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ANIEM
Rassegna Stampa del 14/03/2016
INDICE
ANIEM
13/03/2016 Gazzetta del Sud - Cosenza
Nella rete investigativa il costruttore antiracket di Siracusa11
13/03/2016 La Gazzetta Del Mezzogiorno - Bari
Aniem, Giampetruzzi presidente12
12/03/2016 EPolis Bari
Aniem Puglia vertice rinnovato13
12/03/2016 Giornale di Sicilia - Agrigento
Quattro imprenditori siciliani agli arresti C'è anche Misseri che si ribellò al pizzo14
ANIEM WEB
12/03/2016 www.affaritaliani.it 20:14
Raffaele Giampietruzzi neo presidente ANIEM Puglia17
12/03/2016 www.lagazzettadelmezzogiorno.it_puglia 12:45
Aniem Puglia nuovi vertici e corso18
11/03/2016 www.lavoripubblici.it 01:30
Nuovo codice dei contratti: I contributi dei soggetti interessati19
12/03/2016 ilikepuglia.it 00:20
Aniem Puglia, nominato il nuovo consiglio direttivo: l'Architetto Giampetruzzi saràil presidente
21
SCENARIO EDILIZIA
12/03/2016 Corriere della Sera - Nazionale
Anas, mazzette e appalti pilotati Il giudice: un marciume diffuso23
12/03/2016 Corriere della Sera - Nazionale
Dalla città all'alta quota Un giardino verticale sopra le vanità terrene24
14/03/2016 Corriere Economia
Tesoro La task force del mattone26
14/03/2016 Corriere Economia
Il lavoro o l'ambiente? Cgil divisa al referendum28
14/03/2016 Corriere Economia
Borse euro I titoli per l'attacco (ma senza scoprirsi troppo)29
14/03/2016 Corriere Economia
Destinazione Sudamerica: Egp investe in Perù e Cile31
14/03/2016 Corriere Economia
Fotovoltaico E ora tutti al sole Cina in testa nell'anno dei record32
14/03/2016 Il Sole 24 Ore
Filiera del cemento in cattedra sulla prevenzione34
14/03/2016 Il Sole 24 Ore
Appalto pagato a ore, il contraente diventa datore e sostituto35
13/03/2016 Il Sole 24 Ore
Otto idee per portare l'edilizia fuori dalla crisi36
13/03/2016 Il Sole 24 Ore
La Milano di domani: cinque città che stanno in una39
12/03/2016 Il Sole 24 Ore
Usa e Iran obiettivi di Luxury living41
12/03/2016 La Repubblica - Milano
Cresce la protesta dei comitati cittadini contro i cantieri M442
14/03/2016 La Repubblica - Affari Finanza
Fiera Bologna, salta il cda: verso il sì a Parma e Rimini43
14/03/2016 La Repubblica - Affari Finanza
Zamperla: "Che sballo le mie giostre piacciono a Disney e Kim Jong-un"45
14/03/2016 La Repubblica - Affari Finanza
Quei miliardi dal gioco alle "buone cause" così la civiltà anglosassone indica larotta
47
14/03/2016 La Repubblica - Affari Finanza
Nel nuovo Codice appalti le speranze degli ingegneri49
14/03/2016 La Repubblica - Affari Finanza
Svolta nell'industria in calo le emissioni51
14/03/2016 La Repubblica - Affari Finanza
Sicurezza, al via il bando Isi pronti 276 mln per imprese53
14/03/2016 La Repubblica - Affari Finanza
Più di un miliardo per la prevenzione c'è anche l'amianto54
14/03/2016 La Repubblica - Affari Finanza
Confermata la solidità dell'istituto con quasi 500 milioni di avanzo finanziario56
13/03/2016 La Stampa - Aosta
Lo scandalo Anas arriva anche in Valle57
13/03/2016 La Stampa - Novara
Lotta agli irregolari "Così si può battere la crisi dell'edilizia"58
13/03/2016 Il Messaggero - Pesaro
Scuola edile: un'app in aiuto del comparto ancora in crisi59
12/03/2016 Milano Finanza
Costruzioni in legno in crescita del 7,7% in quattro anni60
12/03/2016 Milano Finanza
Primi passi in Svizzera61
12/03/2016 ItaliaOggi
Detrazione del 65% solo su immobili accatastati62
12/03/2016 Avvenire - Nazionale
«L'economia reale italiana oggi è ancora in recessione»63
14/03/2016 QN - Il Resto del Carlino - Bologna
Via Petroni, parte il cantiere «Riqualificate anche la parte sociale»64
14/03/2016 QN - Il Giorno - Nazionale
La «casa verde» sei anni dopo65
14/03/2016 QN - Il Giorno - Legnano
I furbetti dell'impresa edile cinese: gli operai senza contratti e tutele66
12/03/2016 QN - La Nazione - Massa Carrara
Lavori infiniti «Ma le penali vengono pagate?»67
12/03/2016 QN - La Nazione - Viareggio
Edilizia, chiuse 400 imprese e persi duemila posti di lavoro68
13/03/2016 Il Gazzettino - Padova
Infortuni sul lavoro: 253 cantieri fuorilegge69
12/03/2016 Capital
Astaldi70
12/03/2016 Capital
Azimut Benetti Group72
14/03/2016 Edilizia e Territorio
Leadership e gestione delle risorse umane74
12/03/2016 La Notizia Giornale
Tunnel, a Cuneo il cantiere più lento del mondo76
12/03/2016 La Notizia Giornale
Edilizia scolastica L'anagrafe è ancora in alto mare77
SCENARIO ECONOMIA
14/03/2016 Corriere della Sera - Nazionale
dobbiamo ripartire da einaudi e sturzo per rinnovare la società79
13/03/2016 Corriere della Sera - Nazionale
La forte spinta della Bce Frenata dai vecchi fantasmi81
13/03/2016 Corriere della Sera - Nazionale
non si può crescere chiedendo solo diritti e trascurando i doveri82
13/03/2016 Corriere della Sera - Nazionale
Pensioni a caro prezzo, il caos ricongiunzioni Ipotesi sconto sulle rate84
13/03/2016 Corriere della Sera - Nazionale
Ecco le scelte di portafoglio dopo il piano della Bce86
13/03/2016 Corriere della Sera - Nazionale
Stretta sui voucher, obbligo di sms La mossa del governo contro gli abusi87
12/03/2016 Corriere della Sera - Nazionale
Il costo del paese illegale88
12/03/2016 Corriere della Sera - Nazionale
Effetto Draghi, volano le Borse89
14/03/2016 Corriere Economia
Lusso «Il Made in Italy è senza confini Non solo borse, più scarpe e vestiti»91
14/03/2016 Corriere Economia
Lo Stato invadente che frena la crescita e la competitività93
14/03/2016 Corriere Economia
Sfide Già in calendario altri derby Italia-Francia95
14/03/2016 Corriere Economia
Energia Il petrolio? È già pronto per il rimbalzo98
14/03/2016 Corriere Economia
L'Ue affronta il rischio di «tempesta perfetta»100
14/03/2016 Il Sole 24 Ore
Il dividendo digitale che non si può sprecare101
14/03/2016 Il Sole 24 Ore
L'Italia fa rotta su Polonia e Uk103
14/03/2016 Il Sole 24 Ore
Le due facce dello sviluppo105
14/03/2016 Il Sole 24 Ore
Da Google a Hilton: si assume in Asia107
14/03/2016 Il Sole 24 Ore
RISPARMIO, CASE E BENZINA: TASSE CON AUMENTI RECORD*109
14/03/2016 Il Sole 24 Ore
La bellezza sfiora i 10 miliardi112
14/03/2016 Il Sole 24 Ore
«È il momento di valorizzare la manifattura»114
13/03/2016 Il Sole 24 Ore
La deflazione ora fa meno paura115
13/03/2016 Il Sole 24 Ore
Un Testo unico per superare la giungla dei mercati117
13/03/2016 Il Sole 24 Ore
La rotta tracciata per un fisco più equo119
13/03/2016 Il Sole 24 Ore
La burocrazia frena Garanzia giovani In due anni firmati 30mila contratti121
13/03/2016 Il Sole 24 Ore
Politiche attive contro la disoccupazione123
12/03/2016 Il Sole 24 Ore
Piano del Governo, sgravi per sostenere l'acquisto dei bond emessi dalle Pmi126
12/03/2016 Il Sole 24 Ore
Banche, 320 miliardi a tasso zero129
12/03/2016 Il Sole 24 Ore
Spinta al credito e alla redditività132
12/03/2016 Il Sole 24 Ore
La spinta di Draghi, la miopia dell'Europa133
13/03/2016 La Repubblica - Nazionale
Orari, qualità, risparmi così si calcolerà il bonus sugli stipendi di chi produce di più135
13/03/2016 La Repubblica - Nazionale
L'inutile polemica sullo "zero virgola" che condiziona i conti pubblici137
13/03/2016 La Repubblica - Nazionale
Cantone richiama Adr sugli appalti "Più trasparenza"139
13/03/2016 La Repubblica - Nazionale
Faro Authority sui rincari nelle Tlc141
12/03/2016 La Repubblica - Nazionale
Meno tasse in busta paga per chi produce di più voucher per gli asili nido142
12/03/2016 La Repubblica - Nazionale
"Giù il costo del lavoro e nuove regole sui contratti così l'Italia può ripartire"144
12/03/2016 La Repubblica - Nazionale
Alle Generali inizia la gestione Donnet-Minali146
14/03/2016 La Repubblica - Affari Finanza
Hachigo "La mia Honda balla da sola e punta tutto sull'hi-tech"*148
14/03/2016 La Repubblica - Affari Finanza
Telecom e Mediaset partita francese in terra italiana150
14/03/2016 La Repubblica - Affari Finanza
Finanza e immobili le nozze con frutti avvelenati*152
14/03/2016 La Repubblica - Affari Finanza
CRESCITA CINESE LE STIME VARIABILI E L'INCERTEZZA DEI MERCATI154
14/03/2016 La Stampa - Nazionale
Eni, parte il giacimento Goliat Si estrarrà petrolio dall'Artico155
14/03/2016 La Stampa - Nazionale
«La Fed aspetterà per nuovi interventi»156
14/03/2016 La Stampa - Nazionale
"Sanità, energia e hitech per il rilancio di Legacoop"157
13/03/2016 La Stampa - Nazionale
Se Cuba entra nel Fondo monetario159
12/03/2016 La Stampa - Nazionale
Il mattoncino trova casa anche da noi161
12/03/2016 La Stampa - Nazionale
"Dalla Bce non un regalo alle banche ma una spinta a fare più prestiti"163
12/03/2016 Milano Finanza
ORSI & TORI165
12/03/2016 Milano Finanza
LE PRIME SFIDE DELL' AD DONNET169
12/03/2016 Milano Finanza
Le sorprese di Moretti170
12/03/2016 Milano Finanza
Basta sparare sulle banche *172
SCENARIO PMI
14/03/2016 Corriere Economia
Siamo più internazionali Ma si deve cambiare passo176
14/03/2016 Corriere Economia
Per gli affari serve la fibra giusta177
12/03/2016 Il Sole 24 Ore
Un dato che va letto con grande cautela178
14/03/2016 La Repubblica - Nazionale
Voglia di welfare nelle piccole imprese baby sitter e badanti con i buoni pasto179
14/03/2016 La Stampa - Torino
Hub dell'Innovazione, un nuovo servizio per le imprese181
12/03/2016 ItaliaOggi
Bilanci su tre direzioni182
12/03/2016 ItaliaOggi
Garanzie solo se c'è l'investimento184
14/03/2016 ItaliaOggi Sette
Pmi innovative in corsia veloce185
14/03/2016 ItaliaOggi Sette
Brevetti, ora l'Italia guadagna terreno con un +9% da record187
14/03/2016 ItaliaOggi Sette
Battistelli (Epo): la tecnologia fa da traino188
12/03/2016 Capital
ANNI DALLA PARTE DEGLI IMPRENDITORI189
14/03/2016 Corriere del Mezzogiorno Economia
Regionale Sviluppo aiuta le imprese192
12/03/2016 Specchio Economico
ANTONIO TAJANI: LE CAPITALI DI ITALIA SONO ROMA E BRUXELLES, ECCOCOME RISALIRE LA CHINA
193
ANIEM
4 articoli
Carmelo Misseri Nella rete investigativa il costruttore antiracket di Siracusa Imprenditore edile. Carmelo Misseri denunciò un " pezzo da novanta " FLORIDIA È sicuramente uno degli
imprenditori edili più importanti della provincia di Siracusa. Il suo nome è legato a strade, autostrade, ed
opere come il porto grande (che sta per essere ultimato). Nel mirino di richieste estorsive, ha denunciato i
suoi aguzzini subendo diversi attentati intimidatori. Carmelo Misseri, 60 anni, è indubbiamente uno dei nomi
eccellenti indagati dalla Procura di Roma. Titolare della Sics con sede a Priolo, realizza grandi opere in
tutta Italia. La sua denuncia aveva portato in carcere un pezzo da novanta della criminalità organizzata
della provincia di Siracusa, come Nunzio Salafia. All'imprenditore di Floridia era stato chiesto un pizzo di
200 mila euro. Un rifiuto a pagare che gli era costato tre attentati incendiari nei cantieri della strada
Siracusa - Floridia. Misseri, diversi anni fa, era stato indagato dalla Procura della Repubblica di
Siracusacon l ' accusa di avere usato del cemento depotenziato nel realizzare dei cassoni di
prolungamento del molo del porto. Ma l ' imprenditore, dopo perizie e contro perizie, è riuscito a dimostrare
che il manufatto era stato realizzato rispettando il contratto. Misseri ha ricoperto anche il ruolo di presidente
regionale di Aniem Sicilia, il Collegio delle imprese edili siciliane aderenti a Confapi Sicilia. 3 (a.r.)
13/03/2016Pag. 5 Ed. Cosenza
diffusione:25225tiratura:38755
La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
ANIEM - Rassegna Stampa 14/03/2016 11
ASSOCIAZIONE IMPRESE EDILI DI PUGLIA Aniem , Giampetruzzi presidente n Rinnovo dei vertici regionali all'Aniem Puglia (associazione nazionale Imprese edili manifatturiere). Un
nuovo direttivo tutto improntato ad un ricambio generazionale e una nuova direzione di marcia per
intercettare al meglio le opportunità professionali ed occupazionali di una regione come la Puglia che vuole
essere in prima linea nella ripresa del Paese. È questo il senso del nuovo consiglio direttivo dell'Aniem
Puglia che sarà presieduto dall'Architetto barese Raffaele Giampetruzzi, nominato all'unanimità dall'a s s e
m bl e a dei soci. Accanto a lui nel nuovo organigramma del braccio pugliese dell'Associazione nazionale
Imprese edili manifatturiere ci sono anche: Fabrizio Palmiotti (vicepresidente, tesoriere, consigliere)
Riccardo Figliolia (segretario generale e consigliere) Nicola Luciano Di Liddo (consigliere), Serafina Lanave
(consigliere).
13/03/2016Pag. 12 Ed. Bari
diffusione:22565tiratura:31646
La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
ANIEM - Rassegna Stampa 14/03/2016 12
GIAMPETRUZZI N°1 Aniem Puglia vertice rinnovato Nuovo vertice per l'Aniem Puglia (Associazione Nazionale Imprese Edili Manifatturiere). Un direttivo
improntato ad un ricambio generazionale e una nuova direzione di marcia per intercettare al meglio le
opportunità professionali ed occupazionali in Puglia E' questo il senso del nuovo consiglio direttivo dell'
Aniem Puglia che a partire da oggi sarà presieduto dall'architetto Raffaele Giampetruzzi (barese, classe
'74), nominato all'unanimità dall'assemblea dei soci. Nel nuovo organigramma ci sono anche: Fabrizio
Palmiotti, Riccardo Figliolia, Nicola Luciano Di Liddo, Serafina Lanave. "La priorità in questo momento è
continuare a sostenere una voce unitaria del mondo delle costruzioni" ha ribadito il neo presidente dopo la
nomina.
12/03/2016Pag. 9
diffusione:21000La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stam
pa è da intendersi per uso privato
ANIEM - Rassegna Stampa 14/03/2016 13
appalti e tangenti il costruttore messinese in passato ha realizzato anche alcuni lotti dell'autostradapalermo-messina Quattro imprenditori siciliani agli arresti C'è anche Misseri che si ribellòal pizzo Francesco Sicilia Carmelo Misseri, siracusano, era anche finito nel mirino della criminalità organizzata e aveva subito più
volte attentati intimidatori. Poi denunciò Nunzio Salafia, ritenuto esponente di spicco di un clan mafioso. Un
terremoto giudiziario nazionale con scosse anche in Sicilia. La seconda parte dell'inchiesta della Procura di
Roma sulle presunte tangenti per gli appalti dell'Anas, l'ente gestore della rete stradale e autostradale
italiana, vede coinvolti quattro imprenditori siciliani finiti ieri mattina agli arresti domiciliari. C'è Giuseppe
Ricciardello, 69 anni, costruttore e padre di Irene Ricciardello, attuale sindaco di Brolo, in provincia di
Messina, nonché suocero di Nino Germanà, deputato regionale del Ncd con trascorsi come componente
della commissione Lavori pubblici a Montecitorio. C'è Carmelo Misseri, sessantenne, titolare della Sics,
Società italiana costruzioni stradali, di Priolo Gargallo, in provincia di Siracusa, che in passato aveva anche
denunciato il racket delle estorsioni. E poi ci sono anche i catanesi Francesco Domenico Costanzo, 54 anni
e Concetto Bosco Lo Giudice, 53 anni, ex vertici della Tecnis, attualmente commissariata. Per loro è il
secondo ordine d'arresto nel giro di cinque mesi. I due, nello scorso ottobre, figuravano già nella prima
tranche dell'indagine. Di origine siciliana è anche Antonella Accroglianò, la «dama nera», il soprannome
datole dagli inquirenti e dal quale prende nome l'inchiesta. Cinquantacinque anni, nata a Cefalù, ma dagli
anni Novanta a Roma. Ufficialmente come dirigente responsabile del Coordinamento tecnico amministativo
dell'Anas, secondo le accuse anche a capo del sodalizio che avrebbe pilotato appalti di importanti opere
pubbliche attraverso mazzette quantificate dai militari in circa 800 mila euro. Tra le gare che sarebbero
state falsate c'è pure quella per la strada statale 117 Centrale Sicula, che era stata cofinanziata dalla
Regione siciliana. La Guardia di finanza, dall'alba di ieri, ha eseguito l'ordinanza di custodia cautelare nei
confronti di 19 tra imprenditori e dirigenti o funzionari dell'Anas, 5 dei quali tra cui anche Antonella
Accroglianò erano già stati licenziati dall'ente. E c'è anche un politico. Marco Martinelli, deputato di Forza
Italia, romano, ma legato a un affare nell'Isola. Sarebbe stato coinvolto, infatti, dalla «dama nera» e
avrebbe garantito la nomina di un presidente di gara «non ostile» a Ricciardello per un appalto in Sicilia
legata alla realizzazione di uno svincolo, proprio della Ss 117. I finanzieri ritengono che proprio grazie
all'intervento del parlamentare, in virtù del ruolo istituzionale ricoperto, l'imprenditore si è poi aggiudicato
l'appalto. Giuseppe Ricciardello è attivo nel settore delle costruzioni sin dal 1966. Ricco il «curriculum»
della sua Ricciardello Costruzioni srl che in passato, tra le grandi opere siciliane ha realizzato alcuni lotti dei
lavori di completamento dall'autostrada A20 Palermo-Messina. La figlia Irene, nel 2014, a 45 anni è
diventata la prima donna sindaco di Brolo. Anche il siracusano Misseri è un nome di rilievo
dell'imprenditoria isolana. Il titolare della Sics ha ricoperto l'incarico di presidente regionale dell'Aniem-
Confapi, l'associazione nazionale imprese edili manifatturiere. Con la propria impresa, si è aggiudicato
importanti appalti come i lavori lungo l'autostrada Siracusa-Gela, gli interventi di messa in sicurezza della
strada statale 124 tra Siracusa e Floridia e la riqualificazione delle banchine del Porto Grande di Siracusa,
un appalto da oltre 20 milioni di euro. Dopo esser finito nel mirino della criminalità organizzata e aver subito
più volte attentati intimidatori, si è ribellato al pizzo, denunciando Nunzio Salafia, un esponente di spicco
della famiglia mafiosa siracusana degli Aparo. Nell'occhio del ciclone, ancora una volta, finisce il colosso
catanese Tecnis. E con essa anche Costanzo, assessore della giunta Bianco negli anni Novanta e anche
lui bandiera dell'antimafia fino alle recenti vicissitudini che lo vedono coinvolto. La Tecnis dal 1997 ad oggi,
ha vinto, in Italia e all'estero, appalti pubblici per quasi 800 milioni di euro l'anno. Dalla metropolitana
catanese ai porti di Catania e Ragusa, gli interporti di Catania e di Termini Imerese, oltre alla Salerno-
12/03/2016Pag. 5 Ed. Agrigento
diffusione:23056tiratura:32285
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ANIEM - Rassegna Stampa 14/03/2016 14
Reggio Calabria. A Palermo, l'azienda etnea con grandi difficoltà legate anche ai problemi giudiziari, sta
portando avanti i lavori per l'anello ferroviario e per il nuovo collettore fognario che dovrà trasportare al
depuratore di Acqua dei Corsari i liquami di buona parte della città. 2 3 p a l e r m o 0 L'altro nome nuovo è
quello del brolese Ricciardello Nella rete poi i vertici della Tecnis, già coinvolti a ottobre
Foto: 1 L'imprenditore Carmelo Misseri. 2 Giuseppe Ricciardello. 3 Da sinistra Mimmo Costanzo e Concetto
Bosco Lo Giudice
12/03/2016Pag. 5 Ed. Agrigento
diffusione:23056tiratura:32285
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ANIEM - Rassegna Stampa 14/03/2016 15
ANIEM WEB
4 articoli
Raffaele Giampietruzzi neo presidente ANIEM Puglia pagerank: 6 In un momento in cui in ogni settore dell'economia è più urgente che mai una prospettiva ed una visione
dinamica dello sviluppo, l'Aniem Puglia (Associazione Nazionale Imprese Edili Manifatturiere) interpreta
l'esigenza, con il rinnovo dei vertici regionali.
Un nuovo direttivo tutto improntato ad un ricambio generazionale e una nuova direzione di marcia per
intercettare al meglio le opportunità professionali ed occupazionali di una regione come la Puglia che vuole
essere in prima linea nella ripresa del Paese.
Giampietruzzi Raffaele
E' questo il senso del nuovo consiglio direttivo dell'Aniem Puglia che a partire da oggi sarà presieduto
dall'architetto Raffaele GIAMPETRUZZI (barese, classe '74), nominato all'unanimità dall'assemblea dei
soci. Accanto a lui, nel nuovo organigramma del braccio pugliese dell'Associazione Nazionale Imprese Edili
Manifatturiere anche:
Ing. Fabrizio PALMIOTTI - VICEPRESIDENTE, TESORIERE E CONSIGLIERE
Avv. Riccardo FIGLIOLIA - SEGRETARIO GENERALE, CONSIGLIERE
Arch. Nicola Luciano DI LIDDO - CONSIGLIERE
Serafina LANAVE - CONSIGLIERE
"La priorità in questo momento è quella di continuare a sostenere una voce unitaria del mondo delle
costruzioni, forte ed autorevole - ha detto a caldo il neo presidente - coniugando le prerogative di ciascuna
realtà provinciale in terra di Puglia".
"Il lavoro, a mio parere - ha aggiunto Giampetruzzi - è il tema più urgente sul quale siamo chiamati a
confrontarci con le istituzioni nonché con il mondo della formazione e non ultimo con l'Università che non
può non essere considerata la fucina degli imprenditori di domani. Il confronto sarà continuo e aperto, ma
su una cosa voglio essere chiaro da subito: noi lavoreremo per dare risposte concrete e tangibili perché
questo è l'unico modo di lavorare che conosciamo e non vogliamo cambiarlo".
"Sono certo che l'edilizia in Puglia oggi ha quindi concluso - sia tra i principali comparti industriali, con
numerose possibilità da cogliere, a cominciare dalla difesa e sicurezza del territorio passando per la
rigenerazione urbana, settori questi al centro delle politiche di intervento regionale e nazionale. E noi
queste opportunità non ce le faremo sfuggire".
12/03/2016 20:14Sito Web www.affaritaliani.it
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ANIEM WEB - Rassegna Stampa 14/03/2016 17
Aniem Puglia nuovi vertici e corso pagerank: 6 BARI - In un momento in cui in ogni settore è più urgente che mai una prospettiva ed una visione dinamica
dello sviluppo, l'Aniem Puglia (associazione nazionale Imprese Edili Manifatturiere) interpreta perfettamente
questa esigenza con il rinnovo dei vertici regionali.
Un nuovo direttivo tutto improntato ad un ricambio generazionale e una nuova direzione di marcia per
intercettare al meglio le opportunità professionali ed occupazionali di una regione come la Puglia che vuole
essere in prima linea nella ripresa del Paese. E' questo il senso del nuovo consiglio direttivo dell'Aniem
Puglia che a partire da oggi sarà presieduto dall'architetto Raffaele Giampetruzzi (barese classe '74),
nominato all'unanimità dall'assemblea dei soci. Accanto a lui nel nuovo organigramma del braccio pugliese
dell'Associazione Nazionale Imprese Edili Manifatturiere ci sono anche: ing. Fabrizio Palmiotti -
vicepresidente, tesoriere, consigliere; avv. Riccardo Figliolia - segretario regionale, consigliere; arch. Nicola
Luciano Di Liddo - consigliere; Serafina Lanave - consigliere.
"La priorità in questo momento è quella di continuare a sostenere una voce unitaria del mondo delle
costruzioni, forte ed autorevole - ha ribadito il neo presidente dopo la nomina - coniugando le prerogative di
ciascuna realtà provinciale in terra di Puglia. Il lavoro, a mio parere - ha continuato Giampetruzzi - è il tema
più urgente sul quale siamo chiamati a confrontarci con le istituzioni nonché con il mondo della formazione
e non ultimo con l'Università che non può non essere considerata la fucina degli imprenditori di domani. Il
confronto sarà continuo e aperto, ma su una cosa voglio essere chiaro da subito: noi lavoreremo per dare
risposte concrete e tangibili perché questo è l'unico modo di lavorare che conosciamo e non volgiamo
cambiarlo. Sono certo che oggi - ha concluso - l'edilizia in Puglia sia tra i principali comparti industriali, con
numerose possibilità da cogliere, a cominciare dalla difesa e sicurezza del territorio passando per la
rigenerazione urbana, settori questi al centro delle politiche di intervento regionale e nazionale. E noi come
Aniem queste opportunità non ce le faremo sfuggire".
12/03/2016 12:45Sito Web www.lagazzettadelmezzogiorno.it_puglia
La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
ANIEM WEB - Rassegna Stampa 14/03/2016 18
Nuovo codice dei contratti: I contributi dei soggetti interessati pagerank: 4 Inizierà in settimana prossima l'esame da parte delle Commissioni di Camera e Senato dello schema di
decreto legislativo predisposto in attuazione della legge delega n. 11/2016 approvato dal Governo la
settimana scorsa. Con il provvedimento in argomento vengono recepite le direttive europee su appalti e
concessioni e vengono riordinate le norme sugli appalti. Il Governo, nell'approvare il provvedimento ha,
anche, predisposto la Relazione illustrativa, la Relazione tecnica, l'Analisi tecnico-normativa, l'Analisi di
impatto della regolamentazione e in un corposo documento di 724 pagine.
Entrando nel dettaglio nella Relazione illustrativa, dopo una premessa di carattere generale, vengono
illustrati i singoli articoli per ognuno dei quali sono riportati gli articoli delle direttive europee e delle attuali
norme nazionali che vengono recepiti unitamente ai principi della legge delega che rispettano.
Successivamente alla Relazione illustrativa, il documento contiene la Relazione tecnica in cui,
successivamente ad una premessa di carattere generale in cui sono date alcune indicazioni tra le quali
quella di invarianza finanziaria, che statuisce che le Amministrazioni provvedono agli adempimenti
conseguenti con le risorse umane strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, vengono
illustrati, per singoli articoli che compongono il nuovo codice, l'eventuale rilevanza degli stessi sotto il profilo
dei loro effetti sulla finanza pubblica.
Dopo le due relazioni, viene riportata l'Analisi tecnico-normativa in cui sono trattati gli aspetti tecnico-
normativi di diritto interno, il contesto normativo comunitario e internazionale, gli elementi di qualità
sistematica e redazionale del testo.
Fa seguito l'Analisi di impatto della Regolamentazione che in otto differenti sezioni tratta il contesto e gli
obiettivi dell'intervento di regolamentazione e le procedure di consultazione precedenti l'intervento, la
valutazione dell'opzione di non intervento di regolamentazione (opzione zero), le opzioni alternative
all'intervento regolatorio, la giustificazione dell'opzione regolatoria proposta e valutazione degli oneri i
amministrativi e dell'impatto sulle PMI, l'incidenza sul corretto funzionamento concorrenziale del mercato e
sulla competitività del Paese, le modalità attuative dell'intervento di regolamentazione, il rispetto dei livelli
minimi di regolazione europea. All'Analisi di impatto alla Regolamentazione sono, poi, allegati il Documento
di consultazione ed i Contributi scritti alla consultazione pervenuti da parte di ABI, ACCREDIA, AGCM,
AISCAT, ALLENZA DELLE COOPERATIVE ITALIANE, ANCE, ANIA, ANIEM, CGIL, CISL, CNA,
CNAPPC_FREYRIE, CNAPPC_LA MENDOLA, CNGGL, CNI, CONFARTIGIANATO, CONFINDUSTRIA,
FINCO, OICE, RPT, UIL, UNIONSOA, UPI.
Nel documento del Governo viene precisato che, successivamente all'esame dei contributi pervenuti dopo
la prima consultazione, è stato organizzato un incontro, tenutosi il 17 febbraio 20l6 e presieduto dal Capo
del Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi, con le principali categorie di soggetti privati destinatari
della riforma, che anche a seguito del citato incontro è stato consentito a tutti i consultati di inviare ulteriori
contributi scritti che sono stati esaminati ai fini dell'elaborazione del nuovo codice.
Guardano i documenti prodotti dai soggetti interessati si nota immediatamente come il Consiglio nazionale
degli Ingegneri, il Consiglio nazionale degli architetti PPC ed il Consiglio nazionale dei Geometri e dei
Geometri laureati, pur essendo già rappresentati dalla Rete delle Professioni Tecniche hanno deciso di
presentare autonomi documenti ma quello che salta di più all'occhio è il fatto che il Consiglio nazionale
degli architetti PPC ha presentato non uno ma due documenti uno a firma del Presidente Leopoldo Freyrie
ed uno a firma del Vicepresidente Rino La Mendola. I due documenti esprimono posizione a volte diverse e
contrastanti anche in riferimento alle risposte inserite nei questionari allegati ai contributi inviati. E' lecito
chiedere agli stessi il perché di questa scelta che lascia trasparire solo una spaccatura all'interno di un
11/03/2016 01:30Sito Web www.lavoripubblici.it
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ANIEM WEB - Rassegna Stampa 14/03/2016 19
esecutivo prossimo ad essere sciolto.
Per una migliore lettura abbiamo separato le varie parti che compongono il corposo documento predisposto
dal Governo suddividendo in separati file le varie parti.
A cura di Arch. Paolo Oreto
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Aniem Puglia, nominato il nuovo consiglio direttivo: l'ArchitettoGiampetruzzi sarà il presidente L'associazione nazionale Imprese Edili Manifatturiere ha rinnovato i vertici regionali
In un momento in cui in ogni settore è più urgente che mai una prospettiva ed una visione dinamica dello
sviluppo, l'Aniem Puglia (associazione nazionale Imprese Edili Manifatturiere) interpreta perfettamente
questa esigenza con il rinnovo dei vertici regionali.
Un nuovo direttivo tutto improntato ad un ricambio generazionale e una nuova direzione di marcia per
intercettare al meglio le opportunità professionali ed occupazionali di una regione come la Puglia che vuole
essere in prima linea nella ripresa del Paese. E' questo il senso del nuovo consiglio direttivo dell'Aniem
Puglia che a partire da oggi sarà presieduto dall'Architetto Raffaele Giampetruzzi ( barese classe '74),
nominato all'unanimità dall'assemblea dei soci. Accanto a lui nel nuovo organigramma del braccio pugliese
dell'Associazione Nazionale Imprese Edili Manifatturiere ci sono anche:
Ing. Fabrizio Palmiotti - vicepresidente, tesoriere, consigliere
Avv. Riccardo Figliola - Segretario generale, consigliere
Arch. Nicola Luciano Di Liddo - Consigliere
Serafina Lanave - Consigliera
"La priorità in questo momento è quella di continuare a sostenere una voce unitaria del mondo delle
costruzioni, forte ed autorevole - ha ribadito il neo presidente dopo la nomina - coniugando le prerogative di
ciascuna realtà provinciale in terra di Puglia. Il lavoro, a mio parere - ha continuato Giampetruzzi - è il tema
più urgente sul quale siamo chiamati a confrontarci con le istituzioni nonché con il mondo della formazione
e non ultimo con l'Università che non può non essere considerata la fucina degli imprenditori di domani. Il
confronto sarà continuo e aperto, ma su una cosa voglio essere chiaro da subito: noi lavoreremo per dare
risposte concrete e tangibili perché questo è l'unico modo di lavorare che conosciamo e non volgiamo
cambiarlo. Sono certo che oggi - ha concluso - l'edilizia in Puglia sia tra i principali comparti industriali, con
numerose possibilità da cogliere, a cominciare dalla difesa e sicurezza del territorio passando per la
rigenerazione urbana, settori questi al centro delle politiche di intervento regionale e nazionale. E noi come
Aniem queste opportunità non ce le faremo sfuggire".
12/03/2016 00:20Sito Web ilikepuglia.it
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ANIEM WEB - Rassegna Stampa 14/03/2016 21
SCENARIO EDILIZIA
39 articoli
Arrestati in 19 tra funzionari e costruttori. C'è anche un imprenditore del post terremoto in Abruzzo Avviso digaranzia per il deputato Martinelli. L'azienda: solo uno dei coinvolti è nostro dipendente Anas, mazzette e appalti pilotati Il giudice: un marciume diffuso Ilaria Sacchettoni ROMA Dal piccolo imprenditore al costruttore apprezzato: tutti corteggiavano la Dama nera. Il secondo
capitolo dell'inchiesta che, a ottobre 2015, aveva fatto finire in carcere la dirigente Anas Antonella
Accroglianò, ha portato a 19 nuovi arresti. Alcuni dei quali effettuati ancora una volta in casa della maggiore
stazione appaltante d'Italia. Come la dirigente Elisabetta Parise scortata in cella dai finanzieri del Gico e dal
Nucleo tributario. Parise è accusata di alcuni episodi di corruzione, agevolati, stando agli investigatori,
«dalle relazioni da lei vantate con il mondo della politica».
In effetti fanno capolino qui e là, nell'ordinanza di custodia cautelare della gip Giulia Proto, enti e deputati
che, agganciati per collocare un presidente di commissione di gara gradito o almeno sensibilizzato, si
rivelano in seguito comprensivi. Nel sottolineare il «marciume diffuso all'interno di uno degli enti pubblici più
in vista» la gip invita ad approfondire «l'intreccio di rapporti con il mondo della politica». È stata la
Accroglianò nei vari interrogatori con i pm Calabretta e Loy a spiegare il ruolo svolto dal deputato di Forza
Italia Marco Martinelli destinatario di 10 mila euro di tangenti, quota parte dei 30 mila in tutto versati
dall'imprenditore Giuseppe Ricciardello per ottenere lavori sulla superstrada centrale sicula e relativi
svincoli. Con la Dama l'imprenditore self made si fa in quattro, mettendole a disposizione l'autista per gli
spostamenti nel traffico romano. Una sorta di equipe che faceva riferimento alla Dama si sarebbe mossa
all'Anas fra il 2013 e il 2015 per agevolare i privati in modi diversi e con metodi spesso illeciti, come si
ricava dal verbale di una funzionaria dell'ufficio legale ascoltata dai magistrati. In cambio di somme e favori
la Accroglianò si sarebbe prodigata sbloccando bonifici per lo stato di avanzamento lavori, facendo sconti
sulle penali dovute, pilotando gare e spingendo su apparati istituzionali per far convergere finanziamenti
pubblici sulle imprese gradite (anche qui il gruppo Ricciardello era fra i più sponsorizzati).
Stando alle indagini la dirigente si sarebbe fatta carico perfino di allestire una corsia di sorpasso per il
costruttore romano Emiliano Cerasi, già fra le ditte che lavorarono alla ricostruzione dell'Aquila, contro i
suoi concorrenti nella realizzazione della dorsale Amatrice-Montereale-L'Aquila. Siamo ad aprile 2015.
Alcune conversazioni intercettate «confermavano la determinazione dell'indagata a condizionare l'esito
della gara estromettendo le prime due classificate, Astaldi e Toto al fine di favorire la Research Consorzio
stabile e per il suo tramite le società riferibili a Emiliano Cerasi». La stessa Dama al telefono con un
interlocutore spiegava: «In tutto quello che devo fare al mio primo posto ci sono i Cerasi». La Accroglianò
arriva a proporre una rescissione degli impegni con la Toto, bloccata dal presidente Anas Pietro Armani.
Proficuo secondo le pm anche il rapporto con l'architetto Vito Rossi, rappresentante legale della
Sammichele che ospita quote del Gruppo Marcegaglia: avrebbe consegnato 200 mila euro in cambio di
lavori lungo il tronco Bari-Gravina. Con gli arresti è stato eseguito un sequestro preventivo di 800 mila euro
sulle imprese. In tutto ciò Anas (che ha precisato: «Gli arresti coinvolgono solo un dipendente») è oggetto
anche di una truffa: la Dama avrebbe utilizzato un interno per scortare la figlia in giro o altre faccende
personali.
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Foto: In azione La Guardia di Finanza durante uno dei fermi dell'operazione di ieri nei confronti di 19
soggetti tra dirigenti e funzionari dell'Anas e imprenditori pubblici (foto Gdf/Ansa)
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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 23
Abitare Nel futuro Dalla città all'alta quota Un giardino verticale sopra le vanità terrene Lungo un miglio con la vegetazione di ogni latitudine Sarà la risposta sostenibile alla gara tra i grattacieli Laleggerezza Peserà 200 mila tonnellate, meno che se la torre fosse fatta tutta di panna montata Carlo Ratti Q uando, qualche tempo fa, un importante cliente estero ci ha contattato per provare a immaginare l'edificio
più alto del mondo, la nostra prima reazione non è stata proprio di entusiasmo. Non avevamo molta voglia
di cimentarci con l'ennesima stravaganza architettonica - inutile esibizione di celolunghismo progettuale.
Poi, riflettendoci, abbiamo cambiato idea. Tante immagini hanno iniziato ad affastellarsi davanti ai nostri
occhi, accomunate dal sogno primordiale di Icaro. La Mole Antonelliana di Torino, edificio in muratura per
pochi anni record del mondo in altezza. La Torre Eiffel di Parigi, follia d'acciaio scolpita in occasione di un
evento temporaneo, l'Expo universale del 1889. Oppure il Mile High Illinois, progetto con cui l'architetto
americano Frank Lloyd Wright tracciava vertici impossibili da raggiungere con le tecnologie del primo
Novecento - e ancora oggi inviolati: un grattacielo di un miglio, 1.609 metri d'altezza.
Dai tempi di Frank Lloyd Wright, tuttavia molto è cambiato. Il positivismo novecentesco, proteso verso
l'esaltazione della tecnica e la conquista della natura, ha mostrato i suoi limiti. Oggi ci guida una
Weltanschaung più complessa, che non può prescindere dalla consapevolezza dei limiti del pianeta e della
complessità dell'ecosistema in cui viviamo. Come tenerne conto nell'avvicinarci al nostro progetto?
Innanzitutto ci sembrava inutile costruire un altro grattacielo, come il Burj Khalifa di Dubai o il Ping An
Finance Centre di Shenzhen. Abbiamo pensato piuttosto a un giardino slanciato verso l'alto. Una corsa
verticale lunga un miglio, in cui far convivere l'uomo e la natura. Un parco come luogo vivo, popolato allo
stesso tempo da piante e animali - il nido del condor e la tana dello scoiattolo. Un nuovo tipo di spazio
pubblico, capace di riproporre gli incontri spontanei che avvengono sui sentieri impervi delle nostre
montagne.
Fondamentale quindi che l'intero ecosistema avesse come presupposto la sostenibilità. La struttura stessa
avrebbe dovuto essere leggera e minimizzare non soltanto i costi di costruzione, ma anche l' embodied
energy , ovvero l'energia contenuta al proprio interno. Per questo motivo abbiamo iniziato a collaborare con
Joerg Schleich, ingegnere tedesco e uno dei grandi maestri della leggerezza, fin dai tempi del Parco
Olimpico di Monaco di Baviera negli anni Settanta. Lavorando fianco a fianco con lui e il suo team, siamo
riusciti a sviluppare una costruzione di un miglio che peserà all'incirca 200 mila tonnellate. Sembra tanto
ma, per assurdo, è meno del peso che si otterrebbe se tutta la torre fosse fatta di panna montata.
Proprio nell'aria, intorno al parco centrale, abbiamo immaginato una flotta di capsule orbitanti, per chi non
avesse voglia di salire a piedi. Perché l'esperienza deve partire dall'ascesa e non limitarsi soltanto all'arrivo.
All'esterno le cabine non sono troppo diverse da quelle del London Eye, la grande ruota panoramica della
capitale britannica, ma si muovono a velocità differente una dall'altra. Così, al loro interno sarà possibile,
oltre a godere il panorama che cambia con la quota, assistere un concerto, cenare insieme agli amici o
rilassarsi in una spa. Nell'attesa di arrivare in cima.
Qui un osservatorio panoramico privo di ringhiere (ma con una protezione «a filo»), permette di esplorare il
paesaggio sottostante a 360 gradi. Grazie alla realtà aumentata integrata in questa grande piazza nel cielo,
potremo contemplare la città com'era ieri e com'è oggi - o anche come potrebbe essere domani,
trasformata dai nostri sforzi e dalla nostra fantasia. La vista potrà spaziare per molti chilometri, fino alla
linea d'orizzonte che sfuma nel cielo.
In fondo, The Mile sarà proprio questo: una piattaforma per scoprire la realtà da una prospettiva diversa.
Per osservare dall'alto la Navicella Terra (Spaceship Earth) , come amava definirla il grande inventore
americano Buckminster Fuller. E da lassù, riflettere con ironia sulla vanità del celolunghismo terreno.
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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 24
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d'Arco Sky deck Fonte: Carlo Ratti associati The Mile Canton Tower 2011 Shanghai Tower 2015 Burj
Khalifa 2010 Tokyo Skytree 2012 dati in metri IL CONFRONTO Non si tratta solo di arrivare in cima ma di
vivere la torre ad ogni sua quota con attività lavorative e ricreative. L'ascesa avviene creando nei visitatori
un progressivo senso di meraviglia. Una volta arrivati, l'emozione culmina nel momento in cui ci si affaccia
al limite della piattaforma. Che è senza ringhiere ma contenuta in una struttura sottostante, più ampia e
concava. Ecco quanto secondo il progetto potrà offrire The Mile Altezza grattacielo 488 600 561 632 452
451 829 634 1.609 Altezza osservatorio 1 1 2 3 Possibilità di tappeti elastici, panorama a 360 gradi, un
percorso ad alta quota. Realtà aumentata attraverso schermi (la città sottostante vista nel suo passato,
presente e futuro). Caffè e ristorante 2 Sky way Ascensore panoramico e capsule orbitanti che possono
ospitare ristoranti, sale riunioni, spa 3 Sky park Il giardino verticale si sviluppa per tutto il miglio fra studi
della biodiversità, birdwatching, arrampicate
L'autoreCarlo Ratti, professore presso il Mit di Boston, è fondatore dello studio di progettazione Carlo Ratti
Associati (www.carloratti.com) Presenterà il parco verticale The Mile (sviluppato con gli ingegneri Schlaich
Bergermann Partner e i designer digitali britannici di Atmos Studio) al Mipim di Cannes il 16 marzo
Sviluppato su incarico di un importante gruppo internazionale si basa su una città del Medio Oriente
I costiGli studi di Schlaich Bergermann partner stimano un costo di costruzione tra 1 e 2 miliardi di dollari
L'obiettivo è di arrivare alla piena sostenibilità attraverso le visite al parco verticale e all'osservatorio
panoramico Strutture come la Torre Eiffel (7 milioni di visitatori all'anno), il London Eye (4 milioni) o il Burj
Khalifa di Dubai (2 milioni) hanno introiti superiori ai 50 milioni di dollari all'anno
Foto: Un'altra idea del mondo Qui sopra e a destra, due render di The Mile con la vista dall'alto sulla città:
la piattaforma in cima avrà una protezione «a filo»
Foto: I dettagli Anche capsule orbitanti per ascendere. E in cima un osservatorio senza ringhiere
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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 25
Cessioni Il governo vuole convincere i fondi esteri a comprare Tesoro La task force del mattone Cdp con Mazzocco. E Reggi, Mangiatordi, Spitz. Tutti a Cannes ALESSANDRA PUATO La Cassa depositi e prestiti con la squadra guidata dal nuovo ingaggio, Aldo Mazzocco. E poi l'Agenzia del
Demanio con Roberto Reggi, l'Invimit con Elisabetta Spitz, il Tesoro con Bruno Mangiatordi. È la task force
di Stato, per la prima volta unita per vendere gli immobili pubblici. In passerella al Mipim, la fiera
internazionale di Cannes.
A pagina 15
Finalmente «ci muoveremo insieme», dice una fonte romana del mattone di Stato. In effetti è la prima volta.
Mercoledì 16 marzo al Mipim di Cannes - la maggiore fiera internazionale dell'immobiliare - a incontrare gli
investitori internazionali per convincerli ad acquistare caserme italiane e uffici pubblici, fari, castelli,
conventi, insomma i beni immobiliari dello Stato e degli enti locali, ci saranno tutti.
In prima fila la Cassa depositi e prestiti, che andrà al debutto internazionale del mattone con il nuovo
acquisto, Aldo Mazzocco, capo della neonata area immobiliare (formalmente «Head of Group Real Estate»)
che è anche presidente di Assoimmobiliare. Poi l'Agenzia del demanio con il suo direttore, Roberto Reggi.
Quindi l'Invimit guidata dall'amministratore delegato Elisabetta Spitz, unica habitué della Croisette. Ci sarà
anche Bruno Mangiatordi, altro debutto significativo a Cannes: è il capo dell'VII direzione al ministero
dell'Economia, quella del Patrimonio immobiliare pubblico. È previsto anche l'arrivo di Roberta Pinotti,
ministra della Difesa, e Ivan Scalfarotto, in prossima sostituzione di Carlo Calenda come vice ministro dello
Sviluppo: investitura ufficiale. Lo scopo è valorizzare e vendere, anche per abbattere il debito pubblico.
Obiettivo mancato con le privatizzazioni, l'anno scorso.
Risultati parziali
È di 752 milioni il valore delle cessioni degli immobili di enti territoriali e di Stato nel 2015, secondo il Tesoro
e l'Agenzia del Demanio: meno del miliardo di euro previsto per l'anno dal Def 2015 di aprile. Ma più del
dimezzato target di 500 milioni, in seguito fissato dalla Ragioneria dello Stato. Non sono esaustivi e non
sono comunque ritenuti pochi, 752 milioni, se confrontati con le vendite pubbliche degli altri Paesi. Sui 285
miliardi di euro di transazioni immobiliari del 2015 in Europa (fonte Rca), solo 4,6 miliardi sono da vendita
del patrimonio pubblico e di questi 3,1 miliardi vengono da sei Paesi: per esempio, 842 milioni nel Regno
Unito, 699 in Germania, 572 in Francia, 419 in Spagna (fonte EY su Rca).
Tra i 200 immobili in vetrina (vedi grafico), il Demanio porterà Villa Mirabellino, residenza del '700 nel parco
di Monza; il Convento di San Domenico Maggiore Monteoliveto sul lungomare della vecchia Taranto;
ancora il Faro di Capo Zafferano a Palermo, a picco sul mare, adatto a futuro albergo. La Cdp mette sul
piatto fra l'altro la Zecca, 69 mila metri quadri dei quali 32 mila destinati a hotel (già firmato l'accordo per la
gestione alla cinese Rosewood) e 11 mila a residenze di lusso, 3 mila ad altre residenze, 2 mila a uffici.
Fra gli acquirenti possibili, in generale, fonti citano il fondo sovrano di Singapore Gic e Varde, che già
comperò beni da Cassa.
La squadra Cdp-Mef-Demanio-Invimit per la prima volta sarà dunque formalmente unita, in questo settore
dove le informazioni sono state finora spezzettate e incomplete, gli sforzi duplicati. Insieme occuperanno lo
stand di 500 metri quadrati nel Padiglione Italia, che si chiama «Invest in Italy Real Estate» ed è allestito
sotto il cappello dell'Ita, Italian Trade Agency (l'ex Ice) e dell'Ance, l'associazione dei costruttori edili. Stesso
nome (inglese) è stato dato al portale-vetrina nel quale gli immobili saranno esposti. Dovrebbe andare
online il 16 marzo e poi inglobare Patrimonio pubblico Italia, l'altro portale avviato da Cdp e Anci.
La presenza della Cdp a Cannes è il segno della svolta unitaria e della volontà del governo. Mazzocco,
nominato il 27 gennaio, viene da Beni Stabili, alla quale Cassa ha fra l'altro venduto l'anno scorso (assistita
14/03/2016Pag. 1 N.10 - 14 marzo 2016
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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 26
da Cbre) sei immobili a Milano in una transazione da 125,5 milioni, fra i quali Palazzo Litta (altro acquirente
era Varde). È considerato dal mercato un professionista di livello.
Lavorano con lui, nel nuovo «trio del mattone Cdp», Giovanni Maria Paviera e Marco Sangiorgio. Paviera,
ex Generali e Aedes, è l'amministratore delegato di Cdp Immobiliare, apprezzato anello di raccordo con i
privati. Sangiorgio è il direttore generale di Cdpi sgr, sotto la quale sono i due attuali fondi immobiliari di
Cassa, Fia e Fiv.
Nella riservatissima riorganizzazione dell'area, è probabile che Mazzocco sostituisca ora alla presidenza di
Cdpi sgr Vladimiro Ceci (che manterrebbe la carica di chief risk officer Cdp).
L'ipotesi «Siiq»
Passaggio logico, visto che la più probabile strada futura è la costituzione di diversi veicoli societari
pubblico-privati messi a punto da Cdp, Demanio, Invimit e Tesoro, nei quali mettere gli immobili da
vendere. Veicoli specializzati per tipo di bene. E due magari, all'inizio. Uno può essere una Siiq, la società-
scatola da quotare poi in Borsa, sulla quale Mazzocco è pronto per storia personale: ideale per immobili a
reddito e investitori non attivi. L'altro un fondo immobiliare, dove radunare gli investitori attivi, da club deal,
e Cdp sia socio di minoranza, per ristrutturare il bene e poi rivenderlo. I soci sarebbero più i fondi pensione,
le casse di previdenza, le assicurazioni che big come Blackstone. Il mercato ci crede.
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I numeri del 2015 Valori in euro 752 milioni Il valore degli immobili di enti territoriali e Stato venduti in Italia
2,1 miliardi L'obiettivo nel triennio 2015-2017 1 miliardo L'obiettivo da dismissioni immobiliari del Def 500
milioni Cessioni previste dalla Ragioneria dello Stato come contributo alla finanza pubblica Fonte: Mef,
Agenzia del Demanio Gli incassi in Europa Vendita di immobili pubblici 2015, milioni di euro Fonte: analisi
EY su fonte Real Capital Analytics e stime proprie 842 699 572 419 417 168 Gran Bretagna Germania
Francia Spagna Svezia Paesi Bassi TOTALE 4.600 Di cui da 3.117 Il paniere Alcuni immobili pubblici che
saranno proposti agli investitori al Mipim di Cannes Villa Mirabellino Castello di Gradisca d'Isonzo Villa
Rossi di Schio Convento di S.Domenico Maggiore Monte Oliveto Faro di Capo Zafferano Faro Spignon Ex
Caserma Guido Reni * Ex Caserma Mameli* Zecca dello Stato* Manifattura tabacchi 1* Manifattura
tabacchi 2* 2.280 13.300 4.200 1.430 1.250 190 45.000 71.000 69.000 71.000 130.000 Monza Gorizia
Vicenza Taranto Palermo Venezia Roma Milano Roma Milano Napoli IMMOBILE PROVINCIA MQ Fonte:
Mef, Agenzia del Demanio *Proprietà Cdp Pparra 5 Vendesi
Foto: Debutti Da sinistra: Aldo Mazzocco, a capo dell'area Immobiliare di Cdp; Roberto Reggi, direttore
Agenzia del Demanio; Elisabetta Spitz, amministratore delegato Invimit
14/03/2016Pag. 1 N.10 - 14 marzo 2016
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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 27
a cura di Enrico Marro emarro@corriere.it Diario sindacale Il lavoro o l'ambiente? Cgil divisa al referendum La Fiom per il sì, i chimici per il no Viene prima il posto di lavoro o la tutela dell'ambiente? La questione sta dividendo il sindacato, in
particolare la Cgil, a proposito del cosiddetto referendum trivelle. Consultazione con la quale, il 17 aprile, gli
italiani dovranno decidere se abrogare la norma che concede di protrarre le concessioni per estrarre gas e
petrolio entro le 12 miglia dalla costa italiana fino all'esaurimento dei giacimenti. Il referendum, promosso
da nove Regioni (Basilicata, Calabria, Campania, Liguria, Marche, Molise, Puglia, Sardegna e Veneto), è
ad alto rischio fallimento per mancato raggiungimento del quorum (sarà valido solo se vota il 50% più uno
degli aventi diritto).
La Fiom-Cgil di Maurizio Landini si è mobilitata a favore del «sì» all'abrogazione del rinnovo delle
concessioni (ce ne sono 21 entro le 12 miglia). Su questa linea anche la Cgil Basilicata e la Cgil di Foggia
che ha aderito al comitato per il sì della Puglia (al quale tra gli altri partecipa anche la Fim-Cisl di Foggia).
Per la Fiom e gli altri sindacati si tratta di bloccare «la devastazione dell'ambiente». Contro questa
posizione si è invece schierata la Filctem, il sindacato dei lavoratori della chimica, del tessile e dell'energia
della Cgil. Oggi il segretario generale, Emilio Miceli, sarà a Ravenna, all'assemblea dei lavoratori del
distretto energetico che impiega oltre 6.500 addetti tra diretti e indiretti e grandi multinazionali del calibro di
Baker Hughes, Saipen, Halliburton, Schlumberger. «Se al referendum dovessero vincere i sì, il rischio è
quello di rimanere tutti a casa, sarebbe una carneficina», avverte Miceli, per il quale «la tesi che racconta
del superamento dell'energia da fonte fossile è inesistente».
A sostegno del «no» si sono schierate anche la Femca (energia, chimica, moda) e la Flaei (elettrici) della
Cisl e la Uiltec (tessili e chimici) con il segretario Paolo Pirani, secondo il quale lo sfruttamento dei
giacimenti potrebbe continuare senza danni, «usando tecnologie sostenibili e compatibili con l'ambiente».
La Cgil dibatterà la questione nel consiglio direttivo del 21 marzo. La decisione tra la tutela dei posti di
lavoro e interessi più generali è sempre difficile. Pensiamo, per esempio, alla fabbricazione di armi, che
interessa da vicino proprio i metalmeccanici: va accettata, anche in nome dei lavoratori che vi sono
coinvolti, oppure respinta in omaggio a principi superiori?
Pressing di Cgil, Cisl e Uil per ottenere a breve un incontro col ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, su
come regolamentare i voucher, i buoni per pagare i lavori occasionali, che sono cresciuti in modo
esponenziale negli ultimi anni, coprendo abusi e illeciti. Racconta Franco Turri, segretario generale della
Filca-Cisl (edilizia): «Nel nostro settore i voucher vengono largamente utilizzati per non applicare il
contratto, pagare meno i lavoratori e corrispondere loro una minore contribuzione Inps e Inail. Inoltre, questi
lavoratori non beneficiano delle prestazioni della cassa edile e non hanno accesso alla formazione per la
sicurezza. Senza contare che spesso i voucher sono utilizzati dalle aziende per coprirsi quando arrivano gli
ispettori del lavoro o per "regolarizzare" gli infortuni dei lavoratori in nero. Chiediamo quindi che i voucher
siano vietati in edilizia o che quanto meno sia affidata ai contratti la disciplina dei casi limitati in cui poterli
usare».
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Foto: Leader Emilio Miceli, alla guida di Filctem-Cgil
14/03/2016Pag. 14 N.10 - 14 marzo 2016
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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 28
Trend/3 I listini del Vecchio Continente hanno reagito con rialzi del 2-4% alle misure della Bce. La lotta aiprezzi freddi sarà ancora lunga Borse euro I titoli per l'attacco (ma senza scoprirsi troppo) Danieli, Autogrill, Total e Vinci se l'economia entrerà in un circolo virtuoso. Recordati, Glaxo, Campari eVodafone in caso di impasse prolungata Gentili (Nextam Partners): allo scenario deflattivo solo il 25% diprobabilità MARCO SABELLA L' effetto Draghi non ha mancato di farsi sentire. E dopo le decisioni assunte giovedì scorso dalla Bce,
Piazza Affari ha registrato nell'ultima seduta della settimana un rialzo di quasi il 5% che ha ridotto le perdite
da gennaio a circa il 10%. Il tema di fondo che ha agitato i mercati finanziari fin dall'inizio del 2016, tuttavia,
rimane sul tappeto.
Riuscirà l'eurozona a sfuggire allo spettro della deflazione - il calo generalizzato dei prezzi dei beni e dei
servizi che genera una nuova recessione - e a proseguire nel difficile cammino della ripresa? Impostare
adesso il portafoglio azionario sulla base di questi due scenari alternativi ha conseguenze importanti.
Perché se la crescita si consoliderà e i prezzi torneranno a marciare preceduti da un segno più, le società
su cui puntare saranno quelle che appartengono ai comparti più ciclici. Ad esempio Danieli nell'industria,
Autogrill nei consumi discrezionali, Allianz o Société Générale tra i finanziari .
Il quadro
Viceversa, se la deflazione dovesse prendere il sopravvento (a febbraio il valore tendenziale dell'aumento
dei prezzi nell'eurozona è stato di - 0,3% in Italia e di -0,2% nell'eurozona) i cavalli su cui puntare sarebbero
quelli dei «difensivi». Recordati, Amplifon, Novartis nella «salute», Campari e Heineken nel largo consumo,
Vodafone, tra le telecom. «Penso che le misure adottate dalla Bce, a cominciare dai tassi di interesse
negativi praticati sui depositi delle banche, saranno efficaci perché le obbligano a erogare nuovi crediti.
L'importante è che i finanziamenti fluiscano verso il sistema produttivo - commenta Carlo Gentili, partner e
fondatore di Nextam Partners, una società indipendente di gestione del risparmio -. La Bce si trova a
svolgere un'azione di supplenza rispetto alla politica, ma penso che la probabilità di una continuazione e un
rafforzamento della ripresa sia del 75% contro un 25% del rischio che si stabilizzi uno scenario deflativo».
Un'ipotesi che tuttavia non può essere scartata a priori «soprattutto nel caso di uno choc imprevisto come
una grave crisi geopolitica internazionale, o un incagliarsi del prezzo del petrolio al di sotto dei 20 dollari».
In questa circostanza un guadagno annuo di 3-5 punti percentuali sarebbe possibile grazie alle società con
ricavi stabili oppure ad alto dividendo, come Vodafone (5,3% di rendimento per dividendi), GlaxoSmithkline
(5,6%), British American Tobacco (3,89%) .
Lo scatto
Ma non è questo lo scenario che secondo Gentili e un numero consistente di fund manager si consoliderà
nei prossimi mesi. «Gli ultimi dati trimestrali sulla crescita economica non giustificano i timori di un ulteriore
rallentamento. La crescita economica potrà anche essere lenta ma il suo impatto sulle società ristrutturate
porterà notevoli vantaggi, soprattutto per i gruppi concentrati sul mercato interno», afferma Pierre Nebout,
uno dei due responsabili delle gestioni azionarie Europa di Edmond de Rothschild am, casa di investimento
con base a Parigi. E il gestore fa l'esempio di società come la francese Publicis, che ha aumentato
mediamente i suoi flussi di cassa ad un ritmo dell'8% all'anno dal 2005. Oppure di un gruppo telefonico
come Orange, che in prospettiva aumenterà la quota dei dividendi pagati agli azionisti. Mentre anche
società value , sane ma sottovalutate dal mercato, come Peugeot e Renault hanno, secondo il gestore,
buone possibilità di performance.
Ma chi crede nella ripresa di lungo periodo dell'economia europea punta sulle società più cicliche, gli
industriali, i petroliferi e le costruzioni, «che nei prossimi 12 mesi potrebbero registrare performance
superiori al 10%», afferma Gentili. Del resto, se ci sarà la ripresa, dividendi e crescita non sono
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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 29
incompatibili, ad esempio con titoli petroliferi come Eni, Total, Bp, il cui dividend yield è superiore al 5%. I
gruppi delle costruzioni, come Danieli e Geberit, potrebbero beneficiare di una nuova ondata di investimenti
.
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Nome Settore Salute Largo consumo Largo consumo Largo consumo Salute Farmaceutico Largo
consumo Largo consumo Farmaceutico Farmaceutico Telecom Borsa Milano Francoforte Londra Milano
Parigi Londra Amsterdam Parigi Zurigo Milano Londra Perf.% a 12 mesi 22,9% 2,1% 11,8% 27,6% 7,3% -
2,9% 6,1% -4,8% -22,5% 31,3% 4,8% P/E 2016 23 27 18 23 29 16 20 24 15 21 47 Dividendi Yield 2016
0,60 0,87 3,89 1,15 0,99 5,69 1,76 1,97 3,86 2,86 5,31 Prezzo corrente 7,11 79,66 40,13 7,68 111,20
14,00 75,88 154,80 72,00 21,30 2,18 Amplifon Beiersdorf British American Tobacco Campari Essilor
International Glaxosmithkline Heineken L'Oreal Novartis Recordati Vodafone Assicurativo Consumi Energia
Tempo libero Industria Costruzioni Banche Chimica Energia Costruzioni Francoforte Milano Londra
Francoforte Milano Zurigo Parigi Francoforte Parigi Parigi -3,0% -15,9% -14,1% 13,8% -8,7% 7,9% -14,6%
0,4% -4,7% 20,5% 10 33 27 32 9 28 9 23 16 16 5,11 0,69 7,95 1,40 1,23 2,28 5,66 1,42 5,79 2,87 140,50
7,37 3,54 31,56 13,90 361,40 34,56 55,99 42,04 63,27 Allianz Autogrill BP Cts Eventim Danieli Geberit
Societe Generale Symrise Total Vinci SCENARIO DEFLAZIONE SCENARIO RIPRESA Fonte: Nextam
partners
Foto: Nextam Carlo Gentili
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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 30
Impianti I progetti di Enel Green Power Destinazione Sudamerica: Egp investe in Perù e Cile e. com. Grazie alla riduzione dei costi, il solare diventa sempre più conveniente e nelle zone più favorevoli
dell'America Latina Enel Green Power punta a competere direttamente con la produzione da fonti
convenzionali, senza incentivi. In Perù, la società guidata da Francesco Venturini si è aggiudicata un
grande progetto fotovoltaico proponendo all'asta ribassi mai visti, in un Paese in cui il fotovoltaico non gode
di sgravi fiscali né di altri incentivi.
La centrale fotovoltaica Rubi da 180 megawatt sarà costruita nel distretto di Moquegua, nella zona
meridionale del Perù, che gode di alti livelli di radiazione solare. Una volta in esercizio, l'impianto produrrà
440 gigawattora all'anno. L'elettricità, che andrà in rete a partire dal 2018, sarà venduta a 48 dollari al
megawattora, il valore più basso mai proposto a quelle latitudini, con un contratto di fornitura ventennale.
Oltre alla gara per il fotovoltaico, Egp si è aggiudicata anche altri due progetti, uno eolico da 126 megawatt
e uno idroelettrico da 20 megawatt. Con 326 megawatt complessivi, Egp diventerà entro il 2018 il principale
operatore di rinnovabili in Perù.
«Il risultato di questa gara dimostra che le rinnovabili possono essere competitive rispetto alla generazione
tradizionale anche in Paesi dove il loro sviluppo è ancora in fase iniziale», rileva Venturini. Per la
costruzione degli impianti, Egp investirà 400 milioni di dollari, in linea con gli investimenti delineati nel piano
strategico.
Nel Nord del Cile, invece, Egp ha avviato i lavori per la costruzione di un impianto fotovoltaico più piccolo,
ma molto innovativo. L'impianto di La Silla, da 1,7 megawatt, fornirà energia pulita all'omonimo osservatorio
astronomico e sarà il primo impianto fotovoltaico di taglia industriale al mondo che combinerà l'uso di
innovativi moduli bifacciali con quelli convenzionali. Si prevede che l'utilizzo dei pannelli innovativi possa
aumentare la potenza di generazione tra il 5% e il 10% rispetto a un tradizionale impianto fotovoltaico della
stessa taglia. L'osservatorio si trova su una montagna vicino a La Higuera, ai margini del deserto di
Atacama, a 600 kilometri della capitale Santiago. «La Silla rappresenta un nuovo esempio di eccellenza
nella generazione da fonti rinnovabili, realizzato grazie al nostro continuo lavoro di innovazione»,
commenta Venturini. Per la realizzazione dell'impianto, che sarà operativo entro giugno, Egp investirà circa
3,4 milioni di dollari.
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Foto: Enel Green Power Francesco Venturini
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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 31
Alternative/1 Le stime di Ihs. Già nel 2015 parco cresciuto del 34 per cento. Meno emissioni in Asia Fotovoltaico E ora tutti al sole Cina in testa nell'anno dei record La potenza mondiale installata supererà i 310 gigawatt con il traino di Pechino L'Italia resta fra i primi conUsa, Giappone e Germania. La spinta dei prezzi bassi La discesa dei costi favorisce i progetti di grandedimensione ELENA COMELLI Nuovo record per l'energia del sole, che nel 2015 è cresciuta del 34% nel mondo, con 59 nuovi gigawatt
fotovoltaici installati: soprattutto negli Stati Uniti, in Cina e in Giappone. Ma la corsa del solare sembra
appena iniziata, visti gli ambiziosi obiettivi formulati da diversi governi dopo la conferenza Cop21 di Parigi
sul clima. A fine 2016, la potenza fotovoltaica totale installata supererà i 310 gigawatt, in base alle ultime
stime della società di analisi Ihs. Nel 2016 dovrebbero quindi essere installati circa 69 nuovi gigawatt
fotovoltaici. A fine anno cinque Paesi avranno il 70% della potenza complessiva installata: Cina, Stati Uniti,
Giappone, Germania e Italia.
Primato orientale
La Cina nel 2016 si confermerà il primo Paese per nuova capacità installata, ma anche come potenza
complessiva. A fine 2015, la Cina aveva raggiunto i 43 gigawatt di potenza fotovoltaica complessiva
installata e il governo ha stabilito un target di altri 15 per il 2016. L'Europa, invece, perderà ancora terreno
quest'anno, dicono le stime, a beneficio in particolare di Stati Uniti, Giappone e India. La Germania, per
anni Paese capofila incontrastato nel solare, è passata l'anno scorso in seconda posizione dopo la Cina
come capacità totale installata e quest'anno dovrebbe scalare ancora, dalla seconda alla quarta posizione,
superata anche da Stati Uniti e Giappone.
Il mercato fotovoltaico europeo, comunque, lo scorso anno ha ricominciato finalmente a crescere (trainato
soprattutto dal Regno Unito) dopo tre anni di cali, seguiti al record del 2011. Nel 2015 sono stati installati in
Europa 8 gigawatt fotovoltaici, quasi il 15% in più rispetto ai 6,95 del 2014, in base alle stime
dell'associazione di settore SolarPower Europe. L'aumento del 2015 si basa però principalmente sul forte
sviluppo del Regno Unito, mentre le connessioni nella gran parte degli altri Paesi europei sono rimaste di
fatto stabili, come ha fatto notare l'amministratore delegato di SolarPower Europe, James Watson,
annunciando le nuove stime.
Il più 15% europeo, inoltre, va confrontato con un aumento del 34% nel mondo. «Il solare ha bisogno di
chiari segnali da parte dei decisori politici europei», ha fatto notare Watson, sottolineando che questa fonte
«è oggi competitiva negli usi residenziali e commerciali nella maggior parte dei Paesi Ue e gli investitori
hanno bisogno di un quadro politico certo per la generazione, l'autoconsumo e l'accumulo».
Il solare corre anche grazie al calo dei prezzi. Per il 2016, Ihs prevede una diminuzione media del costo dei
moduli solari del 5%, la più bassa mai registrata. Questo, insieme a una buona crescita del mercato globale
e alle basse quotazioni del silicio policristallino, consentirà ai produttori di ottenere margini di profitto più alti.
Ma non tutti sono d'accordo con queste stime. Un nuovo studio della Oxford University, appena pubblicato
su Research Policy , prevede ad esempio che il costo dei moduli fotovoltaici continuerà a scendere del 10%
all'anno. In base allo studio, firmato dal fisico americano Doyne Farmer e dallo statistico francese François
Lafond, il calo dei prezzi dovrebbe spingere il solare a soddisfare il 20% della domanda mondiale di energia
entro il 2027, una prospettiva molto più rosea delle stime dell'International Energy Agency, che prevede il
fotovoltaico al 16% della domanda elettrica solo nel 2050.
La ricerca delle economie di scala, intanto, sta facendo aumentare le dimensioni dei progetti solari: i due
terzi della pipeline globale sono per iniziative con potenze superiori a 50 megawatt. In base alle stime di
Ihs, la lista globale dei mega-progetti fotovoltaici supera ormai i 200 gigawatt. I Paesi leader qui sono Stati
Uniti, Cina e Brasile, che insieme ne coprono metà. La crescita più rapida è stata registrata negli Usa, dove
nel 2015 sono stati inseriti 16 gigawatt di nuovi progetti solari e altri 10 sono in fase di costruzione. Il
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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 32
mercato Usa gode della conferma del credito d'imposta del 30% sugli investimenti nel fotovoltaico votata
dal Congresso a fine 2015. Così la quota degli Usa sulla domanda mondiale passerà nel periodo 2015-
2020 da una media del 10% al 15%.
Gli emergenti
Saranno sempre più importanti i mercati emergenti. Da quest'anno l'India sarà un mercato da diversi
gigawatt all'anno, mentre Messico e Brasile faranno fatica a centrare i propri obiettivi. Altri, come Filippine,
Pakistan e Bangladesh in Asia e Uruguay, Guatemala e Panama in America Latina, supereranno la barriera
dei 100 megawatt. L'esito della Cop21 avrà ricadute sulla diversificazione dei mercati del fotovoltaico e
spingerà la domanda in America Latina, Asia e Africa. Molti Paesi hanno promesso importanti tagli delle
emissioni e il fotovoltaico è visto come una soluzione rapida.
@elencomelli
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UNA LUNGA CAVALCATA La crescita delle installazioni di impianti fotovoltaici. Dati in gigawatt VINCONO
I PANZER TEDESCHI Previsioni di crescita del fotovoltaico in Europa. Dati in megawatt 2015 800 700 600
500 400 300 200 100 0 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 L'ITALIA SI È FERMATA
L'evoluzione degli impianti fotovoltaici in Italia. Dati in megawatt 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 431
1.144 3.470 12.773 16.690 18.185 18.609 18.900 50.000 40.000 30.000 20.000 10.000 0 2008 2009 2010
2011 2012 2013 2014 2015 2016 2017 2018 2019 2020 Germania Italia Regno Unito Francia Installazioni
annuali Installazioni cumulative Resto del mondo Spagna Belgio Grecia Fonte: Ihs S. Avaltroni MAPPA
Installazioni globali nel 2016 2014 2015 2016 2017 2018 2019 2020 ITALIA del mondo 6% Stati Uniti 14%
Germania 13% Giappone 14% 59 256 64 321 Fonte: Ernst & Young Fonte: Gse Fonte: Gtm Research
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IMPRESE & LEGALITÀ Filiera del cemento in cattedra sulla prevenzione Lionello Mancini La notiziaè questa:a fine febbraio,a Roma, presso la Scuola di perfezionamento per le forze di Polizia si è
svolto un seminario tecnico sul ciclo del cemento e del calcestruzzo. Modesto evento, si potrebbe pensare,
ma non è così. Organizzato da Federbeton, l'associazione che raccogliei produttori del settore, il
seminarioè stato tenuto da una mezza dozzina di esperti di un comparto particolarmente esposto a pratiche
illecite e infiltrazioni della malavita. In aula, esponenti di Polizia, Fiamme gialle, Carabinieri e Guardia
forestale impegnati nei controlli e nelle inchieste sulle opere pubbliche. Argomento: come prevenire o
intercettare i problemi legati a produzione, trasporto, qualità, posa in opera. Obiettivo: aumentare le
competenze e dotare i controllori di strumenti più efficaci per condurre ispezioni su impianti e materiali,
dalla cava al pilastro, per evitare sottovalutazioni e raggiri, falsi allarmi ed esagerazioni, garantendo la
sicurezza delle opere (palazzi, strade, viadotti, gallerie) in cui il calcestruzzo è componente essenziale. Si è
dunque parlato di percentuali di acqua e degli altri additivi da mescolare al cemento secondo norme e
ricette, di come prelevare e far maturare i campioni di materiale da spedire in laboratorio senza lasciar
spazio ai trucchi; di quali carte esaminare presso un produttore di calcestruzzo, di qual è il momento più
adatto per bussare a un cantiere che sta "gettando" nelle casseforme e verificare che tutto proceda
secondo contratto e specifiche tecniche. Senza tralasciare le differenze tra una cementeria - fabbrica
complessa che richiede investimenti da centinaia di milioni (in Italia ne operano 28) - e i 1.200 piccoli e
medi impianti che mescolano il cemento con gli altri componenti e che sorgono necessariamente nei pressi
sia di una cava di inerti sia dell'opera in costruzione. La finalità del seminario è di per sé un'ottima notizia,
tanto che sarebbe auspicabile una sua reiterazione, allargando la platea a giornalisti e magistrati. È facile,
infatti, che sui media si accavallino termini impropri o effetti sbagliati. Di solito sono errori indotti da fonti
ufficiali, non ancora in grado di distinguere tra materiali (per esempio, utilizzando come sinonimi cemento e
calcestruzzo), utilizzo effettivo, caratteristiche tecniche. Il risultato è una disinformazione, sia pure in buona
fede, che comunque colpisce le imprese coinvolte, con danni di reputazione gravissimi. Dunque un buon
corso tenuto da esperti, magari accompagnato da un agile manualetto (come quello distribuito a Roma,
curato dalle imprese: "Istruzioni operative per i controlli sulle forniture di calcestruzzo strutturale"), sarebbe
utile anche ai magistrati, i quali non hanno tempo o desiderio di approfondire e così delegando di fatto a
consulenti di provata fiducia - non sempre specialisti del settore - la valutazione dei rischi e dell'effettiva
gravità delle condotte inquisite. Ed è la stessa, ampia delega di cui a volte godono le informative della
polizia giudiziaria e i report degli amministratori giudiziari: se un giudice non sa, è nelle mani del "suo"
perito. Persino più importante degli effetti pratici dell'iniziativa di Federbeton è il rilancio del percorso
comune tra produttori e forze dell'ordine, iniziato qualche anno fa con i protocolli di legalità. Anche in quei
patti scritti vengono fissati impegni e aperti canali di comunicazione con le istituzioni, al fine di aumentare le
possibilità di mettere all'angolo i produttori di calcestruzzo "allegri" e i cantieri pasticcioni o peggio; ma
l'esperienza ha dimostrato che tali impegni non sono stati presi abbastanza sul serio. Tra prefetti inclini a
un'idea burocratica del loro ruolo, forze dell'ordine oberateea corto di risorsee Procure sotto organico (e
anche molto diffidenti) è accaduto che in pochissimi abbiano stretto con convinzione la mano tesa dalle
imprese. Bene, quindi, che il dialogo riprenda dallo scambio di competenze e dalla ricerca di una visione
comune impreseistituzioni nella difesa della legalità proprio alla sorgente della filiera dell'edilizia.
Foto: ext.lmancini@ilsole24ore.com
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Lavoro. L'intermediazione abusiva di manodopera Appalto pagato a ore, il contraente diventa datore e sostituto Ferruccio Bogetti Gianni Rota La mancanza di beni strumentalie di figure professionali in grado di dirigerei cantierie la determinazione dei
corrispettivi in base alle ore anziché agli stati di avanzamento lavori (Sal) fanno presumere
l'intermediazione abusiva di manodopera. Di conseguenza, l'appaltante che utilizza tali prestazioni smette
di essere tale e diventa datore di lavoro e sostituto d'imposta. Così si è espressa la Commissione tributaria
di II grado di Bolzano, nelle sentenze 6/2/16 e 7/2/16 (Presidente Ranzi, relatore Macaluso). La Guardia di
finanza aveva contestato a una cooperativa edilizia l'intermediazione abusiva di manodopera, per essersi
avvalsa delle prestazioni di una Srl che aveva effettuato a suo favore una mera fornitura di lavoratori,
nonostante un contratto di subappalto. Basandosi sul Pvc, l'amministrazione considera i lavoratori della Srl
come dipendenti della cooperativa, recupera in capo a quest'ultima tra l'altro le ritenute fiscali Irpef e le
addizionali non effettuate come sostituto d'imposta. La cooperativa ricorre affermando che: e i rapporti con
la Srl sono regolati da uno specifico contratto di subappalto; r le prestazioni sono pagate a un corrispettivo
orario fisso di 23 euro; t il rischio d'impresa è in capo alla subappaltatrice perché il corrispettivo orario non
può essere variato. Dal punto di vista fiscale la fornitura di manodopera è stata presunta in basea
dichiarazioni confermative di soci e consulenti della Srl, riassunte genericamente nel Pvc e tali da non
costituire secondo il contribuente presunzioni gravi, precise e concordanti. L'amministrazione resiste,
affermando tra l'altro che la Srl non ha potere direttivo nell'esecuzione dei lavori ed è senza attrezzature. Il
giudice di primo grado accoglie il ricorso e l'amministrazione impugna la pronuncia. Il giudice d'appello
riforma la sentenza impugnata e conferma la bontà degli accertamenti perché: e l'esecuzione del contratto
di appalto in mancanza di attrezzature e figure direttive in grado di coordinare i cantieri e la determinazione
dei corrispettivi in base alle ore/lavoro prestate anziché ai Sal fanno escludere la prestazione dei servizi
dell'appaltatrice e fanno sorgere per l'appaltante la qualifica di datore di lavoro e sostituto d'imposta; r le
testimonianze confermative dei soci e consulenti dell'appaltatrice, anche se verbalizzate nel Pvc in modo
generico, hanno valore probatorio; t per confutare le argomentazioni dell'ufficio non può essere invocata la
clausola che impedisce la revisione del prezzo orario. Infatti, in base all'articolo 1664 del Codice civile, la
revisione è in ogni caso possibile se la differenza di prezzo è superiore a un decimo: livello che secondo i
giudici sarebbe stato molto difficile da raggiungere in tempi di crisi anche se il contratto avesse consentito
aumenti.
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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 35
COSTRUZIONI Otto idee per portare l'edilizia fuori dalla crisi Marco Morino u pagina 13 Otto idee per rilanciare l'edilizia, fondate su innovazione e qualità. È la proposta di Federbeton.
Otto idee per l'edilizia, fondate sull'innovazione e sulla qualità delle opere. Sono i pilastri per rilanciare
l'industria delle costruzioni in Italia, sferzata da una crisi durissima: in sette anni, dal 2008 al 2014, il settore
ha perso il 32% degli investimenti, pari a circa 64 miliardi di euro. Mentre i consumi di cemento dal 2007 al
2015 sono crollati del 60%, sotto i 20 milioni di tonnellate l'anno, tornando mestamente agli anni 60. Allora
però eravamo alla vigilia del boom economico. Ora si ragiona di imprese fallite e posti di lavoro scomparsi.
Il nuovo Codice degli appalti, con un quadro normativo più chiaro e snello, potrebbe rappresentare la
svolta. Il nuovo testo, nei piani del governo, dovrebbe essere varato in via definitiva entro il prossimo 18
aprile, ma sta già alimentando molte aspettative. Federbeton, la federazione di Confindustriaa cui fa capo la
filiera del cemento, del calcestruzzoe dei materiali di base per l'edilizia con un valore della produzione pari
al 7,8% del mercato delle costruzioni, scende in campo con un libro bianco che riassume idee e proposte
per rilanciare l'edilizia in Italia. Il libro bianco è il risultato di un'iniziativa originale, intitolata la fabbrica delle
idee: Federbeton ha riunito per due giorni, al Saie di Bologna, oltre cento rappresentanti delle istituzioni, del
mondo accademico e delle imprese che si sono confrontati sugli strumenti per un rilancio concreto e
sostenibile dell'ediliziae delle costruzioni in Italia alla luce del nuovo Codice degli appalti. Il ragionamento
cardine, esterma sintesi delle idee contenute nel documento conclusivo di Federbeton,è il seguente: il
settore delle costruzioni in senso lato, cioè opere pubbliche ed edilizia residenziale, è pronto a ripartire
all'insegna dell'innovazionee della maggior qualità delle opere. Non ragionare più in termini di massimo
ribasso permetterà di realizzare progetti di maggior valore e cantieri tecnologicamente evoluti per opere di
qualità a partire dai materiali da costruzione. Le costruzioni,è stato detto nel corso della due giorni
bolognese, hanno un ruolo centrale nello sviluppo economico e nell'evoluzione sociale di ogni Paese.
Occorre confrontarsi apertamentee senza pregiudizi sul ruolo che le costruzioni e i settori connessi
possono svolgere per la ripresa dell'economia italiana. In che modo? Ecco alcune proposte circolate a
Bologna. Rottamare gli edifici che non offrono più garanzie di sicurezza e qualità dell'abitare, soprattutto
nelle areea rischio sismico per realizzare nuove costruzioni, con vantaggi per la sicurezza e la sostenibilità
ambientale. In Italia ci sono sei milioni di edifici situati in zone sismiche e il 55% di questi ha più di 40 anni
di vita, con il 70% costruito prima delle norme antisismiche. Favorire uno sviluppo verticale degli edifici per
costruire una nuova identità delle città riducendo il consumo del suolo, come dimostra il caso Milano con il
progetto CityLife, con i 231 metri della torre UniCredit a Porta Nuova e con tutti gli altri grattacieli che in
questi anni hanno rivoluzionato lo skyline della metropoli lombarda. Investire sulla rigenerazione urbana,
rottamando le periferie delle nostre città e sfruttando il rammendo urbano come occasione per applicare
delle nuove tecnologie costruttive. Detassare le costruzioni realizzate con materiali innovativi e
prestazionali. Agevolare le connessioni tra il mondo finanziario, istituti di creditoe assicurazionie il mondo
delle costruzioni. Promuovere la conoscenza della filiera del cementoe del calcestruzzo, del suo potenziale
innovativo che può assumere i tema di sostenibilità, riduzione del rischio idrogeologico, sicurezza sismica.
Impossibile riassumere qui tutte le idee e le proposte emerse dall'iniziativa promossa da Federbeton.
L'auspicio della filiera cementocalcestruzzoè che la riforma del Codice appalti segni un nuovo inizio per
l'industria delle costruzioni in Italia. «Ritroviamo l'energia che ha fatto nascere l'autostrada del sole» è il
messaggio conclusivo della due giorni di Bologna.
I consumi di cemento in Italia dal 1960 al 201546,9
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19,6 50 2015 LIVELLO ANNI '60 -2,6% -58,0% VARIAZIONE 2015-2006 VARIAZIONE 2015-2014 I
consumi di cemento crescono spinti dal boom economico
1960 1962 1964 1966 1968 1970 1972 1974 1976 1978 1980 1982 1984 1986 1988 1990 1992 1994 1996
1998 2000 2002 2004 2006 2008 2010 2012 2014 pIn milioni di tonnellate e variazione % 2015/2014 e
2015/2006
Le proposte della filiera del cemento e del calcestruzzoINNOVAZIONEVIABILITÀRIQUALIFICAZIONE
SVILUPPO VERTICALE
RICICLAGGIO INERTI
CANTIERI
EDILIZIA SCOLASTICA
SOCIAL HOUSING SCHEDE A CURA DI Laura Cavestri
Per riqualificare periferie e aree industriali dismesse senza consumare suolo, occorre una normativa che,
da un lato elimini i doppi oneri, fiscali e burocratici, per demolire e ricostruire con nuove destinazioni d'uso.
Dall'altro, incentivi economicamente le soluzioni sostenibili, quindi a bassa impronta di CO2, con materiali
riciclabili, che privilegino efficienza energetica e sicurezza, soprattutto per interventi di grandi dimensioni
Bisogna andare verso la riduzione degli oneri di cantiere in termini di costi, tempi e sicurezza dei lavoratori.
Un dialogo più stretto tra produttori di materiali, tecnologie, macchine e impianti, casseforme, deve poter
migliorare l'organizzazione del cantiere che va adattata alle peculiarità di ogni progetto. Da coinvolgere
anche le soprintendenze che aprioriasticamente ostacolano l'utilizzo di calcestruzzo per qualsiasi
operazione di recupero degli edifici storici La riqualificazione del patrimonio scolastico italiano riguarda oltre
40mila scuole.I bandi del Miur devono valorizzare le soluzioni innovative per l'edilizia scolastica:
pavimentazioni continue antistatichee antibatteriche, soluzioni per l'isolamento acustico, abbattimento delle
onde elettromagnetichee una sufficiente inerzia termica per migliorare il comfort. Ma anche materiali
autopulentie in grado di ridurre l'inquinamento; materiali di lunga durabilitàea bassi costi di manutenzione
Vanno eliminatii vincoli che oggi frenano la scelta di soluzioni radicali come l'abbattimento di singoli edifici,o
di interi contesti immobiliarie postindustriali, per favorire uno sviluppo verticale degli edifici, ovvero quei
grattacieli sorti numerosia Milano ma che faticanoa farsi strada nella programmazione urbanisitca delle altre
città italiane, per un approccio conservativoe il timore che possano dequalificare il partimonio
storicoartistico. Naturalmente previa valutazione su sicurezza sismica, esteticae integrazione nel contesto
locale I rifiuti inerti provenienti da costruzionee demolizione (C&D) costituiscono, in termini di volume, la più
grande fonte di rifiuti nella Ue. Ma in Italia manca una cultura del riciclo. La Ue ha messo in atto una politica
per promuovere una gestione ottimale dei rifiuti nel settore delle costruzioni. In Italia, si rende necessaria la
creazione di un network, ossia di una rete, tra gli attori della filiera del cemento. Oltrea formareea richiedere
una normativa che incoraggi il riciclo degli inerti occorre una banca dati su produzionee gestione dei rifiuti
Su un milione di abitazioni pubbliche, solo 20mila sono per il social housing. Come per le scuole, i bandi di
intervento di social housing nella scelta dei materiali, dovrebbero valorizzare le migliori soluzioni innovative
a basso costo. Ad esempio: strutture massive in grado di assicurare un isolamento acustico, abbattimento
delle onde elettromagnetiche e una sufficiente inerzia termica. Materiali di lunga durabilità e a bassi costi
anche per ridurre i costi di gestione Occorre sostenere, anche attraverso i finanziamenti e gli incentivi
fiscali, l'attività di ricerca svolta dalle aziende i nhouse o in collaborazione con il mondo accademico.
L'intenzione è quella di incentivare fiscalmente l'utilizzo di materiali innovativi e prestazionali. Sul fornte
degli appalti, è importante potenziare, all'interno del prossimo Codice, procedure che consentano, in fase di
gara, di valorizzare soluzioni innovative di processo e di prodotto L'utilizzo del calcestruzzo per le
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pavimentazioni stradali, urbane e non, diffuse in molti Paesi sia in Europa sia nel mondo, è in Italia una
soluzione poco praticata. Questo è dovuto a due fattori: resistenza culturale all'innovazione e ridotta
conoscenza delle soluzioni esistenti. Bisogna sensibilizzare politica e Pa affinchè, in fase di progetto
definitivo, scelgano tra diverse soluzioni costruttive e diversi materiali e, in fase di gara, tengano conto della
convenienza del materiale
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MICROCOSMI LE TRACCE E I SOGGETTI La Milano di domani: cinque città che stanno in una La futura «smart city» sarà fondata su innovazione, bellezza, capacità di fare, benessere e creatività Aldo Bonomi a primavera ci porta verso le elezioni nelle aree metropolitane, da Torino a Napoli passando per Milano,
Bologna e Roma. L'epoca che viene avanti ha come nodo territoriale le smart cities, ove precipita la
conoscenza globale in rete. Più che guardare al dibattito politico, certamente importante, mi pare utile
cercare di capire se dai mondi dell'economia e della società si diano voce e segnali alla politica. Segnali
forti, se guardiamo «alla grande Milano supermetropolitana», così definita dal presidente di Assolombarda
Gianfelice Rocca nella prefazione del libro Milano Metropoli possibile, che raccoglie studi e progetti della
rappresentanza di impresa. Partendo da una botta di orgoglio comunicativo sostenuta dai numeri: 123
imprese con fatturato superiore al miliardo di euro, ben più che Monacoe Barcellona, ben 3.100 sedi di
multinazionali estere e, nel raggio di 60 chilometri supermetropolitani, in quella che avevo definito la città
infinita, si realizza un quarto del valore aggiunto manifatturiero e dell'export italiano. Ma, a proposito di
conoscenza globale in rete, non ci si ferma a rappresentare il peso dell'industria, si guarda ai saperi della
città universitaria ove risiedono più di 200 mila studenti. È un cambiamento di ruolo della rappresentanza di
impresa, si va oltre il '900 della contrattazione tra capitale e lavoro e si assume il territorio, la città, come
bene competitivo per produrre per competere. Da qui l'urgenza segnalata di mettere in cantiere "progetti
bandiera" pubblicoprivati nell'area del dopoExpo, si guarda agli ex scali ferroviari, 1 milione di metri quadri
in trasformazione, alla nascita del polo della città della salute, al futuro dell'ortomercato milanese, il più
grande d'Europa. Andando oltre la rappresentanza manifatturiera, si guarda alla logistica, all'agricoltura
evoluta e al welfare. Scavando nell'antropologia socioeconomica di Milano cheè sempre stata un mix tra il
fare impresa ed essere "città anseatica" dell'Europa dopo le Alpi. Un Giano bifronte nel suo sincretico
essere tra nord e sud. Un po' Barcellona e un po' Monaco e Francoforte, non a caso le città più citate nella
comparazione competitiva. La Milano supermetropolitana ha bisogno di reti di logistica funzionali per
innovare la smart city di area vasta. Da qui l'attenzione ai grandi player delle società pubbliche locali, del
trasporto (Atm, Mm, Trenord), sino ad A2a, leader nei servizi ambientali, dell'energia e dell'acqua. Il tutto dà
voce al piano strategico di Assolombarda per «fare volare Milano» che, partendo dal suo scheletro
manifatturiero, si declina nelle cinque città che stanno in una: la città dell'innovazione, della bellezza, del
fare, del benessere e della creatività. Questa è la smart city. Visione di una metropoli "possibile" che
ritroviamo nel piano strategico metropolitano milanese elaborato dal Pim, che parte dalla metropoli reale
istituzionalizzata, perimetrata urbanisticamente e socialmente. Tre milioni e 200mila abitanti, di cui mezzo
milione stranieri, 288mila imprese, 533 start up, che attrae 13 milioni di visitatori e che mette al lavoro
nell'intraprendere 2 milioni di addetti. Quello che colpisce è che sia Assolombarda, partendo dagli interessi,
sia il Pim dal vivere e abitare la metropoli possibile, si ritrovano nelle parole chiave che per il Pim sono: una
città agilee performante, creativae innovativa, attrattivae aperta al mondo, intelligente e sostenibile, veloce
e integrata, coesa e cooperante. Fossimo nel '900, ai tempi della società verticale, il microcosmo potrebbe
finire qui. Segnalando alla politica i documenti del piano strategico confindustriale e del territorio
metropolitano che verrà. Ma le smart cities, nel secolo della sharing economy, della società circolare, si
basano nel loro divenire su una condivisione degli interessie delle pratiche sociali, oltre che istituzionali.
Non basta consegnare in alto pianie progetti, occorre capire quanto sono socialmente condivisi. Mi fa ben
sperare un lavoro di inchiesta e mappatura dal basso, da microcosmi, realizzato nel tessuto carsico della
città metropolitana da Avanzi, think tank sociale, presentato in Triennale. Sono state censite 174 pratiche
sociali che tracciano segnali di futuro, che si possono scomporre e ricomporre in tre "grappoli"e che
rimandano alla risposta mutualistica a bi sogni socialie problemi che il pubblico nonè più in grado di
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risolvere, agli spazi per produrre e promuovere cultura,a cavallo tra impresa e partecipazione volontaria,
alla produzione di benie servizi innovativi, con capitale low cost basati su istanze collaborative di sobrietàe
sostenibilità. Certo dai numeri potenti citati da Rocca nella supermetropoli si precipita nei casi degli orti
urbani, dell'associazione culturale Banlieu, del Co+Fabb (spazio di collaborazione produttiva), delle social
street, sino al ristorante in galera al carcere di Bollate. Sussurri da comunità di cura, si dirà, rispetto alle
grida della comunità operosa. Ma la smart city che verrà, quella della sharing economy, non si dà che
tenendo assieme le due polarità della città che viene avanti. Con un'attenzione in più. Presentando il
progetto Segnali di futuro ho segnalato che manca un atlante e una mappatura dei tanti casi di chiusure e
rinserramento rispetto al nuovo che avanza. Nella sharing economye nella società circolare che mettono in
circolo piani, progetti,e pratiche sociali collaborative, ci sono tanti che sono e si sentono esclusi, si
rinserrano nella paura del futuroe nel rancore. È il problema a tutti noto dei grappoli di disagio, di
esclusione, del tema poco smarte molto hard della casa, delle periferie urbane e del lavoro. Sarebbe bello
se il sindacato, la Confcommercio, gli ordini professionali e le rappresentanze dell'impresa diffusa, nella
loro metamorfosi, oltre alle start up e ai fablab che fanno associazioni come Milano In, presentassero le loro
idee della "città che viene" alla politica. A cui tocca, impresa difficile, tenere assieme le tante città che
stanno in una: la smart city che verrà.
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Arredo. Il gruppo del lusso è cresciuto del 21% nel 2015 e i primi mesi del 2016 confermano la dinamicapositiva EMILIA ROMAGNA Usa e Iran obiettivi di Luxury living Pianificati investimenti in Nord e Centro America, ma anche a Teheran, per compensare le incertezze inRussia e Medio Oriente Giovanna Mancini Le incertezze dei mercati emergenti e le turbolenze dei mercati finanziari non sembrano aver rallentato la
corsa di Luxury Living Group, la holding del lusso che gestisce marchi di arredodesign Fendi Casa, Bentley
Home, Trussardi Casae Paul Mathieu e realizza all'estero il 98% del proprio fatturato. «Tut ti i mercati
hanno dato buoni risultati nei primi mesi del 2016 - spiega il ceo e presidente del gruppo, Alberto Vignatelli -
persino la Russia, che negli ultimi tempi si era fermata». Ma il quadro geopolitico è incerto e, soprattutto per
quanto riguarda Russia e Medio Oriente, è impossibile fare previsioni. «Ci aspettiamo una crescita a doppia
cifra - dice comunque Vignatelli - considerando che nel 2015 il fatturato è aumentato del 21% (a quota 105
milioni, ndr) rispetto al 2014, anno che aveva segnato un +14%». Per riuscirci, il gruppo sta investendo
soprattutto su Stati Uniti e Iran (per la precisione, Teheran), oltre ad alcuni Paesi dell'America Latina, come
Colombia, Perù, Messico e Panama. Per il 2016 è attesa la scelta del partner con cui consolidarsi sulla
piazza di Teheran, ma è negli Stati Uniti che sono stati avviati i progetti più ambiziosi: il Nord Americaè un
mercato fondamentale per il target di Luxury Living Group, che qui lavora all'80% attraverso i grandi studi di
architettura. «Gli americani vogliono servizi, assistenza e velocità», precisa Vignatelli, e proprio in
quest'ottica è stato pensato il nuovo showroom di Los Angeles, inaugurato a fine febbraio. Oltre mille metri
quadrati studiati per un target di architetti, interior decorator e designer. «In un mercato così competitivo
devi saperti distinguere - spiega il ceo -. Maa fare la differenzaè il servizio». Anche per questo si rende
necessaria la gestione diretta degli showroom, come avviene a New York e a Miami, doveè in costruzione
la nuova sede del quartier generale americano del gruppo, che dovrebbe essere terminata entro fine anno.
A Miami e nelle isole vicine sono inoltre in corso progetti contract del gruppo, che tuttavia realizza quasi
tutto il fatturato attraverso il canale retail, attraverso rivenditori in tutto il mondo e gli showroom a gestione
diretta di Miami, New York, Milano, Londra e Parigi, oltre ai due business branch di Pechino e Mosca, aperti
recentemente.
LE PERFORMANCE
+21% Il balzo del fatturato La performance 2015 segue il +14% registrato nel 2014. Il fatturato ha raggiunto
i 105 milioni di euro
98% La quota di export Quasi completamente internazionalizzato il business dell'azienda forlivese. Anche
dalla Russia arrivano segnali incoraggianti dopo la frenata degli ultimi mesi. Ora i piani di sviluppo puntano
molto su Stati Uniti e Iran
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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 41
Cresce la protesta dei comitati cittadini contro i cantieri M4 Lunedì sera gli "stati generali" in zona Foppa-Solari Previsto per l'estate l'impatto maggiore sulla viabilità LUCA DE VITO Lunedì sera si ritroveranno in "casa" del comitato Foppa-Solari, quello che ha ottenuto di più dalle sue
battaglie. Da via Lorenteggio a San Babila, passando per via San Vittore, corso Plebisciti e piazza Vetra la
protesta dei cittadini contro i cantieri per la nuova linea della M4 sta crescendo. E si sta organizzando in
comitati pronti a dare battaglia. L'assemblea di lunedì servirà per condividere esperienze, per studiare
azioni legali e per confrontarsi sull'impatto che i lavori stanno avendo e avranno nei vari quartieri.
«Potranno parlare solo i cittadini».
A PAGINA III LORO sono il comitato dei vincitori.
Tra i primi a dichiarare guerra a M4, sono riusciti a strappare delle modifiche importanti per quanto
riguarda il cantiere ancora prima che questo partisse. Hanno fatto eliminare un deposito di detriti che
sarebbe dovuto sorgere in via Dezza, hanno obbligato a prevedere lo spostamento della terra con un
nastro trasportatore nel sottosuolo anziché con i camion in strada, hanno fatto aumentare la distanza della
fossa dalle case di via Foppa. E poi ancora, hanno fatto costruire una strada d'accesso ai civici 4, 6 e 10,
hanno ridotto la superficie del parco Solari interessata dal cantiere dall'8 per cento a 4 per cento, hanno
fatto scendere il numero di alberi da abbattere da 130 a 78.
Decisioni prese dalla società su richiesta dei residenti e che hanno portato a una radicale modifica del
cantiere, ma che non sono state a costo zero per il comitato. Per il ricorso al Tar e per le consulenze
tecniche se ne sono andati circa 26mila euro. Le donazioni raccolte fino ad ora sono arrivate a quota
24mila e ne restano da raccogliere ancora 2mila.
Non solo soldi, ma anche tempo: organizzazione di incontri, assemblee, richieste alla società, in Comune,
al tribunale.
Adesso rimane in piedi ancora il ricorso al Tar che, fanno sapere dal comitato, non verrà ritirato prima
dell'ufficializzazione della delibera del Cipe che approva le modiche al cantiere stabilite e già assicurate da
Palazzo Marino. «Resteremo però con gli occhi aperti - dicono i residenti - perché adesso si entra nel vivo
dei lavori. Questi progetti vengono presentati poco alla volta, dobbiamo controllare che tutto proceda
regolarmente».
Foto: LA RACCOLTA FONDI Il comitato Solari ha ottenuto migliorie ma ha pagato circa 26mila euro tra
ricorso al Tar e consulenze tecniche, oltre al tempo per organizzare il tutto
12/03/2016Pag. 1 Ed. Milano
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Fiera Bologna, salta il cda: verso il sì a Parma e Rimini ESTROMESSO CAMPAGNOLI ARRIVA BONI PER REALIZZARE IN TEMPI BREVI LA FUSIONE CON LEALTRE DUE SOCIETÀ E DARE VITA AL SECONDO POLO FIERISTICO ITALIANO, CON NUMERI CHELO PONGONO A DISTANZA RAVVICINATISSIMA CON IL NUMERO UNO MILANO FIERE. GLIIMMOBILI Enrico Miele Bologna Al via il risiko delle fiere. La prima mossa è il matrimonio a tre che unirà i saloni di pregio della via
Emilia. Iniziano così le prove tecniche di fusione tra i quartieri fieristici di Bologna, Rimini e Parma in vista
del 2017. Il progetto, in cantiere da vent'anni, è sempre stato frenato dalle gelosie di campanile. Oggi,
complice il dimagrimento di alcune storiche kermesse, la serrata concorrenza di Milano e, soprattutto,
l'urgenza di avere più peso sui mercati internazionali, è tornato in agenda. Quella che potrebbe nascere nel
giro di un anno è una holding unica con un giro d'affari di 224 milioni di euro, oltre cento eventi e in
portafoglio "gioielli" come Eima (macchine agricole), Cibus (alimentare), Cersaie (ceramica) e Rimini
Wellness. Il progetto, in realtà, nasce dallo strappo che si è consumato dentro Bologna Fiere, dove l'epilogo
della "guerra fredda" tra il presidente Duccio Campagnoli e gli azionisti è stato radicale. Per costringerlo a
un passo indietro, l'intero cda si è presentato dimissionario all'ultima seduta, aprendo le procedure per la
successione. I soci privati - coop, industriali e Fondazione Carisbo lo accusano di aver gestito la società in
modo poco condiviso, scavalcando a più riprese il cda. Anche gli azionisti pubblici, stanchi delle tensioni, a
un certo punto hanno deciso di cambiarlo per riportare la pace. E a nulla è servita l'ultima resistenza di
Campagnoli, che ha chiesto ai consiglieri prima delle loro dimissioni di approvare il maxi-piano di
espansione dei padiglioni da 70 milioni di euro (ora "congelato" in attesa della holding). Anche da qui nasce
l'accelerazione sul progetto di integrazione. Il 25 marzo Bologna Fiere eleggerà i nuovi vertici. Il nome del
"traghettatore" è già stato scelto dai soci pubblici: Franco Boni, 76 anni, per quasi un decennio alla guida
delle Fiere di Parma. Nel capoluogo emiliano dovrebbe restare un anno. Il tempo per rasserenare il clima e
preparare il piano industriale: «Il progetto - anticipa Boni in attesa della nomina - non riguarda solo Bologna
ma tutto l'apparato delle Fiere emiliane. La direzione è il sistema unico regionale». Scalfire la concorrenza
di Milano, continua il manager reggiano, è «solo uno slogan, l'attacco vero è al mercato internazionale. Se
non ci si affretta a fare aggregazioni perderemo terreno». La regia dell'operazione è del governatore
Stefano Bonaccini (Pd) che ha sbloccato l'impasse tra i bolognesi rilanciando la holding (la Regione Emilia
Romagna è azionista di peso nelle tre società fieristiche). Il nome "caldo" a cui affidarla nel 2017 sarebbe
Antonio Cellie, oggi ad dell'expo parmense. Ma il manager ha già fatto sapere che per ora non si muoverà.
Uno stop che alcuni interpretano come una frenata tattica, in attesa di vedere cosa accadrà sotto le Due
Torri con la guida di Boni. Se la fusione dovesse andare in porto, di certo andrebbe a incidere sugli equilibri
dell'intero settore fieristico, dove di integrazioni e sinergie si parla da anni guardando al modello dei maxi
quartieri tedeschi - senza mai realizzarle. Non sarà semplice: unire le società comporta statuti da riscrivere,
assemblee dei soci e resistenze di azionariati parcellizzati. Se Parma e Rimini per ora restano alla finestra,
Bologna è in pressing per avviare l'operazione. L'obiettivo? Ridurre costi e poltrone, costruire un unico
piano industriale che tenga conto dei tre quartieri e presentare all'estero un'offerta con oltre cento kermesse
annuali e una rinnovata potenza finanziaria. Anche la distanza col campione nazionale, Fiera di Milano, che
nel 2014 ha fatturato 245,5 milioni di euro, a quel punto si ridurrebbe. Ogni quartiere, però, ha le sue grane.
Per i bolognesi, l'urgenza è trattenere Eima, il salone più importante in calendario e leader mondiale del
settore, che da tempo chiede più spazi per rimanere sotto le Due Torri (e il corteggiamento di Milano si fa
sempre più serrato). Il gruppo Bologna Fiere ha chiuso il 2014 con ricavi per oltre 119 milioni di euro (+9%)
e un mini-utile di 138 mila euro. A trainare i conti soprattutto il giro d'affari estero, su cui ha puntato molto
Campagnoli in questi anni. Il forfait del Motor Show e l'addio di Lineapelle sono stati compensati con il
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fatturato che arriva da fuori Europa : nel 2015 Cosmoprof Asia, Las Vegas e Bf China hanno portato alla
capogruppo margini per 7,7 milioni. A pesare è il debito con le banche per 39,4 milioni legato alla
costruzione dei vecchi padiglioni. Fiere di Parma, la più piccola delle tre, sotto la guida di Giandomenico
Auricchio due anni fa ha collezionato un utile netto di 5,2 milioni e un fatturato di 37,9 (con debiti per 22
milioni). Rimini Fiera di Lorenzo Cagnoni - anche lui in uscita dopo 14 anni - raggiunge ricavi per 67,5
milioni (+6,9%) e un utile poco sopra i 3 milioni (e ha ormai smaltito i mutui legati al super quartiere da 300
milioni costruito negli anni scorsi). L'eventuale fusione, secondo alcuni, comporterebbe lo spin off delle
attività fieristiche da quelle immobiliari. Questo per alleggerire il patrimonio della holding dal peso dei vecchi
debiti contratti dai quartieri per rifarsi il look, distribuendo i "pesi" in maniera più omogenea. S.DI MEO
Foto: Duccio Campagnoli (1) ad uscente di Fiera Bologna. Franco Boni (2) ex presidente Fiera di Parma,
curatore il padiglione Cibus alla Expo di Milano. Antonio Cellie (3) ad di Fiera di Parma
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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 44
Zamperla: "Che sballo le mie giostre piacciono a Disney e Kim Jong-un" UNA VOCAZIONE NATA PER AMORE MA CHE È DIVENTATA UN MARCHIO DI FABBRICA: PORTARELE INNOVAZIONI NEI GIOCHI, DALLE MACCHINE A GETTONE ALL'AUTOSCONTRO. LE MONTAGNERUSSE DI CONEY ISLAND E LE TECNOLOGIE AERONAUTICHE. I PARCHI "DOPPI" DI RIAD Jenner Meletti Altavilla Vicentina Si presenta così: "Alberto Zamperla, giostraio". Sembra una bugia. Solo in questo
stabilimento a fianco dell'autostrada lavorano infatti 30 ingegneri, i computer sono in ogni angolo, tutti i
dipendenti parlano almeno l'inglese e la "Antonio Zamperla spa" è forse l'unica azienda italiana con un sito
internet scritto in inglese, russo, arabo e non in italiano. "Giostraio" fa tornare alla mente il "calcinculo",
l'autoscontro, la giostra con i cavalli... "Dentro di me - racconta Alberto Zamperla, figlio di Antonio, nipote di
Umberto, pronipote di Emilio Giovanni, discendente di Angelo... - mi sento sempre un giostraio. Sa perché?
Ingegneri e artisti preparano le macchine, che debbono essere sicure e attraenti. Si fa il collaudo poi un
esemplare viene aperto al pubblico, quasi sempre al Luna Park di Coney Island, a New York. E allora io
prendo l'aereo - come faccio in media 100 giorni all'anno - e vado a controllare le facce. Sì, le facce di chi
scende dalla nuova giostra. E capisco subito se il nuovo prodotto avrà successo o no". Facce contente,
fatturato assicurato. Intuire i desideri di chi si vuol divertire: questa sembra la ricetta antica e nuova degli
Zamperla. Oggi la spa ha un fatturato di 65 milioni di euro, 190 dipendenti nella centrale di Altavilla
Vicentina e 450 nel gruppo, con sedi in Russia, Bielorussia, Slovacchia, Cina e Filippine e uffici in Corea,
Malesia, Stati Uniti, Dubai, Australia, Brasile. Vende all'estero il 97% dei suoi prodotti. Antonio Zamperla, il
fondatore della società, nel 2005 è entrato, primo italiano nella storia, nella IAAPA, Hall of Fame, albo
d'onore dei grandi personaggi dell'industria del divertimento, assieme a Walt Disney, George Ferris e
Walter Knott. "Senza il mio avo Angelo, classe 1831 - racconta Alberto, classe 1951 - presidente e ad della
Zamperla - noi non saremmo la fabbrica del divertimento. Angelo faceva il pasticciere a Ferrara e stava
anche bene. Ma si innamorò di un'amazzone che lavorava in un circo. Lasciò creme e cannoli e la seguì, e
con lei iniziò l'attività circense. Ebbe quattro figli, fra i quali mio nonno Umberto, classe 1888. Mi faceva
venire i brividi, quando ero piccolo. Mi prendeva sulle ginocchia e mi faceva toccare la cicatrice che aveva
sul cranio. Lui faceva il doppio salto mortale su cavallo e una volta cadde davanti all'animale che gli diede
una zoccolata sulla testa. E allora cambiò lavoro. Andò a Parigi, per comprare uno dei primi proiettori per il
cinema, un Pathé Frères. Costruì un cinema viaggiante, che montava e smontava nelle sagre e nelle fiere.
Un solo film per mesi o per anni. Non si cambiavano le pellicole, allora, ma i paesi e le città". Zamperla è un
nome legato al cinema e non solo per il proiettore di Umberto. Uno della dinastia, Nazzareno Zamperla, ha
lavorato come attore, stuntman e maestro d'arte con Federico Fellini. Il nome del protagonista de "La
strada", Zampanò, è la sintesi del cognome di due famiglie circensi, gli Zamperla e i Saltanò. Un piccolo
ufficio, sul muro la pergamena firmata dall'ex sindaco di New York, Michael Bloomberg, che ringrazia per la
rinascita del Luna Park di Coney Island. "L'azienda per le giostre è nata quasi per caso, per merito di mio
padre Antonio, classe 1923. Nei primi anni '60 si mise a costruire da solo le giostre, per poi portarle in giro,
inventandole di sana pianta. Le più importanti furono l'autoscontro per i più piccoli e la giostra con gli
aeroplani. Altri giostrai chiesero di acquistarle. Fu l'inizio di un boom. Non solo giostre ma anche i giochi
prova forza: il toro da prendere per le corna, il pugno e altri aggeggi - funzionavano a gettone, senza la
necessità di un addetto - che furono venduti a decine di migliaia in tutta Europa". Ma la fortuna vera arriva
con Dumbo, l'elefante della Disney. "A fine anni '80 l'elettronica è entrata nelle giostre e nei giochi che
scatenano l'adrenalina in ragazzi e adulti. Nel 1988 partecipiamo al bando per la costruzione delle attrazioni
di Eurodisney a Parigi e ce ne aggiudichiamo sette su dodici. Mentre costruiamo il Dumbo, la Disney ci
manda i disegni dell'altro Dumbo che era stato costruito in California e che si era rotto un braccio. I nostri
ingegneri, solo studiando i disegni, hanno trovato il punto debole del progetto e anche il rimedio". Sulla
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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 45
porta dell'ufficio progetti ad Altavilla c'è un biglietto scritto a mano: "Si governa solo quello che si conosce.
Si conosce solo quello che si misura". "La Disney - racconta Alberto Zamperla - adesso compra anche la
nostra ingegneria. 'Voi risolvete i problemi', ci dice. E così in questi anni siamo diventati un riferimento
importante nel mondo del divertimento, con clienti come MCA Universal Studios, Warner Bros, Six Flags,
Paramount oltre naturalmente alla Disney". Un catalogo di 50 attrazioni, in grado di rifornire un parco
divertimenti completo. Tutto si progetta e si costruisce negli uffici e nei capannoni di Altavilla. "Si
assemblano anche i pezzi che arrivano da altre aziende, soprattutto per quanto riguarda la carpenteria, la
fibra di vetro, gli impianti elettrici. Ma sono attrezzato anche per fare da solo. Se un fornitore mi aumenta i
prezzi o non rispetta i tempi, qui siamo comunque in grado di costruirci ciò che ci serve. Se hai contratti con
la Walt Disney, i tempi li devi rispettare, altrimenti le penali ti spellano". Cinquantamila euro per la Jamp
Around, giostra con aerei per bambini. Sei milioni per la montagna russa più grande. Le regole e i controlli
per la costruzione delle macchine - come laWind Star, una giostra nella quale dai aria a un deltaplano e ti
sollevi, adesso in costruzione in un capannone - sono le stesse dell'aviazione. Il software MSC Adams
viene utilizzato da Zamperla come da Airbus, Boeing, Ford, General Electric, Nissan Motor... "Vede, per la
sicurezza noi prevediamo anche l'imprevedibile. Ci può essere il cretino che a trenta metri d'altezza alza la
sbarra di protezione per salutare la fidanzata, il bambino che si solleva dal sedile per fare ciao ai genitori.
Anche in questo caso, la sua incolumità deve essere garantita". Cento giorni all'anno in volo. "Vado a
vedere e controllare tutti i nuovi parchi divertimento. Gli Zamperla saranno in pista anche dopo di me. Mio
figlio Antonio junior è oggi il general manager. Recentemente abbiamo aperto due parchi in Corea del Nord,
c'era anche Kim Jong-un. In Arabia Saudita le cose vanno benissimo perché invece di un parco se ne
fanno due, uno per le donne e l'altro per gli uomini. Abbiamo messo le nostre attrazioni anche in Libia
quando c'era Gheddafi e nell'Iraq di Saddam Hussein. In certi regimi i parchi sono un ammortizzatore
sociale. Dai alle masse un giorno di divertimento, così si distraggono. Del resto, il 'panem et circenses' non
l'hanno inventato né in Corea né in Iraq. Ha presente i romani, duemila anni fa?". S.DI MEO Produce in
Veneto esporta nel mondo il 95 per cento LA SCHEDA L'Antonio Zamperla Spa nasce ufficialmente nel
1966 - quest'anno infatti celebra il suo primo mezzo secolo di vita - ma la costruzione di giostre era iniziata
già qualche anno prima. Oggi conta 190 dipendenti nello stabilimento centrale di Altavilla Vicentina e 450
nell'intero gruppo (esclusi quelli coinvolti nella gestione dei parchi). Il fatturato si aggira sui 65 milioni di
euro. Ogni anno la Zamperla produce 150 - 180 giostre in Italia e arriva a 230 nell'intero gruppo. Si passa
dai 50.000 euro per la giostra per bambini ai 6 milioni di euro per la montagna russa più grande. Zamperla
è però un nome noto nel mondo dello spettacolo già da sei generazioni. La svolta avviene nel 1988 quando
la Zamperla - ancora piccola azienda familiare viene chiamata a partecipare all'allestimento del primo
Eurodisney a Parigi e riesce a costruire sette delle dodici attrazioni iniziali. Da allora più del 95% delle
produzioni vengono vendute all'estero. Oggi al Zamperla spa ha sedi in Russia, Bielorussia, Slovacchia,
Cina, Filippine e ha uffici di rappresentanza in Malesia, Stati Uniti, Corea, Dubai, Australia, Brasile. Ha
costruito parchi anche in Corea del Nord, Libia, Dubai, New York. Con le proprie attrazioni è in grado di
allestire un intero parco divertimenti. I VOLTI Antonio Zamperla (1) ha fondato la Zamperla Spa negli anni
Sessanta. Suo figlio e attuale presidente e ad Alberto Zamperla (2) Il filgio di Alberto, Antonio Zamperla Jr
(3) general manager
Foto: Qui in pagina, creazioni della Zamperla : dalle attrazioni hi-tech degli attuali parchi a tema al vecchio
autoscontro. Sopra una foto storica di una giostra del secolo scorso
Foto: Sopra, una scena da "La strada" di Fellini: il nome del protagonista Zampanò è una fusione dei nomi
Zamperla e Saltanò , due famiglie circensi
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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 46
Quei miliardi dal gioco alle "buone cause" così la civiltà anglosassoneindica la rotta PER PRIMI IL REGNO UNITO E GLI STATI UNITI, MA ANCHE ARGENTINA E PAESI DEL NORDEUROPA, DESTINANO A BORSE DI STUDIO, OSPEDALI, SPORT E VARIE ALTRE GOOD CAUSESUNA FETTA DELLE ENTRATE PROVENIENTI DAL GAMING. "È UN ESEMPIO DA SEGUIRE"SOSTIENE FELICI (AGIMEG) Gianluca Moresco Battere l'opinione pubblica. È il titolo buono per un convegno ma da sempre rappresenta il vero punto di
caduta dell'intera industria del gioco. Tavole rotonde, bilanci sociali, campagne promozionali per restringere
al massimo il campo della ludopatia, autoregolamentazioni nei limiti di gioco rese obbligatorie al momento
stesso dell'accesso alle piattaforme on line. Le strade battute dagli esperti di comunicazione del gaming, e
soprattutto dai manager abituati a leggere anche le minime variazioni nei flussi di gioco, hanno finito per
infrangersi sempre sul muro della morale, del comune sentire il gioco come una piaga da curare e
possibilmente da evitare. Allo stesso tempo, in Italia questa industria dà lavoro a 146mila persone e
consegna alle casse dell'erario 8 miliardi di euro l'anno. Dati macroscopici che portano dritti verso una
soluzione che all'estero ha finito col ribaltare la stessa percezione del gioco. "Good causes" per chi
preferisce la dizione inglese, "destinazione di scopo" quando si parla di prospettive italiane. Il circuito
costruito in molti paesi all'estero tiene in equilibrio industria e ricadute sociali. In Inghilterra Camelot,
operatore autorizzato della Lotteria nazionale fin dal suo lancio, nel 1994, e attualmente al terzo mandato di
una licenza estesa fino al 2023, destina una parte degli introiti erariali proprio all'educazione. Ogni anno in
terra britannica la Camelot destina in media 1,8 miliardi di sterline - oltre 2,3 miliardi di euro - alle cosiddette
'good causes'. In termini percentuali, si tratta di circa il 25% dell'intera raccolta, che nell'ultimo anno fiscale
(concluso il 31 marzo 2015) si è attestata a 7,2 miliardi di sterline. Dei 2,3 miliardi di euro
complessivamente destinati alle buone cause, oltre 920 milioni nell'ultimo anno sono stati devoluti a progetti
riguardanti salute (finanziamenti nella ricerca in campo medico o costruzione di ospedali), educazione
(borse di studio per studenti di vari livelli) e ambiente (riforestazione). Circa 460 milioni sono stati devoluti a
sostegno dello Sport, altrettanti all'Arte e altrettanti ancora al Patrimonio culturale del paese. In altre parole,
ogni singola settimana i giocatori, puntando sul lotto o acquistando un biglietto della lotteria, destinano
(consapevolmente o meno) una media di 35 milioni di sterline - al cambio 45,5 milioni di euro - alle 'good
causes'. Un ruolino di marcia invidiabile, che ha consentito alla Camelot, dal 1994 a oggi, di destinare
all'insieme di questi progetti ben 34 miliardi di sterline, oltre 44 miliardi di euro. Al gioco a marchio UK lo
stato presta la stessa attenzione che riserva ad altri segmenti industriali. La National Lottery irlandese dal
1988 a oggi ha devoluto in "Good causes" oltre 4,4 miliardi di euro. In Scozia la cifra devoluta è stata pari a
3,3 miliardi di euro, la metà dei quali a favore di progetti riguardanti educazione e salute, ma anche la
cultura ha un forte peso. Il solo Museo di Glasgow, dal 2006 - anno della sua apertura - a oggi ha
beneficiato di un sostegno finanziario pari a 30 milioni di euro. Negli Usa, tutti i 42 Stati (su 50) nei quali
sono vendute le lotterie destinano parte della raccolta, in percentuale variabile fra Stato e Stato, a progetti
scolastici, educativi e ambientali. La Lotteria di Washington, ad esempio, è particolarmente sensibile e
attiva in tema di programmi ed educazione scolastica: gran parte dei fondi raccolti vengono girati alla
Washington Opportunities Pathway, che utilizza una media di 115 milioni di dollari l'anno per borse di studio
a favore degli studenti più meritevoli o a programmi di educazione della prima infanzia. Anno record in
termini di fondi devoluti alle 'good causes'è stato il 2010, nel quale la NJ Lottery è stata in grado di
sostenere progetti di impatto sociale per 924 milioni di dollari. E se in Arizona negli ultimi 30 anni sono stati
investiti oltre 3 miliardi di dollari in "good causes", il gradino più alto nella speciale classifica della
ridistribuzione di proventi del gioco, spetta alla Florida Lottery che negli ultimi 27 anni ha supportato progetti
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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 47
per complessivi 21 miliardi di dollari. «Seguire l'esempio di Stati Uniti e Regno Unito - spiega Fabio Felici,
direttore dell'agenzia Agimeg specializzata nel settore - rappresenta forse la sola strada per uscire
dall'equivoco di uno Stato che ha bisogno degli introiti del gioco e nello stesso tempo continua a vivere
nell'imbarazzo della gestione concessoria di questo mercato». Non vietare ma indirizzare, è con questo
principio che si muovono anche i paesi del nord Europa quando si parla di gioco. In Scandinavia oltre 1,7
miliardi di euro l'anno vanno a sport, cultura e allevamento cavalli. Finlandia la più virtuosa con oltre 1,1
miliardi, il 50% dei quali versati dalla Veikkaus, il principale operatore finlandese di giochi e scommesse. In
Svezia le good causes prediligono lo sport, specialmente quello giovanile. Ogni anno vengono infatti
devolute 50 milioni di corone svedesi a circa 6.300 associazioni sportive di 69 discipline differenti, in grado
di sostenere i costi di spostamento per le gare, di formazione dei dirigenti, di affitto o acquisto di strutture e
materiale sportivo. La Swedish Postcode Lottery insieme alle sue lotterie gemelle nei Paesi Bassi e in Gran
Bretagna, è attualmente il secondo maggior donatore privato del mondo per cause benefiche, in una
classifica guidata dalla Bill e Melinda Gates Foundation. Nel 2013 le vendite nette della Swedish Postcode
Lottery sono state pari a circa 390 milioni di euro. E nel lungo filo conduttore che unisce paesi con culture
diverse ma con la medesima idea rispetto alla destinazione d'uso del denaro generato dal gaming, si
unisce anche l'Argentina dove le lotterie nel 2014 hanno subito un'impennata del 25%. Secondo i dati
dell'Asociación de loterías estatales de Argentina (Alea), lo scorso anno questa quota ha toccato il miliardo
di dollari, in crescita di oltre il 22% rispetto ai 780 milioni destinati a interventi sociali nel 2013. Il dibattito
pubblico, in questo caso, non fa barricate sul gioco.
Nelle foto a sinistra il Science Centre di Gasglow (1) una scuola negli Usa (2) e giovanissimi sportivi in
Svezia (3) tre esempi di "good causes" del business del gioco nei paesi anglosassoni
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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 48
Nel nuovo Codice appalti le speranze degli ingegneri CON L'INIZIO DELLA CRISI QUESTA CATEGORIA È ENTRATA IN SOFFERENZA: IL REDDITO MEDIOÈ INFATTI IN CONTINUA RIDUZIONE MENTRE CRESCE IL NUMERO DEGLI ISCRITTI. MOLTIESPULSI DAL LAVORO DIPENDENTE STANNO PROVANDO A SVOLGERE LA LIBERA PROFESSIONE Massimiliano Di Pace Roma a speranza è nel nuovo Codice degli appalti. Da lì potrebbe arrivare una spinta alla professione di
ingegnere. Con l'inizio della crisi questa categoria è entrata in sofferenza: il reddito medio è infatti in
continua riduzione. Tutto questo mentre cresce il numero degli iscritti al Consiglio nazionale. Sembrerebbe
un'anomalia: perché tanti cercano di fare una professione che rende sempre di meno? Il fatto è, come
spiegano dal Cni, che la crescita degli ingegneri professionisti è dovuta sostanzialmente a persone con più
di 35 anni, che evidentemente lavoravano, e una volta usciti dall'azienda hanno provato a rientrare nel
mondo del lavoro attraverso la libera professione. D'altronde il numero di giovani ingegneri (con meno di 35
anni) neoiscritti a Inarcassa (l'ente previdenziale degli ingegneri) è in forte calo: dai 4mila del 2005 ai 2.700
del 2014. Tale squilibrio generazionale, oltre a essere un segnale di malessere del sistema economico,
costituisce un serio rischio per l'equilibrio previdenziale di Inarcassa, perché presto si avranno molti
pensionati e pochi iscritti. Ma quanti sono oggi gli ingegneri? Secondo il Cni operano in Italia circa 400mila
ingegneri, ma quelli iscritti all'albo sono poco più della metà: 238mila. Di questi, sono in 103mila a svolgere
la libera professione, ma sono solo in 78mila quelli che si dedicano interamente al studio, essendo i restanti
lavoratori dipendenti che svolgono anche attività libero-professionale. Pertanto, vi sono iscritti all'ordine
professionale che non effettuano la libera professione. «La ragione - spiega Armando Zambrano,
Presidente del Cni - è che molti ingegneri si iscrivono all'ordine sia per un senso di appartenenza, sia per
avere una forma di sicurezza, poiché, in caso di cessazione del lavoro dipendente, possono così avere una
nuova fonte di reddito». Lo conferma Marco Pugliese, un ingegnere iscritto all'ordine che lavora in una
società municipalizzata: «Subito dopo la laurea mi iscrissi all'ordine sia perché ancora non sapevo quale
carriera avrei intrapreso, sia perché in molti concorsi pubblici l'iscrizione è un requisito, se poi si deve
svolgere l'attività di direzione dei lavori o di collaudo». Di certo, rispetto al 2000, il numero di ingegneri che
esercitano la libera professione è raddoppiato: da 55mila ai 103mila attuali. Al tempo stesso, però, il
fatturato complessivo di tutta la categoria è passato dai 2,5 miliardi di euro del 2000 ai 3 miliardi nel 2014,
raggiungendo il massimo di 3,7 nel 2008, l'ultimo anno prima della crisi economica. Dunque, se in 15 anni il
fatturato è cresciuto del 20%, il numero di professionisti è aumentato di quasi il 100%. Questa dinamica
insoddisfacente del business si è riflessa inevitabilmente sul reddito medio: dai 40mila euro lordi
guadagnati nel 2008 si è passati ai 32mila del 2014. «Il motivo di tale decrescita - chiosa Zambrano - è che
da diversi anni è crollato il settore civile, ossia l'edilizia e le infrastrutture, e i nuovi settori di intervento degli
ingegneri, come l'ambiente, il risparmio energetico, gli impianti industriali, l'informatica, la sanità, non sono
stati sufficienti a rimpiazzare il business derivante dalle costruzioni». Oltre che dal blocco degli investimenti
dovuti alla crisi economica, il calo del reddito degli ingegneri è stato determinato anche dall'eliminazione
delle tariffe professionali, come ci tiene a ribadire il Presidente del Cni: «La cancellazione delle tariffe
minime nel 2006, e la loro definitiva scomparsa con la legge 148/2011, hanno acuito il problema reddituale.
E se da una parte il ruolo dell'ingegnere è riconosciuto da riserve di legge, che richiedono la sua firma per
la validità dei progetti, dall'altra diverse norme complicano la sua attività, sia imponendogli molti atti
burocratici, sia obbligandolo a scelte tecniche non sempre necessarie». Come uscire da questa situazione
di difficoltà? «Come abbiamo segnalato ai rappresentanti delle forze politiche nell'assemblea nazionale che
si è tenuta a Bologna il 4 marzo, sarebbe utile ripristinare le tariffe professionali - dichiara Zambrano -.
Inoltre, vorremmo che si attivasse una semplificazione normativa, lasciando ad organismi privati come l'Uni
la decisione di standard tecnici oggi definiti da norme. Per ultimo, preferiremmo che i contenziosi con i
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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 49
committenti per i mancati pagamenti potessero essere decisi dai Tribunali del lavoro, più celeri di quelli
ordinari». La scommessa è comunque sul fronte della formazione: «Da alcuni anni - conclude il Presidente
del Cni - abbiamo creato, insieme al Copi, la Conferenza dei presidi di Ingegneria, un'agenzia, denominata
Quacing, per accreditare i corsi di laurea in Ingegneria, così da renderli più adeguati alle esigenze del
mondo del lavoro. E' invece partita da poco un'altra Agenzia, la Certing, che avrà, una volta sottoscritti
accordi con Uni e Accredia, il ruolo ufficiale di certificare le competenze degli ingegneri». CNI,
INARCASSA, S.DI MEO
Foto: Nei grafici qui a fianco, il volume dei ricavi degli studi di ingegneria, in forte calo dal 2008 al 2014,e il
numero dei professionisti iscritti all'albo nel corso degli ultimi anni, numero che invece sorprendentemente
continua a salire seppur con intensità minore rispetto al periodo che va dal 2000 al 2008
Foto: Armando Zambrano , presidente degli ingegneri
14/03/2016Pag. 31 N.10 - 14 marzo 2016
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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 50
Svolta nell'industria in calo le emissioni NON DIPENDE PIÙ SOLTANTO DALLA CRISI. LA SENSIBILITÀ ECOLOGICA FA BRECCIA. LEPERFORMANCE MIGLIORI VENGONO DAI SETTORI PIÙ INQUINANTI CHE HANNO MAGGIORIMARGINI PER ADEGUARE GLI IMPIANTI Marco Frojo Milano Qualcosa sembra esser veramente cambiato nella sensibilità ecologica dell'industria italiana. Le
emissioni sono in deciso calo e i numeri sono lì a dimostrarlo. Spesso a dare un importante contributo sono
i settori più inquinanti e questo non deve stupire più di tanto. Chi inquina molto ha un ampio margine di
riduzione in valori assoluti, senza dimenticare che anche la crisi ha dato il proprio contributo alla
diminuzione di Co2 immessa nell'atmosfera. Secondo un recente studio realizzato da Avvenia, società
leader nell'ambito dell'efficientamento energetico, il settore più virtuoso del 2015 è stato quello siderurgico
con una quota del 42% sul totale delle riduzioni dei gas a effetto serra, migliorando così la performance del
2014, quando si collocava sempre al primo posto ma con una quota del 41,6%. L'anno scorso il secondo
posto è stato occupato dall'industria automobilistica con una quota del 18,2%; si tratta di un valore in calo
rispetto al 20,3% del 2014 ma non bisogna dimenticare che la domanda di autovetture è finalmente tornata
a crescere e le catene di montaggio hanno lavorato molto di più rispetto ai dodici mesi precedenti. Al terzo
posto nella graduatoria di Avvenia si trova l'edilizia, il cui contributo è stato pari al 12,4%; in questo caso si
è registrato un miglioramento rispetto al 2014, quando era ferma al 9,8%, ma le costruzioni, a differenza
dell'auto, non hanno potuto ancora festeggiare l'uscita dalla crisi. Avvenia è poi andata a vedere quali
progressi sono stati conseguiti nelle singole regioni italiane, suddividendoli in base ai settori. Ebbene, da
questa analisi risulta che il Piemonte si colloca al primo posto nell'ambito dell'industria del vetro, mentre il
Lazio primeggia nel settore farmaceutico. L'Umbria si classifica prima in ambito siderurgico, il Veneto
nell'edilizia e la Toscana nel settore enogastronomico. In Italia l'efficienza energetica coinvolge oltre 300
mila aziende e più di 3 milioni di occupati in tutti i settori: dai trasporti alla meccanica, dall'elettronica alle
tecnologie per la riqualificazione energetica degli edifici. Secondo le stime di Avvenia, la White Economy, il
ramo dell'economia relativo alla riqualificazione energetica, genera un indotto pari al triplo di ciascun
investimento e nei prossimi cinque anni darà un contributo al tasso medio di crescita del Pil annuale
superiore dello 0,5%. «Il risparmio energetico non implica dunque solo ridurre i costi, e quindi una maggiore
competitività delle imprese, ma anche rilanciare l'intera economia nazionale in un periodo in cui il dibattito
economico è tutto orientato alla ricerca di politiche per la crescita - afferma l'ingegner Giovanni
Campaniello, fondatore e amministratore unico di Avvenia - Senza dimenticare che l'efficienza energetica è
anche fondamentale sul piano ambientale per la riduzione delle emissioni dei gas a effetto serra e la lotta ai
cambiamenti climatici». Nonostante i risultati conseguiti , non si può ancora tirare i remi in barca. L'Unione
Europea dal 1990 al 2014 ha ridotto le sue emissioni di gas serra del 23%, superando quindi il target fissato
del 20% per il 2020, ma per arrivare all'obiettivo del 40% per il 2030 dovrà fare molto di più. Secondo
l'Agenzia europea dell'ambiente (Aea) con le attuali misure gli europei nel 2030 arriveranno ad un taglio del
24% e aggiungendo quelle già pianificate al 25%. La Commissione Europea, intanto, ha pubblicato un
documento in cui elenca i prossimi passi che i Paesi membro devono intraprendere per rispettare gli
accordi sul clima raggiunti alla Conferenza di Parigi, la Cop21. Tra le altre cose la Bruxelles si dice pronta a
perseguire il target di tenere il cambiamento climatico sotto i 2 gradi, con un obiettivo di 1,5 gradi e per
questo ha richiesto al Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (Ipcc), il foro scientifico dell'Onu,
la preparazione per il 2018 di un rapporto per meglio comprendere le implicazioni di questa scelta. Inoltre
l'esecutivo comunitario afferma che prenderà parte nel 2023 alla prima discussione globale con le altre parti
coinvolte nell'accordo, per fare il punto della situazione sugli obiettivi fissati per il 2030. S. DI MEO
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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 51
Foto: Nel 2015 il settore più virtuoso è stato quello della siderurgia con una quota del 42% sul totale delle
riduzioni dei gas a effetto serra
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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 52
L'OPERAZIONE Sicurezza, al via il bando Isi pronti 276 mln per imprese LE RISORSE HANNO COME OBIETTIVO QUELLO DI FAVORIRE L'ACCESSO AL CREDITO DELLEAZIENDE I FINANZIAMENTI SONO CUMULABILI CON I BENEFICI DERIVANTI DA INTERVENTIPUBBLICI DI GARANZIA SUL CREDITO. PROCEDURA ONLINE FINO AL 15 MAGGIO (v.d.c.) Milano Come nelle precedenti edizioni, il bando Isi si rinnova anche quest'anno rivolgendosi principalmente
a quelle imprese, anche individuali, iscritte alla Camera di commercio, industria, artigianato ed agricoltura.
L'Inail, per l'occasione, mette a disposizione un plafond di oltre 276 milioni di euro, quasi dieci in più rispetto
all'anno precedente. I finanziamenti sono a fondo perduto e vengono assegnati fino a esaurimento,
secondo l'ordine cronologico di arrivo delle domande. L'incentivo è pari al 65% dei costi ammissibili,
sostenuti e documentanti per la realizzazione del progetto. Il contributo è costituito da una somma in conto
capitale, compresa tra un minimo di 5mila euro e un massimo di 130mila euro. Per le imprese fino a 50
dipendenti, che presentano progetti per l'adozione di modelli organizzativi e di responsabilità sociale, non è
fissato il limite minimo di spesa. Per i progetti che comportano contributi pari o superiori a 30mila euro è
possibile invece chiedere un'anticipazione del 50% dell'importo del contributo richiesto che sarà concesso
previa costituzione di garanzia fideiussoria a favore dell'Inail. Le risorse destinate dall'Inail hanno come
obiettivo quello di favorire l'accesso al credito delle imprese in materia di salute e sicurezza. I finanziamenti
sono peraltro cumulabili con i benefici derivanti da interventi pubblici di garanzia sul credito (ad esempio,
gestiti dal Fondo di garanzia delle Pmi e da Ismea). Come si partecipa al bando Isi? Dal 1°marzo fino al 5
maggio, le imprese avranno a disposizione una procedura informatica che consentirà l'inserimento online
della loro domanda. Per partecipare, le imprese dovranno registrarsi al sito www.inail.it e accedere alla
procedura disponibile nella sezione "accedi ai servizi online". Le imprese potranno effettuare tutte le
simulazioni e le modifiche necessarie per verificare che i parametri associati alle loro caratteristiche e a
quelle del progetto presentato consentano di raggiungere il punteggio minimo di ammissibilità pari a 120. A
partire dal 12 maggio le aziende la cui domanda abbia raggiunto, o superato, la soglia minima di
ammissibilità potranno accedere al sito per ottenere il proprio codice identificativo da utilizzare al momento
di inoltrare la domanda online nelle date e negli orari di apertura dello sportello informatico (tali informazioni
saranno comunicate sul sito dell'Inail a partire dal 19 maggio). Alla chiusura delle operazioni di invio
verranno pubblicati gli elenchi in ordine cronologico delle domande inoltrate, con l'evidenza di quelle
collocatesi in posizione utile per l'ammissibilità al contributo, ovvero fino alla capienza della dotazione
finanziaria del budget disponibile a livello regionale/provinciale. Entro 30 giorni (decorrenti dal 7° giorno
successivo alla conclusione delle operazioni di inoltro online della domanda) l'impresa deve trasmettere
all'Inail tutta la documentazione prevista, utilizzando la posta elettronica certificata. In caso di ammissione
all'incentivo, l'impresa ha un termine massimo di 12 mesi per realizzare e rendicontare il progetto,
decorrenti dalla data di ricezione della comunicazione di esito positivo della verifica tecnico amministrativa.
Il termine per la realizzazione del progetto è prorogabile su richiesta motivata dell'impresa per un periodo
non superiore a sei mesi. Entro 90 giorni dal ricevimento della documentazione attestante la realizzazione
del progetto, in caso di esito positivo delle verifiche, Inail predisporrà quanto necessario per l'erogazione
del contributo. Dalla prima edizione (2010) a quella che si è aperta il 1° marzo, l'Inail ha stanziato oltre 1,3
miliardi di contributi a fondo perduto per più di 17mila progetti. L'Istituto ha previsto anche uno sconto sui
premi per le imprese che realizzano interventi di prevenzione aggiuntivi rispetto a quelli previsti per legge
(OT24), che a partire dal 2010 è stato di circa 1,4 miliardi di euro. S.DI MEO
Foto: Entro 30 giorni l'impresa deve trasmettere all'Inail tutta la documentazione prevista, utilizzando la
posta elettronica certificata
14/03/2016Pag. 38 N.10 - 14 marzo 2016
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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 53
IL PIANO Più di un miliardo per la prevenzione c'è anche l'amianto DAL 2010 IMPONENTE INVESTIMENTO A FONDO PERDUTO CHE, SECONDO L'INAIL, RISPONDEANCHE A ESIGENZE DI CARATTERE ETICO. IL DATO POSITIVO È CHE TRA GLI AMMESSI ALCONTRIBUTO SPICCANO LE PICCOLE IMPRESE. PROCEDURA VALUTATIVA TRASPARENTE Milano Oltre 1,3 miliardi di contributi a fondo perduto destinati a più di 17mila progetti di investimento per la
sicurezza e la prevenzione degli infortuni. Sono i numeri che ha messo sul piatto l'Inail, dal 2010 ad oggi,
per incentivare le imprese a migliorare le condizioni di lavoro. Un "volume finanziario" che Massimo De
Felice, da 4 anni alla guida dell'Istituto, definisce "cospicuo". Ma prima ancora "un obbligo etico" che si
traduce sia in una chiara "finalità istituzionale", quella di "ridurre i dolori e i costi indotti da incidenti e
malattie". Sia "economica", quella di "sollecitare le aziende a diventare più competitive in termini di
innovazione, efficienza e crescita". «L'incentivo, che le imprese non dovranno restituire, copre attualmente
il 65% dell'investimento - puntualizza De Felice - Perciò, gli 1,3 miliardi di contributi stimolano investimenti
complessivi e azioni ancora più vasti». Anche la spinta al miglioramento portata avanti dall'Inail in questi
anni è risultata ben mirata. «Siamo riusciti ad agire nei settori economici e sulle dimensioni aziendali che
mostrano più alta vulnerabilità», aggiunge il presidente. Non a caso, il 61% delle imprese ammesse al
contributo incentivante sono microimprese (fino a 10 dipendenti), attive in prevalenza in produzioni ad alto
rischio; il 93% dei progetti ammessi sono stati presentati da imprese con meno di 50 dipendenti. I progetti
presentati da imprese "grandi" - che le statistiche dicono "più sicure" - sono invece soltanto il 3%.
«L'imprenditoria ha mostrato sensibilità tecnica e impegno», sottolinea il presidente. Se si guarda infatti il
numero totale delle denunce per infortunio la discesa continua, con un ribasso di circa il 4% rispetto al
2014. Ma è pur vero che, dopo un decennio, è anche tornato a crescere il numero delle morti bianche sul
lavoro (+16,5%). Dati che il presidente commenta analizzando ciascun singolo caso: «Nel 2015 rispetto al
2014 - spiega - molti settori hanno segnato ribassi più elevati del 4%. Ribassi che bilanciano settori in
aumento». Numeri alla mano, fa notare De Felice, si è avuta una più accentuata controtendenza nei settori
di attività industria del legno (+1,1%), fabbricazione di altri mezzi di trasporto (+3,2%), riparazione di
macchine e apparecchiature (+ 3,2%). Mentre le denunce di infortunio mortale sono state 1.172, erano
1.009 nel 2014. Il maggior incremento si ha nei settori fabbricazione dei macchinari (da 4 a 15), costruzioni
(da 106 a 132), trasporto e magazzinaggio (da 74 a 91), attività dei servizi di alloggio e ristorazione (da 18
a 27). «Stiamo approfondendo le analisi sulle cause, che comunque confermano le concentrazioni
tradizionali (nelle costruzioni, ad esempio, le cadute dall'alto) - afferma De Felice - Nella prossima relazione
annuale sull'attività dell'Inail, avremo indicazioni più precise da dati più completi, arricchiti da informazioni
che si vanno raccogliendo nell'iter amministrativo ancora in corso». Intanto, il presidente traccia un primo
bilancio del bando Isi 2014, con cui sono stanziati oltre 267 milioni di euro e che ha visto la partecipazione
di circa 23mila imprese delle quali solo 3.434 (il 15%) ha ricevuto il contributo. «Il numero di domande di
partecipazione è elevato e costituisce sicuramente un segnale di gradimento», dichiara De Felice. La
selezione per avviare l'assegnazione del finanziamento è realizzata attraverso una procedura valutativa
cosiddetta "a sportello". «È una tecnica che ha pro e contro - spiega il presidente - Ma è stata comunque
una scelta che ha privilegiato il fattore tempo: avere il prima possibile l'elenco dei progetti finanziabili e far
avviare i lavori per l'innovazione. Si potevano percorrere altre vie: ad esempio, l'estrazione a sorte ma
anche in questo caso si potevano trovare dei contro». Rispetto al bando Isi 2014, l'ultima edizione presenta
un'importante novità: tra i progetti finanziabili rientra anche la bonifica da materiali contenenti amianto. Per
arginare questo fenomeno, l'Inail ha stanziato circa 83 milioni di euro. «Purtroppo, molto amianto è ancora
presente anche nei luoghi di lavoro, in forme spesso poco visibili - ammette il presidente - Le statistiche
sulle malattie professionali segnalano il suo ruolo causale, e confermano l'esigenza di dover agire con
urgenza. Troppi convegni, troppe ricerche, troppi discorsi si son fatti, ma troppo poche azioni concrete. Lo
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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 54
stanziamento ha perciò anche un valore segnaletico: mostra l'importanza che deve essere attribuita - che
vogliamo attribuire - al problema». In conclusione, De Felice fa il punto sui controlli fin qui eseguiti dall'Inail
nei confronti dei finanziamenti già erogati. «Ad oggi, circa il 98% dei progetti è risultato regolare - afferma -
Le attività di controllo sugli esiti del finanziamento vengono svolte scegliendo le imprese con tecnica "a
campione", per le verifiche "in loco": si controlla la conformità dell'intervento eseguito rispetto al progetto
finanziato. L'azione di controllo porta anche altri vantaggi: i tecnici dell'Inail approfondiscono la conoscenza
dello stato generale delle imprese; le imprese potenziano la sensibilità verso gli standard di valutazione».
(v.d.c.) S.DI MEO
Foto: L'incentivo, che le imprese non dovranno restituire, copre attualmente il 65% dell'investimento
Foto: Massimo De Felice , da quattro anni alla guida dell'Inail
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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 55
I DATI Confermata la solidità dell'istituto con quasi 500 milioni di avanzofinanziario (v.d.c.) I dati di bilancio dell'Inail confermano lo sostanziale solidità dell'istituto, considerato che la gestione 2014 si
è conclusa con un avanzo finanziario di 477 milioni di euro e un avanzo economico di 620 milioni di euro.
L'Inail ha inoltre rafforzato in questi anni il suo impegno nella prevenzione a favore delle imprese, dallo
sconto sui premi agli incentivi del bando Isi. In particolare, l'istituto per il 2015 ha stanziato attraverso
l'ultimo bando, pubblicato lo scorso dicembre e ancora in fase di svolgimento, oltre 276 milioni di euro. La
percentuale massima di copertura dei costi ammissibili è pari al 65%, fino a un massimo di 130 mila euro.
Per quanto riguarda il bando 2014, di quasi 10 milioni in meno rispetto a quello del 2015 (267 milioni), sono
state raccolte circa 23.000 domande durante il "click day" dello scorso 25 giugno. I progetti che hanno
superato la fase del "click day" sono risultati 3.434, pari al 15% dei partecipanti. Il 61% dei beneficiari sono
microimprese (fino a 10 dipendenti), attive in prevalenza in settori ad alto rischio con tasso di tariffa
massimo (115-130). Il 94% dei progetti (99% dei fondi a disposizione) ha riguardato la tipologia
investimento; Il restante 6% ha interessato i progetti di adozione di modelli organizzativi e di responsabilità
sociale.
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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 56
fermi i lavori per il tunnel tra Etroubles e Saint-Oyen affidati alla Lauro Spa di borgosesia Lo scandalo Anas arriva anche in Valle hilary cuneaz Lo scandalo tangenti tra dirigenti Anas e imprenditori per accaparrarsi i lavori pubblici, scoppiato venerdì in
tutta Italia, tocca anche la Valle d'Aosta. Tra le persone agli arresti domiciliari c'è anche Paolo Tarditi che,
insieme con il fratello Ambrogio, è titolare della Lauro spa, l'impresa che sta realizzando la galleria sulla
Statale 27 del Gran San Bernardo, tra Etroubles e Saint-Oyen. Cantiere chiuso
Questa è l'ultima tegola che si abbatte sul cantiere e sui suoi circa 60 operai: dipendenti valdostani, di
Borgosesia (dove ha sede la direzione generale della Lauro), e anche provenienti da altre regioni d'Italia e
dall'estero. Il cantiere era stato chiuso per le vacanze natalizie e da allora i lavori non sono più ripresi. Nelle
ultime settimane poco meno di dieci operai erano tornati nel cantiere, ma da venerdì è di nuovo tutto fermo.
I problemi che ostacolano i lavori sembrano essere per lo più economici tra la committente Anas e la Lauro.
Le sorti del cantiere preoccupano non poco gli operai che ci lavorano, alcuni dei quali sono in cassa
integrazione fino al 2 aprile, altri fino a luglio. «Nessuno sa se e quando torneremo a lavorare - spiegano -,
qualcuno sta già trovando altro, i minatori sono in cassa già da novembre. Non possiamo dire nulla sulla
ditta che ci ha sempre pagato, anche in anticipo, ma ora dall'azienda non riusciamo ad avere notizie certe e
mancano ancora due anni di lavori di foratura». Gli operai valdostani tirano in causa anche la Regione:
«Deve intervenire, 50-60 famiglie vivono con questo cantiere. Capiamo che sia l'Anas a decidere, ma
l'opera è stata voluta per evitare altri incidenti mortali lungo la strada statale, è un problema di tutti.
Vogliamo che diventi l'ennesima opera incompiuta?». La soluzione si allontana
Fino alla vigilia degli ultimi arresti i sindacati erano fiduciosi. Cosimo Mangiardi, della Feneal-Uil, aveva
detto: «Stiamo seguendo la situazione, sappiamo che Lauro e Anas si incontrano per risolvere i problemi.
Capiamo gli operai e siamo preoccupati per loro. È vero purtroppo che l'impresa è restia a dare
informazioni, ufficialmente sappiamo solo che è stata prorogata la cassa integrazione». «La cassa è stata
chiesta - aveva aggiunto Ezio Dufour, della Fillea-Cgil - per la contrazione del lavoro. Anche la Lauro
prende parte alla progettazione, quindi le due parti hanno tutto l'interesse a scavare gli ultimi 700 metri
rimasti». Ma dopo gli arresti di venerdì la soluzione ora sembra molto più lontana. BY NC ND ALCUNI
DIRITTI RISERVATI
13/03/2016Pag. 39 Ed. Aosta
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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 57
nel vco in sette anni sono stati persi mille posti di lavoro Lotta agli irregolari "Così si può battere la crisi dell'edilizia" vincenzo amato Una firma contro la crisi edilizia. Il nuovo contratto integrativo è stato siglato dalle organizzazioni sindacali e
dall'Ance del Vco, l'associazione nazionale dei costruttori edili, in applicazione al contratto nazionale. Un
documento importante perché guarda alla realtà economica del territorio ed è il risultato di una lunga
trattativa.
«Di particolare importanza è la parte relativa alla ricerca di tutti gli strumenti volti a contrastare fenomeni di
abuso e concorrenza sleale - sottolinea Luca Bartolini, segretario della Fillea Cgil - nonché a favorire la
regolarizzazione delle posizioni in cassa edile. Il tutto avviene aprendo il sistema edilizio al dialogo
costruttivo con le istituzioni locali». Ritocchi alle indennità
Entrando nel merito del nuovo contratto si rileva come siano stati inseriti adeguamenti per le indennità di
disagio calibrandole sulle caratteristiche del territorio; a ciò si aggiunge un ritocco delle indennità di trasferta
e di mensa, un adeguamento per la reperibilità, una definizione precisa delle ferie e la sperimentazione del
pagamento dei primi tre giorni di malattia al 100%».
«Siamo consapevoli dei grossi problemi del settore - aggiunge Dario Galizzi segretario della Feneal Uil -:
vogliamo essere parte attiva nel rilancio dell'edilizia locale. Ecco perché chiediamo con forza il rispetto dei
contratti nel settore: ancora oggi abbiamo lavoratori dell'edilizia che hanno un contratto come
metalmeccanici o contratti dell'agricoltura. Tutto questo penalizza i lavoratori, ma anche le imprese
oneste».
Anche per questo motivo nel contratto è stata definita una riduzione contributiva a carico delle imprese per
finanziare l'anzianità professionale edile. Si cerca in tutti i modi di combattere la crisi che ha riflessi
sull'intera economia locale.
«Ci siamo sempre battuti per la corretta applicazione dei diritti del lavoratori e per la formazione continua
alla scuola edile del Vco - osserva Rino Porini presidente dell'Ance -. Abbiamo bisogno, con il concorso di
tutti, di riportare il settore a un regime di onestà e trasparenza». Timidi segnali di ripresa
Dal 2007 a oggi il numero degli addetti nell'edilizia si è praticamente dimezzato. Si è passati dalle 557
imprese iscritte alla cassa edile del 2008 alle 378 dello scorso anno. Gli addetti da 2.638 unità sono
diventati 1.610 alla fine del 2015. Quest'anno però per la prima volta dal 2007 si registra una lieve
inversione di tendenza con un calo del ricorso alla cassa integrazione ed, esaminando l'ultimo quadrimestre
dello scorso anno, si osserva un aumento - anche se di soli 700.000 euro - della massa salari. Troppo
presto per dire che si è fuori dalla crisi, ma abbastanza per sperare di vedere la luce fuori dal tunnel. BY
NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI
13/03/2016Pag. 45 Ed. Novara
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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 58
Scuola edile: un'app in aiuto del comparto ancora in crisi LA NOVITÀ
Un settore ridotto in ginocchio dalla crisi. Una soluzione per risolvere qualche problema è rappresentata da
un'applicazione innovativa presentata ieri alla Scuola Edile di Pesaro. «Il ramo delle costruzioni - ha
spiegato Rodolfo Brandi, presidente Scuola Edile - ha subito la crisi. In pochi anni abbiamo perso il 30%
delle aziende sul territorio. Gli iscritti alla cassa edile sono 450 e ogni impresa ha 2,5 dipendenti in media.
Oggi è in corso un gioco al massacro dove le imprese cercano il prezzo più basso negli appalti. Ma poi i
costi non vengono coperti e le aziende saltano. È anche un settore dove l'innovazione tecnologica è
mancata». Le slide presentate hanno fatto capire chiaramente che dal 1996 al 2006 c'è stato un picco di
utili, poi il declino. Nel 2008 erano 6.488 le imprese (di cui 5.428 artigiane) e l'anno scorso 5.917 (di cui
4.565 artigiane). «Nessuno ha investito. E basta vedere una foto di un cantiere di 50 anni fa per capire che
è tutto come oggi. Mentre un'azienda di meccanica oggi ha molti più strumenti». Una piccola soluzione è
rappresentata da EdilMag.it la piattaforma web realizzata da Ocm Officine Creative Marchigiane con il
contributo di Cpt Scuola Edile Pesaro Urbino, destinata a rivoluzionare i rapporti tra le imprese del settore
delle costruzioni. Un'app unica in Europa che Brandi vuole portare all'attenzione nazionale. «In pratica ogni
impresa indica cosa ha nel magazzino, quali macchinari e materiali. Così l'impresa che ne ha bisogno può
usufruirne a minori costi mentre l'azienda che la mette a disposizione ha un introito da qualcosa di
inutilizzato. Va contro lo spreco e soprattutto aiuta gli imprenditori a poter stare meglio sul mercato. Basta
dunque il gioco al massacro per accaparrarsi appalti a costi infimi senza poi avere i materiali. È il momento
di fare squadra». La app sarà gratuita. La scuola edile è nata nel 1958 e ogni anno forma 1800 addetti del
settore in 80 corsi. «Partiamo dalla formazione come diploma a chi vuole approcciarsi al mestiere - ha
spiegato il direttore Andrea Binda - ma facciamo formazione anche alle aziende e personale per la
sicurezza sul lavoro, oltre a consulenza di impresa».
13/03/2016Pag. 44 Ed. Pesaro
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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 59
PROPRIETÀ PRIVATA Costruzioni in legno in crescita del 7,7% in quattro anni TERESA CAMPO Costruzioni in legno sempre più apprezzate in Italia che, secondo gli ultimi dati, sta recuperando quote di
mercato ed è oggi il quarto player europeo del settore con l'8,4% del mercato, +7,7% in quattro anni.
Resistente ma flessibile, ottimo isolante termico, duraturo ma con manutenzione limitata, sono tanti i
vantaggi che spingono architetti e progettisti a impiegare questo materiale. Che è anche sostenibile:
«Produrre legno richiede molta meno energia di quella necessaria per altri materiali», spiega Marco
Buttafava di Ivm Chemicals, società che produce di vernici per legno, «senza contare che il taglio
programmato, oggi richiesto per il legno da costruzioni, porta alla rigenerazione del verde».
12/03/2016Pag. 70 N.050 - 12 marzo 2016
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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 60
SETTEN Primi passi in Svizzera Guido Lorenzon Nel campo delle costruzioni è significativa più che in altri comparti la distinzione tra fatturato e valore della
produzione, quest'ultima legata in maniera univoca alle attività di costruzione, mentre il fatturato può essere
influenzato sia dai contratti di vendita (o di non vendita) di immobili, sia dal non allineamento temporale tra
lavoro consegnato e fatturazione. Ci invita alla precisazione Genesio Setten, fondatore e titolare
dell'omonima società di Oderzo (Treviso). Nel 2015, dunque, il valore della produzione è stato di 50 milioni
di euro e nel corso di questo esercizio è previsto oltre i 60 milioni di euro, il tutto generato nel mercato
italiano. «Da poco», ha detto il presidente, «abbiamo avviato con dei soci locali di minoranza una società in
Svizzera, sempre con lo stesso oggetto, le costruzioni, ma è ancora presto per i risultati». I dipendenti sono
108, ma in particolari momenti possono anche triplicarsi. «Mi riferisco sempre ad operai nei cantieri», ha
detto, «e gli esterni sono in media un centinaio». I settori nei quali opera sono quello turistico, il
residenziale, l'alberghiero, il commerciale, gli impianti sportivi, le strutture per le comunità (case di riposo),
edifici industriali come per San Benedetto, Texa. Attualmente cantieri aperti della Setten Genesio si trovano
a Treviso, Padova, Venezia, Bologna, Como e Belluno (Cortina). Tra i lavori eseguiti, il grande restauro per
la sede della Provincia di Treviso, il consolidamento del campanile dei Frari di Venezia, e del Ponte di
Rialto, la torre di Jesolo. «La ristrutturazione occupa una grande parte della nostra attività, circa un terzo»,
ha detto Setten, «il resto sono nuove costruzioni. Ogni cantiere ha un valore complessivo dai sette ai
quindici milioni di euro». L'obiettivo è il consolidamento del valore della produzione sul livello dei 60 milioni
di euro. Ma anche di superare tale soglia già nel 2017. C'è quindi la necessità di adeguamenti di struttura
dell'impresa, ai quali l'azienda si sta preparando. «Le trasformazioni avvengono in tempi lunghi», ha detto,
«come avviene per esempio con l'inserimento di un nuovo tecnico. Il passaggio generazionale è già in atto,
sono operativi i figli Federico che si occupa dell'amministrazione e delle società controllate e Stefano che si
occupa dell'impresa di costruzioni e dei cantieri. Tra le società che fanno riferimento alla famiglia, oltre a
quella recente in Svizzera e alle diverse società immobiliari, c'è Under Tree, con sede a Cordenons
(Pordenone), produttrice di impianti radianti a soffitto (sia per riscaldare che per raffrescare). «È una piccola
società che abbiamo costituito con persone del settore e che in questo periodo sta uscendo dal controllo
dell'Impresa di Costruzioni per camminare con le proprie gambe in un mercato internazionale», ha detto
Setten. Da otto anni Setten ha istituito una griglia per valutare il merito degli operai. I responsabili di
cantiere e poi una commissione con la presenza anche della rappresentanza dei lavoratori compilano la
'pagella' su alcune voci come la disponibilità, l'affidabilità, l'attenzione ai problemi della sicurezza e la
capacità. Questi parametri s'intersecano con quello della redditività dell'azienda. Questo viene aggiornato
ogni anno, la «pagella» è invece mensile ma con valenza trimestrale. «In otto anni l'azienda ha versato
nelle buste paga più di un milione di euro in premi», ha detto Setten, «da un massimo di 400 euro mensili. Il
premio va in busta paga ogni mese». (riproduzione riservata)
Foto: Genesio Setten
12/03/2016Pag. 75 N.050 - 12 marzo 2016
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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 61
Detrazione del 65% solo su immobili accatastati Cinzia De Stefanis L'immobile oggetto della riqualifi cazione energetica alla data della richiesta della detrazione del 65% deve
essere «esistente», ossia accatastato o con richiesta di accatastamento in corso. L'immobile ove si
vogliono installare le schermature solari e i generatori di caldaie a biomassa deve essere in regola con il
pagamento di eventuali tributi e dotato di impianto di riscaldamento. Queste le indicazioni principi che
emergono da due vademecum Enea (schermature solari e per i lavori incentivanti aggiornato al 26 gennaio
2015 con le diverse schede tecniche). Per usufruire della detrazione del 65% gli interventi di riqualificazione
energetica sugli immobili devono rispondere a determinati requisiti. I lavori devono rispettare limiti di
dispersione che sono chiaramente tabellati o per l'intero edificio o per il singolo elemento costruttivo
oggetto dell'intervento. Ricordiamo che la detrazione Irpef (per le persone fisiche) e Ires (per le società) del
65% per la riqualificazione energetica degli edifici esistenti, per le spese sostenute è valida dal 1° gennaio
al 31 dicembre2016. L'ambito applicativo del bonus viene esteso, per le spese sostenute dal 1° gennaio
2015 al 31 dicembre 2016, all'acquisto di schermature solari con posa in opera. Tale agevolazione ha un
limite di 60.000 euro (fino a una spesa totale quindi di 92.307 euro) detraibile in 10 anni. Le spese sono
detraibili se riferite all'acquisto compreso di posa in opera di schermature solari dinamiche (come da norme
EN 13561 e EN 13665) applicate a pareti che siano almeno parzialmente vetrate. È possibile usufruire di
una detrazione pari al 65% per l'installazione di caldaie a legna o pellet e stufe a legna o pellet. Sono inoltre
ammesse alla detrazione anche le opere di smontaggio e dismissione dell'impianto di climatizzazione
invernale esistente e la fornitura e posa in opera di tutte le apparecchiature e accessori, o delle opere
idrauliche e murarie, necessarie per la sostituzione, a regola d'arte, dell'impianto termico esistente con un
generatore di calore a biomassa. © Riproduzione riservata
12/03/2016Pag. 43
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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 62
Il manager «L'economia reale italiana oggi è ancora in recessione» Cassani, dg di Sacmi: «Va bene chi esporta dove c'è crescita Gli altri sono in affanno» LUCA MAZZA "la verità è che l'economia reale italiana è ancora in recessione». Dalla sua posizione di direttore generale
di Sacmi (il colosso di Imola da 1,4 miliardi di fatturato e attivo nei macchinari della ceramica e nel
packaging), Pietro Cassani ha il polso reale della consistenza della ripresa. E a suo avviso la stagione di
difficoltà generatasi con la Grande Crisi ancora non può definirsi del tutto conclusa. Il 2015 si è chiuso con
un Pil da "zero virgola". E anche le prime stime sul 2016 non indicano un cambio di passo alle porte. Ma
davvero la ripresa dell'Italia è così debole? Forse è ancora più debole di quanto ci dicano i numeri. Del
resto, con la crisi profonda dell'edilizia, con il calo dei consumi pro capite e con un tasso di disoccupazione
che negli ultimi anni è letteralmente crollato, non si può parlare di vera crescita. Stesso discorso per
l'industria? Per le imprese occorre fare una distinzione. C'è una categoria che gode di ottima salute, mentre
un altro gruppo - molto più nutrito - sta sempre peggio. Le aziende benestanti sono quelle che riescono ad
esportare e a essere presenti in tutti i Paesi dove le opportunità sono in crescita. Mentre le realtà in affanno
sono quelle di dimensioni medie o piccole, che non riescono a fare export. Ma la frenata di Cina, Russia e
Brasile non sta creando problemi anche a chi lavora su mercati internazionali? Non troppi a chi è presente
in modo capillare un po' ovunque e riesce così a recuperare in altre aree in crescita, come gli Stati Uniti.
Sacmi, ad esempio, ha 86 sedi nel mondo e sta puntando sempre di più su mercati come quello africano,
che ha grandi potenzialità di sviluppo. Per noi l'export rappresenta l'86% del fatturato. Tornando alle Pmi,
invece, gli ultimi dati di Bankitalia evidenziano ancora enormi ostacoli nell'accesso al credito... Oggi
purtroppo - anche a causa di paletti europei troppo rigidi - le banche hanno difficoltà a finanziare le aziende
che non hanno adeguate garanzie. Questo problema, nel lungo periodo, rischia di avere conseguenze sulle
aziende più grandi, perché va a colpire la filiera e i fornitori. L'innovazione e la digitalizzazione - di cui state
discutendo nei workshop tra top manager organizzati a Cernobbio dalla società di software Sap - che ruolo
possono giocare per migliorare le condizioni del tessuto produttivo italiano? Sono fondamentali. La strada
da prendere deve essere quella della "virtualizzazione". In altre parole, le aziende sono chiamate a
rinnovare i processi produttivi e ad utilizzare le nuove tecnologie per migliorare l'efficienza e ridurre l'impatto
sull'ambiente. Non a caso Sacmi investe il 5% del fatturato in innovazione. E il compito della politica?
Governo e Parlamento dovrebbero seguire l'esempio tedesco per non far perdere al nostro Paese il treno
della rivoluzione industriale 4.0. Non è soltanto una questione di soldi. Anzi, servono soprattutto progetti
chiari e percorsi di formazione.
12/03/2016Pag. 7
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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 63
Via Petroni, parte il cantiere «Riqualificate anche la parte sociale» di DONATELLA BARBETTA IL COMPLICATO mondo di via Petroni, in zona universitaria, da oggi avrà un
problema in più: l'apertura del cantiere per la ripavimentazione della strada e la riqualificazione dello spazio
urbano. Abbiamo messo a confronto i pareri dei residenti e degli operatori delle attività commerciali e di
pubblico esercizio: tutti, più o meno, sono disposti ad accettare lo stop al traffico e gli inevitabili disagi in
vista di un miglioramento della via, ma il vero punto dolente resta la convivenza tra le famiglie, che
reclamano a gran voce la quiete notturna, e chi, invece, cerca di ritardare il più possibile la chiusura dei
locali per non vedere ridotto il proprio guadagno. «Sono state accolte alcune nostre proposte - spiega
Giuseppe Sisti, presidente dell'associazione di residenti 'Via Petroni e dintorni' - . Per esempio, quelle di
non mettere fioriere e dehors. Inoltre, verrà disegnata una ciclabile tratteggiata nella direzione che va verso
piazza Verdi e così speriamo che le bici smettano di sfrecciare sotto il portico». La parola dehors mette in
agitazione Massimiliano Bolelli, gestore del Bar Balanzone: «Allargheranno il marciapiede, ma non mi
faranno mettere i dehors. Così non non possiamo andare avanti. Fateci lavorare. Chiediamo di poter
chiudere alle 3 di notte il giovedì, il venerdì e il sabato, e all'una domenica e lunedì. Se il sindaco non ritira
l'ordinanza andremo tutti in Comune». Un altro tema rovente è, infatti, l'ordinanza che esclude la strada da
deroghe che, invece, vengono applicate nelle zone limitrofe. «Qualcuno ha chiesto che i locali in regola
possano stare aperti anche dopo l'una - attacca Patrizia Malossi - ma il punto è che qui non sono in molti a
essere i regola. Se i locali non sono insonorizzati, la musica è insopportabile. E il chiasso che fanno i
ragazzi davanti ai locali? Rivendico il diritto di andare a dormire anche prima di mezzanotte. Qui abitano
anche anziani e bambini. Perché non dev'essere possibile? Il punto è che non c'è collaborazione». E
QUANDO gli animi si accendono sulla movida, Loris Folegatti, consigliere al quartiere San Vitale, ricorda
che «non ci troviamo in un campus universitario, ma in una zona residenziale». E tra l'altro, quando vede
che sotto il portico spuntano delle scritte, va in cantina, prende la vernice e ripulisce. Il macellaio Lamberto
Lambertini torna indietro nel tempo, a quando «la strada era piena di artigiani: due macellai e tre falegnami
che abitavano qui e avevamo più riguardo per la via. Stamattina alle 7 c'era un campo di battaglia tra cocci,
lattine e bicchieri di plastica. Non si riqualifica con un nuovo lastricato, ma bisogna lavorare a livello
sociale». La farmacista Mariasandra Aicardi osserva che «i taxi di notte preferiscono fare un giro più lungo
piuttosto che passare in via Petroni, perché rischiano di rimanere imbottigliati per la gente ferma in mezzo
alla strada». Per le vetrine su via Petroni, l'altro ingresso della farmacia è su via San Vitale, la
professionista pensa di poter ottenere gli sgravi fiscali per l'imposta di pubblicità. È una delle richieste di
Confesercenti: «Chiediamo che alle imprese interessate dal cantiere - precisa Giacomo Bardi - sino
applicati gli stessi sgravi fiscali del 'Cantierone' e cioè uno sconto del 50% sulla tassa rifiuti e l'esenzione
totale dell'imposta di pubblicità e della tassa su suolo pubblico». Bruno Tucci della Pizzeria Petroni dice che
«la riqualificazione va bene, ma ormai devo chiudere all'una e questo vuol dire un minore incasso di mille
euro a sera. Un tempo avevo dieci dipendenti, ora ne ho cinque. Sono molto preoccupato: con l'ulteriore
peso del cantiere, non so come andrà a finire». Vahid Farkhondeh si affaccia dalla porta di Parsit. «Vendo
fast food di piatti persiani e devo chiudere alle 23 e non capisco la logica. È così da tre anni e succede solo
in questa strada».
14/03/2016Pag. 4 Ed. Bologna
diffusione:106545tiratura:136843
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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 64
La «casa verde» sei anni dopo di LUCA SALVI - MILANO - «ORMAI siamo abituati a essere circondati da queste propaggini del
grattacielo. Non vedo più il tramonto, la Grigna o il Resegone ma i vetri di fronte riflettono il sole, le nuvole,
la nostra casa. C'è uno spiraglio su Porta Nuova. I danni al cortile ancora non ce li hanno sistemati. Solo
adesso abbiamo trovato l'accordo». Milena Porcari è una dei 14 condomini o nuclei familiari della «casa
verde», la palazzina del '39 in via Bellani che tutt'a un tratto si ritrovò stretta su tre lati dalle braccia
dell'incombente Palazzo Lombardia. Furono anni di disagi, quelli del cantiere. Di proteste e raccolte firme
anche su Facebook. Poi il silenzio. A un lustro dall'inaugurazione del Pirellone-bis, Il Giorno è tornato tra
quelle mura per vedere cosa ne è stato degli abitanti e come sono cambiate da allora le loro abitudini. Dieci
anni fa fu abbattuto il Bosco di Gioia, vivaio di 1,2 ettari del quale resta solo la magnolia di via Algarotti.
Seguirono i lavori per l'"altra sede" (si chiamava così) della Regione. E cambiò la vita dei residenti della
«casa verde» («verde» dal colore delle pareti). Sono rimasti tutti. «La Regione fece proposte per acquistare
il condominio», ricordano a casa Mastella. Un'offerta di 4.500 euro al metro quadro, poi una permuta con
appartamenti di pari superficie e nella stessa zona. Mancò il consenso unanime degli abitanti. Ma la «casa
verde», da allora, è ingabbiata dal cemento. «Per quattro anni i disagi dei cantieri - ricorda Sandra Mastella
- oggi c'è qualche problema nelle tubature dell'acqua. Troppo calcare. Ho già cambiato due lavatrici.
Abbiam chiesto un depuratore». Tra il condominio e Palazzo Lombardia c'è il cortile, con il vano
spazzatura. «Di proprietà della Regione - precisa Mastella - ma abbiamo il diritto di passo. L'assemblea ha
trovato un accordo per il rifacimento». Sempre che «non ci siano inghippi - osserva laconico un condomino
che preferisce restare anonimo - visto che già ci avevano promesso un "cappotto'' per migliorare
l'isolamento termico. Mai fatto». A casa Villani preferiscono non commentare. Non vogliono «rivangare le
battaglie» neanche a casa Rinaldi. MILENA Porcari, al primo piano, invece ci apre la porta. Il Pirellone-bis è
a una quindicina di metri dal suo terrazzo. «Potremmo salutarci con gli assessori», scherza. Otto finestre di
Palazzo Lombardia furono schermate, perché il riflesso bruciava le tapparelle. E le piante. «Ho spostato il
limone - dice oggi Porcari -. Cresce ancora». D'estate non disegna una cena fuori. «Tiriamo giù la tenda».
Lei ha trovato il lato poetico. «Nei vetri vedo riflessi il sole e la casa». Ma i problemi non sono mancati.
«Vede quella crepa nel muro o la scaletta rotta nel cortile? È stato il cantiere». C'è poi la questione
dell'eliporto, all'undicesimo piano del Palazzo. A ridosso di via Bellani e via Paoli. Il Tar ne bloccò l'uso, il
Consiglio di Stato ribaltò la sentenza. Questione di decibel. C'è un piano per renderlo di nuovo operativo.
«Finora ci hanno lasciati tranquilli».
14/03/2016Pag. 6
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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 65
I furbetti dell'impresa edile cinese: gli operai senza contratti e tutele di PAOLA PIOPPI - COMO - DOPO BAR, ristoranti, negozi di parrucchieri e di oggettistica, il nuovo fronte
imprenditoriale cinese sembra essere l'edilizia. Ancora poco presente, come dimostrano i soli due cantieri
controllati dai carabinieri del Nucleo Ispettorato di Como nell'ultimo anno, a fronte delle decine in cui
lavoravano operai di ogni altra nazionalità. Ma con una caratteristica precisa: una strettissima filiera
nazionale. Non solo il committente, ma anche il titolare dell'impresa, i dipendenti e persino gli attrezzi: tutto
rigorosamente «Made in China». In quest'ultimo caso, i militari, congiuntamente all'ispettorato del Lavoro,
hanno sottoposto a controllo un cantiere edile di Largo Ceresio, dove erano in corso i lavori di ordinaria
manutenzione del Manhattan bar, il titolare Chen Zhongbin aveva affidato i lavori di ordinaria manutenzione
ad un'unica impresa edile «Hu Wenqian» con sede in Milano, intestata all'omonimo titolare. Sono emerse
una serie di inosservanze, relative al rispetto delle norme tecniche a tutela della salute. In particolare il
titolare dell'impresa esecutrice, Hu Wenqian, aveva redatto il Piano operativo di sicurezza, in modo carente,
non contenendo i requisiti minimi al fine di tutelare la sicurezza del personale. Inoltre non aveva inviato il
personale a effettuare l'adeguata formazione e informazione sui rischi connessi all'attività svolta e non li
aveva sottoposti a visita medica obbligatoria. I carabinieri hanno anche trovato attrezzature non conformi ai
requisiti di sicurezza e linee elettriche non protette. Inoltre cinque operai edili sono risultati privi della
comunicazione di assunzione, del contratto di lavoro e di ogni altra documentazione che attestasse il
rapporto di lavoro con l'impresa che li aveva inviati ad effettuare la ristrutturazione. Per questo motivo, è
stata immediatamente sospesa l'attività imprenditoriale, rilevando una percentuale del cento per cento di
lavoro irregolare in nero. Nel corso dell'ispezione è stato richiesto l'intervenuto della Polizia locale di Como,
per valutare gli aspetti tecnici relativi alla comunicazione lavori inviata in Comune e personale verificatore
dell'Enel. Il committente dei lavori e il titolare dell'impresa esecutrice sono stati denunciati a piede libero,
oltre ad essere destinatari di sanzioni e ammende per un totale di 60mila euro.
14/03/2016Pag. 3 Ed. Legnano
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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 66
Lavori infiniti «Ma le penali vengono pagate?» «QUEI CANTIERI all'anello stradale di via Massa Avenza non finiscono mai. Ma il Comune fa pagare le
penali alle ditte appaltatrici?». La denuncia è del consigliere di Forza Italia, Stefano Benedetti, che scrive al
vicesindaco Uilian Berti. «Dopo circa un mese di attesa vana per poter effettuare un sopralluogo e dopo
aver nuovamente tentato inutilmente di contattare telefonicamente Uilian Berti, l'assessore più impegnato
d'Italia, mi sono deciso ad effettuare il sopralluogo da solo». Un controllo, secondo Benedetti, sollecitato
dagli abitanti della zona, «per lo stato totale di degrado a causa della presenza perenne dei cantieri e per il
passaggio troppo veloce dei mezzi in via Massa Avenza. Il primo problema riguarda il cantiere lato
Viareggio, interessato da opere di risanamento idrogeologico appaltato con procedura negoziata alla ditta
Mdr srl di Ponte Nossa, poi subaffidato a una ditta locale. I lavori, consegnati a marzo dell'anno scorso,
dovevano essere già terminati da tre mesi. Mi chiedo - prosegue il consigliere - se il Comune stia
applicando la penale prevista in tali casi e quale sia l'importo della stessa». Il secondo problema
riguarderebbe la movimentazione e la qualità della terra portata in questo sito. Foto alla mano Benedetti
rimarca che «la terra è mista, non uniforme e mescolata anche a scarti edili, pezzi e lastre di materiale vario
da accertare e ciò sembrerebbe non essere tanto regolare» e chiede di «conoscere in dettaglio tutta la
movimentazione terra avvenuta all'interno dell'area interessata e quindi la provenienza della stessa, la
qualità e composizione della terra scaricata, nonchè le analisi del materiale e le varie». E in conclusione
mette nel mirino un altro problema: «Vorrei sapere per quale motivo l'asfalto nuovo di fronte alla
concessionaria 'Le Auto Rossi', è stato riparato per la terza volta a causa di allagamenti e a spese del
Comune e invece non abbia pagato la ditta che ha eseguito i lavori».
12/03/2016Pag. 5 Ed. Massa Carrara
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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 67
Edilizia, chiuse 400 imprese e persi duemila posti di lavoro GRIDO di dolore dell'Ance Toscana Nord sulla situazione dell'edilizia: negli ultimi 5 anni in provincia sono
sparite oltre 400 imprese e più di 2000 lavoratori, e per il settore non si intravedono «segnali di ripresa,
seppur lievi, su cui fondare il ritorno a condizioni minime di normalità. Lo testimonia - prosegue l'Ance - il
panorama delle realtà aziendali in provincia che è a dir poco devastato; oggi, come ieri, assistiamo
impotenti alla sparizione di aziende storiche che impoverisce il tessuto industriale ed economico del
comparto. Un segnale incontrovertibile viene dall'analisi dei dati della Cassa edile lucchese che, oltre a
continuare a registrare diminuzioni di imprese e operai, rileva fenomeni sempre più allarmanti di abusivismo
delle regole contrattuali che, presumibilmente, corrispondono ad una nuova , pesantissima ondata di lavoro
sommerso». L'Ance rileva come l'edilizia «sembra non avere futuro, abbandonata, non più considerata né
difesa da nessuno se non dalle associazioni di categoria: non dalla normativa, sempre più complicata e
alienante che non premia il merito e la professionalità ma permette un mercato senza controllo; non dal
sistema creditizio, incapace di creare un virtuoso e più maturo rapporto con le ditte; non dalle
amministrazioni pubbliche, a cui spetterebbe il compito di salvaguardare occupazione e benessere
economico del territorio. Più volte abbiamo contestato i bandi che continuano a ignorare il prezzario
regionale o si affidano a sistemi di aggiudicazione illegittimi. Tali condotte contribuiscono a peggiorare lo
stato di un settore, dove si lavora sottocosto in un continuo gioco al massacro». «Le aziende che resistono
- conclude la nota - hanno capito che l'unica difesa è organizzare loro stesse. La scelta di unirsi in Ance
Toscana Nord, che a breve eleggerà il suo primo presidente, è dettata soprattutto dalla consapevolezza
che bisogna unirsi per riaffermare con maggiore forza le necessità e la dignità di un comparto che può
essere volano del mercato interno».
12/03/2016Pag. 11 Ed. Viareggio
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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 68
Infortuni sul lavoro: 253 cantieri fuorilegge Un cantiere su quattro fuorilegge. È lo choccante dato che emerge dal rapporto 2015 degli Spisal che
insistono sul territorio padovano, tra città e provincia.
In tutto 2.508 aziende oggetto di ispezione per un totale di 2.932 sopralluoghi effettuati; 996 i cantieri
ispezionati dei quali 411 per amianto e 253 risultati non a norma dopo il primo sopralluogo; 226 le inchieste
per infortuni che nel 29,2% dei casi (66) concluse con riscontro di violazione correlata all'evento; 555 le
inchieste per la malattia professionale concluse, in 7 casi con violazione.
Queste le cifre che disegnano il bilancio di attività degli Spisal della provincia che si sono riuniti in
occasione del vertice del comitato provinciale di coordinamento.
Un tavolo che coinvolge non solo i tre Spisal delle Aziende Ulss 15, diretto da Rosana Bizzotto, 16 in capo
a Liviano Vianello, e 17 guidato da Doriano Magosso, ma tutte le parti sociali e gli enti istituzionali
interessati al mondo occupazionale per l'attuazione di un'effettiva ed efficace prevenzione nell'ambito dei
luoghi di lavoro.
«Gli Spisal ogni anno visitano un numero rilevante di aziende, 2.508 nel 2015 - sottolinea Magosso,
coordinatore del comitato - Di queste il 25% sono oggetto di prescrizioni secondo un modello di verbale
unificato adottato nel 2012».
Spesso gli Spisal vengono percepiti come organi di vigilanza e controllo con compiti sanzionatori, in realtà
ogni anno vengono promosse attività formative per oltre 2.000 lavoratori, figure addette alla prevenzione e
studenti.
Oltre alla formazione, risorse e attenzione vengono poste nell'azione informativa e nell'assistenza nei
confronti delle ditte, dei lavoratori e del mondo della scuola al fine di aumentare la cultura della sicurezza.
«Ci stiamo adoperando - precisa Claudio Dario, direttore generale dell'Ulss 16 e commissario della 15 e
della 17 - per l'adozione di linee e pratiche comuni che, nel caso specifico, supportano lo sviluppo della
cultura della sicurezza nei luoghi di lavoro. Un contesto dal quale l'intera collettività dei lavoratori della
provincia di Padova non può che trarre giovamento e beneficio».
13/03/2016Pag. 34 Ed. Padova
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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 69
Astaldi È LEADER NELLA PROGETTAZIONE E REALIZZAZIONE DI GRANDI OPERE DI INGEGNERIA CIVILE,SPECIALIZZATA NELLE METROPOLITANE, DI CUI ASSUME ANCHE LA GESTIONE. HA COSTRUITOLA LINEA 5 DI MILANO, L'ALTA VELOCITÀ ROMA-NAPOLI, IL TUNNEL DEL CERN DI GINEVRA... FRALE OPERE IN CORSO, IL TERZO PONTE SUL BOSFORO IN TURCHIA, IL PIÙ LUNGO E LARGO DELTIPO SOSPESO NEL MONDO i colloca ai primi posti in tutte le classifiche dei contractor a livello mondiale, dai ponti agli aeroporti, dagli
impianti idroelettrici all'edilizia. Astaldi, fondata negli anni 20 da Sante Astaldi, oggi è un gruppo
internazionale, quotato in borsa dal 2002, attivo in 19 paesi e con l'80% circa del proprio fatturato prodotto
all'estero. Sotto la guida di Paolo Astaldi, espressione della terza generazione della famiglia, ha raggiunto
livelli di eccellenza nelle infrastnitture di trasporto, negli impianti di produzione energetica e nell'edilizia
civile e sanitaria. Qualche esempio: in Italia ha costruito il polo fieristico di Kho-Pero a Milano, la Stazione
Toledo della metropolitana di Napoli, premiata anche dalla Cnn come stazione più bella e spettacolare
d'Europa, e la centrale in caverna di Pont Ventoux, una delle più grandi in Italia; in Cile ha costruito
l'impianto idroelettrico di Chacayes, il primo totalmente ecocompatibile nel paese; in Svizzera ha progettato
l'anello sotterraneo del Cern di Ginevra, che ospita uno dei più grandi acceleratori di particelle mai realizzati
al mondo. Tra le opere in corso, la più spettacolare è probabilmente il terzo ponte sul Bosforo in Turchia, il
più lungo e largo ponte sospeso a livello mondiale, ma hanno grande rilevanza anche il raccordo
autostradale di San Pietroburgo in Russia e l'aeroporto internazionale Arturo Merino Benitéz di Santiago del
Cile. «Rappresentiamo il made in Italy delle infrastnitture ed esportiamo tecnologia, know-how e soluzioni
innovative, in grado di coniugare funzionalità e bellezza estetica», sintetizza il Presidente Paolo Astaldi.
«Portiamo da sempre il nome dell'Italia in tutto il mondo attraverso un dialogo e ima collaborazione
costante con i nostri clienti, che diventano così veri e propri partner, hi questo risiede gran parte del nostro
successo». La mission di Astaldi è contribuire allo sviluppo e al benessere dei paesi in cui opera
costruendo opere distintive, concrete e funzionali, realizzate secondo mi proprio stile esportato da anni a
livello internazionale e che vede, al fianco della progettazione, realizzazione e gestione di grandi
infrastnitture, anche l'integrazione con il territorio. Circa l'80% del fatturato è generato all'estero,
principalmente in Canada, Turchia, Russia, Cile, Polonia, Algeria e Perii. «L'internazionalizzazione delle
attività è sempre stata una caratteristica distintiva del gruppo», sottolinea Paolo Astaldi, «è una delle
principali leve di sviluppo nel nostro percorso di crescita. Andare all'estero significa non solo utilizzare le
risorse locali, ma anche supportare il sistema Italia, perché portiamo con noi le eccellenze del nostro
paese, come è accaduto con il ponte sul Bosforo in Turchia, un megaprogetto che ci ha permesso di
coinvolgere molte e differenti competenze italiane di altìssimo livello». Alla base del successo di Astaldi c'è
anche una costante capacità di innovare. «Innovazione per noi è incessante ricerca di qualità», dice
Astaldi, «è misurarsi con i problemi e le sfide che la realizzazione di grandi infrastnitture ci pongono, dando
risposte efficaci e in grado di coniugare tecnologia, bellezza e sicurezza». Un processo che trae origine
dall'esperienza accumulata in oltre 90 anni di ricerca di soluzioni e processi ottimali e che si consolida nel
tempo grazie alla qualità e alla professionalità del personale di cui Astaldi dispone. Ma non solo. «Ogni
anno selezioniamo una trentina fra i migliori laureati italiani in materie tecniche ed economiche, per offrire
loro una opportunità concreta di carriera, dopo un adeguato periodo di apprendistato», evidenzia Astaldi.
«Perché per noi innovare è anche offrire ai giovani la possibilità di mettersi in gioco e dimostrare il proprio
valore». Paolo Astaldi «RAPPRESENTIAMO IL MADE IN ITALY DELLE INFRASTRUTTURE ED
ESPORTIAMO TECNOLOGIA, KNOWHOW E SOLUZIONI INNOVATIVE, IN GRADO DI CONIUGARE
FUNZIONALITÀ E BELLEZZA ESTETICA»
12/03/2016Pag. 46I NUMERI UNO D' ITALIA
N.341 - marzo 2016diffusione:40717
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pa è da intendersi per uso privato
SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 70
staldi takes thè top spot in ali international contractor rankings, from bridgto airports and hydroelectric
plants to construction. The company was founded in thè 1920s by Sante Astaldi, and today it is an
international group. It was listed on thè stock exchange in 2002, has a presence in 19 countries and
generates approximately 80% of its turnover abroad. Under thè leadership of Paolo Astaldi -a member of
thè family's third generatimi- thè company has achieved levels of excellence in transport infrastructure,
energy production plants, civil engineering and healthcare. A few examples within Italy include thè Rho-
Pero Exhibition Centro in Milan, thè Toledo Metro Station in Naples -which CNN has referred to as thè most
beautiful and impressive station in Europe- and thè Pont Ventoux underground power plant, one of thè
largest in Italy. In Chile it built thè Chacayes hydroelectric power plant, thè first completely environmentally
compatible plant in thè country, hi Switzerland it built thè underground Ceni tunnel in Geneva, which is
home to one of thè world's largest particle generatore. Out of thè company's current projects, perhaps thè
most spectacular is thè third bridge over thè Bosphorus in Turkey, which will be thè world's longest, widest
suspension bridge. However, thè St. Petersburg motorway link in Russia and Chile's Arturo Merino Benitéz
International Airport are also important. « We represent Italian quality within infrastruc- ture», Paolo Astaldi
says. «We export innovative solutions, expertise and technology, and we're able to merge functionaHty and
aesthetic beauty. We have taken thè name of Italy ali over thè world through Constant collaboration and
dialogue with our clients, who become real partners. Much of our success is due to that effort». Astaldi's
mission is to contribute to thè development and wel-being of thè countries in which it operates, doing so
with projects that are distinctive, solid and functional. Moreover, thè company has a signature style, which it
has exported internationally for years. It's a style highlighted by integration within thè territory, alongside thè
design, construction and management of major infrastructiiral projects. Approximately 80% of turnover is
generated abroad. predominately in Canada, Turkey, Russia, Chile, Poland, Algeria and Perù. «The
intemationalisation of our business has always been a distinctive characteristic of thè group», Astaldi
explains. «It's one of thè mairi drivers of development for our personal growth. Going abroad means not just
utilising locai resources but also supporting thè Italian System as we take thè expertise of our country with
us. We've done that witli thè Bosphorus bridge in Turkey, a mega-project that has allowed us to involve
many different Italian skills at thè highestlevel». Astaldi's success also lies in its Constant ability to express
its skills in new ways. «Innovation for us is thè relentless pursuit of quality,» says Astaldi. «It's measuring
ourselves against thè problems and challenges that large-scale infrastructure presents. In thè process, we
provide efficient responses and demonstrate thè ability to combine technology, beauty and safety». Tlie
process stems from tlie experience thè group has accumulated in its more than 90 years of research into
optimal processes and solutions; a range of experience boktered over rime, thanks to tlie quality and
integrity of Astaldi staff. Nevertheless, there is more involved. «Every year we select 30 or so of thè best
Italian graduates from economics and technical disciplines in order to offer tliem real career opportunities
after a suitable apprenticeship period», states Astaldi. «Innovation for us also means offering young people
tlie chance to get involved and show their value».
Foto: Nella pagina accanto, dall'alto, due opere di Astaldi:
Foto: il terzo ponte sul Bosforo, il più grande sospeso al mondo; l'anello autostradale di San Pietroburgo,
Russia. In thè nextpage, above to below: thè ThirdBosphorus Bridge, in Turkey and thè Western High
SpeedDiameter in St. Petersburg, in Russia.
Foto: Sopra, Paolo Astaldi, Presidente del Gruppo. Nella pagina accanto, dall'alto in senso orario: diga
diSusa, impianto idroelettrico di Pont Ventoux; stazione Toledo, Metropolitana di Napoli Linea 1; Polo
Fieristico diMilano-Rho-Pe.ro; stazione Rondo Daszyhskiego, Metropolitana diVarsavia Linea 2; Ospedale
dell'Angelo di Venezia. Above: Paolo Astaldi. In thè nextpage: highlights of Astaldi's engineering and
infrastructure works.
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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 71
Azimut Benetti Group RIFERIMENTO DELL'INNOVAZIONE E DELLA QUALITÀ MADE IN ITALY, IL PIÙ GRANDECOSTRUTTORE AL MONDO DI MEGAYACHT PORTA LO STILE TRICOLORE ANCHE NEI SERVIZI Azimut Benetti Group incarna quella sintesi di capacità progettuali, creative e artigianali che fanno oggi del
made in Italy un linguaggio universalmente riconosciuto. «Tutti ci guardano. Molti ci copiano. È una grande
responsabilità e uno stimolo al rinnovamento continuo, nel design, nella tecnologia e nel servizio», afferma
il fondatore e Presidente, Paolo Vitelli, insignito del premio alla carriera Iifetime achievement award per il
contributo decisivo all'industria nautica. Dal 1969 1 Italian style seduce il mondo a bordo dei marchi Azimut
Yachts, unità plananti da 10 a 37 m, e Benetti, megayacht semiplananti e dislocanti fino a 100 m, che
offrono la più ampia e completa flotta sul mercato: 45 modelli in produzione nei sei cantieri di Avigliana
(To), Savona, Viareggio, Livorno, Fano (Pu) e Itajai (Brasile), oltre ai 32 in progettazione da qui ai prossimi
tre anni. Una storia di successi, di innovazioni, soprattutto una storia di famiglia, che ha saputo conservare
la proprietà e l'indipendenza, impegnando oggi la seconda generazione. «Abbiamo affrontatola crisi con
riserve umane, tecnologiche e finanziarie accumulate in 40 anni di lavoro in ossequio al principio: azienda
ricca, famiglia povera. Cambiando anche la cultura manageriale», spiega Vitelli. «È il presupposto per un
passaggio generazionale sereno, con mia figlia Giovanna che sta creando un gruppo di lavoro giovane e
motivato». Il fatturato è salito a 747 milioni, con utili reinvestiti per 500 milioni dal 2005 nello sviluppo
strategico dell'azienda. Perché intorno agli yacht Azimut e Benetti non c'è solo il mare, ma un mondo di
servizi, per coccolare ogni armatore: dai pacchetti finanziari personalizzati all'assistenza del Goncierge
club; dalla Styling lounge, dove poter pianificare ogni dettaglio di design dello yacht, alle quattro Marine di
Viareggio, Varazze, Mosca e Livorno (in costruzione), gestite secondo ima logica di servizi integrati.
All'avanguardia anche nell'assistenza tecnica e nello yacht management, il gruppo può contare sulla
professionalità di due leader come Lusben e Fraser Yachts. Dice Vitelli: «I mercati di riferimento sono
Europa, Usa e Medio Oriente. Brasile, Russia e Cina, miraggio di qualche anno fa, ora sono in affanno. Ciò
dimostra che un'azienda come la nostra, multinazionale tascabile, deve essere presente in tutto il mondo
ma pronta a cogliere le opportunità là dove si presentano». AZIMUT BENETTI
he Azimut Benetti Group is thè embodiment of thè design, creative and craftsmanship capabilities that
make thè words Made in Italy universali}* understood. «Everyone looks to us. Many copy us. It's a huge
responsibility, and it spurs continuous renewal in terms of design, technology and services», states thè
founder and President Paolo Vitelli, back from thè Boat Builder Awards for Business Achievement, where
he was honoured him with thè Lifetime Achievement award for his contribution to thè shipbuilding industry.
Since 1969 Italian style has seduced thè world on board thè boats carrying thè Azimut Yachts brand, which
include planing yachts ranging from 10 to 37 metres, as well as Benetti-branded vessels, semi-planing and
displacement megayachts that can reach up to 100 able to retain ownership and independence right
through to thè second generation. «We have faced thè crisis with thè technological, financial and human
resources that we've built up over 40 years of being in business by following thè principle: metres. Together
they offer T S S S S ^ S ^ T rich company, poor famForty-five models, built in Partner ily. We've also
changed thè six shipyards in Avigliana (To), Savona, Viareggio, Livorno, Fano (Pu) and Itajai (Brazil), in
addition to thè 32 that are planned for thè next three years. It's a story of success and innovation, but above
ali it's thè story of a family that was
erational transition to my daughter, Giovanna, who is creating a youthful, motivateci work group».
Production value reached 682 million euros for a turnover of 747 million, with profits reinvested to thè tune
of 500 million in 2005. The group relies on thè expertise of Lusben and Fraser Yachts for brokerage and
charter. «We have thè same target markets of Europe, thè Usa and thè Middle East. That shows that a
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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 72
company such as ours, a pocket-sized multinational, must be present ali over thè world and ready to seize
opportunities where they present themselves».
Foto: Sopra, UBenettiPanthera. Sotto, da sinistra: i cantieri diAvigliana, Paolo e Giovanna Vitelli. Above: thè
BenettiPanthera. Below, L to R: theAvigliana Shipyard, Paolo and Giovanna Vitelli.
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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 73
CANTIERI 2.0 / LO SCHEMA / Management vs leadership Leadership e gestione delle risorse umane ANTONIO ORTENZI Italia rappresenta sicuramente, in Europa e nel mondo, una nazione leader nell'ingegneria e nella direzione
dei cantieri, spesso però la parte di competenze legate alla gestione del personale ed alla leadership è
messa in secondo piano, in quanto viene prediletta quella tecnica e esperienziale. Della dicotomia tra
management e leadership se ne parla da anni e in questo momento particolare, acquisisce un'importanza
cruciale nella gestione dei cantieri. Vediamo perché, partendo da una definizione: leader è chi è capace di
influenzare gli altri come singoli o come organizzazioni, conseguendo gli obbiettivi importanti senza
necessariamente essere in una posizione formale di Leadership. Management e Leadership sono due
facce della stessa medaglia in quanto nel management c'è bisogno di stabilità ed organizzazione per far
funzionare un cantiere, nella leadership invece c'è bisogno di gestire il cambiamento in quanto nessun
cantiere è uguale all'altro. L'applicazione di un corretto comportamento di leadership da parte di un
manager ha, alla base, un modello di tipo situazionale che rispecchia il livello di maturità del team di lavoro.
Si pensi ad esempio ad un cantiere complesso dove almeno il cinquanta per cento del team lavora assieme
per la prima volta e dove il livello di esperienza, in anni, può andare da zero (primo impiego di un neo
laureato/diplomato) a 20 anni ed oltre. Hersey e Blanchard hanno elaborato, negli anni '70, un modello di
leadership che ci aiuta a capire la maturità dei membri di un team e che tiene conto di due fattori: la
maturità lavorativa e quella psicologica, cioè quella legata alla parte motivazionale. Quella lavorativa viene
declinata in 4 stili di comportamento. Dirigere: il leader da istruzioni specifiche e controlla letteralmente le
fasi durante l'esecuzione, questo avviene quando c'è scarsa competenza ma una alta motivazione, si è
quindi alle prese con una maturità bassa (M1) ad esempio neolaureati/neodiplomati al primo impiego.
Addestrare: in questo caso il leader continua a dirigere e controllare ma inizia a spiegare il perché delle sue
decisioni, siamo quindi di fronte ad un livello di maturità medio/basso (M2) che presuppone qualche
competenza da parte di un lavoratore, ma bassa motivazione. Un esempio potrebbe essere il caso di
personale proveniente da altri cantieri o altri gruppi di lavoro dove l'organizzazione non ha concesso di
esprimere al meglio la propria professionalità. Sostenere : in questo caso il leader appoggia gli sforzi dei
collaboratori verso gli obbiettivi prefissi e inizia a condividere con loro le responsabilità e decisioni. Siamo di
fronte ad una maturità medio/alta (M3) che presuppone una elevata professionalità ma ad una motivazione
altalenante. Ci si trova in questa situazione quando sono carenti ad esempio la gestione dei conflitti e la
comunicazione che pecca nella corretta redazione della WBS o una mancata redazione del diagramma a
matrice R.A.C.I. (vedi art. del 20/02/2016) che stabilisce chi fa cosa. Si pensi, in fase di esecuzione, al
rapporto tra Direttore di cantiere, capo cantiere, contabile, topografo e ufficio tecnico. Delegare: la capacità
di delega ai collaboratori, in questo stile di leadership, è fondamentale, infatti le responsabilità e le decisioni
individuali hanno preponderanza assoluta su ogni singolo membro del team che a questo punto ha una
elevata competenza ed un'elevata motivazione. Siamo di fronte ad una maturità alta (M4) dedicata per
esempio verso professionisti che lavorano in piena autonomia. In cantiere questo stile non trova pieno
compimento, in quanto il lavoro in team risulta essenziale ed è un obbiettivo, quello delega al 100% al
quale si arriva nei momenti finali di una commessa. Al contrario invece trova piena applicazione in uno
studio tecnico, nelle varie fasi di progettazione ove il team può essere delocalizzato e magari ogni membro
svolge parti di progetto autonomamente (progetto architettonico, strutturale, impianti, Coordinamento in
fase di progettazione della sicurezza). Il BIM, in questo, crea un valore aggiunto inestimabile perché, oltre
alla condivisione della WBS e del chi fa cosa, permette di condividere il modello informativo digitale di
riferimento del progetto. Per il prossimo futuro le tendenze di management nei progetti, vista la crisi a livello
globale, tenderanno ad agevolare la creazione di gruppi di lavoro stabili e "ricorrenti" da utilizzare nei vari
14/03/2016Pag. 5 N.11 - 14 marzo 2016 tiratura:25000
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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 74
progetti, limitando l'outsourcing, al fine di tendere sempre verso livelli di maturità alti (M3-M4) che
comportano un minor dispendio di energie e risorse economiche. Inoltre saranno agevolate le risorse,
all'interno di un team, che meglio si sapranno adattare alle strategie aziendali e di portfolio, strategie che
nei prossimi anni impatteranno in maniera sempre più incisiva su ogni singolo cantiere. In questo caso
invece si compie la parte formativa di un progetto verso le giovani generazioni, ovvero i livelli di maturità M1
e M2. Primo di due articoli
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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 75
Lo scandalo incompiute Il piano Tunnel, a Cuneo il cantiere più lento del mondo Gli scavi della galleria del Colle di Tenda per raggiungere la Francia del Sud avanzano di 50 centimetri algiorno MAURIZIO GROSSO Certo, sarà pure un caso così grave da non poter essere replicato con facilità. Certo è che la vicenda
potrebbe essere tranquillamente assunta come icona dei lavori pubblici che non riescono ad andare avanti.
Stavolta c'è di mezzo l'Italia in compagnia della Francia. Il cantiere per il raddoppio del tunnel del Colle di
Tenda, la via più veloce dal Piemonte per raggiungere la Francia meridionale con la Costa Azzurra, rischia
di passare alla storia come il più lento del mondo. I lavori, come ricostruito ieri da repubblica.it , sono
cominciati nel 2013, ma solo l'anno scorso si è iniziato lo scavo della galleria. Nonostante gli operai lavorino
24 ore su 24, finora sono stati scavati appena 130 metri di montagna da entrambi i lati del confi Cne. Come
dire 50 centimetri al giorno, calcolando 250 giorni lavorativi. L'obiettivo, a questo punto, è uno solo:
accelerare. La roccia profonda sarà più dura, spiegano i tecnici, e quindi il buco (sembra un paradosso, ma
è così) potrà procedere più veloce: la prospettiva è aprire al traffico la nuo va galleria entro il luglio 2017.
Poi il cantiere si sposterà sul tunnel storico da ammodernare. La fine dei lavo ri è prevista tra almeno tre
anni. Ma i problemi non sono finiti: en tro l'estate si imporrà la chiusura proprio della galleria storica,
costruita alla fine dell'Ottocento. Gli operai impegnati nella costruzione della "seconda canna", che una
volta ultimata dovrà funzionare insieme con quella attuale ristrutturata, hanno infatti bisogno di un mese per
poter lavorare all'interno della montagna e tra le due gallerie: devono realizzare i passaggi tra l'una e l'altra,
indispensabili per la sicurezza degli operai e per quella degli automobilisti.
Foto: Il tunnel di Colle di Tenda
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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 76
Edilizia scolastica L'anagrafe è ancora in alto mare Legambiente e CittadinanzAttiva ancora contro il Miur e, più in particolare, contro l'anagrafe dell'edilizia
scolastica. Perché così com'è "non è utilizzabile né attendibile". Secondo le associazioni, infatti,
conterrebbe dati parziali e non aggiornati, indicatori mancanti ed incomprensibili per i cittadini. E mentre
non si è provveduto ad aggiornare, come promesso entro il 31 gennaio scorso, i dati relativi alle
certificazioni, è stata prorogata di ancora un anno (31 dicembre 2016) l'entrata in vigore dell'obbligo per le
scuole di dotarsi della certificazione di pre venzione incendi. Per sapere se la scuola dei proprio figli sia
sicura o meno, occorrerà agire caso per caso. Le associazioni fanno anche alcuni esempi di inattendibilità.
Clamoroso il caso dell'Istituto Agrario di Piedimonte Matese in Campania, chiuso da due anni perché
inagibile. Peccato però che l'Anagrafe non riporti questo piccolo particolare.
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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 77
SCENARIO ECONOMIA
50 articoli
economia / 2 dobbiamo ripartire da einaudi e sturzo per rinnovare la società Ideali e ideologie Del marxismo e del neoliberismo selvaggio restano macerie e fantasmi, è il momento diriscoprire il realismo riformista italiano Giuseppe Bedeschi O rmai è un luogo comune dire che viviamo in un'epoca post-ideologica, nel senso che le grandi ideologie
che avevano caratterizzato il Novecento ( Il Novecento. Secolo delle ideologie si intitolava appunto un
fortunato libro di Karl D. Bracher, pubblicato nel 1982 e ristampato nel 1990) sono crollate sotto i colpi delle
«dure repliche della storia» (secondo la nota formulazione di Bobbio).
Senonché, se ci atteniamo all'esperienza storica a noi più vicina (quella che va dalla scomparsa dell'Urss
nel 1991, per arrivare, in Italia, alla fine della cosiddetta Prima Repubblica e alle esperienze della Seconda
Repubblica), l'espressione «crollo delle ideologie» sembra assai imprecisa e sommaria.
In realtà, le ideologie «crollate» sono fondamentalmente due: il marxismo-leninismo e il neoliberismo. Il
primo era entrato in una crisi irreversibile molto prima della scomparsa dell'Urss (già Enrico Berlinguer, pur
proclamandosi marxista-leninista, aveva affermato l'esaurirsi della «spinta propulsiva» della Rivoluzione
d'Ottobre); il secondo (con la sua idea della piena capacità del mercato di autoregolarsi, senza interventi
pubblici) è stato sconfitto dalla grande crisi iniziata negli Stati Uniti nel 2008 e presto estesasi a tutto il
mondo sviluppato.
Certo, si potrebbe osservare che permangono tuttora, sotto mentite spoglie, residui di quelle ideologie,
soprattutto della prima: come dimostrano, nella attuale letteratura sociologico-politologica, le molte
manifestazioni di anticapitalismo viscerale, oppure le critiche, altrettanto viscerali, alle democrazie
occidentali, che sarebbero democrazie soltanto apparenti, ovvero false democrazie, perché in esse le leve
del potere economico-finanziario sarebbero detenute dai grandi gruppi industriali-finanziari, protagonisti del
mercato globalizzato, mentre gli elettori sarebbero gravemente condizionati dai mass-media «a una
dimensione», e quindi sarebbero privi di vera autonomia intellettuale (ma allora perché mai, vien da
chiedersi, nei nostri Paesi si svolge una lotta politica sempre vivace e spesso aspra, imperniata in primo
luogo sulle grandi scelte di politica economica?).
Ma non è su questo punto che vorrei soffermarmi (anche se ne varrebbe la pena), bensì su un altro: e cioè
sul fatto che, se è vero che le grandi ideologie «salvifiche» - con le loro pretese di interpretazione globale
della storia e di ristrutturazione ab imis fundamentis della società - sono crollate, non sono affatto crollate le
ideologie che definirei «riformatrici-realistiche».
E penso, per quanto riguarda il nostro Paese, in primo luogo a due nomi: Luigi Einaudi e Luigi Sturzo.
Einaudi difendeva un «vivente ordinamento liberistico», che attuasse una piena concorrenza sul mercato,
senza monopoli e senza posizioni di privilegio e di rendita; ma poi lodava Federico List, il quale (egli diceva)
«aveva giustamente veduto il peccato cardinale della dottrina del laissez-faire, nella ingenua credenza che
potesse essere vitale e bastevole a se stessa una economia fondata sulla concorrenza». Lo Stato doveva
garantire a tutti i cittadini un minimo di risorse, e doveva assicurare anche ai meno abbienti l'accesso agli
studi.
Einaudi considerava poi componenti fondamentali di una società libera sia le organizzazioni padronali sia
quelle sindacali. I sindacati, però, dovevano organizzarsi e lottare per i loro interessi con le loro forze, in
modo del tutto autonomo, senza pretendere dallo Stato e dai partiti vantaggi e condizioni di favore: e a
questo proposito l'economista piemontese manifestava il proprio «scetticismo invincibile, anzi quasi la
repugnanza fisica per le provvidenze che vengono dal di fuori, per il benessere voluto procurare agli operai
con leggi, con regolamenti, col collettivismo, col paternalismo, con l'intermediazione degli sfaccendati
politici pronti a risolvere i conflitti con l'arbitrato, con la competenza, con la divisione del tanto a metà».
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 79
Quanto a Sturzo, credo che siano più che mai attuali oggi la sua rigorosa distinzione fra religione e politica,
la sua aspra polemica contro l'invasività delle burocrazie statali, mortificatrici delle energie della società
civile, la sua difesa appassionata dei ceti medi (i quali, «sotto l'assillo aspro e duro della loro crisi
economica, acquistano, per la loro cultura e per la loro esperienza produttiva, per il modesto tenore di vita e
lo spirito di risparmio, una potenzialità costruttiva superiore alla loro potenzialità economica»).
E nei suoi ultimi anni Sturzo combatté lo sconfinamento dello Stato nell'economia, con la creazione di enti
di ogni tipo (si pensi alle «società partecipate» di oggi, che costano somme enormi alla collettività!).
È dalle riflessioni di queste grandi personalità che le élite intellettuali e politiche dovrebbero partire, io
credo, per avviare un'opera di profondo rinnovamento della nostra società.
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14/03/2016Pag. 31
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 80
L'economia e l'europa La forte spinta della Bce Frenata dai vecchi fantasmi Inflazione Molti analisti considerano positivo un aumento dei prezzi tra l'1 e il 2 per cento Direzione MarioDraghi auspica riforme strutturali, forti e condivise, frutto di scelte politiche Marco Cianca È meglio la peste o il colera? Una domanda paradossale, che non ha una risposta. E in economia, è meglio
l'inflazione o la deflazione? I tedeschi, che hanno ben vivo il ricordo della repubblica di Weimar, anticamera
del nazismo, quando con una carriola piena di banconote non si arrivava a comprare un chilo di pane, non
vogliono sentir parlare di politiche inflazionistiche. Rigore, rigore, rigore, è il loro mantra. E in virtù di una
tale incrollabile fede giudicano un veleno ogni iniezione di denaro che possa far lievitare i prezzi.
Al contrario chi associa ai fantasmi del '29, alla grande crisi americana, una drammatica caduta della
domanda, un'insostenibile disoccupazione e il crollo produttivo, ritiene che incentivare la disponibilità alla
spesa sia l'unica strada in direzione dello sviluppo.
Gli economisti, per lo più, sembrano concordare sulla necessità di una modesta inflazione, tra l'uno e il due
per cento. È l'obiettivo che persegue Mario Draghi, il governatore della banca centrale europea immettendo
liquidità a profusione nel sistema bancario. Liquidità che dovrebbe sfociare in prestiti a tassi bassissimi e
quindi in consumi. Viene in mente Sherlock Holmes e la sua soluzione al sette per cento: un minimo di
cocaina per tenere ben sveglio il cervello. In effetti comprimere i tassi di interesse e far scendere sempre
più il costo del denaro equivale al tentativo di far salire l'adrenalina in un organismo, l'economia reale, che
rischia la paralisi. Con la speranza, in questo momento del tutto condivisibile, che il malato si alzi dal letto e
possa camminare con le proprie forze, senza grucce bancarie.
Ma perché ciò avvenga è necessaria una prospettiva di sviluppo economico e sociale che all'orizzonte non
si intravede. Siamo in pieno postconsumismo, una società stagnante ripiegata su stessa e che brancola nel
buio alla ricerca di ideali e di prospettive. La destra sta perdendo il suo sano connotato conservatore spinta
verso derive populiste e xenofobe, la sinistra socialdemocratica è afona e imbelle, sempre a rimorchio delle
emergenze. Chi ha la capacità di indicare un New Deal quando l'unico vento di rinnovamento sembra
venire dalla Chiesa di papa Francesco e il solo terreno di scontro ideologico è la biblica emergenza
migranti?
Tra tutte queste incertezze alligna, beata, la speculazione finanziaria. Come ha scritto Federico Fubini sul
Corriere della Sera basta un algoritmo per spostare enormi masse di denaro. Gli esperti analizzano,
consigliano, indirizzano, con teorie spesso contrapposte.
John Kennet Galbraith ha scritto che quando si legge uno studio economico bisogna chiedersi se qualcuno
lo ha finanziato. Un'affermazione pesante, provocatoria, per ammonire che gli interessi in gioco sono tanti e
spesso oscuri.
La parola inflazione viene dal greco, vuol dire gonfiare. E torniamo al quesito iniziale: è giusto soffiare nel
pallone dell'economia? Mario Draghi lo sta facendo con forza e determinazione ma l'ossigeno dei suoi
polmoni da solo non basta. Lo stesso governatore auspica riforme strutturali, forti, condivise. Serve la
politica, se non si vuole che il pallone scoppi o voli via.
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13/03/2016Pag. 26
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 81
welfare e lavoro non si può crescere chiedendo solo diritti e trascurando i doveri Sforzo comune Tutti devono rimboccarsi le maniche, altrimenti non ci sarà uno sviluppo ma un addiocollettivo alle libertà individuali Alberto Brambilla n
el nostro Paese si dibatte spesso sui motivi che ci relegano agli ultimi posti delle classifiche internazionali
su competitività, sviluppo, innovazione, libertà economiche, produttività ed altre variabili. Il World Economic
Forum nel suo Global Competitiveness Index basato su tre indici (Contesto macroeconomico nel quale
pesa il debito pubblico e la pressione fiscale, la qualità delle pubbliche amministrazioni e la tecnologia), ci
assegna un poco lusinghiero 49° posto su 144 Paesi analizzati a pari punti con Kazakhstan, Costa Rica,
Filippine e Panama.
Si fanno molte analisi per cercarne le cause, altre ancora per capire come sia stato possibile accumulare
un così gravoso debito pubblico che peraltro rappresenta anch'esso un grande freno allo sviluppo. I motivi
sono sicuramente di natura economica, di organizzazione, di eccesso di legislazione ma credo che una
parte non irrilevante là si possa riscontrare nel binomio diritti - doveri. Il nostro Paese sembra infatti la patria
dei diritti ma non quella dei doveri; vi sarà capitato di seguire i talk show televisivi e soprattutto i dibattiti con
i politici. In tal caso avrete sentito frequentemente la parola diritti ma difficilmente quella doveri. Tutti i
politici elencano una serie di diritti che secondo loro vanno implementati senza neppure conoscere a volte
la composizione della nostra spesa pubblica e senza pensare che gran parte di quello che consumiamo
oggi non lo paghiamo noi ma la mettiamo a debito delle future generazioni.
Nella dichiarazione americana dei diritti e dei doveri dell'uomo adottata nell'aprile del 1948 si legge che
«diritti e doveri sono interrelati in ogni attività umana, sociale e politica. Mentre i diritti esaltano la libertà
individuale, i doveri esprimono la dignità di quella libertà».
Tratto quindi l'argomento perché lo ritengo essenziale per il futuro del nostro Paese sapendo che non si
può generalizzare e pensando con rispetto alle tante persone che i doveri li avrebbero voluti fare ma che
per motivi fisici o psichici o per cattiva sorte non hanno potuto. Orbene, tutti hanno diritti: alla sanità, alla
scuola, alla pensione, alla casa, al lavoro e così via. Ma chi deve garantire questi diritti se non l'individuo
stesso e la collettività degli individui nell'ambito delle proprie disponibilità? E come si attuano i diritti? Solo
se il «collettivo» nel suo insieme adempie pienamente ai propri doveri. Ad esempio, tutti hanno diritto di
essere curati e di non incappare in malasanità. Ma spesso la malasanità dipende da altri soggetti che non
hanno fatto il proprio dovere. Il viadotto crollato o la strada rovinata e piena di buche limitano i diritti dei
cittadini alla circolazione e alla sicurezza; spesso non è colpa della natura avversa ma responsabilità di chi
ha progettato e costruito con scarso senso del dovere.
Nelle pubbliche amministrazioni (ma il concetto vale anche per le attività private) ci sono molte cose che
non funzionano. Poi si scopre che tanti rappresentanti del popolo pensavano solo ai propri interessi con un
senso civico del dovere prossimo allo zero. Ma sono pochi o è poco diffuso il senso civico del dovere? A
guardare la cronaca c'è di che preoccuparsi: i falsi braccianti agricoli scoperti a migliaia, gli ispettori Inps
che «taroccavano i verbali di accertamento» e non erano mica pochi; i falsi invalidi a migliaia che tolgono
diritti ai veri invalidi; i fatti di Roma (mafia capitale) non certo di poche persone.
E che dire di gran parte dei Consigli Regionali accusati di spese non consone o delle acquisizioni di certuni
«a loro insaputa». Per non parlare poi del dovere di pagare le tasse; e invece dalle dichiarazioni Irpef 2014
(per l'anno 2013) risulta che il 46,5% dei contribuenti (19,079 milioni) hanno redditi da zero o negativi fino a
15.000, dichiarano solo il 16,20% del totale dei redditi, cioè 130 miliardi per un reddito medio di 6.851 (571
euro al mese, meno di un pensionato sociale con integrazione); l'imposta media pagata è pari a 485 per
13/03/2016Pag. 27
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 82
contribuente ma considerando il rapporto cittadini italiani (60.782.668) su contribuenti (40.989.567) ogni
contribuente ha in carico 1,483 cittadini per cui ai 19,079 milioni di dichiaranti fino a 15.000 corrispondono
28.295.197 cittadini e l'imposta media annua pagata pro capite è pari a 327. Per garantire la sola sanità
che costa 1.790 per ogni cittadino occorre che altri paghino circa 41 miliardi di euro.
Vi pare che un Paese come l'Italia abbia la metà della popolazione sotto la soglia di povertà? E come si fa
a garantire il diritto alla pensione, all'assistenza e alla sanità con questo pesante squilibrio diritti-doveri?
Oggi, come risulta dal 3° Rapporto di Itinerari Previdenziali la metà dei pensionati sono assistiti e lo Stato
spende circa il 53% della spesa totale per pensioni, assistenza e sanità. Per dare diritti occorre che tutti ci
si rimbocchi le maniche senza se e senza ma; diversamente non ci sarà sviluppo ma un addio ai diritti e
alla libertà individuale che questi esprimono.
Docente e Presidente Itinerari Previdenziali
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13/03/2016Pag. 27
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 83
Pensioni a caro prezzo, il caos ricongiunzioni Ipotesi sconto sulle rate Sindacati e minoranza pd in pressing per cambiare le regole La procedura Molti lavoratori rinunciano,perdendo parte dei versamenti, incassati poi dagli enti Enrico Marro ROMA L'economia per svilupparsi, si dice, ha bisogno anche di una sostenuta mobilità sul mercato del
lavoro. È finita l'era del posto fisso. Solo che il sistema pensionistico fa poco per agevolare chi cambia
lavoro. L'esempio più eclatante è quello delle ricongiunzioni onerose, un pasticcio che si trascina da più di
cinque anni senza che nessun governo, nonostante le solenni promesse, abbia risolto la questione.
Il risultato è che ogni anno migliaia di lavoratori non riescono ad andare in pensione per il semplice motivo
che, avendo fatto lavori diversi con contributi versati in parte all'Inps e in parte ad altri enti, non possono
sommarli gratuitamente ma devono fare la «ricongiunzione onerosa», cioè a pagamento, presso l'ente che
dovrebbe liquidare loro la pensione finale e che per farlo chiede un conto salato (da decine di migliaia a
somme che superano i centomila euro, secondo i casi) perché in pratica il calcolo è simile a quello del
riscatto della laurea a fine carriera. Solo che, a differenza dell'Università, qui i contributi sono stati versati e
dunque è come pagarli due volte. Molti quindi rinunciano, come documenta il patronato Inca-Cgil, perdendo
parte dei versamenti che vengono incamerati dagli enti (i cosiddetti contributi silenti). Dalla commissione
Lavoro della Camera, dove sono state presentate numerose proposte di legge (tra queste anche quella del
presidente Cesare Damiano), Maria Luisa Gnecchi (Pd) annuncia che nei prossimi giorni verrà chiesta
un'audizione all'Inps sul tema mentre Cgil, Cisl e Uil sono in pressing su Giuliano Poletti. Tanto più che lo
stesso ministro del Lavoro, in Parlamento, ha assicurato la volontà del governo di intervenire, dopo che un
emendamento alla legge di Stabilità 2016 non è passato perché la Ragioneria generale dello Stato
chiedeva adeguate coperture. Ma vediamo da cosa nasce il problema.
Fino al 2010 la ricongiunzione dei contributi versati in diversi enti era gratuita quando gli stessi erano
ricongiunti presso l'Inps mentre era a pagamento presso l'Inpdap (dipendenti pubblici) o altri enti che
assicuravano un rendimento maggiore. Insomma c'era una logica: se ci guadagni è giusto che paghi la
differenza, altrimenti no. Ma nel 2010 con la famigerata legge 122 la ricongiunzione divenne onerosa anche
presso l'Inps. Si trattò di un blitz del governo Berlusconi che, costretto da una sentenza della Corte europea
di giustizia ad aumentare a 65 anni l'età pensionabile delle donne nel pubblico impiego, temeva una fuga di
tutte le lavoratrici pubbliche che avevano contributi anche nel privato, all'Inps, dove l'età di pensionamento
era ancora a 60 anni. Con la legge di Stabilità 2012 il governo Monti corresse parzialmente la norma,
consentendo il «cumulo» (senza pagare) ma solo per l'accesso alla pensione di vecchiaia e a patto che il
lavoratore non avesse già raggiunto i 20 anni di contribuzione in uno degli enti in cui aveva versato. Il
cumulo, anche se tecnicamente diverso dalla ricongiunzione, assicura lo stesso importo di pensione e
quindi non si perdono contributi. Come invece accade ancora. «Ad oggi, infatti, - sottolinea Gnecchi - sono
tuttora esclusi migliaia di lavoratori che potrebbero andare in pensione, ma non possono farlo solo perché
hanno più di 20 anni in una gestione, quando è evidente che a 66 o 67 anni ciò sia normale».
A ottobre 2015 un emendamento alla legge di Stabilità caldeggiato da Poletti era corredato da una stima
dell'Inps che quantificava in un miliardo e mezzo il costo complessivo, dal 2016 al 2025, dell'eliminazione
del vincolo dei 20 anni, prevedendo che i lavoratori coinvolti dal cumulo sarebbero stati più di 300 mila.
Stime che però sono state ritenute troppo prudenti dalla Ragioneria e la modifica è così rimasta nel
cassetto. Ora Gnecchi e Damiano tornano alla carica. «Consentire il cumulo anche a chi ha più di 20 anni
di versamenti presso un ente è il minimo che si possa fare - dice Gnecchi -. Ma sarebbe giusto anche
consentire l'operazione non solo ai fini della pensione di vecchiaia ma anche per quella di anzianità,
considerando tra l'altro che ormai ci vogliono più di 42 anni di contributi».
13/03/2016Pag. 29
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 84
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La previdenza in Italia Età effettiva al pensionamento per sesso 1970-2012 Spesa pensionistica in
percentuale della spesa pubblica al netto degli interessi passivi Fonte: Itinerari previdenziali d'Arco 1970
1972 1974 1976 1978 1980 1982 1984 1986 1988 1990 1992 1994 1996 1998 2000 2002 2004 2006 2008
2010 2012 1989 1990 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005
2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 55 57 59 61 63 65 35 33 31 29 27 25 Donne Uomini
La normaIl ministro del Lavoro Giuliano Poletti (nella foto) ha sollecitato una revisione della normativa vigente sui
ricongiungi-menti 100 mila euro è il conto finale che può raggiungere il costo del ricongiungi-mento
pensionistico per i lavoratori che hanno fatto versamenti previdenziali a enti diversi
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 85
La Lente Ecco le scelte di portafoglio dopo il piano della Bce Giuditta Marvelli L a settimana dei mercati si è chiusa con un'impennata grazie al nuovo pacchetto di misure anti deflazione
annunciato da Mario Draghi. Ma quali sono le prospettive e le strategie per chi investe nei prossimi mesi?
La volatilità delle Borse non scomparirà e i bond avranno rendimenti ancora piu' bassi per un po', ma la Bce
ha messo in campo anche più di quel che ci si aspettava. «Corriere Economia», in edicola domani con il
«Corriere della Sera», propone l'aggiornamento ragionato delle tre ricette costruite per seguire i destini
dell'euro nel novembre 2011, nel momento peggiore per l'Europa, e man mano adeguate nelle successive
fasi della crisi del debito. Anche se sembra paradossale i migliori risultati (+49%, il 12% l'anno) sono quelli
del mix piu' ottimista, quello che da quattro anni a questa parte scommette sulla tenuta dell'euro e che ora
offre suggerimenti a chi crede in un positivo effetto della cura per la crescita proposta dalla Bce. Azioni,
anche europee, Btp Italia e bond societari a breve sono tra i principali ingredienti. Ma anche i pessimisti
troveranno idee che riflettono il loro stato d'animo, con dosi di oro e bond in valute diverse dall'euro a
sposare le esigenze piu' difensive. Un punto ritorna nei giudizi di analisti e gestori interpellati: la Bce ha
fatto tutto il possibile. Ma è difficile immaginare il ritorno della crescita senza l'avvio di politiche fiscali ed
economiche piu' condivise da tutta l'Europa.
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13/03/2016Pag. 29
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 86
Stretta sui voucher, obbligo di sms La mossa del governo contro gliabusi Lavoro, un messaggio all'Inps per ogni buono. Premi aziendali, il decreto taglia tasse Lorenzo Salvia ROMA Sono arrivati nel 2008, all'inizio servivano per pagare i pensionati e gli studenti che andavano a fare
la vendemmia. Poi il campo di applicazione dei voucher è stato esteso a tutti i settori, dal commercio al
turismo, fino all'edilizia. Ed è stato boom. L'anno scorso un dipendente su dieci è stato pagato almeno una
volta con questi buoni lavoro, 7 euro e 50 ad ora, più minicontributi che non basteranno certo a costruire
una pensione. L'ultimo ritrovato nel campo della flessibilità, disponibile online ma pure dal tabaccaio, ha
visto la sua diffusione crescere del 66% rispetto all'anno precedente. E c'è il sospetto che oltre ad aver
tirato fuori dal lavoro nero le prestazioni occasionali, come la vendemmia delle origini, possa essere usato
anche per «nascondere» lavoratori che sono dipendenti a tutti gli effetti. Pagandoli meno, e senza nessun
problema per mandarli via da un momento all'altro. Per questo il governo sta per modificare le regole dei
voucher, rendendoli più tracciabili. Prima di utilizzare un buono lavoro, il datore di lavoro dovrà inviare via
sms all'Inps il nome del lavoratore e la durata del rapporto. E lo stesso dovrà essere fatto quando il
rapporto si conclude. Sembra un dettaglio, ma non lo è.
Con le regole di oggi un lavoratore non può incassare attraverso i voucher più di 7 mila euro l'anno. E non
può prenderne più di 2 mila dalla stessa azienda. Eppure secondo i dati dell'Inps, che ha avviato un
monitoraggio, il 40% delle persone che ricevono voucher ha proprio nei buoni l'unica fonte di reddito. Il
sospetto è che i buoni siano utilizzati a volte per coprire rapporti di lavoro più lunghi o più intensi del
consentito. «Contratti», cioè, che supererebbero le soglie di reddito fissate dalla legge, che pure rispetto al
passato sono state alzate. Lo stesso presidente dell'Inps, Tito Boeri, ha parlato di «rischio abusi» e «nuova
precarietà» il ministro del Lavoro Giuliano Poletti di «boom sospetto». L'obbligo di sms impedirebbe al
datore di lavoro di comprare un voucher e tenerlo nel cassetto, attivandolo solo in caso di problemi, come
un infortunio.
I correttivi dovrebbero arrivare nei prossimi giorni con un provvedimento del ministero del Lavoro. Prima,
però, arriverà il decreto attuativo della legge di Stabilità che introduce la tassazione agevolata del 10% sui
premi di risultato messi in busta paga. E azzera le tasse se il dipendente e l'aziende decidono di
trasformare il premio in servizi di welfare , come i buoni per pagare l'asilo nido o la baby sitter. Tutti benefit
che il popolo dei voucher si sogna.
lorenzosalvia
© RIPRODUZIONE RISERVATA
ImpreseDetassare gli utili reinvestiti in azienda e agevolare la ricerca. Sono queste alcune delle misure allo studio
del governo per l'Investment compact 2. Il pacchetto di interventi in arrivo dovrebbe stimolare la crescita di
economia e l'occupazione.
13/03/2016Pag. 30
diffusione:308087tiratura:395884
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 87
L'inchiesta Anas Il costo del paese illegale Sergio Rizzo S econdo i dati del Fondo monetario internazionale non c'è in Eurolandia economia che dall'inizio del nuovo
secolo sia andata peggio di quella italiana. Fra il 2001 e il 2015 il Prodotto interno lordo pro capite a prezzi
costanti, cioè la ricchezza reale prodotta da ciascuno di noi, è diminuito dell'8,5 per cento. Anche la Grecia
ha fatto meglio: meno 7,3 per cento. Per non parlare del confronto con i Paesi più ricchi dell'Unione.
Quindici anni fa il Pil pro capite di ogni tedesco era superiore di appena 1.700 euro a quello di ciascun
italiano. Nel 2015 la differenza è salita a 8.500 euro. Crisi o non crisi. Vi chiederete: che cosa c'entra tutto
questo con le tangenti dell'Anas che ieri hanno portato in carcere 19 persone? L'economista Mario
Baldassarri ha calcolato che se nei 13 anni compresi fra il 2002 e il 2014 si fossero combattute seriamente
corruzione ed evasione fiscale il Pil reale italiano sarebbe oggi superiore del 17 per cento a quello attuale.
E la classifica dell'autorevole Transparency international parla se possibile ancora più chiaro. Fra il 2001 e
il 2015 la Germania, che ha registrato in quel periodo la migliore performance economica dell'area euro,
con le sole eccezioni del Lussemburgo e dei Paesi dell'ex blocco sovietico, ha migliorato la propria
posizione nella graduatoria internazionale della corruzione percepita di ben dieci posizioni, salendo dal
ventesimo al decimo posto. Mentre l'Italia, invece, precipitava in basso di ben 32 caselle: dalla numero 29
alla 61. Nel 2001 ci separavano dalla Germania nove posizioni. Oggi, ben cinquantuno.
I l fatto è che nelle economie avanzate la corruzione non rappresenta soltanto un danno economico diretto
per lo Stato, ma in combutta con la cattiva burocrazia si trasforma in un formidabile freno allo sviluppo.
La Corte dei conti non ha mai confermato la valutazione di un costo di 60 miliardi l'anno. Ma di sicuro, se
sono vere le stime del governo Monti secondo cui la corruzione farebbe salire di almeno il 40 per cento il
prezzo delle opere pubbliche, non ci andiamo troppo lontani. Questo però è ancora niente rispetto agli
effetti nefasti sull'intera economia. La corruzione mortifica la concorrenza e blocca l'innovazione: perché
spendere per migliorare i prodotti e rendere più efficiente la propria azienda quando si può vincere un
appalto pagando una mazzetta? La corruzione colpisce dunque alle fondamenta la competitività del
sistema Paese, in un rapporto simbiotico con la burocrazia parassitaria. Più cresce la burocrazia, più
aumentano le occasioni per corrotti e corruttori. È quasi una legge fisica che, si badi bene, non vale
soltanto per le imprese e gli appalti pubblici. Ed è questo forse l'aspetto più grave e allarmante. Grazie a
una burocrazia sempre più pervasiva e autoreferenziale la corruzione è diventata molecolare, penetrando
così in profondità da impregnare interi pezzi della società italiana. A cominciare dalla stessa Capitale. Nel
libro scritto dall'ex assessore alla Legalità del Comune di Roma Alfonso Sabella con Giampiero Calapà
(«Capitale infetta») si racconta di una metropoli nella quale le metastasi non hanno risparmiato alcun
settore dell'amministrazione.
Il germe che ha fatto dilagare la corruzione a tutti i livelli, sostiene il presidente dell'Anac Raffaele Cantone,
è nel fatto che per esercitare diritti elementari riconosciuti dalla Costituzione (come la salute...) siamo
invece spesso costretti a chiedere favori. Tanto i labirinti burocratici sono impenetrabili che la ricerca delle
scorciatoie è inevitabile. Se questo è vero basterebbe ricondurre la burocrazia alla sua funzione di
semplificare, anziché complicare, la nostra vita. C'è solo il piccolo problema che dovrebbe occuparsene la
politica. E purtroppo, in tutti questi anni, abbiamo visto i risultati.
Sergio Rizzo
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12/03/2016Pag. 1,31
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 88
Mercati Rialzo dei titoli bancari dopo il piano Bce. Wall Street corre. Cresce l'insofferenza tedesca Effetto Draghi, volano le Borse Milano migliore in Europa, +4,8%. Industria, produzione ai massimi dal 2011 Ferraino, Taino Euforia sui mercati con un giorno di ritardo per i nuovi interventi annunciati da Mario Draghi per sostenere
l'economia. Il «bazooka» della Banca centrale europea, contro la quale cresce l'insofferenza della politica
tedesca, ha spinto tutte le Borse. Milano la migliore: +4,8%. Il prezzo del petrolio potrebbe aver toccato il
fondo. La produzione industriale italiana è cresciuta a gennaio oltre le attese.
a pagina 12
Milano I mercati festeggiano con un giorno di ritardo la manovra espansiva della Banca centrale europea,
che giovedì ha tagliato a zero i tassi di interesse, ha spinto in ulteriore territorio negativo i tassi sui depositi
delle banche presso la Bce, aumentato da 60 a 80 miliardi mensili gli acquisti di titoli di Stato includendo
anche i corporate bond, e lanciato un nuovo pacchetto di prestiti agevolati alle banche per rilanciare la
crescita e allontanare il rischio di deflazione nell'eurozona. Lo Stoxx 600 è salito del 2,6%, mentre i
principali listini europei hanno messo a segno forti rialzi. Milano è stata la migliore Borsa in Europa con un
balzo del 4,80% grazie alla spinta delle banche, con Unicredit in volo del 9,46%, Bpm del 9,44% e Ubi del
9,26%, e al buon dato sulla produzione industriale, cresciuta dell'1,9% a gennaio rispetto a dicembre e del
3,9% rispetto al gennaio 2015. Madrid ha guadagnato il 3,69%, Francoforte è salita del 3,51%, Parigi ha
chiuso a 3,27% e Londra a +1,71%. Vento in poppa anche a Wall Street: a due ore dalla chiusura il Dow
Jones guadagnava oltre 200 punti (+1,18%), e il Nasdaq saliva dell'1,49%.
Al rally sui mercati ha contribuito l'ottimismo diffuso dall'Agenzia internazionale per l'energia sulle
prospettive del petrolio: la caduta dei prezzi del greggio potrebbe avere toccato il fondo, anche se il
cammino per un ritorno delle quotazioni alla normalità sarà lungo. La produzione di Stati Uniti e Paesi non
Opec sta cominciando a scendere rapidamente, mentre gli aumenti di offerta iraniana sono meno
drammatici del previsto, ha riferito l'Iea. La produzione non Opec diminuirà di 750 mila barili al giorno
quest'anno, pari a un taglio del 25% in più rispetto ai 650 mila barili al giorno in meno stimati in precedenza.
E questo è bastato a far salire ancora i l prezzo del Brent, ieri a 40,41 dollari al barile, mentre il Wti
americano ha guadagnato il 2% a 38,64 dollari al barile.
L'euforia ieri ha contagiato anche lo spread tra Btp decennali e Bund tedeschi, che ieri è sceso fino a 105
punti dai 110 punti di giovedì, con un rendimento dell'1,34%. L'euro, che giovedì era a sorpresa prima
sceso di un centesimo e poi aveva invertito direzione superando la soglia di 1,12 sul dollaro dopo la
conferenza stampa del presidente della Bce Mario Draghi, ieri è sceso fino a 1,1081, per poi chiudere a
1,11. Ma il cambio resta una grande incognita. In teoria la moneta unica dovrebbe indebolirsi per i
fondamentali che sono meno positivi in Europa rispetto agli Stati Uniti, per le nuove mosse aggressive
lanciate dalla Bce ma anche alla luce del percorso divergente della politica monetaria americana. In pratica,
però, questo non sta succedendo, o almeno non ancora.
Giuliana Ferraino
@16febbraio
© RIPRODUZIONE RISERVATA
I mercati Piazza Affari Ieri Ieri Ieri Ieri Parigi Milano, i maggiori rialzi Londra Francoforte Lo Spread 160 150
140 130 120 110 100 11 Febbraio 11 Marzo d'Arco 4,05 Valore € 0,7365 4,06 7,96 7,255 +9,46 Var. %
+9,44 +9,26 +9,12 +8,69 105 punti base 21,9 20,7 19,5 18,3 17,0 15,8 14,5 4,75 4,58 4,41 4,24 4,07 3,90
3,73 12 21 4 18 DIC GEN 1 15 29 FEB 11 MAR 12 21 4 18 DIC GEN 1 15 29 FEB 11 MAR 12 21 4 18 DIC
GEN 1 15 29 FEB 11 MAR 12 21 4 18 DIC GEN 1 15 29 FEB 11 MAR 6,36 6,21 6,06 5,92 5,78 5,63 5,49
10,9 10,5 10,1 9,6 9,2 8,7 8,3 +4,8% +3,2% +1,71% +3,5%
12/03/2016Pag. 1,12
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 89
La parola
spreadLo spread misura la differenza tra due tassi di interesse. In particolare quando usiamo la parola spread ci
riferiamo al differenziale tra il Btp decennale e l'analogo Bund tedesco. Ieri lo spread tra i due titoli di Stato
ha chiuso a 105 punti, in discesa rispetto a un mese fa, quando era tornato a impennarsi a causa della forte
volatilità sui mercati, anche se non ancora ai livelli raggiunti a fine gennaio, quando era sceso fino a 95
punti
12/03/2016Pag. 1,12
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 90
Bottega Veneta Parla Carlo Alberto Beretta Lusso «Il Made in Italy è senza confini Non solo borse, più scarpe evestiti» maria silvia sacchi Bottega Veneta punta a raggiungere i 2 miliardi di ricavi. È l'obiettivo del nuovo piano industriale messo a
punto dal Ceo Carlo Alberto Beretta e dal direttore creativo Tomas Maier. Il programma, che segna la «fase
2» della società del gruppo Kering, punta su un rafforzamento di accessori e abbigliamento. Produzione
tutta italiana.
A pagina 9
Obiettivo, due billion. Due miliardi di euro. Nell'anno che segna i 50 anni di vita dell'azienda e i 15 sotto la
direzione creativa di Tomas Maier, Bottega Veneta ha rivisto la propria organizzazione e predisposto un
nuovo piano strategico che punta a raggiungere, appunto, i 2 miliardi di euro di fatturato. «Quando Kering
(holding francese guidata da François-Henri Pinault, ndr ), ai tempi di Gucci Group, ha rilevato il marchio,
nel 2001, Bottega Veneta fatturava 35 milioni di euro. Grazie a Tomas Maier e a chi mi ha preceduto
abbiamo superato il miliardo. Adesso abbiamo questa nuova sfida davanti a noi», dice l'amministratore
delegato Carlo Alberto Beretta. Anche il manager ha da poco festeggiato un anniversario: un anno
trascorso alla guida della società nota per le borse intrecciate, un marchio di fabbrica.
Chiamato a sostituire Marco Bizzarri, passato in Gucci, Beretta veniva da Zegna. Di questo anno trascorso
dice che è servito a porre «le basi dell'evoluzione di Bottega Veneta. Non vogliamo stravolgerla, ma farla
evolvere. Le nostre radici sono nella pelletteria, e qui resterà il nostro core business. Ma attorno a questo
vogliamo consolidare una serie di altri prodotti». È stato un anno di cambiamento anche per Beretta, «ciò
che mi ha colpito di più - dice - è stato vedere quanto facilmente sono stato accolto e quanto facilmente
sono stato integrato nell'azienda. Questa è una società che ha una cultura forte ma, allo stesso tempo,
estremamente aperta. È la cultura che voglio portare a tutti i nostri clienti finali». In questa prima intervista
fa il punto di ciò che è stato fatto e in particolare di ciò che accadrà.
Il piano
Calzature, gioielli, soprattutto abbigliamento. Posizionamento in quello che è chiamato il «lusso assoluto».
Revisione della distribuzione per far spazio ai nuovi prodotti. Un rapporto con il cliente finale sempre più
stretto. E assolutamente no all'idea di mettere subito in vendita ciò che viene presentato in sfilata,
argomento di cui si è molto discusso in occasione dell'ultima settimana della moda milanese. «I grandi
creativi anticipano i gusti dei consumatori di domani, creano il sogno - dice il Ceo -. C'è bisogno di tempo
perché i clienti capiscano i prodotti e anche i prodotti hanno bisogno di tempo per essere realizzati. Un
equilibrio che non bisogna rompere. È stato, invece, molto importante per tutti che Milano sia tornata in
testa alle fashion week mondiali».
I team
Il primo passo del piano strategico sono state le calzature, collezione d'esordio per il nuovo sviluppo della
categoria la primavera estate 2016. «Abbiamo creato un nuovo team e una nuova organizzazione
industriale e iniziato la revisione dei negozi per adattarne gli spazi, visto che erano stati costruiti per
vendere leather goods ». Ora è il momento di rinforzare l'abbigliamento. Anche in questo caso è stata
creata una business unit dedicata, completamente separata dalla pelletteria. «Sappiamo - spiega Beretta -
che sarà un processo più lungo. Veniamo dall'esperienza nella pelletteria dove abbiamo un forte know how,
qui stiamo sperimentando e imparando. Per questo non ci siamo dati una scadenza». Una terza categoria
che diventerà «sempre più importante» sono i gioielli fashion, «completano il look senza andare nei punti
prezzo di una borsa».
14/03/2016Pag. 1 N.10 - 14 marzo 2016
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 91
Puntare su categorie diverse dal core business ha voluto dire ripensare l'organizzazione interna e la nuova
Bottega Veneta vede oggi una strutturazione per unità di business, con squadre di manager, creativi, realtà
produttive dedicate. Un piano «scritto a quattro mani con Tomas Maier che continuerà ad avere la direzione
creativa di tutto. Bottega Veneta - spiega l'amministratore delegato - è strutturalmente legata alla visione di
Tomas, che ha recuperato i valori fondanti del marchio, l'artigianalità, la qualità altissima dei materiali, lo
stile senza tempo ma innovativo, la funzionalità, il made in Italy. Anzi, su questo punto specifico, direi che
per noi è essenziale il legame con il territorio, tanto che possiamo parlare di made in Veneto, dove
realizziamo la maggior parte dei nostri prodotti».
I numeri
Nel 2015 Bottega Veneta ha contribuito al fatturato complessivo di Kering con 1.285,8 milioni di euro,
portando 413,8 milioni di margine operativo lordo. I ricavi sono realizzati per l'80% grazie alla distribuzione
diretta, con un rapporto rispetto ai negozi multimarca che l'attuale management intende mantenere. In
Medio Oriente lo scorso novembre ha rilevato i negozi che prima erano in franchising. Negli Usa, invece, ha
negoziato rapporti di partnership più stretti con i grandi department store, per una serie di shop in shop.
«Rinforzare il mondo dell'esclusività ci porta a essere più selettivi nella distribuzione», spiega Beretta. Tra i
progetti del 2016 l'apertura a maggio della seconda maison Bottega Veneta, a Beverly Hills, in California,
dopo la prima avvenuta a Milano. Cui seguirà nel 2017 la location si New York.
L'anno che è appena iniziato non sarà facile, molte le incertezze sui mercati. Beretta preferisce vederne le
opportunità. «Dopo un 2015 caratterizzato dai grandi flussi turistici asiatici, che si sono ridimensionati
notevolmente dopo gli attacchi di Parigi, si sta assistendo adesso a un ritorno della clientela locale, gli
italiani, i tedeschi, i francesi, gli spagnoli, gli inglesi, ma anche i cinesi in Cina. È un fenomeno
generalizzato, per questo il nostro focus oggi è su questo tipo di clientela. Tra l'altro, è un consumatore che
cerca prodotti aspirazionali in modo diverso da quanto avveniva in passato, non il logo per ragioni di status,
ma artigianalità, altissima qualità, italianità».
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Il dibattitoUn errore vendere subito ciò che sfila. La moda crea sogni. E chiede tempo
I mercatiC'è un forte ritorno della clientela locale. Non cerca più status, ma alta qualità
Foto: Vertice Carlo Alberto Beretta
Foto: Al vertice Carlo Alberto Beretta. Da gennaio 2015 è amministratore delegato di Bottega Veneta, uno
dei marchi di punta del gruppo Kering di cui è chiamato a guidare oggi la seconda fase di espansione
14/03/2016Pag. 1 N.10 - 14 marzo 2016
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 92
IL PUNTO Lo Stato invadente che frena la crescita e la competitività DANIELE MANCA Al governo in queste settimane e mesi spetta un compito davvero difficile: riuscire a trasmettere l'idea che il
futuro dell'Italia può essere reso migliore, non solo perché Mario Draghi sta facendo di tutto per sostenere
una crescita europea altrimenti anemica. Spetta al governo perché, dopo la Bce - che, come si è visto, può
fare anche tanto ma non tutto - servono atti concreti, anche pochi quanto significativi, per far capire che il
nostro Paese può competere, come già fanno le sue migliori aziende nel mondo. Siamo l'economia che
nell'area dell'euro si sta riprendendo più lentamente dalla crisi del 2008. Siamo lontani dai picchi raggiunti
dal Prodotto interno lordo nel 2007, mentre altri paesi come Germania, Francia e Austria già nel 2014
avevano ritrovato i ritmi pre-crisi. La nostra quota nella creazione di ricchezza mondiale è scesa dal 3% del
2000 al 2% del 2014. La produttività in Italia che era sempre stata in aumento fino alle soglie del nuovo
millennio, dal 2000 in poi ha iniziato a calare. Un chiaro segnale: la nostra competitività era basata
essenzialmente sulla possibilità di svalutare la moneta, opzione evaporata con l'ingresso nell'euro. Ma se le
imprese sono state spinte naturalmente a riguadagnare margini di competitività ristrutturando se stesse,
pena l'esclusione dal mercato, questo non è avvenuto nel pubblico. Un recente studio del Fondo monetario
internazionale ha stimato che l'efficienza del comparto pubblico ha fortemente influenzato la produttività del
settore privato. Non si tratta solo di sensazioni: se la pubblica amministrazione avesse dappertutto la
stessa qualità nella sanità, educazione, giustizia civile, che ha nelle migliori zone del Paese, il Pil potrebbe
crescere del 2%. I dati della Banca mondiale indicano che in Italia servono 269 ore per pagare le tasse
contro i 176 dei Paesi Ocse.
Servono 1.120 giorni per dare efficacia a un contratto contro 538. Spesso, forse troppo, si parla di
proseguire nel varo di riforme strutturali. E sicuramente questo deve essere fatto, soprattutto nei casi come
la legge sulla concorrenza che, arrivata in Parlamento nel febbraio del 2015, attende ancora il via libera, sia
pure ridotta a brandelli dalle azioni delle lobby. Altrettanto spesso però si tratta di fare in modo che si inizino
ad applicare le regole esistenti. Emblematico, ad esempio, il caso del Tribunale di Torino che è riuscito ad
azzerare l'arretrato civile prima che la riforma prendesse corpo. E siamo sicuri che al Sud sia necessario
procedere solo in termini di investimenti? O non sarebbe invece necessario un controllo del territorio in
termini di regole da far rispettare e violazioni da non permettere? È un ambiente dove prevaricazioni e
comportamenti al limite dell'illegale, impediscono oggi di far affluire investimenti che pure sarebbero
disponibili. È facile parlare di riforme, ed è persino in qualche caso più semplice farle approvare in un
Parlamento così riottoso. Il difficile è fare sentire la presenza dello Stato, della pubblica amministrazione al
fianco del cittadino e delle imprese e non a essi ostile. È lì che si gioca la vera partita di un Paese che si è
abituato a viaggiare con la ridotta. Al riparo da tanti, troppi alibi.
DANIELE MANCA
@daniele_manca
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Al governo in queste settimane e mesi spetta un compito davvero difficile: riuscire a trasmettere l'idea che il
futuro dell'Italia può essere reso migliore, non solo perché Mario Draghi sta facendo di tutto per sostenere
una crescita europea altrimenti anemica. Spetta al governo perché, dopo la Bce - che, come si è visto, può
fare anche tanto ma non tutto - servono atti concreti, anche pochi quanto significativi, per far capire che il
nostro Paese può competere, come già fanno le sue migliori aziende nel mondo. Siamo l'economia che
nell'area dell'euro si sta riprendendo più lentamente dalla crisi del 2008. Siamo lontani dai picchi raggiunti
dal Prodotto interno lordo nel 2007, mentre altri paesi come Germania, Francia e Austria già nel 2014
avevano ritrovato i ritmi pre-crisi. La nostra quota nella creazione di ricchezza mondiale è scesa dal 3% del
14/03/2016Pag. 1 N.10 - 14 marzo 2016
La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 93
2000 al 2% del 2014. La produttività in Italia che era sempre stata in aumento fino alle soglie del nuovo
millennio, dal 2000 in poi ha iniziato a calare. Un chiaro segnale: la nostra competitività era basata
essenzialmente sulla possibilità di svalutare la moneta, opzione evaporata con l'ingresso nell'euro. Ma se le
imprese sono state spinte naturalmente a riguadagnare margini di competitività ristrutturando se stesse,
pena l'esclusione dal mercato, questo non è avvenuto nel pubblico. Un recente studio del Fondo monetario
internazionale ha stimato che l'efficienza del comparto pubblico ha fortemente influenzato la produttività del
settore privato. Non si tratta solo di sensazioni: se la pubblica amministrazione avesse dappertutto la
stessa qualità nella sanità, educazione, giustizia civile, che ha nelle migliori zone del Paese, il Pil potrebbe
crescere del 2%. I dati della Banca mondiale indicano che in Italia servono 269 ore per pagare le tasse
contro i 176 dei Paesi Ocse.
Servono 1.120 giorni per dare efficacia a un contratto contro 538. Spesso, forse troppo, si parla di
proseguire nel varo di riforme strutturali. E sicuramente questo deve essere fatto, soprattutto nei casi come
la legge sulla concorrenza che, arrivata in Parlamento nel febbraio del 2015, attende ancora il via libera, sia
pure ridotta a brandelli dalle azioni delle lobby. Altrettanto spesso però si tratta di fare in modo che si inizino
ad applicare le regole esistenti. Emblematico, ad esempio, il caso del Tribunale di Torino che è riuscito ad
azzerare l'arretrato civile prima che la riforma prendesse corpo. E siamo sicuri che al Sud sia necessario
procedere solo in termini di investimenti? O non sarebbe invece necessario un controllo del territorio in
termini di regole da far rispettare e violazioni da non permettere? È un ambiente dove prevaricazioni e
comportamenti al limite dell'illegale, impediscono oggi di far affluire investimenti che pure sarebbero
disponibili. È facile parlare di riforme, ed è persino in qualche caso più semplice farle approvare in un
Parlamento così riottoso. Il difficile è fare sentire la presenza dello Stato, della pubblica amministrazione al
fianco del cittadino e delle imprese e non a essi ostile. È lì che si gioca la vera partita di un Paese che si è
abituato a viaggiare con la ridotta. Al riparo da tanti, troppi alibi.
DANIELE MANCA
@daniele_manca
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 94
Post Telecom Indagine di Kpmg sugli investimenti dei gruppi d'Oltralpe. Nel 2015 sono quadruplicati. Dopofinanza e industria, guardano alle infrastrutture Sfide Già in calendario altri derby Italia-Francia Dal 2006 Parigi ha speso 48 miliardi per 156 aziende. Risultati alterni: bene nel credito. Lavazzacontrattacca con Carte Noire L'Inghilterra è al secondo posto con 101 operazioni, la Germania al terzo: 84investimenti dal 2006 Lusso e banche i settori favoriti. Bulgari e Bnl sono le acquisizioni di maggiore taglia Daniela Polizzi Alimentare, infrastrutture, media. Con la parte del leone che spetta alle telecomunicazioni, dove Vivendi ha
conquistato con un gettone da circa 3,5 miliardi il 24,9 per cento di Telecom Italia. E vuole salire ancora. La
Francia batte così Regno Unito e Germania tra i Paesi che hanno investito di più sulla Penisola. La posta
messa sul piatto nel 2015 è arrivata a 4,5 miliardi per conquistare 23 aziende. Il totalizzatore sale a 48
miliardi spesi dalla «corporate France» per piazzare le sue pedine in Italia in dieci anni. In tutto sono state
acquisite 156 imprese, secondo l'indagine condotta da Kpmg Advisory per Corriere Economia . Il flusso di
liquidità verso la Penisola torna quindi a salire rispetto allo scorso triennio quando gli investimenti erano
scesi in media a 2,5 miliardi. Ed è quasi quattro volte quello del 2014 dove ha toccato il livello più basso
dall'avvio della crisi finanziaria del 2008. Il picco massimo era stato raggiunto nel 2011 (10,5 miliardi) ma in
quell'anno avevano pesato gli investimenti del fondo Eurazeo in Moncler, di Lactalis in Parmalat e di Lvmh
che aveva finalizzato l'acquisizione di Bulgari che da sola pesava 4,3 miliardi. L'Inghilterra nel 2015 è così
scivolata al secondo posto con 101 operazioni e la Germania al terzo (84).
Non si può dire che l'Italia sia stata altrettanto attiva in senso contrario, visto che dal 2006 ha investito a
Parigi 5 miliardi attraverso 73 acquisizioni. «C'è forte asimmetria tra i due mercati - commenta Maximilian
Fiani, partner di Kpmg -. La Francia ha fin qui svolto una campagna di shopping di qualità». Ma con
l'acquisizione da parte della Lavazza del leader del caffé Carte Noire per 700 milioni la tendenza potrebbe
invertirsi. In particolare dopo il vertice della scorsa settimana tra i due Paesi, a Venezia, dove il presidente
François Hollande e il premier Matteo Renzi hanno promesso una collaborazione a tutto campo, con
l'obiettivo di creare campioni in alcuni settori come le energie rinnovabili, l'industria navale, «probabilmente
anche la Difesa e le telecomunicazioni», ha aggiunto il capo di Stato. Tradotto, significa che Edison, al 100
per cento di proprietà del colosso Edf, sarà il perno dello sviluppo, in particolare attraverso l'alleanza nelle
energie eoliche stretta con il fondo per le infrastrutture F2i sulla base di partenza di 600 megawatt di
capacità e destinata a consolidare altri operatori.
I settori
Ma al centro delle riflessioni c'è anche la cantieristica. Che in Italia significa Fincantieri, il cui amministratore
delegato Giuseppe Bono ha esplorato due anni fa la combinazione con le attività della coreana Stx France -
la ex Chantiers de l'Atlantique - che ha bisogno di aggregarsi con alleati più forti nell'ambito di un processo
di consolidamento del settore.
È chiaro che il 2015 è stato l'anno del rafforzamento francese in Telecom Italia dove il gruppo Vivendi di
Vincent Bolloré vuole giocare da protagonista. Si tratta di un'operazione ancora da costruire, visto che
potrebbe avere risvolti nel settore dei contenuti, nella banda ultralarga e che dovrebbe vedere presto
protagonista anche Mediaset. Ma non c'è stata solo la media company di Bolloré. Sul capitale di Telecom
ha scommesso anche Xavier Niel, l'imprenditore dei servizi telefonici Numericable-Sfr e Iliad-Free, che ha
costruito una posizione in derivati di oltre il 15%. Vivendi ha poi puntato dritto sui contenuti salendo al 26%
di Benijay-Zodik, uno dei più grandi produttori indipendenti di programmi tv, che vede tra i soci anche De
Agostini (49%).
L'altra partita aperta dalla Francia è sulle infrastrutture aeroportuali. La gioca Dominique Senequier che ha
fondato il private equity Ardian, 55 miliardi di asset. Assieme a Crédit Agricole, il fondo francese ha investito
400 milioni per salire al 49% a fianco di F2i, guidata da Renato Ravanelli. Attraverso F2i aeroporti hanno
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investito nel 35,7% di Sea (Malpensa e Linate), del 70% di Gesac (Napoli) e del 54,5% di Sagat (Torino).
Indirettamente poi sono presenti nella Sacbo di Bergamo e Sab Bologna. È parte del piano di
consolidamento in Europa.
La taglia
Le operazioni di taglia grande sono quelle realizzate negli asset finanziari. In prima fila l'investimento di Bnp
Paribas in Bnl (8,7 miliardi), l'impegno del Crédit Agricole nel gruppo Cariparma (5,9 miliardi) ma anche
l'acquisto della compagnia Nuova Tirrenia da parte di Groupama per 1,6 miliardi. «Hanno dato solidità
patrimoniale alle banche comprate », dice Fiani. A ruota segue il lusso. Dopo Bulgari è arrivata
l'acquisizione per 2 miliardi di Loro Piana ad opera di Lvmh. «L'Italia ha perso alcuni presidi decisionali in
alcuni comparti - osserva Fiani - ma le aziende comprate sono tutte cresciute, anche all'estero . Cosa che
forse non sarebbe successa se fossero rimaste nel perimetro italiano». Non c'è stata solo Parmalat che ha
chiuso il 2015 con utili in calo del 28% per le criticità in Sudamerica ma con ricavi ampliati del 15% a 6,4
miliardi. L'anno scorso Ardian ha comprato l'80% di Irca, uno dei principali produttori italiani di ingredienti
per pasticceria.
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156 47 Aziende rilevate dal 2006 al 2015 Controvalore in miliardi di euro DIECI ANNI DI ACQUISTI
Operazioni Francia su Italia Numero di operazioni Miliardi di euro 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012
2013 2014 2015* 15 15 12 12 17 17 21 23 16 8 4,5 11,5 10,8 2,1 2,5 2,5 1,3 0,1 10,5 LA TOP TEN Milioni
di euro 2006 2007 2011 2011 2015 2013 2012 2007 2007 2007 Azienda acquisita Anno Acquirente Valore
Bnp Paribas Crédit agricole Lvmh Lactalis Vivendi Lvmh Edf Foncière des Régions Groupama Axa 8.730
5.966 4.300 3.727 3.292 2.000 1.677 1.631 1.250 1.150 Bnl Cariparma, Banca Popolare FriulAdria Bulgari
Parmalat Telecom Loro Piana Edison Beni Stabili Nuova Tirrenia Montepaschi Assicurazioni e Vita (1) (2)
(3) (4) (5) (1) Per 83,3%; (2) 21,4% quota dichiarata il 31-12- 20-15; a marzo 2016 la quota è salita a
23,8%; (3) 80%; (4) 68%: (5) 50%; (6) controvalore da bilancio Vivendi terzo trimestre 2015 Fonte: Kpmg
Pparra 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 (6) 4,5 11,5 10,8 2,1 2,5 2,5 1,1 1,3 0,1 10,5
Crédit AgricoleLa Banque Verte aveva ereditato Cariparma nell'ambito di uno «scambio» di asset imposto dall'Antitrust
quando il San Paolo di Torino, di cui i francesi erano soci, si unì con Intesa. Ricevettero appunto la banca di
Parma e Piacenza.
Oggi il gruppo affidato in Italia al Ceo Giampiero Maioli include La Spezia (ex Cassa di Risparmio) e
Friuladria. Il banchiere ha traghettato il gruppo Cariparma Crédit Agricole nel passaggio da banca
territoriale a player globale. L'investimento del 2007 ha ripagato la capofila francese guidata da Philippe
Brassac (nella foto). Da allora la realtà ha prodotto 2 miliardi di utili, con tutti i trimestri chiusi in attivo.
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ArdianÈ stato uno dei maggiori protagonisti nel mondo delle infrastrutture. Non per caso le operazioni di maggior
taglia le ha fatte a fianco del fondo F2i negli aeroporti e nella distribuzione del gas venduta da Enel. E del
fondo guidato da Renato Ravanelli è uno dei sottoscrittori di rilievo. Sotto la guida di Dominique Senequier
(nella foto), l'ex braccio per gli investimenti del gruppo assicurativo Axa, gestisce asset del valore di circa
50 miliardi.
Il focus è anche sull'industria alimentare. Ha comprato i preparati per dolci della Irca, assemblando altri
produttori del settore, creando una realtà con ricavi sopra i 200 milioni.
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Bnp ParibasJean-Laurent Bonnafé (nella foto), l'amministratore delegato di Bnp Paribas, ha fatto della Banca nazionale
del Lavoro uno dei presidi più forti dell'istituto francese all'estero.
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Bnl ha scelto due anni fa la strada del riposizionamento selettivo (ormai quasi concluso) verso le imprese,
grandi e medie, più orientate alle esportazioni e alle Pmi più dinamiche. In autunno è stato nominato
amministratore delegato Andrea Munari che ha assunto anche la responsabilità dell'intero gruppo bancario
francese in Italia. La competenza del gruppo Bnl è ormai su tutto il territorio italiano.
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Tendenze Parla l'analista di Citi, già consulente di Carter e Reagan, che aveva previsto sia la bolla del2008 sia il crollo di questi mesi Energia Il petrolio? È già pronto per il rimbalzo Morse: entro settembre a 50 dollari. E attenti: una crisi politica nei paesi produttori può creare nuovi shock Iprezzi bassi non fermeranno la rivoluzione americana dello shale MARIA TERESA COMETTO L' altalena dei prezzi petroliferi negli ultimi anni ha sconcertato la maggioranza degli investitori e contribuito
alla volatilità delle Borse. Ora le quotazioni stanno risalendo sopra i 40 dollari al barile, dopo essere crollate
verso i 20 a gennaio. Uno dei pochi analisti che fin dal febbraio 2015 aveva previsto correttamente il calo
dei prezzi è Ed Morse, capo globale della ricerca sulle materie prime per il gruppo bancario Citi. Ora Morse
vede l'oro nero rivalutarsi fino a 50 dollari al barile entro la fine di quest'anno.
La speculazione
Morse aveva visto giusto anche nel 2008, quando i prezzi petroliferi erano schizzati all'insù fino al massimo
di 147 dollari al barile l'11 luglio di quell'anno. «Il 70% di quell'aumento fu determinato dal flusso di capitali
finanziari - spiega Morse -. Ma non si trattava solo di speculatori. Erano soprattutto i fondi pensione
americani che avevano deciso di diversificare gli investimenti con le materie prime. All'epoca dominava la
teoria del 'superciclo delle commodity', secondo cui i prezzi delle materie prime avrebbero continuato a
salire sempre». Ma sulla base dei valori fondamentali e della dinamica domanda/offerta del mercato Morse
aveva capito che si trattava di una Bolla. «L'ho scritto in un rapporto della primavera 2008 intitolato oil.com,
dove paragonavo quei prezzi a quelli delle dot.com durante la Bolla di Internet - ricorda --. Sulla base del
costo di trovare il petrolio e svilupparne la produzione, secondo me il prezzo equo era 90 dollari».
Oltre un anno fa, Morse fu il primo a dire che il barile poteva scendere a 20 dollari. «Diversi fattori
giocavano a favore di quella tendenza - spiega -. Il primo era lo squilibrio fra offerta e domanda, con una
sovraproduzione mondiale causata dalla rivoluzione del fracking, la fratturazione idraulica del sottosuolo e
degli altri metodi non convenzionali di estrarre il petrolio. Dal 2010 al 2014 questi metodi hanno causato un
cambiamento strutturale del mercato, creando un surplus permanente della produzione nei Paesi della
costa atlantica, con un aumento del 26% in Brasile, 42% in Canada e 88% negli Stati Uniti. Prima di allora,
solo il Medio Oriente e la Russia avevano un surplus di produzione petrolifera».
Un altro fattore individuato da Morse è la decisione, sempre nel 2014, dell'Arabia Saudita di non tagliare la
produzione. «L'ha fatto per non perdere quote di mercato, anzi aumentarle - osserva l'analista -. Pesano
anche motivazioni politiche. I sauditi sono preoccupati delle manovre di Russia e Iran in Siria e reagiscono
con contromisure sia commerciali sia militari. Lo stesso giorno, il 25 marzo 2015, in cui i sauditi hanno
iniziato l'intervento militare in Yemen contro i ribelli sciiti supportati dall'Iran, hanno anche aumentato la
produzione petrolifera. E lo scorso ottobre, quando la Russia ha lanciato le sue operazioni in Siria, i sauditi
hanno per la prima volta venduto petrolio a Paesi europei fino ad allora riforniti dai russi: Germania,
Polonia, Finlandia e Svezia».
Fra i vari incarichi ricoperti da Morse nella sua lunga carriera, c'è stato anche il posto di vice assistente al
segretario di Stato per la Politica energetica internazionale sotto le amministrazioni Carter e Reagan. Ha
vissuto quindi in prima linea lo shock petrolifero del 1979 e avverte che un nuovo shock oggi è possibile.
Corsi & Ricorsi
«A fronte di una produzione giornaliera globale di 98 milioni di barili - spiega - solo l'Arabia Saudita ha una
capacità extra di un altro milione di barili al giorno, tutti gli altri Paesi sono al massimo delle capacità. In
molte aree la situazione politica è fragile: in Iraq, che produce 4,3 milioni di barili al giorno; in Algeria, 1
milione; in Nigeria, 1,8 milioni; in Venezuela, 2,2 milioni. Se una rivoluzione o un altro evento straordinario
sconvolgesse uno di questi Paesi, la produzione globale non soddisferebbe più la domanda e i prezzi si
impennerebbero».
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 98
Il boom petrolifero negli Stati Uniti si sta ridimensionando, perché il crollo dei prezzi ha reso meno
economica l'estrazione, ma è un fenomeno destinato a durare a lungo. «Gli Usa sono diventati anche
esportatori di energia, anzi, i maggiori esportatori di gas naturale, benzina, diesel, carburante per jet -
sottolinea -. Dall'altra settimana hanno iniziato a vendere greggio ai Paesi europei, al Giappone e ad
Israele». La domanda mondiale continua a crescere, ma più lentamente del passato, mentre la produzione
sta scendendo più velocemente, dagli Stati Uniti al Messico. «Questo porterà a un nuovo equilibrio entro la
fine del 2016 - conclude Morse -. Entro settembre il surplus dovrebbe essere eliminato e il prezzo dovrebbe
risalire a 50 dollari il barile» .
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S. Avaltroni Fonte: elaborazione CorrierEconomia LA TOP TEN Produzione totale 2014. Dati in migliaia di
barili al giorno Stati Uniti Arabia Saudita Russia Cina Canada Emirati Arabi Iran Iraq Brasile Kuwait 1950
1960 1970 1980 1990 2000 2010 140 120 100 80 60 40 20 0 14.021 11.624 10.847 4.598 4.383 3.474
3.377 3.364 2.966 2.767 Guerra del Kippur. Embargo petrolifero, è l'epoca delle domeniche a piedi Il 14
settembre nasce l'Opec Il prezzo raggiunge il suo massimo, anche per colpa della speculazione e
dell'eccesso di investimenti finanziari I timori sulla crescita spingono i prezzi ai minimi 1960 1973 2008
2015 UN PERCORSO TORMENTATO Le quotazioni del petrolio Wti. Dati in dollari al barile 147 $ 40 $
Foto: Citi group Ed Morse
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 99
a cura di Ivo Caizzi icaizzi@corriere.it Offshore L'Ue affronta il rischio di «tempesta perfetta» Timori per l'instabilità dei mercati Nell'ultima due giorni dell'Eurogruppo/Ecofin a Bruxelles alcuni ministri finanziari hanno commentato
riservatamente l'allarme lanciato dalla Banca dei regolamenti internazionali di Basilea (Bri) sul rischio della
cosiddetta «tempesta perfetta» sui mercati finanziari. Varie condizioni negative, evidenziate dalla
perdurante situazione globale di instabilità, potrebbero provocare un'esplosione ancora più devastante
dell'ultima crisi finanziaria, da cui molti Paesi non si sono ancora ripresi.
Stavolta al posto dei mutui speculativi subprime, che originarono il tracollo negli Stati Uniti e i conseguenti
effetti a livello globale, ci sarebbero le fantascientifiche esposizioni delle banche sui derivati e sui maxi-
debiti di molti Paesi a rischio d'insolvenza. Lo scenario più catastrofico porterebbe all'azzeramento della
gran parte dei valori su carta e il successivo deprezzamento di quelli immobiliari.
La Bri è l'istituzione che coordina l'attività delle principali banche centrali. Gode di grande considerazione
anche da parte del ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan, che a Bruxelles ha risposto alle domande del
Corriere sui rischi di «tempesta perfetta» sui mercati finanziari internazionali e sulla eventuale capacità
italiana di resistere a un mega-trauma del genere. «La situazione di sostenibilità finanziaria dell'Italia è
sicuramente non peggiore di molti altri Paesi e in alcuni casi è migliore - ha affermato Padoan -. Penso alla
sostenibilità del risparmio privato , che è uno dei più elevati tra i Paesi avanzati. Se ci sarà una tempesta
perfetta sui mercati internazionali non lo so. Sicuramente l'intreccio tra sostegno alla crescita e diminuzione
del rischio è importante».
Antifrode
Il direttore generale dell'antifrode comunitaria Olaf, l'ex magistrato ed esponente del Pd Giovanni Kessler, è
finito nel mirino degli europopolari del Ppe. Lo spunto è arrivato dalla richiesta delle autorità giudiziarie
belghe di togliere l'immunità diplomatica a Kessler per poterlo indagare sulla conduzione dell'inchiesta
sull'ex commissario maltese John Dalli, dimessosi per una presunta richiesta di tangente da 60 milioni
legata alla revisione della normativa Ue sul tabacco. Il presidente della commissione di controllo sul bilancio
Ue dell'Europarlamento, la tedesca Inge Graessle del Ppe, ha sollecitato il via libera all'indagine su Kessler.
E questa richiesta (accolta), al di là della valutazione giudiziaria specifica, rilancia l'ambiguità di nominare
dei politici ai vertici tecnici dell'Ue, che dovrebbero essere indipendenti. E che, invece, così possono
diventare bersaglio di scontri tra partiti.
Antibiotici
L'Europarlamento ha votato la revisione delle regole sulla somministrazione degli antibiotici negli
allevamenti per evitare la riduzione dell'efficacia di questi medicinali per gli uomini. Gli eurodeputati
vorrebbero vietare i trattamenti antibiotici collettivi e preventivi su quanto poi finisce sulla tavola dei cittadini.
Un altro obiettivo è evitare che i medicinali veterinari siano utilizzati per aumentare la redditività degli
allevamenti o per compensare condizioni inadeguate degli animali. In pratica in Europa diventerebbe
possibile somministrare antibiotici solo su base individuare e quando un veterinario lo ritiene
completamente giustificato.
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Foto: Economia Il ministro Pier Carlo Padoan
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 100
MODERNIZZAZIONE Il dividendo digitale che non si può sprecare Luca De Biase I numeri descrivono una realtà sconfortante: ogni volta che si leggono i dati sulla modernizzazione digitale
dei Paesi europei, l'Italia risulta agli ultimi posti. L'ultima edizione del Desi (l'indice che valuta il grado di
digitalizzazione dell'economia e della società nei Paesi europei) vede l'Italia al quart'ultimo posto, davanti a
Grecia, Bulgaria e Romania. Non è sempre stato così: anche sei dati non sono comparabili con quelli di
vent'anni fa, alla fine del Novecento l'Italia vantava alcuni punti di forza rispetto agli altri Paesi europei,
come la gestione digitale del fisco, decenti percentuali di uso di internet in dialupe un grande mercato per la
telefonia mobile. Ma nel nuovo millennio l'Italia ha perso terreno, mentre gli altri hanno cominciato a
correre. E, sebbene dal 2012 si siano riaccese le policy sulla modernizzazione digitale, i risultati restano
meno clamorosi degli annunci. Tanto che ormai si ha l'impressione che il dividendo della comunicazione in
materia digitale si sia esaurito. E sarà benvenuto lo stile sobrio, fattivo e concreto di Diego Piacentini, che
dall'estate prenderà la guida della governance dell'agenda digitale italiana. Già in parte elaborata, a livello
di progetto, la strategia di modernizzazione digitale deve diventare finalmente un percorso fattivo. Il cui
scopo sarà quello di compattare il sistema operativo e gestionale della pubblica amministrazione in
un'architettura standard, interoperabile, aperta, conveniente, attraente, facile da usare ed efficiente, mentre
allo stesso tempo si mettono in atto le policy necessarie ad adeguare le infrastrutture, gli ecosistemi
pubblicoprivati dell'innovazione digitale, il grado di alfabetizzazione dei cittadinie delle imprese: un compito
da far tremare i polsi. Di fronte al quale appare velleitario chiunque sottovaluti le difficoltà, ma nello stesso
tempo appare cinico e sostanzialmente inutile chiunque dichiari l'impossibilità del progetto. Continua u
pagina 4 u Continua da pagina 1 a modernizzazione digitale italiana è stata frenata, nel corso del nuovo
millennio, da un complesso di fenomeni: il disinteresse dei governi fondati più sulla cultura televisiva che su
quella internettiana, le sbandate strategiche dell'ex monopolista telefonico privatizzato, la complessità della
governance digitale negli ultimi anni e via dicendo. Del resto, le statistiche italiane sono sempre difficili da
interpretare, visto che mettono insieme regioni obiettivamente differenti, come attesta l'indice realizzato da
Ey, che mostra un Nord molto avanzato rispetto al Sud. Ma poiché le analisi, da McKinsey ad Accenture,
concordano nel prevedere un'accelerazione sensibile della crescita del Prodotto interno lordo nei Paesi che
sanno cogliere le opportunità offerte dal digitale, una riscossa italiana non è desiderabile: è necessaria. Del
resto, non stiamo parlando soltanto di web e di social network: stiamo affrontando cambiamenti radicali
nella struttura produttiva, specialmente per un Paese manifatturiero, che sono destinati a cambiare la
progettazione, produzione e distribuzione dei beni, con l'Internet delle cose, i big data, l'intelligenza
artificiale, l'industria 4.0 e gli altri fenomeni di frontiera il cui indotto organizzativo è destinato ad andare ben
oltre i temi tecnologici. E chiaramente, in un Paese come l'Italia, l'ecosistema dell'innovazione ha bisogno di
una pubblica amministrazione più adeguata. Si riparte in proposito da un progetto ambizioso e
consapevole, come quello messo a punto dal governo e dall'Agid: interoperabilità tra le amministrazioni e
facilità d'uso per i cittadini. Si può contare sull'incentivo ai progetti innovativi introdotto con la legge di
Stabilità, che ha tagliato drasticamente i 5 miliardi di spese per informatica e telecomunicazioni a meno che
non siano pensate in funzione di progetti chiaramente innovativi: se come sembra la nuova governance
dell'agenda digitale potrà avvalersi di questa leva, l'incentivo ad adeguarsi alla strategia per le
amministrazioni che non vogliono perdere capacità di spesa sarà significativo e senza precedenti. Inoltre, si
può sperare nel successo, per ora tutto da dimostrare, dello Spid come acceleratore del processo. Si può
valutare l'occasione della riforma della pubblica amministrazione come momento di riprogettazione dei
processi burocratici e di ricerca di nuove soluzioni digitali. Si possono lanciare spazi di sviluppo di
applicazioni a valore aggiunto di iniziativa privata sulla base dei dati aperti e delle infrastrutture digitali
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 101
pubbliche interoperabili. E si può, infine, contare sugli investimenti in banda ultralarga che lo Stato si è
impegnato a destinare alle regioni a fallimento di mercato. Soprattutto si può esigere che le policy siano
orientate a realizzare. Senza soffermarsi a cantare vittoria prima del tempo.
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 102
INVESTIMENTI 2016 IMPRESA& TERRITORI L'Italia fa rotta su Polonia e Uk Micaela Cappellini Servizi finanziari, servizi innovativie metalmeccanica: sono questii settori su cui si concentreranno
quest'anno gli investimenti diretti dell'Italia verso l'Europa. Tra le destinazioni privilegiate figurano la Gran
Bretagna per l'innovazionee l'Irlanda peri servizi di back office. In Poloniae Slovacchia si concentreranno
invece le attenzioni delle piccolee medie imprese del comparto manifatturiero. u pagina 15 Servizi
finanziari, servizi innovativi, servizi contabili di base, e anche un po' di metalmeccanica. Saranno questi i
target degli investimenti italiani all'estero in questo 2016. Quanto ai Paesi, invece, ci saranno occhi
soprattutto per la Gran Bretagna, l'Irlanda, il Lussemburgo, la Polonia, la Slovacchia, l'Albania e la
Romania. Non c'è solo l'Italia che attrae capitali, c'è anche quella che all'estero li investe. Soprattutto in
Europa: nel 2014 (sono gli ultimi dati disponibili, perché le banche centrali li aggiornano a giugno di ogni
anno) i flussi di investimenti italiani all'estero hanno raggiunto quota 26 miliardi di dollari, di cui oltre 15,8
verso il Vecchio Continente. Propro giovedì scorso la La vazza ha annunciato lo shopping della francesce
Carte Noire per 700 milioni di euro e della danese Merrild per altri 300 milioni, con l'obiettivo di
conquistarne i rispettivi mercati. Eppure, non sono né la Francia né il settore del food i due protagonisti
degli investimenti italiani all'estero di questo 2016: «L'alimentare italiano è fatto di pochi grandi campioni di
peso internazionale che all'estero puntano ad esportare, non a investire», spiega Massimo Arrighi, partner
di A.T.Kearney. Dove scommetterà allora l'Italia? «Per il 2016 possiamo individuare tre sottoinsiemi
sostiene Arrighi il primo è quello dei servizi finanzari e innovativi, che vede come mete ideali la Gran
Bretagna, l'Irlanda e il Lussemburgo: la prima soprattutto per i servizi più innovativi, che ruotano intorno alla
City, la seconda per le attività più di back office». A portare l'Italia qui saranno soprattutto i tempi rapidi di
attuazione dei progetti, più ancora dei vantaggi fiscali: questo è un terreno, infatti, che negli ultimi tempi si è
fatto più scivoloso. Il secondo gruppo di potenziali target riguarda il comparto della metalmeccanica e
dell'elettromeccanica ed è quello più a misura di piccole e medie imprese: «Chi guarda all'Europa in questi
settori punta soprattutto sulla Polonia e sulla Slovacchia spiega Arrighi entrambi i Paesi offrono un tessuto
manifatturiero di buon livello ma con costi decisamente competitivi rispetto a quelli italiani». Il terzo
drappello di Paesi nel mirino dell'Italia è formato da Albani e Romania: «Qui conclude Arrighi di
A.T.Kearney arriveranno soprattutto gli investimenti nei cosidetti servizi di base, come i call centero la
contabilità amministrativa». Agli investitori italiani questi Paesi offrono un buon trade off tra costi bassi e
buone competenze professionali.
La mappa delle destinazioni 1 10 11 12 4 2 6 16 8 17 5 13 23 3 9 15 18 21 14 26 7 25 10 12 11 19 23 13
14 15 16 17 18 19 21 886 697 388 337 302 279 22 20 24 20 22 24 25 26 272 258 229 184 156 134 123
108 Austria Irlanda Francia Polonia Svizzera 3.706 2.479 2.300 1.954 1.326 1.118 Cipro Svezia Grecia
Belgio Serbia Croazia Albania Estonia Lituania Lettonia Romania Bulgar ia Germania Finlandia Bielorussia
Lussemburgo 0 - 200 200 - 400 400 - 600 600 - 800 800 - 1.000 1.000 - 2.000 +2.000 Rep. Ceca Norvegia
Slovenia Slovacchia Fonte: Ocse Gran Bretagna
Investimenti esteri dell'Italia, flussi 2014 In milioni di dollari Nota: i paesi assenti dalla lista hanno registrato
un saldo dall'Italia negativo nel 2014
M&A I paesi I settori Quante sono Secono gli ultimi calcoli elaborati da Zephyr, la banca dati di Bureau van
Dijk, nel 2015 le imprese italiane hanno portatoa termine acquisizioni all'estero per un totale di 3,6 miliardi
Se si escludono la maxioperazione Generali e l'acquisizione di Trans Austria Gasleitung da parte di Snam,
che mettono i Paesi Bassi e l'Austria rispettivamente al primo e al secondo posto tra i nostri Paesi target,
anche per le operazioni di M&A l'Italia predilige la Gran Bretagna (12 operazioni in tutto nel 2015, per 480
milioni di euro), la Francia (11 operazioni per 406 milioni) e la Germania (11 operazioni, 374 milioni di euro)
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Il capitolo delle acquisizioni riguarda soprattutto assicurazioni (1,2 miliardi spesi nel 2015, tutti legati allo
shopping di Generali in Olanda), trasporti (800 milioni), utilities (489 milioni)
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L'ANALISI Le due facce dello sviluppo Gian Carlo Blangiardo Sapere che per ogni mille abitanti della Terra "solo" 33 appartengono alla categoria dei migranti, intesi
come coloro che, stando alla definizione (semplicistica ma necessaria) dettata dalle statistiche
internazionali, vivono in un Paese diverso da quello in cui sono na ti, può spingerci a riconsiderare
l'immagine mediatica delle migrazionie ci aiutaa ricondurre il fenomeno della mobilità internazionale alla
sua reale consistenza: 244 milioni di persone su una popolazione di 7,4 miliardi. Continua u pagina 9 u
Continua da pagina 1 e dunque è vero che l'International Migration Report 2015, con cui le Nazioni Unite
hanno recentemente aggiornano la fotografia dello stock dei migranti a livello planetario, può offrirci un dato
relativamente rassicurante circa la reale dimensione di quella che tende sempre più a essere presentata
come l'"emergenza demografica" del XXI secolo, è anche vero che basta un semplice confronto temporale
per far riemergere qualche legittima preoccupazione. In effetti, osservando la dinamica degli ultimi quindici
anni si nota come il popolo dei migranti si sia accresciuto di ben 71 milioni di unità. Si è sviluppato a un
tasso medio annuo del 2,3%; un livello che equivale a dar vita a un raddoppio ogni trent'anni e significa
muoversi a una velocità che è pari a due volte quella che ha contraddistinto, nello stesso arco temporale,
l'aumento della popolazione mondiale. L'impressione di fondo è che dopo aver quasi del tutto neutralizzato
la "bomba demografica" centrata sul crescente numero di abitanti prodotto da una fecondità largamente al
di sopra del ricambio generazionale in gran parte del mondo in via di sviluppo, l'umanità debba ora
disinnescare un nuovo ordigno. Una realtà incombente che è dovuta a processi di mobilità dettati non solo
da eventi eccezionali - che tutti ci auguriamo transitori e superabili - ma anche (e soprattutto) dal persistere
di profonde disuguaglianze di cui le stesse vittime sono sempre più consapevoli e sempre più propense a
mettersi in gioco per tentare di uscirne. Non a caso, la netta maggioranza dei migranti distribuiti nel mondo,
circa due terzi, provengono dai così detti Paesi a "medio reddito" e, come osserva il Rapporto, è questa
l'origine che negli ultimi quindici anni ha registrato la crescita più rapida. Il peso delle provenienze dalle
aree tuttora in povertà estrema - i Paesi a "basso reddito" resta ancora relativamente modesto nel
panorama mondiale (nel complesso essi coprono il 10% dei migranti ), ma può già ritenersi significativo in
termini di incidenza sulla popolazione di riferimento (39 migranti per ogni 1.000 abitanti) e sembra
decisamente destinato ad accrescersi nel tempo. D'altra parte, è ben noto come sia proprio là dove le
condizioni sono peggiori che mancano i requisiti minimi a supporto della scelta di emigrare. Ed è quindi
facile immaginare che ogni passo in avanti nel cammino verso lo sviluppo finirà paradossalmente per
incentivare un aumento dei flussi in uscita, stimolando la ricerca altrove di quanto manca nei luoghi di
origine. In tal senso, i dati demografici lanciano un importante avvertimento: la popolazione che oggi vive in
Paesi a basso reddito, per lo più localizzati nell'Africa subsahariana, è oggi stimata in 656 milioni, destinati
a diventare 842 fra dieci anni e 1.055 milioni tra altri dieci. Se poi consideriamo, nella stessa area, la sola
componente giovane in età lavorativa (convenzionalmente i 2044enni) i corrispondenti contingenti salgono
dagli attuali 215 milioni rispettivamente a 290 e a 385 milioni nel 2036. Detto in poche parole: nel prossimo
ventennio in quello che è ritenuto il profondo Sud del Mondo sarà necessario disporre mediamente di
almeno 89 milioni di posti di lavoro in più ogni anno unicamente per assorbire l'offerta aggiuntiva derivante
dalla crescita demografica della popolazione più giovane in età attiva. E ogni insuccesso in tal senso non
potrà che produrre nuovi candidati a un'emigrazione dettata dal bisogno di sopravvivere. Come si vede, il
tema dei rifugiati, che pur resta importante e rispetto al quale il Rapporto delle Nazioni Unite segnala la
drammatica crescita nel corso di questo avvio del nuovo secolo, non è che la parte emersa dell'iceberg. Si
tratta di un mondo in movimento che fluttua pericolosamente e rispetto al quale si impongono azioni mirate
e coordinate a livello internazionale per fare in modo che la consistenza numerica e la localizzazione
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 105
territoriale del popolo dei migranti mantengano caratteristiche di sostenibilità, ma è bene che ciò avvenga
su entrambi i versanti. Occorre infatti operare con lungimiranza non solo perché le migrazioni possano
continuare a rappresentare un fondamentale contributo in termini di capitale umano per un nord del mondo
sempre più impoverito dalle dinamiche demografiche in atto, ma anche (e soprattutto) per impedire che sia
la valvola di sfogo dell'emigrazione e non, come sarebbe giusto e auspicabile, lo sviluppo, l'unica
opportunità lasciata a centinaia di milioni di esseri umani che inseguono il legittimo sogno di una vita
migliore.
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 106
PER I GIOVANI LAVORO& CARRIERE Da Google a Hilton: si assume in Asia Alberto Magnani Cina, Giappone, Corea, ma anche Emirati Arabie Arabia Saudita: sono più di mille le offerte peri giovani in
Asia. u pagina 11 Le suite di Hilton, gli algoritmi di Google, l'illuminazione a Led di Osram. Il nesso che
unisce i tre brand? Sono alcuni dei giganti che stanno assumendo talenti nel mercato dell'Asia, dalla Cina
alla Corea del Sude Giappone. Un'analisi svolta dal portale di ricercaofferta lavoro Face4Job, in esclusiva
per il Sole 24 Ore, ha fatto emergere 1.090 opportunità di carriera solo tra le prime otto aziende di un
ranking che considera 60 multinazionali, 20 paesi e 50 professionalità diverse. Se si guarda ai dati assoluti
le mete sono soprattutto India, Cina e la zona del Golfo Persico (Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita).
Senza dimenticare i vari hub in crescita nel Sud Est asiatico: Hong Kong,Singapore, Malesia. Malomatia,
fornitore di soluzioni tecnologiche con sede in Qatar, offre 227 posizioni nella capitale di Doha: si cercano
professionisti per accounting, funzioni ingegneristiche e sales management, oltre a figure più specialistiche
come gli executive quality and training (ruolo che prevede la creazione di piani di monitoraggio o training
per le nuove risorse del gruppo). Atkins, multinazionale dei servizi di ingegneria, sta ampliando la sua
squadra con 175 inserimenti tra Emirati Arabi Uniti (59), India (59), Qatar (29), Hong Kong (10), Singapore
(8), Arabia Saudita (5), Oman (4). L'obiettivoè fissato soprattutto su ingegneri, specialisti It e consulenti
nell'energy management. Sul fronte Ict, la scenaè divisa tra il gruppo indiano dell'It Gss Infote che un
colosso che non ha bisogno di presentazioni: Google. Gss Infotech, già noto come Gss America, cerca 106
profili solo per l'India con ricerche in corso per senior system administrator, SharePoint developere project
manager. «Big G» offre 98 opportunità per alcune delle sue sedi asiatiche, dalla Cina alla Thailandia.I
candidati che si confrontano con la - durissima - trafila per la selezione nell'azienda di Mountain View
possono ambire a posizioni come strategic partnership operations manager (manager al lavoro su ricerca e
consolidamento di partnership), industry manager (manager specializzati su determinati settori, come il
gaming) e più "tradizionali" ruoli in advertising digitale, customer experiencee gestione delle vendite. Per
restare su marchi di fama globale, ma nel ramo hotellerie, AccorHotels e Hilton stanno selezionando
rispettivamente 136 e 124 profili. AccorHotels, forte di un circuito da 3.700 hotel in 5 continenti, sta
cercando soprattutto per Emirati Arabi Unitie Cina figure manageriali(resident manager, restaurant
manager), tecnicoingegneristico (assistant chief engineer) e amministrativo (revenue analyst, di fatto una
figura contabile). Quanto al colosso dell'ospitalità Usa Hilton Worldwide, le 124 posizioni aperte si
indirizzano su 12 paesi diversi (vedi scheda)e includono general manager, direttori di eventi, conference
and events executive e food&beverage manager. Due casia sé sono rappresentati dalla tedesca Osrame la
conglomerata emiratina AlFuttaim. La prima, specializzata in illuminazione, cerca tra Malesia e Cina, 94
professionisti con robuste basi tecniche. La seconda sta allargando una base che conta già su più di 40mila
dipendenti con 130 posizioni aperte divise tra profili manageriali, ingegneristicie orientati alla vendite come
specialisti in digital marketing e senior visual merchandiser. Gli stipendi, in generale, sono su livelli elevati,
con picchi che vanno dai 55mila euro dei revenues analyst nelle grandi catene alberghiere agli oltre
100mila euro annui per gli ingegneri in forza a Google. Senza dimenticare retribuzioni meno imponenti ma
in crescita, come circa 2mila euro mensili per i professionisti al lavoro nell'accounting di AlFuttaim.
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 107
SEDE DI LAVORO: SEDE DI LAVORO: 124 Atkins SEDE DI LAVORO: SEDE DI LAVORO: 175 SEDE DI
LAVORO: 98 SEDE DI LAVORO: Osram SEDE DI LAVORO: 94 SEDE DI LAVORO: 227 TIPO DI
CONTRATTO: determinato, vari Malomatia Filippine (38), indeterminato, indeterminato, internship, vari
TIPO DI CONTRATTO: TIPO DI CONTRATTO: 106 determinato, vari indeterminato, indeterminato, Emirati
Arabi Uniti internship, vari Google TIPO DI CONTRATTO: 136 TIPO DI CONTRATTO: determinato, vari
indeterminato, Cina (31), Israele Emirati Arabi Uniti indeterminato, TIPO DI CONTRATTO: TIPO DI
CONTRATTO: 130 determinato, vari determinato, vari AlFuttaim indeterminato, indeterminato, Emirati Arabi
Uniti Malesia (85), Cina (9) determinato, internship, vari tutte le posizioni sono Gss Infotech Accor Hotels
riferite alla sede di Doha, in Qatar. Alcune opportunità possono essere interne all'aziendao riservatea
cittadini locali, ma solo quandoè precisato nell'annuncio di lavoro accountant, ingegnere, executive quality
and training (per creare piani di monitoraggio sull'attività, verificare il grado di soddisfazione dei clientie
preparare la formazione dei neoassunti), sales manager (svilupparee gestire la vendita di nuovi prodottie
nuovi servizi tecnologici), addetti al customer service Hilton Worldwide general manager, direttore degli
eventi, ingegnere, sales manager, conference ed events executive (manager con responsabilità di
massimizzazione dei profitti per le attività di organizzazione di eventi, conferenze e meeting nelle strutture
alberghiere), food&beverage manager Turchia (16), Singapore (16), Thailandia (13), Indonesia (10), India
(10), Corea del Sud (5), Malaysia (5), Arabia Saudita (3), Israele (3), Giappone (3), Qatar (2) (59), India
(59), Qatar (29), Hong Kong (10), Singapore (8), Arabia Saudita (5), Oman (4) ingegneri, ingegneri senior,
utilities coordinator (coordinatore con responsabilità di supervisione sui servizi trasmessi all'impresa),
specialista della sicurezza dei sistemi per la divisione oil&gas, specialista nei servizi di telecomunicazionee
It, energy management consultant (consulente per la gestione energetica, con esperienza in rinnovabilie
sviluppo sostenibile) service desk analyst, senior system administrator (figure senior per la gestione del
team di amministratori di sistema del reparto It. Possono collaborare con altre divisioni nuovi sistemi
hardware), sharepoint developer (sviluppatori competenti sull'omonimo sistema Microsoft. Si richiedono
laurea ed esperienza di 34 anni), project manager (responsabile per progetti con obiettivi come riduzione
dei costi, aumento del margine operativoe del flusso di cassa) strategic partnership operations manager
(manager con responsabilità di ricerca e instaurazione di partnership per l'advertising), industry manager
con varie funzioni interne, specialista pubblicità digitale, customer experience manager, country marketing
manager, direttori comunicazione, senior sales manager resident manager (ruolo di responsabilitàe
direzione della struttura alberghiera, si richiede esperienza minima dai3 ai5 anni), assistant chief engineer
(assistente dell'ingegnere capo nelle attività di supervisione sul funzionamento degli impianti dei vari
alberghi, revenue analyst (monitoraggio sui ricavi), restaurant manager (responsabile della ristorazione)
(49), Cina (33), Arabia Saudita (16), Malesia (10), Bahrain (8), Vietnam (7), Kuwait (6), Thailandia (4), Iran
(2), Macao (1) (26), Giappone (13), Hong Kong (10), India (5), Turchia (4), Taiwan (3), Emirati Arabi Uniti
(2), Corea del Sud (2), Thailandia (2) logistic executive (responsabile della logistica, con focus sui
movimenti portuali), sales merchandiser , specialisti di digital marketing, project engineer, ingegneri di
manutenzione, senior visual merchandiser (responsabile di proposte creative e visuali nei negozi del
gruppo), commercial department manager (gestione della divisione commerciale, con controllo su
soddisfazione clienti e raggiungimento obiettivi di vendita) manufacturing assistant engineer, tecnico di
manutenzione, process development engineer (sviluppo di processi in ricerca&sviluppo), ingegnere con
responsabilità di controlloe manutenzione dei macchinari, ad esempio per la risoluzione di problemi di
funzionamento), ingegnere di prodotto, supervisione di produzione, networke security engineer
(informaticoo ingegnere informatico con ruolo di controllo sul funzionamento del networkei sistemi di
sicurezza) (52), Qatar (47), Arabia Saudita (31)
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 108
Fisco e contribuenti IL PESO DEI TRIBUTI Il trend Su dividendi, interessi e capital gain il prelievo ècresciuto del 20% RISPARMIO, CASE E BENZINA: TASSE CON AUMENTI RECORD* Dato da interpretare Sull'Irpef 2015 incidono il bonus da 80 euro e le nuove regole per i sostituti d'impostaDalle accise alla sostitutiva sui rendimenti i maggiori rincari Cristiano Dell'Oste Giovanni Parente Non servono le statistiche per dire che le tasse in Italia sono alte. Qualsiasi operatore economico lo sa e
qualsiasi comune cittadino lo percepisce. I numeri, però, permettono di capire quali tributi sono aumentati di
più nel corso degli anni, e quali sono diminuiti - per davvero - senza farsi ingannare dalle apparenze.
Partiamo da un caso che potrebbe sembrare marginale (ma non lo è): le accise sui carburanti. Secondo i
dati sulle entrate tributarie pubblicati dalle Finanze, tra il 2006e il 2015 gli introiti dello Stato sono aumentati
dell'1,5% in termini reali (cioè ripulendo i numeri dall'effetto deformante dell'inflazione). Sembrerebbe un
rincaro modesto, soprattutto se spalmato su un decennio. Nello stesso arco di tempo, però, il Prodotto
interno lordo ha perso l'8,2 per cento. In pratica, il prelievo su diesel e benzina siè dimostrato "rigido"
rispetto all'andamento dell'economia reale. Tutto l'opposto dell'Iva, che è diminuita del 10,2% nonostante i
due ritocchi dell'aliquota ordinaria, portata prima al 21% (il 17 settembre 2011)e poi al 22% (il 1° ottobre
2013). Anzi, il calo dell'Iva sarebbe stato molto più forte se non ci fossero stati i 7,2 miliardi versati dalle
pubbliche amministrazioni l'anno scorso grazie al meccanismo dello split payment, anche se ora resta da
capire come finirà la partita dei rimborsi. D'altra parte, l'Iva - per la sua stessa natura- rispecchia la spesa
delle famiglie.E ha avuto un andamento tutto sommato simile ad altri tributi legati ai consumio più in
generale agli affari. Non è difficile vedere gli effetti della crisi dietro il calo degli introiti derivanti dalle
imposte su birrae alcolici (4,2%) o su sigarette e tabacchi (5,9%). Stesso discorso per l'imposta di registro
(30,2%), il cui gettito è sceso di pari passo con il mercato immobiliare - dimezzato rispetto ai livelli di dieci
anni fa - salvo riprendersi leggermente negli ultimi due anni insieme alle compravendite di abitazioni e altri
fabbricati. Insomma, in tutti questi casi la contrazione degli incassi per l'Erario nonè stata il frutto di una
riduzione della pressione fiscale, ma di un calo della spesa delle famiglie. Le patrimoniali Nel bel mezzo
della crisi, e con l'urgenza di ingrossare i flussi in entrata per far quadrare i conti pubblici, i Governi dal
2011 in poi hanno puntato su due leve: l'aumento dei tributi di tipo patrimoniale e la "delega" a Comuni e
Regioni, che fino all'anno scorso hanno potuto alzare le aliquote. Si spiega così il rincaro della tassazione
su interessi, redditi di capitale e plusvalenze (+19,7%). Un rincaro su cui pesa soprattutto l'incremento dal
20 al 26% della sostitutiva, scattato il 1° luglio 2013, e al quale non è estraneo l'aumento del gettito
dell'imposta di bollo, che si applica tra l'altro sui conti correnti. Sul fronte dei tributi locali, invece, si possono
citare gli esempi delle addizionali all'Irpef - regionale e comunale - ma, soprattut to, il caso delle imposte
immobiliari nelle loro diverse denominazioni di Ici, Imue Tasi, il cui pesoè quasi raddoppiato fino ai 25
miliardi di euro del 2015.È proprio su questi tributi che si incrociano le due leve citate in precedenza:
imposte patrimonialie tributi affidati ai Comuni. Ed è proprio su questi tributi che si farà sentire quest'anno lo
stop agli aumenti deciso dal Governo con la legge di Stabilità 2016 dopo quattro anni consecutivi di rincari.
Il prelievo sui redditi Tra tanti rincari, qualche "vera" riduzione d'imposta c'è stata. Una è la cedolare secca
sugli affitti, rispetto alla quale il balzo del gettito - triplicato rispetto al 2011-è un dato positivo. Di fatto, si
tratta di una flat tax che sostituisce la più cara Irpefe le addizionali. Le altre due "grandi imposte" a essere
diminuite sono l'Irap (34,7%)e l'Ires (26,8%). Ma qui le riduzioni sono il frutto sia di modifiche normative che
hanno variato il perimetro e le regole applicative dei tributi, sia dell'impatto della crisi sui conti aziendali.
L'Irpef, invece, è rincarata del 5,3% nel periodo 20062015. Sull'aumento di 12,5 miliardi registrato l'anno
scorso pesano le diverse modalità di compensazione dei rimborsi da assistenza fiscale effettuati dai
sostituti d'imposta, introdotte dal Dlgs 175/2014 (il decreto semplificazioni attuativo della delega fiscale), ma
anche escludendo questo effetto l'incremento annuo è di 7,9 miliardi (+1,9%). D'altra parte, per l'Irpef non
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 109
possono essere dimenticati gli effetti positivi del bonus da 80 euro mensili introdotto a metà 2014, che ha
influito sulle ritenute versate per 1,4 miliardi.
-8,2per cento Il calo del Prodotto interno lordo Tra il 2006 e il 2015 il Pil ha perso più di otto punti percentuali
I volumi176.175119.32129.37025.70415.31711.53633.574
25.122 2006 2006 2015 2015 2 006 2006 2015 2015 2 006 2006 2015 2015 -26,8% -26,8% -26,8%
+80,6% Ires 45.835 +5,3% Irpef 167.365 +19,7% -34,7% -34,7% -34,7% Irap 44.993 -10,2% Iva 132.914
+9 ,0% +1,5% Accise 25.334 Giochi 10.587 Ici Imu e Tasi 13.913 Imposte dirette Enti territoriali Imposte sul
risp. 12.800 Imposte sui consumi Le variazione 2006-2015 del gettito dei maggiori tributi. Dati in miliardi di
euro attualizzati al 2015 Fonte: elaborazione su dati Entrate tributarie, ministero dell'Economia e finanze
Le entrate accertate per anno, attualizzate in valori 2015. Dati in milioni di euro
L'evoluzione+5,3%176.175167.365+1 ,5%+80 ,6%25.70425.33425.12213.913 0 (1) (2) 90.000 60.000 30.000 35.000 30.000 25.000 20.000 15.000 10.000 5.000 210.000 180.000
150.000 120.000 2006 IRPEF 173.217 2015 2006 Ici Imu e Tasi 2015 2015 178.917 171.730 Accise su
prodotti energetici, gas, bitumi ed energia elettrica (2) Nel dato 2015 la quota statale è stimata Nel 2015
76,2 miliardi sono arrivati dalle ritenute su dipendenti privati e 64,9 su dipendenti statali: l'80% del gettito
complessivo. Il resto arriva dalle ritenute sugli autonomi (12,3 miliardi) e da saldi e acconti (21 miliardi)
176.295 170.914 167.601 163.855 163.486 (1) Comprende l'accisa su prodotti energetici, derivati e prodotti
analoghi e l'imposta di consumo su oli lubrificanti e bitumi di petrolio 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012
2013 2014
-10 ,2%132.914119.321-26 ,8%-34 ,7%45.83544.99333.57429.370+19 ,7%
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 110
15.317+9 ,0%+58 ,7%-5 ,9%12.80011.53611.32211.43610.7567.135-8 ,1%+185 ,8%-3 ,5%-38 ,3%-4 ,2%-17 ,3%3.3403.0707041.7411.6812.4181.4921.2961.24267756010.587
2.012 0 0 IVA (3) (4) 2006 2006 2015 2015 2006 Giochi 2006 2015 2015 2015 2006 2006 2006 IRES 2015
2006 2015 2015 2006 2006 2015 IRAP 2006 2015 2015 2015 90.000 60.000 30.000 30.000 20.000 15.000
210.000 180.000 150.000 120.000 35.000 25.000 10.000 5.000 9.000 6.000 3.000 Imposte sul risparmio
Assicurazioni Cedolare secca 2015 2010 Addizionale regionale IRPEF Tasse e imposte ipotecarie Imposte
dirette Enti territoriali Accisa e imposta su spiriti e birra Tasse automobilistiche Il 17 settembre 2011
l'aliquota ordinaria è aumentata al 21% Canone abbonamento radio e TV Imposte sui consumi Imposta sul
consumo dei tabacchi Altre imposte indirette Il 1° ottobre 2013 l'aliquota ordinaria è aumentata al 22% (3)
Comprende la sostitutiva su redditi e ritenute su interessi e la sostitutiva su redditi di capitale e plusvalenze
(4) Comprende il lotto (al lordo delle vincite), le attività di gioco e le imposte su congegni di gioco e slot
machine. Escluse le lotterie istantanee 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 136.515 130.941
121.026 123.707 122.511 116.617 112.385 114.376
Foto: Il confronto con il Pil Gli introiti sui carburanti non hanno risentito della contrazione del Prodotto
interno lordo La doppia manovra Dal 2011 la pressione fiscale ha colpito soprattutto immobili e attività
finanziarie In controtendenza Tra le voci maggiori di entrata solo Ires e Irap fanno registrare significative
riduzioni
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 111
Cosmoprof. La manifestazione, a Bologna dal 18 al 21 marzo, è giunta alla 49esima edizione ed è unriferimento mondiale La bellezza sfiora i 10 miliardi Il fatturato 2015 in crescita del 4,1%: in ripresa i consumi interni, l'export sale del 10% Campagnoli(Bolognafiere): «Cosmoprof è una delle punte di diamante del sistema fieristico italiano: ha una leadershipmondiale» Marta Casadei Nonostante la congiuntura non sia stata delle più favorevoli, stretta tra le oscillazioni valutariee la frenata
dei paesi emergenti, l'industria cosmetica italiana ha chiuso il 2015 con una crescita del 4,1% sull'anno
precedente, toccando i 9,7 miliardi di fatturato. Le stime per il 2016 sono analoghe: forti di un know how
radicato nel territorioe di una creatività che il mondo ci invidia, ma anche di un'attitudine alla ricerca e
all'innovazione, i prodotti per la cura del viso e del corpo e i cosmetici made in Italy continueranno ad
aumentare nelle vendite. Andando a consolidare un ruolo già definito: quello del perno di un'area, l'Europa,
nel quale lo scorso anno sono stati lanciati oltre 61mila nuovi prodotti, la metà di quanti sono stati immessi
sul mercato mondiale. Se il driver di questa crescita sono senza dubbio i mercati stranieri, che pesano per
un terzo sui ricavi, ma registrano incrementi a doppia cifra nel 2015 l'export è salito del 10,5% a 3,7 miliardi
di euro e le stime per il 2016 si attestano su un +9% lo scorso anno ha segnato un momento importante
per il mercato domestico: i cosmetici made in Italy destinati al Belpaese hanno superato i 6 miliardi di euro
in valore, registrando un +0,5% sul 2014. La ripresa è timida, ma c'è. E continuerà, con un tasso di crescita
quasi doppio, anche nel 2016 quando il fatturato italia dell'industria cosmetica nostrana dovrebbe salire
appena sotto l'1%. L'Italia gioca un ruolo chiave nella bellezza internazionale: produce cosmetici che
vengono esportati in tutto il mondo. E rappresenta un punto di riferimento anche quando si parla di
manifestazioni fieristiche: Cosmoprof Worldwide Bologna, organizzata da Bologna Fiere in collaborazione
con Cosmetica Italia, in calendario dal 18 al 21 marzo con la sua 49esima edizione, riunisce 2.500 aziende
e quasi 250mila visitatori da tutto il mondo edè una vetrina per le aziende italiane e per quelle internazionali
(il 73%). «Credo che Cosmoprof sia una delle punte di diamante del sistema fieristico italiano ha detto
Duccio Campagnoli, presidente di BolognaFiere : ha raggiunto una leadership mondiale che penso sia una
componente im portante nel processo di valorizzazione del made in Italya livello internazionale, ma è anche
il punto di riferimento peri professionisti del settore in Italia che in questo momento si stanno evolvendo,
cercando di andare incontro alle esigenze di una clientela in continuo cambiamento». Il fatturato Italia
dell'indu stria cosmetica made in Italy è assorbito per circa 5,4 miliardi di euro dai canali tradizionali, che nel
2015 hanno registrato una ripresa dello 0,9% e nel 2016 dovrebbero salire dell'1,3%.I canali professionali,
al contrario, sono afflitti da un calo ormai continuato: il 2015 si è chiuso con un 2,6%, mentre il fatturato
2016, seppure in calo, dovrebbe fermarsi a un 2,3%. Questi canali sono alle prese con un vero e proprio
momento di rivoluzione e in Cosmoprof vedono un interlocutore di valore e un affaccio su ciò che l'industria
cosmetica mondiale sta proponendo: per esempio a Bologna avranno spazio ben 25 collettive nazionali tra
cui le "big" India, Sudafrica e Australia, tra le new entry 2016. L'edizione di Bologna è solo una delle facce
internazionali di Cosmoprof, che a livello globale fattura 50 milioni di euro e conta due edizioni oltre oceano
(a Hong Kong e a Las Vegas) cui si aggiungono Cosmopack New Yorke un road show che porta gli
organizzatori dal Kazakhstan all'Iran per promuovere il beauty made in Italye reclutare compratori da
portare proprio alla fiera italiana. Gli appuntamenti sopra elencati hanno un unico scopo: presentare le
eccellenze italiane, in termini di prodotti ma anche di piattaforme nell'ambito dei quali possono essere
presentati al mondo. Una pratica che il Governo ha intrapreso in modo più organico da qualche anno e
che, secondo Campagnoli, andrebbe ulteriormente incentivata: «Tra le decisioni di politica industriale da
prendere con urgenza credo ci sia il rafforzamento delle grandi eccellenze di piattaforme fieristiche italiane
e, contestualmente, il sostegno delle esportazioni dei prodotti made in Italy». Tra i Paesi più ricettivi,
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 112
accanto al mercato americano c'è l'Iran libero dall'embargo: «Mi piacerebbe ci fosse una partnership tra le
fiere italiane e quella di Teheran», chiosa Campagnoli.
73È valore (in miliardi di dollari) che verrà raggiunto entro il 2019 dal mercato dei cosmetici halal, cioècompatibili con i dettami della Sharia e dedicati alle donne musulmane, dagli Emirati arabi uniti finoalla FranciaSocial network. Instagram è il preferito dalle aziende del beauty, sempre più digitalizzateI NUMERI
9,7miliardi Fatturato 2015 L'industria italiana della bellezza ha chiuso lo scorso anno con ricavi in crescita del
4,1% rispetto all'anno precedente.
+0,9% Crescita Italia 2016 Cosmetica Italia stima che quest'anno il mercato italiano metterà segno una ripresa
quasi doppia rispetto a quella registrata nel 2015 (+0,5%)
5,4miliardi Ricavi canali tradizionali Sono erboristerie, farmacie e profumerie, unite alla grande distribuzione, a
trainare le vendite dei cosmetici made in Italy sul mercato domestico (+1,3% previsto nel 2016).
Foto: Backstage. Le sfilate dettano le ultime tendenze in fatto di make up e acconciature. Milano Moda
Donna, dove lo scorso febbraio hanno sfilato le collezioni per l'AI 2016/17, ha sancito il trionfo di cateye e
labbra rosso scuro. (Nella foto: backstage Ferragamo)
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 113
Fabio Rossello INTERVISTA «È il momento di valorizzare la manifattura» «L'Asia continuerà a fare da traino. A Ovest invece cresceranno Usa e Messico» «La cosmetica è un settore importante per la manifattura italiana: lo dimostra il saldo commerciale
superiore agli 1,9 miliardi.E va valorizzata. Credo che questo sia il momento giusto per farlo, complice la
sinergia con le istituzionie il Mise che ci sta dando il suo supporto». A una settimana dall'inizio di
Cosmoprof Worldwide Bologna Fabio Rossello, presidente di Cosmetica Italia, associazione che riunisce le
imprese del beauty fatto in Italia, è in Corea del Sud, uno dei mercati potenzialmente promettenti per le
aziende del settore. La promozione dei prodotti di bellezza e cura della persona made in Italy all'estero è
fondamentale per spingere la crescita del comparto, che oltre a skin care e make up, include anche saponi
e prodotti per l'igiene dentale. E che deve 3,7 miliardi del proprio fatturato proprio ai mercati stranieri.
Cosmoprof 2016 è senza dubbio un'occasione per dare visibilità al sistema che è passato attraverso le
incertezze congiunturali chiudendo il 2015 in crescita. Quali sono stati, in questi anni di crisi,i punti di forza
del settore beauty? I consumi di alcuni prodotti cosmetici sono irrinunciabili: basti pensare al sapone. E gli
acquisti d i prodotti di bellezza hanno anche un ruolo sociale: aiutano le personea sentirsi meglio con se
stesse, cosa che nei momenti di crisi è importante. Quali sono le prospettive per il 2016? Prevediamo una
crescita sia del fatturato estero sia di quello domestico. Nelle valutazioni, però, siamo cauti: non ci
aspettiamo faville considerando che la situazione internazionale è instabile, soprattutto a livello finanziario.
Il rallentamento delle economie cosiddette emergenti peserà sui conti della cosmetica? Nonostante la
frenata generale dei Brics credo che l'Asia continuerà a trainare l'export della cosmetica made in Italy. A
Ovest, invece, penso a Usa e Messico, un paese nel quale cominciamo a registrare numeri rilevanti. Il 2015
ha segnato un'inversione di tendenza sul mercato domestico. Pensa che sia l'inizio della risalita tanto
attesa? Il mercato italiano negli ultimi duetre anni ha mostrato chiari segni di sofferenza. Ora la discesa si è
fermata: lentamente, ma ci stiamo riprendendo . Il calo, a dire il vero, è sempre stato non tanto in numero di
pezzi venduti, ma in valore. . Parlando di mercato italiano, uno dei nodi chiave per le aziende del settore è
la distribuzione. Cosa è cambiato nell'ultimo ann o? La profumeria si sta riprendendo, e questa è la prima
notizia positiva. Questo canale di vendita è importantissimo in Italia, ma ha dovuto ritrovare l'identità
perduta. Ora tocca ai canali professionali: devono rendersi attrattivi per agevolare le vendite, aumentare la
chiarezza sul tema dei prezzi e, perchè no, fare qualche offerta.
Foto: Al vertice. Fabio Rossello, presidente di Cosmetica Italia
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 114
POLITICA MONETARIA La deflazione ora fa meno paura Carlo Bastasin avvenimento più importante della storia recente europea è forse un evento che non si è realizzato: quella
"disastrosa deflazione" che Mario Draghi ha ritenuto realistica nel caso in cui la Bce non avesse
abbracciato politiche espansive non convenzionali. u Continua pagina 3 u Continua da pagina1 onè difficile
capire cosa significhi aver evitato una «disastrosa deflazione». Significa aver scongiurato il fallimento di
alcuni Stati, così come di una moltitudine di debitori privati. Significa aver prevenuto l'avvitamento della
recessionee la frantumazione dell'Europa. Avremmo visto crescere la disoccupazione di massa
accompagnata dalla perdita di fiducia nei meccanismi del mercato, cioè nel decentramento delle scelte
sociali al livello di ogni individuo. Come conseguenza, avremmo spalancato le portea risposte politiche
autocratiche poiché, come conferma ogni appuntamento elettorale, germi di autoritarismo nazionalista sono
non più dormienti sotto la tellurica superficie politica europea. È su questo drammatico sfondo che vanno
inquadrate decisioni apparentemente tecniche, comei tassi di interesse azzeratio negativi, che capovolgono
i convincimenti sul funzionamento delle società moderne. Banche pagate per ricevere denaro, fanno
pensare a un inquilino che anziché versare l'affitto viene pagato per occupare la casa d'altri. Un
controsenso, a meno di abitare metaforicamente a Damasco, cioè al centro di un rischio epocale. Su un
piatto della bilancia europea c'è infatti questo genere di rischio. Sull'altro piatto c'è la necessità di pensare
politicamente in modo altrettanto non convenzionale. È ormai nel consenso generale che la mossa della
Bce chiami gli Stati a rilanciare gli investimenti pubblici. È difficile contestarlo, la deflazione infatti trova
alimento nel divario tra risparmi e investimenti. Ma la fiducia nei piani di investimenti ha anch'essa qualcosa
di convenzionale:a ben vedere gli effetti "fiscali" della manovra della Bce saranno molto superiori a quelli
del piano Juncker; in alcuni Paesi, tra cui l'Italia,è difficile perfino individuare subito piani di investimento
realizzabili credibilmente. L'impegno politico non convenzionale richiede qualcosa di più strutturale. Non
siamo d'altronde di fronte a una breve licenza dalle regole del passato. La Bce ha spiegato il proprio quadro
analitico facendo riferimento alla "regola di Taylor", uno schema di analisi molto comune tra gli economisti
monetari, che considera la distanza tra il reddito attuale e quello potenziale (l'output gap) uno dei due
riferimenti essenziali nell'identificare quello che Wicksell avrebbe chiamato il tasso d'interesse naturale. Fin
dal 2008 la "regola" avrebbe prescritto tassi nominali azzeratie sono stati necessari troppi anni per arrivarci.
Il "vuoto di reddito" d'altronde è difficile da stimare, quindi non consente un facile consenso tra tuttii decisori
politici, ma non c'è dubbio che oggi la regola consigli tassi addirittura negativi. E ci vorranno anni per
almeno dimezzare la distanza tra il reddito attuale e quello di pieno impiego. Lo stato di eccezionalità
potrebbe durare altrettanto. In questo periodo,i tassi negativi creeranno distorsioni. La prima è di ridurre gli
incentivia investire nelle attività più produttive (le uniche in grado di ripagare costi di finanziamento più alti)
riducendo quindi il tasso di crescita di lungo termine di società già preda della stagnazione secolare. Il
secondoè di consentire ai Paesi indebitati di non fare riforme né di tagliare le spese meno utili (il famoso
"azzardo morale"). Il terzo è di creare bolle speculative con conseguenze distributive che beneficiano solo
un'élite di risparmiatori. Il quartoè di eroderei profitti (ei volumi di credito) delle banche il cui modello di
business è di finanziarsi a breve termine e prestare a lungo, facendo profitti sulla differenza trai due tassi.
Una politica non convenzionale non si limita a volere il rilancio degli investimenti, ma deve far fronte al
"mondo capovolto" dei tassi negativi. Gli investimenti più produttivi (non quelli più deboli) vanno premiati
fiscalmente; l'azzardo morale va smentito coni fattie la sostituzione tra spesa inutile e investimenti deve
essere considerevole; i problemi di disuguaglianza trai redditi non vanno nascosti, alla luce del vuoto di
lavoro e di domanda che rischia di crearsi; infine le banche devono essere indotte a modificare il modello di
business: se la loro funzione sarà quella di utilities allora è normale che i profitti rimangano bassi, se no si
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 115
assumano responsabilitàe rischi, compreso quello di fallire. Parte di queste politiche vengono già svolte
indirettamente dalla Bce: stimolo fiscale, disciplina delle banche, finanziamento delle imprese attraverso
l'acquisto di obbligazioni societarie. Ma l'esperienza americana (due tentativi di uscita abortitie un terzo
sospeso), dimostra che per le banche centrali nonè facile tornare alle necessarie condizioni di normalità.
Spesso si dice che l'attivismo della Bce "compra tempo" per consentire ai governi di realizzare i
cambiamenti strutturali. Non è un acquisto gratis. Quando gli stimoli monetari si esauriranno, il prezzo da
pagare di chi non ha usato bene il tempo, sarà più alto. Forseè giusto che siano proprio Francofortee Lipsia
(culla dei nazionalisti) il teatro di questo dramma. I pericoli nascosti nel guadagnare tempo sono infatti un
tipico dilemma faustiano. Ma anche dire noa tutto lo è. Quando il presidente della Bce ha puntato il dito
contro «chi dice noa tutto», ha fatto risuonare qualcosa nell'orecchio di chi ha cultura tedesca: «Chi sono
io? Sono lo spirito che sempre nega.Ea ragione; perché tutto ciò che ha un'origine merita d'aver fine», dice
il diavoloa Faust. N
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 116
FINANZA E REGOLE Un Testo unico per superare la giungla dei mercati Piergaetano Marchetti e Marco Ventoruzzo Continua u pagina 19 li spettri antieuropeisti che agitano la politicae l'opinione pubblica, piùo meno
populisti, nascono da insoddisfazionie timori che non possono essere trascurati se si vuole efficacemente
affrontare tali spettri. Chi vuole ancora credere nel progetto europeo deve innanzitutto interrogarsi senza
alibi su ciò che non funziona. Gli spunti non mancano, non solo sugli argomenti che più appassionanoi
media, dalla crisi dei profughi all'ipotesi Brexit, ma anche per il più tecnicoe meno accessibile tema della
regolamentazione dei mercati finanziari, rispetto al quale bail ine crisi bancarie sono solo la punta
dell'iceberg. I mercati dei capitali- che hanno dimensione europea, se non globale,e da questo non si torna
indietro -, necessitano di una disciplinae di una vigilanza integrate, efficienti, equee comprensibili. u
Continua da pagina 1 bbene, anche agli occhi di chi si occupa professionalmente di queste materie, il
quadro è di una complessità, di una frammentarietà e - spesso - di una irrazionalità sconfortanti. Si
consideri la produzione normativa. Il processo di emanazione della disciplina europea, in particolare nel
settore dei mercati finanziari, segue il cosiddetto approccio Lamfalussy, che prevede quattro distinti livelli di
regolamentazione. In estrema sintesi e semplificando, al livello più alto vi sono direttive quadro adottate dal
legislatore europeo, che devono poi essere specificate ad un secondo livello, tramite atti normativi di
maggior dettaglio adottati anche a seguito di consultazioni tecniche con le autorità di settore per maggiore
armonizzazione e coordinamento. Una volta approvati questi provvedimenti, gli Stati membri devono
recepirli nei rispettivi ordinamenti o, nel caso dei regolamenti direttamente applicabili, devono quantomeno
adattare la disciplina interna alle novità europee. Segue un terzo livello in cui vengono adottate linee guida
e misure di diversa natura per facilitare il coordinamento e l'enforcement della disciplina nei diversi Paesi, e
un quarto in cui le istituzioni europee vigilano sul rispetto delle norme da parte degli Stati. Nel settore
finanziario, le autorità di vigilanza europee (come ad esempio l'EMSA) hanno assunto un ruolo essenziale
nel processo, avendo spesso il compito di predisporre gli atti poi soggetti all'approvazione del legislatore
comunitario. L'obiettivo di questo articolato sistema era quello di facilitare il consenso politico e la
convergenza, prevedendo una legislazione che si precisa e definisce per approssimazioni successive. Il
risultato pratico che si deve constatare, tuttavia, è un meccanismo barocco di continui rimandi tra autorità
diverse, in cui anche il più attento osservatore rischia di perdersi nella ragnatela delle competenze, tra
provvedimenti a diverso stadio di attuazione e di diverso livello gerarchico, spesso affidati a soggetti
diversie sottoposti alle pressioni di gruppi di interesse che hanno il tempo e le risorse per destreggiarsi in
questa giungla burocratica. Il quadro delle autorità di regolamentazione non è più chiaro e razionale.
Sempre a grandissime linee, negli ultimi anni alla Banca Centrale Europea si sono aggiunte autorità di
settore quali L'ESMA (peri mercati finanziari), l'EBA (che si occupa di aspetti diversi della disciplina
bancaria), e l'EIOPA (assicurazioni), la cui stessa localizzazione geografica (la prima a Parigi, la seconda a
Londra, la terza a Francoforte) è più una concessione al compromesso politico che frutto di esigenze di
efficienza, e non può che dare argomenti a chi già lamentava i costi causati dall'aver sparpagliato le
istituzioni europee tra Bruxelles, Lussemburgo e Strasburgo. E non mancano altri soggetti, altre sigle, altre
competenze: basti citare lo European Systemic Risk Board, responsabile della vigilanza macroprudenziale,
ma ve ne sarebbero molti altri. Questa rete di autorità, già di per sé complessa, deve poi interagire e
coordinarsi con le autorità nazionali; e qui uno dei problemi è chei singoli Stati non seguono un modello
unico di articolazione dei poteri di vigilanza, né tantomeno uno che replichi l'organizzazione a livello
europeo: quasi tutte le soluzioni sono rappresentate, da sistemi con un regolatore unico, a sistemi con un
numero variabile di regolatori, i cui compiti sono talvolta distinti per "soggetti" (ad es., assicurazioni,
banche, società quotate, ecc.), e talaltra per "funzioni" (trasparenza informativa, stabilità, ecc.), o varie
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 117
combinazioni di queste divisioni a volte frutto della stratificazione storicae della gelosia reciproca più che di
effettive e razionali necessità. Sovrapposizioni, incertezze, confusione e conflitti di competenze si
moltiplicano. Come se le cose non fossero già sufficientemente complicate, gli stessi poteri regolamentari
delle autorità europee vivono in una sorta di limbo, limitati da una ormai risalente giurisprudenza della Corte
di giustizia (la cosiddetta "dottrina Meroni"), originariamente legata a esigenze di democraticità. Le autorità
devono quindi limitarsi a emanare proposte che richiedono il timbro degli organi di vertice dell'Unione (ad
esempio, i "technical standards" dell'ESMA, che devono essere approvati dalla Commissione), generando
così di fatto un meccanismo non dissimile dalla "navetta" che molti criticano nelle assemblee legislative
bicamerali. A tutto si può cercare di dare sistema tizzazione, e si può tentare di individuare una razionalità
anche nei sistemi più complessi. È tuttavia chiaro che nemmeno il più raffinato dei filosofi scolastici avrebbe
facilmente potuto giustificare l'architettura istituzionale brevemente descritta, e se studiosi e giuristi faticano
anche solo a seguire l'evoluzione normativa, come si può pretendere che lo faccia il non specialista, la cui
vita professionale o personale è tuttavia incisa anche profondamente da queste materie? Ridisegnare le
cose secondo uno schema più lineare non è facile, ma è legittimo il sospetto che vi sia anche qualcuno che
beneficia di un sistema tanto opaco da risultare impenetrabile ai non iniziati. Eppure, qualcosa si potrebbe
fare. In attesa di una più generale risistemazione, ci limitiamo a proporre - solo abbozzandole - due idee
non rivoluzionarie, che tuttavia potrebbero avere un impatto significativo. La prima è procedere alla
redazione di un "Testo Unico" del diritto dei mercati finanziari e del diritto bancario europei. Questa
operazione di consolidazione non richiederebbe stravolgimenti normativi, ma rappresenterebbe un'opera di
ordinamento dei diversi provvedimenti esistenti in un corpo unitario e coordinato, un'operazione che molti
legislatori nazionali attuano periodicamente, al fine di sistematizzare materie altrimenti fuori controllo.
Certamente le cose sono in questo caso complicate dalla diversa naturae diversi effetti di alcuni dei
provvedimenti (si pensi a direttive e regolamenti), ma sarebbe un primo passo, non impossibile, per fare
pulizia e chiarezza e che aiuterebbe operatori, interpreti e semplici cittadini. Un secondo spunto è superare
definitivamente la richiamata dottrina Meroni, già recentemente intaccata dai giudici europei, affidando alle
autorità europee poteri (e responsabilità) regolamentari esercitabili in modo più semplice, diretto ed
immediato, evitando l'attuale balletto di competenze tra queste e la Commissione. Contro il rischio di
(ulteriore) burocratizzazione, che comunque l'attuale approccio non evita, si potrebbe utilmente pensare a
più efficaci meccanismi di legittimazione e responsabilizzazione delle authorities indipendenti. Insomma: un
passo avanti nell'autonomia e rapidità decisionale delle istituzioni europee. Per evitare di cadere nella
ragnatela e vischiosità del continuo compromesso anche su questioni secondarie e per superare la
vischiosità e l'incertezza della babele delle troppe discordanti voci nazionali.
20Migliaia di miliardi di dollari. Le necessità di infrastrutture sono stimante in almeno 20mila miliardi di dollari
entro il 2030
Foto: Sui mercati finanziari. L'obiettivo dell'articolato sistema di regolamentazione dei mercati finanziari era
quello di facilitare il consenso politico e la convergenza; il risultato pratico che si constata, tuttavia, è un
meccanismo barocco di continui rimandi tra autorità diverse Osservatorio Diritto Commerciale Europeo
Università Bocconi
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 118
IL DIBATTITO E LE IDEE La rotta tracciata per un fisco più equo Salvatore Padula ue anni fa, proprio in questi giorni, il Parlamento approvava la legge delega per la riforma fiscale, anzi -
come recita un po' pomposamente il suo titolo - la legge delega «per un si stema fiscale più equo,
trasparente e orientato alla crescita». Nessuno probabilmente si era illuso che la delega al Governo
potesse davvero cambiare volto al sistema fiscale italiano. Continua u pagina 18 u Continua da pagina 1
oprattutto nessuno si era illuso che da lì potesse arrivare il taglio di una pressione fiscale che veleggia oltre
il 43% e che arriva a superare il 50% se si tiene conto del sommerso che, per definizione, contribuisce al Pil
ma le tasse non le paga. Con la delega, in alcuni ambiti - dall'abuso del diritto al riordino del sistema
sanzionatorio amministrativo e penale fino alle novità del decreto internazionalizzazione - sono state poste
le basi per un sistema forse non ancora "più equo, trasparente e orientato alla crescita" ma certamente
almeno un po' migliore. La delega non è intervenuta sulla struttura del prelievo, sull'assetto delle imposte.
Né sul livello della pressione fiscale. In realtà, la pressione fiscale è la combinazione del costo effettivo
delle imposte con i costi della gestione amministrativa dei tributi. Vedremo, tra un po' di tempo, se i benefici
derivanti dalle nuove regole si fanno sentire. Sarebbe un passo verso un percorso di normalizzazione della
pressione fiscale che appare ancora molto lungo. Ma che, è giusto ri conoscerlo, è stato avviato. Il fatto è
che una pressione fiscale così elevata finisce per oscurare la percezione di un alleggerimento fiscale che,
almeno nei numeri, è però visibile, anche se timido. Il governo, nella sua prima fase, ha giustamente
puntato a interventi per alleggerire il prelievo su lavoro e imprese. La stessa "operazione 80 euro"
(tecnicamente non un taglio dell'Irpef) ha la finalità di aumentare il reddito disponibile dei dipendenti, per
incentivare i consumi e fare da volano alla domanda interna. Nel 2015, tanto l'azzeramento dell'Irap sul
costo del lavoro quanto la decontribuzione per le nuove assunzioni hanno prodotto risultati che non si
possono sottovalutare. Il 2016 ha visto però una parziale deviazione da questo percorso e il governo,
nonostante i richiami di Bruxelles, ha preferito destinare 4,5 miliardi al taglio della Tasi e di alcune
componenti dell'Imu. A dire il vero, nella manovra di quest'anno c'è un miliardo per la defiscalizzazione,
oltre a svariate centinaia di milioni tra bonus e regimi agevolati. Che accadrà da qui in poi? Dipenderà dalle
risorse, ovviamente. Dalla capacità di fare tagli di spesa, dalle aperture di Bruxelles in chia ve di politiche
espansive. Ma anche dalla tagliola delle clausole di salvaguardia che continuano a pesare sui conti
pubblici. Però qualche punto fermo è già noto. La rotta che punta a lavoro e imprese sarà ripresa nel 2017:
la manovra approvata a dicembre pre vede, dall'anno prossimo, il taglio di 4 punti dell'aliquota Ires, con un
alleggerimento fiscale di circa 3 miliardi, che diventeranno 4 miliardi nel 2018. La tabella di marcia
proseguirà poi con l'Irpef, proprio nel 2018, probabilmente l'anno delle elezioni, dove - oltre a un
alleggerimento per i redditi medi - si dovrà forse riflettere sull'assetto complessivo di quello che resta il
principale tributo del nostro sistema. Un tributo che colpisce circa 40 milioni di cittadini e vale
complessivamente 176 miliardi di euro, oltre il 40% dell'intero gettito erariale, e che tra deduzioni,
detrazioni, eccezioni, regimi speciali e così via, sta pagando un prezzo elevatissimo in termini di equità,
trasparenza e complessità. Si può e si deve, naturalmente, fare di più. Senza rinunciare a cose solo
apparentemente minori. Per esempio, bisogna credere di più nei meccanismi di destinazione dei proventi
della lotta all'evasione al fondo taglia tasse. E bisogna farlo senza cedimenti: in passato quei fondi sono poi
stati poi utilizzati per altre finalità. Si possono poi immaginare altri interventi, che non sono un vero e proprio
taglio della pressione fiscale ma che possono portare benefici al sistema. Si parla spesso di riordino delle
agevolazioni fiscali in chiave di spending review. Certo, se taglio un'agevolazione, di fatto, sto aumentando
le tasse. Ma se destino queste risorse a un fondo per la riduzione delle aliquote, rimetto in circolo svariati
miliardi di euro che mi consentono di avere un sistema più semplice e meno discrezionale. Un primo passo
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 119
verso una maggiore equità.
Nella manovra 2016201616.8144.525001131701861.268 Interventi Imu/Tasi Super ammortamenti Regimi fiscali agevolati Interventi clausole salvaguardia
Fonte: ministero dell'Economia e delle finanze Proroga detrazioni Irpef ristrutturazioni e riqualificazione
energetica Proroga esonero contributivo per assunzioni a tempo indeterminato e detassazione premi di
produttività Fondo per la riduzione della pressione fiscale Riduzione Ires ( dal 2017, senza approvazione
clausola migranti) Il dettaglio dei tagli alle tasse nella manovra 2016. Dati in milioni di euro
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Lavoro. Il bilancio del programma Ue finanziato con 1,5 miliardi di euro La burocrazia frena Garanzia giovani In due anni firmati 30mila contratti Regole complesse per accedere al bonus occupazionale. Centri per l'impiego inefficienti.E il patto diservizioè un onere, non un percorso di inserimento Giorgio Pogliotti Claudio Tucci Poco più di 30mila assunti da imprese che hanno beneficiato del bonus occupazionale; 145mila tirocini,
circa 50mila beneficiari di una misura di politica attiva di accompagnamento al lavoro, e 5mila ragazzi
inseriti in progetti di servizio civile. A quasi due anni dal lancio, è questo il bilancio del programma
«Garanzia giovani» che ha un budget di 1,5 miliardi di euro, in cofinanziamento con l'Unione europea. Il
piano rivolto ai "Neet" giovani che non studiano e non lavoro, d'età tra i 15 e i 29 anni è partito in Italia il 1°
maggio 2014 con l'obiettivo di avvicinare la fascia più svantaggiata dei ragazzi al mondo del lavoro o della
formazione. Sulla carta i potenziali destinatari del programma sono oltre 2,2 milioni di giovani "Neet": al 10
marzo si sono registrati sul portale del ministero del Lavoro in 996mila, ma al netto delle cancellazioni il
totale scende a 859mila. Di questi sono stati presi in carico (cioè semplicemente contattati) dai servizi per
l'impiego in 636mila, e a 294mila è stata proposta «almeno una misura del programma». Ma che cosa è
stato offerto a questi ragazzi? Per rispondere bisogna fermarsi al monitoraggio Isfol pubblicato il 4 marzo
che fa riferimento a 220.465 giovani ai quali è stata offerta almeno una misura. Ebbene, sfogliandolo, si
scopre che i contratti di lavoro sono 30.630, il 13,9%: sono vere assunzioni che beneficiano del bonus
occupazionale. A far la parte da leoni sono gli "stage": se ne contano 133.962, pari al 60,7%. In questi due
anni, quindi, il magro bilancio di Garanzia giovani, evidenzia come il programma abbia funzionato più per la
componente formativa, destinataa reinserire in un percorso di riqualificazione il giovane Neet. Ha deluso,
invece, dal punto di vista della creazione di nuova occupazione: tantoè vero che il tasso di disoccupazione
giovanile resta tra i più alti d'Europa al 39,3%, secondo l'ultimo dato Istat di gennaio. Peraltro, andando a
vedere le offerte di impiego proposte dalle imprese sul portale www.garanziagiovani.gov.it, emergono molti
profili mediobassi, per i quali non è richiesta una particolare specializzazione (parrucchiera, camionista,
segretaria, barman). Secondo le imprese, soprattutto le Pmi, il freno alle assunzioniè dato dagli eccessivi
oneri burocratici: la lamentela ricorrente è che le piccole realtà imprenditoriali non hanno le risorse
necessarie per approfondire le troppe regole legate all'assunzione di giovani Neet. In altri casi si evidenzia
il rischio di "concorrenza" tra le varie misure previste da Youth Guarantee con altri incentivi contenuti nelle
leggi nazionali, considerando che gli imprenditori ritengono maggiormente appetibili quelle di fa cile
applicazione (come è la decontribuzione prevista sul lavoro stabile). Inoltre, la percentuale tutto sommato
modesta (34%, secondo l'ultimo report del ministero del Lavoro) di ragazzi presi in carico dimostra come in
molte regioni il patto di servizio personalizzato rappresenti un contratto di tipo burocraticoe non già la
definizione di un percorso di inserimento lavorativo. Senza contare che il "tempo di risposta" dei servizi
pubblici per l'impiego è ancora troppo lungo, visto che si tratta di un mero atto amministrativo (in oltre il
50% dei casi si superanoi due mesi). Su tutto ciò impatta il mancato decollo della riforma dei servizi per
lavoro prevista dal Dlgs 150/2015, attuativo del Jobs act. L'Anpal, la nuova Agenzia nazionale per le
politiche attive del lavoro, esiste ancora solo sulla carta. Lo schema di decreto sul trasferimento di risorse
all'Anpal, all'esame delle competenti commissioni parlamentari per i pareri,è oggetto di forti critiche.
«Stupisce che nel definire le funzioni dell'Agenzia nazionale spiega il professor Pietro Ichino (Pd) si
escludano quasi del tutto l'orientamento e la formazione professionale». Lo stesso Ichino sottolinea altre
due criticità: «Non viene menzionata la funzione dell'Agenzia di promuovere la cooperazione della rete
pubblica con gli operatori privatie la diffusione degli strumenti come il contratto di ricollocazione e il voucher
che ne costituisce l'oggetto». Secondo: la selezione del personale da trasferire all'Agenzia «basata sul solo
criterio dell'interesse personale dei singoli dipendenti, che prevale su quello degli enti interessati
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 121
all'efficienza». Fin quando non verranno sciolti questi nodi, è difficile immaginare un rilancio delle politiche
attive e, di conseguenza, di «Garanzia giovani», che come spiega Marco Leonardi, consigliere economico
del premier Renzi «dovrà avere uno stretto legame con l'Anpal». Ma è evidente che fin quando non sarà
operativa l'Agenzia, resterà appesa anche la sorte di Youth Guarantee.
IN CIFRE
2,2milioni220.465
30.630
133.962 I contratti di lavoro Le assunzioni stabili che beneficiano del bonus occupazionale sono il 13,9% La
platea potenziale I Neet (giovani che non lavoranoe non sono in formazione) destinatari del programma
Garanzia giovani Gli stage I tirocini con il 60,7% rappresentano la fetta maggiore delle misure offerte I
giovani coinvolti Quellia cui in due annisecondo il dato Isfol al4 marzo scorsoè stata proposta almeno una
misura del programma
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La riforma. Con il Jobs act si vuole spostare il baricentro dagli ammortizzatori agli aiuti e agli interventi perfacilitare l'inserimento lavorativo Politiche attive contro la disoccupazione Per centrare l'obiettivo istituita l'Anpal che coordinerà i servizi sul territorio Il decreto sullo statutodell'Agenzia nazionale relativo a funzionamento e competenze deve essere approvato in via definitiva Maria Carla De Cesari La riforma costituzionale, una volta superato il referendum, riporterà tra le competenze legislative dello
Stato la disciplina dei servizi al mercato del lavoro.A Costituzione invariata, con il Jobs actè istituita
l'Agenzia nazionale per le politiche attive per il lavoro (Anpal); si affida al ministero del Lavoro d'intesa con
la Conferenza delle Regioni la definizione delle linee di indirizzo per facilitare l'incrocio tra domandae
offerta di occupazione. Con lo stesso percorso il ministero deve prevederei livelli essenziali delle
prestazioni, validi su tutto il territorio nazionale. Con il decreto legislativo 150/2015 il Governo ha definito le
competenzee le strutture in materia di politiche attive. Sul piano politico l'obiettivo è molto ambizioso:
spostare il baricentro degli aiuti a chi è in cerca di occupazione dagli ammortizzatori al "tutoraggio" per il
reinserimento. Dal punto di vista operativo il percorso per perseguire l'obiettivo politico è molto articolato.
Ecco il quadro. Sulla carta (per ora), dal 1° gennaio, è istituita l'Agenzia nazionale delle politiche attive,
Anpal, che dovrà coordinare la rete dei servizi costituita dalle strutture regionali, in particolare dai "vecchi
centri per l'impiego" delle ex province; dall'Inps; dall'Inail; dalle agenzie per il lavoro privatee dagli altri
soggetti autorizzati all'intermediazione; dagli enti di formazione accreditati; da Italia lavoro; dall'Isfol; dalle
Cdc; dagli ateneie dalle scuole superiori. Le linee di governo Il ministero del Lavoro dovrà determinare le
linee di indirizzo triennali e gli obiettivi annuali, previa intesa in Conferenza delle Regioni, e dovrà definire i
livelli essenziali delle prestazioni. In questo modo si pensa di superare il federalismo dei servizi che in
assenza di una regia nazionale, fatta di benchmark, indicatori di risultato, meccanismi di sostituzione per
chi non fa ha dato vitaa una mappa caratterizzata da poche realtà efficienti. Linee di indirizzo pluriennali,
obiettivi annuali, livelli essenziali delle prestazioni potranno essere integrati anche da criteri stringenti per il
lavoro dei centri per l'impiego che hanno, di regola, il monopolio della prima fase delle politiche attive: la
convocazione del disoccupato, l'individuazione delle sue competenze e abilità (la profilazione) e la
definizione del patto di servizio, cioè il percorso più adatto per cercare l'inserimento lavorativo. Il ministero
avrà anche poteri di vigilanza sull'Anpale di verifica e controllo sui livelli essenziali delle prestazioni. Infine, il
ministero fornirà le linee per la formazione continua, compresa quella finanziata dai fondi interprofessionali
e individuerà, d'intesa con Regioni e Province autonome, i parametri per l'accreditamento degli enti di
formazione. L'Anpal La nuova Agenzia il decreto sullo statuto relativo a funzionamento e competenze deve
essere ancora approvato in via definitiva sarà guidata da Maurizio Del Conte, professore di diritto del
lavoro alla Bocconi, tra gli "autori" del Jobs act. Come detto, l'Anpal coordinerà la rete delle politiche attive,
svolgerà monitoraggio e valutazione, fornirà gli standard di servizio peri centri per l'impiego, determinerà
importo e modalità di fruizione dell'assegno di ricollocazione e «altre forme di coinvolgimento dei privati
accreditati», metterà a punto le metodologie di profilazione per individuare il livello di occupabilità di chiè
senza lavoro. L'Anpal gestirà l'albo degli autorizzati alle attività di somministrazione (decreto legislativo
276/2003) e dovrà istituire l'Albo di quanti saranno accreditati per svolgere compiti e funzioni nelle politiche
attive a livello nazionale e nelle Regioni dove non esiste un sistema di accreditamento. Le autonomie,
infatti, nel rispetto degli indirizzi nazionali, potranno continuarea disciplinare propri sistemi di "abilitazione".
L'Agenzia nazionale coordinerà i programmi, anche europei, per promuovere l'occupabilità, vigilerà sui
fondi interprofessionali, potrà fornire consulenza nell'ambito delle crisi d'impresa. Il sistema informativo su
cui viaggeranno i dati sulle politiche attive, realizzato dall'Anpal, sarà unicoe in una prima fase si
sfrutteranno i "segmenti" di Province, Inpse Isfol. Nel sistema informativo confluiranno le comunicazioni
obbligatorie, il censimento di quanti beneficiano di ammortizzatori sociali e la scheda anagrafica e
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 123
professionale dei lavoratori elaborata dall'Anpal. I dati del sistema informativo saranno patrimonio comune
di ministero, Inps, Inail, Isfol, delle Regionie delle Province autonome e dei centri per l'impiego, per i
rispettivi compiti. I servizi regionali In attesa della nuova mappa dei poteri tra Statoe Regionie dopo la
cancellazione delle Province, lo strumento della convenzione re golerài rapporti tra livello centralee
autonomie, affidandoa queste ultime funzioni e compiti amministrativi in materia di politiche attive, che
saranno attivati attraverso i centri per l'impiego. In base alle convenzioni, in via transitoria, attivitàe obblighi
per le politiche attive potranno essere affidate ai privati accreditati. I centri per l'impiego dovrebbero
diventare il punto di riferimento dei disoccupati o di quanti potrebbero perdere il lavoro: il decreto 150 parla
di orientamento di basee specialistico, aiuto alla ricerca di un'occupazione, avviamento alla formazione,
promozione di esperienze lavorative per aumentare le competenze, orientamento all'autoimpiego.
Disoccupati Sono considerati disoccupati quanti, privi di lavoro, dichiarano, in forma telematica, la
disponibilità immediataa svolgere un lavoro ea partecipare ad attività di orientamento, formazione eccetera.
I disoccupati potranno bussare ai centri per l'impiego (entro 30 giorni dalla dichiarazione telematica) o
venire da loro contattati nei tempi che saranno definiti dal Lavoro. Si tratta di un punto cruciale perché il
rischio è di perdere di vista da subito chi ha bisogno di (ri)collocazione, anche se in caso di silenzio del
centro per l'impiego sarà possibile accedere, attraverso Anpal, a una procedura di profilazione telematica
per ottenere l'assegno di ricollocazione. La mancata presentazione all'appuntamento fisato dall'ufficio,
senza giustificazione, potrà costare fino alla decadenza dalla prestazione di sostegno al reddito. La
convocazione o il contatto saranno finalizzati a definire un patto di servizio personalizzato per essere aiutati
a trovare un nuovo lavoro. Nel patto figura anche l'impegno del lavoratore ad accettare un'offerta congrua,
secondo i parametri definiti dal ministero su proposta Anpal. I titolari di disoccupazione (Naspi e Discoll)
sono in automatico considerati disponibili a una nuova occupazione (per loro dovrebbero valere tempi più
stretti di presentazione e convocazione). Stesso meccanismo anche peri lavoratori destinatari di contratti di
solidarietà o di integrazione salariale per una durata superiore al 50% dell'orario di lavoro. Assegno di
ricollocazione Solo a chi percepisce l'indennità di disoccupazione per un periodo superiore ai quattro mesi
sarà riconosciuto, su richiesta, un assegno di ricollocazione. Si tratta di un buono, della durata di sei mesi
prorogabile se non è stato speso tutto l'importo, da utilizzare per la ricerca di un lavoro "congruo".
Il dizionarioOBBLIGHI E SANZIONIASSISTENZA INTENSIVAI PRIMI PASSI Patto di servizio personalizzato Accordo del disoccupato con l'operatore del centro per
l'impiego, con cui assume gli impegni di non mancare alle convocazioni dei Cpi, di partecipare alle iniziative
proposte e di accettare offerte di lavoro congrue. Nel caso di beneficiari di forme di sostegno al reddito, il
mancato rispetto degli adempimenti previsti determina l'applicazione dei meccanismi di condizionalità
Offerta di lavoro congrua Offerta che il beneficiario di misure di politica attiva è tenuto ad accettare per
evitare la decadenza dalla prestazione di sostegno al reddito, o dallo stato di disoccupazione nel caso di
Asdi. In assenza del Dm che dovrà definire il concetto di congruità dell'offerta, continua ad applicarsi la
legge 92/2012 Condizionalità Previsioni normative che promuovono l'attivazione di chi cerca lavoro o del
beneficiario di ammortizzatori sociali e ne sanzionano l'ingiustificata indisponibilità ad accettare un nuovo
impiego o a partecipare a programmi di formazione e di inserimento lavorativo Sanzioni della condizionalità
Vengono applicate a chi non rispetta gli obblighi di rendersi parte attiva del percorso di collocazione o
ricollocazione professionale. Le sanzioni prevedono la progressiva decurtazione della Naspi, dell'Asdi o
della DisCol fino alla loro revoca e la decadenza dallo stato di disoccupazione. Chi perde lo stato di
disoccupazione non può riscriversi al portale nazionale per l'accesso alle politiche attive prima di due mesi
Assegno di ricollocazione Misura di politica attiva destinata ai percettori di Naspi, disoccupati da oltre 4
mesi, che ne facciano richiesta entro due mesi dalla erogazione. Consiste in un servizio di assistenza
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 124
intensiva alla ricollocazione che può essere fruito anche presso gli operatori privati accreditati. In questo
caso, i privati sono tenuti a comunicarlo ai centri per l'impiego e sono obbligati a segnalare tutti i casi di
applicazione delle condizionalità. A loro volta i centri per l'impiego sono tenuti a comunicare all'Istituto
nazionale di previdenza sociale e all'Agenzia nazionale per le politiche attive per il lavoro l'applicazione
delle sanzioni nei casi previsti per la condizionalità
Nel transitorio le convenzioni regolano i rapporti tra livello centrale e autonomieFoto: ILLUSTRAZIONE DI UMBERTO GRATI
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 125
Sponda italiana al Qe3 per rafforzare l'economia reale Piano del Governo, sgravi per sostenere l'acquisto dei bond emessi dallePmi Colombo Il Governo italiano ha allo studio misure per rafforzare l'afflusso di finanziamenti non bancari alle piccolee
medie imprese. La misura principale cui stanno lavorando il ministero dell'Eco nomia, Bankitalia e il Mise,
prevede sgravi fiscali per i risparmiatori che investiranno nella crescita delle Pmi, in particolare quelle con
ricavi compresi 50 e 250 milioni. u pagina 5 Il governo italiano rilancia dopo il Qe3 di Draghi. Se la Bce
scommette su operazioni mirate di rifinanziamento di durata quadriennale (Tltro) per le banche che faranno
più crediti all'economia e sugli acquisti diretti di bond aziendali con un rating investment grade, l'esecutivo
italiano punta a rafforzare i finanziamenti non bancari a favore delle piccole e medie imprese. La misura
principale cui stanno lavorando i tecnici del ministero dell'Economia insieme con Bankitalia e il ministero
dello Sviluppo economico prevede sgravi fiscali a favore del risparmio retail che si orienti verso forme di
investimento per la crescita delle Pmi, in particolare quelle che si collocano in un target compreso tra i 50 e
i 250 milioni di ricavi. La detassazione sarebbe garantita per piani individuali di risparmio (Pir) gestiti dai
non numerosi fondi di investimento attivi in questo comparto e che, con l'iniziativa, potrebbero crescere. Si
tratta di un mercato del credito non bancario che potrebbe trovare più spazio dopo le ultime decisioni di
politica monetaria della Bce. Oltre a un effetto di stabilizzazione dei mercati finanziari atteso dopo il nuovo
taglio dei tassi, gli acquisti diretti di bond di aziende e i nuovi maxiprestiti mirati con il Tltro2 sembrano
destinati ad allargare di molto lo spazio al piano del Governo per le imprese. «In un momento in cui i
rendimenti bancari sono molto bassi, c'è la naturale ricerca del rendimento più alto. Non vogliamo che i
risparmi vadano a finire solo in fondi internazionali che investono nelle Borse di Shanghai o di Hong Kong,
ma anche nella nostra economia reale» ha spiegato ieri Fabrizio Pagani, capo della segreteria tecnica del
ministro Pier Carlo Padoan. Ieri le stime Istat sulla produzione industriale di gennaio (+1,9% sul mese;
+3,9% il tendenziale) hanno dato una prima significativa conferma dell'efficacia degli ultimi strumenti di
«finanza per la crescita» messi in campo con la legge di Stabilità 2016. Dietro l'aumento del comparto dei
beni strumentali (+9,5% il dato corretto per il calendario visto che i giorni lavorativi sono stati 19 contro i 20
di gennaio 2015) i tecnici leggono un «effetto superammortamento», vale a dire l'extradeduzione del 40%
sui beni produttivi acquistati a partire dal 15 ottobre 2015 e valida ancora per tutto il 2016. Con il varo del
nuovo piano il Governo intende presentare una verifica di impatto sull'insieme degli strumenti attivati
nell'ultimo anno e mezzo con il programma «finanza per la crescita»: dai superammortamenti in piena fase
di decollo, appunto, alle diverse forme di liberalizzazione del credito a soggetti non bancari, gli investimenti
in innovazione o il patent box. Per non parlare delle emissioni dei minibond, che secondo gli ultimi
rilevamenti dell'osservatorio del Politecnico di Milano avrebbero raggiunto il volume complessivo di 7,9
miliardi con 179 operazioni. Mentre Aifi (si veda Il Sole24 Ore del 3 marzo) ha indicato un target di raccolta
di 5,5 miliardi con lo strumento obbligazionario per le Pmi da parte dei 26 fondi attivi in Italia nel private
debt. A partire da maggio, oltretutto, si attende una nuova spinta dalla cosiddetta Sabatini bis che prevede
finanziamenti agevolati per l'acquisto o il leasing di beni strumentali. Le nuove regole, contenute in un
decreto MiseMef, ampliano i canali di finanziamento svincolandone la concessione dall'attuale plafond della
Cassa depositi e prestiti: i prestiti erogati dalle banche o dalle società di leasing potranno attingere anche
ad altre provviste. Oltre al canale del risparmio retail agevolato, il piano del Governo punterebbe anche su
un coinvolgimento dei fondi pensione (sono 33 i fondi negoziali e gestiscono un patrimonio di 43 miliardi di
risparmio gestito) in investimenti sull'economia reale nazionale. Il confronto è aperto da diversi mesi ma su
questo fronte alcune freddezze sindacali non fanno sperare in soluzioni a breve. Nonostante i
provvedimenti del Governo in termini di credito d'imposta, infatti, da parte di alcune componenti sindacali
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 126
c'è la richiesta di garanzie pubbliche per fronteggiare il rischio implicito in questa tipologia d'investimenti:
«Personalmente spiega Michele Tronconi, presidente di Assofondipensione ritengo che sia difficile
ottenere queste garanzie pubbliche, visto che si rischierebbe il veto comunitario sui cosiddetti "aiuti di
Stato". Inoltre, la garanzia statale potrebbe preludere ad un'ingerenza nelle scelte d'investimento dei nostri
fondi. Spero perciò che tutta la questione possa trovare presto una risposta sul terreno tecnico, più che su
quello dei veti di principio». Il rafforzamento del flusso di finanziamenti non bancari per le Pmi, misura
principale del pacchetto «finanza per la crescita 2.0», ha diversi obiettivi strategici: aiutare le piccole
imprese a diventare più grandi, patrimonializzate e capaci di competere sui mercati esteri.
LA PAROLA CHIAVEMinibond 7 Sono strumenti finanziari che possono emettere le piccole e medie imprese, con il fine di
agevolarne la raccolta di capitali, assistiti da uno "sponsor" e destinati al pubblico degli investitori
professionali. Il Dl 83/2012 ha equiparato il regime fiscale dei prestiti obbligazionari emessi dalle società
quotate a quello delle Pmi a condizione che i minibond siano negoziati in mercati regolamentati o in sistemi
multilaterali. Il regime fiscale dei minibond permette, tra le altre cose, di dedurre gli interessi passivi con il
meccanismo del Rol e di beneficiare dell'esenzione della ritenuta sugli interessi pagati in favore di
determinati investitori istituzionali o non residenti
Le misure per la crescita delle PmiFINANZA D'IMPRESA
Nuovo impulso ai minibond, ampliati i canali del credito Lo strumento dei minibond, le obbligazioni anche di
piccolo taglio che possono essere emesse dalle Pmi, è stato rafforzato come canale di finanziamento
alternativo delle imprese a partire dal 2012 ampliando la platea prima riservata alle quotate. Rimossi i limiti
quantitativi civilistici, sono stati introdotti benefici fiscali per emittenti e investitori. Da novembre 2012 le
operazioni sono state 179 per un volume complessivo di 7,9 miliardi. Con il Dl Competitività (91/2014 )
sono stati poi ampliati i canali di accesso al credito: estesa alle compagnie di assicurazione, ai fondi di
credito e alle società di cartolarizzazione la possibilità di erogare direttamente alle imprese ed elimina la
ritenuta d'acconto sui finanziamenti a mediolungo termine erogati
INNOVAZIONEL'agevolazione del patent box e il credito d'imposta su R&S Previsto dalla legge di Stabilità 2015e poi
disciplinato da un Dm Finanze nel luglio scorso, il patent box introduce per le imprese la possibilità di
optare per un regime fiscale agevolato sui redditi da utilizzo di opere dell'ingegno, brevettie marchi
(esclusione del 50% dall'imponibile). L'opzione, valida per cinque periodi di imposta,è irrevocabilee
rinnovabile. L'obiettivoè quello di rendere il mercato italiano più attrattivo per gli investimenti nazionali ed
esteri. Il costo della misuraè stato stimato in 200 milioni annui. Sugli investimenti incrementali in R&Sè stato
introdotto un credito di imposta al 25% nel quinquennio 20152019 finoa un massimo annuale di5 milioni per
ciascuna impresa. Un intervento finanziato con 2,3 miliardi
BENI STRUMENTALIDalla nuova Sabatini ai maxiammortamenti al 140% Nel pacchetto di misure per le imprese inserite nella
Stabilità di quest'anno c'è la possibilità per le imprese di ammortizzare nel 2016 i beni strumentali al 140%
anziché al 100%. Sconto fiscale valido già dagli acquisti effettuati nell'ultimo trimestre del 2015. Un
meccanismo premiante per incentivare gli acquisti da parte delle imprese, leva fondamentale per trainare la
domanda interna. Il bonus affianca le agevolazioni introdotte dalla "nuova Sabatini" sempre per agevolare
gli investimenti in nuovi macchinari e beni strumentali: contributi alle Pmi per coprire parte degli interessi sui
finanziamenti bancari concessi fino al 31 dicembre 2016 tra i 20mila euro e i 2 milioni
CREDITO NON BANCARIOAllo studio sgravi fiscali per chi investe nella crescita delle Pmi Oltre alla messa a punto degli strumenti
esistenti il Governo sta lavorando a un piano per rafforzare i finanziamenti non bancari a favore delle Pmi.
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 127
La misura principale allo studio dei tecnici dell'Economia con Bankitalia e ministero dello Sviluppo prevede
sgravi fiscali a favore del risparmio retail che si orienti verso forme di investimento per la crescita delle Pmi,
in particolare su un target compreso tra i 50 e i 250 milioni di ricavi. La detassazione sarebbe garantita per
piani individuali di risparmio (Pir) gestiti dai non numerosi fondi di investimento attivi in questo comparto e
che con l'iniziativa potrebbero crescere. Si tratta di un mercato del credito non bancario che potrebbe
trovare più spazio dopo le ultime decisioni di politica monetaria della Bce
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 128
Dalle nuove aste Tltro della Bce in arrivo maxiliquidità per gli istituti di credito italiani Banche, 320 miliardi a tasso zero Luca Davie Marco Ferrando Oltre 300 miliardi di liquidità (potenzialmente) a tassi negativi da erogare sotto forma di crediti a imprese e
famiglie italiane. E una boccata d'ossigeno per i bilanci delle banche, in apnea da quandoi tassi sono sotto
zero, che potrebbe generare utili aggiuntivialmeno in via teorica fino a 5 miliardi nei prossimi quattro anni:
questi i benefici che possono arrivare alle banche dalle nuove aste Tltro lanciate dalla Bce. pagina4 Oltre
300 miliardi di liquidità (potenzialmente) a tassi negativi da erogare sotto forma di crediti a imprese e
famiglie italiane. E una boccata d'ossigeno per i bilanci delle banche, in apnea da quando i tassi sono sotto
zero, che potrebbe materializzarsi in un contributo aggiuntivo sui margini di interesse che almeno in via
teorica può arrivare fino a 5 miliardi nello spazio dei prossimi quattro anni, cioè la durata del nuovo
programma di iniezioni di liquidità della Bce, secondo quanto stimato dalla società di consulenza
Prometeia. Le Tltro atto secondo sono una delle sorprese uscite l'altroieri dal consiglio della Bce. Un
bazooka dentro al bazooka, di fronte al quale la prima tornata di Tltro lanciata a metà 2014 oggi sembra
assumere le sembianze di una pistola giocattolo: all'epoca, hanno calcolato ieri gli analisti di UniCredit, il
potenziale di liquidità che portavano con sè le aste era di 400 miliardi di euro in tutta l'eurozona, meno di un
quarto dei 1.700 miliardi che invece potranno ora essere assegnati alle banche europee. Come per il primo
ciclo di aste, ogni banca per calcolare il proprio "tiraggio" dovrà prendere come riferimento il totale dei
prestiti in essere al 31 gennaio a imprese e famiglie (al netto dei mutui immobiliari): con le Tltro atto primo
poteva chiedere alla Bce un ammontare pari al 7%, ora invece la quota sale al 30%. E dai 400 miliardi si
passa in questo modoa un potenziale di 1.700. La ripartizione Un mare di liquidità destinato a inondare
anzitutto la Germania (410 miliardi di liquidità richiedibile), seguita da Italia (320), Francia (310) e Spagna
(210). Nella peggiore delle ipotesi, cioè se le banche non trasferiranno i soldi ricevuti da Francoforte
all'economia reale, il tasso d'interesse sarà pari a zero. Per le banche zelanti, invece, ci sarà da
guadagnare: se aumenteranno lo stock degli impieghi di almeno il 2,5% annuo sarà loro riconosciuto un
tasso pari a quello della deposit facility della Bce (attualmente pari a 0,4% e con scarse probabilità di
ulteriore taglio, secondo quanto detto da Draghi), per incrementi minori i benefici saranno
proporzionalmente inferiori. Gli effetti sulle banche Da questo meccanismo, però, si capiscono le ricadute
sui bilanci degli istituti di credito. Che con un prestito finanziato da tassi negativi potranno guadagnarci due
volte: con gli interessi ottenuti dalla Bcee con lo spread richiesto al cliente. Vale per tutte le banche, ma
soprattutto per quelle dell'Europa meridionale che sono le più esposte sui crediti alla clientela: nona caso,
ieri in Borsa per questi titoli è stata una giornata da incorniciare. Quanto le banche italiane potranno
guadagnare dal bazooka di Draghi dipenderà nei fatti solo dalla domanda di credito che arriverà da famiglie
e imprese. E i conti si potranno fare solo alla fine. Secondo Prometeia, tuttavia, sul tavolo ci sono circa 5
miliardi aggiuntivi di margini di interesse da qua al 2020, pari a circa 1,25 miliardi annui. È questo il "bonus"
che scatterebbe grazie all'applicazione del tasso (negativo per Bce ma positivo per le banche) qualora gli
istituti chiedessero all'asta di giugno l'intero ammontare potenzialmentea loro disposizione (i 320 miliardi
comprensivi dei finanziamenti assorbiti nelle precedenti aste Tltro e opportunamente "sostituiti"), e lo
riversassero a famiglie e imprese superando il tasso di crescita del 2,5% annuo. I benefici delle nuove aste
non si fermano qua. Perchè le nuove Tltro permetteranno di ridurre il costo dell'approvvigionamento. «Le
Tltro consentono di fornire alle banche un ulteriore canale di rac colta, in una fase in cui i timori collegati
alla normativa sul bailin rende più complicato e oneroso il funding tramite obbligazioni», spiega Luca Comi,
analista di Icbpi. E a fronte di una nuova fonte di raccolta, si riduce «ulteriormente l'esigenza di emettere
bond per rimpiazzare quelli in scadenza nei prossimi mesi, proteggendosi così dalla volatilità del mercato»,
spiega Lea Zicchino, responsabile Analisi dei mercatie degli intermediari finanziari di Prometeia. Questo
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 129
effetto «dovrebbe essere in grado di contrastare l'impatto negativo di tassi più bassi sul conto economico»,
aggiunge la consulente. Senza contare che i tassi negativi comprimono il margine ma possono aiutare le
banche dal punto di vista della qualità del credito. «Con tassi più bassi,e una possibile maggiore attività
economica, si riduce il tasso di decadimento, ovvero la probabilità che la qualità dei crediti possano
deteriorarsi», conclude Zicchino.E con meno crediti che diventano sofferenze, anche la necessità di
accantonare si riduce, con ulteriori benefici sul conto economico. Le ricadute sull'economia Fin qui, la
struttura dell'operazione. Funzionerà a dovere? Molto dipenderà dalla effettiva capacità delle banche di
aumentare i volumi degli impieghi. «Elevare del 2,5% gli stock per poter beneficiare dei tassi negativi non
sarà facile, ma è possibile osserva Loredana Federico, economista di UniCredit : servirà che la ripresa, pur
gradualmente, prosegua. In quel caso, le nuove Tltro potranno in effetti innescare un circolo virtuoso». Che
a sua volta non è destinatoa impattare direttamente sulla crescita, ma «potrà garantire che i meccanismi di
trasmissione della liquidità possano funzionare al meglio. E non è poco, considerato che già le prime Tltro
hanno consentito di ridurre gli spread sul costo dei finanziamenti tra i diversi Paesi e tra medie e grandi
imprese». .@marcoferrando77
Operazioni mirate di rifinanziamento. Dati in miliardi di euro LE ASTE TLTRO
Settembre 2014
Le aste, la raccolta e il credito delle banche italiane
8313098741618,31.7181.7091.7081.6871.6851.8531.8431.8231.8381.82660,431,521,73,9 3,362,230,123,15,93,1 0 4 54 29 00 512 29 101 480 62 36 441 56 18 409 12 378 2,7 15,6 1.500 1.000 2.000 2014 2015 1.588
-4,5% 1.575 Italia 1.554 +6,4% 1.562 1.551 Marzo 2015 Giugno 2015 I CONTI DELLE BANCHE Principali
voci di bilancio delle prime tredici banche italiane. Dati in miliardi di euro Raccolta (depositi e obbligazioni)
di cui obbligazioni Totale impieghi settore privato e PA di cui settore privato Gennaio 2014 Dicembre 2014
Margine interesse Giugno 2014 Giugno 2015 Gennaio 2015 Resto area euro Commissioni nette Settembre
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 130
2015 +52% -3,8% Gennaio 2016 Dicembre 2015 I PRESTITI E LE OBBLIGAZIONI Raccolta e impieghi del
sistema bancario. Dati in miliardi di euro Trading Altri ricavi
Fonti: Banca d'Italia, Abi, Prometeia
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 131
L'ANALISI Spinta al credito e alla redditività Fabio Pavesi Quel fiume di denaro gratis concesso, se non addirittura pagato, alle banche dalla Bce non dovrà rimanere
nei forzieri degli istitutio impiegato in comodo trading finanziario, pena la nullità della poderosa manovra di
stimolo per far ripartire il circolo virtuoso di domandae offerta di credito, che latita ancora nell'economia
italiana. pagina 4 Starà ora ai banchieri dimostrare di saper sfruttare al meglio il "regalo" di Francoforte
all'intero sistema bancario soprattutto quello italiano più esposto all'economia reale.I presupposti dei nuovi
finanziamentia tassi zero se non negativi alle banche soddisfano in positivo più esigenze: abbassano
potentemente il costo del funding per gli istituti; evitano alle banche di ricorrere al mercato dei bond per
finanziarsia tassi assai più elevati; garantiscono grandi cuscinetti di liquiditàa rassicurare, se ancora ce ne
fosse bisogno, sulla solidità del sistemae sopratttutto agiscono sulla futura redditività potendo incrementarei
ricavi da margini di interesse delle banche, quei margini che più hanno sofferto dall 'inizio della crisi. Ma
perchè ciò avvenga deve entrare in azione l'altra variabile cheè venutaa mancare in tutti questi annie che
va ripristinata, cioè l'aumento dei volumi di impieghi. Senza una crescita vera degli impieghi, il solo effetto
dello spread dei tassi non permette di veder salire il margine d'interesse delle banchee quindi la loro
redditività.E qui che si gioca la partita del futuro non solo peri conti delle banche ma per il sistema
economico. Il credit crunch in Italia ha visto svanire dal 2012a oggi ben 120 miliardi di impieghi pari al 6%
dell'intero stock dei prestiti bancari.E l'effetto peri bilanci delle bancheè stato di una caduta dei ricavi da
intermediazione di denaro. Per il sistema economico ha voluto dire veder inaridito il flusso di credito, un
circolo vizioso che ha visto crisi del credito avvitarsi con la recessione. Le banche dal canto loro per
giustificare la stretta degli impieghi dicono che manca la domanda, in particolare quella di qualità.E
mostrano il cumulo di sofferenzea riprova che il credito (dato male) nonè rientrato in banca. Le imprese
lamentano che non solo non c'era credito ma costava ancora caro, nonostantei tassi sempre più bassi. Ora
che alle banche il denaro arriva gratis non ci sono più alibia una ripresa dei volumi. Purchè il rischio di
concedere denaroe magari soloa mani capaci di restituirlo sia gestito meglio che in passato.
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 132
IL GRANDE CAMBIAMENTO La spinta di Draghi, la miopia dell'Europa Guido Gentili Il boom (in particolare in Italia, trainato dalle banche) dopo la mezza delusione iniziale. Forse i mercati
hanno letto meglio cosa il presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, gli ha mandato a dire con
la svolta del 10 marzo, d'impatto analogo, se non superiore, a quella del luglio 2012, quando promise di
fare qualsiasi cosa per salvare l'euro. Ora bisogna battere la deflazione e sostenere una ripresa debole e
fragile e Draghi (tra molto altro) ha annunciato anche che la Bce, in pratica, pagherà le banche per
finanziare le imprese e rilanciare l'economia reale. «Dobbiamo evitare di chiedere troppo alla politica
monetaria», disse nel luglio 2008, quando era ancora Governatore della Banca d'Italia. Un'altra epoca.
Oggi, da kingmaker europeo, la sua avventura nel mondo dei tassi zero e sotto zero si è spinta su terre
inesplorate e controverse, come dimostra la pioggia di critiche arrivata dalla Germania. Un salto comunque
di portata rivoluzionaria che scuote l'albero rinsecchito di un'Europa politica divisa e lenta a decidere. E che
mette i governi, e le classi dirigenti di ogni Paese, di fronte alle loro responsabilità. In una partita del
genere, che si gioca sul campo dell'economia globalizzata, velocità, chiarezza d'intenti e determinazione
sono fattori decisivi. Draghi - all'inizio di febbraio, ospite della Bundesbank - ha messo in fila le forze che
concorrono alla deflazione: prezzo del petrolio e delle materie prime, sviluppo tecnologico, ecommerce. In
sintesi, piaccia o no, la forza del mercato in continua evoluzione che spiazza non solo le sovranità
monetarie ma anche quelle politicostatuali in tutte le sue articolazioni. E che impatta, attraversando imprese
e famiglie, sulle persone. Ora con effetti ben attesi (più trasparenza, più concorrenza e prezzi più bassi) ora
con la fine parallela di innumerevoli lavori e mestieri, erodendo sicurezze e generando incertezze. Il
mercato arriva comunque prima, politici, legislatori e regolatori rincorrono. Continua u pagina 16 Il sistema
che si è andato costruendo attorno all'economia della condivisione (la sharing economy) è un esempio
chiaro di come certi processi avanzano travolgendo con i loro imprevedibili modelli di business schemie
prassi consolidate. Parliamo di aziende giovanio giovanissime - gestite da un'organizzazione o da
un'impresa- che grazie all'innovazione tecnologica consentono su base volontariae su piattaforme di
scambio modello "persona a persona" ( peer to peer) di far coincidere domanda e offerta dei consumatori
per i più disparati servizi mediante il pagamento di una tariffa o la messa a disposizione di propri beni o altri
servizi professionali. Il mercato dell'auto, con Uber e la rivolta dei taxisti, è il caso più conosciuto dello
sviluppo della sharing economy, che è sbagliato considerare come un giocherello da quattro soldi per
giovani intraprendenti. AirBnb, impresa californiana, è il colosso globale sul mercato dell'ospitalità (l'Italia è
terza nella classifica degli affitti temporanei) e vale circa 25 miliardi di dollari. In un recente rapporto dell'
Istituto Bruno Leoni (IBL) Francesco Del Prato nota che AirBnB impiega un migliaio di lavoratori assunti
direttamente per gestire il proprio servizio in 190 paesi, generando un volume di affari di circa 17 miliardi di
dollari laddove la grande catena alberghiera Hilton impiega 300 mila unità per un giro d'affari che rimane
sotto i 10 miliardi. È evidente che i modelli di business frutto del nuovo e dirompente internetcapitalismo, e
a tutto favore dei consumatori, pongono problemi seri. Il "concorso" alla deflazione è tra questi, e Draghi
prova a sua volta a reagire mettendo sul piatto il rilancio in grande stile dell'economia reale e immaginando
che gli investimenti e la fiducia, grazie ad una manovra che non ha precedenti in Europa e che è moltissimo
di più di una svolta monetaria, possano sostenere una ripresa debolee batterei prezzi zeroo sotto zero. Il
problema è cosa il timoniere della BCE, ora nelle vesti di Grande Supplente, trova accanto al suo famoso
bazooka che ha appena sparato colpi pesantissimi. Il (semidisperso) piano Junker per gli investimenti al
confrontoè una pistola ad acqua. L'Europaè divisa, decide pocoe spesso male, comunque in ritardo.
Nell'eurozona la battaglia sulla flessibilità di bilancio ha fatto perdere di vista la guerra per la ripresa. I
governi arrancano e temporeggiano con i sondaggi politici sempre alla mano. I Parlamenti nazionali (vedi il
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 133
caso italiano sulla legge per la concorrenza) frenanoe chiudono porte, più che aprirle. C'è da chiedersi finoa
quando potranno coesistere una Banca centrale ultra innovativa e un'Europa politica che non guarda
avanti. La contraddizione è stridente e non annuncia bel tempo.
Foto: .@guidogentili1
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 134
Il lavoro La riforma/ Il decreto fisserà i criteri per le imprese che saranno anche soggette al controllosull'attuazione Orari, qualità, risparmi così si calcolerà il bonus sugli stipendi di chiproduce di più I contratti aziendali recepiranno i criteri e li tradurranno in obiettivi da raggiungere Quest'anno sarannodistribuiti premi di risultato per tre miliardi VALENTINA CONTE ROMA. Qualità dei prodotti, riduzione degli infortuni, nuovi turni, limitazione degli scarti e dei resi,
incremento di produzione, risparmi nell'utilizzo dei materiali, soddisfazione dei clienti, miglioramento dei
processi. Questi alcuni dei criteri di misurazione della produttività incentivata fiscalmente che il governo
valuta di inserire nel decreto interministeriale ormai quasi pronto. Il testo messo a punto dal ministero del
Lavoro - di pochi articoli, cinque o sei - è all'esame tecnico del ministero dell'Economia e dovrebbe essere
approvato la prossima settimana, senza bisogno di passare dal Consiglio dei ministri, con un lieve ritardo
rispetto al 29 febbraio, data limite indicata nella legge di Stabilità.
I criteri sono cruciali per far partire la detassazione al 10% dei premi di risultato per la quale è a
disposizione un miliardo e mezzo nel triennio 2016-18, anche se nel decreto verranno elencati solo da un
punto di vista qualitativo, alla stregua di parametri. Saranno poi i singoli contratti aziendali a declinarli in
termini di cifre e percentuali, a tradurli cioè in obiettivi quantitativi misurabili.
L'elenco non è esaustivo, spiegano da Palazzo Chigi. Riprende alcuni dei criteri più popolari, già utilizzati
in via sperimentale da alcune imprese, descrivendoli in modo ampio e generico. Ed è contenuto in un
allegato al decreto, una scheda che serve anche ad illustrare il meccanismo di monitoraggio, una novità
assoluta con la quale il ministero del Lavoro conta di vigilare sull'applicazione delle norme. L'azienda dovrà
in pratica compilare un veloce questionario online - con dieci spunte da mettere - nel momento in cui invia,
come oggi, il pdf con il contratto alla direzione territoriale del lavoro. Dovrà cioè dire se ha attivato la
partecipazione dei lavoratori, se adotta misure di welfare, se ha incentivato la produttività e quali criteri ha
usato.
Il governo stima un incremento del 4% rispetto al 2013 (ultimo anno in cui era in vigore) dei lavoratori che
beneficeranno del salario di produttività tassato al 10%, anziché con le aliquote Irpef (in media il 27%). Per
un totale di 3 miliardi di somme agevolate nel 2016. Inclusi nello sgravio i redditi sino a 50 mila euro lordi
per un massimo di 2 mila euro extra di beneficio, 2.500 euro se i dipendenti sono coinvolti
nell'organizzazione del lavoro.
Completamente detassato invece il pacchetto welfare (alternativa al premio in denaro): voucher da
spendere per asili nido, assistenza a disabili e anziani, centri estivi e invernali, borse di studio, mensa.
Nel decreto vi sarà poi anche un richiamo puntuale al contratto collettivo, così come auspicato dai
sindacati che ne hanno fatto esplicita richiesta al governo in un recente incontro a Palazzo Chigi. «La
detassazione del salario legato alla produttività è la strada giusta, ma sospendiamo il giudizio sino alla
lettura dei testi», commenta Carmelo Barbagallo, segretario generale Uil. «Fino a che non vediamo il testo
non possiamo pronunciarci», conferma pure Franco Martini, segreteria confederale Cgil. «Siamo troppo
bruciati dalla vicenda appalti, con le norme votate dal Parlamento poi stravolte a Palazzo Chigi. Ma qui ci
aspettiamo che il governo mantenga la parola e che dunque la detassazione sia agganciata alla
contrattazione di secondo livello e non avvenga attraverso procedure unilaterali delle imprese.
Poi attendiamo un segnale pure sui voucher in generale, perché ci sia più vigilanza. E su quelli legati al
welfare perché non si trasformino in alternativa al salario nominale». Anche Gigi Petteni, segreteria
confederale Cisl, chiede che «la fiscalità di vantaggio sia legata alla contrattazione, non ad iniziative
unilaterali e sporadiche delle aziende». Senza sinergie con i sindacati «c'è il rischio di dare premialità ai
lavoratori a prescindere dalla contrattazione».
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 135
I PUNTI PREMI DI RISULTATO La parte extra di salario legata ad una maggiore produttività sarà tassata
quest'anno al 10% anziché al 27% medio. Misura che vale per i redditi sino a 50 mila euro
PARTECIPAZIONE I lavoratori potranno essere coinvolti dall'azienda nell'organizzazione del lavoro. In
questo caso, il tetto del bonus detassato sale da 2 mila a 2.500 euro annui WELFARE Il premio di risultato
potrà essere incassato dal lavoratore in denaro oppure sotto forma di servizi: asili nido, mense, assistenza
ad anziani e disabili, borse di studio
L'ANTICIPAZIONE MENO TASSE IN BUSTA PAGA Ieri Repubblica ha anticipato il decreto che il governo
varerà nei prossimi giorni per detassare i salari e favorire la produttività.
Le norme attuano i principi contenuti nella legge di Stabilità www.lavoro.gov.it www.cgil.it PER SAPERNE
DI PIÙ
Foto: FOTO: ©CORBIS
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 136
IL MERCATO Numeri con una valenza economica e statistica bassa vengono presi troppo seriamente L'inutile polemica sullo "zero virgola" che condiziona i conti pubblici Le scelte su casa, risparmio, futuro dei figli vengono fatte nella totale incertezza Sei anni di manovre hannoavuto scarso impatto sulla spesa pubblica ALESSANDRO PENATI Le discussioni sui decimi di punto del rapporto deficit/Pil, e la rilevanza che viene attribuita a questi numeri
nelle valutazioni di politica economica e dall'opinione pubblica, mi fanno sorridere.
Perché si basano su previsioni di crescita e inflazione con margini di incertezza tali che sarebbero
inaccettabili in tanti altri campi: basta confrontare i dati macroeconomici del passato con le previsioni
dell'epoca per capirlo. Nel caso dei conti pubblici c'è un'ulteriore incertezza poiché bisogna stimare anche
la reazione futura di imprese e famiglie ai cambiamenti di imposte e spesa. Così, la probabilità che nel 2017
il rapporto deficit/Pil si discosti significativamente (per eccesso o per difetto) dallo zero virgola su cui si
accentra il dibattito sulla politica del governo è estremamente elevata. Senza contare che il famoso limite al
deficit del 3% stabilizzerebbe nel tempo il rapporto debito/Pil se la Bce centrasse l'obiettivo del 2% di
inflazione e la crescita media fosse il 3%: anche ammettendo che questa sia stata la vera ragione per
stabilire il limite del 3% nel Trattato, si basa su ipotesi economiche oggi non più valide.
Perché numeri con una valenza statistica ed economica così bassa, vengo presi così seriamente? Perché
sono diventati un mero strumento politico: di pressione sui governi, per Bruxelles; di dibattito, per i partiti; e
di comunicazione all'opinione pubblica, per il governo. Uno strumento efficace, che però impone un costo
enorme al Paese e fa perdere di vista il piano strategico che tutte politiche economiche dovrebbero
perseguire. In un bel articolo sul Financial Times del 9 marzo, John Kay faceva notare come per creare e
sviluppare un'impresa ci voglia una vita; e come le principali decisioni finanziarie personali abbiano un
orizzonte lunghissimo: il risparmio per la vecchiaia, la casa, il futuro dei figli. Eppure vengono prese
nell'incertezza più totale: basti pensare a quante volte negli ultimi 30 anni sono cambiate le imposte
societarie, gli incentivi e tasse sulla casa o il regime previdenziale. La ragione è che oggi le politiche fiscali
si fanno con tanti piccoli e continui cambiamenti, sempre perseguendo un obiettivo di cassa per i successivi
12 mesi: la politica dello "zero virgola". Oltre a imporre l'enorme costo dell'incertezza al Paese, una politica
fiscale, per essere efficace, dovrebbe seguire visione strategica: riforme infrequenti, durature e con effetti
economici rilevanti nel momento in cui sono attuate; cioè l'antitesi delle politiche allo "zero virgola".
Facile obiettare che il vincolo dello "zero virgola" ci è stato imposto per vincolare governi miopi e
scarsamente credibili.
Ma con quali risultati? Prendiamo i conti nazionali 2011-15 appena pubblicati e guardiamo ai valori
nominali, ovvero in euro, facilmente comprensibili perché espressi col metro con cui siamo abituati a
valutare ogni cosa. Sono stati sei anni di drastici cambiamenti politici, crisi, manovre lacrime e sangue,
riforme radicali? La spesa dell'amministrazione pubblica per stipendi e acquisti di beni e servizi è scesa nei
sei anni di appena 3 miliardi: meno dell'1% dei 317 mila spesi nel 2011. Ma neutralizzati da un aumento di
3 miliardi delle uscite in conto capitale (l'aumento dei trasferimenti ha più che compensato la riduzione degli
investimenti pubblici).
Spending review, lotta agli sprechi? Zero assoluto. E la macelleria sociale? Le prestazioni sociali sono
continuate ad aumentare, complessivamente di 28,5 miliardi; esattamente quanto l'aumento delle imposte
(escluso i contributi sociali praticamente costanti): abbiamo dunque continuato ad aumentare le tasse
esclusivamente per finanziare la crescita dei trasferimenti sociali. Sei anni di manovre e riforme sono
riuscite a ridurre l'indebitamento pubblico di meno dello 0,85% del reddito nazionale del 2011; ma più della
metà grazie a minori interessi sui titoli di stato.
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 137
Nel frattempo il reddito totale prodotto e consumato in Italia nel 2015, 1.636 miliardi, è rimasto pressoché
identico a quello del 2011.
Incidentalmente, una tragedia per i futuri pensionati: col sistema contributivo i loro versamenti sono
capitalizzati al tasso di crescita del Pil nominale, ovvero zero virgola zero.
Battaglie politiche, riforme, manovre fiscali e cambi di governo.
Ma noi siamo sempre allo stesso punto. E lo Stato ha continuato a incassare sempre più con la mano
destra (le tasse) quello che distribuiva con la sinistra (le prestazioni). Sei anni buttati. Questa la realtà dei
dati.
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 138
Cantone richiama Adr sugli appalti "Più trasparenza" Il presidente dell'Anticorruzione: criteri privatistici nell'assegnare i negozi La risposta: non sono concessionidemaniali e non c'è potere di controllo dell'Autorità I PUNTELLI DI CANTONE Il presidente dell'AuthorityAnticorruzione ragiona così: in base al codice LIANA MILELLA ROMA. Cantone versus Palenzona. Il presidente della società Aeroporti di Roma, tra la posta, nelle ultime
48 ore ha ricevuto un plico spedito dall'Authority Anticorruzione destinato a guastargli il weekend. Perché
Raffaele Cantone, in un dossierino di una ventina di pagine, fa le pulci a Fabrizio Palenzona e alla gestione
degli appalti per i servizi commerciali degli aeroporti di Fiumicino e di Ciampino. Affidati con criteri del tutto
privatistici, quindi ignorando «l'obbligo di osservanza delle procedure ad evidenza pubblica». Per
intenderci, Areoporti di Roma (Adr), quando sceglie a chi dare in gestione negozi, ristoranti e bar, sceglie
chi gli pare. E teorizza di poterlo fare. Cantone la pensa all'opposto, ritiene che le regole della trasparenza
debbano essere rispettate anche da Adr. Il plico di Cantone è destinato anche al presidente dell'Enac Vito
Riggio e al ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio, nonché all'associazione Fuori Pista.
UN PO' DI CONTI Per renderci conto del business ecco le cifre. Adr ha versato nel 2014 all'Enac, che gli
ha affidato in gestione i due aeroporti, 31,464 milioni di euro. Lo stesso anno Adr, come si può leggere nella
relazione finanziaria del 2014, ha dichiarato 726,039 milioni per la gestione, di cui 519,980 da attività
connesse alla navigazione aerea e 206.059 per quelle frutto delle concessioni commerciali e immobiliari,
dei parcheggi e della pubblicità.
LE CONTESTAZIONI Il 26 giugno 2015 è l'associazione Fuori Pista a scrivere all'Anac per contestare la
concessione ad Adr e la proroga di 35 anni. Ma pure due parlamentari, Michele Anzaldi e Lorenza
Bonaccorsi del Pd, chiedono che si faccia maggiore chiarezza sulla natura giuridica della concessione ad
Adr e pure sui rapporti con i sub concessionari.
ADR SI DIFENDE Neppure un mese dopo, Adr si fa sentire. Nessuna violazione, secondo Palenzona, per
via della «natura interamente privatistica delle subconcessioni», che non sarebbero neppure configurabili
come vere e proprie concessioni demaniali, il che farebbe cadere qualsiasi potere di controllodello stesso
Cantone. In ogni caso, il presidente di Aeroporti garantisce che gli affidamenti delle attività commerciali
avverrebbero «nel più ampio rispetto dei principi di concorrenza, non discriminazione, parità di
trattamento». Cantone invece ritiene esista l'obbligo di osservare le procedure ad evidenza pubblica per gli
affidamenti delle subconcessioni.
della navigazione, i beni del demanio aeronautico sono assegnati all'Enac in uso gratuito. Tra di essi non
rientrano solo le infrastrutture destinate ai voli, ma anche le aree e i locali utilizzati per attività diverse. Voli e
servizi a terra sono attività di pubblico interesse, tant'è che l'Enac mantiene poteri pubblicistici e quando
sottoscrive la concessione con Adr chiede che siano rispettati «precisi obblighi in materia di safety and
security». Scrive Enac: «Le subconcessioni in favore di operatori esercenti attività non aeronautiche sono
effettuate sulla base delle strategie e politiche commerciali della concessionaria, nel rispetto nelle norme
vigenti». In particolare, «nell'affidamento delle subconcessioni la concessionaria dovrà assicurarsi il rispetto
della concorrenza e della non discriminazione». Adr ribatte con una sentenza del Consiglio di Stato (25
maggio 2015) che all'opposto insiste sul rapporto di natura privata. Ma Cantone sposa la tesi opposta, per
cui «la subconcessione di aree all'interno dell'aeroporto è espressione del potere pubblicistico veicolato
dalla concessione che ne è il necessario precedente».
BENI E GARE PUBBLICHE Nella comunicazione di Cantone a Palenzona merita una sottolineatura il
seguente passaggio: «L'obbligo di attivare la procedura ad evidenza pubblica in caso di concessione di
beni pubblici, pena l'introduzione di una barriera all'ingresso al mercato e la lesione dei principi di parità di
trattamento, di non discriminazione, di trasparenza vale anche per l'affidamento delle concessioni di locali
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 139
per lo svolgimento di attività commerciali». Invece Adr si comporta in tutt'altro modo. Negli avvisi inviati ai
concorrenti per una gara mancano i riferimenti «all'offerta tecnica ed economica, nonché ai criteri di
valutazione delle offerte e si omettono riferimento all'offerta tecnica ed economica, nulla si precisa sui criteri
di valutazione, quindi i soli soggetti selezionati ricevono una lettera per presentarsi». Tutto ciò lascia
«amplissimi margini di discrezionalità, sia nella scelta dei soggetti, sia in quella dei criteri selettivi».
RISTORANTI E LEGAMI Anac prende atto che, nel settore dei bar e ristoranti, «tre importanti società si
sono aggiudicate gli appalti».
Una di queste fa parte dello stesso gruppo che gestisce Fiumicino e Ciampino.
Basta questo all'Anticorruzione per chiedere ad Adr che entro 30 giorni chiarisca la situazione.
I NUMERI35 LA PROROGA Le verifiche sulle procedure di Adr cominciano dopo la proroga di 35 anni della
concessione ricevuta dallo Stato
206 mln IL BUSINESS A fronte di un canone di 31,5 milioni di euro pagato a Enac, Adr ha incassato 726
milioni di cui 206 dagli esercizi commerciali
2005 PUBBLICO E PRIVATO Anac ribalta la tesi del Consiglio di Stato del 2005 e sostiene che le gare Adr
devono rispettare le norme sui beni pubblici
L'ANTICIPAZIONEFoto: RISTORANTI E NEGOZI L'Autorità nazionale anticorruzione ha inviato una lettera ai vertici della
società concessionaria degli Aeroporti di Roma, rilevando una serie di irregolarità sulle assegnazioni degli
spazi commerciali all'interno delle aerostazioni di Fiumicino e Ciampino FOTO: ©IMAGOECONOMICA
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 140
Faro Authority sui rincari nelle Tlc Istruttoria di Agcom e Antitrust: sui telefonini aggiunti servizi solo per alzare i canoni ALESSANDRO LONGO ROMA. Tim e Vodafone stanno attivando servizi aggiuntivi ai propri utenti, rincarando il canone, e sono finiti
così nel mirino delle autorità di settore, Antitrust e Agcom (Autorità garante delle comunicazioni). Secondo
l'associazione dei consumatori Aduc, la questione è grave perché le mosse dei due operatori sarebbero un
escamotage mai tentato prima per aumentare a tappeto i costi telefonici a una grande platea di utenti. Ecco
perché Aduc ha denunciato i casi all'Antitrust e perché anche l'Agcom ha deciso- a quanto risulta a
Repubblica- di aprire una istruttoria in merito.
L'ultima mossa è di Tim, che in questi giorni sta avvisando i propri utenti di una modifica delle condizioni
contrattuali del piano base: a partire dal 10 aprile, c'è un rincaro di 49 centesimi a settimana. In cambio,
l'utente ottiene internet 4G, chiamate e sms illimitati verso un numero Tim. La novità si chiama Tim Prime.
Simile formula per Vodafone Exclusive, di fine 2015. Cioè possibilità di navigare su rete 4G e di usare il
traffico internet dello smartphone anche su pc e tablet, a fronte di un rincaro di 1,9 euro al mese.
Considerata la platea degli utenti Vodafone, sono ricavi extra per alcune decine di milioni di euro al mese.
Tim Prime e Vodafone Exclusive includono anche altri vantaggi accessori, come biglietti gratis al cinema e
assistenza telefonica dedicata. Il punto di Aduc, da cui la denuncia all'Antitrust contro Vodafone e Tim, è
che queste nuove mosse non sono modifiche contrattuali- come gli operatori le indicano nei propri sms di
avviso (Tim: «Cambiano le condizioni economiche del tuo piano base»; Vodafone: «il tuo piano tariffario
includerà Vodafone Exclusive»). Sarebbero bensì servizi aggiuntivi non richiesti, ossia illeciti per la nostra
normativa (che darebbero diritto all'utente anche a un indennizzo).
La questione è sottile: se diventa possibile, in qualsiasi momento, modificare il contratto con piccole
aggiunte ed extra da pagare, lo stesso concetto di "servizio aggiuntivo non richiesto" diventerebbe fumoso.
E agli utenti non resterebbe che accettare il rincaro o cambiare operatore. In alternativa, Tim e Vodafone
consentono all'utente di contattarli per disdire il servizio addizionale. Il rischio di fondo, temuto dai
consumatori, è che Tim e Vodafone facciano scuola e con il 4G tutte le tariffe subiscano un rincaro
generalizzato, a forza di "modifiche contrattuali" così applicate. Un primo altolà potrebbe arrivare a giorni
dall'Antitrust, che sta per emettere la sentenza sul caso Vodafone; poi, sarà la volta di Agcom.Intanto, da
Vodafone ritengono « di aver operato con trasparenza e flessibilità verso i propri clienti, a cui ha garantito il
diritto di recesso e la possibilità di mantenere le precedenti condizioni di offerta a fronte per altro dei grandi
progressi fatti dalla rete 4G negli ultimi mesi». Tim nota che, anche se il rincaro scatta in automatico, «i
vantaggi di Prime sono attivabili solo su esplicita richiesta dell'utente. Non c'è quindi una correlazione
diretta tra le modifiche tariffarie comunicate e i nuovi servizi dedicati. Questa è una differenza rispetto a
Vodafone».
Foto: Le associazioni dei consumatori denunciano gli aumenti tariffari segnalati via Sms
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 141
Il piano Meno tasse in busta paga per chi produce di più voucher per gli asilinido A giorni un decreto ridurrà al 10% l'imposta sui premi Guadagni fino a 700 euro. Industria, boom a gennaioSimulazioni della Cgia sui guadagni. "Una misura salutare per la crescita" ROBERTO MANIA ROMA. Il Consiglio dei ministri dovrebbe approvare la prossima settimana il decreto per la detassazione del
salario collegato alla produttività. È il decreto attuativo della norma prevista dall'ultima legge di Stabilità che
stabilisce una tassazione agevolata al 10% dei cosiddetti premi di risultato. Totalmente esenti dalla
tassazione - e questa è una novità - saranno i voucher che il lavoratore riceverà, in alternativa al premio
retributivo, per servizi di welfare, dalla retta per l'asilo al pagamento della baby sitter. Il lavoratore potrà
destinare il premio anche alla previdenza integrativa o alla sanità complementare. Per quest'anno sono
stati stanziati 483 milioni di euro, 520 per il 2017 e anche per il 2018.
PIANO PRODUTTIVITA' Il decreto non fa parte in senso stretto del "pacchetto produttività" che il governo
sta studiando ma ne è politicamente collegato e rappresenta la prima mossa in quella direzione.
Senza una ripresa della produttività sarà difficile che l'economia italiana possa raggiungere tassi di crescita
vicini almeno a quelli delle media Ue. La produttività italiana, infatti, è sostanzialmente ferma da circa
vent'anni. Secondo i dati dell'Ocse, ripresi in uno studio di Bankitalia, tra il 1998 e il 2011 la produttività del
lavoro (il prodotto per ora lavorata) è cresciuta nel nostro paese del 3,6%, contro il 17% in Francia e in
Germania, e di oltre il 20% in Giappone, Usa e Gran Bretagna. Questo è il nostro vero gap competitivo
legato in buona parte, ma non solo, alla struttura dimensionale delle imprese (ben oltre il 90% di quelle che
aderiscono alla Confindustria sono piccole, cioè con meno di 15 dipendenti). Piccole imprese che non
hanno le risorse necessarie per investire in innovazione tecnologia ma anche nella formazione del capitale
umano. Non è irrilevante, per comprendere la profondità delle difficoltà italiane, tener presente che nella
recessione gli investimenti sono crollati del 30%.
Dunque rilanciare la produttività per provare a dare un po' di solidità ai segnali di ripresa che, per quanto in
chiaroscuro, comunque ci sono. Ieri sono arrivati dall'Istat quelli sulla produzione industriale: +1,9% a
gennaio rispetto a dicembre; +3,9% annuo (il risultato migliore da agosto 2011).
I PREMI Il governo agirà su diversi tasti, da quello fiscale a quello della liberalizzazioni di alcuni mercati.
Intanto punta sulla contrattazione ripristinando, con alcune novità, le agevolazioni fiscali (non c'erano nella
penultima legge di Stabilità) per i premi aziendali o territoriali legati al raggiungimento di obiettivi di
produttività, redditività, qualità, efficienza e innovazione.
Azienda e sindacati fisseranno, nella contrattazione aziendale o territoriale, gli obiettivi da raggiungere. Se
si otterranno scatterà il premio fino a un massimo di 2.000 euro l'anno, tassati al 10% e non secondo le
aliquote Irpef che crescono con l'aumento del reddito imponibile. Il premio detassato potrà salire a 2.500
nelle imprese che sottoscriveranno accordi con i sindacati con il coinvolgimento dei lavoratori
nell'organizzazione del lavoro. Primi germogli di partecipazione. La platea dei lavoratori interessati è stata
estesa fino a coloro che hanno un reddito lordo annuo di 50 mila euro (prima era fino a 25 mila), in
sostanza riguarderà anche i quadri. Per Paolo Zabeo, coordinatore dell'Ufficio studi della Cgia di Mestre, «il
ritorno alla detassazione al 10% dei salari di produttività è una priorità indispensabile per far crescere i
redditi e la produttività». La Cgia calcola risparmi fiscali che per premi da 2 mila euro vanno da 300 a 700
euro.
IL WELFARE AZIENDALE Il lavoratore potrà scegliere tra il premio in denaro e il voucher (che coinvolgerà
anche le piccole e medie imprese) per ottenere un servizio di welfare aziendale (l'asilo nido o la badante).
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 142
In questo caso la somma sarà totalmente esentasse. L'azienda potrà anche distribuire gli utili come premio
di risultato e anche in questo caso si applicherà il regime fiscale agevolato.
I PUNTI
12
IL 10% SUI PREMI Attualmente se un'azienda ottiene un aumento della produttività, i lavoratori hanno un
premio che viene però tassato con aliquota ordinaria.
D'ora in poi avranno una tassazione ridotta del 10%. La Cgia ha calcolato i guadagni PENSONI E SANITÀ
Questi premi di produttività, commisurati a una serie di risultati obiettivo stabiliti dalle aziende, possono
quindi essere destinati alla previdenza integrativa oppure alla sanità complementare WELFARE
AZIENDALE In alternativa ai premi, i lavoratori potranno optare per i servizi del welfare aziendale, dagli asili
nido per i figli alle badanti per i genitori: in questo caso riceveranno dei voucher che saranno esentati
completamente dalle tasse
Foto: RIPARTONO LE FABBRICHE Cresce dell'1,9% la produzione industriale a gennaio
Foto: FOTO: ©
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 143
L'INTERVISTA Tommaso Nannicini. Il capo della task force economica di Palazzo Chigi: "Il governo stapreparando un pacchetto produttività, misure fiscali e per il credito" "Giù il costo del lavoro e nuove regole sui contratti così l'Italia puòripartire" FERDINANDO GIUGLIANO ROMA. Tommaso Nannicini, professore della Bocconi, è diventato sottosegretario alla presidenza del
Consiglio in un momento di luci e ombre per l'economia italiana. L'occupazione dà segnali incoraggianti, ma
il prodotto interno lordo aumenta meno che nel resto d'Europa. In un'intervista a Repubblica, Nannicini
lancia un «piano per la produttività» e rivela nuove misure per portare i ricercatori più bravi in Italia.
Nel 2015 l'Italia è cresciuta solo dello 0,8%, nonostante l'euro debole e il prezzo del petrolio basso. Perché
non corriamo come la Spagna? «Il problema della crescita è europeo. Se l'Italia cresce meno di altri è
perché ha problemi strutturali maggiori e perché è stata più colpita dalla crisi.
Quanto alla Spagna, il loro deficit è stato più del doppio di quello italiano, anche perché i conti pubblici
glielo permettevano».
Crede che la ripresa dell'occupazione sia merito del Jobs Act o della congiuntura e degli incentivi alle
assunzioni? «Dai dati emerge una ripresa dei livelli occupazionali e un aumento delle stabilizzazioni.
Il primo risultato lo possiamo spiegare anche col ciclo economico, il secondo no. Il dibattito sul merito
relativo di incentivi e Jobs Act ce lo porteremo per molto tempo. La tendenza dei dati suggerisce che
entrambi hanno avuto un ruolo. Più del 70% dei contratti a tempo indeterminato sono stati attivati dopo
marzo, segno che molti hanno aspettato l'entrata in vigore delle tutele crescenti».
State già pensando nel dettaglio a misure strutturali di decontribuzione che sostituiscano gli incentivi? « Su
alcuni giornali leggo di un "Piano Nannicini", che non c'è. C'è invece un ragionamento su come rendere
meno costoso i contratti a tempo indeterminato, senza avere un impatto sulle pensioni, anzi provando a
migliorarne la sostenibilità. Il salvadanaio del primo "pilastro" renderà solo fino a un certo punto. Bisogna
pensare a come diversificare, spostando il risparmio previdenziale dal primo al secondo "pilastro"».
Il governo intende intervenire per accelerare la riforma della contrattazione? « Una possibilità è mettere
mano, con un intervento di cornice, alle regole della rappresentanza, magari all'interno di un "pacchetto
produttività". È un tema su cui c'è un'istruttoria tecnica e che potrebbe toccare anche la riforma di alcuni
mercati, delle misure fiscali, oltre a interventi per l'accesso al credito e la finanza per la crescita». Da mesi
si parla di una struttura di economisti che lavorerà con lei a Palazzo Chigi. Cosa ne blocca la nascita? « Si
tratta di un nucleo tecnico di sostegno al presidente del Consiglio, per coordinare progetti di suo interesse.
Al momento ci sono passaggi fra strutture, come la Corte dei Conti, necessari ma un po' lenti. Dovremmo
partire non oltre la fine del mese».
Non vede rischi di duplicazione fra il lavoro della sua struttura e di ministeri come quello delle Finanze? «
Noi vogliamo evitare la duplicazione e favorire la comunicazione tra tecnici, per evitare si ostacoli la forte
volontà politica di procedere sul cammino delle riforme. Vogliamo essere dei fluidificanti più che dei
sostituti». Economisti come Roberto Perotti e Carlo Cottarelli non hanno avuto esperienze felici con Matteo
Renzi. Perché il suo destino dovrebbe essere diverso? « Non entro nei dettagli delle esperienze altrui, ma il
ruolo che ricopro è più politico. Fare l'intellettuale e fare politica richiedono approcci diversi. Mi
preoccuperei se ragionassi ora con la mentalità con cui scrivevo articoli in passato: oggi la conoscenza dei
dossier e la consapevolezza delle variabili sono maggiori. Fare politica è anche prendere alcune decisioni
che non condividi».
Lei in passato si è espresso a favore di un ricalcolo di pensioni pagate col metodo retributivo. Condivide la
proposta del presidente dell'Inps? « Il piano di Tito Boeri è un buon contributo con spunti che meritano di
essere approfonditi, quando si riaprirà il dossier.
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 144
Quanto ho scritto in passato era per aumentare l'equità fra generazioni, anche con interventi simbolici. Il
piano Inps, invece, è una redistribuzione nella stessa generazione. Sono affezionato al messaggio politico
che c'era nella mia provocazione intellettuale, ma in un momento in cui stiamo cercando di rilanciare i
consumi non è il caso di intervenire sulle pensioni». Da ricercatore, lei ha vinto una borsa di studio dello
European research council. Pensa ci siano modi di portare più vincitori di questi concorsi a lavorare in
Italia? « Il problema non è tanto la mobilità dei ricercatori italiani, ma l'assenza di stranieri vincitori di queste
borse che decidono di venire in Italia. Il Piano nazionale di ricerca del ministro dell'Istruzione Stefania
Giannini stanzierà 2,5 miliardi di euro, un cambio di rotta nel cercare di attrarre chi fa ricerca di qualità.
L'Italia aggiungerà contributi ulteriori alle borse Erc, sburocratizzerà le chiamate e darà la possibilità ai
ricercatori di usare i fondi per diminuire il carico di insegnamento. Ci sono paesi che competono per attrarre
le persone con grandi patrimoni. Noi vogliamo competere per attrarre i ricercatori».
www.tesoro.it www.palazzochigi.it PER SAPERNE DI PIÙ
"RELAZIONI INDUSTRIALI
Vogliamo mettere mano, con un intervento generale, alle norme sulla rappresentanza
PENSIONI
"Da Boeri arrivano buoni spunti, ma per rilanciare i consumi non si possono toccare ora le pensioni
Foto: ECONOMISTA Tommaso Nannicini è sottosegretario alla presidenza del Consiglio
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 145
Alle Generali inizia la gestione Donnet-Minali Il francese sarà nominato capoazienda ma al dg verranno date deleghe forti VITTORIA PULEDDA MILANO. Dopo giorni di voci sempre più intense, ieri il Comitato nomine di Generali ha confermato tutte le
indiscrezioni.
Quindi, al prossimo cda del Leone di Trieste verranno indicati Philippe Donnet nella veste di
amministratore delegato e Alberto Minali come direttore generale. La decisione - seppur senza una
comunicazione ufficiale - è stata presa dopo un'ora e mezza di riunione del Comitato, composto da
Gabriele Galateri (attuale presidente della compagnia e capo-azienda ad interim, dopo le dimissioni di
Mario Greco) dal vice presidente Francesco Gaetano Caltagirone e da Lorenzo Pellicioli (questi ultimi due
azionisti della compagnia: il gruppo De Agostini con una quota sotto il 2%, Caltagirone appena sopra, al
2,6%). Si torna quindi, come assetto, all'epoca precedente a quella di Greco, che invece aveva sommato la
carica di amministratore delegato e di direttore generale. Per questo qualcuno ora parla di una gestione
"duale": i prossimi giorni diranno se la soluzione individuata soddisferà Minali, che fino a qualche tempo fa
era stato dato in corsa per il posto di ad, al pari di Donnet. Sembra che all'attuale cfo verranno date
deleghe "pesanti" (alla finanza, mentre non cambia il direttore investimenti, l'indiano Nikhil Srinivasan, che
continerà a riportare all'amministratore delegato). Ma per conoscere l'assetto definitivo bisognerà aspettare
il consiglio di amministrazione del 17 marzo, che assegnerà le deleghe oltre ad approvare i conti 2015. Un
paio di settimane dopo, il primo aprile, dovranno essere invece presentate le liste per il rinnovo del
consiglio.
Verso la fine della prossima settimana, o forse in quella successiva, si riunirà il Comitato nomine del
principale azionista di Generali, Mediobanca (con il 13,46%). A quanto sembra però nella lista di
maggioranza, che indica 10 consiglieri su 11, non ci saranno grandi sorprese, compresa la riconferma del
presidente, Galateri. Almeno un avvicendamento, probabilmente non nella componente femminile - per
mantenere la differenza dei generi - potrebbe rendersi necessario nel caso in cui Minali entrasse in
consiglio.
Tuttavia al momento fonti vicine al dossier escludono questa possibilità; nemmeno Raffaele Agrusti a suo
tempo faceva parte del cda.
Donnet aveva preso il posto di Agrusti nel 2013, quando Greco gli aveva affidato la guida di Generali Italia,
la compagnia che ha unificato tutte le società del Leone di Trieste nel nostro paese, esclusa Alleanza;
probabilmente una delle decisioni più incisive prese da Greco, insieme al fitto piano di dismissioni portato
avanti durante il suo mandato. Donnet era stato chiamato da Axa ed è stato spesso appaiato a Bollorè, per
la sua presenza nel cda di Vivendi, dove però il manager Generali siede da ben prima dell'attuale patron
del gruppo.
Anche Minali è stato voluto da Greco, che lo aveva ben conosciuto ai tempi di Ras-Allianz (anche lì si
occupava di finanza) e poi in Eurizon, anche se la carriera del manager era cominciata proprio in Generali,
nel 1991.
FOTO: ©AGF
LE TAPPE L'ADDIO DI GRECO A gennaio Mario Greco si dichiara "indisponibile" a un nuovo mandato
come ad di Generali.
Da maggio ricoprirà lo stesso ruolo nella società svizzera Zurich SOLUZIONE INTERNA Parte subito la
ricerca del successore.
Ieri il comitato nomine ha indicato al cda il nome di Philippe Donnet, numero uno di Generali Italia LA
NOMINA L'ultima parola spetta al consiglio di amministrazione in agenda giovedì prossimo, 17 marzo, ma i
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 146
giochi sembrano sostanzialmente chiusi
Foto: IL LEONE
Foto: Il simbolo delle Assicurazioni Generali.
Qui sopra Philippe Donnet, designato per il ruolo di ad della società
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 147
INTERVISTA villaggio globale Hachigo "La mia Honda balla da sola e punta tutto sull'hi-tech"* Francesco Paternò A pagina 12 Ginevra Takahiro Hachigo, ingegnere, 56 anni, due figli, numero uno della Honda dal giugno
del 2015, si potrebbe attribuire solo l'impeccabilità di Hercule Poirot, il celebre investigatore belga
protagonista dei romanzi di Agatha Christie, di cui Hachigo si dichiara cultore, «ho tutte le 66 opere». Il top
manager non ha baffi e non assomiglia fisicamente per nulla a Poirot, ma oltre a un abbigliamento perfetto
come il detective, per gestire e cambiare - come sostiene di voler fare un colosso come la Honda deve
avere per amore o per forza qualità simili: fiuto, logica, ragionamento implacabile. La sua promozione è
arrivata dopo le dimissioni a sorpresa del suo predecessore, Takanobu Ito, presidente per sei anni fattosi
da parte dopo lo scandalo degli airbag difettosi prodotti da Takata, montati anche sulle Honda destinate al
mercato nordamericane e non richiamate tempestivamente dal costruttore, al punto da meritarsi una maxi
multa dalle autorità americane di 70 milioni di dollari. Preso il volante di un impero fatto di motori, auto,
moto, jet, formula 1, sistemi personali di aiuto alla mobilità come il Walking Assist Device in vendita in
Giappone da gennaio, Hachigo si è dato una missione con linee guida radicali: riorganizzazione delle sei
aree operative con più prodotti su base globale, elettrificazione con baricentro sull'ibrido plug in (che si
ricarica con la corrente elettrica), processi di guida autonoma e sviluppo dell'intelligenza artificiale su cui il
gruppo è stato pioniere. Problemi da affrontare non mancano: nei primi nove mesi dell'anno fiscale, il
profitto operativo è sceso del 3%, fra il prossimo 1 aprile e giugno è già stato pianificato il cambiamento di
gran parte dei direttori sul campo. Una rivoluzione non di velluto. Hachigo si presenta nella sua prima
intervista ai media italiani raccontandoci che, oltre ad Agatha Christie - molto popolare in Giappone grazie
anche a una fortunata serie televisiva di 39 episodi a cartoni animati trasmessa una decina di anni fa - le
sue passioni sono guidare la moto nei fine settimana, «una Honda VT 250 bianca, mi rilassa» e
collezionare «miniature di auto, anche europee». La sua macchina preferita è una inglesissima MG Midget,
anche se si affretta ad aggiungere la più casalinga e cattiva Honda Civic Type R. Non è mai venuto in Italia,
nonostante sia un giramondo: in Honda dal 1982, ha ricoperto varie cariche in Giappone, in America, in
Europa e in Cina. Honda sta sviluppando l'auto a guida autonoma. La vedremo nel 2020, come quelle
promesse da alcuni concorrenti? «E' una tecnologia spesso discussa, ultimamente. Per il momento stiamo
sviluppando sistemi che permettano di avere zero incidenti, ma essenzialmente lavoriamo per associare
piacere di guida alla mobilità. Per il 2020 vorremmo mettere a punto una tecnologia capace di guida
autonoma su raccordi e autostrade. Un sistema basato sull'assunzione che gli stessi guidatori si prendano
innanzitutto la responsabilità della sicurezza di guida e che poi siano assistiti dalla tecnologia. Tocca
all'essere umano decidere quando essere guidato». Quanto robotica e intelligenza artificiale cambieranno il
lavoro di un costruttore di automobili? «Stiamo discutendo quale tipo di tecnologie saranno necessarie. In
genere i costruttori si procurano l'80 per cento dei componenti da vari fornitori per produrre un veicolo. Ora
continuiamo a farlo, ma in contemporanea stiamo lavorando con un gruppo di fornitori di altro tipo. È la
strada di un nuovo format e di un nuovo modo di fare le macchine per tutti noi. L'intelligenza artificiale avrà
un grande impatto sull'industria dell'auto e su molte altre con l'uso dei big data, ma in questo settore sarà
difficile per qualsiasi costruttore continuare a lavorare da soli. Bisognerà trovare un qualche tipo di standard
nel prossimo futuro, necessario per gestire quest'area». Cercate alleanze o fusioni con altre società, anche
non automobilistiche? «Nell'area della tecnologia, se trovassimo una situazione vincente per entrambi con
un'altra compagnia, potremmo perseguire questo obiettivo. Ma oggi non abbiamo un piano concreto per
alleanze, fusioni o per uno scambio azionario con nessuno». Alcuni costruttori come Ford hanno
annunciato di voler trasformarsi in una mobility company, dove il software è destinato a contare più
dell'automobile. Cosa ne pensa? «Anche noi crediamo che il software stia diventando un aspetto del
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 148
business sempre più importante. Ma a differenza di altri, abbiamo già software per un'altra mobilità, come
quelli impiegati per il robot Asimo (presentato nel 2000, ndr) e per l'aereo di nuova generazione di Honda
Jet. E' una esperienza che svilupperemo per essere utilizzata pienamente». Perché Honda non vende più
modelli ibridi in Europa? «La decisione è stata presa dopo aver studiato la situazione del mercato e i
bisogni dei consumatori europei, che continuiamo ad ascoltare e a seguire. D'altra parte i nuovi limiti alle
emissioni di anidride carbonica in vigore dal 2020 richiedono una certa tecnologia per essere raggiunti.
Pensiamo di tornare con un nuovo progetto che sia il meglio per il mercato e di rendere questo sistema
disponibile in tutto il mondo». Come Honda raggiungerà il suo obiettivo di vendere entro il 2030 due terzi
della sua produzione globale da veicoli green, ibrido, ibrido plug in, elettrico e idrogeno? «Entro quella data
pensiamo di vendere ibride e ibride plug in per il 50 per cento del totale. L'ibrido che ora abbiamo deciso di
non introdurre in Europa sarà disponibile prossimamente su un nuovo modello. Entro il 2018 avremo un
sistema ibrido plug in destinato sia al Giappone che all'Europa che alla Cina. Da incorporare su una linea di
diversi modelli per aumentare i nostri volumi. Il 15 per cento dei quali riguarderà Suv e modelli elettrici a
emissioni zero». La Honda Clarity Fuel Cell a idrogeno con 700 chilometri di autonomia con un pieno è in
vendita in Giappone, entro l'anno in Europa. Quanto investite in questa altro tipo di elettrificazione
dell'automobile? «È importante che la società apprezzi l'idrogeno e si doti di infrastrutture per crearlo.
Stiamo sviluppando stazioni che genereranno e forniranno idrogeno ai nostri Suv e tecnologie che
permetteranno ai Suv di fornire loro energia. Stiamo andando verso una società orientata all'idrogeno, è
uno dei nostri sogni». Alcuni analisti sostengono che la cultura di Honda guardi ancora troppo al suo
interno. E' d'accordo? «Questa è una grande sfida per me. Appena arrivato, ho detto che la prima cosa di
cui c'è bisogno - e nel modo più rapido possibile - è di fare prodotti unici. In aprile parte una ristrutturazione
della società proprio per eseguire questo progetto. E per rivitalizzare la cultura corporate di Honda». NYSE,
S. DI MEO,
Foto: La presentazione da parte della Honda North America dell'ultima versione dell' Asimo Robot al New
York International Auto Show dell'aprile 2014
14/03/2016Pag. 1 N.10 - 14 marzo 2016
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 149
Telecom e Mediaset partita francese in terra italiana Giovanni Pons I capitali sono globali, non hanno passaporto, e se decidono di indirizzarsi verso un paese in particolare
questo è un buon segno, mostra l'elevato livello di competitività raggiunto da una nazione rispetto a
un'altra. E' il mantra di questi giorni, l'hanno fatto proprio non solo gli imprenditori contenti di vendere le
proprie aziende agli investitori esteri ma anche i governanti. Lo hanno detto a gran voce anche Matteo
Renzi e François Hollande quando si sono incontrati a Venezia la scorsa settimana per saldare i rapporti
economici italo francesi. segue a pagina 2 con un articolo di Paolo Possamai segue dalla prima Ma quando
si tratta di declinare nello specifico questi concetti cominciano i problemi. E' indubbio, infatti, che le imprese
italiane stiano subendo una progressiva colonizzazione da parte delle più forti corporation francesi, le quali
piano piano hanno inglobato un crescente numero di brand in settori considerati importanti per l'economia
di un paese. L'elenco delle aziende passate sotto le insegne francesi è lungo e parte dall'acquisto di Edison
da parte di Edf, passa per la calata di Lactalis sulla Parmalat e di Bnp e Crédit Agricole su banche
importanti come Bnl e Cariparma, insegne del lusso come Bulgari, Loro Piana o Pomellato. Mentre il flusso
inverso è quasi inesistente, se si esclude la recente acquisizione della Carte Noir da parte della Lavazza: in
passato quando aziende italiane hanno cercato di entrare in Perrier, Suez o Club Med si sono alzati muri
politici e finanziari. Non si tratta di essere nazionalisti in epoca di costruzione europea comune, ma quando
il saldo è costantemente a favore di un paese c'è qualcosa che non torna. Addirittura ora si ha l'impressione
che i francesi vogliano passare alla fase due, la conquista di settori strategici per l'economia. Hollande a
Venezia non si è nascosto di fronte a questa possibilità: «L'idea è avere campioni europei in alcuni settori
core, come le energie rinnovabili, l'industria navale, probabilmente la difesa, e anche le tlc», ha detto
rispondendo a una domanda su un possibile matrimonio fra Telecom e Orange. «Chi avrà la maggioranza e
chi la minoranza lo decideranno le aziende». In realtà decidere chi comanderà in alleanze di questo tipo,
ammesso che prima o poi diventino concrete, non è un argomento secondario, soprattutto se a guidare il
ballo sono queli che possiedono i capitali. Solo per fare un esempio, se a un certo punto si puntasse a
mettere insieme i cantieri di Saint Nazaire che hanno sfornato la mastodontica nave da crociera Queen
Mary 2, e la Fincantieri, fiore all'occhiello della cantieristica italiana, i riflessi in termini di occupazione
sarebbero importanti e di conseguenza anche le ricadute a livello politico. Ancora più difficile sarebbe
cercare di vincere le ritrosie nazionali per avvicinare le industrie della difesa. A parte qualche specifico
progetto a cui stanno collaborando Finmeccanica e Airbus - l'agglomerato franco, tedesco, britannico -
pensare di sposare la francese Dassault, gruppo attivo nei velivoli militare e nei jet privati, con qualche altro
colosso dell'industria avionica sembra al momento quanto mai velleitario. In realtà, l'unico settore in cui si
sta assistendo a un forte pressing francese nei confronti di un'azienda strategica italiana, è proprio quello
delle telecomunicazioni. Complice una privatizzazione frettolosa, Telecom Italia dal 1998 è terra di
conquista di gruppi privati che non sono riusciti a stabilizzare l'azienda e imporre una strategia a medio
lungo termine. Gli ultimi arrivati in ordine di tempo sono appunto i francesi di Vivendi che dal 2014 hanno
come azionista di riferimento il finanziere Vincent Bollorè. Hanno investito nella società italiana circa 3
miliardi di euro e possono contare sul 24,9%, una quota che è circa la metà del capitale che normalmente
si presenta alle assemblee ordinarie e straordinarie. Bollorè ha dichiarato più volte di avere un orizzonte di
lungo periodo per la partecipazione in Telecom Italia ma finora la strategia delineata da Vivendi, di
contiguità e sinergie tra produzione dei contenuti e loro distribuzione attraverso le reti a banda larga, non
pare convincere più di tanto gli investitori di mercato. Bollorè pare abbia instaurato un rapporto di fiducia
reciproca con il premier italiano Renzi, assicurandogli forti investimenti nella creazione di una rete in fibra
ottica nel paese, il mantenimento sotto controllo italiano della rete internazionale di Telecom Italia Sparkle -
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 150
strategica ai fini della sicurezza nazionale - e la non alienazione del pacchetto azionario ai rivali di Orange.
Questi punti sono in parte stati mantenuti, dal momento che il nuovo piano industriale di Telecom ha spinto
sull'acceleratore degli investimenti per la posa della rete a fibra ottica, (tanto che l'ad Marco Patuano è stato
criticato anche dagli analisti finanziari per questa scelta). Sempre Patuano sta poi cercando di soddisfare la
richiesta di Palazzo Chigi di piazzare a capo di Sparkle un uomo di fiducia del premier, Andrea Bacci, in
modo da mettere in mani sicure il controllo di cavi sottomarini per le comunicazioni internet verso il Medio
Oriente e l'Asia. La nomina, secondo alcune indiscrezioni, è approdata al cda Telecom dove gli uomini di
Vivendi hanno storto il naso all'idea di eseguire pedissequamente una richiesta di una parte politica. Forse
anche questo passaggio ha contribuito a mettere Patuano sotto osservazione, vista la serie di colloqui che i
vertici di Vivendi stanno conducendo con manager italiani potenzialmente in grado di prendere in mano le
redini dell'azienda telefonica. Finora non è stato trovato il candidato ideale ma non si può escludere che in
futuro Bollorè si convinca che anche Telecom Italia possa essere guidata da un manager francese esperto
del settore, sulla falsariga di ciò che sta accadendo per Generali. Le parole di Hollande e, in parte, di Renzi,
però, inducono a sospettare che per Telecom Italia si voglia passare a un livello superiore. Nello stesso
giorno delle dichiarazioni dei due primi ministri il numero uno di Orange, Stephane Richards, faceva sapere
alla stampa che qualora Bollorè avesse voglia di conferire il pacchetto di Telecom posseduto da Vivendi
allora si potrebbe studiare una fusione tra i due gruppi. Un'operazione di concentrazione tranfrontaliera tra
gruppi leader nelle telecomunicazioni che potrebbe far nascere un campione europeo secondo l'auspicio di
Hollande. E con lo stato francese presente nel capitale. Al momento in Orange la quota pubblica è pari al
23% del capitale, e potrebbe scendere al 19% se andrà a buon fine la fusione domestica che Orange sta
cercando di realizzare con Bouygues Telecom. Un ulteriore matrimonio con Telecom Italia potrebbe diluire
la partecipazione dello stato francese intorno al 15%, con Vivendi azionista privato forte e la famiglia
Bouygues in posizione minoritaria. Ma è abbastanza evidente che una configurazione azionaria di questo
tipo avrebbe come conseguenza che i centri decisionali del nuovo gruppo sarebbero saldamente impiantati
a Parigi e l'Italia diventerebbe una filiale di strategie e politiche decise al di fuori dei confini nazionali,
inclusa la politica degli investimenti nella rete a banda larga. E' questo che intende Renzi quando dice
«siamo ben felici se si creerà un polo che potrà valorizzare la cultura latina, franco-italiana, europea, ma
lasciamo che sia il mercato a fare la propria parte e che si facciano sentire quelli che hanno i soldi per
investire». I soldi in questo momento in Telecom ce li hanno messi i francesi, gli italiani sono fuggiti, e
dunque con un via libera all'operazione Orange vorrebbe dire consegnarsi mani e piedi ai cugini d'Oltralpe.
Ma forse Renzi spera che Bollorè mantenga le sue promesse e non consegni mai quel pacchetto azionario
a Orange, anche perchè il finanziere bretone è un uomo di centrodestra, in passato vicino a Nicolas
Sarkozy e dunque poco sensibile alla moral suasion che Hollande potrebbe mettere in campo. Oppure
spera che le forze del mercato, nel caso i fondi investimento azionisti di Telecom, possano prima o poi
seguire il piano di sviluppo che Xavier Niel, altro imprenditore francese ma più vicino alla sinistra, potrebbe
presentare pubblicamente in assemblea. Intanto la realtà è che Vivendi, forte dei suoi 8 miliardi di euro
ancora in cassa, sta trattando con la famiglia Berlusconi per aggregare Canal Plus a Mediaset Premium
nella pay tv e magari in futuro inglobare tutto l'impero di Berlusconi, Così, procedendo di questo passo, il
risultato che si potrebbe avere sotto gli occhi tra qualche anno, vedrebbe due campioni europei nel campo
delle infrastrutture tlc e della produzione e distribuzione di contenuti media entrambi saldamente controllati
da azionisti, manager e stato francesi. S. DI MEO, VIVENDI SA, JPMORGAN CHASE&CO
CORPORATION, PEOPLE' S BANK OF CHINA
Foto: Il numero uno di Vivendi Vincent Bollorè
Foto: Qui a fianco Marco Patuano (a sinistra) e Giuseppe Recchi , rispettivamente ad e presidente di
Telecom Italia In alto il finanziere francese Vincent Bollorè , capo del gruppo Vivendi che ha ormai quasi il
25% di Telecom
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 151
finanza e borsa Finanza e immobili le nozze con frutti avvelenati* Adriano Bonafede a pagina 16 Roma Mattone e finanza: un matrimonio che non s'aveva da fare. Il perché è molto semplice:
almeno qui in Italia ha dato finora frutti avvelenati. I conti son presto fatti: delle sei società quotate in Borsa
in Italia (un po' pochine, già questo dice molto, e tutte insieme fanno a malapena 3 miliardi di
capitalizzazione) soltanto due sono riuscite dal 2008, ovvero dall'esplosione della crisi, a oggi a superare la
performance del già esangue indice Ftse Mib, che ha perso da allora circa il 53 per cento: Beni Stabili, che
ha perso solo il 14 e la Igd della Lega delle cooperative, che ha lasciato sul campo il 43,5 per cento. Le
altre quattro società quotate sono state un disastro: Brioschi ha perso il 90 per cento, mentre Prelios,
Risanamento e Aedes valgono ora tra il 97,3 e il 99,08 per cento in meno. E non stupisce, perché erano
virtualmente fallite e sono state salvate o dalle banche, che sono entrate massicciamente nel capitale di
Risanamento e Prelios, o da nuovi azionisti nel caso di Aedes. Insomma, un disastro. Altro che
"decorrelazione" dai listini azionari, che era lo slogan tanto strombazzato nel decennio precedente per
incoraggiare gli italiani a investire nel mattone finanziarizzato. Ma fin qui siamo in una storia che riguarda
tutto sommato pochi azionisti privati abituati a investire in Borsa. Il dramma vero sarà a breve per i circa
500 mila italiani che hanno creduto alle magnifiche sorti e progressive rappresentate dai 24 fondi
immobiliari chiusi lanciati a partire dal 2001 (fu Deutsche Bank la prima) e fino al 2007. Oggi capitalizzano
in borsa tutti insieme 2 miliardi di euro, meno degli asset di una media società immobiliare inglese, tedesca
o francese. Non è un caso che dal 2007 in poi non siano più nati fondi immobiliari quotati. Sono nove anni
che nessun operatore si azzarda a creare uno strumento del genere (la quotazione in Borsa è obbligatoria
per i prodotti destinati ai piccoli risparmiatori). E non è soltanto colpa di una crisi del mattone più lunga del
previsto e che tuttora perdura. Ma soprattutto di strumenti finanziari spacciati anch'essi per "sicuri" ma che
invece non sono stati in grado di proteggere il risparmiatore. Chi prova a vendere questi fondi prima della
loro naturale scadenza (in genere da 7 a 15 anni, salvo proroghe) si trova a perdere mediamente (ma ci
sono punte anche del 70 per cento!) il 40 per cento del valore stimato dai cosiddetti "valutatori". È lo
"sconto sul Nav", bellezza! In parole poverissime è il fatto che il mercato non crede che questi strumenti
abbiano il valore (Net asset value) che gli viene assegnato a tavolino. «Forse gli operatori non credono
nell'assoluta indipendenza del valutatore», osserva Luca Dondi, managing director di Nomisma. Sbaglia il
mercato? Credono di sì i gestori di questi fondi, che si affannano a spiegare che basta attendere la loro
naturale scadenza perché i sottoscrittori rientrino in possesso del loro capitale. Ma l'attesa è quasi finita. A
cominciare da quest'anno cominciano a scadere dei fondi e di qui a due anni la maggior parte dovrà essere
chiusa rimborsando i sottoscrittori. Quindi per vedere cosa succederà basta aspettare, ma già molti
promotori finanziari e molti operatori bancari tremano. Perché per legge è obbligatorio inviare ogni anno ai
sottoscrittori un resoconto del Nav : molti sono già andati a protestare ma finora le perdite sono state
soltanto teoriche. Molte società di gestione - da Idea Fimit del Gruppo De Agostini a Bnl-Bnp Paribas -
hanno chiesto e ottenuto un paio d'anni fa dal governo uno spostamento ex lege in avanti della naturale
scadenza. Altri cercheranno di rinviare i termini del 2017 e 2018, utilizzando il cosiddetto "periodo di
grazia". Insomma, quasi nessun gestore vuole oggi affrontare la dura realtà del mercato, per paura della
reazione dei piccoli risparmiatori. Si tenta di rimandare il redde rationem in attesa di una miracolosa ripresa
che cancelli anni e anni di calo dei valori. «Purtroppo questi fondi sono nati male», dice l'analista di una
banca d'investimento che segue il settore. «Intanto perché hanno una scadenza e sono "chiusi" (ovvero
non consentono nuovi ingressi, Ndr ). All'estero sono aperti e non hanno scadenza: s'immagini un'impresa
industriale che dopo tot anni deve chiudere e vendere tutto. Anche qui non ha molto senso, mentre il fatto
che siano chiusi li costringe al nanismo». «Se prendiamo tutti i fondi quotati - dice Ivano Ilardo, ad di Bnp
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 152
Paribas Reim Sgr - arriviamo a malapena a 5 miliardi. La francese Klepierre, da sola, capitalizza 11 miliardi,
più del doppio di tutto il mercato italiano». Poche società o fondi, per giunta nani, significano che sul
mercato scarseggia la liquidità. «Il totale delle transazioni immobiliari sul mercato italiano è di 8 miliardi
l'anno», dice Giovanni Di Corato, a capo di Amundi Re Italia sgr. «In queste condizioni - raggiunge
Emanuele Caniggia, ad di Idea Fimit - basta che il sottoscrittore di un fondo venda poche quote per
influenzare il prezzo. E chi compra se ne approfitta». Ma le nozze tra finanza e mattone sono fallite, finora,
anche su un altro fronte: il prodotto-che-risolve-tutti-i-problemi, ovvero le siiq. Società quotate le cui azioni
si possono comprare e vendere con facilità in Borsa. Queste in Francia si chiamano sic e nei paesi
anglosassoni reits. Sono strumenti che investono i soldi in immobili che danno un buon affitto. Il rendimento
è obbligatoriamente trasferito per una quota significativa agli azionisti. Profilo di rischio basso, lenta
movimentazione del portafoglio. Anche in Italia ci sono le siiq, Beni Stabili e Igd che si trasformarono in tali
nel 2008 da normali immobiliari. Lo scorso anno il governo Renzi ha modificato la normativa in senso più
elastico e con maggiori benefici fiscali. Subito sembrava scattata una specie di corsa alle siiq da parte di
molti immobiliaristi. Ci ha provato subito, a giugno, Sorgente, ma poi ha abbandonato per le avverse
condizioni del mercato; ci ha riprovato una seconda volta nell'ottobre scorso ma questa volta la divergenza
con i possibili compratori è stata sul prezzo degli immobili. Infine il presidente e principale azionista Walter
Mainetti ha comprato una scatola vuota quotata, la Nova Re, che proverà a trasformare in siiq. Vedremo
che immobili finiranno lì dentro e a quali prezzi. Ma a metter su una siiq ci hanno provato in questi mesi
molti altri: Franco Caltagirone, che aveva creato Domus, in cui apportare una parte dei suoi immobili, ma
poi ha rinunciato. Ci ha provato Manfredi Catella con la sua Coima (ex Hines Italia) ma anche lui si è
ritirato. Ha abbandonato all'ultimo istante anche Idea Capital di De Agostini. Insomma un flop completo.
Colpa soltanto della volatilità del mercato azionario? Indubbiamente sì, ma non soltanto. Fra gli operatori
del settore prevale l'idea che molti di questi tentativi nascondano in realtà la voglia di cedere a una società
quotata una parte del proprio patrimonio immobiliare che non trova acquirenti o non li trova ai prezzi
indicati. Insomma, se vuoi farti la tua siiq mettendoci dentro gli immobili di cui devi disfarti il mercato non
apprezza. Al momento, il mattone in Piazza Affari non va proprio. Ma se resta al riparo dalla Borsa, invece,
paradossalmente, sembra andare meglio. I fondi immobiliari per investitori istituzionali, 400 circa, in questi
anni sono cresciuti: stiamo parlando di 41 miliardi «non lontanissimi dai 60 del Regno Unito e dai 65 della
Francia», dice un operatore. Basta stare lontani dalla Borsa e il mattone va. Meno trasparenza uguale più
mercato. E' così che funziona in Italia. AMUNDI RE EUROPA, AMUNDI RE ITALIA, ATLAMTIC 1,
ATLANTIC 2, BNL PORTFOLIO IMMOB, ESTENSE GRANDE DISTR, EUROPA IMMOBILIARE N1,
FONDO ALPHA, FONDO BETA, FONDO DELTA, IMMOBILIARE DINAMICO, IMMOBILIUM 2001, INVEST
REAL SECURITY, INVESTIETICO, MEDIOLANUM RE CLASSE A, MEDIOLANUM RE CLASSE B ,
OBELISCO, POLIS, RISP.IMMOB.UNO ENERGIA, SECURFONDO, SOCRATE, TECLA, UNICREDITO
IMMOB.UNO, VALORE IMMOB. GLOBALE, S. DI MEO, NOIMISMA,
Foto: L'imprenditore Franco Caltagirone (1), Walter Mainetti di Sorgente (2) e Manfredi Catella (3), ad di
Coima. Tutti e tre hanno sospeso la quotazione di una siiq
Foto: A destra, l'ex amministratore delegato di Poste Italiane, Massimo Sarmi . Durante la sua gestione, nel
2005, fu venduto negli sportelli il fondo immobiliare Obelisco
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 153
FAR EAST CRESCITA CINESE LE STIME VARIABILI E L'INCERTEZZA DEI MERCATI Il governo cinese ha tagliato stime e obiettivi di crescita 2016 ponendoli al livello più basso da oltre un
quarto di secolo. Il target è stato fissato tra il 6,5 e il 7%, rispetto al 6,9 dello scorso anno. È la prima volta
che Pechino propone un andamento del Pil a forbice: per i mercati questo conferma il clima di incertezza
senza precedenti che grava sulla seconda economia mondiale. Nel 2015 l'obiettivo delle autorità era stato
posto al 7% ed è stato, pur se di poco, mancato. La tendenza al ribasso autorizza i timori che anche nel
2016 il livello della crescita potrebbe fermarsi sotto le attese ufficiali. Pechino assicura che i dati ufficiali
rispecchiano la realtà, ma governi stranieri e istituzioni internazionali sollecitano maggiore trasparenza. Tali
incertezze, sommate alla difficile congiuntura globale, rafforzano il timore cruciale che incombe sulla Cina:
che le stime della crescita 2016 siano a rischio, se non già da ridefinire. In febbraio l'andamento del
commercio è stato ampiamente peggiore del previsto. L'export è precipitato al minimo da sei anni,
diminuendo del 25,4% sul 2015, oltre il doppio rispetto alle attese. Giù anche le importazioni: meno 13,8%
annuo, in calo per il sedicesimo mese consecutivo. Va scontato l'effetto del capodanno lunare, che causa il
lungo blocco delle attività, lo scorso anno proiettato su gennaio. Anche su base combinata gennaio-
febbraio, per assorbire gli squilibri, le esportazioni cinesi nel primo bimestre restano in calo del 17,8% e le
importazioni sono sotto del 16,7%, rispetto all'atteso meno 10%. Sempre in febbraio il surplus commerciale
della Cina è stato di 32,59 miliardi di dollari, quasi dimezzato rispetto ai 63,29 miliardi segnati in gennaio.
La frenata dell'export conferma le difficoltà sia nelle superpotenze economiche che nei mercati in via di
sviluppo, sbocco naturale dei prodotti made in China, su cui si affaccia lo spettro della deflazione. Il calo
delle importazioni conferma invece che i consumi interni cinesi stentano a crescere con la velocità
necessaria e che molte ombre si addensano sui piani di stimolo di Pechino, che dovrebbero far aumentare
la domanda di materie prime. Metalli e risorse energetiche restano scossi da un'alta volatilità, sintomo che
anche infrastrutture e immobiliare si preparano ad un anno di crisi. La Cina promette una crescita
sostenuta: il problema è fissare con precisione la velocità di crociera. Giampaolo Visetti
Foto: Il president cinese Xi Jinping, alla guida di un Paese alle prese con un complicato cambiamento di
modello economico
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 154
IL CANE A SEI ZAMPE: UNA TAPPA IMPORTANTE NEL PERCORSO DI CRESCITA. LE CRITICHE DIGREENPEACE Eni, parte il giacimento Goliat Si estrarrà petrolio dall'Artico Debutta la maxipiattaforma: attesi 100 mila barili di greggio al giorno GIUSEPPE BOTTERO TORINO Eni accende Goliat, il maxigiacimento petrolifero nel cuore dell'Artico che, a regime, garantirà 100mila barili
al giorno. È il più estremo d e gli impianti del gruppo italiano, il primo ad entrare in produzione nel Mare di
Barents, a 85 chilometri dalle coste norvegesi, e conferma la sfida del Cane a sei z a m p e : e s t ra r re o
ro n e ro anche in luoghi proibitivi, con temperature bassissime e l u n gh i m e s i a l b u i o. S o prattutto, in
un momento in cui, nonostante la «ripresina» delle ultime settimane, le quotazioni del greggio sono ancora
molto ridotte. G oliat, che si trova in una zona priva di ghiacci, dovrebbe contenere riserve per 180 milioni di
barili e, spiega il gruppo guidato dall'amminis t rat o re d e l e gat o Claudio Descalzi, «rappresenta una
tappa importante nel piano di crescita e contribuirà in modo significativo alla generazione di cash flow ». La
megapiattaforma Il giacimento è stato sviluppato attraverso la più grande e sofisticata unità galleggiante di
produzione e stoccaggio al mondo, che ha una capacità di un milione di barili di olio, costruita nel cantiere
navale di Ulsan (in Corea del Sud). La piattaforma, un colosso da 64mila tonnellate con un diametro di 107
metri studiato per resistere a tempeste e venti a 140 all'ora, ha viaggiato attraverso l'Oceano Indiano e
quello Atlantico fino al Mare di Barents. La produzione La produzione del gigante artico avverrà attraverso
un sistema sottomarino composto da 22 pozzi (17 dei quali già co m p l e t at i ) , d i c u i 1 2 s o n o pozzi
di produzione, 7 serviranno a iniettare l'acqua nel giacimento e tre per iniettare gas. G oliat, spiega il
gruppo, utilizza le soluzioni tecnologiche più avanzate per minimizzare l'impatto sull'ambiente. I l m a x i - g
i a c i m e n t o r i c e v e energia elettrica da terra per mezzo di cavi sottomarini, il c h e p e r m e t t e d i r i
d u r re l e emissioni di Co2 del 50% rispetto ad altre soluzioni, mentre l'acqua e il gas prodotti sono re -
iniettati nel giacimento. Il break even Dopo una serie di rinvii e le inevitabili conseguenze sui costi, ora il
gruppo riesce a estrarre il primo olio. Secondo alcuni analisti, il greggio di Barents diventerebbe
conveniente solo con un prezzo di mercato del petrolio intorno agli 80 dollari al barile, contro gli attuali 40. Il
cane a sei zampe fissa invece il break even sotto quota cinquanta dollari. Il progetto è finito nel mirino di
Greenpeace, che lo ha definito «un inutile monumento, economicamente insostenibile». L'accordo con Oslo
Nella Licenza 229, Eni detiene una quota del 65% (operatore), mentre il rimanente 35% è in mano alla
norvegese Statoil. La presenza in Norvegia di Eni risale al 1965. Nel Paese la società ha interessi in licenze
esplorative e giacimenti in produzione: i principali sono Ekofisk, Åsgard, Heidrun e Kristin.
Eni ha avviato la produzione del giacimento di Goliat, al largo della Norvegia
Mare di Barents
Il colosso nel mare di Barents60 giorni 64.000 tonnellate Ulsan (Sud Corea) 65.000 In quota Eni Unità galleggiante di produzione e
stoccaggio è la più grande del mondo 107 metri È il primo impianto a olio a entrare in produzione nell'Artico
180 Milioni di barili 100.000 Barili al giorno - LA STAMPA Fabbricato in Corea, è arrivato via mare in
Norvegia La produzione avverrà attraverso un sistema sottomarino di 22 pozzi, non tutti già completati
Riserve del giacimento
Foto: La piattaforma Goliat, nel Mare di Barents
14/03/2016Pag. 19
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 155
mercati e gestori domande a Massimiliano Cagliero ad di Banor Sim «La Fed aspetterà per nuovi interventi» [S. R.] Cosa vi aspettate dalla riunione della Fed dopo le decisioni di Draghi? «Che lasci i tassi tendenzialmente
invariati, o che li alzi molto gradatamente, in quanto le aspettative d'inflazione a breve e lungo termine sono
ancora lontane dall'obiettivo Fed del 2%. Un rialzo dei tassi importante potrebbe causare un rafforzamento
del dollaro che causerebbe maggiori problemi alla Cina e a molti altri emergenti, i cui debiti sono
principalmente in dollari». Pensate che l'America possa intervenire sui tassi nel corso del 2016? «Nel 2016
la Fed alzerà i tassi solo se le aspettative d'inflaz i o n e d ove s s e ro m u ove rs i verso l'alto e/o se il
mercato azionario Usa dovesse rimanere intorno o sopra i 2000 punti di S&P500. Anche se riteniamo che
l'economia americana stia andando meglio di quanto venga percepito all'esterno, crediamo che la Fed
seguirà una strada di grande prudenza nel rialzo dei tassi, più di quanto sia scontato oggi dal mercato».
Quali saranno gli effetti sull'euro? «Non ci aspettiamo grandi movimenti sull'euro». Dove vedete valore?
«Banor Sim è una casa di investimento "value". Le nostre analisi, e quindi le scelte di investimento tendono
ad indirizzarsi verso società dai fondamentali solidi, con elevata produzione di flusso di cassa e una politica
di dividendi importante e sostenibile nel tempo. In un'ottica di lungo termine, oggi risultano sottovalutati
settori legati alle materie prime - agricole, petrolio e metalli - e i media del Sud Europa. Le banche, pur
avendo valutazioni interessanti, potrebbero continuare a soffrire fino a che il ciclo economico non si
riprenda, con relativo aumento dei tassi a lungo, e maggiore inflazione». C'è anche un grande interrogativo
sull'Asia. Qual è lo scenario? «La scorsa settimana ero in Asia dove ho incontrato i maggiori investitori
istituzionali e fondi sovrani locali. La loro asset allocation ha una percentuale significativa di azionario, sia
per motivi evidenti - l'orizzonte temporale a lungo termine, e l'assottigliamento di rendimento nei bond. Sia
per altre due considerazioni: la Cina, per quanto in rallentamento, non si sta fermando. Si sta comportando
nel modo in cui è stata indirizzata tre anni fa, quando fu deciso a livello centrale di passare da un'economia
basata sull'export a una basata sui consumi interni. Stiamo enfatizzando troppo il rallentamento. In più
anche le tensioni geopolitiche, e i problemi tra la Cina, i paesi confinanti e gli Usa per il controllo delle
acque e di alcune isole sono sovrastimati».
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 156
COOPERATIVE/TUTTO SOLDI "Sanità, energia e hitech per il rilancio di Legacoop" Il presidente Lusetti: "Nel 2017 via all'alleanza con le sigle bianche e verdi Voglio il limite di tre mandati per ivertici: serve un ricambio generazionale" GIUSEPPE BOTTERO TEODORO CHIARELLI Le inchieste giudiziarie, le macerie lasciate dalla recessione, il contestatissimo decreto del governo sulle
Bcc e soprattutto la delicata alleanza tra le cooperative «rosse», «bianche» e «verdi». Un patto a tre
destinato a decollare dal 2017, che manderà in soffitta le sigle storiche per dar vita a un colosso da 140
miliardi di fatturato. I primi due anni da presidente di Legacoop, per Mauro Lusetti, non sono stati una
passeggiata. «Ho indossato l'elmetto», sorride. Poi, con orgoglio, scandisce le parole chiave del rilancio:
legalità, innovazione, indipendenza dalla politica. «La coda lunga della crisi continua a colpire le imprese.
Però siamo "resilienti", sappiamo reagire in fretta. Abbiamo aumentato l'occupazione, anche se c'è stato un
calo della redditività importante. Ci sono settori che hanno patito tantissimo, a partire dalla filiera
dell'abitare: edilizia, costruzioni, infissi. Nella distribuzione teniamo, mentre grazie all'export
l'agroalimentare cresce». I numeri sull'edilizia sono impietosi: appalti in calo del 30%, concessioni edilizie
crollate del 90% e 800 mila posti di lavoro persi con la crisi. Da dove si riparte? «Coop importanti hanno
gettato la spugna, eppure si vede qualche segnale di ripresa. Penso al piano del governo per il
rinnovamento di strade e ferrovie e al tentativo di mettere in sicurezza il territorio: noi ci siamo. Bisogna
reinventare il mestiere del muratore: c'è un mercato nuovo». A che punto sono i lavori per l'alleanza 3.0 che
riunirà le tre realtà cooperative (Legacoop, Confco operative e Agci) sotto un unico cappello? «Si parte il
primo gennaio e diventeremo un'organizzazione unica. È il primo pezzo di un'operazione complicata, non
basta premere un bottone. Iniziamo con le strutture nazionali e nel corso del 2017 completeremo il
percorso. È l'esito di un percorso di autonomia dalla politica. Non è un rifiuto, ma il rapporto sarà più
maturo». Come funzionerà l'alleanza? «Il modello è articolato in settori e territori: l'obiettivo è far sparire
tutte le sigle storiche nel corso del 2017 . Non si tratta di una federazione, ma sostituiremo alle tre entità
una nuova sigla: Alleanza delle cooperative». Quanto vale, economicamente? «Non saremo una holding,
ma la somma delle imprese vale l'8% del Pil e il fatturato aggregato supera i 140 miliardi. Le tre
organizzazioni sono perfettamente compatibili, abbiamo una presenza omogenea in molti settori:
agricoltura, distribuzione, sociale. Avremo molta attenzione all'innovazione, con la promozione di nuove
cooperative: penso alle start-up, abbiamo appena finanziato una cooperativa di piloti di droni. E poi
puntiamo sui nuovi settori dell'edilizia». E per la distribuzione? «Ci sono dei progetti specifici. Il modello è la
fusione delle tre grandi Coop Adriatica, Estense e Consumatori Nordest da cui è nata la cooperativa più
grande d'Europa, con 22 mila dipendenti. All'interno o nei paraggi dei negozi ci saranno distributori di
carburante low cost, o centri dedicati alla telefonia, con la linea Coop». Spingerete le fusioni tra le piccole
coop locali? «Sì, la dimensione dell'impresa è decisiva per competere, anche fuori dai nostri confini. Nel
settore edile le coop che hanno tenuto sono la Cmc di Ravenna, che realizza il 60% del fatturato all'estero
e la Cmb Carpi, specializzata in infrastrutture, che costruisce ospedali in mezzo mondo. Guardare all'estero
è una necessità: l'agroalimentare è cresciuto con l'export, il mercato nazionale non tira». Anche le coop
sono state coinvolte in inchieste giudiziarie e scandali. Come ha reagito? «Sono stato eletto in
corrispondenza dello scandalo Expo, che poi è finito in nulla. Ho scelto la tolleranza zero, ha portato
benefici per tutto il sistema cooperativo». Che cosa significa? «Chi è stato coinvolto in vicende giudiziarie
deve fare un passo indietro. Nella cooperativa 29 giugno (quella gestita da Salvatore Buzzi ndr.) e in Cpl
Concordia (finita in un'inchiesta per tangenti ndr.) c'è stato un ricambio totale dei vertici, siamo partiti con
azioni di responsabilità e Legacoop ha chiesto di essere ammessa come parte lesa ai processi. Si tratta di
atti concreti, pesanti». E' sufficiente? «Ho inoltre concretizzato il valore del passaggio del testimone tra le
14/03/2016Pag. 21.24
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 157
generazioni. C'è una nuova classe dirigente fatta di quarantenni, è la nostra assicurazione per il futuro» E'
favorevole al limite di mandati per i dirigenti delle coop? «C'è un dibattito in corso. Penso che sarebbe
giusto introdurlo. Immagino un limite di tre mandati, vuol dire dai nove ai dodici anni. Se non lo inseriamo,
non si discuterà più del ricambio degli amministratori». Perché avete bocciato il decreto che riforma il
credito cooperativo? «C'è un percorso parlamentare, spero colga le criticità. La parte sulla holding è
sacrosanta, ma riteniamo inaccettabile la cosiddetta way out, che prevede la possibilità di uscire riscattando
le riserve indivisibili. Se oggi nel Paese ci sono grandi cooperative è perché le generazioni passate non
hanno toccato gli utili. La tassa del 20%, poi, è un regalo». È un attacco al sistema coop? «Non ho mai
parlato di attacco, e non credo sia questo l'obiettivo del governo. Ho la sensazione che ci sia scarsa
conoscenza del nostro mondo». Beh, il ministro del Lavoro Giuliano Poletti è stato presidente di Legacoop
per dodici anni... «Poletti fa parte di una squadra, e a quel consiglio dei ministri non era presente». Si
aspettava da lui una presa di posizione pubblica? «No: se c'è una logica di squadra va rispettata». Su cosa
punta per il futuro delle cooperative italiane? «P unteremo sulla sanità, ma anche sulla gestione delle fonti
energetiche e l'hi-tech. Molti settori nuovi si prestano particolarmente alla forma cooperativa: lì, per noi, ci
sono delle praterie». c
Il patto a tre Nel corso dell'ultimo anno Coop si è confermata la regina della grande distribuzione e ha visto
crescere il fatturato dell'1,8% a 11,2 miliardi. Nella foto a destra il presidente di Legacoop Mauro Lusetti (a
destra) con Rosario Altieri (presidente Agci, al centro) e Maurizio Gardini, presidente di Confcooperative
8per cento La quota di Pil rappresentato dal fatturato dell'Alleanza delle cooperative
12milioni I soci dell'Alleanza delle cooperative Le imprese operano in tutti settori e in tutte le regioni
Foto: A Torino L'interno del concept store Coop aperto in Galleria San Federico
Foto: REPORTERS
Foto: La battaglia Legacoop ha raccolto 100 mila firme per una legge contro le false cooperative
Attualmente è incardinata al Senato
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 158
LE IDEE Se Cuba entra nel Fondo monetario ANDREA MONTANINO A PAGINA 23 ra il 1928, quasi 90 anni fa, quando un Presidente degli Stati Uniti visitò per l'ultima volta
Cuba, uno degli Stati geograficamente più vicini ma politicamente più distanti. Tra meno di due settimane, il
presidente Obama andrà sull'isola, sancendo definitivamente la fine di un periodo di incomprensione tra i
due Stati durato 55 anni. Non sarà tuttavia una piena normalizzazione dei rapporti: i viaggi dei cittadini
americani rimarranno ancora limitati, andrà definito l'uso del dollaro per le transazioni commerciali con
Cuba, ma soprattutto gli Stati Uniti manterranno in vigore il divieto all'ingresso di Cuba alla Banca Mondiale
e al Fondo monetario internazionale. Cuba è l'unico vero Stato membro delle Nazioni Unite che non fa
parte delle istituzioni create a Bretton Woods, nel New Hampshire, alla fine della Seconda guerra mondiale.
Ciò malgrado sia invece stato uno dei 44 Paesi fondatori e sia diventato membro del Fondo Monetario
addirittura un anno prima dell'Italia. La decisione di lasciare il Fondo, nel 1964, fu legata al rapporto
privilegiato che si creò con l'Unione Sovietica, che non era membro del Fondo e che già anni prima aveva
convinto la Polonia e la Cecoslovacchia a lasciare l'istituzione, ritenuta troppo filo-americana. Se tutto
questo è storia, il futuro può e deve essere molto diverso. Cuba ha sviluppato alcune eccellenze ed è
sopravvissuta a decenni di embargo da parte della più grande potenza economica del mondo. Ma ora ha
bisogno di crescere di più e di rendere la sua economia sostenibile, e per farlo ha bisogno di capitali
stranieri, di un sistema bancario integrato con la comunità finanziaria internazionale, di infrastrutture
adeguate. Tutto ciò può essere facilitato dall'ingresso di Cuba nel Fondo e nella Banca, per almeno tre
ragioni. In primo luogo, ciò aumenterebbe in modo consistente l'informazione relativa alle condizioni
economiche di Cuba. Il Fondo Monetario prevede, tra gli obblighi degli Stati membri, quello di essere
sottoposto a un monitoraggio, generalmente annuale, che sfocia in un rapporto di dettaglio secondo
l'articolo 4 dello Statuto del Fondo. Questo rapporto è scritto in inglese, quindi facilmente leggibile da tutti,
esamina lo stato della finanza pubblica, del sistema finanziario e dell'economia reale, produce una serie di
dati usando tecniche riconosciute dagli standard internazionali e quindi comparabili sia nel tempo che tra
diversi paesi. L'informazione fornita dal Fondo Monetario sarebbe un bene pubblico, a disposizione di tutti,
investitori stranieri e cittadini cubani, che potrebbero così disporre di un punto di riferimento indipendente
sullo stato reale del Paese. In secondo luogo, Cuba potrebbe beneficiare di assistenza tecnica che queste
organizzazioni internazionali forniscono agli Stati membri grazie all'ampia esperienza maturata sul campo
in decenni di attività. Il Fondo e la Banca mondiale potrebbero aiutare Cuba a perfezionare un sistema di
tassazione secondo standard internazionali, rendere efficiente l'amministrazione fiscale, migliorare il
funzionamento della banca centrale, fissare criteri trasparenti per le gare di appalto pubbliche e così via.
Spesso queste attività si sono rilevate fondamentali, e ancora più importanti degli aiuti finanziari che queste
organizzazioni forniscono, per rendere i Paesi economicamente più forti e stabili nel medio-lungo periodo.
Ma certo è che, in una prima fase, i prestiti dovranno svolgere un ruolo essenziale, sia per gestire la
transizione verso un'economia aperta, sia per sostenere le infrastrutture del Paese. Di quanto potrebbe
beneficiare Cuba? Dipenderà dalla sua quota di partecipazione. Facendo alcune stime e confrontando la
dimensione dell'economia cubana con quella di Paesi simili già membri del Fondo Monetario, Cuba
potrebbe avere una quota del Fondo pari a circa 400 milioni di dollari. Come termine di paragone, si
consideri che l'Italia ha una quota pari a circa 21 miliardi di dollari. In base alle regole del Fondo, un Paese
ha diritto a ricevere supporto finanziario nel corso di tre anni per un valore complessivo pari a 6 volte la sua
quota versata, dunque Cuba potrebbe ricevere dal Fondo un primo pacchetto di circa 2,4 miliardi di dollari.
A questi si sommerebbero i progetti che la Banca Mondiale finanzierebbe a fronte di un programma di aiuti
del Fondo Monetario. E' facile prevedere che si potrebbe arrivare ad almeno 3 miliardi di dollari in un
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 159
triennio. Naturalmente, affinché il Fondo Monetario attivi un programma, sono necessarie alcune condizioni
preliminari, e soprattutto va verificato che il Paese sarà in grado di restituire il prestito. Quindi l'ammissione
al club e l'avvio dei finanziamenti non sarà contestuale e questa rappresenta una ragione in più per avviare
da subito il processo per l'ingresso nel Fondo. Tutto ciò però dipenderà dagli Stati Uniti che, con una quota
del 17 per cento, hanno un potere decisionale importante, anche se non possono esercitare nessun veto
sull'ingresso di Cuba nel Fondo Monetario e nella Banca Mondiale. Secondo la legislazione americana
tuttora vigente infatti, l'amministrazione Obama è obbligata a votare contro l'ammissione di Cuba nelle
istituzioni di Bretton Woods e soltanto una nuova legge - quindi non un atto unilaterale del Presidente -
potrà cambiare le cose. La strada è però segnata e se non riuscirà a Obama durante questi ultimi mesi di
mandato, il nuovo Presidente degli Stati Uniti dovrà, tra le sue prime iniziative, lavorare con il Congresso
per rimuovere questo vincolo alla piena reintegrazione di Cuba nell'economia mondiale. @MontaninoUsa c
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 160
IL CASO Il mattoncino trova casa anche da noi ALBERTO MATTIOLI Un mattoncino di più nell'impero Lego. Arriva in Italia il primo Lego Certified Store, il negozio che vende
prodotti Lego e solo quelli. Aprirà entro l'estate ad Arese, nel nuovo centro commerciale nell'area ex Alfa
Romeo, che a sua volta dovrebbe essere inaugurato in aprile e diventare, con i suoi 77 mila metri di negozi,
il più grande d'Italia. PAGINA Lego annuncia già l'apertura di altri monomarca, dove e quando non è dato
sapere. Dietro, c'è un accordo con il gruppo di Antonio Percassi, ex calciatore dell'Atalanta e suo pre s
ident e, che non solo gestisce i suoi marchi tipo Kiko o Vergel io, ma ne «importa» in Italia di celebr i , come
Victoria's secret o Starbucks, che aprirà il suo primo caffè italiano a Milano l'anno prossimo. Intanto tocca a
Lego. Poco si sa di come sarà il negozio dei mattoncini, perché la riservatezza del gruppo danese è totale e
le richieste di anticipazioni si scont rano con cortesi reticenze. Pare però che avrà d ime n s i o n i umane e
non sarà colossale come quelli che fioriscono in mezzo mondo. Alla Lego di New York sembra di entrare in
una realtà parallela, un mondo a quadratini dove sugli scaffali è in vendita praticamente qualsiasi oggetto o
edificio o macchina riproducibile con i Lego, mentre i pezzi sfusi si pescano da cont eni t o r i trasparenti,
come le caramelle nelle drogherie di una volta. Ma anche ad Arese, garantiscono Lego e Percassi, sarà
possibile «una vera e propria immersione nel mondo Lego per adulti e bambini». Questa degli adulti non è
una battuta. Come succede con tutti i giocattoli teoricamente destinati ai piccoli, i collezionisti più accaniti
sono ovviamente i grandi, e anzi fiorisce nel mondo una specie di mercato parallelo di scatole fuori
commercio e pezzi rari. Come raccontò a Usa Today un signore di Memphis padre di sei figli, che tiene più
di tremila scatole di Lego in una stanza climatizzata, le compra e le vende su Internet e ogni anno
guadagna un buon 15% sul valore del capitale. Insomma, dopo il mattone è il mattoncino il bene rifugio nei
tempi di crisi. Ma quale crisi, potrebbero però obbiettare a Billung, paesotto danese di 6.200 abitanti e casa
madre della ditta. Qui un carpentiere, Ole Kirk Christiansen, la fondò nel 1934, qui nel 1958 furono
realizzati i primi mattoncini di plastica, mai cambiati e tuttora compatibili con quelli prodotti oggi e qui nel
1968 fu aperto il primo Legoland, una specie di Disneyland di Lego. A Billung, all'inizio degli Anni Duemila,
se l'erano vista brutta. Nell'era dei videogiochi, il mattoncino sembrava condannato a un malinconico
declino. Nell'annus horribilis, il 2004, la Lego andò pesantemente in rosso e il presidente Kjeld Kirk
Christiansen, nipote del fondatore, prima versò nelle casse sociali 130 milioni di euro dal suo patrimonio
personale e poi si dimise. La riscossa risulta quindi ancor più spettacolare. L'artefice si chiama Joergen Vig
Knudstorp che, nominato amministratore delegato a 35 anni, capì che doveva fare esattamente il contrario
di quel che fan tutti. Basta delocalizzazioni, produzioni low cost, trasferimento dei giochi su Internet.
Bisognava puntare sulla qualità e concentrarsi sul core business: il mattoncino. Lo stabilimento di Billund fu
riattivato e i 3.500 dipendenti riassunti. Oggi un segretissimo campus elabora i prodotti, le nuove linee
escono ogni anno, anche al traino dei film e delle serie di successo e si sono sviluppate sinergie fra i
mattoncini reali e quelli virtuali: il videogame «Lego Dimension» è il secondo più popolare negli Stati Uniti. Il
marketing è riuscito a convincere bambini e diversamente giovani che il caro vecchio mattoncino è
qualcosa di nuovo e trendy. I risultati farebbero invidia a Paperon de' Paperoni. Nel 2015, la crescita è stata
a doppia cifra: ricavi a 4,8 miliardi di euro (più 19%) e utile netto a 1,23 (più 31%). Il mattoncino va
fortissimo in Asia, dove la Cina è stata invasa e ancor più lo sarà quando, nel 2017, la nuova fabbrica di
Jiaxing sarà pienamente operativa. Ma anche la vecchia Italia dà soddisfazione. L'anno scorso, le vendite
sono cresciute fra il 10 e il 15%. Non c'è da stupirsi. Come ha calcolato il Guardian, ogni abitante della terra
ha a disposizione, in media, 62 mattoncini. c BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI
Una storia lunga 82 anni REUTERS REUTERS REUTERS
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 161
1934 A Billung, in Danimarca, viene fondata la fabbrica di giocattoli 2004 L'anno nero. Lego stava per
soccombere all'era dei videogiochi 2015 Il rilancio. L'anno si chiude con una crescita a doppia cifra nella
foto l'Ad Jorgen Vig Knudstorp
Foto: Fantasia senza limiti Dal 1958 adulti e bambini di tutto il mondo danno sfogo alla fantasia con
costruzioni che sfidano le leggi della gravità. Anche ad Arese, assicura Lego, ci si potrà immergere a 360
gradi nel mondo dei mattoncini colorati. Il gioco che piace agli adulti I grandi sono i collezionisti più accaniti
di mattoncini Qui a fianco una riproduzione dell'Arco di Trionfo del Carrousel di Parigi REUTERS
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 162
Intervista "Dalla Bce non un regalo alle banche ma una spinta a fare più prestiti" Ghizzoni, ad di UniCredit: è un grande passo per accelerare la crescita [F. MAN.] MILANO Dottor Ghizzoni, dopo l'ultima mossa della Bce e grazie ai tassi negativi gli istituti come l'UniCredit
che lei guida potranno prendere in prestito i soldi dalla Bce venendo pagate per farlo. Cosa cambia nel
mondo bancario come lo conosciamo? «È un mondo che cambia per tutti. L'obiettivo è quello di evitare il
rischio enorme della deflazione, molto peggiore rispetto agli scenari di inflazione.Per questo affrontiamo
una realtà nuova per le banche, per le imprese, per i clienti e i risparmiatori». Una realtà che per voi pare
rosea, anche se giudicano i rialzi in Borsa dei titoli bancari in queste ore... «Deve essere chiaro che i
provvedimenti della Bce tutto sono fuorché un regalo alle banche, ma spingono tutti a lavorare nella
direzione della crescita. Molte cose sono destinate a cambiare anche nel sistema bancario. La pressione
sui margini delle attività tradizionali ci sta spingendo verso un ruolo sempre più importante dei servizi
alternativi. Penso, ad esempio, alla crescita, già in corso, delle attività di consulenza o di risparmio gestito».
Allo stesso tempo la vostra liquidità parcheggiata presso la Bce non renderà nulla o sarà addirittura costosa
da tenere. Anche qui che cosa cambia? «A fronte di una situazione per molti versi inesplorata sono state
varate misure non convenzionali per favorire la crescita economica. Il complesso delle politiche sui tassi
stimolerà le banche a fare più credito, in particolare tutti quegli istituti che oggi si trovano con liquidità in
abbondanza. Da una lato i tassi negativi sui depositi in Bce rendono sempre meno conveniente
parcheggiare liquidità, dall'altro meccanismi di "funding for lending", così come abbiamo visto
nell'esperienza inglese, stimolano la ripresa. Quindi è naturale che ci sia un impatto positivo sull'erogazione
del credito e anche sul suo costo». Dunque vedremo tassi più bas si. Ma in concreto che cosa assicurerà il
trasferimento della liquidità alle imprese? «Già nell'ultima parte del 2014 e nel 2015 i programmi Tltro
hanno funzionato, facendo crescere il complesso del credito erogato nel medio termine. Naturalmente,
hanno funzionato in rapporto al tasso di crescita dell'economia. Le misure varate giovedì sono più ampie e
più aggressive. Allo stesso tempo la crescita dell'economia dovrebbe essere un pochino più robusta. Ci
sono le condizioni perché il trasferimento di liquidità alle imprese avvenga in maniera efficace». Non esiste
al contrario il rischio che le banche assumano rischi troppo elevati pur di sfuggire al parcheggio della
liquidità? «Lo escludo. Anche perché, in questi anni, abbiamo maturato una cultura del rischio molto
profonda. Nello stesso tempo l'attenzione ai requisiti di capitale e alla gestione dei crediti deteriorati si è
enormemente rafforzata. Sono convinto che il credito crescerà, ma con un'attenzione molto forte e selettiva
alla qualità». Avete fatto un primo calcolo per capire quanto le misure della Bce possano avere impatto sui
vostri conti per il 2016? «Considerazioni di questo genere sono assolutamente premature. Ci sono costi e
benefici, ma è dalla crescita che ci attendiamo i veri risultati». Che cosa ci assicura che questa volta il
bazooka di Draghi funzionerà meglio che in passato? «Le misure che il presidente della Bce ha potuto
varare ieri grazie alla sua autorevolezza, ad un'indipendenza e ad una capacità di leadership riconosciute,
vanno oltre le aspettative dei mercati e non ho dubbi che daranno risultati positivi e rilevanti. Come si
diceva, si fa un ulteriore importante passo sulla strada che riduce il costo della raccolta fondi per le banche:
così gli stimoli agli investimenti - e dunque alla crescita -sono molto concreti». Insomma, Draghi ha davvero
messo in campo tutte le armi... «Per l'ennesima volta il presidente della Bce ha confermato nei fatti che la
formula "will do whatever it takes" - e cioè la capacità e la volontà della Banca centrale europea di fare tutto
quello che è necessario - non è una formula retorica, ma qualcosa di molto concreto che viene declinato
secondo le necessità. È un messaggio fortissimo che avrà un'importanza risolutiva». Draghi ha anche
ribadito che la politica monetaria da sola non basta a rimettere in moto l'economia. Accanto ad essa quali
riforme strutturali vede come più necessarie o urgenti? «In generale penso che sia importante ridurre la
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 163
complessità regolamentare, anche per evitare una eccessiva frammentazione dei mercati finanziari che
sarebbe penalizzante per l'Europa. Per l'Italia, dopo il mercato del lavoro, penso sia necessaria una
profonda riforma dell'apparato pubblico e una riforma fiscale che riduca l'enorme differenza tra il costo per
le imprese e il reddito netto dei lavoratori e favorisca sempre di più gli investimenti produttivi». E nel settore
del credito? «Bisogna rendere più rapidi i tempi delle procedure concorsuali, che in Italia sono più alti della
media europea. Questo ha un impatto negativo sui prezzi dei crediti deteriorati, tanto che in Italia il mercato
è molto più orientato ad acquistare crediti in sofferenza senza garanzie piuttosto che quelli con garanzie
immobiliari. Nello stesso tempo si può pensare a un rilancio del ruolo delle garanzie pubbliche a sostegno
del credito. Si stima che un piano da 10 miliardi di garanzie potrebbe generare credito per 200 miliardi con
impatti assai modesti sul debito pubblico». Ma che cosa accadrà se la mossa così forte della Bce non
dovesse funzionare? «Non vedo ragioni perché non debba funzionare. La scommessa per tutti è traslare i
benefici della manovra Bce in un impegno collettivo per la crescita. E qui, davvero, ognuno deve fare la
propria parte: governi, imprese e sindacati. Come banche sappiamo di avere un ruolo fondamentale nel
funzionamento del sistema economico e - parlo per UniCredit - ci sentiamo in prima linea in questa grande
battaglia per lo sviluppo dell'economia reale».
80 miliardi È l'iniezione di liquidità al mese che la Bce ha deciso di fare col nuovo piano Draghi
Le misure della Bce spingono tutti a lavorare nella direzione della crescita. L'obiettivo è evitare ilrischio enorme della deflazione. Per le banche è una realtà nuova Federico Ghizzoni Amministratore
delegato di Unicredit
0,4 per cento È il tasso negativo sui depositi deciso giovedì dalla Banca centrale europea
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 164
ORSI & TORI Paolo Panerai Perfino il nemico numero uno dei gufi, il presidente del Consiglio Matteo Renzi, ha finito per gufare contro le
banche, probabilmente senza accorgersene. Lo ha fatto, evidentemente senza volontà di nuocere e con
parole apparentemente non negative, quando è stato ospite della trasmissione domenicale super popolare
condotta da Barbara D'Urso: «In Italia ci sono troppe banche e troppi banchieri... con le nuove regole
europee questo non può continuare, bisogna metterle insieme, unirle». Se il presidente del Consiglio dice
quasi urbi et orbi che le regole europee impongono consolidamenti che cosa pensa, il presidente Renzi,
che gli italiani, i risparmiatori e depositanti italiani capiscano? Evidentemente una cosa sola: che ci sono
banche che da sole non ce la fanno, quindi nonostante abbia premesso che gli italiani delle banche italiane
si possono fidare, gli italiani inevitabilmente sono a domandarsi quali sono le banche che per proseguire
l'attività hanno bisogno di fondersi, quindi banche di cui non fidarsi. Il fatto è, Caro Presidente, che da un
anno di banche si parla troppo e spesso a sproposito, come si documenta all'interno di MF-Milano Finanza,
mentre delle banche meno si parla e meglio è. Lo sa perché? Perché il vero patrimonio del sistema
bancario, l'unico fattore che può garantire buon funzionamento e stabilità, è la fiducia dei depositanti, dei
clienti. Senza fiducia, nessuna banca sarebbe in grado di sopravvivere. Per questo i grandi governatori
della Banca d'Italia, da Luigi Einaudi a Guido Carli, a Paolo Baffi, a Carlo Azeglio Ciampi, a Mario Draghi,
hanno sempre predicato il silenzio; hanno sempre operato in modo che qualsiasi atto riguardante una
banca fosse prima compiuto e poi reso noto. Gli annunci sulle banche sono come annunci ai naviganti:
mettono in agitazione anche se prevedono tempo bello. Rispetto alle banche occorre operare in silenzio,
meditando bene le scelte, controllando tutto prima di prendere una decisione e parlare solo quando la
decisione è ferma. In Italia invece sta avvenendo drammaticamente il contrario. È vero, c'è un evidente
abbassamento di livello della Banca d'Italia, con tutto il rispetto per l'onestà e l'impegno di chi vi lavora; è
vero quindi che è mancata la regia del banchiere dei banchieri e quindi le difficoltà e i problemi non sono
stati prevenuti e risolti in silenzio come nel passato, facendoli diventare drammatici e irreversibili e
lasciando che si allargasse lo spazio per politicanti all'assalto; è vero che la minaccia più grave alla stabilità
delle banche nazionali viene da Bruxelles e dagli uffici della Vigilanza unificata di Francoforte; tutto ciò è
vero ma, proprio per questo, occorre recuperare rigore e silenzio, operando ma senza fare annunci
temerari. Gli errori compiuti in questi ultimi anni sono numerosi e gravi: il fallimento delle quattro banche è il
risultato di incertezze, ritardi e superficialità. Che la Banca delle Marche fosse in pericolo lo si sapeva da
anni, al punto che Bankitalia aveva chiesto a un suo ex dirigente di altissimo livello intellettuale e pratico, il
professor Rainer Masera, di assumere la presidenza: peccato che quando l'ex presidente del Sanpaolo si
era insediato, non ci aveva messo molto a scoprire che la situazione era assai più grave di quella che
risultava dal rapporto di ispezione della Banca d'Italia, al punto che Masera aveva deciso ben presto di
uscire. Idem per Banca dell'Etruria: il palleggiamento del caso in Banca d'Italia è durato almeno due anni,
senza una decisione solida e cioè o commissariarla o spingerla dentro la pancia di una banca più grande.
CariFerrara e Carichieti erano problemi risolvibili in pochi giorni, date le dimensioni. Invece sono esplosi e si
sono sommati alla destabilizzazione del sistema delle popolari: prima gli annunci in sede politica, poi un
decreto legge di trasformazione in spa con l'obiettivo di creare accorpamenti ma senza nessuna sensibilità
ai valori della mutualità propri delle popolari. E senza tener conto che ci sono esempi di banche popolari
che non hanno nessuna necessità di accorparsi, vista l'efficienza e la capacità di produrre reddito che
hanno, prima di tutte la Popolare di Sondrio. L'aver preso poi un provvedimento d'urgenza ha esposto le
banche a interventi vessatori della Vigilanza unificata di Francoforte, la quale dalla sera alla mattina, per le
popolari non quotate, ha praticamente eliminato il fondo di riacquisto delle azioni proprie, rendendo
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 165
impossibile rivendere le azioni da parte dei soci che avevano bisogno di incassare e innescando così un
inevitabile processo di sfiducia degli istituti che non ha fatto altro che amplificare e far precipitare le
problematiche e le debolezze degli istituti stessi. Sicuramente c'erano banche con pesanti debolezze e
anche irregolarità dovute alla disonestà dei manager, come nel caso della Popolare di Vicenza e quindi
queste debolezze dovevano essere sanate: ma aver bloccato il processo di riacquisto delle azioni, su cui si
è basato per decenni il mercato delle azioni delle popolari non quotate, è stata la goccia che ha fatto
traboccare il vaso. Era questa una situazione che doveva essere ben chiara alla Banca d'Italia prima che la
Vigilanza passasse a Francoforte, era quindi necessario che la Banca centrale italiana intervenisse per
chiedere tempo in modo da rimediare e non rendere esplosiva la situazione. In altri tempi il potere
negoziale di Bankitalia, il rispetto di cui godeva a Bruxelles (si pensi solo al ruolo svolto per il sistema
monetario europeo da Tommaso Padoa Schioppa ), era tale che le banche più in difficoltà non si sarebbero
trovate da sole nella tempesta. Infine la decisione di non usare il Fondo di garanzia finanziato da tutto il
sistema bancario e considerato arbitrariamente da Bruxelles organismo pubblico, perché istituito da una
legge e vigilato dalla Banca d'Italia. Altri uomini, sapendo che i fondi non erano pubblici e che quindi
l'intervento non poteva essere considerato aiuto di Stato, non si sarebbero lasciati intimorire dalle minacce
della Direzione competizione di Bruxelles e avrebbero ordinatamente salvato le quattro banche fatte fallire.
Del resto, basta guardare cosa ha fatto la Germania anche in queste ultime settimane: ha salvato con
l'immissione di denaro pubblico la Hsh Nordbank giustificando l'intervento come non aiuto di Stato con il
fatto che la Repubblica federale di Germania era già azionista della banca. Ma in Germania hanno fatto di
più: esistono due fondi di garanzia, uno per garantire i depositanti fino a 100 mila euro (e questo è pubblico)
e un altro privato, alimentato dalle varie banche del Paese, che potrà intervenire in qualsiasi momento in
aiuto di istituti in difficoltà anche privati. Molti giuristi sono convinti che se fosse stato fatto intervenire per le
quattro banche il Fondo di garanzia e la Commissione Ue avesse comminato una multa all'Italia, il ricorso
alla Corte di giustizia europeo avrebbe sicuramente assolto il Paese. Su questo tema ha scritto su MF-
Milano Finanza articoli fondamentali Paolo Savona, l'allievo prediletto di ( segue da pagina 3 Carli, che del
Fondo è stato a lungo presidente. Come si vede, i problemi delle banche italiane e la conseguente sfiducia
dei risparmiatori sono in primo luogo il frutto di errori di gestione sia legislativa sia, e prima ancora, di
gestione di chi fino a non molto tempo fa, la Banca d'Italia, aveva pieni poteri sulle banche nazionali. Ma
tutto è stato ampliato da voci incompetenti o interessate, tali da far diventare argomento di prima pagina i
casi bancari, spingendo in questo modo alle stelle la sfiducia su varie banche. E il paradosso è che finora,
per le popolari, non si è attuato nessuno dei processi di integrazione e consolidamento che erano auspicati.
Anzi si sta assistendo a un caso assurdo che dovrebbe chiarire a tutti come, per impedire danni maggiori,
sia necessario non dire più una parola una, negativa o critica, sul sistema bancario italiano. Anche solo
dicendo che le banche italiane devono diminuire di numero, come ha fatto imprudentemente il presidente
Renzi, è negativissimo e a poco serve aggiungere poi che gli italiani delle banche italiane si devono fidare:
è il messaggio negativo o critico che pesa in maniera decisiva, non la descrizione della solidità (reale) del
sistema. Il caso assurdo è quello della progettata e perseguita fusione fra la profittevole Banca popolare di
Milano e il Banco popolare, che già ha riunito nel passato varie banche popolari, come la Lodi, che appunto
fu fatta allora approdare sotto il controllo di Verona per evitare che fallisse dopo le malversazioni di
Gianpiero Fiorani. Da tempo i bravissimi amministratori delegati delle due banche, Giuseppe Castagna e
Pier Francesco Saviotti, hanno trovato il pieno accordo superando non pochi problemi di governance.
Bene: da settimane la perfida Vigilanza unificata di Francoforte si diletta a impedire che si proceda, con le
giustificazioni più cervellotiche. La vicenda Milano-Verona è espressione del vero problema che ha davanti
non solo il sistema bancario italiano ma quello di tutti i Paesi che non reggono la coda alla Germania, che,
come è stato ripetutamente scritto e documentato su questo giornale, domina la Vigilanza unificata tanto da
averla fatta diventare un corpo autonomo rispetto alla parte di Banca centrale europea che sotto la
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 166
presidenza di Draghi gestisce la politica monetaria. Contrariamente a ogni logica gestionale di una banca
centrale, la Germania, con la compiacenza della Francia, è riuscita a far sì che il Consiglio dei governatori
che sono l'organo supremo della Bce non abbia nessun potere di controllo o di indirizzo sulla Vigilanza: in
caso di dissenso sull'operato, dovrebbe aprire un conflitto presso il Parlamento europeo. «Figuriamoci se si
può andare a discutere pubblicamente di una banca in difficoltà o di un intervento da compiere», ha
commentato con un amico Draghi. Ma non è tutto; il Bundestag, il Parlamento tedesco, non pago della
grande autonomia di cui la Vigilanza gode rispetto al vertice della Bce, ha votato un ordine del giorno
perché la stessa Vigilanza sia addirittura scorporata dalla Banca centrale. Come se fra la definizione della
politica monetaria e le regole di vigilanza, tra i parametri che vengono imposti e gli interventi che vengono
fatti sulle banche, non ci fosse nessuna relazione. Qui c'è il vero problema tecnicopolitico su cui l'Unione
europea può dissolversi, perché la separatezza fra Vigilanza e vertice della Bce, che fissa la politica
monetaria, non solo mette a rischio il sistema bancario per la fissazione e l'applicazione di regole assurde
in un periodo di crisi (le regole dure si fissano quando le cose vanno bene), ma appunto vanifica i
provvedimenti disperati di Draghi. Giovedì 10 Draghi, non senza difficoltà, ha varato altri provvedimenti sul
modello americano, che hanno l'obiettivo di rilanciare lo sviluppo e di far risalire l'inflazione, che ora in molti
Paesi europei è deflazione. In particolare un provvedimento è fondamentale: il varo di un'altra Ltro, cioè la
possibilità per le banche di finanziarsi a tasso zero presso la Bce. Questa volta Draghi ha messo come
condizione vincolante per le banche che i capitali attinti siano tradotti in credito per il sistema produttivo che
ne ha più bisogno. In Italia, in Spagna e in molti altri Paesi ad aver bisogno di credito e a tassi bassi, come
consente l'acquisizione dei capitali a costo zero da parte delle banche commerciali, sono milioni di aziende
piccole e medie. Finora, con le precedenti Ltro, i crediti sono finiti solo ai gruppi che non ne avevano
bisogno. Per una semplice ragione: perché la Vigilanza impone che le banche facciano credito a chi ha
rating buoni, non a chi, a causa di una crisi lunga otto anni, ha accumulato debiti e quindi rating cattivi, ma
che, se avesse nuovi finanziamenti, potrebbe rilanciarsi. Ma se le banche non possono finanziare chi ne ha
bisogno, le aziende o le famiglie falliranno e quindi i crediti in essere saranno persi e le banche stesse
entreranno in difficoltà, con la perdita di ogni chance di ritorno alla crescita e quindi alla creazione di posti di
lavoro. E con le aziende e le banche, entrerà in crisi l'unica politica monetaria, quella attuata da Draghi, che
ha prodotto negli Stati Uniti il ritorno allo sviluppo. Sarà quindi la vittoria della Germania e della sua linea
del rigore assurdo. Provate a mettere a stecchetto chi è anoressico invece di cercare di farlo mangiare:
l'anoressia diventerà presto morte. La cancelliera Angela Mekel vuole la morte per anoressia dell'Unione
europea? È sulla buona strada per riuscirci. Il circolo vizioso può essere interrotto solo dalla crescita di
forza politica in Europa dell'Italia, affiancata da altri Paesi in difficoltà. Ma per accrescere la sua forza
politica, Renzi deve poter liberare il Paese, salvando così anche la politica monetaria di Draghi, dal cancro
che lo affligge: l'enorme debito pubblico, con la cessione, in un colpo secco, degli asset immobiliari. Nei
giorni scorsi, come questo giornale aveva anticipato, il direttore generale del Catasto, Roberto Reggi, ex
sindaco di Piacenza ed ex sottosegretario del governo Renzi, ha per la prima volta parlato, in un'intervista a
Repubblica, della necessità di una operazione straordinaria, con la creazione di un veicolo, per cedere
immobili in misura capace a tagliare significativamente il debito pubblico. È quanto l'Associazione L'Italia
c'è propone e sostiene da anni. In realtà Renzi ha un'altra chance per liberare risorse utili agli investimenti e
alla riduzione della pressione fiscale. C'è chi valuta che il rating ufficiale dell'Italia possa essere migliore di
uno o due notch, cioè uno o due livelli, rispetto a quello di Standard&Poor. Se ciò avverrà, attraverso una
istituzione con credibilità internazionale, nella migliore delle ipotesi sarebbe un risparmio di una quindicina
di miliardi di euro per il settore pubblico complessivo e di 8 miliardi per il settore privato. Tutte risorse per
investimenti e minori tasse. Occorre però che sia il taglio del debito che la rettifica del rating siano
perseguiti immediatamente, prima che la ripresina-ina si spenga. Le persone più competenti e più vicine a
Renzi spingono perché tutto avvenga massimo nei prossimi 3-4 mesi. Durante i quali sarà bene evitare
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 167
ogni parola negativa sul sistema bancario, che finanzia per l'85% il sistema economico nazionale e per il
95% quello delle piccole e medie imprese. (riproduzione riservata)
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 168
GENERALI LE PRIME SFIDE DELL' AD DONNET Anna Messia LE PRIME SFIDE DELL' AD DONNET Quando decise di lasciare Axa ci fu chi disse che la sua unica colpa
era di essere troppo vicino all'età del numero uno del gruppo, Henri de Castries. Quasi dieci anni dopo
Philippe Donnet si ritrova al vertice di un grande gruppo assicurativo europeo. Non è Axa ma la diretta
concorrente italiana, ossia Generali. Le due compagnie assicurative hanno rapporti «storici e amichevoli»,
ha dichiarato di recente lo stesso de Castries, che con una battuta, riferendosi proprio alla possibile ascesa
di Donnet in Generali, aveva aggiunto che in Axa si formano bravi manager perché è un'ottima scuola.
Adesso c'è l'ufficialità: il comitato nomine di Generali venerdì 11 ha proposto le nomina di Donnet a ceo e
del cfo Alberto Minali a direttore generale. Tali indicazioni dovranno essere votate dal consiglio di
amministrazione del 18 marzo, convocato anche per il via libera al bilancio 2015. In quella sede dovranno
essere meglio definite le competenze di Minali nel quadro delle deleghe che gli verranno affidate su
investimenti e finanza. Il quadro insomma è delineato, con il tandem Donnet-Minali chiamato a raggiungere
gli obiettivi promessi al mercato dall'ex ceo di Generali Mario Greco (ora al comando di Zurich), che nel
piano industriale presentato a Londra lo scorso maggio aveva promesso 5 miliardi di dividendi cumulati fino
al 2018. Donnet del resto non è nuovo alle sfide. La sua carriera assomiglia sorprendentemente a quella
del predecessore di de Castries in Axa, quel Claude Bébéar che lo reclutò nel gruppo assicurativo francese
nel 1985: lauree all'É cole Polytechnique e all'Istitut des Actuaireis di Parigi, per poi ricoprire incarichi per
Axa in Francia ma anche in Asia, come ceo del Giappone e poi della regione Asia Pacifico. Con un
passaggio importante, nel frattempo, anche in Italia; Donnet dal 1999 al 2001 è stato infatti anche
amministratore delegato di Axa Assicurazioni, occupandosi della complicata integrazione di quattro società
rilevate nella Penisola dalla compagnia francese, ovvero Abbeille e Uap e le loro controllate Centurion e
Allsecures. Quando decise di lasciare Axa abbandonò per un po' le assicurazioni lavorando prima nella
società di private equity Wender Investissment a Singapore come managing director dell'area Asia Pacifico
e poi partecipando alla fondazione della società di investimenti Hld. I quegli anni i suoi rapporti con il mondo
della finanza francese non si sono però mai allentati. Donnet oggi è anche membro del consiglio di
sorveglianza di Vivendi, tanto che è stato visto come un manager vicino a Vincent Bolloré, secondo
azionista di Mediobanca e socio di riferimento del gruppo francese. Poi l'arrivo nelle Generali, chiamato nel
2013 da Greco per occuparsi, ancora una volta, di una complicata riorganizzazione: la fusione delle
compagnie italiane che avrebbe dato vita a Generali Italia. Risultato: nonostante il profondo processo di
riorganizzazione, che ha comportato il raggruppamento delle attività sotto tre marchi (Generali, Genertel e
Alleanza Assicurazioni) rispetto ai dieci precedenti, proprio l'Italia è stato il motore principale della crescita
del gruppo triestino negli ultimi anni, staccando alla capogruppo un dividendo di 900 milioni di euro e
garantendo premi e redditività in crescita. Ora Donnet dovrà raccogliere il testimone di Greco, con il
supporto importante di Minali, che ha iniziato la carriera proprio in Generali, nel 1991, lavorando nella
branch di Londra e nell'head office come deputy area manager. Poi il passaggi in Ina (come responsabile
del corporale finance), Allianz Italia e Eurizon. Fino alla decisione di avviare, come nel caso di Donnet, una
propria iniziativa: la sicav Eskatos Capital Management, di cui è stato fondatore e presidente, fino a quando
è stato richiamato da Greco come cfo di Generali. Ora i due manager dovranno lavorare in sinergia e
replicare a Trieste quel modello che si è rivelato vincente proprio in Axa, dove de Castries ha affidato al
numero due Denis Duverne la responsabilità su finanza, strategie e operations. Il tandem a Parigi ha
dimostrato di funzionare bene, ora tocca a Trieste. (riproduzione riservata)
Foto: Philippe Donnet Alberto Minali
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 169
FINMECCANICA Le sorprese di Moretti Angela Zoppo Oscillano attorno all'asticella dei 500 milioni di euro le previsioni degli analisti sull'utile netto 2015 di
Finmeccanica. In alcuni casi anche molto al di sopra, come nelle previsioni di Intermonte, che colloca i
profitti del gruppo a 586 milioni di euro, inglobando nel conto anche circa 250 milioni di proventi da
dismissioni. Leggermente al di sotto dell'asticella si tiene invece Goldman Sachs, con 461 milioni. L'ad
Mauro Moretti illustrerà i conti a Milano il 17 marzo e tutte le banche d'affari sembrano tirargli la volata. Il
top manager sa come alimentare l'attesa. Ogni volta che gli viene chiesto di sbilanciarsi sui numeri del
2015, Moretti si sottrae solo per obblighi di mercato, ma non lesina aggettivi e superlativi: «conti di
grandissimo valore»; o, come giovedì 10, «molto buoni». L'ad almeno una cosa se l' è lasciata scappare:
saranno numeri superiori alle attese, per esempio sul fronte debito e generazione di cassa. «Saremo in
grado di dare belle sorprese anche rispetto alle previsioni», ha detto. Le guidance fissate da Moretti e
comunicate al mercato indicano per fine 2015 il controvalore dei nuovi ordini tra 12 e 12,5 miliardi di euro,
un risultato operativo (ebita) di 1,13 miliardi e un flusso di cassa da attività operative tra 200 e 300 milioni.
L'indebitamento finanziario netto di gruppo è previsto a circa 3,4 miliardi, sulla base però di un cambio
euro/dollaro a 1,27 ed euro/sterlina a 0,8. Proprio l'ammontare degli ordini potrebbe essere la prima
sorpresa cui fa riferimento Moretti. Gli ordini, infatti, sarebbero attesi a quota 12,8 miliardi. Anche
sull'indebitamento è possibile attendersi una chiusura d'esercizio migliore delle attese. Il consensus già
stima un debito inferiore, a 3,3 miliardi, ma in piazza Monte Grappa potrebbero averlo ricondotto persino a
3,2 miliardi. Quanto al flusso di cassa, anche in questo caso si scommette su un risultato oltre le
aspettative, superiore ai 300 milioni, che salgono addirittura a 366 per Goldman Sachs. A dare credito al
report della banca d'affari è stato per primo lo stesso Moretti. «Goldman Sachs ha rimesso chiarezza su
varie voci», ha detto l'ad, «la situazione reale è che i nostri fondamentali sono migliorati: la gestione
ordinaria produce cassa e i debiti sono fortemente ridotti». Moretti non ha voluto saperne di abbassare le
guidance per il settore elicotteri, come hanno invece fatto altri gruppi concorrenti a causa del calo degli
ordini da parte delle compagnie petrolifere (che li utilizzano per i collegamenti con le piattaforme offshore).
L'esercizio 2015 per il settore è atteso in linea col 2014, quando i ricavi degli elicotteri (AgustaWestland,
ormai una divisione della One Company) avevano raggiunto 4,376 miliardi. La quota oil&gas rappresentava
nel 2014 circa il 15% del fatturato Elicotteri e certo le oil company hanno ridotto le commesse anche a
Finmeccanica, tanto che ora il contributo ai ricavi potrebbe essere sceso sotto il 4%. Se Moretti ha deciso di
mantenere le guidance, perciò, è il segno che la ex AgustaWestland deve aver beneficiato di ordini
maggiori su altre linee di prodotto (per esempio l'AW159 Lynx e l'AW169) e che anche l'effetto cambio ha
dato una mano. Altri fattori che più in generale potranno avere un effetto positivo sui conti arrivano anche
da operazioni chiuse, come la cessione del 39,55% del capitale di Ansaldo Energia, per un controvalore di
277 milioni di euro. Risale a fine 2013, e un altro 15% passerà di mano nel 2017 (l'incasso atteso è di circa
117 milioni di euro), ma il contratto prevede che Finmeccanica possa aver ricevuto un earn-out nel 2015
(altrettanto per l'esercizio in corso). Il 2 novembre poi, in tempo quindi per essere contabilizzati, sono
arrivati in cassa anche i 761 milioni di euro versati da Hitachi per il 40% di Ansaldo Sts e il ramo d'azienda
di AnsaldoBreda. Per evitare l'effetto osannante, bisogna completare la disamina ricordando anche i
business che ancora non girano. Tra le sorvegliate speciali, per esempio, resta la jv con la russa Sukhoi per
la produzione dei Superjet 100. Moretti dovrà valutare gli ultimi dati su ordini ed eventuali profitti per
decidere se riportarsi al 25% (si veda MF-Milano Finanza del 10 marzo). Oggi la partecipazione risulta
scesa al 5,5% dopo la decisione di non apportare 400 milioni di dollari in aumento di capitale. Ci sono poi le
occasioni mancate, come la gara da 2,7 miliardi per elicotteri multi-ruolo in Polonia, assegnata ad Airbus
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 170
(ma il bando potrebbe essere riaperto) e naturalmente la lunga attesa per la commessa record da 8 miliardi
di euro dal Kuwait per 28 caccia Typhoon prodotti dal consorzio Eurofighter (Finmeccanica ha il 21%). Nelle
criticità vanno ricomprese anche le possibili perdite delle attività di AnsaldoBreda rimaste nel gruppo e il
potenziale ulteriore calo degli ordini di elicotteri da parte del settore petrolifero. Fattori che potrebbero
influenzare le guidance 2016, primo anno di effettiva operatività della One Company. Ma anche col peso di
queste incognite Goldman Sachs azzarda l'ipotesi più attesa dal mercato: la ricomparsa del dividendo nel
2017, calcolandolo in circa 20 centesimi per azione sugli utili 2016. La cedola manca a piazza Monte
Grappa dal 2011 (41 centesimi), ma sull'argomento Moretti è stato chiaro fin dal suo arrivo, a maggio 2014.
Parlando della possibilità che Finmeccanica potesse tornare in due anni a remunerare gli azionisti, aveva
escluso qualunque scorciatoia. «Fino a quando Finmeccanica non riuscirà a produrre utili sui quali fondare i
dividendi, non ne daremo. Non ci saranno dividendi a debito, che è un ossimoro dal punto di vista
industriale». Dunque, precedenza a taglio dell'indebitamento e a copertura degli investimenti: poi si
penserà alla cedola. (riproduzione riservata)
FINMECCANICA 11 dic '15 11 mar '16 8 12 10 14 quotazioni in euro Var. % sul 11 dic '15 10,5 € -18,3%
Mauro Moretti
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 171
AUTOGOL Basta sparare sulle banche * Antonio Satta La fiducia nel sistema è la prima condizione per rilanciare l'economia. Ma la politica continua a dire parole
equivoche sugli istituti anche per calcolo elettorale, mentre la Ue e la Vigilanza unica si inventano ostacoli
che alimentano la sfiducia e vanificano le mosse di Mario Draghi È capitato pure a Vincenzo Visco. Lui, che
certo di tasse alle banche non ne aveva tagliata nemmeno una, anzi semmai ne aveva aggiunte, due anni
fa è stato aggredito per strada al grido: «Servo delle banche». E questo nonostante l'ex ministro fosse
ormai anche un ex politico. È insomma dura a morire la vecchia invettiva di Bertolt Brecht nell' Opera da tre
soldi («Che cos'è l'effrazione di una banca di fronte alla fondazione di una banca?») e in tempi di grillismo e
lepenismo padano l'accusa ai governi di sudditanza al potere finanziario è merce corrente nella polemica
politica. Il governo di Mario Monti era per i 5 Stelle, non ancora sbarcati in massa a Montecitorio, e per i
leghisti «il governo delle banche», tanto più che il premier era stato consulente di Goldman Sachs e al
ministero dello Sviluppo Economico sedeva l'ex ad di Banca Intesa Corrado Passera. E poco contava se
persino quel governo le tasse sulle banche le aveva alzate. Il governo successivo, quello di Enrico Letta, fu
crocefisso nel novembre 2013 per aver concesso agli istituti soci di Bankitalia di poter rivalutare le quote di
capitale, iscritte a bilancio ancora ai valori degli anni Trenta. No al «regalo alle banche» fu lo slogan di
grillini e leghisti, nonostante quella misura fosse accompagnata da un'addizionale dell'8% che di fatto
sterilizzava i vantaggi fiscali della rivalutazione stessa. Toni da crociata che sono riecheggiati anche in
questi mesi, ad ogni misura che riguardi il mondo del credito, dal salvataggio delle quattro banche in crisi
(Etruria, Marche, Chieti e Ferrara) alla riforma delle banche popolari, fino alle nuove norme che hanno unito
la riforma delle bcc e le regole sui mutui. Tutti provvedimenti, per la verità, presi dal governo in splendida
solitudine per decreto e senza confronti con i diretti interessati. Eppure anche la storia recente dimostra che
il tema banche andrebbe maneggiato con cura. Il panico fa danni anche se immotivato, ma la cautela non è
la qualità più apprezzata nei comizi, così capita che nel pieno delle polemiche sul braccio di ferro tra il
governo Tsipras e la Bce, il referendum sulla permanenza di Atene nell'euro e conseguente assalto alle
banche greche da parte dei correntisti terrorizzati, a Matteo Salvini, leader della Lega, non è venuto in
mente nient'altro che proporre di ritirare «i soldi anche dalle banche italiane per dare un segnale
all'Europa», che è come pensare di spegnere un incendio gettando napalm sul fuoco. L'importante è
strillare: «Non possiamo essere schiavi della Banca Centrale Europea, una multinazionale di qualcuno che
non è mai stato eletto da nessuno». Poco male se nel frattempo si piccona un bene comune come la
fiducia nel sistema bancario, che poi è lo stesso che dovrebbe prestare i soldi a imprese e famiglie per far
ripartire l'economia. Lo stesso Matteo Renzi per la verità è arrivato alla segreteria del Pd a fine 2013 con
una campagna elettorale giocata molto sulle critiche al «governo amico» di Letta, all'interno delle quali non
mancavano le rasoiate sui temi bancari, tanto che, sostituito il compagno di partito alla guida dell'esecutivo,
si era affrettato a varare un drastico inasprimento delle tasse sulla rivalutazione delle quote di Bankitalia. In
una delle prime conferenze stampa da premier spiegò infatti che le coperture per abbattere il cuneo fiscale
sarebbero state prese «per 4,5 miliardi dalla spending review e per 2,2 dall'aumento del gettito Iva e
dall'aumento della tassazione sulla rivalutazione delle quote Bankitalia, quindi pagheranno le banche».
Anche recentemente Renzi ha dedicato qualche parola ruvida al mondo bancario. Lo ha fatto, per esempio,
durante la sua partecipazione al salotto domenicale di Barbara D'Urso su Canale 5: «In Italia ci sono troppe
persone che fanno i banchieri: è il Paese che ha più banche di tutti. Questo poteva andar bene 30 anni fa,
ma con le regole Ue non si possono continuare ad avere le singole banchettine dove ciascuno fa il
banchiere». E ancora: «bisogna metterle insieme, ci sono troppe banche in Italia. Oggi c'è l'home banking:
abbiamo oltre 300 mila persone che lavorano in banca». Che, detto dopo che lo stesso governo ha varato
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 172
le riforme di popolari e bcc per consolidare il sistema e nel mezzo della conseguente difficile trattativa con i
sindacati per gli esuberi, certo non aiuta il settore a trovare tranquillità. Ma Renzi, dopo le bordate ad alzo
zero riversate sul suo governo dalle opposizioni a seguito dei vari decreti su banche, mutui, sofferenze
eccetera, vuole probabilmente evitare di finire sulla graticola per l'intera campagna elettorale per le
amministrative come «l'amico delle banche» e quindi dà anche lui qualche colpo al sistema, nonostante
poche settimane fa abbia constatato con mano che danni possa produrre un attacco concentrico sulle
banche. A gennaio infatti si è abbattuta sugli istituti italiani la tempesta perfetta, con i risparmiatori
terrorizzati dall'anticipo del bail-in subito da azionisti e bondholder delle quattro banche salvate (che forse
con una azione più energica del governo italiano a Bruxelles si poteva anche evitare), funzionari della
Commissione Ue o della Bce che diffondevano voci (infondate) su banche italiane a rischio default, i
mercati scatenati in un orgia ribassista e le opposizioni (anche quelle interne al Pd) che approfittavano del
clima per gridare al disastro economico e politico dell'esecutivo, arrivando a votare una sfiducia al governo
proprio sul decreto per Banca Etruria & C. Proprio nel mezzo di quel fuoco incrociato Renzi reagì a modo
suo, difendendosi attaccando, anche a costo di sfiorare l'incidente internazionale quando ha messo in
dubbio, in un discorso al Senato, la tenuta di Deutsche Bank. «Si è fatta una discussione con una mozione
di sfiducia su alcune banche toscane ma oggi ci rendiamo conto che c'è una questione enorme che
riguarda la prima banca tedesca». Aggiungendo, subito dopo: «Invece di preoccuparsi dei titoli di Stato
italiani bisogna avere la forza di dire che nella pancia di alcune banche europee c'è un eccessivo numeri di
derivati e titoli tossici». Un affondo che ha comportato come risposta un editorale al vetriolo della Faz, la
Frankfurter Allgemeine Zeitung, ossia il quotidiano tedesco più vicino ad Angela Merkel: «Il premier italiano
Matteo Renzi parla volentieri delle difficoltà di Deutsche Bank e mette spesso in discussione la stabilità del
sistema bancario tedesco. Forse però il premier italiano dovrebbe guardare in casa propria, dal momento
che le banche italiane affrontano una crisi profonda». E per dar corpo al messaggio si aggiungeva:
«L'enorme fardello rappresentato dai crediti in sofferenza minaccia la sopravvivenza di alcuni istituti bancari
italiani. Per questo ora l'autorità di sorveglianza sulle banche della Bce sta esaminando quotidianamente la
solvibilità dei singoli istituti». Un fatto, quest'ultimo, smentito sia dal numero uno della Bce Mario Draghi sia
dalla presidente del consiglio di sorveglianza Danièle Nouy. Ma il vero siluro è arrivato dopo: «La politica
italiana però preferisce sviare l'attenzione. Renzi ha messo addirittura gli occhi sulle garanzie degli obblighi
bancari in Germania, che, a suo dire, dovrebbero essere estese anche alle banche italiane in difficoltà. La
Germania deve rispondere con un secco diniego alle pressioni per una estensione delle garanzie tedesche
ai sistemi bancari degli altri Paesi dell'area euro». E qui si arriva alla vera battaglia politica che si sta
disputando in Europa: mantenere tutti i vincoli dell'Unione Bancaria, applicati con severità agli istituti italiani
e interpretati con benevolenza nei casi che riguardano le banche tedesche, come il salvataggio con soldi
pubblici della Hsh Nordbank, senza far scattare il sistema mutualistico di garanzia sui depositi. Una
battaglia che dovrebbe vedere la politica italiana fare fronte comune. Ma, come nel caso dei polli di Renzo,
neanche il rischio di finire in pentola fa venire meno il gusto di beccarsi. (riproduzione riservata) Fonte:
presentazione/comunicato stampa annuali 2015, report analisti, analisi Value PartnersI PRINCIPALI DATIECONOMICI E PATRIMONIALI DELLE BANCHE ITALIANE F GRAFICA MF-MILANO FINANZA Var. %
2015 rispetto al 2014 Unicredit Intesa Sanpaolo Mps Banco Popolare Ubi Banca Bper Bpm Banca Carige
Margine di interesse Commissioni Impieghi a clientela Raccolta diretta Raccolta indiretta Spese per il
personale Altre Spese Amministr. Costo del credito (pb) Crediti deteriorati/lordi Coperture medie° CET 1
fully phased Efficacia business bancario Evoluzione grandezze patrimoniali Efficienza operativa Qualità
portafoglio crediti Patrimonio -4,2% 3,4% 0,7% 4,2% n.a. 1,7% -1,6% 86 15,4% 51,2% 10,9% -6,5% 10,8%
3,2% 3,4% 6,0% 3,9% -1,0% 95 16,5% 47,6% 13,1% 5,4% 6,6% -6,9% -2,9% 0,0% -3,3% -5,6% 171
34,8% 48,5% 11,7% -0,4% 3,3% -1,8% -3,6% 8,3% 0,4% 25,1% 101 24,2% 31,9% 12,4% -10,3% 6,0% -
1,2% -1,8% 4,8% -0,5% 14,5% 95 15,1% 27,9% 11,6% -5,0% 5,2% -0,5% 2,3% 9,3% 4,9% 14,3% 162
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 173
23,3% 44,2% 11,2% 0,8% 8,9% 6,6% 2,1% 4,4% 0,0% 16,1% 102 16,3% 39,6% 12,2% -15,9% 3,5% -
9,3% -12,7% -4,4% -15,6% 16,1% 132 27,8% 42,4% 12,2% (1) ° % su impieghi lordi (1) Phased-in Nota: i
dati esposti sono calcolati sui dati comunicati durante le presentazioni dei risultati del 2015. La
"normalizzazione" dei dati sarà possibile solo dopo l'approvazione e la pubblicazione dei bilanci
12/03/2016Pag. 1 N.050 - 12 marzo 2016
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/03/2016 174
SCENARIO PMI
13 articoli
L'analisi Siamo più internazionali Ma si deve cambiare passo paolo ciocca* I dati sul 2015 pubblicati dall'Istat hanno confermato l'importanza delle esportazioni per l'economia italiana.
I settori che sono riusciti ad aumentare la produzione rispetto all'anno precedente sono, infatti,
principalmente quelli che hanno visto crescere più rapidamente le vendite all'estero. La produzione di mezzi
di trasporto è, ad esempio, aumentata di quasi il 17%, grazie alla crescita delle esportazioni, che nel
comparto degli autoveicoli ha superato il 30%. Andamenti simili hanno interessato anche il farmaceutico e
l'elettronica. Complessivamente le esportazioni hanno ampiamente recuperato quanto perso nei momenti
più difficili della crisi, superando, per la prima volta nel 2015, i 400 miliardi di euro.
Il successo all'estero è anche il risultato di un profondo processo di internazionalizzazione. Le imprese
estere controllate da aziende italiane sono oltre 22mila, impiegano quasi 1,8 milioni di addetti e fatturano
più di 540 miliardi di euro. Sono mediamente più grandi di quelle operanti in Italia e sono riuscite, anche
durante la crisi, ad aumentare i volumi e la forza lavoro.
Il fatturato delle imprese estere a controllo italiano è arrivato a rappresentare più del 15% di quello prodotto
dalle aziende operanti nel nostro Paese. A livello settoriale, il grado di internazionalizzazione, misurato dal
peso che le attività svolte all'estero hanno sul complesso di quelle mantenute all'interno del territorio
nazionale, risulta più elevato nel manifatturiero.
Nel corso del tempo, il processo di internazionalizzazione è, però, cambiato, adeguandosi al nuovo
scenario mondiale. Le economie emergenti hanno rallentato, ma soprattutto stanno cambiando: guardano
più alla domanda interna e meno alle esportazioni. Da grandi fabbriche si trasformano in grandi
consumatori. Tutto questo cambia il ruolo dell'internazionalizzazione all'interno delle strategie aziendali.
Oggi, si costituisce un'azienda all'estero, o se ne compra una già esistente, per raggiungere nuovi mercati
ed acquisire nuova domanda.
Oltre ad operare per favorire la realizzazione da parte delle imprese di nuovi investimenti all'estero, è
divenuto, quindi, centrale supportare quei settori che possono svolgere un ruolo fondamentale nella
promozione commerciale dei prodotti tipici del made in Italy. Guardando al passato, colpisce il basso grado
di internazionalizzazione del commercio, un settore, invece, ampiamente utilizzato da altri sistemi paese
per la diffusione dei propri prodotti all'estero.
Per capire meglio, è sufficiente leggere i numeri sulle esportazioni italiane di vino. Le vendite all'estero
hanno superato i 5 miliardi di euro. Risultano, però, concentrate in pochi paesi, perlopiù economie
avanzate, con Stati Uniti, Germania e Regno Unito che da sole assorbono oltre la metà delle esportazioni
italiane. Emerge una chiara difficoltà delle aziende del settore nel raggiungere mercati non solo lontani, ma
soprattutto diversi e, quindi, poco conosciuti. Al contrario di altri Paesi che sono riusciti a diffondere i propri
prodotti grazie anche ad una diffusa rete commerciale. La Francia, ad esempio, vende in Cina quasi il 10%
delle proprie esportazioni di vino. Per i nostri produttori, il peso della Cina si ferma, invece, poco sopra
l'1,5%.
*Servizio Studi Bnl
gruppo Bnp Paribas
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14/03/2016Pag. 15 N.10 - 14 marzo 2016
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SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 14/03/2016 176
La storia/Tessile Per gli affari serve la fibra giusta Il tessuto hi tech di Torcitura Padana: antifuoco e biodegradabile Al via una partnership con il gruppoZanolo per sbarcare negli Usa e in Nord Europa MICHELE AVITABILE Competere nel comparto tessile è una sfida sempre più complicata. Soprattutto se non sei un colosso e
non puoi ridurre drasticamente i costi aziendali. Ecco perché le piccole e medie imprese del settore hanno
la necessità di mettere in campo strategie innovative di prodotto.
E' proiettato su questa scia il piano imprenditoriale di Torcitura Padana, società specializzata nella
produzione di filati d'alto target, destinati alle aziende di tessitura per l'arredamento. Un impegno che ha
permesso all'impresa sorta a Pieve Porto Morone, in provincia di Pavia, di registrare nel 2015 un giro
d'affari pari a sei milioni di euro, il 45% grazie all'export. In particolare attraverso i mercati di Germania,
Francia, Spagna, Svizzera e Turchia. «Creare partnership con altre realtà aziendali del settore - racconta
Simona Pesaro, presidente di Torcitura Padana - è stata una scelta fondamentale per stimolare l'area della
ricerca. E' nata così la collaborazione con il gruppo Zanolo di Biella, specializzato nella tintura tessile. Un
serrato impegno comune che ha permesso di creare Coex, un brevetto internazionale, del quale siano
comproprietari al 50%, che punta a rivoluzionare il mondo dei filati».
Ma com'è nata questa invenzione e quali sono le caratteristiche più interessanti? «L'idea nasce
dall'intuizione di un giovane chimico di Zanolo - spiega Pesaro - che dopo aver rivisto alcuni studi degli anni
'50, ci ha suggerito di applicarli concretamente. Per verificare la loro efficacia, abbiamo costruito macchinari
speciali. Il risultato ha sorpreso anche noi. Grazie a una tecnologia che, senza additivi, modifica la struttura
molecolare della cellulosa, siamo i primi al mondo ad aver brevettato una fibra naturale ignifuga. Così è
iniziata la produzione dei primi filati, in lino e cotone, che non bruciano e sono biodegradabili». Requisiti di
prodotto che consentono alla società lombarda di puntare a ottenere maggiori risultati economici
nell'arredamento dei pubblici esercizi e aprire interessanti prospettive di vendita nel mondo
dell'abbigliamento. Settori dove sono già in corso trattative con nuovi clienti internazionali.
Se arrivano, però, segnali positivi, è perché al centro delle strategie, oltre alla qualità e al servizio, ci sono
gli investimenti. «Per i progetti di ricerca - continua Pesaro - abbiamo messo in campo, assieme all'impresa
biellese, 600 mila euro. Risorse impiegate con la prospettiva di entrare in mercati esteri inesplorati. Come
Stati Uniti, Regno Unito e Paesi scandinavi».
Un motivo in più per presentarsi sulla scena internazionale con una preziosa collaborazione. «Entro il 2017
fonderemo una società con Zanolo - conclude Pesaro -. Un'alleanza imprenditoriale per valorizzare al
massimo il brevetto nel mondo».
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Foto: Filati Simona Pesaro, presidente di Torcitura Padana: un brevetto innovativo
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SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 14/03/2016 177
L'ANALISI Un dato che va letto con grande cautela Il sistema economico italiano resta un corpo dolorante e ammaccato dalla recessione internazionale Paolo Bricco Bene o male? Insomma. L'unico dato del rapporto Istat sulla produzione industriale di gennaio che appare
privo di ambiguità interpretative è quello sui beni strumentali. Che, grazie ad una crescita tendenziale del
9,5% vanno bene, molto bene. Questa base industriale radicalmente export oriented - poche imprese
italiane stanno rinnovando il loro parco macchine, molte invece riforniscono di macchinari
l'industrializzazione dei Paesi emergenti e la rigenerazione industriale dei Paesi maturi - fa il paio con il
segmento dell'automotive industry, le automobili di Fca (la Panda, la famiglia rinnovata della 500 e la più
piccola delle Jeep, ma anche Maserati e Ferrari) e le supercar e le moto di un gruppo AudiVolkswagen
(Lamborghini a Sant'Agata Bolognese e Ducati a Borgo Panigale) che non è stato ucciso dal dieselgate,
per fortuna anche della subfornitura italiana. Il resto dei dati resi pubblici ieri dall'Istat è segnato da due vizi
di forma che rischiano sempre di diventare vizi di sostanza: la natura intrinseca della congiuntura e il
raffronto con un gennaio 2015 che era andato così male da rischiare di falsare ogni confronto. Il primo vizio
di forma - la congiunturalità è ormai un fattore ipertrofico che ha effetti stranianti: la sua ripetitività periodica
viene amplificata dalle maree della società dell'informazione e va a comporre quella affollatissima notte
ultraquantitativa (un dato ogni minuto, un numero ogni ora, una statistica al giorno) in cui tutte le vacche
sono nere. Il secondo vizio di forma impone una dose di cautela nella graduale costruzione del quadro
economico macro e micro e nella formulazione di un giudizio soppesato e informato dei fatti. Una cautela
che, sotto il profilo della metodologia, rappresenta una buona norma, soprattutto quando si ha a che fare
con un indice tendenzialmente volatile come la produzione industriale. Per tutte queste ragioni, i numeri
della produzione industriale di gennaio non sono di certo lo squillo di trombe e il rullar di tamburi che tutti
auspicherebbero di sentire provenire dal nostro tessuto manifatturiero. L'andamento lievemente positivo
della produzione industriale ha una sua uniformità. Non è soltanto l'automotive industry, con gli stabilimenti
di Fca e del gruppo AudiVolkswagen più le mille fabbriche e i mille laboratori della nostra componentistica,
l'unico segmento a esprimere in Italia una vitalità non episodica ma caratterizzata da una progressione
sistematica. Ci sono anche la farmaceutica e la gomma, comparti in cui la nostra manifattura ha imparato
l'arte delle nicchie al tempo del capitalismo globale. Ma l'Italia - intesa come mercato interno e come base
produttiva di una industria B2C, business to consumer - resta un corpo dolorante e ammaccato dalla
recessione internazionale: l'incremento tendenziale dell'1,2% dei beni di consumo (0,1% i durevoli e +1,5%
i non durevoli) è poca cosa. È bene ricordare come, dal 2008, la nostra manifattura abbia perduto un quinto
del suo potenziale industriale. Una destrutturazione strutturale, che definisce il contesto effettivo e
concettuale di qualunque nuova serie statistica. Peraltro, il Centro Studi Confindustria rileva un calo, a
febbraio rispetto a gennaio, della produzione industriale complessiva pari all'1 per cento. No, almeno per
ora non ci sono né rulli di tamburi né squilli di trombe.
Foto: paolo.bricco@ilsole24ore.com
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SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 14/03/2016 178
La riforma. Scatta la corsa a offrire nuovi servizi. Così i gestori di ticket restaurant si organizzano perassistere anziani e bambini Voglia di welfare nelle piccole imprese baby sitter e badanti con i buonipasto LUISA GRION ROMA. In principio c'erano la palestra, in corso d'inglese, il maggiordomo aziendale che al mattino passava
in ufficio a ritirare le camicie sporche e le riportava alla sera lavate e stirate. Benefit per fortunati dipendenti
d'imprese d'avanguardia (da Luxottica a Ferrero). Ora ci saranno soprattutto i voucher per le baby sitter dei
figli e per le badanti degli anziani genitori. Servizi essenziali da mettere a disposizione anche della miriade
di piccole imprese che compongono il sistema produttivo italiano. Un business tutto da conquistare, atteso
al varco da molti operatori, e tanto più vasto quanto più crollano gli investimenti dedicati al welfare pubblico.
La legge di Stabilità che ha introdotto la detassazione al 10 per cento del salario legato alla produttività,
precisa che il lavoratore, se vuole, può destinare quella parte di retribuzione accessoria alla previdenza
integrativa e alla sanità complementare. O di trasformarla, appunto, in voucher totalmente esentasse da
utilizzare per ottenere servizi. Considerando che una recente analisi Censis-Unipol sottolinea che solo il 19
per cento degli italiani pensa che il welfare pubblico riesca a garantire tutti ciò di cui abbiamo bisogno, la
scelta del voucher sembra destinata ad andare per la maggiore. E infatti già si è scatenata la corsa al
cliente. Le piccole imprese, al contrario delle grandi, non hanno al loro interno le strutture necessarie per
fornire i servizi alla persona. Serve qualcuno che organizzi il tutto, che raccolga le domande e metta in rete
le risposte. I candidati sono tanti: dalle imprese del terzo settore alle start-up innovative, alle aziende che
fino ad oggi hanno gestito soprattutto il caro, vecchio buono-pasto: il benefit più conosciuto degli italiani.
Il sistema delle cooperative è in prima linea: pronto a vendere sul territorio quello che già realizza al suo
interno. L'esperienza c'è: dal sistema di welfare "Piùperte" messo a disposizione dal colosso Coop Alleanza
3.0 ai suoi 22 mila addetti (l'offerta va dall'assistenza ai familiari alle borse studio per i figli), alla piccola
Agca Gallura che durante la raccolta del sughero manda a casa delle dipendenti baby sitter disposte a
coprire gli straordinari del sabato. I contatti per allargare il business alle aziende grandi e piccole che
chiedono una mano sono già avviati (riunioni con Enel e Microsoft). Sulla rampa di lancio anche Qui!Gruop
e Edenred, colossi dei buoni pasto.
La prima mette a disposizione la piattaforma Mywelfare: «Tra i vari strumenti pensati per le aziende e per il
dipendente, abbiamo studiato soluzioni di "welfare 2.0", innovative, molte delle quali accessibili anche alle
aziende con budget ridotto , che fanno risparmiare perché abbattono i costi di gestione dei piani». Edenred,
nota in Italia per il Ticket Restaurant, con il suo «Voucher universale per i servizi di assistenza alla
persona» è invece pronta ad esportare in Italia il modello che già adotta in Francia dal 2005. L'idea è quella
di mettere insieme, con un solo voucher, servizi all'infanzia, assistenza al domicilio, pulizie della casa e
piccoli lavori di manutenzione, cucendo assieme risorse e strutture pubbliche e private accreditate. In
Francia ha funzionato: lo utilizzano 8 milioni di famiglie, ha creato più di centomila nuove partite Iva e posti
di lavoro qualificato l'anno e ha prodotto un punto di Pil aggiuntivo.
Soluzioni per tutti a costi contenuti, assicurano gli operatori. In realtà il sistema presenta dei rischi. Per
Emanuele Pavolini professore di Sociologia dei processi economici all'Università di Macerata: «Il welfare
aziendale è una scommessa giusta, da fare, ma può innescare una crescita delle diseguaglianze. Non tutte
le imprese riusciranno o vorranno realizzarlo su standard alti: ci saranno differenze fra Nord e Sud, fra
settori innovativi ad alta produttività e settori maturi a produttività bassa, fra lavoratori a tempo determinato
e indeterminato che non avranno lo stesso accesso ai servizi». Nel valutarne l'impatto, soprattutto sul
settore sanitario, va tenuto conto del fatto che veniamo da 15 anni di tagli e che «gli investimenti pro-capite
in sanità sono un quinto in meno di quelli dell'Europa occidentale. La defiscalizzazione del welfare
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aziendale potrebbe sottrarre ulteriori risorse a queste voci». Quindi «se alle spalle di questo sistema non ci
sarà un welfare pubblico forte, rischieremo di creare cittadini di serie A e di serie B. Così non è stato nei
paesi Scandinavi, ma le esperienze dell'Europa e degli Usa ci avvertono che il pericolo è dietro l'angolo»
I SERVIZI LE COOP Legacoop, Agci, Confcooperative sono pronte a fornire anche all'esterno, con le loro
strutture, i servizi alla persona che già offrono a soci e clienti LE START UP Nate all'interno delle coop
(Colser-Aurora) o da iniziative private, forniscono sul web sostegno per risolvere i piccoli disagi dei
lavoratori (dalla spesa ai ritiri in lavanderia) I GRANDI GRUPPI Da Edenred a Qui!Group le aziende finora
note per la distribuzione dei buoni pasto offrono piattaforme di welfare privato seguendo il modello francese
IN PROPRIO Da Luxottica a Ferrero ad alcune grandi banche sono stati i promotori del welfare aziendale
Grazie alle dimensioni offrono servizi interni, asili nido compreso www.lavoro.gov.it www.mef.gov.it PER
SAPERNE DI PIÙ
Foto: ASILI AZIENDALI Sempre più imprese offrono asili interni ai propri dipendenti
Foto: FOTO: ©EIKON STUDIO
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SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 14/03/2016 180
Hub dell'Innovazione, un nuovo servizio per le imprese L'U nione industriale dà vita un nuovo importante servizio, l'Hub dell'Innovazione, che si avvale dell'attività
di coordinamento e di indirizzo scientifico di Nevio Di Giusto, a lungo a capo del Centro Ricerche Fiat: verrà
ufficialmente presentato nel Centro Congressi di via Vela 17 nella mattinata di giovedì 31 marzo, dalle 9
alle 13 con un focus informativo per le aziende sulle attività di europrogettazione.
L'Hub è stato realizzato mettendo a sistema e razionalizzando le risorse già da tempo operanti in campo
tecnologico: le competenze di Mesap (Polo d'innovazione sulla meccatronica), con lo sportello Horizon
2020, l'Innovation Point dell'Amma e coinvolgendo anche l'Enterprise Europe Network di Confindustria.
L'obiettivo è quello di sensibilizzare le imprese circa l'importanza di fare innovazione in modo strutturato,
cercando in primo luogo di capire, con esattezza, di che cosa esse abbiano bisogno.
Individuate le necessità, si tratta di mettere in contatto il mondo della ricerca, dove si formano le idee, con
quello che ne verifica la fattibilità, cioè che trasforma l'idea in una tecnologia applicabile e poi, da ultimo,
con i soggetti - le imprese - che provvedono a trasformarle in business.
È molto più facile a dirsi che a farsi perché in realtà la filiera dell'innovazione è lunga e complessa poiché
in essa vi operano Università, Politecnico, incubatori, centri di ricerca pubblici e privati ed aziende più o
meno strutturate, ognuna con le proprie esigenze e specificità. Si tratta quindi di monitorare lo scenario
tecnologico, assai dinamico e spesso imprevedibile, di selezionare e proporre soluzioni tecnologiche
innovative che aggiungano valore nei processi e nei prodotti ad una platea prevalentemente composta di
piccole e medie imprese.
Un'operazione, quella del trasferimento tecnologico, indubbiamente complessa, ma parimenti
fondamentale per la qualificazione e la tenuta del nostro sistema produttivo. È inoltre necessario che le
imprese maturino la disponibilità a uno stile di lavoro nuovo, aperto alla collaborazione con soggetti terzi ed
alla redazione di progetti, condizioni che possono fruttare un significativo cofinanziamento di parte delle
attività di sviluppo.
Si tratta di guardare a questa realtà per ciò che in effetti è: una straordinaria opportunità di crescita e di
sviluppo, nella quale vi è anche ampio spazio per valorizzare e tutelare la nostra straordinaria creatività e
cultura in campo industriale. La capacità di generare, sviluppare e proteggere la proprietà intellettuale e di
diffondere la cultura del brevetto è infatti proprio uno degli aspetti caratterizzanti i sistemi industriale più
evoluti e le aziende più moderne e performanti. L'altro fronte sul quale è necessario concentrare gli sforzi
sono le risorse umane, in particolare i giovani, la cui preparazione universitaria e scolastica va quanto più
possibile adeguata, attraverso uno stretto dialogo con scuola ed Università, alle tecnologie emergenti ed
alle esigenze degli scenari futuri.
Iscrizioni alla presentazione su www.ui.torino.it nella sezione dedicata. Per informazioni:
p.capello@ui.torino.it tel 011.5718467. BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI
14/03/2016Pag. 46 Ed. Torino
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SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 14/03/2016 181
Nota n. 3/16 dell'Accademia di ragioneria sui nuovi sistemi contabili Ue Bilanci su tre direzioni Schemi diversi per ogni categoria d'impresa CHRISTINA FERIOZZI Tre diverse categorie di imprese con tre tipologie di bilanci ad hoc. Nuovi schemi di bilancio, abrogazione
dei conti d'ordine, e dei proventi e oneri straordinari, contabilizzazione degli strumenti finanziari derivati con
valutazione a fair value e valutazione dei titoli al costo ammortizzato. Sono alcune delle novità in materia di
bilancio di esercizio e consolidato commentate dalla Nota operativa n. 3/2016 della Fondazione Accademia
Romana di Ragioneria dal titolo: Il nuovo bilancio di esercizio (dlgs n. 139/2015): Aspetti generali. L'impatto
della direttiva Semplifi cazioni per le imprese minori e armonizzazione con la prassi internazionale per
quelle maggiori. È la nuova normativa, di modifi ca al codice civile, a seguito del dlgs 139 del 18/8/2015,
che ha recepito la Direttiva 34/2013/ Ue ed è entrata in vigore dal 1 gennaio 2016 e non ha effetto
retroattivo, pur avendo effetti sui bilanci in chiusura 2015. Si osserva, infatti, nella nota che, la norma, pur
concedendo alcune facilitazioni per la transizione (quali ad esempio deroga dal criterio del costo
ammortizzato, non adeguamento della vita utile dell'avviamento iscritto nel bilancio 2015), comporta
l'imputazione al conto economico, già dall'apertura 2016, di taluni conti quali, ad esempio, quelli di
pubblicità e ricerca applicata, capitalizzati nel bilancio 2015, e la modifi ca di alcune voci del Patrimonio
netto di apertura dei conti con conseguenti plusvalenze e minusvalenze da valutazione. In altri termini, il
bilancio 2015 sarà redatto con le regole vecchie ma andrà poi riclassificato per poterlo comparare con le
nuove disposizioni. La rivoluzione, già in sede di apertura dei conti nell'esercizio 2016, farà vedere da
subito i propri effetti poiché, precisa l'Accademia di Ragioneria che si dovrà provvedere a: - far con uire le
plusvalenze e le minusvalenze di apertura dei conti tra i componenti ordinari dell'esercizio, avendo il
legislatore abolito i componenti straordinari del Conto economico (gruppo E); - Inventariare tutti i derivati, in
quanto a partire dal 1/1 essi dovranno essere valutati al «fair-value» e iscritti in contabilità come un credito
o fondo rischi a seconda se positivo o negativo, ponendo come contropartita il relativo componente di
reddito «rettifi che di valore». Modifi che contabili Fra gli aspetti contabili di interesse per tutte le tipologie di
aziende si ha l'eliminazione dal Conto economico della voce «Proventi ed oneri straordinari». Tale modifi
ca, dettata dagli Ias/Ifrs, pur riducendo il valore segnaletico del bilancio, si evidenzia nel documento,
rimanda alla nota integrativa la loro separata identifi cazione ed il loro commento. Dal bilancio dell'esercizio
2016, quindi, un evento non comporta oneri o proventi straordinari perché è eccezionale, anormale o
imprevisto, ma in quanto tale evento non si collega alla normale gestione dell'impresa. Altra novità è
apportata dal Principio contabile internazionale Ias 38 il quale stabilisce che, a differenza dei costi di
sviluppo, nessuna attività immateriale derivante dalla ricerca debba essere iscritta tra le immobilizzazioni
immateriali. La fase di ricerca va rilevata, pertanto, come costo nel momento in cui è sostenuta e imputata
al C.E., mentre la fase di sviluppo di un progetto interno può essere capitalizzata purché sia, tra l'altro,
dimostrata: la fattibilità tecnica e la ragionevole possibilità di recuperare i costi mediante i redditi futuri.
Necessario, infi ne, integrare il piano dei conti includendo, al fi anco dei crediti e debiti con le imprese
controllate, con le imprese collegate e le imprese controllanti, anche le altre imprese sottoposte al controllo
delle controllanti.
Riepilogo adempimenti di bilancio secondo il recepimento della direttiva 34/2013/UESocietà
Adempimenti
Categorie
Dimensioni (*)
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SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 14/03/2016 182
Società interessate
Adempimenti di bilancio
Micro imprese
Bilancio «Micro»: Schemi di bilancio con alcuni accorpamenti Esonero da: Nota integrativa, Rendiconto fi
nanziario e Relazione sulla gestione
Piccole imprese (parametri art. 2435-bis c.c.)
Bilancio abbreviato: Stato patrimoniale e Conto economico con accorpamento di alcune voci; Esonero dal
Rendiconto fi nanziario e Relazione sulla gestione
Grandi imprese
Tutte le altre al di sopra
Bilancio ordinario: conformato ai principi Oic e ai principi contabili internazionali a) Spa; b) Sapa; c) Srl; d)
Società di persone, solo nel caso in cui abbiano come soci illimitatamente responsabili: Spa, Sapa, Srl -
Numero medio dipendenti occupati durante l'esercizio fi no a 5; - Totale Stato Patrimoniale fi no a 175.000
euro; - Ricavi vendite e prestazionifi noa 350.000 euro - Numero medio dipendenti occupati durante
l'esercizio fi no a 50; - Totale Stato Patrimoniale fi no a 4.400.000 euro; - Ricavi vendite e prestazioni fino a
8.800.000 euro (*) Parametri (almeno due su tre) nel primo esercizio sociale o successivamente per due
esercizi consecutivi
Foto: La nota dell'accademia sul sito www.italiaoggi.it/ documenti
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SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 14/03/2016 183
Nuove istruzioni dal Mcc per le nuove imprese che vogliono accedere al fondo pmi Garanzie solo se c'è l'investimento MARCO OTTAVIANO Le nuove imprese (ovvero quelle che sono state costituite o hanno iniziato la propria attività non oltre tre
anni prima della richiesta di ammissione alla garanzia del fondo) non utilmente valutabili sulla base degli
ultimi due bilanci approvati sono ammissibili alla garanzia del fondo pmi solo se l'operazione per la quale è
richiesto l'intervento dello stato è a fronte di un programma di investimento. Non sono ammissibili se i
mezzi propri, che devono risultare già versati alla data di erogazione del fi nanziamento o di acquisizione
della partecipazione sono inferiori al 25% del importo del programma di investimento. Queste le nuove
istruzioni per l'accesso da parte delle nuove aziende al fondo di garanzia pmi redatte dal Medio Credito
Centrale. Contestualmente alla comunicazione dell'erogazione del fi nanziamento o dell'acquisizione della
partecipazione i soggetti richiedenti devono far arrivare al gestore - Medio Credito Centrale idonea
documentazione comprovante l'avvenuto versamento dei mezzi propri. Per la valutazione di tali imprese
deve essere inviato il business plan, completo di un bilancio previsionale almeno triennale. Nel caso di
operazioni fi nanziarie di importo pari o inferiore a 50.000 euro, per la valutazione di tali nuove imprese
deve essere inviato il business plan, completo di un bilancio previsionale almeno triennale (ovvero, del solo
conto economico nel caso di operazioni fi nanziarie di importo pari o inferiore a 25.000 euro). Le operazioni
relative alle sezioni speciali fi nalizzate a favorire i processi di internazionalizzazione delle pmi, alimentate
dai contributi versati dalle camere di commercio, a favore di imprese che registrano una quota dell'export
sul fatturato, relativo all'ultimo bilancio approvato, inferiore al 30% o che non hanno ancora iniziato ad
operare sui mercati internazionali e non utilmente valutabili sulla base degli ultimi due bilanci approvati
sono ammissibili solo se l'operazione per la quale è richiesto l'intervento zione fi nanziaria eccede la durata
del ciclo economico dell'iniziativa legata al processo di internazionalizzazione e se i mezzi propri, che
devono risultare già versati alla data di erogazione del fi nanziamento (si considerano mezzi propri anche i
fi nanziamenti dei soci in conto futuro aumento di capitale sociale), sono inferiori al 10% dell'importo
complessivo dei costi dell'iniziativa legata al processo di internazionalizzazione. Contestualmente alla
comunicazione dell'erogazione del fi nanziamento i soggetti richiedenti devono far arrivare al gestore del
fondo idonea documentazione comprovante l'avvenuto versamento dei mezzi propri. del fondo è un fi
nanziamento a copertura dei costi di uno specifi co processo di internazionalizzazione. Tali imprese sono
valutate, oltre che sulla base degli ultimi due bilanci approvati, anche sulla base di un business plan
compilato secondo lo schema di cui all'allegato 7quater alle vigenti disposizioni operative. Al contrario, non
sono ammissibili se la durata dell'opera-
Le novità per le nuove impreseL
i
Programma di investimento
Le nuove imprese non sono utilmente valutabili sulla base degli ultimi due bilanci approvati ammissibili al
fondo di garanzia pmi solo se l'operazione per la quale è richiesto l'intervento del fondo è a fronte di un
programma di investimento.
Non ammissibilità
Non sono ammissibili se i mezzi propri, sono inferiori al 25% del importo del programma di investimento.
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SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 14/03/2016 184
Le novità del decreto interministeriale di Mise e Mef. Accesso limitato alle imprese sane Pmi innovative in corsia veloce Priorità nell'istruttoria per il fondo statale di garanzia CINZIA DE STEFANIS Corsia semplificata e agevolata per le Pmi innovative al fondo statale di garanzia. Alle richieste di garanzia
delle Pmi innovative sarà riconosciuta priorità nell'istruttoria e nella presentazione al comitato di gestione.
Potranno rientrare nel regime agevolato solo le Pmi innovative che appartengono alla fascia 1 e 2 di
valutazione e non la fascia 3. La valutazione del merito creditizio non sarà più effettuata dal gestore del
fondo (Medio credito centrale) ma direttamente dall'istituto di credito o dai confi di che erogano il
finanziamento. Queste alcune delle novità contenute in un decreto interministeriale del ministero dello
sviluppo economico, emanato di concerto con il ministero dell'economia, che ha ricevuto la fi rma di
entrambi i ministri (Federica Guidi, Mise, e Pier Carlo Padoan, Mef). Il decreto è attuativo dell'articolo 4 del
decretolegge 24 gennaio 2015, n. 3 (investment compact) convertito nella legge 24 marzo 2015, n. 33 con il
quale si è introdotta nel nostro ordinamento una nuova categoria di imprese: le «Pmi innovative». Lo stesso
articolo 4, 9 comma, del decreto-legge 24 gennaio 2015, n. 3 stabilisce che alle Pmi innovative si applicano
alcune disposizioni del decreto legge 18 ottobre 2012, n. 179, sezione X, dettate in favore delle start-up
innovative. Alle Pmi innovative, è estesa, in particolare, la disposizione dell'articolo 30, 6 comma, del
decreto-legge 24 gennaio 2015, n. 3, convertito nella legge 24 marzo 2015, n. 33 che prevede un
intervento gratuito e semplifi cato della stessa al fondo di garanzia Pmi. Possono accedere procedura
«semplifi cata» solo le operazioni finanziarie che, oltre a rispettare una serie di requisiti minori non sono a s
s i s t i t e d a garanzie reali o fideiussioni bancarie o assicurativ e. Inoltre l'accesso delle Pmi innovative al
fondo di garanzia con procedura semplificata può avvenire anche quando l'impresa rientra nella fascia 1 e
fascia 2 (imprese sane). Come accedere al fondo Pmi. I soggetti richiedenti la garanzia del fondo devono
aver preventivamente acquisito apposita dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, redatta secondo lo
schema predisposto dal soggetto gestore del fondo, con la quale il rappresentante legale o procuratore
speciale della Pmi innovativa ne attesta l'iscrizione nella apposita sezione speciale del registro delle
imprese. La dichiarazione è conservata dal soggetto richiedente e prodotta in caso di insolvenza della Pmi
innovativa o su semplice richiesta del soggetto gestore del fondo. La garanzia diretta del fondo copre fi no
all'80% dell'ammontare dell'esposizione per capitale, interessi, contrattuali e di mora, del soggetto
richiedente nei confronti della Pmi innovativa. La controgaranzia del fondo è concessa fino alla misura
massima dell'80% dell'importo garantito dal confi di o da altro fondo di garanzia, a condizione che le
garanzie da questi rilasciate non superino la percentuale massima di copertura dell'80%. Entro il predetto
limite, la controgaranzia copre fi no all'80% della somma liquidata dal confi di o da altro fondo di garanzia al
soggetto fi nanziatore. L'importo massimo garantibile dal Fondo per singola Pmi innovativa è pari a 2,5
milioni di euro. Funzionamento garanzia. La garanzia del fondo è una agevolazione introdotta dal Ministero
dello sviluppo economico, fi nanziata anche con le risorse europee dei programmi operativi nazionale e
interregionale 2007-2013, che può essere attivata solo a fronte di finanziamenti concessi da banche,
società di leasing e altri intermediari fi nanziari a favore delle Pmi. Il fondo non interviene direttamente nel
rapporto tra banca e impresa. Tassi di interesse, condizioni di rimborso ecc., sono lasciati alla
contrattazione tra le parti. L'impresa non può inoltrare la domanda direttamente al fondo. Deve rivolgersi a
una banca per candidarsi a ricevere il fi nanziamento e, contestualmente, richiedere che sul finanziamento
sia acquisita la garanzia diretta. Sarà la banca stessa a occuparsi della domanda. In alternativa, l'impresa
si può rivolgere a un confi di che garantisce l'operazione in prima istanza e richiede la controgaranzia al
fondo. Tutte le banche sono abilitate a presentare le domande, mentre, con riferimento ai confi di, occorre
rivolgersi a un operatore accreditato. Le procedure sono snelle e veloci: in tempi rapidi vengono verifi cati i
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SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 14/03/2016 185
requisiti di accesso e adottata la delibera. L'impresa viene informata via e-mail sia della presentazione della
domanda sia dell'adozione della delibera.
In sintesiSemplifi cazione accesso fondo PmiFasceMerito creditizioPossono accedere a procedura «semplifi cata» solo le operazioni fi nanziarie che, oltre a rispettare una
serie di requisiti minori non sono assistite da garanzie reali o fi deiussioni bancarie o assicurative. Possono
rientrare nel regime agevolato solo le Pmi innovative che appartengono alla fascia 1 e 2 di valutazione e
non la fascia 3
La valutazione del merito creditizio non sarà più effettuata dal gestore del fondo (Medio credito centrale) ma
direttamente dall'istituto di credito o dai confi di che erogano il fi nanziamento Corsia semplifi cata e
agevolata per le Pmi innovative al fondo statale di garanzia. Alle richieste di garanzia delle Pmi innovative è
riconosciuta priorità nell'istruttoria e nella presentazione al comitato di gestione. Nota bene: Alle Pmi
innovative è estesa, in particolare, la disposizione dell'articolo 30, 6 comma, del decreto-legge 24 gennaio
2015, n. 3 (investment compact) convertito nella legge 24 marzo 2015, n. 33 che prevede un intervento
gratuito e semplifi cato della stessa al fondo di garanzia Pmi
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SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 14/03/2016 186
Dati European patent offi ce: nel 2015 a segno un progresso doppio rispetto alla media Brevetti, ora l'Italia guadagna terreno con un +9% da record LUIGI DELL'OLIO Di questi tempi le buone notizie non sono così frequenti, per cui meritano di essere sottolineate. Secondo i
dati appena diffusi da Epo (European patent offi ce), nel 2015 l'Italia ha presentato il maggior numero di
richieste brevettuali degli ultimi dieci anni. Un arco di tempo durante il quale il nostro Paese si è trovato a
fare i conti con una crisi senza precedenti, che ha portato a un crollo del manifatturiero, il settore più
sensibile verso la tutela e la valorizzazione delle innovazioni. Dunque un segnale di crescente attenzione al
tema, anche se a livello assoluto la Penisola resta indietro rispetto ai partner del Vecchio continente. I
numeri. L'Uffi cio europeo dei brevetti segnala che lo scorso anno le richieste provenienti dalla Penisola
sono cresciute del 9% rispetto al 2014, mettendo a segno un progresso doppio rispetto alla media Epo
(+4,8%). Per il nostro Paese il dato rappresenta il maggior incremento percentuale dell'ultima decade. Nel
2015, società e inventori italiani hanno inoltrato 3.979 richieste di brevetto contro le 3.649 del 2014,
invertendo la tendenza dell'ultimo periodo, che ha registrato un calo nel numero di domande per quattro
anni consecutivi. Con una quota del 2% di tutte le richieste, l'Italia è risalita dall'undicesimo al decimo posto
tra i Paesi richiedenti protezione brevettuale. Le richieste europee di brevetto pervenute a Epo nel 2015
sono state 160 mila (contro le 153 mila di un anno prima) e il merito è soprattutto delle società statunitensi
(+16,4%) e cinesi (+22,2%), mentre le domande provenienti dai 38 Paesi aderenti a Epo è rimasto
pressoché stabile (+0,7%). Anche la Spagna ha invertito il trend negativo, crescendo del 3,8% e il Belgio ha
messo a segno un balzo del 5,9%, mentre i Paesi del Nord hanno messo a segno performance negative: è
il caso della Svezia (-0,9%), della Danimarca (-2,7%) e della Finlandia (-8,3%). La tecnologia medicale
davanti a tutti. Il settore della tecnologia medicale si è rivelato ancora una volta quello con il più alto numero
di richieste di brevetto, crescendo di un ulteriore 11% rispetto al 2014. Le altre aree che hanno segnato una
crescita signifi cativa: motori, pompe e turbine (+18%), farmaceutica (+10%), strumenti di misurazione
(+8%) e computer (+8%). In Italia primeggiano Indesit e Fiat. Il potenziale dell'Europa in termini di
innovazione è ben evidenziato dal numero delle richieste relative alla popolazione per singolo Paese. La
Svizzera si classifi ca ancora al primo posto nel 2015, con 873 domande ogni milione di abitanti. Olanda
(419) e Svezia si trovano al secondo e al terzo posto, seguite da Finlandia e Danimarca. Il primo paese
extraeuropeo è il Giappone, che si colloca al nono posto (169). L'Italia, con 64 richieste, si è posizionata
18esima, dietro il Regno Unito e Singapore, avanzando dal 19esimo posto dello scorso anno. L'auspicio è
che la risalita italiana possa proseguire, anche sulla spinta del Patent box, normativa che consente la
detassazione per cinque anni dei redditi d'impresa prodotti da marchi, brevetti e tutte le opere dell'ingegno.
In particolare è prevista una deduzione del 40% nel 2016 e del 50% dal 2017 in avanti per i redditi derivati
da «marchi, brevetti software protetto da copyright, disegni e modelli giuridicamente tutelati». La maggior
parte delle richieste include tecnologie come la movimentazione (imballaggi, palette, sistemi di trasporto,
container), ingegneria civile e trasporti (settore nel quale sono state ascritte molte richieste provenienti
dall'automotive). Con 107 richieste, Indesit si è rivelata la società italiana più attiva nelle domande di
brevetti, seguita da Fiat (84) e da StMicroelectronics (58), Finmeccanica (39), Pirelli (39) e Chiesi
Farmaceutici (35). Mentre la classifi ca per regioni vede prevalere la Lombardia (che, oltre a essere quella
più popolosa, è di gran lunga la più importante sul fronte economico), con una quota del 33% di tutte le
domande nel 2015. Seguono l'Emilia Romagna (15%) e il Veneto (13%). L'incremento più clamoroso si è
registrato in Molise (+200%) e in Sicilia (+100%), anche se i numeri per ora sono molto piccoli. Nella classifi
ca per singola città, Milano può vantare 806 richieste, distanziando di molto Torino (273), Roma (226) e
Bologna (209).
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SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 14/03/2016 187
Pagine a cura DI LUIGI DELL'OLIO Battistelli (Epo): la tecnologia fa da traino Un plauso all'Italia, per i progressi compiuti nell'ultimo anno, arriva dal presidente di Epo, Benoît Battistelli.
Domanda. Come si spiega il risveglio italiano dopo un periodo di declino? Risposta. Il vostro Paese può
contare su una gamma di brevetti variegata ed equamente distribuita. I cinque settori tecnologici trainanti la
richiesta di brevetti da parte delle aziende italiane sono stati: movimentazione-packaging (come le palette, i
sistemi di trasporto e i container), che rappresentano il 7% di tutte le richieste italiane, ingegneria civile
(7%) e trasporti (incluso il settore auto (6%). D. Meglio le grandi imprese o le pmi? R. Le domande di
brevetto italiane sono pervenute da moltissime società, sia di grande che di piccola dimensione. D.
Possiamo spiegare quali benefi ci si possono ottenere dal brevetto unitario? R. Questo brevetto si rivelerà
complementare alle altre attuali modalità di protezione delle invenzioni in Europa. Semplifi cherà le
procedure calmiererà I costi per le imprese, aumentando di converso la protezione legale grazie
all'introduzione del Tribunale dei brevetti europeo. Dopo 40 anni di lavorazione, l'Europa fi nalmente vedrà
presto la creazione di un mercato europeo autenticamente unito nel campo dell'innovazione. Questa è una
buona notizia per le società italiane ed europee e servirà ad aumentare l'attrazione esercitata dall'Europa
sugli investimenti stranieri. Il brevetto unitario fornisce lo stesso brevetto di primo livello garantito da Epo.
Mentre non cambieranno i costi per ottenere un brevetto, le spese da sostenere per la sua manutenzione
nel tempo caleranno in maniera evidente, grazie all'adozione di uno schema di tariffe business-friendly
adottate nel 2015. D. Il fatto che l'Italia abbia deciso di aderire al brevetto unitario cosa comporterà? R.
Crescerà la capacità attrattiva del mercato europeo. La decisione di unirsi rappresenta un sostegno deciso
ai benefi ci che il brevetto unitario porterà. Per inventori e società italiane, il brevetto unitario signifi cherà
risparmio di costi e di tempi, di cui godranno in particolare le piccole e medie imprese.
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SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 14/03/2016 188
ANNI DALLA PARTE DEGLI IMPRENDITORI LUCIANO SANTILLI Bozzetto dell installazione ideata da Indo Rota nel Pire/li HaiigarBicocca. The Pivject offralo Rota at Pivelli
UanmirBicocca. più valenti, i più saggi e coraggiosi, intorno a un tavolo dove tutti appaiano pari: il mito dei
migliori riuniti per immaginare il futuro di una società, proporre suggerimenti, creò l'epopea della Tavola
rotonda di Artù, ripresa poi in era kennediana. Modello, l'agorà ateniese, dove convenivano gli ottimati a
discutere gli affari dello stato e quelli privati, a intrecciare relazioni, fare networking diciamo oggi. Chiamare
eli uomini di maggior successo, per sintonizzare le energie e farne uscire una proposta che promuova
l'intraprendenza, è dunque un rito antico. A esso si è ispirato Capital invitando cento Numeri uno d'Italia,
tutti leader nel mondo dell'impresa e della scienza, a discutere senza formalità, a suggerire senza remore e
cautele, come potenziare la forza produttiva del paese. La cornice è suggestiva: il Pirelli HangarBicocca a
Milano, al tempo stesso un'eredità imponente della migliore storia industriale e un rendering dei futuri spazi
comuni: con le torri e i quadri di Anselm Kiefer, a riprova che la creatività artistica si evolve ma sempre
commuove. Soprattutto se resa funzionale da un allestimento come quello disegnato dall'architetto Italo
Rota, che ha creato un ambiente speciale per gli speciali ospiti riuniti nel primo Summit dei Numeri uno
d'Italia. Gli imprenditori e i capiazienda invitati da Capital hanno seguito sentieri diversi, cento modi di fare
impresa, ma uno è stato il comune risultato: il made in Italy, la sua forza nei mercati globalizzati, in prodotti
e in servizi. E simile è stata la storia di migliaia di altre aziende negli ultimi 35 anni, sia nei momenti d'oro,
sia negli ultimi durissimi anni di crisi. Hanno vinto nella meccanica come nella moda, nella banca come nel
food, nell'hi-tech come nei servizi... Ambasciatori dell'eccellenza che Capital, il primo mensile italiano di
economia, finanza personale, stile di vita, tempo libero, ha messo in copertina, raccontato e sostenuto fin
dal primo numero, appunto 35 anni fa. Raccontando (basta guardare la sequenza delle copertine sui risvolti
di questo volume) impegno, passione, difficoltà e soluzioni di uomini e donne arrivati al successo creando
ricchezza per sé e per gli altri. Come pure dei giovani che oggi fondano aziende da zero, seguendo un
istinto che li distingue nel confronto internazionale. Valga per tutti un sondaggio della multinazionale
AmWay: il 78% dei giovani italiani vuole creare una propria impresa, solo il 52% negli Stati Uniti. I Numeri
uno al Pirelli HangarBicocca rappresentano un paese che crea il proprio benessere con le maniche
rimboccate, esportando; uno dei primi cinque al mondo per valore dell'export manifatturiero. In parallelo a
questo paese è cresciuto il nostro giornale, in diffusione e autorevolezza, con il proposito di far prevalere le
ragioni delle aziende. Infatti, questo volume non è tanto una celebrazione quanto un modo per ispirare
nuovi talenti imprenditoriali, al pari del Summit dell'8 febbraio, intitolato «#Angar Italia. Produciamo il
futuro». Senza averne timore, ma piuttosto con lo spirito umoristicamente ottimistico di una battuta di
Groucho Marx: «Mi interessa molto il futuro: è lì che passerò il resto della mia vita». Centrale nel Summit è
però la consapevolezza che un grosso sforzo viene richiesto alla manifattura italiana. Adesso che un
barlume di ripresa si intravede, si delinea anche la dimensione delle sfide, a cominciare dalla rivoluzione >
> digitale, la cosiddetta industria 4.0, l'utilizzo dei big data, l'intelligenza artificiale e altre innovazioni (articoli
successivi) che cambiano ogni parametro di produzione e distribuzione. Su questi temi i Numeri uno sono
stati chiamati a riflettere, proporre, criticare e approvare. Oltre le porte monumentali dell'Hangar, ad
accoglierli c'è la tecnologia di grandi stampanti 3D che ricostruiscono il luogo dove produciamo. Perché,
anzitutto, è bene ricordare l'irripetibile contesto di natura e arte, tratto distintivo nazionale, che si riversa nel
made in Italy. C'è così una Penisola stilizzata, mentre su grandi schermi scorrono immagini di questo
paradiso del mondo. Nel grande ambiente per la discussione interattiva, sulle poltrone i Numeri uno hanno
tablet connessi a un cloud che favorisce lo scambio di opinioni. Altri schermi proiettano immagini coerenti
con la discussione. Tutto questo non è una prova di tecnologica potenza, ma un modo per fare memoria del
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SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 14/03/2016 189
dibattito, per conservare quel che imprenditori e manager di successo possono trasmettere alle nuove leve:
testi e immagini, rielaborati in formato digitale, arricchiscono una mostra che, dopo avere accolto docenti e
studenti a Milano, si trasferisce a New York e in Cina. Qualche numero serve a incardinare la discussione
dei Numeri uno, a dare la misura delle sfide. Per esempio: a fine 2015 c'erano 7 miliardi di cellulari. Stanno
alimentando il boom dell'e-commerce e la nuova economia condivisa (sharing economy), che tuttavia
(primo problema) cancella la proprietà personale di molti oggetti e beni d'investimento, sostituita dall'uso
temporaneo in comune (basta pensare alle auto noleggiate a ore). Intanto, interi settori industriali si
dematerializzano in bit (musica, cinema, news). Un'economia manifatturiera com'è quella italiana deve
riorganizzarsi. La società di consulenza Boston Consulting Group ha identificato nove aree: big data e
analytics, robot autonomi, simulazione progettuale di prodotti e processi, integrazione orizzontale e
verticale dei sistemi, internet delle cose (cioè la connessione integrale), cybersicurezza, cloud di internet,
produzione on demand decentralizzata (anche con le stampanti 3D), realtà aumentata. Management e
marketing tradizionali, evidentemente, non basteranno. Per di più, a differenza delle rivoluzioni tecnologiche
passate, non c'è stato ultimamente un incremento di produttività, il motore dello sviluppo e della ricchezza.
Negli Stati Uniti, ancora 1 economia più innovativa, se la produttività (prodotto per ora lavorata) era
cresciuta al 2,5% Fanno dopo l'avvio di internet, è scesa all'1% negli ultimi dieci, ha ricordato il Financial
Times. Dunque nemmeno adeguare le tecnologie d'impresa è sufficiente. Lasciamo pure da parte le
fantasie apocalittiche sui robot cattivi che si ribellano all'uomo, roba da fantascienza, sebbene sembri
contagiare scienziati come Stephen Hawking e imprenditori come Elon Musk (Tesla Motors e SpaceX).
Contro gli allarmismi è uscito un libro di due scienziati, The Second Mach ine Age di Erik Brynjolfsson e
Andrew McAfee, sulla base del lavoro svolto al Center for digitai business del Mit. Sostengono che
l'economia globale avrà una crescita molto forte, trainata da macchine dotate di processori di ultima
generazione, visto che la legge di Moore (raddoppio della potenza di calcolo ogni 18 mesi), data più volte
per morta, funziona benissimo. Eppure, è verosimile che milioni di persone vedano cancellato il loro lavoro.
Sia colletti bianchi sia operai, prevede Illah Nourbakhsh, professore di robotica alla Carnegie Mellon
University. Quanti? Altro numero da tenere a mente: 7 milioni di posti nei prossimi cinque anni nei 15 paesi
più avanzati, secondo la stima, al forum di Davos, di Sebastian Thrun, professore della Delft University of
technology che per Google ha inventato un'auto che si guida da sola: non solo molti tassisti diventeranno
inutili. In compenso, le nuove tecnologie creano sempre nuovi lavori, e l'approccio più equilibrato sembra
quello di Satya Nadella, ceo del colosso Microsoft: «La minaccia è reale ma l'attenzione va concentrata
sulle competenze... Bisogna investire per la formazione, non solo dei nostri figli ma di chi è a metà carriera,
perché sia adatto a nuove mansioni». E se divengono enormi la quantità di dati disponibili e la velocità nel
combinarli per sviluppare nuovi processi produttivi e nuovi prodotti, figure nuove dovranno gestirli e
assistere gli imprenditori. Serviranno manager di tipo nuovo. Insomma, non è possibile pensare alla
crescita tecnologica come sinonimo e come unica garanzia di crescita e benessere. L'impegno per le
aziende, che prosperano solo insieme al benessere, cioè su consumi diffusi, si profila imponente.
L'ampiezza stessa delle sfide al sistema Italia suggerisce che altri appuntamenti seguiranno il primo
Summit del Numeri uno. • .... • •• . . .
35 Years Supporting thè Business Communi tv he most valiant, thè wisest, thè most courageous, ali
coming together around a table where everyone is equal, to discuss thè future of a company and offer
suggestions. The model was seen in thè story of King Arthur and his round table and later reprised by Jfk.
The concept was based on thè Athenian agorà, where thè wise and thè great carne together to discuss
affairs of state or private matters and to build relationships - what we would cali networking today. This
gathering of thè most successful entrepreneurs, inviting them to pool their energies and knowledge to come
up with ideas to promote entrepreneurship, is thus a time-honoured practice. This ritual was thè
springboard for a meeting organised by Capital., held on 8th February and entitled «Hangar Italy. We
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SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 14/03/2016 190
produce thè future». The event brings together a hundred No. Is from around Italy, leaders in thè world of
business and science, to hold informai discussions and brainstorm on how to improve thè country's
productive forces. The verme is imposing: thè Pirelli HangarBicocca in Milan. The entrepreneurs and heads
of companies invited by Capital have ali followed different paths, with on one common result, though: thè
respectability of Italian products and services and thè performance of these products and services on thè
global market. Thousands of other businesses have had a similar story to teli over thè last 35 years. The
participants are ali exemplary ambassadors for business, and they have been featured in Capital, Italy s
first ever monthly newspaper on economy, personal finance, lifestyle and leisure, since thè first edition 35
years ago. The No. Is who will gather in thè Pirelli HangarBicocca represent a country that rolls Tip its
sleeves and creates its own success, primarily through exportation. Italy is one of just five countries in thè
world whose sale of goods and services give it an annual trade surplus that exceeds $100 billion (energetic
sector excluded). The growth of this newspaper has mirrored that of thè country, becoming increasingly
widely read and respected as it seeks to support business. This book is not so much a celebration of this as
a means of inspiring new entrepreneurial talent, in thè sanie spirit as thè «Hangar Italia. We produce thè
future» event. The aim is to fearlessly adopt thè humorous and optimistic spirit of Groucho Marx's quip «I
look to thè future because that's where I'm going to spend thè rest of my lif e ». A centrai theme of thè event
is thè acknowledgement that significant effort needs to be invested in Italian manufacturing. Now that a
glimmer of an economie recovery is starting to make itself felt, thè extent of thè challenges is becoming
clear. First up is thè digitai revolution, or thè so-called industriai revolution 4.0, encompassing big data,
artificial intelligence and other innovations (see later articles) that are changing every conceivable
parameter
of production and distribution. It was these themes that thè No. ls will reflect upon, offer suggestions,
criticise and approve. Some figures to put thè challenges in proportion: by thè end of 2015 there were 7
billion mobile phones in thè world. These phones are driving thè e-commerce boom and thè new sharing
economy. This has its positive aspects but it also entails a number of challenges. An economy based on
manufacturing, as in thè case of Italy, needs to reorganise. The Boston Consulting Group has identified
nine areas to focus on: big data and analytics; autonomous robots; simulations of products and processes;
horizontal and vertical integration of systems; thè internet of things (i.e. internet-enabled appliances);
cybersecurity; cloud computing; centralised production on demand (including with 3D printers) and
augmented reality. It is increasingly evident that traditional management and marketing alone will no longer
pass muster. And it remains an inescapable The extent of thè challenges faced by thè Italian System
suggests that this first gathering of Italy's No. ls will be just thè first of many.
Foto: Direttore
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SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 14/03/2016 191
Il progetto Regionale Sviluppo aiuta le imprese Siglata dalla banca partenopea una convenzione con Confeserfidi Previste agevolazioniper lo sviluppoebenefici sui prodottiofferti dall'istituto Laura cocozza Prosegue la strategia di risanamento della Banca regionale di sviluppo Spa (ex Banca Popolare di
Sviluppo). Dopo la ricapitalizzazione e l'approvazione dei risultati preliminari di bilancio 2015 con un utile di
esercizio, l'istituto diretto da Giuseppe Lombardi ha siglato una convenzione con Confeserfidi, un
intermediario finanziario specializzato in soluzioni per le imprese. Con la firma dell'accordo le piccole e
medie imprese saranno agevolate nell'accesso al credito, potendo beneficiare della garanzia e dei servizi
consortili sui prodotti finanziari offerti dall'istituto di credito campano. A siglare l'accordo il direttore generale
di Brs e l'amministratore delegato di Confeserfidi, Bartolo Mililli.
Presenti anche il responsabile del servizio coordinamento mercato di Brs, Alessio Martinetti, la
responsabile della filiale Confeserfidi di Napoli, Rita Capitelli, e Giuseppe Curella responsabile rapporti con
le banche per Confeserfidi. «Aver scelto un partner come Confeserfidi - ha dichiarato Lombardi -
corrisponde alla vocazione e alla strategia di essere una banca presente sul territorio e attenta alle
necessità e alle dimensioni delle realtà imprenditoriali locali».
La convenzione rientra nel piano di lavoro messo in campo dal nuovo Consiglio di amministrazione
presieduto da Carlo Pontecorvo e condiviso anche delle maestranze della banca. È di pochi giorni fa, infatti,
la «lettera aperta» inviata alla stampa da tutto il personale Brs, nella quale si riconosce al Consiglio di aver
costruito «con pazienza e abnegazione» un progetto «condiviso più volte dalla stragrande maggioranza dei
soci, nel corso di varie assemblee, validato da esperti di indiscussa professionalità e autorizzato dalla
Banca d'Italia. Una iniziativa costruttiva che - continua la lettera - consente di guardare finalmente a una
fase di rilancio della banca, non perdendo la sua vocazione territoriale e valorizzando le occasioni di
sviluppo nelle aree in cui si è formata».
Al Consiglio e al presidente Pontecorvo il personale dà atto anche dell'impegno profuso e costruttivo per
superare la fase delicata attraversata dall'Istituto, in concomitanza «con la congiuntura economica
recessiva che ha inciso su tutto il sistema bancario». Infine pone l'accento sul «clima di fiducia e di positiva
sinergia tra l'attuale Governance, il management ed il personale tutto, in grado certamente di favorire il
processo di rafforzamento della banca e di incentivarne lo sviluppo». Il documento termina con una
dichiarazione di intenti e un auspicio: «La Banca Regionale di Sviluppo vuole ritagliarsi un suo spazio ben
definito all'interno del sistema creditizio regionale, per essere strumento di crescita di questo territorio,
creando valore per le famiglie e le imprese che vi operano».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Foto: Manager Carlo Pontecorvo ( nella foto ) presiede il Cda dell banca
14/03/2016Pag. 9 N.9 - 14 marzo 2016 Corriere del Mezzogiorno Economia
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SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 14/03/2016 192
ANTONIO TAJANI: LE CAPITALI DI ITALIA SONO ROMA E BRUXELLES,ECCO COME RISALIRE LA CHINA razie al suo lavoro in Europa, dichiara ufficialmente, è stato possibile: mettere all'angolo l'Europa della
finanza e, con la strategia «Per un Rinascimento industriale europeo», riportare economia reale, industria,
piccole e medie imprese (Pmi) e lavoro al centro dell'agenda politica; destinare 150 miliardi del bilancio
dell'Unione Europea a imprese, innovazione e accesso al credito; facilitare i crediti fino a 1,5 milioni di euro
per le Pmi; obbligare, pena pesanti sanzioni, le pubbliche amministrazioni a pagare le imprese entro 30
giorni; consentire il pagamento di tutti i debiti pregressi rendendo flessibili i vincoli europei; combattere
senza quartiere la burocrazia che soffoca gli imprenditori, con un risparmio di 40 miliardi di euro per le Pmi;
creare un Erasmus per i giovani imprenditori; rendere disponibili i fondi europei anche per i liberi
professionisti; guidare missioni europee in tutto il mondo per aprire le porte dei mercati internazionali agli
imprenditori UE; semplificare le regole per i visti, rendendo possibile l'arrivo di 10 milioni di nuovi viaggiatori
e la creazione di 250 mila posti di lavoro in più all'anno in Europa; lanciare i satelliti del sistema Gps
europeo, Galileo, che sarà operativo entro l'anno, con un impatto di 90 miliardi di euro per l'economia UE;
fare diventare Copernicus realtà, grazie al lancio del satellite Sentinel, dando all'Europa il sistema di
osservazione della terra più avanzato al mondo e aiutando a evitare tragedie come quella di Lampedusa;
promuovere una vera industria europea della difesa, con risparmi di decine di miliardi per i contribuenti;
rafforzare le norme e l'azione per la lotta alla contraffazione, la sorveglianza del mercato, la sicurezza dei
prodotti, anche grazie al «made in» obbligatorio; introdurre le norme per la sicurezza dei giocattoli più
rigorose al mondo; tutelare i diritti dei passeggeri nei trasporti aerei, ferroviari, stradali e marittimi; rilanciare
l'industria dell'auto, dell'acciaio, delle costruzioni e della cantieristica navale; finanziare le reti di trasporto
ferroviario, stradale e marittimo trans-europee. Praticamente un supereroe, o un supereuropeo, sostantivo
che allittera il senso dell'essere in Europa oggi, per l'Italia quasi «mission impossible», con occasioni
sprecate (non una, molte). Il supereuropeo è Antonio Tajani, vicepresidente vicario del Parlamento
europeo, dal 2008 al 2014 commissario europeo, dapprima ai Trasporti, poi, per quasi cinque anni,
all'Industria. Domanda. L'Unione Europea oggi deve fare i conti con le pressioni euroscettiche, la tentazione
di isolamento di diversi Paesi e la preoccupante riduzione della fiducia degli europei nei confronti delle
istituzioni. Come vede il futuro? Risposta. L'Europa si gioca il proprio futuro su tre grandi sfide:
l'immigrazione, la lotta al terrorismo e la crisi economica, i tre lati dello stesso triangolo. Per fare questo
serve un sussulto politico perché politico è il problema: emergono gli egoismi degli Stati e non c'è una
scelta unitaria, ma c'è un egoismo miope che non porta da alcuna parte. Nessun Paese può affrontare da
solo questa sfida. La paura dell'immigrazione è tanta e la chiave è la situazione in Siria e in Afghanistan da
un lato, quella in Africa dall'altro, perché i corridoi sono due, balcanico e libico. Se non si risolve il problema
Isis, se non si risolvono i problemi in quella parte molto ampia del mondo che riguarda tutto il Medio Oriente
e l'Africa, difficilmente sarà risolto il nostro problema di immigrazione, perché tra gli immigrati si infiltra il
terrorismo, è inutile nasconderlo. Oltre ad esso, poi, abbiamo il terrorismo endogeno, perché l'Isis raccoglie
proseliti anche all'interno dell'Unione Europea tra i cittadini europei di religione islamica. Se non si
restituisce stabilità geo-politica e non si pone termine al problema terroristico, la crisi non potrà avere
soluzione definitiva perché i grandi investitori, di fronte a tale instabilità, non sono orientati a scegliere
l'Europa come luogo nel quale mettere in campo le proprie risorse, preferendo investire in altre parti del
mondo. Serve più Europa, ma bisogna vedere se l'Europa sarà in grado di vincere queste tre sfide. D. Lotta
al terrorismo, gestione dell'immigrazione e crisi economica: in che modo l'Europa sta affrontando le tre
sfide? R. Non solo con questo eccesso di egoismo, ma anche con una serie di errori dei Paesi membri che,
spaventati dalla situazione interna e dalla crescita dei movimenti euroscettici, si rinchiudono e fanno scelte
12/03/2016Pag. 8 N.3 - marzo 2016
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SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 14/03/2016 193
tampone che non costituiscono una strategia. Quindi servono una politica estera europea, una politica
sull'immigrazione europea, una politica della difesa europea, ma il vero problema è che in Europa mancano
i leader. A parte la Merkel, nessuno ha la dimensione di leader europeo, non ci sono più i De Gaulle, i
Churchill, i Mitterand. Lo stesso Berlusconi era un leader con peso politico europeo, non sono molti i
presidenti del Consiglio italiano che hanno parlato al congresso Usa, o che hanno relazioni con il russo
Putin, il turco Erdogan, la Libia di Gheddafi. Ricordiamoci che era stato risolto il problema dell'immigrazione
anche per l'Europa, perché l'Italia è il punto di passaggio, non di arrivo. Ma mancano leader. D. Forse
perché i veri e grandi cervelli non vogliono più entrare in politica? R. La politica non è più un'attrattiva per
molti, mentre nel passato costituiva il nodo più importante per servire il Paese. Oggi c'è un decadimento,
basti vedere l'Italia e l'esempio che danno i politici cambiando bandiera pur di conservare il posto, non ci
sono più ideali né valori, e tali fatti portano discredito alla classe politica e, di conseguenza, all'Italia,
accrescendo il malcontento degli italiani. D. Chi ha più rispetto dell'Europa, l'UE che apre le porte agli
immigrati o i Paesi che le chiudono sospendendo così il trattato di Schengen? R. Nessuno apre le porte agli
immigrati anzi, l'Unione Europea dice che bisogna regolare i flussi e avere una politica dell'immigrazione.
La Germania ha avuto una politica di apertura nei confronti dei profughi siriani. Detto questo, noi non
possiamo non tener conto dei cristiani che fuggono dalla Siria e voltar loro le spalle. Io stesso di recente ho
visto alla frontiera tra Macedonia e Grecia ragazzi cristiani che fuggivano da Mosul e dicevano: «O
scappiamo, o diventiamo musulmani, o ci ammazzano». Bisogna anche distinguere, farne un dovere di
solidarietà, non confondere i rifugiati con gli immigrati economici. D. C'è un sistema per distinguere tra chi
finge e chi non finge? R. Il problema è quello e non è facile, ecco perché servono controlli più rigidi. Ma il
problema va risolto a monte: i controlli devono essere fatti dalle forze di polizia dei Paesi che hanno
frontiere esterne, per questo è necessario rinforzare la frontiera esterna dell'Unione Europea, la frontiera
greca e la frontiera italiana, che hanno chilometri e chilometri di costa. Serve però anche un intervento
europeo, Italia e Grecia non possono esser lasciate sole; dal canto proprio l'Italia non può continuare, come
ha fatto in questi anni, con una politica irresponsabile sull'immigrazione, in base alla quale veniva registrato
un immigrato su tre. Quando chiudono le frontiere, restano tutti da noi. D. Gli Stati membri dell'Unione
seguono i propri interessi: ha ancora senso parlare di politica estera europea? R. A maggior ragione lo ha.
Nel momento in cui la sfida è globale, nel momento in cui ci sono realtà come la Russia, la Cina, l'India, gli
Usa, il Brasile, nemmeno la Germania che è il Paese più forte dell'Unione può resistere all'urto. O c'è una
politica europea, o siamo destinati a non essere più tra i grandi interlocutori mondiali rischiando la
marginalizzazione. Serve anche una politica di difesa europea, che tra l'altro ci farebbe risparmiare molti
soldi: che senso ha avere 28 forze armate con le medesime mansioni, se poi non si ha una strategia
comune? Adesso si sta parlando di andare in Libia, e in generale l'Italia è presente in molte realtà, ma più
la scelta è europea, meglio è, più i costi sono ridotti. D. Come vede la politica di Renzi? R. Renzi parla
molto, dice anche cose giuste, ma poi le dichiarazioni non corrispondono ai fatti: la sua è più una politica di
dichiarazioni che di fatti concreti. D. Com'è vista l'Italia da Bruxelles? Un Paese di serie B o uno Stato che
ha ancora voce in capitolo? R. Come un Paese che non conta, perché non è presente come dovrebbe
essere, se non occasionalmente, e non ha neanche una strategia per contare in Europa. Teniamo presente
che l'80 per cento dell'attività legislativa italiana è recepimento di normativa comunitaria, noi abbiamo
bisogno di più Italia in Europa, non il contrario. Non bastano solo le dichiarazioni del Governo. Ma il nostro
è un grande Paese e ha voce in capitolo rappresentando 60 milioni di cittadini europei. Questo Governo
parla ma non fa molto, né giova il continuo ricambio della classe politica, non si considera Bruxelles un'altra
capitale. Se si vuole votare bisogna fare come fanno tedeschi e inglesi, che sono euroscettici ma che
utilizzano l'Europa quando fa comodo. Serve che tutto il sistema Italia sia presente. Il primo passo da fare
sarebbe il cambio di mentalità. L'Europa spesso viene usata per fini elettorali e si parla di essa per
nascondere i problemi italiani e prendere voti. Così non compie l'interesse del Paese. D. Come intendete
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portare avanti il cosiddetto «supporting factor», fattore di sostegno al credito per le Pmi europee? R.
Avevamo fatto inserire in Basilea 3 il «supporting factor», strumento che permette alle banche di erogare
prestiti alle Pmi fino al milione e mezzo di euro, tenendo una riserva inferiore rispetto alle riserve che
vengono tenute per erogare gli altri prestiti. Alla fine di quest'anno scade il tempo per il quale è stato
previsto questo istituto, e noi abbiamo sollecitato il commissario agli Affari economici Jonathan Hill a fare in
modo che esso rimanga in vigore e possa essere allargato per aiutare le Pmi, perché meno riserve si
tengono più le banche possono dare soldi per erogare prestiti e andare oltre il milione e mezzo.
Personalmente sono ottimista, perché l'iniziativa ha coinvolto anche il presidente della commissione
economica del Parlamento, Roberto Gualtieri, deputato del Partito democratico, e questo dimostra che si
può fare interesse per l'Italia a Bruxelles in maniera diversa senza farne una questione di partito. Il sistema
Italia deve prevedere anche che ci sia una collaborazione su alcune questioni tra forze diverse. D. Fate
qualcosa per le start up e per le aziende al femminile o giovanili? R. Ci sono molti finanziamenti; a sostegno
dell'economia reale c'è tutto il pacchetto Orizzonte 2020, circa 80 miliardi per innovazione e ricerca
applicata all'economia reale, dunque applicata all'industria. Più le imprese crescono, più c'è innovazione e
ricerca. Il pacchetto Cosme, invece, prevede 2 miliardi e mezzo di sostegno alla internazionalizzazione
volto alle piccole e medie imprese, «adventure capital» e settore turismo. Per il sostegno alla politica
agricola comune, nel pacchetto finanziario della Pac, ci sono anche sostegni per l'imprenditoria giovanile e
femminile. D. Come fa un giovane ad aprire una start up nel settore dell'agricoltura? R. Deve partecipare ai
bandi per i finanziamenti. Ce ne sono di due tipi: un finanziamento comunitario, erogato in maniera
proporzionale attraverso gli Stati membri, e una parte del bilancio comunitario, erogato indistintamente con
partecipazione a bandi e direttamente da Bruxelles. Vi sono programmi comunitari che attraverso le
Regioni erogano fondi anche per le attività imprenditoriali, in più ci sono bandi comunitari cui possono
partecipare tutti. Sono tante le opportunità offerte ai giovani imprenditori, l'«Erasmus per giovani
imprenditori» ad esempio finanzia il giovane inteso non solo nel senso di età, ma anche di nuovo, dunque
un adulto, che può svolgere un corso formativo presso un altro imprenditore e in un Paese dell'Unione dove
portare la propria esperienza, così favorendo tutto ciò che è l'attività imprenditoriale. D. In quali settori
l'Italia avrebbe bisogno di investimenti per tornare ad essere competitiva? R. L'Italia ha un saper fare
straordinario, penso all'industria della moda, a quella del turismo ma anche al settore dell'acciaio. La qualità
italiana è di altissimo livello; in agricoltura possiamo competere in qualità, non in quantità. Le opportunità ci
sono, e vedremo come va a finire l'accordo del libero scambio con gli Stati Uniti: se venisse firmato
potrebbe aumentare l'export italiano verso l'America nel settore agro-alimentare. C'è anche da difendere
l'Italia anche nei confronti del «dubbing» cinese: il rischio è che alla Cina venga riconosciuto lo stato di
economia di mercato, con ciò venendo a crollare, senza interventi aggiuntivi, tutte le misure antidubbing.
Bisogna fare in modo che la Cina cambi atteggiamento, non riconoscerle lo stato di economia di mercato e,
in ogni caso, lasciare le regole antidubbing che ci permettono di frenare la sua concorrenza sleale. Una
tonnellata di acciaio cinese costa quanto una tonnellata di rottame italiano, ossia il prezzo del rottame a
inizio produzione in Italia si equivale quasi al prezzo del prodotto cinese finito. D. Ma in Italia il lavoro costa
troppo. R. Il costo del lavoro e il costo dell'energia sono eccessivi. In Europa non vogliamo il nucleare, non
vogliamo il gas, non vogliamo i rapporti con la Russia e con la Libia, manca una politica energetica, si cerca
di dare vita a un mercato interno dell'energia ma non si può avere contemporaneamente un contenzioso
con la Russia, un contenzioso con la Libia o non volere il nucleare: è normale che i prezzi dell'energia
aumentino. D. Se dovesse fare un decalogo delle cose che si devono fare per rilanciare l'Italia in Europa?
R. Avere una strategia, convincere i giovani a entrare nelle istituzioni comunitarie e tutti i settori devono
essere rappresentati a Bruxelles, capire come funziona il processo legislativo, essere meno individualisti,
fare un'azione di lobby pulita, essere più coordinati in Europa, avere ministri e un Governo che siano più
presenti nel collegio europeo, avere una legge elettorale diversa e non cambiare sempre la classe politica
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che ci rappresenta. Manca un tentativo di influire sulle decisioni, l'italiano deve imparare le altre lingue per
poter incidere nelle decisioni, serve cambiare modalità: bisogna aiutare gli italiani ad essere diversi. D. Per
quale motivo ha svolto politica soltanto in ambito europeo, quasi mai in Italia? R. Essere presenti in Europa
significa anche fare politica in Italia. Io sono sempre stato eletto nel mio Paese e ho rappresentato l'Italia a
Bruxelles proprio perché voglio che il nostro Paese conti in ambito europeo, l'Europa non è politica estera
ma politica interna, perché l'80 per cento dell'attività del Parlamento italiano è un recepimento della
normativa comunitaria. D. Dell'assurda situazione attuale di Roma Capitale cosa pensa? R. Roma
purtroppo è una città difficilmente governabile, c'è stata troppa corruzione, e come mancano leader a livello
europeo mancano leader a livello della città. Il lavoro che dovrà fare il prossimo sindaco richiede almeno
due legislature, tutto il resto sarà propaganda. «Serve una politica estera europea, o siamo destinati a non
essere più tra i grandi interlocutori mondiali rischiando la marginalizzazione. Serve anche una politica di
difesa europea, che tra l'altro ci farebbe risparmiare molto: che senso ha avere 28 forze armate con le
medesime mansioni, se poi non si ha una strategia comune? Il premier Renzi parla molto, dice anche cose
giuste, le quali però poi non corrispondono ai fatti. La sua è più una politica di dichiarazioni che una politica
di concretezza
«Mancano grandi leader. Nessuno oggi, a parte la Merkel, ha la dimensione di leader europeo. Non ci sono
più De Gaulle, Churchill, Mitterand. Berlusconi sì ha avuto peso europeo, ha parlato al congresso Usa, ha
avuto relazioni con Putin, Erdogan, Gheddafi, e con lui era stato risolto il problema dell'immigrazione
«Non possiamo non tenere conto dei cristiani che fuggono dalla Siria e voltar loro le spalle. Ho visto alla
frontiera tra la Grecia e la Macedonia dei ragazzi cristiani che scappavano da Mosul dicendo: o fuggiamo, o
diventiamo musulmani, o ci ammazzano. Bisogna distinguere i casi, farne un dovere di solidarietà, non
confondere rifugiati con immigrati economici
Foto: a cura di ANNA MARIA CIUFFA
Foto: Antonio Tajani, vicepresidente vicario del Parlamento europeo
Foto: Jonathan Hopkin Hill, commissario europeo per la stabilità finanziaria Roberto Gualtieri, presidente
della Commissione per i problemi economici e monetari al Parlamento Europeo
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