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presentazione dell'alfabeto in prima classe
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L’ALFABETO DI
PIERINO
Cristiano LavezzoCristiano LavezzoCristiano LavezzoCristiano Lavezzo
L’Alfabeto di Pierino
di Cristiano Lavezzo
Anno scolastico 2007-2010
Scuola di pedagogia “Carlo Rizzi”
Corso triennale di pedagogia Steineriana
INDICE
L’ALBA .................................................................................... 10
IL MIELE PIACE A TUTTI......................................................... 17
UN PICCOLO EROE ................................................................. 22
LE UOVA DI NONNA MARIA .................................................. 29
TRA I SUONI DEL BOSCO ...................................................... 37
UNA GATTA NELL’ ORTO...................................................... 45
UNA BAMBINA IN SOFFITTA? ............................................... 53
LA VECCHIA CHITARRA ........................................................ 59
IL DOTTORE E I MALANNI DEL NONNO ............................... 64
UN LIBRO DI AVVENTURE..................................................... 75
IL NONNO E LA FOCA ............................................................ 83
UNA GIORNATA AL MARE.................................................... 92
LA PIPA DI ATTILIO ................................................................. 98
NANETTO FUNGHETTO E GLI STRANIERI ........................ 105
SERGIO LO SCOIATTOLO .................................................... 111
LA QUERCIA STORTA.......................................................... 117
LA RANA E IL LETARGO DIFFICILE .................................... 122
IL TORO E IL BERRETTINO.................................................. 129
APRILE E LE FORMICHE ...................................................... 134
UNA VOLPE AFFAMATA ...................................................... 139
UN CANE FELICE .................................................................. 146
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INTRODUZIONE
I bambini che ho avuto la fortuna di seguire nel
mio anno come maestro di prima classe erano, come
spesso sono i bambini di questa epoca,
intellettualmente molto svegli, abituati a prendere
decisioni autonomamente come fossero già grandi e
sempre critici nei confronti degli adulti, in un certo
senso già disillusi rispetto all’ambiente che si cerca di
mantenere in una scuola Waldorf per poter rispettare
e proteggere i loro tempi di crescita. Nel momento in
cui mi sono trovato di fronte al compito di creare per
loro una storia per presentargli l’alfabeto maiuscolo,
mi sono messo a cercare spunti tra l’infinito materiale
che, corsi di formazione, scuole Waldorf e singoli
insegnanti mettevano a disposizione, ma più leggevo e
più mi rendevo conto che nulla di tutto ciò calzava
perfettamente con quella classe vivace e desiderosa di
avventure più vicine al loro mondo. Avevo bisogno di
qualcosa che li catturasse e li portasse senza riserve
all’interno di quel mondo magico che per altri
2
bambini è reale. Così, decisi che invece di portargli da
subito vicende di nanetti e gnomi, che
immancabilmente gli avrebbero messo la puzza sotto il
naso, ero io che dovevo trovare una storia capace di
andare a prenderli esattamente dov’erano. Partendo da
un lavoro fatto per presentare la lettera “G” durante il
corso di formazione, che mi aveva dato particolari
soddisfazioni, ho cercato di creare, lettera dopo lettera,
una storia che parlasse di un bambino come loro, che
provava emozioni come loro, entusiasmi e paure come
loro. In un’epoca palesemente odierna si susseguivano
le sue avventure, in un ambiente molto vicino alla
natura, una semplice vita di campagna, senza negare la
modernità delle auto, del porto, delle navi e delle
città, molto sensibile al ritmo delle stagioni e legata
alle conoscenze della vita contadina grazie alla
costante presenza di un nonno arzillo e sapiente.
Tutto questo mi ha permesso di conquistare i loro
entusiasmi e, mano a mano che l’anno continuava, di
poter introdurre nella vita di classe anche storie e
personaggi ormai “invisibili” all’uomo moderno, senza
che nanetti e gnomi venissero più criticati come
avveniva all’inizio di quell’anno….ed in realtà mi resi
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conto che ero pronto ad accettarli anch’io. Il lavoro di
questa tesi non è però la stessa storia che ho portato ai
miei bambini, alcune storie sono state leggermente
modificate, altre che non mi avevano soddisfatto le ho
completamente riscritte perché, per fortuna,
dall’esperienza si impara sempre…e si corregge la
direzione.
Il significato di vocali e consonanti
I suoni vocalici sono suoni legati alla vita
dell’anima, sicuramente la lingua italiana (e quelle
latine in generale) è una lingua che da ampio spazio
all’espressione vocalica ed in effetti come popolo,
lungi da me il voler generalizzare, ci possiamo
riconoscere in una particolare predisposizione
all’esternazione della vita animica, sia negli aspetti
positivi : un paese di artisti: poeti…navigatori e santi
mi verrebbe da aggiungere, pittori, cantanti, ma anche
pizzaioli, gelatai, ecc..; sia in quelli negativi : abbiamo
indiscutibilmente la tendenza ad ingrandire ogni
evento della nostra vita in miracolo o tragedia a
4
seconda del caso, cosa che un danese limiterebbe
sicuramente.
I suoni consonantici sono invece
rappresentazione di qualcosa che si trova all’esterno,
nel mondo, sono riconducibili ad una certa struttura,
elemento di cui, come popolo, siamo più carenti e che
invece sembra abbondare in un popolo e in una lingua
come quella tedesca. Portare vocali e consonanti ai
bambini significa anche cercare di far vivere loro
questa differenza. Volevo mantenere la presentazione
di vocali e consonanti all’interno di un’ unica storia
che, attraverso le vicende di uno stesso gruppo di
personaggi creasse, con il passare dei giorni, un legame
con l’interiorità dei bambini, ma al tempo stesso,
volevo rendere sottilmente evidente la differenza di
punto di vista tra vocali e consonanti così, ho deciso
di raccontare le storie sulle vocali in un ambiente
diverso da quello dove successivamente si sarebbero
sviluppate le storie sulle consonanti. Quale miglior
luogo per elevarsi alla comprensione dei sentimenti
dell’anima se non la montagna? Altro elemento
fondamentale nella presentazione dell’alfabeto è il
tentativo di far vivere ai bambini quello che è stato il
5
cammino evolutivo dell’umanità: l’invenzione della
scrittura partendo dal collegamento tra il soggetto da
“de-scrivere” e il simbolo stesso. Nel lavoro in classe
si cerca quindi di collegare la forma della lettera
proposta alla forma del soggetto narrato in modo da
far vivere ai bambini quello che l’uomo antico ha
vissuto nel momento della nascita della scrittura.
Il lavoro in classe
Nella mia piccola esperienza di
formazione e di insegnamento ho avuto la fortuna di
venire in contatto con tanti e tanti bravi maestri ed
ognuno di loro, mi ha portato il suo personale
contributo su come si può creare un lavoro in classe,
tenendo conto soprattutto delle caratteristiche dei
bambini che si hanno di fronte. Partendo dal principio
che i bambini del secondo settennio vivono
nell’elemento ritmico musicale è fondamentale aiutare
l’interiorizzazione dei contenuti portati in classe
attraverso il risveglio di queste forze sia attraverso
quelle della volontà. Già nei ritmi del mattino
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dell’epoca di scrittura vengono proposte filastrocche e
canzoncine per le lettere che arriveranno (“Sulla Terra
bene sto” , “A è un anatroccolo” filastrocche sulla C,
G e poi più avanti sulla GN, SC, GL, eccetera) oltre
a giochi di movimento che destino tutto il corpo.
Dopo la parte ritmica inizia l’epoca. Il maestro
racconta una storia che “nasconde” al suo interno
l’arrivo di una lettera. Ma la lettera non viene
presentata subito. Il giorno seguente, dopo che il
sonno della notte ha dato il suo contributo, i bambini,
incoraggiati dal maestro ricostruiscono gli episodi del
racconto del giorno prima, poi il maestro disegna alla
lavagna una parte di quel racconto mettendo in
evidenza il soggetto della storia in modo da far
risaltare il legame tra la forma del soggetto e la forma
della lettera. Dopo che il maestro ha iniziato il disegno
alla lavagna anche i bambini sui loro quaderni creano
il loro disegno. Solo dopo un’altra notte di sonno, al
terzo giorno, i bambini si ritrovano in classe pronti a
scoprire quale lettera fosse legata a quel disegno. “Vi
ricordate bambini cosa abbiamo disegnato ieri? E vi
ricordate come era fatto il gatto che abbiamo
disegnato? Ecco, oggi scopriremo che la “G” di gatto
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ha una forma che ci ricorda proprio il gattino che
abbiamo disegnato ieri”. Può cominciare così il
passaggio dal lavoro immaginativo fatto con i bambini
all’astrazione della forma della lettera che per noi
uomini d’oggi è l’unica cosa evidente.
Con il passare dei giorni il ritmo di presentazione
delle lettere può aumentare se il maestro sente che i
bambini sono pronti, sempre però mantenendo la
suddivisione in tre giorni nella presentazione della
singola lettera, per cui si arriverà per esempio in un
giorno ad avere:
presentazione della B disegno della C storia della D
Ci sarà così nell’epoca di ogni giorno un processo di
conclusione (presentazione della B), un processo di
elaborazione (disegno della C) ed un processo di
narrazione (racconto della D).
L’epoca può venire completata da situazioni e
momenti che permettono ai bambini di “fissare”
divertendosi i contenuti.
Nella mia esperienza di prima classe tanti sono stati i
giochi, soprattutto di movimento che ho portato ai
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bambini per aiutarli ad interiorizzare le lettere
dell’alfabeto. Ho avuto la fortuna durante la settimana
di aggiornamento alla prima classe di avere come
formatore il maestro Luca che ha aperto davanti a
tutti, con sano e fresco entusiasmo, un mondo di
giochi e possibilità da portare ai bambini. Molte delle
attività che ho portato ai miei bambini hanno preso
spunto da quei suggerimenti. Sono stato aiutato dal
nanetto Barbarossa che ogni mattino nascondeva
all’interno della scuola un sacchettino con dentro la
lettera del giorno ed il sacchettino si trova proprio
sotto un oggetto che comincia con quella lettera….
“fogli!” esclama Michele durante la presentazione
della F. “Forbice” dice qualcun altro, ma sotto la
forbice non c’è nulla, “fico” dice entusiasta Samuel…
“bambini, avete mai visto un fico in classe?” E tutti si
mettono a ridere. “Frigorifero” dice Francesco e riceve
un permesso speciale per entrare nella cucina della
scuola. Quando torna con il sacchettino in mano tutti
i bambini si fanno attorno e scoprono il cartoncino
con la F che viene appesa al muro.
Un altro grande divertimento dei bambini è stato
quello di trovare parole che iniziassero con la lettera
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del giorno mentre il maestro riempiva la lavagna mano
a mano che ne trovavano di nuove.
La tombola delle lettere, il bastimento carico di A, i
dadi che danno una lettera (per esempio 5= E) e i
bambini che cercano una parola con quella lettera (5--
-E---ELEFANTE). E poi con il passare dei mesi i
cartoncini al collo con le lettere dell’alfabeto per creare
piccole parole.
Ma la cosa più entusiasmante per un maestro è
sicuramente vedere che i bambini anche nel gioco
libero continuano a sviluppare cioè che viene fatto in
classe. Cecilia all’improvviso lasciava il gioco con i
suoi compagni e venendomi incontro diceva entusiasta
“maestro! F di farfalla!.” Oppure Pietro che tutto serio
con un bastoncino spezzato in mano mi diceva
“maestro se lo piego in due è una V”.
Mi sono reso conto, nell’anno di prima classe con i
miei bambini, che non è importante quanto riuscito
sia il lavoro che ogni giorno prepariamo per loro,
l’unica cosa importante è che lo facciamo con
impegno. I bambini sentono quando abbiamo
dedicato a loro tempo ed energie e ci ricambiano
sempre con attenzione ed entusiasmo.
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L’ALBA
QQQQuesta è la storia di Pierino che la mattina si
svegliava sempre di buon’ora, quando ancora i suoi
genitori erano a letto, ma quel sabato mattina si era
svegliato ancor prima del solito!
Non riusciva più a dormire e appena si era levato il
sole e la luce aveva iniziato a passare attraverso le
fessure della finestra, si era messo in ascolto dei
rumori della casa. Aspettava di sentire i passi dei suoi
genitori che si alzavano e si preparavano per il grande
giorno. Dopo un po’ Pierino sentì Aprile, la sorellina
più piccola, che aveva iniziato a piangere, era un buon
segno, ciò voleva dire che ora anche i genitori si
sarebbero alzati. Allora scese dal letto, si infilò le
pantofole e di corsa entrò nella camera dei genitori,
che già avevano la sorellina tra le braccia. “Mamma,
papà!!! Si parte ora? Si parte?”, “calma Pierino” disse il
papà, “dobbiamo prima preparare tutte le valigie, fare
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una buona colazione, caricare l’auto e poi partiremo.
Mi aiuterai Pierino?”, “certo papà, io sono pronto”
disse egli.
Eh si, quella mattina sarebbero partiti per la
montagna, e Pierino non era mai stato in montagna.
Non vedeva l’ora di partire con la sua famiglia, chissà
quante avventure gli sarebbero capitate! Così, dopo
aver fatto colazione tutti insieme ed aver preparato per
bene l’auto, Pierino passò a salutare il nonno che stava
annaffiando l’orto, “ciao Pierino, buone vacanze!
…Divertiti!” rispose il nonno, che come al solito gli
prendeva il viso con le mani sporche di terra secca e gli
stampava un grosso bacio sulla fronte, e tutta la
famiglia partì verso i monti.
Mentre uscivano dal paesino l’emozione di Pierino
cresceva ed egli rimaneva incollato al finestrino
dell’auto. Amava guardare come cambiava il paesaggio,
erano passati per campi coltivati a mais, soia, lattuga e
patate, poi avevano raggiunto una zona in collina dove
si potevano vedere grandi distese di vigneti ed ora in
lontananza Pierino cominciava a scorgere le prime
montagne. Poi, ad un certo punto, Pierino si rese
conto che l’ auto iniziava a salire, salire e salire e dal
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finestrino vedeva tutti i paesini e le cittadine giù in
basso. Un po’ più tardi sentì che anche l’aria che
entrava dal finestrino stava cambiando, era diventata
più fresca. All’improvviso iniziò a vedere prati pieni di
erba verde e rigogliosa e fiori e… tante tante mucche
che pascolavano! E attorno al collo avevano tutte una
bella campana che suonava ogni volta che si chinavano
per strappare un po’ d’erba e masticarla.
E così tra un paesaggio e l’altro la famiglia di Pierino
passò tutta la giornata in viaggio per giungere
all’alloggio per la notte. Si fermarono anche a fare pic-
nic su un tavolino nel boschetto vicino la strada. Ma
verso sera, quando ormai mancavano pochi chilometri
alla baita, all’improvviso…POP POP POP …era la
vecchia auto del papà che tossiva dalla fatica e
sembrava davvero non voler più andare avanti
…POP…POP… ancora qualche metro… POP…. e
l’auto si fermò. “Perbacco” disse il papà, “che cosa
avrà adesso?”. Stava già facendo buio, si trovavano in
una strada tortuosa nel mezzo del bosco e la baita non
era ancora così vicina da poterla raggiungere a piedi,
tantomeno con tutte le valigie che la famiglia si
portava appresso.
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Il papà scese dall’auto ed aprì il cofano per vedere se
ne capiva qualcosa, ma niente da fare, l’ auto era
immobilizzata. Mamma e papà parlarono un poco a
bassa voce mentre Pierino rimaneva in auto, curioso di
sapere che cosa si stessero dicendo, poi rientrarono
insieme nell’auto e alla fine annunciarono a Pierino ed
Aprile “questa notte dormiremo tutti e quattro nell’
auto e domani mattina andremo in cerca di un buon
meccanico per ripararla”. Pierino fu molto sorpreso
dalla notizia e all’ inizio anche un po’ spaventato. Fuori
stava scendendo la notte e già non si vedeva quasi
nulla di ciò che c’era attorno, ma poi pensò che lì
dentro al calduccio con la sua famiglia non gli poteva
accadere nulla. E un po’ alla volta tutti si sistemarono
per la notte, la mamma aveva preparato un buon
panino per tutti con quello che rimaneva degli avanzi
del pic-nic e dopo averlo divorato, Pierino si
appoggiò al braccio del papà, che si era messo al suo
fianco, e si addormentò quasi subito.
Pierino si svegliò che doveva assolutamente far pipì.
Era quasi mattino, ma era ancora molto buio, i
finestrini erano coperti da tante piccole goccioline di
umidità e Pierino rimase per un po’ a giocare facendo
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dei disegni con il dito. Poi però decise che doveva
uscire o si sarebbe fatto la pipì addosso. Per non
svegliare tutti, aprì pian piano la portiera dell’auto e
uscì silenziosamente. Fuori si vedeva appena e dovette
farsi coraggio per allontanarsi. Finalmente trovò un
posticino tra gli alberi e si liberò della pipì. Ma,
proprio quando fu il momento di tornare indietro, si
accorse che dalla collina di fronte arrivava una gran
luce che già illuminava la cima degli alberi più alti. Era
una luce così bella, Pierino non ne aveva mai visto
una di così chiara ed intensa. Non sapeva cosa fare, la
voglia di andare a vedere da dove provenisse era tanta,
ma era forte anche il desiderio di tornare al calduccio
nell’auto con la sua famiglia. “Bene”, disse, “farò in un
attimo” e si mise a camminare per aggirare la collina.
Quando arrivò dall’ altra parte lo spettacolo che vide
lo lasciò senza fiato. “AAAAAAHHHH” poté solo
esclamare. Davanti a lui si estendeva un grande lago,
l’acqua era tranquilla, quasi immobile, tanto da
sembrare uno specchio. In alto si vedevano le
montagne da cui scendeva un fresco ruscello che
andava a buttarsi dritto dritto nel lago e sopra le
montagne, proprio il quel momento stava sorgendo il
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Sole! Tutto fu invaso da una luce calda e silenziosa, i
raggi si espandevano in ogni direzione e i riflessi
arrivavano ad illuminare il fondo del lago. “Che
meravigliaaaaa” disse Pierino, “non ho mai visto uno
spettacolo tanto bello!”. Dei pesciolini nuotavano
proprio lungo la riva vicino ai suoi piedi e Pierino
non riuscì a resistere alla tentazione. Si tolse le scarpe
e poi le calze ed entrò con i piedi nell’ acqua. Era
freddissima, sembrava fosse neve appena sciolta ed i
pesciolini parevano non essere impauriti e
continuavano a girargli attorno ai piedi! Un po’ alla
volta il sole salì nel cielo fino a che si staccò
completamente dalla montagna, e lentamente i colori
arrivarono a tutto ciò che Pierino vedeva: gli alberi, i
sassi sulla riva, i fiori e gli uccelli che volavano…..
“Pierinoooo! Pierinoooo!” si sentì chiamare. Era la
mamma, “si sarà svegliata e sarà preoccupata per me”
pensò Pierino. “ Arrivooo!” disse ad alta voce, e corse
verso la sua famiglia.
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IL MIELE PIACE A TUTTI
QQQQuel mattino presto, il papà aveva
rintracciato un meccanico che in un batter d’occhio
riparò l’auto, fortunatamente non era una cosa tanto
grave, così in breve tempo la famiglia poté ripartire e
in un attimo giunsero al paese meta delle loro vacanze.
La baita era subito fuori il paese, salendo su un
sentiero di terra si arrivava all’ingresso di un viale, due
strette file di pini portavano in cima ad una collinetta
erbosa sulla cui sommità si trovava una splendida
baita, tutta fatta di legno. Appena la mamma aprì la
porta Pierino corse dentro a vedere come erano
disposte le camere perché voleva scegliersi un letto
vicino alla finestra.
Quando ebbero sistemato le valigie e i borsoni all’
interno della baita, uscirono di nuovo sul prato
davanti casa. Pierino iniziò a gironzolare nei dintorni
in cerca di qualcosa di interessante. In alto si vedevano
le alte montagne e tanti piccoli sentieri che si
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inoltravano nei boschi e che sicuramente conducevano
alle cime. A Pierino venne voglia di vedere che cosa ci
fosse lassù! “Papà papà” disse, tornando verso i suoi
genitori, “ andiamo a fare una camminata?”. E così,
dopo che il papà ebbe preparato un piccolo zaino con
cose che potevano essere utili durante la passeggiata,
tutti e due si infilarono delle buone scarpe da
montagna e bastone alla mano iniziarono a salire un
sentiero, mentre mamma e la piccola Aprile si stesero
sul prato a gustarsi il tiepido sole. Dopo un po’ che
passeggiavano Pierino si rese conto di quanto fosse
faticoso camminare in salita, le gambe gli dolevano ma
non voleva dirlo a papà altrimenti gli avrebbe
proposto di tornare indietro. Per fortuna il paesaggio
era talmente incantevole che ricambiava di ogni fatica.
Erano saliti molto e in quel tratto i prati erano verdi e
luminosi, e in lontananza si vedevano pascoli di
mucche che passavano la giornata a sfamarsi con la
fresca erbetta della montagna. Ed ecco che un po’ più
in là Pierino scorse un ruscello spumeggiante che
scendeva dal monte. “Acqua fresca!” disse, “papà
andiamo a bere!”. In un attimo furono al ruscello, si
sistemarono bene con i piedi sulla riva per non perdere
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l’equilibrio e unendo le mani bevvero tutti e due delle
buone sorsate. “Aaah ,ci voleva proprio” disse il papà.
Poi estrasse dallo zaino un sacchetto di carta, con gran
sorpresa di Pierino ne uscirono due grosse fette di
pane ed un vasetto di miele che il papà spalmò con un
coltellino.
Mentre erano lì seduti che si gustavano la meritata
pausa, ed il panino con il miele… sentirono uno
strano grugnito alle loro spalle… “MMMHHHH!”.
Si girano di scatto e videro, dall’altra parte del
ruscello, un grosso orso bruno che li guardava fissi, gli
occhi erano piccoli e neri e annusava in loro
direzione, “MMMHHHHH!!!!” fece di nuovo l’orso
“EEEEEEEEHH! fece Pierino spiccando un balzo
all’indietro e mettendo avanti le mani per proteggersi.
Il papà invece era rimasto immobile e non sembrava
spaventato. Per fortuna l’orso si trovava ancora
dall’altra parte del ruscello ma non ci avrebbe messo
molto ad attraversarlo se avesse voluto. Allora il papà
disse “Pierino, sai che gli orsi amano il miele, forse è
meglio se gliene diamo un po’, sembra molto
affamato”. Pierino guardò il suo pezzo di pane, diede
l’ultimo morso e poi, con un gran lanciò, lo gettò al di
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là del ruscello. Subito l’orso alzò il muso per annusare
ciò che gli era stato lanciato, fece qualche passo avanti,
raccolse il pezzo di pane e lo masticò con calma.
Anche il papà lanciò il suo pezzo di pane e l’orso si
mangiò pure quello. Poi guardò verso Pierino e fece
ancora….“MMMMHH!!!!”. Sembrava ringraziarlo…
si voltò e si diresse tra gli arbusti da cui era venuto.
Pierino rimase in silenzio per un bel po’ pensando al
grande orso, non ne aveva mai visto uno così da
vicino!
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UN PICCOLO EROE
LLLLa mattina seguente Pierino si svegliò al
canto degli uccelli che dal bosco lì vicino sembravano
avvisarlo dell’inizio del giorno e che c’erano tante
nuove avventure ad aspettarlo. Ma prima di scendere
dal letto e dar loro retta, Pierino decise di rimanere lì
sotto le coperte ancora qualche minuto al calduccio e
farsi coccolare dal dolce canto di quei simpatici amici.
Poi, quando sentì che qualcuno nella cucina della baita
già si era messo a trafficare con pentole e padelle, scese
dal letto ed andò a vedere curioso.
“Buongiorno Pierino!” lo accolse gioioso il papà . “Ho
bisogno di un grosso piacere!”. “Dimmi papà” rispose
Pierino, felice di poterlo aiutare. “ Vorrei fare una
sorpresa alla mamma e farle trovare la colazione
pronta, ma finché non bollirà il caffè non posso
muovermi di qui. Vorresti andare dal fornaio qui in
paese a prendere del buon pane fresco? Poi lo
scalderemo e ci spalmeremo sopra tante cose buone”.
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“Certo papà” rispose Pierino, felice di poter fare una
bella sorpresa alla mamma… e pure della
responsabilità che il papà gli affidava nel lasciarlo
andare in paese da solo. Ricevute un po’ di monetine
già volava attraverso la soglia di casa mentre il papà
ancora gli stava raccomandando di fare attenzione
lungo il cammino.
Fuori l’aria del primo mattino era frizzante e Pierino
la respirava a pieni polmoni, si gustava quel momento
camminando per la stradina che dalla baita conduceva
al piccolo centro del paese, si sentiva grande e
soddisfatto per l’importante incarico che il papà gli
aveva affidato. Gli piaceva quel piccolo paese di
montagna con quell’atmosfera così diversa
dall’ambiente di campagna in cui era cresciuto.
Dopo qualche minuto arrivò nella piazzetta del paese
e subito il suo naso fu attratto da un irresistibile
profumo di pane caldo. Era impossibile sbagliarsi, a
Pierino bastò seguire quella scia per trovare
immediatamente il fornaio. “Pane fresco, pane appena
sfornatoooo!” annunciava la signora, tutta vestita di
bianco, che indaffarata serviva pane a paesani e turisti
mattinieri che, come Pierino, si erano disposti in fila
24
ordinata aspettando il proprio turno. Così, dopo
qualche minuto, anche Pierino uscì dalla piccola
bottega col suo sacchettino di pane ancora caldo e
profumato. Lungo la via del ritorno, di tanto in tanto,
portava il sacchetto al naso e ne odorava il profumo.
Già se lo immaginava, sulla tavola di casa con un bel
po’ di marmellata e una bella tazza di latte caldo!
Ma mentre era tutto assorto in quei pensieri, qualcosa
attirò la sua attenzione. Là, nel centro della piazza si
stava radunando una gran folla, c’era qualcuno che
parlava a voce alta e dalle facce di grandi e piccini
sembrava essere qualcosa di molto importante. Pierino
si dimenticò all’istante di tutti i suoi progetti per la
colazione ed incuriosito si avvicinò alla gente radunata
là. Si fece un po’ di largo fra i presenti per poter
sentire meglio e vedere chi stesse parlando. C’erano
due uomini alti, …vestiti uguali, …di verde…
“saranno due guardie del bosco” pensò Pierino, che
già aveva sentito parlare dal papà di queste persone
con la divisa che si occupano che tutto vada bene.
“Ripeto ancora una volta”, disse quello di destra, “ci e’
giunta voce che nei dintorni del paese si aggira un orso
bruno, siamo stati avvisati da qualcuno che lo ha visto
25
nei giorni scorsi nei sentieri attorno al villaggio. Se
qualcuno lo ha avvistato recentemente ci informi
immediatamente, in modo che possiamo rintracciarlo e
spingerlo verso il bosco, più vicino al suo territorio e
dove non possa rappresentare un pericolo per adulti e
bambini”. “Abbiamo bisogno del vostro aiuto” disse
l’altra guardia.
“Un orso bruno!” pensò Pierino, “vicino al paese? Ma
è sicuramente quello che ieri voleva il mio miele!”
Nessuno dei presenti si faceva avanti, si udiva un
parlottare sommesso e ipotesi su dove si potesse
trovare l’orso in quel momento, ma sembrava proprio
che nessuno lo avesse visto di persona. Pierino, che un
po’ si vergognava a dover parlare in mezzo a tutta
quella gente, non sapeva che cosa fare ma, vedendo che
nessuna interveniva, si rese conto che era l’unico in
grado di essere d’ aiuto in quella situazione. “Solo IO
posso dire dove si trova quell’orso”. Si fece
coraggio… e ad un tratto… “IO” disse, alzando alta
alta la mano in mezzo alla folla, e un po’ anche le
punte dei piedi. “IO ho visto l’orso”. A quel punto
tutti i presenti si erano voltati a guardarlo e Pierino si
sentì piccolo piccolo al centro di tutta
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quell’attenzione. le due guardie si avvicinarono e la
gente attorno fece largo creando un piccolo cerchio
attorno a Pierino. “Ciao piccolo, come ti chiami?”
chiese una delle guardie sorridendogli.
“Io sono Pierino” rispose. “Hai davvero visto un orso
aggirarsi da queste parti?” chiese l’altro. “Si” disse
Pierino, “proprio ieri pomeriggio, mentre stavo
facendo una passeggiata con mio padre….”. E così
Pierino raccontò tutta la storia della loro avventura
con l’orso. Alla fine le due guardie dissero “bene,
grazie Pierino per questa informazione, ci sarà
sicuramente utile per capire in che zona dobbiamo ora
cercare quel simpatico orso e poterlo così portare in
un punto del bosco più tranquillo per lui e più
lontano dal villaggio”. Gli strinsero la mano e
voltando le spalle alla folla si d iressero verso il
sentiero. “Grazie Pierino” cominciò ad esclamare la
gente ancora lì radunata, “grazie, grazie, grazie
Pierino” giungeva un po’’ da tutte le parti …e Pierino
imbarazzato rispondeva con cenni del capo a destra e
a manca, sorridendo.
Poi, quando quel momento fu passato e la gente
tornava, commentando l’accaduto, alle proprie
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faccende, anche Pierino si mise in marcia per ritornare
alla propria famiglia, annusò il sacchetto, il pane era
ancora tiepido e la mamma stava aspettando una
sorpresa!
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LE UOVA DI NONNA MARIA
QQQQuel pomeriggio la mamma aveva deciso di
preparare un buon dolce di mele. Certo nella baita non
c’erano tutti gli strumenti da cucina che avevano a casa
ma in qualche modo avrebbe fatto comunque. Era
l’ultima sera che avrebbero cenato lì e voleva che i
bambini la ricordassero con gioia. Pierino era al suo
fianco ed ascoltava in silenzio, mentre Aprile si stava
lentamente svegliando dal suo sonnellino sul divano.
“Farina c’é, zucchero c’é, lievito c’è”, elencava la
mamma.
“Ahhh, ci mancano le uova” disse improvvisamente.
Pierino un po’ deluso, pensava che la torta non si
sarebbe più fatta, ma la mamma si riprese subito
dicendo “bè, non è un problema Pierino, qui vicino
vive una vecchietta che tutti chiamano nonna Maria ,
ho visto che dietro casa ha un pollaio con tante
galline, non avrà problemi a darci qualche uovo fresco
per la nostra torta”. “Si mamma andiamo!” esultò
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Pierino, “vado subito a svegliare Aprile per portarla
con noi”.
Tutti e tre scesero il sentiero e poco dopo arrivarono
alla casetta di nonna Maria. Si fermarono davanti ad
un vecchio portone di legno, la vernice era tutta
scrostata e solo ne rimaneva qualche pezzo verde in
qua e in là che Pierino cominciò a scrostare con le
unghie. Intanto la mamma cercava il campanello ma
non riusciva a trovarlo. “Sarà quello!” disse Pierino
indicando un campanaccio appeso ad una vigna che
fiancheggiava il bordo del vecchio portone. Al
campanaccio era appesa una cordicella e Pierino
cominciò a scuoterla… DON DON DON, e a quel
suono anche Aprile volle essere presa in braccio e
suonare: “DON DON” diceva la piccola e …DON
DON suonava il campanaccio. Finalmente dopo tanto
rumore, la signora Maria, che era un po’ sorda, tirò la
tenda che proteggeva l’entrata della casa dal sole del
primo pomeriggio e mise fuori la testa per vedere chi
fosse. “ Buongiorno” disse sorridendo, e a passi lenti si
avvicinò al portone. Era una vecchietta con i capelli
bianchi raccolti in una cipolla dietro la testa,
camminava tutta curva con l’aiuto di un bastone e
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aveva tante tante rughe in viso e anche nelle mani e
mentre sorrideva si vedeva che gli mancavano vari
denti. Ma quel sorriso a Pierino era così simpatico,
forse perché anche a lui mancavano tanti denti.
“Chissà se anche nonna Maria mette i denti che gli
cadono sotto il cuscino per avere la sorpresa dei
nanetti” penso fra sé.
“Buongiorno nonna Maria” disse la mamma, mentre la
vecchietta si avvicinava, “avremmo bisogno di quattro
uova per preparare un dolce di mele”. “Ma certo”
rispose la nonnina aprendo il portone, “entrate pure e
accompagnatemi verso il pollaio, andremo a vedere
insieme perché quelle raccolte stamane le ho già
impiegate per fare la tagliatelle”.
La mamma accompagnava nonna Maria che si
appoggiava al suo braccio dopo aver posato il bastone
davanti la soglia di casa, e Pierino le seguiva tenendo
Aprile per mano. Passarono sotto una pergola carica di
uva ancora verde ma che alla fine dell’estate sarebbe
diventata rossa e succosa. C’erano tante galline che
razzolavano per il prato e beccavano qua e là qualche
filo d’erba.
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Poi arrivarono al pollaio, la porta di legno era aperta e
le galline entravano e uscivano gustandosi l’ombra di
quel caldo pomeriggio. Appena entrarono anche
Pierino ed Aprile furono sorpresi dal cambio di luce,
dentro sembrava tutto buio e non si riusciva a vedere
ad un palmo dal naso. Solo si sentiva
“COOOOOCOCOCO”. Un po’ alla volta anche i
loro occhi si abituarono e cominciarono a vedere.
Nonna Maria si chinò su una cassetta piena di paglia e
raccolse con le mani delle uova. “ Ooh che fortunati
questi bambini” esclamò con la sua voce tremula,
“proprio quattro uova per la vostra torta”. “Ma lei
rimarrà senza nonna Maria”, disse un po’ dispiaciuta
la mamma. “Oh non si preoccupi, ho già usato quelle
che mi servivano e domani mattina ne troverò altre”.
“Ci sono ancora altre uova per lei nonna Maria!”
esclamò a quel punto Pierino che non voleva lasciare
la nonna sprovvista. “Lì, in quella cesta, sotto la
gallina” disse, indicando un altro punto del pollaio
dove una chioccia stava tenendo al caldo un certo
numero di uova. “Eh no Pierino” rispose la vecchietta,
“quelle uova mi daranno dei bei pulcini, non sono lì
per essere mangiate”. “Dei pulciniii?” esclamò Pierino,
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“ciini” disse Aprile battendo i piedi e sorridendo. “Ma
fra quanto nonna Maria?” continuò Pierino. La nonna
rimase un attimo a pensare e poi concluse “a dire il
vero dovrebbe essere oggi il giorno, potrebbe essere
che da un momento all’altro sbuchi la prima
testolina”. “Oooh, che bello sarebbe poterli vedere”
disse Pierino chinandosi vicino alla chioccia e
abbassando la testa per cercare di vedere le uova.
Allora successe qualcosa di davvero magico, dopo
qualche minuto, mentre mamma e nonna Maria
continuavano a parlare del più e del meno, lì fuori dal
pollaio, e Aprile si era distratta con una fila di
formiche indaffarate a portare dei chicchi di grano
dentro la loro tana, Pierino vide la chioccia che si
sollevava sulle zampe, si spostava un poco e si
riaccovacciava a lato della uova tenendole vicine a sé.
Poi su udì un piccolo suono sordo …PIC PIC PIC,
proprio lì sulle uova. Ma Pierino non avrebbe saputo
dire da quale uovo venisse. Poi ancora …PIC PIC
PIC… e a quel punto… PIC… un piccolo becco
giallo ruppe il guscio di un uovo. “Mammaaa,
mammaaa, Aprile, nonna Maria!” esclamò Pierino
tutto d’un fiato, “stanno nascendo i pulcini”. Mamma
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e nonna Maria entrarono incuriosite seguite dalla
piccola Aprile che provava a correre con passi incerti e
traballanti ma voleva essere in prima fila per il grande
evento. Si accucciarono tutti dietro Pierino e rimasero
in silenzio. …PIC PIC PIC, con qualche altro colpo
di becco il pulcino aveva allargato il buco del guscio e
ora coraggioso metteva fuori la testolina per scoprire
un mondo tutto nuovo. “Oooooohhhhhh”
esclamarono tutti insieme e anche nonna Maria, che di
pulcini in vita sua ne aveva visti nascere veramente
tanti, si commosse un poco al vedere quei bambini
così emozionati. Dopo qualche minuto anche dalle
altre uova si cominciarono a sentire dei piccoli
ticchettii e in poco tempo altri due pulcini si fecero
coraggio e rompendo il guscio sbucarono fuori con la
testa. Nel giro di poco tempo un gran PIO PIO PIO
cominciò a diffondersi per tutto il pollaio, dove prima
c’era il silenzio e la tranquillità della chioccia che
covava. Poi mamma disse “pulcini miei, dobbiamo
tornare ora, altrimenti non faremo in tempo a
preparare la torta”. “Si mamma” rispose Pierino,
“grazie nonna Maria” disse rivolgendosi alla vecchietta
e prendendo Aprile per mano, uscirono dal pollaio.
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Quando giunsero sul portone accompagnati da nonna
Maria qualcuno stava suonando il campanaccio…
DON DON DON… “Buongiorno nonna Maria,
buongiorno bambini” disse un giovane dalla voce
grossa, con un pennello in una mano e un barattolo di
vernice verde nell’ altra. “Oggi ho un po’ di tempo
libero e ho pensato di scrostarle e verniciarle a nuovo
il portone”. “Buongiorno giovanotto” rispose nonna
Maria, “ti ringrazio tanto, io ormai sono vecchia e
questi lavori non riesco più a farli, la mia povera
schiena non me lo permette. Spero che almeno ti
fermerai a cenare da me questa sera, ho preparato delle
tagliatelle fatte in casa e tra un po’ dovrebbe essere
pronto il sugo che si sta cucinando al fuoco. “Ne ho
sentito il profumo in lontananza per questo sono qui”
rispose scherzando il ragazzo e lasciandosi andare ad
una bella risata. “Arrivederci nonna Maria!”,
“arrivederci Pierino, arrivederci Aprile, tornate a
trovarmi ”disse la vecchietta rientrando in casa per
andare a togliere la pentola dal fuoco.
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TRA I SUONI DEL BOSCO
EEEEra il loro ultimo giorno di vacanza e
Pierino voleva fare qualcosa di davvero straordinario.
Ma era già passata tutta la mattina e mamma e papa
non avevano fatto altro che riempire valigie, lavare
piatti, pavimenti, ordinare le camere da letto…
insomma Pierino non ne poteva proprio più di stare lì
attorno alla baita a giocare quando avrebbe invece
potuto approfittare di quella bella giornata per
scoprire un tesoro nel bosco, un rifugio di gnometti o
chissà che cosa altro. Guardava Aprile mentre giocava
con dei sassi tra l’erba del prato, era così carina e gli
voleva tanto bene, e poi lei almeno sembrava divertirsi
anche lì seduta con i suoi quattro sassi…e un po’ la
invidiava.
“Papà, andiamo a fare una passeggiata?”. “Tra un po’
Pierino” rispose distratto il papà mentre con una
mano cercava di aprire il baule dell’auto e con l’altra
teneva un ingombrante fagotto di tela. “Ma è tutto il
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giorno che mi dici tra un po’ papà, io sono stufo di
stare qui”, disse Pierino lamentandosi. “Posso almeno
andare a fare un giro da solo? Rimarrò qui vicino, te lo
prometto!”
Il papà sospese un attimo tutte le sue faccende mentre
teneva ancora un grosso valigione tra le braccia…
pensò che in fondo Pierino aveva ragione, e che
probabilmente lui e la mamma sarebbero stati
indaffarati fino a tardo pomeriggio nel preparare i
bagagli per il ritorno, e guardando Pierino così serio
ed imbronciato rispose: “Va bene Pierino, io e la
mamma ne avremo ancora per un po’, puoi andare a
fare una passeggiata lungo quel sentiero laggiù che
porta alla cascata, ma non fino alla cascata mi
raccomando, è troppo lontano, vai per un po’ e poi
torna indietro”. “Grazie papà!!!! grazie grazie” disse
contento Pierino mentre gli saltava al collo
abbracciandolo e facendogli quasi perdere l’equilibrio
con la grossa valigia in mano! “Va bene, va bene
Pierino” disse il papà sorridendo, vai ora o farà presto
sera.
E così Pierino s’incamminò lungo il sentiero, raccolse
un bel bastone diritto per aiutarsi nelle salite, e pensò
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che in fondo gli poteva essere utile anche come spada,
“non si sa mai che cosa posso incontrare” disse fra sé.
Il sentiero era già entrato nel bosco, ma la vegetazione
non era poi così fitta, Pierino vedeva ancora bene il
cielo azzurro e qualche nuvola che passava in alto
sopra le cime degli alberi portata dal vento. Era felice e
di tanto in tanto si fermava, ad ispezionare qualche
tana vuota, a osservare un formicaio, poi un ragno che
aveva fatto una ragnatela bellissima e lo guardava con
fare curioso mentre Pierino avvicinava il suo naso alla
ragnatela.
Poi ad un certo punto trovò un segnale, una tavola di
legno che da una parte aveva una punta per indicare la
direzione inchiodato ad un palo a sua volta conficcato
nel terreno. “C- A- S-C-A…..Cascataaaa!” esultò
Pierino. Poi si ricordò che aveva promesso al papà
che a quel punto sarebbe tornato indietro… e si
rattristò. Era così bella la sua avventura che proprio
non riusciva a pensare che potesse essere finita lì. “In
fondo c’ho impiegato molto meno di quello che
pensavo, sicuramente anche il papà credeva che avrei
avuto bisogno di più tempo per giungere fino a qui,
lui pensa sempre che sia piccolino come quando
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andavo all’asilo, o come Aprile, ma le mie gambe sono
sempre più lunghe e faccio sempre più in fretta. Di
sicuro non si arrabbierà quando gli racconterò che in
un baleno ho raggiunto la cascata” concluse tra sé
mentre già si avviava a passo spedito per il sentiero che
continuava.
Cammina cammina, mentre dava colpi di spada con la
sua bacchetta ai grossi tronchi che trovava sul sentiero,
ad un certo punto cominciò a sentire in lontananza un
rumore, sempre più forte. SCCCCCHHH…
SCCCCCHHH… era il suono della cascata! “Ma
certo” disse Pierino a voce alta, “lo sapevo, non poteva
essere tanto lontana!” E si mise a correre perché non
stava più nella pelle. Quando arrivò si trovò di fronte
ad una enorme cascata che buttava giù acqua dall’alto
di una montagna e questa andava ad infrangersi su
delle grandi rocce per poi cadere in una laghetto
d’acqua alzando una grande nuvola di vapore tutto
intorno. Pierino era emozionato, e l’aria umida tutto
attorno rendeva la scoperta ancora più sensazionale.
Col suo bastone affondato nel terreno morbido si
sentiva come un esploratore che aveva scoperto un
mondo segreto.
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Dopo un po’ che stava lì incantato a guardare l’acqua
gelida cadere sulle rocce, si rese conto che la luce non
era più quella di quando era partito. Gli alberi
portavano già la loro ombra su tutto il lago e l’aria
cominciava ad essere più fredda. “Si sta facendo sera”
pensò Pierino, “devo affrettarmi a tornare”. Affondò
un ultimo colpo di spada nell’acqua ed immaginandosi
sopra un cavallo al galoppo, diede un colpo di frusta e
si diresse per la via del ritorno.
Era già un po’ di tempo che aveva preso il cammino
per tornare alla baita e Pierino si aspettava di vedere
l’indicazione per la cascata da un momento all’ altro,
ma continuava a camminare e non ne vedeva l’ombra.
“Si sta facendo buio” pensava Pierino “ e tra un po’
non riuscirò nemmeno a vedermi le punte dei piedi” e
cominciò ad avere un po’ di paura. Era davvero tardi e
chissà quanto si stavano preoccupando i suoi genitori,
la luna stava facendo la sua comparsa nel cielo e si
intravedevano le prime stelle. Un po’ di luce arrivava
anche ad illuminare il cammino di Pierino anche se
c’erano alcuni punti dove il bosco era così fitto che
nemmeno uno spiraglio di luce arrivava ad indicargli la
via e di tanto in tanto inciampava sulle radici di
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qualche grosso tronco. Finalmente, là in fondo,
nell’oscurità, Pierino riuscì a distinguere qualcosa “il
segnale, il segnale!!!!” gridò contento, “manca poco!!!”,
ma proprio quel suo urlo di gioia risvegliò il bosco…
“GUGU GUGU”, e si udì, proprio sopra la sua testa,
lo sbatter d’ali di un gufo che fuggiva spaventato,
“AUUUUUUUUUU”, si sentì in lontananza, era un
lupo che sembrava rispondere al grido di Pierino.
“Uuuuuuuuuuuuuu” fece Pierino tremando di paura,
ed un brivido gli corse giù lungo tutta la schiena. Si
mise a correre a gambe levate e gridava e piangeva
insieme, urlando con tutta la voce “mammaaaaa!!!!
papaaaaaaaà!!!!” ed ogni tanto cadeva e si rialzava
correndo più forte di prima…
“Pierinoooo” si sentì rispondere in lontananza.
Pierino arrestò di colpo la sua corsa, pensava di non
aver sentito bene e che il rumore dei ramoscelli e dei
sassi calpestati lungo il cammino gli avessero fatto un
brutto scherzo. Rimase in attesa in silenzio sentendo
solo il suo cuore che batteva impazzito. “Pierinooooo,
dove sei?” sentì di nuovo dopo qualche secondo.
“Papaaaaà, papaaaaaà, sono qui!” urlò Pierino che a
quel punto era proprio sicuro di aver sentito le voci
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dei suoi genitori… e si mise a correre come il vento
nella direzione da cui venivano. Poi vide la luce di una
torcia che illuminava il cammino e poco dopo riuscì a
distinguere le ombre dei suoi genitori che gli andavano
incontro a braccia aperte chiamando il suo nome.
“Papaaà, mammaaaa” riuscì solo a dire prima di
abbracciarli e mettersi a piangere disperato. La
mamma teneva in braccio anche la piccola Aprile che,
mentre tutti e quattro stavano inginocchiati
abbracciandosi e scambiandosi baci e carezze,
continuava a dire “Piiiiino, Piiiino”.
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UNA GATTA NELL’ ORTO
PPPP ierino era di nuovo a casa e quella mattina,
appena si svegliò, aveva così tanta voglia di rivedere la
sua casa che scese subito dal letto e si vestì per andare
a curiosare in ogni angolo. Gli piaceva tanto scendere
in cucina e mettersi alla finestra a guardare l’orto
dietro casa.
Il nonno era così bravo! Si occupava delle sue piantine
dalla semina fino al raccolto e quel pezzo di terra era
pieno di buoni ortaggi tutto il tempo dell’anno.
Pomodori, lattuga, carote, cetrioli e cavoli erano il
divertimento di Pierino, quanto amava vederli crescere
giorno dopo giorno, e il nonno tutti i pomeriggi
annaffiava, zappava dove serviva, poi tirava fuori il suo
coltellino dalla tasca posteriore dei pantaloni e
…ZAC, raccoglieva una lattuga matura, tirava una
carota, un pomodoro.
Dopo un po’ che stava alla finestra, Pierino usciva
dalla porta della cucina e correva nell’orto. La mattina
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presto le foglie erano sempre colme di rugiada e a
Pierino piaceva piegarle e far cadere le goccioline nelle
sue mani.
E come tutte le mattine ad un certo punto la mamma
chiamava “Pierino, cosa fai lì? Sei ancora in pigiama!
Su vieni che è pronta la colazione!”. E faceva la voce
severa ma in realtà sorrideva dalla finestra della cucina
al vedere il suo bambino così felice in mezzo all’orto.
Ma quella mattina, mentre Pierino, come tutte le
mattine, era tra le piantine dell’orto, vide una grossa
gatta passare svelta tra i paletti dei pomodori in fiore e
infilarsi in un buco tra le assi del fienile.
Quando più tardi rientrò in casa, la mamma stava
preparando la colazione per lui e la sorella più piccola
e Pierino le raccontò ciò che aveva visto.
“Certo Pierino, i gatti sono spesso animali selvatici e si
spostano da un posto all’altro senza fissa dimora né
padrone…a meno che non si inizi a dargli da
mangiare…” disse la mamma.
Ma la mattina successiva Pierino, dalla finestra vide di
nuovo la grossa gatta passare tra i filari dell’orticello e
infilarsi nel fienile, ed il giorno dopo di nuovo,
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proprio mentre lui era lì nell’orto e il giorno dopo
ancora.
Una mattina però, proprio quando Pierino e la gatta si
erano abituati a vedersi l’un l’altro nell’orto, la gatta
non si vide. Pierino aspettò ed aspettò, fino a che la
mamma, che già lo aveva chiamato ripetutamente disse
“ora basta Pierino, è ora di prepararsi per andare a
scuola”. Pierino dovette ubbidire mogio mogio, ma
tutta quella mattina, anche durante la lezione, pensò
alla gatta che non aveva visto.
Quando il pomeriggio tornò a casa , incuriosito si
avvicinò al portone del fienile ed entrò dal portone
socchiuso.
Dentro era pieno di attrezzi per l’orto, per la
vendemmia e di un sacco di altra ferraglia strana a cui
Pierino non riusciva proprio a dare un nome, e molte
cose erano coperte da un spesso strato di polvere e di
ragnatele. Ma al centro della stanza dominava la
sagoma della vecchia auto del nonno coperta da un
grosso telo rosso con ricamati dei fiori blu. Solo le
ruote si vedevano un poco di sotto il telo, sgonfie ed
impolverate.
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Ma all’ improvviso qualcosa distolse Pierino dalle sue
osservazioni… “miao… miao… miao”.
Pierino sempre più curioso si diresse verso quei suoni
e proprio dietro il cofano dell’auto, dentro una vecchia
cesta della biancheria piena di vecchie coperte, vide la
gatta!... ma non era sola!... Teneva vicino alla pancia
quattro gattini che miagolavano con tutto il fiato
mentre mamma gatta li attirava continuamente per
allattarli. Avevano ancora gli occhi chiusi e cercavano
la mamma con la testa! Era un spettacolo meraviglioso
e Pierino non lo aveva mai visto così da vicino.
Egli però si rese conto che la gatta era molto più
magra di come l’aveva vista l’ultima volta nell’orto e
sembrava affaticata ed affamata. Uscì piano piano dal
fienile e corse dalla mamma in cucina che come al
solito stava preparando qualcosa di buono per la cena.
“Mamma mamma” disse, “mi prepari una merenda
per favore che ho tanta fame”. E così dopo poco
Pierino già correva attraverso l’orto per infilarsi nel
fienile con un pezzo di pane e marmellata per lui e
uno per mamma gatta.
Facendo attenzione a non far rumore si avvicinò alla
vecchia auto, le girò attorno e vide che la famiglia di
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gattini era ancora lì. Dopo un po’ che li osservava
incantato si fece coraggio e a passi piccoli e lenti si
avvicinò. Appena la gatta lo vide si rizzò sulle quattro
zampe e gli mostrò il pelo dritto ed i gattini
iniziarono forte a miagolare.
Allora Pierino cominciò a parlarle con tono dolce e
amichevole e le mostrò il pezzo di pane.
La fame era così tanta che la gatta si rabbonì subito e
con un po’ di esitazione si lasciò avvicinare da Pierino.
Poi addentò la fetta di pane, allora anche Pierino si
sedette sul pavimento polveroso di terra battuta ed
iniziò a mangiare osservando contento i gattini.
Passarono così diversi giorni e l’amicizia tra Pierino e
la famiglia di gattini si rafforzò. Latte, pane,
formaggio e fettine di salame non mancarono mai alla
bocca di mamma gatta e i cuccioli intanto crescevano e
crescevano sotto l’occhio vigile di Pierino. Avevano
iniziato prima ad aprire gli occhi, poi a rotolarsi
all’interno della cesta e ad azzuffarsi tra di loro, e negli
ultimi giorni uno di loro, il più coraggioso, che
Pierino aveva chiamato Jodi, si avventurava in qualche
uscita fuori dalla cesta e sotto la vecchia auto del
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nonno, per uscirne con la testa ed i baffi tutti pieni di
ragnatele…e questo faceva tanto ridere Pierino!
La mamma di Pierino in quei giorni però, aveva
notato qualcosa di strano nel suo bambino ed era
incuriosita dai suoi cambiamenti. Suo figlio negli
ultimi giorni passava tutto il tempo dentro quel
fienile, l’orto, che era sempre stata la sua passione, non
lo interessava più. Anche quando c’era il nonno a
lavorare tra i filari, Pierino passava di corsa, gli dava
un rapido bacio sulla guancia sempre profumata di
dopobarba e correva verso il fienile “ho da fare nonno,
ci vediamo dopo” diceva.
Inoltre la mamma aveva notato che Pierino aveva
iniziato a mangiare di più, ma spesso le merende non
le mangiava davanti a lei, anche per fare ciò si rifugiava
nel fienile. Pensando a tutto ciò alla mamma venne un
sospetto… e sorrise.
Quella stessa sera a tavola, con il papà e il nonno che
si era fermato a cena lì come tutti i giovedì, la mamma
chiese a Pierino “ti vedo un po’ strano in questi giorni,
hai per caso qualcosa che ti preoccupa e vuoi
raccontarci?”. A quel punto Pierino, che non sapeva
proprio nascondere le cose alla mamma disse
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“mamma, devo raccontarti un segreto” e così raccontò
tutta la storia della sua amicizia con la famiglia di gatti
e alla fine disse “però mamma, ho già dato da
mangiare alla gatta molte volte ora tutta la famiglia si
è abituata e non se ne possono più andare”.
Il nonno che stava sorseggiando un buon bicchiere di
vino rosso scoppiò a ridere, ma anche mamma e papà
sorrisero per la furbizia di Pierino.
Così alla fine, i genitori decisero che mamma gatta e
Jodi potevano entrare a far parte della loro famiglia,
nelle settimane seguenti avrebbero cercato con Pierino,
altre famiglie nel vicinato che potessero adottare i tre
gattini, così Pierino avrebbe potuto andare a salutarli il
pomeriggio dopo la scuola.
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UNA BAMBINA IN SOFFITTA?
UUUUn pomeriggio Pierino, tornato da scuola,
corse come sempre nell’orto dietro casa a cercare i suoi
gattini. Non li trovò tra le pianticelle come al solito a
giocare, così entrò nel fienile, che era ormai diventato
per loro una sicura dimora. “Zucchinaaaaaa!” , così
aveva chiamato mamma gatta perché la trovava sempre
nascosta sotto le grandi foglie delle zucchine del
nonno, “Jodiiii!”, chiamò per diverse volte, ma i gatti
non rispondevano.
“Chissà dove si saranno andati a cacciare questa
volta?” pensò Pierino. Cercando di qua e di là scorse,
dietro una parete di legno piena di ragnatele una
scaletta che non aveva mai visto, seguì con lo sguardo
dove questa arrivasse e vide che la cima della scaletta
finiva proprio sul soffitto e l’apertura della botola era
tappata da un coperchio di legno. Incuriosito da
questa grande scoperta, iniziò a salire cauto la scaletta,
i pioli cigolavano sotto i suoi piedi e a Pierino, ogni
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scricchiolio dava un brivido sulla schiena, ma la voglia
di scoprire cosa ci fosse in cima a quella scala era
troppo grande. Finalmente raggiunse la cima. Con
grande sforzo scostò il coperchio che chiudeva
l’entrata della soffitta. Guardò in su, ma era tanto buio
che proprio non poteva vedere. Infilò la testa dentro
mentre pensava che il papà sarebbe passato a malapena
da quel buco stretto e angusto.
Appena gli occhi oltrepassarono le assi del pavimento ,
la sua testa fu avvolta da una gran quantità di ragnatele
che, per la sorpresa, per poco non gli fecero perdere la
presa della scala! Appena si fu ripreso dalla paura,
tornò a infilare la testa dentro. Non si vedeva proprio
nulla, era buio pesto.
Ma dopo un po’ che era lì in silenzio, i suoi occhi si
abituarono al buio ed iniziò lentamente a vedere i
contorni di luce che entravano da una piccola finestra
chiusa sulla parete. Qualche filo di luce filtrava e si
vedeva la polvere giocare su e giù con i raggi di sole.
Poi girò lo sguardo verso la sua destra e in quel
momento, riconobbe appena nel buio la sagoma di una
bambina seduta su un grande baule vicino al muro. La
sua paura fu tale che ridiscese la scaletta tre pioli per
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volta e per poco non scivolò e rischiò di rompersi il
collo. Una volta messi i piedi a terra volò fuori dal
fienile e ancora mentre correva per l’orto verso casa
solo non strillò perché poi se ne sarebbe vergognato se
lo avessero sentito gli amici.
Quando il nonno lo vide entrare in casa sbattendo la
porta della cucina, gli chiese preoccupato “ Pierino che
ti prende? Hai forse visto il diavolo?”.
Allora Pierino, con il poco fiato che gli era rimasto in
gola, disse al nonno ciò che aveva visto!
“Nonno, c’è una bambina in soffitta!”. Il nonno lo
osservò con sguardo interrogativo e rispose “ ah si
Pierino? E’ una tua amica? State giocando insieme? Lo
sai che il papà non vuole che tu vada a finire là sopra,
è pericoloso e potresti cadere, tantomeno con degli
amici!” ,“ ma no nonnoooo” rispose Pierino
spazientito, “ non è una mia amica, c’è una bambina là
sopra, seduta su un baule, ferma e immobile e guarda
dritta davanti a sé!”.
Allora il nonno, si fece un momento serio e poi tutto
d’un tratto scoppiò a ridere. “Ha ha ha… ha ha”, in
una di quelle risate così forti che a volte spaventavano
Pierino. Pierino non fu contento della sua reazione e si
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sentì preso in giro ma non ebbe nemmeno il tempo di
mettere il muso che il nonno disse “aspetta qui
Pierino, vado io a vedere, credo di conoscere bene la
tua amica” e sparì dalla porta della cucina.
Pierino rimase immobile in piedi davanti alla porta.
Non sapeva cosa pensare. Il nonno già conosceva la
bambina? E perché allora l’aveva lasciata tutto quel
tempo là sopra al buio in mezzo alle ragnatele e alla
polvere? Mentre si faceva queste domande il nonno
entrò di nuovo dalla porta della cucina e……Pierino
non poteva credere ai propri occhi! Aveva tra le
braccia la bambina! Ma non era una bambina, … era
una bambola grande come una bambina….. non era
alta come Pierino…. ma quasi! Il nonno la mise a
sedere su una delle sedie della cucina, prese uno
straccetto, lo bagnò un poco sotto il rubinetto e lo
passò alcune volte sulla testa della bambola e poi su
tutto il corpo per toglierle un po’ di polvere e
ragnatele e poi disse solennemente schiarendosi la voce
“Pierino, ti presento Bella!” . Ancora prima che
Pierino potesse parlare il nonno continuò “ questa è la
bambola che io e tua nonna regalammo alla mamma
quando compì cinque anni. Sai, allora tua madre
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desiderava tanto una sorellina che ancora non arrivava,
ed era sempre triste per questo, così io e la nonna
decidemmo di farle questo regalo, una bambola
grande come lei per poter giocare come con una
sorella ”.
A quel punto Pierino comprese tutto e finalmente sul
suo viso comparve un sorriso largo e disteso. “Ma dai
nonno” disse, “davvero mi sono spaventato con una
bambola? Eppure là nel buio della soffitta sembrava
una bambina vera!”.
E tutti e due finirono quella chiacchierata con una
bella risata e uscirono ad occuparsi dell’ orto che aveva
bisogno di essere annaffiato.
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LA VECCHIA CHITARRA
AAAAnche quel giorno Pierino stava cercando i
suoi gattini. Nell’orto non c’erano, nel giardino
davanti casa nemmeno e sulla cesta della biancheria
sporca, a fianco della lavatrice, dove si mettevano ogni
volta che la mamma usciva di casa…neppure.
“Zucchinaaa, Jodiiii , uscite su, venite a giocare con
me! ….mcmc…..mcmcm” faceva Pierino.
Ed ecco che a un certo punto, per tutta risposta…
“teng, ting, teng”, qualcuno stava suonando musica
all’interno del fienile! Pierino seguì incredulo il
suono, aprì il vecchio portone di legno… “ting, teng”
continuava a sentire, “ting….” .“Da dove arriveranno
mai questi suoni?” si chiedeva, “e chi starà
suonando?”, ma non aveva il coraggio di aprir bocca e
si avvicinava cauto e silenzioso, attento a non
calpestare nulla che facesse rumore. Ad un certo
punto entrò in una stanzetta, proprio dietro la scala a
pioli su cui era salito qualche tempo prima per
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giungere alla soffitta, anche quella stanza, come tutte
le altre, era piena di ragnatele e polvere, e lì quasi
nell’oscurità riconobbe i suoi gattini che stavano
giocando con qualcosa di strano: “ ting, teng,”sentì di
nuovo.
Pierino si avvicinò ancora e i gatti, che ancora non lo
avevano visto, tanto erano occupati nella loro attività,
si spaventarono e miagolarono forte. Ma riconobbero
subito il loro amico e i miagolii d i spavento si
trasformarono in fusa, mentre gli circondavano le
gambe strofinandosi e chiedendo carezze.
Ma Pierino in quel momento era tutto interessato a
scoprire che cosa avesse prodotto quel suono!
Fece qualche passo nella piccola stanza e vide che,
appoggiata ad una cassetta che il nonno usava per
raccogliere le patate, c’era una vecchia chitarra
impolverata. La prese in mano e con un straccio
raccolto da terra, tolse un po’ di polvere. Povera
chitarra era proprio ridotta male. Aveva molti graffi e
c’erano appiccicati tanti vecchi adesivi in parte
scrostati e scoloriti dal tempo. Inoltre le mancavano
due corde e le altre erano allentate e mal ridotte.
61
Ma Pierino aveva deciso, quella chitarra sarebbe
dovuta tornare a suonare come nei tempi migliori!
Uscì dal fienile con Zucchina e Jody al seguito ed
andò a cercare il nonno.
Lo trovò nel cortile che stava lavando al rubinetto la
lattuga. “Nonno nonno, guarda cos’ho trovato!” disse
alzando la chitarra trionfante. “Oh perbacco!” rispose
il nonno, “pensavo che quel vecchio strumento fosse
finito in uno dei camion che ogni anno portano via i
ferrivecchi , e invece eccola ancora qua a girare per
casa, erano anni che non la vedevo!”
“E’ tua nonno?” chiese Pierino, “ me la puoi
regalare?”.
Il nonno si alzò e lasciò per un momento il lavoro che
lo teneva occupato, si asciugò ben bene le mani e
prendendo la chitarra si mise ad osservarla con
attenzione.”Non sembra così malridotta” disse alla
fine.
“Ma nonno”, rispose Pierino “le mancano le corde ed
è tutta sporca e appiccicosa! Posso tenerla io?”
Il nonno fece una pausa, poi guardò Pierino e disse “ti
piacerebbe imparare a suonarla?”. La gioia di Pierino
era incontenibile! “Si nonno siiii, mi insegnerai tu? Sai
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suonare la chitarra?”. Il nonno tutto soddisfatto si
sentì orgoglioso al poter rispondere a quella domanda.
“Certo che la so suonare Pierino , forse non sai che
quando ero più giovane avevo un gruppetto di amici
con cui si suonava tutte le settimane ed ogni tanto,
quando c’era qualche festa d’estate in paese, si faceva
anche qualche piccolo concerto…..ma a me, la cosa
che piaceva di più, era quando con la nonna, le sere
d’estate ci sedavamo là sotto il vigneto di uva rossa e
passavamo le ore a cantare e chiacchierare”.
“Devi sapere però che per imparare a suonare uno
strumento ci vuole molta pazienza e non dovrai
scoraggiarti alle prime insoddisfazioni, è una passione
che devi prendere con molta calma”.
E così dopo qualche giorno la chitarra del nonno, ben
ripulita e con le corde nuove e ben tirate era già nella
cameretta di Pierino e quando il nonno la sera andava
a trovarlo, Pierino correva su a prenderla, si sedevano
fuori dalla porta della cucina, il nonno sulla vecchia
sedia di vimini e Pierino sugli scalini di mattoni rossi,
ed il nonno con pazienza gli insegnava qualche
ritornello.
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64
IL DOTTORE E I MALANNI DEL NONNO
EEEEra un pomeriggio caldo ed assolato,
Pierino ed il nonno stavano togliendo le erbacce
dall’orto, crescevano sempre tanto durante l’estate,
soprattutto attorno alle piante di pomodoro e sotto le
zucchine naturalmente, dove Pierino faceva così fatica
ad arrivare, le sue braccia non erano ancora abbastanza
lunghe e doveva faticare molto per arrivare là sotto
senza graffiarsi, in più ci si metteva anche Zucchina,
che amava rifugiarsi sotto le grosse foglie nelle ore più
calde, era il suo nascondiglio, e da lì, come faceva
giocando con Jody, provava a graffiare le mani di
Pierino mentre tentavano di afferrare le erbacce.
“Ahiiii!” disse Pierino ad un certo punto, e
guardandosi la mano vide un grosso graffio che
cominciava a sanguinare. “Ma insomma Zucchina!”
esclamò indispettito, e la gattina scappò come una
freccia verso il fienile. Pierino si mise a ridere di gusto.
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Il nonno era in fondo all’orto che con la zappa stava
togliendo delle alte erbacce che infestavano i cetrioli,
Pierino lo osservava, era molto indaffarato e il viso
era tutto rosso, delle grosse gocce di sudore gli
scivolavano di tanto in tanto giù per la fronte fino al
mento, rimanevano lì sospese qualche attimo… per
poi cadere sul terreno arso dal sole caldo di fine estate.
Ma di tutto questo il nonno sembrava non curarsi e
continuava assorto il suo lavoro. Pierino lo ammirava
tanto e sempre pensava che un giorno sarebbe voluto
diventare esperto come lui, il nonno conosceva tutti i
segreti dell’orto, sapeva come preparare il terreno,
quando seminare, come potare le piantine perché
dessero ortaggi grossi e saporiti, gli raccontava della
luna e dei pianeti che aiutavano le piante a dare il loro
meglio e Pierino era felice di potergli fare sempre tante
domande mentre lavoravano insieme.
Ad un certo punto, il nonno si fermò , estrasse con
calma il fazzoletto dalla tasca dei pantaloni e si
asciugò la fronte, lo rimise in tasca e si chinò a
raccogliere con una mano un’erbaccia che aveva
appena tagliato. Ma proprio mentre si stava
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raddrizzando… “Ohi, ohi ohi” esclamò a gran voce
mettendosi una mano dietro la schiena.
Pierino ,che non era abituato a sentire il nonno
lamentarsi ,subito si preoccupò pensando gli fosse
accaduto qualcosa di serio. “Nonno nonno” disse
correndogli incontro, “ che ti succede?”.
“Nulla nulla Pierino, ho un dolore qui dietro la
schiena ma non preoccuparti passerà subito” rispose il
nonno. Poi tentò di fare un passo per avviarsi verso la
casa ma si fermò subito e Pierino notò una smorfia di
dolore sul suo volto. “Aspetta nonno” gli disse “ vado
a chiamare il papà” e corse in casa mentre il nonno
rimaneva appoggiato alla zappa. Aiutato dal papà, che
lo sosteneva per un braccio, e da Pierino che gli teneva
la mano grande e ruvida, il nonno fu accompagnato
sul divano di casa e lì cominciò a sentirsi un po’
meglio.
“Chiamerò il dottore” disse il papà. “Oh figlio mio,
non è così grave, sicuramente con il riposo della notte
il dolore svanirà, non disturbare subito il dottore”
rispose il nonno.
Il papà rimase un attimo pensieroso e poi disse “va
bene papà, ma questa notte rimarrai qui, non voglio
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che ti affatichi tornando a casa, ti prepareremo il letto
che c’è in camera di Pierino”.
All’udire quelle parole Pierino esultò di gioia “siii
nonno, non preoccuparti questa notte veglierò io su di
te” e gli scoccò un grosso bacio sulla guancia.
E così quella sera il nonno fu accompagnato al piano
di sopra, lo stesero nel letto a fianco a quello di
Pierino, ed anche Pierino si stese con lui. Rimasero lì a
chiacchierare a lungo, il nonno gli raccontava di storie
di principi che lottavano per difendere i loro regni e
Pierino chiedeva e chiedeva fino a che ad un certo
punto senti “Ronf ronf ronf” e si rese conto che il
nonno si era addormentato.
Spense la luce che si trovava sul comodino tra i due
letti, tirò il lenzuolo in modo che gli coprisse ben bene
le spalle e pure lui si addormentò felice.
La mattina seguente, quando Pierino si svegliò, vide
che il nonno ancora sonnecchiava al suo fianco, lo
aveva sentito rigirarsi tra le coperte tutta la notte ed
ogni tanto gli era sfuggito pure qualche lamento di
dolore. Scese senza far rumore dal letto e si avviò
verso la cucina. Lì c’era la mamma che lo stava
aspettando. “Buongiorno Pierino” le disse sorridente.
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“Oggi ho un importante incarico da affidarti, il papà è
già uscito per recarsi al lavoro, ma viste le condizioni
del nonno, che durante la notte non è migliorato,
abbiamo avvisato il dottore che stamattina verrà a
visitarlo. Pure io devo uscire con tua sorella, vorrei
chiederti di occuparti tu del nonno per questa mattina
e di accogliere il dottore appena arriverà”. “Certo
mamma” rispose Pierino, “non preoccuparti, mi
occuperò io di tutto”.
E così ,dopo che la mamma uscì con Aprile, Pierino
risalì le scale ed entrò in camera per vedere come stava
il nonno. “Buongiorno nonno, come stai?”.
“Sto molto meglio Pierino, ma tuo padre ha insistito
perché il dottore venga a vedermi, secondo me non
era il caso ma sai com’è tuo padre, si preoccupa
sempre troppo per questo vecchietto” disse
sorridendogli il nonno.
“Avvicinati” e lo invitò con la mano a sedersi sul letto.
“Ti devo raccontare qualcosa”. Pierino si avvicinò
incuriosito e si sedette proprio a fianco al nonno che
però ancora rimaneva steso per il dolore.
“Tra poco arriverà il dottore Pierino” continuava il
nonno “sai, è un tipo un po’ strano, è un mio vecchio
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amico d’infanzia, una persona molto buona, un po’
all’antica forse, gli piace che tutti lo ascoltino con
attenzione mentre fa il suo lavoro e vuole essere
servito per ogni cosa di cui necessita, tu cerca di
essergli utile e lui ne sarà contento”.
Pierino rimase un po’ pensieroso a quelle parole, ma
proprio mentre stava per chiedere qualcosa al nonno si
sentì lo strombazzare di un’ auto giù in giardino.
“Eccolo, è lui” disse il nonno, “vai, vai ad aprire ”.
Pierino, incuriosito dalla descrizione del nonno, si
precipitò giù dalle scale per aprire la porta di casa. Il
dottore stava scendendo da una vecchia auto che
sembrava avere più anni di lui, chiuse la portiera e si
diresse verso il sentiero di casa. Indossava un cappello
nero a bombetta, un paio di occhiali appoggiati sul
nasone e un vestito scuro con la giacca aperta sul
davanti da cui usciva un enorme pancione che metteva
a dura prova i bottoni della camicia bianca che
sembravano resistere per miracolo.
Nella mano teneva una valigetta marrone che doveva
contenere gli attrezzi del mestiere.
“Buongiorno giovanotto” disse con voce sicura mentre
si avvicinava alla porta, “sono qui per visitare tuo
70
nonno”. “Buongiorno dottore” rispose Pierino
intimidito, “è di sopra, la accompagno io”.
Il dottore entrò e Pierino si vide sfilare davanti al naso
l’enorme pancione. Poi il dottore prese a salire le scale
e Pierino lo seguì. In realtà avrebbe voluto passargli
davanti per accompagnarlo alla camera dove si trovava
il nonno ma tanto era grosso il pancione del dottore
che non riusciva a trovare un buco per poterlo
superare. Alla fine, la porta della camera era aperta e
Pierino si accontentò di seguire il dottore che entrava.
“Buongiorno Dottore” disse il nonno, “è tanto tempo
che non ci vediamo, come sta?” “Io bene” rispose il
dottore, “ora vediamo come sta lei”.
“Una sedia per favore” disse a quel punto il dottore
rivolgendosi a Pierino che si era seduto in un angolo
della stanza ad osservare lo strano personaggio. E
subito Pierino scattò in piedi e gli avvicinò la sedia su
cui stava seduto. Il dottore vi appoggiò la grossa borsa,
la aprì con un “CLICK” e cominciò a frugare dentro.
Appoggiò vari arnesi sul letto del nonno, poi gli si
avvicinò e cominciò a guardargli gli occhi… “ma
dottore, io ho solo un po’ di mal di schiena” protestò
il nonno. “Beh… cos’è ? …c’è un altro dottore qui?”
71
rispose lo strano signore sbottando “fino a prova
contraria sono io l’unico medico in questa stanza,
saprò pur quel che devo fare”. Il nonno guardò per un
attimo Pierino e gli strizzò l’occhiolino mentre gli
scappava un sorriso.
“Termometro fanciullo” ordinò il dottore. Pierino
rovistò tra gli arnesi e gli passò il termometro. Il
nonno lo mise in bocca e dopo qualche minuto il
dottore lo ritirò guardando la lineetta blu che indicava
la temperatura “…niente febbre” disse. “Stetoscopio”,
Pierino guardò il nonno con fare interrogativo e
allargando le braccia. Fortunatamente il nonno gli
indicò col dito un attrezzo strano che stava proprio lì
vicino alla sua mano destra. Pierino sollevato, lo passò
al dottore. Il dottore si infilò due fili dentro le
orecchie, fece aprire la camicia da notte al nonno e
appoggiandogli un ferro rotondo sul petto gli chiese
di respirare profondamente, …poi disse “il torace è a
posto”. Fece sedere il nonno sul letto e dopo che si fu
tolto la camicia cominciò a tastargli i muscoli della
schiena. “Ahi” esclamava il nonno ogni tanto. “Bene,
si può rivestire” disse il dottore alla fine. Rimise i ferri
72
dentro la borsa marrone e richiuse l’apertura con un
“CLICK”.
Poi attese che il nonno si fosse rivestito e solo quando
tutti e due furono in silenzio, prese un profondo
respiro, facendo uscire ancor più la sua enorme pancia,
tanto che a quel punto Pierino era convinto che i
bottoni della camicia sarebbero saltati fuori dalla
finestra aperta, e sentenziò “Colpo della Strega”.
“Una strega???” penso tra sé e sé Pierino, “una strega
ha fatto questo a mio nonno?” ma rimase in silenzio
perché non aveva il coraggio di chiedere spiegazioni al
nonno …e tantomeno al dottore.
“Una settimana di riposo assoluto” disse il dottore, “e
tu ragazzo”, continuò indicando Pierino col dito
“avrai il compito di vegliare su tuo nonno perché
rispetti le indicazioni che gli ho dato, conosco bene
questo vecchio volpone e so che farà di tutto per
alzarsi dal letto il prima possibile”. Pierino guardò
negli occhi il nonno per un istante e un po’ gli veniva
da ridere, poi si fece serio e disse “non si preoccupi
dottore, me ne occuperò io”.
“Bene, accompagnami alla porta, arrivederci Antonio”
disse il dottore, “arrivederci Dottore” rispose il
73
nonno. E il dottore col suo enorme pancione uscì
dalla stanza per prendere le scale, ma stavolta Pierino
fu più lesto e lo anticipò indicandogli la via. Quando
il dottore fu sulla porta, si voltò verso Pierino e
offrendogli la mano gli disse “arrivederci ragazzo, sei
stato un ottimo collaboratore, ti ringrazio”. Pierino
orgoglioso gli strinse la mano e rispose “la ringrazio
dottore, arrivederci” e lo guardò mentre portava il suo
pancione verso la vecchia auto. Con un colpo di
tromba il dottore lo salutò e Pierino richiuse la porta.
Poi volò su dalle scale e senza altre parole chiese al
nonno che si stava sistemando il cuscino dietro la
schiena: “Nonno! Perché una strega ti ha fatto
questo?”. “Ha ha ha…” fece il nonno, “è un modo di
dire Pierino, siccome non si sa da dove possa derivare
un tal malanno così all’improvviso si dice che una
strega ci ha mezzo lo zampino e così lo si chiama
colpo della strega”.
“Aaaahh” disse Pierino, “ora ho capito” e si sedette
sul letto del nonno per tenergli un po’ di compagnia,
convinto di fargli rispettare tutte le indicazioni che lo
strano dottore gli aveva dato.
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UN LIBRO DI AVVENTURE
PPPP ierino in quei giorni era proprio felice. Il
nonno continuava a stare tranquillo nel suo letto e a
rispettare le indicazioni del dottore e lui cercava di
fargli compagnia ogni volta che poteva. Inoltre si
rendeva utile portando ogni cosa il nonno gli
chiedesse. A volte un bicchier d’acqua, a volte aveva
bisogno di una grattatina sulla schiena, a volte di un
po’ di frutta. Al nonno piacevano tantissimo i meloni
del suo orto e, quando lo desiderava, Pierino correva
giù in cucina, prendeva il coltellino che il nonno per
quei giorni eccezionali gli aveva dato il permesso di
usare, e correva in orto nella parte dove si trovavano i
meloni, erano sparsi e spesso nascosti tra le foglie,
Pierino ne raccoglieva uno, ma senza tagliarlo, lo
annusava come gli aveva insegnato il nonno e se
emanava un buon profumo dolce significava che era
maturo, allora estraeva il coltellino dalla tasca
posteriore dei pantaloni, come faceva il nonno e….
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“zaacc”, lo staccava dal picciolo. Poi, una volta in
cucina lo tagliava a spicchi e servito su un piatto lo
portava su in camera del nonno e insieme ne facevano
una gran scorpacciata.
Il nonno gli raccontava anche tante storie avventurose
della sua gioventù e Pierino poteva stare per ore ad
ascoltarlo incantato.
“Ti ho mai raccontato Pierino di quella volta che mi
sono imbarcato in una nave perché volevo diventare
marinaio?” “marinaio nonno? Davvero hai fatto il
marinaio?”. “Eh si Pierino, successe tanto tanto tempo
fa, io ero ancora molto giovane, avevo appena finito i
miei studi e non sapevo che cosa avrei voluto fare nella
vita, mi piacevano tanto i libri che raccontavano
avventure di marinai che, sulle loro navi, solcavano i
mari di tutto il mondo e in ogni porto dove
attraccavano trovavano città straordinarie e sempre
diverse. Mi piaceva anche andare al porto la mattina
presto a vedere le barche dei pescatori che arrivavano
dopo essere state in mare tutta la notte e lì, sul molo,
scaricavano casse di pesce appena pescato, poi si
mettevano a sistemare le reti danneggiate e intanto
arrivavano i camioncini che prendevano il pesce e lo
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portavano al mercato. Io non sapevo che cosa avrei
fatto in mare, non sapevo nulla di pesca né tantomeno
di viaggi in nave, ma una mattina decisi di recarmi al
porto in cerca di un lavoro”.
“Così successe che….” , il nonno si fermò un attimo,
gli era venuto in mente qualcosa all’improvviso, poi si
riprese e disse “Pierino, ti ricordi la soffitta del fienile
dove hai trovato Bella?”, “certo nonno come potrei
dimenticarla, è uno dei miei posti preferiti”. “Bene”
continuò il nonno, “lassù da qualche parte, non
ricordo più dove, è passato tanto tempo, dovrebbe
ancora esserci un grosso libro in cui, durante la mia
gioventù, raccolsi lettere, pensieri, ricordi e tante
fotografie delle mie esperienze in giro per il mondo.
Vai a vedere se lo trovi?”, “corro” rispose Pierino
entusiasta e si lanciò giù per le scale. “Stai attento alla
scala del fienile, è un po’ traballante” lo avvertì il
nonno”, “si, lo so nonno” rispose Pierino.
In men che non si dica Pierino era già davanti il
fienile, tirò la porta, che cigolando fece arruffare il
pelo a Zucchina che dormiva sopra il cofano della
vecchia auto del nonno e, quando fu dentro si avviò
78
senza indugiare verso la scala che portava su alla
soffitta.
I pioli cigolavano sotto i suoi piedi ma Pierino era così
emozionato che non se ne curava, finalmente arrivò in
cima, con una mano spinse di lato la botola che
chiudeva l’apertura della soffitta mentre con l’altra si
teneva saldo alla scala. Quando la botola si spostò
Pierino sentì sul viso l’aria calda e umida che usciva
dalla soffitta sempre chiusa. Dall’ultima volta che era
stato lì dentro era passato diverso tempo ma ricordava
ancora che c’era una finestra chiusa da qualche parte e
bisognava solo avere la pazienza di aspettare che gli
occhi si abituassero al buio per poterne vedere i
contorni. E così fu, appena Pierino fu in grado di
vedere dove metteva i piedi entrò nella stanza, stavolta
però non aveva intenzione di cercare al buio, così si
diresse verso la finestra, alzò il battente che teneva
chiuso il balcone e la spalancò. Da quanto tempo
quella stanza non vedeva un po’ di luce, pensava
Pierino, poi cominciò a guardarsi attorno in cerca del
grande libro. C’erano tante cose accatastate alla
rinfusa, Pierino iniziò a cercare in ogni angolo, trovò
vecchi tappeti, coperte, lampade, giochi di quando era
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bambino, quadri e grandi fotografie in bianco e nero
di persone che non conosceva, “forse qualcuno di
questi è il nonno” pensava. Poi ancora trovò scatoloni
di cartone con dentro vecchi libri e li guardò uno ad
uno, ma nessuno di questi sembrava essere il libro di
cui parlava il nonno, c’erano anche delle casse di legno
e Pierino tentò pure lì… ma erano piene solo di
vecchie cose per la casa: piastrelle, tubi di metallo, un
rubinetto vecchio… ma del libro nemmeno l’ombra.
Ma proprio quando stava cominciando a disperarsi e a
rinunciare, Pierino buttò l’occhio sul vecchio baule
dove aveva visto Bella per la prima volta, si vedeva
ancora che lì, dove era stata seduta per tanti anni,
mancava la polvere che circondava tutto il resto. Si
avvicinò al baule, che per fortuna non era chiuso a
lucchetto, e impugnò le maniglie che si trovavano sul
coperchio. Uno stridere di cerniere arrugginite gli fece
venire i brividi lungo la schiena, ma l’emozione per
quello che avrebbe trovato dentro gli fece scordare
ogni timore. All’interno Pierino notò subito una
vecchia cornice dorata con la foto in bianco e nero di
un uomo e una donna in primo piano che si
abbracciavano sorridendo, riconobbe nel volto del
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giovane il viso del nonno… “e lei deve essere la
nonna” pensò tra sé. Mise da parte con cura la vecchia
cornice e continuò a cercare…libri, soprammobili, una
vecchia sveglia con la carica a mano, un portafogli
vuoto, tante riviste…. “tu-t-to pe-sca” lesse Pierino,
“no questa no”, un’altra parlava di giardinaggio, come
lavorare il legno, tutto chitarra… “questa la porto con
me” pensò. Una volta arrivato sul fondo, trovò
qualcosa della forma di un libro avvolto in una tela
colorata, era vecchia ma ancora molto bella, con cura
tolse la tela che lo avvolgeva fino a che, tolto l’ultimo
velo, si trovò davanti la copertina di un libro che
sembrava fatto a mano tanto era curato nei particolari.
La copertina era contornata da una cordicella di spago
e nel centro si trovava una piccola barca a vela fatta
con chicchi di grano incollati sul cartoncino. Pierino,
preso dalla curiosità, fece per aprirlo ma subito sentì
lo scricchiolare delle pagine vecchie e ingiallite che si
staccavano dalla colla che le teneva unite. “Devo fare
piano” pensò fra sé. Con molta calma riuscì ad aprire
completamente la copertina… “R i-co-r di…
Ricordi!... è questo!” esclamò contento Pierino,
“finalmente!”. Era proprio il libro che il nonno gli
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aveva detto di cercare! Era un po’ impolverato ma così
come si trovava lo mise sottobraccio e scendendo
dalla scala a pioli corse felice verso la camera del
nonno.
“Ecco nonno l’ho trovato” esclamò entrando in
camera, ma appena varcò la soglia si arrestò e gli
dispiacque aver fatto tanto rumore, il nonno si era
addormentato, lo si sentiva anche russare… “ronf
ronf, Pierino tirò la tenda della camera per togliere un
po’ di luce dal viso del nonno, poi uscendo socchiuse
la porta dietro di sé, era contento che il nonno stesse
riposando bene anche se un po’ gli dispiaceva non
poter subito guardare le foto con lui.
Uscì e se ne andò in giardino a giocare con Zucchina e
Jodi.
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IL NONNO E LA FOCA
“PPPP ierinoooooo” chiamò ad alta voce il
nonno durante il pomeriggio, e Pierino che stava
facendo merenda giù in cucina con Aprile, prese al
volo il libro che aveva appoggiato sulla panca e corse
su’ per le scale. “Pierino, dove eri finito? Hai trovato il
libro?” lo interrogò il nonno. “Eccolo, ho fatto un po’
di fatica ma alla fine ce l’ho fatta” rispose Pierino
andandosi a sedere nel lettone a fianco al nonno. E
così insieme, cominciarono a sfogliare il grosso libro
dalle pagine ingiallite, ogni pagina nascondeva
cartoline da tutto il mondo, messaggi, lettere,
fotografie ed ogni tanto anche qualche fiore secco.
“Chi è quello nonno?” chiese Pierino ad un certo
punto indicando una foto in cui era ritratto un signore
alto e magro in divisa alle cui spalle si poteva vedere
una grande nave. “Ti raccontavo prima Pierino”
riprese il nonno, “che da giovane ho fatto per qualche
84
tempo il marinaio, successe che una mattina mi recai al
porto in cerca di un lavoro.
Il porto della città era molto grande, c’era un gran via
vai di gente sulla banchina e una grande nave
attraccata che scaricava casse di ogni genere. Non
sapevo nemmeno in che direzione dirigermi tanta era
la confusione. Ero lì fermo davanti alla scaletta della
grande nave tanto incantato da tutto quel fracasso da
non accorgermi che stavo intralciando il passaggio dei
marinai. “Che ti succede ragazzo?” mi sentii dire alle
spalle “non hai mai visto una nave merci?”. Era un
uomo alto e magro quello che mi parlava, indossava
una divisa blu e un cappello bianco in testa, era il
capitano di quella nave. “Sto cercando lavoro” risposi.
“Lavoro?” riprese l’uomo, “e che cosa sai fare?”. A
quel punto, un po’ imbarazzato risposi “non lo so,
non ho mai lavorato in una nave ma ho tanta buona
volontà”. Il capitano mi squadrò dalla testa ai piedi
silenzioso, poi disse “beh, le braccia forti sembra non
ti manchino, la buona volontà dici di averla, io ho
bisogno di un aiutante per i miei uomini, c’è sempre
più lavoro e quelle pappe molli si lamentano
continuamente. Presentati domattina alle cinque qui
85
dove ci troviamo ora e salperai con noi”. Poi, si voltò
senza nemmeno aspettare una mia risposta e prese a
salire la scaletta della nave.
Io ero rimasto lì immobile e non sapevo che cosa fare,
stavo cercando un lavoro e l’avevo trovato in men che
non si dica, talmente in fretta che avrei appena avuto il
tempo di salutare i miei genitori e gli amici, raccogliere
qualche vestito da casa ed imbarcarmi.
La mia avventura per i mari comincio così. Nella nave
il capitano mi faceva fare di tutto. Potevo aiutare il
cuoco in cucina pelando patate, lavare tirando a lucido
il ponte della nave o aiutare i marinai a caricare e
scaricare le merci ogni qualvolta la nave attraccava in
qualche porto, quello era il lavoro più faticoso ed
ogni sera cadevo nel letto sfinito. A volte la nave ci
portava per mari conosciuti non molto lontano dalle
terre in cui ero cresciuto, altre volte invece i viaggi
erano anche molto lunghi e si arrivava a solcare mari
tanto lontani, là, le acque erano molto fredde e non ci
si poteva fare il bagno, e le città dove si attraccava
erano tanto diverse dalle nostre e per le strade c’era
ghiaccio e neve quasi tutto l’anno.
86
Il tempo libero non era molto ma appena potevo, tra
un incarico e l’altro, ne approfittavo per sedermi a
poppa della nave e guardare il mare. Ogni giorno
aveva un colore diverso, a volte era verde, a volte di un
blu cosi forte da non sembrare vero, a volte, quando il
vento si metteva a soffiare, diventava scuro ed agitato e
grosse onde cariche di schiuma bianca cominciavano a
sbattere la nave da una parte e dall’altra. Ma i
momenti che mi piacevano di più era quando, all’ora
del tramonto, potevo approfittare del cuoco che si
distraeva, allora sfuggivo all’enorme montagna di
patate che ancora dovevo pelare e correvo a vedere il
sole che scendeva nel mare. Le luci e i colori di quei
momenti erano il premio per tutte le fatiche di quel
lavoro.
“Nonno nonno!” esclamò Pierino, “cos’è questo?”
disse indicando una vecchia foto in bianco e nero in
cui si vedeva il nonno da giovane con dei grossi stivali
ai piedi, protetto da un pesante giaccone di pelle e da
un berrettone di lana mentre allungava la mano ad uno
strano animale liscio e tondetto che Pierino non aveva
mai visto prima.
87
“Oooohhh questa è una bella storia Pierino” esclamò
il nonno.
Devi sapere che la nostra nave non trasportava
passeggeri ma di tanto in tanto succedeva che il
capitano permettesse a qualche avventuriero, che
voleva conoscere il mondo, di approfittare di un
passaggio in cambio di qualche favore. Così, capito
che un mattino, proprio mentre stavano per salpare
per un viaggio in mari freddi e lontani, uno strano
signore con una grossa borsa in spalla si avvicinò alla
nave e chiese al capitano che si trovava lì sulla scaletta
di essere imbarcato.
“Che cosa puoi offrirmi in cambio?” rispose un po’
contrariato il capitano, che quella notte non aveva
dormito bene a causa delle aringhe salate mangiate la
sera prima. “Fotografie” rispose lo strano personaggio.
“Fotografie?” ripetè il capitano con una espressione di
curiosità sul volto.
“E fotografie siano” riprese dopo un attimo di pausa,
i miei uomini hanno bisogno di qualche ricordo da
mandare a casa alle famiglie che non vedono mai.” E
così fu che il fotografo si imbarcò in quel viaggio.
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Nei giorni che seguirono feci amicizia con quel
fotografo che si chiamava Fulvio. Era un tipo molto
allegro e quando potevo lo seguivo nei suoi
spostamenti per la neve mentre cercava, col suo
macchinario, di cogliere qualcosa di particolare nel
cielo e nel mare. Poi un giorno avvistammo terra, non
ero mai stato così lontano e quelle terre erano davvero
fredde e inospitali. Dopo essere entrati in porto
scaricai con gli altri marinai tutte le merci dalla nave,
ma era ancora pomeriggio presto e mi rimaneva una
buona parte di giornata libera. Vidi Fulvio allontanarsi
col suo borsone e lo rincorsi “Fulvioooo, posso venire
con te?” chiesi, “certo, vorrei fare qualche fotografia ai
paesaggi qui attorno” disse lui. E così ci
incamminammo insieme, uscimmo rapidamente dalla
cittadina fatta principalmente di piccole case di legno
camminando sempre su sentieri pieni di ghiaccio e
neve e costeggiando il mare arrivammo in una zona
dove c’erano solo colline coperte di neve, rocce e mare.
Fulvio stava sistemando la sua macchina per fare
qualche fotografia e io mi gustavo il paesaggio. Ad un
certo punto sentii degli strani versi…EH EHEH, tutti
e due guardammo nella direzione da cui venivano e
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notammo in lontananza un gruppo di animali vicino
alla spiaggia. Incuriositi ci avvicinammo, poi Fulvio
interruppe quel silenzio… “sono foche!” esclamò, e si
diresse a passo spedito in quella direzione. Io non
avevo mai visto delle foche in vita mia ed ero
emozionatissimo all’idea di avvicinarmi!. Quando
fummo abbastanza vicini io rimasi incantato ad
osservarle mentre Fulvio scattava continuamente foto.
Poi estrasse dalle tasche una scatoletta di aringhe sotto
sale e me la lanciò. “Avvicinati” disse “e offrigli le
aringhe”. “Avvicinarmi?” risposi io, ma non sarà
pericoloso?”. “Ma che pericoloso” disse Fulvio
ridendo, “le foche sono animali socievoli”. E così mi
feci più vicino. Le foche erano un po’ sospettose e
facevano strani versi mostrando inquietudine ma
appena aprii la scatoletta, forse sentendo l’odore di
aringhe, una di loro si avvicinò incuriosita. Gliene
lanciai una a terra e subito la ingoiò. Fece una
espressione un po’ strana, forse, abituata a mangiare
pesce fresco, non era abituata al sapore delle aringhe
sotto sale, ma dopo un po’ di indecisione, si sollevò un
poco sulla schiena e guardandomi iniziò a battere le
90
zampe facendo il suo verso e invitandomi a lanciarle
altre aringhe.
Io ero molto divertito e, mentre Fulvio mi scattava
foto, finii per dare alla foca tutta la scatoletta di
aringhe, mi divertivo a vederla battere continuamente
le zampe.
Quando le ebbi finite, anche la foca ritornò con il
gruppo leccandosi i baffi.
Quella sera sulla nave, rimasi tutto il tempo con
Fulvio e insieme ci raccontammo di tutte le cose
divertenti che ci erano successe durante quella
giornata.
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UNA GIORNATA AL MARE
“PPPPapà, papà….mi porti al mare?” chiedeva
insistentemente Pierino ormai da una settimana. Da
quando aveva sentito le storie del nonno marinaio non
riusciva più a darsi pace. Voleva rivedere il mare! Ma
tutti i pomeriggi il papà sembrava avere qualcosa da
fare. Un giorno era occupato a sistemare la bicicletta,
un altro a potare le piante del giardino, un altro
ancora a sistemare la porta del fienile che si era
scardinata. Ma quel pomeriggio il papà, che si era già
avviato verso il ripostiglio per prendere in mano la
zappa e sistemare un po’ l’orto, pensò che doveva
proprio accontentare Pierino… si fermò e disse “va
bene Pierino, oggi si va pescare”. “Siiiiii!!!!” esultò
Pierino, “a pescare! Non sono mai andato a pescare!”.
La giornata era un po’ fresca, era ormai inizio
d’autunno e le prime foglie cominciavano ad ingiallire
e a cadere dagli alberi, tirava un po’ di vento ma il
tempo sembrava resistere. Con calma, il papà e Pierino
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prepararono le canne da pesca, tutta l’attrezzatura e
qualche panino e un po’ di frutta per il pomeriggio.
“Pierino, raccogli anche il sacco con i giochi per la
spiaggia” disse il papà. “Ma papà” rispose Pierino
“stiamo andando al mare per pescare, non per
giocare”… il papà decise di caricare comunque il
sacco e partirono.
Quando furono sulla spiaggia Pierino corse a vedere le
onde che si infrangevano sugli scogli mentre il papà
preparava le canne per la pesca. Sistemò tutti gli
attrezzi sul molo di legno, si sedette sullo sgabello e ne
preparò uno anche per Pierino che finalmente arrivò.
“Papà, ma quanto ci mettono i pesci ad abboccare?”
disse Pierino dopo qualche minuto, “bisogna avere
molta pazienza, a volta in tutto un giorno di pesca
non si vede nemmeno un pesciolino, a volte invece se
ne prendono così tanti da non sapere più dove
metterli”, rispose il papà. “Ah” fece Pierino, io
intanto vado a vedere cosa c’è tra gli scogli” continuò.
E si avviò sulla spiaggia. Là tra le rocce Pierino si rese
conto che c’era tutto un mondo abitato da animaletti
strani, stavano nascosti nelle fessure tra una roccia e
l’altra e approfittavano dell’acqua del mare che saliva e
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scendeva. Ma i più belli erano i granchi che appena lo
vedevano avvicinarsi andavano a ripararsi dietro
qualche fessura correndo via di lato. Adesso a Pierino
sembrava che il mare si stesse facendo più agitato e le
onde arrivavano sugli scogli sbattendo con più forza.
Anche il vento si era alzato e grosse nubi scure
sembravano avvicinarsi minacciose. “Ne ho preso uno
Pierinoooo!!!” esultò il papà ad un certo punto, ma
Pierino era tutto intento ad osservare le onde che
diventavano più alte e minacciose, “chissà se quelle che
incontrava il nonno in alto mare erano così” pensava.
“Sssscccccccc” una raffica di vento gli portò via il
cappello. Pierino si ridestò dai suoi pensieri e corse a
prenderlo. Poi si diresse verso il molo per vedere i
pesci che aveva preso il papà. A quel punto però le
onde sul molo erano davvero forti e Pierino sentì una
goccia cadergli sulla testa. “Dobbiamo andare ” disse
il papà, “ sta per piovere” e già stava richiudendo la
sua canna. In quel momento Pierino vide in
lontananza una barca che si avvicinava con fatica tra le
onde sempre più agitate… “ guarda papà” disse. Il
papà si fermò un attimo, mise la mano sulla fronte per
proteggere la vista dal vento… “è un peschereccio”
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rispose, “sta tentando di tornare al molo”. Pierino
rimase incantato a guardare quello che succedeva, ora
le nubi scure erano proprio sopra la loro testa e le
onde erano così alte e forti da far vibrare tutto il molo
quando sbattevano sui pali che lo sostenevano. Erano
così belle da sembrare disegnate. Intanto aveva iniziato
a piovere forte e il papà aveva preso due teli per
coprire lui e Pierino dalla pioggia…anche lui voleva
sapere se il peschereccio ce l’avrebbe fatta a rientrare.
“Tira la cordaaa!” si sentiva dalla barca….
“attentooooo”, “mollaaa…”. Le onde scuotevano la
barca e i pescatori avevano il loro bel daffare a farla
rimanere a galla, finalmente si avvicinarono abbastanza
al molo per poter attraccare. Allora Pierino vide un
pescatore saltare dalla barca sulle assi del molo, poi
qualcuno gli lanciò una corda che il pescatore legò
stretta stretta ad uno dei pali, ma solo quando gli
lanciarono la seconda ed il pescatore la assicurò ad un
altro palo, la barca cominciò a stare più stabile. La
pioggia era incessante ma nonostante tutto altri due
pescatori scesero dalla barca e a quel punto, quelli che
ancora si trovavano dentro cominciarono a passargli
casse cariche di pesce che venivano accatastate lì sul
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molo. Quando ebbero finito tutto quel lavoro
iniziarono a scaricare anche le reti.
A quel punto il papà disse” ora andiamo Pierino,
siamo tutti bagnati e comincia a fare freddo”. “ Si
papà” rispose Pierino, e si avviò verso la spiaggia
continuando a guardare i pescatori impegnati nel loro
lavoro.
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LA PIPA DI ATTILIO
LLLL’autunno era ormai alle porte e quel
pomeriggio la mamma stava sistemando i vasi delle
piantine aromatiche, era ora di metterli al riparo prima
che le notti diventassero troppo fredde. Lì ripose sul
lato della casa dove batteva di più il sole, dentro una
piccola serra che il papà aveva preparato apposta.
Poi si lavò le mani al rubinetto del giardino ed entrò
in casa.
Pierino stava giocando con Aprile nell’orto; dove il
nonno aveva raccolto le patate, la terra era rimasta
morbida e gonfia e con la paletta costruiva tunnel,
ponti, stradine e piccoli rifugi dove gli animaletti
potessero mettere le loro provviste per l’inverno. Ma
ogni tanto Aprile arrivava e con un pestone
distruggeva tutto il lavoro di Pierino…e Pierino le
faceva il solletico per farla allontanare… “Hiiiiiiiiiii”
faceva Aprile ridendo e correndo via di corsa tra la
terra smossa.
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“A tavola, è l’ora della merenda!” esclamò la mamma
uscendo dalla porta della cucina con un vassoio di
coppette di cioccolata calda in mano. Le appoggiò sul
tavolino di vimini che durante la bella stagione
rimaneva sempre in giardino e Pierino ed Aprile
accorsero felici a vedere cosa ci fosse per merenda.
“Cioccolata calda!” disse esultando Pierino,
“ata…ata!” ripetè Aprile. Ma, forse attirati dal
profumino di cioccolato, anche il nonno ed il papà,
che erano occupati dentro il fienile raccogliendo l’aglio
in lunghe trecce da appendere al soffitto, giunsero
come dei topolini attirati dal formaggio. “Cioccolata
per tutti!” disse il nonno e si sedettero.
Mentre ridevano e scherzavano attorno alle tazze di
cioccolata, Pierino ebbe l’impressione che il papà fosse
più basso del solito… “mi starò sbagliando” pensò e
tornò ad ascoltare le discussioni. Ma dopo un po’
Pierino si rese conto che il papà, lì seduto su quella
sedia, era più basso di Aprile che le stava a fianco
seduta su due cuscini. Non fece nemmeno in tempo a
dire “attentoooo” che….CRACK, il papà scomparve
dietro la tavola trascinando con sé la tazza di
cioccolata. “Ha ha ha”, tutti risero di gusto, il papà
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non si era fatto nulla ma la povera sedia… una delle
gambe si era infilata proprio dentro la tana di una
talpa e con il peso del papà non aveva retto e si era
rotta.
“Ooooh che peccatooooo! dovremo buttarla” disse la
mamma rattristata, “tenevo tanto a queste sedie”.
“Mamma non buttarla, il nonno la potrà sicuramente
sistemare” suggerì Pierino. Il nonno, che ancora stava
ridendo per il capitombolo del papà, diede un’occhiata
alla sedia, si grattò la barba bianca vecchia di qualche
giorno e disse “questo è un lavoro per Attilio Pipa!”.
“Ma certo” lo interruppe la mamma, “come ho fatto a
non pensarci!”. Pierino li ascoltava curioso di sapere di
chi stessero parlando. “Chi è Attilio Pipa?” chiese ad
un certo punto. “E’ un signore che abita qui vicino, ha
una piccola officina dove da tanti anni costruisce e
ripara oggetti di vimini, non ho mai conosciuto
nessuno abile come lui! Ma noi non possiamo
accompagnarvi ora, ci dobbiamo occupare dell’aglio”
disse il papà . “Andrò io con Pierino che mi aiuterà a
portare la sedia” concluse la mamma. Pierino, tutto
contento, era già pronto con la sedia in mano.
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Il tratto di strada che conduceva all’officina di Attilio
Pipa era breve. Quando furono davanti all’entrata
trovarono lì seduto su uno sgabello di legno un
signore intento ad annodare fili di vimini uno
sull’altro, aveva una pipa in bocca che spostava a
destra e sinistra con il solo aiuto delle labbra. “Ecco
perché lo chiamano Attilio Pipa!” disse sottovoce
Pierino, tirando la manica della mamma. “Buongiorno
Attilio, sono qui per sapere se mi può riparare questa
vecchia sedia a cui tengo tanto” disse la mamma.
Attilio Pipa si alzò in piedi a fatica… “Buongiorno
signora, vediamo cosa si può fare”. La stanza non era
molto grande ma c’erano dentro una quantità tale di
cose che uno spillo avrebbe fatto fatica ad entrarci.
Ceste di ogni dimensione, sedie impilate una sull’altra,
tavolini, poltroncine, sedie a dondolo, sgabelli, perfino
cavallini, tutto rigorosamente fatto di vimini. E poi
vimini ovunque, in fasci grandi e piccoli, secco o a
mollo in catini d’acqua. La stanza era luminosa, Attilio
Pipa aveva bisogno di tanta luce per poter lavorare
quei fili così sottili, la sua vista non era più quella di
una volta, indossava un paio di occhiali grossi come
fondi di bottiglia che stavano appoggiati sul grosso
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nasone. Attilio Pipa osservò con cura la sedia, poi
disse “è un lavoro complicato, farei prima a fargliene
una nuova signora, ma visto che ci tiene così tanto
proverò a ripararla”. Poi lasciò la sedia, si avvicinò ad
un bancone di legno dove erano appoggiati vari
attrezzi, aprì un cassetto ed estrasse un sacchettino
che conteneva del tabacco, ne prese una manciata e lo
schiacciò dentro la pipa. Estrasse dalle tasche una
scatola di fiammiferi. …Frosch portò il fiammifero
verso il tabacco mentre con la bocca tirava aria dalla
pipa e con l’altra mano proteggeva la fiamma. Diede
un paio di colpetti e due grosse boccate di fumo gli
uscirono dalla bocca. La pipa era accesa e ogni volta
che Attilio Pipa tirava si vedeva il tabacco diventare
rosso incandescente. Poi Attilio Pipa si sedette sul suo
sgabello e cominciò a lavorare sulla vecchia sedia della
mamma. La mise a bagno per ammorbidire i fili di
vimini e solo dopo un po’ cominciò a sfilare quelli
rotti. Ogni tanto si fermava, appoggiava la mano sulla
gamba e mettendosi dritto con la schiena dava una
boccata alla pipa, a Pierino piaceva quel momento
perché all’interno il tabacco tornava ad ardere ed
illuminava il nasone di Attilio Pipa.
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Poi Attilio cominciò a sostituire i pezzi rotti con
quelli nuovi e tra una tirata di pipa e l’altra terminò il
suo lavoro. “Ecco fatto signora, è stato più facile di
quello che pensavo” disse. La mamma era proprio
contenta, aveva la sua sedia sistemata e alla prossima
primavera avrebbe potuto rimetterla in giardino con le
altre. “Quanto le devo?” disse poi rivolgendosi ad
Attilio Pipa. “Nulla signora, è stato lavoro di un
attimo, piuttosto mi farebbe molto piacere se Pierino
tornasse a portarmi un po’ di patate di suo nonno, le
ho già provate l’anno scorso e sono ottime per gli
gnocchi!” “Ma certo” rispose Pierino, “sarò felice di
portargliele oggi stesso!”.
Così quel pomeriggio Pierino tornò da Attilio Pipa
con un bel po’ di buone patate e quando gli consegnò
il sacco gli disse “mio nonno le ha mandato anche una
treccia dell’aglio profumato che stava preparando per
l’inverno”. “Grazie Pierino” rispose Attilio tirando
una boccata dalla pipa “e ringrazia anche il tuo caro
nonno!”
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105
NANETTO FUNGHETTO E GLI STRANIERI
IIIIl nanetto Funghetto aveva ormai una certa età!
Camminava per il bosco tutto ricurvo e si aiutava
lungo il cammino con un bastone, mentre con l’altra
mano ogni tanto si toccava la schiena dolente.
Ma anche quel giorno aveva deciso di andare in cerca
di funghi. Nulla lo avrebbe fermato dal suo intento,
era così goloso che, appena era iniziato l’autunno e le
prime piogge avevano rinfrescato il sottobosco, si era
subito lanciato alla ricerca di porcini, prataioli, mazze
di tamburo e chi più ne ha più ne metta. Gli amici del
bosco lo chiamavano nanetto Funghetto appunto per
questo motivo: avrebbe mangiato funghi a colazione,
pranzo e cena, se avesse potuto.
Mentre si arrampicava lungo un irto pendio, dove solo
lui sapeva si trovavano ogni anno una grande quantità
di funghi grossi e saporiti… “di qua…da questa
parte” qualcuno gridò. Il nanetto Funghetto si arrestò,
“chi sarà che si permette di rovinare la mia tranquilla
106
ricerca” pensò indispettito. Si nascose dietro una
grossa quercia e aspettò che l’estraneo passasse di là.
Ma gli estranei erano due, anzi tre! Il nanetto si vide
passare a fianco due uomini con delle grosse ceste e
poco dopo vide un bambino che li seguiva a passo più
lento, teneva un grosso bastone in mano e
canticchiando dava colpi qua e là ai ramoscelli che
incontrava. “Pierinoooo, affrettati o ti perderemo!”.
Eh si! Proprio quel giorno anche il nostro amico
Pierino andava per boschi in cerca di funghi. Quel
pomeriggio era passato a casa sua un amico di papà ed
insieme stavano per uscire per andare a funghi, ma
appena Pierino intuì i loro intenti chiese subito di
unirsi al gruppo, così partirono tutti e tre. L’amico di
papà si chiamava Tonino, ma siccome come il nanetto
Funghetto, era un grande esperto di funghi, tutti gli
amici lo chiamavano Tonino Porcino.
“Tonino conosce ogni tipo di fungo, sa distinguere
quelli commestibili da quelli velenosi, ma soprattutto è
in grado di scovare i posti del bosco dove è più facile
trovare tanti buoni funghi” raccontava il papà a
Pierino mentre continuavano ad addentrarsi nel bosco.
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“Non si può più girare per il bosco in santa pace”
sbuffò nanetto Funghetto. “Ora farò io qualche bello
scherzetto a questi intrusi, l’unico esperto di funghi in
questo bosco sono: nanetto Funghetto!” esclamò
battendo il bastone al suolo.
“Ecco proprio da questa parte, tra un po’ dovremmo
vedere un segnale sulla nostra sinistra fatto con tre
bastoni piantati in fila nel terreno, l’ho lasciato
qualche tempo fa per riconoscere il luogo, lì vicino ci
saranno sicuramente tanti funghi” esclamò Tonino.
Ma continuarono a camminare per diverso tempo e
del segnale non videro l’ombra. “Ormai avremo
oltrepassato il punto” disse sconsolato Tonino
Porcino, “probabilmente i bastoni saranno caduti con
il vento. Ma più avanti c’è ancora un buon posto” si
riprese poi allegramente. Ma quando arrivarono in
quel punto… nemmeno un fungo! “Qui però i funghi
c’erano!” esclamò Tonino, e lui che era un esperto lo
poteva ben dire, “sembra quasi che qualcuno ce li
abbia soffiati da sotto il naso qualche momento prima
che passassimo noi”. E così successe per tutto il
pomeriggio. Ogni volta che Tonino Porcino diceva di
conoscere un posto buono per i funghi, succedeva
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sempre qualcosa di strano, o non trovavano i segnali
che aveva lasciato per riconoscere il luogo, o non
trovavano i funghi.
Intanto Nanetto Funghetto aveva il sacco così gonfio
che non riusciva più a trascinarselo dietro. Con una
mano lo tirava a fatica e con l’altra si sosteneva con il
bastone.
“Basta, ci rinuncio, mi dispiace tanto ma proprio non
capisco cosa succede oggi. Sono stanco di camminare
per nulla, ritenteremo un altro giorno” disse Tonino a
quel punto. Il nanetto ascoltò quel discorso e
finalmente tirò un sospiro di sollievo. “Noooo
Tonino” disse allora Pierino, “non ne abbiamo
trovato nemmeno uno piccolo, avevo promesso alla
mia mamma che gliene avrei portati a casa stasera
abbastanza per una bella polenta coi funghi”. “Polenta
coi funghi?” pensò tra sé nanetto Funghetto,
“buona!!!!! Anch’io voglio farmela stasera.” Ma poi
guardò il povero Pierino intristito e si impietosì.
Pensò che lui aveva così tanti funghi che avrebbe
potuto mangiarne per una settimana e quel bambino
aveva camminato tutto il giorno e non ne aveva
raccolto nemmeno uno.
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Così quando i tre stranieri si diressero sulla via del
ritorno nanetto Funghetto ebbe una grande idea. Ad
un certo punto colpì col suo bastone un grosso ramo
caduto che si spezzò. “STOCK” fece in un rumore
secco. A quel suono il papà si voltò ed incuriosito uscì
dal sentiero per vedere se in quella direzione ci fosse
stato qualche bell’ animale da far vedere a Pierino.
“Tonino, Pierinooo!” gridò ad un certo punto
entusiasta. E così anche i due si allontanarono dal
sentiero. Nel punto del bosco dove si trovava il papà
c’erano così tante testoline di funghi che spuntavano
dall’erba che sembrava qualcuno li avesse seminati!
“Evviva, evviva!!” esclamò Pierino, “finalmente i
funghi!” e tutti e tre si misero a raccoglierli e a
riempire le ceste. “Chissà come sarà contenta la
mamma” disse ancora Pierino. E intanto nanetto
funghetto, da dietro un albero, guardava sorridendo la
strana comitiva. “Ora devo andare a preparare i miei
funghi per la cena” si disse, e caricandosi il grosso
sacco in spalla, si fece forza con il bastone sul terreno
e si avviò verso casa.
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SERGIO LO SCOIATTOLO
SSSSergio lo scoiattolo era proprio disperato!
Chi se lo sarebbe mai aspettato che in una sola notte
di pioggia avrebbe perso casa e anche riserve per
l’inverno.
Eh si, quella notte aveva iniziato a piovere così forte,
ma così forte, che in pochi minuti il letto del fiume si
era ingrossato ed ingrossato, aveva scavalcato gli argini
e inondato buona parte del bosco. Quando Sergio vide
che l’acqua era arrivata a toccare le radici dell’albero su
cui aveva il suo rifugio, ancora non si era preoccupato,
stava lì al calduccio dentro la sua tana e
sgranocchiandosi una bella nocciolina si gustava la
vista della pioggia che cadeva incessante sul bosco.
Ma quando l’acqua del fiume cominciò ad alzarsi,
Sergio iniziò ad avere qualche preoccupazione. Saliva
saliva lungo il tronco e soprattutto la corrente era così
forte da scuotere l’albero a destra e sinistra. Quando
poi Sergio cominciò a sentire che il suo caro albero
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scricchiolava ed iniziava a piegarsi come se le radici si
stessero staccando dal terreno, non ebbe più dubbi!
Era sicuramente meglio abbandonare la tana! Se ne
uscì fuori nella tormenta, corse lungo uno dei rami
del povero albero e con un gran balzo saltò verso
un’altra pianta.
Ebbe appena il tempo di voltarsi per vedere il suo
vecchio albero inclinarsi sempre più sul terreno fino a
quando con uno… SCROSCH… fragoroso, l’intera
pianta cadde nell’acqua. “Oh la mia povera tanaaaa!”
disse sconsolato… “e tutte le mie provviste , come
farò ora?”. Rimase lì impietrito a guardare l’albero
portato via dal fiume in piena, infreddolito e con la
coda fradicia.
La mattina seguente però c’era il sole e Sergio lo
scoiattolo era di nuovo di buonumore, aveva deciso di
cercare in fretta un altro riparo dall’inverno, lo avrebbe
riempito di ogni prelibatezza per passare degnamente
la brutta stagione. Ma la sua ricerca fu più complicata
di quanto immaginasse. Tutti i rifugi sugli alberi erano
già occupati, cercò in lungo e in largo per il bosco ma
trovò solo tane già abitate: uccelli ed altri roditori si
erano già sistemati per l’inverno e non avevano
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nessuna intenzione di far posto ad uno scoiattolo che
aveva perso la casa. Era già tardo pomeriggio, Sergio
era molto stanco e pensava a quel punto di cercare
almeno un riparo per la notte. Si trovava sul limitare
del bosco e si vedevano in lontananza le case del
paesino vicino. “Bene” si disse, per questa notte mi
rifugerò tra gli umani e domani mattina presto mi
rimetterò alla ricerca.
Avvicinandosi al paese vide una bella casetta colorata,
c’erano due bambini che giocavano fuori nel giardino
ed un vecchietto che sistemata attrezzi al riparo
dall’umidità della notte. “Zucchinaaaa, Jodiiii, venite
quiiii” disse uno dei bambini. Sergio lo scoiattolo si
era avvicinato proprio alla casa di Pierino, ma quello
che a lui interessava veramente era altro! Là nel bel
mezzo del giardino gli era sembrato di distinguere
nettamente la sagoma di un bel nocciolo. Certo
l’albero era ormai spoglio ma chissà quante buone
noccioline avrebbe trovato frugando proprio sotto le
foglie cadute ai piedi della pianta. “Mi rifugerò lì per
questa notte!” esclamò soddisfatto.
“Squitt squitt!” udirono Pierino ed Aprile dopo
qualche attimo, ed alzando gli occhi si accorsero che
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uno simpatico scoiattolo li guardava tenendosi in
equilibrio su un ramo del nocciolo, la folta coda
arricciata era grande quasi come tutto l’animale, aveva
striature di pelliccia che andavano dal marrone scuro
all’arancio e teneva una nocciolina in mano che
sgranocchiava con i suoi dentoni sporgenti.
“Uno scoiattolo!” esultò felice Pierino, “attolo” ripeté
anche Aprile. I due bambini erano felicissimi, non ne
avevano mai visto uno così da vicino, e poi proprio sul
loro albero!
Sergio diventò subito amico di quei simpatici bambini,
erano così cari, ogni giorno gli portavano tante cose
buone da mangiare: briciole di pane, noci, grissini ed
avevano messo apposta per lui una ciotolina d’acqua
proprio lì ai p iedi dell’albero, ogni tanto per
ricambiarli di tutte quelle attenzioni si faceva coraggio
e scendeva dall’albero, i due bambini stavano
inginocchiati sul prato e lui si avvicinava prudente per
farsi allungare qualche pezzo di pane secco, poi lo
prendeva rapido tra le zampette e tornava di corsa tra i
rami del nocciolo. Aprile allora rideva divertita e
tirando la mano del fratello chiedeva di nuovo “pane,
pane”. Lo scoiattolo stava così bene in quella casa che
115
i giorni passarono veloci ed aveva ormai dimenticato la
brutta notte in cui aveva perso il suo rifugio. Ma un
giorno Sergio si svegliò rattristato, si è vero, in quella
casa stava bene, si era anche affezionato a Pierino ed
Aprile, ma quello non era il bosco, gli mancavano gli
altri scoiattoli e anche tanti alberi su cui saltare, lì c’era
solo il nocciolo e per di più di notte doveva rifugiarsi
al riparo nel fienile. Lui voleva tornare ad avere una
tana sull’albero. E fu così che quello stesso pomeriggio
si decise a rimettersi in viaggio. Sembrava che quei due
bambini avessero già capito tutto. Lo guardavano con
aria triste mentre si era allontanato dal giardino lungo
la staccionata che conduceva alla fine dell’orto del
nonno. Sergio guardava un po’ verso il bosco e un po’
verso i bambini, non sapeva proprio come salutarli.
“Ciao scoiattolo! Buona fortuna” disse poi Pierino
alzando un braccio in segno di saluto. “Tunaaa” ripetè
Aprile, anche lei con il braccio alzato… Sergio si sentì
sollevato, i bambini erano felici di vederlo tornare
verso il bosco.
Si voltò e con un gran balzo saltò sul sentiero, il bosco
era lì vicino e c’era una nuova casa da trovare prima
dell’inverno!
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LA QUERCIA STORTA
LLLL’aria all’interno del bosco si era fatta
davvero umida, ormai pioveva spesso e a volte un forte
vento soffiava tra gli alberi fischiando e mettendo
proprio voglia di avere una tana in cui rifugiarsi. Per
fortuna il nanetto Funghetto una tana ce l’aveva.
“Certo” pensava, “nessuno con un po’ di sale in zucca
si sognerebbe di essere ancora senza riparo a questo
punto della stagione. La mia vecchia quercia mi da
riparo da tanti anni e per fortuna non devo più
pensare a dove rifugiarmi ogni volta che arriva il
freddo. E’ un po’ storta ma fa ancora il suo servizio!”.
E’ già, la vecchia quercia dove viveva il nanetto
Funghetto era proprio storta! Era così grande che non
si sarebbe certo mossa di lì ma era cresciuta tutta
inclinata da un lato. Si perché, tanti anni prima,
quando la pianta era ancora poco più che un
ramoscello, e il nanetto funghetto non l’aveva ancora
adottata come sua dimora, in un giorno d’estate si
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avvicinò, dalle cime oltre i monti laggiù, un tremendo
temporale. Le nubi erano viola… quasi nere, i lampi
già illuminavano tutto il bosco e il rumore del tuono si
faceva sempre più vicino. All’improvviso il vento
iniziò a soffiare così forte che i rami degli alberi si
spezzavano. La povera quercia si piegava e si piegava e
ad ogni raffica si sarebbe detto che fosse la sua fine.
Piovve per diverso tempo mentre tuoni e lampi
terrorizzavano gli abitanti del bosco poi, finalmente il
temporale passò dirigendosi verso il mare. Tutto
attorno c’era un triste spettacolo di foglie e rami
caduti ed anche qualche grosso albero, che non aveva
retto alla furia del temporale, si era schiantato al suolo.
Il terreno era zuppo d’acqua e rigagnoli che correvano
verso il fiume si erano formati un po’ dovunque.
E la giovane quercia? Per fortuna si era salvata, aveva
resistito alle sferzate del vento ma… era rimasta un
po’ inclinata da un lato. Eh si, non era più dritta dritta
come prima del temporale. Per non cedere e spezzarsi
come era successo ad altre piante lì attorno si era un
po’ incurvata. Forse il terreno sotto di lei aveva
ceduto, fatto sta che ora si trovava così, piegata da
una parte. Per fortuna, dopo quel giorno, non ci
119
furono più temporali così intensi e la giovane quercia
poté crescere negli anni che vennero, si rafforzò nel
tronco e suoi rami divennero sempre più folti e
numerosi finché un giorno arrivò da quelle parti il
nanetto Funghetto e la adottò come sua dimora.
Erano passati tanti anni da quel giorno ed oramai il
nanetto conosceva ogni ramo di quella quercia come le
sue tasche. Sapeva di tutti gli abitanti e i visitatori di
quella enorme pianta, soprattutto uccelli, che per la
maggior parte emigravano al caldo in autunno, e
scoiattoli. Ma quell’anno l’albero sembrava non avere
nemmeno un ospite per l’inverno. Neanche uno
scoiattolo si era visto preparare il nido durante quegli
ultimi giorni d’autunno.
Nanetto Funghetto era un po’ dispiaciuto per la sua
quercia, “è un po’ storta è vero, ma è pur sempre una
delle querce più belle che ci siano nel bosco” pensava.
“Ehilà della casaaa?” sentì gridare alle sue spalle. Si
voltò e vide un piccolo scoiattolo intimidito che
attendeva risposta. “Cosa vai cercando?” chiese un po’
di fretta Nanetto Funghetto, che già pensava al
pentolone di funghi da mettere al fuoco per la cena.
“Cerco un rifugio per l’inverno” rispose Sergio lo
120
scoiattolo. Il nanetto si fece serio, poi disse “un rifugio
per l’inverno? Non ti pare un po’ tardi per cercare un
nido a questo punto dell’autunno? Tutti i tuoi amici si
sono già sistemati, lo sai?”. Lo scoiattolo Sergio si fece
serio, gli era tornata in mente la tremenda notte in cui
aveva perso la sua casa e, dalla risposta scortese del
nano sembrava che nemmeno quella sarebbe stata la
volta buona. “Qui sopra, sul primo ramo c’è giusto
una tana fatta da un picchio che poi se n’è andato
senza far sapere più nulla di sé. Puoi andare a vedere se
ti comoda” disse nanetto Funghetto, che sotto sotto
era contento di passare l’inverno in compagnia.
A quelle parole Sergio lo scoiattolo fece un sorriso da
qui a qui, ancor prima che il nano finisse di parlare si
stava già arrampicando su per la grossa quercia. “Qui
sotto le foglie è pieno di ghiande per le tue provviste
invernali, sprovveduto di uno scoiattolo!” urlò il
nanetto da basso, ma Sergio lo scoiattolo era già nella
sua tana che pensava dove disporre le ghiande, dove la
paglia per il suo letargo e ringraziava la vecchia quercia
storta per quel dono inaspettato.
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122
LA RANA E IL LETARGO DIFFICILE
LLLLa rana Romina era appisolata sotto la
catasta di legna, il suo letargo era già cominciato da
diversi giorni ed il sonno era pesante e profondo.
Quest’anno aveva trovato un ottimo rifugio, lì tra i
ciocchi di legno si sentiva un certo teporino, era sicura
che non si sarebbe mossa fino a che la primavera non
l’avesse risvegliata al profumo delle viole e delle
margherite.
Ma ad un tratto qualcosa disturbò il suo sonno...
“stock, stock, stock…” , la rana Romina sobbalzò e a
fatica riuscì ad aprire gli occhi per vedere se ci fosse un
pericolo imminente. Il papà e Pierino quel giorno
avevano deciso di preparare la stufa per l’inverno.
L’ultima notte era stata molto fredda ed era meglio
farsi trovare pronti. Presero la carriola che il nonno
teneva sempre pronta nel fienile e si recarono alla
legnaia. A turno prendevano un pezzo di legno e lo
caricavano. Fecero uno, due e tre giri portando legna
123
verso la cucina, la accatastarono a fianco della vecchia
stufa, ce n’era già per diversi giorni ma era una buona
idea tenerla lì vicino in modo che si asciugasse
dall’umidità dell’inverno e potesse così bruciare
meglio.
“Un ultimo giro e poi abbiamo finito” disse il papà.
Pierino ne era contento, la legna era pesante da
caricare e le braccia gli dolevano. Ma desiderava tanto
poter accendere la stufa con il papà e poi mettersi a
fianco a godere del calore che emanava.
Così uscirono nuovamente, e fu proprio mentre
Pierino prendeva uno degli ultimi ciocchi che la rana
Romina si vide scoperchiare il tetto del rifugio. Era
stata scoperta! “Cra, cra, cra!” gracidò
immediatamente, poi con un balzo scese dalla legnaia e
si avviò saltellando verso il giardino. Pierino ne fu
talmente sorpreso che non fece in tempo a dire nulla,
solo riuscì a indicarla col dito mentre anche il papà la
guardava scappare. “Le abbiamo rovinato il rifugio”
disse. “Non preoccuparti Pierino, ne troverà
sicuramente un altro”, rispose il papà. Ma la porta
della cucina era rimasta aperta e la rana Romina, con il
sonno che aveva, voleva solo trovare un altro
124
nascondiglio caldo e sicuro per poter tornare a
dormire in pace!
Dopo poco Pierino ed il papà si avviarono verso la
cucina con l’ultima carriola di legna. La accatastarono
a fianco la stufa e soddisfatti del loro lavoro andarono
a prepararsi una merenda.
Tutto sembrava tranquillo nella casa, ma quella sera
mentre tutta la famiglia era seduta in divano a
chiacchierare “…cra….”, “non vi è sembrato di
sentire uno strano verso?” chiese la mamma. “Io non
ho sentito nulla” rispose il papà “… cra, cra”, “eh si,
questa volta l’ho sentito anch’io” esclamò a quel punto
Pierino. “Ca…ca” fece Aprile indicando col dito verso
la cucina. Tutti si diressero là incuriositi. Stettero un
attimo in silenzio e poi nuovamente “cra”. “Viene
dalla stufa?” disse la mamma incredula. Il papà si
avvicinò ed iniziò a controllare tutta la stufa ma
dentro non c’era nulla. “Cra, cra”, sentirono di nuovo.
Pierino allora ebbe un sospetto: si mise a spostare
pezzo per pezzo i tronchi di legna che quello stesso
pomeriggio avevano riposto con fatica a fianco la stufa
e ad un certo punto… “la rana!, Ancora lei!” esclamò
Pierino. La povera rana Romina guardò il bambino
125
con espressione sconsolata, sembrava proprio che il
suo sonno quel giorno non potesse avere pace. Con un
balzo passò tra le gambe di Pierino e sotto lo sguardo
gioioso di Aprile si diresse verso il tavolo.
“Prendiamola!” esclamò la mamma, ma la rana
Romina con tutto quel fracasso si era impaurita.
Aveva iniziato a spiccare salti tremendi e correva a
destra e sinistra per non farsi prendere. “E’ sopra la
sedia!” disse Pierino, ma la rana Romina era già saltata
sul tavolo, “è sopra il tavolo!” disse Pierino, ma la rana
Romina era già saltata sopra il portafrutta
rovesciandolo, “ora è sopra il portafrutta” esclamò
Pierino, ma la rana Romina con un gran balzo finì
proprio dentro il lavello pieno d’acqua e lattuga che la
mamma aveva messo a bagno… “SCIAFF”, schizzi
d’acqua finirono sul pavimento della cucina e pure
sulla maglia e sui pantaloni di Pierino. Finalmente
però la rana sembrava essersi calmata, rimaneva
nascosta sotto le foglie di lattuga e con gli occhi
spalancati stava in guardia per vedere se qualcuno si
avvicinava. “Fermo Pierino” disse il papà mettendo
una mano sulla spalla del figlio, “forse è meglio se la
lasciamo lì per questa notte, si sentirà al sicuro,
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domani alla luce del sole la aiuteremo a trovarle un
altro rifugio”. Pierino voleva tanto vedere la rana da
vicino ma pensò che in fondo il papà aveva ragione.
Quella poveretta aveva già passato abbastanza
spauracchi per quel giorno.
La mattina dopo Pierino ed il papà entrarono in
cucina con molta cautela, …la rana stava dormendo
dentro il lavello, il papà immerse le mani nell’acqua
silenziosamente e senza difficoltà prese la rana nei
palmi delle mani. La rana Romina a quel punto si era
svegliata, ma non poteva fare più nulla per liberarsi.
Nel giardino cercarono un nascondiglio ma niente
sembrava convincere completamente Pierino. Sotto gli
alberi non era abbastanza riparato, nel fienile
circolavano spesso Zucchina e Jodi e poteva essere
pericoloso, nella legnaia la povera rana avrebbe passato
un inverno piuttosto agitato, troppe volte Pierino ed il
papà sarebbero andati a rifornirsi di legna. “Quello è il
posto giusto!” esclamò poi indicando la piccola serra
per i fiori sul fianco della casa. “Hai ragione , lì starà
al calduccio ed al sicuro fino a primavera” rispose il
papà. Così, mentre Pierino sollevava un angolo del
telo che avvolgeva le piantine della mamma, il papà
127
allungò le mani dentro la serra e lasciò andare la
piccola rana. La rana Romina si guardò attorno
incredula per aver riacquistato la libertà così
rapidamente, sentì che lì dentro si stava proprio bene e
sembravano non esserci pericoli. Con un paio di balzi
andò a nascondersi dietro un grosso vaso appoggiato
al muro e in un balenò si riaddormentò, “speriamo che
questa sia la volta buona” pensò.
128
129
IL TORO E IL BERRETTINO
LLLLe giornate erano fredde ma il pomeriggio,
una volta tornato da scuola, Pierino si annoiava e non
voleva rimanere sempre in casa. Anche Aprile
sembrava non sapere più a cosa giocare, così dopo aver
fatto merenda, Pierino chiese alla mamma se potevano
andare a fare una passeggiata lungo il sentiero. “Ho
tante cose da fare oggi Pierino, perché non esci tu con
Aprile, portala a fare una camminata fino alla stalla in
fondo al paese”. “Va bene mamma !” rispose Pierino
che era sempre felice quando gli affidavano la
responsabilità di guardare la sorella.
“Ma dovrete vestirvi bene, fuori è freddo e umido”,
raccomandò la mamma. Così Pierino, prima si coprì
per bene con giaccone, sciarpa e guanti e poi preparò
anche la piccola Aprile.
Quando uscirono di casa sembravano due pupazzi
tanto erano infagottati ma almeno non avrebbero
patito il freddo. “Non fate tardi, farà buio presto
130
stasera” disse la mamma. Il sentiero che i due bambini
presero iniziava proprio dietro il fienile, là dove un
giorno se ne era andato Sergio lo scoiattolo in cerca di
un rifugio per l’inverno, da una parte ci si addentrava
nel bosco mentre dall’altro lato, continuando sulla
stradina di pietra, si arrivava alla stalla di Tino il
contadino. Tino aveva tanti campi e di tanto in tanto
Aprile e Pierino lo vedevano passare con il suo trattore
sul sentiero che fiancheggiava la casa, sempre
indaffarato in attività di campagna. Tino però, oltre
ad avere tanti campi possedeva anche una stalla, dove
ricoverava il bestiame durante la notte e nei giorni più
freddi. Proprio camminando lungo quel sentiero ad
un certo punto i due bambini arrivarono alla
staccionata dove pascolavano gli animali di Tino. In
realtà erano così intenti nel loro gioco che nemmeno si
accorsero di essere arrivati lì. Pierino si divertiva a
saltare le pozzanghere di acqua ghiacciata con grandi
balzi, mentre Aprile, con gli stivali …CRACK…, ci
camminava proprio dentro per sentire il rumore del
ghiaccio che si rompeva. Poi, videro in lontananza
diversi animali al pascolo… mucche, vitelli, qualche
cavallo, che passeggiavano gustandosi un po’ di libertà
131
prima di rientrare nelle stalle per la notte. Ma ad un
tratto….i due bambini si arrestarono….davanti a loro,
ma proprio a pochi passi… c’era un toro, un grosso
toro marrone che, immobile, li fissava senza battere
ciglio. Per fortuna c’era la staccionata a dividerli
dall’enorme animale, certo, anche così, i due bambini
non si sentivano molto sicuri. “SSSHHHH” fece di
colpo il toro sbuffando aria dal naso, ed una nuvola di
vapore caldo uscì dalle grosse narici. Poi il toro, fece
qualche passo verso di loro e si arrestò sul bordo della
staccionata. Aveva due grandi corna rivolte verso l’alto
e con il muso li puntava tenendo fissi gli occhi scuri su
di loro. Allora Pierino prese per mano Aprile per
rassicurarla e la guardò un attimo: un lungo moccolo
le colava giù dal naso ed il berretto rosso le scendeva
sulla testa fino a coprirle quasi gli occhi…… “il
berretto rosso!” pensò tra sé Pierino e in un lampo
glielo tolse dalla testa nascondendolo in tasca..
etooooo!” disse subito Aprile, mentre si stava per
mettere a piangere, ma il fratello le fece segno, col dito
davanti la bocca, di fare silenzio. A quel punto il toro
aveva sporto la testa dalla staccionata e sbuffando
guardava i due bambini dubbioso. Sembrava però che
132
non ci fosse più nulla a infastidirlo, e dopo qualche
attimo, perso l’interesse per i bambini, si voltò e tornò
a pascolare nel campo. “Ufff” fece Pierino, “se n’è
andato”, “uff” fece Aprile, passandosi la manica del
giaccone sul naso. “Ehi bambini, cosa fate lì fuori al
freddo, non vorrete ammalarvi per caso?” Era Tino il
contadino che passava con una carriola piena di fieno
per i cavalli. “Perché non entrate in casa da nonna
Marta, vi preparerà una buona cioccolata calda!” .
“Ataaaa!!!! fece Aprile sorridendo e tirando il fratello
verso la casa. Pierino si guardò un attimo in giro, poi
guardò la sorella e disse sorridendo “va bene, ma
facciamo presto, la mamma ci aspetta” e prendendola
per mano si diressero verso la casa di nonna Marta.
133
134
APRILE E LE FORMICHE
AAAAprile aveva appena finito la merenda, quel
pomeriggio aveva fatto un pisolino più lungo del
solito e quando si era svegliata, Pierino era già uscito a
giocare in giardino. La mamma le aveva preparato una
buona fetta di pane e marmellata e una tazza di tè
caldo, poi le aveva detto “tesoro mio, sono qui fuori
in giardino a rastrellare le foglie secche, ti lascio la
porta aperta, appena finisci puoi andare a giocare con
Pierino”.
La piccola Aprile, ancora insonnolita aveva risposto
con un cenno del capo e aveva guardato la mamma
uscire dalla porta della cucina. Il barattolo dello
zucchero era ancora aperto e la tentazione per lei fu
troppo forte! Si bagnò il dito con la lingua e lo
immerse “mmmhhh!!!” che buono lo zucchero pensò,
e immerse di nuovo il dito nel barattolo. Ma proprio
in quel momento passò davanti la porta della cucina
Pierino, manovrava la pesante carriola del nonno a
135
fatica, e le foglie che si trovavano dentro sembravano
una enorme montagna gialla! “Apile! Apile!” esclamò
subito la piccola, che senza nemmeno togliere il dito
dallo zucchero scese dalla sedia appoggiandosi ai pioli.
Ma tanta era la voglia di andare a giocare con Pierino,
che non si accorse del barattolo che rotolava sul
tavolo, rotolò rotolò rotolò fin sul bordo e lì…per
fortuna si arrestò. Ma lo zucchero all’interno cominciò
ad uscire e a cadere sul pavimento sottostante. Aprile
però era già fuori in giardino che si faceva trasportare
dal fratello dentro la carriola e mentre rideva e saltava
ributtava all’aria tutte le foglie che la mamma aveva
raccolto. Anche la mamma rideva al vedere i suoi
bambini così felici e poco le importava di dover
ricominciare tutto daccapo. Verso l’imbrunire però, i
bambini cominciarono a sentire freddo, “ora andiamo
in casa miei piccoli giardinieri” disse la mamma,
“continueremo il lavoro domani”, “va bene mamma”
rispose Pierino, e prendendo per mano Aprile la
accompagnò verso la cucina. Ma come misero piede
dentro… “che disastro!” esclamò la mamma. Una
folta colonia di formiche si trovava sotto il tavolo
proprio lì dove era caduto lo zucchero, andavano e
136
tornavano in fila indiana per portare tutta quella
riserva di cibo nella loro tana. “Miche!” esclamò
Aprile divertita. La mamma aveva già preso la scopa in
mano ma… “noooo! Così le ucciderai” la interruppe
Pierino, “nooo” ripetè Aprile. “Avete ragione,
dobbiamo trovare un altro sistema” riprese la mamma.
Rimase qualche attimo silenziosa guardando Aprile
che col dito raccoglieva lo zucchero rimasto sul bordo
del tavolo… “ho trovato” disse poi,” le
accompagneremo con ciò che gli piace tanto” e preso
il barattolo iniziò a spalmarlo a zig zag proprio da
dove si trovavano le formiche fin fuori della soglia
della cucina.
Aprile e Pierino si inginocchiarono a fianco della
striscia di zucchero che la mamma aveva steso e
aspettarono curiosi: piano piano le formiche si
spostarono da sotto il tavolo ed iniziarono a seguire
zigzagando la fine strada bianca che la mamma aveva
preparato per loro. Lentamente portarono alla loro
tana tutto lo zucchero sparso sul pavimento e solo
quando l’ultima formica ebbe varcato la soglia Aprile e
Pierino diedero il permesso alla mamma di chiudere la
porta. “Micaaaa” strillò Aprile da sotto il tavolo, eh
137
si, lì c’era ancora una piccola formichina che stava
trascinando faticosamente una briciola della merenda
di Aprile. Ma la briciola era così grande che la povera
formica non ce l’avrebbe mai fatta da sola, a meno che
non l’avesse mangiata sul posto. “Non volete lasciare
proprio nulla qua sotto” disse la mamma chinandosi
per osservare meglio la formica e, preso un pezzo di
giornale vecchio, raccolse briciola e formica e le
accompagnò in giardino. A quel punto Aprile e
Pierino chiusero finalmente la porta e insieme alla
mamma andarono di corsa ad accendere la stufa a
legna, la notte era davvero fredda, e il papà tornando
dal lavoro avrebbe trovato una casa calda ed
accogliente.
138
139
UNA VOLPE AFFAMATA
\\\\l mattino sembrava non arrivare mai,
Pierino credeva fosse già tardi ma…né papà né
mamma erano venuti a svegliarlo per andare a scuola,
ed in strada non si sentiva nemmeno un’auto passare,
il nonno non stava trafficando in orto, gli uccellini
non cantavano e lo scuolabus non era passato. Eppure
fuori dalla finestra sembrava esserci tanta luce. Pierino
decise di scendere giù in cucina e vedere cosa stesse
succedendo, sentiva i suoi genitori chiacchierare da un
po’ ma perché non lo avevano chiamato?
“Buongiorno Pierino!” dissero mamma e papà appena
lo videro scendere le scale. “Siediti qui con noi, oggi
faremo colazione con calma” .Pierino si sedette sulla
sedia accanto alla stufa rovente… “Perché con calma?”
chiese, visto che la mattina era sempre in ritardo.
“Oggi niente scuola”, rispose la mamma. “Niente
scuola? E perché?” chiese Pierino incredulo. “Vai fuori
a vedere tu stesso” lo invitò il papà. Pierino corse alla
140
porta, passò la mano sul vetro appannato e….
“neve!!!!!” esclamò, “c’è la neve!”. Quella notte aveva
nevicato così tanto che tutto era bianco, i tetti delle
case, le strade, le campagne, il bosco e pure il giardino
e l’orto erano un unico manto bianco che nascondeva
ogni cosa. Mamma e papà decisero che quel giorno i
loro bambini potevano rimanere a casa, visto che
anche le strade erano piene di neve.
Il tempo di vestirsi e Pierino era già fuori a giocare e,
appena si svegliò, anche la piccola Aprile lo raggiunse.
Giocarono tutta la mattina e solo durante il pranzo la
mamma riuscì a convincerli a fare una pausa e a
riscaldarsi le mani gelate davanti alla stufa. Il
pomeriggio arrivò anche il nonno, ma con tutta quella
neve non poteva proprio dedicarsi ai lavori nell’orto,
così anche lui, insieme ad Aprile e Pierino, cominciò a
raccogliere neve per costruire un gran pupazzo. Poi il
nonno lasciò i bambini ai loro giochi e si recò nel
pollaio dietro il fienile per dare da mangiare alle
galline infreddolite. Nel tardo pomeriggio l’aria
divenne davvero gelida, il cielo era scuro e forse quella
notte avrebbe nevicato di nuovo. Pierino ed Aprile
141
entrarono in casa e dopo un bel bagno caldo si misero
vicino alla stufa e di lì non si mossero per tutta la sera.
Quella sera erano così stanchi che si presto si
addormentarono sul divano, mentre ancora mamma e
papà chiacchieravano raccontandosi di come era
andata la giornata. “Coooocooocococo” si udì ad un
certo punto là fuori. “Cocococoooo”, Pierino si era
svegliato. Il papà si alzò ed andò in cucina per vedere
se dalla finestra riusciva a vedere cosa stesse
succedendo. Accese la luce che illuminava giardino e
fienile ma da lì non si poteva vedere il pollaio.
“Cocococoooo” si udì nuovamente. “Co co” si era
svegliata anche Aprile. “Devo andare a vedere” disse il
papà a quel punto. “Sarà qualche animale che vuole
mangiarsi le galline. “Vengo anch’io” rispose subito
Pierino. Il papà lo guardò un istante, “va bene, potrei
aver bisogno di un aiuto, ma vestiti bene, fuori fa
molto freddo”. Quando uscirono dalla porta della
cucina stavano cadendo grossi fiocchi di neve e Pierino
con la torcia in mano affiancava il papà che teneva un
grosso bastone per cacciare qualunque animale stesse
tentando di rubare le galline del nonno.
“Cococococo”....piano piano oltrepassarono il fienile,
142
cercavano di non far rumore, la neve attutiva i loro
passi. “Fai attenzione Pierino” disse il papà quando
arrivarono davanti la porta del pollaio, “appena aprirò,
tu illumina bene dentro” e brandendo il bastone con
l’altra mano aprì il catenaccio. La porta si aprì con un
gran cigolio e le galline si spaventarono ancor più.
Subito Pierino mise dentro la torcia. Le povere galline
stavano tutte in un angolo spaventate e saltavano una
in groppa dell’altra per proteggersi. Pierino illuminò
anche gli altri angoli del pollaio ma non vedeva
nulla….”eccolaaa!” eclamò poi. Proprio dietro la
porta, una volpe li osservava terrorizzata. Aveva il pelo
rossiccio e teneva il muso appuntito rivolto verso il
basso, gli occhi fissi sul bastone.
“Che cosa facciamo?” chiese Pierino, “sembra molto
spaventata” . La volpe rimaneva lì in attesa e si
guardava intorno in cerca di una via di fuga, questa
volta sembrava aver fatto male i conti ed era stata colta
sul fatto. “Spostati Pierino” disse il papà invitando il
figlio a togliersi dalla porta. “Passami la torcia”. Il
papà entrò lentamente nel pollaio tenendo il bastone
puntato verso la volpe. Quando fu dentro
“sssccccccc!!! Via!!!!!” fece a voce alta e in un lampo la
143
volpe prese l’uscio. Pierino ebbe appena il tempo di
vederla fuggire per i campi mentre il papà la
illuminava con la torcia.
“Era una volpe!” disse il papà, “doveva essere molto
affamata per uscire dal bosco ed avvicinarsi così tanto
al paese, sarà meglio tappare quel buco anche se non
credo tornerà per questa notte, visto lo spauracchio”.
Così con dei pesanti mattoni Pierino ed il papà
chiusero il buco, poi tornarono in casa al calduccio e
raccontarono la loro avventura alla mamma.
Il mattino seguente, appena ebbero fatto colazione,
Pierino e il papà uscirono per vedere se la volpe aveva
lasciato qualche traccia. Si diressero dietro il pollaio e
proprio dalla parte dove la volpe era entrata trovarono
la terra smossa. Doveva aver scavato a lungo, ma
inutilmente, “per fortuna l’aveva scampata bella!”
pensò Pierino. Poi si voltò verso la campagna, si
vedevano ancora le orme, anche se durante la notte era
caduta altra neve. Pierino guardò in direzione del
bosco e rimase qualche attimo in silenzio. “Papà, come
farà quella volpe se non troverà nulla da mangiare? Il
papà aveva già capito dove voleva arrivare Pierino e
sapeva che nulla lo avrebbe distolto dall’intento di
144
aiutare quella volpe. Si diressero verso il fienile,
presero un secchio e ci misero un po’ del pane secco
che il nonno teneva per le galline, aggiunsero un po’ di
cereali, una mela, delle carote e un po’ del cibo di Jodi
e Zucchina, “non si arrabbieranno” pensò Pierino. Poi
uscirono e si recano nuovamente dietro il pollaio.
Posarono a terra il secchio e Pierino guardò ancora
una volta verso il bosco. A quel punto rientrarono in
casa, “grazie papà” disse Pierino prendendogli la
mano.
Il mattino successivo Pierino corse a vedere se la volpe
era venuta. Il secchio era quasi vuoto, “non gli
piacciono le carote” disse, guardando quello che era
rimasto sul fondo.
Così per vari giorni, come era successo per Zucchina
tanto tempo prima, Pierino si occupò di soccorrere
quell’animale in difficoltà fino a che, quando la neve si
sciolse e per tutti gli animali del bosco fu più facile
cacciare, la volpe non venne, quel giorno Pierino trovò
il secchio ancora pieno, diede ancora uno sguardo
verso il bosco pensando “avrà trovato qualcosa di
meglio” e felice portò il cibo alle galline del nonno.
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UN CANE FELICE
“P“P“P“POP POP”….la mamma si affacciò alla finestra,
era il segnale che lo scuolabus era arrivato, salutò
l’autista con un gesto della mano ed andò ad aprire la
porta. “Ciao Pierino!, bentornato!” lo accolse . “Good
afternoon” rispose Pierino, che in quei giorni aveva
cominciato l’inglese a scuola. “Com’è andata oggi?
“very good” rispose Pierino alzando il pollice. “Vuoi
una bella fetta di pane con la marmellata?” “Yes”
rispose serio Pierino.
Prese la fetta di pane e se ne andò a giocare in
giardino. Fuori tirava un forte vento, la neve ormai
non c’era più ma la primavera tardava ad arrivare, non
erano ancora spuntati i germogli sugli alberi ed il
camino continuava a fumare in attesa della bella
stagione. La stradina davanti casa era tranquilla, ma ad
un tratto “uau uau uau” , i cani di tutta la via avevano
preso ad abbaiare. Prima quelli delle case lontane e poi
anche quelli delle più vicine. “Uau uau” fece anche
147
Lampo, il cane della casa a fianco. Attraverso le fessure
della staccionata Pierino vide passare qualcosa di
bianco e peloso, quel qualcosa passò davanti al
cancelletto dell’orto, ficcò il naso tra le assi e
spingendolo lo aprì. Era un grosso cane bianco a
macchie caffè, aveva le orecchie lunghe ed il pelo
mosso e con fare sbarazzino si diresse verso Pierino
come se lo avesse sempre conosciuto. Gli si parò
davanti in attesa. Pierino rimase sorpreso da quella
visita e non capiva cosa volesse quel cane che gli stava
di fronte scodinzolando. Poi si rese conto che ancora
teneva in mano la fetta di pane che gli aveva preparato
la mamma. Il cane vedendo che Pierino non si
decideva si fece avanti. Si mise sulle due zampe
posteriori e appoggiò quelle anteriori sul petto di
Pierino. “Ehiiii” esclamò egli, “ho capito, ho capito!”.
Quel cane lo faceva proprio ridere, e sorridendo
spezzò un po’ di pane e glielo mise in bocca. Il cane
scodinzolò ancora più forte in attesa di un altro
boccone e Pierino non seppe resistere a quella faccia
tosta che si era presentata così all’improvviso, alla fine
gli diede tutto il pane rimasto, solo allora il cane
rimise le zampe a terra e lasciò in pace Pierino. A quel
148
punto però fu Pierino a fargli le feste, lo coccolava e
gli grattava la pancia mentre il cane ben contento si
lasciava accarezzare pancia all’aria. “E questo chi è?” lo
interruppe il nonno che stava entrando dal cancello.
“Happy!” esclamò Pierino, è appena arrivato,
“secondo te il papà me lo lascerà tenere?”. Il nonno
rimase un attimo in silenzio, “ne parleremo stasera a
cena Pierino, vedrò quello che posso fare” rispose, e
dandogli una grattatina sulla testa si diresse verso il
pollaio.
Era giovedì, e come tutti i giovedì il nonno si fermava
a cena. La serata era piacevole, papà e mamma
chiacchieravano con il nonno del più e del meno ma
Pierino era impaziente. “Ma quando si parlerà di
Happy?” pensava. Quando arrivarono al dolce Pierino
non poteva più resistere, diede un calcione al nonno
che gli sedeva a fianco e guardandolo serio disse “uau
uau”. Il nonno si mise a ridere e poi cominciò
rivolgendosi a papà e mamma “ sapete, dopo quello
che è successo con la volpe nel pollaio ho pensato non
sarebbe male tenere qui un cane, terrebbe lontano gli
animali selvatici visto che Jody e Zucchina impegnano
tutto il loro tempo a dormire nella cesta del fienile”.
149
“Per me non c’è alcun problema” rispose la mamma,
solo ci vorrebbe qualcuno che se ne occupi quando tu
non ci sei, io ho già tanto da fare e non posso pensare
anche a questo. “Se ne occuperà Pierino” rispose il
nonno battendo una pacca sulla spalla del nipote.
“Si certo!” disse egli già impaziente di poter arrivare
alla fine di quella storia. “Allora manca solo il cane?”
intervenne il papà. “Ce l’ho io!” esultò Pierino, “è in
fienile!”. Al nonno andò di traverso il boccone della
torta e appena riuscì a smettere di tossire guardò
mamma e papà che lo osservavano in attesa di
spiegazioni e si mise a ridere. “Io non ne so nulla”
disse alzando le mani e continuando a sorridere.
“Ah tu non ne sai nulla” rispose il papà che ora pure
sorrideva, “e questo cane avrebbe già anche un
nome?”, “Happy!” rispose Pierino, “si chiama
Happy”. “E perché Happy?” chiese mamma
incuriosita, “perché è sempre felice” rispose Pierino
alzando le spalle. “Posso andare a prenderlo?”. “Certo
Pierino” risposero insieme mamma e papà divertiti,
ma Pierino era già uscito.
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Un grazie a…
a tutti i formatori che in questi tre anni di corso mi
hanno arricchito portandomi il loro mondo di
esperienze con gioia ed entusiasmo.
al numerosissimo anno triennale 2007-2010, il
gruppo più stimolante ma anche contestatore che
potessi incontrare sul mio cammino. Un perfetto
equilibrio di partecipazione e discussione, sempre
battaglieri, a partire dalle discussioni sui temi portanti
della pedagogia Waldorf fino alla decisione su chi
abbia diritto o meno di usare il fornello della mensa.
Ai bambini della prima classe 2009-2010 di Sgonico
che mi hanno insegnato e regalato tanto
un grazie speciale a Viviana e Michele che con
pazienza mi hanno aiutato nella preparazione dei
disegni e nell’ impostazione della tesi
un grazie più che speciale ad Aprile e Viviana, fonti e
risorse delle mie fantasie.
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