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IL « FASCISM O D E LL E ORIGINI »E I PROBLEMI DI PO LITICA E ST E R A *
« Io pensavo che spezzata la tracotanza non solo verbale del bolscevismo italiano, il Fascismo dovesse divenire la vigilante coscienza della nostra politica estera. Pensavo che il Fascismo do- vesse generare una generazione di uomini nuovi, sprovincializ- zati ed scampanilizzati che sentisse il problema italiano come problema di conoscenza, di espansione, di prestigio italiano nell’Europa e nel mondo... Se l’ Italia vuol giocare questa sua parte direttiva nel mondo, se l’ Italia ha l’orgoglio di ciò, e deve averlo, deve anche prepararsi... [e] suscitare fra le masse sempre più grandi di italiani interesse per la politica estera... Per questi motivi io andai a Cannes e mi sono recentemente recato in Germania... si trattava di sradicare il Fascismo dalle sue acerbe passioni provinciali e comunali per farne l’elemento direttivo della nostra politica estera. Fatica ingrata ed aspra. Ma necessaria. O il Fascismo sarà questo o cessata la lotta contro il bolscevismo per mancanza di nemici, il Fascismo non avrà più scopo » \
Nei mesi che precedono la marcia su Roma, non è questo il solo indizio rivelatore del vivo interessamento che Mussolini ed il fascismo rivolgono ai problemi di politica estera e al concreto indirizzo da dare all’azione internazionale dell’ Italia in caso di conquista del potere. A l contrario, proprio quando ci si attenderebbe una completa polarizzazione dell’attenzione di capi e seguaci sulle agitate vicende interne, sulle crescenti prospettive di vittoria, sul rapido cedimento di uomini e di istituti verso una soluzione autoritaria dei problemi nazionali, giornali e riviste di
* Questa ricerca si basa, pressoché esclusivamente, sulla stampa fascista — dalle origini del movimento fino al 1926-27 —, con particolare riguardo alla pubbli- cistica locale, che è stata sin qui ignorata dalla storiografia. Inoltre, simile impostazione mi è sembrata opportuna, sia per tentar di comprendere l’effettiva importanza attribuita dal movimento fascista ai problemi di politica estera, sia per meglio collocare il fascismo delle origini nell’ ambito della vita nazionale.
Com’è ovvio, la prospettiva del presente lavoro rimane, nondimeno, provvisoria e parziale, e spero di poterla precisare attraverso indagini successive e complementari. Da qui derivano, tra l’altro, gli accenni ai molti problemi non ancora risolti, allo stato attuale degli studi; e lo stesso carattere largamente problematico della conclusione.
1 Gerarchia, a. I, n. 3 (1922) « Maschera e volto della Germania » (B. Mussolini).
4 Giorgio Rumi
partito si sforzano di fissare i capisaldi di una futura politica estera italiana.
E cosi, le esaltazioni defl’espansionismo e dell’imperialismo, le rievocazioni della figura e dell’opera di Francesco Crispi, le no- stalgiche rielaborazioni del mito di Roma e della sua grandezza o delle glorie della Serenissima, le valutazioni in termini di potenza della tradizione cattolica italiana, la difesa intransigente delle necessità d’una « nazione proletaria », che non esclude, al caso, la pur asserita, spregiudicata disponibilità per blocchi ed alleanze di ogni tipo: tutti questi motivi trovano allora, più che mai, spazio e rilievo. Suggeriscono anzi l’immagine d’una politica estera superiore ed estranea alle questioni ed alle lotte interne e si traducono in un ambizioso disegno, malcerto ancora nei suoi limiti e nelle possibili forme di realizzazione, di azione e presenza fascista nel mondo.
Quel che resta semmai in secondo piano è l’esperienza, che Mussolini si compiace di sottolineare, dei lavori della conferenza di Cannes 2; è la consapevolezza di quanto delicate e complesse fossero nel dopoguerra le relazioni fra le potenze; ma la possibilità di toccare così da vicino simili problemi non lascia una traccia duratura nel pur influenzabilissimo spirito del « duce » e l’episodio offre solo un’altra conferma — e del tutto esteriore — dell’importanza che ormai egli assegna ai problemi di politica estera, per meglio collocare il partito nell’ambito della vita nazionale. In definitiva, il vero scopo del fascismo — come scrive il Popolo d’Italia — è di « far penetrare... lentamente e profondamente nelle masse... il suo nuovo mito che indica l’unica via di salvezza e di ordine futuro: il mito dell’ Italia fatalmente imperiale e necessaria alla vita dell’Europa e del mondo » 3 4. « Pensiamo di fare di Roma — proclama Mussolini ad Udine nel settembre 1922 — la città del nostro spirito, il cuore pulsante, lo spirito alacre dell’ Italia imperiale che noi sogniamo » *.
L ’attenzione è volta così a tutti questi elementi che indicano il venir meno di un tradizionale equilibrio di potenze, l’incrinarsi di un esperimentato sistema di dominazione coloniale. E il
2 Si v. E. Di N olfo, Mussolini e la politica estera italiana, Padova i960, p. 33 e ss.;G. Dorso, Mussolini alla conquista del potere, Verona 1961, p. 291 e ss.
3 Popolo d ’ Italia, 5-7-1922, « Il nostro ’ mito ’ » (Francesco di Pretoro).4 Popolo d ’ Italia, 21-9-1922.
Il « Fascismo delle origini » e i problemi di politica estera 5
Popolo d’Italia, dà rilievo ai primi moti dei popoli africani ed asiatici per la libertà e l ’indipendenza; ma, ancora una volta, senza cogliere il significato degli avvenimenti, quel che importa è d’individuare unicamente le possibili vie dell’espansione italiana: « Tutto il mondo mediterraneo è in un periodo di travaglio e di sistemazione. Dal Cairo ad Angora i popoli sono in fermento e cercano la loro strada. E ’ questo il momento in cui l ’ Italia seguendo una politica realistica di dignità e di equilibrio può avvantaggiarsi sugli altri Stati e preparare nel mare che fu di Roma e di Venezia le strade della sua potenza » 5. E ’ su quest’ultimo punto che batte l’accento; ed è nel Mediterraneo infatti che la nuova politica estera italiana, dura, realistica, aliena da cedimenti internazionalistici, dovrà fare anzitutto le sue prove. A pena di sconvolgimenti politici di scala mondiale, deve essere assicurato all’ Italia libero sbocco agli oceani ed indisturbata comunicazione coi suoi possessi africani: « Il Mediterraneo nondeve essere monopolio di nessuno e saprattutto non deve essere l’ergastolo di un popolo mediterraneo per opera di genti non mediterranee » 6. Ed è Giocchino Volpe a mostrare l’attualità ed il significato dell’insegnamento di Roma: « quella storia... deve ancora grandeggiare. Deve nuovamente essere presente e può dire ancora qualche cosa a quei quaranta o cinquanta milioni di italiani... che hanno un piccolo territorio ed una grande fecondità, che sono insuperabili dissodatori di terre e costruttori di strade, che posseggono intelligenza ed intraprendenza. Forse che non è venuta per essi l’ora di prendere posto tra i popoli che guidano e che comandano, anziché che fra quelli che seguono e che obbediscono? » 7.
Possono sembrare parole, semplici intemperanze verbali, vuoti esercizi retorici, ma, a ben vedere, corrispondono a una sempre più netta individuazione dei problemi nazionali, sottintendono l’idea che una politica estera « forte » deve essere comunque fatta, indicano una serie di scelte cui si vuol dare, ad ogni costo, un principio di attuazione. Sui mezzi si potrà discutere; le stesse singole mete, ancora troppo approssimative, potranno essere mutate, ma non l’indirizzo di fondo.
5 Popolo d'Italia, 2-3-1922, « L ’Egitto indipendente? » (B. Mussolini).15 Gerarchia, a. I, n. 8 (1922), « L ’Italia nel Mediterraneo » (L. De Magistris).7 Gerarchia, a. I, n. 4 (1922), « Roma e l ’Italia » (G. Volpe).
6 Giorgio Rumi
Alla vigilia della marcia su Roma, un « programma » fascista di politica estera indubbiamente esiste, ed è meno astratto e vago di quanto di solito si giudichi. La questione aperta, piuttosto, è un’altra: si tratta cioè di un fenomeno di data recente, coevo alla grande diffusione del movimento, all’ immissione di elementi e motivi nazionalistici nell’originario corpo del fascismo, agli stretti contatti coi settori più conservatori della classe dirigente liberale ed in generale all’accresciuto peso e responsabilità; o al contrario, per comprenderlo, è opportuno risalire bene addietro fin alle ori- gini stesse del movimento?
Se si ha riguardo alla violenta campagna anti-slava ed anti- wilsoniana, alle pretese adriatiche basate sulle necessità strategiche come su una presunta superiorità razziale o culturale, all’a- pologia dell’ imperialismo come prova della vitalità dei popoli e delle nazioni — non infrequente sul Popolo d’ Italia e ripetuta anche nell’adunata costitutiva dei fasci di combattimento — è difficile aver dubbi in proposito. Gli elementi fondamentali dell’orientamento, mussoliniano prima e fascista poi, nel campo della politica estera, sono già presenti all’ indomani stesso della Vittoria. Nè le dichiarazioni pacifiste o in pro della Società delle Nazioni, fatte a San Sepolcro, o al secondo convegno dei fasci del giugno 19 19 , alterano la linea prescelta, ambigue come sono e subito abbandonate, del resto, in quei punti che contrastavano con la difesa ad oltranza dell’egoismo nazionale s. Solo a questo Mus- 8
8 Popolo d ’Italia, 20-11-1918, «Su ll’ altra sponda» (B. Mussolini): 23-11-19 18 , « I gendarmi e gli eredi degli Asburgo »; 25-11-19 18 , « Per i sacri diritti dell’Italia » (B. Mussolini); 11-12-19 18 , « Un esempio » (B. Mussolini): 12-12-1918, « Trieste eFiume » (S. Carpani); 30-12-1918, « Idealismo e realtà »; 13-3-1919, « Congresso nazionale pro Fiume e Dalmazia » (B. Mussolini); 1-1-19 19 . Durante l ’adunata di piazza S. Sepolcro, fu approvata la seguente dichiarazione in tema di politica estera : « L ’adunata del 23 marzo dichiara di opporsi all’ imperialismo degli altri popoli a danno dell’Italia e all’eventuale imperialismo italiano a danno degli altri popoli e accetta il postulato supremo della Società delle Nazioni che presuppone l’integrazione di ciascuna di esse, integrazione che per quanto riguarda l’ Italia deve realizzarsi sulle Alpi e sull’Adriatico con la rivendicazione ed annessione di Fiume e della Dalmazia ». II commento che segue snatura completamente il generico societarismo del «postulato» mussoliniano: «Abbiamo quaranta milionidi abitanti su una superficie di 287 mila chilometri quadrati, separati dagli Appennini che riducono ancora di più la disponibilità del nostro territorio lavorativo: saremo fra dieci o venti anni sessanta milioni ed abbiamo appena un territorio di un milione e mezzo di chilometri quadrati di colonia in gran parte sabbiosi, verso i quali non potremo mai dirigere il più della nostra popolazione. Ma se ci guardiamo attorno vediamo l’Inghilterra che con 47 milioni di abitanti ha un impero di 55 milioni di chilometri quadrati e la Francia che con una popolazione di 38 milioni di abitanti ha un impero di 15 milioni di chilometri quadrati. E vi potrei dimostrare con le cifre alla mano che tutte le nazioni del mondo, non
Il « Fascismo delle origini » e i problemi di politica estera 7
solini bada, in effetti, e solo per questo egli ostenta la sua completa disponibilità: ora a fianco dell’ Intesa, ora coi Paesi già nemici, al fine di migliorare ovunque, sulle Alpi, nell’Adriatico come nel Mediterraneo, la posizione strategica dell’ Italia.
Le Nazioni, nella visione del « duce», necessitano di spazio, di sicurezza, di beni e materie prime; e, sostanzialmente indifferenti a motivazioni ed esigenze diverse da quelle dettate da una sorta di « struggle for life », lottano senza tregua per il proprio potenziamento e la propria affermazione nel mondo. Sono motivi, certo, assai diffusi, ripresi spesso senza originalità alcuna, esagerati o demagogicamente semplificati. Ma — ed è quel che più conta — nella tematica mussoliniana occupano comunque un posto di primo piano; e spesso, anzi, facilitano la confluenza nel fascismo d’altri movimenti o correnti che su simile terreno possono appunto riconoscersi e collaborare.
Da tale punto di vista è forse al 19 14 - 15 , se non più oltre, che occorrerebbe tornare. Poiché, in quegli anni, in effetti, i assidetti <( interventisti di sinistra » — cioè diversi fra sindacalisti, anarchici, socialisti rivoluzionari, repubblicani — compiono una serie di scelte sul terreno della politica estera, che li avvicina a posizioni di tipo « nazionalista ». E la rottura dell’equilibrio europeo; il progressivo abbandono degli ideali di solidarietà internazionale, con tutti i corollari di spinte aggressive, dinamiche e irrazionali, confusamente innovatrici, di desideri di conquista e potenziamento individuale e nazionale; la rinnovata applicazione nei rapporti fra gli Stati dei principi della lotta di classe e della violenza rivoluzionaria, conducono molti « sovversivi » a divenire, di fatto, accesi teorici dell’espansionismo e deH’imperialismo.
« ... L ’imperialismo non è altro che l’esuberanza delle forze vitali inevitabili in tutti gli organismi giovani o non ancora giunti
escluso il Portogallo e l'Olanda, hanno tutte quante un impero coloniale cui tengono e che non sono affatto disposte a mollare in base a tutte le ideologie che possano venire da oltre oceano. Lloyd George parla apertamente di impero inglese. L ’ imperialismo è il fondamento della vita di ogni popolo che tende ad espandersi economicamente e spiritualmente... e diciamo: o tutti idealisti o nessuno. Si faccia il proprio interesse... Noi vogliamo il nostro posto nel mondo perchè ne abbiamo diritto... se la S. D. N . deve essere una solenne fregata da parte delle nazioni ricche contro le nazioni proletarie per fissare ed eternare quelle che possono essere le condizioni attuali dell’equilibrio mondiale, guardiamoci bene negli occhi... ». Sulla fondazione dei « fasci di combattimento » si può v. il mio articolo su Mussolini ed il « programma » di San Sepolcro in II Movimento di Liberazione in Italia, n. 7 1, 1963, pp. 3-26.
8 Giorgio Rumi
al culmine della loro parabola e che hanno bisogno di donarsi agli organismi che li circondano in stato di vecchiezza o di riposo... »: fin dalla primavera del ’ 15 , uno di loro, Massimo Rocca, lo aveva pur scritto. E aveva auspicato « un’ Italia gigante di prestigio, di ricchezza e di potenza, ridiventata centro e guida e difesa della latinità dopo esserne stata l’origine: e ciò per la sua posizione geografica nel Mediterraneo, la fecondità delle sue madri, la tenacia rude del suo popolo e l’audacia de’ propri marinari... Un’Italia che abbia la romana capacità di assimilarsi e sfruttare tutte le altre forme di imperialismo e di libertà per compiere l’ imperialismo della sua missione liberale nel mondo » 9. I termini erano ancora ambigui, ma la piega del discorso non lasciava dubbi su quel che il Rocca giudicava veramente importante. Ed il suo era il caso di molti...
Ma è senz’altro la conclusione, pur vittoriosa, della guerra a segnare la diffusione, in settori sempre più vasti di interventisti e combattenti, di simili motivi. Ed è proprio un uomo di sinistra. Agostino Lanzillo, già vicino a sindacalisti e socialisti, poi collaboratore del Popolo d’Italia, e Sansepolcrista, ad esprimere bene il disorientamento dei reduci, la sfiducia e la delusione nei principi democratici ed internazionalistici: « Questa guerra prova che i criteri che veramente reggono la compagine sociale e nazionale, oggi, ieri, sempre, non sono le idee astratte di eguaglianza, di libertà, di giustizia, di solidarietà sociale, di tolleranza..., ma bensì le idee che sono realtà, di forza, di necessità, di onor militare, di dignità umana, di diritto dei forti e dei capaci, anche se pochi, a dirigere i molti incoscienti, di disciplina fermamente imposta e con tutti i mezzi tenuta, di dovere in tutto, anche nel sacrificio consapevole delle masse anonime e incapaci per la conquista di generali finalità di gloria e potenza collettiva...» I0.
Il dilaceramento provocato dalla guerra, la percezione di una rottura profonda cogli ideali del passato, la scoperta della drammatica importanza dei fattori di « potenza » e di « violenza » costringono cioè a un generale ripensamento dottrinale e politico.
Il nazionalismo come tale, il nazionalismo ufficiale, resta pa-
s M. Rocca, Dieci anni di nazionalismo fra i sovversivi d ’Italia, Milano 1918, p. 144, 147-8.
10 A . Lanzillo, La disfatta del socialismo, Firenze 1918, pp. 24-25; ed anche P. V ita F lNZI, Le delusioni della libertà, Firenze 1961, pp. 241 e ss.
Il « Fascismo delle origini » e i problemi di politica estera 9
trimonio di gruppi assai circoscritti. Ma questo non impedisce la ben più ampia diffusione di un nazionalismo popolare o, come anche si dice, d’un nazionalismo « proletario ». E non impedisce nemmeno che motivi analoghi, o convergenti, si diffondano, fac- ciano presa, suscitino consensi tra uomini e gruppi delle più varie provenienze, da Rapini a Prezzolini, dai sindacalisti nazionali al futurista Marinetti... Ed è proprio questi ad esprimere efficace' mente l’avversione di molti per l’internazionalismo ginevrino: « Non Società delle Nazioni, ma semplicemente carabinierismo universale. L ’arma dei carabinieri a custodia dei popoli grandi bor- ghesi intimoriti... la SD N è specialmente concepita come una mor- fina o una questura antirivoluzionaria. Noi futuristi la condan- niamo recisamente perchè è la negazione di ogni interventi- smo... » n.
Così, per simile via, fin dall’iniziò, la posizione del Popolo d’Italia non tarda a riscuotere consensi. Certo, se si vuole, poli' tica estera e politica interna fanno tutt’uno in tale indirizzo. Ma la spinta al di là dei confini per l’affermazione italiana nel mondo è pure vista, e sentita, come la giustificazione profonda della stessa lotta antibolscevica, il logico punto d’arrivo, l’unica reale possi' bilità di coesione di forze altrimenti disperse. Persino dopo la scon- fitta elettorale del novembre 19 19 , è lì che torna Mussolini; ed è dalla riaffermata esigenza di superare le lotte di classe e di par- tito per garantire l’espansione italiana, che prende le mosse la rinascita fascista. Nel Mediterraneo e nell’Oriente europeo, nella competizione economica e politica fra gli Stati, nella difesa in- transigente dei « superiori interessi nazionali », Mussolini indica l’unica alternativa sia al dilagare della marea rossa sia alla col- pevole acquiescenza borghese. Il fascismo si fa portavoce della « altra Italia », diversa dalla « vilissima e sporchissima e pestife' rissima Italia dei politicanti che bagolano a Montecitorio » 11 I2, « quella che muove l’ insidia dello straniero, che vuole vivere e vincere: l’ Italia di domani, che popolerà il cielo di fulminei aereo- plani ed il mare di navi, possenti, che non avrà più generazioni di piccoli impiegati... ma generazioni di marinai che porteranno il tricolore d’ Italia per tutti gli oceani e a tutte le spiaggie del
11 F. T . Marinetti, Democrazia futurista, Milano 1919, p. i n , 116 .12 Popolo d ’Italia, i8 'i2 'i9 ig , « Italia marinara, avanti! » (B. Mussolini).
IO Giorgio Rumi
mondo » 13. Così scrive nel momento di maggior sbandamento e di incertezza, nel dicembre 19 19 .
Da questa linea, Mussolini ed il suo Popolo non si discostano più: il maggior foglio fascista, le più note firme del movimento continuano ad illustrarvi, nel triennio che precede la presa del potere, i capisaldi della politica estera fascista. E l’orientamento in proposito di un altro giornale di partito, il Fascio, organo dei fasci milanesi di combattimento in cui l’ influenza del fondatore era naturalmente cospicua, è lì a dimostrare la forza di penetrazione di simili idee u.
L ’allineamento della restante stampa del movimento, certo, è più tardo e graduale: ma ciò non deve sorprendere, se si ha riguardo alle date di fondazione degli altri fogli fascisti, al prevalente impegno locale, all’esiguità di mezzi tecnici, all’incertezza della periodicità ed alla limitata levatura delle collaborazioni. Sorti in ideale e sedicente continuità coi giornali di trincea, impegnati in modo quasi totalitario nell’azione di piazza, nella quotidiana lotta « antibolscevica », assorbiti dal problema della concentrazione delle forze cosidette « nazionali », in continua polemica con oppositori e concorrenti, in difficili rapporti con le autorità dello Stato, i fogli fascisti di provincia riflettono esperienze e vicende di ben determinati settori della pubblica opinione o di ben circoscritte zone geografiche Io. Così, dedicano scarsa attenzione, fino a tutto il 19 2 1, alle questioni di politica estera. E tuttavia, a poco a poco, questa prende piede, ed i primi indizi del crescente interessamento alla vita internazionale collocano senz’ombra di dubbio i giornali fascisti periferici sulla scia del quotidiano mussoliniano.
A l di là delle mutevoli contingenze delle situazioni locali e personali, un tratto comune sembra infatti legare i gruppi sparsi, le piccole équipes che danno vita ai primi giornali fascisti: l’esperienza della guerra. E ’ proprio questo elemento, che solo a prima vista può apparire labile e scontato, che dà loro unità e coerenza. A Torino, attorno al Maglio confluiscono anarchici di
13 I v i .
u II Fascio, a. I, n. 12 (1919), « Programma di vittoria » (T. Labriola); a. II, n. 6 {1920), « La guerra e la lega delle nazioni »; a. Ili, n. 27 (1921), « In tema di politica estera. Un elemento dimenticato » (A. Amante), ecc.
15 Fra i fogli « antibolscevichi » milanesi del 1919-1920 ricordiamo I nemici d ’Italia (direttore Armando Mazza) e Testa di Ferro (direttore Mario Carli).
Il « Fascismo delle origini » e i problemi di politica estera
vecchia data, come Mario Gioda e Massimo Rocca, e ufficiali monarchici e tradizionalisti come De Vecchi. A Bologna, sono excombattenti, arditi, sindacalisti o qualche repubblicano, come Piero Bolzon, Leandro Arpinati, Dino Grandi, a fondare l’Assalto. A Cremona, a Ferrara, sono ancora gruppetti di interventisti e di reduci. E i motivi dominanti sono ovunque gli stessi: generica difesa della Vittoria, lotta antisovversiva, gelosa tutela degli interessi nazionali, collocati, al solito, in Adriatico, oltre alle immancabili polemiche locali. Non si va più in là, nei primi tempi. Ma, già nel ’20, qualche esponente del fascismo di provincia, come Dino Grandi, esce da questi limiti e, allora, non tarda a collocarsi sulle posizioni del Popolo d’ Italia e del nazionalismo « proletario » : « La guerra ha fatto appello agli orgogli nazionali, agli irredentismi così territoriali che economici e questi, violentemente suscitati, furono null’altro che lo strumento di un concetto più alto ed assorbente: l’ idea imperiale...)-) 16. Ed un’altra volta: « Io credo e sostengo che la guerra di domani null’altro sarà che la lotta di classe fra le nazioni » l7. Non diversamente s’esprimeva, sempre nel 1920, Cultura Sindacale, che rispecchiava l’orientamento di certi ambienti del lavoro, assai vicini al movimento fascista 18.
L ’allineamento della stampa locale fascista col Popolo d’Italia non giunge però completamente inaspettato. Ed è anzitutto l’As- salto di Bologna a riprenderne temi ed orientamenti fin dagli inizi del 19 2 1 : « Oltre 40 milioni di italiani non possono restare chiusi entro la cerchia ristretta dei confini della Patria. G l’Italiani appartengono ad una razza di colonizzatori, mercanti, navigatori. V i è la tradizione romana e quella delle repubbliche marinare. V i è — esempio recente e mirabile — la massa proletaria dei nostri emigranti che ha fecondato le due Americhe... Bisogna che i nostri colonizzatori ed i nostri navigatori restando italiani tengano gli occhi fissi sulla Patria lontana. Di qui un postulato della politica estera del fascismo ’ creare le condizioni sufficenti e necessarie per la pacifica espansione italiana nel Mediterraneo ed oltre Oceano ’ » 13. Oppure: « V i sono terre che ancora non costi-
1(1 La libertà economica, 10-1-1920, « Società delle Nazioni - Ultima menzogna »; ristampato in D. G randi, Giovani, Bologna 1941, p. 52.
17 Ivi, p. 16 1.18 Cultura Sindacale, a. I, n. 1 (30-12-1920).19 L ’Assalto, 4-5-1921, « La politica estera de! Fascismo ».
12 Giorgio Rumi
tuiscono monopolio delle potenze plutocratiche. Buona parte deh l’Asia Minore si presta ancora alla nostra ’ pacifica espansione ’...»2n.
La contrapposizione fra nazioni «plutocratiche» e «prole- tarie », tese le une alla conservazione del proprio predominio, le altre ad una redistribuzione di colonie e posizioni strategiche; l’emigrazione come presupposto della penetrazione e dell’ influenza italiana; la pressione demografica; la direttiva mediterranea ed oceanica...: le stesse parole d’ordine, insomma del Popolo d’Italia.
E ’ ovvio; per la stampa locale, si tratta spesso di spunti isolati, di aspirazioni abbastanza confuse, di stati d’animo particolari, ma sono pur sempre significativi di un orientamento comune del fascismo delle origini. Ora compare la più sfumata locuzione d’ « espansionismo » 20 21 22 ; ora si esaltano i successi dell’aviatore Fer- rarin o di Arturo Toscanini, e da lì si ricava una riprova della legittimità del primato italiano nel mondo i!; ora, con più immediato rilievo politico, si auspica la conservazione dei caratteri italiani di terre e popolazioni purtroppo soggette a governi stranieri 23 ... Il discorso prende le pieghe più diverse, si spezza, si disperde; ma le premesse sono poste, anche se la vera saldatura tra centro e periferia avviene solo verso la fine del ’2 1 e il discorso tenuto da Mussolini all’Augusteo di Roma ne è un po’ il segnale. « Io ricordo la grandezza imperiale di Roma per asserire come il nostro popolo abbia una storia politica meravigliosa. Ora noi siamo Nazione da soli cinquantanni e durante questo periodo abbiamo fatto una piccola politica. La grande politica fu fatta immediatamente poco prima ed un poco dopo la conquista di Roma dagli uomini della Destra storica... (Poi) un uomo solo è apparso veramente grande ed ebbe il coraggio — lo dico perchè siamo fra fascisti: parlo di Francesco Crispi — ebbe il coraggio in un momento in cui l’ Italia sembrava essere dominata dalla politica del piede di casa, di portare l’Italia nel Mediterraneo ed in Africa perchè sentiva che non ci può essere grandezza nazionale se la Nazione stessa non è spinta da un’ idea d’ impero... » 3t. Il mito imperiale, pur confusamente delineato, è ormai, nel periodo im
20 Ivi.21 L ’Assalto, 5-5-1921, « II Fascismo alle frontiere ».22 II Maglio, 26-2-1921, « 11 Fascismo e la politica estera - Verso l ’Italia imperiale
e Mediterranea ».23 L ’Assalto, 4-5-1921, « L ’autonomia a M alta».21 Popolo d ’ Italia, 9 -11-1921.
Il « Fascismo delle origini » e i problemi di politica estera 13
mediatamente precedente e seguente la presa del potere, il leitmotiv di tutta la stampa fascista. E il giornale mussoliniano, come i fogli degli irrequieti ras di provincia: Grandi, Balbo, De Vecchi, Farinacci, come anche le recentissime riviste di politica e di cultura del movimento, diffondono un’aspettazione di rapidi e grandiosi successi in politica estera, di rigenerazione profonda delle energie nazionali, di riscoperta di una missione mondiale da svolgere.
Fin dal lontano luglio 1920 Mussolini aveva ammonito, parafrasando Teodoro Mommsen: « ... non si resta a Roma senza un’idea universale! » Ed ora il Popolo d’Italia, alla vigilia della mobilitazione fascista, annuncia a piena pagina: « Le Aquile ed i fasci littori sono i segni della nuova Roma imperiale » c2. E non diversamente s’esprimono l’Assalto, il ferrarese Balilla, Cremona Nuova, o il piemontese Maglio.
« Il fascismo non poteva essere insensibile al fascino di Roma ’ nave immensa lanciata verso l’ impero' del mondo ’. Assertore ed esaltatore delle virtù della stirpe, esso rievoca gli austeri riti dell’antica Roma per tener viva nella mente e nel cuore degli Italiani la memoria della passata grandezza » 25 * 27 28. Il Discorso sul- l’ imperialismo, L ’ etica dell’Imperialismo, Italia Nuova, La luce di Roma, Verso l’Impero 28 : poco prima e poco dopo la marcia su Roma i titoli sono questi, e si tratta, per così dire, di un presupposto scontato: come mostra Ugo D ’Andrea, « Nessuna nazione ha come l’ Italia una necessità organica ed immediata alla propria espansione imperiale: tutta la nostra vita sociale, politica, economica è dominata da una sproporzione enorme tra la densità e l’accrescimento della popolazione e la ristrettezza e la densità del territorio... Se vi è qualcuno determinato in partenza a rompere l’attuale equilibrio che le potenze egemoni vorrebbero rendere statico, esso è l’ Italia; ed in ciò, in questa sua istintiva, fìsio-
25 Popolo d ’Italia, 1-7-1920, « Mortificazione » (B. Mussolini).•2G Popolo d ’Italia, 10-10-1922.27 L ’ Assalto, 21-4-1923, « Roma » (U. Mellori).28 II Maglio, 29-4-1922, « Il cuore del mondo » (U. Rondelli); 13-10-1923, « Primato »;
Il Principe, 11-6-1922, « Salire alle origini »; L ’ Impero, 30-3-1923; 22-3-1923, « Politica estera italiana » (P. Gorgolini); 17-3-1923, « Nostri postulati » (Volt); Il Popolo di Lombardia, 4-11-1922, « Italia nuova » (C. M. Maggi); 20-1-1923, « In Roma imperiale il Fascismo concreta e potenzia la sua Rivoluzione »; L'Ambrosiano, 1-12-1923, « La luce di Roma » (U. Notari); L ’Adriatico Nostro », a. Ili, nn. 34-5 (1923), « Il Congresso nazionale dell’espansione italiana all’ estero ».
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logica necessità di maggiore territorio e potenza è la sua tendenza all’ Impero. In questa istintiva ed inconscia ma formidabile vo- lontà di territorio, di ricchezza e di potenza è anche la certezza del nostro divenire imperiale... » 2S. La strada è tracciata. E, al di là del linguaggio retorico e generico, non è difficile scorgere una serie di precisi addentellati con la situazione del paese.
Il disegno di lotta antisovversiva, e di restaurazione dei va-lori tradizionali come antidoto alle lotte interne, è chiaro, eMussolini l’ha teorizzato, del resto, fin dal 1920: « Bisogna decidersi, cari italiani, scegliere o la politica mondiale o ritirarsi sul piede di casa e diventare se è possibile una colonia di sfruttamento e di divertimento angloamericana... » 29 30. Oppure: « ... noi non possiamo guardare oltre monte ed oltre mare perchè c’è sempre una Roccacannuccia qualsiasi che impazza e gioca alla rivoluzione e diventa per qualche giorno il centro dell’attenzione nazionale, mentre al di là dei confini, gli altri, dicendo plebeal-mente, ci fregano in pieno » 31 32. Ed ora, con sempre maggiorvigore, la nazione è posta come valore superiore agli interessi dei singoli e delle classi; e la politica estera è vista come l’unico rimedio capace di assicurare l’armonia sociale e l’universale benessere. La tendenza traspare con ancora maggiore evidenza se si ha riguardo agli orientamenti dei sindacalisti fascisti, che, pur non negando la lotta di classe, la limitano e la subordinano nettamente alle esigenze dello stato.
Mario Viana, già vicino al movimento nazionalista, su Cui- tura Sindacale esprime con assoluta franchezza le sue idee: « ... Il mondo per noi è troppo vasto. Noi pensiamo a salvare il mondo italiano, i francesi pensino a salvare il mondo francese, i tedeschi il mondo tedesco. E la salvezza della Nazione — che è poi la salvezza degli stessi lavoratori .— non sta soltanto nella produzione ma sta pure nella competizione; nell’educazione alla lotta, al senso agonistico delle masse, alla concezione egoistico nazionale. Non credo che il Sindacalismo possa essere qualcosa se non è nazionale ed antidemocratico » 3\ E Edmondo Rossoni, uno dei lea-
29 Critica Fascista, a. I, n. 12 (1923), « Discorso sull’imperialismo » (U. D ’Andrea); v. anche L ’Assalto, 31-10-1922, « L ’etica dell’ imperialismo » (G. R. Mandel).
30 Popolo d ’Italia, 1-7-1920, art. cit.31 Popolo d ’ Italia, 6-7-1920, « Roccacannuccia e Spa » (B. Mussolini).32 Cultura Sindacale, 31-12-1920, art. cit.
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ders del nascente sindacalismo fascista, per tutto commento si limita ad osservare: « ... non v ’è molta differenza fra il suo e il nostro modo di concepire il Sindacalismo » 33 *. In perfetto ac- cordo, a sua volta, con quanto sostiene l’Assalto: « Queste cor- porazioni (fasciste) hanno ... ben altra funzione da quella della lotta economica di classe ... Dall’armonia di Stato e sindacati sorge l’ Impero ... chi crede nel destino avvenire d’ Italia, chi attende fidente la sua riaffermazione stupenda nel ciclo inesauribile della sua storia, vede queste affermazioni concretarsi fatalmente nel- l’Impero che si rinnova. Esso rappresenta il raggiungimento della coscienza, la riaffermazione dello spirito e della pace sopra il caos in cui, attraverso la lotta dei singoli fattori della vita sociale, la Nazione cerca assiduamente senza sconfitte il supremo equilibrio delle forze brute e di quelle dell’anima che si fondono trasfigu- rate in perfetta unità. Nella Maestà di Roma che a lui dobbiamo riconquistare, nello splendore delle opulente armonie della Rina- scenza, abbiamo l’immagine dell’ Impero in veste di gloria, di bellezza e di luce insuperabili. L ’ Impero è il solstizio di tutte le civiltà. E noi lo promettiamo al mondo » “ .
I consensi e le simpatie fra gli uomini « d’ordine » erano così assicurati. E la stampa fascista metteva in primo piano anche il tema della tradizione cattolica d’ Italia e del suo significato mediterraneo e mondiale35 36... E Emilio Bodrero scriveva il suo Mani- festo alla Borghesia, e mostrava tutti i legami fra il « nuovo liberalismo italiano» ed il nuovo e « luminoso imperialismo »3C. T utto questo era ammesso, teorizzato, esaltato persino. Ma gli orientamenti fascisti non s’esaurivano poi in tale, vasto processo di restaurazione. Qualcosa resisteva, malgrado tutto, come se quella sorta di autonoma elaborazione compiuta sin lì davvero corrispondesse ad una volontà precisa di tentare una propria via. Si trattava, forse, di « sradicare il Fascismo dalle sue acerbe passioni
33 Ivi.31 L ’Assalto, 30-9-1922, « Verso l'Impero » (G. Pini). Sugli orientamenti di questo
sindacalismo nazionale e l'abbandono dei motivi internazionalistici, si v. S. Pa- nunzio, Stato nazionale e Sindacati, Milano 1924, pp. 93 e ss.; Id., La crisi dello Stato moderno e la S. D. N . in Vita internazionale, 20-7-1920, pp. 305-9: K . Su- kert, L ’Europa vivente, Firenze 1923, p. 115 e ss.; A . O. Olivetti, Il sindacalismo come filosofia e come politica, Milano 1924, p. 81 e ss.; iL. Salvatorelli, Nazionalfascismo, Torino 1923, p. 6 e ss.
35 Popolo d ’Italia, 24-1-1922, « Vaticano », (B. Mussolini): ld ., 16-11-1923, 30-11-1923; L ’Ambrosiano, 1-12-1923, « La luce di Roma », (U. Notari).
36 E. Bodrero, Manifesto alla Borghesia, Roma 1921, pp. 50-51.
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provinciali e comunali per farne l’elemento direttivo della nostra politica estera » 37 38, proprio come scriveva Mussolini. O, ancora più ampiamente, di ritrovare, al di là delle contingenti necessità della lotta antibolscevica, una direttiva ed una giustificazione permanente per il partito.
L ’Impero: il mito torna, sempre più articolato, e se ne ragiona e discute da diversi punti di vista. Ora costituisce l’espressione ultima della politica di potenza, e delle necessità di sviluppo economico; ora è la soluzione più efficace della lotta di classe, si, ma sempre in vista della creazione d’una massa d’urto sul piano internazionale. Il fine maggiore è questo, e assorbe gli altri. Come accade, ad esempio, a proposito dell’emigrazione: « il problema dell’emigrazione è tutto il problema della politica estera e quindi della politica economica e mondiale dell’ Italia. Quando il problema dei debiti e delle riparazioni sarà risolto, e verrà il giorno, verrà pure il problema indilazionabile della nostra esuberante manodopera... E la soluzione per una Nazione Imperiale quale è e deve essere l’ Italia, è una sola: trasformazione dell’emigratone in colonizzazione. O l’estero si convince dell’ ineluttabilità di questa trasformazione... o l’Italia darà molto filo da torcere a tutti... » 3S. « Ma intendiamoci: Impero extraeuropeo, su popoli non ancora capaci di autogoverno, su terre i cui prodotti... possono dare ad una nazione come la nostra non tanto la ricchezza quanto con le materie prime che ci difettano l’autonomia commerciale.. »39 40. E si formerebbe così una classe di dominatori, un vero e proprio « Herrenvolk », come altri teorizzeranno fra breve. « L ’ Impero riuscirà a fondere in una ’ unica classe ’ tutti gli italiani. La forza unitaria dell’Impero è incalcolabile. Possedendo delle provincie che ci daranno materie ed uomini, anche quello che è oggi il ’ proletariato ’ diventerà borghesia, anche quelli che oggi sono operai diventeranno ’ datori di lavoro ’ o proprietari, o, comunque, appartenenti alla classe dirigente e dominante... La ’ lotta di classe ’ cesserà di essere un problema di vera politica interna e diventerà quasi un problema di politica estera. Fra italiani ed abitanti delle provincie dell’Impero »
37 Gerarchia, a. I, n. 3, art. cit.38 II Balilla, 22-4-1923, « Emigrazione » (S. Panunzio).33 L ’ Impero, 18-8-1923, « Primato ed Impero » (M. Carli); si v. anche Politica,
a . V I, nn. 52-53 (1924), « Dall’ emigrazione all’ Impero » (F. Coppola).40 L ’ Impero, 8-4-1923, « L ’ Impero ucciderà la lotta di classe » (Settimelli).
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E ’ la via maestra, ma non esclude per questo l’esigenza di tutelare l’impronta italiana — la cultura, la lingua e la tradi' zione — di alcuni territori come il Canton Ticino 41 o Malta “ , ila Dalmazia o la Corsica 43. E, in quest’ultimo caso le trasparenti ammonizioni di un Gioacchino Volpe si spingono assai più in là, sino a sconfinare nell’aperto irredentismo: « Quella vicinanza non (è senza interesse: duplice interesse per noi Italiani. La Corsica ha una sua individualità come di nazione. Ma essa è una delle tre grandi isole che inquadrano, ad ovest e a sud'ovest, la peni' sola e sono geograficamente saldate ad essa ed hanno con essa affinità etniche che spiegano le affinità di linguaggio e di cui- tura » u. « Si potrà attrarre di nuovo nell’amplesso della sua madre vera la forte e rude isola alpestre? Ecco uno dei compiti dell’ Italia nova... Penetriamo nell’ isola con la nostra cultura, con la nostra lingua, comunichiamole il palpito della nostra vita, atti' riamo i giovani corsi nelle nostre università... prepariamoci al giorno forse non lontano in cui l’Italia accoglierà fra le sue brac' eia, alfine redenta, l’ isola che le fu strappata ignominiosamente...»45.
Aspirazioni imperiali e spinte panitalianiste: sono proprio que- sti accenni a segnare la rottura col passato ed a provocare vivi allarmi oltralpe. Ma di ciò, in un primo tempo almeno, il fasci- smo non sembra preoccuparsi gran che: il dinamismo, il disprezzo degli schemi tradizionali, l’abbandono della vecchia politica, misurata e cauta, dell’Italia liberale, in qualunque direzione e comunque attuati, sono altrettanti titoli di vanto del nuovo regime. E qui, nella polemica con quanto rimane degli ideali risorgimentali di volontà pacifica, di collaborazione internazionale, di equilibrata interpretazione del principio di nazionalità, avviene anche la definitiva convergenza tra nazionalisti e fascisti.
Il nazionalismo, anzi, non ha dato alla fin fine al fascismo il suo vero programma: qualcuno ha voluto sostenerlo46; ma il problema, ancora una volta, è forse diverso. Sul dottrinalismo, sullo scarso seguito popolare del movimento nazionalista, i fa-
11 L ’Ambrosiano, 21-9-1923, « La caccia all’ italiano » (U. Nptari); Popolo di Lom- bardia, 6-1-1923, « La questione ticinese ».
42 L ’Assalto, 4-5-1921, « L'autonomia a Malta », art. cit.43 Politica, anno V , n. 49 (1923), « Come la Corsica divenne francese », (G. Volpe).44 Ivi.45 L ’Assalto, 16-2-1924, « L ’ isola irredenta », (P. Ducati); v. anche L ’Ambrosiano,
17-10-1923.46 P. A latri, Le origini del fascismo, Roma 1956, pp. 11-14 .
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scisti non hanno certo taciuto le loro riserve " , ed hanno proce- duto per la propria strada. Ora, tra il ’22 ed il ’23 la convert genza porta a qualche risultato nuovo, ma non ad un mutamento radicale. E sul terreno della politica estera, il nazionalismo ag- giunge la sua spiccata e più concreta sensibilità a certi problemi della vita internazionale; aggiunge la dimestichezza, pur relativa, con gli strumenti del potere: la diplomazia, la rete consolare, le organizzazioni per la tutela deH’emigrazione 47 48 49; e, a volte, i van- taggi derivati daH’infiltrazione precedente negli stessi ranghi della Consulta. E rafforza così, in definitiva, la volontà di innovare in quel delicato settore della vita nazionale, liberandolo da una com- plessa eredità, non solo ideale, ma di pratiche consuetudini, di norme di condotta, di metodi d’azione.
E ’ una questione, quella della continuità e discontinuità della politica estera fascista rispetto alla precedente tradizione diplomatica dell’ Italia liberale, che la recente storiografia non ha del tutto trascurato. Ma l’accento è stato posto poi, troppo semplicemente sul rapporto che si potrebbe definire da maestro (Contarmi e la vecchia Consulta)» ad allievo (« il duce »), sulla funzione di freno e contenzione che la « Carriera » avrebbe esercitato verso l’ impetuoso desiderio d’avventure proprio del fascismo 4S.
Ma, da un lato, indubbia è la volontà di sostanziale innovamento, al di sopra di ogni parziale e temporaneo compromesso del fascismo, e del suo leader; e, dall’altro, quali concrete alternative la « Carriera » poteva contrapporre? E ’ così che andrebbe studiata, verificata, approfondita la questione.
La memorialistica dei diplomatici non è certo abbondante; ma
47 Popolo d ’Italia, 15-9-1921, « Le basi del Partito Fascista », (E. Rocca); e 7-12-1921, « Integrazione nazionale », (G. Bottai). Sui rapporti fra nazionalisti e fascisti si v. P. A rcari, L ’ elaborazione della dottrina politica nazionale dall’ Unità all’intervento, Firenze 1934, pp. 919 e ss.; U. D ’A ndrea, Corradini ed il nazionalismo, Roma 1928, pp. 46 e ss.; P. G orgolini, Il Fascismo e la crisi italiana, T orino 1923, p. 225 ss., che sottolinea il distacco fra i due movimenti mentre VOLT (Vincenzo Fani Giotti) nel Programma della Destra fascista, Firenze 1923, pp. 39 e ss., limita le differenze ad una semplice « fobia verbale » dei vecchi appartenenti alla sinistra per la parola imperialismo.
48 Si v. numerosi articoli in proposito in Politica, Vita Italiana e sulla vasta pubbli- cistica del periodo.
49 E . Di N olfo, op. cit., p . 45 e s s . ; M. Donosti, Mussolini e l’Europa, Roma 19 4 5 , p p . 1 2 e s s . ; L egatus (Roberto Cantalupo), Vita diplomatica di Salvatore Contarini, Roma 19 4 7 , passim; L . Salvatorelli - G. M ira, Storia d ’ Italia nel periodo fascista, Torino 19 5 6 , p . 24 6 e s s . ; G. SALVEM INI, Mussolini diplomatico, Bari 1 9 5 7 , p . 5 7 e s s . ; P . Q u a r o n i , Valigia diplomatica, Milano 19 5 6 , p . 1 5 e s s .
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da lì e dalla documentazione pubblicata qualcosa già trapela Una certa penetrazione degli ideali nazionalistici nella diploma- zia italiana risulta evidente; e ci si accorge che macroscopici dissensi, sul terreno della politica estera, non la separavano dagli orientamenti fascisti. E ’ un primo punto. E allora sì: preccupa- zione di contenere ed incanalare negli argini tradizionali l’esube- ranza del movimento — e la preghiera rivolta da Contarini aSforza perchè conservi il suo ufficio ne è il più cospicuo esempio — ; ma più che altro questione di forma, di esteriore rispetto di una certa consuetudine internazionale che si cerca di salvare. E per alcuni diplomatici, poi, l’adesione è ancor più marcata 50 51.
Nell’opinione della « Carriera » 52 53 i patti esistenti, certo, costituivano un patrimonio non trascurabile, una piattaforma giàconsolidata per i futuri sviluppi della politica nazionale e quindi si spiega la diffidenza nei riguardi dell’ambiguo revisionismo fascista. Ma anche qui, analogamente a quei settori della classe dirigente liberale che vedevano nel fascismo un temporaneo espediente per consolidare l’ordine e rafforzare le istituzioni, si sperava al più di strumentalizzare il fascismo per migliorare finalmente la posizione dell’ Italia, dopo un lungo periodo di rinuncie e delusioni. E il calcolo, che rivela pur sempre talune affinità,non tarda a mostrarsi errato, e assai limitato si mostra ben presto il margine di concessioni che il fascismo è disposto a fare allaprudenza ed ai canoni tradizionali delle cancellerie. Gli episodi di Territet, di Corfù, del fantasioso « piano continentale » contro l’ Inghilterra, come altri ha già illustrato, sono lì a mostrarlo J. Alla pressione fascista, la diplomazia ha poco da opporre, o addirittura consente.
Forse, più ancora dei clamorosi colpi di testa mussoliniani, sono le prese di posizione dei giornali fascisti del periodo ad indicare chiaramente il valore strumentale della pur relativa adesione ai suggerimenti della diplomazia, come anche la precisa
50 R. G u a r ig l i a , Ricordi, N a p o li 19 5 0 , p. io e ss.; iR. C a n t a l u p o , Racconti politici dell’altra pace, M ila n o 19 4 0 , p . 10 6 ; G . C a r o c c i, Giolitti e l'età giolittiana, T o r in o 1 9 6 1 , p p . 14 6 -7 .
51 Documenti diplomatici italiani, serie VII, vol. I (a cura di R. Moscati), Roma 1953, nn. 2 2 - 2 5 - 4 2 - 4 4 - 6 0 . Per la Corsica, n. 427; per Malta, n. 98; per il Dode- canneso, n. 76.
52 LegaTUS, op. cit., pp. 81-3.53 R. Moscati, Gli esordi della politica estera fascista in La politica estera italiana
dal 1914 al 1945, Roma 1963, pp. 89 e ss.
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volontà di innovazione. « Il grande merito del Presidente Mussolini — scrive l’Impero — è di avere accettato e seguito in politica estera il metodo tradizionale e di aver basato la propria azione di governo sulla logica politica e storica di un programma nuovo e di una mentalità, di una volontà, di una competenza nuove. Il problema della nostra politica estera non è, s’intende, fondato su possibili capovolgimenti di metodi, inattuabili fintanto che la situazione dell’Italia in Europa e l’ indipendenza dell’ Italia e delle altre nazioni non subiscano modificazioni di qualche importanza, ma è fondato sulla maggiore o minore possibilità di attuazione di un nuovo programma, quale è oggi senza dubbio il programma del presidente Mussolini... » 5*. Il quale, dal canto suo, appunto notava: « ... non c’è nessuna originalità in materia di politica estera e mi rifiuterei energicamente di fare l’originale, se questa originalità dovesse procurare qualche linea soltanto di danno al mio paese... »55. E chiariva così anticipatamente il senso delle parole dette alla Camera — e poi variamente interpretate — : « respingo la definizione che il mio amico on. Alfieri ha dato di questa politica estera, quando l’ha chiamata originale. Una politica estera non è mai originale... » “ che è poi la stessa linea dei vari articoli del Popolo d’Italia inneggianti, in apparenza, al significato conservatore e tradizionalista della politica fascista r'7.
E la stampa di partito indica bene anche i limiti dell’adesione di Mussolini allo stile della vecchia Consulta — su cui molti hanno insistito — , si fa portavoce delle critiche e delle riserve sulla sua efficienza e capacità. Barone-Russo (poi Giacomo Paolucci De Calboli-Barone), chiarisce persino con franchezza il rapporto di collaborazione, ma anche di subordinazione che lega lo stesso Salvatore Contarini al « duce » : « ... questa collaborazione del Sen. Contarini è stata tanto più proficua in quanto esercitata da un lato con quello spirito di devota ammirazione che egli professa verso il Presidente e dall’altro accolta con la consueta par- 64
64 L ’ Impero, 2-5-1923, « Fascismo e politica estera » (C. Suckert).55 Popolo d ’Italia, 11-2-1923.16 Popolo d ’Italia, 1 6 - 1 1 - 1 9 2 4 . M. T o sc a n o , in Le Origini del patto di Londra, B o
lo g n a 1934, p . 3, v e d e n e lle d ic h ia ra z io n i m u s so lin ia n e u n ’e s p re s s io n e d i o sse q u io a i c o s id e tti « p e rm a n e n t i in te re s s i n a z io n a li » , s e m p re d e te rm in a n ti la p o litica e s te ra d i u n p a e s e .
57 Popolo d ’Italia, 15-1-1924, « Realizzazioni »; 27-1-1924, « La pace adriatica » (Ra- stignac); 31-1-1924, « Residui passivi » (Rastignac); 9-2-1924, « Dopo la firma del trattato » (Rastignac); ed ancora 8, 10-2-1924; 6-3-1924.
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ticolare fiducia.. » 5S. Non appena poi l’azione dei fasci all’estero provoca le inevitabili resistenze o almeno perplessità della diplo- mazia — toccata nelle sue gelose prerogative — l’insofferenza è violenta. A tal punto che l’episodio è portato senz’altro ad esem- pio di una certa sordità della Carriera alle nuove esigenze del governo: « ... uno degli ambienti che il fascismo non sembraancora avere nè permeato nè galvanizzato è quello diplomatico consolare, e tranne nobili eccezioni individuali deve dirsi che ge- neralmente i nostri rappresentanti all’estero videro riformarsi dei fasci locali o con paura o con diffidenza o con vera e propria ostilità »
Specie dopo Corfu, è anzi la diplomazia italiana nel suo com- plesso ad essere ormai posta in discussione. E molti fanno eco: « il più geniale dei ministri deve rassegnarsi troppo spesso ad una imperfetta attuazione dei suoi migliori concetti di politica estera, quando gli manchino dei buoni ambasciatori... Coloro che sanno... le segrete cose dicono che l’ Italia d’oggi non dispone di ambasciatori ideali e neanche semi-ideali, e temo che non dicano una bugia. Non è un personale che si possa creare da un giorno all’altro... occorrono... l’impegno, lo zelo, una ragionevole dose di ambizione e soprattutto la guida sapiente del Ministro degli Esteri, considerato sub specie aeternitatis, cioè come il custode di una buona tradizione politica... avremo dunque buoni ambasciatori anche noi allorché il clima di Palazzo Chigi sarà divenuto così costante da permettere quel difficile allevamento... » : così scrive il Popolo d’Italia 6n.
Non è la carriera il vero freno dell’azione mussoliniana; ma sono, da un lato, gli ostacoli effettivi della situazione internazionale, e, dall’altra, e ancor più le preoccupazioni della politica interna. Il disorientamento causato dalla vicenda Matteotti crea difficoltà al partito, moltiplica le incertezze e i contrasti e porta ad un’indubbia cautela. Ora al fascismo preme di non impegnarsi troppo; evitare ogni possibile insuccesso; e, pur alimen
ts Popolo d ’Italia, 3-2-1923, « Le riforme del Presidente Mussolini nell’Amministra- zione degli Esteri ».
■™ Popolo d ’Italia, 1-8-1923, « Fasci all’Estero », (C. Pellizzi).00 Popolo d ’ Italia, 9-2-1924, « Un mestiere difficile », (Tournebroche). Si v . inoltre
L ’Ambrosiano, 10-8-1923, » Marocchinerie », (U. Notaci); Critica Fascista, a. II, n. 18 (1924), « Rivedere la diplomazia », (C. Pellizzi); Gerarchia, a. Ili, n. 6, « Politica Estera », (A. Signoretti); Cremona Nuova, 12-4-1923, « L ’Italia all’Estero », (P, Simoncini); Vita Italiana, a. XI (1923), n. 125, «La riforma della diplomazia»; ecc.
tando speranze ed entusiasmi mette perciò in sordina le indiscri- minate esaltazioni tipiche del periodo della marcia su Roma. Lo fa in modo indiretto, magari poco avvertibile alle prime; ma, sia pure nella forma di capziose distinzioni fra i vari tipi di imperialismo, il ripiegamento s’accentua. « ... Non gli ipocriti pretesti di Albione, nè il cinismo brutale dei fulvi Germani, e nemmeno il tremebondo dispotismo della Francia dissolvitrice. Ma l’equilibrata saggezza ereditata dai Romani, ma il senso di umana giustizia che la Chiesa Cattolica ci ha profuso in venti secoli di sua influenza... questo sarà il nostro Impero ed il mondo non avrà che da affrettare l’evento se davvero aspira alla pace... » 61 *. Oppure; « ... Noi non siamo imperialisti come lo sono i tedeschi che tentarono di sovvertire colla barbarie anche le leggi della morale, ma siamo imperialisti come lo furono i nostri padri... una politica difensiva aveva inspirato Roma quando prese nella penisola la direzione delle guerre contro i barbari; la necessità di difendere il commercio e la giustizia dai feroci pirati che nascevano in quelle regioni oggi facenti parte della Jugoslavia, indusse i Romani a conquistare le coste del nostro Adriatico; così fu difensiva la guerra contro Pirro e la lotta condotta contro i Semiti di Africa fu una difesa contro la perfidia Punica e contro l’ intendimento di Cartagine di essere padrona assoluta e dispotica dei mari... » <l2. E c’era già stato, d’altra parte, chi, fin dagli inizi del ’23, aveva appunto sottolineato l’aspetto spirituale e culturale dell’espansionismo italiano. « L ’imperialismo non deriva da ’ impero ’ , cioè da una entità politica e statale a struttura militare, ma da ’ imperio ’ , vale a dire da una somma di sentimenti e responsabilità tendenti alla valorizzazione di tutte quelle prerogative individuali e collettive che portano al ’ comando ’ , al ’ domino ’, al ’ primato ’ ... l ’ imperialismo dunque non va confuso nè con la megalomania militare di tipo napoleonico, nè con l’ istinto brutale di conquista soldatesca a tipo germanico... Noi non ci preoccupiamo affatto dei beni materiali che l’ impero può apportarci, ma dei beni morali » 63. Così come v ’era chi, anche più tardi, riprendeva simile filone deH’imperialismo ’ spirituale ’ fa
61 L ’ Impero, 21-8-1923, « Primato ed Impero », (M. Carli); v. anche Augustea, a. II (1926), n. 1 , « L ’imperialismo italiano », (A. Solmi).
02 L ’Assalto, 15-9-1923.63 L ’Ambrosiano, 4-5-1923, «Prim e linee dell’imperialismo italiano: lo spirito im
periale », (U. Notari).
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scista. Ancora nel 1926 ne troviamo traccia, ma il tono del di' scorso rivela sempre il falso scopo, il temporaneo espediente per celare, o rinviare, l’attuazione di un ben diverso disegno: « Spirituale. E però unico imperialismo positivo in un paese che come il nostro non dispone di materie prime sufficienti ad alimentare industrie che possano battere in concorrenza quelle straniere, nè di un’indipendenza economica che gli consenta il lusso di avventure in politica estera, nè di una plutocrazia che ne spalleggi l’espansione »
L ’interesse si posa sulle materie prime, sulle relazioni economiche, sugli scambi, lasciando tacitamente intendere che l’uomo d’affari e la nave mercantile non fanno che aprire la strada ad un ben diverso tipo d’espensione 6r>. « Roma non è stata costruita in un giorno: chi va piano va sano e chi va sano va lontano. Un impero è il frutto di una pazienza infinita... Per quel che concerne il momento attuale dell’Italia gli scopi pratici verso l’espansione sono rinchiusi nei limiti del campo economico. Le sue aspirazioni imperiali per lungo tempo devono restare in uno stato ideale...»66.
Ma, ancora una volta, è il Popolo d’Italia a definire meglio le posizioni mussoliniane. Come pochi mesi prima l’accento era posto sull’espansionismo, sull’esaltazione dell’egoistico interesse nazionale, sul mito dell’ impero di Roma, ora, nei difficili mesi del 1924, tutti questi motivi cedono il passo ad altri, ben lontani dalla tradizionale linea fascista.
E ’, talvolta, l’idea della pace quale bene supremo della comunità internazionale: « L ’ Italia della realtà e della verità è un’altra: è l’ Italia di questo trattato con la Iugoslavia, equa e leale, l’ Italia ansiosa soltanto di pace e di lavoro, l’Italia che deve affidare tutti per la disciplina interna che si è imposta e per il programma di civile solidarietà che intende svolgere insieme ai suoi vicini... »67. Si esalta, quindi, la prassi diplomatica tradizionale come fattore di ricostruzione e di garanzia dell’ordine interno "s. E ben presto è l’esistenza stessa di un programma imperialistico 61
61 Augustea, a. II (1926), n. 3, « Imperialismo spirituale », (E. Rocca).U5 L ’Assalto, 13-10-1923, « La maturità di noi giovani », (M. Carli).66 Vita Italiana, a. XII, n. 140-1 0924), « I fondamenti del fascismo », (G. S. Barnes).
Popolo d ’ Italia, 1-1-1924, « Residui passivi », cit.68 Popolo d ’Italia, 9-2-1924, « Dopo la firma del trattato » (Rastignac).
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fascista ad essere messa in dubbio 69: « Il preteso imperialismo fascista non esiste, tanto è vero che l’ Italia desidera fare una po- litica di amicizia con tutti i paesi... Ho fiducia nella nostra espansione commerciale e credo che prenderà sempre maggior sviluppo l’espansione italiana in Oriente sia per la situazione geografica sia per la tradizione... ».
Pare, ancora una volta, di trovarsi di fronte ad uno di quei radicali capovolgimenti d’indirizzo, che una parte della storiografia attribuisce a Mussolini. Ma, per poco che si approfondisce l’ indagine, ci si rende conto che l’impostazione espansionistica non viene affatto meno. Persiste infatti l’aspirazione indifferenziata alla grandezza come tendenza immanente all’esistenza stessa della nazione, come dato costante ed immutabile rispetto al mutare dei regimi e degli orientamenti politici '. Le relazioni economiche e commerciali coi paesi balcanici e mediorientali sono sempre ordinate ad un preciso fine espansionistico '2. E c’è, poi, chi non abbandona la speranza di prossime conquiste territoriali: « Muovere alla conquista pacifica di grandi mercati esteri. Come? Le crociere... sono un meraviglioso strumento di penetrazione... ma non basta. Bisogna integrarle con ’ occupazioni provvisorie ’... »73. Cosi che, in definitiva, il metodo gradualistico '* non rende meno chiara la vera natura dell’espansionismo fascista « che, ad onta di tutti i vecchi e tenaci luoghi comuni democratici e pacifisti altro non è che l ’espansione politica o per chiamare le cose col loro nome, l’espansione imperiale... » In questo ambito, l’accettazione da parte dell’Italia fascista dell’equilibrio di forze codificato dai trattati, e di tutto il procedimento diplomatico stabilito dalla tra--
6<J Popolo d ’Italia, 6-3-1924, « Il preteso imperialismo fascista e l’attività internazionale dell’ Italia ».
70 Popolo d ’ Italia, 23-1-1924, « Politica estera fascista »; 4-1-1924, « Tiro a segno », (Il fromboliere).
71 Popolo d ’Italia, 12-2-1924, « Per coloro che non vedono », (E. Corradini) e 31 -5- 1924, « Condizioni di politica estera ».
72 Adriatico Nostro, a. IV , n. 40-1, « I nuovi orizzonti della politica italiana in Oriente », (G. Tonsa).
73 L ’Ambrosiano, 31-7-1924, « Se ’ occupassimo ’ qualcosa anche noi? », (U. Notari). '* L ’Assalto, 13-10-1923, « La maturità di noi giovani », (M. Carli).75 Politica, a. V I, n. 52-3 (1924), « Dall’emigrazione all’Impero », cit.; si v. anche
L ’Assalto, 10-11-1923; Gararchia, a. II, n. 9, «Politica estera», (A. Signoretti), n. 12, « La lotta delle nazioni », (E. Corradini); a. Ili, n. 6, « La Nazione e l’Impero », (C. Pellizzi); Critica Fascista, a. I, n. 12, « Discorso sull’ imperialismo », (U. D ’Andrea).
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dizione, non può nascondere i suoi limiti ed il suo più autentico significato: « L ’ Italia non può oggi rinunciare alla politica delle alleanze, perchè queste sono l’unico mezzo offerto dalla storia per attuare la realtà imperiale » 76 77 78 79 *.
Così, prima ancora del 3 gennaio 1925 e della definitiva involuzione dittatoriale fascista, le perplessità e le cautele tendono a scomparire. I temi consueti: politica nuova e dinamica, espansione rispondente alle necessità sociali e nazionali, idea imperiale, riprendono con accresciuta intensità d’accenti. E quel che è anche più significativo, mete e tappe della politica estera fascista si precisano, lasciando cadere quei motivi, dettati dall’euforia del 1922, che si palesano di improbabile realizzazione o suscettibili di gravi complicazioni internazionali. In secondo piano passano, ad esempio, le rivendicazioni sulle terre etnicamente italiane: Malta, Corsica, Dalmazia, Cantone Ticino; e le infrequenti rievocazioni si affidano ora ai riferimenti culturali e linguistici ” , Il fascismo, insomma, esclude nettamente ogni prospettiva d’espansione terrotoriale in Europa: « ... lo sappiano gli stranieri — è principalmente questo che si intende in Italia quando si parla del necessario imperialismo italiano: impero coloniale, impero extra' europeo, impero d’oltre mare. Nessuno pensa in Italia a ’ conquistare ed opprimere ’ il più piccolo villaggio europeo... » 7S. Ed è invece sull’Africa e sull’Albania che vanno lentamente prendendo forma i progetti del regime.
Nell’Albania, si osserva, la penetrazione franco-inglese è già cospicua, ma la partita non sembra ancora definitivamente persa ” . L 'avance è evidente. E lo stesso accade a proposito delle ripetute osservazioni sugli attuali possedimenti coloniali che sono ben lontani dal soddisfare le esigenze italiane... Così per quanto suscettibili di sviluppo, l’Eritrea e la Somalia sono del tutto insufficienti h". E così la Libia, che « ... non ha carbone, non ha petrolio, non ha metalli: cose tutte essenziali per assicurare la vita economica del Paese in pace e la sua capacità di resistenza in guerra ».
76 L ’Impero, 24-1-1924, « L ’Impero non è ma diviene - Necessità delle alleanze », (Volt).
77 L ’Assalto, 23-5-1925, « La Corsica », (L. Colini Baldeschi).78 L ’Assalto, 9-1-1926, « Dell’ ’ Impero ’ italiano », (Francesco Coppola).79 L ’ Impero, 17-2-1925, » Petrolio, linfa del mondo », (M. Carli); si v. inoltre Vita
Italiana, a. XIII, n. 154 (1925), « Italia ed Albania », (M. Carini).so Gerarchia, a. V , n. 12 (1926), » La più grande Somalia », (C. M. De Vecchi).
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Occorre allora « ... cercare altri territori, altre zone che posseggano tali materie che sono state finora sfruttate in misura assai piccola... e che nello stesso tempo consentano una larga importazione di coloni italiani da far vivere in condizioni di clima analoghe a quelle della terra natale. Tali zone possono essere dentro il bacino del Mediterraneo e fuori di esso... » 81.
■ A questo punto, le assicurazioni non richieste di buona volontà verso l'impero etiopico 82 sono di per sè indicative; anche se dissolte per ora in una generica prospettiva mediorientale, che è quanto basta, per il momento, alle gerarchie fasciste, per tener desto sul piano dell’opinione pubblica interna ed estera il problema della necessaria espansione italiana.
Le giustificazioni: povertà del suolo, pressione demografica, vitalità e rinascita delle energie nazionali, sono certo ancora quelle portate avanti dal mussoliniano Popolo d’Italia fin dall’ immediato dopoguerra, ma vengono ora riprese con significativa frequenza e corale uniformità da tutta la stampa di partito. « L ’ Impero... ecco in lontananza la nuova visione fatta balenare agli italiani, ora come dominio territoriale, ora come prevalente influenza intellettuale ed economica e politica nel Mediterraneo, ora come energico atto di presenza e manifestazione di volontà nei problemi del mondo. Ed io non dirò a nessuno che gli Imperi si creino o se ne affretti l’avvento proclamandoli o preannunciandoli a gran voce... neanche dirò che sia senza pericolo creare nella generazione che cresce uno stato d’animo di baldanzosa e impaziente attesa, laddove tutti esperimentiamo come sia sbarrata e vigilata ogni via attorno a noi... Ma i miti hanno anch’essi il loro valore e la loro funzione: questo come gli altri miti dell’Olimpo fascista, come quello di una Italia che sia tutta una serrata falange e le lotte intestine, la mano del fratello levata contro il fratello, gli atti vituperevoli contro la Patria, i tradimenti, ecc. ecc., non si vedano più... » 83. Le parole del Volpe rivelano limiti e significato deH’imperialismo fascista. Il regime vuole coagulare attorno alla nazione ed alle sue fortune gli interessi e le energie di masse popolari sempre più vaste, vuole creare e sfruttare una generale
81 La Stirpe, a. IV , n. 4-5 (1926), « Il Mediterraneo e l’Italia », (F. Tiby).82 Popolo d ’Italia, 22-5-1927, « Giornate italiane in Ungheria ed in Etiopia », (G. P-);
ivi, 28-5-1927, « Per la potenza del Negus », (G. P.).S3 Gerarchia, a. IV , n. 8 (1925), « Ripensando al congresso fascista », (G. Volpe).
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concordia d’intenti per assicurare sul piano internazionale qualche concreta prospettiva di sbocco commerciale e coloniale.
Anche agli strumenti concreti della politica estera si guarda con rinnovato interesse: si ripresenta il problema di una diplo- mazia « fascistizzata » 8\ si sottolinea la necessità di un potenzia- mento delle forze armate 8a di cui, fra l’altro, il « duce » stesso assume la responsabilità ministeriale 86. La guerra stessa diviene nelle teorizzazioni della stampa fascista un mezzo normale nella condotta della politica estera, uno strumento imprescindibile per la realizzazione dei « fini nazionali » : « Sissignori : precisamente la guerra! E come si coltiverebbe nell’animo di un popolo l’ Idea dell’ Impero, senza segnalare l’unico, il più realistico mezzo per giungervi?... Per aumentare il territorio della Patria — che, per universale giudizio, non è più sufficiente alla vigorosa prolificità della razza ■— bisogna conquistare. Per conquistare bisogna combattere... » 87; ma, d’altra parte, « ... non è detto che questa volontà di vita delle nazioni vigorose e sane si possa affermare solo con la guerra. Mussolini lo ha affermato. Essa può tradursi solo con opere di pace se la saggezza di altri popoli, liberata dall’egoismo e dalle avidità, ne riconosce il fondamento morale ed il diritto naturale e le fa posto nel mondo... » 88.
L ’espansione diventa in questo modo la chiave di volta di tutta la politica fascista. Alle sue esigenze è via via coordinato l’atteggiamento italiano di fronte ai maggiori avvenimenti internazionali. La diffidenza per la Società delle Nazioni 89, o per le varie iniziative tese al disarmo ed alla pacifica soluzione delle controversie tra le potenze ne è solo un segno. Non vi può essere tranquillità ed ordine nelle relazioni internazionali, senza una totale ristrutturazione dei rapporti politici ed economici: « I paesi ricchi, saturati di potenza, vogliono stabilire le condizioni ed i valori del mondo, per cristallizzare le gerarchie internazionali, le posizioni di comando che la fortuna di un periodo storico ha crea-
®* Gerarchia, a. VII, n. 2 (1927), « L'evoluzione della diplomazia », (G. Bevione);a. Ili, n. 6, « Politica estera », (A. Signoretti).
85 L ’Impero, 26 / 27 - 8 - 1925, « Il titano della nuova Italia »; Gerarchia, a. IV, n. 6 (1925), « Note sulla politica estera », (R. Cantalupo).
88 L ’Impero, 8-4-1925, « Più in alto », (Settimelli).87 L ’Impero, 31-1-1925, «Sissignori: la guerra», (M. Carli).88 Gerarchia, a. V , n. 1 (1926), « Mussolini e l’Impero », (V. Gayda).89 Popolo d ’ Italia, 1-12-1926, « Popolazione e mandati », (G. P.).
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to, per disarmare economicamente e militarmente i concorrenti, assicurare una perpetua intesa che altrimenti verrebbe a mancare per la insufficienza dei mezzi e l’ irresistibile movimento di co- scienza dei popoli giovani. I paesi poveri e giovani, vogliono invece difendere e fare rispettare il loro diritto alla vita... » 90. Sono, ancora una volta, temi ed immagini care a Mussolini ed al suo movimento, motivi già presenti fin dalle origini e dai giorni stessi della Vittoria, tradotti ora sul terreno concreto dell’azione internazionale italiana. Una politica, come aveva detto Carlo Sforza in una notissima definizione, di « sentimenti e di risentimenti », ma non per questo, a modo suo, meno coerente. E la politica nei riguardi della Germania e del più vasto mondo delle nazioni « vinte », ma pur sempre « proletarie », vitali, insoddisfatte e bisognose di spazio e d’espansione, è lì a dimostrarlo.
« Tra l’ intesa delle -forze conservatrici e l ’alleanza delle forze rivoluzionarie (Germania e Russia) l’ Italia libera e padrona delle sue energie vuole ottenere il riconoscimento dei propri diritti alla vita » ’ Dobbiamo essere intelligenti — disse recentemente Mussolini dinanzi al Senato — per comprendere presto e con buona grazia ’ . L ’amicizia si rivela non solamente nel riconoscere ’ presto ’ e nell’acconsentire ’ con buona grazia ’ . Sino ad ora s’è preteso che l'Italia fosse un gendarme nel Continente ed un mendicante nel Mediterraneo, da snazionalizzare, possibilmente. Quei tempi sono finiti » S1.
L ’ Italia, fra le potenze dell’ Intesa ed i vinti di Versailles, vuole, negli intendimenti mussoliniani, porsi con quel terzo elemento capace di determinare il corso degli eventi. La disponibilità, quindi, è totale, come è spregiudicata la ricerca del successo immediato, della realizzazione concreta. L ’ importante è non essere assenti nella prossima « lotta per i posti al sole » ffi. Una volta soddisfatta la question préalable della necessaria espansione, il fascismo non rifuggirà dall’assumere il ruolo di pacificatore e garante dell’ordine internazionale: « Allo stato delle cose, l’ Italia è una forza d’equilibrio: e potrebbe anche essere una forza d’intelligente conservazione. Esistono in Europa delle energie compresse ed esistono anche delle ingiustizie. Una comprensione di 99
99 Gerarchia, a . VII, n. 3 (1927), « Armi e disarmo », (V. Gayda).91 Popolo d ’Italia, 12-6-1926, « L ’Italia nel Continente e nel Mediterraneo », (G. P.).92 L ’Impero, 10-12-1925, « I posti al sole ».
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ciò è bene che si generalizzi, perchè la tranquillità, più che dalle forze, può essere assicurata da un’intelligente giustizia » ” ,
Così, quando sulla stampa internazionale, e francese in par- ticolare: dai nazionalisti Echo de Paris e Action Française, ai ra- dico-socialisti Ere nouvelle, l’Oeuvre e Le Peuple appariranno, sul finire del 1925, vivi allarmi per l’avventurosità della politica italiana, e voci di imminente proclamazione dell’Impero fascista “ , il « duce » potrà fare alla stampa dichiarazioni forse tranquillanti per l’opinione pubblica europea, ma non riuscirà a nascondere gli autentici intendimenti del regime: « L ’ Impero... come volontàdi vita e di potenza è alla base di tutti gli organismi viventi. Ogni nazione che abbia esuberanti capacità di progresso è tratta dalla sua stessa natura, via via che si intensificano le sue forze prò- duttive e la luce del suo spirito ad allargare i termini della propria pacifica penetrazione economica nel mondo, ad espandere oltre i suoi confini la sua potenza ed il prestigio intellettuale e morale... allorché si parla dunque di un’Italia « Imperiale » non si allude a nessuna conquista determinata territoriale, ma ad una attitudine a una norma di condotta virile, risolutiva, combattiva se occorre... E ’ stolto chi veda in tali direttive un proposito aggressivo : non mancano nella storia accordi e divisioni pacifiche mediami le quali le potenze raggiunsero un più saldo e giusto equilibrio fra le forze rispettive e salvaguardarono la pace e la tranquillità dei loro popoli » 93 94 95.
Ancora una volta egli vuole rassicurare, e l’accento sembra posarsi sulla prevalente volontà di pace e collaborazione. Ma a quali e quante condizioni essa è subordinata! Come rivela, se non altro, quell’esordio, che ripete quasi esattamente la parola pronunciata nel marzo 19 19 , all’adunata di San Sepolcro.
Giorgio Rumi.
93 Popolo d ’Italia, 7-10-1927, « Amicizie ed armonie internazionali », (G. P.).94 Echi e commenti, 5-1-1926.95 Ivi, « Rapporti e problemi internazionali all’ inizio del 1926 ».
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