizio unitario» che non permettano
l’attribuzione ai Comuni (articolo 118, Costituzione, comma 1).
- la disciplina del trasferimento di funzioni a Province e Comuni (articolo
110
139 decr. 112) risulta difficilmente conciliabile con le nuove norme
costituzionali.
In primo luogo, l’attribuzione di competenze amministrative a Comuni e
Province avviene, nel decreto legislativo 112, «ai sensi dell’articolo 128
Costituzione». Tale disposizione costituzionale risulta tuttavia attualmente
soppressa, e con essa la centralità del soggetto istituzionale Stato, invece
fortemente ridimensionata dalla riforma costituzionale.
- Per quanto attiene ai profili contenutistici della distribuzione di funzioni
amministrative, come delineata nel decreto legislativo del 1998,
egualmente potrebbero venire sollevate questioni di compatibilità con la
nuova disciplina costituzionale. Province e Comuni risultano, nel decreto
112/98, “equiparati” sotto il profilo dei compiti amministrativi; il nuovo
articolo 118 Costituzione, appare invece sottolineare, nel comma primo,
una centralità dei Comuni, rispetto agli altri enti locali, quanto ad
attribuzione delle funzioni.
Sotto il profilo contenutistico, inoltre, il d.lgs. 112/98 riserva ampio spazio
alle Regioni, quanto ad esercizio delle funzioni amministrative.
L’importanza del ruolo rivestito, nell’amministrazione dell’istruzione, dalle
Regioni, nel quadro del decreto, emerge ad un’analisi qualitativa dei
compiti regionali: basti pensare ai compiti di programmazione (lett. a) e b)
articolo 138 decr.), al tema dei contributi alle scuole non statali, alla
suddivisione del territorio in ambiti funzionali strumentali al miglioramento
dell’offerta formativa (articolo 138 decr).
La centralità dei Comuni, come delineata dal nuovo articolo 118
Costituzione, emerge, nel quadro del decreto 112, in maniera attenuata
rispetto al testo costituzionale. Appare tuttavia necessario osservare come
la materia dell’istruzione scolastica, per la sua natura di servizio
fondamentale, e di diritto di ogni cittadino (articolo 34 Costituzione),
manifesti quelle esigenze di «esercizio unitario», che giustificherebbero, ai
sensi del nuovo articolo 118 Costituzione, un mantenimento in capo a Stato
111
e Regioni di funzioni amministrative di particolare rilevanza
(determinazioni di programmazioni essenziali; la stessa razionalizzazione
della rete scolastica, difficilmente realizzabile a livello esclusivamente
comunale).
7. L’autonomia finanziaria e la potestà regolamentare degli enti
destinatari di funzioni.
L’attribuzione di funzioni, da parte di Stato o Regioni, agli enti locali,
comporta la predisposizione, presso i nuovi soggetti istituzionali destinatari
delle funzioni, della dotazione finanziaria necessaria all’esercizio
dell’amministrazione.
A tale proposito, l’articolo 119 nuovo testo Costituzione stabilisce
l’autonomia finanziaria e patrimoniale di Comuni, Province, Città
metropolitane e Regioni. In tal senso, tali enti risultano investiti di capacità
impositiva (applicazione di tributi ed entrate propri), «al fine di finanziare
integralmente le funzioni loro attribuite».
Enti locali e Regioni risultano altresì beneficiari di «risorse aggiuntive» e di
«interventi speciali» destinati dallo Stato, al fine di promuovere lo sviluppo
economico, la coesione e la solidarietà sociale, la rimozione di squilibri
economici e sociali. Un «fondo perequativo» è istituito con legge dello
Stato, a favore dei territori con minore capacità fiscale per abitante (articolo
119 Costituzione nuovo testo).
Tali ultime previsioni costituzionali evidenziano, anche vigente il nuovo
quadro istituzionale delineato dalla riforma, la persistenza di un ruolo dello
Stato, quale garante dell’effettiva realizzabilità delle funzioni
amministrative differentemente attribuite.
Ciò trova conferma anche nella disposizione del nuovo articolo 120
Costituzione, comma secondo, ove si prevede che il Governo possa
sostituirsi ad organi delle Regioni, delle Città metropolitane, delle Province
e dei Comuni, in caso – tra gli altri - di tutela dell’unità giuridica ed
112
economica, particolarmente ai fini della tutela dei livelli essenziali di
prestazioni concernenti i diritti civili e sociali.
Tale previsione risulta suscettibile di applicazione in materia di esercizio di
compiti amministrativi per l’istruzione scolastica, in ragione del carattere
dell’istruzione di diritto civile e sociale (articolo 34 Costituzione).
Per l’attivarsi di tale meccanismo di garanzia, risulta tuttavia necessario
l’intervento del legislatore ordinario, che disciplini procedure conformi ai
principi di sussidiarietà e di leale collaborazione (articolo 120 Costituzione,
ult. comma), ed affronti la materia dei controlli – evidentemente postulati
da qualunque “intervento statale”- del tutto assente nel testo costituzionale
riformato.
Corollario ulteriore di tale conferimento di funzioni agli enti locali, consiste
nella contestuale attribuzione a Comuni, Province e Città metropolitane
della «potestà regolamentare in ordine alla disciplina dell’organizzazione
e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite» (articolo 117, comma 6).
In materia di istruzione, è prevedibile dunque la futura adozione, da parte
degli enti locali, di atti regolamentari che disciplinino nel dettaglio le
tipologie di funzioni, nonché le concrete modalità del loro esercizio.
8. Sussidiarietà orizzontale e verticale
L’articolo 118 della Costituzione nuovo testo prevede, al comma terzo, che
la legge statale disciplini forme di coordinamento fra Stato e Regioni, in
determinate materie (immigrazione, ordine pubblico e sicurezza, tutela dei
beni culturali), per quanto attiene evidentemente l’esercizio delle funzioni
amministrative.
La disposizione è espressione del principio di sussidiarietà, in base al quale
i compiti di gestione amministrativa della cosa pubblica devono essere
affidati alla struttura più vicina alla cittadinanza (dunque all’ente locale),
lasciando alle strutture amministrative sovraordinate le sole funzioni che,
per loro natura, non possono essere svolte localmente. In particolare,
113
l’articolo 118 comma 3, parte prima, risulta applicazione della c.d.
sussidiarietà verticale, regolativa dei rapporti enti locali/Governo, il cui
intervento si renda necessario per ragioni di garanzia di organicità
d’esercizio delle funzioni.
Manca tra le materie in tal senso indicate, l’istruzione scolastica. La scelta
così operata dal legislatore costituzionale pone in evidenza il rischio circa il
verificarsi di disomogeneità di programmazione ed esercizio dei compiti
amministrativi. Resta salvo, tuttavia, il potere di intervento e sostituzione
del Governo, ai sensi dell’articolo 120 comma 2 nuovo testo, già esaminato
(per finalità di tutela di unità giuridica e di prestazioni concernenti diritti
civili e sociali).
Emerge perciò la discrasia tra una scelta del riformatore costituzionale che,
sul piano della potestà legislativa, si sforza di ancorare le norme generali
sull’istruzione nelle mani esclusive dello Stato, e poi, invece, sul piano
delle funzioni, tralascia la materia scolastica, non consentendo allo Stato
una legislazione (preventiva) di raccordo (fatto salvo il potere, meramente
successivo, di sostituzione ex articolo 120).
Sotto altro profilo, la disposizione costituzionale aggiunge che Stato,
Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’iniziativa
autonoma dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di
interesse generale (articolo 118, comma 3, ult. parte)” sulla base del
principio di sussidiarietà”.
Si tratta della c.d. sussidiarietà orizzontale, inerente l’associazione
all’esercizio delle funzioni, principio che potrà rivelarsi di ampia portata
applicativa in materia di organizzazione, gestione e programmazione
scolastica.
114
CAPITOLO V
L’AUTONOMIA FUNZIONALE DELLE ISTITUZIONI
SCOLASTICHE FRA RIFORMA DEL TITOLO V, RIORDINO DEL
SISTEMA FORMATIVO E COORDINAMENTO COMUNITARIO.
1. Premessa. Il duplice significato dell’autonomia funzionale delle
scuole negli interventi legislativi precedenti la modifica del titolo V nel
contesto della riorganizzazione del sistema formativo e all’interno del
processo di decentramento
Il nuovo titolo V della Costituzione conferisce all’autonomia scolastica uno
specifico statuto costituzionale, attraverso l’inciso, contenuto nell’art. 117.
c. 3° Cost. che, nel qualificare l’istruzione quale materia di legislazione
concorrente, fa salva espressamente l’autonomia delle istituzioni
scolastiche. L’art. 21 della Legge n. 59/97 aveva già avviato un processo di
realizzazione dell’autonomia degli istituti, con il conferimento alle scuole
della personalità giuridica (art. 21 c. 4), di alcune funzioni di gestione del
servizio prima spettanti all’amministrazione statale, centrale e periferica
(art. 21 c. 1) e di rilevanti forme di autonomia sul piano didattico e
organizzativo (art. 21 c. 7), pur nel rispetto di standard nazionali,
organizzative per la riforma della scuola.121 All’interno del nuovo titolo V
il riconoscimento dell’autonomia viene tuttavia introdotto in forma
esplicita nel testo costituzionale e offre motivo di interrogarsi sulle sue
molteplici implicazioni: sui suoi confini e le sue possibilità esplicative
rispetto alle nuove e significative competenze acquisite dal sistema
121 Cfr. quanto emerso nel corso della Giornata di Studio in onore di Umberto Pototschnig, Trento, 14 maggio 2003. Secondo C. MARZUOLI, Istruzione e Stato sussidiario, in Dir. Pubbl. n. 1/2002, p. 145, la L’ n. 59/97, sul punto dell’autonomia, era già attuativa di un principiocostituzionale, quello della libertà di insegnamento ex art. 33 Cost. A parere di chi scrivetuttavia l’esplicita menzione nel testo costituzionale ha comunque una portata innovativa edestensiva di tale principio.
115
regionale e locale, sul suo significato all’interno del processo di riforma del
sistema educativo di istruzione e formazione, avviato dalla legge delega 28
marzo 2003, n. 53, sulla coerenza di tale processo di riforma rispetto al
contesto comunitario e infine sulla specificità del regime di autonomia
funzionale ad essa riconosciuto anche in relazione all’impianto
costituzionale originario, rappresentato dagli artt. 33 e 34 della
Costituzione. Ai fini di un corretto inquadramento delle implicazioni
istituzionali dello statuto costituzionale riconosciuto all’autonomia
scolastica, risulta opportuna un’analisi preliminare del suo significato e dei
suoi contenuti negli indirizzi legislativi di riforma sull’autonomia
precedenti la modifica del titolo V. All’interno di questi indirizzi infatti, la
riforma del servizio d’istruzione nella direzione dell’autonomia aveva
assunto fondamentalmente una duplice valenza. Secondo una prima
prospettiva, tale innovazione istituzionale rappresentava infatti il
compimento di quell’indirizzo riformista che, in misura più incisiva a
partire dal 1993, aveva individuato nell’autonomia la direttrice di riforma
più importante dell’amministrazione dell’istruzione.122 L’adozione di un
modello organizzativo fortemente ispirato a un governo ministeriale123
della scuola aveva infatti rappresentato un elemento di continuità124 nella
122 Su tale giudizio, v. ROCCELLA, Riforme amministrative, scuola e università, in Le Regioni, 1994, 1051. Sulle ragioni che hanno portato a identificare nell'autonomia funzionale dellescuole la riforma fondamentale del sistema di istruzione v. A. PAJNO, nel commento all'art. 135 del D.lgs. 112/98, in G. FALCON, ( a cura di ), Lo Stato autonomista. Funzioni statali, regionali e locali nel decreto legislativo n. 112 del 1998 di attuazione della legge Bassanini n. 59/97, Bologna, Il Mulino, 1998, 442. Il compimento di tale indirizzo di riforma dovrebbeprodurre anche un abbandono delle disattenzioni culturali che in passato avevano caratterizzatoil dibattito dottrinale sulla scuola, come la scarsa sensibilità per il fenomeno amministrativo eper l’aspetto degli istituti scolastici come servizi pubblici. Sulla scarsa sensibilità manifestatanel dibattito costituente su tali profili, v. S. CASSESE, La scuola: ideali costituenti e normecostituzionali, in Giur. cost., 1974, 3614. 123 Sulle ragioni prevalenti che giustificarono l’intervento dello Stato, secondo il modellodell’organizzazione ministeriale, nel settore dell’istruzione fra la fine del 700 e la prima metàdell’. 800, v. G. ROSSI, La scuola di Stato, Roma, 1974; sul tema anche A. MURA, Istruzionepubblica, in Enc. Giur., vol. XVIII, Roma, 1988; id., La scuola della Repubblica, I, Roma, 1979; A. PIZZI, Individuo e Stato nell’organizzazione dell’istruzione, Milano, Giuffrè, 1974. 124 Sui tratti di continuità che hanno caratterizzato l'intervento pubblico, nel settore, fino allametà degli anni. 90, si veda M. GIGANTE, L'amministrazione della scuola, Padova, Cedam, 1988.
116
storia dell’amministrazione scolastica, sia pure con l'introduzione, negli
anni '70, di moderati tratti di policentrismo attraverso gli istituti di
partecipazione sociale al governo delle scuole.125 All’interno di tale
modello, che aveva la funzione di veicolare l’unificazione politica anche
attraverso l’unificazione culturale del Paese, gli Istituti scolastici
assumevano la qualificazione di meri organi tecnici dello Stato.126 L’avvio
della riforma nella direzione dell’autonomia doveva invece imprimere una
profonda rottura al tradizionale modello organizzativo e far acquisire al
sistema un impianto di carattere decisamente policentrico. Infatti dapprima
il distacco organizzativo degli Istituti dall’amministrazione statale
periferica, con l’acquisizione di personalità giuridica, poi il trasferimento
alle scuole delle funzioni di gestione del servizio dovevano implicare, oltre
che un alleggerimento, un mutamento profondo del ruolo
dell’amministrazione statale, centrale e periferica. Le articolazioni
amministrative dello Stato dovevano assumere infatti al centro un ruolo di
indirizzo e di valutazione del sistema (art. 1 c., 3 lett., q) mentre in
periferia, a fronte di un significativo snellimento, dovevano esercitare solo
competenze di raccordo, supporto e collaborazione (secondo il criterio
direttivo di cui all’art. 12 lett. h) con gli enti territoriali locali.127
L’emersione delle scuole, con l’acquisizione di autonomia, anche come
125 Per un tentativo di qualificare le scuole come realtà giuridiche e istituzionali autonome, aseguito dell’istituzione degli organi collegiali, v. U. POTOTSCHNIG, Un nuovo rapporto fraamministrazione e scuola, in Riv. giur. scuola 1975, 243; sui riflessi circa la loro configurazionecomunitaria, A. PIZZORUSSO, La comunità scolastica nell’ordinamento repubblicano, in Foroit., 1975, V, c. 221. Sulla partecipazione sociale al governo della scuola v. anche F. COCOZZA, Accentramento e decentramento nell’amministrazione della pubblica istruzione, in Riv. trim. dir. Pubbl., 1975, p. 1097; G. ZAGREBELSKY, Pubblicità e segretezza delle sedute deiconsigli di circolo e di istituti: due diversi modi di concepire la natura e la funzione dei nuoviorgani collegiali scolastici, in Foro it., 1975, V, c. 147. 126 Sulla qualificazione degli istituti scolastici quali meri organi tecnici dello Stato v. M. S. GIANNINI, Diritto amministrativo (1993), Milano, Giuffrè, 212; G. ZANOBINI, Corso didiritto amministrativo, (1989) Milano, Giuffrè. 127 Sulla necessità di spogliare gli apparati centrali di competenze gestionali e l'assunzione di"compiti di determinazione di standards e guidelines e funzioni di valutazione e audit" comecondizione necessaria di un' effettiva realizzazione dell'autonomia degli istituti scolastici, v. S. CASSESE, «Plaidoyer» per un'autentica autonomia delle scuole, in Foro it., 1990, 148.
117
istituzioni dotate di una propria identità128 sul piano didattico e
organizzativo, oltre a toglierle dal cono d’ombra della dipendenza
gerarchica dal Ministero, le rendeva inoltre soggetti protagonisti - sotto il
profilo didattico e pedagogico - degli insegnamenti in queste impartiti, in
attuazione della garanzia apprestata alla libertà di insegnamento dall’art. 33
Cost. e attraverso una più netta configurazione come servizio dell’attività
da queste esplicata.129 L’autonomia scolastica assumeva inoltre anche un
significato nel più ampio processo riformatore operato, sul piano della
redistribuzione delle funzioni nel sistema amministrativo generale, dalle
leggi Bassanini. L’autonomia funzionale delle scuole era infatti situata,
dall’art. 21 della Legge n. 59/97, all’interno del disegno di decentramento
che investiva, anche nel settore dell’istruzione, il sistema locale con il
conferimento di compiti di programmazione e riorganizzazione della rete
scolastica.130 La collocazione delle scuole nel sistema locale e l’esplicita
finalizzazione della loro autonomia anche al coordinamento con il contesto
territoriale (art. 21, c. 8) richiedeva la costruzione di un delicato equilibrio
fra le due forme di autonomia. L’autonomia scolastica non doveva anzitutto
tradursi in una nuova soggezione delle scuole rispetto al sistema locale ma
128 V. M. GIGANTE, L’istruzione, cit., p. 512. 129 Sul fatto che la riforma dell’autonomia abbia implicato una decisa adesione alla concezionedella scuola come pubblico servizio, v. M. GIGANTE, Art. 33 della Cost., cit., 433. Sul fattoche l’attività di istruzione costituisca al tempo stesso una funzione e un servizio intesi comequalificazioni giuridiche concorrenti e non alternative, v. C. MARZUOLI, «Istruzione: libertà eservizio pubblico», in C. MARZUOLI, Istruzione e servizio pubblico, Bologna, Il Mulino, 2003, p. 25. 130 L’intento della legge delega era desumibile da molteplici elementi: a) l'esclusione dalconferimento di compiti riconducibili esclusivamente ad esigenze di sistema, attraversoun'adeguata declinazione del principio di sussidiarietà verticale (art. 1 c. 3 lett. q); b) l'espressamenzione dei compiti oggetto di conferimento al sistema locale, all'art. 21, comma 18, comeriferiti ("anche", e quindi non solo) alla programmazione e alla riorganizzazione della retescolastica; c) l'esplicita previsione, nei criteri indicati nella delega per la riforma degli organicollegiali territoriali della P. I., di una "valorizzazione del collegamento con le comunità locali", all’art. 21, comma 15, lett. d); d) la prefigurazione di un riordino degli organi di rappresentanzaperiferica, sulla base degli stessi criteri di cui all'art. 12, cioè "con funzioni di raccordo, supportoe collaborazione con le regioni e gli enti locali. Una diversa interpretazione è formulata da A. SANDULLI, Il sistema nazionale di istruzione, Bologna, 2003, p. 76, per il quale nel settoredell’istruzione la Legge n. 59/97 avrebbe di mira principalmente la costruzione di una relazioneprivilegiata fra Ministero e autonomie scolastiche riconoscendo un ruolo ancillare alleautonomie territoriali.
118
la sua collocazione all’interno di questo implicava anche un esercizio delle
competenze dei soggetti del sistema in forme concertate con le scuole
stesse in modo che la loro offerta formativa potesse modularsi anche sulle
specifiche istanze di qualificazione formativa espresse dal contesto
produttivo locale. Gli esiti della riforma sull’autonomia sono infine
condizionati dalla sua collocazione nel disegno più complessivo di riforma
del Sistema educativo di istruzione e formazione ad opera del legislatore
nazionale, i cui elementi di sviluppo sono stati enucleati dalla legge delega
n. 53/2003. Questo innesto rappresenta infatti una condizione necessaria
perché l’autonomia non rappresenti una mera operazione di decentramento
e di semplificazione amministrativa ma il momento centrale e fondante di
un servizio d’istruzione riformato in grado di finalizzare meglio i propri
interventi ad una più soddisfacente garanzia del diritto all’istruzione di cui
all’art. 34 Cost.131
Come ricorda giustamente Sergio Auriemma: «…era stato approvato un
disegno di legge di nuova riforma costituzionale (comunemente nota come
“devoluzione”) che, per la sola parte che qui interessa, aggiungeva nuove
disposizioni al già modificato art. 117 della Costituzione ed assegnava alle
Regioni potestà legislativa esclusiva per la materia della “organizzazione
scolastica, gestione degli istituti scolastici e di formazione salva
l’autonomia delle istituzioni scolastiche”. L’art. 117, nel testo finale che ne
poteva derivare, avrebbe recato un intreccio ancora più complesso di
“materie”, di “sub-materie” (come l’organizzazione scolastica o la gestione
degli istituti), di “competenze trasversali” (queste ultime dai giuristi
conosciute come “non materie”, come ad esempio la competenza statale
esclusiva sulla tutela dei “livelli essenziali delle prestazioni”) tutto da
dipanare ed anche verificare nella sua reale capacità di poter funzionare
senza alimentare una conflittualità paralizzante più forte di quella sinora
registrata. Dopo l’esito negativo del referendum popolare, l’ipotesi è
131 cfr. la voce «istruzione statale», in Foro it. 1991, p. 214.
119
decaduta. La Corte costituzionale, scrutinando varie norme di legge da
confrontare con il vigente Titolo V della Costituzione, ha avuto occasione
di precisare (sentenza n. 13 del 2004, nonché sentenze n, 34/2005, n.
37/2005, n. 279/2005) che l’autonomia delle scuole “non può risolversi
nella incondizionata libertà di autodeterminazione, ma esige soltanto che a
tali istituzioni siano lasciati adeguati spazi di autonomia che le leggi statali
e quelle regionali, nell’esercizio della potestà legislativa concorrente, non
possono pregiudicare”. La Corte, in tal modo, ha escluso che l’autonomia
delle scuole sia inquadrabile nello schema delle “libertà” costituzionali e
sia, perciò, totalmente insofferente verso qualsiasi regolazione esterna
fondata su titolo di legittimazione statuale rinvenibile nella stessa
Costituzione. Significativo al riguardo è anche un passo della più recente
sentenza n. 200/2009, nel quale la Corte costituzionale osserva che “la
disciplina relativa alla «autonomia delle istituzioni scolastiche”, facenti
parte del sistema nazionale di istruzione, autonomia cui fa espresso
riferimento il terzo comma dell’art. 117 della Costituzione”, si colloca
nell’ambito delle c.d. “norme generali sull’istruzione”, di competenza
statale, da intendersi quali disposizioni statali che definiscono la struttura
portante del sistema nazionale di istruzione e che richiedono di essere
applicate in modo necessariamente unitario ed uniforme in tutto il territorio
nazionale, assicurando, mediante una offerta formativa omogenea, la
sostanziale parità di trattamento tra gli utenti che fruiscono del servizio
dell’istruzione (interesse primario di rilievo costituzionale), nonché la
libertà di istituire scuole e la parità tra le scuole statali e non statali in
possesso dei requisiti richiesti dalla legge».132
1. 2. Finalità e articolazione dell’indagine
Nella Prima Parte di questo lavoro si mette in luce come l’abbandono
progressivo della linea d’intervento iniziale, presente nell’art. 21 della
132 SERGIO AURIEMMA, Repertorio 2010, Tecnodid, Napoli 2010, p. 123.
120
Legge n. 59/97, diretta a collocare la riforma dell’autonomia quale
elemento di snodo fondamentale della riforma complessiva del sistema
formativo, sia stata responsabile di una sua implementazione riduttiva,
come pura operazione di decentramento orientata ad una conduzione più
efficiente del servizio d’istruzione ma priva di incidenza sui suoi contenuti
e le sue finalità di fondo. Nella Seconda Parte si identificano invece le linee
istituzionali di fondo che convergono verso una rivalutazione
dell’autonomia scolastica quale perno fondamentale e irrinunciabile di un
ridisegno complessivo del Sistema formativo. La riforma del titolo V pone
anzitutto l’autonomia scolastica, dotandola di uno statuto costituzionale,
all’art. 117, comma 3°, quale momento irrinunciabile di contesto rispetto ad
un ridisegno complessivo del Sistema educativo di istruzione e formazione
ad opera del legislatore nazionale. Al tempo stesso l’autonomia si configura
anche come un vincolo rispetto al quale saranno tenute necessariamente a
conformarsi le accresciute competenze acquisite dagli enti sub - statali nel
settore dell’istruzione. Le nuove coordinate costituzionali introducono
infatti al tempo stesso un forte nesso e una linea di confine fra autonomia
scolastica e decentramento. L’autonomia scolastica è destinata
inevitabilmente ad esplicarsi in un contesto di coordinamento con il sistema
locale ma il processo di decentramento dovrà avvenire senza comprimere le
funzioni già acquisite dagli Istituti scolastici e anzi implicherà un esercizio
di molte competenze acquisite dagli enti sub statali in forme concertate con
le scuole stesse. Il coordinamento esercitato a livello europeo dalle
istituzioni comunitarie (pf. 4. 2) ha indicato agli Stati membri alcune
priorità imprescindibili cui informare i sistemi educativi nazionali per
adeguarli a soddisfare non solo l’obiettivo comunitario dell’impiegabilità
ma soprattutto le finalità formative e di integrazione sociale affidate
all’istruzione a livello comunitario.133 La realizzazione delle priorità
133 Sulle finalità riconosciute all’istruzione a livello comunitario mi sia consentito il rinvio a M. COCCONI, L’istruzione e la formazione professionale fra coordinamento comunitario e
121
individuate a livello europeo, quali l’accesso più flessibile ai servizi di
istruzione e formazione sia in senso orizzontale, con passaggi fra le diverse
filiere del sistema, che in senso verticale, lungo l’arco della vita (Long life
learning) e il contributo della Comunità al miglioramento della loro qualità
è affidata specificamente a scuole autonome concepite come gli enti più
adeguati a perseguirle.134 In un sistema necessariamente caratterizzato
dall’apertura al contesto esterno e dall’esigenza di una significativa
interrelazione fra politiche della formazione, dell’occupazione e del diritto
allo studio l’autonomia funzionale delle scuole rappresenta, per la sua
specifica idoneità a costruire dinamiche di interrelazione con il contesto
territoriale locale, il modello organizzativo più adeguato all’erogazione del
servizio d’istruzione. Le linee di fondo delineate convergono verso una
valorizzazione dell’autonomia funzionale delle istituzioni scolastiche il cui
significato viene infine identificato nel rappresentare una formula
organizzativa funzionale, in attuazione della garanzia riconosciuta alla
libertà d’insegnamento all’art. 33 Cost., a personalizzare e differenziare le
prestazioni erogate dal servizio sia in relazione alle specifiche attitudini e
capacità dei destinatari135 che ai bisogni formativi espressi dal territorio
perseguendo nel contempo gli obiettivi generali del Sistema nazionale
d’istruzione. In questa prospettiva l’autonomia scolastica rappresenta al
tempo stesso una misura correlata alla garanzia della libertà di
insegnamento (art. 33 Cost. ) e un principio organizzativo funzionale ad
una più soddisfacente garanzia del diritto all’istruzione (art. 34 Cost.)
attraverso un innalzamento della qualità del servizio erogato136 compatibile
funzioni nazionali, Comunicazione al Convegno, Autonomia dell’istruzione e autonomiaregionale dopo la riforma del titolo V della Costituzione, Trento, 14 novembre, 2003. 134 Sulla politica europea dell’istruzione e sui suoi riflessi sull’ordinamento italiano, mi siaconsentito il rinvio a M. COCCONI, Il ruolo della politica comunitaria nel settoredell’istruzione e della formazione professionale nella costruzione della dimensione socialedell’Unione Europea, di prossima pubblicazione in Riv. It. di Dir. Pubbl. Com. n. 6/2003. 135 Sul fatto che l’istruzione si svolga in una relazione che dovrebbe essere. la più personalizzatapossibile. v. C. MARZUOLI, cit., 26. 136 Sul fatto che, pur nel quadro di una progressiva affermazione dell’istruzione come serviziosia stata finora scarsa l’attenzione manifestata in ordine alla qualità della prestazione e al
122
con l’uguaglianza degli utenti nella sua fruizione. I principi costituzionali
di cui all’art. 33 e 34 confermano in tal modo la loro idoneità a costituire
norme dinamiche137 suscettibili di far progredire il sistema scolastico,
attraverso i compiti affidati al legislatore attraverso l’emanazione di norme
generali, verso un assetto sempre più orientato ad un pieno. sviluppo della
persona umana. di cui l’istruzione costituisce una condizione fondamentale
di realizzazione.
2. La prima fase. Gli elementi caratterizzanti del disegno politico
sull’autonomia scolastica e il suo inserimento nel riordino complessivo
del sistema formativo
L’indirizzo politico diretto ad un riconoscimento di autonomia alle scuole,
nel contesto di una più generale riforma del modello di amministrazione,
aveva avuto una prima elaborazione, a partire dal 1978, su impulso
ministeriale e aveva poi assunto un rilievo pubblico nel 1990, nella
Conferenza nazionale sulla scuola svoltasi a Roma per iniziativa del
ministero della Pubblica Istruzione.138 Il tema dell’autonomia era stato poi
inserito nella proposta legislativa di riforma della scuola secondaria
superiore, mai giunta a definitiva approvazione.139 Era solo nel 1993
tuttavia, all'interno della manovra di risanamento della finanza pubblica
perseguita dal Governo Ciampi con la Legge 24 dicembre 1993, n. 537, che
il disegno dell'autonomia veniva ripreso, all’art. 4, e concepito come
tassello del più ampio processo di riforma amministrativa, che investiva
anche il settore dell'istruzione. All'interno di tale manovra, l'indirizzo di
rapporto di utenza, v. A. SANDULLI, Il sistema nazionale di istruzione, Bologna, Il Mulino, 2003, 236 e la bibliografia ivi riportata alle nn. 163,167. 137 Sulla connotazione degli artt. 33 e 34 Cost. come norme dinamiche e condizioni di validitàdell’ordinamento scolastico v. U. POTOTSCHNIG, Insegnamento, istruzione e scuola, in«Scritti scelti», Padova, Cedam, 1999, 666. 138 Nel corso della quale fu tenuta la relazione di S. CASSESE, «Plaidoyer» per un autenticaautonomia delle scuole, in Foro it. 1990, 147. 139 Sui provvedimenti normativi e di indirizzo e sui disegni di legge che, a partire dalla XIlegislatura, hanno affrontato il tema dell'autonomia scolastica, v. F. CARRICATO, Autonomiascolastica: una riforma possibile, in «Le Regioni», 1997, 365.
123
riforma si concretizzava nell'attribuzione agli Istituti scolastici della
personalità giuridica, attraverso il loro distacco organizzativo
dall'amministrazione periferica, mentre veniva delegata al Governo
l'attuazione dei principali corollari dell’autonomia declinata in didattica,
organizzativa e finanziaria. In tale contesto la riforma dell’autonomia
assumeva già alcuni tratti caratterizzanti che si manterranno
sostanzialmente immutati nei disegni di legge presentati nel corso della XII
legislatura sullo stesso tema, che d’altra parte recepivano il modello
sostanzialmente unitario enucleato dal dibattito dottrinale sul tema.140 Oltre
al dato comune dell’acquisizione della personalità giuridica e degli ambiti
di declinazione dell’autonomia, gli altri elementi ricorrenti nei disegni di
legge, negli interventi normativi e nei documenti di indirizzo governativo
presentati dall’XI alla XII legislatura, erano rappresentati dalla necessità di
dotare le scuole di un progetto d’istituto con cui esprimere la propria
identità culturale e diversificare la propria offerta didattica, dall’esigenza di
ridefinire il ruolo del Capo d’Istituto con l’attribuzione di compiti di
organizzazione e valorizzazione delle risorse umane e di responsabilità in
ordine ai risultati e dall’opportunità di riformare funzioni, composizione e
competenze degli organi collegiali.141 Il tema dell’autonomia scolastica
veniva inoltre associato, sia in un’audizione ministeriale142 che nell’art. 3
del TU in materia di istruzione (il D.lgs. n. 297/1994) alla concezione della
scuola come comunità che interagisce con la più vasta comunità sociale e
civica, che rappresentava, nel dibattito dottrinale, il fondamento
dell’istanza autonomistica.143 Un ulteriore e significativo elemento di
140 Per gli orientamenti dottrinali di quegli anni, sul tema dell’autonomia, v. Atti del Convegnosu L’autonomia delle scuole : profili giuridici, economici, organizzativi, Trento, 8 aprile 1994. 141 Sugli elementi ricorrenti dell’autonomia scolastica nei diversi interventi normativi v. F. CARRICATO, cit., 367- 68. 142 Il riferimento alla scuola come comunità è contenuto in un. audizione del Ministro D. Onofrio del 2-3 agosto 1994. 143 Il disegno dell’autonomia veniva inoltre inserito nel contesto di una riforma complessiva delsistema dell’istruzione che doveva riguardare il riassetto degli organi collegiali (art. 4 lett. c. ), la riforma degli organismi di studio e di ricerca (art. 4 lett. n), la dirigenza scolastica (art. 4 lett. h) e la riforma del Ministero, con le sue strutture periferiche.
124
assonanza degli interventi normativi e degli atti di indirizzo sul tema
dell’autonomia era rappresentato infatti dalla necessità di vincolare anche il
servizio pubblico dell’istruzione al rispetto di standard predefiniti di qualità
e alla successiva valutazione dei risultati raggiunti.144 In quegli anni il
disegno politico dell’autonomia veniva inoltre collocato, quale punto di
snodo fondamentale, nel contesto della linea politica di complessivo
riordino del sistema nazionale di istruzione, che prendeva le mosse dalla
riforma del segmento della scuola secondaria superiore.145 A partire dagli
anni 80, in Italia, come in molti Paesi europei veniva infatti messo in
discussione l’assetto organizzativo dei sistemi di istruzione per la loro
incapacità di adeguarsi ai mutamenti prodotti nel mercato del lavoro
dall’evoluzione scientifica e tecnologica, evidenziata dal carattere
strutturale assunto dal fenomeno della disoccupazione giovanile. Mentre
negli anni ‘60, nella fase di espansione della scolarizzazione, la priorità dei
progetti di riordino era rappresentata dall’esigenza di realizzare, attraverso
l’istruzione, una maggiore eguaglianza delle opportunità146, nel ventennio
successivo il cambiamento dei sistemi educativi veniva sollecitato, a livello
politico, dalla riscoperta dell’importanza della formazione del capitale
umano per uno sviluppo economico legato all’interdipendenza fra i Paesi e
alla loro competizione nell’economia globale.147 L’accento della riflessione
144 Si veda lo Schema generale di riferimento della Carta dei servizi scolastici, emanato conD.P.C.M. 7 giugno 1995. Attualmente il riferimento legislativo alle Carte dei servizi èrappresentato dall’art. 11 del d.lgs. 30 luglio 1999, n. 286 che si sostituisce a quello fondato sulDPCM citato. Sulle carte dei servizi pubblici cfr. G. VESPERINI, S. BATTINI, La Carta deiservizi pubblici. Erogazione delle prestazioni e diritti degli utenti, Rimini, Maggioli, 1997. 145 Atto Camera n. 3158 dell’XI legislatura, approvato dal Senato della Repubblica in data 22settembre 1993, mai approvato in via definitiva. 146 Sul punto se veda l’analisi ampia e documentata di G. GONZI, La scuola in Italia dallaCostituente al centro sinistra (1946-1966), Parma, Casanova ed., 1995, p. 106. 147 Per un. analisi delle politiche pubbliche sull’istruzione in chiave europea v. S. VENTURA, La politica scolastica, Bologna, Il Mulino, 1998, 15 e ss. Sull’organizzazione scolastica inEuropa, v. gli scritti di F. DAL PASSO (confronto europeo in generale), R. BIN, S. VASSALLO, S. VENTURA (Belgio e Olanda); A: TORRE, (Gran Bretagna), S. BEUSCART(Francia), X. BONAL (Spagna); A. TORRE (Gran Bretagna); G. RESCALLI, (Svezia), per granparte in Le istituzioni del federalismo, 1999, n. 5. Sull’incapacità dei sistemi scolastici dirispondere ai nuovi bisogni della produzione e alle nuove domande sociali e culturali, v. G. FRANCHI, T. SEGANTINI, La scuola che non ho. Per una politica della piena scolarità,
125
istituzionale veniva quindi posto maggiormente sulla qualità e sulla
produttività dei sistemi di istruzione messa in discussione dai dati che
evidenziavano l’ampiezza del fenomeno della dispersione scolastica e
l’incapacità dei diplomati di adeguarsi all’offerta di lavoro esistente.148 Il
riconoscimento alle scuole, con l’autonomia, della responsabilità della
gestione dei propri interventi formativi, accompagnata da un
coordinamento a livello nazionale per garantire il rispetto di standard
qualitativi e da un decentramento di competenze in materia a livello locale
veniva quindi giudicata, in Italia come in molti Paesi europei, la formula
organizzativa più adeguata per orientare il servizio d’istruzione a soddisfare
la domanda proveniente dal mercato del lavoro.149
3. La seconda fase. L’inserimento dell’autonomia scolastica nel disegno
di decentramento amministrativo e il suo progressivo scollamento dal
progetto complessivo di riordino del sistema educativo
La linea d’intervento dell’autonomia veniva successivamente ripresa
dall’art. 21 della Legge n. 59/97 che intendeva collocarla nel contesto di un
più ampio processo di autonomia e di riorganizzazione del sistema
formativo. Il disegno di riforma prendeva in questo caso le mosse dalla
progressiva attribuzione alle istituzioni scolastiche autonome delle funzioni
dell’Amministrazione centrale e periferica in materia di gestione del
servizio d. istruzione, pur nel rispetto dei livelli unitari e nazionali di
fruizione del diritto allo studio nonché degli elementi comuni dell’intero
sistema scolastico pubblico in materia di gestione e programmazione.150 Le
Firenze, Nuova Italia, 1994. 148 Su tali dati v. OCDE, Education 1960-1990. The OECD Perspective, Paris 1994. 149 Per un. analisi dell’assetto organizzativo dei sistemi di istruzione in Europa negli anni ‘80, v. ancora S. VENTURA, cit., 35. 150 Fra le specifiche declinazioni dell’autonomia appariva fortemente ridimensionatal’autonomia finanziaria (art. 21, c. 5) che veniva configurata unicamente come discrezionalitànell’utilizzo della dotazione assegnata dallo Stato mentre assumevano maggior spessorel’autonomia didattica e organizzativa (art. 21, c. 7) che si sostanziavano nelle forme diflessibilità necessarie a conformare l’erogazione del servizio alle specifiche esigenze dell’utenzae della collettività in cui esso era collocato.
126
istituzioni scolastiche dotate dei requisiti dimensionali necessari per il
conseguimento dell’autonomia venivano poi dotate di autonomia
organizzativa e didattica (art. 21, c. 7). Per la prima volta inoltre, nella
Legge n. 59/97, il disegno politico dell’autonomia veniva accompagnato
dall’intento di valorizzare, anche nel settore dell’istruzione non
universitaria, il sistema locale, in coerenza con la sua ispirazione generale,
attraverso un incremento delle funzioni destinate, attraverso i decreti
attuativi, a Regioni ed enti locali, in materia di programmazione e di
gestione del servizio. La risultante di tale indirizzo doveva essere un
profondo ridisegno del ruolo dell'amministrazione statale, rivolta al centro
all'espletamento di compiti funzionali alla soddisfazione delle esigenze di
sistema (art. 21 c. 7 e 9) e residuale in periferia (art. 12 lett. h) con un ruolo
di supporto all’autonomia delle scuole e di raccordo con il sistema
locale.151 In particolare, il ruolo riconosciuto a Province e Comuni dal
legislatore delegato, all’art. 139 del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112, non
appariva più ancillare a quello statale, come in passato, ma propriamente
locale152, esercitabile sia in relazione ai compiti già attributi al sistema
locale in materia di assistenza scolastica che in collegamento con gli altri
servizi erogati dagli enti locali.153 Il rafforzamento del nesso, già stabilito
dalla legge delega, fra istruzione e governo locale costituisce una risorsa
fondamentale per l’autonomia scolastica in quanto, con l’utilizzo delle
151 L’assunzione di un ruolo proprio in materia d. istruzione, da parte del sistema locale, insiemeall’accrescimento di poteri delle istituzioni scolastiche, a seguito dell’autonomia, avrebbe inoltredovuto coniugarsi con il mutamento di ruolo e dimensione degli apparati statali, a livellocentrale e periferico. Il riordino del Ministero dell’istruzione disciplinato, sotto il profilofunzionale e organizzativo, dal Capo XI del d.lgs. n. 300/99, oltre a disattendere le proposte diriforma degli apparati statali formulate in previsione della sua emanazione, non appare tuttaviain completa sintonia con il disegno di decentramento verso le scuole e verso il sistema locale, Ilministero non sembrava infatti acquisire un ruolo di semplice indirizzo e valutazione ma diautentico governo del sistema, con la riallocazione di funzioni già attribuite a regioni o entilocali o trasferite alle autonomie scolastiche. 152 Le principali competenze acquisite dal sistema locale afferiscono al dimensionamentoterritoriale delle scuole in conformità alle esigenze della collettività rappresentata, attraverso iprovvedimenti, attuativi dei piani regionali, di istituzione, fusione, aggregazione e soppressionedi istituti (art. 139 lett. a) e alla redazione dei piani di organizzazione. 153 Sul rapporto più stretto instaurato dalla l’ n. 59/97 fra l’istruzione e il governo locale, v. M. GIGANTE, L’istruzione, cit., p. 517.
127
forme di concertazione previste dai regolamenti attuativi, consente agli
istituti di modulare i propri interventi formativi anche in funzione delle
politiche occupazionali definite dal sistema locale. Il disegno politico
diretto a collocare l’autonomia scolastica al crocevia fra il processo di
riorganizzazione del sistema formativo e il processo di decentramento è
stato tuttavia progressivamente accantonato. L’attuazione di questo disegno
era infatti affidata, com’è noto, ad una serie di decreti legislativi154 e
regolamentari 155, per cui non era previsto un criterio temporale di
coordinamento.156 La scelta di procedere prima alla redazione del decreto
attuativo dei conferimenti al sistema locale, in mancanza di un quadro di
riferimento certo, per l’assenza dei regolamenti cui era affidata, sotto
aspetti diversi157, la disciplina più puntuale dell’autonomia funzionale158 ha
conferito di fatto una priorità alla questione della definizione delle
competenze fra i diversi soggetti istituzionali rispetto a quella di una più
complessiva definizione degli obiettivi del sistema educativo.
Molteplici richiami al principio dell’autonomia sono presenti anche nel
d.P.R. 22.6.2009, n. 122 (Regolamento recante coordinamento delle norme
vigenti per la valutazione degli alunni e ulteriori modalità applicative in
materia, ai sensi degli articoli 2 e 3 del decreto-legge 1.9.2008, n. 137,
154 Diretti a identificare i compiti da conferire alle regioni e agli enti locali e quelli da mantenereall’amministrazione statale, adottati ai sensi degli artt. 1 e 3 della legge e poi emanati con d.lgs. n. 112/98 e n. 300/99. 155 Da adottarsi ai sensi dell’art. 21, c. 2, per le modalità di esercizio dell’autonomia scolastica. 156 Sulla mancanza di tale criterio di coordinamento e sui suoi effetti, v. CORPACI A., Commento all’art. 136, cit., p. 456. 157 Per la disciplina puntuale delle funzioni trasferite alle scuole, l’introduzione della disciplinaconcernente la determinazione dei requisiti dimensionali ottimali delle istituzioni scolastiche ele modalità di esercizio della loro autonomia. Per la posizione per cui il trasferimento difunzioni statali alle scuole avrebbe dovuto precedere il conferimento di funzionidall’amministrazione statale alle regioni e agli enti locali, v. PAJNO A., L’autonomia delleistituzioni scolastiche, in GDA, 1997, 438. 158 L'art. 135 d.lgs. n. 112/98 aveva individuato tuttavia una misura di salvaguardiadell’autonomia funzionale precisando che il conferimento di funzioni al sistema locale, aventead oggetto la programmazione e la gestione amministrativa del servizio scolastico, non avrebbeinteressato le attribuzioni in materia trasferite direttamente alle singole scuole. In tal modo siintendeva evitare che l'attuazione del disegno di decentramento verso gli enti territorialipregiudicasse sul nascere la rafforzata capacità d'iniziativa delle scuole, configurandole comeorgani o enti strumentali del sistema locale.
128
convertito, con modificazioni, dalla legge 30.10.2008, n. 169). Il
regolamento, pur dando attuazione alle stringenti innovazioni normative
stabilite dalla legge n. 169/2008 in terna di valutazione del profitto e dei
comportamenti degli alunni, chiama direttamente in causa l’esercizio delle
facoltà autonomistiche dei collegi dei docenti, precisando che “la
valutazione è espressione dell’autonomia professionale propria della
funzione docente, nella sua dimensione sia individuale che collegiale,
nonché dell’autonomia didattica delle istituzioni scolastiche” e prevedendo
che “il collegio dei docenti definisce modalità e criteri per assicurare
omogeneità, equità e trasparenza delle valutazioni nel rispetto del principio
della libertà di insegnamento. Detti, criteri e modalità fanno parte
integrante del piano dell’offerta formativa”.159
159 SERGIO AURIEMMA, Repertorio 2010, Tecnodid, Napoli 2010, p. 123
129
CAPITOLO VI
L’AUTONOMIA SCOLASTICA NELL’AMBITO DELLE INIZIATIVE
COFINANZIATE DAI FONDI STRUTTURALI EUROPEI 2007/2013
6.1. I Fondi Strutturali Europei
La Commissione Europea ha approvato i Programmi Operativi Nazionali:
“Competenze per lo sviluppo”( Decisione del 7.11.2007 n .C(2007)5483),
finanziato con il Fondo Sociale Europeo e “Ambienti per
l’Apprendimento”(Decisione del 7.8.2007 n.C(2007)3878), finanziato con
il Fondo Europeo di Sviluppo Regionale, a titolarità del Ministero della
Pubblica Istruzione in favore delle aree territoriali del nuovo Obiettivo
Convergenza (ex Obiettivo 1). Si tratta di due Programmi che sono stati
elaborati dal Ministero della Pubblica Istruzione per sostenere
l’innovazione e la qualità del sistema scolastico in quattro Regioni del Sud
Italia (Calabria, Campania, Puglia e Sicilia, le sole appartenenti
all’Obbiettivo Convergenza) e per colmare il divario con le altre aree
territoriali del Paese e dell’Unione Europea.
La nuova programmazione dei Fondi Strutturali Europei ha apportato
significativi cambiamenti a seguito della riforma della politica di coesione.
Sono stati ridefiniti e razionalizzati gli obiettivi territoriali. Tutte le risorse
sono state raggruppate in tre grandi tipologie in relazione agli obiettivi e
alle caratteristiche economiche e sociali dei diversi territori dell’UE: Fondo
Sociale Europeo, Fondo Europeo di Sviluppo Regionale e Fondo di
Coesione.
Sono stati definiti i temi prioritari e indirizzati verso le tre grandi sfide
indicate nel terzo rapporto di coesione:
• quella della convergenza, rivolta al rafforzamento della coesione
economica e sociale dell’Unione (che sostituisce l’ex Obiettivo 1),
per le regioni in ritardo di sviluppo (Reddito Nazionale Lordo, RNL,
130
inferiore al 75% della media comunitaria, queste aree erano
identificate come Obiettivo1 nella precedente programmazione);
• quella della competitività, che si abbina all’obiettivo della creazione
di occupazione stabile, per le regioni impegnate nel rafforzamento
dei fattori di stabilità socio economica (nella precedente
programmazione aree identificate come obiettivo 2 e 3);
• quella della cooperazione territoriale che mira a rafforzare la
cooperazione transfrontaliera, transnazionale e interregionale,
promuovendo la ricerca di soluzioni congiunte a problemi comuni tra
le autorità confinanti, come lo sviluppo urbano, rurale e costiero e la
creazione di relazioni economiche e di reti di Piccole e Medie
Imprese.
La riforma, infine, conferma i quattro principi fondamentali dei Fondi
Strutturali: partenariato, programmazione pluriennale, addizionalità e
valutazione.
Il quadro disegnato dai nuovi Regolamenti comporta, rispetto alle priorità
in materia di educazione ed istruzione, sostanziali differenze territoriali
nell’azione del F.S.E. 2007-2013 e, quindi, nel contributo che quest’ultimo
potrà fornire rispetto ai benchmark fissati nell’ambito della strategia di
Lisbona.
La strategia delineata nell’Obiettivo “Convergenza” appare, per
l’intervento del F.S.E – Reg. (CE) 1081/2006, del tutto coerente con gli
obiettivi comunitari. In particolare, si propone di favorire:
1. l’implementazione delle riforme dei sistemi di istruzione e di
formazione, specialmente nell’ottica di accrescerne la capacità di
risposta ai bisogni di una società basata sulla conoscenza,
migliorando l’impatto dell’istruzione e formazione iniziale sul
mercato del lavoro, e aggiornando continuamente le competenze del
personale scolastico e di quello docente in particolare;
2. una maggiore partecipazione all’istruzione e alla formazione lungo
131
tutto l’arco della vita, anche attraverso una significativa riduzione
dell’abbandono scolastico precoce e un maggiore accesso
all’istruzione iniziale, professionale e secondaria; lo sviluppo del
potenziale umano nella ricerca e nell’innovazione, specialmente
attraverso la formazione post - laurea, la formazione dei ricercatori e
la messa in rete delle università, dei centri di ricerca e delle imprese.
A questo proposito, il Regolamento sottolinea l’esigenza di sviluppare
sistemi e strategie di formazione lungo tutto l’arco della vita e di attuare, in
particolare, interventi volti al potenziamento delle competenze linguistiche,
a favore dei giovani che hanno abbandonato precocemente il percorso
scolastico e degli immigrati.
E’ prevista la possibilità di sviluppare progetti innovativi, progetti
interregionali e transnazionali.
Inoltre, una innovazione che contraddistingue in generale tutta la
programmazione 2007/2013, per l’obiettivo Convergenza, riguarda
l’introduzione di una linea di intervento per il potenziamento degli apparati
amministrativi finalizzata a migliorare la capacità istituzionale e
gestionale delle Amministrazioni Pubbliche.
Per quanto riguarda il F.E.S.R., il Regolamento n. 1080/2006, all’interno di
un generale obiettivo finalizzato alla correzione degli squilibri regionali,
prevede, tra i campi di intervento delineati per le aree della “Convergenza”,
anche investimenti in favore dell’istruzione, che contribuiscono ad
accrescere l’attrattiva e la qualità della vita nelle regioni e lo sviluppo della
società dell’informazione.
Assume grande rilievo nella nuova programmazione l’integrazione
strategica di Principi Orizzontali: quali le pari opportunità, la non
discriminazione e lo sviluppo sostenibile (art. 16 e 17 Reg. 1083/06) che
devono caratterizzare trasversalmente tutta la Programmazione 2007/2013,
le azioni ed i progetti. Fra questi principi è preso in considerazione anche il
132
partenariato interistituzionale e con le parti sociali.
Il rafforzamento del sistema dell’istruzione è ritenuto, nella nuova
programmazione, di fondamentale importanza strategica nel contribuire al
conseguimento delle finalità di sviluppo e coesione sociale nel medio e nel
lungo periodo, nel miglioramento del mercato del lavoro, nel favorire i
processi di innovazione e produttività del sistema produttivo oltre che per
garantire reali processi di inclusione sociale, di applicazione del principio
delle pari opportunità e di riduzione del disagio sociale.
Infine, i Programmi Operativi sono “monofondo”. Per questo motivo per
ogni Fondo è stato necessario prevedere un Programma distinto:
“Competenze per lo Sviluppo”, finanziato dal F.S.E., è il programma
definito per sostenere gli interventi di formazione, mentre “Ambienti per
l’Apprendimento” è il programma che promuoverà le infrastrutture
scolastiche ed è finanziato dal F.E.S.R..
Le novità introdotte dalla riforma della politica di coesione prevedono, per
ogni Paese beneficiario, un Quadro di riferimento Strategico Nazionale
(Q.S.N.) che, per tutti gli obiettivi della politica di coesione, definisce,
dall’inizio del nuovo ciclo di programmazione, la strategia che si intende
perseguire con tali politiche. In questo ambito il nostro Paese ha avviato un
processo di programmazione unitaria di risorse nazionali e comunitarie,
coerentemente con quanto avviene già in diverse economie europee, al fine
di poter effettivamente conseguire gli obiettivi definiti sulla base delle
priorità individuate con l’impegno di tutti (Stato e Regioni) e il
riconoscimento di obiettivi comuni finalizzati.
Sulla base del quadro concettuale e degli indirizzi esposti nel Q.S.N., la
strategia individua quattro macro obiettivi:
1) sviluppare i circuiti della conoscenza;
2) accrescere la qualità della vita, la sicurezza e l’inclusione sociale nei
territori;
3) potenziare le filiere produttive, i servizi e la concorrenza;
133
4) internazionalizzare e modernizzare.
All’interno dei macro obiettivi sono state definite le 10 Priorità tematiche
del Quadro. Questi obiettivi costituiranno il riferimento costante per
l’attuazione della programmazione.
Le dieci Priorità sono rivolte a obiettivi di produttività, competitività e
innovazione da perseguire in tutto il Paese. Si declinano con intensità e
modalità differenziate fra le due macro-aree geografiche, Centro Nord e
Mezzogiorno e fra gli obiettivi comunitari di riferimento, "Convergenza",
"Competitività regionale e Occupazione"; "Cooperazione territoriale" che
costituiscono i nuovi obiettivi definiti nell’ambito dei Fondi Strutturali
europei. Nell’ambito del primo macro-obiettivo, la prima priorità
individuata riguarda il “Miglioramento e valorizzazione delle risorse
umane (Priorità 1)”.
Il Q.S.N. ha definito, infine, i Programmi Operativi Nazionali e Regionali
(POR) che costituiscono gli strumenti dell’ attuazione delle politiche di
coesione del nostro Paese.
Uno degli aspetti più critici posti in evidenza dal Quadro Strategico
Nazionale riguarda la qualità dei servizi pubblici essenziali che nel
Mezzogiorno in generale, ma in particolare e con più evidenza, nelle
regioni dell’Obiettivo Convergenza (Calabria, Campania, Puglia e Sicilia)
costituisce uno degli aspetti più difficili e che maggiormente influisce sulle
potenzialità di sviluppo dei relativi territori.
In questo ambito, il servizio scolastico è stato considerato fra i servizi
pubblici essenziali. Infatti il settore dell’istruzione e della formazione è
posto con grande rilievo al centro delle politiche di sviluppo delle suddette
aree territoriali. Si fa riferimento alla priorità strategica del
“miglioramento e valorizzazione del sistema di istruzione” (Priorità 1) in
quanto ritenuto un fattore essenziale di sviluppo e coesione. L’obiettivo è
quello di garantire almeno pari standard minimi di qualità del servizio
scolastico in tutto il territorio nazionale, fissando indicatori di risultato
134
coerenti con gli obiettivi europei che dovranno essere conseguiti nei
prossimi anni, rendendo più equo il sistema di istruzione e promuovendo
nel contempo le eccellenze. In ragione di ciò sono stati definiti gli obiettivi
di servizio individuando, nel contempo, la loro misurabilità attraverso
alcuni indicatori differenziati per tipologia di servizio.
Per quanto riguarda il sistema scolastico è stato individuato un principale
obiettivo di servizio “Elevare le competenze degli studenti e la capacità di
apprendimento della popolazione” che sarà misurato sulla base dei
seguenti indicatori (scelti fra i benchmark definiti per il sistema istruzione
dal Consiglio dei Ministri europei):
1. diminuzione degli abbandoni scolastici precoci e conseguente
aumento del tasso di scolarizzazione per la scuola secondaria
superiore, misurato con l’indicatore relativo alla percentuale di
giovani (età 18-24 anni) con titolo di studio inferiore al diploma di
scuola secondaria di secondo grado e che non partecipa ad altre
attività formative (Indagini sulle Forze del Lavoro e UOE). Il target
per la verifica finale è fissato al 2013 pari al 10% per ciascuna
Regione;
2. livello di competenze degli studenti, misurato con la percentuale di
studenti 15-enni con un livello basso di competenza nell’area della
lettura (indagine OCSE-PISA). Il target è fissato al 20% per i
quindicenni sotto il livello 2 delle prove O.C.S.E. P.I.S.A.;
3. livello delle competenze degli studenti, misurato con la percentuale
di studenti 15-enni con un livello basso di competenza nell’area della
matematica (indagine OCSE-PISA). Il target fissato è quello di
ridurre al non più del 21% studenti con al massimo il 1 livello.
In considerazione dell’ampiezza del raggio di intervento cui fa riferimento
l’obiettivo di servizio indicato, nonché della complessità ad esso associata
in termini di tipologie di intervento realmente in grado di incidere su
135
criticità spesso anche di carattere strutturale, sono state attribuite al
Ministero della Pubblica Istruzione risorse finanziarie suppletive dei Fondi
Strutturali Europei oltre a quelli già stanziati dal Fondo per le Aree
Sottoutilizzate (F.A.S.).
6.2. Linee di intervento e strategia
La strategia globale della programmazione per il settore dell’Istruzione
2007-2013, in linea con la priorità 1 del Q.S.N., si pone obiettivi generali
ambiziosi ed è orientata al raggiungimento di risultati diffusi allo scopo di:
• innalzare i livelli di apprendimento e di competenze chiave,
l’effettiva equità di accesso ai percorsi migliori, aumentare la
copertura dei percorsi di istruzione e formazione iniziale;
• aumentare la partecipazione a opportunità formative lungo tutto
l’arco della vita;
• rafforzare, integrare e migliorare la qualità dei sistemi d’istruzione,
formazione e lavoro e il loro collegamento con il territorio.
Tale strategia è stata condivisa con le Regioni che, nell’ambito dei loro
Programmi Operativi Regionali, concorrono al conseguimento degli stessi
obiettivi.
Nell’ambito di questa strategia globale, i due programmi Operativi
Nazionali, “Competenze per lo sviluppo” (F.S.E.) e “Ambienti per
l’apprendimento” (F.E.S.R.) hanno in comune la presentazione di un
quadro di contesto che analizza tutti gli aspetti evolutivi del settore, nonché
i risultati della programmazione 2000/2006, ponendo in evidenza le
criticità ed i punti di forza del sistema.
L’analisi del contesto permette a tutti di comprendere che la strategia
delineata nei documenti, individua alcune priorità di intervento finalizzate a
riequilibrare il sistema e, nello stesso tempo, a sostenere i processi di
riforma ed innovazione della scuola, nonché gli elementi di continuità e
discontinuità con l’attuale programmazione.
136
Entrambi i programmi, infine, concorrono al conseguimento degli obiettivi
di Lisbona e di Göteborg.
In coerenza con le missioni specifiche dei due Fondi Europei F.S.E. e
F.E.S.R., con il PON “Competenze per lo Sviluppo (F.S.E.), si intende
incidere sulla preparazione, sulla professionalità delle risorse umane e sugli
esiti degli apprendimenti di base; con il PON “Ambienti per
l’apprendimento” (F.E.S.R.), si intende influire sulla qualità delle
infrastrutture scolastiche, sul loro adeguamento ai fini didattici, sul
risparmio energetico, sulla sicurezza e la qualità delle attrezzature per
rendere la scuola accessibile, attraente e funzionale all’apprendimento.
La strategia operativa dei Programmi Istruzione 2007-2013 - F.S.E. e
F.E.S.R. - è fondata su due impatti prioritari:
1. più elevate e più diffuse competenze e capacità di apprendimento di
giovani e adulti, da raggiungere in coerenza con la strategia della politica
ordinaria per l’istruzione - potenziamento dell’autonomia, estensione
dell’obbligo a 16 anni e, definizione di livelli degli apprendimenti nell’area
dell’istruzione secondaria di primo grado e del biennio dell’istruzione di
secondo grado, la cui organizzazione dovrebbe contemplare le tre aree dei
licei, dell’istruzione tecnica e di quella professionale, riorganizzazione e
rafforzamento dei Centri per l’educazione degli adulti;
2. maggiore attrattività della scuola anche in termini di ambienti ben
attrezzati per la didattica, sicuri e accoglienti per contrastare gli abbandoni
precoci e attenuare gli effetti di quei fattori di contesto, interni ed esterni
alla scuola, che influiscono su motivazioni, impegno e aspettative dei
giovani e delle loro famiglie.
Si tratta di obiettivi che richiedono prioritariamente interventi su tutti quei
fattori che, direttamente o indirettamente, influiscono sulla qualità del
sistema (in quanto esso stesso determina le aspettative di vita e di lavoro
dei giovani e degli adulti): la formazione del personale scolastico e, in
137
particolare dei docenti, lo sviluppo dell’autonomia scolastica in tutte le sue
forme, la sicurezza delle strutture scolastiche e la loro qualità anche in
riferimento alla ecosostenibilità ed attrattività, i servizi sociali quale
supporto alla scuola e alle famiglie, la fiducia nelle istituzioni e nel futuro,
la consapevolezza di poter spendere le competenze acquisite a scuola nel
mondo del lavoro e di poter accedere a beni e servizi, senza rischio di
esclusione e in un clima di sicurezza.
6.3. Il Fondo Sociale Europeo (F.S.E.)
Le priorità indicate nel programma finanziato dal Fondo Sociale Europeo
“Competenze per lo Sviluppo”, che come è noto interviene per promuovere
l’occupazione con azioni formative, per il settennio di programmazione,
riguardano:
a) lo sviluppo degli strumenti e la capacità diagnostica;
b) la formazione del personale della scuola;
c) il miglioramento delle competenze di base dei giovani;
d) lo sviluppo della società dell’informazione;
e) la promozione di reti fra scuole e con il territorio;
f) le iniziative per promuovere il successo scolastico, le pari opportunità e
l’inclusione sociale;
g) la promozione di un sistema di formazione lungo tutto l’arco della vita;
h) il miglioramento e potenziamento della capacità istituzionale
(governance) e del sistema di valutazione nazionale.
Di seguito viene presentato un quadro riassuntivo che permette di
evidenziare Assi, Obiettivi Globali e Specifici del Programma Operativo
F.S.E. 2007-2013 con riferimento sia al Regolamento n. 1083/2006 del
Consiglio, sia al Quadro Strategico Nazionale 2007-2013 (Q.S.N.), in
particolare alla priorità 1 “Miglioramento e valorizzazione delle risorse
umane”, i cui obiettivi sono stati ampiamente condivisi nel corso del
processo di definizione dello stesso Q.S.N..
138
Assi F.S.E. Obiettivi di Asse Obiettivi specifici
a) Sviluppare la capacità
diagnostica e i dispositivi per la
qualità del sistema scolastico
b) Migliorare le competenze del
personale della scuola e dei
docenti
c) Migliorare i livelli di
conoscenza e competenza dei
giovani
d) Accrescere la diffusione,
l’accesso e l’uso della società
dell’informazione nella scuola
Espandere e migliorare gli
investimenti nel capitale
umano promuovendo
1)l’attuazione di riforme di
sistemi di istruzione e
formazione in special modo
per aumentare la
rispondenza delle persone
alle esigenze di una società
basata sulla conoscenza e
sull’apprendimento
permanente;
e) Sviluppare reti tra gli attori
del sistema e con le istanze del
territorio
f) Promuovere il successo
scolastico, le pari opportunità e
l’inclusione sociale
Asse I
Capitale
umano
2) una maggiore
partecipazione all’istruzione
e alla formazione
permanente anche
attraverso azioni intese a
ridurre l’abbandono
scolastico e la segregazione
di genere e ad aumentare
l’accesso e la qualità
dell’istruzione iniziale.
g) Migliorare i sistemi di
apprendimento durante tutto
l’arco della vita
Asse II Rafforzamento della h) Migliorare la governance e
139
Assi F.S.E. Obiettivi di Asse Obiettivi specifici
Capacità
istituzionale
capacità istituzionale e
l’efficienza delle pubbliche
amministrazioni e dei servizi
pubblici a livello nazionale
in una prospettiva di
riforme; miglioramento
della regolamentazione e
buona governance nel
settore dell’istruzione.
la valutazione del sistema
scolastico
Asse III
Assistenza
tecnica
Assistenza Tecnica
i) Migliorare l’efficienza,
efficacia e la qualità degli
interventi finanziati, nonché la
verifica e il controllo degli
stessi
l) Migliorare e sviluppare
modalità, forme e contenuti
dell’informazione e
pubblicizzazione del
Programma, degli interventi e
dei risultati
Il Programma prevede, infine, la possibilità di sviluppare progetti
innovativi e progetti multiregionali e transnazionali. Le relative azioni
saranno sviluppare nei prossimi anni di programmazione.
6.4. Il Fondo Europeo di Sviluppo Regionale “Ambienti per
l’apprendimento”
Il Programma finanziato dal Fondo Europeo di Sviluppo Regionale
140
“Ambienti per l’apprendimento”, i cui interventi sono funzionali agli
interventi del F.S.E., costituisce uno strumento essenziale per completare il
piano degli investimenti, avviato con la precedente programmazione, nelle
tecnologie didattiche, nei laboratori collegati alle competenze di base
(lingue, matematica, scienze, laboratori settoriali, musica ecc.). Inoltre è
previsto un Asse per migliorare le infrastrutture scolastiche, aumentarne la
sicurezza e, quindi, la qualità del servizio, incrementare la qualità e
l'ecosostenibilità delle infrastrutture scolastiche anche con interventi
finalizzati al risparmio energetico, rafforzare le strutture per garantire la
partecipazione delle persone diversamente abili, potenziare gli impianti
sportivi, promuovere la trasformazione delle scuole in centri di
apprendimento polifunzionali accessibili a tutti ed infine potenziare gli
ambienti per l'autoformazione e la formazione degli insegnanti e del
personale della scuola.
Gli obiettivi operativi sono i seguenti:
a) Incrementare le dotazioni tecnologiche e le reti delle istituzioni
scolastiche;
b) Incrementare il numero dei laboratori per migliorare l’apprendimento
delle competenze chiave, in particolare quelle matematiche, scientifiche e
linguistiche;
c) Incrementare la qualità delle infrastrutture scolastiche, l’ecosostenibilità
e la sicurezza degli edifici scolastici; potenziare le strutture per garantire la
partecipazione delle persone diversamente abili e quelli finalizzati alla
qualità della vita degli studenti;
d) Promuovere la trasformazione delle scuole in centri di apprendimento
polifunzionali accessibili a tutti;
e) Potenziare gli ambienti per la l’autoformazione e la formazione degli
insegnanti.
Anche per questo programma il quadro riassuntivo sotto rappresentato
141
consente di evidenziare Assi e Obiettivi globali e Specifici del Programma
Operativo Istruzione 2007-2013 finanziato con il F.E.S.R. sempre con
riferimento sia al Regolamento n. 1083/2006 del Consiglio, nonché al
Quadro Strategico Nazionale 2007-2013 (Q.S.N.), in particolare alla
priorità 1 “Miglioramento e valorizzazione delle risorse Umane” i cui
obiettivi sono stati ampiamente condivisi nel corso del processo di
definizione dello stesso Q.S.N..
Obiettivo
Globale
Assi Obiettivi
specificiObiettivi operativi
a) Incrementare le
dotazioni
tecnologiche e le reti
delle istituzioni
scolastiche;
Migliorare
l’accessibilità
e l’attrattività
delle strutture
scolastiche
per gli
studenti e gli
Asse I
Società
dell’informazione
e
della conoscenza
Promuovere e
sviluppare la
Società
dell’informazione
e della
conoscenza nel
sistema
scolastico
b) Incrementare il
numero dei
laboratori per
migliorare
l’apprendimento
delle competenze
chiave, in particolare
quelle matematiche,
scientifiche e
linguistiche;
142
c) Incrementare la
qualità delle
infrastrutture
scolastiche,
l’ecosostenibilità e la
sicurezza degli
edifici scolastici;
potenziare le
strutture per
garantire la
partecipazione delle
persone
diversamente abili e
quelli finalizzati alla
qualità della vita
degli studenti
d) Promuovere la
trasformazione delle
scuole in centri di
apprendimento
polifunzionali
accessibili a tutti;
adulti
Asse II
Qualità degli
ambienti
scolastici
Migliorare la
sostenibilità
ambientale e
l’innovatività
delle strutture
scolastiche per
valorizzare
l’offerta
formativa
e) Potenziare gli
ambienti per la
l’autoformazione e
la formazione degli
insegnanti;
143
f) Migliorare
l’efficienza, efficacia
e la qualità degli
interventi finanziati,
nonché la verifica e
il controllo degli
stessi;Asse III
Assistenza
tecnica
Assistenza
Tecnicag) Migliorare e
sviluppare forme e
contenuti
dell’informazione e
pubblicizzazione del
programma, degli
interventi e dei suoi
risultati
Sul piano operativo, per raggiungere gli obiettivi indicati, tutte le scuole
delle Regioni dell’Obiettivo Convergenza possono prevedere, sulla base di
alcune proposte di azioni avanzate dal Ministero, un Piano Integrato di
interventi, che ciascun istituto definirà collegialmente integrando il piano
dell’offerta formativa. Il Piano Integrato si può articolare in due piani uno
finanziato con il F.S.E. e l’altro con il F.E.S.R., ciascuno di essi modulato
sulle azioni specifiche dei due Programmi Operativi.
Il Piano Integrato si fonda sull’auto-diagnosi dei fattori di maggiore
criticità sia del contesto scolastico - livello degli apprendimenti, regolarità
del percorso scolastico e della frequenza, debiti formativi e aree disciplinari
interessate, dotazioni tecnologiche e laboratori, grado di sicurezza e qualità
degli ambienti di lavoro, presenza di barriere architettoniche, adeguamento
della professionalità del personale docente e amministrativo attraverso la
144
formazione in servizio, disponibilità di servizi messi a disposizione dagli
Enti locali, ecc… e sia del contesto familiare e culturale in cui vive la
popolazione scolastica di riferimento.
Il Piano è costituito dall’insieme delle proposte di azioni con cui l’Istituto
scolastico intende affrontare le proprie criticità, le esigenze e le richieste
della comunità scolastica che ad esso afferisce.
Le proposte riguardano interventi previsti all’interno degli obiettivi
specifici di entrambi i Programmi F.S.E. e F.E.S.R., in quanto la qualità
delle strutture scolastiche e la disponibilità di ambienti attrezzati
(laboratori, auditorium, palestra, biblioteca, spazi verdi, aula magna, ecc.)
sono il presupposto di una scuola accogliente, dove si apprende, si lavora e
si sta bene; dove si ha la possibilità di utilizzare strumenti e infrastrutture
tecnologiche in grado di attivare quei processi interattivi che stimolino il
pensiero creativo ed il ragionamento logico dei più giovani e aprano al
mondo esterno, anche attraverso il lavoro in rete e a distanza.
Questo rafforza gli esiti delle attività sostenute con le risorse del Fondo
Sociale, comprese quelle di accompagnamento, e l’ampliamento
dell’offerta formativa. Tutti gli interventi saranno orientati al
miglioramento dei livelli di conoscenza e competenza dei giovani e al
successo scolastico. In generale, tutti i percorsi aggiuntivi dovranno essere
coerenti con le priorità individuate dalla stessa scuola nella fase di diagnosi
della propria realtà, in particolare dal collegio dei docenti che deve
assumere l’impegno e la responsabilità di introdurre tutte le misure
necessarie per innovare i processi di insegnamento/apprendimento
attraverso percorsi di formazione in servizio su metodologie (cooperative
learning, ricerca-azione, didattica laboratoriale, ecc…) che consentono di
verificare e valutare, organizzare conoscenze e utilizzarle in situazioni
nuove.
Da qui la scelta di sostenere contemporaneamente interventi infrastrutturali
e di formazione, con l’obiettivo di accelerare il miglioramento della qualità
145
del servizio scolastico attraverso:
1. l’apertura della scuola in orario pomeridiano;
2. la progettazione di un’offerta formativa ampia e flessibile,
coerente con le caratteristiche della popolazione scolastica e con i
bisogni dei singoli alunni, finalizzata ad innalzare i livelli di
competenza, da quelli di base ai più elevati, di tutti gli alunni e le
alunne;
3. la diffusione di metodologie innovative e attraenti;
4. la promozione della cultura dell’autovalutazione tra gli alunni, i
docenti e la totalità del personale scolastico;
5. lo sviluppo di azioni di orientamento formativo che, partendo
dalla dimensione personale e dai vissuti di ciascun alunno,
facilitino consapevolezza di sé, autostima e fiducia;
6. la sensibilizzazione dei genitori anche attraverso interventi di
diretto coinvolgimento nelle attività della scuola, soprattutto in
presenza di situazioni di particolare disagio culturale delle
famiglie o rischio di abbandoni precoci, interventi di
formazione/informazione per accrescere le aspettative nei
confronti della scuole e facilitare i rapporti genitori – figli;
7. la diffusione dei laboratori multimediali, scientifici, linguistici e
tecnologici;
8. lo sviluppo di “centri di acquisizione delle conoscenze e il loro
collegamento in rete” per consentire il raccordo fra scuole, mondo
della ricerca educativa, sistema produttivo e istituzioni;
9. l’ecosostenibilità e la sicurezza degli edifici scolastici;
10.l’accessibilità degli edifici da parte degli alunni diversamente
abili;
11.la predisposizione di spazi dedicati ad attività ludico-ricreative.
146
6.5. Specificità dei due Fondi Strutturali nell’ambito del Piano
Integrato
Sebbene l’utilità di un approccio unitario sia in fase di attività di
pianificazione che di autoanalisi della scuola appare indiscutibile, e ciò
abbia indotto l’Autorità di gestione ad avviare l’attuazione dei programmi
in questa direzione, tuttavia è, altresì, necessario precisare che sul piano
della progettazione specifica e quello attuativo devono essere tenute
distinte le azioni finanziate dal F.S.E. e quelle finanziate dal F.E.S.R.,
tenendo conto delle differenze in ordine alla provenienza dei fondi, alle
finalità specifiche, alla tipologia di spesa, all’ammissibilità della spesa
ecc… Il piano, pertanto, viene articolato in due aree distinte in relazione ai
due Fondi come precisato nel paragrafo relativo alle modalità di
partecipazione. Inoltre, mentre le azioni finanziate dal F.S.E., per la loro
stessa natura, possono ripetersi negli anni di programmazione in funzione
del raggiungimento progressivo degli obiettivi formativi, le azioni
finanziate dal F.E.S.R., che prevedono investimenti materiali e duraturi,
devono essere pianificate in relazione all’urgenza, al collegamento con le
azioni del F.S.E. e tenendo conto che, una volta risolta la criticità con
l’attuazione di una delle azioni, non sarà possibile richiedere la stessa
azione più volte.
6.6. L’equità della scuola
Affinché l’intervento scolastico sia più equo e offra migliori possibilità di
successo anche in aree di maggiore disagio, è importante poter intervenire
in modo incisivo già sui primi segmenti dell’istruzione. Grazie alla maggior
disponibilità di risorse della nuova programmazione un’area principale di
intervento riguarda l’attenzione all’istruzione primaria e, soprattutto,
secondaria – sia di primo che di secondo grado e, in quest’ultimo caso,
nelle classi del biennio - per ampliare i tempi di fruizione del servizio
scolastico e offrire un’ampia gamma di attività orientate prioritariamente
147
sulle competenze misurate dall’indagine OCSE-PISA, cioè lettura (nella
varietà delle sue accezioni), matematica e scienze, nonché sulle altre
competenze chiave per l’apprendimento permanente: comunicazione nelle
lingue straniere, competenza digitale, imparare ad imparare, competenze
sociali e civiche, spirito d’iniziativa e imprenditorialità, consapevolezza ed
espressione culturale.160 Tali attività aggiuntive, coerenti con quelle
curricolari, devono integrare, arricchire e/o recuperare capacità,
conoscenze, abilità di alunni e alunne, tenendo conto delle singole
potenzialità – nel caso specifico le competenze informali – ma anche delle
storie personali, sia scolastiche che di contesto familiare soprattutto nelle
situazioni in cui l’obiettivo primario è quello di rafforzare la motivazione
ad apprendere, stimolare responsabilità e impegno nello studio, favorire
riflessione e partecipazione attiva ai personali processi di costruzione del
proprio sapere. Si tratta, in definitiva, di dare a tutti gli alunni e le alunne
occasioni e stimoli adeguati che, avendo come punti di riferimento le
singole situazioni di partenza, consentano di conseguire, in maniera
consapevole, esiti positivi.
La medesima strategia contraddistingue l’offerta formativa destinata ad
adulti e adulte.
6.7. Il recupero delle competenze
Con riferimento specifico ai destinatari adulti degli interventi dei
Programmi, il PON finanziato con il F.S.E., in coerenza con l’obiettivo
specifico 1.3 – della Priorità 1 del Q.S.N. “garantire l’accessibilità a
opportunità formative, certificate, per le competenze chiave e la
cittadinanza attiva” - della Priorità 1 del Q.S.N. - contribuisce con
interventi modulari sulle competenze chiave, anche ai fini del recupero
dell’istruzione di base per giovani che sono fuori dai circuiti formali della
160 Si fa riferimento alle competenze così come definite e articolate nell’Allegato allaRaccomandazione del Parlamento Europeo e del Consiglio del 18 dicembre 2006 sullecompetenze chiave per l’apprendimento permanente.
148
formazione e per adulti/e senza titolo di studio o con basse qualifiche o con
competenze inadeguate e obsolescenti.
Accanto ai suddetti percorsi, che vanno realizzati in continuità con la
programmazione 2000/2006, è stato previsto l’ampliamento delle
opportunità con altre tipologie di intervento: attività di tirocinio nel
territorio, in altre regioni e nei Paesi dell’Unione Europea; sperimentazione
di formazione assistita a distanza, con azione di orientamento; supporto per
la costruzione di reti transnazionali di cooperazione sull’educazione degli
adulti alla cittadinanza europea; interventi di valorizzazione dei progetti
pilota del Programma comunitario lifelong learning. Inoltre, considerato
che l’obiettivo finale è l’integrazione sociale e lavorativa, è opportuno, così
come si afferma nel Q.S.N., attivare reti dei soggetti che erogano le diverse
offerte di servizi formativi di orientamento, ottimizzando e migliorando le
strutture esistenti, aprendole a tutti i soggetti che, a livello locale, operano
nel settore.
Sul territorio nazionale, presso le Istituzioni scolastiche che, in prevalenza,
sono del primo ciclo d’istruzione, sono presenti in maniera capillare i
Centri territoriali Permanenti per l’Educazione degli Adulti, (sono in via di
emanazione le disposizioni relative ai Centri provinciali per l’istruzione
degli adulti) che rappresentano una grande risorsa per l’obiettivo del Q.S.N.
e per quello della politica ordinaria che ha rafforzato l’attenzione
all’apprendimento della popolazione adulta. Infatti i suddetti Centri
diventeranno autonomi ed avranno un organico distinto da quello della
scuola finora titolare del CTP/EDA.
In continuità con la precedente programmazione potranno offrire
opportunità aggiuntive di formazione per gli adulti e orientamento anche i
Centri Risorse contro la dispersione scolastica e i Centri Polifunzionali di
servizio (PON “La Scuola per lo Sviluppo” 2000/2006).
Il PON “Competenze per lo Sviluppo”, in considerazione delle risorse
aggiuntive previste per l’obiettivo specifico “Migliorare i sistemi di
149
apprendimento durante tutto l’arco della vita”, contribuirà, nelle regioni
dell’Obiettivo Convergenza, alla realizzazione dell’impegno di assicurare
la partecipazione di almeno il 12,5% della popolazione adulta in età
lavorativa, dai 25 ai 64 anni, ad azioni di apprendimento (anch’esso uno dei
5 benchmark stabiliti dal Consiglio dei ministri Europei). I Fondi Strutturali
sosterranno, pertanto, la suddetta trasformazione della rete dei centri per la
formazione degli adulti e promuoveranno, d’intesa con le Regioni del
Mezzogiorno, la collaborazione dei suddetti Centri con i soggetti del
territorio che operano nel settore della formazione permanente.
6.8. L’innovazione didattica e le pratiche laboratoriali
Il PON finanziato con il F.E.S.R. prevede contemporaneamente, e collegate
con esse, le azioni di investimento nelle tecnologie didattiche ma anche nei
laboratori scientifici e linguistici nonché tutti gli interventi infrastrutturali
finalizzati a qualificare l’offerta formativa. Inoltre, allo scopo di influire nei
processi di rinnovamento sono stati previsti alcuni obiettivi i cui interventi
devono contribuire a modificare il sistema, valorizzare l’autonomia
scolastica e sostenere l’innovazione attraverso la ricerca educativa e
didattica che “deve fare dell’insegnamento una pratica ricca di riflessività e
di ricerca”.
Rispetto a tali obiettivi, la Commissione si propone di supportare il
processo di riforma in atto e il servizio offerto dalle singole istituzioni
scolastiche, compresi i centri provinciali per l’istruzione degli adulti con la
messa a punto di strumenti che sostengano e orientino la qualità del loro
operato e la capacità diagnostica, attraverso:
− la definizione di standard di qualità del servizio scolastico (con
riferimento alle attività educative, ai risultati e alle strutture)
promuovendo anche la certificazione, sempre di qualità, delle istituzioni
scolastiche;
− l’implementazione di standard per i diversi livelli di apprendimento
150
nell’istruzione del primo e secondo ciclo avendo come punto di
riferimento le indicazioni nazionali e le competenze chiave per
l’apprendimento permanente indicate nella Raccomandazione del
Parlamento europeo e del Consiglio del 18 dicembre 2006;
− la definizione di standard dei materiali per la didattica e delle
infrastrutture tecnologiche;
− il supporto alla costruzione dell’anagrafe degli studenti e
all’integrazione delle banche dati esistenti.
6.9. Le Reti
Complementari a tali linee di azione, sono quelle che riguardano le reti
territoriali nell’obiettivo “sviluppare reti tra gli attori del sistema e con le
istanze del territorio” del PON F.S.E. e negli obiettivi del PON F.E.S.R..
Infatti, rafforzare l’operatività dei Centri polifunzionali di servizio e di
Centri risorse contro la dispersione scolastica, contribuire ad aprire la
scuola al territorio con interventi di rete tra scuole e altri soggetti (agenzie
formative, centri di ricerca, università, imprese, associazioni di varia
natura, ecc…), sostenere le reti per lo sviluppo e la valorizzazione
dell’istruzione tecnica e professionale, contribuisce a dotare le scuole
situate in territori particolarmente deprivati, di punti di riferimento per
compensare l’inevitabile fase di transizione di un complesso processo di
riforma e, nel momento in cui esso si avvia, dare attuazione in tempi più
brevi e in maniera più diffusa e coordinata.
6.10 Gli interventi infrastrutturali
Gli interventi sostenuti con le risorse del F.E.S.R. sono finalizzati ad avere
maggiore durata e impatto fisico. Dotare le scuole di laboratori per
facilitare i processi di apprendimento e innalzare i livelli delle competenze,
incrementare le dotazioni tecnologiche e le reti delle istituzioni scolastiche,
promuovere l’ecosostenibilità, garantire la sicurezza e accessibilità degli
151
edifici scolastici, dotarli di strutture sportive e di ambienti di
socializzazione, di spazi per attività creative, teatrali e musicali migliora la
qualità del servizio, rende la scuola attraente e ne facilita la trasformazione
in comunità di pratiche, dialogo fra le diversità di genere, cultura, etnia,
nonché di persone.
Si sottolineano, inoltre, altre aree di intervento di primaria importanza per il
successo della strategia complessiva dei Programmi, che il dibattito più
recente sullo stato dell’istruzione nel nostro Paese e soprattutto nel
Mezzogiorno considera prioritari perché ad essi è legato il successo della
politica ordinaria e regionale. Ci si riferisce a:
− il miglioramento delle competenze del personale della scuola e dei
docenti, con interventi di formazione in servizio molto mirati e dedicati
a tutti i tre target di utenza – dirigenti, docenti e personale
amministrativo,– secondo le aree di competenza e anche su questioni
molto diversificate specie per quanto riguarda i docenti. Dalle
competenze dei docenti - disciplinari, metodologiche e didattiche,
relazionali e comunicative, di ascolto e gestione di situazioni
conflittuali, di valutazione degli apprendimenti collegata a finalità
orientative, di riflessione costante sul proprio operato e quindi di
autovalutazione – dipende, in maniera non totale ma abbastanza
consistente, il successo scolastico di gran parte degli alunni e delle
alunne. Altrettanto essenziale è anche la professionalità dei dirigenti
scolastici e del personale amministrativo. Per tali ragioni, le attività di
formazione, coordinate con la Direzione competente del Ministero,
dovrà essere continua e coinvolgere, sia pure su obiettivi differenti legati
alle storie professionali dei singoli, una percentuale elevata di personale.
Gli ambiti di formazione previsti riguardano l’attuazione della riforma
nei segmenti d’interesse dell’ordine e grado di scuola, lo sviluppo
dell’autonomia, la promozione delle competenze degli alunni, la ricerca
educativa, l’orientamento formativo, la comunicazione e l’accoglienza,
152
la valutazione dei processi e degli apprendimenti, la conoscenza e l’uso
didattico degli strumenti della società dell’informazione,
l’organizzazione della vita scolastica, il rapporto con il territorio e il
mondo del lavoro, le procedure contabile e amministrative. Considerato
che il livello delle competenze del personale scolastico è molto vario,
alle scuole verranno proposte opportunità differenziate, comprese borse
di ricerca, master e stage;
− il potenziamento della valutazione di sistema sullo stato delle singole
scuole, prevista per tutto il territorio nazionale, sostenuta da risorse
ordinarie e condotta dall’INVALSI;
− la valutazione interna, da parte di ciascuna scuola che verrà avviata
attraverso uno strumento diagnostico elaborato tenendo presenti gli
indicatori di risultato dei PO istruzione, F.S.E. e F.E.S.R., in fase di
ricognizione iniziale per individuare punti di forza e di debolezza,
opportunità e rischi, in base ai quali progettare il proprio piano di
intervento, curricolare ed extra curricolare, e assumere la responsabilità
dei risultati;
− la valutazione esterna (partecipazione all’indagine PISA dell’OCSE),
con particolare attenzione ai livelli di apprendimento e ai processi messi
in atto attraverso l’uso delle risorse ordinarie e aggiuntive, che verrà
sostenuta con le risorse aggiuntive dei programmi operativi;
− il miglioramento dei sistemi di governo della scuola, la qualità dei
raccordi interistituzionali e con le parti sociali, la loro capacità
diagnostica. Un impegno specifico in tal senso è previsto per le strutture
periferiche dell’Amministrazione scolastica (regionali e provinciali) e
l’Agenzia per lo sviluppo dell’autonomia scolastica (in fase di
istituzione), fondamentali per creare, con i diversi attori del territorio,
una rete di supporto allo sviluppo qualitativo del servizio scolastico e
trasferire la conoscenza nelle scuole.
153
L’insieme delle aree di intervento prioritarie indicate e degli strumenti
dovrebbe portare ad una accelerazione dei processi di rinnovamento del
sistema e di qualificazione complessiva del settore, in modo omogeneo e
stabile sul territorio. In sostanza, dovrà essere potenziata la “capacity
building” dell’insieme dei “servizi” di supporto allo sviluppo e alla crescita
della qualità dell’Istruzione.
6.11 Organizzazione e Gestione della Programmazione
I programmi operativi già delineano l’organizzazione necessaria ed
essenziale sia per corrispondere alle caratteristiche operative richieste dai
Regolamenti Europei in materia, sia per corrispondere ai livelli di
efficienza ed efficacia richiesti.
Le strutture preposte a livello centrale, in ottemperanza ai Regolamenti
europei, sono le seguenti:
l’Autorità di Gestione - Direzione Generale per gli Affari
Internazionali - Ufficio V, è responsabile della gestione e attuazione
del Programma Operativo conformemente al principio di buona e
sana gestione amministrativa e finanziaria;
l’Autorità di Certificazione - Direzione Generale per gli Affari
Internazionali - Ufficio I, è responsabile della certificazione corretta
delle spese all’Unione Europea;
l’Autorità di Audit - Direzione Generale per la Politica Finanziaria e
per il Bilancio è responsabile della verifica dell’efficace
funzionamento del sistema di gestione e di controllo e del controllo
di secondo livello.
Per ciascuna di esse le funzioni sono stabilite analiticamente nei
Regolamenti e rispondono alle caratteristiche di indipendenza in essi
previste.
A livello territoriale parimenti fondamentale è il ruolo degli Uffici
Scolastici Regionali che contribuiscono in maniera significativa
154
all’attuazione del Programma. In particolare gli Uffici Scolastici Regionali
sono direttamente coinvolti nelle sottoindicate aree di intervento:
• azione di sensibilizzazione e promozione per incentivare la
partecipazione di tutte le scuole del territorio di riferimento;
• azione di sostegno per la preparazione dei piani di intervento;
• azione di valutazione delle proposte delle istituzioni scolastiche nei
casi di azioni decentrate;
• azione di concertazione e integrazione, d’intesa con la Direzione
Generale per gli Affari Internazionali, con i molteplici attori
coinvolti nel territorio a partire in via prioritaria dalle Regioni e dalle
Autonomie locali;
• azione di controllo delle irregolarità e di recupero di eventuali fondi
irregolarmente spesi in violazione dei regolamenti europei.
Infine, gli Uffici Scolastici Provinciali sono coinvolti nelle attività di
controllo di primo livello.
Si richiama in proposito la Circolare Ministeriale Prot. 5567 del 11
dicembre 2007 Programmazione dei Fondi Strutturali e Fondo Aree
Sottoutilizzate 2007-2013.
6.12 Normativa di Riferimento
Le azioni finanziate con i Fondi Strutturali Europei devono essere
realizzate osservando tutte le disposizioni Comunitarie e Nazionali emanate
in materia, tenendo conto che, nel caso di inosservanza delle disposizioni e
in presenza di eventuali irregolarità, le azioni verranno annullate, in tutto o
in parte, e verrà richiesta la restituzione dei fondi eventualmente erogati. E’
quindi necessario, nell’attuazione degli interventi finanziati, tenere conto
del quadro normativo cui fare riferimento.
Per quanto riguarda la normativa comunitaria, i testi cui fare riferimento
sono principalmente:
• il Regolamento (CE) n.1083/2006 del 11/07/06- Disposizioni generali
155
sui Fondi strutturali;
• il Regolamento (CE), n. 1081/2006 del 5/07/2006 relativo al F.S.E.;
• il Regolamento (CE) n. 1080/2006 del 5/07/2006 relativo al F.E.S.R.;
• il Regolamento (CE) n. 1828/2006 del 8/12/2006 che stabilisce modalità
di applicazione del Regolamento (CE) 1083/2006 e del Regolamento
(CE) 1080/2006.
Per quanto riguarda la normativa nazionale, andranno tenuti presenti,
primariamente, i seguenti documenti fondamentali del PON:
• il testo del Programma Operativo Nazionale 2007 IT 05 1 PO 007
“Competenze per lo Sviluppo” relativo al Fondo Sociale Europeo;
• il testo del Programma Operativo Nazionale 2007 IT 16 1 PO 004
“Ambienti per l'apprendimento” relativo al Fondo Europeo Sviluppo
Regionale;
• Decreto Interministeriale n. 44 del 1° febbraio 2001 "Regolamento
concernente le "Istruzioni generali sulla gestione amministrativo-
contabile delle istituzioni scolastiche";
• Circolare Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali n. 41/2003 del 5
dicembre 2003 "Tipologia dei soggetti promotori, ammissibilità delle
spese e massimali di costo per le attività cofinanziate dal fondo sociale
europeo nell’ambito dei programmi operativi nazionali (P.O.N.);
• Il vademecum emanato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche
Sociali Ed. 2000;
• le "Disposizioni ed Istruzioni per l'attuazione delle iniziative
cofinanziate dai Fondi Strutturali 2007/2013";
• i Bandi/Avvisi per la presentazione dei Piani prodotti dall’Autorità di
Gestione.
156
APPENDICE NORMATIVA SULL’AUTONOMIA SCOLASTICA
Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri 27 gennaio 1994
Principi sull’erogazione dei servizi pubblici
Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 19 maggio 1995
Prima individuazione dei settori di erogazione dei servizi pubblici ai fini
dell’emanazione degli schemi generali di riferimento di “Carte dei servizi
pubblici”.
Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 7 giugno 1995
Schema generale di riferimento della “Carta dei servizi scolastici”
Direttiva del Ministro della pubblica istruzione n.254 del 21 luglio 1995
Direttiva relativa alla “Carta dei servizi scolastici”
Legge 28 dicembre 1995, n.549
Misure di razionalizzazione della finanza pubblica
Legge 15 marzo 1997, n. 59
Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed
enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la
semplificazione amministrativa.
Legge 18 dicembre 1997, n. 440
Istituzione del Fondo per l’arricchimento e l’ampliamento dell’offerta
formativa e per gli interventi perequativi.
157
decreto del Presidente della Repubblica 2 marzo 1998, n. 157
Regolamento recante norme di attuazione dell’articolo 1, comma 20, della
legge 28 dicembre 1995, n. 549, concernente l’aggregazione di istituti
scolastici di istruzione secondaria superiore.
decreto del Presidente della Repubblica 18 giugno 1998, n. 233
Regolamento recante norme per il dimensionamento ottimale delle
istituzioni scolastiche e per la determinazione degli organici funzionali dei
singoli istituti, a norma dell’articolo 21 della Legge 15 marzo 1997, n. 59.
decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 275
Regolamento recante norme in materia di autonomia delle istituzioni
scolastiche, ai sensi dell’articolo 21 della Legge 15 marzo 1997, n. 59.
Legge 22 marzo 2000, n.69
Interventi finanziari per il potenziamento e la qualificazione dell’offerta di
integrazione scolastica degli alunni con handicap.
decreto ministeriale 26 giugno 2000, n.234
Regolamento recante norme in materia di curricoli nell’autonomia delle
istituzioni scolastiche, ai sensi dell’articolo 8 del decreto del Presidente
della Repubblica 8 marzo 1999, n.275.
Decreto-Legge 28 agosto 2000, n.240, convertito con modificazioni
dalla legge 27 ottobre 2000, n.306
Disposizioni urgenti per l’avvio dell’anno scolastico (Articolo 2).
decreto ministeriale 1° febbraio 2001, n.44
Regolamento concernente le “Istruzioni generali sulla gestione
amministrativo-contabile delle istituzioni scolastiche.
158
Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri 27 gennaio 1994 (161).
Princìpi sull’erogazione dei servizi pubblici
…… omissis ……
OGGETTO: AMBITO DI APPLICAZIONE E DEFINIZIONI
La presente direttiva dispone i principi cui deve essere uniformata
progressivamente, in generale, l’erogazione dei servizi pubblici.
Ai fini della presente direttiva sono considerati servizi pubblici,
anche se svolti in regime di concessione o mediante convenzione, quelli
volti a garantire il godimento dei diritti della persona, costituzionalmente
tutelati, alla salute, all’assistenza e previdenza sociale, alla istruzione e alla
libertà di comunicazione, alla libertà e alla sicurezza della persona, alla
libertà di circolazione, ai sensi dell’articolo 1 della legge 12 giugno 1990,
n. 146, e quelli di erogazione di energia elettrica, acqua e gas.
Ai principi della direttiva si uniformano le pubbliche
amministrazioni che erogano servizi pubblici. Per i servizi erogati in
regime di concessione o mediante convenzione e comunque svolti da
soggetti non pubblici, il rispetto dei principi della direttiva è assicurato
dalle amministrazioni pubbliche nell’esercizio dei loro poteri di direzione,
controllo e vigilanza. Le amministrazioni concedenti provvedono ad
inserire i contenuti della presente direttiva negli atti che disciplinano la
concessione. Gli enti erogatori dei servizi pubblici, ai fini della presente
direttiva, sono denominati “soggetti erogatori”
I. I principi fondamentali.
161 In G.U. 22 febbraio 1994, n. 43.
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1. Eguaglianza.
1. L’erogazione del servizio pubblico deve essere ispirata al principio
di eguaglianza dei diritti degli utenti. Le regole riguardanti i rapporti tra
utenti e servizi pubblici e l’accesso ai servizi pubblici devono essere uguali
per tutti. Nessuna distinzione nell’erogazione del servizio può essere
compiuta per motivi riguardanti sesso, razza, lingua, religione ed opinioni
politiche. Va garantita la parità di trattamento, a parità di condizioni del
servizio prestato, sia fra le diverse aree geografiche di utenza, anche
quando le stesse non siano agevolmente raggiungibili, sia fra le diverse
categorie o fasce di utenti.
2. L’eguaglianza va intesa come divieto di ogni ingiustificata
discriminazione e non, invece, quale uniformità delle prestazioni sotto il
profilo delle condizioni personali e sociali. In particolare, i soggetti
erogatori dei servizi sono tenuti ad adottare le iniziative necessarie per
adeguare le modalità di prestazione del servizio alle esigenze degli utenti
portatori di handicap.
2. Imparzialità.
1. I soggetti erogatori hanno l’obbligo di ispirare i propri
comportamenti, nei confronti degli utenti, a criteri di obiettività, giustizia
ed imparzialità. In funzione di tale obbligo si interpretano le singole
clausole delle condizioni generali e specifiche di erogazione del servizio e
le norme regolatrici di settore.
3. Continuità.
1. L’erogazione dei servizi pubblici, nell’ambito delle modalità
stabilite dalla normativa regolatrice di settore, deve essere continua,
regolare e senza interruzioni. I casi di funzionamento irregolare o di
interruzione del servizio devono essere espressamente regolati dalla
normativa di settore. In tali casi, i soggetti erogatori devono adottare misure
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volte ad arrecare agli utenti il minor disagio possibile.
4. Diritto di scelta.
1. Ove sia consentito dalla legislazione vigente, l’utente ha diritto di
scegliere tra i soggetti che erogano il servizio. Il diritto di scelta riguarda, in
particolare, i servizi distribuiti sul territorio.
5. Partecipazione.
1. La partecipazione del cittadino alla prestazione del servizio
pubblico deve essere sempre garantita, sia per tutelare il diritto alla corretta
erogazione del servizio, sia per favorire la collaborazione nei confronti dei
soggetti erogatori.
2. L’utente ha diritto di accesso alle informazioni in possesso del
soggetto erogatore che lo riguardano. Il diritto di accesso è esercitato
secondo le modalità disciplinate dalla legge 7 agosto 1990, n. 241.
3. L’utente può produrre memorie e documenti; prospettare
osservazioni; formulare suggerimenti per il miglioramento del servizio. I
soggetti erogatori danno immediato riscontro all’utente circa le
segnalazioni e le proposte da esso formulate.
4. I soggetti erogatori acquisiscono periodicamente la valutazione
dell’utente circa la qualità del servizio reso, secondo le modalità indicate
nel titolo successivo.
6. Efficienza ed efficacia.
1. Il servizio pubblico deve essere erogato in modo da garantire
l’efficienza e l’efficacia. I soggetti erogatori adottano le misure idonee al
raggiungimento di tali obiettivi.
II. Gli strumenti.
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1. Adozione di standard.
1. Entro tre mesi, i soggetti erogatori individuano i fattori da cui
dipende la qualità del servizio e, sulla base di essi, adottano e pubblicano
standard di qualità e quantità di cui assicurano il rispetto.
2. I soggetti erogatori definiscono standard generali e standard
specifici di qualità e quantità dei servizi. I primi rappresentano obiettivi di
qualità che si riferiscono al complesso delle prestazioni rese. I secondi si
riferiscono a ciascuna delle singole prestazioni rese all’utente, che può
direttamente verificarne il rispetto.
3. Gli standard sono accompagnati da una relazione illustrativa nella
quale si descrivono, tra l’altro, le modalità previste per il loro
conseguimento; i fattori principali esterni al soggetto erogatore e
indipendenti dal suo controllo che potrebbero incidere significativamente
sul conseguimento degli standard; i metodi di valutazione utilizzati per
fissare o rivedere gli standard, con una previsione relativa alle valutazioni
future. Nella relazione i soggetti erogatori determinano, altresì, gli indici da
utilizzare per la misurazione o la valutazione dei risultati conseguiti;
forniscono una base di comparazione per raffrontare i risultati
effettivamente ottenuti con gli obiettivi previsti; descrivono gli strumenti da
impiegarsi al fine di verificare e convalidare i valori misurati.
4. Gli standard sono sottoposti a verifica con gli utenti in adunanze
pubbliche.
5. L’osservanza degli standard non può essere soggetta a condizioni.
Essi sono derogabili solo se i risultati sono più favorevoli agli utenti.
6. Gli standard sono periodicamente aggiornati, per adeguarli alle
esigenze dei servizi. Le nuove regole devono essere adottate e seguite
avendo cura di ridurre al minimo le conseguenze disagevoli per gli utenti.
7. I soggetti erogatori adottano ogni anno piani diretti a migliorare
progressivamente gli standard dei servizi.
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2. Semplificazione delle procedure.
1. Al fine di razionalizzare e rendere conoscibili gli atti relativi alla
disciplina e alla prestazione dei servizi pubblici, i soggetti erogatori
provvedono alla razionalizzazione, alla riduzione e alla semplificazione
delle procedure da essi adottate.
2. I soggetti erogatori sono tenuti a ridurre, per quanto possibile, gli
adempimenti richiesti agli utenti e forniscono gli opportuni chiarimenti su
di essi. Inoltre, adottano, ove possibile, formulari uniformi e provvedono
alla semplificazione e all’informatizzazione dei sistemi di prenotazione e
delle forme di pagamento delle prestazioni.
3. Informazione degli utenti.
1. I soggetti erogatori assicurano la piena informazione degli utenti
circa le modalità di prestazione dei servizi. In particolare:
a) rendono noto agli utenti, tramite appositi avvisi e opuscoli chiari e
facilmente leggibili, le condizioni economiche e tecniche per
l’effettuazione dei servizi;
b) pubblicano gli esiti delle verifiche compiute, secondo le modalità di cui
al successivo paragrafo 5 di questo titolo, sul rispetto degli standard;
c) informano tempestivamente, anche mediante i mezzi di informazione, gli
utenti circa ogni eventuale variazione delle modalità di erogazione del
servizio;
d) curano la pubblicazione di testi in cui siano inclusi tutti gli atti che
disciplinano l’erogazione dei servizi e regolano i rapporti con gli utenti. Le
modificazioni che si rendono successivamente necessarie sono inserite nei
testi esistenti e sono adeguatamente divulgate;
e) predispongono appositi strumenti di informazione, tramite l’attivazione
di linee di comunicazione telefoniche e telematiche, di cui verificano
periodicamente il buon funzionamento.
2. In ogni caso, devono essere assicurate, e periodicamente
163
verificate, la chiarezza e la comprensibilità dei testi, oltre che la loro
accessibilità al pubblico.
3. Gli utenti hanno diritto ad ottenere informazioni circa le modalità
giuridiche e tecniche di espletamento dei servizi e ad accedere ai registri e
agli archivi, nei modi e nei termini previsti dalle leggi e dai regolamenti in
vigore.
4. Gli utenti sono informati delle decisioni che li riguardano, delle
loro motivazioni e delle possibilità di reclamo e degli strumenti di ricorso
avverso di esse.
4. Rapporti con gli utenti.
1. I soggetti erogatori e i loro dipendenti sono tenuti a trattare gli
utenti con rispetto e cortesia e ad agevolarli nell’esercizio dei diritti e
nell’adempimento degli obblighi. I dipendenti sono tenuti, altresì, ad
indicare le proprie generalità, sia nel rapporto personale, sia nelle
comunicazioni telefoniche.
2. I soggetti erogatori istituiscono, ai sensi dell’articolo 12 del
decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, come sostituito dall’articolo 7
del decreto legislativo 23 dicembre 1993, n. 546, appositi uffici volti a
curare le relazioni con il pubblico, presso i quali siano disponibili tutte le
informazioni utili agli utenti.
3. L’apertura degli uffici destinati ai rapporti con il pubblico deve
essere assicurata anche nelle ore pomeridiane.
4. Le procedure interne degli uffici non devono restringere le
condizioni di esercizio dei diritti degli utenti.
5. Dovere di valutazione della qualità dei servizi.
1. Per valutare la qualità del servizio reso, specie in relazione al
raggiungimento degli obiettivi di pubblico interesse, i soggetti erogatori
svolgono apposite verifiche sulla qualità e l’efficacia dei servizi prestati, in
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conformità ai criteri determinati nella relazione che accompagna gli
standard, ai sensi del paragrafo 1, comma 3, di questo titolo.
2. Entro e non oltre il 31 marzo di ciascun anno, i soggetti erogatori
predispongono una relazione sui risultati conseguiti nel precedente
esercizio, sottoponendola al Comitato di cui al titolo successivo, e danno ad
essa adeguata pubblicità. La relazione dovrà, tra l’altro, analizzare i risultati
conseguiti in rapporto agli standard stabiliti per l’esercizio in questione;
definire gli standard per l’esercizio in corso in rapporto anche ai risultati
conseguiti nell’esercizio oggetto di relazione; descrivere le ragioni
dell’eventuale inosservanza degli standard e i rimedi predisposti; indicare i
criteri direttivi cui il soggetto erogatore si atterrà nella redazione dei piani
di miglioramento progressivo degli standard, previsti dal comma 7,
paragrafo 1, di questo titolo.
3. La relazione predisposta entro il 31 marzo 1995 dovrà includere i
risultati effettivamente conseguiti nell’esercizio 1994, quella seguente
dovrà includere i risultati effettivamente conseguiti negli esercizi 1994 e
1995, mentre tutte le relazioni successive dovranno includere i risultati
effettivamente conseguiti nei tre esercizi precedenti.
4. I soggetti erogatori, al fine di acquisire periodicamente la
valutazione degli utenti sulla qualità del servizio reso, ai sensi del paragrafo
5, comma 4, del titolo I, predispongono apposite schede a lettura ottica, e
ne curano l’invio agli utenti; indicono riunioni pubbliche con la
partecipazione degli utenti di una determinata zona o di una determinata
unità di erogazione del servizio; effettuano, a campione, interviste con gli
utenti, anche immediatamente dopo l’erogazione di un singolo servizio.
5. I risultati delle verifiche effettuate sono pubblicati in un’apposita
sezione della relazione di cui al precedente comma 2 e di essi i soggetti
erogatori tengono conto per identificare le misure idonee ad accrescere
l’efficienza dei servizi e il raggiungimento degli obiettivi di pubblico
interesse.
165
6. Rimborso.
1. I soggetti erogatori assicurano agli utenti forme di rimborso nei
casi in cui è possibile dimostrare che il servizio reso è inferiore, per qualità
e tempestività, agli standard pubblicati.
2. Le procedure di rimborso devono essere tali da non rendere
difficile, per complessità, onerosità o durata, l’esercizio del diritto
dell’utente. Esse sono soggette alla vigilanza del Comitato di cui al titolo
successivo.
3. Fatta salva l’applicazione delle norme vigenti, i soggetti erogatori
si rivalgono nei confronti del dipendente al quale è imputabile, per dolo o
per grave negligenza, il mancato rispetto degli standard.
III. La tutela.
1. Procedure di reclamo.
1. I soggetti erogatori prevedono procedure di reclamo dell’utente
circa la violazione dei principi sanciti nella presente direttiva e danno ad
esse piena pubblicità.
2. Le procedure di reclamo devono essere accessibili, di semplice
comprensione e facile utilizzazione; svolgersi in tempi rapidi,
predeterminati dai soggetti erogatori; assicurare un’indagine completa ed
imparziale circa le irregolarità denunciate e garantire all’utente
un’informazione periodica circa lo stato di avanzamento dell’indagine
stessa; prevedere una risposta completa all’utente e forme di ristoro
adeguate, ivi compreso il rimborso di cui al paragrafo 5 del precedente
titolo, per il pregiudizio da questi subito per l’inosservanza dei principi
della presente direttiva; consentire ai soggetti erogatori di tenere conto
delle doglianze degli utenti al fine del miglioramento della qualità del
servizio. Le procedure di reclamo sono soggette alla vigilanza del Comitato
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di cui al titolo successivo. Ai fini indicati, i soggetti erogatori si uniformano
alle disposizioni dei commi successivi.
3. Ciascun soggetto erogatore istituisce, ai sensi dell’articolo 20 del
decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, come sostituito dall’articolo 6
del decreto legislativo 18 novembre 1993, n. 470, un ufficio interno di
controllo, denominato ai sensi della presente direttiva “ufficio”. Lo stesso
obbligo si estende a ciascuna delle articolazioni territoriali dell’ente, dotate
di autonomia nella determinazione delle condizioni di erogazione del
servizio. L’ufficio esercita le funzioni di valutazione dei risultati conseguiti
dal soggetto erogatore, ai sensi del citato articolo 20 del decreto legislativo
n. 29 del 1993 e successive modificazioni. Esso, inoltre, riceve i reclami
presentati dall’utente circa la violazione dei principi sanciti nella presente
direttiva.
4. Il reclamo può essere presentato dall’utente in via orale, per
iscritto, via fax o telefonicamente. Nella predisposizione del reclamo,
l’utente può avvalersi dell’assistenza degli uffici per le relazioni con il
pubblico di cui al paragrafo 4, comma 2, del titolo precedente.
5. Al momento della presentazione del reclamo, l’ufficio comunica
all’utente il nominativo del dipendente responsabile dell’indagine, i tempi
previsti per l’espletamento della stessa, i mezzi dei quali dispone nel caso
di risposta sfavorevole.
6. L’ufficio riferisce all’utente con la massima celerità, e comunque
non oltre trenta giorni dalla presentazione del reclamo, circa gli
accertamenti compiuti, indicando altresì i termini entro i quali il soggetto
erogatore provvederà alla rimozione delle irregolarità riscontrate o al
ristoro del pregiudizio arrecato. Trascorsi quindici giorni, l’ufficio informa
comunque l’utente circa lo stato di avanzamento dell’indagine.
7. L’ufficio riferisce semestralmente al Comitato di cui al paragrafo
successivo sulla quantità e il tipo di reclami ricevuti e sul seguito dato ad
essi dal soggetto erogatore. Dei reclami ricevuti il soggetto erogatore tiene
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conto nell’adozione dei piani di miglioramento progressivo degli standard,
di cui al paragrafo 1, comma 7, del precedente titolo.
2. Comitato permanente per l’attuazione della Carta dei servizi pubblici.
1. Al fine di garantire l’osservanza dei principi e delle procedure di
cui ai paragrafi precedenti, è istituito presso la Presidenza del Consiglio dei
Ministri - Dipartimento della funzione pubblica, un Comitato permanente
per l’attuazione della Carta dei servizi pubblici, di seguito denominato
“Comitato”.
2. Il Comitato è composto da tre esperti di riconosciuta indipendenza
e di notoria esperienza nel settore dei servizi pubblici.
3. Ai fini indicati nel comma 1, e fatte salve le competenze attribuite
dalla legge a distinti organismi, il Comitato:
a) richiede ai soggetti erogatori atti e documenti, convoca riunioni con gli
amministratori e i dirigenti degli stessi;
b) valuta l’idoneità degli standard di qualità del servizio adottati dai
soggetti erogatori a realizzare i principi stabiliti nella direttiva e, indica, se
del caso, le correzioni da apportare. Nella fase di prima attuazione propone
ai soggetti erogatori un calendario degli adempimenti, eventualmente
differenziato per settore, zone geografiche, tipo di prestazioni;
c) vigila sull’osservanza degli standard, e segnala ai soggetti erogatori le
eventuali difformità riscontrate. Nei casi di mancata ottemperanza, il
Comitato può proporre al Ministero competente l’adozione delle misure
sanzionatorie adeguate;
d) valuta l’adeguatezza delle procedure di reclamo e delle misure di ristoro
previste nel caso di pregiudizio recato all’utente dalla mancata osservanza
della direttiva;
e) promuove l’adozione delle misure dirette alla semplificazione dei
rapporti tra i soggetti erogatori e gli utenti;
f) promuove l’adozione delle misure dirette ad assicurare la possibilità di
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scelta dell’utente;
g) acquisisce dati e informazioni sul gradimento degli utenti. A tale scopo,
verifica i sistemi di rilevazione del gradimento apprestati da ciascun
soggetto ai sensi del paragrafo 5 del titolo precedente e ne acquisisce gli
esiti;
h) determina le procedure attraverso le quali gli utenti sono consultati in
ordine agli standard relativi ai singoli servizi e al rispetto di tali standard da
parte degli enti erogatori;
i) propone annualmente al Presidente del Consiglio dei Ministri
l’attribuzione di attestati di qualità ai soggetti che si siano distinti quanto ad
efficienza del servizio reso, qualità degli standard, osservanza degli stessi,
gradimento degli utenti;
l) controlla l’esattezza, la completezza e la comprensibilità delle
comunicazioni che i soggetti di erogazione del servizio rendono al
pubblico;
m) rende pubblici annualmente i risultati del proprio lavoro;
n) propone al Presidente del Consiglio dei Ministri le misure regolamentari
e legislative idonee a migliorare la protezione dei diritti dell’utente.
4. Per l’assolvimento dei suoi compiti, il Comitato può avvalersi del
supporto tecnico degli uffici competenti della Presidenza del Consiglio, del
Dipartimento della funzione pubblica, del Ministero della pubblica
istruzione, del Ministero dell’università e della ricerca scientifica e
tecnologica, del Ministero della sanità, del Ministero delle poste e delle
telecomunicazioni, del Ministero dell’interno, del Ministero dei trasporti e
della navigazione.
3. Sanzioni per la mancata osservanza della direttiva.
1. Per i servizi erogati da pubbliche amministrazioni, l’inosservanza
dei principi della presente direttiva è valutata ai fini dell’applicazione delle
sanzioni amministrative e disciplinari previste a carico dei dirigenti
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generali, dei dirigenti e degli altri dipendenti dagli articoli 20, commi 9 e
10, e 59 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, così come
modificati, rispettivamente, dall’articolo 6 del decreto legislativo 18
novembre 1993, n. 470, e dall’articolo 27 del decreto legislativo 23
dicembre 1993, n. 546.
2. Per i servizi erogati in regime di concessione o mediante
convenzione e comunque erogati da soggetti non pubblici, l’inosservanza
dei principi della presente direttiva costituisce inadempimento degli
obblighi assunti contrattualmente dai soggetti erogatori.
IV. Impegni del Governo.
Il Governo si impegna ad adottare tutte le misure legislative,
regolamentari ed amministrative necessarie a dare piena effettività ai
principi contenuti nella presente direttiva.
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Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 19 maggio 1995 (162).
Prima individuazione dei settori di erogazione dei servizi pubblici ai
fini della emanazione degli schemi generali di riferimento di “Carte dei
servizi pubblici”
…… omissis ……
In attuazione dell’articolo 2, comma 1, del decreto-legge 12 maggio 1995,
n. 163, sono individuati i seguenti settori di erogazione di servizi pubblici,
ai fini della emanazione degli schemi generali di riferimento di “Carte dei
servizi pubblici”:
Sanità;
Assistenza e previdenza sociale;
Istruzione;
Comunicazioni;
Trasporti;
Energia elettrica;
Acqua;
Gas.
162 In G.U. 29 maggio 1995, n. 123.
171
Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 7 giugno 1995 (163).
Schema generale di riferimento della “Carta dei servizi scolastici”.
…… omissis ……
Articolo 1
In attuazione dell’articolo 2, comma 1, del Decreto-Legge 12 maggio
1995, n. 163, è emanato l’allegato schema generale di riferimento,
denominato: “Carta dei servizi della scuola”, predisposto dal Dipartimento
della funzione pubblica, d’intesa con il Ministero della pubblica istruzione.
Articolo 2
I soggetti erogatori di servizi scolastici adottano, ai sensi dell’articolo
2, comma 2, del Decreto-Legge 12 maggio 1995, n. 163, entro centoventi
giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, le relative “Carte
dei servizi”, sulla base dei principi indicati dalla Direttiva del Presidente
del Consiglio dei Ministri 27 gennaio 1994 e dello schema generale di
riferimento, dandone adeguata pubblicità agli utenti e inviandone copia al
Dipartimento della funzione pubblica.
Articolo 3
Ai sensi della Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri 27
gennaio 1994, il “Comitato permanente per l’attuazione della carta dei
servizi”, istituito presso il Dipartimento della funzione pubblica, valuta gli
standard di qualità adottati dai soggetti erogatori e indica, se del caso, le
correzioni da apportare.
Articolo 4
163 In G.U. 15 giugno 1995, n. 138.
172
Il Dipartimento della funzione pubblica adotta iniziative di
monitoraggio sull’attuazione del presente decreto e provvede ad inserirne i
risultati nella relazione annuale al Parlamento sullo stato della pubblica
amministrazione, predisposta ai sensi dell’articolo 30 della Legge 28
ottobre 1970, n. 775 e successive modificazioni ed integrazioni. I risultati
del monitoraggio sono, altresì, trasmessi ai servizi di controllo interno.
CARTA DEI SERVIZI DELLA SCUOLA
Principi e criteri di attuazione, finalità, materiale illustrativo giugno 1995
Principi fondamentali
La carta dei servizi della scuola ha come fonte di ispirazione
fondamentale gli articoli 3, 33 e 34 della Costituzione italiana.
1. Uguaglianza.
1.1. Nessuna discriminazione nell’erogazione del servizio scolastico può
essere compiuta per motivi riguardanti sesso, razza, etnia, lingua, religione,
opinioni politiche, condizioni psico-fisiche e socio-economiche.
2. Imparzialità e regolarità.
2.1. I soggetti erogatori del servizio scolastico agiscono secondo criteri di
obiettività ed equità.
2.2. La scuola, attraverso tutte le sue componenti e con l’impegno delle
istituzioni collegate, garantisce la regolarità e la continuità del servizio e
delle attività educative, anche in situazioni di conflitto sindacale, nel
rispetto dei principi e delle norme sanciti dalla legge e in applicazione delle
disposizioni contrattuali in materia.
3. Accoglienza e integrazione.
173
3.1. La scuola si impegna, con opportuni ed adeguati atteggiamenti ed
azioni di tutti gli operatori del servizio, a favorire l’accoglienza dei genitori
e degli alunni, l’inserimento e l’integrazione di questi ultimi, con
particolare riguardo alla fase di ingresso alle classi iniziali e alle situazioni
di rilevante necessità. Particolare impegno è prestato per la soluzione delle
problematiche relative agli studenti lavoratori, agli stranieri, a quelli
degenti negli ospedali, a quelli in situazione di handicap, a quelli presenti
nelle istituzioni carcerarie.
3.2. Nello svolgimento della propria attività, ogni operatore ha pieno
rispetto dei diritti e degli interessi dello studente.
4. Diritto di scelta, obbligo scolastico e frequenza.
4.1. L’utente ha facoltà di scegliere fra le istituzioni che erogano il
servizio scolastico. La libertà di scelta si esercita tra le istituzioni
scolastiche statali dello stesso tipo, nei limiti della capienza obiettiva di
ciascuna di esse. In caso di eccedenza di domande va, comunque,
considerato il criterio della territorialità (residenza, domicilio, sede di
lavoro dei familiari, ecc.).
4.2. L’obbligo scolastico, il proseguimento degli studi superiori e la
regolarità della frequenza sono assicurati con interventi di prevenzione e
controllo dell’evasione e della dispersione scolastica da parte di tutte le
istituzioni coinvolte, che collaborano tra loro in modo funzionale ed
organico.
5. Partecipazione, efficienza e trasparenza.
5.1. Istituzioni, personale, genitori, alunni, sono protagonisti e
responsabili dell’attuazione della “Carta”, attraverso una gestione
partecipata della scuola, nell’ambito degli organi e delle procedure vigenti.
I loro comportamenti devono favorire la più ampia realizzazione degli
standard generali del servizio.
174
5.2. Le istituzioni scolastiche e gli enti locali si impegnano a favorire le
attività extrascolastiche che realizzino la funzione della scuola come centro
di promozione culturale, sociale e civile, consentendo l’uso degli edifici e
delle attrezzature fuori dell’orario del servizio scolastico.
5.3. Le istituzioni scolastiche, al fine di promuovere ogni forma di
partecipazione, garantiscono la massima semplificazione delle procedure
ed un’informazione completa e trasparente.
5.4. L’attività scolastica, ed in particolare l’orario di servizio di tutte le
componenti, si informa a criteri di efficienza, di efficacia, flessibilità
nell’organizzazione dei servizi amministrativi, dell’attività didattica e
dell’offerta formativa integrata.
5.5. Per le stesse finalità, la scuola garantisce ed organizza le modalità di
aggiornamento del personale in collaborazione con istituzioni ed enti
culturali, nell’ambito delle linee di indirizzo e delle strategie di intervento
definite dall’amministrazione.
6. Libertà di insegnamento ed aggiornamento del personale.
6.1. La programmazione assicura il rispetto delle libertà di insegnamento
dei docenti e garantisce la formazione dell’alunno, facilitandone le
potenzialità evolutive e contribuendo allo sviluppo armonico della
personalità, nel rispetto degli obiettivi formativi nazionali e comunitari,
generali e specifici, recepiti nei piani di studi di ciascun indirizzo.
6.2. L’aggiornamento e la formazione costituiscono un impegno per tutto
il personale scolastico e un compito per l’amministrazione, che assicura
interventi organici e regolari.
Parte I
7. Area didattica.
7.1. La scuola, con l’apporto delle competenze professionali del
personale e con la collaborazione ed il concorso delle famiglie, delle
175
istituzioni e della società civile, è responsabile della qualità delle attività
educative e si impegna a garantirne l’adeguatezza alle esigenze culturali e
formative degli alunni, nel rispetto di obiettivi educativi validi per il
raggiungimento delle finalità istituzionali.164
7.2. La scuola individua ed elabora gli strumenti per garantire la
continuità educativa tra i diversi ordini e gradi dell’istruzione, al fine di
promuovere un armonico sviluppo della personalità degli alunni.
7.3. Nella scelta dei libri di testo e delle strumentazioni didattiche, la
scuola assume come criteri di riferimento la validità culturale e la
funzionalità educativa, con particolare riguardo agli obiettivi formativi, e la
rispondenza alle esigenze dell’utenza. Nella programmazione dell’azione
educativa e didattica i docenti, nella scuola dell’obbligo, devono adottare,
con il coinvolgimento delle famiglie, soluzioni idonee a rendere possibile
un’equa distribuzione dei testi scolastici nell’arco della settimana, in modo
da evitare, nella stessa giornata, un sovraccarico di materiali didattici da
trasportare.
7.4. Nell’assegnazione dei compiti da svolgere a casa, il docente opera in
coerenza con la programmazione didattica del consiglio di interclasse o di
classe, tenendo presente la necessità di rispettare razionali tempi di studio
degli alunni. Nel rispetto degli obiettivi formativi, previsti dagli
ordinamenti scolastici e della programmazione educativo-didattica, si deve
tendere ad assicurare ai bambini, nelle ore extrascolastiche, il tempo da
dedicare al gioco o all’attività sportiva o all’apprendimento di lingue
straniere o arti.
7.5. Nel rapporto con gli allievi, in particolare con i più piccoli, i docenti
colloquiano in modo pacato e teso al convincimento. Non devono ricorrere
ad alcuna forma di intimidazione o minaccia di punizioni mortificanti.
7.6. Progetto educativo e programmazione.
164 Vedi ora D.P.R. 24 giugno 1998, n. 249, in G.U. 29 luglio 1998, n. 175, che pone tali dirittidello studente la qualità della formazione culturale e professionale.
176
La scuola garantisce l’elaborazione, l’adozione e la pubblicizzazione dei
seguenti documenti:
A. Progetto educativo d’istituto.165
Il P.E.I., elaborato dalle singole scuole, contiene le scelte educative
ed organizzative e i criteri di utilizzazione delle risorse e costituisce un
impegno per l’intera comunità scolastica. Integrato dal regolamento
d’istituto, definisce, in modo razionale e produttivo, il piano organizzativo
in funzione delle proposte culturali, delle scelte educative e degli obiettivi
formativi elaborati dai competenti organi della scuola.
In particolare, regola l’uso delle risorse di istituto e la pianificazione
delle attività di sostegno, di recupero, di orientamento e di formazione
integrata.
Contiene, inoltre, i criteri relativi alla formazione delle classi,
all’assegnazione dei docenti alle stesse, alla formulazione dell’orario del
personale docente e A.T.A. (amministrativo, tecnico, ausiliario), alla
valutazione complessiva del servizio scolastico.
Il regolamento d’istituto comprende, in particolare, le norme relative
a:
- vigilanza sugli alunni;
- comportamento degli alunni e regolamentazione di ritardi, uscite, assenze,
giustificazioni;
- uso degli spazi, dei laboratori e della biblioteca;
- conservazione delle strutture e delle dotazioni.
Nel regolamento sono, inoltre, definite in modo specifico:
- le modalità di comunicazione con studenti e genitori con riferimento ad
incontri con i docenti, di mattina e di pomeriggio (prefissati e/o per
appuntamento);
165 Vedi ora D.P.R. 8 marzo 1999, n. 275, che all’articolo 3 ha unificato tutti gli strumenti dipianificazione nel Piano dell’offerta formativa,
177
- le modalità di convocazione e di svolgimento delle assemblee di classe,
organizzate dalla scuola o richieste da studenti e genitori, del comitato degli
studenti e dei genitori, dei consigli di intersezione, di interclasse o di classe
e del Consiglio di Circolo o di istituto;
- il calendario di massima delle riunioni e la pubblicizzazione degli atti.
INFORMAZIONI ALL’UTENZA SUL P.E.I.166
Redazione entro il
Pubblicizzazione
Mediante
Entro il
Copia depositata presso Duplicazione presso la segreteria al costo di Legge
B. Programmazione educativa e didattica.
Programmazione educativa.
La programmazione educativa, elaborata dal collegio dei docenti,
progetta i percorsi formativi correlati agli obiettivi e alle finalità delineati
nei programmi.
Al fine di armonizzare l’attività dei consigli di intersezione, di
interclasse o di classe, individua gli strumenti per la rilevazione della
situazione iniziale e finale e per la verifica e la valutazione dei percorsi
didattici.
Sulla base dei criteri espressi dal consiglio di circolo o d’istituto,
elabora le attività riguardanti l’orientamento, la formazione integrata, i
corsi di recupero, gli interventi di sostegno.
166 Queste prescrizioni sono superate dall’articolo 3 del D.P.R. 8 marzo 1999, n. 275, cheall’articolo 3 dispone che il piano dell’offerta formativa è consegnato agli alunni e alle famiglieall’atto dell’iscrizione.
178
INFORMAZIONI ALL’UTENZA SULLA PROGRAMMAZIONE
EDUCATIVA
Redazione entro il
Pubblicizzazione mediante
entro il
Copia depositata presso
Duplicazione presso la segreteria al costo di Legge
Programmazione didattica.
Elaborata ed approvata dal consiglio di intersezione, di interclasse o
di classe:
- delinea il percorso formativo della classe e del singolo alunno, adeguando
ad essi gli interventi operativi;
- utilizza il contributo delle varie aree disciplinari per il raggiungimento
degli obiettivi e delle finalità educative indicati dal consiglio di
intersezione, di interclasse o di classe e dal collegio dei docenti;
- è sottoposta sistematicamente a momenti di verifica e di valutazione dei
risultati, al fine di adeguare l’azione didattica alle esigenze formative che
emergono “in itinere”.
INFORMAZIONI ALL’UTENZA SULLA PROGRAMMAZIONE
DIDATTICA
Redazione entro il
Pubblicizzazione mediante
entro il
Copia depositata presso
Duplicazione presso la segreteria al costo di L.
Contratto formativo.
Il contratto formativo è la dichiarazione, esplicita e partecipata,
179
dell’operato della scuola. Esso si stabilisce, in particolare, tra il docente e
l’allievo ma coinvolge l’intero consiglio di interclasse o di classe e la
classe, gli organi dell’istituto, i genitori, gli enti esterni preposti od
interessati al servizio scolastico.
Sulla base del contratto formativo, elaborato nell’ambito ed in
coerenza degli obiettivi formativi definiti ai diversi livelli istituzionali:
l’allievo deve conoscere:
- gli obiettivi didattici ed educativi del suo curricolo;
- il percorso per raggiungerli;
- le fasi del suo curricolo;
il docente deve:
- esprimere la propria offerta formativa;
- motivare il proprio intervento didattico;
- esplicitare le strategie, gli strumenti di verifica, i criteri di valutazione;
il genitore deve:
- conoscere l’offerta formativa;
- esprimere pareri e proposte;
- collaborare nelle attività.
Parte II
8. Servizi amministrativi.
8.1. La scuola individua, fissandone e pubblicandone gli standard e
garantendone altresì l’osservanza ed il rispetto, i seguenti fattori di qualità
dei servizi amministrativi:
- celerità delle procedure;
- trasparenza;
- informatizzazione dei servizi di segreteria;
- tempi di attesa agli sportelli;
180
- flessibilità degli orari degli uffici a contatto con il pubblico.
8.2. Ai fini di un miglior servizio per l’utenza, si può derogare dagli
standard fissati.
Standard specifici delle procedure.
8.3. La distribuzione dei moduli di iscrizione è effettuata “a vista” nei
giorni previsti, in orario potenziato e pubblicizzato in modo efficace.
8.4. La segreteria garantisce lo svolgimento della procedura di iscrizione
alle classi in un massimo di 10 minuti dalla consegna delle domande.
8.5. Il rilascio di certificati è effettuato nel normale orario di apertura
della segreteria al pubblico, entro
il tempo massimo di tre giorni lavorativi per quelli di iscrizione e frequenza
e di cinque giorni per quelli con votazioni e/o giudizi.
8.6. Gli attestati e i documenti sostitutivi del diploma sono consegnati, “a
vista”, a partire dal terzo giorno lavorativo successivo alla pubblicazione
dei risultati finali.
8.7. I documenti di valutazione degli alunni sono consegnati direttamente
dal capo di istituto o dai docenti incaricati entro cinque giorni dal termine
delle operazioni generali di scrutinio.
8.8. Gli uffici di Segreteria - compatibilmente con la dotazione organica
di personale amministrativo - garantiscono un orario di apertura al
pubblico, di mattina e di pomeriggio, funzionale alle esigenze degli utenti e
del territorio.
Il consiglio di circolo o di istituto delibera in merito sulla base delle
indicazioni degli utenti e dei loro rappresentanti.
L’ufficio di direzione o di presidenza riceve il pubblico sia su
appuntamento telefonico sia secondo un
orario di apertura comunicato con appositi avvisi.
8.9. La scuola assicura all’utente la tempestività del contatto telefonico,
181
stabilendo al proprio interno modalità di risposta che comprendano il nome
dell’istituto, il nome e la qualifica di chi risponde, la persona o l’ufficio in
grado di fornire le informazioni richieste.
Per l’informazione vengono seguiti i seguenti criteri:
8.10. Ciascun istituto deve assicurare spazi ben visibili adibiti
all’informazione; in particolare sono predisposti:
- tabella dell’orario di lavoro dei dipendenti (orario dei docenti; orario,
funzioni e dislocazione del personale amministrativo, tecnico, ausiliario -
A.T.A.);
- organigramma degli uffici (presidenza, vice presidenza e servizi);
- organigramma degli organi collegiali;
- organico del personale docente e A.T.A.;
- albi d’istituto.
Sono inoltre resi disponibili appositi spazi per:
- bacheca sindacale;
- bacheca degli studenti;
- bacheca dei genitori.
8.11. Presso l’ingresso e presso gli uffici devono essere presenti e
riconoscibili operatori scolastici in grado di fornire all’utenza le prime
informazioni per la fruizione del servizio.
8.12. Gli operatori scolastici devono indossare il cartellino di
identificazione in maniera ben visibile per l’intero orario di lavoro.
8.13. Il regolamento d’istituto deve avere adeguata pubblicità mediante
affissione.
Parte III
9. Condizioni ambientali della scuola.
9.1. L’ambiente scolastico deve essere pulito, accogliente, sicuro. Le
182
condizioni di igiene e sicurezza dei locali e dei servizi devono garantire una
permanenza a scuola confortevole per gli alunni e per il personale. Il
personale ausiliario, specie quello delle scuole materne ed elementari, deve
adoperarsi per garantire la costante igiene dei servizi. La scuola si impegna,
in particolare, a sensibilizzare le istituzioni interessate, comprese le
associazioni dei genitori, degli utenti e dei consumatori, al fine di garantire
agli alunni la sicurezza interna ed esterna (quest’ultima, nell’ambito del
circondario scolastico).
9.2. Ogni scuola individua i seguenti fattori di qualità riferibili alle
condizioni ambientali, e ne dà informazione all’utenza:
- Numero, dimensione (superficie, cubatura e numero degli alunni) e
dotazioni (cattedra, banchi, lavagne, armadietti, ecc.) delle aule dove si
svolge la normale attività didattica.
- Numero, tipo, dimensione (superficie e cubatura), dotazioni (macchine e
attrezzature, posti alunno, ecc.), orario settimanale di disponibilità e di
utilizzo effettivo delle aule speciali e dei laboratori.
- Numero, dimensione (superficie e cubatura), dotazioni e media delle ore
di utilizzazione settimanale
distinta per attività curricolari e per attività extracurricolari delle palestre.
- Numero, dimensioni, con indicazione del numero massimo di persone
contenibile, dotazione delle sale (posti a sedere, microfoni, schermi per
proiezione, ecc.) e media delle ore di utilizzazione settimanale distinta per
attività curricolari ed extracurricolari delle sale per riunioni.
- Numero, dimensione e dotazioni dei locali di servizio (per fotocopie, per
stampa, sala docenti, ecc.).
- Numero, dimensioni, dotazioni di libri e riviste, orario settimanale di
apertura e modalità per la consultazione e il prestito delle biblioteche.
- Numero dei servizi igienici, con indicazione dell’esistenza di servizi
igienici per handicappati.
- Esistenza di barriere architettoniche.
183
- Esistenza di ascensori e montacarichi.
- Esistenza e descrizione di spazi esterni attrezzati e non (posteggi, impianti
sportivi, ecc.).
- Piano di evacuazione dell’edificio in caso di calamità.
9.3. I fattori di qualità devono essere riferiti a ciascuna delle sedi che
facciano parte della stessa istituzione.
Parte IV
10. Procedura dei reclami e valutazione del servizio.
I reclami possono essere espressi in forma orale, scritta, telefonica, via fax
e devono contenere generalità, indirizzo e reperibilità del proponente.
I reclami orali e telefonici debbono, successivamente, essere sottoscritti. I
reclami anonimi non sono presi in considerazione, se non circostanziati. Il
capo di istituto, dopo avere esperito ogni possibile indagine in merito,
risponde, sempre in forma scritta, con celerità e, comunque, non oltre
quindici giorni, attivandosi per rimuovere le cause che hanno provocato il
reclamo. Qualora il reclamo non sia di competenza del capo di istituto, al
reclamante sono fornite indicazioni circa il corretto destinatario.
Annualmente, il capo di istituto formula per il consiglio una relazione
analitica dei reclami e dei successivi provvedimenti. Tale relazione è
inserita nella relazione generale del consiglio sull’anno scolastico.
10.2. Valutazione del servizio.
Allo scopo di raccogliere elementi utili alla valutazione del servizio, viene
effettuata una rilevazione
mediante questionari opportunamente tarati, rivolti ai genitori, al personale
e - limitatamente alle scuole secondarie di secondo grado - anche agli
studenti.
I questionari, che vertono sugli aspetti organizzativi, didattici ed
amministrativi del servizio, devono prevedere una graduazione delle
184
valutazioni e la possibilità di formulare proposte. Nella formulazione delle
domande, possono essere utilizzati indicatori forniti dagli organi
dell’amministrazione scolastica e degli enti locali. Alla fine di ciascun anno
scolastico, il collegio dei docenti redige una relazione sull’attività
formativa della scuola che viene sottoposta all’attenzione del consiglio di
circolo o di istituto.
Parte V
11. Attuazione.
11.1. Le indicazioni contenute nella presente Carta si applicano fino a
quando non intervengano, in materia, disposizioni modificative contenute
nei contratti collettivi o in norme di legge.167
11.2. Il Ministro della pubblica istruzione cura, con apposita direttiva, i
criteri di attuazione della presente Carta.
167 Le indicazioni contenute nella carta dei servizi sono state in gran parte superate dallenormativa di rango primario e secondario che ha dato attuazione all’autonomia scolastica. Restano cionondimeno di grande interesse perché permettono di ricostruire le tappe dellariforma.
185
DIRETTIVA MINISTRO PUBBLICA ISTRUZIONE 21 luglio 1995, n.
254(168)
Articolo 1
1. Ai sensi dell’articolo 2 del Decreto del Presidente del Consiglio
dei Ministri 7 giugno 1995, pubblicato sulla G.U. 15 giugno 1995, n. 138,
le istituzioni scolastiche adottano, entro 120 giorni dalla data di entrata in
vigore del predetto decreto, una «Carta dei servizi scolastici», sulla base dei
principi indicati nello schema generale di riferimento recepito nel decreto
medesimo, nonché della Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri
27 gennaio 1994, pubblicata sulla G.U. 22 febbraio 1994, n. 43.
2. La Carta dei servizi scolastici adottata dal consiglio di circolo e di
istituto, che a tal fine acquisisce preventivamente il parere del collegio dei
docenti. Quest’ultimo ha carattere vincolante per gli aspetti pedagogici-
didattici.
3. Nelle materie oggetto di specifica disciplina sia nel regolamento di
circolo o di istituto sia nella Carta dei servizi scolastici, le istituzioni
scolastiche adeguano i propri regolamenti interni di circolo o di istituto, di
cui all’articolo 6, lett. a, del decreto del Presidente della Repubblica 31
maggio 1974, n. 416, ai principi ed alle disposizioni contenute nella Carta
di istituto.
4. La Carta dei servizi scolastici, adottata dalle singole istituzioni
scolastiche, è adeguatamente pubblicizzata, anche mediante affissione
all’albo dell’istituto, presso il personale della scuola, i genitori e gli alunni.
Copia di essa è invitata alla Presidenza del Consiglio dei Ministri,
Dipartimento della funzione pubblica, per la successiva valutazione degli
standard di qualità indicati nelle singole Carte di istituto e per il previsto
monitoraggio circa le modalità di attuazione delle stesse. Altra copia della
168 Trasmessa con circolare ministeriale 21 luglio 1995, n. 255.
186
Carta in argomento è inviata anche al provveditore agli studi, al
sovrintendente scolastico regionale, che la porterà a conoscenza delle
segretaria regionale degli ispettori tecnici, e al distretto scolastico
competenti.
5. Le istituzioni scolastiche legalmente riconosciute, pareggiate o
parificate adottano la Carta dei servizi sulla base del predetto schema
generale di riferimento, tenendo conto dell’esigenza di eventuali
adattamenti.
Articolo 2
1. I capi di istituto promuovono apposite riunioni con genitori,
studenti, docenti, personale ATA e associazioni dell’utenza del servizio;
con, l’eventuale partecipazione gratuita anche di esperti, al fine di favorirne
la piena collaborazione tra tutte le componenti delle singole istituzioni
scolastiche per la migliore riuscita dell’iniziativa.
2. I provveditori agli studi promuovono, con la presenza degli
ispettori operanti nell’ambito territoriale, specifici incontri dei capi di
istituto, a livello distrettuale, intesa a favorire il più ampio scambio di
esperienze nella fase di avvio dell’iniziativa e a definire soluzioni
concordate per i problemi eventualmente emersi nell’attuazione delle
singole Carte di istituto.
3. Nell’ambito dei programmi di attività e dei conseguenti piani di
lavoro predisposti per gli ispettori tecnici operanti a livello regionale,
devono essere previsti specifici interventi di assistenza alle scuole, volti a
promuovere la necessaria informazione sulle disposizioni contenute nello
schema di riferimento della «Carta dei servizi scolastici» a fornire eventuali
orientamenti applicativi, sulla base delle indicazioni a tal fine elaborate
dalle segreterie centrali e regionali degli ispettori, a rilevare periodicamente
le concrete modalità di attuazione delle singole Carte di istituto e i
problemi eventualmente emersi. Le modalità di attuazione delle singole
187
«Carte dei servizi scolastici», le difficoltà eventualmente rilevate, le
eventuali proposte utili al miglior perseguimento degli obbiettivi in essa
previsti, costituiscono oggetto di uno specifico capitolo della relazione
predisposta annualmente dal corpo ispettivo sull’andamento generale
dell’attività e dei servizi scolastici, ai sensi dell’articolo 4, comma 5, del
decreto del Presidente della Repubblica 31 maggio 1974, n. 417.
4. Le Direzioni generali, Ispettorati e Servizio scuola materna, i
provveditori agli studi, i sovrintendenti scolastici regionali, la segreteria
tecnica centrale e le segreterie tecniche regionali degli ispettori, ciascuno
per la parte di rispettiva competenza, promuovono le condizioni necessarie
per la piena attuazione dei principi e delle disposizioni contenuti nel citato
schema generale di riferimento della «Carta dei servizi scolastici», recepiti
nelle singole Carte dei servizi predisposte da ciascuna istituzione
scolastica. Per i medesimi fini possono altresì essere promosse apposite
conferenze di servizio o stipulati specifici accordi, ai sensi degli artt. 14 e
15 della Legge 7 agosto 1990, n. 241, con gli enti locali cointeressati
nell’erogazione del servizio scolastico.
188
Legge 28 dicembre 1995, n. 549 (169)
Misure di razionalizzazione della finanza pubblica
…… omissis …..
20. Gli istituti secondari superiori, anche di diverso ordine e tipo, o le loro
sezioni staccate o coordinate, possono essere aggregati tra loro, al fine di
consentire la creazione di istituti rispondenti alle condizioni stabilite
dall’articolo 51, comma 4, del testo unico approvato con Decreto
legislativo 16 aprile 1994, n.297, e dotati di personalità giuridica e di
autonomia amministrativa. Con regolamento da emanare ai sensi
dell’articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n.400, e successive
modificazioni, sono stabilite:
a) le modalità di funzionamento del nuovo consiglio di istituto e
l’articolazione del collegio dei docenti in sezioni corrispondenti alle scuole
aggregate;
b) la redistribuzione, tra soggetti obbligati, degli oneri riguardanti le spese
di funzionamento;
c) la conservazione delle denominazioni delle scuole aggregate. (170)
…… omissis ……
169 Pubblicata nella Gazz. Uff. 29 dicembre 1995, n. 302, S.O. 170 Il regolamento è stato emanato con il D.P.R. 2 marzo 1988, n. 157.
189
Legge 15 marzo 1997, n. 59(171).
Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni
ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la
semplificazione amministrativa
Capo IV
Articolo 21
1. L’autonomia delle istituzioni scolastiche e degli istituti educativi si
inserisce nel processo di realizzazione della autonomia e della
riorganizzazione dell’intero sistema formativo. Ai fini della realizzazione
della autonomia delle istituzioni scolastiche le funzioni
dell’Amministrazione centrale e periferica della pubblica istruzione in
materia di gestione del servizio di istruzione, fermi restando i livelli unitari
e nazionali di fruizione del diritto allo studio nonché gli elementi comuni
all’intero sistema scolastico pubblico in materia di gestione e
programmazione definiti dallo Stato, sono progressivamente attribuite alle
istituzioni scolastiche, attuando a tal fine anche l’estensione ai circoli
didattici, alle scuole medie, alle scuole e agli istituti di istruzione
secondaria, della personalità giuridica degli istituti tecnici e professionali e
degli istituti d’arte ed ampliando l’autonomia per tutte le tipologie degli
istituti di istruzione, anche in deroga alle norme vigenti in materia di
contabilità dello Stato. Le disposizioni del presente articolo si applicano
anche agli istituti educativi, tenuto conto delle loro specificità
ordinamentali.
2. Ai fini di quanto previsto nel comma 1, si provvede con uno o più
regolamenti da adottare ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23
171 In G.U. 17 marzo 1997, n. 63.
190
agosto 1988, n. 400(172), nel termine di nove mesi dalla data di entrata in
vigore della presente legge, sulla base dei criteri generali e principi direttivi
contenuti nei commi 3, 4, 5, 7, 8, 9, 10 e 11 del presente articolo. Sugli
schemi di regolamento è acquisito, anche contemporaneamente al parere
del Consiglio di Stato, il parere delle competenti Commissioni
parlamentari. Decorsi sessanta giorni dalla richiesta di parere alle
Commissioni, i regolamenti possono essere comunque emanati. Con i
regolamenti predetti sono dettate disposizioni per armonizzare le norme di
cui all’articolo 355 del testo unico approvato con decreto legislativo 16
aprile 1994, n. 297, con quelle della presente legge.
3. I requisiti dimensionali ottimali per l’attribuzione della personalità
giuridica e dell’autonomia alle istituzioni scolastiche di cui al comma 1,
anche tra loro unificate nell’ottica di garantire agli utenti una più agevole
fruizione del servizio di istruzione, e le deroghe dimensionali in relazione a
particolari situazioni territoriali o ambientali sono individuati in rapporto
alle esigenze e alla varietà delle situazioni locali e alla tipologia dei settori
di istruzione compresi nell’istituzione scolastica. Le deroghe dimensionali
saranno automaticamente concesse nelle province il cui territorio è per
almeno un terzo montano, in cui le condizioni di viabilità statale e
provinciale siano disagevoli e in cui vi sia una dispersione e rarefazione di
insediamenti abitativi. (173)
4. La personalità giuridica e l’autonomia sono attribuite alle
istituzioni scolastiche di cui al comma 1 a mano a mano che raggiungono i
requisiti dimensionali di cui al comma 3 attraverso piani di
dimensionamento della rete scolastica, e comunque non oltre il 31
dicembre 2000 contestualmente alla gestione di tutte le funzioni
amministrative che per loro natura possono essere esercitate dalle
172 Legge 23 agosto 1988, n. 400, recante “Disciplina dell'attività di Governo e ordinamentodella Presidenza del Consiglio dei Ministri”, in Gazzetta Ufficiale 12 settembre 1988, n. 214, S.O. 173 Per il dimensionamento ottimale delle istituzioni scolastiche, vedi il D.P.R. 18 giugno 1998, n. 233.
191
istituzioni autonome. In ogni caso il passaggio al nuovo regime di
autonomia sarà accompagnato da apposite iniziative di formazione del
personale, da una analisi delle realtà territoriali, sociali ed economiche
delle singole istituzioni scolastiche per l’adozione dei conseguenti
interventi perequativi e sarà realizzato secondo criteri di gradualità che
valorizzino le capacità di iniziativa delle istituzioni stesse.
5. La dotazione finanziaria essenziale delle istituzioni scolastiche già
in possesso di personalità giuridica e di quelle che l’acquistano ai sensi del
comma 4 è costituita dall’assegnazione dello Stato per il funzionamento
amministrativo e didattico, che si suddivide in assegnazione ordinaria e
assegnazione perequativa. Tale dotazione finanziaria è attribuita senza altro
vincolo di destinazione che quello dell’utilizzazione prioritaria per lo
svolgimento delle attività di istruzione, di formazione e di orientamento
proprie di ciascuna tipologia e di ciascun indirizzo di scuola. L’attribuzione
senza vincoli di destinazione comporta l’utilizzabilità della dotazione
finanziaria, indifferentemente, per spese in conto capitale e di parte
corrente, con possibilità di variare le destinazioni in corso d’anno. Con
decreto del Ministro della pubblica istruzione, di concerto con il Ministro
del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, sentito il parere
delle commissioni parlamentari competenti, sono individuati i parametri
per la definizione della dotazione finanziaria ordinaria delle scuole. Detta
dotazione ordinaria è stabilita in misura tale da consentire l’acquisizione da
parte delle istituzioni scolastiche dei beni di consumo e strumentali
necessari a garantire l’efficacia del processo di insegnamento-
apprendimento nei vari gradi e tipologie dell’istruzione. La stessa
dotazione ordinaria, nella quale possono confluire anche i finanziamenti
attualmente allocati in capitoli diversi da quelli intitolati al funzionamento
amministrativo e didattico, è spesa obbligatoria ed è rivalutata annualmente
sulla base del tasso di inflazione programmata. In sede di prima
determinazione, la dotazione perequativa è costituita dalle disponibilità
192
finanziarie residue sui capitoli di bilancio riferiti alle istituzioni scolastiche
non assorbite dalla dotazione ordinaria. La dotazione perequativa è
rideterminata annualmente sulla base del tasso di inflazione programmata e
di parametri socio-economici e ambientali individuati di concerto dai
Ministri della pubblica istruzione e del tesoro, del bilancio e della
programmazione economica, sentito il parere delle commissioni
parlamentari competenti. (174) (175)
6. Sono abrogate le disposizioni che prevedono autorizzazioni
preventive per l’accettazione di donazioni, eredità e legati da parte delle
istituzioni scolastiche, ivi compresi gli istituti superiori di istruzione
artistica, delle fondazioni o altre istituzioni aventi finalità di educazione o
di assistenza scolastica. Sono fatte salve le vigenti disposizioni di legge o di
regolamento in materia di avviso ai successibili. Sui cespiti ereditari e su
quelli ricevuti per donazione non sono dovute le imposte in vigore per le
successioni e le donazioni. (176)
7. Le istituzioni scolastiche che abbiano conseguito personalità
giuridica e autonomia ai sensi del comma 1 e le istituzioni scolastiche già
dotate di personalità e autonomia, previa realizzazione anche per queste
ultime delle operazioni di dimensionamento di cui al comma 4, hanno
174 Sulla dotazione finanziaria d’istituto vedi anche l’articolo 6 del D.P.R. 18 giugno 1998, n. 233.175 I periodi terzo e successivi del comma 5 sono stati introdotti dall’articolo 2, comma 3 deldecreto legge 28 agosto 2000, n. 240 convertito con modificazioni dalla legge 27 ottobre 2000, n. 306. L’articolo 2 del predetto decreto legge ha inoltre previsto, al comma 2, finanziamentistraordinari alle istituzioni scolastiche per l’acquisto di attrezzature informatiche per completareil programma di sviluppo delle tecnologie didattiche avviato dal Ministero della pubblicaistruzione e per garantire un adeguato supporto tecnologico all’avvio dell’autonomia scolastica. 176 Sull’abrogazione delle disposizioni che prevedono autorizzazioni preventive perl’accettazione di donazioni, eredità e legati vedi anche l’articolo 13 della legge 15 maggio 1997, n. 127 come modificato dall’articolo 2 della legge 16 giugno 1998, n. 191 e poi sostituitodall’articolo 1 della legge 22 giugno 2000, n. 192, che testualmente dispone: “1. L'articolo 17del codice civile e la legge 21 giugno 1896, n. 218, sono abrogati. Sono altresì abrogati l'articolo600, il quarto comma dell'articolo 782 e l'articolo 786 del codice civile, nonché le altredisposizioni che prescrivono autorizzazioni per l'acquisto di immobili o per accettazione didonazioni, eredità e legati da parte di persone giuridiche, ovvero il riconoscimento oautorizzazioni per l'acquisto di immobili o per accettazione di donazioni, eredità e legati daparte delle associazioni, fondazioni e di ogni altro ente non riconosciuto. 2. Le disposizioni dicui al comma 1 si applicano anche alle acquisizioni deliberate o verificatesi in data anteriore aquella di entrata in vigore della presente legge”.
193
autonomia organizzativa e didattica, nel rispetto degli obiettivi del sistema
nazionale di istruzione e degli standard di livello nazionale. (177)
8. L’autonomia organizzativa è finalizzata alla realizzazione della
flessibilità, della diversificazione, dell’efficienza e dell’efficacia del
servizio scolastico, alla integrazione e al miglior utilizzo delle risorse e
delle strutture, all’introduzione di tecnologie innovative e al coordinamento
con il contesto territoriale. Essa si esplica liberamente, anche mediante
superamento dei vincoli in materia di unità oraria della lezione,
dell’unitarietà del gruppo classe e delle modalità di organizzazione e
impiego dei docenti, secondo finalità di ottimizzazione delle risorse umane,
finanziarie, tecnologiche, materiali e temporali, fermi restando i giorni di
attività didattica annuale previsti a livello nazionale, la distribuzione
dell’attività didattica in non meno di cinque giorni settimanali, il rispetto
dei complessivi obblighi annuali di servizio dei docenti previsti dai
contratti collettivi che possono essere assolti invece che in cinque giorni
settimanali anche sulla base di un’apposita programmazione
plurisettimanale. (178)
9. L’autonomia didattica è finalizzata al perseguimento degli obiettivi
generali del sistema nazionale di istruzione, nel rispetto della libertà di
insegnamento, della libertà di scelta educativa da parte delle famiglie e del
diritto ad apprendere. Essa si sostanzia nella scelta libera e programmata di
metodologie, strumenti, organizzazione e tempi di insegnamento, da
adottare nel rispetto della possibile pluralità di opzioni metodologiche, e in
ogni iniziativa che sia espressione di libertà progettuale, compresa
l’eventuale offerta di insegnamenti opzionali, facoltativi o aggiuntivi e nel
rispetto delle esigenze formative degli studenti. A tal fine, sulla base di
quanto disposto dall’articolo 1, comma 71, della legge 23 dicembre 1996,
n. 662, sono definiti criteri per la determinazione degli organici funzionali
177 L’autonomia delle istituzioni scolastiche è stata disciplinata con il regolamento emanato conD.P.R. 8 marzo 1998, n. 275. 178 Vedi nota precedente.
194
di istituto, fermi restando il monte annuale orario complessivo previsto per
ciascun curriculum e quello previsto per ciascuna delle discipline ed attività
indicate come fondamentali di ciascun tipo o indirizzo di studi e l’obbligo
di adottare procedure e strumenti di verifica e valutazione della produttività
scolastica e del raggiungimento degli obiettivi.
10. Nell’esercizio dell’autonomia organizzativa e didattica le
istituzioni scolastiche realizzano, sia singolarmente che in forme
consorziate, ampliamenti dell’offerta formativa che prevedano anche
percorsi formativi per gli adulti, iniziative di prevenzione dell’abbandono e
della dispersione scolastica, iniziative di utilizzazione delle strutture e delle
tecnologie anche in orari extrascolastici e a fini di raccordo con il mondo
del lavoro, iniziative di partecipazione a programmi nazionali, regionali o
comunitari e, nell’ambito di accordi tra le regioni e l’amministrazione
scolastica, percorsi integrati tra diversi sistemi formativi. Le istituzioni
scolastiche autonome hanno anche autonomia di ricerca, sperimentazione e
sviluppo nei limiti del proficuo esercizio dell’autonomia didattica e
organizzativa. Gli istituti regionali di ricerca, sperimentazione e
aggiornamento educativi, il Centro europeo dell’educazione, la Biblioteca
di documentazione pedagogica e le scuole ed istituti a carattere atipico di
cui alla parte I, titolo II, capo III, del testo unico approvato con decreto
legislativo 16 aprile 1994, n. 297, sono riformati come enti finalizzati al
supporto dell’autonomia delle istituzioni scolastiche autonome.(179)
11. Con regolamento adottato ai sensi del comma 2 sono altresì
attribuite la personalità giuridica e l’autonomia alle Accademie di belle arti,
179 Per gli istituti regionali di ricerca, sperimentazione e aggiornamento educativi vedi anchel’articolo 76 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300. I predetti istituti sono stati riformaticon il regolamento emanato con D.P.R. 6-3-2001 n. 190, Regolamento concernentel'organizzazione degli Istituti regionali di ricerca educativa, a norma dell'articolo 76 del D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300, Pubblicato nella Gazz. Uff. 23 maggio 2001, n. 118. Per il Centroeuropeo dell’educazione e la Biblioteca di documentazione pedagogica vedi anche il decretolegislativo 20 luglio 1999, n. 258. Relativamente alle scuole ed istituti a carattere atipico v. anche la legge 22 marzo 2000, n. 69, che, all’articolo 1, comma 2, ha destinato uno specificofinanziamento alla realizzazione della riforma delle predette istituzioni.
195
agli Istituti superiori per le industrie artistiche, ai Conservatori di musica,
alle Accademie nazionali di arte drammatica e di danza, secondo i principi
contenuti nei commi 8, 9 e 10 e con gli adattamenti resi necessari dalle
specificità proprie di tali istituzioni.(180)
12. Le università e le istituzioni scolastiche possono stipulare
convenzioni allo scopo di favorire attività di aggiornamento, di ricerca e di
orientamento scolastico e universitario.
13. Con effetto dalla data di entrata in vigore delle norme
regolamentari di cui ai commi 2 e 11 sono abrogate le disposizioni vigenti
con esse incompatibili, la cui ricognizione è affidata ai regolamenti stessi.
Il Governo è delegato ad aggiornare e coordinare, entro un anno dalla data
di entrata in vigore delle predette disposizioni regolamentari, le norme del
testo unico di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, apportando
tutte le conseguenti e necessarie modifiche.(181)
14. Con decreto del Ministro della pubblica istruzione, di concerto
con il Ministro del tesoro, sono emanate le istruzioni generali per
l’autonoma allocazione delle risorse, per la formazione dei bilanci, per la
gestione delle risorse ivi iscritte e per la scelta dell’affidamento dei servizi
di tesoreria o di cassa, nonché per le modalità del riscontro delle gestioni
delle istituzioni scolastiche, anche in attuazione dei principi contenuti nei
regolamenti di cui al comma 2. È abrogato il comma 9 dell’articolo 4 della
legge 24 dicembre 1993, n. 537 (182) (183).
15. Entro il 30 giugno 1999 il Governo è delegato ad emanare un
180 Le Accademie ed i Conservatori di musica sono stati oggetto, con la legge 21 dicembre 1999, n. 508, di specifica, distinta riforma per cui il regolamento previsto dal comma 11 non è statopiù emanato. 181 Comma abrogato dall’articolo 1, comma 4, lettera d) della legge 24 novembre 2000, n. 340. 182 Con il decreto ministeriale 1° febbraio 2001, n. 44 è stato emanato il regolamentoconcernente le “Istruzioni generali sulla gestione amministrativo-contabile delle istituzioniscolastiche”.183 Il comma 9 dell’articolo 4 della legge n. 537 del 1993 è stato inserito nell’articolo 27, comma5, del T.U. n. 297/1994, con conseguente “rinovellazione”. Per chiarire definitivamentel’avvenuta abrogazione, il predetto comma 5 è stato successivamente compreso tra leabrogazioni individuate dall’articolo 17 del D.P.R. 8 marzo 1999, n. 275.
196
decreto legislativo di riforma degli organi collegiali della pubblica
istruzione di livello nazionale e periferico che tenga conto della specificità
del settore scolastico, valorizzando l’autonomo apporto delle diverse
componenti e delle minoranze linguistiche riconosciute, nonché delle
specifiche professionalità e competenze, nel rispetto dei seguenti criteri
(184) (185):
a) armonizzazione della composizione, dell’organizzazione e delle funzioni
dei nuovi organi con le competenze dell’amministrazione centrale e
periferica come ridefinita a norma degli articoli 12 e 13 nonché con quelle
delle istituzioni scolastiche autonome;
b) razionalizzazione degli organi a norma dell’articolo 12, comma 1, lettera
p);
c) eliminazione delle duplicazioni organizzative e funzionali, secondo
quanto previsto dall’articolo 12, comma 1, lettera g);
d) valorizzazione del collegamento con le comunità locali a norma
dell’articolo 12, comma 1, lettera i);
e) attuazione delle disposizioni di cui all’articolo 59 del decreto legislativo
3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni, nella salvaguardia del
principio della libertà di insegnamento.
16. Nel rispetto del principio della libertà di insegnamento e in
connessione con l’individuazione di nuove figure professionali del
personale docente, ferma restando l’unicità della funzione, ai capi d’istituto
è conferita la qualifica dirigenziale contestualmente all’acquisto della
personalità giuridica e dell’autonomia da parte delle singole istituzioni
scolastiche. I contenuti e le specificità della qualifica dirigenziale sono
individuati con decreto legislativo integrativo delle disposizioni del decreto
legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni, da emanare
184 Alinea così modificato prima dall’articolo 1 della legge 16 giugno 1998, n. 191 e poidall’articolo 9 della legge 8 marzo 1999, n. 50. 185 In attuazione della delega contenuta nel presente comma è stato emanato il decretolegislativo 6 marzo 1998, n. 59, in Gazzetta Ufficiale 26 marzo 1998, n. 71, il cui contenuto èconfluito negli articoli 25-bis, 25-ter e 28-bis del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29.
197
entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, sulla base
dei seguenti criteri:
a) l’affidamento, nel rispetto delle competenze degli organi collegiali
scolastici, di autonomi compiti di direzione, di coordinamento e
valorizzazione delle risorse umane, di gestione di risorse finanziarie e
strumentali, con connesse responsabilità in ordine ai risultati;
b) il raccordo tra i compiti previsti dalla lettera a) e l’organizzazione e le
attribuzioni dell’amministrazione scolastica periferica, come ridefinite ai
sensi dell’articolo 13, comma 1;
c) la revisione del sistema di reclutamento, riservato al personale docente
con adeguata anzianità di servizio, in armonia con le modalità previste
dall’articolo 28 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29;
d) l’attribuzione della dirigenza ai capi d’istituto attualmente in servizio,
assegnati ad una istituzione scolastica autonoma, che frequentino un
apposito corso di formazione.
17. Il rapporto di lavoro dei dirigenti scolastici sarà disciplinato in
sede di contrattazione collettiva del comparto scuola, articolato in
autonome aree.
18. Nell’emanazione del regolamento di cui all’articolo 13 la riforma
degli uffici periferici del Ministero della pubblica istruzione è realizzata
armonizzando e coordinando i compiti e le funzioni amministrative
attribuiti alle regioni ed agli enti locali anche in materia di programmazione
e riorganizzazione della rete scolastica.
19. Il Ministro della pubblica istruzione presenta ogni quattro anni al
Parlamento, a decorrere dall’inizio dell’attuazione dell’autonomia prevista
nel presente articolo, una relazione sui risultati conseguiti, anche al fine di
apportare eventuali modifiche normative che si rendano necessarie.
20. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di
Bolzano disciplinano con propria legge la materia di cui al presente articolo
nel rispetto e nei limiti dei propri statuti e delle relative norme di
198
attuazione.
20-bis. Con la stessa legge regionale di cui al comma 20 la regione
Valle d’Aosta stabilisce tipologia, modalità di svolgimento e di
certificazione di una quarta prova scritta di lingua francese, in aggiunta alle
altre prove scritte previste dalla legge 10 dicembre 1997, n. 425. Le
modalità e i criteri di valutazione delle prove d’esame sono definiti
nell’ambito dell’apposito regolamento attuativo, d’intesa con la regione
Valle d’Aosta. È abrogato il comma 5 dell’articolo 3 della legge 10
dicembre 1997, n. 425.(186) (187)
186 Comma aggiunto dall’articolo 1 della legge 16 giugno 1998, n. 191. In attuazione di quantodisposto dal presente comma, vedi il D.P.R. 7 gennaio 1999, n. 13, recante “Regolamentoconcernente modalità e criteri di valutazione delle prove degli esami di Stato conclusivi deicorsi di studio di istruzione secondaria superiore nella Valle d'Aosta”, in Gazzetta Ufficiale 29gennaio 1999, n. 23. 187 Comma così modificato dall’articolo 7 della legge 15 maggio 1997, n. 127.
199
Legge 18 dicembre 1997, n. 440(188)
Istituzione del Fondo per l’arricchimento e l’ampliamento dell’offerta
formativa e per gli interventi perequativi. (189) (190)
Articolo 1
(Fondo per l’arricchimento e l’ampliamento dell’offerta formativa e per gli
interventi perequativi)
188 In Gazzetta Ufficiale del 23 dicembre 1997, n. 298. 189 Il Fondo istituito con la legge n. 440 è stato oggetto delle seguenti disposizioni legislativesuccessive: l’articolo 1, comma 8 della legge 20 gennaio 1999, n. 9 sull’elevazione dell’obbligoscolastico, che ha disposto un incremento della dotazione del Fondo finalizzata allasperimentazione dell’autonomia didattica e organizzativa; l’articolo 68 della legge 17 maggio1999, n. 144, che, nell’istituire l’obbligo formativo fino al 18° anno di età, ha disposto, alcomma 4, l’incremento del Fondo a quel fine. Lo stesso comma ha inoltre stabilito che, adecorrere dall’anno 2000, per le finalità di cui alla legge n. 440 si provvede ai sensi dell’articolo11, comma 3, lettera d) della legge 5 agosto 1978, n. 468 e successive modificazioni (e cioè, insostanza, l’entità del Fondo è determinata annualmente con la legge finanziaria; taledeterminazione del Fondo deve tener conto, evidentemente, degli incrementi disposti dalleeventuali disposizioni legislative successive, come ad esempio quella di seguito citata);l’articolo 1, comma 1 della legge 22 marzo 2000, n. 69, che ha disposto un incremento delFondo, destinato al potenziamento ed alla qualificazione dell’offerta di integrazione scolasticadegli alunni in situazioni di handicap. 190 A seguito della legge n. 440 sono stati adottati dal Ministero della pubblica istruzione iseguenti atti: lettera circolare, prot. n. 27814/BL del 19 maggio 1998, con la quale sono statesollecitate le istituzioni scolastiche a perseguire, attraverso progetti autonomamente attivati, alcune finalità considerate prioritarie; sono state date quindi indicazioni alle scuole in ordinealla definizione degli ambiti dei progetti, alla loro predisposizione, alle modalità della loroadozione, all’assistenza ed al supporto nella loro realizzazione, al loro monitoraggio ed alla lorovalutazione; la Direttiva n. 238 del 19 maggio 1998, emanata a norma dell’articolo 2 della leggen. 440, relativa all’utilizzazione, per l’anno 1998, delle disponibilità del Fondo edall’indicazione degli interventi prioritari; il decreto ministeriale n. 251 del 29 maggio 1998, cheha autorizzato le scuole a sperimentare in via transitoria, in attesa dell’emanazione delle normeregolamentari sull’autonomia previste dall’articolo 21 della legge n. 59/1997, un programmanazionale negli ambiti organizzativi e didattici consentiti dall’ordinamento allora vigente; laDirettiva n. 252 del 29 maggio 1998, sostitutiva della precedente Direttiva n. 238, sopraindicata; la C.M. n. 414 (prot. n. 32253/BL) del 14 ottobre 1998, con la quale è statoautorizzato, per gli istituti di istruzione secondaria superiore, per l’anno scolastico 1999/2000, solo il rinnovo per le prime classi, anche con modifiche, delle sperimentazioni già in precedenzaautorizzate; la stessa circolare ha quindi comunicato la determinazione ministeriale di nonaccogliere, per il medesimo anno scolastico, richieste di nuove sperimentazioni; il decretoministeriale n. 179 del 19 luglio 1999, concernente la proroga, per l’anno 1999/2000, dell’efficacia del decreto ministeriale n. 251/98, con la previsione peraltro, in attesa del nuovoregime di autonomia decorrente dall’anno scolastico 2000/2001, di un superamento della logicadella sperimentazione, per ambiti separati, dell’organizzazione scolastica, come era previsto nelmedesimo decreto ministeriale n. 251/98; la Direttiva n. 180 del 19 luglio 1999, n. 180, concernente l’utilizzazione, per l’anno 1999, delle disponibilità finanziarie del Fondo, el’indicazione degli interventi prioritari.
200
1. A decorrere dall’esercizio finanziario 1997, è istituito nello stato di
previsione del Ministero della pubblica istruzione un fondo denominato
“Fondo per l’arricchimento e l’ampliamento dell’offerta formativa e per gli
interventi perequativi” destinato alla piena realizzazione dell’autonomia
scolastica, all’introduzione dell’insegnamento di una seconda lingua
comunitaria nelle scuole medie, all’innalzamento del livello di scolarità e
del tasso di successo scolastico, alla formazione del personale della scuola,
alla realizzazione di iniziative di formazione postsecondaria non
universitaria, allo sviluppo della formazione continua e ricorrente, agli
interventi per l’adeguamento dei programmi di studio dei diversi ordini e
gradi, ad interventi per la valutazione dell’efficienza e dell’efficacia del
sistema scolastico, alla realizzazione di interventi perequativi in favore
delle istituzioni scolastiche tali da consentire, anche mediante integrazione
degli organici provinciali, l’incremento dell’offerta formativa, alla
realizzazione di interventi integrati, alla copertura della quota nazionale di
iniziative cofinanziate con i fondi strutturali dell’Unione europea.
2. Le disponibilità di cui al comma 1 da iscrivere nello stato di
previsione del Ministero della pubblica istruzione sono ripartite, sentito il
parere delle competenti commissioni parlamentari, con decreti del Ministro
del tesoro, anche su capitoli di nuova istituzione, su proposta del Ministro
della pubblica istruzione, in attuazione delle direttive di cui all’articolo 2.
Le eventuali disponibilità non utilizzate nel corso dell’anno sono utilizzate
nell’esercizio successivo.
Articolo 2
(Direttive del Ministro)
1. Con una o più direttive del Ministro della pubblica istruzione,
sentito il parere delle competenti commissioni parlamentari, sono definiti:
a) gli interventi prioritari;
201
b) i criteri generali per la ripartizione delle somme destinate agli interventi
e le modalità della relativa gestione;
c) indicazioni circa il monitoraggio, il supporto, l’assistenza e la
valutazione degli interventi.
Articolo 3
(Progetti integrati)
1. Nella ripartizione dei fondi per le iniziative che richiedono il
coinvolgimento degli enti locali è data la precedenza a progetti conseguenti
ad accordi nei quali gli enti locali abbiano dato la concreta disponibilità ad
assolvere agli obblighi loro spettanti per legge, ovvero a quelli deliberati da
reti di scuole.
Articolo 4
(Dotazione del fondo)
1. La dotazione del fondo di cui all’articolo 1 è determinata in lire
100 miliardi per l’anno 1997, in lire 400 miliardi per l’anno 1998 e in lire
345 miliardi annue a decorrere dall’anno 1999. All’onere relativo agli anni
1997, 1998 e 1999 si provvede mediante corrispondente riduzione dello
stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 1997-1999, al capitolo
6856 dello stato di previsione del Ministero del tesoro per l’anno 1997,
all’uopo parzialmente utilizzando, per lire 100 miliardi per ciascuno degli
anni 1997, 1998 e 1999, l’accantonamento relativo al Ministero della
pubblica istruzione e per lire 300 miliardi per l’anno 1998 e lire 245
miliardi per l’anno 1999, l’accantonamento relativo alla Presidenza del
Consiglio dei Ministri.
2. Il Ministro del tesoro è autorizzato ad apportare, con propri
decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
202
decreto del Presidente della Repubblica 2 marzo 1998, n. 157 (191)
Regolamento recante norme di attuazione dell’articolo 1, comma 20,
della legge 28 dicembre 1995, n. 549, concernente l’aggregazione di
istituti scolastici di istruzione secondaria superiore
Articolo 1
(Aggregazione di scuole)
1. Gli istituti scolastici di istruzione secondaria superiore, anche di
diverso ordine e tipo, e le sezioni staccate e le sedi coordinate, aggregati in
attuazione dell’articolo 1, comma 20, della legge 28 dicembre 1995, n. 549,
costituiscono un’unica istituzione scolastica dotata di personalità giuridica
e di autonomia amministrativa, anche se trattasi di aggregazioni e fusioni
tra istituti ad amministrazione statale.
2. La nuova istituzione viene costituita ai sensi dell’articolo 1,
comma 70, della legge 23 dicembre 1996, n. 662(192), con decreto
definitivo del competente provveditore agli studi, sentiti gli enti locali
interessati e i consigli scolastici provinciali, in attuazione del decreto del
Ministro della pubblica istruzione, emanato di concerto con i Ministri del
tesoro, del bilancio e della programmazione economica e per la funzione
pubblica, sentita la conferenza dei presidenti delle regioni, con il quale
sono definiti criteri e parametri generali per la riorganizzazione graduale
della rete scolastica.
191 In Gazzetta Ufficiale 26 maggio 1998, n. 120, emanato in attuazione dell’articolo 1, comma20, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, che testualmente dispone: “20. Gli istituti secondarisuperiori, anche di diverso ordine e tipo, o le loro sezioni staccate o coordinate, possono essereaggregati tra loro, al fine di consentire la creazione di istituti rispondenti alle condizioni stabilitedall'articolo 51, comma 4, del testo unico approvato con D.Lgs. 16 aprile 1994, n. 297, e dotatidi personalità giuridica e di autonomia amministrativa. Con regolamento da emanare ai sensidell'articolo 17 della Legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, sono stabilite: a)le modalità di funzionamento del nuovo consiglio di istituto e l'articolazione del collegio deidocenti in sezioni corrispondenti alle scuole aggregate; b) la redistribuzione, tra soggettiobbligati, degli oneri riguardanti le spese di funzionamento; c) la conservazione delledenominazioni delle scuole aggregate. 192 In G.U. 28 dicembre 1996, n. 303
203
Articolo 2
(Denominazione dell’Istituto)
1. Gli istituti facenti parte dell’unica istituzione scolastica
conservano ciascuno la propria originaria identità e denominazione.
2. A tal fine l’istituzione costituita ai sensi dell’articolo 1 viene così
identificata: “Istituto statale di istruzione ...(a)... = ...(b)... =“, precisando in
(a) i diversi ordini di istruzione e in (b) la sede legale: comune, via o
piazza, numero civico.
3. La suddetta denominazione viene apposta su tutti gli atti dalla
nuova istituzione scolastica, ivi compresi diplomi e attestati.
Articolo 3
(Patrimonio)
1. Per gli immobili utilizzati come sede degli istituti aggregati
trovano applicazione le norme di cui alla legge 11 gennaio 1996, n. 23(193),
e alla legge 8 agosto 1996, n. 431(194).
2. I beni appartenenti alle istituzioni scolastiche aggregate ed i beni
mobili statali passano nel patrimonio della nuova istituzione scolastica; gli
istituti scolastici aggregati conservano l’uso dei beni mobili esistenti
all’atto della aggregazione.
3. Passano anche nella proprietà della nuova istituzione scolastica la
titolarità di eventuali crediti degli istituti aggregati, ferme restando le
finalità ad essi connessi.
Articolo 4
(Inventari)
1. All’atto della aggregazione, per ogni istituto aggregato viene
193 In G.U. 19 gennaio 1996, n. 15194 In G.U. 23 agosto 1996, n. 197
204
redatto l’elenco dei beni in uso, che, ai sensi del comma 2 dell’articolo 3,
passano nel patrimonio della nuova istituzione. Tale elenco è utilizzato per
lo scambio di consegne tra i capi di istituto e costituisce titolo valido per il
discarico dei beni dall’inventario di provenienza e per l’impianto
dell’inventario della nuova istituzione o per il carico nell’inventario
dell’istituto aggregante.
2. Lo scambio di consegne tra capi d’istituto deve riguardare anche i
beni mobili in uso, di proprietà degli enti locali o di altri enti, da descrivere
in apposito elenco, una copia del quale dovrà essere rimessa all’ente
proprietario.
Articolo 5
(Nomina di commissario.)
1. Il provveditore agli studi, all’atto della costituzione del nuovo
istituto nomina un commissario per l’amministrazione straordinaria delle
competenze di cui all’articolo 9 del decreto del Ministro della pubblica
istruzione, di concerto con il Ministro del tesoro, 28 maggio 1975,
pubblicato nel supplemento ordinario n. 1 al Bollettino ufficiale - parte I -
del Ministero della pubblica istruzione, n. 24-25 del 12-19 giugno 1975,
che resta in carica sino all’entrata in funzione del consiglio di istituto.(195)
2. Non si fa luogo alla nomina del commissario di cui al comma 1,
qualora vengano aggregate sezioni staccate e/o sedi coordinate ad
istituzione scolastica presso la quale sia in funzione il consiglio di istituto;
in tal caso si procederà subito al rinnovo di detto organo collegiale.
Articolo 6
(Consiglio di istituto)
1. Viene costituito un unico consiglio di istituto secondo la normativa
195 In materia di gestione amministrativo-contabile delle istituzioni scolastiche v. ora ilregolamento emanato con decreto ministeriale 1° febbraio 2001, n. 44.
205
di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, con le
attribuzioni previste dall’articolo 10 del medesimo decreto legislativo.
2. Le elezioni dei rappresentanti delle componenti docenti, genitori,
alunni e del personale amministrativo, tecnico e ausiliario in seno al
consiglio d’istituto hanno luogo sulla base di liste di candidati contrapposte
senza distinzione di scuola e secondo le norme di cui alla parte I - titolo 1 -
capo VI del citato decreto legislativo n. 297 del 1994.
3. Nel consiglio di istituto viene comunque riservato almeno un
seggio ad ognuna delle componenti docenti, genitori e alunni di ciascuna
delle scuole comprese nell’aggregazione.
4. Il personale amministrativo, tecnico, ausiliario dipendente dagli
enti locali esercita il diritto di elettorato insieme al corrispondente
personale dello Stato.
Articolo 7
(Collegio dei docenti)
1. Per l’esercizio delle competenze di cui all’articolo 7 del decreto
legislativo 16 aprile 1994, n. 297, viene costituito un unico collegio dei
docenti articolato in tante sezioni quante sono le scuole presenti nella
nuova istituzione.
2. Per pareri e deliberazioni relative a questioni e problematiche
specifiche, ad esempio, adozione dei libri di testo, iniziative di
sperimentazione, ecc., riferite alla singola scuola il capo di istituto convoca
solo la corrispondente sezione; in tali casi le pronunce hanno valenza
circoscritta ai singoli ordini di scuola.
3. L’attività di ciascuna sezione deve essere coerente con il piano
annuale delle attività formative dell’istituto e con la programmazione
didattico - educativa generale, la cui elaborazione compete al collegio
plenario dei docenti, ai sensi dell’articolo 7, comma 2, del decreto
legislativo 16 aprile 1994, n. 297.
206
4. I collaboratori del preside sono eletti, a norma dell’articolo 7,
comma 2, lettera h), del citato decreto legislativo n. 297 del 1994, sulla
base del numero complessivo degli alunni dell’istituzione scolastica,
avendo cura di assicurare per quanto possibile la rappresentanza dei docenti
di tutte le scuole aggregate. Tra i collaboratori eletti il capo d’istituto
sceglie il vicario, avendo cura di far cadere la sua scelta su persona
appartenente ad ordine di scuola diverso dal proprio.
Articolo 8
(Comitato per la valutazione del servizio)
1. Il collegio dei docenti elegge dal suo seno, ai sensi dell’articolo 11
del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, il comitato per la valutazione
del servizio degli insegnanti, assicurando per quanto possibile la
rappresentanza dei docenti appartenenti alle differenziate tipologie
scolastiche
della aggregazione.
Articolo 9
(Bilancio)
1. La gestione finanziaria, amministrativa e contabile degli istituti
aggregati si realizza attraverso un unico bilancio ed è regolata dalla
disciplina contenuta nel decreto del Ministro della pubblica istruzione, di
concerto con il Ministro del tesoro, 28 maggio 1975, pubblicato nel
supplemento ordinario n. 1 al Bollettino ufficiale - parte I - del Ministero
della pubblica istruzione, n. 24-25 del 12-19 giugno 1975.(196)
2. I rapporti giuridici di debito e di credito, gli obblighi contrattuali e
le disponibilità finanziarie, fondo cassa, che fanno capo all’istituto
aggregato titolare di autonomia, che cessa con l’aggregazione, sono
trasferiti in testa alla nuova istituzione scolastica. Ove occorra, nel bilancio
196 Vedi nota precedente.
207
di quest’ultima, saranno apportate le variazioni alle previsioni e sarà
operato il necessario assestamento.
3. Ulteriori istruzioni concernenti la disciplina degli aspetti di
gestione e finanziari, nonché la gestione della fase transitoria del passaggio
alla istituzione aggregata, saranno oggetto, se necessario, di specifiche
disposizioni del Ministro della pubblica istruzione, di concerto con il
Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica.
Articolo 10
(Ripartizione degli oneri tra i soggetti obbligati)
1. Nelle ipotesi in cui nell’aggregazione siano comprese scuole per le
quali, ai sensi della normativa vigente, gli oneri relativi alle spese di
funzionamento e quelli relativi al personale amministrativo, tecnico e
ausiliario facciano carico a più soggetti, questi procederanno alla relativa
ripartizione a mezzo di apposita convenzione, da stipularsi tra il
provveditore agli studi e gli enti interessati ai sensi dell’articolo 51, comma
6, del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, in proporzione alla loro
partecipazione alle spese prima dell’aggregazione; ai fini suddetti gli enti
interessati potranno anche costituirsi in consorzio.
Articolo 11
(Province di Bolzano e Trento regione Sicilia e Valle d’Aosta)
1. Restano ferme le competenze delle province di Bolzano e di
Trento, della regione Sicilia e della regione Valle d’Aosta in ordine
all’attuazione, con propria normativa, del disposto dell’articolo 1, comma
20, della legge 28 dicembre 1995, n. 549(197), con riferimento agli istituti
rientranti nella propria competenza.
197In G.U. 29 dicembre 1995, n. 302, S.O.
208
decreto del Presidente della Repubblica 18 giugno 1998, n. 233 (198).
Regolamento recante norme per il dimensionamento ottimale delle
istituzioni scolastiche e per la determinazione degli organici funzionali
dei singoli istituti, a norma dell’articolo 21 della Legge 15 marzo 1997,
n. 59 (199).
Articolo 1
(Finalità)
1. Il raggiungimento delle dimensioni ottimali delle istituzioni
scolastiche ha la finalità di garantire l’efficace esercizio dell’autonomia
prevista dall’articolo 21 della legge 15 marzo 1997, n. 59, di dare stabilità
nel tempo alle stesse istituzioni e di offrire alle comunità locali una
pluralità di scelte, articolate sul territorio, che agevolino l’esercizio del
diritto all’istruzione.(200)
2. Il dimensionamento è altresì finalizzato al conseguimento degli
obiettivi didattico-pedagogici programmati, mediante l’inserimento dei
giovani in una comunità educativa culturalmente adeguata e idonea a
stimolarne le capacità di apprendimento e di socializzazione.
3. Il raggiungimento delle dimensioni stabilite a norma del comma 1
ha l’ulteriore finalità di assicurare alle istituzioni scolastiche la necessaria
capacità di confronto, interazione e negoziazione con gli enti locali, le
istituzioni, le organizzazioni sociali e le associazioni operanti nell’ambito
territoriale di pertinenza.
198 In Gazzetta Ufficiale 16 luglio 1998, n. 164. 199 Con riferimento al D.P.R. n. 233/1998sono state emanate dal Ministero della pubblicaistruzione le seguenti circolari: 29 luglio 1998, n. 335; 1 ottobre 1998, n. 404; 12 novembre1999, n. 272; 23 dicembre 1999, n. 314; 13 aprile 2000, n. 116. 200 In materia di programmazione del servizio scolastico e della rete scolastica, diprogrammazione dell’offerta formativa integrata, di istituzione, aggregazione, fusione esoppressione di scuole, di piani di organizzazione della rete scolastica, v. anche gli articoli: 16(Definizioni), 137 (Competenze dello Stato), 138 (Deleghe alle regioni) e 139 (Trasferimentialle province ed ai comuni) del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, che hanno delineatol’assetto delle competenze dello Stato, delle regioni e degli enti locali nelle materia predette.
209
Articolo 2
(Parametri)
1. L’autonomia amministrativa, organizzativa, didattica e di ricerca
e progettazione educativa è riconosciuta alle istituzioni scolastiche di ogni
ordine e grado, ivi comprese quelle già dotate di personalità giuridica, che
raggiungono dimensioni idonee a garantire l’equilibrio ottimale tra
domanda di istruzione e organizzazione dell’offerta formativa. A tal fine
sono definiti, a norma dell’articolo 3, gli ambiti territoriali, di ampiezza
differenziata a seconda del grado di istruzione, nei quali va assicurata la
permanenza e la stabilità delle suddette istituzioni, con particolare riguardo
alle caratteristiche demografiche, geografiche, economiche, socio-culturali
del territorio, nonché alla sua organizzazione politico- amministrativa.
2. Ai fini indicati al comma 1, per acquisire o mantenere la
personalità giuridica gli istituti di istruzione devono avere, di norma, una
popolazione, consolidata e prevedibilmente stabile almeno per un
quinquennio, compresa tra 500 e 900 alunni; tali indici sono assunti come
termini di riferimento per assicurare l’ottimale impiego delle risorse
professionali e strumentali.
3. Nelle piccole isole, nei comuni montani, nonché nelle aree
geografiche contraddistinte da specificità etniche o linguistiche, gli indici
di riferimento previsti dal comma 2 possono essere ridotti fino a 300 alunni
per gli istituti comprensivi di scuola materna, elementare e media, o per gli
istituti di istruzione secondaria superiore che comprendono corsi o sezioni
di diverso ordine o tipo, previsti dal comma 6; nelle località sopra indicate
che si trovino in condizioni di particolare isolamento possono, altresì,
essere costituiti istituti comprensivi di scuole di ogni ordine e grado.
L’indice massimo di cui al comma 2 può essere superato nelle aree ad alta
densità demografica, con particolare riguardo agli istituti di istruzione
secondaria con finalità formative che richiedono beni strutturali, laboratori
210
ed officine di alto valore artistico o tecnologico.
4. Nell’ambito degli indici, minimo e massimo, stabiliti dal comma
2, la dimensione ottimale di ciascuna istituzione scolastica è definita in
relazione agli elementi di seguito indicati:
a) consistenza della popolazione scolastica residente nell’area
territoriale di pertinenza, con riferimento a ciascun grado, ordine e tipo di
scuola contemplato dall’ordinamento scolastico vigente;
b) caratteristiche demografiche, orografiche, economiche e socio-
culturali del bacino di utenza;
c) estensione dei fenomeni di devianza giovanile e criminalità
minorile;
d) complessità di direzione, gestione e organizzazione didattica, con
riguardo alla pluralità di gradi di scuole o indirizzi di studio coesistenti
nella stessa istituzione, ivi comprese le attività di educazione permanente,
di istruzione degli adulti e di perfezionamento o specializzazione, nonché
alla conduzione di aziende agrarie, convitti annessi, officine e laboratori ad
alta specializzazione o con rilevante specificità.
5. Qualora le singole scuole non raggiungano gli indici di riferimento
sopra indicati sono unificate orizzontalmente con le scuole dello stesso
grado comprese nel medesimo ambito territoriale o verticalmente in istituti
comprensivi, a seconda delle esigenze educative del territorio e nel rispetto
della progettualità territoriale.
6. Per garantire la permanenza, negli ambiti territoriali definiti ai
sensi dell’articolo 3, di scuole che non raggiungono, da sole o unificate con
scuole dello stesso grado, dimensioni ottimali, sono costituiti istituti di
istruzione comprensivi di scuola materna, elementare e media. Allo stesso
fine e per assicurare la più efficace corrispondenza tra gli istituti di
istruzione secondaria superiore e le caratteristiche del territorio di
riferimento, nonché tra la necessaria varietà dei percorsi formativi proposti
da ciascun istituto e la domanda di istruzione espressa dalla popolazione
211
scolastica, si procede alla unificazione di istituti di diverso ordine o tipo
che non raggiungono, separatamente, le dimensioni ottimali e insistono
sullo stesso bacino d’utenza, ivi comprese le sezioni staccate e scuole
coordinate dipendenti da istituti posti in località distanti e compresi in altri
ambiti territoriali di riferimento; tali istituzioni assumono la denominazione
di istituto di istruzione secondaria superiore.(201)
7. Nelle province il cui territorio è per almeno un terzo montano, in
cui le condizioni di viabilità statale e provinciale siano disagevoli e in cui
vi sia dispersione e rarefazione di insediamenti abitativi sono concesse
deroghe automatiche agli indici di riferimento previsti dal comma 2, anche
sulla base di criteri preventivamente stabiliti dalle regioni, in sede di
conferenza provinciale convocata a norma dell’articolo 3.
8. Gli indici minimi di riferimento previsti dal comma 3 sono
applicabili anche agli istituti secondari di istruzione artistica, professionale
e tecnica con indirizzi formativi particolarmente specializzati e a diffusione
limitata nell’ambito nazionale e regionale.
9. Le disposizioni contenute nei commi 3, 4, 5, 6 e 8 non si applicano
alle scuole e istituti di istruzione statali con lingua d’insegnamento slovena.
A tali scuole sarà attribuita l’autonomia scolastica ai fini dell’esercizio del
diritto allo studio, anche in assenza dei parametri minimi di cui all’articolo
2, comma 3, e sulla base della distribuzione territoriale degli allievi che le
frequentano. Nell’attribuire l’autonomia alle scuole con lingua
d’insegnamento italiana, site negli stessi ambiti territoriali, le conferenze
provinciali terranno conto delle decisioni assunte nei confronti delle scuole
con lingua d’insegnamento slovena.
10. Gli indici di riferimento previsti dai commi 3, 5, 6 e 8 si
applicano agli istituti di istruzione che comprendono scuole con particolari
finalità, funzionanti ai sensi dell’articolo 324 del testo unico approvato con
201 Relativamente agli istituti di istruzione secondaria superiore, v. anche l’art. 1, comma 20della legge 28 dicembre 1995, n. 549, ed il relativo regolamento di attuazione emanato con ilD.P.R. 2 marzo 1998, n. 157 riportato.
212
decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, con il dovuto riguardo alle
specifiche esigenze formative degli alunni frequentanti le suddette scuole.
Articolo 3
(Piani provinciali di dimensionamento)
1. I piani di dimensionamento delle istituzioni scolastiche previsti
dall’articolo 21, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59 (202), al fine
dell’attribuzione dell’autonomia e personalità giuridica, sono definiti in
conferenze provinciali di organizzazione della rete scolastica, nel rispetto
degli indirizzi di programmazione e dei criteri generali, riferiti anche agli
ambiti territoriali, preventivamente adottati dalle regioni.
2. Entro il 31 ottobre 1998 il presidente della provincia, anche in
assenza degli indirizzi e dei criteri di cui al comma 1, convoca la
conferenza provinciale alla quale partecipano, oltre alla provincia, i comuni
e le comunità montane; ad essa partecipano di diritto il dirigente
competente della amministrazione periferica della pubblica istruzione e il
presidente del consiglio scolastico provinciale, assicurando il
coinvolgimento di tutti i soggetti scolastici interessati. Ove il presidente
della provincia non provveda tempestivamente alla convocazione, questa
può essere fatta dal sindaco del comune capoluogo di provincia o, in
mancanza, dal dirigente del competente ufficio periferico
dell’amministrazione scolastica.
3. Nella prima riunione sono determinate le modalità operative per la
predisposizione e la successiva discussione e definizione delle proposte
avanzate dai soggetti partecipanti alla conferenza provinciale, compresi i
criteri per la promozione di incontri e accordi per ambiti territoriali ristretti.
4. Gli ambiti territoriali di riferimento e le dimensioni ottimali delle
istituzioni scolastiche sono individuati dalle conferenze previste dai
precedenti commi.
202 Riportato in Appendice.
213
5. I dirigenti competenti della amministrazione periferica della
pubblica istruzione predispongono la documentazione necessaria per la
conferenza provinciale di organizzazione, con tutti gli opportuni elementi
di informazione; gli stessi dirigenti, altresì, acquisiscono e comunicano alle
conferenze provinciali di cui al comma 3 eventuali pareri e proposte dei
consigli scolastici distrettuali e degli organi collegiali degli istituti
d’istruzione interessati. I dati, i documenti e le informazioni di cui sopra,
unitamente alle proposte formulate, sono contemporaneamente trasmessi
alle regioni e ai consigli provinciali e distrettuali competenti per territorio.
6. Il piano di dimensionamento delle istituzioni scolastiche di ogni
ordine e grado è approvato dalle conferenze provinciali entro il 31
dicembre 1998, anche in assenza degli indirizzi e dei criteri di cui al
comma 1.
7. I piani contengono anche proposte specifiche per le zone di
confine tra province o regioni, allo scopo di garantire le migliori condizioni
di fruibilità del servizio scolastico.
8. Le regioni approvano il piano regionale di dimensionamento entro
il 28 febbraio 1999, sulla base dei piani provinciali assicurandone il
coordinamento, nel rispetto degli organici prestabiliti, ai sensi dell’articolo
5, comma 1, e dei parametri di riferimento previsti dall’articolo 2. Le
regioni deliberano sui casi previsti dal comma 7, previa intesa, ove
necessario, con le regioni confinanti.
9. I piani, possono essere modificati nel corso dell’anno successivo
alla loro approvazione e hanno, comunque, completa e definitiva attuazione
entro l’inizio dell’anno scolastico 2000- 2001(203).
Articolo 4
(Attribuzione della personalità giuridica e dell’autonomia)
203 Sull’avvio del nuovo regime di autonomia delle istituzioni scolastiche v. anche l’articolo 2, comma 2 del D.P.R. 8 marzo 1999, n. 275.
214
1. I dirigenti dell’amministrazione scolastica periferica adottano, in
attuazione dei piani approvati dalle regioni, i provvedimenti conseguenti,
ivi compresi quelli di riconoscimento dell’autonomia alle singole istituzioni
scolastiche e di attribuzione della personalità giuridica alle istituzioni
scolastiche che ne siano prive.
2. Agli enti locali è attribuita ogni competenza in materia di
soppressione, istituzione, trasferimento di sedi, plessi, unità delle istituzioni
scolastiche che abbiano ottenuto la personalità giuridica e l’autonomia.
Tale competenza è esercitata su proposta e, comunque previa intesa, con le
istituzioni scolastiche interessate con particolare riguardo al
raggiungimento delle finalità di cui all’articolo 1, comma 2, nel rispetto
delle competenze di cui all’articolo 137 del decreto legislativo 31 marzo
1998, n. 112.
Articolo 5
(Organici pluriennali)
1. La consistenza complessiva degli organici del personale della
scuola, ivi compresi i dirigenti scolastici, predeterminata a livello nazionale
per il triennio 1998-2000 a norma delle vigenti disposizioni, è articolata su
base regionale e ripartita per aree provinciali o sub-provinciali. Le
successive rideterminazioni sono attuate ai sensi della normativa in vigore,
in relazione alle funzioni di programmazione e riorganizzazione della rete
scolastica attribuite alle regioni dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n.
112, tenendo conto:
a) del numero degli alunni previsti, distinti per età e per ordine e
grado di scuole;
b) del numero degli istituti previsti, delle loro dimensioni e
dell’articolazione delle stesse istituzioni sul territorio;
c) delle caratteristiche demografiche e orografiche di ciascuna
regione;
215
d) degli indici di disagio economico e socio-culturale;
e) degli obiettivi correlati all’economia regionale e all’evoluzione del
mercato del lavoro;
f) della distribuzione per ambiti disciplinari del personale in servizio.
2. Entro il limite della dotazione organica provinciale complessiva
l’organico funzionale di ciascuna istituzione scolastica è definito dai
dirigenti dell’amministrazione scolastica periferica, in conformità ai criteri
e ai parametri generali stabiliti a norma del comma 1, sulla base dei
seguenti dati di riferimento ed elementi di valutazione:
a) numero degli alunni e delle classi previste, distinti per anno di
corso e indirizzo di studi;
b) insegnamenti da impartire nelle classi previste in relazione agli
obiettivi formativi previsti dai corrispondenti curricoli;
c) esigenze di sostegno degli alunni portatori di handicap;
d) attività didattiche finalizzate al recupero della dispersione
scolastica e degli insuccessi formativi, alla sperimentazione di nuovi
metodi didattici e di nuovi ordinamenti e strutture curricolari,
all’adattamento dei percorsi formativi, secondo criteri di flessibilità e
modularità, alle esigenze di personalizzazione dei processi di
apprendimento, alle caratteristiche dell’economia regionale o locale e
all’evoluzione del mercato del lavoro;
e) azioni di supporto socio-psico-pedagogico, organizzativo e
gestionale, di ricerca educativa e scientifica di orientamento scolastico e
professionale e di valutazione dei processi formativi, tenuto conto anche
dell’eventuale articolazione della funzione docente sulla base di particolari
profili di specializzazione;
f) esigenze specifiche delle istituzioni che operano in zone a rischio
di devianza giovanile e criminalità minorile, ovvero nelle comunità
montane e nelle piccole isole;
g) prevedibili necessità di copertura dei posti di insegnamento
216
vacanti e di sostituzione degli insegnanti assenti per periodi di durata
inferiore all’intero anno scolastico.
3. Le risorse umane necessarie per le finalità indicate alle lettere d),
e), f) e g) del comma 2, sono attribuite alle singole istituzioni scolastiche o
a reti di scuole, anche sulla base delle richieste e dei progetti formativi
delle stesse istituzioni.
4. Nei limiti delle dotazioni organiche assegnate i dirigenti scolastici,
nel rispetto delle competenze degli organi collegiali della scuola,
procedono alla formazione delle classi e, in conformità ai principi e criteri
stabiliti con la contrattazione collettiva decentrata a livello nazionale e
territoriale, attribuiscono ai singoli docenti le funzioni da svolgere.
5. Le scuole annesse ad istituti di educazione statale non hanno
personalità giuridica distinta dagli istituti di appartenenza. La dotazione
organica di istituto relativa alle suddette scuole, considerata nella sua entità
complessiva, è determinata ai sensi dei commi 1 e 2.
6. Gli organici di cui al comma 1, per le scuole e gli istituti di
istruzione statali in lingua slovena delle province di Gorizia e Trieste sono
separatamente determinati e distinti dall’organico complessivo riferito alla
regione di appartenenza.
Articolo 6
(Dotazione finanziaria di istituto)(204)
1. Gli stanziamenti iscritti nello stato di previsione della spesa del
Ministero della pubblica istruzione per il funzionamento amministrativo e
didattico delle istituzioni scolastiche sono ripartiti, con decreto del Ministro
della pubblica istruzione, su base regionale, in proporzione alla
popolazione scolastica e al numero di istituti di istruzione. Essi sono
articolati a livello provinciale o subprovinciale e sono distinti in
204 Sulla dotazione finanziaria d’istituto v. l’articolo 21, comma 5 della legge 15 marzo 1997, n. 59 come integrato dall’articolo 2, comma 3 del decreto legge 28 agosto 2000, n. 240, convertitocon modificazioni dalla legge 27 ottobre 2000, n. 306.
217
assegnazioni ordinarie e perequative. Le assegnazioni perequative sono
calcolate in relazione alle condizioni demografiche, orografiche,
economiche e socio- culturali del territorio. Sui criteri di ripartizione delle
assegnazioni perequative è sentito il parere della conferenza unificata
Stato-regioni-città e autonomie locali.
2. Le dotazioni finanziarie determinate ai sensi del comma 1 sono
assegnate alle singole istituzioni dai dirigenti degli uffici periferici
dell’amministrazione scolastica, in conformità ai criteri generali e agli
indici di riferimento fissati dal decreto di cui allo stesso comma 1.
3. Le istituzioni scolastiche utilizzano le risorse finanziarie a loro
assegnate senza altro vincolo di destinazione che quello dell’utilizzazione
prioritaria per lo svolgimento delle attività di istruzione, di formazione e di
orientamento proprie di ciascun grado, ordine e tipo di scuola, nel rispetto
delle competenze attribuite, nelle stesse materie, alle regioni e agli enti
locali con il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112.
4. Le disposizioni del presente articolo non escludono l’apporto di
ulteriori risorse finanziarie da parte dello Stato, delle regioni, degli enti
locali, di altri enti e di privati per l’attuazione di progetti promossi e
finanziati con risorse a destinazione specifica.
5. Lo Stato, le regioni, gli enti locali, le istituzioni scolastiche ed altri
soggetti pubblici e privati possono stipulare accordi di programma per la
gestione di attività previste dai commi 3 e 4.
Articolo 7
(Esclusioni)
1. Le disposizioni di cui al presente regolamento non si applicano
alle accademie di belle arti, di danza e di arte drammatica, ai conservatori
di musica, agli istituti superiori per le industrie artistiche, alle scuole
italiane all’estero e agli istituti di educazione, salvo il disposto dell’articolo
5, comma 5.
218
2. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e
Bolzano disciplinano con proprie leggi le materie di cui al presente
regolamento, nel rispetto e nei limiti dei propri statuti e delle relative norme
di attuazione.
3. In mancanza di norme statutarie o di attuazione dei relativi statuti,
che attribuiscano alle regioni a statuto speciale competenza legislativa in
materie disciplinate dal presente regolamento, si applicano le disposizioni
dei precedenti articoli.
Articolo 8.
(Abrogazioni)
1. Ai sensi dell’articolo 21, comma 13, della legge 15 marzo 1997,
n. 59 (205), sono abrogati gli articoli 442, comma 3, e 548, comma 5, del
testo unico approvato con decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, e
l’articolo 1, comma 22, della legge 28 dicembre 1995, n. 549.
205 Riportato in Appendice.
219
decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 275 (206)
Regolamento recante norme in materia di autonomia delle istituzioni
scolastiche, ai sensi dell’articolo 21 della Legge 15 marzo 1997, n. 59
(207)
TITOLO I
Istituzioni scolastiche nel quadro dell’autonomia
Capo I - Definizioni e oggetto
Articolo 1
(Natura e scopi dell’autonomia delle istituzioni scolastiche)
1. Le istituzioni scolastiche sono espressioni di autonomia funzionale
e provvedono alla definizione e alla realizzazione dell’offerta formativa,
nel rispetto delle funzioni delegate alla Regioni e dei compiti e funzioni
trasferiti agli enti locali, ai sensi degli articoli 138 e 139 del decreto
legislativo 31 marzo 1998, n. 112. A tal fine interagiscono tra loro e con gli
enti locali promuovendo il raccordo e la sintesi tra le esigenze e le
potenzialità individuali e gli obiettivi nazionali del sistema di istruzione.
2. L’autonomia delle istituzioni scolastiche è garanzia di libertà di
insegnamento e di pluralismo culturale e si sostanzia nella progettazione e
nella realizzazione di interventi di educazione, formazione e istruzione
mirati allo sviluppo della persona umana, adeguati ai diversi contesti, alla
domanda delle famiglie e alle caratteristiche specifiche dei soggetti
coinvolti, al fine di garantire loro il successo formativo, coerentemente con
206 In G.U. 10 agosto 1999, n. 186, S.O. n. 152/L. E’ da ricordare che in precedenza, in attesadell’emanazione dei regolamenti di cui all’art. 21 della legge n. 59 del 1997 – tra cui perl’appunto il D.P.R. n. 275/1999 – le istituzioni scolastiche erano state autorizzate a sperimentarel’autonomia didattica e organizzativa, con l’art. 1, comma 8 della legge 20 gennaio 1999, n. 9sull’elevazione dell’obbligo scolastico e con l’art. 8 del decreto ministeriale 9 agosto 1999, n. 323. L’art. 12, comma 1 dello stesso D.P.R. 275/1999 ha consentito alle istituzioni scolastichein via transitoria, fino al 31 agosto 2000, l’esercizio dell’autonomia. 207 Riportato in Appendice.
220
le finalità e gli obiettivi generali del sistema di istruzione e con l’esigenza
di migliorare l’efficacia del processo di insegnamento e di apprendimento.
Articolo 2.
(Oggetto)
1. Il presente regolamento detta la disciplina generale dell’autonomia
delle istituzioni scolastiche, individua le funzioni ad esse trasferite e
provvede alla ricognizione delle disposizioni di legge abrogate.
2. Il presente regolamento, fatta salva l’immediata applicazione delle
disposizioni transitorie, si applica alle istituzioni scolastiche a decorrere dal
1° settembre 2000.(208)
3. Le istituzioni scolastiche parificate, pareggiate e legalmente
riconosciute entro il termine di cui al comma 2 adeguano, in coerenza con
le proprie finalità, il loro ordinamento alle disposizioni del presente
regolamento relative alla determinazione dei curricoli, e lo armonizzano
con quelle relative all’autonomia didattica, organizzativa, di ricerca,
sperimentazione e sviluppo e alle iniziative finalizzate all’innovazione. A
esse si applicano altresì le disposizioni di cui agli articoli 12 e 13.(209)
4. Il presente regolamento riguarda tutte le diverse articolazioni del
sistema scolastico, i diversi tipi e indirizzi di studio e le esperienze
formative e le attività nella scuola dell’infanzia. La terminologia adottata
tiene conto della pluralità di tali contesti.
Capo II
Autonomia didattica e organizzativa, di ricerca, sperimentazione e sviluppo
208 V. al riguardo anche l’articolo 3, comma 9 del D.P.R. 18 giugno 1998, n. 233. 209 Sulla corrispondenza degli ordinamenti delle scuole parificate, pareggiate e legalmentericonosciute agli ordinamenti delle scuole statali v. anche l’articolo 346 (scuole parificate) e gliarticoli 352, 355 e 356 (scuole legalmente riconosciute e pareggiate) del testo unico. Per quantoconcerne la corrispondenza degli ordinamenti delle scuole paritarie a quelli delle scuole stataliv. l’articolo 1, commi 2. 3, 4 e 5 della legge 10 marzo 2000, n. 62.
221
Articolo 3
(Piano dell’offerta formativa)
1. Ogni istituzione scolastica predispone, con la partecipazione di
tutte le sue componenti, il Piano dell’offerta formativa. Il Piano è il
documento fondamentale costitutivo dell’identità culturale e progettuale
delle istituzioni scolastiche ed esplicita la progettazione curricolare,
extracurricolare, educativa ed organizzativa che le singole scuole adottano
nell’ambito della loro autonomia.
2. Il Piano dell’offerta formativa è coerente con gli obiettivi generali
ed educativi dei diversi tipi e indirizzi di studi determinati a livello
nazionale a norma dell’articolo 8 e riflette le esigenze del contesto
culturale, sociale ed economico della realtà locale, tenendo conto della
programmazione territoriale dell’offerta formativa(210). Esso comprende e
riconosce le diverse opzioni metodologiche, anche di gruppi minoritari, e
valorizza le corrispondenti professionalità.
3. Il Piano dell’offerta formativa è elaborato dal collegio dei docenti
sulla base degli indirizzi generali per le attività della scuola e delle scelte
generali di gestione e di amministrazione definiti dal consiglio di circolo o
di istituto, tenuto conto delle proposte e dei pareri formulati dagli organismi
e dalle associazioni anche di fatto dei genitori e, per le scuole secondarie
superiori, degli studenti. Il Piano è adottato dal consiglio di circolo o di
istituto.
4. Ai fini di cui al comma 2 il dirigente scolastico attiva i necessari
rapporti con gli enti locali e con le diverse realtà istituzionali, culturali,
sociali ed economiche operanti sul territorio.
5. Il Piano dell’offerta formativa è reso pubblico e consegnato agli
alunni e alle famiglie all’atto dell’iscrizione.
210 La programmazione territoriale dell’offerta formativa è un concetto sostanzialmentecoincidente con quello della programmazione della rete scolastica e si raccorda con quello dellaprogrammazione dell’offerta formativa integrata tra istruzione e formazione professionale; l’unae l’altra programmazione sono state delegate alle regioni con l’articolo 138, comma 1, lettera a)del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112.
222
Articolo 4.
(Autonomia didattica)
1. Le istituzioni scolastiche, nel rispetto della libertà di
insegnamento, della libertà di scelta educativa delle famiglie e delle finalità
generali del sistema, a norma dell’articolo 8 concretizzano gli obiettivi
nazionali in percorsi formativi funzionali alla realizzazione del diritto ad
apprendere e alla crescita educativa di tutti gli alunni, riconoscono e
valorizzano le diversità, promuovono le potenzialità di ciascuno adottando
tutte le iniziative utili al raggiungimento del successo formativo.
2. Nell’esercizio dell’autonomia didattica le istituzioni scolastiche
regolano i tempi dell’insegnamento e dello svolgimento delle singole
discipline e attività nel modo più adeguato al tipo di studi e ai ritmi di
apprendimento degli alunni. A tal fine le istituzioni scolastiche possono
adottare tutte le forme di flessibilità che ritengono opportune e tra l’altro:
a) l’articolazione modulare del monte ore annuale di ciascuna
disciplina e attività;
b) la definizione di unità di insegnamento non coincidenti con l’unità
oraria della lezione e l’utilizzazione, nell’ambito del curricolo obbligatorio
di cui all’articolo 8, degli spazi orari residui;
c) l’attivazione di percorsi didattici individualizzati, nel rispetto del
principio generale dell’integrazione degli alunni nella classe e nel gruppo,
anche in relazione agli alunni in situazione di handicap secondo quanto
previsto dalla legge 5 febbraio 1992, n. 104(211);
d) l’articolazione modulare di gruppi di alunni provenienti dalla
stessa o da diverse classi o da diversi anni di corso;
e) l’aggregazione delle discipline in aree e ambiti disciplinari.
3. Nell’ambito dell’autonomia didattica possono essere programmati,
211 Si ricorda che le norme in materia di integrazione scolastica degli alunni in situazioni dihandicap, di cui alla legge 5 febbraio 1992, n. 104, sono state in gran parte trasfuse negli articoli312 e segg. del testo unico.
223
anche sulla base degli interessi manifestati dagli alunni, percorsi formativi
che coinvolgono più discipline e attività, nonché insegnamenti in lingua
straniera in attuazione di intese e accordi internazionali.
4. Nell’esercizio della autonomia didattica le istituzioni scolastiche
assicurano comunque la realizzazione di iniziative di recupero e sostegno,
di continuità e di orientamento scolastico e professionale, coordinandosi
con le iniziative eventualmente assunte dagli enti locali in materia di
interventi integrati a norma dell’articolo 139, comma 2, lett. b), del decreto
legislativo 31 marzo 1998, n. 112. Individuano inoltre le modalità e i criteri
di valutazione degli alunni nel rispetto della normativa nazionale ed i criteri
per la valutazione periodica dei risultati conseguiti dalle istituzioni
scolastiche rispetto agli obiettivi prefissati.
5. La scelta, l’adozione e l’utilizzazione delle metodologie e degli
strumenti didattici, ivi compresi i libri di testo, sono coerenti con il Piano
dell’offerta formativa di cui all’articolo 3 e sono attuate con criteri di
trasparenza e tempestività. Esse favoriscono l’introduzione e l’utilizzazione
di tecnologie innovative.
6. I criteri per il riconoscimento dei crediti e per il recupero dei debiti
scolastici (212) riferiti ai percorsi dei singoli alunni sono individuati dalle
istituzioni scolastiche avuto riguardo agli obiettivi specifici di
apprendimento di cui all’articolo 8 e tenuto conto della necessità di
facilitare i passaggi tra diversi tipi e indirizzi di studio, di favorire
l’integrazione tra sistemi formativi, di agevolare le uscite e i rientri tra
scuola, formazione professionale e mondo del lavoro. Sono altresì
individuati i criteri per il riconoscimento dei crediti formativi relativi alle
attività realizzate nell’ambito dell’ampliamento dell’offerta formativa o
212 Si ricorda che l’articolo 193-bis del testo unico, introdotto dall’articolo 2, comma 1 deldecreto legge 28 giugno 1995, n. 253 convertito con modificazioni dalla legge 8 agosto 1995, n. 352, aveva previsto interventi didattici ed educativi per il recupero di debiti scolastici. Talearticolo è stato ricompreso tra le norme abrogate dall’articolo 17 del D.P.R. n. 275. La legge 10dicembre 1997, n. 425 (articoli 3 e 5) ed il relativo regolamento emanato con D.P.R. 23 luglio1998, n. 323 (articolo 11) hanno introdotto e disciplinato il credito scolastico nello svolgimentodell’esame di Stato.
224
liberamente effettuate dagli alunni e debitamente accertate o certificate.
7. Il riconoscimento reciproco dei crediti tra diversi sistemi
formativi213 e la relativa certificazione sono effettuati ai sensi della
disciplina di cui all’articolo 17 della legge 24 giugno 1997, n. 196(214),
fermo restando il valore legale dei titoli di studio previsti dall’attuale
ordinamento.
Articolo 5.
(Autonomia organizzativa)
1. Le istituzioni scolastiche adottano, anche per quanto riguarda
l’impiego dei docenti, ogni modalità organizzativa che sia espressione di
libertà progettuale e sia coerente con gli obiettivi generali e specifici di
ciascun tipo e indirizzo di studio, curando la promozione e il sostegno dei
processi innovativi e il miglioramento dell’offerta formativa.
2. Gli adattamenti del calendario scolastico sono stabiliti dalle
istituzioni scolastiche in relazione alle esigenze derivanti dal Piano
dell’offerta formativa, nel rispetto delle funzioni in materia di
determinazione del calendario scolastico esercitate dalle Regioni a norma
dell’articolo 138, comma 1, lettera d) del decreto legislativo 31 marzo
1998, n. 112(215).
3. L’orario complessivo del curricolo e quello destinato alle singole
discipline e attività sono organizzati in modo flessibile, anche sulla base di
213 In materia di riconoscimenti di crediti tra i sistemi formativi e relative certificazioni v. anchel’articolo 8, comma 1, lettera g) di questo stesso D.P.R.; l’articolo 1, comma 4 della legge 20gennaio 1999, n. 9 l’articolo 9 del decreto ministeriale 9 agosto 1999, n. 323, l’articolo 68, commi 2 e 5 della legge 17 maggio 1999, n. 144; gli articoli 6 e 8 del D.P.R. 12 luglio 2000, n. 257; il paragrafo 1, punti 2 e 3 e i paragrafi 4 e 5 dell’Accordo tra Governo, regioni, province, comuni e comunità montane, in materia di obbligo di frequenza delle attività formative, di cui al“Provvedimento” 2 marzo 2000, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 161 del 12 luglio 2000. 214 L’articolo 17 della legge 24 giugno 1997, n. 196, in G.U. 4 luglio 1997, n. 154, S.O. hariordinato la materia della formazione professionale. Le norme regolamentari di attuazione, oggetto del predetto articolo, non sono state, a tutt’oggi, emanate. 215 L’articolo 138, comma 1, lettera d), ha delegato alle regioni la determinazione del calendarioscolastico modificando quindi implicitamente le corrispondenti norme dell’articolo 74 del testounico, che prevedevano l’esercizio di quella funzione da parte degli organi dell’amministrazionescolastica.
225
una programmazione plurisettimanale, fermi restando l’articolazione delle
lezioni in non meno di cinque giorni settimanali e il rispetto del monte ore
annuale, pluriennale o di ciclo previsto per le singole discipline e attività
obbligatorie.
4. In ciascuna istituzione scolastica le modalità di impiego dei
docenti possono essere diversificate nelle varie classi e sezioni in funzione
delle eventuali differenziazioni nelle scelte metodologiche ed organizzative
adottate nel piano dell’offerta formativa.
Articolo 6.
(Autonomia di ricerca, sperimentazione e sviluppo)
1. Le istituzioni scolastiche, singolarmente o tra loro associate,
esercitano l’autonomia di ricerca, sperimentazione e sviluppo tenendo
conto delle esigenze del contesto culturale, sociale ed economico delle
realtà locali e curando tra l’altro:
a) la progettazione formativa e la ricerca valutativa;
b) la formazione e l’aggiornamento culturale e professionale del
personale scolastico;
c) l’innovazione metodologica e disciplinare;
d) la ricerca didattica sulle diverse valenze delle tecnologie
dell’informazione e della comunicazione e sulla loro integrazione nei
processi formativi;
e) la documentazione educativa e la sua diffusione all’interno della
scuola;
f) gli scambi di informazioni, esperienze e materiali didattici;
g) l’integrazione fra le diverse articolazioni del sistema scolastico e,
d’intesa con i soggetti istituzionali competenti, fra diversi sistemi formativi,
ivi compresa la formazione professionale(216).
2. Se il progetto di ricerca e innovazione richiede modifiche
216 Sull’integrazione fra i diversi sistemi formativi v. anche l’articolo 9 e la relativa nota.
226
strutturali che vanno oltre la flessibilità curricolare prevista dall’articolo 8,
le istituzioni scolastiche propongono iniziative finalizzate alle innovazioni
con le modalità di cui all’articolo 11.
3. Ai fini di cui al presente articolo le istituzioni scolastiche
sviluppano e potenziano lo scambio di documentazione e di informazioni
attivando collegamenti reciproci, nonché con il Centro europeo
dell’educazione, la Biblioteca di documentazione pedagogica e gli Istituti
regionali di ricerca, sperimentazione e aggiornamento educativi; tali
collegamenti possono estendersi a università e ad altri soggetti pubblici e
privati che svolgono attività di ricerca.
Articolo 7.
(Reti di scuole)
1. Le istituzioni scolastiche possono promuovere accordi di rete o
aderire ad essi per il raggiungimento delle proprie finalità istituzionali.
2. L’accordo può avere a oggetto attività didattiche, di ricerca,
sperimentazione e sviluppo, di formazione e aggiornamento; di
amministrazione e contabilità, ferma restando l’autonomia dei singoli
bilanci; di acquisto di beni e servizi, di organizzazione e di altre attività
coerenti con le finalità istituzionali; se l’accordo prevede attività didattiche
o di ricerca, sperimentazione e sviluppo, di formazione e aggiornamento, è
approvato, oltre che dal consiglio di circolo o di istituto, anche dal collegio
dei docenti delle singole scuole interessate per la parte di propria
competenza.
3. L’accordo può prevedere lo scambio temporaneo di docenti, che
liberamente vi consentono, fra le istituzioni che partecipano alla rete i cui
docenti abbiano uno stato giuridico omogeneo. I docenti che accettano di
essere impegnati in progetti che prevedono lo scambio rinunciano al
trasferimento per la durata del loro impegno nei progetti stessi, con le
modalità stabilite in sede di contrattazione collettiva.
227
4. L’accordo individua l’organo responsabile della gestione delle
risorse e del raggiungimento delle finalità del progetto, la sua durata, le sue
competenze e i suoi poteri, nonché le risorse professionali e finanziarie
messe a disposizione della rete dalle singole istituzioni; l’accordo è
depositato presso le segreterie delle scuole, ove gli interessati possono
prenderne visione ed estrarne copia.
5. Gli accordi sono aperti all’adesione di tutte le istituzioni
scolastiche che intendano parteciparvi e prevedono iniziative per favorire la
partecipazione alla rete delle istituzioni scolastiche che presentano
situazioni di difficoltà.
6. Nell’ambito delle reti di scuole, possono essere istituiti laboratori
finalizzati tra l’altro a:
a) la ricerca didattica e la sperimentazione;
b) la documentazione, secondo procedure definite a livello nazionale
per la più ampia circolazione, anche attraverso rete telematica, di ricerche,
esperienze, documenti e informazioni;
c) la formazione in servizio del personale scolastico;
d) l’orientamento scolastico e professionale.
7. Quando sono istituite reti di scuole, gli organici funzionali di
istituto possono essere definiti in modo da consentire l’affidamento a
personale dotato di specifiche esperienze e competenze di compiti
organizzativi e di raccordo interistituzionale e di gestione dei laboratori di
cui al comma 6.
8. Le scuole, sia singolarmente che collegate in rete, possono
stipulare convenzioni con università statali o private, ovvero con istituzioni,
enti, associazioni o agenzie operanti sul territorio che intendono dare il loro
apporto alla realizzazione di specifici obiettivi.
9. Anche al di fuori dell’ipotesi prevista dal comma 1, le istituzioni
scolastiche possono promuovere e partecipare ad accordi e convenzioni per
il coordinamento di attività di comune interesse che coinvolgono, su
228
progetti determinati, più scuole, enti, associazioni del volontariato e del
privato sociale. Tali accordi e convenzioni sono depositati presso le
segreterie delle scuole dove gli interessati possono prenderne visione ed
estrarne copia.
10. Le istituzioni scolastiche possono costituire o aderire a consorzi
pubblici e privati per assolvere compiti istituzionali coerenti col Piano
dell’offerta formativa di cui all’articolo 3 e per l’acquisizione di servizi e
beni che facilitino lo svolgimento dei compiti di carattere formativo.
Capo III
Curricolo nell’autonomia
Articolo 8
(Definizione dei curricoli)(217)
1. Il Ministro della pubblica istruzione, previo parere delle
competenti commissioni parlamentari sulle linee e sugli indirizzi generali,
definisce a norma dell’articolo 205 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n.
297, sentito il Consiglio nazionale della pubblica istruzione, per i diversi
tipi e indirizzi di studio:
a) gli obiettivi generali del processo formativo;
b) gli obiettivi specifici di apprendimento relativi alle competenze
degli alunni;
c) le discipline e le attività costituenti la quota nazionale dei curricoli
e il relativo monte ore annuale;
d) l’orario obbligatorio annuale complessivo dei curricoli
comprensivo della quota nazionale obbligatoria e della quota obbligatoria
riservata alle istituzioni scolastiche;
e) i limiti di flessibilità temporale per realizzare compensazioni tra
217 La prima definizione dei curricoli a norma dell’articolo 8 è avvenuta con il decretoministeriale 26 giugno 2000, n. 234.
229
discipline e attività della quota nazionale del curricolo;
f) gli standard relativi alla qualità del servizio;
g) gli indirizzi generali circa la valutazione degli alunni, il
riconoscimento dei crediti e dei debiti formativi;
h) i criteri generali per l’organizzazione dei percorsi formativi
finalizzati all’educazione permanente degli adulti, anche a distanza, da
attuare nel sistema integrato di istruzione, formazione, lavoro, sentita la
Conferenza unificata(218).
2. Le istituzioni scolastiche determinano, nel Piano dell’offerta
formativa il curricolo obbligatorio per i propri alunni in modo da integrare,
a norma del comma 1, la quota definita a livello nazionale con la quota loro
riservata che comprende le discipline e le attività da esse liberamente
scelte. Nella determinazione del curricolo le istituzioni scolastiche
precisano le scelte di flessibilità previste dal comma 1, lettera e).
3. Nell’integrazione tra la quota nazionale del curricolo e quella
riservata alle scuole è garantito il carattere unitario del sistema di istruzione
ed è valorizzato il pluralismo culturale e territoriale, nel rispetto delle
diverse finalità della scuola dell’obbligo e della scuola secondaria
superiore.
4. La determinazione del curricolo tiene conto delle diverse esigenze
formative degli alunni concretamente rilevate, della necessità di garantire
efficaci azioni di continuità e di orientamento, delle esigenze e delle attese
espresse dalle famiglie, dagli enti locali, dai contesti sociali, culturali ed
economici del territorio. Agli studenti e alle famiglie possono essere offerte
possibilità di opzione.
5. Il curricolo della singola istituzione scolastica, definito anche
attraverso una integrazione tra sistemi formativi sulla base di accordi con le
218Sull’e v. anche l’articolo 9, commi 1 e 4, nonché l’O.M. n. 455 del 29 luglio 1997 diramatacon C.M. n. 456 in pari data; l’Accordo tra Governo, regioni, province, comuni e comunitàmontane, di cui al “Provvedimento” 2 marzo 2000; le “Linee-guida” di cui alla Direttiva delMinistro della pubblica istruzione n. 22 del 6 febbraio 2001.
230
Regioni e gli Enti locali negli ambiti previsti dagli articoli 138 e 139 del
decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, può essere personalizzato in
relazione ad azioni, progetti o accordi internazionali.
6. L’adozione di nuove scelte curricolari o la variazione di scelte già
effettuate deve tenere conto delle attese degli studenti e delle famiglie in
rapporto alla conclusione del corso di studi prescelto
Articolo 9
(Ampliamento dell’offerta formativa)
1. Le istituzioni scolastiche, singolarmente, collegate in rete o tra
loro consorziate, realizzano ampliamenti dell’offerta formativa che tengano
conto delle esigenze del contesto culturale, sociale ed economico delle
realtà locali. I predetti ampliamenti consistono in ogni iniziativa coerente
con le proprie finalità, in favore dei propri alunni e, coordinandosi con
eventuali iniziative promosse dagli enti locali, in favore della popolazione
giovanile e degli adulti.
2. I curricoli determinati a norma dell’articolo 8 possono essere
arricchiti con discipline e attività facoltative che per la realizzazione di
percorsi formativi integrati(219), le istituzioni scolastiche programmano
sulla base di accordi con le Regioni e gli Enti locali.
3. Le istituzioni scolastiche possono promuovere e aderire a
convenzioni o accordi stipulati a livello nazionale, regionale o locale, anche
per la realizzazione di specifici progetti.
219 In materia di programmazione territoriale dell’offerta formativa, di offerta formativaintegrata, di percorsi integrati o di interventi integrati v. anche l’articolo 3, comma 2; l’articolo4, comma 4; l’articolo 6, comma 1, lettera g); e l’articolo 8, comma 5, nonché: l’articolo 21, comma 10 della legge 15 marzo 1997, n. 59; l’articolo 1, comma 1 e l’articolo 3 della legge 18dicembre 1997, n. 440; l’articolo 40, comma 1, ultimo periodo della legge 27 dicembre 1997, n. 449; l’articolo 138, comma 1, lettera a) e l’articolo 139, comma 2, lettere b), ed f) del decretolegislativo 31 marzo 1998, n. 112; l’articolo 4, comma 3, lettera c), l’articolo 6 e l’articolo 7 deldecreto ministeriale 9 agosto 1999, n. 323; il Provvedimento 2 marzo 2000 concernentel’Accordo tra governo, regioni, province, comuni e comunità montane, in materia di frequenzadelle attività formative in attuazione dell’articolo 68 della legge 17 maggio 1999, n. 144;l’articolo 7 del D.P.R. 12 luglio 2000, n. 257, che identifica le tipologie fondamentali deipercorsi formativi integrati promuovibili dalle istituzioni scolastiche.
231
4. Le iniziative in favore degli adulti possono realizzarsi, sulla base
di specifica progettazione, anche mediante il ricorso a metodi e strumenti di
autoformazione e a percorsi formativi personalizzati. Per l’ammissione ai
corsi e per la valutazione finale possono essere fatti valere crediti formativi
maturati anche nel mondo del lavoro, debitamente documentati, e accertate
esperienze di autoformazione. Le istituzioni scolastiche valutano tali crediti
ai fini della personalizzazione dei percorsi didattici, che può implicare una
loro variazione e riduzione.
5. Nell’ambito delle attività in favore degli adulti possono essere
promosse specifiche iniziative di informazione e formazione destinate ai
genitori degli alunni.
Articolo 10
(Verifiche e modelli di certificazione)
1. Per la verifica del raggiungimento degli obiettivi di apprendimento
e degli standard di qualità del servizio il Ministero della pubblica istruzione
fissa metodi e scadenze per rilevazioni periodiche. Fino all’istituzione di un
apposito organismo autonomo le verifiche sono effettuate dal Centro
europeo dell’educazione, riformato a norma dell’articolo 21, comma 10,
della legge 15 marzo 1997, n. 59.(220) (221)
2. Le rilevazioni di cui al comma 1 sono finalizzate a sostenere le
scuole per l’efficace raggiungimento degli obiettivi attraverso l’attivazione
di iniziative nazionali e locali di perequazione, promozione, supporto e
monitoraggio, anche avvalendosi degli ispettori tecnici.
3. Con decreto del Ministro della pubblica istruzione sono adottati i
nuovi modelli per le certificazioni, le quali, indicano le conoscenze, le
competenze, le capacità acquisite e i crediti formativi riconoscibili,
220 Il Centro europeo dell’educazione, ora Istituto nazionale per la valutazione del sistemadell’istruzione, è stato riformato con il decreto legislativo 20 luglio 1999, n. 258., eriorganizzato con il D.P.R. 21 settembre 2000, n. 313. 221 L’articolo 21 della legge 15 marzo 1997, n. 59 è riportato
232
compresi quelli relativi alle discipline e alle attività realizzate nell’ambito
dell’ampliamento dell’offerta formativa o liberamente scelte dagli alunni e
debitamente certificate.
Articolo 11
(Iniziative finalizzate all’innovazione)
1. Il Ministro della pubblica istruzione, anche su proposta del
Consiglio nazionale della pubblica istruzione, del Servizio nazionale per la
qualità dell’istruzione, di una o più istituzioni scolastiche, di uno o più
Istituti regionali di ricerca, sperimentazione e aggiornamenti educativi(222),
di una o più Regioni o enti locali, promuove, eventualmente sostenendoli
con appositi finanziamenti disponibili negli ordinari stanziamenti di
bilancio, progetti in ambito nazionale, regionale e locale, volti a esplorare
possibili innovazioni riguardanti gli ordinamenti degli studi, la loro
articolazione e durata, l’integrazione fra sistemi formativi, i processi di
continuità e orientamento. Riconosce altresì progetti di iniziative
innovative delle singole istituzioni scolastiche riguardanti gli ordinamenti
degli studi quali disciplinati ai sensi dell’articolo 8. Sui progetti esprime il
proprio parere il Consiglio nazionale della pubblica istruzione.
2. I progetti devono avere una durata predefinita e devono indicare
con chiarezza gli obiettivi; quelli attuati devono essere sottoposti a
valutazione dei risultati, sulla base dei quali possono essere definiti nuovi
curricoli e nuove scansioni degli ordinamenti degli studi, con le procedure
di cui all’articolo 8. Possono anche essere riconosciute istituzioni
scolastiche che si caratterizzano per l’innovazione nella didattica e
nell’organizzazione.
3. Le iniziative di cui al comma 1 possono essere elaborate e attuate
anche nel quadro di accordi adottati a norma dell’articolo 2, commi 203 e
222 Gli Istituti regionali di ricerca, sperimentazione e aggiornamento educativi (IRRSAE), oraIstituti regionali di ricerca educativa (IRRE) sono stati riformati con il D.P.R. [a data odiernanon pubblicato]., in attuazione dell’articolo 76 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300.
233
seguenti, della legge 23 dicembre 1996, n. 662(223).
4. È riconosciuta piena validità agli studi compiuti dagli alunni
nell’ambito delle iniziative di cui al comma 1, secondo criteri di
corrispondenza fissati con decreto del Ministro della pubblica istruzione
che promuove o riconosce le iniziative stesse.
5. Sono fatte salve, fermo restando il potere di revoca dei relativi
decreti, le specificità ordinamentali e organizzative delle scuole
riconosciute ai sensi dell’articolo 278, comma 5, del decreto legislativo 16
aprile 1994, n. 297(224).
Capo IV
Disciplina transitoria
Articolo 12
(Sperimentazione dell’autonomia)
1. Fino alla data di cui all’articolo 2, comma 2, le istituzioni
scolastiche esercitano l’autonomia ai sensi del decreto del Ministro della
pubblica istruzione in data 29 maggio 1998, i cui contenuti possono essere
progressivamente modificati ed ampliati dal Ministro della pubblica
istruzione con successivi decreti.
2. Le istituzioni scolastiche possono realizzare compensazioni fra le
discipline e le attività previste dagli attuali programmi. Il decremento orario
di ciascuna disciplina e attività è possibile entro il quindici per cento del
relativo monte orario annuale.
223 L’articolo 2, commi 203 e segg, individua le tipologie di accordi sulla cui base possonoessere regolati gli interventi che coinvolgono una molteplicità di soggetti pubblici e privati edimplicano decisioni istituzionali e risorse finanziarie a carico delle amministrazioni statali, regionali e delle province autonome nonché degli enti locali. 224 L’articolo 278, comma 5 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, che è compreso tra lenorme individuate come abrogate dall’articolo 17 dello stesso D.P.R. n. 275, prevede ilriconoscimento del carattere di scuola sperimentale a plessi, circoli o istituti. Il comma 5 delpresente articolo fa salve solo le specificità già riconosciute, mentre dall’abrogazionedell’articolo 278 discende che non è più possibile accordare tale riconoscimento.
234
3. Nella scuola materna ed elementare l’orario settimanale, fatta
salva la flessibilità su base annua prevista dagli articoli 4, 5 e 8, deve
rispettare, per la scuola materna, i limiti previsti dai commi 1 e 3
dell’articolo 104 e, per la scuola elementare, le disposizioni di cui
all’articolo 129, commi 1, 3, 4, 5 e 7, e all’articolo 130 del decreto
legislativo del 16 aprile 1994, n. 297.
4. Le istruzioni generali di cui all’articolo 21, commi 1 e 14, della
legge 15 marzo 1997, n. 59, sono applicate in via sperimentale e
progressivamente estese a tutte le istituzioni scolastiche dall’anno
finanziario immediatamente successivo alla loro emanazione.
Articolo 13
(Ricerca metodologica)
1. Fino alla definizione dei curricoli di cui all’articolo 8 si applicano
gli attuali ordinamenti degli studi e relative sperimentazioni, nel cui ambito
le istituzioni scolastiche possono contribuire a definire gli obiettivi specifici
di apprendimento di cui all’articolo 8, riorganizzando i propri percorsi
didattici secondo modalità fondate su obiettivi formativi e competenze.
2. Il Ministero della pubblica istruzione garantisce la raccolta e lo
scambio di tali ricerche ed esperienze, anche mediante l’istituzione di
banche dati accessibili a tutte le istituzioni scolastiche.
TITOLO II
Funzioni amministrative e gestione del servizio di istruzione
Capo I
Attribuzione, ripartizione e coordinamento delle funzioni
Articolo 14
(Attribuzione di funzioni alle istituzioni scolastiche)
235
1. A decorrere dal 1° settembre 2000 alle istituzioni scolastiche sono
attribuite le funzioni già di competenza dell’amministrazione centrale e
periferica relative alla carriera scolastica e al rapporto con gli alunni,
all’amministrazione e alla gestione del patrimonio e delle risorse e allo
stato giuridico ed economico del personale non riservate, in base
all’articolo 15 o ad altre specifiche disposizioni, all’amministrazione
centrale e periferica. Per l’esercizio delle funzioni connesse alle
competenze escluse di cui all’articolo 15 e a quelle di cui all’articolo 138
del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, le istituzioni scolastiche
utilizzano il sistema informativo del Ministero della pubblica istruzione.
Restano ferme le attribuzioni già rientranti nella competenza delle
istituzioni scolastiche non richiamate dal presente regolamento.(225)(226)
2. In particolare le istituzioni scolastiche provvedono a tutti gli
adempimenti relativi alla carriera scolastica degli alunni e disciplinano, nel
rispetto della legislazione vigente, le iscrizioni, le frequenze, le
certificazioni, la documentazione, la valutazione, il riconoscimento degli
studi compiuti in Italia e all’estero ai fini della prosecuzione degli studi
medesimi, la valutazione dei crediti e debiti formativi, la partecipazione a
progetti territoriali e internazionali, la realizzazione di scambi educativi
internazionali. A norma dell’articolo 4 del regolamento recante lo Statuto
delle studentesse e degli studenti della scuola secondaria, approvato con
decreto del Presidente della Repubblica 24 giugno 1998, n. 249, le
istituzioni scolastiche adottano il regolamento di disciplina degli
alunni.(227)
3. Per quanto attiene all’amministrazione, alla gestione del bilancio e
225 Disposizioni in materia di decentramento di compiti alle istituzioni scolastiche e disemplificazione erano state introdotte già con l’art. 23, commi 4,5,6,7,8 e 9 della legge 23dicembre 1994, n. 724. In relazione all’avvio del decentramento di competenze alle istituzioniscolastiche v. la Circolare M.P.I. n. 205 (Gabinetto) del 30 agosto 2000. 226 L’art. 1, comma 77 della legge 23 dicembre 1996, n. 662 aveva introdotto il c.d. “budget”, assegnato alle scuole dai provveditori agli studi, per il pagamento delle spese per le supplenzebrevi e saltuarie. 227 Per il D.P.R. 24 giugno 1998, n. 249, in G.U. 29 luglio 1998, n. 175.
236
dei beni e alle modalità di definizione e di stipula dei contratti di
prestazione d’opera di cui all’articolo 40, comma 1, della legge 27
dicembre 1997, n. 449, le istituzioni scolastiche provvedono in conformità
a quanto stabilito dal regolamento di contabilità di cui all’articolo 21,
commi 1 e 14, della legge 15 marzo 1997, n. 59, che può contenere deroghe
alle norme vigenti in materia di contabilità dello Stato, nel rispetto dei
principi di universalità, unicità e veridicità della gestione e dell’equilibrio
finanziario. Tale regolamento stabilisce le modalità di esercizio della
capacità negoziale e ogni adempimento contabile relativo allo svolgimento
dell’attività negoziale medesima, nonché modalità e procedure per il
controllo dei bilanci della gestione e dei costi.(228)
4. Le istituzioni scolastiche riorganizzano i servizi amministrativi e
contabili tenendo conto del nuovo assetto istituzionale delle scuole e della
complessità dei compiti ad esse affidati, per garantire all’utenza un efficace
servizio. Assicurano comunque modalità organizzative particolari per le
scuole articolate in più sedi. Le istituzioni scolastiche concorrono, altresì,
anche con iniziative autonome, alla specifica formazione e aggiornamento
culturale e professionale del relativo personale per corrispondere alle
esigenze derivanti dal presente regolamento.
5. Alle istituzioni scolastiche sono attribuite competenze in materia
di articolazione territoriale della scuola. Tali competenze sono esercitate a
norma dell’articolo 4, comma 2, del regolamento approvato con decreto del
Presidente della Repubblica 18 giugno 1998, n. 233.
6. Sono abolite tutte le autorizzazioni e le approvazioni concernenti
le funzioni attribuite alle istituzioni scolastiche, fatto salvo quanto previsto
dall’articolo 15. Ove allo scadere del termine di cui al comma 1 non sia
stato ancora adottato il regolamento di contabilità di cui al comma 3, nelle
more della sua adozione alle istituzioni scolastiche seguitano ad applicarsi
gli articoli 26, 27, 28 e 29 del testo unico approvato con decreto legislativo
228 Il regolamento di contabilità è stato adottato con decreto ministeriale 1° febbraio 2001, n. 44.
237
16 aprile 1994, n. 297.
7. I provvedimenti adottati dalle istituzioni scolastiche, fatte salve le
specifiche disposizioni in materia di disciplina del personale e degli
studenti, divengono definitivi il quindicesimo giorno dalla data della loro
pubblicazione nell’albo della scuola. Entro tale termine, chiunque abbia
interesse può proporre reclamo all’organo che ha adottato l’atto, che deve
pronunciarsi sul reclamo stesso nel termine di trenta giorni, decorso il quale
l’atto diviene definitivo. Gli atti divengono altresì definitivi a seguito della
decisione sul reclamo.
Articolo 15
(Competenze escluse)
1. Sono escluse dall’attribuzione alle istituzioni scolastiche le
seguenti funzioni in materia di personale, il cui esercizio è legato ad un
ambito territoriale più ampio di quello di competenza della singola
istituzione, ovvero richiede garanzie particolari in relazione alla tutela della
libertà di insegnamento:
a) formazione delle graduatorie permanenti riferite ad ambiti
territoriali più vasti di quelli della singola istituzione scolastica;
b) reclutamento del personale docente, amministrativo, tecnico e
ausiliario con rapporto di lavoro a tempo indeterminato;
c) mobilità esterna alle istituzioni scolastiche e utilizzazione del
personale eccedente l’organico funzionale di istituto;
d) autorizzazioni per utilizzazioni ed esoneri per i quali sia previsto
un contingente nazionale; comandi, utilizzazioni e collocamenti fuori ruolo;
e) riconoscimento di titoli di studio esteri, fatto salvo quanto previsto
nell’articolo 14, comma 2.(229)
2. Resta ferma la normativa vigente in materia di provvedimenti
229 Sulle competenze dell’amministrazione centrale e periferica della pubblica istruzione v. ora ilD.P.R. 6 novembre 2000, n. 347 e il decreto ministeriale 30 gennaio 2001.
238
disciplinari nei confronti del personale docente, amministrativo, tecnico e
ausiliario.
Articolo 16(230)
(Coordinamento delle competenze)
1. Gli organi collegiali della scuola garantiscono l’efficacia
dell’autonomia delle istituzioni scolastiche nel quadro delle norme che ne
definiscono competenze e composizione.
2. Il dirigente scolastico esercita le funzioni di cui al decreto
legislativo 6 marzo 1998, n. 59, nel rispetto delle competenze degli organi
collegiali.
3. I docenti hanno il compito e la responsabilità della progettazione e
della attuazione del processo di insegnamento e di apprendimento.
4. Il responsabile amministrativo assume funzioni di direzione dei
servizi di segreteria nel quadro dell’unità di conduzione affidata al dirigente
scolastico.
5. Il personale della scuola, i genitori e gli studenti partecipano al
processo di attuazione e sviluppo dell’autonomia assumendo le rispettive
responsabilità.
6. Il servizio prestato dal personale della scuola ai sensi dell’articolo
15, comma 1, lettera d), purché riconducibile a compiti connessi con la
scuola, resta valido a tutti gli effetti come servizio di istituto.
TITOLO III
Disposizioni finali
Capo I
230 L’articolo vuole essere, sostanzialmente, una sorta di rinvio riepilogativo alle competenze edai distinti ruoli o funzioni delle varie categorie di componenti della comunità scolastica, nelnuovo contesto ordinamentale dell’autonomia scolastica, evidenziandone le reciprocheinterrelazioni.
239
Abrogazioni
Articolo 17
(Ricognizione delle disposizioni di legge abrogate)
1. Ai sensi dell’articolo 21, comma 13, della legge 15 marzo 1997, n.
59, sono abrogate con effetto dal 1° settembre 2000, le seguenti
disposizioni del testo unico approvato con decreto legislativo 16 aprile
1994, n. 297; articolo 5, commi 9, 10 e 11; articolo 26; articolo 27, commi
3, 4, 5, 6, 8, 10, 11, 14, 15, 16, 17, 18, 19 e 20; articolo 28, commi 1, 2, 3,
4, 5, 6 e 7, limitatamente alle parole: “e del consiglio scolastico
distrettuale”, 8 e 9; articolo 29, commi 2, 3, 4 e 5; articolo 104, commi 2, 3
e 4; articoli 105 e 106; articolo 119, commi 2 e 3; articolo 121; articolo
122, commi 2 e 3; articoli 123, 124, 125 e 126; articolo 128, commi 2, 5, 6,
7, 8 e 9; articolo 129, commi 2, 4, limitatamente alla parola: “settimanale”
e 6; articolo 143, comma 2; articoli 144, 165, 166, 167 e 168; articolo 176,
commi 2 e 3; articolo 185, commi 1 e 2; articolo 193, comma 1,
limitatamente alle parole “e ad otto decimi in condotta”; articoli 193-bis e
193-ter; articoli 276, 277, 278, 279, 280 e 281; articolo 328, commi 2, 3, 4,
5 e 6; articoli 329 e 330; articolo 603.
2. Resta salva la facoltà di emanare, entro il 1° settembre 2000
regolamenti che individuino eventuali ulteriori disposizioni incompatibili
con le norme del presente regolamento.
240
Legge 22 Marzo 2000, n. 69(231)
Interventi finanziari per il potenziamento e la qualificazione
dell’offerta di integrazione scolastica degli alunni con handicap
...omissis...
Articolo 1.
1. Il Fondo di cui alla legge 18 dicembre 1997, n. 440, è
incrementato della somma di lire 25.369 milioni per il 2000 e lire 21.273
milioni annue a decorrere dal 2001, destinati al potenziamento ed alla
qualificazione dell’offerta di integrazione scolastica degli alunni in
situazioni di handicap, con particolare attenzione per quelli con handicap
sensoriali.
2. L’intero incremento di cui al comma 1 è destinato per il 55 per
cento alla realizzazione della riforma delle scuole e degli istituti a carattere
atipico di cui all’articolo 21, comma 10, della legge 15 marzo 1997, n. 59, e
alla realizzazione degli interventi da questi programmati, compresi i corsi
di alta qualificazione dei docenti, anche avvalendosi dell’esperienza degli
istituti che si sono tradizionalmente occupati dell’educazione dei ragazzi e
degli adulti con deficit sensoriale. Le risorse residue, pari al 45 per cento,
sono destinate al finanziamento di interventi realizzati ai sensi del comma 3
del presente articolo. La ripartizione di risorse di cui al presente comma
rimane ferma anche dopo l’insediamento dei nuovi organi di gestione degli
istituti suddetti.
3. Fino alla data di insediamento dei nuovi organi di gestione degli
istituti di cui al comma 2, il Ministero della pubblica istruzione è
autorizzato ad utilizzare in tutto o in parte le disponibilità per gli interventi
in favore degli alunni in situazioni di handicap, con particolare attenzione
231 In G.U. 28 marzo 2000, n. 73.
241
per quelli con handicap sensoriali di cui al comma 1, per finanziare progetti
di integrazione scolastica degli alunni e di formazione del personale
docente, anche nell’ambito di sperimentazioni dell’autonomia didattica ed
organizzativa. I progetti sono predisposti e realizzati dalle istituzioni
scolastiche anche in collegamento con gli istituti di cui al comma 2 del
presente articolo attualmente funzionanti, i quali possono a tal fine
promuovere i necessari accordi, ovvero dal Ministero della pubblica
istruzione mediante convenzioni con istituti specializzati nello studio e
nella cura di specifiche forme di handicap che accettino di operare nel
settore dell’integrazione scolastica.
4. Le risorse destinate agli interventi in favore degli alunni di cui al
comma 1 sono aggiuntive rispetto a quelle ordinariamente destinate
all’integrazione scolastica.
Articolo 2.
1. All’onere derivante dalla presente legge si provvede, per gli anni
2000, 2001 e 2002, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento
iscritto, ai fini del bilancio triennale 2000-2002, nell’ambito dell’unità
previsionale di base di parte corrente “Fondo speciale” dello stato di
previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione
economica per l’anno 2000, allo scopo parzialmente utilizzando
l’accantonamento relativo al Ministero della pubblica istruzione quanto a
lire 17.869 milioni per l’anno 2000 e lire 13.773 milioni per ciascuno degli
anni 2001 e 2002 e l’accantonamento relativo al Ministero del tesoro, del
bilancio e della programmazione economica quanto a lire 7.500 milioni per
ciascuno degli anni 2000, 2001 e 2002.
2. Il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione
economica è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti
variazioni di bilancio.
242
decreto ministeriale 26 giugno 2000, n. 234 (232).
Regolamento, recante norme in materia di curricoli nell’autonomia
delle istituzioni scolastiche, ai sensi dell’articolo 8 del decreto del
Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 275.
IL MINISTRO DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE di concerto con IL
MINISTRO DEL TESORO, DEL BILANCIO E DELLA
PROGRAMMAZIONE ECONOMICA
...omissis...
Adotta il seguente regolamento:
Articolo 1
(Curricoli delle istituzioni scolastiche autonome)
1. A decorrere dal 1° settembre 2000, e sino a quando non sarà data
concreta attuazione alla legge 10 febbraio 2000, n. 30, gli ordinamenti e
relative sperimentazioni funzionanti nell’anno scolastico 1999/2000, sia per
quanto riguarda i programmi di insegnamento che l’orario di
funzionamento delle scuole di ogni ordine e grado, ivi compresa la scuola
materna, costituiscono, in prima applicazione dell’articolo 8 del decreto del
Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 275, i curricoli delle
istituzioni scolastiche alle quali è stata riconosciuta autonomia a norma
dell’articolo 21 della legge 15 marzo 1997, n. 59.
2. Ai curricoli come definiti nel comma 1 si applicano tutti gli
strumenti di flessibilità organizzativa, didattica e di autonomia di ricerca,
sperimentazione e sviluppo, secondo quanto previsto dal piano dell’offerta
formativa di ciascuna istituzione scolastica.
232 In G.U. 25 agosto 2000, n. 198.
243
Articolo 2
(Obiettivi specifici di apprendimento)
1. Nell’àmbito dei curricoli di cui all’articolo 1 ciascuna istituzione
scolastica, può riorganizzare, in sede di elaborazione del piano dell’offerta
formativa, i propri percorsi didattici secondo modalità fondate su obiettivi
formativi specifici di apprendimento e competenze degli alunni,
valorizzando l’introduzione di nuove metodologie didattiche, anche
attraverso il ricorso alle tecnologie multimediali.
2. Al termine dell’anno scolastico ogni istituzione scolastica valuta
gli effetti degli interventi di cui al comma 1, che devono tendere al
miglioramento dell’insegnamento e dell’apprendimento al fine di far
conseguire a ciascun alunno livelli di preparazione adeguati al
raggiungimento dei gradi più elevati dell’istruzione ed all’inserimento nella
vita sociale e nel mondo del lavoro.
Articolo 3
(Quota nazionale e quota riservata alle istituzioni scolastiche)
1. La quota oraria nazionale obbligatoria dei curricoli di cui
all’articolo 1 è pari all’85% del monte ore annuale delle singole discipline
di insegnamento comprese negli attuali ordinamenti e nelle relative
sperimentazioni.
2. La quota oraria obbligatoria dei predetti curricoli riservata alle
singole istituzioni scolastiche è costituita dal restante 15% del monte ore
annuale; tale quota potrà essere utilizzata o per confermare l’attuale assetto
ordinamentale o per realizzare compensazioni tra le discipline e attività di
insegnamento previste dagli attuali programmi o per introdurre nuove
discipline, utilizzando i docenti in servizio nell’istituto, anche in attuazione
dell’organico funzionale di cui alla normativa citata in premessa, ove
esistente in forma strutturale o sperimentale.
244
3. Il curricolo obbligatorio è realizzato utilizzando tutti gli strumenti
di flessibilità organizzativa e didattica previsti dal decreto del Presidente
della Repubblica n. 275 del 1999.
4. In particolare le istituzioni scolastiche, nell’àmbito degli strumenti
di flessibilità di cui al comma 3, rilevate le diverse esigenze formative degli
alunni, promuovono, anche con percorsi individuali, la valorizzazione degli
alunni più capaci e meritevoli ed il recupero di quelli che presentano
carenze di preparazione, e garantiscono efficaci azioni di continuità e di
orientamento didattici.
5. L’adozione, nell’àmbito del piano dell’offerta formativa, di unità
di insegnamento non coincidenti con l’unità oraria non può comportare la
riduzione dell’orario obbligatorio annuale, costituito dalle quote di cui ai
commi 1 e 2, nell’àmbito del quale debbono essere recuperate le residue
frazioni di tempo.
Articolo 4
(Curricoli delle singole istituzioni scolastiche)
1. In applicazione dell’articolo 1 restano confermati gli ordinamenti e
relative sperimentazioni in atto in ciascuna istituzione scolastica nell’anno
scolastico 1999/2000, con le specificità di cui ai commi seguenti.
2. Per la scuola materna, sino a quando non sarà data concreta
attuazione alla legge 10 febbraio 2000, n. 30, sono confermati gli
orientamenti delle attività educative adottati con decreto 3 giugno 1991 del
Ministro della pubblica istruzione, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.
138 del 15 giugno 1991.
3. In attesa della ridefinizione dell’orario di funzionamento della
scuola dell’infanzia in relazione agli standard concernenti la qualità del
servizio di cui all’articolo 8, comma 1, lettera f), del decreto del Presidente
della Repubblica 8 marzo 1999, n. 275, ciascuna istituzione scolastica,
valorizzando la flessibilità didattico-organizzativa già sperimentata a
245
partire dalla circolare ministeriale n. 70, protocollo n. 639 del 25 febbraio
1994, individua tutte le modalità atte a garantire l’utilizzazione ottimale
dell’organico dei docenti da assegnarsi nella misura di due per ogni sezione
funzionante ad 8-10 ore giornaliere e, in relazione a particolari situazioni di
fatto esistenti, nella misura di uno per ogni sezione ad orario ridotto, fermo
restando l’orario obbligatorio di servizio dei docenti.
4. Nell’istruzione tecnica ed artistica - nell’àmbito dell’offerta
formativa dei rispettivi settori - le istituzioni scolastiche possono adottare -
nei limiti della dotazione organica determinata dai relativi decreti emanati
di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione
economica - i progetti sperimentali coordinati a livello nazionale, ancora
esistenti alla data dell’anno scolastico 1999/2000, sia nel caso in cui si
trovino ad attuare percorsi di ordinamento rispetto ai quali a livello
nazionale vi è un progetto sperimentale coordinato, sia che intendano
sostituire indirizzi sperimentali autonomi già autorizzati, sia nel caso di
nuova istituzione di un indirizzo per il quale vi è un progetto sperimentale
coordinato.
Articolo 5
(Adempimenti delle scuole)
1. L’attuazione delle disposizioni di cui al presente regolamento non
comporta l’adozione di decreti autorizzativi. 2. Le istituzioni scolastiche
dovranno comunque comunicare ai competenti uffici centrali e periferici
del Ministero della pubblica istruzione le scelte curricolari effettuate in
base all’articolo 4, al fine di consentire all’amministrazione e al suo
sistema informativo la predisposizione delle procedure connesse alla
gestione del personale.
246
Decreto-Legge 28 agosto 2000, n. 240 (233).
Disposizioni urgenti per l’avvio dell’anno scolastico 2000-2001
Articolo 1
...omissis...
Articolo 2
(Disposizioni per la piena attuazione dell’autonomia scolastica a decorrere
dal 1° settembre 2000)
1. I capi di istituto di cui all’articolo 25-ter, comma 5, del decreto
legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, introdotto dall’articolo 1 del decreto
legislativo 6 marzo 1998, n. 59, che hanno assolto l’obbligo di formazione
mediante la frequenza degli appositi moduli previsti dalla stessa
disposizione, sono inquadrati nei ruoli regionali dei dirigenti scolastici e
assumono la qualifica dirigenziale alla data del 1° settembre 2000, con
attribuzione nominale della sede di titolarità a tutti gli effetti giuridici ed
economici, mantenendo la loro posizione giuridica.
2. Il Ministero della pubblica istruzione destina alle istituzioni
scolastiche finanziamenti straordinari per l’acquisto di attrezzature
informatiche per completare il programma di sviluppo delle tecnologie
didattiche avviato dal Ministero stesso e per garantire un adeguato supporto
tecnologico all’avvio dell’autonomia scolastica. All’onere previsto dalla
presente disposizione, valutato in lire 69,5 miliardi per l’anno 2000, si
provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai
fini del bilancio triennale 2000-2002, nell’àmbito dell’unità previsionale di
base di conto capitale “Fondo speciale” dello stato di previsione del
Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica per
233 In G.U. 30 agosto 2000, n. 202, convertito con modificazioni dalla legge 27 ottobre 2000, n. 306.
247
l’anno 2000, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo
al medesimo Ministero. Il Ministro del tesoro, del bilancio e della
programmazione economica è autorizzato ad apportare, con propri decreti,
le occorrenti variazioni di bilancio.
2bis. ...omissis...
3. All’articolo 21, comma 5, della legge 15 marzo 1997, n. 59, sono
aggiunti, infine, i seguenti periodi: “L’attribuzione senza vincoli di
destinazione comporta l’utilizzabilità della dotazione finanziaria,
indifferentemente, per spese in conto capitale e di parte corrente, con
possibilità di variare le destinazioni in corso d’anno. Con decreto del
Ministro della pubblica istruzione, di concerto con il Ministro del tesoro,
del bilancio e della programmazione economica, sono individuati i
parametri per la definizione della dotazione finanziaria ordinaria delle
scuole. Detta dotazione ordinaria è stabilita in misura tale da consentire
l’acquisizione da parte delle istituzioni scolastiche dei beni di consumo e
strumentali necessari a garantire l’efficacia del processo di insegnamento-
apprendimento nei vari gradi e tipologie dell’istruzione. La stessa
dotazione ordinaria, nella quale possono confluire anche i finanziamenti
attualmente allocati in capitoli diversi da quelli intitolati al funzionamento
amministrativo e didattico, è spesa obbligatoria ed è rivalutata annualmente
sulla base del tasso di inflazione programmata. In sede di prima
determinazione, la dotazione perequativa è costituita dalle disponibilità
finanziarie residue sui capitoli di bilancio riferiti alle istituzioni scolastiche
non assorbite dalla dotazione ordinaria. La dotazione perequativa è
rideterminata annualmente sulla base del tasso di inflazione programmata e
di parametri socio-economici e ambientali individuati di concerto dai
Ministri della pubblica istruzione e del tesoro, del bilancio e della
programmazione economica”.
Articolo 3 (...omissis...)
248
decreto ministeriale 1° febbraio 2001, n. 44
Regolamento concernente le “Istruzioni generali sulla gestione
amministrativo-contabile delle istituzioni scolastiche”.234
TITOLO I
GESTIONE FINANZIARIA
CAPO I
PRINCIPI E PROGRAMMA ANNUALE
Articolo 1
(Finalità e principi)
1. Il presente decreto detta le istruzioni generali sulla gestione
amministrativo-contabile delle istituzioni scolastiche cui è stata attribuita
personalità giuridica ed autonomia a norma dell’articolo 21 della legge 15
marzo 1997, n. 59, e del decreto del Presidente della Repubblica 18 giugno
1998, n. 233.
2. Le risorse assegnate dallo Stato, costituenti la dotazione finanziaria di
istituto sono utilizzate, a norma dell’articolo 21, comma 5, della legge n. 59
del 1997 e dell’articolo 6, comma 3 del decreto del Presidente della
Repubblica n. 233 del 1998, senza altro vincolo di destinazione che quello
prioritario per lo svolgimento delle attività di istruzione, di formazione e di
234 In G.U. 9 marzo 2001, n. 57, S.O. 49/legge Emanato in attuazione dell’articolo 21, commi 1e 14, della legge 15 marzo 1997, n. 59. Le precedenti istruzioni sono state emanate con ildecreto interministeriale 28 maggio 1975 (Supplem. Ord. N. 1 al Bollettino Ufficiale delMinistero della pubblica istruzione n. 24-25 del 12-19 giugno 1975) L’articolo 12, comma 4 delD.P.R. 8 marzo 1999, n. 275, richiamato dall’articolo 62 del presente regolamento, stabilisceche “Le istruzioni generali di cui all’articolo 21, commi 1 e 14, della legge 15 marzo 1997, n. 59, sono applicate in via sperimentale e progressivamente estese a tutte le istituzioni scolastichedall’anno finanziario immediatamente successivo alla loro emanazione”. Le istruzioni delpresente regolamento dunque, allo stato, e salvo eventuali innovazioni, essendo state emanatenel 2001, si dovrebbero applicare dall’anno 2002. Istruzioni contabili in connessione all’avvio, dal 1° settembre 2000, dell’autonomia delle scuole ed all’attribuzione della personalità giuridicaa norma del D.P.R. 18 giugno 1998, n. 233, sono state impartite con C.M. n. 187 del 21 luglio2000 e con C.M. n. 253 del 10 novembre 2000, entrambe del “Servizio per gli affari economici”del Ministero.
249
orientamento proprie dell’istituzione interessata, come previste ed
organizzate nel piano dell’offerta formativa (P.O.F.), nel rispetto delle
competenze attribuite o delegate alle regioni e agli enti locali dalla
normativa vigente. Le istituzioni scolastiche provvedono altresì
all’autonoma allocazione delle risorse finanziarie derivanti da entrate
proprie o da altri finanziamenti dello Stato, delle regioni, di enti locali o di
altri enti, pubblici e privati, sempre che tali finanziamenti non siano
vincolati a specifiche destinazioni.
Articolo 2
(Anno finanziario e programma annuale)
1. L’esercizio finanziario ha inizio il 1° gennaio e termina il 31 dicembre;
dopo tale termine non possono essere effettuati accertamenti di entrate ed
impegni di spesa in conto dell’esercizio scaduto.
2. La gestione finanziaria delle istituzioni scolastiche si esprime in termini
di competenza ed è improntata a criteri di efficacia, efficienza ed
economicità e si conforma ai principi della trasparenza, annualità,
universalità, integrità, unità, veridicità. E’ vietata la gestione di fondi al di
fuori del programma annuale fatte salve le previsioni di cui all’articolo 20 e
all’articolo 21.
3. L’attività finanziaria delle istituzioni scolastiche si svolge sulla base di
un unico documento contabile annuale - di seguito denominato
“programma” - predisposto dal dirigente scolastico - di seguito denominato
“dirigente” - e proposto dalla Giunta esecutiva con apposita relazione e con
il parere di regolarità contabile del Collegio dei revisori, entro il 31 ottobre,
al Consiglio d’istituto o di circolo, di seguito denominati “Consiglio di
istituto”. La relativa delibera è adottata dal Consiglio d’istituto entro il 15
dicembre dell’anno precedente quello di riferimento, anche nel caso di
mancata acquisizione del predetto parere del collegio dei revisori dei conti
entro i cinque giorni antecedenti la data fissata per la deliberazione
250
stessa.235
4. Nella relazione sono illustrati gli obiettivi da realizzare e la
destinazione delle risorse in coerenza con le previsioni del piano
dell’offerta formativa (P.O.F.) e sono sinteticamente illustrati i risultati
della gestione in corso alla data di presentazione del programma, rilevati
dalle schede di cui al comma 6, e quelli del precedente esercizio
finanziario.
5. Nel programma sono indicate tutte le entrate, aggregate secondo la
loro provenienza nonché gli stanziamenti di spesa aggregati per le esigenze
del funzionamento amministrativo e didattico generale, per i compensi
spettanti al personale dipendente per effetto di norme contrattuali e/o di
disposizioni di legge, per le spese di investimento e per i singoli progetti da
realizzare. Le spese non possono superare, nel loro complessivo importo, le
entrate. Nel caso in cui in istituti di istruzioni secondaria superiore
funzionino, unitamente ad altri corsi di studio di istruzione secondaria
superiore, corsi di studio che richiedano beni strumentali, laboratori ed
officine d’alto valore artistico o tecnologico, le maggiori risorse per il
raggiungimento degli obiettivi di tali corsi, purché coerenti con il piano
dell’offerta formativa (P.O.F.), confluiscono in uno specifico progetto.
6. Ad ogni singolo progetto compreso nel programma e predisposto dal
dirigente per l’attuazione del piano dell’offerta formativa (P.O.F.), è
allegata una scheda illustrativa finanziaria, redatta dal direttore dei servizi
generali e amministrativi, di seguito denominato “direttore”236, nella quale
235 Il Consiglio di Stato (Sez, II), con parere n. 1603/99 del 27 ottobre 1999, ha affermato che lecompetenze, in materia di gestione finanziaria-contabile, dei consigli di istituto e delle giunteesecutive, così come indicate dall’articolo 10 del T.U. 16 aprile 1994, n. 297, sono da riteneresuperate “ex lege” dalla nuova normativa (articoli 3 e 25-bis del decreto legislativo 3 febbraio1993, n. 29 e successive modificazioni; articolo 45, commi 1 e 5 del decreto legislativo 31marzo 1998, n. 80) che ha devoluto la competenza sulla gestione finanziaria-contabile aidirigenti scolastici. Il Consiglio ha peraltro precisato nello stesso parere, che “resta ferma lacompetenza dei consigli di istituto per la nomina di giunte esecutive, per la preparazione deilavori del consiglio e per la cura e l’esecuzione delle relative delibere ex articolo 10 del T.U. n. 297 del 1994”. L’organo consultivo ha ravvisato comunque opportuna una iniziativa legislativasulla ripartizione delle competenze tra organi collegiali e dirigenti scolastici. 236 Sulle competenze e sul profilo professionale del direttore dei servizi generali e
251
sono riportati l’arco temporale in cui l’iniziativa deve essere realizzata,
nonché i beni e i servizi da acquistare. Per ogni progetto, annuale o
pluriennale, deve essere indicata la fonte di finanziamento, la spesa
complessiva prevista per la sua realizzazione e le quote di spesa attribuite a
ciascun anno finanziario, fatta salva la possibilità di rimodulare queste
ultime in relazione all’andamento attuativo del progetto, mediante il riporto
nella competenza dell’esercizio successivo delle somme non impegnate al
31 dicembre dell’esercizio di riferimento, anche prima dell’approvazione
del conto consuntivo.
7. Ai fini della tempestiva elaborazione del programma l’ufficio
scolastico regionale provvede a comunicare alle istituzioni scolastiche,
anche sulla base dei finanziamenti assegnati per i precedenti esercizi, una
dotazione certa di risorse finanziarie, fatte salve le eventuali integrazioni
conseguenti all’approvazione della legge di bilancio dello Stato.
8. L’approvazione del programma comporta autorizzazione
all’accertamento delle entrate ed all’assunzione degli impegni delle spese
ivi previste. Le entrate accertate ma non riscosse durante l’esercizio e le
spese impegnate e non pagate entro la fine dell’esercizio costituiscono,
rispettivamente, residui attivi e passivi.
9. Il programma è affisso all’albo dell’istituzione scolastica entro
quindici giorni dall’approvazione ed inserito, ove possibile, nell’apposito
sito WEB dell’istituzione medesima.
Articolo 3
(Avanzo di amministrazione)
1. Nel programma, è iscritto, come prima posta di entrata, l’avanzo di
amministrazione presunto al 31 dicembre dell’esercizio che precede quello
amministrativi v. l’articolo 25-bis, comma 5, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 esuccessive modificazioni e l’articolo 34 del contratto collettivo nazionale di lavoro relativo alquadriennio 1998-2001 ed al biennio economico 1998-1999 del comparto “Scuola”, con annessaTabella A, punto D/2.
252
di riferimento.
2. Al programma è allegata una tabella dimostrativa del predetto avanzo
di amministrazione.
3. In apposito prospetto sono indicati i singoli stanziamenti di spesa
correlati all’utilizzazione del presunto avanzo di amministrazione. Detti
stanziamenti possono essere impegnati solo dopo la realizzazione
dell’effettiva disponibilità finanziaria e nei limiti dell’avanzo
effettivamente realizzato.
Articolo 4
(Fondo di riserva)
1. Nel programma deve essere iscritto, tra le spese, un fondo di riserva,
da determinarsi in misura non superiore al 5 per cento della dotazione
finanziaria ordinaria.
2. Il fondo di riserva può essere utilizzato esclusivamente per aumentare
gli stanziamenti la cui entità si dimostri insufficiente, per spese impreviste e
per eventuali maggiori spese, conformemente a quanto previsto
dall’articolo 7, comma 3.
3. Non è consentita l’emissione di mandati di pagamento a valere sul
fondo di riserva.
4. I prelievi dal fondo di riserva sono disposti con provvedimento del
dirigente, salva ratifica del Consiglio d’istituto per la conseguente modifica
del programma, da adottare entro i successivi 30 giorni.
Articolo 5
(Partite di giro)
1. Le partite di giro comprendono sia le entrate che le spese che si
effettuano per conto di terzi le quali, costituendo al tempo stesso un debito
ed un credito per l’istituzione scolastica, non incidono sulle risultanze
economiche del bilancio, sia la dotazione del fondo di cui all’articolo 17.
253
Articolo 6
(Verifiche e modifiche al programma)
1. Il consiglio d’istituto verifica, entro il 30 giugno, le disponibilità
finanziarie dell’istituto nonché lo stato di attuazione del programma, al fine
delle modifiche che si rendano necessarie, sulla base di apposito
documento predisposto dal dirigente.
2. Il Consiglio, altresì, con deliberazione motivata, su proposta della
giunta esecutiva o del dirigente, può apportare modifiche parziali al
programma in relazione anche all’andamento del funzionamento
amministrativo e didattico generale ed a quello attuativo dei singoli
progetti.
3. Sono vietati gli storni nella gestione dei residui nonché tra gestione dei
residui e quella di competenza e viceversa.
4. Le variazioni del programma, di entrata e di spesa, conseguenti ad
entrate finalizzate, e gli storni, conseguenti a delibere del Consiglio di
istituto, possono essere disposte con decreto del dirigente, da trasmettere
per conoscenza al Consiglio di istituto.
5. Durante l’ultimo mese dell’esercizio finanziario non possono essere
apportate variazioni al programma, salvo casi eccezionali da motivare.
6. Il direttore, al fine di rendere possibili le verifiche di cui al comma 1,
predispone apposita relazione sulle entrate accertate e sulla consistenza
degli impegni assunti, nonché dei pagamenti eseguiti.
CAPO II
REALIZZAZIONE DEL PROGRAMMA ANNUALE
Articolo 7
(Attività gestionale)
1. Spetta al dirigente la realizzazione del programma nell’esercizio dei
254
compiti e della responsabilità di gestione di cui all’articolo 25-bis del
decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, come integrato dal decreto
legislativo 6 marzo 1998, n. 59, secondo le modalità ivi indicate.
2. Il dirigente, sulla base delle codifiche stabilite nella modulistica di cui
all’articolo 30, imputa le spese al funzionamento amministrativo e didattico
generale, ai compensi spettanti al personale dipendente per effetto di norme
contrattuali e/o di disposizioni di legge, alle spese di investimento ed ai
progetti, nei limiti della rispettiva dotazione finanziaria stabilita nel
programma annuale e delle disponibilità riferite ai singoli progetti. A tal
fine, le schede di cui all’articolo 2, comma 6, sono costantemente
aggiornate a cura del direttore, con riferimento alle spese sostenute.
3. Nel caso in cui la realizzazione di un progetto richieda l’impiego di
risorse eccedenti la relativa dotazione finanziaria, il dirigente può ordinare
la spesa eccedente, nel limite massimo del 10% della dotazione originaria
del progetto, mediante l’utilizzo del fondo di riserva, ai sensi dell’articolo
4.
Articolo 8
(Esercizio provvisorio)
1. Nei casi in cui il programma annuale non sia stato approvato dal
Consiglio di istituto prima dell’inizio dell’esercizio cui lo stesso si riferisce,
il dirigente provvede alla gestione provvisoria nel limite di un dodicesimo,
per ciascun mese, degli stanziamenti di spesa definitivi del programma
relativo al precedente esercizio, per la prosecuzione dei progetti già
approvati e per il funzionamento didattico e amministrativo generale.
Qualora il programma non sia stato approvato entro 45 giorni dall’inizio
dell’esercizio, il dirigente ne dà immediata comunicazione all’Ufficio
scolastico regionale, cui è demandato il compito di nominare, entro i
successivi 15 giorni, un commissario ad acta che provvede al predetto
adempimento entro il termine prestabilito nell’atto di nomina.
255
Articolo 9
(Riscossione delle entrate)
1. Le entrate sono riscosse dall’istituto che gestisce il servizio di cassa a
norma dell’articolo 16, previa emissione di reversali d’incasso da parte
dell’istituzione scolastica.
2. L’istituto cassiere, conformemente a quanto previsto nella
convenzione di cui all’articolo 16, non può rifiutare la riscossione di
somme destinate all’istituzione scolastica, ancorché non siano state emesse
le relative reversali, salvo a richiedere, subito dopo la riscossione, la
regolarizzazione contabile all’istituzione scolastica.
3. La riscossione delle rette, delle tasse, dei contributi e dei depositi di
qualsiasi natura poste a carico degli alunni è effettuata anche mediante il
servizio dei conti correnti postali.
4. Le somme versate sul conto corrente postale sono trasferite, con
frequenza non superiore al trimestre, sul conto corrente bancario presso
l’istituto cassiere. Sul predetto conto corrente postale non possono essere
ordinati pagamenti.
Articolo 10
(Reversali di incasso)
1. Le reversali sono firmate dal dirigente e dal direttore. Il loro contenuto
è il seguente:
a) l’ordine rivolto all’istituto cassiere di incassare una certa somma di
denaro;
b) il numero progressivo, l’esercizio finanziario e la data di emissione;
l’importo in cifre e lettere della somma da riscuotere e la sua provenienza
contraddistinta da apposito codice; la causale della riscossione; il nome ed
il cognome o la denominazione del debitore.
256
Articolo 11
(Impegni, liquidazione delle spese ed ordinazione dei pagamenti)
1. Formano impegni sugli stanziamenti di competenza le sole somme
dovute dall’istituzione scolastica a seguito di obbligazioni giuridicamente
perfezionate. Gli impegni assunti possono riferirsi soltanto all’esercizio in
corso; essi non possono eccedere lo stanziamento dello specifico aggregato.
2. Per le spese correnti e per quelle connesse ai progetti di cui all’articolo
2, comma 6, possono essere assunti impegni a carico dell’esercizio
successivo ove ciò sia indispensabile per assicurare la continuità dei servizi
e dell’esecuzione dei progetti.
3. L’impegno delle spese è assunto dal dirigente.
4. La liquidazione della spesa, consistente nella determinazione
dell’esatto importo dovuto e del soggetto creditore, è effettuata dal
direttore, previo accertamento, nel caso di acquisto di beni e servizi o di
esecuzione di lavori, della regolarità della relativa fornitura o esecuzione,
sulla base dei titoli e dei documenti giustificativi comprovanti il diritto dei
creditori.
5. I pagamenti sono ordinati mediante mandati tratti sull’istituto cassiere
o effettuati a mezzo della carta di credito, con immediata contabilizzazione.
Articolo 12
(Mandati di pagamento)
1. I mandati sono firmati dal dirigente e dal direttore. Il loro contenuto è
il seguente:
a) l’ordine rivolto all’istituto cassiere di pagare una determinata somma
di denaro ad una persona o ente;
b) il numero progressivo e data di emissione, l’importo in cifre e in
lettere della somma da pagare, la causale del pagamento, i dati anagrafici o
identificativi e i dati fiscali del creditore o della persona abilitata a
rilasciare quietanza, il progetto al quale la spesa si riferisce, la codifica
257
della spesa come prevista nella modulistica di cui all’articolo 30;
c) nel caso in cui riguardi il pagamento delle retribuzioni fondamentali e
accessorie, l’indicazione delle ritenute che su di esse gravano.
2. Ogni mandato di pagamento è sempre corredato dei documenti
giustificativi relativi alla causale. In caso di lavori, forniture e servizi, il
mandato è corredato, altresì, dei documenti comprovanti la regolare
esecuzione degli stessi e delle relative fatture.
3. Sulle fatture riguardanti l’acquisto di beni soggetti ad inventario è
annotata l’avvenuta presa in carico con il numero d’ordine sotto il quale i
beni sono registrati. Ad esse, è, inoltre, allegato il verbale di collaudo
redatto a norma dell’articolo 36.
Articolo 13
(Modalità di estinzione dei mandati)
1. I mandati sono estinti mediante:
a) accreditamento in conto corrente bancario, intestato al creditore;
b) accreditamento o versamento su conto corrente postale, intestato al
creditore;
c) vaglia postale: in tal caso deve essere allegata al titolo la ricevuta di
versamento rilasciata dall’agenzia postale;
d) su richiesta del creditore, mediante pagamento in contanti da parte
dell’istituto cassiere, ovvero con assegno circolare.
2. Le dichiarazioni di accreditamento, che sostituiscono la quietanza del
creditore, devono risultare sul mandato di pagamento da annotazione
recante gli estremi relativi alle operazioni ed il timbro e la firma
dell’istituto cassiere.
Articolo 14
(Pagamento con carta di credito)
1. L’utilizzazione della carta di credito, nel limite dell’assegnazione allo
258
scopo disposta nel programma annuale e con l’osservanza delle vigenti
disposizioni in materia di autorizzazione alla spesa, è consentita, qualora
non sia possibile o conveniente ricorrere alle procedure ordinarie, per
l’esecuzione delle spese relative:
- all’organizzazione di viaggi di istruzione;
- alla rappresentanza dell’istituto scolastico in Italia e all’estero;
- all’organizzazione e partecipazione a seminari e convegni.
2. Titolare della carta di credito è il dirigente, il quale ne può altresì
autorizzare l’uso da parte del direttore o di docenti in servizio presso
l’istituzione scolastica.
3. Per i pagamenti così effettuati, il direttore provvede al riscontro
contabile entro 5 giorni dal ricevimento dei relativi estratti conto.
4. I rapporti con gli istituti di credito o con altri enti emittenti le carte di
credito sono disciplinati con apposita convenzione, da inserirsi
eventualmente nell’atto di affidamento di cui all’articolo 16.
Articolo 15
(Conservazione dei mandati e delle reversali)
1. Gli originali delle reversali e dei mandati, corredati dei documenti
giustificativi, sono conservati e ordinati per progetti e per il funzionamento
amministrativo-didattico generale presso l’ufficio di segreteria delle singole
istituzioni e conservati agli atti per non meno di dieci anni.
CAPO III
SERVIZI DI CASSA
Articolo 16
(Affidamento del servizio)
1. Il servizio di cassa e quello di custodia e amministrazione di titoli
pubblici, anche esteri e privati, di proprietà dell’istituzione scolastica, è
259
affidato ad un unico istituto di credito ovvero ad altri soggetti abilitati per
legge, in essi compresa la “Poste italiane S.p.A”, mediante apposita
convenzione, stipulata dal dirigente alle migliori condizioni del mercato per
quanto concerne i tassi attivi e passivi e le spese di tenuta conto, comparate,
in caso di sostanziale parità, con altri benefici concessi dal predetto istituto,
sulla base di uno schema tipo predisposto dal Ministero della pubblica
istruzione, d’intesa con il Ministero del tesoro, del bilancio e della
programmazione economica.
2. L’affidamento del servizio viene effettuato mediante le procedure ad
evidenza pubblica con modalità che rispettino i principi della concorrenza.
3. Resta salva la possibilità di stipulare contratti di gestione finalizzata
delle risorse finanziarie a norma dell’articolo 48.
Articolo 17
(Fondo per le minute spese)
1. Alle minute spese si provvede col fondo che, a tal fine, viene
anticipato, con apposito mandato in conto di partite di giro, dal dirigente al
direttore, nel limite stabilito dal Consiglio di istituto in sede di
approvazione del programma annuale.
2. Ogni volta che la somma anticipata sia prossima ad esaurirsi, il
direttore presenta le note documentate delle spese sostenute, che sono a lui
rimborsate con mandati emessi a suo favore, imputati al funzionamento
amministrativo e didattico generale e ai progetti. Il rimborso deve
comunque essere chiesto e disposto prima della chiusura dell’esercizio
finanziario.
3. Il direttore contabilizza cronologicamente tutte le operazioni di cassa
da lui eseguite nell’apposito registro di cui all’articolo 29, comma, 1,
lettera f).
CAPO IV
260
CONTO CONSUNTIVO
Articolo 18
(Conto consuntivo)
1. Il conto consuntivo si compone del conto finanziario e del conto del
patrimonio; allo stesso sono allegati:
a) l’elenco dei residui attivi e passivi, con l’indicazione del nome del
debitore o del creditore, della causale del credito o del debito e del loro
ammontare;
b) la situazione amministrativa che dimostri: il fondo di cassa all’inizio
dell’esercizio; le somme riscosse e quelle pagate, tanto in conto
competenza quanto in conto residui; il fondo di cassa alla chiusura
dell’esercizio, l’avanzo o il disavanzo di amministrazione;
c) il prospetto delle spese per il personale e per i contratti d’opera;
d) il rendiconto dei singoli progetti;
e) il rendiconto dell’eventuale azienda agraria o speciale;
f) il rendiconto dell’eventuale convitto annesso.
2. Il conto finanziario, in relazione all’aggregazione delle entrate e delle
spese contenute nel programma di cui all’articolo 2, comma 3, comprende:
le entrate di competenza dell’anno accertate, riscosse o rimaste da
riscuotere, e le spese di competenza dell’anno, impegnate, pagate o rimaste
da pagare.
3. Il conto del patrimonio indica la consistenza degli elementi
patrimoniali attivi e passivi all’inizio ed al termine dell’esercizio, e le
relative variazioni, nonché il totale complessivo dei crediti e dei debiti
risultanti alla fine dell’esercizio.
4. Il prospetto delle spese per il personale e per i contratti d’opera,
conseguenti allo svolgimento ed alla realizzazione dei progetti, evidenzia la
consistenza numerica del personale e dei contratti d’opera, l’entità
complessiva della spesa e la sua articolazione, in relazione agli istituti
261
retributivi vigenti ed ai corrispettivi dovuti.
5. Il conto consuntivo, è predisposto dal direttore entro il 15 marzo ed è
sottoposto dal dirigente all’esame del Collegio dei revisori dei conti,
unitamente ad una dettagliata relazione che illustra l’andamento della
gestione dell’istituzione scolastica e i risultati conseguiti in relazione agli
obiettivi programmati. Esso, corredato della relazione del collegio dei
revisori dei conti, è sottoposto, entro il 30 aprile, all’approvazione del
Consiglio di istituto.
6. Il conto consuntivo approvato dal Consiglio di istituto in difformità
dal parere espresso dal Collegio dei revisori dei conti, è trasmesso, entro il
15 maggio, all’Ufficio scolastico regionale, corredato di tutti gli allegati,
del programma annuale, con relative variazioni e delibere, nonché di una
dettagliata e motivata relazione, ai fini dell’adozione dei provvedimenti di
competenza.
7. Nel caso in cui il Consiglio di istituto non deliberi sul conto
consuntivo entro 45 giorni dalla sua presentazione, il dirigente ne dà
comunicazione al Collegio dei revisori dei conti e al dirigente dell’Ufficio
scolastico regionale, che nomina un commissario ad acta per il relativo
adempimento.
8. Il conto consuntivo, corredato degli allegati e della delibera di
approvazione, è conservato agli atti dell’istituzione scolastica.
9. Tale conto è affisso all’albo dell’istituzione scolastica entro quindici
giorni dall’approvazione ed inserito, ove possibile, nell’apposito sito WEB
dell’istituzione medesima.
Articolo 19
(Armonizzazione dei flussi informativi)
1. Le istituzioni scolastiche adottano le misure organizzative necessarie per
la rilevazione e l’analisi dei costi e dei rendimenti dell’attività
amministrativa, collegando le risorse umane, finanziarie e strumentali
262
impiegate con i risultati conseguiti e le connesse responsabilità dirigenziali.
2. Le rilevazioni e le risultanze delle attività sopra indicate sono utilizzate
dall’istituzione scolastica interessata e dall’Ufficio scolastico regionale.
CAPO V
GESTIONI ECONOMICHE SEPARATE
Articolo 20
(Aziende agrarie e aziende speciali)
1. La gestione dell’azienda agraria o speciale annessa all’istituzione
scolastica costituisce una specifica attività del programma annuale, della
quale il programma stesso indica riassuntivamente le entrate, le spese,
comprensive dei costi di cui al comma 3, e le modalità di copertura
dell’eventuale disavanzo.
2. La predetta gestione deve essere condotta secondo criteri di
rendimento economico, di efficacia, efficienza e di economicità, pur
soddisfacendo alle esigenze pratiche e dimostrative con particolare
riferimento all’insegnamento di tecniche della gestione aziendale e della
contabilità agraria.
3. La relazione di cui all’articolo 2, comma 3, deve indicare in
particolare: l’indirizzo economico produttivo; gli obiettivi che si intendono
perseguire; le attività didattiche che possono svolgersi con l’utilizzazione
delle superfici e delle risorse umane e strumentali dell’azienda, con i
relativi costi; le entrate e le spese complessive che l’azienda prevede
rispettivamente di riscuotere e sostenere e, qualora non sia possibile
prevedere il pareggio, le risorse finanziarie tratte dagli appositi
accantonamenti dell’azienda o dall’eventuale avanzo di amministrazione,
secondo quanto previsto dal comma 8, dell’istituzione scolastica necessarie
per conseguirlo. La dimostrazione delle entrate e delle spese è resa nella
scheda illustrativa finanziaria da predisporre a norma dell’articolo 2,
263
comma 6.
4. La direzione dell’azienda agraria spetta di norma al dirigente
scolastico. Qualora ricorrano speciali circostanze la direzione dell’azienda
può essere affidata, dal dirigente, ad un docente particolarmente
competente, che sottopone all’approvazione del dirigente stesso le proposte
riguardanti l’indirizzo produttivo e la gestione economica.
5. Al fine di non compromettere il perseguimento dei criteri di gestione
di cui al comma 2 l’attività didattica, che può riferirsi a tutte le attività
produttive dell’azienda, si svolge, di norma, su una superficie limitata
dell’azienda stessa, predeterminata dal dirigente. Gli eventuali utili
rinvenienti dalla predetta attività sono destinati, nell’ordine, alla copertura
dei relativi costi ed al miglioramento ed incremento delle attrezzature
didattiche. Qualora le stesse attività non producano utili, i relativi costi
sono posti a carico del programma dell’istituzione scolastica.
6. Le scritture contabili dell’azienda sono distinte da quelle
dell’istituzione scolastica e sono tenute con il metodo della partita doppia e
con i registri e libri ausiliari che si rendono necessari. In relazione alle
dimensioni ed alle capacità produttive dell’azienda può essere aperto,
presso l’istituto di credito che gestisce il servizio di cassa dell’istituzione
scolastica a norma dell’articolo 16, un distinto conto corrente per il servizio
di cassa dell’azienda.
7. L’utile prodotto dall’azienda, accantonato in un apposito fondo dello
stato patrimoniale, è destinato, prioritariamente, alla copertura di eventuali
perdite di gestione.
8. Ove non sia possibile provvedere a norma del comma 7, la perdita di
gestione può essere coperta, previa delibera del consiglio di istituto,
mediante prelevamento dall’avanzo di amministrazione. Qualora la perdita
di gestione sia dovuta a cause permanenti o non rimuovibili e non sia
possibile un ridimensionamento strutturale dell’azienda, il consiglio di
istituto ne dispone la chiusura, con la destinazione delle necessarie
264
attrezzature alle attività didattiche.
9. Il rendiconto dell’azienda deve dare la dimostrazione della gestione
finanziaria, nonché dei risultati economici conseguiti nell’anno. Il
rendiconto si compone dello stato patrimoniale e del conto economico. Al
rendiconto dell’azienda agraria sono allegati: a) un prospetto del
movimento nella consistenza del bestiame; b) un prospetto riassuntivo del
movimento delle derrate e scorte di magazzino; c) una relazione illustrativa
del responsabile dell’azienda sui risultati conseguiti. Al rendiconto
dell’azienda speciale sono allegati la relazione illustrativa di cui alla lettera
c) del precedente periodo ed un prospetto sulla consistenza dei prodotti
finiti ed in corso di lavorazione.
10. Alle aziende agrarie si applica il regime fiscale previsto per i
produttori agricoli che svolgono le attività di cui all’articolo 2135 del
Codice civile, salvo che non sia diversamente disposto.
Articolo 21
(Proventi derivanti dalla vendita di beni e da servizi a favore di terzi)
1. Le istituzioni scolastiche, organizzate per la vendita di beni o servizi a
favore di terzi, di cui all’articolo 33, comma 2, lettera e), prevedono
espressamente, nel programma annuale, uno specifico progetto la cui
scheda finanziaria indica le voci che compongono le entrate e le spese, per
il quale la relazione di cui all’articolo 2, comma 4, deve indicare i criteri di
amministrazione e le modalità della gestione, che deve essere improntata al
rispetto del principio di cui all’articolo 2, comma 5, secondo periodo.
2. Le predette attività e servizi sono oggetto di contabilità separata da
quella dell’istituzione scolastica. Nella scheda finanziaria deve essere
prevista, a favore dell’istituzione scolastica, una quota di spese generali, di
ammortamento e deperimento delle attrezzature, nonché l’eventuale
eccedenza di entrate, rispetto alle spese, che costituisce incremento
dell’avanzo di amministrazione dell’istituzione scolastica. I relativi
265
movimenti finanziari sono rilevati, nella contabilità della medesima
istituzione, in specifiche voci di entrata e di spesa classificate “attività per
conto terzi”.
3. Qualora i proventi non coprano tutti i costi previsti il consiglio di
istituto dispone l’immediata cessazione della vendita di beni e delle attività
a favore di terzi.
4. Per le attività previste dal presente articolo, sono dovuti i tributi nella
misura e con le modalità previste dall’ordinamento tributario.
Articolo 22
(Gestione dei convitti annessi alle istituzioni scolastiche)
1. La gestione delle attività convittuali costituisce specifico progetto del
programma annuale da realizzare, di norma, con le entrate ad esso
finalizzate. Il programma annuale è corredato da una scheda finanziaria
illustrativa delle varie entrate e spese relative al funzionamento delle
attività.
2. La gestione delle attività convittuali è improntata al principio della
economicità e dell’utilizzo ottimale delle strutture, al fine di ridurre i costi a
carico dei convittori.
3. In caso di squilibri finanziari della gestione dell’attività convittuale
che persistano per più di tre esercizi finanziari, l’istituzione scolastica,
previa consultazione con l’ente locale di riferimento e con delibera del
consiglio d’istituto, dispone la cessazione dell’attività, destinando le
strutture ad un utilizzo economico produttivo.
4. Al fine della gestione ottimale delle strutture e di una maggiore
valorizzazione delle risorse professionali, fatto salvo il normale
funzionamento delle attività istituzionali, l’istituzione può svolgere attività
e servizi a favore di terzi con le modalità ed i limiti previsti dall’articolo 21.
Gli utili di gestione sono destinati a ridurre la retta dei convittori nonché a
coprire la quota di spese generali imputabile a dette attività e servizi,
266
comprensiva della quota di ammortamento delle attrezzature.
TITOLO II
GESTIONE PATRIMONIALE - BENI E INVENTARI
Articolo 23
(Beni)
1. I beni che costituiscono il patrimonio delle istituzioni scolastiche si
distinguono in immobili e mobili secondo le norme del Codice civile. I beni
sono descritti negli inventari in conformità alle disposizioni contenute nei
successivi articoli.
2. Per i beni appartenenti al patrimonio dello Stato e degli Enti locali che
sono concessi in uso alle istituzioni scolastiche e iscritti in distinti
inventari, si osservano le disposizioni impartite dagli enti medesimi.
Articolo 24
(Inventari)
1. I beni mobili si iscrivono, nel relativo inventario, in ordine
cronologico, con numerazione progressiva ed ininterrotta e con
l’indicazione di tutti gli elementi che valgano a stabilirne la provenienza, il
luogo in cui si trovano, la quantità o il numero, lo stato di conservazione, il
valore e l’eventuale rendita.
2. Ogni oggetto è contrassegnato col numero progressivo col quale è
stato iscritto in inventario.
3. Sono descritti in distinti inventari i beni immobili, i beni di valore
storico-artistico, i libri ed il materiale bibliografico, i valori mobiliari.
4. Non si iscrivono in inventario gli oggetti fragili e di facile consumo,
cioè tutti quei materiali che, per l’uso continuo, sono destinati a deteriorarsi
rapidamente ed i beni di modico valore.
5. Non si inventariano altresì, pur dovendo essere conservati nei modi di
267
uso o con le modalità previste dal regolamento dell’istituzione, i bollettini
ufficiali, le riviste ed altre pubblicazioni periodiche di qualsiasi genere, i
libri destinati alle biblioteche di classe.
6. Qualsiasi variazione, in aumento o in diminuzione, dei beni soggetti
ad inventario è annotata, in ordine cronologico, nell’inventario di
riferimento.
7. L’inventario è tenuto e curato dal direttore, che assume le
responsabilità del consegnatario, fatto salvo quanto previsto dall’articolo
27.
8. Quando il direttore cessa dal suo ufficio, il passaggio di consegne
avviene mediante ricognizione materiale dei beni in contraddittorio con il
consegnatario subentrante, in presenza del dirigente e del presidente del
Consiglio di istituto. L’operazione deve risultare da apposito verbale.
9. Almeno ogni cinque anni si provvede alla ricognizione dei beni ed
almeno ogni dieci anni al rinnovo degli inventari e alla rivalutazione dei
beni.
Articolo 25
(Valore di beni inventariati)
1. Ad ogni bene iscritto in inventario è attribuito un valore che
corrisponde: al prezzo di fattura, per i beni acquistati, ivi compresi quelli
acquisiti dall’istituzione scolastica al termine di eventuali operazioni di
locazione finanziaria o di noleggio con riscatto; al prezzo di costo, per
quelli prodotti nell’istituto; al prezzo di stima, per quelli ricevuti in dono.
2. I titoli del debito pubblico, quelli garantiti dallo Stato e gli altri valori
mobiliari pubblici e privati, si iscrivono al prezzo di borsa del giorno
precedente quello della compilazione o revisione dell’inventario - se il
prezzo è inferiore al valore nominale - o al loro valore nominale - qualora il
prezzo sia superiore -, con l’indicazione, in ogni caso, della rendita e della
relativa scadenza.
268
Articolo 26
(Eliminazione dei beni dell’inventario)
1. Il materiale mancante per furto o per causa di forza maggiore, o reso
inservibile all’uso, è eliminato dall’inventario con provvedimento del
dirigente, nel quale deve essere indicato l’obbligo di reintegro a carico
degli eventuali responsabili.
2. Al suddetto provvedimento è allegata copia della denuncia presentata
alla locale autorità di pubblica sicurezza, qualora trattasi di materiale
mancante per furto, o il verbale redatto dalla commissione di cui
all’articolo 52, comma 1, nel caso di materiale reso inservibile all’uso.
Articolo 27
(Custodia del materiale didattico, tecnico e scientifico, dei laboratori e
delle officine)
1. La custodia del materiale didattico, tecnico e scientifico dei gabinetti,
dei laboratori e delle officine è affidata, dal direttore, su indicazione
vincolante del dirigente, ai rispettivi docenti, mediante elenchi descrittivi
compilati in doppio esemplare, sottoscritti dal direttore e dal docente
interessato, che risponde della conservazione del materiale affidatogli.
L’operazione dovrà risultare da apposito verbale.
2. Qualora più docenti debbano valersi delle stesse collezioni o dei vari
laboratori, la direzione è attribuita ad un docente indicato dal dirigente. Il
predetto docente, quando cessa dall’incarico, provvede alla riconsegna, al
direttore, del materiale didattico, tecnico e scientifico avuto in custodia.
Articolo 28
(Le opere dell’ingegno)
1. Spetta all’istituto scolastico il diritto d’autore sulle opere dell’ingegno
prodotte nello svolgimento delle attività scolastiche rientranti nelle finalità
269
formative istituzionali.
2. E’ sempre riconosciuto agli autori il diritto morale alla paternità
dell’opera, nei limiti della sezione seconda del Capo terzo del Titolo primo
della legge 22 aprile 1941, n. 633, e successive modificazioni.
3. Lo sfruttamento delle opere dell’ingegno prodotte nel corso delle
attività curriculari è deliberato dal consiglio di istituto.
4. Lo sfruttamento delle opere dell’ingegno prodotte nel corso delle
attività non curriculari è egualmente deliberato dal consiglio di istituto.
Tuttavia, i coautori possono autonomamente intraprendere le iniziative
dirette allo sfruttamento economico, qualora il consiglio di istituto non
abbia intrapreso le iniziative in tal senso nel termine di novanta giorni
dall’invito rivolto dagli autori dell’opera.
5. E’ riconosciuto ai coautori e alle istituzioni scolastiche la
partecipazione paritaria ai proventi dello sfruttamento economico
dell’opera.
6. Il dirigente dell’istituzione scolastica provvede agli adempimenti
prescritti dalla legge per il riconoscimento del diritto dell’istituto, nonché
per il suo esercizio, osservate, quando occorre, le norme di cui all’articolo
33.
7. Nel caso della redazione di programmi per elaboratore che si
distinguano per originalità, il dirigente dell’istituzione scolastica sottopone
all’esame del consiglio di istituto proposte per l’eventuale utilizzazione
economica della creazione, anche attraverso la distribuzione in rete del
programma.
TITOLO III
SCRITTURE CONTABILI E CONTABILITA’INFORMATIZZATA
Articolo 29
(Scritture contabili )
270
1. I documenti contabili obbligatori sono:
a) il programma annuale;
b) il giornale di cassa;
c) i registri dei partitari delle entrate e delle spese;
d) il registro del conto corrente postale;
e) gli inventari;
f) il registro delle minute spese;
g) il registro dei contratti stipulati a norma dell’articolo 31, comma 3;
h) il conto consuntivo.
2. Nel giornale di cassa si trascrivono tutte le operazioni di pagamento e
di riscossione, nel giorno in cui sono emessi i relativi mandati e reversali.
3. Nei registri partitari si aprono tanti conti quante sono le aggregazioni
individuate sulla base di quanto previsto dall’articolo 2, comma 5, e si
annotano le operazioni di accertamento o di impegno e quelle di incasso o
di pagamento.
4. I documenti di cui al comma 1, anche se tenuti con sistemi
automatizzati od a fogli mobili, devono essere composti da pagine
numerate, munite del timbro dell’istituzione e siglate dal direttore. A
chiusura dell’esercizio il direttore attesta il numero delle pagine di cui i
documenti sono composti.
5. Della tenuta della contabilità, delle necessarie registrazioni e degli
adempimenti fiscali è responsabile il direttore.
Articolo 30
(Modulistica e contabilità informatizzata)
1. Il Ministero della pubblica istruzione stabilisce i modelli necessari per
assicurare l’omogeneità dei documenti contabili di cui all’articolo 29,
nonché dei sistemi di gestione amministrativo-contabile, finanziaria e
patrimoniale, di rendicontazione e di riscontro, di monitoraggio dei dati
relativi alla gestione e all’andamento dei flussi finanziari e di rilevazione
271
dei costi. Relativamente ai documenti di cui alle lettere a) e h) del comma 1
del medesimo articolo 29, la suddetta predisposizione è compiuta d’intesa
con il Ministero del Tesoro, del bilancio e della programmazione
economica.
2. Il Ministero della pubblica istruzione predispone, nell’ambito del proprio
sistema informativo, un pacchetto applicativo, coerente con la modulistica
di cui al comma 1, per la tenuta con tecnologie informatiche, della
contabilità delle istituzioni scolastiche, in collegamento con
l’amministrazione scolastica.
3. Il pacchetto può essere utilizzato anche per ottenere l’elenco dei
fornitori di beni e servizi, con l’indicazione dei relativi crediti e debiti; i
flussi di cassa distinti per tipologia di entrata e di spesa; l’analisi delle
spese distinte per tipologia. Esso contiene meccanismi di segnalazione
automatica di anomalie e disfunzioni che consentono anche interrogazioni
mirate dall’esterno da parte dei revisori.
4. Il pacchetto, che è costantemente aggiornato, è accompagnato da un
manuale per la sua utilizzazione guidata, eventualmente compreso nel
pacchetto stesso, con illustrazione di tutte le procedure e dei prodotti che
possono essere ottenuti.
5. La contabilità in partita doppia, utilizzata dalle aziende agrarie e dalle
aziende speciali, è tenuta secondo programmi forniti dal Ministero della
pubblica istruzione.
TITOLO IV
ATTIVITA’ NEGOZIALE
CAPO I
PRINCIPI GENERALI
Articolo 31
272
(Capacità negoziale)
1. Le istituzioni scolastiche, anche attraverso gli accordi di rete di cui
all’articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999,
n.275, per il raggiungimento e nell’ambito dei propri fini istituzionali,
hanno piena autonomia negoziale, fatte salve le limitazioni specifiche poste
da leggi e regolamenti, nonché dalle presenti disposizioni.
2. Nell’ambito dell’autonomia negoziale di cui al comma 1, le istituzioni
scolastiche possono stipulare convenzioni e contratti, con esclusione dei
contratti aleatori e, in genere delle operazioni finanziarie speculative,
nonché della partecipazione a società di persone e società di capitali, fatta
salva la costituzione e la partecipazione a consorzi, anche costituiti nella
forma di società a responsabilità limitata.
3. I contratti sono stipulati nelle forme previste dalle relative disposizioni
di legge e, nel caso vi sia libertà di forma, mediante scambio di
corrispondenza secondo l’uso del commercio. Il presente comma non si
applica alle spese di cui all’articolo 17.
4. E’ fatto divieto alle istituzioni scolastiche di acquistare servizi per lo
svolgimento di attività che rientrano nelle ordinarie funzioni o mansioni
proprie del personale in servizio nella scuola, fatto salvo quanto previsto
dall’articolo 33, comma 2, lettera g) e dall’articolo 40.
Articolo 32
(Funzioni e poteri del dirigente nella attività negoziale)
1. Il dirigente, quale rappresentante legale dell’istituto, svolge l’attività
negoziale necessaria all’attuazione del programma annuale, nel rispetto
delle deliberazioni del Consiglio d’istituto assunte ai sensi dell’articolo 33.
2. Il dirigente può delegare lo svolgimento di singole attività negoziali al
direttore o ad uno dei collaboratori individuati a norma dell’articolo 25-bis,
comma 5, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 e successive
modificazioni e integrazioni. Al direttore compete, comunque, l’attività
273
negoziale connessa alle minute spese di cui all’articolo 17.
3. Il dirigente, nello svolgimento dell’attività negoziale, si avvale della
attività istruttoria del direttore.
4. Nel caso in cui non siano reperibili tra il personale dell’istituto
specifiche competenze professionali indispensabili al concreto svolgimento
di particolari attività negoziali, il dirigente, nei limiti di spesa del relativo
progetto e sulla base dei criteri di cui all’articolo 33, comma 2, lettera g),
può avvalersi dell’opera di esperti esterni.
Articolo 33
(Interventi del Consiglio di istituto nell’attività negoziale)
1. Il Consiglio di istituto delibera in ordine:
a) alla accettazione e alla rinuncia di legati, eredità e donazioni;
b) alla costituzione o compartecipazione a fondazioni; all’istituzione o
compartecipazione a borse di studio;
c) all’accensione di mutui e in genere ai contratti di durata pluriennale;
d) ai contratti di alienazione, trasferimento, costituzione, modificazione di
diritti reali su beni immobili appartenenti alla istituzione scolastica,
previa verifica, in caso di alienazione di beni pervenuti per effetto di
successioni a causa di morte e donazioni, della mancanza di condizioni
ostative o disposizioni modali che ostino alla dismissione del bene;
e) all’adesione a reti di scuole e consorzi;
f) all’utilizzazione economica delle opere dell’ingegno;
g) alla partecipazione della scuola ad iniziative che comportino il
coinvolgimento di agenzie, enti, università, soggetti pubblici o privati;
h) all’eventuale individuazione del superiore limite di spesa di cui
all’articolo 34, comma 1;
i) all’acquisto di immobili.
2. Al Consiglio di istituto spettano le deliberazioni relative alla
determinazione dei criteri e dei limiti per lo svolgimento, da parte del
274
dirigente, delle seguenti attività negoziali:
a) contratti di sponsorizzazione;
b) contratti di locazione di immobili;
c) utilizzazione di locali, beni o siti informatici, appartenenti alla
istituzione scolastica, da parte di soggetti terzi;
d) convenzioni relative a prestazioni del personale della scuola e degli
alunni per conto terzi;
e) alienazione di beni e servizi prodotti nell’esercizio di attività didattiche
o programmate a favore di terzi;
f) acquisto ed alienazione di titoli di Stato;
g) contratti di prestazione d’opera con esperti per particolari attività ed
insegnamenti;
h) partecipazione a progetti internazionali.
3. Nei casi specificamente individuati dal comma 1, l’attività negoziale è
subordinata alla previa deliberazione del Consiglio di istituto. In tali casi, il
dirigente non può inoltre recedere, rinunciare o transigere se non
previamente autorizzato dal Consiglio di istituto. In tutti gli altri casi, il
dirigente ha il potere di recedere, rinunciare e transigere, qualora lo
richieda l’interesse dell’istituzione scolastica.
Articolo 34
(Procedura ordinaria di contrattazione)
1. Per l’attività di contrattazione riguardanti acquisti, appalti e forniture
il cui valore complessivo ecceda il limite di spesa di EURO 2000 oppure il
limite preventivamente fissato dal Consiglio d’istituto, quando non risulti
altrimenti disposto dalle norme di cui al capo secondo del presente titolo, il
dirigente procede alla scelta del contraente, previa comparazione delle
offerte di almeno tre ditte direttamente interpellate. Resta salvo, comunque,
quanto previsto dal comma 5.
2. L’invito a presentare un’offerta deve contenere, oltre ai criteri di
275
aggiudicazione, l’esatta indicazione delle prestazioni contrattuali, nonché i
termini e le modalità di esecuzione e di pagamento.
3. L’osservanza dell’obbligo di cui al presente articolo è esclusa quando
non sia possibile acquisire da altri operatori il medesimo bene sul mercato
di riferimento dell’Istituto.
4. E’ sempre possibile il ricorso alle procedure di gara disciplinate dalle
norme generali di contabilità dello Stato.
5. Le istituzioni scolastiche sono tenute ad osservare le norme
dell’Unione Europea in materia di appalti e/o forniture di beni e servizi.
6. Le funzioni di ufficiale rogante, per la stipula degli atti che richiedono
la forma pubblica, sono esercitate dal direttore o da funzionario
appositamente da lui delegato.
Articolo 35
(Pubblicità, attività informative e trasparenza dell’attività contrattuale)
1. Copia dei contratti e delle convenzioni conclusi con l’ordinaria
contrattazione è messa a disposizione del Consiglio di istituto nella prima
riunione utile ed affissa all’albo della scuola.
2. Una relazione sull’attività negoziale svolta dal dirigente
dell’istituzione scolastica è presentata alla prima riunione successiva del
Consiglio di istituto. Il dirigente riferisce, nella stessa sede, sull’attuazione
dei contratti e delle convenzioni.
3. E’ assicurato l’esercizio del diritto di accesso degli interessati alla
documentazione inerente l’attività contrattuale svolta o programmata, ai
sensi degli articoli 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241.
4. Il direttore provvede alla tenuta della predetta documentazione.
5. Il rilascio delle copie della documentazione in favore dei membri del
Consiglio di istituto e degli altri organi dell’istituto è gratuito ed è
subordinato ad una richiesta nominativa e motivata.
276
Articolo 36
(Collaudo)
1. I lavori, le forniture e i servizi sono soggetti a collaudo finale, da
eseguirsi, entro 60 giorni dalla loro ultimazione, consegna o esecuzione, ad
opera del personale della scuola munito di adeguata competenza tecnica. A
tal fine, il dirigente nomina un collaudatore singolo o apposite commissioni
interne. Del collaudo è redatto apposito verbale.
2. Per le forniture di valore inferiore a EURO 2000, l’atto formale di
collaudo è sostituito da un certificato che attesta la regolarità della
fornitura, rilasciato dal dirigente o, su sua delega, dal direttore, o da un
verificatore all’uopo nominato.
3. Per i contratti inerenti alla fornitura di servizi periodici, è redatto dal
direttore apposito certificato di regolare prestazione.
4. Il saldo del pagamento dei lavori può essere disposto solo dopo
l’emissione del certificato di collaudo o del certificato di cui al comma 2.
Alla stessa data il dirigente può procedere allo svincolo delle garanzie
eventualmente prestate.
5. Per il collaudo di opere pubbliche, si procede secondo quanto previsto,
al riguardo, dalla normativa sui lavori pubblici, salvo quanto previsto dal
comma 1.
CAPO II
SINGOLE FIGURE CONTRATTUALI
Articolo 37
(Disposizione generale)
1. Le istituzioni scolastiche applicano le norme del presente capo nei casi
espressamente contemplati, nonché in quelli che, pur non rientrando nelle
singole previsioni, sono assimilabili al caso regolato.
277
Articolo 38
(Alienazione di beni e fornitura di servizi prodotti dall’istituzione
scolastica)
1. Le istituzioni scolastiche, nell’esercizio dei compiti di formazione ed
educativi, hanno facoltà di svolgere attività di servizi per conto terzi,
nonché di alienare i beni prodotti nell’esercizio di attività didattiche o di
attività programmate.
2. La vendita avviene con le modalità stabilite dal Consiglio di istituto,
che provvede a determinare le condizioni contrattuali di fornitura e le
garanzie richieste ai terzi per l’adempimento delle obbligazioni assunte
verso l’istituto.
Articolo 39
(Concessione di beni in uso gratuito)
1. La istituzione scolastica, per assicurare il diritto allo studio, su
richiesta degli esercenti la potestà genitoriale e degli alunni maggiorenni,
può concedere, in uso gratuito, beni mobili e libri, nonché programmi
software, di cui sia licenziataria, con autorizzazione alla cessione d’uso.
2. La istituzione scolastica provvede a pubblicizzare, mediante affissione
all’albo, l’elenco dei beni che possono essere concessi in uso gratuito ed i
criteri di assegnazione e preferenza deliberati dal Consiglio di istituto.
3. La concessione in uso non può determinare, per l’istituzione
scolastica, l’assunzione di oneri eccedenti il valore di mercato del bene ed è
subordinata alla assunzione di responsabilità per la utilizzazione del bene
da parte del beneficiario ovvero, se minore o interdetto, degli esercenti la
rappresentanza legale.
4. La concessione è sempre revocabile e non può mai estendersi oltre i
periodi di tempo predeterminati.
Articolo 40
278
(Contratti di prestazione d’opera per l’arricchimento dell’offerta
formativa)
1. La istituzione scolastica può stipulare contratti di prestazione d’opera
con esperti per particolari attività ed insegnamenti, al fine di garantire
l’arricchimento dell’offerta formativa, nonché la realizzazione di specifici
programmi di ricerca e di sperimentazione.
2. Il Consiglio di istituto, sentito il collegio dei docenti, disciplina nel
regolamento di istituto le procedure e i criteri di scelta del contraente, al
fine di garantire la qualità della prestazione, nonché il limite massimo dei
compensi attribuibili in relazione al tipo di attività e all’impegno
professionale richiesto.
Articolo 41
(Contratti di sponsorizzazione)
1. Le istituzioni scolastiche possono concludere accordi di
sponsorizzazione con soggetti pubblici o privati.
2. E’ accordata la preferenza a soggetti che, per finalità statutarie, per le
attività svolte, ovvero per altre circostanze abbiano in concreto dimostrato
particolare attenzione e sensibilità nei confronti dei problemi dell’infanzia e
della adolescenza.
3. E’ fatto divieto di concludere accordi di sponsorizzazione con soggetti
le cui finalità ed attività siano in contrasto, anche di fatto, con la funzione
educativa e culturale della scuola.
Articolo 42
(Contratti di fornitura di siti informatici)
1. Nella stipulazione di accordi diretti a garantire la fruizione, da parte
dell’istituzione scolastica, di un proprio sito, raggiungibile attraverso
l’accesso a reti informatiche, deve essere garantita la identificazione del
fruitore responsabile di ogni accesso. All’uopo è fornita, a cura
279
dell’istituzione scolastica, una chiave di accesso individuale ai responsabili
nei singoli casi dell’accesso alla rete.
2. La stipulazione dei contratti di fornitura dei siti deve tenere conto, ai
fini della valutazione di convenienza, anche del costo della fornitura del
servizio di utenza telefonica.
3. Possono essere stipulate convenzioni con operatori che assicurino la
fruizione di accessi individuali agli studenti. In tal caso, la valutazione di
convenienza è operata tenendo conto di tale possibilità.
Articolo 43
(Contratti di concessione in uso dei siti informatici).
1. E’ in facoltà della istituzione scolastica ospitare sul proprio sito
informatico istituzioni di volontariato, associazioni tra studenti,
collegamenti verso altre istituzioni scolastiche, o enti di interesse culturale.
2. E’ sempre assicurata la parità di accesso e la libertà di espressione.
3. Nella domanda di ammissione deve essere individuato un soggetto
responsabile della attività e dei contenuti immessi sul sito gestito dalla
istituzione scolastica.
4. Possono essere stipulati contratti di sponsorizzazione del sito,
subordinatamente al rispetto delle condizioni di cui all’articolo 41.
5. Nella stipulazione dei contratti, delle convenzioni e dei patti di cui al
presente articolo, deve essere sempre riservata al dirigente la facoltà di
disattivare il collegamento quando le attività siano in contrasto, anche di
fatto, con la funzione educativa e culturale della scuola.
Articolo 44
(Contratti di comodato)
1. L’istituzione scolastica può ricevere in comodato da enti ed istituzioni,
soggetti pubblici o privati, beni da utilizzare nello svolgimento della attività
educativa e formativa.
280
2. Qualora il bene non sia immediatamente fruibile per gli scopi di cui al
comma 1, e necessiti di lavori di adeguamento o di particolari condizioni
od impieghi di personale, la durata del comodato deve essere tale da
rendere economicamente conveniente l’impiego delle risorse
dell’istituzione scolastica.
Articolo 45
(Contratti di mutuo)
1. L’impegno complessivo annuale per il rimborso dei mutui non può
eccedere, sommato all’impegno per canoni di contratti di locazione
finanziaria, il quinto della media dei trasferimenti ordinari dello Stato
nell’ultimo triennio.
2. La durata massima dei mutui è quinquennale.
3. In relazione agli assegnati finanziamenti di progetti comunitari e di
formazione integrata superiore, dei quali sia pervenuta formale
comunicazione, le istituzioni scolastiche possono chiedere, in attesa della
materiale erogazione dei fondi, anticipazioni bancarie alle condizioni
stabilite da apposita convenzione, stipulata dal Ministero della pubblica
istruzione con le associazioni bancarie o a condizioni migliori.
Articolo 46
(Manutenzione degli edifici scolastici)
1. Nei casi in cui la manutenzione ordinaria degli edifici scolastici e delle
loro pertinenze è delegata alle istituzioni scolastiche dall’ente locale, ai
sensi dell’articolo 3, comma 4, della legge 11 gennaio 1996, n. 23, per
l’affidamento dei relativi lavori, si applicano le norme del presente
regolamento. L’istituzione scolastica fornisce all’ente locale competente la
conseguente rendicontazione.
2. L’istituzione scolastica può anticipare i fondi necessari all’esecuzione
di lavori urgenti e indifferibili dandone immediata comunicazione all’ente
281
locale competente, ai fini del rimborso.
Articolo 47
(Contratti di locazione finanziaria)
1. Le istituzioni scolastiche, previa valutazione di convenienza da
operarsi a cura del dirigente hanno facoltà di stipulare contratti di locazione
finanziaria per la realizzazione di finalità istituzionali, con esclusione
dell’acquisizione della disponibilità di beni immobili.
2. E’ sempre vietata la stipulazione di contratti di locazione finanziaria su
beni precedentemente alienati al concedente dall’istituto scolastico o da
terzi.
3. Quando l’istituzione scolastica non abbia interesse ad esercitare il
potere di riscatto del bene, può determinarsi ad esercitarlo allorché, a
seguito di richieste provenienti dal personale dell’istituzione stessa o da
studenti, vi sia la possibilità di trasferirlo ai predetti soggetti, previa
applicazione delle procedure di cui all’articolo 52 ad un prezzo non
inferiore a quello di riscatto. In tal caso le procedure di cui al predetto
articolo sono espletate prima dell’esercizio del potere di riscatto.
Articolo 48
(Contratti di gestione finalizzata delle risorse finanziarie)
1. La istituzione scolastica, nell’ambito delle risorse finanziarie
disponibili, e con esclusione di quelle trasferite dallo Stato, dagli enti locali
e dall’Unione europea, compatibilmente con la continuità dell’erogazione
del servizio educativo e formativo, può stipulare contratti di gestione
finanziaria finalizzata.
2. Tali contratti possono essere stipulati unicamente con istituzioni
professionali di settore, abilitate all’esercizio delle attività bancarie e
finanziarie.
3. La attività contrattuale di cui al comma 1 deve essere finalizzata alla
282
conservazione e all’incremento di risorse finanziarie non immediatamente
impiegabili, da destinarsi ad una specifica opera di interesse dell’istituzione
scolastica.
4. I contratti di gestione devono sempre assicurare la conservazione del
capitale impegnato ed un rendimento non inferiore a quello dei titoli di
Stato con scadenza semestrale, al netto delle commissioni medie praticate
dagli istituti bancari.
5. I contratti di gestione devono prevedere forme di riscatto anticipato,
a condizione che sia sempre garantita la conservazione del capitale e degli
interessi medio-tempore maturati, decurtati degli importi dovuti a titolo di
commissione.
Articolo 49
(Compravendita di beni immobili)
1. Salvo quanto previsto dall’articolo 33, l’alienazione di beni immobili
di proprietà dell’istituto è sempre disposta con le procedure di gara
disciplinate dalle norme generali di contabilità dello Stato.
2. L’aggiudicazione definitiva è subordinata al mancato esercizio del
diritto di prelazione da parte di coloro che ne hanno diritto.
3. Le istituzioni scolastiche possono acquistare beni immobili
esclusivamente con fondi derivanti da attività proprie, da legati, eredità e
donazioni.
Articolo 50
(Uso temporaneo e precario dell’edificio scolastico)
1. La utilizzazione temporanea dei locali dell’istituto forniti dall’ente
locale competente può essere concessa a terzi, con l’osservanza
dell’articolo 33, comma 2, lettera c), a condizione che ciò sia compatibile
con la destinazione dell’istituto stesso ai compiti educativi e formativi.
2. Con la attribuzione in uso, l’utilizzatore assume la custodia del bene e
283
risponde, a tutti gli effetti di legge, delle attività e delle destinazioni del
bene stesso, tenendo nel contempo esente la scuola e l’ente proprietario
dalle spese connesse all’utilizzo.
3. L’edificio scolastico può essere concesso solo per utilizzazioni
precarie e previa stipulazione da parte del concessionario, di una polizza
per la responsabilità civile con un istituto assicurativo.
Articolo 51
(Appalti per lo smaltimento di rifiuti speciali)
1. Qualora nell’esplicazione delle attività scolastiche vengano prodotti
rifiuti che per legge devono essere assoggettati a trattamento speciale, il
dirigente provvede a concludere gli opportuni accordi con enti, aziende
pubbliche e concessionari idonei al trattamento di rifiuti.
2. E’ consentito il ricorso a ditte operanti sul libero mercato solo ove non
sia possibile fruire del servizio di smaltimento pubblico.
Articolo 52
(Vendita di materiali fuori uso e di beni non più utilizzabili)
1. I materiali di risulta, i beni fuori uso, quelli obsoleti e quelli non più
utilizzati sono ceduti dall’istituzione previa determinazione del loro valore,
calcolato sulla base del valore di inventario, dedotti gli ammortamenti,
ovvero sulla base del valore dell’usato per beni simili, individuato da
apposita commissione interna.
2. La vendita avviene previo avviso da pubblicarsi nell’albo della scuola
e comunicato agli alunni, sulla base delle offerte pervenute entro il termine
assegnato. L’aggiudicazione è fatta al migliore offerente.
3. Nel caso in cui la gara sia andata deserta i materiali fuori uso possono
essere ceduti a trattativa privata o a titolo gratuito e, in mancanza, essere
distrutti.
4. I soli beni non più utilizzati possono essere ceduti direttamente a
284
trattativa privata ad altre istituzioni scolastiche o ad altri enti pubblici.
CAPO III
ALTRE ATTIVITA’ NEGOZIALI
Articolo 53
(Fondazioni)
1. Possono essere istituite fondazioni mediante conferimento di beni di
valore storico non più utilizzati per finalità di insegnamento, ivi compresi i
beni librari, le opere prodotte nel corso delle attività didattiche, i beni
provenienti da successioni, donazioni, legati.
2. Le finalità delle fondazioni sono di conservazione e valorizzazione dei
beni conferiti, nonché di promozione della conoscenza del patrimonio
artistico e culturale, anche mediante la creazione e gestione di spazi
espositivi e biblioteche, nonché mediante lo sfruttamento dei diritti di
riproduzione.
3. Nell’atto di fondazione devono essere previste norme che assicurino
l’unità di indirizzo gestionale tra l’istituzione scolastica e la fondazione.
Articolo 54
(Borse di studio)
Le istituzioni scolastiche, ferma la competenza degli enti locali in materia
di diritto allo studio, possono integrare con proprie risorse, gestite anche
mediante i contratti di cui all’articolo 48, i trasferimenti degli enti locali,
ovvero assegnare borse di studio annuali o infrannuali agli studenti, sulla
base di preventivi criteri deliberati dal Consiglio di istituto, su proposta, per
i profili didattici, del collegio dei docenti.
Articolo 55
(Donazioni, eredità, legati)
285
1. Le istituzioni scolastiche possono accettare donazioni, legati ed eredità
anche assoggettate a disposizioni modali, a condizione che le finalità
indicate dal donante, dal legatario o dal de cujus non contrastino con le
finalità istituzionali.
2. Nel caso di donazioni, legati ed eredità finalizzati alla ristrutturazione
di edifici di proprietà dell’ente locale, l’istituzione concorda con l’ente
stesso le modalità di utilizzazione delle risorse.
3. Nel caso di legati, eredità e donazioni finalizzate alla concessione di
borse di studio, le istituzioni scolastiche ricorrono ove possibile ai contratti
di gestione finalizzata delle risorse finanziarie di cui all’articolo 48, al fine
di mantenere il valore del capitale.
4. L’istituzione scolastica può motivatamente rinunciare all’accettazione
di legati.
5. La durata della locazione dei beni immobili pervenuti all’istituzione
scolastica per effetto di successioni a causa di morte e donazioni non può
mai eccedere i nove anni.
6. Il contratto deve contenere una clausola di recesso contrattuale che
assicuri la disponibilità del bene per le mutate esigenze dell’istituzione
scolastica riconosciute nel programma annuale, garantendo un periodo di
permanenza minimo del conduttore.
Articolo 56
(Progetti integrati di istruzione e formazione)
1. Al fine di realizzare progetti integrati di istruzione e formazione, che
richiedono la collaborazione con altre agenzie formative pubbliche e
private, anche partecipando a programmi regionali, nazionali o comunitari,
le istituzioni scolastiche, singolarmente o nella forma dell’accordo di rete
di cui all’articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo
1999, n.275, possono:
a) stipulare convenzioni con università, regioni ed enti pubblici;
286
b) stipulare intese contrattuali con associazioni e privati;
c) partecipare ad associazioni temporanee con agenzie pubbliche e private
che realizzino collaborazioni sinergiche per l’attuazione di particolari
progetti di formazione.
2. Le intese di collaborazione con soggetti pubblici, per la gestione di
percorsi formativi integrati sono regolate con convenzioni. Queste devono
stabilire, tra loro, i rapporti finanziari ed i reciproci obblighi e garanzie.
Qualora siano trasferite ad altri soggetti risorse finanziarie per assicurare la
gestione unitaria delle attività, la rendicontazione delle spese avviene
all’interno del sistema contabile del soggetto gerente, il quale, entro 15
giorni dal termine di detta rendicontazione, invia agli altri soggetti
finanziatori copia della medesima.
3. Le intese di collaborazione con agenzie formative private, devono
risultare da atto scritto, nel quale, ai fini della più ampia integrazione dei
soggetti e delle risorse, sono delineati gli aspetti organizzativi del progetto
da realizzare, sono definite le competenze di ciascun soggetto, nonché le
attività amministrate da ciascuno e l’ammontare delle risorse da impiegare
allo scopo.
4. Le intese di cui al precedente comma possono prevedere la gestione
unitaria delle risorse finanziarie, affidate ad uno dei soggetti partecipanti
all’intesa, da attuarsi mediante un organo paritetico responsabile, del quale
deve far parte il dirigente od un suo delegato. Entro 15 giorni dalla chiusura
dell’anno e/o delle attività di cui trattasi, deve essere rimessa all’istituzione
scolastica copia della rendicontazione circa l’utilizzo delle risorse comuni,
se queste sono state affidate ad altro soggetto, da allegare al conto
consuntivo. Le intese dovranno stabilire anche a quale dei soggetti
partecipanti, al termine della collaborazione, passerà la proprietà degli
eventuali beni durevoli acquistati.
TITOLO V
287
CONTROLLO DI REGOLARITA’AMMINISTRATIVA E CONTABILE
Articolo 57
(Esercizio della funzione)
1. Ai controlli di regolarità amministrativa e contabile di cui all’articolo
2 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 286 provvede un Collegio dei
revisori dei conti, nominato dall’ufficio scolastico regionale. Il collegio è
composto da tre membri, dotati di adeguata professionalità, di cui uno
designato dal Ministero della pubblica istruzione, uno dal Ministero del
tesoro, del bilancio e della programmazione economica - Dipartimento
della Ragioneria generale dello Stato - con funzioni anche di Presidente, ed
uno designato d’intesa tra i competenti enti locali. In caso di mancata
designazione, la nomina è predisposta dall’ufficio scolastico regionale,
attingendo al registro dei revisori contabili. I componenti durano in carica 3
anni, salvo conferma, che nello stesso ambito territoriale può avvenire per
una sola volta. In caso di rinuncia o di cessazione di un membro, il nuovo
nominato scade con quelli in carica.
2. Ad uno stesso Collegio è affidato il riscontro di più istituti, anche di
diverso ordine e grado, aventi sede in un medesimo ambito territoriale.
L’aggregazione è operata dall’Ufficio scolastico regionale tenuto conto:
a) della dimensione complessiva dei flussi finanziari amministrati;
b) della vicinanza e/o del facile collegamento tra le diverse sedi;
c) della situazione geografica e ambientale in cui gli istituti operano.
3. Ai revisori dei conti spetta un compenso determinato con decreto del
Ministero della pubblica istruzione di concerto con il Ministero del tesoro,
del bilancio e della programmazione economica. Agli stessi sono
corrisposti, in quanto dovuti, l’indennità di missione ed il rimborso spese
secondo le disposizioni vigenti in materia.
4. Il compenso, l’indennità ed il rimborso spese ai membri del collegio
sono corrisposti da un istituto scolastico individuato nell’ambito territoriale
288
dell’Ufficio scolastico regionale con il provvedimento di nomina del
Collegio.
5. Per le designazioni di propria competenza, il Ministero della pubblica
istruzione provvede alla tenuta di un apposito elenco nel quale sono iscritti,
a domanda, i dipendenti appartenenti a qualifica non inferiore a quelle
ricomprese nell’area funzionale C del contratto collettivo nazionale di
lavoro relativo al comparto dei ministeri per il quadriennio 1998-2001,
nonché i dipendenti, di qualifica immediatamente inferiore che siano iscritti
nel registro dei revisori contabili. L’elenco comprende una apposita sezione
nella quale possono chiedere di essere iscritti revisori contabili esterni
all’amministrazione per l’attribuzione degli incarichi eccedenti.
Articolo 58
(Compiti dei revisori dei conti)
1. Il Collegio dei revisori dei conti vigila sulla legittimità, regolarità e
correttezza dell’azione amministrativa.
2. Il Collegio esprime il parere di regolarità contabile sul programma
annuale proposto dalla Giunta esecutiva ai sensi dell’articolo 2, comma 3.
3. Il Collegio procede, con visite periodiche - anche individuali - da
compiersi almeno due volte nell’anno presso ciascuna istituzione scolastica
compresa nell’ambito territoriale di competenza, alla verifica della
legittimità e regolarità delle scritture contabili e della coerenza
dell’impiego delle risorse con gli obiettivi individuati nel programma e
nelle successive variazioni di quest’ultimo, nonché alle verifiche di cassa.
4. Il Collegio esamina il conto consuntivo della gestione annuale in
merito al quale:
a) riferisce sulla regolarità della gestione finanziaria e patrimoniale,
secondo gli elementi tratti dagli atti esaminati e dalle verifiche
periodiche effettuate nel corso dell’esercizio;
b) rileva il livello percentuale di utilizzo della dotazione finanziaria e delle
289
dotazioni annuali di ciascun progetto d’istituto;
c) evidenzia i risultati della gestione finanziaria e patrimoniale;
d) esprime parere sul conto, con particolare riguardo alla concordanza dei
risultati esposti con le scritture contabili;
e) correda la relazione con tabelle di rilevazione dei costi (personale,
strumenti, servizi esterni, ecc.) inerenti alle attività e ai progetti realizzati
nell’istituto, finalizzate all’analisi costi/benefici da parte
dell’amministrazione scolastica, nonché con altre notizie e dati richiesti
dall’amministrazione vigilante.
Articolo 59
(Funzionamento del Collegio dei revisori dei conti)
1. Le riunioni del Collegio, ai fini degli adempimenti di cui all’articolo
58, commi 2 e 4, si svolgono su iniziativa del presidente, cui compete la
convocazione, ovvero quando ne facciano richiesta congiuntamente gli altri
due membri. Esse possono tenersi in una qualsiasi delle sedi scolastiche
comprese nell’ambito territoriale di competenza.
2. Per le deliberazioni assunte dal Collegio, il membro dissenziente deve
indicare nel verbale i motivi del proprio dissenso. Non è consentita
l’astensione.
3. Le verifiche periodiche di cui all’articolo 58, comma 3, avvengono
sulla base di una programmazione annuale concordata collegialmente.
4. Per l’esercizio delle funzioni dei revisori, le istituzioni scolastiche
sono tenute a mettere a disposizione di tutti gli atti e i documenti necessari
per l’esercizio delle funzioni di controllo.
5. L’ufficio scolastico regionale promuove gli opportuni interventi, al
fine di assicurare l’omogeneità dell’esercizio della funzione del Collegio
dei revisori.
Articolo 60
290
(Verbali)
1. L’attività dei revisori dei conti deve essere verbalizzata. I verbali, per
ciascuna istituzione scolastica, sono raccolti in apposito registro a pagine
numerate progressivamente, che è custodito dal direttore o da un suo
delegato.
2. Copia del verbale relativo all’esame del conto consuntivo, corredato
della documentazione indicata all’articolo 18, deve essere inviata all’ufficio
scolastico regionale ed alla competente ragioneria provinciale dello Stato.
Ai predetti uffici devono essere inviati altresì copia dei verbali relativi ad
eventuali anomalie riscontrate nel corso della gestione per l’adozione dei
provvedimenti di competenza.
TITOLO VI
ATTIVITA’ DI CONSULENZA CONTABILE
Articolo 61
(Ufficio scolastico regionale)
1. L’ufficio scolastico regionale fornisce alle istituzioni scolastiche
assistenza e supporto in materia amministrativo-contabile, anche sulla base
delle indicazioni generali predisposte e diramate dal Servizio per gli affari
economico-finanziari del Ministero della pubblica istruzione.
TITOLO VII
DISPOSIZIONI FINALI
Articolo 62
(Applicazione delle nuove istruzioni contabili)
1. Le istruzioni generali contenute nel presente regolamento si applicano
con le modalità e nei termini di cui all’articolo 12, comma 4 del decreto del
Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 275.
291
Decreto Presidente Repubblica 4 agosto 2001, n. 352 (237)
Regolamento recante modifiche ed integrazioni al decreto del
Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 275, in materia di
autonomia delle istituzioni scolastiche
…Omissis…
Articolo 1
1. Al decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 275, sono
apportate le seguenti modificazioni:
a) il comma 4 dell'articolo 12 è sostituito dal seguente:
"4. Le istruzioni generali di cui all'articolo 21, commi 1 e 14, della legge 15
marzo 1997, n. 59, adottate con decreto del Ministro della pubblica
istruzione, 1° febbraio 2001, n. 44, si applicano a decorrere dal 1°
settembre 2001. Per le solo rilevazioni contabili relative alla gestione delle
entrate e delle spese concernenti l’esercizio finanziario 2001, e fino al
termine dei medesimo esercizio, continuano ad applicarsi le disposizioni
amministrativo-contabili previgenti.";
b) all'articolo 14, dopo il comma 7 è aggiunto, in fine, il seguente;
"7-bis. L'Avvocatura dello Stato continua ad assumere la rappresentanza e
la difesa nei giudizi attivi e passivi davanti le autorità giudiziarie, i collegi
arbitrali e le giurisdizioni amministrative e speciali di tutte le istituzioni
scolastiche cui è stata attribuita l'autonomia e la personalità giuridica a
norma dell'articolo 21 della legge 15 marzo 1997, n. 59.
237 in GU 26 settembre 2001, n. 224.
292
LEGGE COSTITUZIONALE 18 ottobre 2001, n. 3
Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione(238)
La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno approvato;
Il referendum indetto in data 3 agosto 2001 ha dato risultato favorevole;
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA Promulga la seguente legge
costituzionale:
Articolo 1.
1. L'articolo 114 della Costituzione è sostituito dal seguente:
"Art. 114. - La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle
Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato. I Comuni, le Province, le
Città metropolitane e le Regioni sono enti autonomi con propri statuti,
poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla Costituzione. Roma è la
capitale della Repubblica. La legge dello Stato disciplina il suo
ordinamento".
Articolo 2.
1. L'articolo 116 della Costituzione è sostituito dal seguente:
"Art. 116. - Il Friuli Venezia Giulia, la Sardegna, la Sicilia, il Trentino-Alto
Adige/Südtirol e la Valle d'Aosta/Vallee d'Aoste dispongono di forme e
condizioni particolari di autonomia, secondo i rispettivi statuti speciali
adottati con legge costituzionale. La Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol
è costituita dalle Province autonome di Trento e di Bolzano. Ulteriori
forme e condizioni particolari di autonomia, concernenti le materie di cui al
terzo comma dell'articolo 117 e le materie indicate dal secondo comma del
medesimo articolo alle lettere l), limitatamente all'organizzazione della
giustizia di pace, n) e s), possono essere attribuite ad altre Regioni, con
legge dello Stato, su iniziativa della Regione interessata, sentiti gli enti
238 Vigente al: 6-5-2014
293
locali, nel rispetto dei principi di cui all'articolo 119. La legge è approvata
dalle Camere a maggioranza assoluta dei componenti, sulla base di intesa
fra lo Stato e la Regione interessata".
Articolo 3.
1. L'articolo 117 della Costituzione è sostituito dal seguente:
"Art. 117. - La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni
nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti
dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali. Lo Stato ha
legislazione esclusiva nelle seguenti materie:
a) politica estera e rapporti internazionali dello Stato; rapporti dello Stato
con l'Unione europea; diritto di asilo e condizione giuridica dei cittadini di
Stati non appartenenti all'Unione europea;
b) immigrazione;
c) rapporti tra la Repubblica e le confessioni religiose;
d) difesa e Forze armate; sicurezza dello Stato; armi, munizioni ed
esplosivi;
e) moneta, tutela del risparmio e mercati finanziari; tutela della
concorrenza; sistema valutario; sistema tributario e contabile dello Stato;
perequazione delle risorse finanziarie;
f) organi dello Stato e relative leggi elettorali; referendum statali; elezione
del Parlamento europeo;
g) ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti
pubblici nazionali;
h) ordine pubblico e sicurezza, ad esclusione della polizia amministrativa
locale;
i) cittadinanza, stato civile e anagrafi;
l) giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia
amministrativa;
m) determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i
294
diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio
nazionale;
n) norme generali sull'istruzione;
o) previdenza sociale;
p) legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di
Comuni, Province e Città metropolitane;
q) dogane, protezione dei confini nazionali e profilassi internazionale;
r) pesi, misure e determinazione del tempo; coordinamento informativo
statistico e informatico dei dati dell'amministrazione statale, regionale e
locale; opere dell'ingegno;
s) tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali.
Sono materie di legislazione concorrente quelle relative a: rapporti
internazionali e con l'Unione europea delle Regioni; commercio con
l'estero; tutela e sicurezza del lavoro; istruzione, salva l'autonomia delle
istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione
professionale; professioni; ricerca scientifica e tecnologica e sostegno
all'innovazione per i settori produttivi; tutela della salute; alimentazione;
ordinamento sportivo; protezione civile; governo del territorio; porti e
aeroporti civili; grandi reti di trasporto e di navigazione; ordinamento della
comunicazione; produzione, trasporto e distribuzione nazionale
dell'energia; previdenza complementare e integrativa; armonizzazione dei
bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica e del sistema
tributario; valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e
organizzazione di attività culturali; casse di risparmio, casse rurali, aziende
di credito a carattere regionale; enti di credito fondiario e agrario a carattere
regionale. Nelle materie di legislazione concorrente spetta alle Regioni la
potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei principi
fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato. Spetta alle Regioni la
potestà legislativa in riferimento ad ogni materia non espressamente
riservata alla legislazione dello Stato. Le Regioni e le Province autonome
295
di Trento e di Bolzano, nelle materie di loro competenza, partecipano alle
decisioni dirette alla formazione degli atti normativi comunitari e
provvedono all'attuazione e all'esecuzione degli accordi internazionali e
degli atti dell'Unione europea, nel rispetto delle norme di procedura
stabilite da legge dello Stato, che disciplina le modalità di esercizio del
potere sostitutivo in caso di inadempienza. La potestà regolamentare spetta
allo Stato nelle materie di legislazione esclusiva, salva delega alle Regioni.
La potestà regolamentare spetta alle Regioni in ogni altra materia. I
Comuni, le Province e le Città metropolitane hanno potestà regolamentare
in ordine alla disciplina dell'organizzazione e dello svolgimento delle
funzioni loro attribuite. Le leggi regionali rimuovono ogni ostacolo che
impedisce la piena parità degli uomini e delle donne nella vita sociale,
culturale ed economica e promuovono la parità di accesso tra donne e
uomini alle cariche elettive. La legge regionale ratifica le intese della
Regione con altre Regioni per il migliore esercizio delle proprie funzioni,
anche con individuazione di organi comuni. Nelle materie di sua
competenza la Regione può concludere accordi con Stati e intese con enti
territoriali interni ad altro Stato, nei casi e con le forme disciplinati da leggi
dello Stato".
Articolo 4.
1. L'articolo 118 della Costituzione è sostituito dal seguente:
"Art. 118. Le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che,
per assicurarne l'esercizio unitario, siano conferite a Province, Città
metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarieta',
differenziazione ed adeguatezza. I Comuni, le Province e le Città
metropolitane sono titolari di funzioni amministrative proprie e di quelle
conferite con legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze.
La legge statale disciplina forme di coordinamento fra Stato e Regioni nelle
materie di cui alle lettere b) e h) del secondo comma dell'articolo 117, e
296
disciplina inoltre forme di intesa e coordinamento nella materia della tutela
dei beni culturali. Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni
favoriscono l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo
svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di
sussidiarieta'".
Articolo 5.
1. L'articolo 119 della Costituzione è sostituito dal seguente:
"Art. 119. - I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni
hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa. I Comuni, le Province,
le Città metropolitane e le Regioni hanno risorse autonome. Stabiliscono e
applicano tributi ed entrate propri, in armonia con la Costituzione e
secondo i principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema
tributario. Dispongono di compartecipazioni al gettito di tributi erariali
riferibile al loro territorio. La legge dello Stato istituisce un fondo
perequativo, senza vincoli di destinazione, per i territori con minore
capacità fiscale per abitante. Le risorse derivanti dalle fonti di cui ai
commi precedenti consentono ai Comuni, alle Province, alle Città
metropolitane e alle Regioni di finanziare integralmente le funzioni
pubbliche loro attribuite. Per promuovere lo sviluppo economico, la
coesione e la solidarietà sociale, per rimuovere gli squilibri economici e
sociali, per favorire l'effettivo esercizio dei diritti della persona, o per
provvedere a scopi diversi dal normale esercizio delle loro funzioni, lo
Stato destina risorse aggiuntive ed effettua interventi speciali in favore di
determinati Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni. I Comuni, le
Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno un proprio patrimonio,
attribuito secondo i principi generali determinati dalla legge dello Stato.
Possono ricorrere all'indebitamento solo per finanziare spese di
investimento. è esclusa ogni garanzia dello Stato sui prestiti dagli stessi
contratti".
297
Articolo 6.
1. L'articolo 120 della Costituzione è sostituito dal seguente:
"Art. 120. - La Regione non può istituire dazi di importazione o
esportazione o transito tra le Regioni, né adottare provvedimenti che
ostacolino in qualsiasi modo la libera circolazione delle persone e delle
cose tra le Regioni, né limitare l'esercizio del diritto al lavoro in qualunque
parte del territorio nazionale. Il Governo può sostituirsi a organi delle
Regioni, delle Città metropolitane, delle Province e dei Comuni nel caso di
mancato rispetto di norme e trattati internazionali o della normativa
comunitaria oppure di pericolo grave per l'incolumità e la sicurezza
pubblica, ovvero quando lo richiedono la tutela dell'unità giuridica o
dell'unità economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle
prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, prescindendo dai confini
territoriali dei governi locali. La legge definisce le procedure atte a
garantire che i poteri sostitutivi siano esercitati nel rispetto del principio di
sussidiarietà e del principio di leale collaborazione".
Articolo 7.
1. All'articolo 123 della Costituzione è aggiunto, in fine, il seguente
comma: "In ogni Regione, lo statuto disciplina il Consiglio delle
autonomie locali, quale organo di consultazione fra la Regione e gli enti
locali".
Articolo 8.
1. L'articolo 127 della Costituzione è sostituito dal seguente:
"Art. 127. - Il Governo, quando ritenga che una legge regionale ecceda la
competenza della Regione, può promuovere la questione di legittimità
costituzionale dinanzi alla Corte costituzionale entro sessanta giorni dalla
sua pubblicazione. La Regione, quando ritenga che una legge o un atto
298
avente valore di legge dello Stato o di un'altra Regione leda la sua sfera di
competenza, può promuovere la questione di legittimità costituzionale
dinanzi alla Corte costituzionale entro sessanta giorni dalla pubblicazione
della legge o dell'atto avente valore di legge".
Articolo 9.
1. Al secondo comma dell'articolo 132 della Costituzione, dopo le parole:
"Si puo', con" sono inserite le seguenti: "l'approvazione della maggioranza
delle popolazioni della Provincia o delle Province interessate e del Comune
o dei Comuni interessati espressa mediante".
2. L'articolo 115, l'articolo 124, il primo comma dell'articolo 125, l'articolo
128, l'articolo 129 e l'articolo 130 della Costituzione sono abrogati.
Articolo 10.
1. Sino all'adeguamento dei rispettivi statuti, le disposizioni della presente
legge costituzionale si applicano anche alle Regioni a statuto speciale ed
alle province autonome di Trento e di Bolzano per le parti in cui prevedono
forme di autonomia più ampie rispetto a quelle già attribuite.
Articolo 11.
1. Sino alla revisione delle norme del titolo I della parte seconda della
Costituzione, i regolamenti della Camera dei deputati e del Senato della
Repubblica possono prevedere la partecipazione di rappresentanti delle
Regioni, delle Province autonome e degli enti locali alla Commissione
parlamentare per le questioni regionali. 2. Quando un progetto di legge
riguardante le materie di cui al terzo comma dell'articolo 117 e all'articolo
119 della Costituzione contenga disposizioni sulle quali la Commissione
parlamentare per le questioni regionali, integrata ai sensi del comma 1,
abbia espresso parere contrario o parere favorevole condizionato
all'introduzione di modificazioni specificamente formulate, e la
299
Commissione che ha svolto l'esame in sede referente non vi si sia adeguata,
sulle corrispondenti parti del progetto di legge l'Assemblea delibera a
maggioranza assoluta dei suoi componenti.
300
Dipartimento per i servizi nel territorio
Direzione Generale per l'organizzazione dei servizi nel territorio
Ufficio XI Prot. n. 7267
Roma, 9 novembre 2001
Oggetto: Dirigenti scolastici. Gestione del contenzioso.
Si fa riferimento alla nota prot. n. 2951 del 22.8.2001 con la quale codesto
Ufficio solleva il problema della legittimazione processuale dei dirigenti
scolastici nello svolgimento dell'attività contenziosa riconducibile
all'esercizio delle funzioni - già di competenza dell'amministrazione
centrale e periferica - trasferite alle istituzioni scolastiche a norma dell'art.
14 del D.P.R. n. 275/99.
Al riguardo si osserva che, in seguito al riconoscimento dell'autonomia
didattico-amministrativa e della personalità giuridica alle istituzioni
scolastiche e del trasferimento di funzioni operato dal citato art. 14, le
istituzioni stesse si pongono quali soggetti giuridici autonomi, ed i dirigenti
scolastici sono identificati come i legali rappresentanti nei rapporti con i
terzi (art. 25 D.Leg.vo n. 165/2001).
Ne consegue a norma dell'art. 75 c.p.c. il pieno riconoscimento della
legittimazione processuale in capo ai dirigenti nelle vertenze civili e di
lavoro sorte in relazione agli atti emanati nell'esercizio di dette funzioni.
Né ciò contraddice la natura di organi dello Stato delle istituzioni
scolastiche, qualificazione questa che l'attribuzione della personalità
giuridica non fa comunque venire meno. L'ampia autonomia, non solo
amministrativa e patrimoniale, ma anche didattica (sia pure nel rispetto dei
limiti fissati dalla normativa nazionale), attribuita alle scuole ai sensi
dell'art. 21 della L. n. 59/97, l'attribuzione della personalità giuridica quale
strumento per la concreta attuazione dell'autonomia stessa, fanno ritenere
superata la configurazione degli istituti scolastici come organi nel senso
tradizionale. In altri termini, la nuova configurazione degli istituti
301
scolastici, come si è delineata alla data del 1.9.2000 (attribuzione
dell'autonomia e della personalità giuridica), fa sì che le istituzioni
scolastiche siano considerate quali soggetti autonomi di situazioni
giuridiche attive e passive; l'art. 14 del D.P.R. n. 275/99 attribuisce alle
istituzioni scolastiche la titolarità esclusiva delle funzioni già appartenenti
all'amministrazione centrale e periferica e gli atti emanati dai dirigenti
scolastici nello svolgimento di dette funzioni sono atti definitivi.
Pertanto la legittimazione processuale spetta al Direttore regionale
esclusivamente per il contenzioso sorto in relazione allo svolgimento di
attività delegate o comunque concernenti i rapporti interni tra scuola e
Amministrazione, mentre il dirigente scolastico è legittimato per le
vertenze riguardanti tutti gli atti di gestione organizzativa, ed
amministrativa, del personale e delle risorse finanziarie anche attraverso la
costituzione di un ufficio unico ai sensi dell'art. 12 del D.lgs. 165/2001
soprattutto in presenza di contenzioso "seriale". A tal fine nulla esclude che
la Direzione Regionale possa svolgere un'attività di consulenza e
collaborazione, secondo l'organizzazione data nei decreti previsti dall'art. 6
c. 2 del D.P.R. 6 novembre 2000 n. 347, che offra al dirigente scolastico un
qualificato supporto nello svolgimento di detta attività contenziosa.
Per quanto attiene al patrocinio legale, il D.P.R. 4 agosto 2001 n. 352,
recante modifiche ed integrazioni al D.P.R. 275/99, ha precisato che
l'Avvocatura dello Stato "continua ad assumere....la difesa nei giudizi attivi
e passivi davanti alle autorità giudiziarie, i collegi arbitrali e le giurisdizioni
amministrative e speciali di tutte le istituzioni scolastiche cui è attribuita
l'autonomia e la personalità giuridica ai sensi dell'art. 21 della legge 15
marzo 1997, n. 59".
IL DIRETTORE GENERALE
Silvana Ricci
302
Nota 1 marzo 2002 Prot. n. 275
Oggetto: Linee di indirizzo per la liquidazione delle spese per liti,
arbitraggi, risarcimenti ecc. e per la trattazione delle pratiche concernenti
gli infortuni degli alunni
Nella prima applicazione del D.P.R. 6 novembre 2000, n. 347 e del D.M.
30 gennaio 2001 recante norme per la riorganizzazione degli Uffici di
livello non generale del Ministero della Pubblica Istruzione, sono state
assegnate alla scrivente Direzione le risorse finanziarie iscritte al capitolo
di bilancio 1618 "Spese per liti, arbitraggi, risarcimenti ed accessori,
rimborso delle spese di patrocinio legale".
Nel limite dello stanziamento di bilancio e sulla base della documentazione
raccolta da tutti i soppressi Uffici dell'Amministrazione Centrale e dagli
Uffici periferici, questa Direzione Generale ha provveduto, costituendo ad
hoc un Ufficio stralcio, a dare esecuzione alle sentenze di condanna, a
corrispondere spese di giudizio e risarcimenti di danni, a rimborsare spese
per patrocinio legale, ecc. e a tali spese continuerà a provvedere
limitatamente alle richieste pervenute entro il 2001.
A partire dall'esercizio 2002, la predetta tipologia di spesa trova
collocazione, con apposito capitolo, in ogni Ufficio Scolastico Regionale
che dovrà provvedere, per le richieste pervenute dal 1° gennaio 2002, ad
effettuare i pagamenti dovuti compresi quelli nei confronti delle Avvocature
dello Stato.
E' bene precisare che il capitolo deve coprire tutta l'ampia gamma di spese
che avrà riguardo alle attività delle scuole, degli uffici e del personale del
territorio regionale, ivi compreso il rimborso di spese per il patrocinio
legale ai sensi dell'art. 18 del D.L. 25.3.1997, n. 67, convertito con
modificazioni dalla Legge 23 maggio 1997, n. 135. Per quest'ultima
tipologia, che riguarda: "Le spese legali relative a giudizi per responsabilità
303
civile, penale e amministrativa, promossi nei confronti di dipendenti di
amministrazioni statali in conseguenza di fatti ed atti connessi con
l'espletamento del servizio o con l'assolvimento di obblighi istituzionali e
conclusi con sentenza o provvedimento che escluda la loro responsabilità
...", il rimborso delle spese dovuto dalle amministrazioni di appartenenza
può essere liquidato nei limiti riconosciuti congrui dall'Avvocatura
Generale dello Stato.
Con l'occasione, e per connessione di materia, si forniscono nuove
istruzioni in merito alla trattazione delle pratiche concernenti gli infortuni
degli alunni. La materia, richiamata dalla lettera circolare di questa
Direzione Generale n. 92 del 3 luglio 2001, aveva avuto completa
trattazione con la C.M. n. 305 del 10 luglio 1998 e ad essa si può fare
puntuale riferimento, salvo i seguenti aggiornamenti:
a) tutti gli adempimenti attribuiti alla competenza dei Provveditori agli
Studi e dei Capi di Istituto, debbono intendersi ora riferiti alla esclusiva
competenza dei Dirigenti scolastici. Occorre infatti ricordare che, ai sensi
dell'art. 14,comma 7/bis, del Regolamento recante norme in materia di
autonomia delle istituzioni scolastiche (D.P.R. 8 marzo 1999, n. 275, come
modificato dal D.P.R. 4 agosto 2001, n. 352) "L'Avvocatura dello Stato
continua ad assumere la rappresentanza e la difesa nei giudizi attivi e
passivi davanti le autorità giudiziarie, i collegi arbitrali e le giurisdizioni
amministrative e speciali di tutte le istituzioni scolastiche cui è stata
attribuita l'autonomia e la personalità giuridica a norma dell'art. 21 della
legge 15 marzo 1997, n. 59". Occorre inoltre ricordare la lettera circolare
n.7267 in data 6 novembre 2001 di questa Direzione Generale, che
richiama l'attenzione sulla legittimazione processuale dei Dirigenti
scolastici nello svolgimento dell'attività contenziosa riconducibile alle
funzioni trasferite alle istituzioni scolastiche a norma del già citato art. 14
del D.P.R. 275/99. Si rappresenta l'opportunità che l'Avvocatura Generale
dello Stato, ove concordi, dia indicazioni alle Avvocature Distrettuali
304
affinché gli atti introduttivi di giudizio, concernenti controversie rientranti
nella sfera di autonomia delle istituzioni scolastiche, proposti nei confronti
del Ministero in persona del Ministro pro-tempore, siano inoltrati, senza
eccezioni, agli Uffici Scolastici Regionali.
b) Gli adempimenti rimessi a questa Amministrazione Centrale e riferiti
alla liquidazione dei danni, delle spese dei legali di controparte, di somme
dovute per perizia tecnica, di parcelle delle Avvocature dello Stato o di
avvocati da queste delegati, debbono intendersi riferiti a codesti Uffici
Scolastici Regionali che potranno provvedere direttamente al pagamento in
favore dei creditori acquisendo tutta la documentazione indicata nella citata
circolare 305/97, ovvero potranno accreditare le somme necessarie volta a
volta alle istituzioni scolastiche perché, acquisita la documentazione,
provvedano ai pagamenti ed agli adempimenti dovuti. Ciò comporta che la
scrivente Direzione Generale, mentre procederà a liquidare mediante il
menzionato Ufficio stralcio danni e spese per i quali ha già acquisito gli atti
costitutivi delle obbligazioni, ovvero atti di richiesta entro il 31.12.2001,
disporrà il trasferimento a codesti Uffici Regionali delle pratiche pervenute
successivamente.
c) Gli atti di costituzione in mora di presunti responsabili dell'evento
dannoso ed il recupero dei crediti per eventuali decisioni di condanna della
magistratura ordinaria o della Corte dei Conti, devono essere curati,
rispettivamente, dal Dirigente scolastico nei confronti del personale della
scuola e dal Direttore Generale Regionale nei confronti dei Dirigenti
scolastici.
d) Le fattispecie di rilevanza penale devono essere segnalate all'Ufficio
Scolastico Regionale.
Si prega di portare il contenuto della presente a conoscenza delle Istituzioni
Scolastiche e dei Centri Servizi Amministrativi di livello provinciale.
305
Legge 28 marzo 2003, n. 53
Delega al Governo per la definizione delle norme generali
sull’istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di
istruzione e formazione professionale (239)
Articolo 1.
(Delega in materia di norme generali sull’istruzione e di livelli essenziali
delle prestazioni in materia di istruzione e di formazione professionale)
1. Al fine di favorire la crescita e la valorizzazione della persona umana,
nel rispetto dei ritmi dell’età evolutiva, delle differenze e dell’identità di
ciascuno e delle scelte educative della famiglia, nel quadro della
cooperazione tra scuola e genitori, in coerenza con il principio di
autonomia delle istituzioni scolastiche e secondo i princìpi sanciti dalla
Costituzione, il Governo è delegato ad adottare, entro ventiquattro mesi
dalla data di entrata in vigore della presente legge, nel rispetto delle
competenze costituzionali delle regioni e di comuni e province, in relazione
alle competenze conferite ai diversi soggetti istituzionali, e dell’autonomia
delle istituzioni scolastiche, uno o più decreti legislativi per la definizione
delle norme generali sull’istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni
in materia di istruzione e di istruzione e formazione professionale.
2. Fatto salvo quanto specificamente previsto dall’articolo 4, i decreti
legislativi di cui al comma 1 sono adottati su proposta del Ministro
dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro
dell’economia e delle finanze, con il Ministro per la funzione pubblica e
con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentita la Conferenza
unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281,
e previo parere delle competenti Commissioni della Camera dei deputati e
del Senato della Repubblica da rendere entro sessanta giorni dalla data di
239Pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 77 del 2 Aprile 2003
306
trasmissione dei relativi schemi; decorso tale termine, i decreti legislativi
possono essere comunque adottati. I decreti legislativi in materia di
istruzione e formazione professionale sono adottati previa intesa con la
Conferenza unificata di cui al citato decreto legislativo n. 281 del 1997.
3. Per la realizzazione delle finalità della presente legge, il Ministro
dell’istruzione, dell’università e della ricerca predispone, entro novanta
giorni dalla data di entrata in vigore della legge medesima, un piano
programmatico di interventi finanziari, da sottoporre all’approvazione del
Consiglio dei ministri, previa intesa con la Conferenza unificata di cui al
citato decreto legislativo n. 281 del 1997, a sostegno:
a) della riforma degli ordinamenti e degli interventi connessi con la
loro attuazione e con lo sviluppo e la valorizzazione dell’autonomia delle
istituzioni scolastiche;
b) dell’istituzione del Servizio nazionale di valutazione del sistema
scolastico;
c) dello sviluppo delle tecnologie multimediali e della alfabetizzazione
nelle tecnologie informatiche, nel pieno rispetto del principio di pluralismo
delle soluzioni informatiche offerte dall’informazione tecnologica, al fine
di incoraggiare e sviluppare le doti creative e collaborative degli studenti;
d) dello sviluppo dell’attività motoria e delle competenze ludico-
sportive degli studenti;
e) della valorizzazione professionale del personale docente;
f) delle iniziative di formazione iniziale e continua del personale;
g) del concorso al rimborso delle spese di autoaggiornamento
sostenute dai docenti;
h) della valorizzazione professionale del personale amministrativo,
tecnico ed ausiliario (ATA);
i) degli interventi di orientamento contro la dispersione scolastica e
per assicurare la realizzazione del diritto – dovere di istruzione e
formazione;
307
l) degli interventi per lo sviluppo dell’istruzione e formazione tecnica
superiore e per l’educazione degli adulti;
m) degli interventi di adeguamento delle strutture di edilizia
scolastica.
4. Ulteriori disposizioni, correttive e integrative dei decreti legislativi di
cui al presente articolo e all’articolo 4, possono essere adottate, con il
rispetto dei medesimi criteri e princìpi direttivi e con le stesse procedure,
entro diciotto mesi dalla data della loro entrata in vigore.
Articolo 2.
(Sistema educativo di istruzione e di formazione)
1. I decreti di cui all’articolo 1 definiscono il sistema educativo di
istruzione e di formazione, con l’osservanza dei seguenti princìpi e criteri
direttivi:
a) è promosso l’apprendimento in tutto l’arco della vita e sono
assicurate a tutti pari opportunità di raggiungere elevati livelli culturali e di
sviluppare le capacità e le competenze, attraverso conoscenze e abilità,
generali e specifiche, coerenti con le attitudini e le scelte personali,
adeguate all’inserimento nella vita sociale e nel mondo del lavoro, anche
con riguardo alle dimensioni locali, nazionale ed europea;
b) sono promossi il conseguimento di una formazione spirituale e
morale, anche ispirata ai princìpi della Costituzione, e lo sviluppo della
coscienza storica e di appartenenza alla comunità locale, alla comunità
nazionale ed alla civiltà europea;
c) è assicurato a tutti il diritto all’istruzione e alla formazione per
almeno dodici anni o, comunque, sino al conseguimento di una qualifica
entro il diciottesimo anno di età; l’attuazione di tale diritto si realizza nel
sistema di istruzione e in quello di istruzione e formazione professionale,
secondo livelli essenziali di prestazione definiti su base nazionale a norma
dell’articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione e mediante
308
regolamenti emanati ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23
agosto 1988, n. 400, e garantendo, attraverso adeguati interventi,
l’integrazione delle persone in situazione di handicap a norma della legge 5
febbraio 1992, n. 104. La fruizione dell’offerta di istruzione e formazione
costituisce un dovere legislativamente sanzionato; nei termini anzidetti di
diritto all’istruzione e formazione e di correlativo dovere viene ridefinito ed
ampliato l’obbligo scolastico di cui all’articolo 34 della Costituzione,
nonché l’obbligo formativo introdotto dall’articolo 68 della legge 17
maggio 1999, n. 144, e successive modificazioni. L’attuazione graduale del
diritto-dovere predetto è rimessa ai decreti legislativi di cui all’articolo 1,
commi 1 e 2, della presente legge correlativamente agli interventi finanziari
previsti a tale fine dal piano programmatico di cui all’articolo 1, comma 3,
adottato previa intesa con la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del
decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e coerentemente con i
finanziamenti disposti a norma dell’articolo 7, comma 6, della presente
legge;
d) il sistema educativo di istruzione e di formazione si articola nella
scuola dell’infanzia, in un primo ciclo che comprende la scuola primaria e
la scuola secondaria di primo grado, e in un secondo ciclo che comprende il
sistema dei licei ed il sistema dell’istruzione e della formazione
professionale;
e) la scuola dell’infanzia, di durata triennale, concorre all’educazione
e allo sviluppo affettivo, psicomotorio, cognitivo, morale, religioso e
sociale delle bambine e dei bambini promuovendone le potenzialità di
relazione, autonomia, creatività, apprendimento, e ad assicurare
un’effettiva eguaglianza delle opportunità educative; nel rispetto della
primaria responsabilità educativa dei genitori, essa contribuisce alla
formazione integrale delle bambine e dei bambini e, nella sua autonomia e
unitarietà didattica e pedagogica, realizza la continuità educativa con il
complesso dei servizi all’infanzia e con la scuola primaria. È assicurata la
309
generalizzazione dell’offerta formativa e la possibilità di frequenza della
scuola dell’infanzia; alla scuola dell’infanzia possono essere iscritti
secondo criteri di gradualità e in forma di sperimentazione le bambine e i
bambini che compiono i 3 anni di età entro il 30 aprile dell’anno scolastico
di riferimento, anche in rapporto all’introduzione di nuove professionalità e
modalità organizzative;
f) il primo ciclo di istruzione è costituito dalla scuola primaria, della
durata di cinque anni, e dalla scuola secondaria di primo grado della durata
di tre anni. Ferma restando la specificità di ciascuna di esse, la scuola
primaria è articolata in un primo anno, teso al raggiungimento delle
strumentalità di base, e in due periodi didattici biennali; la scuola
secondaria di primo grado si articola in un biennio e in un terzo anno che
completa prioritariamente il percorso disciplinare ed assicura
l’orientamento ed il raccordo con il secondo ciclo; nel primo ciclo è
assicurato altresì il raccordo con la scuola dell’infanzia e con il secondo
ciclo; è previsto che alla scuola primaria si iscrivano le bambine e i
bambini che compiono i sei anni di età entro il 31 agosto; possono
iscriversi anche le bambine e i bambini che li compiono entro il 30 aprile
dell’anno scolastico di riferimento; la scuola primaria promuove, nel
rispetto delle diversità individuali, lo sviluppo della personalità, ed ha il
fine di far acquisire e sviluppare le conoscenze e le abilità di base fino alle
prime sistemazioni logico-critiche, di far apprendere i mezzi espressivi, ivi
inclusa l’alfabetizzazione in almeno una lingua dell’Unione europea oltre
alla lingua italiana, di porre le basi per l’utilizzazione di metodologie
scientifiche nello studio del mondo naturale, dei suoi fenomeni e delle sue
leggi, di valorizzare le capacità relazionali e di orientamento nello spazio e
nel tempo, di educare ai princìpi fondamentali della convivenza civile; la
scuola secondaria di primo grado, attraverso le discipline di studio, è
finalizzata alla crescita delle capacità autonome di studio ed al
rafforzamento delle attitudini alla interazione sociale; organizza ed
310
accresce, anche attraverso l’alfabetizzazione e l’approfondimento nelle
tecnologie informatiche, le conoscenze e le abilità, anche in relazione alla
tradizione culturale e alla evoluzione sociale, culturale e scientifica della
realtà contemporanea; è caratterizzata dalla diversificazione didattica e
metodologica in relazione allo sviluppo della personalità dell’allievo; cura
la dimensione sistematica delle discipline; sviluppa progressivamente le
competenze e le capacità di scelta corrispondenti alle attitudini e vocazioni
degli allievi; fornisce strumenti adeguati alla prosecuzione delle attività di
istruzione e di formazione; introduce lo studio di una seconda lingua
dell’Unione europea; aiuta ad orientarsi per la successiva scelta di
istruzione e formazione; il primo ciclo di istruzione si conclude con un
esame di Stato, il cui superamento costituisce titolo di accesso al sistema
dei licei e al sistema dell’istruzione e della formazione professionale;
g) il secondo ciclo, finalizzato alla crescita educativa, culturale e
professionale dei giovani attraverso il sapere, il fare e l’agire, e la
riflessione critica su di essi, è finalizzato a sviluppare l’autonoma capacità
di giudizio e l’esercizio della responsabilità personale e sociale; in tale
ambito, viene anche curato lo sviluppo delle conoscenze relative all’uso
delle nuove tecnologie; il secondo ciclo è costituito dal sistema dei licei e
dal sistema dell’istruzione e della formazione professionale; dal
compimento del quindicesimo anno di età i diplomi e le qualifiche si
possono conseguire in alternanza scuola-lavoro o attraverso
l’apprendistato; il sistema dei licei comprende i licei artistico, classico,
economico, linguistico, musicale e coreutico, scientifico, tecnologico, delle
scienze umane; i licei artistico, economico e tecnologico si articolano in
indirizzi per corrispondere ai diversi fabbisogni formativi; i licei hanno
durata quinquennale; l’attività didattica si sviluppa in due periodi biennali e
in un quinto anno che prioritariamente completa il percorso disciplinare e
prevede altresì l’approfondimento delle conoscenze e delle abilità
caratterizzanti il profilo educativo, culturale e professionale del corso di
311
studi; i licei si concludono con un esame di Stato il cui superamento
rappresenta titolo necessario per l’accesso all’università e all’alta
formazione artistica, musicale e coreutica; l’ammissione al quinto anno dà
accesso all’istruzione e formazione tecnica superiore;
h) ferma restando la competenza regionale in materia di formazione e
istruzione professionale, i percorsi del sistema dell’istruzione e della
formazione professionale realizzano profili educativi, culturali e
professionali, ai quali conseguono titoli e qualifiche professionali di
differente livello, valevoli su tutto il territorio nazionale se rispondenti ai
livelli essenziali di prestazione di cui alla lettera c); le modalità di
accertamento di tale rispondenza, anche ai fini della spendibilità dei
predetti titoli e qualifiche nell’Unione europea, sono definite con il
regolamento di cui all’articolo 7, comma 1, lettera c); i titoli e le qualifiche
costituiscono condizione per l’accesso all’istruzione e formazione tecnica
superiore, fatto salvo quanto previsto dall’articolo 69 della legge 17 maggio
1999, n. 144; i titoli e le qualifiche conseguiti al termine dei percorsi del
sistema dell’istruzione e della formazione professionale di durata almeno
quadriennale consentono di sostenere l’esame di Stato, utile anche ai fini
degli accessi all’università e all’alta formazione artistica, musicale e
coreutica, previa frequenza di apposito corso annuale, realizzato d’intesa
con le università e con l’alta formazione artistica, musicale e coreutica, e
ferma restando la possibilità di sostenere, come privatista, l’esame di Stato
anche senza tale frequenza;
i) è assicurata e assistita la possibilità di cambiare indirizzo all’interno
del sistema dei licei, nonchè di passare dal sistema dei licei al sistema
dell’istruzione e della formazione professionale, e viceversa, mediante
apposite iniziative didattiche, finalizzate all’acquisizione di una
preparazione adeguata alla nuova scelta; la frequenza positiva di qualsiasi
segmento del secondo ciclo comporta l’acquisizione di crediti certificati
che possono essere fatti valere, anche ai fini della ripresa degli studi
312
eventualmente interrotti, nei passaggi tra i diversi percorsi di cui alle lettere
g) e h); nel secondo ciclo, esercitazioni pratiche, esperienze formative e
stage realizzati in Italia o all’estero anche con periodi di inserimento nelle
realtà culturali, sociali, produttive, professionali e dei servizi, sono
riconosciuti con specifiche certificazioni di competenza rilasciate dalle
istituzioni scolastiche e formative; i licei e le istituzioni formative del
sistema dell’istruzione e della formazione professionale, d’intesa
rispettivamente con le università, con le istituzioni dell’alta formazione
artistica, musicale e coreutica e con il sistema dell’istruzione e formazione
tecnica superiore, stabiliscono, con riferimento all’ultimo anno del percorso
di studi, specifiche modalità per l’approfondimento delle conoscenze e
delle abilità richieste per l’accesso ai corsi di studio universitari, dell’alta
formazione, ed ai percorsi dell’istruzione e formazione tecnica superiore;
l) i piani di studio personalizzati, nel rispetto dell’autonomia delle
istituzioni scolastiche, contengono un nucleo fondamentale, omogeneo su
base nazionale, che rispecchia la cultura, le tradizioni e l’identità nazionale,
e prevedono una quota, riservata alle regioni, relativa agli aspetti di
interesse specifico delle stesse, anche collegata con le realtà locali.
Articolo 3.
(Valutazione degli apprendimenti e della qualità del sistema educativo di
istruzione e di formazione)
1. Con i decreti di cui all’articolo 1 sono dettate le norme generali sulla
valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione e degli
apprendimenti degli studenti, con l’osservanza dei seguenti princìpi e
criteri direttivi:
a) la valutazione, periodica e annuale, degli apprendimenti e del
comportamento degli studenti del sistema educativo di istruzione e di
formazione, e la certificazione delle competenze da essi acquisite, sono
affidate ai docenti delle istituzioni di istruzione e formazione frequentate;
313
agli stessi docenti è affidata la valutazione dei periodi didattici ai fini del
passaggio al periodo successivo; il miglioramento dei processi di
apprendimento e della relativa valutazione, nonché la continuità didattica,
sono assicurati anche attraverso una congrua permanenza dei docenti nella
sede di titolarità;
b) ai fini del progressivo miglioramento e dell’armonizzazione della
qualità del sistema di istruzione e di formazione, l’Istituto nazionale per la
valutazione del sistema di istruzione effettua verifiche periodiche e
sistematiche sulle conoscenze e abilità degli studenti e sulla qualità
complessiva dell’offerta formativa delle istituzioni scolastiche e formative;
in funzione dei predetti compiti vengono rideterminate le funzioni e la
struttura del predetto Istituto;
c) l’esame di Stato conclusivo dei cicli di istruzione considera e valuta
le competenze acquisite dagli studenti nel corso e al termine del ciclo e si
svolge su prove organizzate dalle commissioni d’esame e su prove
predisposte e gestite dall’Istituto nazionale per la valutazione del sistema di
istruzione, sulla base degli obiettivi specifici di apprendimento del corso ed
in relazione alle discipline di insegnamento dell’ultimo anno.
Articolo 4.
(Alternanza scuola-lavoro)
1. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 18 della legge 24 giugno
1997, n. 196, al fine di assicurare agli studenti che hanno compiuto il
quindicesimo anno di età la possibilità di realizzare i corsi del secondo
ciclo in alternanza scuola-lavoro, come modalità di realizzazione del
percorso formativo progettata, attuata e valutata dall’istituzione scolastica e
formativa in collaborazione con le imprese, con le rispettive associazioni di
rappresentanza e con le camere di commercio, industria, artigianato e
agricoltura, che assicuri ai giovani, oltre alla conoscenza di base,
l’acquisizione di competenze spendibili nel mercato del lavoro, il Governo
314
è delegato ad adottare, entro il termine di ventiquattro mesi dalla data di
entrata in vigore della presente legge e ai sensi dell’articolo 1, commi 2 e 3,
della legge stessa, un apposito decreto legislativo su proposta del Ministro
dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro
del lavoro e delle politiche sociali e con il Ministro delle attività produttive,
d’intesa con la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto
legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sentite le associazioni maggiormente
rappresentative dei datori di lavoro, nel rispetto dei seguenti princìpi e
criteri direttivi:
a) svolgere l’intera formazione dai 15 ai 18 anni, attraverso
l’alternanza di periodi di studio e di lavoro, sotto la responsabilità
dell’istituzione scolastica o formativa, sulla base di convenzioni con
imprese o con le rispettive associazioni di rappresentanza o con le camere
di commercio, industria, artigianato e agricoltura, o con enti pubblici e
privati ivi inclusi quelli del terzo settore, disponibili ad accogliere gli
studenti per periodi di tirocinio che non costituiscono rapporto individuale
di lavoro. Le istituzioni scolastiche, nell’ambito dell’alternanza scuola-
lavoro, possono collegarsi con il sistema dell’istruzione e della formazione
professionale ed assicurare, a domanda degli interessati e d’intesa con le
regioni, la frequenza negli istituti d’istruzione e formazione professionale
di corsi integrati che prevedano piani di studio progettati d’intesa fra i due
sistemi, coerenti con il corso di studi e realizzati con il concorso degli
operatori di ambedue i sistemi;
b) fornire indicazioni generali per il reperimento e l’assegnazione
delle risorse finanziarie necessarie alla realizzazione dei percorsi di
alternanza, ivi compresi gli incentivi per le imprese, la valorizzazione delle
imprese come luogo formativo e l’assistenza tutoriale;
c) indicare le modalità di certificazione dell’esito positivo del tirocinio
e di valutazione dei crediti formativi acquisiti dallo studente.
2. I compiti svolti dal docente incaricato dei rapporti con le imprese e del
315
monitoraggio degli allievi che si avvalgono dell’alternanza scuola-lavoro
sono riconosciuti nel quadro della valorizzazione della professionalità del
personale docente.
Articolo 5.
(Formazione degli insegnanti)
1. Con i decreti di cui all’articolo 1 sono dettate norme sulla formazione
iniziale dei docenti della scuola dell’infanzia, del primo ciclo e del secondo
ciclo, nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) la formazione iniziale è di pari dignità per tutti i docenti e si svolge
nelle università presso i corsi di laurea specialistica, il cui accesso è
programmato ai sensi dell’articolo 1, comma 1, della legge 2 agosto 1999,
n. 264, e successive modificazioni. La programmazione degli accessi ai
corsi stessi è determinata ai sensi dell’articolo 3 della medesima legge,
sulla base della previsione dei posti effettivamente disponibili, per ogni
ambito regionale, nelle istituzioni scolastiche;
b) con uno o più decreti, adottati ai sensi dell’articolo 17, comma 95,
della legge 15 maggio 1997, n. 127, anche in deroga alle disposizioni di cui
all’articolo 10, comma 2, e all’articolo 6, comma 4, del regolamento di cui
al decreto del Ministro dell’università e della ricerca scientifica e
tecnologica 3 novembre 1999, n. 509, sono individuate le classi dei corsi di
laurea specialistica, anche interfacoltà o interuniversitari, finalizzati anche
alla formazione degli insegnanti di cui alla lettera a) del presente comma.
Per la formazione degli insegnanti della scuola secondaria di primo grado e
del secondo ciclo le classi predette sono individuate con riferimento
all’insegnamento delle discipline impartite in tali gradi di istruzione e con
preminenti finalità di approfondimento disciplinare. I decreti stessi
disciplinano le attività didattiche attinenti l’integrazione scolastica degli
alunni in condizione di handicap; la formazione iniziale dei docenti può
prevedere stage all’estero;
316
c) l’accesso ai corsi di laurea specialistica per la formazione degli
insegnanti è subordinato al possesso dei requisiti minimi curricolari,
individuati per ciascuna classe di abilitazione nel decreto di cui alla lettera
b) e all’adeguatezza della personale preparazione dei candidati, verificata
dagli atenei;
d) l’esame finale per il conseguimento della laurea specialistica di cui
alla lettera a) ha valore abilitante per uno o più insegnamenti individuati
con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca;
e) coloro che hanno conseguito la laurea specialistica di cui alla lettera
a), ai fini dell’accesso nei ruoli organici del personale docente delle
istituzioni scolastiche, svolgono, previa stipula di appositi contratti di
formazione lavoro, specifiche attività di tirocinio. A tale fine e per la
gestione dei corsi di cui alla lettera a), le università, sentita la direzione
scolastica regionale, definiscono nei regolamenti didattici di ateneo
l’istituzione e l’organizzazione di apposite strutture di ateneo o
d’interateneo per la formazione degli insegnanti, cui sono affidati, sulla
base di convenzioni, anche i rapporti con le istituzioni scolastiche;
f) le strutture didattiche di ateneo o d’interateneo di cui alla lettera e)
promuovono e governano i centri di eccellenza per la formazione
permanente degli insegnanti, definiti con apposito decreto del Ministro
dell’istruzione, dell’università e della ricerca;
g) le strutture di cui alla lettera e) curano anche la formazione in
servizio degli insegnanti interessati ad assumere funzioni di supporto, di
tutorato e di coordinamento dell’attività educativa, didattica e gestionale
delle istituzioni scolastiche e formative.
2. Con i decreti di cui all’articolo 1 sono dettate norme anche sulla
formazione iniziale svolta negli istituti di alta formazione e
specializzazione artistica, musicale e coreutica di cui alla legge 21
dicembre 1999, n. 508, relativamente agli insegnamenti cui danno accesso i
relativi diplomi accademici. Ai predetti fini si applicano, con i necessari
317
adattamenti, i princìpi e criteri direttivi di cui al comma 1 del presente
articolo.
3. Per coloro che, sprovvisti dell’abilitazione all’insegnamento
secondario, sono in possesso del diploma biennale di specializzazione per
le attività di sostegno di cui al decreto del Ministro della pubblica
istruzione 24 novembre 1998, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 131 del
7 giugno 1999, e al decreto del Presidente della Repubblica 31 ottobre
1975, n. 970, nonché del diploma di laurea o del diploma di istituto
superiore di educazione fisica (ISEF) o di Accademia di belle arti o di
Istituto superiore per le industrie artistiche o di Conservatorio di musica o
Istituto musicale pareggiato, e che abbiano superato le prove di accesso alle
scuole di specializzazione all’insegnamento secondario, le scuole
medesime valutano il percorso didattico teorico-pratico e gli esami
sostenuti per il conseguimento del predetto diploma di specializzazione ai
fini del riconoscimento dei relativi crediti didattici, anche per consentire
loro un’abbreviazione del percorso degli studi della scuola di
specializzazione previa iscrizione in sovrannumero al secondo anno di
corso della scuola. I corsi di laurea in scienze della formazione primaria di
cui all’articolo 3, comma 2, della legge 19 novembre 1990, n. 341, valutano
il percorso didattico teorico-pratico e gli esami sostenuti per il
conseguimento del diploma biennale di specializzazione per le attività di
sostegno ai fini del riconoscimento dei relativi crediti didattici e
dell’iscrizione in soprannumero al relativo anno di corso stabilito dalle
autorità accademiche, per coloro che, in possesso di tale titolo di
specializzazione e del diploma di scuola secondaria superiore, abbiano
superato le relative prove di accesso. L’esame di laurea sostenuto a
conclusione dei corsi in scienze della formazione primaria istituiti a norma
dell’articolo 3, comma 2, della legge 19 novembre 1990, n. 341,
comprensivo della valutazione delle attività di tirocinio previste dal relativo
percorso formativo, ha valore di esame di Stato e abilita all’insegnamento,
318
rispettivamente, nella scuola materna o dell’infanzia e nella scuola
elementare o primaria. Esso consente altresì l’inserimento nelle graduatorie
permanenti previste dall’articolo 401 del testo unico di cui al decreto
legislativo 16 aprile 1994, n. 297, e successive modificazioni. Al fine di
tale inserimento, la tabella di valutazione dei titoli è integrata con la
previsione di un apposito punteggio da attribuire al voto di laurea
conseguito. All’articolo 3, comma 2, della legge 19 novembre 1990, n. 341,
le parole: «I concorsi hanno funzione abilitante» sono soppresse.
Articolo 6.
(Regioni a statuto speciale e province autonome di Trento e di Bolzano)
1. Sono fatte salve le competenze delle regioni a statuto speciale e delle
province autonome di Trento e di Bolzano, in conformità ai rispettivi statuti
e relative norme di attuazione, nonchè alla legge costituzionale 18 ottobre
2001, n. 3.
Articolo 7.
(Disposizioni finali e attuative)
1. Mediante uno o più regolamenti da adottare a norma dell’articolo 117,
sesto comma, della Costituzione e dell’articolo 17, comma 2, della legge 23
agosto 1988, n. 400, sentite le Commissioni parlamentari competenti, nel
rispetto dell’autonomia delle istituzioni scolastiche, si provvede:
a) alla individuazione del nucleo essenziale dei piani di studio
scolastici per la quota nazionale relativamente agli obiettivi specifici di
apprendimento, alle discipline e alle attività costituenti la quota nazionale
dei piani di studio, agli orari, ai limiti di flessibilità interni
nell’organizzazione delle discipline;
b) alla determinazione delle modalità di valutazione dei crediti
scolastici;
c) alla definizione degli standard minimi formativi, richiesti per la
319
spendibilità nazionale dei titoli professionali conseguiti all’esito dei
percorsi formativi, nonchè per i passaggi dai percorsi formativi ai percorsi
scolastici.
2. Le norme regolamentari di cui al comma 1, lettera c), sono definite
previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le
regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, di cui al decreto
legislativo 28 agosto 1997, n. 281.
3. Il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca presenta ogni
tre anni al Parlamento una relazione sul sistema educativo di istruzione e di
formazione professionale.
4. Per gli anni scolastici 2003-2004, 2004-2005 e 2005-2006 possono
iscriversi, secondo criteri di gradualità e in forma di sperimentazione,
compatibilmente con la disponibilità dei posti e delle risorse finanziarie dei
comuni, secondo gli obblighi conferiti dall’ordinamento e nel rispetto dei
limiti posti alla finanza comunale dal patto di stabilità, al primo anno della
scuola dell’infanzia i bambini e le bambine che compiono i tre anni di età
entro il 28 febbraio 2004, ovvero entro date ulteriormente anticipate, fino
alla data del 30 aprile di cui all’articolo 2, comma 1, lettera e). Per l’anno
scolastico 2003-2004 possono iscriversi al primo anno della scuola
primaria, nei limiti delle risorse finanziarie di cui al comma 5, i bambini e
le bambine che compiono i sei anni di età entro il 28 febbraio 2004.
5. Agli oneri derivanti dall’attuazione dell’articolo 2, comma 1, lettera f),
e dal comma 4 del presente articolo, limitatamente alla scuola dell’infanzia
statale e alla scuola primaria statale, determinati nella misura massima di
12.731 migliaia di euro per l’anno 2003, 45.829 migliaia di euro per l’anno
2004 e 66.198 migliaia di euro a decorrere dall’anno 2005, si provvede
mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del
bilancio triennale 2003-2005, nell’ambito dell’unità previsionale di base di
parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero
dell’economia e delle finanze per l’anno 2003, allo scopo parzialmente
320
utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero dell’istruzione,
dell’università e della ricerca. Il Ministro dell’istruzione, dell’università e
della ricerca provvede a modulare le anticipazioni, anche fino alla data del
30 aprile di cui all’articolo 2, comma 1, lettera f), garantendo comunque il
rispetto del predetto limite di spesa.
6. All’attuazione del piano programmatico di cui all’articolo 1, comma 3,
si provvede, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, mediante
finanziamenti da iscrivere annualmente nella legge finanziaria, in coerenza
con quanto previsto dal Documento di programmazione economico-
finanziaria.
7. Lo schema di ciascuno dei decreti legislativi di cui agli articoli 1 e 4
deve essere corredato da relazione tecnica ai sensi dell’articolo 11-ter,
comma 2, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni.
8. I decreti legislativi di cui al comma 7 la cui attuazione determini nuovi
o maggiori oneri per la finanza pubblica sono emanati solo
successivamente all’entrata in vigore di provvedimenti legislativi che
stanzino le occorrenti risorse finanziarie.
9. Il parere di cui all’articolo 1, comma 2, primo periodo, è espresso
dalle Commissioni parlamentari competenti per materia e per le
conseguenze di carattere finanziario.
10. Con periodicità annuale, il Ministero dell’istruzione, dell’università e
della ricerca ed il Ministero dell’economia e delle finanze procedono alla
verifica delle occorrenze finanziarie, in relazione alla graduale attuazione
della riforma, a fronte delle somme stanziate annualmente in bilancio per lo
stesso fine. Le eventuali maggiori spese dovranno trovare copertura ai sensi
dell’articolo 11-ter, comma 7, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e
successive modificazioni.
11. ..omissis…
12. La legge 10 febbraio 2000, n. 30, è abrogata.
13. La legge 20 gennaio 1999, n. 9, è abrogata.
321
Decreto Legislativo 19 febbraio 2004, n. 59
Definizione delle norme generali relative alla scuola dell'infanzia e al
primo ciclo dell'istruzione, a norma dell'articolo 1 della legge 28
marzo 2003, n. 53. (240)
Capo I
Scuola dell'infanzia
Articolo 1.
Finalità della scuola dell'infanzia
1. La scuola dell'infanzia, non obbligatoria e di durata triennale, concorre
all'educazione e allo sviluppo affettivo, psicomotorio, cognitivo, morale,
religioso e sociale delle bambine e dei bambini promuovendone le
potenzialità di relazione, autonomia, creativita', apprendimento, e ad
assicurare un'effettiva eguaglianza delle opportunità educative; nel rispetto
della primaria responsabilità educativa dei genitori, contribuisce alla
formazione integrale delle bambine e dei bambini (, anche promuovendo il
plurilinguismo attraverso l'acquisizione dei primi elementi della lingua
inglese,) e, nella sua autonomia e unitarietà didattica e pedagogica, realizza
il profilo educativo e la continuità educativa con il complesso dei servizi
all'infanzia e con la scuola primaria. 2. è assicurata la generalizzazione
dell'offerta formativa e la possibilità di frequenza della scuola dell'infanzia.
A tali fini si provvede attraverso ulteriori decreti legislativi di cui
all'articolo 1 della legge 28 marzo 2003, n. 53, nel rispetto delle modalità di
copertura finanziaria definite dall'articolo 7, comma 8, della predetta legge.
3. Al fine di realizzare la continuità educativa di cui al comma 1, gli uffici
scolastici regionali promuovono appositi accordi con i competenti uffici
delle regioni e degli enti locali.
240 Vigente al: 6-5-2014
322
Articolo 2.241
Articolo 3.
Attività educative
1. L'orario annuale delle attività educative per la scuola dell'infanzia,
comprensivo della quota riservata alle regioni, alle istituzioni scolastiche
autonome e all'insegnamento della religione cattolica in conformità
all'Accordo che apporta modifiche al Concordato lateranense e relativo
Protocollo addizionale, reso esecutivo con legge 25 marzo 1985, n. 121, ed
alle conseguenti intese, si diversifica da un minimo di 875 ad un massimo
di 1700 ore, a seconda dei progetti educativi delle singole scuole
dell'infanzia, tenuto conto delle richieste delle famiglie. 2. Al fine del
conseguimento degli obiettivi formativi, i docenti curano la
personalizzazione delle attività educative, attraverso la relazione con la
famiglia in continuità con il primario contesto affettivo e di vita delle
bambine e dei bambini. Nell'esercizio dell'autonomia delle istituzioni
scolastiche sotto attuate opportune forme di coordinamento didattico, anche
per assicurare il raccordo in continuità con il complesso dei servizi
all'infanzia e con la scuola primaria. 3. Allo scopo di garantire le attività
educative di cui ai commi 1 e 2 è costituito l'organico di istituto.
4. La scuola dell'infanzia cura la documentazione relativa al processo
educativo ed in particolare all'autonomia personale delle bambine e dei
bambini, con la collaborazione delle famiglie.
Capo II
Primo ciclo di istruzione
Articolo 4.
Articolazione del ciclo e periodi
241 Articolo abrogato dalla Legge 27 dicembre 2006, n. 296.
323
1. Il primo ciclo d'istruzione è costituito dalla scuola primaria e dalla
scuola secondaria di primo grado, ciascuna caratterizzata dalla sua
specificità. Esso ha la durata di otto anni e costituisce il primo segmento in
cui si realizza il diritto-dovere all'istruzione e formazione. 2. La scuola
primaria, della durata di cinque anni, è articolata in un primo anno,
raccordato con la scuola dell'infanzia e teso al raggiungimento delle
strumentalità di base, e in due periodi didattici biennali. 3. La scuola
secondaria di primo grado, della durata di tre anni, si articola in un periodo
didattico biennale e in un terzo anno, che completa prioritariamente il
percorso disciplinare ed assicura l'orientamento ed il raccordo con il
secondo ciclo. 4. Il passaggio dalla scuola primaria alla scuola secondaria
di primo grado avviene a seguito di valutazione positiva al termine del
secondo periodo didattico biennale. 5. Il primo ciclo di istruzione ha
configurazione autonoma rispetto al secondo ciclo di istruzione e si
conclude con l'esame di Stato.
6. Le scuole statali appartenenti al primo ciclo possono essere aggregate tra
loro in istituti comprensivi anche comprendenti le scuole dell'infanzia
esistenti sullo stesso territorio.
Capo III
La scuola primaria
Articolo 5.
Finalità
1. La scuola primaria, accogliendo e valorizzando le diversità individuali,
ivi comprese quelle derivanti dalle disabilità, promuove, nel rispetto delle
diversità individuali, lo sviluppo della personalità, ed ha il fine di far
acquisire e sviluppare le conoscenze e le abilità di base, ivi comprese quelle
relative all'alfabetizzazione informatica, fino alle prime sistemazioni
logico-critiche, di fare apprendere i mezzi espressivi, la lingua italiana e
324
l'alfabetizzazione nella lingua inglese, di porre le basi per l'utilizzazione di
metodologie scientifiche nello studio del mondo naturale, dei suoi
fenomeni e delle sue leggi, di valorizzare le capacità relazionali e di
orientamento nello spazio e nel tempo, di educare ai principi fondamentali
della convivenza civile.
Articolo 6. 242
Articolo 7.
Attività educative e didattiche
1. Al fine di garantire l'esercizio del diritto-dovere di cui all'articolo 4,
comma 1, l'orario annuale delle lezioni nella scuola primaria, comprensivo
della quota riservata alle regioni, alle istituzioni scolastiche autonome e
all'insegnamento della religione cattolica in conformità alle norme
concordatarie di cui all'articolo 3, comma 1, ed alle conseguenti intese, è di
891 ore, oltre a quanto previsto al comma 2. 2. Le istituzioni scolastiche, al
fine di realizzare la personalizzazione del piano di studi, organizzano,
nell'ambito del piano dell'offerta formativa, tenendo conto delle prevalenti
richieste delle famiglie, attività e insegnamenti, coerenti con il profilo
educativo, per ulteriori 99 ore annue, la cui scelta è facoltativa e opzionale
per gli allievi e la cui frequenza è gratuita. Gli allievi sono tenuti alla
frequenza delle attività facoltative per le quali le rispettive famiglie hanno
esercitato l'opzione. Le predette richieste sono formulate all'atto
dell'iscrizione. Al fine di ampliare e razionalizzare la scelta delle famiglie,
le istituzioni scolastiche possono, nella loro autonomia, organizzarsi anche
in rete. 3. L'orario di cui ai commi 1 e 2 non comprende il tempo
eventualmente dedicato alla mensa.
4. Allo scopo di garantire le attività educative e didattiche, di cui ai commi
1 e 2, nonché l'assistenza educativa da parte del personale docente nel
242 Articolo abrogato dal D.P.R. 20 marzo 2009, n. 89.
325
tempo eventualmente dedicato alla mensa e al dopo mensa fino ad un
massimo di 330 ore annue, fermo restando il limite del numero
complessivo dei posti di cui all'articolo 15, è costituito l'organico di
istituto. Per lo svolgimento delle attività e degli insegnamenti di cui al
comma 2, ove essi richiedano una specifica professionalità non
riconducibile al profilo professionale dei docenti della scuola primaria, le
istituzioni scolastiche stipulano, nei limiti delle risorse iscritte nei loro
bilanci, contratti di prestazione d'opera con esperti, in possesso di titoli
definiti con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della
ricerca, di concerto con il Ministro per la funzione pubblica. 5.
L'organizzazione delle attività educative e didattiche rientra nell'autonomia
e nella responsabilità delle istituzioni scolastiche, fermo restando che il
perseguimento delle finalità di cui all'articolo 5, assicurato dalla
personalizzazione dei piani di studio, è affidato ai docenti responsabili
delle attività educative e didattiche, previste dai medesimi piani di studio. A
tale fine concorre prioritariamente, fatta salva la contitolarità didattica dei
docenti, per l'intera durata del corso, il docente in possesso di specifica
formazione che, in costante rapporto con le famiglie e con il territorio,
svolge funzioni di orientamento in ordine alla scelta delle attività di cui al
comma 2, di tutorato degli allievi, di coordinamento delle attività educative
e didattiche, di cura delle relazioni con le famiglie e di cura della
documentazione del percorso formativo compiuto dall'allievo, con l'apporto
degli altri docenti. 6. Il docente, al quale sono affidati i compiti previsti dal
comma 5, assicura, nei primi tre anni della scuola primaria, un'attività di
insegnamento agli alunni non inferiore alle 18 ore settimanali. 7. Il
dirigente scolastico, sulla base di quanto stabilito dal piano dell'offerta
formativa e di criteri generali definiti dal collegio dei docenti e dal
consiglio di circolo o di istituto, dispone l'assegnazione dei docenti alle
classi avendo cura di garantire le condizioni per la continuità didattica,
nonché la migliore utilizzazione delle competenze e delle esperienze
326
professionali, fermo restando quanto previsto dal comma 6. 8. Le
istituzioni scolastiche definiscono le modalità di svolgimento dell'orario
delle attività didattiche sulla base del piano dell'offerta formativa, delle
disponibilità strutturali e dei servizi funzionanti, fatta salva comunque la
qualità dell'insegnamento-apprendimento. 9. Nell'organizzazione dell'orario
settimanale i criteri della programmazione delle attività educative devono
rispettare una equilibrata ripartizione dell'orario quotidiano tra le attività
obbligatorie e quelle opzionali facoltative.
Articolo 8.
La valutazione nella scuola primaria
1. La valutazione, periodica e annuale, degli apprendimenti e del
comportamento degli alunni e la certificazione delle competenze da essi
acquisite, sono affidate ai docenti responsabili delle attività educative e
didattiche previste dai piani di studio personalizzati; agli stessi è affidata la
valutazione dei periodi didattici ai fini del passaggio al periodo successivo.
2. I medesimi docenti, con decisione assunta all'unanimità', possono non
ammettere l'alunno alla classe successiva, all'interno del periodo biennale,
in casi eccezionali e comprovati da specifica motivazione. 3. Il
miglioramento dei processi di apprendimento e della relativa valutazione,
nonché la continuità didattica, sono assicurati anche attraverso la
permanenza dei docenti nella sede di titolarità almeno per il tempo
corrispondente al periodo didattico. 4. Gli alunni provenienti da scuola
privata o familiare sono ammessi a sostenere esami di idoneità per la
frequenza delle classi seconda, terza, quarta e quinta. La sessione di esami
è unica. Per i candidati assenti per gravi e comprovati motivi sono
ammesse prove suppletive che devono concludersi prima dell'inizio delle
lezioni dell'anno scolastico successivo.
Capo IV
327
Scuola secondaria di primo grado
Articolo 9.
Finalità della scuola secondaria di primo grado
1. La scuola secondaria di primo grado, attraverso le discipline di studio, è
finalizzata alla crescita delle capacità autonome di studio e al rafforzamento
delle attitudini all'interazione sociale; organizza ed accresce, anche
attraverso l'alfabetizzazione e l'approfondimento nelle tecnologie
informatiche, le conoscenze e le abilità, anche in relazione alla tradizione
culturale e alla evoluzione sociale, culturale e scientifica della realtà
contemporanea; è caratterizzata dalla diversificazione didattica e
metodologica in relazione allo sviluppo della personalità dell'allievo; cura
la dimensione sistematica delle discipline; sviluppa progressivamente le
competenze e le capacità di scelta corrispondenti alle attitudini e vocazioni
degli allievi; fornisce strumenti adeguati alla prosecuzione delle attività di
istruzione e di formazione; introduce lo studio di una seconda lingua
dell'Unione europea; aiuta ad orientarsi per la successiva scelta di
istruzione e formazione.
Articolo 10.
Attività educative e didattiche
1. Al fine di garantire l'esercizio del diritto-dovere di cui all'articolo 4,
comma 1, l'orario annuale delle lezioni nella scuola secondaria di primo
grado, comprensivo della quota riservata alle regioni, alle istituzioni
scolastiche autonome e all'insegnamento della religione cattolica in
conformità alle norme concordatarie, di cui all'articolo 3, comma 1, ed alle
conseguenti intese, è di 891 ore, oltre a quanto previsto al comma 2. 2. Le
istituzioni scolastiche, al fine di realizzare la personalizzazione del piano di
studi, organizzano, nell'ambito del piano dell'offerta formativa, tenendo
conto delle prevalenti richieste delle famiglie, attività e insegnamenti,
328
coerenti con il profilo educativo, e con la prosecuzione degli studi del
secondo ciclo, per ulteriori 198 ore annue, la cui scelta è facoltativa e
opzionale per gli allievi e la cui frequenza è gratuita. Gli allievi sono tenuti
alla frequenza delle attività facoltative per le quali le rispettive famiglie
hanno esercitato l'opzione. Le predette richieste sono formulate all'atto
dell'iscrizione. Al fine di ampliare e razionalizzare la scelta delle famiglie,
le istituzioni scolastiche possono, nella loro autonomia, organizzarsi anche
in rete. 3. L'orario di cui ai commi 1 e 2 non comprende il tempo
eventualmente dedicato alla mensa.
4. Allo scopo di garantire le attività educative e didattiche, di cui ai commi
1 e 2, nonché l'assistenza educativa da parte del personale docente nel
tempo eventualmente dedicato alla mensa e al dopo mensa fino ad un
massimo di 231 ore annue, fermo restando il limite del numero
complessivo dei posti di cui all'articolo 15, è costituito l'organico di istituto.
Per lo svolgimento delle attività e degli insegnamenti di cui al comma 2,
ove essi richiedano una specifica professionalità non riconducibile agli
ambiti disciplinari per i quali è prevista l'abilitazione all'insegnamento, le
istituzioni scolastiche stipulano, nei limiti delle risorse iscritte nei loro
bilanci, contratti di prestazione d'opera con esperti, in possesso di titoli
definiti con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della
ricerca, di concerto con il Ministro per la funzione pubblica. 5.
L'organizzazione delle attività educative e didattiche rientra nell'autonomia
e nella responsabilità delle istituzioni scolastiche, fermo restando che il
perseguimento delle finalità di cui all'articolo 9 è affidato, anche attraverso
la personalizzatone dei piani di studio, ai docenti responsabili degli
insegnamenti e delle attività educative e didattiche previste dai medesimi
piani di studio. A tale fine concorre prioritariamente, per l'intera durata del
corso, il docente in possesso di specifica formazione che, in costante
rapporto con le famiglie e con il territorio, svolge funzioni di orientamento
nella scelta delle attività di cui al comma 2, di tutorato degli alunni, di
329
coordinamento delle attività educative e didattiche, di cura delle relazioni
con le famiglie e di cura della documentazione del percorso formativo
compiuto dall'allievo, con l'apporto degli altri docenti.
Articolo 11.
Valutazione, scrutini ed esami
1. Ai fini della validità dell'anno, per la valutazione degli allievi è richiesta
la frequenza di almeno tre quarti dell'orario annuale personalizzato di cui ai
commi 1 e 2 dell'articolo 10. Per casi eccezionali, le istituzioni scolastiche
possono autonomamente stabilire motivate deroghe al suddetto limite. 2.
La valutazione, periodica e annuale, degli apprendimenti e del
comportamento degli allievi e la certificazione delle competenze da essi
acquisite sono affidate ai docenti responsabili degli insegnamenti e delle
attività educative e didattiche previsti dai piani di studio personalizzati.
Sulla base degli esiti della valutazione periodica, le istituzioni scolastiche
predispongono gli interventi educativi e didattici, ritenuti necessari al
recupero e allo sviluppo degli apprendimenti. 3. I docenti effettuano la
valutazione biennale ai fini del passaggio al terzo anno, avendo cura di
accertare il raggiungimento di tutti gli obiettivi formativi del biennio,
valutando altresì il comportamento degli alunni. Gli stessi, in casi
motivati, possono non ammettere l'allievo alla classe successiva all'interno
del periodo biennale. 4. Il terzo anno della scuola secondaria di primo
grado si conclude con un esame di Stato (, al quale sono ammessi gli alunni
giudicati idonei a norma del comma 4-bis). (4-bis. Il consiglio di classe, in
sede di valutazione finale, delibera se ammettere o non ammettere
all'esame di Stato gli alunni frequentanti il terzo anno della scuola
secondaria di primo grado, formulando un giudizio di idoneità o, in caso
negativo, un giudizio di non ammissione all'esame medesimo. 4-ter.
L'esame di Stato comprende anche una prova scritta, a carattere nazionale,
volta a verificare i livelli generali e specifici di apprendimento conseguiti
330
dagli studenti. I testi relativi alla suddetta prova sono scelti dal Ministro
della pubblica istruzione tra quelli predisposti annualmente dall'Istituto
nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di
formazione (INVALSI), conformemente alla direttiva periodicamente
emanata dal Ministro stesso, e inviati alle istituzioni scolastiche
competenti.) 5. Alle classi seconda e terza si accede anche per esame di
idoneità, al quale sono ammessi i candidati privatisti che abbiano compiuto
o compiano entro il 30 aprile dell'anno scolastico di riferimento,
rispettivamente, l'undicesimo e il dodicesimo anno di età e che siano in
possesso del titolo di ammissione alla prima classe della scuola secondaria
di primo grado, nonché i candidati che abbiano conseguito il predetto
titolo, rispettivamente, da almeno uno o due anni. 6. All'esame di Stato di
cui al comma 4 sono ammessi anche i candidati privatisti che abbiano
compiuto, entro il 30 aprile dell'anno scolastico di riferimento, il
tredicesimo anno di età e che siano in possesso del titolo di ammissione alla
prima classe della scuola secondaria di primo grado. Sono inoltre ammessi
i candidati che abbiano conseguito il predetto titolo da almeno un triennio e
i candidati che nell'anno in corso compiano ventitre anni di età. 7. Il
miglioramento dei processi di apprendimento e della relativa valutazione,
nonché la continuità didattica, sono assicurati anche attraverso la
permanenza dei docenti nella sede di titolarità, almeno per il tempo
corrispondente al periodo didattico.
Capo V
Norme finali e transitorie
Articolo 12.
Scuola dell'infanzia
1. (Periodo abrogato dal D.P.R. 20 marzo 2009, n. 89) Dovrà essere
favorita omogeneità di distribuzione, sul territorio nazionale, dei livelli di
331
servizio, senza penalizzare o limitare le opportunità esistenti. Alle stesse
condizioni e modalità, per gli anni scolastici successivi può essere
consentita un'ulteriore, graduale anticipazione, fino al limite temporale di
cui all'articolo 2. Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca
provvede, con proprio decreto, sentita l'Associazione nazionale dei comuni
d'Italia (ANCI), salvo quanto previsto all'articolo 7, comma 4, della legge
28 marzo 2003, n. 53, a modulare le anticipazioni, garantendo comunque il
rispetto del limite di spesa di cui all'articolo 18.243 2. Al fine di armonizzare
il passaggio al nuovo ordinamento, fino all'emanazione del relativo
regolamento governativo, si adotta in via transitoria l'assetto pedagogico,
didattico ed organizzativo individuato nell'allegato A.
Articolo 13.
Scuola primaria
1. Nell'anno scolastico 2003-2004 possono essere iscritti alla scuola
primaria le bambine e i bambini che compiono i sei anni di età entro il 28
febbraio 2004. Per gli anni scolastici successivi può essere consentita, con
decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca,
un'ulteriore anticipazione delle iscrizioni, fino al limite temporale previsto
dall'articolo 6, comma 2.244
2. Per l'attuazione delle disposizioni del presente decreto sono avviate,
dall'anno scolastico 2003-2004, la prima e la seconda classe della scuola
primaria e, a decorrere dall'anno scolastico 2004-2005, la terza, la quarta e
243 La Corte costituzionale, con sentenza 7-15 luglio 2005, n. 279 (in G.U. 1a s.s. 20/7/2005, n. 29) ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del comma 1, ultimo periodo, del presente articolo"nella parte in cui dispone che il decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e dellaricerca in tema di anticipazione dell'età di accesso alla scuola dell'infanzia sia adottato «sentital'Associazione nazionale dei comuni d'Italia (ANCI)» invece che «sentita la conferenza unificataStato-Regioni». 244 La Corte costituzionale, con sentenza 7-15 luglio 2005, n. 279 (in G.U. 1a s.s. 20/7/2005, n. 29) ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del comma 1, secondo periodo del presentearticolo «nella parte in cui non prevede che il decreto del Ministro dell'istruzione, dell'universitàe della ricerca in tema di anticipazione dell'età di accesso alla scuola primaria sia adottatosentita la conferenza unificata Stato-Regioni».
332
la quinta classe. 3. Al fine di armonizzare il passaggio al nuovo
ordinamento, l'avvio del primo ciclo di istruzione ha carattere di gradualità.
Fino all'emanazione del relativo regolamento governativo, si adotta, in via
transitoria, l'assetto pedagogico, didattico e organizzativo individuato
nell'allegato B, facendo riferimento al profilo educativo, culturale e
professionale individuato nell'allegato D.
Articolo 14.
Scuola secondaria di primo grado
1. A decorrere dall'anno scolastico 2004-2005 è avviata la prima classe del
biennio della scuola secondaria di primo grado; saranno successivamente
avviate, dall'anno scolastico 2005-2006, la seconda classe del predetto
biennio e, dall'anno scolastico 2006-2007, la terza classe di completamento
del ciclo. 2. Fino all'emanazione del relativo regolamento governativo, si
adotta, in via transitoria, l'assetto pedagogico, didattico e organizzativo
individuato nell'allegato C, facendo riferimento al profilo educativo
culturale e professionale individuato nell'allegato D. 3. Al fine di
assicurare il passaggio graduale al nuovo ordinamento per l'anno scolastico
2004-2005, (e fino all'anno scolastico 2008-2009,) l'assetto organico delle
scuole secondarie di primo grado, come definito dall'articolo 10, comma 4,
viene confermato secondo i criteri fissati nel decreto del Presidente della
Repubblica 14 maggio 1982, n. 782. 4. In attesa dell'emanazione del
regolamento governativo di cui al comma 2, le istituzioni scolastiche,
nell'esercizio della propria autonomia didattica ed organizzativa,
provvedono ad adeguare la configurazione oraria delle cattedre e dei posti
di insegnamento ai nuovi piani di studio allegati al presente decreto. 5. Ai
fini dell'espletamento dell'orario di servizio obbligatorio, il personale
docente interessato ad una diminuzione del suo attuale orario di cattedra
viene utilizzato per le finalità e per le attività educative e didattiche
individuate, rispettivamente, dall'articolo 9 e dall'articolo 10. 6. Entro un
333
anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, sono
ridefinite le classi di abilitazione all'insegnamento, in coerenza con i nuovi
piani di studio della scuola secondaria di primo grado.
Articolo 15.
Attività di tempo pieno e di tempo prolungato
1. Al fine di realizzare le attività educative di cui all'articolo 7, commi 1, 2
e 3, e all'articolo 10, commi 1, 2 e 3, è confermato in via di prima
applicazione, per l'anno scolastico 2004-2005, il numero dei posti attivati
complessivamente a livello nazionale per l'anno scolastico 2003-2004 per
le attività di tempo pieno e di tempo prolungato ai sensi delle norme
previgenti. Per gli anni successivi, ulteriori incrementi di posti, per le stesse
finalità, possono essere attivati nell'ambito della consistenza dell'organico
complessivo del personale docente dei corrispondenti ordini di scuola
determinata con il decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e
della ricerca, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, di
cui all'articolo 22, comma 2, della legge 28 dicembre 2001, n. 448.245
Articolo 16.
Frequenza del primo ciclo dell'istruzione
1. Restano in vigore, in attesa dell'emanazione del decreto legislativo con il
quale sarà ridefinito ed ampliato, ai sensi dell'articolo 2, comma 1, lettera
c), della legge 28 marzo 2003, n. 53, l'obbligo di istruzione di cui
all'articolo 34 della Costituzione, le sanzioni previste dalle vigenti
disposizioni per il caso di mancata frequenza del primo ciclo
dell'istruzione.
245 La Corte costituzionale, con sentenza 7-15 luglio 2005, n. 279 (in G.U. 1a s.s. 20/7/2005, n. 29) ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del comma 1, secondo periodo del presentearticolo «nella parte in cui non prevede che il decreto ex art. 22, comma 2, della legge28/12/2001, n. 448 (Finanziaria 2002) in tema di incremento di posti per le attività di tempopieno e di tempo prolungato sia adottato dal Ministro dell'istruzione, dell'università e dellaricerca, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la commissioneunificata Stato – Regioni».
334
Articolo 17.
Disposizioni particolari per le regioni a statuto speciale e per le province
autonome di Trento e di Bolzano
1. Sono fatte salve le competenze delle regioni a statuto speciale e delle
province autonome di Trento e di Bolzano in conformità ai rispettivi statuti
e relative norme di attuazione, nonché alla legge costituzionale 18 ottobre
2001, n. 3. 2. Fermo restando quanto stabilito dal comma 1, nel territorio
della provincia di Trento, il presente decreto si applica compatibilmente
con quanto stabilito dall'intesa tra il Ministero dell'istruzione,
dell'università e della ricerca e la provincia autonoma di Trento, sottoscritta
il 12 giugno 2002, come integrata il 29 luglio 2003; in particolare sono
fatte salve, per i tre anni scolastici successivi alla data di entrata in vigore
del presente decreto, le iniziative finalizzate all'innovazione, relative al
primo ciclo dell'istruzione avviate sulla base della predetta intesa a
decorrere dal 1° settembre 2003.
Articolo 18.
Norma finanziaria
1. Agli oneri derivanti dall'attuazione dell'articolo 6, comma 2, dell'articolo
12, comma 1, e dell'articolo 13, comma 1, limitatamente alla scuola
dell'infanzia statale e alla scuola primaria statale, determinati nella misura
massima di 12.731 migliaia di euro per l'anno 2003, 45.829 migliaia di euro
per l'anno 2004 e 66.198 migliaia di euro a decorrere dall'anno 2005, si
provvede con i fondi previsti allo scopo dall'articolo 7, comma 5, della
legge 28 marzo 2003, n. 53.
Articolo 19.
Norme finali e abrogazioni
1. Sono fatti salvi gli interventi previsti, per gli alunni in situazione di
335
handicap, dalla legge 5 febbraio 1992, n. 104.
2. Le espressioni "scuola materna", "scuola elementare" e "scuola media"
contenute nelle disposizioni vigenti si intendono sostituite, rispettivamente,
dalle espressioni "scuola dell'infanzia", "scuola primaria" e "scuola
secondaria di primo grado". 3. Le seguenti disposizioni del testo unico
approvato con decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, continuano ad
applicarsi limitatamente alle sezioni di scuola materna e alle classi di
scuola elementare e di scuola media ancora funzionanti secondo il
precedente ordinamento ed agli alunni ad essi iscritti, e sono abrogate, a
decorrere dall'anno scolastico successivo al completo esaurimento delle
predette sezioni e classi: articolo 99, commi 1 e 2; articolo 104; articolo
109, commi 2 e 3; articolo 118; articolo 119; articolo 128, commi 3 e 4;
articolo 145; articolo 148; articolo 149; articolo 150; articolo 161, comma
2; articolo 176; articolo 177; articolo 178, commi 1 e 3; articolo 183,
comma 2; articolo 442. 4. Le seguenti disposizioni del testo unico di cui al
comma 3 sono abrogate a decorrere dall'anno scolastico successivo alla
data di entrata in vigore del presente decreto: articolo 129; articolo 130;
articolo 143, comma 1; articolo 147; articolo 162, comma 5; articolo 178,
comma 2. 5. è abrogata ogni altra disposizione incompatibile con le norme
del presente decreto.
6. Al testo unico di cui al comma 3 sono apportate le seguenti
modificazioni:
a) all'articolo 100, comma 1, le parole: "di cui all'articolo 99" sono
soppresse;
b) all'articolo 183, comma 1, le parole: "a norma dell'articolo 177, comma
5" sono soppresse.
7. …omissis…
336
Decreto Legislativo 19 novembre 2004, n. 286 (246)
"Istituzione del Servizio nazionale di valutazione del sistema educativo
di istruzione e di formazione, nonché riordino dell'omonimo istituto, a
norma degli articoli 1 e 3 della legge 28 marzo 2003, n. 53"
…Omissis…
Articolo 1.
Istituzione del Servizio nazionale di valutazione del sistema educativo di
istruzione e di formazione 1. Ai fini del progressivo miglioramento e
dell'armonizzazione della qualità del sistema educativo definito a norma
della legge 28 marzo 2003, n. 53, è istituito il Servizio nazionale di
valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione con
l'obiettivo di valutarne l'efficienza e l'efficacia, inquadrando la valutazione
nel contesto internazionale. Per l'istruzione e la formazione professionale
tale valutazione concerne esclusivamente i livelli essenziali di prestazione
ed è effettuata tenuto conto degli altri soggetti istituzionali che già operano
a livello nazionale nel settore della valutazione delle politiche nazionali
finalizzate allo sviluppo delle risorse umane.
2. Al conseguimento degli obiettivi di cui al comma 1 concorrono l'Istituto
nazionale di valutazione di cui all'articolo 2 e le istituzioni scolastiche e
formative, nonché le regioni, le province ed i comuni in relazione ai
rispettivi ambiti di competenza. L'Istituto nazionale di valutazione di cui
all'articolo 2, le istituzioni scolastiche e formative, le regioni, le province
ed i comuni provvedono al coordinamento delle rispettive attività e servizi
in materia di valutazione dell'offerta formativa attraverso accordi ed intese
volti alla condivisione dei dati e delle conoscenze.
246 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 282 del 1 dicembre 2004.
337
3. Ai fini di cui al comma 2 l'Istituto nazionale di valutazione di cui
all'articolo 2, le istituzioni scolastiche e formative, le regioni, le province
ed i comuni attivano le opportune procedure atte a favorire l'interoperabilità
tra i loro sistemi informativi, in modo da poter scambiare con continuità
dati ed informazioni riguardanti i sistemi di istruzione e di istruzione e
formazione professionale, riducendo al tempo stesso duplicazioni e
disallineamenti fra i dati stessi, ai sensi del decreto legislativo 12 febbraio
1993, n. 39, e successive modificazioni.
4. Ferma restando l'autonomia dell'Istituto nazionale di valutazione di cui
all'articolo 2 e dei servizi di valutazione di competenza regionale, è
istituito, presso il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca,
un Comitato tecnico permanente, cui partecipano i rappresentanti delle
amministrazioni interessate, con il compito di assicurare l'interoperabilità
fra le attività ed i servizi di valutazione.
Articolo 2.
Riordino dell'Istituto nazionale di valutazione del sistema dell'istruzione
1. Per i fini di cui all'articolo 1 l'Istituto nazionale di valutazione del
sistema dell'istruzione di cui al decreto legislativo 20 luglio 1999, n. 258, è
riordinato, secondo le disposizioni del presente decreto ed assume la
denominazione di «Istituto Nazionale per la valutazione del sistema
educativo di istruzione e di formazione (INVALSI)», di seguito
denominato: «Istituto». 2. L'Istituto è ente di ricerca con personalità
giuridica di diritto pubblico ed autonomia amministrativa, contabile,
patrimoniale, regolamentare e finanziaria.
3. L'Istituto è soggetto alla vigilanza del Ministero dell'istruzione,
università e ricerca, di seguito denominato: «Ministero». Il Ministro
dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di seguito denominato
«Ministro» individua, con periodicità almeno triennale, le priorità
strategiche delle quali l'Istituto tiene conto per programmare la propria
338
attività, fermo restando che la valutazione delle priorità tecnico-scientifiche
è riservata all'Istituto. A tale fine il Ministro provvede:
a) con propria direttiva, relativamente al sistema dell'istruzione;
b) con apposite linee guida definite d'intesa con la Conferenza unificata di
cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, previo
concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, relativamente al
sistema dell'istruzione e formazione professionale.
4. Il Ministro adotta altresì specifiche direttive connesse agli obiettivi
generali delle politiche educative nazionali.
Articolo 3.
Compiti dell'Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di
istruzione e di formazione
1. L'Istituto:
a) effettua verifiche periodiche e sistematiche sulle conoscenze e abilità
degli studenti e sulla qualità complessiva dell'offerta formativa delle
istituzioni di istruzione e di istruzione e formazione professionale, anche
nel contesto dell'apprendimento permanente. Per la formazione
professionale le verifiche concernono esclusivamente i livelli essenziali di
prestazione e sono effettuate tenuto conto degli altri soggetti istituzionali
che già operano a livello nazionale nel settore della valutazione delle
politiche nazionali finalizzate allo sviluppo delle risorse umane;
b) predispone, nell'ambito delle prove previste per l'esame di Stato
conclusivo dei cicli di istruzione, per la loro scelta da parte del Ministro, le
prove a carattere nazionale, sulla base degli obiettivi specifici di
apprendimento del corso ed in relazione alle discipline di insegnamento
dell'ultimo anno di ciascun ciclo, e provvede alla gestione delle prove
stesse, secondo le disposizioni emanate in attuazione dell'articolo 3, comma
1, lettera c), della legge 28 marzo 2003, n. 53;
c) svolge attività di ricerca, nell'ambito delle sue finalità istituzionali;
339
d) studia le cause dell'insuccesso e della dispersione scolastica con
riferimento al contesto sociale ed alle tipologie dell'offerta formativa;
e) assume iniziative rivolte ad assicurare la partecipazione italiana a
progetti di ricerca europea e internazionale in campo valutativo;
f) svolge attività di supporto e assistenza tecnica all'amministrazione
scolastica, alle regioni, agli enti territoriali, e alle singole istituzioni
scolastiche e formative per la realizzazione di autonome iniziative di
monitoraggio, valutazione e autovalutazione;
g) svolge attività di formazione del personale docente e dirigente della
scuola, connessa ai processi di valutazione e di autovalutazione delle
istituzioni scolastiche.
2. Gli esiti delle attività svolte ai sensi del comma 1 sono oggetto di
apposite relazioni al Ministro, che ne dà comunicazione alla Conferenza
unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.
Le relazioni riferiscono sui risultati e possono segnalare indicatori ritenuti
utili al miglioramento della qualità complessiva del Sistema. Relativamente
al sistema della formazione professionale tali indicatori sono definiti previa
intesa con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e sentita la
Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto
1997, n. 281. Agli esiti di verifica il Ministero, nel rispetto della vigente
normativa sulla protezione dei dati personali, assicura idonee forme di
pubblicità e conoscenza.
3. Il Ministro relaziona al Parlamento, con cadenza triennale, sugli esiti
della valutazione.
4. L'Istituto pubblica ogni anno un rapporto sull'attività svolta.
Articolo 4.
Organi
1. Gli organi dell'Istituto sono:
a) il Presidente;
340
b) il Comitato direttivo;
c) il Collegio dei revisori dei conti.
Articolo 5.
Presidente
1. Il Presidente, scelto tra persone di alta qualificazione scientifica e con
adeguate conoscenze dei sistemi di istruzione e formazione e dei sistemi di
valutazione in Italia e all'estero, è nominato con decreto del Presidente
della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su
proposta del Ministro. L'incarico ha durata triennale ed è rinnovabile, con
le stesse modalità, per un ulteriore triennio.
2. Il Presidente ha la rappresentanza legale dell'Istituto.
Il Presidente:
a) convoca e presiede le riunioni del Comitato direttivo, stabilendone
l'ordine del giorno;
b) formula, nel rispetto delle priorità strategiche individuate dalle direttive
e dalle linee-guida di cui all'articolo 2, comma 3, le proposte al Comitato
direttivo ai fini dell'approvazione del programma annuale dell'Istituto e
della determinazione degli indirizzi generali della gestione;
c) sovrintende alle attività dell'Istituto;
d) formula al Comitato direttivo la proposta per il conferimento
dell'incarico di direttore generale dell'Istituto e adotta il conseguente
provvedimento;
e) presenta al Ministro le relazioni di cui all'articolo 3, comma 4;
f) in caso di urgenza adotta provvedimenti di competenza del Comitato
direttivo, da sottoporre a ratifica nella prima riunione successiva del
Comitato stesso.
Articolo 6.
Comitato direttivo
341
1. Il Comitato direttivo è composto dal Presidente e da sei membri, scelti
tra esperti nei settori di competenza dell'Istituto, e nominati dal Ministro, di
cui uno designato dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali e due dal
Presidente della Conferenza Stato-Regioni di cui al decreto legislativo 28
agosto 1997, n. 281.
2. Il Comitato direttivo, su proposta del Presidente:
a) approva, nel rispetto delle direttive del Ministro e delle linee guida di cui
all'articolo 2, comma 3, il programma annuale delle attività dell'Istituto,
fissando altresì linee prioritarie e criteri metodologici, modulabili anche nel
tempo, per lo svolgimento delle verifiche di cui all'articolo 3, comma 1,
lettera a);
b) esamina i risultati delle verifiche periodiche e sistematiche svolte
dall'area tecnica di cui all'articolo 9, comma 2, nonché le relazioni di cui
all'articolo 3, comma 4;
c) determina gli indirizzi della gestione;
d) delibera il bilancio di previsione e le relative eventuali variazioni, ed il
conto consuntivo;
e) delibera l'affidamento dell'incarico di direttore generale dell'Istituto ed il
relativo trattamento economico;
f) valuta i risultati dell'attività del direttore generale e la conformità della
stessa rispetto agli indirizzi, adottando le relative determinazioni;
g) delibera i regolamenti dell'Istituto;
h) delibera in ordine ad ogni altra materia attribuitagli dai regolamenti
dell'Istituto.
3. Ai fini di cui all'articolo 1, comma 1, lettera d), e dell'articolo 6 del
decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 286, il Comitato stabilisce le modalità
operative del controllo strategico e, in base a tale controllo, individua le
cause dell'eventuale mancata rispondenza dei risultati agli obiettivi e
delibera i necessari interventi correttivi.
4. Il Comitato direttivo dura in carica tre anni e può essere confermato per
342
un altro triennio. In caso di dimissione o comunque di cessazione dalla
carica di uno dei componenti del Comitato, il componente subentrante resta
in carica fino alla scadenza della durata in carica del predetto organo.
Articolo 7.
Collegio dei revisori dei conti
1. Il Collegio dei revisori dei conti effettua le verifiche di regolarità
amministrativa e contabile a norma del decreto legislativo 30 luglio 1999,
n. 286. Il Collegio svolge altresì i compiti previsti dagli articoli 2403 e
seguenti del codice civile.
2. Il Collegio si compone di tre membri effettivi e tre supplenti, nominati
con decreto del Ministro, di cui uno effettivo e uno supplente designati dal
Ministero dell'economia e delle finanze. I componenti effettivi designano al
loro interno, nella prima riunione del Collegio, il Presidente. Il Collegio
dura in carica quattro anni e può essere confermato per un altro
quadriennio.
Articolo 8.
Direttore generale
1. Il direttore generale, nel rispetto degli indirizzi della gestione determinati
dal Comitato direttivo, è responsabile del funzionamento dell'Istituto,
dell'attuazione del programma, dell'esecuzione delle deliberazioni del
Comitato direttivo, dell'attuazione dei provvedimenti del presidente e della
gestione del personale. A tale fine adotta gli atti di gestione, compresi quelli
che impegnano l'Istituto verso l'esterno. Egli partecipa alle riunioni del
Comitato direttivo, senza diritto di voto; tale partecipazione è esclusa
quando il Comitato ne valuta l'attività.
2. Il direttore generale, tra l'altro, nell'esercizio dei suoi compiti:
a) predispone, in attuazione del programma dell'Istituto, il bilancio di
previsione e le relative eventuali variazioni, nonché il conto consuntivo;
343
b) assicura le condizioni per il più efficace svolgimento delle attività e per
la realizzazione dei progetti previsti nel programma;
c) adotta gli atti di organizzazione degli uffici e delle articolazioni
strutturali dell'Istituto previste dal regolamento di organizzazione e
funzionamento di cui all'articolo 9, comma 1, lettera a), assegnando il
relativo personale;
d) stipula i contratti di prestazione d'opera e di ricerca necessari per la
realizzazione dei progetti previsti dal programma annuale, sulla base dei
criteri fissati nel regolamento di cui alla lettera c).
3. Il direttore generale è scelto tra persone di qualificata e comprovata
professionalità ed esperienza amministrativa e gestionale. Il suo rapporto di
lavoro è regolato con contratto di diritto privato. Il relativo incarico è
conferito dal Presidente, previa delibera del comitato direttivo, è di durata
non superiore a un triennio, è rinnovabile ed in ogni caso cessa, se non
rinnovato, decorsi novanta giorni dalla scadenza dell'incarico del
Presidente.
Articolo 9.
Regolamenti e principi di organizzazione
1. L'Istituto si dota dei seguenti regolamenti:
a) regolamento di organizzazione e funzionamento;
b) regolamento di amministrazione, contabilità e finanza.
2. Il regolamento di cui al comma 1, lettera a), definisce l'organizzazione
dell'Istituto sulla base del principio di separazione tra compiti e
responsabilità di indirizzo e programmazione e compiti e responsabilità di
gestione, prevedendo un'area dei servizi amministrativi ed informatici ed
un'area tecnica della valutazione che, in attuazione del programma di
attività approvato dal Comitato direttivo dell'Istituto e secondo i criteri
metodologici definiti, svolge le verifiche periodiche e ne comunica gli esiti
al comitato stesso; lo stesso regolamento provvede in particolare alla
344
ripartizione dei posti della dotazione organica del personale, di cui alla
allegata tabella A, tra le aree, i livelli ed i profili professionali, a
disciplinare il reclutamento del medesimo personale attraverso procedure
concorsuali pubbliche, nel rispetto delle norme in materia di reclutamento
del personale delle pubbliche amministrazioni, nonché a definire la
disciplina relativa alle selezioni per i comandi di cui all'articolo 11.
3. Il regolamento di cui al comma 1, lettera b), elaborato nel rispetto dei
principi contenuti nella legge 3 aprile 1997, n. 94, e successive
modificazioni, disciplina i criteri della gestione, le relative procedure
amministrativo-contabili e finanziarie e le connesse responsabilità, in modo
da assicurare la rapidità e l'efficienza nell'erogazione della spesa ed il
rispetto dell'equilibrio finanziario del bilancio. Il regolamento disciplina
altresì le procedure contrattuali, le forme di controllo interno sull'efficienza
e sui risultati di gestione complessiva dell'Istituto e l'amministrazione del
patrimonio, nel rispetto delle vigenti disposizioni in materia di contabilità
generale dello Stato.
4. Per lo svolgimento dei compiti attribuiti all'area tecnica della valutazione
l'Istituto si avvale anche delle specifiche accertate professionalità del
personale ispettivo tecnico dipendente dal Ministero, assegnato all'Istituto
medesimo su richiesta dello stesso e con il trattamento economico a carico
del Ministero, in numero non superiore a venti unità.
5. I regolamenti sono trasmessi, entro quindici giorni dalla loro adozione, al
Ministro per l'approvazione, nei successivi sessanta giorni, previo parere
favorevole del Ministro dell'economia e delle finanze e del Ministro per la
funzione pubblica.
Articolo 10.
Personale
1. La dotazione organica del personale dell'Istituto è definita nella tabella
A allegata al presente decreto, da articolare in aree, profili e livelli
345
professionali con il regolamento di cui all'articolo 9, comma 1, lettera a).
Articolo 11.
Personale comandato
1. L'Istituto può avvalersi, con oneri a proprio carico, nei limiti consentiti
dalle proprie disponibilità di bilancio, e in numero comunque non superiore
a dieci unità, di personale amministrativo, tecnico e di ricerca, in posizione
di comando, proveniente dall'amministrazione dell'istruzione,
dell'università e della ricerca, dalle istituzioni scolastiche o da altre
amministrazioni dello Stato, dalle università, da enti pubblici compresi nel
comparto della ricerca, dalle regioni e dagli enti locali.
2. I comandi del personale proveniente dalle istituzioni scolastiche non
possono protrarsi per più di un quinquennio e non sono rinnovabili prima
che sia decorso un intervallo di almeno tre anni. Essi decorrono dall'inizio
dell'anno scolastico.
3. I comandi sono disposti attraverso apposite selezioni degli aspiranti,
secondo la disciplina definita con il regolamento di cui all'articolo 9,
comma 1, lettera a).
4. Il servizio prestato in posizione di comando è valido a tutti gli effetti
come servizio di istituto.
Articolo 12.
Incarichi ad esperti
1. Nell'esercizio delle ordinarie attività istituzionali, l'Istituto può avvalersi,
nei limiti consentiti dalle disponibilità di bilancio, e in relazione a
particolari e motivate esigenze cui non può far fronte con il personale in
servizio, e in numero comunque non superiore a dieci unità, dell'apporto di
esperti di alta qualificazione, previo conferimento di appositi incarichi.
2. L'Istituto assicura adeguate forme di pubblicizzazione dei contratti che
intende stipulare, nonché congrui termini per la presentazione delle
346
domande.
Articolo 13.
Patrimonio e risorse finanziarie
1. L'Istituto provvede ai propri compiti con:
a) redditi del patrimonio;
b) contributo ordinario dello Stato;
c) eventuali altri contributi, dello Stato, delle Regioni e degli enti locali;
d) eventuali contributi ed assegnazioni, da parte di soggetti o enti pubblici e
privati, italiani e stranieri;
e) eventuali altre entrate, anche derivanti dall'esercizio di attività negoziali
e contrattuali coerenti con le
finalità dell'Istituto.
Articolo 14.
Disposizioni particolari per le Regioni a statuto speciale e per le province
autonome di Trento e di Bolzano
1. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di
Bolzano provvedono alle valutazioni di loro competenza ai sensi dei
rispettivi statuti e delle relative norme di attuazione, anche con riferimento
alle disposizioni del titolo V della parte II della Costituzione e dell'articolo
10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3.
Articolo 15.
Norma finanziaria
1. Agli oneri derivanti dall'attuazione del presente decreto, pari a 7.306.000
euro per l'anno 2004 ed a 10.360.000 euro a decorrere dall'anno 2005, si
provvede mediante l'utilizzazione di quota parte dell'autorizzazione di
spesa di cui all'articolo 3, comma 92, della legge 24 dicembre 2003, n. 350.
2. Restano confermati, per l'Istituto nazionale per la valutazione del sistema
347
educativo di istruzione e formazione (INVALSI), come ordinato dal
presente decreto, i finanziamenti previsti dalla normativa vigente già
destinati all'Istituto nazionale per la valutazione del sistema dell'istruzione,
di cui all'articolo 1 del decreto legislativo 20 luglio 1999, n. 258.
Articolo 16.
Disposizioni transitorie e finali
1. Il Presidente dell'Istituto ed i componenti degli organi di cui agli articoli
6 e 7, sono nominati entro il trentesimo giorno successivo alla data di
entrata in vigore del presente decreto.
2. Gli organi dell'Istituto previsti dall'articolo 1 del decreto del Presidente
della Repubblica 21 settembre 2000, n. 313, restano in carica, nell'attuale
composizione, fino alla nomina degli organi di cui al comma 1. Il Comitato
direttivo adotta i regolamenti di cui all'articolo 9, entro sessanta giorni dal
suo insediamento.
3. Fino alla data di approvazione del regolamento di amministrazione,
contabilità e finanza, continuano ad applicarsi le norme di amministrazione
e contabilità adottate ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 21
settembre 2000, n. 313. Sono consentite le variazioni di bilancio
eventualmente necessarie nel periodo transitorio.
4. Il personale in posizione di comando o utilizzato alla data di entrata in
vigore del presente decreto, ai sensi degli articoli 10 e 15, comma 3, del
decreto del Presidente della Repubblica 21 settembre 2000, n. 313, presso
l'Istituto nazionale per la valutazione di cui al decreto legislativo 20 luglio
1999, n. 258, è confermato, a domanda, fino alla copertura dei posti a
seguito dei concorsi per il reclutamento del personale di cui all'articolo 9,
comma 2, da indire entro sessanta giorni successivi alla scadenza del
termine di cui al comma 2, secondo periodo del presente articolo.
5. Alla data di insediamento dei nuovi organi è abrogato l'articolo 1 del
decreto legislativo 20 luglio 1999, n. 258 e cessano di applicarsi nei
348
confronti dell'Istituto le restanti disposizioni del predetto decreto; dalla
stessa data è altresì abrogato il decreto del Presidente della Repubblica 21
settembre 2000, n. 313.
6. Il compenso da corrispondere al Presidente ed ai componenti del
Comitato direttivo e del Collegio dei revisori dei conti è determinato con
decreto del Ministro, di concerto con il Ministro dell'economia e delle
finanze.
7. All'Istituto sono trasferiti i rapporti attivi e passivi in capo all'Istituto
nazionale di valutazione del sistema dell'istruzione (INVALSI) di cui al
decreto legislativo 20 luglio 1999, n. 258.
Tabella A
(articolo 10, comma 1) DOTAZIONE ORGANICA DEL PERSONALE
DELL'ISTITUTO
a) dirigenti amministrativi: due unità;
b) personale di ricerca: ventiquattro unità;
c) personale dei servizi amministrativi ed informatici: ventidue unità.
349
Legge 27 dicembre 2006, n. 296
Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello
Stato
Articolo 1
…omissis…
601. A decorrere dall’anno 2007, al fine di aumentare l’efficienza e la
celerità dei processi di finanziamento a favore delle scuole statali, sono
istituiti nello stato di previsione del Ministero della pubblica istruzione, in
apposita unità previsionale di base, i seguenti fondi: “Fondo per le
competenze dovute al personale delle istituzioni scolastiche, con esclusione
delle spese per stipendi del personale a tempo indeterminato e determinato”
e “Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche”. Ai predetti
fondi affluiscono gli stanziamenti dei capitoli iscritti nelle unità
previsionali di base dello stato di previsione del Ministero della pubblica
istruzione “Strutture scolastiche” e “Interventi integrativi disabili”, nonché
gli stanziamenti iscritti nel centro di responsabilità “Programmazione
ministeriale e gestione ministeriale del bilancio” destinati ad integrare i
fondi stessi. Con decreto del Ministro della pubblica istruzione sono
stabiliti i criteri e i parametri per l’assegnazione diretta alle istituzioni
scolastiche delle risorse di cui al presente comma. Al fine di avere la
completa conoscenza delle spese effettuate da parte delle istituzioni
scolastiche a valere sulle risorse finanziarie derivanti dalla costituzione dei
predetti fondi, il Ministero della pubblica istruzione procede a una specifica
attività di monitoraggio.
602. Le disponibilità iscritte nel fondo di cui alla legge 18 dicembre 1997,
n. 440, non utilizzate nel corso dell’anno di competenza, sono utilizzate
nell’esercizio successivo. La quota del predetto fondo non ripartita
350
nell’anno 2006 è assegnata nell’anno 2007, alle istituzioni scolastiche
autonome, per il miglioramento dell’offerta formativa e per la formazione
del personale, sulla base di quanto previsto dalla direttiva del Ministro
dell’istruzione, dell’università e della ricerca n. 33 del 3 aprile 2006.
603. Tutti i collegi universitari gestiti da fondazioni, enti morali, nonché
enti ecclesiastici che abbiano le finalità di cui all’articolo 1, comma 4,
primo periodo della legge 14 novembre 2000, n. 338, ed iscritti ai registri
delle prefetture, sono equiparati ai collegi universitari legalmente
riconosciuti.
604. Ai collegi universitari di cui al comma 603 è applicata l’esenzione
dall’imposta sul valore aggiunto prevista dall’articolo 10, primo comma,
numero 20), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n.
633, e successive modificazioni.
605. Per meglio qualificare il ruolo e l’attività dell’amministrazione
scolastica attraverso misure e investimenti, anche di carattere strutturale,
che consentano il razionale utilizzo della spesa e diano maggiore efficacia
ed efficienza al sistema dell’istruzione, con uno o più decreti del Ministro
della pubblica istruzione sono adottati interventi concernenti:a) nel rispetto
della normativa vigente, la revisione, a decorrere dall’anno scolastico
2007/2008, dei criteri e dei parametri per la formazione delle classi al fine
di valorizzare la responsabilità dell’amministrazione e delle istituzioni
scolastiche, individuando obiettivi, da attribuire ai dirigenti responsabili,
articolati per i diversi ordini e gradi di scuola e le diverse realtà territoriali,
in modo da incrementare il valore medio nazionale del rapporto
alunni/classe dello 0,4. Si procede, altresì, alla revisione dei criteri e
parametri di riferimento ai fini della riduzione della dotazione organica del
personale amministrativo, tecnico ed ausiliario (ATA). L’adozione di
interventi finalizzati alla prevenzione e al contrasto degli insuccessi
scolastici attraverso la flessibilità e l’individualizzazione della didattica,
anche al fine di ridurre il fenomeno delle ripetenze; b) il perseguimento
351
della sostituzione del criterio previsto dall’articolo 40, comma 3, della
legge 27 dicembre 1997, n. 449, con l’individuazione di organici
corrispondenti alle effettive esigenze rilevate, tramite una stretta
collaborazione tra regioni, uffici scolastici regionali, aziende sanitarie locali
e istituzioni scolastiche, attraverso certificazioni idonee a definire
appropriati interventi formativi; c) la definizione di un piano triennale per
l’assunzione a tempo indeterminato di personale docente per gli anni 2007-
2009, da verificare annualmente, d’intesa con il Ministero dell’economia e
delle finanze e con la Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento
della funzione pubblica, circa la concreta fattibilità dello stesso, per
complessive 150.000 unità, al fine di dare adeguata soluzione al fenomeno
del precariato storico e di evitarne la ricostituzione, di stabilizzare e rendere
più funzionali gli assetti scolastici, di attivare azioni tese ad abbassare l’età
media del personale docente. Analogo piano di assunzioni a tempo
indeterminato è predisposto per il personale amministrativo, tecnico ed
ausiliario (ATA), per complessive 20.000 unità. Le nomine disposte in
attuazione dei piani di cui alla presente lettera sono conferite nel rispetto
del regime autorizzatorio in materia di assunzioni di cui all’articolo 39,
comma 3-bis, della legge 27 dicembre 1997, n. 449. Contestualmente
all’applicazione del piano triennale, il Ministro della pubblica istruzione
realizza un’attività di monitoraggio sui cui risultati, entro diciotto mesi
dalla data di entrata in vigore della presente legge, riferisce alle competenti
Commissioni parlamentari, anche al fine di individuare nuove modalità di
formazione e abilitazione e di innovare e aggiornare gli attuali sistemi di
reclutamento del personale docente, nonché di verificare, al fine della
gestione della fase transitoria, l’opportunità di procedere a eventuali
adattamenti in relazione a quanto previsto nei periodi successivi. Con
effetto dalla data di entrata in vigore della presente legge le graduatorie
permanenti di cui all’articolo 1 del decreto-legge 7 aprile 2004, n. 97,
convertito, con modificazioni, dalla legge 4 giugno 2004, n. 143, sono
352
trasformate in graduatorie ad esaurimento. Sono fatti salvi gli inserimenti
nelle stesse graduatorie da effettuare per il biennio 2007-2008 per i docenti
già in possesso di abilitazione, e con riserva del conseguimento del titolo di
abilitazione, per i docenti che frequentano, alla data di entrata in vigore
della presente legge, i corsi abilitanti speciali indetti ai sensi del predetto
decreto-legge n. 97 del 2004, i corsi presso le scuole di specializzazione
all’insegnamento secondario (SISS), i corsi biennali accademici di secondo
livello ad indirizzo didattico (COBASLID), i corsi di didattica della musica
presso i Conservatori di musica e il corso di laurea in Scienza della
formazione primaria. La predetta riserva si intende sciolta con il
conseguimento del titolo di abilitazione. Con decreto del Ministro della
pubblica istruzione, sentito il Consiglio nazionale della pubblica istruzione
(CNPI), è successivamente disciplinata la valutazione dei titoli e dei servizi
dei docenti inclusi nelle predette graduatorie ai fini della partecipazione ai
futuri concorsi per esami e titoli. In correlazione alla predisposizione del
piano per l’assunzione a tempo indeterminato per il personale docente
previsto dalla presente lettera, è abrogata con effetto dal 1º settembre 2007
la disposizione di cui al punto B.3), lettera h), della tabella di valutazione
dei titoli allegata al decreto-legge 7 aprile 2004, n. 97, convertito, con
modificazioni, dalla legge 4 giugno 2004, n. 143. È fatta salva la
valutazione in misura doppia dei servizi prestati anteriormente alla predetta
data. Ai docenti in possesso dell’abilitazione in educazione musicale,
conseguita entro la data di scadenza dei termini per l’inclusione nelle
graduatorie permanenti per il biennio 2005/ 2006-2006/2007, privi del
requisito di servizio di insegnamento che, alla data di entrata in vigore della
legge 3 maggio 1999, n. 124, erano inseriti negli elenchi compilati ai sensi
del decreto del Ministro della pubblica istruzione 13 febbraio 1996,
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 102 del 3 maggio 1996, è
riconosciuto il diritto all’iscrizione nel secondo scaglione delle graduatorie
permanenti di strumento musicale nella scuola media previsto dall’articolo
353
1, comma 2-bis, del decreto-legge 3 luglio 2001, n. 255, convertito, con
modificazioni, dalla legge 20 agosto 2001, n. 333. Sono comunque fatte
salve le assunzioni a tempo indeterminato già effettuate su posti della
medesima classe di concorso. Sui posti vacanti e disponibili relativi agli
anni scolastici 2007/2008, 2008/2009 e 2009/2010, una volta completate le
nomine di cui al comma 619, si procede alla nomina dei candidati che
abbiano partecipato alle prove concorsuali della procedura riservata bandita
con decreto del Ministro della pubblica istruzione 3 ottobre 2006,
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, 4ª serie speciale, n. 76 del 6 ottobre
2006, che abbiano completato la relativa procedura concorsuale riservata,
alla quale siano stati ammessi per effetto dell’aliquota aggiuntiva del 10 per
cento e siano risultati idonei e non nominati in relazione al numero dei
posti previsti dal bando. Successivamente si procede alla nomina dei
candidati che abbiano partecipato alle prove concorsuali delle procedure
riservate bandite con decreto dirigenziale 17 dicembre 2002, pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale, 4ª serie speciale, n. 100 del 20 dicembre 2002 e
con il predetto decreto ministeriale 3 ottobre 2006, che abbiano superato il
colloquio di ammissione ai corsi di formazione previsti dalle medesime
procedure, ma non si siano utilmente collocati nelle rispettive graduatorie
per la partecipazione agli stessi corsi di formazione. Detti candidati
possono partecipare a domanda ad un apposito periodo di formazione e
sono ammessi a completare l’iter concorsuale sostenendo gli esami finali
previsti nei citati bandi, inserendosi nelle rispettive graduatorie dopo gli
ultimi graduati. L’onere relativo al corso di formazione previsto dal
precedente periodo deve essere sostenuto nei limiti degli ordinari
stanziamenti di bilancio. Le nomine, fermo restando il regime
autorizzatorio in materia di assunzioni di cui all’articolo 39, comma 3-bis,
della legge 27 dicembre 1997, n. 449, sono conferite secondo l’ordine di
indizione delle medesime procedure concorsuali. Nella graduatoria del
concorso riservato indetto con il decreto dirigenziale 17 dicembre 2002
354
sono, altresì, inseriti, ulteriormente in coda, coloro che hanno frequentato
nell’ambito della medesima procedura il corso di formazione, superando il
successivo esame finale, ma che risultano privi del requisito di almeno un
anno di incarico di presidenza; d) l’attivazione, presso gli uffici scolastici
provinciali, di attività di monitoraggio a sostegno delle competenze
dell’autonomia scolastica relativamente alle supplenze brevi, con
l’obiettivo di ricondurre gli scostamenti più significativi delle assenze ai
valori medi nazionali; e) ai fini della compiuta attuazione di quanto
previsto dall’articolo 1, comma 128, della legge 30 dicembre 2004, n. 311,
l’adozione di un piano biennale di formazione per i docenti della scuola
primaria, da realizzare negli anni scolastici 2007/2008 e 2008/2009,
finalizzato al conseguimento delle competenze necessarie per
l’insegnamento della lingua inglese. A tale fine, per un rapido
conseguimento dell’obiettivo, sono attivati corsi di formazione anche a
distanza, integrati da momenti intensivi in presenza; f) il miglioramento
dell’efficienza ed efficacia degli attuali ordinamenti dell’istruzione
professionale anche attraverso la riduzione, a decorrere dall’anno scolastico
2007/2008, dei carichi orari settimanali delle lezioni, secondo criteri di
maggiore flessibilità, di più elevata professionalizzazione e di funzionale
collegamento con il territorio.
606. Il decreto concernente la materia di cui alla lettera a) del comma 605 è
adottato di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze. Il
decreto concernente la materia di cui alla lettera b) del comma 605 è
adottato d’intesa con il Ministro della salute. Il decreto concernente la
materia di cui alla lettera c) del comma 605 è adottato di concerto con il
Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro per le riforme e le
innovazioni nella pubblica amministrazione.
607. La tabella di valutazione dei titoli allegata al decreto-legge 7 aprile
2004, n. 97, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 giugno 2004, n.
143, e successive modificazioni, è ridefinita con decreto del Ministro della
355
pubblica istruzione, sentito il CNPI. Il decreto è adottato, a decorrere dal
biennio 2007/2008-2008/2009, in occasione degli aggiornamenti biennali
delle graduatorie permanenti di cui all’articolo 401 del testo unico di cui al
decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, e successive modificazioni. Sono
fatte salve le valutazioni dei titoli conseguiti anteriormente e già
riconosciuti nelle graduatorie permanenti relative al biennio 2005/2006-
2006/2007. Sono ridefinite, in particolare, le disposizioni riguardanti la
valutazione dei titoli previsti dal punto C.11) della predetta tabella, e
successive modificazioni. Ai fini di quanto previsto dal precedente periodo,
con il decreto di cui al presente comma sono definiti criteri e requisiti per
l’accreditamento delle strutture formative e dei corsi.
608. Ai fini di quanto previsto dall’articolo 35, comma 5, terzo periodo,
della legge 27 dicembre 2002, n. 289, il Ministro per le riforme e le
innovazioni nella pubblica amministrazione predispone, di concerto con il
Ministro della pubblica istruzione, un piano organico di mobilità,
relativamente al personale docente permanentemente inidoneo ai compiti di
insegnamento e collocato fuori ruolo. Tale piano, da definire entro il 30
giugno 2007, tiene conto prioritariamente dei posti vacanti, presso gli uffici
dell’amministrazione scolastica, nonché presso le amministrazioni
pubbliche in cui possono essere meglio utilizzate le professionalità del
predetto personale. In connessione con la realizzazione del piano, il termine
fissato dalle disposizioni di cui al citato articolo 35, comma 5, della legge
27 dicembre 2002, n. 289, è prorogato di un anno, ovvero fino al 31
dicembre 2008.
609. Il Ministro della pubblica istruzione predispone uno specifico piano di
riconversione professionale del personale docente in soprannumero
sull’organico provinciale, finalizzato all’assorbimento del medesimo
personale. La riconversione, obbligatoria per i docenti interessati, è
finalizzata alla copertura dei posti di insegnamento per materie affini e dei
posti di laboratorio compatibili con l’esperienza professionale maturata,
356
nonché all’acquisizione del titolo di specializzazione per l’insegnamento
sui posti di sostegno. L’assorbimento del personale di cui al presente
comma trova completa attuazione entro l’anno scolastico 2007/2008.
610. Allo scopo di sostenere l’autonomia delle istituzioni scolastiche nella
dimensione dell’Unione europea ed i processi di innovazione e di ricerca
educativa delle medesime istituzioni, nonché per favorirne l’interazione
con il territorio, è istituita, presso il Ministero della pubblica istruzione, ai
sensi degli articoli 8 e 9 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, la
“Agenzia nazionale per lo sviluppo dell’autonomia scolastica”, di seguito
denominata “Agenzia”, avente sede a Firenze, articolata, anche a livello
periferico, in nuclei allocati presso gli uffici scolastici regionali ed in
raccordo con questi ultimi, con le seguenti funzioni:a) ricerca educativa e
consulenza pedagogico- didattica; b) formazione e aggiornamento del
personale della scuola; c) attivazione di servizi di documentazione
pedagogica, didattica e di ricerca e sperimentazione; d) partecipazione alle
iniziative internazionali nelle materie di competenza; e) collaborazione alla
realizzazione delle misure di sistema nazionali in materia di istruzione per
gli adulti e di istruzione e formazione tecnica superiore; f) collaborazione
con le regioni e gli enti locali.
611. L’organizzazione dell’Agenzia, con articolazione centrale e periferica,
è definita con regolamento adottato ai sensi dell’articolo 8, comma 4, del
decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300. L’Agenzia subentra nelle
funzioni e nei compiti attualmente svolti dagli Istituti regionali di ricerca
educativa (IRRE) e dall’Istituto nazionale di documentazione per
l’innovazione e la ricerca educativa (INDIRE), che sono contestualmente
soppressi. Al fine di assicurare l’avvio delle attività dell’Agenzia, e in
attesa della costituzione degli organi previsti dagli articoli 8 e 9 del decreto
legislativo 30 luglio 1999, n. 300, il Presidente del Consiglio dei ministri,
su proposta del Ministro della pubblica istruzione, nomina uno o più
commissari straordinari. Con il regolamento di cui al presente comma è
357
individuata la dotazione organica del personale dell’Agenzia e delle sue
articolazioni territoriali nel limite complessivo del 50 per cento dei
contingenti di personale già previsti per l’INDIRE e per gli IRRE, che in
fase di prima attuazione, per il periodo contrattuale in corso, conserva il
trattamento giuridico ed economico in godimento. Il predetto regolamento
disciplina, altresì, le modalità di stabilizzazione, attraverso prove selettive,
dei rapporti di lavoro esistenti anche a titolo precario, purché costituite
mediante procedure selettive di natura concorsuale.
612. Al fine di potenziare la qualificazione scientifica nonché l’autonomia
amministrativa dell’Istituto nazionale per la valutazione del sistema
educativo di istruzione e di formazione (INVALSI), al decreto legislativo
19 novembre 2004, n. 286, sono apportate le seguenti modificazioni, che
non devono comportare oneri aggiuntivi a carico del bilancio dello Stato: a)
le parole: “Comitato direttivo” sono sostituite, ovunque ricorrano, dalle
seguenti: “Comitato di indirizzo”; b) l’articolo 4 è sostituito dal seguente:
“Art. 4. – (Organi). – 1. Gli organi dell’Istituto sono: a) il Presidente; b) il
Comitato di indirizzo; c) il Collegio dei revisori dei conti”; c) all’articolo 5,
il comma 1 è sostituito dal seguente: “1. Il Presidente è scelto tra persone di
alta qualificazione scientifica e con adeguata conoscenza dei sistemi di
istruzione e formazione e dei sistemi di valutazione in Italia ed all’estero. È
nominato con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione
del Consiglio dei ministri, su designazione del Ministro, tra una terna di
nominativi proposti dal Comitato di indirizzo dell’Istituto fra i propri
componenti. L’incarico ha durata triennale ed è rinnovabile, con le
medesime modalità, per un ulteriore triennio”; d) all’articolo 6, il comma 1
è sostituito dal seguente: “1. Il Comitato di indirizzo è composto dal
Presidente e da otto membri, nel rispetto del principio di pari opportunità,
dei quali non più di quattro provenienti dal mondo della scuola. I
componenti del Comitato sono scelti dal Ministro tra esperti nei settori di
competenza dell’Istituto, sulla base di una indicazione di candidati
358
effettuata da un’apposita commissione, previo avviso da pubblicare nella
Gazzetta Ufficiale finalizzato all’acquisizione dei curricula. La
commissione esaminatrice, nominata dal Ministro, è composta da tre
membri compreso il Presidente, dotati delle necessarie competenze
amministrative e scientifiche”.
613. L’INVALSI, fermo restando quando previsto dall’articolo 20 del
contratto collettivo nazionale di lavoro relativo al personale dell’area V
della dirigenza per il quadriennio normativo 2002-2005 ed il primo biennio
economico 2002-2003, pubblicato nel supplemento ordinario n. 113 alla
Gazzetta Ufficiale n. 103 del 5 maggio 2006 e nel rispetto delle prerogative
del dirigente generale dell’ufficio scolastico regionale, sulla base delle
indicazioni del Ministro della pubblica istruzione, assume i seguenti
compiti:a) formula al Ministro della pubblica istruzione proposte per la
piena attuazione del sistema di valutazione dei dirigenti scolastici; b)
definisce le procedure da seguire per la valutazione dei dirigenti scolastici;
c) formula proposte per la formazione dei componenti del team di
valutazione; d) realizza il monitoraggio sullo sviluppo e sugli esiti del
sistema di valutazione.
614. Le procedure concorsuali di reclutamento del personale, di cui alla
dotazione organica definita dalla tabella A allegata al decreto legislativo 19
novembre 2004, n. 286, devono essere espletate entro sei mesi dalla
indizione dei relativi bandi, con conseguente assunzione con contratto a
tempo indeterminato dei rispettivi vincitori.
615. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, il
Presidente e i componenti del Comitato direttivo dell’INVALSI cessano
dall’incarico. In attesa della costituzione dei nuovi organi, il Presidente del
Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della pubblica istruzione,
nomina uno o più commissari straordinari.
616. Il riscontro di regolarità amministrativa e contabile presso le
istituzioni scolastiche statali è effettuato da due revisori dei conti, nominati
359
dal Ministro dell’economia e delle finanze e dal Ministro della pubblica
istruzione, con riferimento agli ambiti territoriali scolastici. La minore
spesa derivante dall’attuazione del presente comma resta a disposizione
delle istituzioni scolastiche interessate.
617. I revisori dei conti, in rappresentanza del Ministero dell’economia e
delle finanze e del Ministero della pubblica istruzione, già nominati dal
competente ufficio scolastico regionale, sono confermati fino
all’emanazione del decreto di nomina dei rispettivi Ministeri e comunque
non oltre l’entrata in vigore del provvedimento di modifica al regolamento
concernente le “Istruzioni generali sulla gestione amministrativo-contabile
delle istituzioni scolastiche” di cui al decreto del Ministero della pubblica
istruzione 1º febbraio 2001, n. 44.
618. Con regolamento da emanare ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della
legge 23 agosto 1988, n. 400, sono definite le modalità delle procedure
concorsuali per il reclutamento dei dirigenti scolastici secondo i seguenti
principi: cadenza triennale del concorso su tutti i posti vacanti nel triennio;
unificazione dei tre settori di dirigenza scolastica; accesso aperto al
personale docente ed educativo delle istituzioni scolastiche ed educative
statali, in possesso di laurea, che abbia maturato dopo la nomina in ruolo un
servizio effettivamente prestato di almeno cinque anni; previsione di una
preselezione mediante prove oggettive di carattere culturale e
professionale, in sostituzione dell’attuale preselezione per titoli;
svolgimento di una o più prove scritte, cui sono ammessi tutti coloro che
superano la preselezione; effettuazione di una prova orale; valutazione dei
titoli; formulazione della graduatoria di merito; periodo di formazione e
tirocinio, di durata non superiore a quattro mesi, nei limiti dei posti messi a
concorso, con conseguente soppressione dell’aliquota aggiuntiva del 10 per
cento. Con effetto dalla data di entrata in vigore del regolamento previsto
dal presente comma sono abrogate le disposizioni vigenti con esso
incompatibili, la cui ricognizione è affidata al regolamento medesimo.
360
619. In attesa dell’emanazione del regolamento di cui al comma 618 si
procede alla nomina sui posti previsti dal bando di concorso ordinario a
dirigente scolastico indetto con decreto direttoriale del Ministero
dell’istruzione, dell’università e della ricerca 22 novembre 2004,
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale – 4ª serie speciale – n. 94 del 26
novembre 2004, e, ove non sufficienti, sui posti vacanti e disponibili
relativi agli anni scolastici 2007/2008 e 2008/2009, dei candidati del citato
concorso, compresi i candidati in possesso dei prescritti requisiti ammessi
con riserva a seguito di provvedimento cautelare in sede giurisdizionale o
amministrativa, che abbiano superato le prove di esame propedeutiche alla
fase della formazione con la produzione da parte degli stessi di una
relazione finale e il rilascio di un attestato positivo da parte del direttore del
corso, senza effettuazione dell’esame finale previsto dal bando medesimo.
Si procede, altresì, sui posti vacanti e disponibili a livello regionale relativi
al medesimo periodo, alla nomina degli altri candidati che abbiano superato
le prove di esame propedeutiche al corso di formazione del predetto
concorso ma non vi abbiano partecipato perché non utilmente collocati
nelle relative graduatorie; questi ultimi devono partecipare con esito
positivo ad un apposito corso intensivo di formazione, indetto
dall’amministrazione con le medesime modalità di cui sopra, che si
conclude nell’anno scolastico 2006/2007; le nomine di cui al presente
comma, fermo restando il regime autorizzatorio in materia di assunzioni di
cui all’articolo 39, comma 3-bis, della legge 27 dicembre 1997, n. 449,
sono conferite secondo l’ordine della graduatoria di merito.
620. Dall’attuazione dei commi da 605 a 619 devono conseguire economie
di spesa per un importo complessivo non inferiore a euro 448,20 milioni
per l’anno 2007, a euro 1.324,50 milioni per l’anno 2008 e a euro 1.402,20
milioni a decorrere dall’anno 2009.
621. Al fine di garantire l’effettivo conseguimento degli obiettivi di
risparmio di cui ai commi 483 e 620, in caso di accertamento di minori
361
economie, si provvede:a) relativamente al comma 483, alla riduzione delle
dotazioni di bilancio, relative ai trasferimenti agli enti pubblici, ivi
comprese quelle determinate ai sensi dell’articolo 11, comma 3, lettera d),
della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni, in maniera
lineare, fino a concorrenza degli importi indicati dal medesimo comma
483; b) relativamente al comma 620, a ridurre le dotazioni complessive di
bilancio del Ministero della pubblica istruzione, ad eccezione di quelle
relative alle competenze spettanti al personale della scuola e
dell’amministrazione centrale e periferica della pubblica istruzione, in
maniera lineare, fino a concorrenza degli importi indicati dal medesimo
comma 620.
622. L’istruzione impartita per almeno dieci anni è obbligatoria ed è
finalizzata a consentire il conseguimento di un titolo di studio di scuola
secondaria superiore o di una qualifica professionale di durata almeno
triennale entro il diciottesimo anno di età. L’età per l’accesso al lavoro è
conseguentemente elevata da quindici a sedici anni. Resta fermo il regime
di gratuità ai sensi degli articoli 28, comma 1, e 30, comma 2, secondo
periodo, del decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226. L’adempimento
dell’obbligo di istruzione deve consentire, una volta conseguito il titolo di
studio conclusivo del primo ciclo, l’acquisizione dei saperi e delle
competenze previste dai curricula relativi ai primi due anni degli istituti di
istruzione secondaria superiore, sulla base di un apposito regolamento
adottato dal Ministro della pubblica istruzione ai sensi dell’articolo 17,
comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400. Nel rispetto degli obiettivi di
apprendimento generali e specifici previsti dai predetti curricula, possono
essere concordati tra il Ministero della pubblica istruzione e le singole
regioni percorsi e progetti che, fatta salva l’autonomia delle istituzioni
scolastiche, siano in grado di prevenire e contrastare la dispersione e di
favorire il successo nell’assolvimento dell’obbligo di istruzione. Le
strutture formative che concorrono alla realizzazione dei predetti percorsi e
362
progetti devono essere inserite in un apposito elenco predisposto con
decreto del Ministro della pubblica istruzione. Il predetto decreto è redatto
sulla base di criteri predefiniti con decreto del Ministro della pubblica
istruzione, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le
regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. Sono fatte salve le
competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di
Trento e di Bolzano, in conformità ai rispettivi statuti e alle relative norme
di attuazione, nonché alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3.
L’innalzamento dell’obbligo di istruzione decorre dall’anno scolastico
2007/ 2008.
623. Nella provincia autonoma di Bolzano, considerato il suo particolare
sistema della formazione professionale, l’ultimo anno dell’obbligo
scolastico di cui al precedente comma può essere speso anche nelle scuole
professionali provinciali in abbinamento con adeguate forme di
apprendistato.
624. Fino alla messa a regime di quanto previsto dal comma 622,
proseguono i percorsi sperimentali di istruzione e formazione professionale
di cui all’articolo 28 del decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226.
Restano, pertanto, confermati i finanziamenti destinati dalla normativa
vigente alla realizzazione dei predetti percorsi. Dette risorse per una quota
non superiore al 3 per cento sono destinate alle misure nazionali di sistema
ivi compreso il monitoraggio e la valutazione. Le strutture che realizzano
tali percorsi sono accreditate dalle regioni sulla base dei criteri generali
definiti con decreto adottato dal Ministro della pubblica istruzione di
concerto con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, previa intesa
con la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28
agosto 1997, n. 281.
625. Per l’attivazione dei piani di edilizia scolastica di cui all’articolo 4
della legge 11 gennaio 1996, n. 23, è autorizzata la spesa di 50 milioni di
euro per l’anno 2007 e di 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008
363
e 2009. Il 50 per cento delle risorse assegnate annualmente ai sensi del
precedente periodo è destinato al completamento delle attività di messa in
sicurezza e di adeguamento a norma degli edifici scolastici da parte dei
competenti enti locali. Per le finalità di cui al precedente periodo, lo Stato,
la regione e l’ente locale interessato concorrono, nell’ambito dei piani di
cui all’articolo 4 della medesima legge n. 23 del 1996, in parti uguali per
l’ammontare come sopra determinato, ai fini del finanziamento dei singoli
interventi. Per il completamento delle opere di messa in sicurezza e di
adeguamento a norma, le regioni possono fissare un nuovo termine di
scadenza al riguardo, comunque non successivo al 31 dicembre 2009,
decorrente dalla data di sottoscrizione dell’accordo denominato “patto per
la sicurezza” tra Ministero della pubblica istruzione, regione ed enti locali
della medesima regione.
626. Nella logica degli interventi per il miglioramento delle misure di
prevenzione di cui al decreto legislativo 23 febbraio 2000, n. 38, e
successive modificazioni, il consiglio di indirizzo e di vigilanza
dell’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro
(INAIL) definisce, in via sperimentale per il triennio 2007-2009, d’intesa
con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, con il Ministro della
pubblica istruzione e con gli enti locali competenti, indirizzi programmatici
per la promozione ed il finanziamento di progetti degli istituti di istruzione
secondaria di primo grado e superiore per l’abbattimento delle barriere
architettoniche o l’adeguamento delle strutture alle vigenti disposizioni in
tema di sicurezza e igiene del lavoro. Il consiglio di indirizzo e di vigilanza
dell’INAIL determina altresì l’entità delle risorse da destinare annualmente
alle finalità di cui al presente comma, utilizzando a tale fine anche le
risorse che si rendessero disponibili a conclusione delle iniziative di
attuazione dell’articolo 24 del citato decreto legislativo n. 38 del 2000.
Sulla base degli indirizzi definiti, il consiglio di amministrazione
dell’INAIL definisce i criteri e le modalità per l’approvazione dei singoli
364
progetti e provvede all’approvazione dei finanziamenti dei singoli progetti.
627. Al fine di favorire ampliamenti dell’offerta formativa e una piena
fruizione degli ambienti e delle attrezzature scolastiche, anche in orario
diverso da quello delle lezioni, in favore degli alunni, dei loro genitori e,
più in generale, della popolazione giovanile e degli adulti, il Ministro della
pubblica istruzione definisce, secondo quanto previsto dall’articolo 9 del
regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo
1999, n. 275, criteri e parametri sulla base dei quali sono attribuite le
relative risorse alle istituzioni scolastiche.
628. La gratuità parziale dei libri di testo di cui all’articolo 27, comma 1,
della legge 23 dicembre 1998, n. 448, è estesa agli studenti del primo e del
secondo anno dell’istruzione secondaria superiore. Il disposto del comma 3
del medesimo articolo 27 si applica anche per il primo e per il secondo
anno dell’istruzione secondaria superiore e si applica, altresì, limitatamente
all’individuazione dei criteri per la determinazione del prezzo massimo
complessivo della dotazione libraria, agli anni successivi al secondo. Le
istituzioni scolastiche, le reti di scuole e le associazioni dei genitori sono
autorizzate al noleggio di libri scolastici agli studenti e ai loro genitori.
629. Le amministrazioni interessate possono, a fronte di particolari
esigenze, disporre che il beneficio previsto dall’articolo 27, comma 1, della
citata legge n. 448 del 1998 sia utilizzato per l’assegnazione, anche in
comodato, dei libri di testo agli alunni, in possesso dei requisiti richiesti
che adempiono l’obbligo scolastico.
630. Per fare fronte alla crescente domanda di servizi educativi per i
bambini al di sotto dei tre anni di età, sono attivati, previo accordo in sede
di Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28
agosto 1997, n. 281, progetti tesi all’ampliamento qualificato dell’offerta
formativa rivolta a bambini dai 24 ai 36 mesi di età, anche mediante la
realizzazione di iniziative sperimentali improntate a criteri di qualità
pedagogica, flessibilità, rispondenza alle caratteristiche della specifica
365
fascia di età. I nuovi servizi possono articolarsi secondo diverse tipologie,
con priorità per quelle modalità che si qualificano come sezioni
sperimentali aggregate alla scuola dell’infanzia, per favorire un’effettiva
continuità del percorso formativo lungo l’asse cronologico 0- 6 anni di età.
Il Ministero della pubblica istruzione concorre alla realizzazione delle
sezioni sperimentali attraverso un progetto nazionale di innovazione
ordinamentale ai sensi dell’articolo 11 del regolamento di cui al decreto del
Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 275, e assicura specifici
interventi formativi per il personale docente e non docente che chiede di
essere utilizzato nei nuovi servizi. A tale fine sono utilizzate annualmente le
risorse previste dall’articolo 7, comma 5, della legge 28 marzo 2003, n. 53,
destinate al finanziamento dell’articolo 2, comma 1, lettera e), ultimo
periodo, della medesima legge. L’articolo 2 del decreto legislativo 19
febbraio 2004, n. 59, è abrogato.
631. A decorrere dall’anno 2007, il sistema dell’istruzione e formazione
tecnica superiore (IFTS), di cui all’articolo 69 della legge 17 maggio 1999,
n. 144, è riorganizzato nel quadro del potenziamento dell’alta formazione
professionale e delle misure per valorizzare la filiera tecnico-scientifica,
secondo le linee guida adottate con decreto del Presidente del Consiglio dei
ministri, su proposta del Ministro della pubblica istruzione formulata di
concerto con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale e con il
Ministro dello sviluppo economico, previa intesa in sede di Conferenza
unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281,
ai sensi del medesimo decreto legislativo.
632. Ferme restando le competenze delle regioni e degli enti locali in
materia, in relazione agli obiettivi fissati dall’Unione europea, allo scopo di
far conseguire più elevati livelli di istruzione alla popolazione adulta, anche
immigrata con particolare riferimento alla conoscenza della lingua italiana,
i centri territoriali permanenti per l’educazione degli adulti e i corsi serali,
funzionanti presso le istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado, sono
366
riorganizzati su base provinciale e articolati in reti territoriali e
ridenominati “Centri provinciali per l’istruzione degli adulti”. Ad essi è
attribuita autonomia amministrativa, organizzativa e didattica, con il
riconoscimento di un proprio organico distinto da quello degli ordinari
percorsi scolastici, da determinare in sede di contrattazione collettiva
nazionale, nei limiti del numero delle autonomie scolastiche istituite in
ciascuna regione e delle attuali disponibilità complessive di organico. Alla
riorganizzazione di cui al presente comma, si provvede con decreto del
Ministro della pubblica istruzione, sentita la Conferenza unificata di cui
all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, ai sensi del
medesimo decreto legislativo.
633. Per gli anni 2007, 2008 e 2009, è autorizzata la spesa di 30 milioni di
euro, da iscrivere nello stato di previsione del Ministero della pubblica
istruzione, con lo scopo di dotare le scuole di ogni ordine e grado delle
innovazioni tecnologiche necessarie al migliore supporto delle attività
didattiche.
634. Per gli interventi previsti dai commi da 622 a 633, con esclusione del
comma 625, è autorizzata la spesa di euro 220 milioni a decorrere dall’anno
2007. Su proposta del Ministro della pubblica istruzione sono disposte, con
decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, le variazioni di bilancio
per l’assegnazione delle risorse agli interventi previsti dai commi da 622 a
633.
635. Al fine di dare il necessario sostegno alla funzione pubblica svolta
dalle scuole paritarie nell’ambito del sistema nazionale di istruzione, a
decorrere dall’anno 2007, gli stanziamenti, iscritti nelle unità previsionali
di base “Scuole non statali” dello stato di previsione del Ministero della
pubblica istruzione, sono incrementati complessivamente di 100 milioni di
euro, da destinare prioritariamente alle scuole dell’infanzia.
636. Il Ministro della pubblica istruzione definisce annualmente, con
apposito decreto, i criteri e i parametri per l’assegnazione dei contributi alle
367
scuole paritarie e, in via prioritaria, a quelle che svolgono il servizio
scolastico senza fini di lucro e che comunque non siano legate con società
aventi fini di lucro o da queste controllate. In tale ambito i contributi sono
assegnati secondo il seguente ordine di priorità: scuole dell’infanzia, scuole
primarie e scuole secondarie di primo e secondo grado.
637. Il sistema universitario concorre alla realizzazione degli obiettivi di
finanza pubblica per il triennio 2007-2009, garantendo che il fabbisogno
finanziario, riferito alle università statali, ai dipartimenti e a tutti gli altri
centri con autonomia finanziaria e contabile, da esso complessivamente
generato in ciascun anno non sia superiore al fabbisogno determinato a
consuntivo nell’esercizio precedente, incrementato del 3 per cento. Il
Ministro dell’università e della ricerca procede annualmente alla
determinazione del fabbisogno finanziario programmato per ciascun
ateneo, sentita la Conferenza dei rettori delle università italiane (CRUI),
tenendo conto degli obiettivi di riequilibrio nella distribuzione delle risorse
e delle esigenze di razionalizzazione del sistema universitario, garantendo
l’equilibrata distribuzione delle opportunità formative.
638. Il Consiglio nazionale delle ricerche, l’Agenzia spaziale italiana,
l’Istituto nazionale di fisica nucleare, l’Ente per le nuove tecnologie,
l’energia e l’ambiente, il Consorzio per l’area di ricerca scientifica e
tecnologica di Trieste e l’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia
concorrono alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica per il
triennio 2007-2009, garantendo che il fabbisogno finanziario
complessivamente generato in ciascun anno non sia superiore al fabbisogno
determinato a consuntivo nell’esercizio precedente incrementato del 4 per
cento annuo.
639. Il fabbisogno di ciascuno degli enti di ricerca di cui al comma 638 è
determinato annualmente nella misura inferiore tra il fabbisogno
programmato e quello realizzato nell’anno precedente incrementato del
tasso di crescita previsto dal medesimo comma 638. Con decreto del
368
Ministro dell’economia e delle finanze, su proposta del Ministro
dell’università e della ricerca e del Ministro dello sviluppo economico,
possono essere introdotte modifiche al fabbisogno annuale spettante a
ciascun ente di ricerca ai sensi del presente comma, previa compensazione
con il fabbisogno annuale degli altri enti di ricerca e comunque nei limiti
del fabbisogno complessivo programmato e possono essere altresì
determinati i pagamenti annuali che non concorrono al consolidamento del
fabbisogno programmato per ciascun ente di ricerca, derivanti da accordi di
programma e convenzioni per effetto dei quali gli enti medesimi agiscono
in veste di attuatori dei programmi ed attività per conto e nell’interesse dei
Ministeri che li finanziano.
640. Per il triennio 2007-2009 continua ad applicarsi la disciplina di cui
all’articolo 3, comma 5, della legge 24 dicembre 2003, n. 350.
641. Per le finalità di cui al decreto legislativo 5 giugno 1998, n. 204,
recante disposizioni per il coordinamento, la programmazione e la
valutazione della politica nazionale relativa alla ricerca scientifica e
tecnologica, è autorizzata la spesa di 20 milioni di euro per gli anni 2007,
2008 e 2009.
642. Il fabbisogno finanziario annuale determinato per il sistema
universitario statale dal comma 637 e per i principali enti pubblici di
ricerca dal comma 638 è incrementato degli oneri contrattuali del personale
limitatamente a quanto dovuto a titolo di competenze arretrate.
643. Per gli anni 2008 e 2009 gli enti di ricerca pubblici possono procedere
ad assunzioni di personale con rapporto di lavoro a tempo indeterminato
entro il limite dell’80 per cento delle proprie entrate correnti complessive,
come risultanti dal bilancio consuntivo dell’anno precedente, purché entro
il limite delle risorse relative alla cessazione dei rapporti di lavoro a tempo
indeterminato complessivamente intervenute nel precedente anno.
644. Sono fatti salvi i principi di cui ai commi 526 e 529.
645. Nell’anno 2007, gli enti di cui al comma 643 possono avviare
369
procedure concorsuali volte alla costituzione di rapporti di lavoro a tempo
indeterminato, la cui costituzione effettiva non può comunque intervenire
in data antecedente al 1º gennaio 2008, fermi i limiti di cui al medesimo
comma 643 riferiti all’anno 2006.
646. Ai fini dell’applicazione dei commi 643 e 645, sono fatte salve le
assunzioni conseguenti a bandi di concorso già pubblicati ovvero a
procedure già avviate alla data del 30 settembre 2006 e i rapporti di lavoro
costituiti all’esito dei medesimi sono computati ai fini dell’applicazione dei
predetti commi.
647. In attesa della riforma dello stato giuridico dei ricercatori universitari,
il Ministro dell’università e della ricerca, con proprio decreto da emanare
entro il 31 marzo 2007, sentiti il Consiglio universitario nazionale (CUN) e
la CRUI, disciplina le modalità di svolgimento dei concorsi per ricercatore,
banditi dalle università successivamente alla data di emanazione del
predetto decreto ministeriale, con particolare riguardo alle modalità
procedurali ed ai criteri di valutazione dei titoli didattici e dell’attività di
ricerca, garantendo celerità, trasparenza e allineamento agli standard
internazionali.
648. Al fine di consentire il reclutamento straordinario di ricercatori, il
decreto di cui al comma 647 definisce un numero aggiuntivo di posti di
ricercatore da assegnare alle università e da coprire con concorsi banditi
entro il 30 giugno 2008.
649. Per l’anno 2007, il personale in servizio con contratto a tempo
determinato presso gli enti e le istituzioni pubbliche di ricerca, che risulti
vincitore di concorso per l’assunzione con contratto a tempo indeterminato,
già espletato ovvero con procedure in corso alla data del 30 settembre
2006, la cui assunzione risulti dal 2008 compatibile con i limiti posti dal
comma 523, può essere mantenuto in servizio a tempo determinato per
l’anno 2007, qualora i relativi oneri non siano posti a carico dei bilanci di
funzionamento o del Fondo di finanziamento ordinario degli enti stessi.
370
650. All’onere derivante dal comma 648 si provvede nel limite di 20
milioni di euro per l’anno 2007, di 40 milioni di euro per l’anno 2008 e di
80 milioni di euro a decorrere dall’anno 2009.
651. Fermo quanto previsto dai commi 643, 644 e 645, entro il 30 aprile
2007 il Ministro dell’università e della ricerca, sentiti i presidenti degli enti
interessati, bandisce un piano straordinario di assunzioni di ricercatori
nell’ambito degli enti pubblici di ricerca vigilati dal Ministero
dell’università e della ricerca, definendone il numero complessivo e le
modalità procedimentali con particolare riferimento ai criteri di valutazione
dei pregressi rapporti di lavoro, dei titoli scientifici e dell’attività di ricerca
svolta.
652. Per l’attuazione del piano di cui al comma 651, è autorizzata la spesa
di 7,5 milioni di euro per l’anno 2007 e di 30 milioni di euro a decorrere
dall’anno 2008.
653. Per gli anni dal 2007 al 2009 incluso, è fatto divieto alle università
statali e non statali, autorizzate a rilasciare titoli accademici aventi valore
legale, di istituire e attivare facoltà o corsi di studio in comuni diversi da
quello ove l’ateneo ha la sede legale e amministrativa, salvo che si tratti di
comune confinante o di razionalizzazione dell’offerta didattica mediante
accorpamento di sedi decentrate già esistenti nella regione Valle d’Aosta e
nelle province autonome di Trento e di Bolzano, o di istituzione di centri di
ricerca funzionali alle attività produttive della regione.
…omissis…
371
Dipartimento per l’Istruzione
Direzione generale per gli ordinamenti scolastici
Ufficio VIII
Circolare Ministeriale 28 dicembre 2006, n. 76
Prot. n. 11801/ORD/U08/C/Ac10
Oggetto: Legge finanziaria 2007: Istituzione Agenzia nazionale per lo
sviluppo dell'autonomia scolastica
Com'è noto, la legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007),
prevede, all'art. 1, comma 611, l'istituzione dell'Agenzia nazionale per lo
sviluppo dell'autonomia scolastica, definendone le funzioni e l'articolazione
della struttura a livello centrale con sede a Firenze, e a livello periferico in
"nuclei" allocati presso gli Uffici scolastici regionali.
Contestualmente all'istituzione dell'Agenzia, la cui organizzazione dovrà
essere definita con regolamento adottato ai sensi dell'art. 8, comma 4, del
decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, la stessa legge, al successivo
comma 612 dispone la soppressione dell'Istituto nazionale di
documentazione per la ricerca educativa (INDIRE) e degli Istituti regionali
di ricerca educativa (IRRE), demandando alla predetta Agenzia le funzioni
ed i compiti attualmente svolti dagli stessi Enti.
A decorrere, pertanto, dal 1° gennaio 2007, data di entrata in vigore della
legge finanziaria 2007, sono da ritenersi superati tutti gli organi di tali Enti,
individuati per l'INDIRE dall'art. 1 del decreto del Presidente della
Repubblica 21 novembre 2000, n. 415, e per gli IRRE dall'art. 2 del decreto
del Presidente della Repubblica 6 marzo 2001, n. 190.
In loro sostituzione è prevista la nomina di uno o più Commissari
straordinari da parte del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta
del Ministro della pubblica istruzione.
In relazione a quanto precede, si rende, pertanto, necessario che codesti
Enti predispongano un'apposita rendicontazione di fine anno che, sia pur
372
provvisoria, illustri la situazione finanziaria e patrimoniale anche mediante
la determinazione dell'avanzo di amministrazione presunto, distinguendo la
parte disponibile da quella vincolata, e la consistenza di cassa.
Un ulteriore adempimento riguarda la compilazione di un elenco
contenente la descrizione di tutti i progetti in corso, sia di propria
programmazione che su committenza di soggetti esterni, evidenziandone lo
stato di attuazione ed i relativi movimenti finanziari.
Tali atti dovranno essere consegnati al Commissario straordinario al
momento del suo insediamento mediante apposita verbalizzazione.
Il Commissario straordinario procederà successivamente ad un'attenta
ricognizione dei progetti di cui al predetto elenco, stabilendo quali, a suo
giudizio, devono essere portati a conclusione, anche in relazione ai compiti
ed alle funzioni assegnati dalla legge all'Agenzia nazionale per lo sviluppo
dell'autonomia scolastica.
Compete, inoltre, al Commissario straordinario gestire i rapporti attivi e
passivi in capo all'Ente soppresso, e, quindi, porre in essere anche gli atti
necessari alla risoluzione dei relativi contratti, prestando particolare
attenzione a quello riguardante l'affitto dei locali utilizzati dallo stesso
Ente.
Ciò consentirà di effettuare un'attenta ricognizione del patrimonio, al fine
di curare il successivo trasferimento dei beni mobili presso i locali
dell'Ufficio Scolastico Regionale, presso cui saranno allocati i "nuclei"
periferici dell'Agenzia.
Il Commissario straordinario concorderà, inoltre, con il competente
Direttore Regionale le modalità di trasferimento sia dei beni mobili che del
personale per quegli Enti soppressi che non siano proprietari dei locali dove
sono ubicati.
Si fa riserva di fornire ulteriori indicazioni non appena sarà adottato il
regolamento previsto dal citato art. 1, comma 612, della legge 27 dicembre
2006, n. 296.
373
Copia della presente nota dovrà essere consegnata al competente
Commissario straordinario.
Si ringrazia per la collaborazione.
Firmato
IL DIRETTORE GENERALE
Mario G. Dutto
374
Direttiva n. 68
Ministero della Pubblica Istruzione Estremi di registrazione: Reg. 6,
foglio 175
Roma, 3 agosto 2007
…Omissis…
IL MINISTRO
EMANA la seguente direttiva
A. - Primo avvio - Settembre-Dicembre 2007 La definizione, in chiave
sperimentale, delle Indicazioni per il curricolo delle scuole dell’infanzia e
delle scuole del primo ciclo, apre un importante cantiere biennale di lavoro.
In questo contesto la fase iniziale di accompagnamento diventa decisiva per
una proficua ed efficace azione che dovrà estendersi nel tempo.
La prima fase è quella di informazione, di lettura, di comprensione e di
approfondimento del contenuto delle Indicazioni, dei criteri di fondo, dei
principi ispiratori, delle implicazioni per le scuole e per gli insegnanti.
Occorre mettere solide basi per un lavoro di innovazione che coinvolga gli
insegnanti nella loro azione di educazione ed istruzione.
La natura stessa dei processi di insegnamento e di apprendimento che si
realizzano nel vivo della scuola non richiede, infatti, un mero processo
esecutivo, ma l’apporto della professionalità e dell’esperienza di tutti, per
una reale condivisione dello scopo per cui sono state redatte queste
Indicazioni per il curricolo.
Perché questo accada è indispensabile un sistema di supporto che coinvolga
l’amministrazione scolastica, nelle sue componenti tecniche e
amministrative, i dirigenti scolastici e le istituzioni nazionali di servizio,
quali l’Agenzia nazionale e l’INVALSI.
La fase iniziale di avvio, collocata nel periodo settembre - dicembre 2007,
costituisce una funzione preliminare rispetto alle successive fasi in cui gli
375
interventi relativi allo sviluppo professionale degli insegnanti ed al lavoro
di ricerca e di innovazione nelle scuole assumeranno un rilievo strutturale.
Per le iniziative mirate allo sviluppo professionale dei docenti occorrerà
rivisitare approcci e metodi di intervento, privilegiando la formazione in
presenza e i modelli innovativi sviluppati in questi anni, anche in
collaborazione con le associazioni professionali e disciplinari. Il rilancio
della ricerca didattica dovrà mettere a frutto il ruolo attivo della scuola
come luogo di studio e di innovazione.
B. - Finalità La fase iniziale, settembre – dicembre 2007, ha obiettivi
specifici e precisi. Nell’arco di quattro mesi si procede a:
a) far conoscere a tutti gli insegnanti, a tutti i dirigenti scolastici le nuove
Indicazioni, nel loro contenuto, nei loro fondamenti e nella loro
articolazione;
b) promuovere la diffusione della conoscenza delle Indicazioni anche tra i
genitori;
c) assistere le scuole nella prima e graduale messa in pratica delle
Indicazioni;
d) far emergere le domande di formazione che dovranno guidare gli
interventi successivi;
e) cogliere le aree di innovazione e individuare le scuole disponibili a
diventare punti di riferimento;
f) realizzare un puntuale monitoraggio sulle condizioni da garantire per
rendere possibile la piena efficacia delle Indicazioni nel medio e lungo
periodo e per fornire alle singole istituzioni scolastiche le risorse e gli
strumenti necessari.
Le azioni in questa fase devono essere tempestive ed efficaci; richiedono
una forte sinergia tra l’amministrazione centrale, le strutture regionali e
provinciali per realizzare il servizio e l’assistenza alle scuole e alle reti di
scuole.
C. - Azioni e misure Nella fase di avvio le azioni da mettere in campo nel
376
periodo settembre – dicembre 2007 sono le seguenti.
A livello nazionale la Direzione generale per gli ordinamenti scolastici avrà
cura di:
1. Predisporre e realizzare un corso residenziale nazionale di tre giorni sul
tema delle Indicazioni (e della loro prima implementazione), riservato a
tutti i dirigenti tecnici del settore (scuole dell’infanzia e del primo ciclo).
2. Realizzare un’area dedicata nel portale del Ministero per informazione e
documentazione.
3. Aprire uno spazio web per il confronto, la discussione e la messa in
comune di esperienze, anche ricorrendo a soluzioni dedicate e specifiche.
4. Organizzare un seminario nazionale con le associazioni professionali e
scientifiche per la consegna formale del testo delle Indicazioni e per
l’approfondimento di alcuni temi specifici.
5. Predisporre due numeri speciali degli Annali per l’approfondimento
scientifico dei contenuti delle Indicazioni.
6. Assicurare che venga predisposto ed avviato un piano di attività di
ricerca da parte dell’Agenzia nazionale di sostegno all’autonomia, secondo
le indicazioni contenute nell’Atto di indirizzo del 10 luglio 2007.
7. Verificare che venga definito, da parte dell’INVALSI, un piano di
intervento per il monitoraggio e la valutazione della fase di avvio secondo
la Direttiva n. 52 del 19 giugno 2007.
8. Predisporre una Consultazione nazionale nelle scuole da realizzare nella
primavera 2008, dopo la fase di iniziale accompagnamento, per la raccolta
sistematica e ragionata di commenti, riflessioni e proposte scaturite
direttamente dall’esperienza degli insegnanti.
A livello regionale, ogni singolo Direttore generale regionale organizza un
piano di lavoro per il periodo settembre-dicembre 2007, comprendente, tra
le diverse iniziative:
1. una o più conferenze di servizio (in relazione alle dimensioni della
Regione) riservate ai Dirigenti tecnici e a tutti i Dirigenti scolastici del
377
primo ciclo di istruzione per la consegna del testo delle Indicazioni e
l’illustrazione del piano di lavoro;
2. uno o più corsi, anche residenziali, riservati a tutti i Dirigenti scolastici
del settore, nella prospettiva di una accurata conoscenza del contenuto delle
Indicazioni e di ricadute nelle singole Istituzioni scolastiche;
3. invito alle scuole ad organizzare una apposita riunione dei collegi dei
docenti in occasione dell’apertura dell’anno scolastico. Nel rispetto
dell’autonomia, le scuole sono invitate – d’intesa con i propri Consigli di
Istituto - a costituire commissioni di lavoro (capi di istituto, docenti,
dirigenti amministrativi, genitori…) per impostare e seguire gli sviluppi del
processo di informazione e prima attuazione delle Indicazioni;
4. promozione, nelle scuole dell’infanzia e del primo ciclo, di una
discussione impostata e coordinata organicamente a livello dipartimentale e
interdipartimentale, tesa a individuare le Indicazioni come occasione per
una riflessione comune sulle finalità del servizio formativo e sul
miglioramento della sua qualità;
5. orientamento delle iniziative di formazione per il personale della scuola,
nel rispetto delle disposizioni contrattuali in vigore, alla prima conoscenza
delle Indicazioni;
6. sostegno per il rafforzamento e l’istituzione di reti di scuole (ex art. 7
DPR n. 275/1999), chiamate a discutere temi generali e specifici delle
Indicazioni e a diffondere e monitorare buone pratiche.
D. - Organizzazione Per assicurare efficacia e funzionalità all’intero piano
di attività sono costituite le necessarie basi amministrative e funzionali.
A livello nazionale viene costituito un gruppo di coordinamento con la
responsabilità di impostare, gestire e verificare l’intera azione di iniziale
accompagnamento, avvalendosi delle strutture ministeriali e in
collaborazione con i diversi soggetti istituzionali.
A livello regionale i Direttori scolastici regionali istituiscono gruppi di
coordinamento regionali incaricati di operare con intensità crescente nel
378
territorio. Esse sono composte da dirigenti tecnici, dirigenti scolastici e
docenti e sviluppano il piano di lavoro regionale.
A livello provinciale i Direttori scolastici regionali costituiscono unità
operative di sostegno progettuale e organizzativo a livello provinciale, così
realizzando Nuclei di supporto per le Indicazioni. I componenti di tali
nuclei vengono sensibilizzati e formati sui contenuti e sui principi delle
nuove Indicazioni attraverso percorsi specifici di formazione che tengano
conto delle aree disciplinari; delle singole discipline; delle metodologie di
insegnamento e dei loro nessi interdisciplinari.
I Nuclei provinciali di supporto costituiscono i termini di riferimento per il
biennio di lavoro e i punti di contatto e di incontro per le scuole, per i
diversi soggetti coinvolti, enti locali, agenzie culturali e sociali operanti sul
territorio.
E. - Risorse finanziarie e sviluppo biennale La rilevanza del programma di
lavoro per la prima fase di accompagnamento e l’impegno di tutte le
strutture al servizio delle scuole e degli insegnanti richiedono un
investimento adeguato di risorse finanziarie.
Con successivo provvedimento vengono finalizzate operativamente e
ripartite le risorse finanziarie disponibili.
Tutte le azioni di accompagnamento nella fase iniziale contribuiscono a
creare le condizioni per il varo di interventi di formazione, di ricerca e di
sostegno che saranno realizzate entro il biennio di sviluppo della fase di
attuazione e di realizzazione delle Indicazioni.
A conclusione del periodo settembre – dicembre 2007 viene redatto un
rapporto di sintesi a cura della Direzione generale per gli ordinamenti
scolastici.
La presente direttiva è trasmessa alla Corte dei Conti per la registrazione, ai
sensi dell’art. 3, comma 1, lettera b), della legge 14 gennaio 1994 n. 20.
IL MINISTRO f.to Giuseppe Fioroni
379
Direttiva ministeriale n. 81 del 05 ottobre 2007
“Individuazione degli interventi prioritari e criteri generali per la
ripartizione delle somme, le indicazioni sul monitoraggio, il supporto e
la valutazione degli interventi stessi”, ai sensi dell’articolo 2 della legge
18 dicembre 1997, n. 440
IL MINISTRO DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE (…omissis…)
EMANA
la seguente direttiva per l’utilizzazione, per l’anno 2007, della somma di
euro 185.895.533,44 indicata in premessa, per la realizzazione degli
interventi prioritari appresso specificati:
1. Interventi prioritari Sono individuati come prioritari, i seguenti
interventi:
a) iniziative dirette all’ampliamento dell’offerta formativa, nell’ambito dei
piani definiti dalle istituzioni scolastiche, anche associate in rete, ai sensi
dell’art. 3 del D.P.R. 8 marzo 1999, n. 275, nonché le iniziative, sempre
nell’ambito dei Piani dell’offerta formativa, per la realizzazione dei
percorsi multidisciplinari di educazione alla salute e alla legalità. Iniziative
di promozione volte alla realizzazione del diritto ad apprendere e alla
crescita culturale di tutti gli studenti, valorizzando le diversità,
promuovendo le potenzialità di ciascuno e adottando tutte le iniziative utili
al raggiungimento del successo formativo;
b) iniziative di formazione del personale della scuola dirette allo sviluppo
delle competenze richieste per l’innalzamento del livello degli
apprendimenti di base degli alunni; nonché quelle coerenti con il piano
dell’offerta formativa per la prevenzione e il superamento del disagio e il
disadattamento giovanile;
c) iniziative volte al potenziamento e all’espansione dell’offerta formativa,
nelle scuole paritarie, ai sensi della legge 10 marzo 2000, n. 62;
d) iniziative finalizzate al potenziamento ed alla qualificazione dell’offerta
380
di integrazione scolastica degli alunni in situazione di handicap, con
particolare riguardo agli alunni con handicap sensoriale, nonché agli alunni
ricoverati in ospedale o seguiti in regime di day hospital, promosse dalle
istituzioni scolastiche, anche associate in rete, appartenenti al sistema
nazionale di istruzione, nell’ambito dei rispettivi Piani dell’offerta
formativa, definiti ai sensi dell’articolo 3 del D.P.R. 8 marzo 1999, n. 275.
Iniziative dirette alla specifica formazione del personale docente
predisposte e realizzate dalle istituzioni scolastiche, anche in collegamento
con gli istituti di carattere atipico di cui all’art. 21, comma 10, della legge
15 marzo 1997, n. 59, ovvero promosse dal Ministero della pubblica
istruzione, mediante convenzioni con istituti specializzati nello studio e
nella cura di specifiche forme di handicap che accettino di operare nel
settore dell’integrazione scolastica;
e) azioni perequative a sostegno dell’area di professionalizzazione degli
istituti professionali;
f) attività da porre in essere, nell’ambito delle collaborazioni istituzionali
con le regioni e gli enti locali, per:
– la realizzazione dell’alternanza scuola lavoro;
– lo sviluppo dell’istruzione permanente degli adulti;
g) iniziative volte alla valutazione dei progetti nazionali ed iniziative
dirette a potenziare gli interventi da porre in essere per la realizzazione del
sistema di valutazione dei dirigenti scolastici da effettuare da parte
dell’Invalsi;
h) iniziative di studio e documentazione dei processi innovativi realizzati
dalle istituzioni scolastiche tramite un sistema mirato di monitoraggio delle
attività poste in essere.
2. Specificazione degli interventi Sono riferite al potenziamento
dell’autonomia scolastica tutte le iniziative di cui al punto 1) - lettera a) .
L’attivazione delle iniziative in questione dovrà costituire oggetto di un
organico Piano dell’offerta formativa da parte delle singole scuole.
381
L’ampliamento dell’offerta formativa dovrà, tra l’altro, garantire la
realizzazione dei percorsi multidisciplinari di educazione alla salute e alla
legalità. Nel medesimo contesto - nell’ambito dell’autonomia scolastica e
nel rispetto della libertà di insegnamento e delle finalità generali del
sistema scolastico - vanno collocate anche le iniziative nazionali
riguardanti la promozione della lettura, nonché quelle che si traducono in
comportamenti consapevoli e responsabili, con particolare riferimento alle
seguenti aree di intervento:
– sostenere e promuovere le diverse forme di partecipazione responsabile
e di rappresentanza degli studenti e dei genitori;
– promuovere stili di vita positivi, contrastare le patologie più comuni,
prevedendo interventi di informazione e formazione per docenti, studenti e
loro famiglie con particolare riferimento ai temi dell’alimentazione per la
prevenzione di disturbi alimentari e patologie croniche, delle dipendenze e
delle patologie correlate ai disagi che possono insorgere in età
adolescenziale e giovanile;
– promuovere l’attività motoria e sportiva a scuola compreso
l’ampliamento delle sperimentazioni in atto nella scuola primaria,
potenziare giochi sportivi studenteschi, incrementare le iniziative contro la
violenza negli stadi e l’associazionismo sportivo durante l’apertura
pomeridiana delle scuole;
– promuovere la cultura della legalità ed educare alla cittadinanza attiva in
Italia e in Europa anche attraverso lo studio della nostra Costituzione,
prevenire e contrastare il bullismo e la violenza dentro e fuori la scuola;
– promuovere il volontariato a scuola;
– rispettare e vivere l’ambiente per una migliore qualità della vita;
– sostenere la diversità di genere come valore;
– accogliere e sostenere gli studenti con famiglie straniere, adottive e
affidatarie.
Le iniziative di formazione e di aggiornamento del personale scolastico di
382
cui alla lettera b), da realizzarsi anche con progetti promossi a livello
nazionale, riguarderanno tutto il personale scolastico e saranno legate
prioritariamente al processo di potenziamento della cultura dell’autonomia
scolastica e in coerenza con l’ampliamento dell’offerta formativa.
L'integrazione scolastica degli alunni portatori di handicap di cui alla
lettera d), promossa dalle istituzioni scolastiche, sia singolarmente che in
forma associata, sarà attuata mediante iniziative di potenziamento e di
qualificazione del sostegno riferite all'offerta di integrazione formativa in
particolare agli alunni con handicap sensoriale, nonché agli alunni
ricoverati in ospedale o seguiti in regime di day hospital.
Tutte le predette iniziative di cui alle lettere a), b), c) e lettera d) del punto
1) sono adottate anche con la collaborazione e in coerenza con le esigenze e
le particolarità delle comunità locali. La loro attivazione, comprensiva
anche delle attività complementari ed integrative a favore degli studenti,
dovrà costituire oggetto di un organico Piano dell'offerta formativa da parte
delle singole scuole.
• Gli interventi perequativi, di cui al punto 1) - lettera e) sono diretti a
sviluppare l'area di professionalizzazione del biennio post-qualifica negli
istituti professionali;
• gli interventi di cui al punto 1) - lettera f), attengono alla realizzazione:
– di percorsi in alternanza scuola-lavoro che arricchiscano l'offerta
formativa per assicurare ai giovani, oltre alle conoscenze di base,
l'acquisizione di competenze e abilità spendibili nel mercato del lavoro;
percorsi da attuare anche sulla base di convenzioni con imprese ed enti
pubblici e privati disponibili ad accogliere gli studenti per periodi di
tirocinio;
• gli interventi di cui al punto 1) - lettera g), attengono alla valutazione dei
progetti nazionali ed alla realizzazione degli interventi da porre in essere
per la valutazione dei dirigenti scolastici;
• gli interventi di cui al punto 1) - lettera h) sono riferiti:
383
– allo studio e alla documentazione dei processi innovativi, realizzati
dall’Agenzia nazionale per lo sviluppo dell’autonomia scolastica;
– al monitoraggio delle attività realizzate dalle istituzioni scolastiche di cui
ai punti da a) a d) del punto 1), da effettuare dagli uffici scolastici regionali
su tutte le istituzioni scolastiche appartenenti al sistema nazionale di
istruzione e formazione. Tale monitoraggio sarà realizzato anche con il
supporto di Organismi nazionali e locali competenti in materia. L'azione in
questione dovrà favorire la costruzione di una rete di supporto nazionale in
grado di garantire sul territorio momenti di confronto, sostegno e
informazione. Saranno, altresì, monitorate le iniziative poste in essere a
livello di Amministrazione centrale e di uffici scolastici regionali, ai fini di
una puntuale verifica in ordine al raggiungimento degli obiettivi fissati.
3. Finanziamenti dei Piani dell'offerta formativa In relazione
all’autonomia scolastica e al connesso obbligo di definire preventivamente
un Piano dell’offerta formativa, tutte le istituzioni scolastiche saranno
destinatarie di un finanziamento specificamente finalizzato alla
realizzazione del piano dell’offerta formativa e delle connesse attività di
formazione e aggiornamento, riferibili ai finanziamenti previsti dalla legge
n. 440/1997. Il monitoraggio delle modalità di utilizzazione di tali
finanziamenti sarà realizzato attraverso un diretto rapporto con le istituzioni
scolastiche.
4. Criteri generali per la ripartizione delle somme destinate agli interventi
I criteri di ripartizione della dotazione finanziaria del fondo vengono
individuati in modo differenziato con riferimento alla natura degli
interventi, alla necessità di mantenere e sviluppare iniziative già poste in
essere con precedenti progetti promossi a livello nazionale, nonché
limitatamente alle somme da gestire direttamente dalle istituzioni
scolastiche, sulla base dei parametri oggettivi successivamente indicati.
Conseguentemente, viene effettuata la seguente ripartizione della somma di
euro 185.895.533,44 come in premessa indicata, per i singoli interventi
384
elencati al punto 1):
• da a) a c) euro 105.676.135,87. In particolare:
– la somma fino ad un massimo di euro 18.000.000 sarà utilizzata per le
attività di formazione ed aggiornamento del personale della scuola.
Nell'ambito di detto importo la somma fino ad un massimo di euro
3.000.000 sarà destinata a progetti promossi e realizzati a livello nazionale
per le attività di formazione e aggiornamento del personale della scuola,
mentre la somma fino al massimo di euro 1.000.000 sarà destinata ad
analoghi progetti promossi e realizzati a livello regionale;
– l’importo fino ad un massimo di euro 12.000.000 è destinato al progetto
per la promozione alla lettura, di cui euro 1 milione per i progetti promossi
e realizzati a livello nazionale;
– l'importo fino ad un massimo di euro 8.000.000 sarà utilizzato per
assicurare, mediante programmi multimediali, la prosecuzione dei progetti
riferiti al potenziamento della cultura scientifica, all'insegnamento della
lingua italiana; nonché all’utilizzo della mediateca digitale italiana;
– l'importo fino ad un massimo di euro 4.000.000 sarà destinato a progetti
promossi e realizzati a livello nazionale per la partecipazione alle olimpiadi
internazionali, per le iniziative finalizzate alla valorizzazione delle
eccellenze ed allo sviluppo dei percorsi di orientamento d’intesa tra scuole,
università e mondo del lavoro;
– l'importo fino a un massimo di euro 25.938.000 sarà utilizzato per le
iniziative, promosse a livello nazionale, dirette a realizzare l’educazione
alla salute, il potenziamento dell’attività motoria e sportiva nella scuola
primaria e la realizzazione giochi sportivi studenteschi nazionali ed
internazionali, a promuovere la cultura della legalità e l’educazione alla
cittadinanza attiva; a garantire l’efficace funzionamento delle consulte
provinciali degli studenti, del Forum nazionale delle associazioni degli
studenti e del Forum nazionale delle associazioni dei genitori a scuola, a
porre in essere azioni destinate a prevenire e contrastare il bullismo e la
385
violenza dentro e fuori la scuola; a promuovere il volontariato a scuola, il
rispetto dell’ambiente, le azioni volte a sostenere la diversità di genere
come valore, l’accoglienza ed il sostegno degli studenti con famiglie
straniere, adottive e affidatarie;
– l'importo fino ad un massimo di euro 978.000 sarà destinato per la
realizzazione di programmi comunitari in materia formativa;
– l'importo fino ad un massimo di euro 400.000 sarà destinato
all'attivazione dell'iniziativa comunitaria finalizzata alla definizione di un
quadro unico delle qualifiche e delle competenze del sistema scolastico
formativo (Europass);
– l'importo di euro 5.500.000 sarà destinato alle scuole paritarie per
l'espansione dell'offerta formativa.
Le assegnazioni dei fondi alle istituzioni scolastiche saranno disposte dal
competente ufficio dell’Amministrazione centrale e dai competenti uffici
scolastici regionali.
L’importo complessivo destinato alle istituzioni scolastiche statali per i
Piani dell’offerta formativa di cui al precedente punto 3), ammontante a
euro 55.860.135,87 sarà ripartito in misura proporzionale alle dimensioni
delle istituzioni scolastiche, calcolate in relazione alle unità di personale e
al numero degli alunni.
d) 10.719.397,57 di euro per le iniziative di potenziamento e di
qualificazione dell'offerta formativa di integrazione scolastica degli alunni
in situazione di handicap, con particolare attenzione per quelli con
handicap sensoriale, nonché per gli alunni ricoverati in ospedale o seguiti
in regime di day hospital, promosse dalle istituzioni scolastiche. Iniziative
di formazione del personale docente predisposte e realizzate dalle
Istituzioni scolastiche, anche in collegamento con gli istituti di carattere
atipico di cui all'art. 21, comma 10 della legge 15 marzo 1997, n. 59,
ovvero promosse dal Ministero della pubblica istruzione, mediante
convenzioni con istituti specializzati nello studio e nella cura di specifiche
386
forme di handicap che accettino di operare nel settore dell'integrazione
scolastica. La somma di euro 5.895.668,66 corrispondente al 55% dei
predetti 10.719.397,57 euro, sarà destinata agli istituti a carattere atipico di
cui all'art. 21, comma 10 della legge 15 marzo 1997, n. 59 ove nel corrente
anno 2007 siano insediati i nuovi organi di gestione previsti dalla riforma di
detti istituti. La predetta somma di euro 5.895.668,66 eventualmente non
assegnata ai suddetti istituti atipici in relazione al mancato insediamento
dei nuovi organi di gestione, sarà destinata ad incrementare le risorse
finanziarie per l'offerta formativa di integrazione scolastica degli alunni in
situazione di handicap e per la formazione del personale docente. A detta
attività di formazione è destinato l' importo fino ad un massimo di euro
1.000.000 della somma da ultimo citata (sub lettera d) del precedente punto
1);
e) euro 30.000.000 per gli interventi perequativi diretti al sostegno delle
attività riferite all'area di professionalizzazione degli istituti professionali
(sub lettera e) del precedente punto 1);
f) euro 35.000.000 per sostenere i seguenti interventi (sub lettera f) del
precedente punto 1):
– 30.000.000 di euro per la realizzazione dell'alternanza scuola lavoro;
– 5.000.000 di euro per l'istruzione permanente degli adulti;
g) euro 2.500.000 per gli interventi diretti alla valutazione dei progetti
nazionali e delle iniziative volte a sviluppare gli interventi da porre in
essere per la realizzazione del sistema di valutazione dei dirigenti scolastici
(sub lettera g, del precedente punto 1);
h) euro 2.000.000 per gli interventi diretti alla produzione della
documentazione dei processi innovativi, realizzati attraverso l’Agenzia
nazionale per lo sviluppo dell’autonomia scolastica, tramite un sistema di
monitoraggio delle attività poste in essere, (sub lettera h, del precedente
punto 1).
5. Modalità della gestione delle somme La gestione delle somme indicate
387
al punto 4) è rimessa all'Amministrazione centrale e periferica ed alle
istituzioni scolastiche secondo le quote sotto indicate:
• l'importo complessivo di euro 55.860.135,87, di cui alle lettere da a) a
c), sarà assegnato alle istituzioni scolastiche per una immediata
utilizzazione a livello decentrato, l’importo di euro 48.816.000, sarà
assegnato agli uffici dell'Amministrazione centrale per la realizzazione di
attività e programmi di carattere nazionale ivi comprese le iniziative
realizzate dalle scuole paritarie; l’importo di euro 1.000.000 sarà assegnato
agli uffici scolastici regionali per le attività di formazione;
• l'importo di euro 10.719.397,57 di cui alla lettera d) sarà assegnato entro
il limite massimo di euro 2.000.000 agli uffici dell'Amministrazione
centrale; la restante somma sarà ripartita a favore delle istituzioni
scolastiche e degli uffici scolastici regionali, fatto salvo l'obbligo di
destinare agli istituti atipici la somma di euro 5.895.668,66 al verificarsi del
contenuto dell'art. 1, comma 3, della più volte citata legge n. 69/2000;
• l'importo di 30.000.000 di euro, di cui alla lettera e), sarà assegnato alle
istituzioni scolastiche;
• l'importo di 35.000.000 di euro, di cui alla lettera f), sarà utilizzato, fino
ad un massimo di euro 1.750.000, dagli uffici dell'Amministrazione
centrale e la restante somma sarà ripartita a favore degli uffici scolastici
regionali per gli accordi da stipularsi con le regioni;
• l'importo di euro 4.500.000 di cui alle lettere g) e h), sarà assegnato agli
uffici dell'Amministrazione centrale, che provvederanno a trasferire i
finanziamenti agli enti competenti per funzione.
Nella gestione delle somme assegnate per le finalità di cui al punto f), si
applicano le istruzioni amministrativo-contabili, in materia di interventi
cofinanziati dal Fondo sociale europeo, emanate dal Ministero del lavoro e
della previdenza sociale.
Registrata dalla Corte dei conti in data 31 ottobre 2007, registro 6, fg. 360.
IL MINISTRO Giuseppe Fioroni
388
Atto di indirizzo Roma, lì 15 settembre 2008 Prot. n. 9690
Il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca
…Omissis…
EMANA il seguente atto di indirizzo che individua, per l’anno 2008, le
priorità necessarie ad orientare l’attività dell’Agenzia nazionale per lo
sviluppo dell’autonomia scolastica (ANSAS), quale soggetto promotore di
ricerca educativa e di innovazione didattica nell’ambito del sistema
scolastico.
Obiettivi generali
Obiettivi generali e prioritari dell’Agenzia sono lo sviluppo e il sostegno
dell’autonomia scolastica con riferimento a: - attuazione dell’autonomia
didattica e di ricerca delle scuole statali e paritarie di ogni ordine e grado e
sviluppo dell’ innovazione per l’innalzamento dei livelli culturali della
popolazione scolastica; - consolidamento dell’autonomia di gestione ed
amministrativa. Nel perseguimento di tali obiettivi, l’Agenzia terrà in
particolare conto la valorizzazione del merito come criterio di
distribuzione delle opportunità e di valutazione delle persone. In
particolare, anche mediante i Nuclei territoriali allocati presso gli Uffici
scolastici regionali, fornirà supporto alle scuole per la
progettazione/realizzazione, nella piena applicazione dell’autonomia
scolastica, di percorsi curricolari finalizzati alla valorizzazione delle
eccellenze. L’Agenzia svilupperà, altresì, azioni continuative e di sistema
per la valorizzazione del merito, sia per gli studenti sia per i docenti, e dei
livelli di qualità delle scuole. Il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e
della Ricerca 4 Per quanto concerne le azioni rivolte agli studenti saranno
realizzati:
389
- monitoraggio delle iniziative nazionali e locali volte al riconoscimento
del merito scolastico (concorsi, premi, risultati scolastici);
- banca dati delle eccellenze scolastiche, a livello n azionale e regionale, e
loro comunicazione pubblica. Per le azioni rivolte a rilevare i livelli della
qualità dell’insegnamento saranno realizzati:
- documentazione delle migliori pratiche scolastiche sul modello di “Gold”;
- banca dati della ricerca, dell’innovazione e della formazione;
- collaborazione ai processi di valorizzazione delle risorse umane e di
riconoscimento del merito.
Obiettivi specifici
Nell’ambito delle funzioni indicate all’art. 1, comma 610, della legge 27
dicembre 2006, n. 296, l’Agenzia provvederà alla definizione delle attività
già indicate nell’atto di indirizzo dello scorso anno, che risultino già
avviate e ad attivare quelle necessarie per la realizzazione dei propri fini
istituzionali. In particolare l’Agenzia esplicherà la propria attività ne i
seguenti settori: Formazione del personale della scuola Dirigenti scolastici
Per i dirigenti scolastici si dovranno realizzare le seguenti attività:
- ricerca sulla “ Leadership educativa” e diffusione delle migliori pratiche
in riferimento agli strumenti di gestione, organizzazione, monitoraggio e
valutazione;
- definizione di corsi di formazione sul “bilancio sociale”, e sui rapporti
con il territorio e con il mondo del lavoro, organizzati c on la metodologia
dello svolgimento in presenza a livello regionale e dello svolgimento on
line a livello nazionale.
390
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397
INDICE
CAPITOLO I. LE ISTITUZIONI SCOLASTICHE
AUTONOME
2
1. Organizzazione scolastica e istruzione 2
2. La autonomia in generale 6
3. L’autonomia delle scuole anteriormente alla legge delega
59/97
9
4. La legge delega 59/97 e la normativa di attuazione 11
5. L’attribuzione della personalità giuridica a tutte le scuole 12
6. L’autonomia didattica, organizzativa della scuola 14
6.1. La individuazione delle discipline oggetto di insegnamento
(Curricolo obbligatorio e facoltativo)
18
6.2. Le modalità di insegnamento 19
6.3. I tempi dell’insegnamento 20
6.4. La rete tra scuole 22
7. La natura giuridica dell’ente scuola 28
8. I rapporti con il Ministero riformato 41
8.1. La organizzazione previgente al decreto legislativo 300/1999 41
8.2. Le modifiche introdotte dal decreto legislativo 300/1999 e
del regolamento di attuazione (decreto del Presidente della
Repubblica 347/2000)
42
8.3. La riforma degli organi collegiali territoriali 50
8.4. La responsabilità per i risultati del dirigente scolastico 54
CAPITOLO II. L’AUTOGOVERNO DELL’ISTITUZIONE
SCOLASTICA
57
1. La organizzazione della scuola e la libertà di insegnamento 57
2. Il governo collegiale dell’istituzione scolastica 63
398
3. Organi collegiali e competenze del dirigente scolastico 66
4. La riforma degli organi collegiali 68
5. La progettualità della scuola: il Piano dell’Offerta Formativa
(P.O.F.)
71
CAPITOLO III. LA SOGGETTIVITÀ E LA GESTIONE
DEI BENI
74
1. Personalità giuridica e titolarità dei beni 74
2. La autonomia finanziaria 76
2.1. La attuale gestione finanziaria 77
2.2. Le nuove istruzioni generali sulla gestione amministrativo -
contabile delle istituzioni scolastiche
79
3. L’attività negoziale 83
3.1. la conclusione del contratto 83
4. I Fondi Strutturali Europei 2007/2013 e i Programmi Operativi
Nazionali "Competenze per lo Sviluppo" (FSE), "Ambienti per
l'Apprendimento" (FESR)
87
CAPITOLO IV. LEGISLAZIONE STATALE E
REGIONALE IN MATERIA DI ISTRUZIONE SECONDO
LA LEGGE 3/2001
91
1. legislazione esclusiva e concorrente, concetti 91
2. la legge costituzionale 2001 n. 3: le modifiche al titolo V della
Costituzione
93
3. Le competenze legislative in materia di istruzione 94
4. La riforma del Titolo V della Costituzione in materia di
funzioni amministrative
102
4.1. Il precedente assetto costituzionale ed il superamento del
«principio del parallelismo»
103
399
5. la distinzione tra funzioni proprie e funzioni conferite 104
6. La legislazione ordinaria in materia di funzioni: il decr.
legislativo 112/1998
106
6.1. L’istruzione scolastica nel decreto legislativo 112/98 107
7. L’autonomia finanziaria e la potestà regolamentare degli enti
destinatari di funzioni
111
8. Sussidiarietà orizzontale e verticale 112
CAPITOLO V L’AUTONOMIA FUNZIONALE DELLE
ISTITUZIONI SCOLASTICHE FRA RIFORMA DEL
TITOLO V, RIORDINO DEL SISTEMA FORMATIVO E
COORDINAMENTO COMUNITARIO
114
1. Premessa. Il duplice significato dell’autonomia funzionale
delle scuole negli interventi legislativi precedenti la modifica del
titolo V nel contesto della riorganizzazione del sistema formativo
e all’interno del processo di decentramento
114
1. 2. Finalità e articolazione dell’indagine 119
2. La prima fase. Gli elementi caratterizzanti del disegno politico
sull’autonomia scolastica e il suo inserimento nel riordino
complessivo del sistema formativo
122
3. La seconda fase. L’inserimento dell’autonomia scolastica nel
disegno di decentramento amministrativo e il suo progressivo
scollamento dal progetto complessivo di riordino del sistema
educativo
125
CAPITOLO VI L’AUTONOMIA SCOLASTICA
NELL’AMBITO DELLE INIZIATIVE COFINANZIATE
DAI FONDI STRUTTURALI EUROPEI 2007/2013
129
6.1. I Fondi Strutturali Europei 129
400
6.2. Linee di intervento e strategia 135
6.3. Il Fondo Sociale Europeo (F.S.E.) 137
6.4. Il Fondo Europeo di Sviluppo Regionale “Ambienti per
l’apprendimento”
139
6.5. Specificità dei due Fondi Strutturali nell’ambito del Piano
Integrato
146
6.6. L’equità della scuola 146
6.7. Il recupero delle competenze 147
6.8. L’innovazione didattica e le pratiche laboratoriali 149
6.9. Le Reti 150
6.10 Gli interventi infrastrutturali 150
6.11 Organizzazione e Gestione della Programmazione 153
6.12 Normativa di Riferimento 154
APPENDICE NORMATIVA SULL’AUTONOMIA
SCOLASTICA
156
Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri 27 gennaio
1994 Principi sull’erogazione dei servizi pubblici
158
Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 19 maggio
1995 Prima individuazione dei settori di erogazione dei servizi
pubblici ai fini dell’emanazione degli schemi generali di
riferimento di “Carte dei servizi pubblici”
170
Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 7 giugno
1995 Schema generale di riferimento della “Carta dei servizi
scolastici
171
Direttiva del Ministro della pubblica istruzione n. 254 del 21
luglio 1995 Direttiva relativa alla “Carta dei servizi scolastici”
185
Legge 28 dicembre 1995, n. 549 Misure di razionalizzazione
della finanza pubblica
188
401
Legge 15 marzo 1997, n. 59 Delega al Governo per il
conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per
la riforma della Pubblica Amministrazione e per la
semplificazione amministrativa
189
Legge 18 dicembre 1997, n. 440 Istituzione del Fondo per
l’arricchimento e l’ampliamento dell’offerta formativa e per gli
interventi perequativi
199
decreto del Presidente della Repubblica 2 marzo 1998, n. 157
Regolamento recante norme di attuazione dell’articolo 1, comma
20, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, concernente
l’aggregazione di istituti scolastici di istruzione secondaria
superiore
202
decreto del Presidente della Repubblica 18 giugno 1998, n.
233 Regolamento recante norme per il dimensionamento
ottimale delle istituzioni scolastiche e per la determinazione
degli organici funzionali dei singoli istituti, a norma dell’articolo
21 della Legge 15 marzo 1997, n. 59
208
decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 275
Regolamento recante norme in materia di autonomia delle
istituzioni scolastiche, ai sensi dell’articolo 21 della Legge 15
marzo 1997, n. 59
219
Legge 22 marzo 2000, n. 69 Interventi finanziari per il
potenziamento e la qualificazione dell’offerta di integrazione
scolastica degli alunni con handicap
240
decreto ministeriale 26 giugno 2000, n. 234 Regolamento
recante norme in materia di curricoli nell’autonomia delle
istituzioni scolastiche, ai sensi dell’articolo 8 del decreto del
Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 275
242
Decreto-Legge 28 agosto 2000, n. 240, convertito con 246
402
modificazioni dalla legge 27 ottobre 2000, n. 306
Disposizioni urgenti per l’avvio dell’anno scolastico (Articolo 2)
decreto ministeriale 1° febbraio 2001, n. 44 Regolamento
concernente le “Istruzioni generali sulla gestione amministrativo-
contabile delle istituzioni scolastiche
248
Decreto Presidente Repubblica 4 agosto 2001, n. 352
Regolamento recante modifiche ed integrazioni al decreto del
Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 275, in materia di
autonomia delle istituzioni scolastiche
291
LEGGE COSTITUZIONALE 18 ottobre 2001, n. 3
Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione
292
Nota Ministeriale Prot. n. 7267 del 9 novembre 2001
Dirigenti scolastici. Gestione del contenzioso
300
Nota 1 marzo 2002 Prot. n. 275
Linee di indirizzo per la liquidazione delle spese per liti,
arbitraggi, risarcimenti ecc. e per la trattazione delle pratiche
concernenti gli infortuni degli alunni
302
Legge 28 marzo 2003, n. 53
Delega al Governo per la definizione delle norme generali
sull’istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia
di istruzione e formazione professionale
305
Decreto Legislativo 19 febbraio 2004, n. 59
Definizione delle norme generali relative alla scuola dell'infanzia
e al primo ciclo dell'istruzione, a norma dell'articolo 1 della
legge 28 marzo 2003, n. 53
321
Decreto Legislativo 19 novembre 2004, n. 286
Istituzione del Servizio nazionale di valutazione del sistema
educativo di istruzione e di formazione, nonché riordino
dell'omonimo istituto, a norma degli articoli 1 e 3 della legge 28
336
403
marzo 2003, n. 53
Legge 27 dicembre 2006, n. 296
Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello Stato
349
Circolare Ministeriale 28 dicembre 2006, n. 76
Prot. n. 11801/ORD/U08/C/Ac10
Legge finanziaria 2007: Istituzione Agenzia nazionale per lo
sviluppo dell'autonomia scolastica
371
Direttiva n. 68 del 3 agosto 2007
Indicazioni per il curricolo delle scuole dell’infanzia e delle
scuole del primo ciclo
374
Direttiva ministeriale n. 81 del 05 ottobre 2007
Individuazione degli interventi prioritari e criteri generali per la
ripartizione delle somme, le indicazioni sul monitoraggio, il
supporto e la valutazione degli interventi stessi, ai sensi
dell’articolo 2 della legge 18 dicembre 1997, n. 440
379
Atto di indirizzo Roma, lì 15 settembre 2008 Prot. n. 9690
Individuazione delle priorità necessarie ad orientare l’attività
dell’Agenzia nazionale per lo sviluppo dell’autonomia scolastica
(ANSAS)
388
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE 390
INDICE 397
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