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CORSO DI INSEGNAMENTO IN
FISICA DELLE RADIAZIONI
NEVIO FORINI
Corso di Laurea
Tecniche di radiologia medica per
immagini e radioterapia
PROGRAMMA
1. PRODUZIONE E PROPRIETA’ DEI RAGGI X (1)
2. PRODUZIONE E PROPRIETA’ DEI RAGGI X (2)
3. FONDAMENTI DI FISICA NUCLEARE (1)
4. FONDAMENTI DI FISICA NUCLEARE (2)
5. INTERAZIONE RADIAZIONE – MATERIA (1)
6. INTERAZIONE RADIAZIONE – MATERIA (2)
7. DOSIMETRIA (1)
8. DOSIMETRIA (2)
INFORMAZIONI
• Testo di riferimento: H.E. Johns, J.R.Cunningham, The
physics of Radiology, IV edition, Charles C. Thomas
Publisher - (abbr. JC)
– Dispense disponibili
• Ricevimento docente:
LUNEDI’ E GIOVEDI’ DALLE ORE 13 ALLE ORE 14
gradita la prenotazione all’indirizzo n.forini@unipg.it
• VERIFICA SCRITTA CON 3 DOMANDE A RISPOSTA
APERTA
– Esempi delle verifiche pregresse disponibili
Grandezza e Unità
• Una GRANDEZZA è un attributo riferibile a fenomeni, corpi o sostanze che
può essere quantificato mediante un CONFRONTO con una GRANDEZZA
OMOGENEA adottata convenzionalmente come riferimento (UNITA’), di cui
il CAMPIONE ne è una espressione materiale. Può anche essere definita in
senso GENERALE (es. la massa, la forza) anziché DETERMINATO (es. la
massa della Terra)
• L’espressione quantitativa di una grandezza viene espressa come prodotto
tra l’unità adottata e il VALORE NUMERICO della grandezza stessa, che
rappresenta quindi il RAPPORTO tra i due: G = VN x U, VN = G/U
• Il valore numerico di una grandezza rispetto a una ‘nuova’ unità può essere
calcolato moltiplicando il valore numerico ‘vecchio’ per un FATTORE DI
CONVERSIONE (Fvn) pari al rapporto tra l’unità ‘vecchia’ (v) e quella
‘nuova’ (n) ovvero pari al valore numerico della ‘vecchia’ unità espresso
rispetto alla ‘nuova’ (es 3 h = 3 x 3600 s, con Fhs = h/s = 3600).
Il Sistema Internazionale delle unità (SI)
• La 11ma Conferenza Generale dei piedi e misure (1960) adottò il nome di
SISTEMA INTERNAZIONALE DELLE UNITA’ (abbr SI) per il sistema
pratico delle unità di misura e fissò le regole per i prefissi , le unità derivate
e altre indicazioni.
• Il SI è basato sulla scelta di sette UNITA’ DI BASE ben definite e
considerate, per convenzione, indipendenti dal punto di vista
DIMENSIONALE: il metro, il kilogrammo, il secondo, l’ampère, il kelvin, la
mole, la candela per le corrispondenti GRANDEZZE FONDAMENTALI
(dette anche DIMENSIONI): lunghezza, massa, intervallo di tempo,
temperatura termodinamica, intensità di corrente elettrica, quantità di
sostanza, intensità luminosa.
• Le UNITA’ DERIVATE sono formate combinando opportunamente le unità
di base secondo le relazioni algebriche che legano le grandezze
corrispondenti. Il nome e i simboli impiegati per queste possono essere
sostituiti da nomi e simboli SPECIALI
• Utilizzando le stesse relazioni algebriche è possibile esprimere (ANALISI
DIMENSIONALE) ogni grandezza in funzione delle grandezze fondamentali
(es. [velocità] = [L] [T]-1)
Misurazione di una grandezza
• Il procedimento con il quale viene determinato il valore di una grandezza
viene detto MISURAZIONE e il corrispondente risultato VALORE
MISURATO (o semplicemente MISURA);
• Puo’ avvenire: • Per confronto diretto con il campione di misura;
• Indirettamente mediante una certa equazione matematica (EQUAZIONE DI MISURA);
• Mediante uno STRUMENTO DI MISURA che, interagendo con la grandezza, fornisce una
RISPOSTA, la cui relazione univoca con il valore della stessa è detta TARATURA, spesso
rappresentata da una CURVA (di taratura) e ricavata determinando la risposta a grandezze
di VALORE NOTO (CAMPIONI STANDARD DI TARATURA) e poi INTERPOLANDO ed
ESTRAPOLANDO gli altri valori;
• Si definisce ERRORE (di misura) la differenza tra il valore misurato e il
VALORE VERO della grandezza (sconosciuto). E = VM – VV
Alcune grandezze e unità
• l’ ELETTRONVOLT (eV) è una unità di misura dell’energia utilizzata nella
fisica delle particelle (le cui energie sono molto piccole rispetto al joule,
unità di base del S.I.) – E’ definita come l’energia (cinetica) di un elettrone accelerato da una tensione elettrica di un
volt.
– Corrisponde a: 1 eV = e x 1V = 1,602 10-19 C x 1 V = = 1,602 10-19 J
– Sono molto utilizzati i multipli keV, MeV, GeV
• Massa e Velocità: nella fisica moderna (T. Relatività Ristretta) : – m = m0 / sqr (1-β2) dove β = v/c
– ovvero la massa di un corpo dipende dalla velocità che esso ha rispetto all’osservatore
(come il valore della stessa velocità è, cioè, relativo)
– Inoltre EC = mc2 – m0c2 che solo nel caso non-relativistico (beta<<1) diventa EC = ½ m0 v
2
– Da questa relazione può essere calcolata la velocità di una particella in funzione della sua
energia (cinetica) (v. JC tab. 1-7)
• Massa ed Energia (T. Relatività Ristretta) : – La massa è una forma di energia, E = mc2
– L’energia di 1 g di materia potrebbe alimentare una piccola città per 1 anno
– L’energia di un elettrone a riposo è pari a 0,511 MeV
Radiazione
• Fenomeno per cui vi è propagazione di energia senza propagazione di
materia (o trascurabile). Alcune grandezze:
– Potenza della sorgente / W
– Intensità del fascio / W m-2
– Energia di una particella / eV, da essa dipende:
• Capacità di strappare elettroni:
– R. non ionizzanti
– R. ionizzanti
• Particelle
• Corpuscolate: – particelle alfa,
– Particelle beta (positive e negative)
– Neutroni
– protoni
• Non corpuscolate: – fotoni (v. spettro elettromagnetico)
Principio di funzionamento e componenti
• Raggi X prodotti quando un materiale viene
bombardato da elettroni ad alta velocità
• Ampolla di vetro sotto vuoto spinto
• Coppia di elettrodi tra i quali è stabilita una
elevata tensione elettrica (kV) ALTA
TENSIONE AL TUBO
• Catodo: filamento (avvolgimento – spiralina) in
tungsteno (W) portato ad alte temperature da
una elevata corrente elettrica (CORRENTE AL
FILAMENTO, A), formazione nube elettronica
• Anodo: gli elettroni liberi sono accelerati verso
l’anodo a potenziale positivo, determinando
una corrente elettronica CORRENTE AL
TUBO O ANODICA (100mA) che chiude il
circuito
Principio di funzionamento e componenti
• Tensione e corrente al tubo sono misurati da
voltmetro e amperometro
• Per i tubi utilizzati in diagnostica oltre il 99%
dell’energia elettronica viene dissipata in
calore e solo l’1% convertita in radiazione X
• Almeno metà della radiazione generata viene
autoassorbita dall’anodo
• La corrente anodica è focalizzata per
incidere su una ristretta regione dell’anodo
chiamata macchia focale (FOCAL SPOT) –
tale parte dell’anodo è costruita in tungsteno
o in lega tungsteno-Renio per aumentarne la
resistenza
• Quando gli elettroni (cariche) collidono con
l’anodo irradiano raggi X (onde
elettromagnetiche) isotropamente. Il cono di
radiazione (FASCIO PRIMARIO) viene
generato dal sistema: housing (Pb)
/finestra/collimatori (Pb)
Corrente anodica vs tensione elettrica
• La nube elettronica generata intorno al
catodo rappresenta un limite alla intensità
della corrente anodica
• Fino a pochi kV di tensione la corrente si
mantiene relativamente piccola (SPACE
CHARGE LIMITATION REGION)
• Per tensioni maggiori la corrente anodica
cresce con la tensione
• Per elevati valori di tensione tutti gli elettroni
della nube sono accelerati verso l’anodo e
la corrente non aumenta più all’aumentare
della tensione al tubo (SATURATION
REGION)
Corrente anodica e tensione elettrica
• In regime di GRAFIA (alta corrente) si
opera nella regione compresa tra le due
citate e l’intensità di corrente aumenta con
la tensione. Talvolta sono impostati coppie
di valori di tensione e corrente al filamento
che determinano la stessa corrente anodica
• In regime di SCOPIA (e in radioterapia) si
opera nella regione di saturazione e
l’intensità di corrente è indipendente dalla
tensione
• L’intensità della corrente anodica (al tubo) è
molto sensibile alle variazioni di corrente al
filamento (v. fig): a 100 kV un aumento del
2,5% di If determina un aumento del 23% di
Ianodica (probl. STABILIZZAZIONE)
• Tali curve dipendono da molti parametri:
distanza tra gli elettrodi, la forma del
dispositivo di focalizzazione e il suo
potenziale, le dimensioni della macchia
focale, la temperatura della spiralina
Trasformatore elettrico
• Converte i parametri di tensione e
corrente elettrica di ingresso e di
uscita
• Il T. ‘in salita’ amplifica la tensione
in uscita, diminuendo la corrente;
viceversa per il T. ‘in discesa’
• Funziona solo con corrente
alternata
uscita ingresso
Simbolo circuitale
del convertitore
Emissione pulsata
• La tensione di rete ha un andamento
temporale SINUSOIDALE (oscillazione)
con frequenza 50 (60) Hz (semionda
positiva e negativa)
• Il valore EFFICACE di una grandezza a
evoluzione sinusoidale è pari alla radice
quadrata dell’ampiezza di oscillazione
(220 V)
• La corrente anodica è generata solo in
corrispondenza dei valori di tensione
positivi (nulla negli altri casi) e la sua
intensità varia con la tensione come già
detto, ne segue che il suo andamento
temporale non è di tipo solenoidale
• L’intensità della radiazione X prodotta
dipende dal prodotto IxV2 cui corrisponde
l’andamento temporale PULSATO in
figura che nel caso di basse correnti
(scopia) diventa PIATTO (tensione
regione di saturazione)
La corrente inversa generata in
corrispondenza della semionda negativa
può danneggiare il filamento
Raddrizzatore elettrico - Diodo
Polarizzazione diretta:
La corrente aumenta
rapidamente quando la
tensione supera un
valore SOGLIA (0,6 V),
es 1000 mA a 0,9 V
Polarizzazione inversa:
La corrente è molto
bassa μA (di saturazione
inversa) fino a una
tensione DI ROTTURA
(Zener) oltre la quale
conducono rapidamente
Simbolo circuitale del DIODO
giunzione p/n (indio/arsenico in
silicio - semiconduttore)
Corrente (I) Onde evitare che la corrente
inversa generata in
corrispondenza della
semionda negativa danneggi
il filamento, oltreché al fine di
ridurre i tempi di esposizione,
la corrente anodica va
RETTIFICATA
Configurazioni: mezza onda e onda piena
Ciclo
corrente
semionda
positiva
A(+), B(-)
(quale è il
ciclo per
la s.onda
negativa?)
Sarebbe
sufficiente
un solo
diodo
Unità Trifasiche
• Tre linee a.c. sfasate di 120° (360°/3)
alimentano i tre avvolgimenti primari di un
sistema di tre trasformatori in salita (a),
l’andamento della tensione in ciascuno degli
avvolgimenti (lati del triangolo) è riportata in (d)
• Gli avvolgimenti secondari accoppiati ai primari
e collegati a delta sono mostrati in (c). Si
preferisce tuttavia un collegamento a stella o y
come in fig (b)
• Si analizzi il circuito in (b) completo di diodi che
alimenta il tubo: aiutati dalla fig. (d) è possibile
trovare il flusso di corrente corrispondente agli
istanti Q, Q’ e Q’’ (si ricorda che la corrente
circola da V+ a V- seguendo il verso imposto
dai diodi) e mostrare che il potenziale anodico
segue la curva in grassetto alta, il potenziale
catodico quella bassa e quindi la ddp oscilla
con un ‘ripple’ pari a 0,24 Vp, ovvero
percentualmente del 14% rispetto alla media
Unità Trifasiche - osservazioni
– Ai cavi schermati di collegamento al tubo corrisponde una impedenza capacitiva
che tende a ridurre ancora il ripple
– Dato che questo sistema genera sei massimi a ogni ciclo, viene chiamato
sistema di ‘rettificazione a 6 punti’ o ‘sistema a sei impulsi’
– Il collegamento in figura , che utilizza simultaneamente i due secondari, realizza
un sistema a 12 impulsi (il potenziale catodico compie 6 oscillazioni per ciclo)
– Oggi i collegamenti descritti sono superati dai circuiti ad ALTA FREQUENZA ,
tuttavia i principi fisici sui quali questi ultimi si basano mantengono quanto detto
ancora (didatticamente) necessario
Obiettivi (diagnostica)
• Ai fini DIAGNOSTICI il tubo ideale dovrebbe realizzare:
1. Sorgente puntiforme per eliminare effetti di penombra
2. Intensità infinita da consentire esposizioni istantanee per eliminare
artefatti da movimento (respirazione, cuore)
• Un tale fascio danneggerebbe il bersaglio
• Le aziende produttrici hanno realizzato i compromessi tecnici descritti
successivamente
Line Focus Tube
• Il fascio di elettroni è realizzato in modo
tale che intercetta il bersaglio su un area
rettangolare la cui ‘base’ è lunga cd e
altezza lunga ab, tale che (ab x sinθ) = cd,
dove θ rappresenta l’ampiezza dell’angolo,
rispetto alla ‘verticale’ con cui è sagomato
il target
• In tal modo tale sezione risulta, vista da
‘sotto’ , un quadrato di lato cd e (piccola)
area cd x cd detto FOCAL SPOT
(MACCHIA FOCALE o ‘fuoco’). In tal
modo il fascio è distribuito in un’area più
grande di quella apparente con un
guadagno (G = area reale/ area
apparente) che dipende dalla forma
dell’anodo.
• In figura è rappresentato il corrispondente
FASCIO UTILE (CONO) di un fuoco ‘fisso’
Line Focus Tube
• Es. se θ = 16° e cd = 2mm, si ha G = 3,6
• Ad angoli ancora minori il cono e l’area
del campo di radiazione diventano
(troppo) piccoli.
• Le attuali apparecchiature alloggiano tubi
con θ compresi tra 16° e 6°, riservando
questi ultimi per tecniche speciali come
l’angiografia che necessita di fuochi
piccoli, carichi grandi e campi piccoli
Anodo Rotante
• Lo sviluppo di anodi rotanti ha
consentito di distribuire il fascio
elettronico in un’area maggiore (in
relazione con l’arco compiuto
dall’anodo stesso durante il tempo di
esposizione) così da poter raggiungere
CARICHI molto elevati
• La velocità è determinata da motori a
induzione a 50 Hz che raggiungono
3000 rpm oppure a 100 Hz che
raggiungono una frequenza di rotazione
di 6000 rpm
Anodo Rotante
• La tecnologia dei tubi ad anodo rotante ha dovuto risolvere problemi complessi: – La distribuzione del movimento rotatorio dell’anodo a partire da motori a induzione alloggiati
esternamente al tubo che deve essere mantenuto a vuoto spinto
– la lubrificazione delle parti in movimento
– Il raffreddamento dei rotori che consumano elevata potenza in fase di accelerazione e
decelerazione (correnti inverse)
Anodo Rotante – Doppio Filamento
• Per aumentarne la versatilità i sistemi ad anodo rotante sono accoppiati con un
sistema a doppio catodo i cui filamenti di diversa lunghezza determinano: – LARGE FOCUS ad area grande utilizzato quando è necessario un carico notevole
– FINE FOCUS ad area piccola utilizzato quando è necessaria una maggior risoluzione spaziale e
la carenza di carico non rappresenta un problema
• Tali filamenti sono montati in modo tale che le due macchie focali sono centrate
nello stesso punto
Anodo Rotante – Doppio Angolo
• Alcune aziende dotano i tubi di anodi a doppio
angolo, il minore dei quali è utilizzato per il Fine
focal spot
• Al fine di aumentarne la resistenza, gli anodi
sono di norma prodotti in lega Tungsteno-Renio
(W-Rn) montati su un disco di Molibdeno
Craterizzazione
• La vita di un anodo (e quindi di un tubo) è limitata
• Il limite maggiore è rappresentato dalla
craterizzazione prodotta dal bombardamento
elettronico
• Tale danneggiamento determina una riduzione del
rendimento del tubo e un deterioramento della
qualità del fascio (cambiamento dello spettro
prodotto): i raggi X prodotti in un ‘cratere’ possono
essere parzialmente filtrati e schermati dalle ‘pareti
del cratere’
• Il rendimento di un tubo potrebbe dimezzarsi a
causa di questo fenomeno prima che venga
sostituito per altre cause: ROTTURA DEL
FILAMENTO o SCARICA interna
• Inoltre, un anodo craterizzato potrebbe alterare il
campo elettrico tra anodo e catodo e, quindi, la
forma della macchia focale
Pinhole
• La fig (a) mostra come la traiettoria
degli elettroni determinata dalla
coppa di focalizzazione formi un
fascio più intenso in corrispondenza
della periferia del focal spot che
somiglia quindi a due spesse linee
verticali (b) piuttosto che un quadrato
emittente uniformemente
• Tale effetto si verifica con il filamento
posizionate all’interno della coppa di
focalizzazione al fine di rendere
minime le dimensioni del focal spot
• Può determinare lo sdoppiamento
delle immagini prodotte
Radiazione non-focale
• E’ la radiazione X prodotta da quegli elettroni che non collidono all’interno
del focal spot
• Per minimizzare l’effetto, l’anodo può essere rivestito di grafite (carbonio,
basso numero atomico) sulla superficie esterna al focal spot, per
minimizzarne l’efficienza di produzione di raggi X
Tubo per Terapia
• Fasci di intensità minore (~1/10)
• Tempi esposizioni maggiori (~100)
• Campi di dimensioni maggiori
(maggiore focal spot)
• Nessuna esigenza legata alle
dimensioni minime del fuoco,
quindi uso di anodo fisso
raffreddato a olio
Hooded Anode Tube
• Gli elettroni che collidono con
l’anodo hanno energia sufficiente
per produrre elettroni secondari
che possono raccogliersi nelle
pareti interne dell’ampolla del tubo
e deformare il campo elettrico e,
quindi, la macchia focale
• Inoltre tali elettroni secondari,
schermati dal vetro, possono
produrre per frenamento raggi X
‘OFF TARGET’ che rendono
problematica la definizione del
campo
• Per evitare ciò il bersaglio viene installato all’interno di una cavità che limita la
fuoriuscita dei suddetti elettroni. Inoltre la cavità, le cui pareti interne potrebbero
anch’esse dare origine al fenomeno (anche se all’interno dell’anodo gli elettroni
prodotti non accelererebbero), sono in rame (basso Z=29 quindi poco efficiente)
rivestito da tungsteno (alto potere di attenuazione).
• Il fascio X utile fuoriesce da una piccola finestra del hooded anodo
Tubo di Chaoul – raggi di Grenz
• Per il trattamento della cute sono
necessarie basse energie e brevi
distanze tra campo e bersaglio
• Il Tubo di Chaoul ha anodo cavo
e bersaglio sottile e posizionato
quasi a contatto con la cute.
• Tale configurazione determina
una rapida diminuzione della
dose con la distanza dal
bersaglio e, quindi, un risparmio
di dose per i tessuti al di sotto
della cute irradiata
• Il potere di penetrazione
diminuisce ulteriormente per
fotoni prodotti con tensioni
comprese tra 5 e 10 kV, usati in
dermatologia (raggi di Grenz)
Target
(Housing) Heating rate Cooling rate
1) Carico
massimo 2) Massimo
numero di
esposizioni
se H > C
3) Verifica
housing
Massimo Carico al Focal Spot
• Per un dato focal spot vi è un carico
massimo tollerato prima che il
materiale del target inizi a fondere.
• L’esposizione massima è calcolata
mediante l’uso di curve di carico la cui
forma dipende dalle caratteristiche del
tubo (dimensioni del focal spot, velocità
dell’anodo, angolo dell’anodo, circuito di
rettificazione e di alimentazione)
• Nota: svolgere l’esercizio e notare
(grafico) che: – il vantaggio, in termini di carico massimo,
offerto dai circuiti 3-fase e con rotori ad alta
velocità
– fino a 0,01 s di esposizione, nel caso
rappresentato, il bersaglio è coinvolto per
una frazione di area, quindi la curva è
piatta. Oltre 0,01 s, considerando che la
produzione di calore è proporzionale alla
potenza di carico, i e V sono inversamente
proporzionali
• In corrispondenza dei punti indicati
con ‘R’ il limite operativo è
rappresentato dal riscaldamento del
filamento
Unità di Calore
• Sia il massimo carico che il rateo di calore può essere espresso in unità
‘tecniche’. L’Energia Depositata nell’anodo in unità di calore (HU) è definita
come prodotto: corrente anodica media (average) x tensione di picco al tubo x
tempo di esposizione (espressi in unità kV, mA, s)
• L’energia effettivamente assorbita dall’anodo (E, espressa in joule) deve tener
conto del fatto che la tensione non è costante (e quindi nemmeno la corrente) e
che tale oscillazione dipende dal tipo di circuito (sistema). Per far questo il valore
di HU va corretto per un fattore (f) che, nel caso di unità monofasiche rettificate a
onda piena, vale 0,75 e dovrebbe valere 1 per sistemi 3 fase a 6 o 12 impulsi
• Tuttavia, si preferisce definire convenzionalemente HU = (1,35) kVp Iav t per i
sistemi trifasici in modo tale che valga ovunque la relazione: E = 0,75 HV
Rating Charts
• Le curve che rappresentano il calore effettivamente assorbito dall’anodo (cui si
riferiscono i valori in ordinata) tenendo conto del calore in ingresso (heat input)
che del calore ceduto dallo stesso (cooling) per conduzione e irraggiamento,
vengono riportate in rating charts (specifiche per ogni sistema)
La quantità di calore è espressa
in HU, il rateo di calore in HU/s
Il rateo di calore in ingresso si
ottiene dividendo HU per
l’intervallo di tempo tra due
esposizioni successive
La curva di raffreddamento
viene considerata a partire dal
massimo valore di carico (3 105
HV all’ist iniziale nell’esempio)
in corrispondenza del quale
assume anche il suo massimo
valore di rateo
Massimo numero di esposizioni
• Si ha una limitazione del numero di
esposizioni se il rateo di input è superiore
a quello di raffreddamento H > C
• Il valore di H si ottiene dividendo HU per
l’intervallo di tempo tra due esposizioni
successive (diagnostica)
• Il massimo valore di cooling rate è indicato
nella Rating Chart
• In tal caso occorre attendere il ciclo di
cooling che nel caso descritto si realizza in
8 min
• Ora è sufficiente dividere il tempo di
raffreddamento (8 min) per il tempo tra due
esposizioni successive per ottenere il
massimo numero di esposizioni
Controllo della dispersione del housing
Il problema del calore assorbito dal
housing del tubo, normalmente
secondario, rappresenta il limite
principale per esposizioni in continuo
Per verificare che il carico previsto sia
compatibile con la capacità di
dispersione del housing, occorre
confrontare il calore (HU) massimo in
input con quello massimo previsto dal
housing (v. chart) con o senza sistema di
ventilazione
Nel caso in esempio, basta moltiplicare il
numero massimo di esposizioni con il
HU/esposizione, si ottiene:
8,1 103 x 80 = 6,5 105 < 15 105
Spettro della Radiazione
• La radiazione emessa da un tubo si
compone di raggi X di energia
diversa. La relazione tra il numero
relativo di fotoni prodotti alle varie
energie è chiamato spettro
(energetico) .
• L’area sotto la curva è proporzionale
al numero di fotoni prodotti (idem
per un dato intervallo energetico)
• In fig. è mostrato lo spettro-tipo
ottenuto sperimentalmente
• Si compone di uno spettro continuo
(radiazione bianca o
bremmstrahlung) e di uno discreto
(a righe, radiazione caratteristica,
peculiare degli elementi costituenti
l’anodo)
Spettro della Radiazione
• Il fascio prodotto può essere
analogamente rappresentato
in termini di INTENSITA’
(energia), ottenuto dal primo
moltiplicando il numero
(relativo) di fotoni prodotti (in
ordinata) per la
corrispondente energia (in
ascissa)
• Rispetto al precedente, lo
spettro si abbassa alle
basse energie e si innalza in
corrispondenza di quelle
maggiori
Interazione elettrone/target
Qualitativamente:
• Sono rappresentate 4 differenti
sitazioni (4 tracce): la prima (a) in
cui l’elettrone perde
progressivamente energia per
eventi di ionizzazione (ed
eccitazione) senza irradiare
(collisioni) e che per energie di
circa 100 keV rappresenta il 99%
di conversione energetica, nelle
altre l’interazione è radiativa (95%
per i LINAC)
• In (b) viene ionizzato un elettrone
K del tungsteno (60 keV)
• In (c) l’elettrone subisce
un’accelerazione radiativa da
parte del nucleo
In (d) l’evento raro in cui l’elettrone viene
arrestato dal nucleo per impatto diretto
emettendo un singolo fotone di energia
massima pari a (e x V)
Radiazione Caratteristica
• La struttura dei livelli energetici degli elementi che compongono i target è
complessa: ogni livello comprende dei sottolivelli: 3 per L, 5 per M, 7 per N
• Se l’elettrone incidente ha energia sufficiente per strappare l’elettrone atomico da
un livello interno (es K del tungsteno = 69,525 keV), il riarrangiamento atomico si
realizza con la transizione elettronica dai livelli a energia maggiore, articolati in
sottolivelli. L’energia di ogni fotone emesso corrisponde alla differenza tra i livelli
entro cui avviene la transizione stessa (alcune transizioni sono proibite dalle leggi
della meccanica quantistica)
Radiazione Caratteristica
• Le righe spettrali emesse si articolano in serie, comprendenti tutte le righe
corrispondenti alle transizioni verso un dato livello (di intensità diversa):
• La serie K comprende 4 importanti righe spettrali accoppiate nei doppietti Kα e Kβ
• Le righe della serie L del tungsteno, a bassa energia, non sono osservabili in
quanto autoscherrmate dal sistema di contenimento del tubo (housing)
In generale, La
radiazione caratteristica
rappresenta una frazione
poco importante sia in
diagnostica (max 30% ?)
che in terapia, mentre al
contrario viene spesso
utilizzata in
Mammografia (righe K
del molibdeno a 11 e 19
keV con schermi per
l’attenuazione della
radiazione bianca)
Radiazione Bianca
• Mentre sono stati studiati
sperimentalmente spettri di radiazione
bianca in numerosi sistemi particolari,
una teoria completa dovrebbe tener
conto di così tanti fattori che ad oggi
non trova soddisfacente accordo
quantitativo con i dati empirici;
• Qualitativamente è possibile
giustificare almeno la forma
caratteristica di tale spettro
considerando prima il caso di un
elettrone incidente che possa
interagire con il target una sola volta
(target sottile) e poi considerando il
target reale (spesso) come una
sovrapposizione lineare di strati sottili.
Radiazione Bianca – target sottile
• Si consideri un fascio di elettroni di energia E1
che, con una frequenza proporzionale al
numero atomico Z del bersaglio, possano
interagire radiativamente con esso una sola
volta (target sottile)
• Si può mostrare che l’energia prodotta per
frenamento (intensità) sarebbe distribuita
uniformemente nell’intervallo compreso tra 0
ed E1, quindi la densità spettrale sarebbe
rappresentata da una retta parallela all’asse
dell’energia di ordinata k (proporzionale a Z)
• Lo spettro energetico del numero di fotoni
prodotti può essere ricavato dividendo k per i
valori in ascissa (in modo analogo e contrario a
quanto spiegato precedentemente), ottenendo
la curva iperbolica in figura
Radiazione Bianca – target spesso
• Nel caso del target spesso
l’elettrone interagisce ancora
con energia rimanente
inferiore (E2) e così via fino a
esaurire la propria energia
• Lo spettro risulta quindi dalla
sovrapposizione di quelli
parziali ed è rappresentato
dalle linee tratteggiate di
equazione: I(E)=C Z (Em –E)
con C parametro costante che
tiene conto di tutti gli altri
fattori non considerati.
• Dato che sia la base X che
l’altezza Y sono proporzionali
a Emax, l’area sottesa alla retta
(rendimento) è proporzionale
a Emax 2 oltre che a Z
• Nel caso reale il fascio viene filtrato dalla finestra
del tubo in modo maggiore per le basse energie. Ne
deriva che la forma dello spettro diventa quella
rappresentata dalle linee continue e che il
rendimento (area sottesa alla curva) risulta ancor
più sensibile alle variazioni di Emax (kVp): prop a Emax3
Distribuzione Angolare – target sottile
• La distribuzione angolare dei fotoni prodotti in
un target sottile è rappresentata in figura.
• Gli angoli sono misurati rispetto alla direzione
del fascio di elettroni e la lunghezza delle frecce
è proporzionale alla intensità relativa. La
distribuzione nello spazio (3D) si ottiene
ruotando la curva attorno alla direzione del
fascio .
• Alle basse energie tale curva presenta due lobi
(una ‘corona’ in 3D) con intensità massima a
55°, bassa intensità in avanti e zero indietro.
• Via via che l’energia cresce la curva si
approssima a quelle rappresentate per energie
di 10 e 20 MeV (teoriche, in buon accordo con
quelle sperimentali)
• Per tali alte energie (terapia) viene utilizzato il
fascio trasmesso (in avanti)
Distribuzione Angolare – target spesso
• In un target SPESSO l’elettrone viene deviato
senza che vi siano direzioni privilegiate, per cui
la distribuzione angolare dei fotoni prodotti
diventa, per grandi numeri, teoricamente isotropa
• Tuttavia gran parte della radiazione ‘in avanti’
viene assorbita dal target che quindi limita
l’angolo di emissione a quello del target stesso.
• Il diagramma polare mostra che per tubi di
diagnostica con target di 16° la massima
intensità, rispetto alla direzione perpendicolare al
fascio elettronico, si ha per angoli da 5° a 10°
verso il catodo per poi diminuire lentamente per
angoli maggiori e più rapidamente nella direzione
dell’anodo (effetto HELL)
• Il sistema di collimazione e la stessa cuffia di
contenimento del tubo limitano detto fascio a un
cono di 12° che tuttavia può presentare un
effetto hell del 30% (tale componente risulta
nondimeno più penetrante)
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