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TTEERRRRIITTOORRIIAALLEE CCOONNFFEEDDEERRAALLEE iinn EEmmiilliiaa RRoommaaggnnaa 22000022--22000055
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CCeessaarree MMiinngghhiinnii,, FFlloorriinnddaa RRiinnaallddiinnii,, FFrraanncceessccoo PPooggggiiaallii
collana
Settembre 2006
Si ringrazia:
Il Comitato di Progetto della ricerca:
Nadia Presi, Roberto Battaglia, Silverio Ghetti, Rita Turati.
I testimoni significativi intervistati nei focus g oup sindacali e nelle interviste individuali: r
Sindaci, Vicesindaci, Assessori, Direttori Generali.
Stefano Tugnoli dell’IRES Emilia Romagna per il supporto all’analisi statistica e la costru-
zione del database.
- 2 -
Indice
f
pagina
1. Il tema al centro della ricerca: una introduzione ...............................................................5
2. Il percorso della ricerca .............................................................................................................10
3. La costruzione della Piattaforma e il processo negoziale............................................. 14
3.1 Alcune considerazioni preliminari............................................................................... 14
3.2 La Piattaforma del sindacato .......................................................................................17
3.3 Il processo negoziale e la sua formalizzazione..................................................... 22
3.3.1 Le caratteristiche delle relazioni tra gli attori ...................................... 26
3.3.2 Dalla presentazione del bilancio ... ........................................................ 27
3.3.3 ... alla contrattazione più o meno permanente .................................. 29
3.4 L’esito della contrattazione...........................................................................................33
3.4.1 Due tipi di esito: l’accordo e il mancato accordo............................... 34
4. I contenuti degli accordi............................................................................................................38
4.1 La classificazione degli accordi ...................................................................................40
4.2 Le caratteristiche degli accordi ...................................................................................48
4.3 I profili della contrattazione.........................................................................................50
4.4 Assi negoziali e complessità tematica degli accordi ........................................... 56
4.5 Le voci contrattate nelle aree tematiche ................................................................ 59
4.5.1 L’area “Premessa politica – relazioni sindacali”.................................. 59
4.5.2 L’area “Politiche socio – sanitarie”........................................................... 62
4.5.3 L’area “Politiche socio – assistenziali” .................................................... 64
4.5.4 L’area “Esclusione, povertà, vulnerabilità” ........................................... 68
4.5.5 L’area “Immigrazione”..................................................................................70
4.5.6 L’area “In anzia e adolescenza”................................................................ 73
4.5.7 L’area “Tasse tariffe e tributi” ................................................................... 76
4.5.8 L’area “Politiche abitative” .......................................................................... 79
4.5.9 L’area “Sicurezza urbana” ........................................................................... 82
4.5.10 Le aree “Sviluppo ambientale”, “Politiche di sviluppo e
per il lavoro” e “Politiche del personale”............................................... 84
- 3 -
pagina
5. Le questioni aperte e i nodi irrisolti ...................................................................................... 91
5.1 Le fasi successive alla sottoscrizione dell’accordo .............................................. 91
5.1.1 L’istituzionalizzazione della negoziazione.............................................. 91
5.1.2 La comunicazione dei risultati ................................................................... 94
5.2 Uno sguardo sul 2006 .................................................................................................... 96
5.3 Il tema del mandato .....................................................................................................100
5.4 Contrattazione, concertazione, negoziazione: quale definizione
adottare? ..........................................................................................................................101
5.5 Spunti di riflessione per l’azione sindacale e ulteriori prospettive
di ricerca............................................................................................................................104
Bibliografia.............................................................................................................................................108
- 4 -
- 1 - Il tema al centro della ricerca: una introduzione
La partecipazione degli attori sociali nelle istituzioni e nella produzione di politiche pub-
bliche è divenuto ultimamente un oggetto di grande interesse, al centro del dibattito politico
e culturale odierno, caratterizzandosi sempre più come elemento di “novità teorica che modi-
fica i confini della politica classica”1.
In effetti, l’influenza dell’azione sindacale è divenuta negli ultimi decenni “più intensa e
pervasiva, estendendosi oltre l’ambito nazionale e ramificandosi intorno a materie settoriali e
a esperienze locali”2. In questa direzione ha sicuramente giocato un ruolo importante il cre-
scente rilievo assunto, in tema di politiche di wel are, dai vari livelli locali che si vanno sem-
pre più ad affiancare a quello europeo e nazionale.
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La dimensione locale si configura, dunque, molto più che in passato, come una dimen-
sione strategica dello sviluppo3 capace di contribuire alla promozione della cittadinanza ba-
sata sui diritti sociali che, storicamente, sono connessi allo sviluppo del welfare state4.
Stiamo pertanto assistendo, a livello regionale, provinciale, distrettuale, comunale,
ecc., all’apertura degli spazi decisionali da parte dei decisori pubblici ad una pluralità di attori
(sociali, privati, no profit, ecc.) che spesso si sostanzia in una proliferazione di “accordi, patti,
intese” tra le istituzioni e questi soggetti sempre più considerati come interlocutori privilegiati
delle amministrazioni locali e, apparentemente, protagonisti dello sviluppo sociale ed econo-
mico legato al territorio. Di fatto, l’elaborazione delle politiche e dei programmi, soprattutto a
livello locale, “tende a dare uno spazio crescente a questi strumenti contrattuali” (gli accordi,
i protocolli, le intese, ecc.,) che “ridisegnano il profilo e i contenuti delle relazioni fra le stesse
1 Carrieri M., Slittamento ed evoluzioni nella regolazione sociale, in “Quaderni di Rassegna sindacale”, 1,
2006, Ediesse, Roma, p. 83. 2 Carrieri M., Tra contrattazione e concertazione, in “Quaderni di Rassegna sindacale”, 3, 2004, Ediesse,
Roma, p. 143. 3 Cfr. in particolare, Bifulco L. (a cura di), Le politiche sociali. Temi e prospettive emergenti, Carocci,
Roma, 2005. 4 Si veda Regalia I. (a cura di), Negoziare i diritti di cittadinanza, Franco Angeli, Milano, 2003.
- 5 -
amministrazioni pubbliche che a vario titolo sono competenti o interessate”5.
A tale proposito, nel corso degli ultimi anni si stanno sempre più diffondendo pratiche
di “innovazione istituzionale ispirate all’introduzione di dispositivi volti a promuovere la parte-
cipazione”6 dei cittadini nei processi e nei meccanismi decisionali delle istituzioni locali, come
dimostra, ad esempio, la recente adozione dello strumento del bilancio partecipativo da parte
di molti comuni anche in questa Regione.
Proprio per la grande attualità che riguarda il fenomeno della territorializzazione del
welfare7 e dell’azione locale degli attori sociali, è però necessario, in via preliminare, prima di
trattare il tema al centro della nostra ricerca, fare alcune precisazioni che possono aiutarci a
considerare l’argomento “wel are locale” rifuggendo da facili esaltazioni ma con tutto il por-
tato di “dilemmaticità e problematicità”8 che alla definizione si accompagna.
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In effetti, attorno alla questione del welfare locale sono “in gioco questioni che non ne-
cessariamente vanno nella direzione di un’espansione e di un miglioramento del sistema di
welfare, ma che pongono come problematico già il mantenimento dell’assetto attuale”9.
In questa prospettiva, il welfare locale può essere concepito non solo e non più come
elemento estremamente positivo “sostanzialmente addizionale e complementare” dello stato
sociale nazionale ma diventa un “possibile terreno di conflitti, un campo intorno a cui si va
rinegoziando e ridefinendo l’intera architettura del sistema di welfare nazionale (...) e as-
sume rilevanza all’interno di un processo di ridefinizione della geografia della regolazione
pubblica”10.
Stiamo parlando dunque di tutto ciò che attiene, in qualche modo, il “negoziare i diritti
di cittadinanza”11. Negli anni Cinquanta per il padre fondatore del vocabolario dei diritti so-
5 Bifulco L., Vitale T., La contrattualizzazione delle politiche sociali e il welfare locale, in Bifulco L. (a cura
di), op. cit., p. 81. Cfr., inoltre, per un approfondimento sul concetto di contrattualizzazione che non si presta a definizioni univoche, Vitale T., Contrattualizzazione sociale, in “La Rivista delle Politi-che Sociali”, 1, 2005, Ediesse, Roma, pp. 291-319; Bobbio L., Produzione di politiche a mezzi di contratti nella pubblica amministrazione italiana, in “Stato e Mercato”, 1, 2000, pp. 111-141.
6 Borghi V., Tra cittadini e istituzioni. Riflessioni sull’introduzione di dispositivi partecipativi nelle pratiche istituzionali locali, in “La Rivista delle Politiche Sociali”, 2, 2006, p. 147-179. In questo saggio si af-frontano sia le potenzialità che i problemi e i rischi di pratiche di innovazione istituzionale come, per l’appunto, lo strumento del bilancio partecipativo.
7 Cfr. in particolare Mirabile M.L., Doppio movimento. Premesse per studi integrati su territorializzazione e welfare, in “La Rivista delle Politiche Sociali”, 2, 2005, pp. 63-87.
8 L’espressione è stata utilizzata da Costanzo Ranci nel corso dell’intervento da lui tenuto al Primo Forum della Rivista delle Politiche Sociali “Welfare italiano. L’Europa nonostante tutto”del 7-8 no-vembre 2005 a Roma. Gli atti del Forum sono ora disponibili in: “La Rivista delle Politiche Sociali”, Atti del Forum RPS, Welfare italiano. L’Europa nonostante tutto, 1, 2006, Ediesse, Roma, pp. 127-135.
9 Ibidem, p. 127. 10 Ibidem, p. 127-128. 11 Parafrasando il titolo di uno studio – importante – che si è cimentato sul tema della contrattazione
tra enti locali e sindacato (nello specifico si tratta del sindacato dei pensionati) in tema di bilanci comunali con un approccio di tipo quantitativo.
- 6 -
ciali – Thomas Marshall – questi ultimi riguardavano “tutta la gamma che va da un minimo di
benessere e sicurezza economica fino al diritto a partecipare pienamente al retaggio sociale
e a vivere la vita di persona civile, secondo i canoni vigenti nella società”12. In questa sede,
nell’impossibilità di rendere conto del dibattito che da allora si è prodotto sul tema dei diritti
sociali, appare importante ricordare come nel modello di welfare state prevalente in Europa i
progetti di cittadinanza sociale abbiano “incorporato l’ancoraggio dei diritti sociali sia ai beni
sia alle relazioni sociali e il profilo di uguaglianza collegato”13. Modelli di welfare che, come
sottolinea il sociologo francese Robert Castel, hanno fatto riferimento all’idea di una società
non di eguali ma di simili “in cui tutti i membri possono intrattenere delle relazioni di interdi-
pendenza perché dispongono di un fondo di risorse comuni e di diritti comuni”14.
I diritti sociali definiti come una conquista del Novecento e come terza fase dell’evolu-
zione della cittadinanza (dopo i diritti civili e politici), vengono però “sempre meno garantiti
pubblicamente”15.
Aumenta anche il Italia e in una Regione “ricca” come l’Emilia Romagna il fenomeno
della vulnerabilità sociale e il processo di impoverimento che porta, sempre più spesso, strati
significativi della popolazione (in primis lavoratori/trici e pensionati/e soli o in famiglia) non
poveri, non coinvolti, cioè, direttamente, fino a questo momento, da disagio economico,
psico-sociale e cognitivo a diventare per l’appunto più vulnerabili, più fragili, più a rischio di
disagio economico e socio-relazionale16.
Attualmente il dibattito sulla cittadinanza e sui diritti ad essa collegati è tornato di
stringente attualità legato in particolare al fenomeno dell’immigrazione (si veda, ad esempio,
per quanto riguarda il nostro Paese, il recente disegno di legge del governo Prodi – agosto
2006 – che deve passare ancora al vaglio del Parlamento, sulla riforma della cittadinanza; un
disegno di legge che prevede, in particolare, la possibilità per gli stranieri residenti in Italia di
ottenere il diritto di cittadinanza italiana dopo cinque anni, e non più dieci come accade at-
tualmente, di residenza nel nostro Paese).
Detto ciò, la presenza degli attori sociali che partecipano alla costruzione delle decisioni
di competenza della sfera istituzionale in ambito locale e, in particolare, la dimensione terri-
12 Marshall T., Cittadinanza e classe sociale, Laterza, Roma-Bari, 2002, p. 8. cit. in Bifulco L. (a cura di),
Le politiche sociali. Temi e prospettive emergenti, Carocci, Roma, 2005. 13 Bifulco L. (a cura di), op. cit., p. 22. 14 Castel R., L’insicurezza sociale. Cosa significa essere protetti?, Einaudi, Torino, 2004, cit. in Bifulco L. (a
cura di), p. 22. 15 Casiccia A., Diritti di cittadinanza nella società della proprietà, in “La Rivista delle Politiche Sociali”, 2,
2006, p. 251. 16 Si veda: Addabbo T., Borghi V., Lugli L., Minghini C., Rinaldini F., Tugnoli S., La vulnerabilità so-
ciale in Emilia Romagna, Materiali IRES Emilia Romagna, Bologna, 2005, consultabile sul sito: www.ireser.it.
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toriale dell’azione sindacale, risultano essere ancora aspetti poco esplorati ed indagati, anche
per il rilievo assegnato in precedenza alle macropolitiche e al ruolo delle concertazione na-
zionale17.
Dopo questa sintetica ma necessaria premessa, diciamo subito che al centro di questo
Rapporto vi è l’analisi della contrattazione territoriale confederale che avviene tra l’attore
istituzionale – l’amministrazione comunale – e il sindacato in merito alla definizione delle po-
litiche dei bilanci comunali.
Un sindacato che dunque, come affermato anche nel recente Congresso della CGIL, in-
veste nella capacità di essere “soggetto attivo nella contrattazione di quote di salario sociale
e nella contrattazione dell’allocazione delle risorse pubbliche, dei programmi territoriali e de-
gli investimenti per lo sviluppo e la crescita; anche attraverso un sistema di tutele e promo-
zioni locali in grado di alimentare una democrazia e una partecipazione sostanziale alla vita
delle comunità”18, promuovendo quindi politiche di inclusione sociale e tutela dei diritti.
Il confronto – di tipo bilaterale – si svolge infatti sugli Indirizzi e le linee di bilancio de-
gli Enti locali (in questo caso i comuni) e ruota attorno ad alcuni grandi assi che qui pos-
siamo anticipare e su cui ci soffermeremo più diffusamente nel corso del Rapporto: la difesa
del potere d’acquisto dei salari e delle pensioni; il contenimento e la riduzione dei prezzi e
delle tariffe; le politiche socio-sanitarie e assistenziali legate anche alla qualità dei servizi
collettivi e a domanda individuale; i temi dell’equità e progressività delle imposte comunali.
Precisiamo, fin da ora, che con questo lavoro non si vuole soltanto focalizzare l’atten-
zione esclusivamente su quello che abbiamo definito come esito del processo negoziale e
quindi la sottoscrizione di accordi, verbali, intese, ecc.
Il cuore della ricerca è, a nostro avviso, rappresentato dal tentativo di effettuare una
ricostruzione del processo negoziale che avviene tra i due attori della contrattazione (sinda-
cato e amministrazione municipale), al fine di meglio comprendere il comportamento degli
attori, privilegiando una lettura del fenomeno di tipo qualitativo (focus group e interviste in
profondità)19.
A partire dalle modalità con le quali l’attore sindacale costruisce la propria “piattaforma
rivendicativa”, abbiamo preso in esame le caratteristiche delle relazioni tra le parti, il pro-
cesso di negoziazione e la sua formalizzazione, i momenti successivi alla sottoscrizione o
meno di un accordo (l’istituzionalizzazione della negoziazione, la comunicazione dei risultati,
ecc.), i nodi critici e i temi irrisolti (il mandato sindacale a trattare con l’ente locale, la valida-
17 Carrieri M., Tra contrattazione e concertazione, op. cit., p. 143. 18 Documento politico conclusivo del XV Congresso Nazionale della CGIL, Rimini, 1-4 marzo 2006. 19 Si veda il prossimo capitolo per la definizione delle tecniche di ricerca utilizzate.
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zione della piattaforma e dell’accordo, la difficoltà nel definire questo tipo di esperienza, ecc.)
al fine di ricostruire il percorso negoziale in tutte le sue varie fasi.
Si è dunque proceduto cercando di intrecciare l’analisi qualitativa con quella di tipo
quantitativo, prendendo in esame i temi presenti negli accordi sottoscritti tra gli attori della
contrattazione in un campione significativo di Enti locali in Regione – 32 comuni – e “co-
prendo” così una popolazione pari circa alla metà di quella residente in Regione.
Questa nostra operazione mira a porre le basi per la costruzione, da parte del sinda-
cato, di un Osservatorio sulla contrattazione territoriale confederale in Emilia Romagna, che
consenta un monitoraggio anche su questo tipo di azione sindacale e vada ad affiancarsi
all’analisi dell’azione sindacale “per eccellenza” rappresentata dalla contrattazione aziendale
che si svolge fra sindacato ed impresa20.
È necessario ribadire, a questo punto, che su queste tematiche siamo ancora in pre-
senza di limitati contributi teorici e ricerche empiriche. Sono però da segnalare alcuni meritori
studi promossi dal sindacato e realizzati dagli Istituti di Ricerca ad esso collegati, anche se
con un approccio quasi esclusivamente di tipo quantitativo (studi di caso, analisi degli accordi
siglati tra enti locali e organizzazioni sindacali)21.
A parte queste importanti eccezioni, si sconta però ancora una “grave carenza e inaffi-
dabilità dei dati e delle informazioni disponibili”22 che non ha consentito di pervenire al dibat-
tito più generale che riguarda le politiche sociali nel loro complesso – e quindi non solo lo
specifico aspetto di cui ci si occupa in questa sede – ad un “confronto serrato a partire da ri
sultanze evidenti e affidabili (corsivo nostro, ndr)”23.
-
20 Si veda la Banca Dati IRES Emilia Romagna sulla contrattazione di secondo livello, fondata nel
1994, che raccoglie circa 12mila accordi aziendali sottoscritti in Regione a partire dal 1991. 21 Cfr., a questo proposito, il già citato Regalia I. (a cura di), Negoziare i diritti di cittadinanza, Franco
Angeli, Milano, 2003, che si occupa dell’analisi della contrattazione territoriale effettuata in parti-colare dal sindacato dei pensionati e, per quanto concerne la contrattazione da parte dell’intera confederazione sindacale: IRES L. Morosini, Spolti G. (a cura di), Il territorio come luogo di negozia-zione dei diritti: analisi dei materiali raccolti nella contrattazione con gli Enti Locali, Torino, 2005.
22 Ranci C., Politica sociale. Bisogni sociali e politiche di welfare, Il Mulino, Bologna, 2004, p. 7. 23 Ibidem, p. 7.
- 9 -
- 2 - Il percorso della ricerca
La ricerca si è posta l’obiettivo di ricostruire, in un campione significativo di Enti Locali
in Emilia Romagna – 32 comuni – con una popolazione pari al 50% circa del totale regionale,
le diverse esperienze di contrattazione territoriale realizzate dai sindacati confederali e dei
pensionati con le amministrazioni comunali nel periodo 2002-2005.
Il campione scelto dal Comitato di Progetto della ricerca, in accordo con le undici Ca-
mere del Lavoro territoriali, è stato selezionato in base ai seguenti criteri: dimensione (i 9
comuni capoluogo con popolazione superiore a 100mila abitanti24; 13 comuni di media di-
mensione e 10 comuni con popolazione inferiore ai 15mila abitanti) e territorialità (comuni -
almeno uno per provincia - facenti parte dei distretti socio sanitari già analizzati nella Ricerca
IRES “La vulnerabilità sociale in Emilia Romagna” presentata nel 2005, al fine di dare conti-
nuità al lavoro di ricerca dell’Istituto sui temi del welfare locale e della coesione sociale e co-
gliere l’eventuale nesso tra la ricostruzione delle criticità finora emerse nei territori presi in
esame e l’azione negoziale territoriale).
Il campione comprende i seguenti comuni25:
- Piacenza, Fiorenzuola, Borgonovo;
- Parma, Fidenza, Collecchio;
- Reggio Emilia, Correggio, Guastalla;
- Modena, Vignola, Castelnuovo Rangone;
- Bologna, Casalecchio, Budrio, Crevalcore;
- Imola, Castel San Pietro Terme;
- Ferrara, Argenta, Bondeno;
- Ravenna, Faenza, Massalombarda;
- Forlì, Forlimpopoli, Santa Sofia,
24 L’unica piccola eccezione è rappresentata da Piacenza, comune capoluogo, con popolazione di
poco inferiore ai 100mila abitanti (99.150 residenti al 1.01.05). 25 Nell’ordine: comuni capoluogo con popolazione residente superiore ai 100mila abitanti; comuni
con popolazione compresa tra 15mila e 100mila abitanti; comuni con popolazione inferiore ai 15mila abitanti. In ogni provincia sono stati selezionati tendenzialmente almeno tre comuni (di grande, media, piccola dimensione) ad eccezione delle province di Bologna e Forlì-Cesena (rispet-tivamente con sei e cinque comuni selezionati) in quanto in entrambe le province sono presenti due Camere del Lavoro territoriali (rispettivamente Bologna e Imola; Forlì e Cesena).
- 10 -
- Cesena, Cesenatico;
- Rimini, Santarcangelo, Morciano di Romagna.
I 32 comuni del campione suddividi per classe di ampiezza e disposizione geografica.
Popolazione COMUNI selezionati TERRITORI
> 100.000 residenti < 100.000 residenti <15.000 residenti
Piacenza • Piacenza • Fiorenzuola • Borgonovo
Parma • Parma • Fidenza • Collecchio
Reggio Emilia • Reggio Emilia • Correggio • Guastalla
Modena • Modena • Vignola • Castelnuovo Rangone
Bologna • Bologna • Casalecchio • Budrio • Crevalcore
Imola • Imola • Castel San Pietro T.
Ferrara • Ferrara • Argenta • Bondeno
Ravenna • Ravenna • Faenza • Massa Lombarda
Forlì • Forlì • Forlimpopoli • Santa Sofia
Cesena • Cesena • Cesenatico
Rimini • Rimini • Santarcangelo di R. • Morciano
Emilia Romagna 9 COMUNI 13 COMUNI 10 COMUNI
La prima fase della ricerca è stata tesa a ricostruire il comportamento degli attori pro-
tagonisti della negoziazione territoriale – sindacato e amministrazione locale – attraverso
un’indagine di tipo qualitativo.
Sono stati realizzati focus group in tutti gli undici territori con gli attori sindacali: la
Confederazione, il sindacato dei pensionati (SPI), la categoria del Pubblico impiego (Funzione
Pubblica), che hanno coinvolto oltre cinquanta sindacalisti. Sono state effettuate, in seguito,
interviste semi-strutturate individuali agli attori istituzionali (in particolare Sindaci, vicesin-
daci, Assessori al Bilancio e alle Politiche Sociali), coinvolgendo la quasi totalità dei comuni
oggetto del campione (ben 29 su 32). La maggior parte degli attori istituzionali è stata inter-
- 11 -
vistata individualmente presso le relative sedi municipali26.
La traccia dei focus group e dell’intervista individuale27 prevedeva alcune aree temati-
che da sviluppare esclusivamente con l’attore sindacale riguardanti, in particolare, la fase
relativa alla rilevazione dei bisogni e alla costruzione della Piattaforma sindacale, così come il
tema del mandato (dalla validazione della piattaforma alla valutazione sull’accordo raggiunto)
e la ricerca di una definizione da adottare per meglio connotare questo tipo di contratta-
zione, dai confini ancora più incerti e sfumati rispetto all’azione sindacale per eccellenza rap-
presentata dalla contrattazione di secondo livello che si svolge nei luoghi di lavoro.
Invece, altre aree tematiche da approfondire in sede di intervista sono state sviluppate
sia con l’attore sindacale che con l’attore istituzionale, con l’obiettivo di ricostruire, in parti-
colare: il processo di negoziazione e le caratteristiche delle relazioni tra gli attori; il grado di
formalizzazione del percorso e l’esito della contrattazione; l’istituzionalizzazione e il ricono-
scimento formale della negoziazione; la comunicazione dei “risultati” della contrattazione ter-
ritoriale (l’accordo e il mancato accordo), ecc. Il periodo di rilevazione è compreso tra il giu-
gno 2005 e il febbraio 2006.
Nella seconda fase della ricerca sono stati presi in esame gli esiti formali della contrat-
tazione (denominati accordi ma anche protocolli, verbali, intese, ecc.) siglati tra le Organizza-
zioni sindacali e gli Enti locali del campione. Sono stati raccolti gli accordi sottoscritti nei 32
comuni in esame e si sono analizzati i “contenuti” degli accordi sottoscritti, i temi cioè og-
getto della stessa contrattazione territoriale.
La lettura dei testi ci ha portato alla costruzione di una classificazione dei temi presenti
nella contrattazione territoriale confederale28. Gli argomenti negoziati spaziano, ad esempio,
dall’area definita “Premessa politica, relazioni sindacali, modalità procedurali”, in cui rientra
tutto ciò che riguarda i giudizi sulla Finanziaria del Governo, così come le valutazioni sugli in-
dirizzi e le linee di bilancio comunale, gli impegni al confronto preventivo sul bilancio, l’atti-
vazione di tavoli di confronto all’area delle “Politiche socio-assistenziali” (interventi di soste-
gno economico, promozione della residenzialità, domiciliarità, ecc.), passando per l’area
“Tasse, tariffe, tributi”, più a carattere redistributivo che prevede, tra l’altro, riduzioni o esen-
zioni per quanto riguarda il pagamento di tributi locali, tariffe dei servizi sociali (ICI, addizio-
nale comunale IRPEF, tassa-tariffa rifiuti, ecc.).
Abbiamo tentato, poi, di mettere in luce gli eventuali assi contrattuali, le connessioni
26 Soltanto in tre casi i nostri interlocutori hanno preferito rispondere alle domande tramite posta
elettronica. Tutte le interviste sono state effettuate con l’ausilio del registratore. 27 Discussa e condivisa dal Comitato di Progetto. 28 Abbiamo individuato, come emergerà meglio in seguito, 12 aree tematiche e 81 voci (i contenuti
elementari in cui sono articolate le aree tematiche).
- 12 -
cioè tra le diverse aree tematiche negoziate dagli attori, caratterizzate da relativa stabilità nel
tempo e nei diversi contesti territoriali.
Si tratta di una ipotesi di classificazione sistematica e il più possibile univoca, pensata e
costruita all’interno delle strutture sindacali regionali con l’obiettivo di porre le basi per la co-
struzione di un Osservatorio permanente sulla contrattazione territoriale confederale in Emilia
Romagna, che consenta una comparazione – e una collaborazione – in particolare con alcuni
IRES regionali che già hanno avviato e promosso studi e analisi in questa direzione, al fine di
mettere “in rete” le diverse esperienze realizzate in differenti territori regionali e sindacali,
utilizzando un approccio al tema di tipo multidisciplinare (sociologico, economico, ecc.) che
metta in relazione metodologie di ricerca qualitative e quantitative, anche nel tentativo di
gettare un ponte tra diversi approcci specialistici di ricerca che, di fronte a fenomeni com-
plessi da cogliere, rischiano di dimostrarsi parziali e inadeguati.
- 13 -
- 3 - La costruzione della Piattaforma e il processo negoziale
3.1. Alcune considerazioni preliminari
Prima di entrare dettagliatamente nella ricostruzione delle esperienze di contrattazione
territoriale confederale, svolte in Regione nell’arco del triennio 2002-20005, appare impor-
tante sottolineare come questo Rapporto di ricerca risulti essere, in assoluto, il primo realiz-
zato su questo tema in Emilia Romagna; segno, a nostro avviso, di una cresciuta attenzione
da parte del sindacato nei confronti di una attività negoziale indubbiamente più “recente”
della già affermata – e alquanto analizzata dagli studiosi delle relazioni industriali – contrat-
tazione articolata aziendale ma, sempre più praticata a livello locale, nel corso degli ultimi
anni, dal sindacato confederale e dei pensionati.
La nostra ricerca che ha privilegiato, in questa prima fase, una analisi di tipo qualita-
tivo, ci consegna un quadro assai variegato rispetto alle modalità del confronto che caratte-
rizzano l’intero processo negoziale.
Il panorama che emerge appare, in effetti, contraddistinto da una significativa differen-
ziazione territoriale per quanto concerne la “rilevanza” attribuita a questo tipo di contratta-
zione, il grado di formalizzazione del percorso, i suoi esiti e, perfino, la terminologia adottata
per definire gli eventuali “accordi” siglati con le Amministrazioni comunali (denominati Proto-
colli, verbali, intese, ecc.).
Il confronto che avviene, da una parte, tra Organizzazioni sindacali confederali, sinda-
cato dei pensionati e, a volte e in alcune situazioni ha la visto la presenza del sindacato del
Pubblico Impiego e, dall’altra, Amministrazioni locali, è risultato essere, in un numero signifi-
cativo di Comuni analizzati, una modalità di relazione ormai “radicata e consolidata”, conse-
guentemente al fatto che, in molti Comuni di questa Regione, si è sviluppata una vera e pro-
pria “tradizione” e “consuetudine” al confronto con le istituzioni29.
È emersa, in effetti, una propensione negoziale che potremmo definire come una vera
e propria “cultura” del confronto, una “storia” di relazioni, indipendentemente dal raggiungi-
29 Si tratta infatti di una prassi diffusa che, in Regione, secondo fonti sindacali, si è tradotta in circa
300 confronti realizzati dalle Organizzazioni sindacali con i Comuni dell’Emilia Romagna (su 341 comuni in totale) e in 115 accordi formali sottoscritti dalle parti.
- 14 -
mento di un accordo formale sottoscritto, come emergerà meglio in seguito, che affonda le
radici - senza voler andare troppo indietro nel tempo - nella metà circa degli anni Novanta. A
questo proposito, appare importante segnalare l’influenza esercitata, in tale direzione, se-
condo vari attori sindacali intervistati, dalla Legge regionale 5/94 “Tutela e valorizzazione
delle persone anziane. Interventi a favore di anziani non autosufficienti”, testo in parte mo-
dificato dalla Legge regionale 2/03 “Norme per la promozione della cittadinanza sociale e pe
la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali” e il ruolo svolto dal sinda-
cato pensionati della CGIL nello sviluppo di questo tipo di contrattazione intesa come una
delle principali forme di “rappresentanza” degli iscritti.
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Si tratta quindi di esperienze di contrattazione territoriale, a livello confederale, che av-
vengono, in molti territori, da circa un decennio in assenza, spesso, di un sistema formale di
regole comuni a cui fare riferimento; da qui le innumerevoli differenti modalità di confronto
emerse nel corso dell’analisi.
In effetti, siamo consapevoli del fatto che l’approccio contrattuale al centro di questa
ricerca risulti essere una forma negoziale ancora poco “strutturata”, che non trae origine da
precise fonti normative o contrattuali di livello superiore, come invece accade, ad esempio,
per la contrattazione di secondo livello che si svolge tra impresa e sindacato.
Nella quasi totalità dei territori esaminati si registrano, però, a partire dai primi anni del
Duemila, in particolare tra il 2000 e il 2002, significativi tentativi e sforzi al fine di pervenire
ad una maggiore definizione di un sistema di regole formali da applicare alla contrattazione
territoriale.
Anche se rappresentano una quota minoritaria del totale del campione in oggetto, vi
sono dei territori in cui questa forma di contrattazione appare molto più “recente e meno
strutturata” – con livelli differenziati di coinvolgimento degli attori negoziali – e ha trovato un
significativo impulso, per quanto concerne il sindacato, nella partecipazione alla costruzione
dei Piani di Zona previsti dalla Legge 328/00 (“Legge quadro per la realizzazione del sistema
integrato di interventi e servizi sociali”), adottati a livello distrettuale, come strumenti di pro-
grammazione territoriale delle risorse socio-sanitarie e realizzati, in forma sperimentale, per il
biennio 2002-2003, estesi anche all’anno 2004 e poi realizzati per il triennio 2005-2007.
Nel panorama regionale vi sono infatti territori come Parma e Piacenza nei quali si sono
svolti confronti con le amministrazioni locali senza pervenire alla sottoscrizione di un accordo
a livello confederale (come nel caso di Piacenza, Fiorenzuola in tutti i tre anni considerati)
oppure il processo negoziale si è concluso con la firma di una intesa da parte degli enti locali
solo con il sindacato dei pensionati (come nel caso di Borgonovo nel piacentino – in tutti i tre
anni – e Parma, Fidenza e Collecchio in relazione alla discussione del bilancio per gli anni
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2003 e 2004)30.
Per quanto riguarda Parma, a livello confederale, il confronto con l’amministrazione
comunale si è caratterizzato per la sua episodicità ed è stato improntato, in gran parte, ad
affrontare singoli temi legati a situazioni emergenziali contingenti (il tema della casa, quello
dell’immigrazione, ecc.) senza che si generasse un processo negoziale più organico. Negli ul-
timi anni il confronto è stato contrassegnato inoltre dalle difficoltà di relazione politica con
quella amministrazione comunale che si è resa invece disponibile, come vedremo meglio in
seguito, a trattare con il sindacato dei pensionati – in quanto rappresentante degli “interessi”
della popolazione anziana – con il quale ha svolto confronti negoziali siglando accordi negli
anni 2003 e 2004 su piattaforme rivendicative che riguardavano nello specifico i bisogni delle
persone over 65. È emersa però, in sede di focus group sindacale, l’esigenza, da parte della
confederazione di quel territorio, di aprire una discussione, in senso critico, sull’esperienza
così finora condotta, come emerge nella seguente testimonianza:
“Nel 2002 si è iniziato a lavorare sui piani sociali di zona (...) Lo SPI ha esperienza di anni in
questo senso, quindi sui tavoli diciamo che spesso lo SPI ha avuto questa presenza molto forte ...
quasi sempre, anche se ci rendiamo con o delle difficoltà che poi possono avere loro dello SPI ad es-
sere presenti su tut i i temi perché, chiaramente, è una questione che noi vogliamo affrontare, come
Confederazione, SPI, Funzione pubblica. È un tema ancora aperto” (Patrizia Maestri CGIL Parma).
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Per quanto concerne Piacenza, bisogna sottolineare che si tratta di un territorio situato
in una particolare collocazione geografica e “culturale”, con un approccio sindacale che si
differenzia dalla cultura sindacale più diffusa nel resto della Regione. Una realtà attraversata,
inoltre, rispetto all’iniziativa sindacale di questi ultimi anni, da difficoltà interne alla stessa
struttura che hanno indubbiamente “limitato” anche questo tipo di azione negoziale.
Nonostante una dialettica interna molto accentuata, si coglie una crescita della consa-
pevolezza sindacale rispetto alla necessità di affrontare in termini nuovi queste tematiche,
come sottolineano gli stessi partecipanti al focus group sindacale:
“Rispetto alle altre province noi abbiamo cominciato a ragionare di contrattazione territoriale
con i Piani di Zona. Tutto quello che c’è prima è contrattazione SPI. Un lavoro molto impegnativo (...)
C’è una cultura piacentina Piacenza è limitrofa alla Lombardia al Piemonte, alla Liguria. Al di là che ci
sentiamo emiliani a tutti gli effetti, noi abbiamo una cultura diversa, a 3 km da qui siamo in Lombar
dia, siamo di frontiera” Franco Sdraia i, SPI Piacenza
30 Si veda Tab. 2 nel paragrafo 4.1 per avere il quadro esatto relativo ai confronti e agli accordi sotto-
scritti tra gli attori nei comuni del campione.
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Anche gli attori istituzionali intervistati confermano come la partecipazione dei vari
“portatori di interessi” - stakeholders – come le organizzazioni sindacali, le associazioni di vo-
lontariato, il mondo della cooperazione, ecc. all’elaborazione comune dei Piani di Zona abbia
contribuito notevolmente alla definizione di un luogo privilegiato di confronto su questi temi
anche nel territorio piacentino, come emerge nel seguente brano di intervista:
“Per quanto mi riguarda, come settore specifico del sociale, questa opportunità del Piano di
Zona ci ha permesso di costruire una modalità di elazione con i sindacati Parliamo prevalentemen e
di sindacati confederali e poi c’è sicuramente la dimensione dei pensionati che sul sociale sono una
componente sindacale mol o attenta ( Noi avevamo con la Provincia un Protocollo di intesa per la
negoziazione con i sindacati rispetto agli Accordi di P ogramma dei Piani di Zona....un poco alla volta
siamo arrivati ad impostare una sorta di architettura di questo processo: concertazione programma
zione partecipata e integrata dove i sindacati hanno il loro spazio” (Leonardo Mazzoli, Assessore Politi
che sociali, comune Piacenza).
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3.2 La Piattaforma del sindacato
Dalla ricerca emerge come, in quasi tutti gli undici territori esaminati, l’analisi dei biso-
gni e, di conseguenza, la scelta dei temi da inserire nella Piattaforma rivendicativa sinda-
cale31, avvenga attraverso un percorso e dei canali interni alle stesse Organizzazioni; un per-
corso che sfocia, molto spesso, in un documento sindacale a carattere unitario.
La rilevazione dei bisogni avviene in gran parte in modo diret o, tramite quello che
possiamo definire un “monitoraggio quotidiano”. Si tratta di un percorso contraddistinto da
forti elementi di informalità, che “valorizza” il radicamento sociale del sindacato, grazie alle
sue strutture presenti capillarmente sul territorio e l’esperienza maturata “sul campo”
nell’ascolto e nell’osservazione delle problematiche e dei bisogni di coloro che al sindacato
stesso si rivolgono.
In particolare, emerge il forte ruolo ricoperto dal sindacato dei pensionati e dalle Le-
ghe, strutture di base dello SPI, considerate sensibili “antenne”, sensori di ciò che avviene
nel territorio ed elementi di rappresentanza diretta degli iscritti a livello locale. Gli attivi degli
31 Definiamo Piattaforma il “documento” sindacale utilizzato per il confronto e la contrattazione ter-
ritoriale con gli Enti Locali, nonostante si siano registrate, come vedremo in seguito, differenze tra i vari territori anche nella scelta della denominazione da attribuire a questo “documento”.
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iscritti, le assemblee pubbliche si confermano come luoghi privilegiati in cui raccogliere le
domande di chi si vuole rappresentare e sottoporre a giudizio, anche se in modo spesso non
strutturato, l’accordo sottoscritto con i risultati/benefici ottenuti e “strappati” nella trattativa
con l’Ente locale per la difesa del potere d’acquisto dei redditi da pensione, per la qualifica-
zione dei servizi, la coesione e la qualità sociale.
Questa pratica diffusa di negoziazione territoriale presenta però, come vedremo meglio
in seguito, molti elementi di criticità che attengono soprattutto allo scarso coinvolgimento –
in tutte le fasi del processo – delle categorie dei lavoratori attivi.
È emerso anche il tentativo, da parte dello stesso sindacato, di effettuare “in proprio”
ricerche sul campo, prevalentemente di tipo quantitativo (questionari distribuiti nelle sedi
sindacali, nei principali luoghi di aggregazione frequentati dagli iscritti, come i centri sociali,
ecc.).
In alcuni casi, si è riscontrata inoltre anche una rilevazione dei bisogni più indiretta; è
infatti apparso abbastanza diffuso, nei territori, l’utilizzo di fonti ufficiali e istituzionali esterne
come studi e ricerche realizzati dalle amministrazioni comunali, dati e statistiche di Osserva-
tori provinciali (sul mercato del lavoro, sul Welfare locale, ecc.), documenti e analisi della
Regione, senza dimenticare il ricorso alle fonti nazionali come ISTAT, Banca d’Italia, ecc.
Altre volte, inevitabilmente, la rilevazione diretta dei bisogni è supportata dal ricorso a
fonti esterne, in un mix che aiuti a comprendere meglio i processi socio-economici in atto nel
territorio; sembra in effetti profilarsi una certa consapevolezza che nell’impostazione del la-
voro di “lettura” dei bisogni e costruzione della piattaforma “non si parte da zero” come
emerge in particolare nei seguenti brani di intervista:
“Abbiamo utilizzato materiali già prodotti e la nostra struttura...il materiale della Provincia sui
bilanci consuntivi, il confronto con gli isc itti...dalle assemblee escono le priorità. Poi c’è una riflessione
politica sui temi dell’equità, della fiscalità, dei diritti ai servizi che parte dal livello nazionale, che si sta
costruendo...Ogni anno non si parte da zero nel fare la negoziazione con i comuni. La fase di imposta-
zione dei temi, dei contenu i nel territorio modenese ha visto nel 2000-01 un grande lavoro (...) Anche
in precedenza ci si lavorava sopra ma lì abbiamo tentato di strutturare l’analisi, individuando il tipo di
problemi, le questioni. Da allora abbiamo usato quel materiale che era la Piattaforma CGIL 2002...il
documento che ogni anno si rilegge e si vede se ci sono modifiche...un grande sforzo per mettere in
una cornice le questioni che aggiorniamo e per costruire letture comuni” (Daniela Bortolotti, CGIL Mo
dena).
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“Si fa una indagine costante sui bisogni C’è l’Osservatorio provinciale sul Welfare locale. Noi ab
biamo coprogettato come SPI i filoni della ricerca come la non autosufficienza (...) In autunno si fanno
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le assemblee, i direttivi SPI...C’è una let ura condivisa dei bisogni sul territorio, c’è il piano sociale di
zona, ci sono i ‘sensori istituzionali e i nostri’ abbiamo aperto un rapporto con l’ARCI, con le associa-
zioni di migranti, ecc. Abbiamo fatto un ordine del giorno nel novembre 2004 al comitato direttivo
della Cdlt di Cesena sulla contrattazione territoriale confederale che assume il documento regionale
contenente “Le linee di indirizzo per i confronti con gli Enti locali” e individua specifici assi p ioritari: la
difesa dei redditi, la coesione e qualità sociale, la qualificazione dei servizi, lo sviluppo sostenibile”
(Marco Morellini, SPI Cesena).
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In alcuni territori della Regione vi sono poi strutture specifiche dedicate all’analisi dei
bilanci degli Enti Locali. Vediamo, dunque, di comprendere, un po’ più nel merito, quale sia
l’oggetto specifico delle analisi di queste strutture, dal momento che, a partire dalla rileva-
zione dei bisogni, si avvia nelle organizzazioni sindacali il processo di trasformazione delle
domande in istanze negoziabili.
Vi sono tre Camere del Lavoro Territoriali in Regione – Ferrara, Ravenna, Rimini – do-
tate di Uffici Studi e ricerche che analizzano i bilanci dei Comuni delle rispettive province.
La CGIL di Ferrara ha costituito un Osservatorio sulla Finanza locale, a partire dal 2002,
che realizza Rapporti annuali sull’analisi dei bilanci di previsione di tutti i 26 comuni della
Provincia. In particolare, il Rapporto 2005, che prende in esame l’evoluzione delle entrate e
delle spese anche per esercizi degli anni che vanno dal 2002 al 2005, è stato redatto da una
componente della segreteria confederale della Camera del Lavoro di Ferrara e dal responsa-
bile dell’Osservatorio che, oltre a collaborare con la CGIL, segue l’Area “Ricerche sociali”
presso il CDS (Centro Documentazione Studi) di Ferrara; Centro Studi che cura, tra l’altro,
per la Provincia, la pubblicazione dell’Annuario socio-economico ferrarese.
Anche nel territorio di Ravenna è presente, fin dal 2000, un Osservatorio dei Bilanci
degli Enti locali. Dopo una prima fase in cui l’osservazione ha riguardato quattro comuni della
provincia (Ravenna, Faenza, Lugo, Cervia), è stato presentato nel 2005 il Primo rapporto a
cura dell’Ufficio Studi che prevede l’analisi dei bilanci preventivi e consuntivi di tutti i 18 co-
muni del ravennate.
Infine, anche in provincia di Rimini è ormai consolidata l’analisi dei bilanci comunali. Il
Centro Studi CGIL pubblica i risultati dell’analisi dei bilanci di previsione 2002-2005 in un
campione di comuni della provincia (Rimini, Riccione, San Giovanni in Marignano, Santarcan-
gelo di Romagna, Cattolica, Morciano).
L’obiettivo comune è, come affermano gli stessi Uffici Studi promotori dell’Osservatorio,
analizzare “in modo semplice e trasparente”, le “principali caratteristiche economico finanzia-
rie del singolo comune”. In questi territori, dunque, l’analisi dei bilanci degli Enti Locali co-
- 19 -
stituisce il background imprescindibile per poter costruire il confronto con le amministrazioni
comunali.
In molti territori vengono inoltre utilizzati i documenti sindacali autoprodotti o prove-
nienti dai vari livelli dell’Organizzazione – nazionale, regionale, ecc. – che contengono anche
orientamenti e linee guida per il confronto e la contrattazione con gli Enti Locali e, elemento
importante, individuano i temi da considerare prioritari per l’intera organizzazione (come, ad
esempio, la non autosufficienza, i servizi educativi, la lotta alla disuguaglianza e alle nuove
povertà)32.
In questa cornice nazionale e regionale è sempre più diffusa la tendenza, a livello pro-
vinciale - da parte della segreteria, del Comitato Direttivo CGIL, dei Dipartimenti - alla predi-
sposizione di Linee di indirizzo generali sulle quali si confrontano le strutture sindacali confe-
derali e dei pensionati dei comuni della provincia in cui si svolge un confronto con le ammini-
strazioni locali.
Rimane ancora aperto il tema dell’autonomia organizzativa, di come cioè si configura la
struttura sindacale stessa, il grado per l’appunto di autonomia di cui godono le zone sindacali
decentrate rispetto alla struttura centrale, ecc.
In alcune realtà si è riscontrato come le Linee guida vengano ulteriormente articolate e
“calate” nel territorio. Questa tendenza si è registrata soprattutto nelle piccole realtà dal
momento che le Linee di indirizzo generali spesso sono “costruite” sui bisogni che emergono
nelle grandi città e necessitano, quindi, di essere maggiormente rispondenti ai bisogni speci-
fici dei singoli territori.
A questo proposito, nei focus group sindacali, oltre alla presenza di un responsabile per
la segreteria provinciale sono stati intervistati anche i protagonisti diretti della contrattazione
nel territorio (i coordinatori di zona e i responsabili delle leghe SPI).
Permangono però, come riconosciuto anche da una parte significativa dei nostri intervi-
stati, ancora forti criticità e “carenze” riguardo la fase di impostazione della piattaforma sin-
dacale e, di conseguenza, il ritenersi discretamente attrezzati al fine di “leggere” i mutamenti
in atto nel territorio; dalla crescente precarietà e vulnerabilità sociale, all’aumentato bisogno
abitativo.
In effetti, la modalità di rilevazione dei bisogni in molte realtà appare ancora caratteriz-
zata – come tratto prevalente – dall’essere poco strutturata, più che altro legata all’esperien-
za quotidiana di chi opera nel territorio:
32 Si veda, ad esempio, CGIL, FP, SPI Emilia Romagna, Contrattazione dei bilanci: orientamenti e linee
guida per il confronto e la contrattazione con gli Enti Locali, Bologna, ottobre 2002.
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“La piattafo ma viene costruita u ilizzando soprattutto le conoscenze che sul territorio i compa-
gni delle Leghe hanno acquisito. È una piattaforma che nasce molto dall’esperienza pratica. Vengono
presi poco a riferimento gli avanzi di bilancio, la situazione tariffaria. Pesano molto le priorità politiche
decise a livello centrale. Noi avevamo l’abitudine di fare il nostro Documento generale di orientamento
prima che uscisse la finanziaria; una scelta fa ta anche per marcare l’autonomia rivendicativa
dell’organizzazione. La capacità di costruire fino in fondo l’analisi dei bisogni dal basso difficilmente
siamo riusciti a praticarla l’abbiamo sempre evocata. Abbiamo fatto dei corsi di formazione dove ci
siamo dati degli schemi di rilevazione del bisogno ma hanno funzionato il giusto” (Bruno Pizzica, SPI
Bologna).
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Ciononostante si avverte comunque una certa consapevolezza nell’organizzazione sin-
dacale della necessità di indagare “meglio” anche i bisogni emergenti, quelli meno noti e vi-
sibili, le nuove forme di fragilità e di disagio come si affaccia nella seguente testimonianza
che conferma e rafforza, tra l’altro, quanto già emerso nel nostro recente Rapporto di ricerca
“La vulnerabilità sociale in Emilia Romagna”33.
“C’è bisogno di indagare meglio il bisogno, perché noi sappiamo che, in generale, gli Enti locali
costruiscono i servizi sulla base delle domande che loro hanno. Questo significa però continuare a ri-
spondere ai bisogni conosciuti, che emergono perché chi ne è portatore è sufficientemente forte per
farli emergere (...) Noi dobbiamo indagare quei bisogni che sono la zona grigia o nera dove chi ne è
portatore non ha la forza e le condizioni per segnalarli e nessuno va a cercarli per adesso abbiamo
casi che ogni tanto esplodono che non possono che essere il frutto di ques a condizione” (Maurizio
Piccagli, CGIL Reggio Emilia).
Ricordiamo brevemente che la vulnerabilità sociale si genera nel cuore delle trasforma-
zioni dei due ambiti centrali della vita collettiva: il lavoro e le reti sociali; che stiamo assi-
stendo nel corso degli ultimi anni, anche in una Regione a benessere diffuso come l’Emilia
Romagna, alla crescita di nuovi profili di rischio, delle figure cioè particolarmente vulnerabili
(le madri sole con figli a carico; gli anziani soli non del tutto autosufficienti; le famiglie con
rilevanti carichi di cura; i giovani con occupazioni precarie e discontinue; gli adulti espulsi dal
mercato del lavoro scarsamente professionalizzati, ecc.).
Sembra quindi farsi sempre più urgente la necessità di non separare le tematiche che
attengono il welfare con quelle che riguardano il mondo del lavoro e le sue trasformazioni in
atto.
33 Addabbo T., Borghi V., Lugli L., Minghini C., Rinaldini F., Tugnoli S., La vulnerabilità sociale in Emi-lia Romagna, Materiali IRES Emilia Romagna, Bologna, 2005, consultabile sul sito: www.ireser.it.
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Vogliamo sottolineare, in conclusione di questa prima fase presa in considerazione –
che attiene esclusivamente l’attore sindacale – come vi siano, dunque, notevoli differenze
negli undici territori sindacali riguardo le modalità di rilevare i bisogni e, di conseguenza, di
costruzione della piattaforma rivendicativa da sottoporre agli Enti locali.
Riteniamo che questa sia una fase estremamente delicata e importante per
l’organizzazione sindacale in quanto qualifica “la propria autonoma capacità di osserva-
zione”34 consentendole di sviluppare una propria competenza di interpretazione e progetta-
zione della realtà sociale. Soltanto in questo modo, infatti, il sindacato accede alla possibilità
di incidere anche sulle premesse, sull’impostazione dei problemi e delle questioni che deve
affrontare, evitando quindi di agire solo ‘a valle’, entro un ambito di scelte e di discussione
già fortemente delimitato.
3.3 Il processo negoziale e la sua formalizzazione
A questo punto, prima di prendere in considerazione il momento del confronto nego-
ziale vero e proprio, è importante ribadire come sia avvenuto nel corso degli ultimi anni, in
particolare a partire dai primi anni del Duemila, un processo di “strutturazione” della fase che
concerne l’analisi e la trasformazione dei bisogni in istanze negoziabili.
Come è già emerso in precedenza, in molte delle undici Camere del Lavoro territoriali
della Regione, i confronti e le azioni negoziali non possono essere considerate un’attività re-
cente; il sindacato confederale e, in particolare, quello dei pensionati35 svolgono confronti
con gli Enti Locali sul tema della finanza locale, in effetti, almeno dagli anni ‘90.
Nel corso di quel decennio, soprattutto in Italia, ma non solo, si è fatto largo ricorso a
vari tipi di “patti sociali”, in un contesto europeo in cui le priorità dei governi diventavano
sempre più la riforma del mercato del lavoro e del welfare. Due temi che entrano prepoten-
temente nell’agenda della concertazione, sostituendo gradualmente quello delle politiche dei
redditi che aveva caratterizzato lo scambio politico e la concertazione negli anni settanta. In
tal senso, il caso italiano viene spesso definito “emblematico”36; agli accordi sulla politica dei
redditi del luglio 1992 e 1993, subentrano il negoziato sulle pensioni del 1995, il patto per il
34 Ibidem, p. 16. 35 Lo SPI, secondo alcune testimonianze da noi raccolte, inizia ad occuparsi di queste tematiche già
gli anni ottanta (si veda il percorso che porta alla definizione della Legge regionale n. 5/94). 36 M. Regini, Concertare le riforme: note introduttive, pp. 27-34, “Quaderni di Rassegna sindacale”, 1,
2006, Ediesse, Roma.
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lavoro del 1996-97, il patto per lo sviluppo del Natale 1998 e, infine, il patto per l’Italia del
2002.
Non vi è dubbio, però, che a partire dai primi anni del Duemila il confronto con gli Enti
locale assume sempre più rilevanza e le modalità proprie di questo tipo di contrattazione da
informali, poco strutturate, spontanee, come sottolineato in molti focus group sindacali, ven-
gono maggiormente definite, precisate e regolate. Si sottolinea, inoltre, come un significativo
impulso provenga, come abbiamo appena visto, anche dal “Patto sociale per lo sviluppo e
l’occupazione” del ’98, che estende la concertazione tra le parti sociali alle Regioni, alle Pro-
vince ed ai Comuni.
Tutto ciò comporta una rinnovata attenzione da parte del sindacato, a livello nazionale,
nei confronti di queste tematiche a partire da quelle realtà territoriali, come l’Emilia Roma-
gna, in cui queste azioni negoziali si sono fortemente sviluppate e hanno dando vita ad
esperienze tra le più avanzate nel panorama nazionale. Questa fase è stata seguita da mo-
menti di coordinamento e di scambio sulle varie modalità – e sui risultati – della negoziazione
con le amministrazioni locali, tra le stesse realtà che maggiormente avevano investito in tale
direzione:
“C’è una storia della contrattazione territoriale, una memoria. L’evoluzione ultima di tutta la fi-
nanza locale e le forme del pubblico impiego è il Patto di Natale del ’98, nessuno ne parla mai ma è
quello che affida un ruolo alla contrattazione territoriale (...) Noi siamo parti i facendo un ragiona-
mento di regole, c’era un sistema informale sulla contrattazione territoriale incominciato nel ’96. Era
un tipo di contrattazione fatta dalla CGIL dove non c’era nessun passaggio formale: a vol e su grandi
questioni succedeva di avere una convocazione dei gruppi dirigenti...C’erano già dei documenti ma
nella sostanza nessuna raccolta, né dei bisogni né dei passaggi trasparenti dentro l’organizzazione (...)
Questo problema è stato regolato nel 2001-2002 a fronte di un ragionamento fatto con lo SPI, la Fun-
zione pubblica...abbiamo tentato di coinvolgere tutte le categorie” (Ida Mantovani, CGIL Ferrara).
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In vari territori, tra l’altro, si sono costituiti gruppi di lavoro, dipartimenti territoriali
(sulle politiche sociali, sul welfare, ecc.) fin dalla prima fase di lavoro - la rilevazione dei bi-
sogni e l’elaborazione della prima bozza del documento - con una presenza costante della
Confederazione e dello SPI; una partecipazione della Funzione Pubblica abbastanza fre-
quente almeno in questa fase, anche se un po’ altalenante; una presenza - spesso più evo-
cata che effettiva - delle altre categorie che rappresentano il mondo del lavoro.
Effettivamente, i tentativi da parte della CGIL e dello SPI di “allargare” la partecipa-
zione alle categorie degli attivi, di coinvolgerle maggiormente nel percorso di costruzione
della piattaforma per la contrattazione territoriale, nella maggior parte dei casi, non hanno
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dato risultati positivi. Siamo di fronte, infatti, secondo molti interlocutori intervistati, ad una
scarsa consapevolezza nel “corpo” dell’Organizzazione del ruolo che svolge la contrattazione
territoriale e che dovrebbe sempre più assumere (tema su cui torneremo in seguito):
“Noi abbiamo costi uito un gruppo di lavoro, chiamiamolo così, o dipartimento territoriale come
CGIL, di cui fanno parte tutti i segretari delle categorie, proprio perché attraverso le loro conoscenze,
per i rapporti che hanno nei posti di lavo o po evano po a e un con ibu o anche in te mini di quali
erano le esigenze, gli obiettivi...Questo gruppo di lavoro purtroppo non ha visto la sufficiente atten
zione o comunque la sufficiente par ecipazione attiva da parte dell’insieme delle categorie (...) Do
vremo piano piano, giorno dopo giorno, anche facendo comprendere all’insieme dell’organizzazione
quanto è importante questo pezzo di contrattazione, riuscire a coinvolgere di più l’insieme del gruppo
dirigente. Finora c’è stato questo gruppo di lavoro con una partecipazione molto attenta in particolare
della F.P e qualche altra categoria in qua e là, a spizzichi e bocconi.” (Meris Soldati, CGIL Rimini).
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Sempre in questa fase che precede il confronto non solo con gli Enti Locali ma anche
con le altre Organizzazioni sindacali confederali e dei pensionati, abbiamo inoltre riscontrato
differenze tra i territori nella terminologia adottata per definire il documento sindacale.
Nella maggioranza dei casi, le Camere del Lavoro Territoriali utilizzano il termine Piat-
taforma per definire il proprio documento rivendicativo; in altri casi si privilegiano termini
come “Documento lettera” (CGIL Forlì), “Documento di confronto preventivo sui bilanci”
(CGIL Ferrara), “Linee guida” (CGIL Ravenna).
A questo punto del percorso, l’obiettivo dichiarato da tutti gli attori sindacali intervistati
appare quello di presentarsi alle amministrazioni locali, per essere maggiormente rappre-
sentativi, per “pesare di più” nel corso delle trattative con un documento sindacale – chia-
miamola, in questa sede, per semplificare Piattaforma, nonostante i distinguo di cui sopra –
a carattere unitario. Una Piattaforma che, quindi, prevede la partecipazione nella stesura e/o
nella condivisione del testo dei tre sindacati confederali (CGIL, CISL, UIL), del sindacato pen-
sionati (SPI, FNP, UILP) e, a volte, della categoria che segue il pubblico impiego (FP, FPS,
FPL).
Il sindacato pensionati, poi, non solo contribuisce alla impostazione della Piattaforma
confederale e partecipa alla delegazione sindacale che “tratta” con le amministrazioni locali
ma, in molti territori, essendo portatori di interessi specifici - quelli della popolazione anziana
– e per la sua nota diffusa articolazione territoriale, ha sviluppato un tipo di contrattazione
sociale, come viene da loro definita, e una titolarità a “contrattare” con l’attore istituzionale
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esclusivamente come sindacato pensionati (in modo unitario o solo come SPI), senza quindi
la presenza della confederazione37.
È inoltre interessante notare come si sono registrati casi in cui, nello stesso anno, gli
Enti locali hanno sottoscritto accordi unitari sia con la confederazione che con il sindacato dei
pensionati (questi ultimi relativi in particolare ai bisogni della popolazione anziana).
In genere, la tendenza riscontrata nel periodo in osservazione – dal 2002 al 2005 – è
stata quella di pervenire ad una Piattaforma sindacale unitaria.
Vi sono però anche casi in cui il documento rivendicativo sindacale è stato inviato agli
Enti locali in modo non unitario ma solamente come CGIL, nonostante si pervenga poi ad ac-
cordi di tipo unitario:
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“Il confronto generalmente è unitario anche se le Linee guida quest’anno (nel 2005, ndr.) sono
state prodotte solo dalla CGIL per precisare meglio gli obiettivi e i temi del confronto e sono state in-
viate ai comuni come CGIL. In questi due anni c’è stato lo sforzo di precisare il più possibile l’ambito di
intervento, anche su questioni ‘apparentementÈ tecniche come la distribuzione delle aliquote ICI tra le
diverse tipologie di abitazioni” (Pasquale Casadio, CGIL Ravenna).
C’è poi una eccezione rilevante che si è verificata, in particolare, nell’anno 2002, in oc-
casione della presentazione della Piattaforma sindacale per il confronto con gli Enti Locali sul
bilancio preventivo 2003.
Relativamente a quell’anno, infatti, in sede di focus group, ci siamo trovati di fronte a
molti intervistati che hanno dichiarato di essere giunti al momento del confronto con l’Ente
locale avendo documenti sindacali confederali sepa ati (CGIL versus CISL e UIL).
Dal momento che, tendenzialmente, ogni Piattaforma sindacale si apre con una “pre-
messa politica”, in cui si esprime cioè un giudizio di merito sulle scelte del governo in materia
di finanza pubblica e, quindi, sulla Legge Finanziaria, la decisione della CGIL di criticare for-
temente la Finanziaria del governo Berlusconi - per la drastica riduzione dei trasferimenti
erariali statali, il blocco delle assunzioni, i vincoli di spesa, ecc. - non fu condivisa da CISL e
UIL che, invece, avevano da poco sottoscritto con quel governo, senza la firma del maggiore
sindacato italiano, il Patto per l’Italia.
Detto questo, il non raggiungimento dell’intesa sulla premessa politica, non ha signifi-
cato tou court che i tre sindacati confederali non si siano poi presentati unitariamente al
confronto con il comune (o che non abbiamo raggiunto un accordo unitario); nella maggior
37 Sicuramente questo vale per lo SPI CGIL, mentre gli altri sindacati dei pensionati non risultano es-
sere altrettanto capaci di contrattare con gli Enti locali senza la presenza della confederazione di ri-ferimento.
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parte dei casi, infatti, i tavoli di confronto attivati prevedevano la presenza sia di CISL UIL
che della CGIL e si è pervenuto ad un accordo siglato unitariamente.
3.3.1 Le caratteristiche delle relazioni tra gli attori
L’analisi del tipo di relazioni che si instaurano tra gli attori - sindacali e istituzionali - nel
processo di contrattazione territoriale fa registrare una ulteriore significativa differenziazione
nelle modalità con cui si “contratta” nei comuni del campione in esame e che riguardano,
solo per citare alcuni aspetti, le caratteristiche che può assumere l’interazione, la formalità o
informalità del percorso (con incontri prestabiliti che prevedono, ad esempio, la costituzione
di tavoli su temi specifici, ecc. oppure un percorso del tutto informale); il tipo di rapporto
(può essere collaborativo oppure teso e difficile); il “riconoscimento” della controparte sinda-
cale, ecc.
In molti casi, il processo negoziale vero e proprio si apre con l’invio all’amministrazione
comunale della Piattaforma che contiene le richieste sindacali:
“La contrattazione si svolge tradizionalmente nel comune di Forlì in maniera ampia e diffusa con
risultati sostanzialmente positivi e in alcuni comuni più piccoli...noi presentiamo un documento lettera
che inviamo unitariamente a tutti i comuni. Non abbiamo le condizioni per fare contrattazione in tutti i
comuni, data la dimensione della nostra struttura (...) Quest’anno (nel 2005, ndr.) ci siamo posti il
problema di puntare su tre comuni: Forlimpopoli, Castrocaro, Santa Sofia. In nessuno di questi tre si è
raggiunto un protocollo di intesa ma si è discusso sull’impostazione del bilancio, discussione utile che
ha avuto un peso. A Forlì invece si è firmato un Protocollo d’intesa con il Comune nel 2003” (Enzo
Santolini, CGIL Forlì).
Nel brano di intervista appena citato affiorano già alcuni dei temi che in questo para-
grafo ci interessa approfondire. In primo luogo, il processo negoziale in questo territorio, così
come nella maggior parte degli altri esaminati, prende avvio con l’atto formale di richiedere
un confronto con l’Ente locale presentando il proprio documento rivendicativo.
La tendenza riscontrata vede nei mesi di ottobre/novembre, tendenzialmente, il mo-
mento di invio della Piattaforma. È importante sottolineare, infatti, che la formalizzazione del
percorso deve rispettare alcune scadenze di tipo burocratico amministrativo legate ai tempi
dell’Ente locale per l’approvazione del bilancio; tempi che, negli ultimi anni, sono “slittati”
sempre più in avanti a causa di Leggi finanziarie, maxiemendamenti, ecc. che come affer-
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mano i testimoni sindacali, se producono “effetti devastanti sugli amministratori” comportano
però anche un “nostro adeguamento continuo”.
Un altro elemento messo in luce nell’intervista sopra riportata riguarda la possibilità, da
parte dell’attore sindacale, di riuscire - o non riuscire - a realizzare contrattazione territoriale
in tutti i comuni della provincia o, per lo meno, nella maggior parte di essi. Si tratta di un
tema complesso e, contemporaneamente, delicato che attiene alla scel a, spesso obbligata,
da parte del sindacato di privilegiare in questo processo, ad esempio, il rapporto con i co-
muni capoluogo e di grande dimensione, confidando poi nelle ricadute positive di questo per-
corso sui comuni più piccoli. Nella ricerca, in effetti, questo risulta essere più un percorso su-
bìto che scelto, come nel caso descritto, dal momento che non appare esservi la forza orga-
nizzativa necessaria per effettuare una contrattazione di questo tipo in tutti i comuni della
provincia (“Non abbiamo le condizioni per fare contrattazione in tutti i comuni, data la di
mensione della nostra s ruttura”). A ben vedere, il panorama della contrattazione territoriale
in Regione appare assai eterogeneo e differente nelle modalità di relazione, nelle logiche di
comportamento degli attori, ecc. anche in comuni del campione che sono situati all’interno di
una stessa provincia ma che hanno, ad esempio, diversa dimensione o sono amministrati da
giunte di “colore” politico diverso, come vedremo tra breve.
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3.3.2 Dalla presentazione del bilancio ...
Nella gran parte dei casi presi in considerazione, le organizzazioni sindacali chiedono,
all’amministrazione locale, di essere ricevuti per avviare un confronto sugli indirizzi e sulle li-
nee del bilancio comunale preventivo. D’altra parte, la convocazione formale da parte
dell’Ente locale al sindacato è risultata essere anche il frutto di una serie di sollecitazioni e
pressioni, in tale direzione, provenienti dalle stesse organizzazioni sindacali.
Ci troviamo di fronte, dunque, a territori nei quali il confronto delle OO.SS. con gli Enti
locali si risolve, quasi esclusivamente, in una convocazione da parte dell’Amministrazione lo-
cale, in cui viene illustrato e presentato il Bilancio già definito, senza possibilità per la contro-
parte di incidere sulla definizione delle scelte e delle priorità. Si tratta, è bene sottolinearlo, di
un modello di relazioni riscontrato in un numero limitato di realtà; territori che, come ab-
biamo in parte già visto, non hanno alle spalle una lunga “tradizione” di contrattazione terri-
toriale, a differenza di quanto registrato nella maggior parte delle province della nostra Re-
gione.
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Questo tipo di interazione tra gli attori della contrattazione è stato riscontrato, in parti-
colare, in alcuni territori. Vediamo ad esempio a Parma come sono caratterizzate, nello spe-
cifico, le relazioni che intercorrono tra il sindacato pensionati - che si presenta al confronto
unitariamente - e il comune di Parma, amministrato da una giunta di centrodestra anche se,
negli altri due comuni del campione (Fidenza e Collecchio), a maggioranza centrosinistra, le
caratteristiche delle relazioni non sembrano essere molto diverse come sottolineano gli attori
sindacali:
“Sui bilanci i comuni non vogliono assolutamente con rattazione...Il comune di Parma ci ha con
vocato ma ci ha solo info mato...per loro il confronto si esplica in una semplice illustrazione, informa-
zione...Ci hanno chiamato una settimana prima che il bilancio andasse in Consiglio, ci hanno presen-
tato tutto l’elenco quel giorno stesso, ci hanno tenuto lì un’ora, dopo di noi venivano altre associazioni,
ci hanno det o che se avevamo delle riflessioni di farle avere scritte entro due giorni (...) Poi ci dicono
che sono disponibili comunque su alcuni temi specifici a fare ulteriori approfondimenti. A Collecchio e
Fidenza, se non era per l’azione fatta dal sindacato di richiesta di incontro, non ci convocavano nean-
che per farci sapere quali erano le linee di bilancio” (Carla Montanari SPI Parma e Patrizia Maestri
CGIL Parma).
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In questo territorio, però, è da segnalare come il sindacato confederale abbia trovato
nell’Ente Provincia – a guida centro sinistra – un interlocutore attento, che ha assunto un
ruolo propulsivo sulle tematiche sociali, così come il già ricordato ruolo positivo svolto dal li-
vello distrettuale.
Appare interessante, a questo punto, cercare di ricostruire il comportamento anche de-
gli attori istituzionali, chiamati a rispondere - in sede di intervista - ad una griglia di domande
simile, in gran parte, a quella utilizzata nei focus group per gli attori sindacali38. In effetti, ri-
manendo sempre nel comune di Parma, l’Assessore alle Politiche sociali riconosce l’importan-
za del livello distrettuale che ha consentito il coinvolgimento dei sindacati nell’elaborazione
dei Piani di Zona e conferma la volontà della giunta e, in particolare, del suo Assessorato a
confrontarsi con il sindacato, soprattutto con il sindacato pensionati, su “alcuni temi specifici”
come, per l’appunto, quelli legati ai bisogni della popolazione anziana:
“Sul piano di zona abbiamo ufficializzato i momenti, abbiamo aperto la partecipazione ai tavoli
tecnici anche agli esponenti delle organizzazioni sindacali... Nel comune di Parma ci sono incontri pre-
paratori precedenti la presentazione del bilancio comunale e poi c’è ques a prassi che abbiamo as-
38 Come si ricorderà una importante eccezione è rappresentata dall’area “Analisi dei bisogni e costru-
zione della piattaforma” che è stata affrontata solo con l’attore sindacale.
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sunto che rispetto alle innovazioni più significative, anche quelle che possono essere introdotte in
corso d’opera, ci confrontiamo ad esempio con le organizzazioni sindacali dei pensionati. Abbiamo
previsto nell’ambito del bilancio di previsione 2005 una misura economica innovativa, integ ativa ri
spetto all’assegno di cura. Ci è parso giusto prima di portare gli indirizzi in consiglio comunale, con-
frontarci con le organizzazioni sindacali dei pensionati con i quali abbiamo anche condiviso di fare il
passaggio preliminare ai successivi atti di giunta” (Maria Teresa Guarnieri, Assessore Politiche Sociali
comune Parma).
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Ciononostante vi è estrema consapevolezza, da parte di questa amministrazione, che il
confronto è impostato più sul terreno del dialogo sociale che su processi negoziali e/o con-
certativi:
“Come amministrazione abbiamo la consapevolezza che ci dobbiamo assumere la responsabilità
delle scelte che possono essere anche scelte non sempre condivise. Come metodo, riteniamo impor-
tante il confronto e la discussione, per poi approdare, se possibile a delle intese. Là dove non è possi
bile però, avere chiaro quali sono le posizioni e le attese a cui non possiamo andare incontro” (Maria
Teresa Guarnieri, Assessore Politiche Sociali comune Parma).
3.3.3 ... alla contrattazione, p ù o meno, permanente
Nella gran parte dei restanti territori, invece, si riscontra una minore difficoltà da parte
della confederazione e, in particolare, dello SPI, nel richiedere e spesso, ottenere, la possibi-
lità di effettuare confronti con le Amministrazioni locali prima, e non a “ridosso”, della pre-
sentazione da parte della giunta del bilancio in Consiglio Comunale, al fine di potere incidere,
in qualche modo, sulle scelte finali dell’Ente locale in tema di bilancio per salvaguardare il
potere d’acquisto dei salari e delle pensioni, “congelando le tariffe”:
“Quest’anno abbiamo fatto una piattaforma unitaria rispetto alle linee guida sui bilanci, presen-
tata a novembre dicembre e spedita a tutti i comuni del Circondario imolese, con la richiesta di tavolo
di confronto sul bilancio preventivo...A Imola e Castel San Pietro la formalizzazione è consolidata,
mentre nei piccoli comuni si sono fatti tavoli di confronto ma non erano formalizzati. Ci siamo posti
l’obiettivo di formalizzare il confronto con tutti i comuni e raggiungere l’accordo con tutti. È la prima
volta che l’abbiamo fatto. Prima facevamo gli incon ri e basta. Quest’anno le scelte fatte dai comuni
incideranno molto sul reddito, quindi la linea comune è stata la richiesta di congelamento delle tariffe”
(Elisabetta Marchetti, CGIL Imola).
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Il brano di intervista sopra riportato esemplifica chiaramente come un’altro fattore im-
portante da tenere in considerazione, nell’esame del processo negoziale, sia legato alla di-
mensione dell’Ente locale.
Infatti, nei comuni di grande e media dimensione, è emersa la tendenza a formalizzare
maggiormente il percorso negoziale prevedendo, ad esempio, la costituzione di tavoli ad hoc
finalizzati al raggiungimento di una intesa (Tavoli sull’Area anziani, welfare, servizi sociali,
politiche abitative, ecc.). Si tratta, in alcuni casi, di tavoli che possono diventare permanenti
che, cioè, “durano tutto l’anno”, segno di una contrattazione che non si conclude con la sot-
toscrizione di un accordo - come vedremo - ma prosegue, prevedendo anche momenti di ve-
rifica formale di quanto pattuito, in un working progress continuo:
“Io faccio il sindaco da sei anni e mezzo. Non ho mai fatto un bilancio senza un accordo forma-
lizzato dopo, ovviamen e, lunghi incontri con i sindacati. Abbiamo i tavoli. C’è un tavolo generale che è
la cabina di regia tra la giunta, il sindaco, i segretari generali delle organizzazioni sindacali...sempre
unitario. Non ho mai fatto incontri sepa ati, dico incontri non solo accordi Poi vi sono tavoli specifici a
seconda delle problematiche. Quelli non sono formalizzati. Quelli scaturiscono durante la trattativa: la
casa, le IPAB, ecc Facciamo la verifica, in occasione del consuntivo che solitamente è a giugno. Il
rapporto è molto strutturato, a volte un po’ faticoso...” (Massimo Marchignoli Sindaco, comune di
Imola).
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Nei comuni di media e piccola dimensione, al contempo, il confronto con l’ente locale
appare spesso più informale, anche se “consolidato” e tende a risolversi in uno, o in un nu-
mero limitato di incontri, con il Sindaco o l’Assessore al Bilancio (ruoli a volte coincidenti) an-
che se si registra la volontà da parte degli attori istituzionali di rendere il percorso più “chiaro
e trasparente”:
“Diciamo che se lo intendiamo da un punto di vista regolamentare siamo più sul campo delle re
lazioni che delle regole, però come si fa nelle famiglie, quando noi ci prendiamo un impegno lo rispet-
tiamo. Il giudizio che mi sento di dare come amministrazione è che noi rispetto alla questione della
concertazione vogliamo implementare le metodologie dando anche maggiore chiarezza e trasparenza
alle relazioni (...) Penso che le istanze che i sindacati in questo caso in modo unitario portano sono
istanze che provengono diciamo dal sociale, dal mondo dei rappresentati, quindi gli iscritti ma penso
anche da un mondo anche più vasto, dalla cittadinanza.” (Massimo Paganelli, Assessore al Bilancio,
comune di Santarcangelo di Romagna).
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Nel brano di intervista sopra riportato emerge anche un altro elemento da non sottova-
lutare in una contrattazione di questo tipo che attiene al livello di consapevolezza, da parte
degli amministratori, in relazione al grande tema della “rappresentanza”; di chi cioè può es-
sere considerato organizzazione di rappresentanza, di come i sindacati rappresentino solo gli
interessi organizzati degli iscritti o siano portatori di interessi più complessivi, ecc.
Premesso ciò, si sono riscontrate differenze significative tra i comuni analizzati che at-
tengono anche all’orientamento politico delle amministrazioni che governano gli Enti locali
(come in parte è già emerso nel caso del comune di Parma).
Se, dunque, la maggior parte dei comuni in Emilia Romagna è a guida centrosinistra,
nel campione selezionato erano presenti tre comuni amministrati da giunte di centrodestra:
Borgonovo nel piacentino, il comune di Parma e il comune di Bondeno in provincia di Ferrara.
In altri comuni – vedi ad esempio Bologna – si è assistito nel corso del triennio in esame al
cambio di colore della giunta (in quest’ultimo caso è avvenuto il passaggio da una maggio-
ranza di centrodestra ad una di centrosinistra).
Soffermiamo, brevemente, la nostra attenzione sul comune di Bondeno poiché è risul-
tato essere un caso caratteristico e, al contempo, emblematico per quanto riguarda l’impo-
stazione cul urale e le posizioni espresse, in sede di intervista, dall’Assessore al Bilancio di
questa giunta, non tanto in merito alla rilevanza attribuita alla contrattazione territoriale ma
al fatto che negli stessi amministratori vi sia una conoscenza - e di conseguenza una cultura
- che questa forma di contrattazione esista:
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“Noi siamo qua dal ’99 e siamo abbastanza anomali nel panorama politico ferrarese. C’è una
certa difficoltà anche da parte nostra perché non venendo da questo particolare mondo ma dalle pro-
fessioni e altro, abbiamo avuto grosse difficoltà a capire il concetto della concertazione... È una diffi-
coltà culturale nostra...Il tutto ci ha portato, una vol a conosciuto lo strumento, a trovarlo u ile. Non
riuscivano a capire bene la distinzione tra l’elezione da parte dei cittadini e qualcuno che rappresenta
genericamen e il mondo degli interessi” (Arnaldo Aleotti, Assessore al Bilancio, comune di Bondeno).
Il “colore” politico incide, dunque, sia sulle modalità delle relazioni che si instaurano tra
gli attori, sia sui risultati del processo; in genere o non si perviene ad un accordo tra le due
parti o, in caso positivo, non viene inserita la già ricordata premessa politica che contiene
valutazioni in merito alla legge Finanziaria del governo. Inoltre, è evidente il tentativo di dare
“pari dignità” a tutte le organizzazioni del territorio (sindacali, imprenditoriali, del terzo set-
tore, ecc.) e non privilegiare il rapporto con una organizzazione in particolare, anche se il
sindacato dei pensionati appare uno degli interlocutori più significativi in quanto considerato
tra i maggiori rappresentanti dei bisogni della popolazione anziana:
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“Bondeno è stato l’unico comune della provincia di Ferrara nel ‘99 a non firmare l’accordo sul
bilancio, probabilmente per ignoranza nostra, non per cattiveria. L’anno dopo, nel 2000, abbiamo fir-
mato un Accordo quadro dando alle organizzazioni del territorio pari dignità. La cosa su cui noi ci tro-
viamo assolutamente in disaccordo è la prima pagina. A parte i distinguo politici generali, sop attutto
sui servizi sociali agli anziani noi abbiamo una forte presenza a queste riunioni dei sindacati dei pen-
sionati e sul discorso delle tariffe” (Arnaldo Aleotti, Assessore al Bilancio, comune di Bondeno).
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Anche nel caso di Borgonovo, piccolo comune del piacentino, nonostante si sia assistito
recentemente al cambio di giunta (la nuova è di centrodestra), il confronto con il sindacato
pensionati è proseguito in modo proficuo e si sono sottoscritti accordi in tutti i tre anni presi
in esame:
“C’è una discreta contrattazione sociale, ci sono diversi protocolli, c’è la carta dei servizi Lì ab-
biamo chiesto al comune di assumere un’assis ente sociale perché avevamo riscontrato nelle nos re
assemblee che chi ha bisogno non lo manifesta. Abbiamo istitui o un piccolo Fondo per la non auto-
sufficienza, uno dei primi in Regione... Il primo anno ci sono state pochissime domande, poi grazie al
lavoro dell’assistente sociale le domande sono triplicate... È un comune che è sempre stato di sinistra,
ora di centrodestra ma ha proseguito nel confronto, nel fare i protocolli” (Franco Sdraiati, SPI Pia-
cenza).
D’altronde, si riscontrano difficoltà, da parte del sindacato, nel tipo di relazioni che si
stabiliscono tra gli attori della contrattazione anche in comuni amministrati da giunte di cen-
trosinistra, che dovrebbero essere tradizionalmente più sensibili alle tematiche poste dalle
OO.SS., come emerge, ad esempio, nel territorio reggiano dove il sindacato, nonostante ab-
bia formalizzato con l’Ente locale il processo negoziale, deve ogni volta “strappare il tavolo”
al comune per poter avviare la trattativa. Inoltre, sembra emergere, come sottolineato in
sede di focus group, una modifica nelle modalità di confronto tra gli attori derivante dalla ri-
forma elettorale del ‘93 che introduce un nuovo sistema della rappresentanza locale, preve-
dendo l’elezione diretta del sindaco (Legge 81/93 “Riforma seconda parte della Costituzione
delle leggi elettorali per i Comuni”):
“Nella Bassa abbiamo fatto nel 2004 sette accordi sul principio della formalizzazione della con-
certazione perché, fino a quel momento, i confronti che avvenivano fra Enti locali e organizzazioni sin-
dacali erano assolutamen e spontanei... quegli acco di prevedevano proprio una tempistica predeter-
minata (...) Quando si va a discutere di bilanci a ridosso dei consigli comunali di approvazione non si
discute niente, si prende quello che arriva...ma noi dobbiamo ancora oggi st appare continuamente il
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tavolo, pur avendo formalizzato che a giugno e a se embre-novembre si discu e, che non ci si incon-
tra cinque giorni prima del consiglio comunale che approva il bilancio, ancora oggi troviamo quel pro-
blema” (Ciro Maiocchi, coordinatore Bassa Reggiana, CGIL Reggio Emilia).
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Il sindaco di Guastalla (comune della Bassa Reggiana) conferma come vi siano relazioni
formalizzate con “vari soggetti sociali” per la presentazione e discussione sul bilancio comu-
nale, anche se i tetti di spesa imposti agli Enti locali, i tagli dei trasferimenti, ecc. non con-
sentono spesso ai comuni ampi margini di manovra per il consolidamento della spesa da de-
dicare al sociale causando anche – come nel caso in questione – il mancato rispetto dei vin-
coli di stabilità:
“Noi ci siamo dati un metodo a livello provinciale da alcuni anni, come ANCI e Lega delle Auto-
nomie: quello di incontrare quando esce la Finanziaria i vari soggetti sociali, imprenditori e sindacati in
maniera separata. Questo metodo lo ripetiamo anche a livello periferico, per spiegare la Finanziaria e
le possibilità di manovra sul bilancio... L’anno scorso abbiamo ragionato insieme perché si trattava di
dare un bel colpo all’ICI e all’IRPEF, questo è stato il frutto di un accordo anche con il sindacato (...)
Noi nel 2004 non eravamo stati nel Patto di Stabilità. Avevamo degli arretrati dei pagamenti rimandati
e nel 2005 abbiamo dovuto fare un bilancio contenuto, pur salvaguardando tutta la fascia della spesa
sociale. Nel 2005 non abbiamo potuto espandere la spesa, per quest’anno siamo riusciti a con enere i
tagli rispetto al 2004 intorno ai 350 mila euro” (Mario Dall’Asta, Sindaco comune di Guastalla).
A parte il caso in questione, la maggior parte dei comuni presi in esame è riuscita, fino
a questo momento, ad approvare il bilancio preventivo entro i termini consentiti, senza ri-
correre all’esercizio di governo provvisorio.
3.4 L’esito della contrattazione
Alla fine del confronto negoziale, più o meno formalizzato, tra l’attore istituzionale e
sindacale, il processo tende a concludersi, per lo meno in questa fase, con la sottoscrizione
di un atto formale denominato in modi differenti: intesa, protocollo, accordo, verbale di in-
tesa o di incontro.
Anche sotto questo profilo, dunque, è emerso un panorama ancora una volta variegato
e eterogeneo nella scelta del termine da adottare per definire l’esito del confronto negoziale.
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Vi sono territori, ad esempio, che preferiscono definire l’esito della contrattazione con il
termine protocollo o verbale mentre il termine ‘accordo’ viene utilizzato per designare un’in-
tesa tra l’attore sindacale e quello istituzionale su singoli temi specifici (anziani, infanzia, po-
litiche abitative, ecc.).
In altri casi, l’uso del termine accordo indica una “coincidenza piena” raggiunta tra
l’amministrazione locale e le OO.SS. sulle linee di bilancio, mentre ‘verbale di incontro’ sanci-
sce il raggiungimento di una intesa con la presenza però di temi sui quali i due attori hanno
espresso posizioni differenti.
Nel campione in analisi, vi sono comuni in cui gli attori della contrattazione, nell’arco
del periodo considerato (2002-2005), hanno sottoscritto, ogni anno, al termine del processo
negoziale, più o meno formalizzato, un documento comune sulle Linee di bilancio dell’Ente
locale. Si tratta, in gran parte, dei comuni di grande dimensione39: Reggio Emilia, Modena,
Ferrara, Ravenna, Rimini.
Ma, anche in un numero significativo di comuni di media dimensione (Fidenza, Vignola,
Casalecchio, Budrio, Imola, Castel San Pietro Terme, Argenta, Bondeno, Cesena, Cesenatico)
e con popolazione inferiore ai 15mila abitanti (Borgonovo, Guastalla, Crevalcore, Massalom-
barda, Morciano di Romagna), si è riscontrata una tendenza a formalizzare il risul ato del
confronto in tutti i tre anni considerati sia a livello confederale che solo come sindacato pen-
sionati.
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3.4.1 Due tipi di esito: l’accordo e il mancato accordo
Si possono distinguere due grandi tipi di esiti della contrattazione territoriale. Nel primo
tipo rientrano i casi in cui si giunge ad un accordo e si verbalizza “tutto”, sia i temi cioè su cui
c’è l’intesa tra gli attori, sia gli argomenti su cui non si è raggiunto una posizione comune,
come emerge nel seguente brano di intervista:
“Una volta che c’è una condivisione sul documento che noi presentiamo, con la controparte che
dice: ‘noi siamo d’accordo di non aumentare le tariffe, se le aumentiamo è rispetto all’inflazione pro-
grammata ecc.’ si arriva non ad un accordo ma ai verbali di incontro dove si mettono su carta le cose
sulle quali si conviene e anche le cose sulle quali non si conviene... Poi si fanno dei verbali d’accordo
specifici sulle materie che fanno parte di quel accordo quadro, però è un accordo specifico su alcune
39 Ad eccezione del comune di Bologna come si vedrà in seguito.
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questioni, non è un accordo generale” (Ida Mantovani CGIL Ferrara). ,
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Sempre in questo primo tipo di esito rientrano anche i casi in cui si è raggiunto un ac-
cordo anche se si sceglie però di verbalizzare soltanto alcuni aspetti di cui si è discusso du-
rante il confronto: si può scegliere di verbalizzare solamente gli elementi di dissenso, di con-
trarietà o, come nell’esempio seguente, esclusivamente i temi nuovi e/o che si sono modifi-
cati rispetto all’impostazione iniziale del bilancio presentato dall’amministrazione comunale
con cui si è svolta la contrattazione territoriale:
“C’è un verbale di intesa che ha modificato alcune parti, come le tariffe di carattere sociale, ri-
spetto alla proposta iniziale. Le opposizioni hanno lamentato il fatto che l’acco do preventivo con parti
sociali prima dell’approvazione di bilancio esautora il ruolo di autonomia decisionale del consiglio co-
munale... Tutto ciò su cui non avevamo nulla da dire sul bilancio, critiche o dissensi, non è stato og-
getto di citazione nei verbali di incontro... I verbali riguardano solo ciò che si intendeva modificare o
introdurre di nuovo. In più non c’è la premessa politica” (Pasquale Casadio, CGIL Ravenna).
Oppure si è scelto di inserire nel testo solamente alcuni temi di intervento considerati
prioritari o specifici – le novità – introdotti nell’anno in corso rispetto all’accordo siglato l’anno
precedente (accordo a cui si rinvia come documento comune considerato “acquisito”). In
quest’ultimo caso si tratta di raggiungere anche un obiettivo abbastanza ambizioso, secondo
vari attori sindacali intervistati, che consiste nel sottoscrivere il cosiddetto accordo “di man-
dato” elettorale. Vediamone un esempio:
“Finora ogni anno si è discusso di tutto: dalla premessa politica in giù! Tutte le intese sul bilan-
cio hanno riguardato dalla prima voce all’ultima. Hanno riproposto quindi uno schema di verbale an-
nuale...L’obiettivo è arrivare a degli Accordi di mandato, un accordo che affronti le grandi linee strate-
giche generali e poi di volta in volta ogni anno si introducano solo alcuni elementi significativi o di ap-
profondimento o di spostamento (...) Nel verbale di Cesenatico del 2005 si prende atto che c’è stato
un verbale generale di impostazione nel 2003 e si individuano alcuni temi prioritari di intervento speci-
fici” (Marco Morellini, SPI Cesena).
Il secondo tipo di esito si ha quando non si raggiunge un accordo formalizzato tra gli
attori della contrattazione territoriale.
La mancata sottoscrizione di una intesa formale può essere ricondotta, a sua volta, a
vari ordini di motivi. In primo luogo, essa può rappresentare, per le organizzazioni sindacali,
una scelta obbligata, quindi un esito più o meno subìto, nel caso in cui il bilancio comunale,
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anche dopo un processo negoziale, più o meno formalizzato, non risulti in parte, o del tutto,
condivisibile per l’attore sindacale.
Sul mancato esito possono influire, in molti casi, anche le elezioni amministrative e il
cambio di “colore” della giunta comunale. Segnaliamo, a questo proposito, il caso del co-
mune di Bologna interessato nel periodo 2002-2005 dal passaggio da una giunta di centro
destra, presieduta dal sindaco Giorgio Guazzaloca, ad una di centrosinistra con sindaco Ser-
gio Cofferati.
Nell’arco di tre anni, infatti, si è assistito alla sottoscrizione, nel 2003, di un verbale
d’intesa unitario, seguito l’anno successivo da un verbale di accordo separato senza la firma
della CGIL (giudizio favorevole di CISL e UIL), mentre nel 2005 - insediatasi la nuova giunta
di centrosinistra - è stato siglato un accordo unitario. Quest’ultimo accordo, poi, è stato pre-
ceduto da un nuovo Protocollo di relazioni sindacali tra i tre sindacati confederali, dei pensio-
nati e del pubblico impiego.
È interessante notare come si siano registrate differenze nell’esito della contrattazione
anche in comuni nell’ambito della stessa provincia. Se, ad esempio, nel comune di Bologna si
è giunti ad un accordo separato nel 2004, nel resto della provincia e, in particolare, negli altri
tre comuni in esame (Casalecchio, Budrio e Crevalcore) si sono siglati accordi unitari in tutti
gli anni considerati.
Inoltre, nel caso di Budrio, è stato sottoscritto nel 2005 un accordo molto articolato, da
parte della CGIL (unica confederazione presente) e dei tre sindacati pensionati che prevede,
come allegato, una “nota a verbale” per evidenziare il disaccordo espresso dai sindacati in
relazione alla decisione presa da parte dell’amministrazione comunale di aumentare la tassa
dei rifiuti solidi urbani (l’aumento del 6% è stato considerato dalle OOSS “troppo oneroso”).
Viene quindi volutamente sottolineata, nonostante la firma di un accordo, una diffe-
renza significativa da parte dell’attore sindacale su un tema - in questo caso la tassa/tariffa
rifiuti - che rappresenta una delle principali leve fiscali di entrata dei comuni.
Un ulteriore ordine di motivi riguarda la scelta di non sottoscrivere accordi tra gli attori
nonostante un percorso negoziale più o meno formalizzato, più o meno collaborativo tra
amministratori locali e sindacato, come emerso in particolare nel comune di Faenza:
“Nel faentino abbiamo chiesto il confron o con il Comune e siamo entrati nel merito delle Linee
che ci eravamo dati. Il confronto sui contenu i. Non abbiamo mai sottoscritto verbali di accordo alla
fine delle trattative. Il tempo è molto limitato e il confronto è dettato dai tempi. Non è una mancanza
di riconoscimento del sindacato come attore contrattuale, è stata una scelta fatta nel faentino di non
verbalizzare” (Roberto Cornigli, CGIL Faenza).
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Bisogna però segnalare che, in questo comune, è stato comunque siglato relativa-
mente all’anno 2003 non un accordo generale, come ribadisce il nostro interlocutore, ma una
“dichiarazione congiunta CGIL CISL UIL sull’ISEE e le restituzioni IRPEF”.
La mancata sottoscrizione di un accordo formale non comporta però, secondo le testi-
monianze raccolte, un mancato “riconoscimento” del sindacato in quanto attore contrattuale;
tema quest’ultimo che approfondiremo successivamente alla presa in esame dei contenuti
della negoziazione che ci apprestiamo ad effettuare nel prossimo capitolo.
- 37 -
- 4 - I contenuti degli accordi
Passiamo, a questo punto, all’analisi dei contenuti degli accordi: le materie che quindi
costituiscono l’oggetto della stessa negoziazione. È stata effettuata una lettura integrale dei
testi degli accordi sottoscritti nei 32 comuni che compongono il nostro campione in Regione,
come già delineato nel secondo capitolo del presente Rapporto. Va infatti ribadito che il cam-
pione di riferimento è il medesimo dell’analisi qualitativa monitorato nell’arco temporale
2002-2005.
La raccolta degli accordi siglati dalle amministrazioni comunali con le organizzazioni
sindacali (confederali e/o dei pensionati)40 negli enti locali in esame ci ha portato alla costru-
zione di una classificazione dei temi presenti nei testi delle intese, con la predisposizione di
un database apposito. A tal fine, si è potuto fare tesoro dell’esperienza accumulata, in più di
un decennio, dall’Istituto con la Banca Dati IRES Emilia Romagna sulla contrattazione di se-
condo livello in Regione.
Attraverso una ricognizione dei contenuti degli accordi (le voci), si sono messe in evi-
denza le connessioni tra le diverse tematiche (le aree), che rispondono alle varie articolazioni
attraverso cui si esprimono la domanda sociale e, come sostiene Maria Luisa Mirabile, gli
elementi di “equità territoriale nei servizi di cittadinanza”41 . A questo proposito, ci si è posti
l’obiettivo di individuare se negli accordi siglati esistessero o meno assi contrattuali, intesi
come aggregati di tematiche tra loro maggiormente interconnesse e relativamente stabili nel
tempo e nei diversi contesti territoriali.
Dopo aver accertato in quanti comuni del campione si effettua una contrattazione che
sfocia in una intesa formalizzata tra gli attori negoziali (comune e sindacato) si e valutato,
per gli enti locali che hanno siglato intese, la consistenza demografica della popolazione po-
tenzialmente interessata da questa modalità contrattuale sul totale della popolazione del
campione in esame, nonostante i temi contrattati, come emergerà in seguito (cfr. paragrafo
5.52 “La comunicazione dei risultati”) non sempre riescano a “raggiungere” i potenziali bene-
ficiari rendendo in questo modo un diritto “sancito sulla carta” non esigibile.
40 Si veda a questo proposito la Tab. 1. 41 Mirabile M.L., Doppio movimento. Premesse per studi integrati su territorializzazione e welfare, in “La Ri-
vista delle Politiche Sociali”, 2, 2005, p. 63.
- 38 -
È poi seguita un esame delle materie, in relazione all’anno di sottoscrizione dell’accordo
e alla composizione, spesso diversamente articolata, della delegazione sindacale.
Sotto il profilo dell’analisi si sono considerate esclusivamente le intese formalizzate at-
traverso un accordo siglato. Sono pertanto state escluse le piattaforme sindacali, gli accordi
verbali, gli accordi di gestione su specifiche materie, le delibere comunali, ecc.
Va comunque ricordato che gli accordi non sono certamente in grado di “dare conto”
della ricca rete di relazioni formali e informali che entrano in gioco nel corso del percorso ne-
goziale ma ne rappresentano soltanto la parte visibile e conservabile nel tempo.
È stata quindi scelta una definizione ristretta di accordo; si è deciso, in questo primo
Rapporto, di non effettuare una analisi delle piattaforme sindacali e del loro eventuale acco-
glimento nelle intese formalizzate, operando un confronto tra gli intenti e gli esiti negoziali.
In effetti, l’articolazione della contrattazione territoriale confederale appare come un
processo negoziale ancora in evoluzione, dai tratti sperimen ali di cui questo nostro Rapporto
intende essere un primo tentativo di sistematizzazione.
t
t t , t t
t t t
A questo proposito, concordiamo con le considerazioni di Luigi Bobbio quando afferma
come sia complicato “fornire un catalogo completo delle pratiche che rientrano in questo
modello” (di concertazione diffusa sul territorio, ndr.)42. Si tratta di un ambito negoziale che
ha conosciuto solo recentemente un relativo consolidamento e che pertanto non risulta dif-
fuso trasversalmente in tutto il territorio nazionale. Infatti: “All’inizio c’era solo la Concerta-
zione (con la C maiuscola): pochi grandi protagonisti si incontravano a livello nazionale sui
grandi temi della politica economica e fiscale, e stipulavano patti destinati a valere in tutto il
Paese. Ma si sviluppava – sia pure con minore visibilità – un altro tipo di concertazione (que-
sta vol a con la “c” minuscola): diffusa, disar icolata prevalentemen e di por ata locale, su
questioni di svariata na ura, condot a da un numero mol o alto di soggetti istituzionali o as-
sociativi di diverso rango e, qualche volta, anche con la partecipazione di cittadini comuni
non organizzati”43.
Si è dunque reso necessario il ricorso ad un approccio di analisi fondato sulla relazione
interdipendente tra la dimensione quantitativa e quella qualitativa al fine di cogliere il feno-
meno nella sua complessità.
D’altra parte ricordiamo come i focus group sindacali non abbiano preso in considera-
zione, se non indirettamente, nella griglia di domande da sottoporre agli intervistati, il tema
dei contenuti degli accordi ma bensì siano stati finalizzati alla ricostruzione del comporta-
42 Bobbio L., La concertazione diffusa nelle politiche pattizie, in “Quaderni di Rassegna Sindacale”, Le
nuove politiche pubbliche pattizie, n 3, 2004, p. 71. 43 Ibidem, p. 71.
- 39 -
mento degli attori nel corso del processo negoziale.
Il valore aggiunto di questa analisi dei testi degli accordi siglati consiste quindi nel dare
gli ordini di grandezza dei fenomeni; stabilire le relazioni tra le variabili di contesto con
l’obiettivo di avviare un percorso di sistematizzazione complessiva, cosi come è avvenuto per
la contrattazione aziendale di secondo livello.
I risultati di questa operazione, a nostro avviso, possono porre le basi per la costru-
zione di un Osservatorio permanente sulla contrattazione territoriale confederale, che pre-
veda la costruzione di una Banca dati, la quale – in forma campionaria o universale – rac-
colga e analizzi gli accordi inerenti a questa importante azione sindacale.
Per attivare questo lavoro di analisi, abbiamo dunque preso in esame i 70 accordi sot-
toscritti nei comuni del campione relativi ai confronti sui Bilanci di previsione degli Enti locali
riguardo agli anni 2003, 2004, 2005. Si sottolinea come la raccolta sia stata effettuata grazie
anche alla preziosa collaborazione delle strutture confederali e dei pensionati negli 11 terri-
tori sindacali presenti nella nostra Regione.
4.1 La classificazione degli accordi
Si è proceduto alla classificazione delle aree e delle voci relative alle materie negoziate
nella contrattazione territoriale confederale, in merito ai Bilanci di previsione.
Il problema della classificazione, è bene ricordarlo, è tuttora un tema aperto; non ha
trovato ad oggi delle risposte esaustive e condivise circa i non ancora stabilizzati processi e le
relative strutture negoziali contrattuali. In mancanza quindi di precisi punti di riferimento co-
muni, nella letteratura teorica ed empirica, l’esigenza che oggi si avverte è quella di potere
analizzare le grandi aree tematiche che compongono gli “accordi” al fine di renderle univo-
camente identificabili ed enumerabili.
Il tema della definizione e classificazione dei contenuti degli accordi può essere affron-
tato in forme diverse e complementari. Dal punto di vista operativo, il sistema adottato ri-
sponde alla nostra necessità di quantificare in modo univoco i contenuti dei temi trattati.
La struttura grammaticale utilizzata nella classificazione e per decodificare il lessico
contrattale ha considerato tutte le voci elementari che costituiscono l’ossatura degli accordi
e, in seguito alla lettura integrale di questi ultimi, si è proceduto ad una prima classificazione
dei contenuti elementari presenti (l’alfabeto).
Questo compito è apparso particolarmente problematico alla luce delle considerazioni
- 40 -
qui di seguito esposte.
Un primo elemento di difficoltà ha riguardato la complessità dei temi trattati, legata
anche al diverso “peso” attribuito negli accordi alla trattazione delle singole voci.
La lettura dei testi ci porta ad affermare che molti dei temi affrontati formano spesso
combinazioni multiple non riconducibili, a volte, ad una lettura e ad una conseguente catalo-
gazione univoche.
Siamo infatti in presenza di accordi formulati in modo tale da non consentire
l’immediata ricostruzione della trama di scrittura e una agevole operazione di “smontaggio”
del testo al fine di evidenziare in modo immediato le singole voci.
La sintassi a cui abbiamo fatto ricorso ha consentito la costruzione di aree tematiche, i
cui contenuti risultino tra loro mutuamente esclusivi, ovvero non ascrivibili contemporanea-
mente a più di un’area. Ciò ci ha permesso di adottare delle regole di composizione dei criteri
classificatori che definiscono livelli gerarchici dei contenuti, attraverso l’aggregazione delle 81
voci in 12 aree tematiche44.
In sostanza, il sistema di classificazione per funzionare, a nostro parere, deve tener
conto di diverse configurazioni delle situazioni che stanno alla base degli accordi; deve es-
sere in grado di interpretarli e posizionarli a diversi livelli di complessità, proprio come
usualmente grammatiche e sintassi sono chiamate a fare all’interno di un determinato uni-
verso di significati.
L’ordinamento delle principali voci contenute nelle diverse aree degli accordi, in fun-
zione del loro livello di diffusione, può permettere allora di giungere ad una prima valuta-
zione dei requisiti consoni e di qualità sociale dei risultati iscritti negli accordi.
Pertanto, la modalità che si è scelta è stata quella di quantificare il ricorso negoziato
alle principali aree tematiche in oggetto, nonché i loro contenuti elementari (le voci in cui
sono articolate le aree). Successivamente, attraverso l’analisi delle compresenze tra le di-
verse aree tematiche e le voci, è stato possibile delineare meglio l’oggetto della negozia-
zione, al fine di sondare l’esistenza di eventuali assi tematici all’interno delle aree.
L’utilizzo delle variabili di contesto e di quelle intrinseche alla contrattazione (dimen-
sione del comune, anno di sottoscrizione dell’accordo, composizione della delegazione sinda-
cale) solo in parte può supplire all’esigenza di considerare un accordo come un “unicum”, vi-
ste le caratteristiche delle relazioni tra le parti, la formalizzazione del processo negoziale, il
tipo di esito negoziale e cosi via.
Possiamo cioè affermare che il criterio che ci ha ispirato scaturisce certo da schemi di
contrattazione già esistenti ma si è basato, prevalentemente, sulla lettura esaustiva degli ac- 44 Si veda la Tabella 1.
- 41 -
cordi sottoscritti tra gli attori della contrattazione territoriale. Si tratta, in questo caso, di una
ipotesi di classificazione sistematica e il più possibile univoca, pensata e costruita all’interno
delle strutture sindacali regionali che mira a relazionarsi, in un’ottica di comparabilità, con
altre realtà regionali che stanno lavorando sugli stessi temi.
Questo modello di classificazione, qualora adeguatamente implementato e verificato sul
campo, potrebbe perciò costituire la base per definire uno strumento di analisi, valido anche
in contesti territoriali diversi, nella direzione annunciata della costruzione di un Osservatorio
permanente.
Quella che qui proponiamo – vedi Tabella 1 – appare dunque come una prima proposta
di classificazione, ancora inevitabilmente provvisoria, da ampliare o restringere, a seconda
anche delle scelte che si effettueranno in futuro.
Tabella 1: TEMI DELLA CONTRATTAZIONE TERRITORIALE CONFEDERALE
Capi
tolo
Voc
e
Sott
ovoc
e
Descrizione
1 PREMESSA POLITICA / RELAZIONI SINDACALI / MODALITÀ PROCEDURALI
1 1 Premessa politica
1 2 Relazioni sindacali
1 3 Valutazioni sugli Indirizzi e le Linee di bilancio – Bilancio partecipato
1 4 Giudizi sulla Finanziaria del Governo
1 5 Impegni al confronto preventivo sul bilancio
1 6 Verifiche periodiche nel corso dell’anno
1 7 Attivazione tavoli di confronto/tecnici
1 8 Definizione delle procedure di confronto
2 POLITICHE SOCIO-SANITARIE (LIVELLO MACRO)
2 1 Politiche socio-sanitarie (programmazione, delega ai Consorzi)
2 2 Piani sociali di zona – ruolo Ipab
2 3 Piani per la Salute
2 4 Fondo non Autosufficienza
2 5 Rete integrata degli sportelli sociali
3 POLITICHE SOCIO-ASSISTENZIALI
3 1 Interventi di sostegno economico / assegni di cura / minimo vitale
3 1 1 Assegni di cura per anziani
3 1 2 Assegni di cura per disabili minori, adulti, anziani
3 1 3 Interventi di sostegno alla disabilità / utilizzo volontari, servizio civile
3 2 Strutture residenziali – appartamenti protetti
3 2 1 Strutture residenziali per disabili
3 2 2 Strutture residenziali per anziani e/o Casa Protetta / RSA
- 42 -
Capi
tolo
Voc
e
Sott
ovoc
e
Descrizione
3 2 3 Centri diurni
3 2 4 Liste d’attesa per strutture residenziali e/o semiresidenziali
3 2 5 Centri sociali anziani/educazione/orti/lavori
3 3 Azioni a favore di domiciliarità
3 3 1 Servizio Assistenza Domiciliare
3 3 2 Assistenza domiciliare integrata (ADI)
3 3 3 Contributo economico per assistenza domiciliare
3 3 4 Valorizzazione e regolarizzazione del lavoro di cura
4 ESCLUSIONE, POVERTÀ, VULNERABILITÀ
4 1 Monitoraggio (Osservatori comunali, ecc.)
4 2 Osservatorio andamento prezzi
4 3 Accordi locali per prezzi calmierati
4 4 Misure di contrasto alla povertà e prevenzione rischio sociale
4 5 Impegno per il non aumento di rette, tariffe, contenimento, blocco
4 6 Bilanci sociali
5 IMMIGRAZIONE
5 1 Diritti di cittadinanza ai migranti
5 2 Politiche di sostegno (casa, integrazione sociale e scolastica, inserimento lavorativo, ecc.)
5 3 Partecipazione alla vita democratica
6 INFANZIA E ADOLESCENZA
6 1 Politiche per la prima infanzia
6 1 1 Asili nido: rette
6 1 2 Asili nido: riduzione liste d’attesa
6 1 3 Asili nido: ampliamento servizio
6 1 4 Asili nido: costruzione nuovi nidi
6 1 5 Asili nido aziendali
6 2 Scuole dell’infanzia (materne)
6 3 Riduzione di liste con convenzione strutture private
6 4 Diritto allo studio pre e post-scuola
6 5 Integrazione scolastica bambini disabili
6 6 Politiche giovanili
6 7 Fondi per l’ampliamento servizi scolastico - educativi
6 8 Centri estivi
7 TASSE, TARIFFE E TRIBUTI
7 1 Certificazione ISEE (criteri, regolamenti, monitoraggio)
7 2 TARSU (esenzioni, agevolazioni)
7 3 Passaggio da TARSU a Tariffa (esenzioni, agevolazioni, Fondi)
- 43 -
Capi
tolo
Voc
e
Sott
ovoc
e
Descrizione
7 4 ICI (aliquote, detrazioni, recupero evasione)
7 5 IRPEF
7 6 Tariffe trasporti locali
7 7 Tariffe MultiUtility (acqua, gas, luce, telefono), tariffe sociali
7 8 Tassazione di scopo
7 9 Non applicazione condono edilizio
8 POLITICHE ABITATIVE
8 1 Piani di Edilizia residenziale pubblica – incremento patrimonio
8 2 Rinvio a Piano Regolatore Generale
8 3 ERP a canone calmierato – ERP anziani
8 4 Emergenza abitativa (sfratti, morosità)
8 5 Fondo per l’Affitto (Fondi di garanzia, Fondazione per la locazione, Società per incon-tro domanda offerta)
8 6 Alloggi per lavoratori in mobilità territoriale
8 7 Calmieramento affitti per studenti
8 8 Contratti di quartiere
8 9 Urbanistica - arredo urbano - barriere architettoniche - aree cimiteriali
9 SICUREZZA URBANA
9 1 Piani per la sicurezza urbana, attività culturali
9 2 Vigile di quartiere o di prossimità, colonnine di soccorso
9 3 Polizze assicurative per anziani e vittime di reati
10 SVILUPPO AMBIENTALE
10 1 Agenda 21 (sviluppo sostenibile), ambiente, raccolta differenziata
10 2 Mobilità urbana - traffico - piste ciclabili – trasporto collettivo
11 POLITICHE DI SVILUPPO E PER IL LAVORO
11 1 Rinvio alle politiche di sviluppo dei Patti territoriali
11 2 Interventi in infrastrutture
11 3 Aree per insediamenti industriali
11 4 Lotta al lavoro irregolare – equiparazione trattamenti
12 POLITICHE DEL PERSONALE
12 1 Rinvio a contrattazione di comparto
12 2 Valutazione e ricadute costi del personale
12 3 Esternalizzazioni
12 4 Contratti atipici
- 44 -
Nel campione in esame, 28 comuni su 32 (pari all’ 87,5% del totale) hanno siglato un
accordo perlomeno in uno dei tre anni considerati. Di conseguenza, in 4 comuni del cam-
pione, comprensivi di tutte le fasce dimensionali, non si è realizzata alcuna intesa in forma
scritta, non andando oltre un livello di confronto a volte “rituale” tra le parti (come si ricor-
derà il tema è stato affrontato nel paragrafo 3.3.2).
Infatti, vi sono comuni nei quali si è svolto un confronto tra l’amministrazione e il sin-
dacato (confederale e/o dei pensionati), senza che gli attori siano pervenuti, per vari motivi,
alla formalizzazione di accordi; ve ne sono altri – la maggioranza – in cui il confronto si è
concluso con la sottoscrizione di una intesa da parte dell’ente locale e del sindacato confe-
derale; così come vi sono alcuni comuni in cui l’intesa è stata sottoscritta dall’amministrazio-
ne comunale solo con il sindacato pensionati, su una piattaforma rivendicativa dei pensionati
stessi (che atteneva cioè esclusivamente misure riguardanti la fascia della popolazione an-
ziana).
È necessario, a questo proposito, sottolineare come 9 accordi sul totale dei 70 in
esame sono stati sottoscritti dagli Enti locali con il solo sindacato dei pensionati. A fronte di
queste importanti precisazioni, si potrebbe, in futuro, effettuare una possibile stima del grado
di copertura dell’efficacia della contrattazione, tenendo conto quindi delle diverse fasce di
popolazione potenzialmente interessate dai benefici della contrattazione territoriale.
Ciò premesso, diciamo subito che nel nostro campione si segnala una elevata propensione
alla formalizzazione dell’accordo. Si tratta di una prima valutazione dell’estensione di una
pratica negoziale e di confronti molto diffusa nell’insieme del contesto regionale, che si è tra-
dotta in circa 300 confronti realizzati dal sindacato con le amministrazioni locali45 (secondo
fonte sindacale). In questi comuni si è dunque svolta una qualche forma di confronto e/o
negoziazione formale e informale. Il dato è infatti comprensivo anche delle intese informali,
raggiunte cioè in assenza di un testo sottoscritto dagli attori.
Essendo questa la prima ricerca realizzata in Emilia Romagna su questo tema, non è
possibile effettuare comparazioni con altre esperienze già realizzate in Regione. È necessario
però ricordare come in altri contesti regionali, in particolare in Piemonte e Lombardia a cura
dei due IRES regionali, abbiano già lavorato su queste esperienze di negoziazione prendendo
a riferimento, ad esempio, non solo gli accordi formalmente sottoscritti dagli attori ma anche
le delibere comunali – l’attività cioè di recezione degli accordi nelle delibere – che noi ab-
biamo indagato nel nostro campione solo con una analisi di tipo qualitativo.
Pur trattandosi di dati non omogenei tra loro (il prendere in considerazione ad esempio
anche le delibere comunali) e che fanno riferimento a periodi antecedenti a quelli da noi con- 45 Su 341 comuni presenti in Regione.
- 45 -
siderati essi pervengono ad una stima del tasso di propensione di negoziazione medio regio-
nale non superiore al 40% nel caso lombardo e nettamente inferiore nel caso piemontese.
La Tab. 2 ricostruisce, nei 32 comuni del campione, la situazione dei confronti e le in-
tese sottoscritte nel corso dei tre anni in esame. Come già emerso nell’analisi qualitativa del
processo negoziale, anche gli “esiti” del processo stesso ci consegnano un quadro assai dif-
ferenziato e variegato.
Tabella 2: QUADRO RELATIVO AI CONFRONTI E ALLE INTESE SOTTOSCRITTE NEGLI ENTI LOCALI DEL CAMPIONE
Per “intesa sottoscritta” si intende: Accordo; Protocollo; Verbale di incontro e di intesa; Dichiarazione congiunta e intesa su ISEE, tariffe e restituzione IRPEF.
BILANCIO COMUNE
ANNO 2003 ANNO 2004 ANNO 2005
PIACENZA solo confronto solo confronto solo confronto
FIORENZUOLA solo confronto solo confronto solo confronto
BORGONOVO intesa sottoscritta solo sindacato pensionati
intesa sottoscritta solo sindacato pensionati
intesa sottoscritta solo sindacato pensionati
PARMA intesa sottoscritta solo sindacato pensionati
intesa sottoscritta solo sindacato pensionati solo confronto
FIDENZA intesa sottoscritta solo sindacato pensionati
intesa sottoscritta solo sindacato pensionati solo confronto
COLLECCCHIO intesa sottoscritta solo sindacato pensionati
intesa sottoscritta solo sindacato pensionati solo confronto
REGGIO EMILIA intesa sottoscritta intesa sottoscritta intesa sottoscritta
CORREGGIO solo confronto solo confronto verbale d'intesa
GUASTALLA intesa sottoscritta intesa sottoscritta intesa sottoscritta
MODENA intesa sottoscritta intesa sottoscritta intesa sottoscritta
VIGNOLA solo confronto solo confronto verbale d'intesa
CASTELNUOVO R. solo confronto solo confronto verbale d'intesa
BOLOGNA intesa sottoscritta accordo separato non firmato da CGIL intesa sottoscritta
CASALECCHIO intesa sottoscritta intesa sottoscritta intesa sottoscritta
BUDRIO intesa sottoscritta intesa sottoscritta intesa sottoscritta
CREVALCORE intesa sottoscritta intesa sottoscritta intesa sottoscritta
IMOLA intesa sottoscritta intesa sottoscritta intesa sottoscritta
CASTEL SAN PIETRO intesa sottoscritta intesa sottoscritta intesa sottoscritta
- 46 -
BILANCIO COMUNE
ANNO 2003 ANNO 2004 ANNO 2005
FERRARA intesa sottoscritta intesa sottoscritta intesa sottoscritta
ARGENTA intesa sottoscritta intesa sottoscritta intesa sottoscritta
BONDENO intesa sottoscritta intesa sottoscritta intesa su Regolamento ISEE e tariffe
RAVENNA intesa sottoscritta intesa sottoscritta intesa sottoscritta
FAENZA dichiarazione congiunta ISEE e restituz. IRPEF solo confronto solo confronto
MASSA LOMBARDA intesa sottoscritta intesa sottoscritta intesa sottoscritta
FORLI' intesa sottoscritta nessuna intesa
per esito di confronto negativo
nessuna intesa per esito di
confronto negativo
FORLIMPOPOLI solo confronto solo confronto solo confronto
SANTA SOFIA solo confronto solo confronto solo confronto
CESENA intesa sottoscritta intesa sottoscritta intesa sottoscritta
CESENATICO intesa sottoscritta intesa sottoscritta intesa sottoscritta
RIMINI intesa sottoscritta intesa sottoscritta intesa sottoscritta
SANTARCANGELO nessuna intesa
per esito di confronto negativo
intesa sottoscritta intesa sottoscritta
MORCIANO DI ROMAGNA
intesa sottoscritta intesa sottoscritta intesa sottoscritta
- 47 -
4.2 Le caratteristiche degli accordi
In questo paragrafo saranno prese in considerazione le seguenti caratteristiche degli
accordi: l’ampiezza demografica del comune; l’anno di sottoscrizione dell’intesa; la composi-
zione della delegazione sindacale trattante.
Si tratta di 70 accordi siglati dalle parti in occasione dei bilanci di previsione relativi al
periodo 2003-2005, suddivisi per anno di sottoscrizione dell’accordo e ampiezza demografica
del comune.
Per quando riguarda la distribuzione temporale degli accordi sottoscritti, si riscontra un
buon equilibrio della numerosità degli accordi per anno, come risulta dai dati esposti nel gra-
fico successivo.
Grafico 1: Numero Accordi per Anno (valori assoluti)
24 23 23
0
5
10
15
20
25
2003 2004 2005
Prevale in leggera misura la presenza di accordi stipulati nei centri di dimensione in-
termedia, cioè nella fascia tra 15mila e 100mila abitanti (40%, pari a 28 accordi), seguiti dai
comuni capoluogo (32,9%, pari a 23 intese) e dai comuni con popolazione inferiore ai 15mila
abitanti (27,1%, pari a 19 accordi).
In alcuni comuni si stipula una sola intesa nel triennio considerato, mentre in altri se ne
sottoscrivono due o addirittura tre. In particolare, questi ultimi risultano essere 18 (sui 28
comuni che hanno formalizzato un accordo). Si registra dunque una buona continuità
dell’azione negoziale nel periodo in esame, come emerge nel Grafico 3.
- 48 -
Grafico 2: Numero Accordi per classi di ampiezza demografica (valori assoluti)
19
28
23
0
5
10
15
20
25
30
Piccoli Medi Grandi
"CLASSE" RANGE NR. ABITANTI
• Piccoli inferiori a 15.000
• Medi da 15.000 a 100.000
• Grandi oltre 100.000
27,14%32,86%
40,00%
Piccoli Medi Grandi
Grafico 3: Ricorrenza Accordi nei Comuni nei 3 anni (valori in %)
8,6
14,377,1
1 acc.2 acc.3 acc.
8,6
14,3
77,1
0 20 40 60 80
1 acc.
2 acc.
3 acc.
La continuità negoziale non è legata dunque, in modo meccanico, alla dimensione del-
l’ente locale; sono altre le motivazioni che portano o meno alla formalizzazione dell’accordo
come già emerso precedentemente.
Per quanto riguarda la composizione della delegazione sindacale, si rileva come lo sce-
nario di configurazione degli attori appaia complesso e non sia sempre agevole – dalla lettura
dei testi degli accordi – identificare in modo esatto la composizione della delegazione sinda-
cale e i sottoscrittori firmatari delle stesse intese.
L’analisi dei testi conferma comunque che quando vi è complessità della delegazione
sindacale trattante (confederazione, sindacato pensionati, categoria del pubblico impiego,
ecc.), siamo di fronte alla presenza di accordi sottoscritti che prevedono la più vasta gamma
di voci e argomenti trattati e non ad intese che riguardano, ad esempio, solo una particolare
e specifica fascia di popolazione (come nel caso di intese siglate dal sindacato pensionati che
riguardano in larga parte temi che insistono sui bisogni degli anziani).
- 49 -
Infatti dal campione si evince che quasi il 70% degli accordi è stato sottoscritto dalla
confederazione unitamente alla rappresentanza dei pensionati. Quasi il 20% è stato sotto-
scritto solo dalle confederazioni, mentre il 13% (pari a 9 intese su 70) è stato siglato solo
dalle organizzazioni sindacali dei pensionati, grazie alla loro capillare presenza sul territorio,
che consente loro, come già premesso, una più estesa azione negoziale. Va sottolineato in
effetti che questi ultimi accordi riguardano in gran parte la sola popolazione anziana.
Disaggregando questi dati per classi di ampiezza demografica, emergono due aspetti
che vale la pena segnalare:
a) nei piccoli centri si accentua il protagonismo, per le ragioni di cui sopra, del sindacato
pensionati (diffusione delle Leghe dello SPI, articolazione territoriale, ecc.);
b) nei comuni di media e grande dimensione è di gran lunga prevalente la presenza con-
giunta della confederazione con il sindacato dei pensionati. Di questi, una parte reca la
firma della sola confederazione. Inoltre, si è assistito alla sottoscrizione di intese sepa-
rate, ovvero la firma di accordi tra l’ente locale e i sindacati confederali con l’esclusione
della CGIL (fenomeno che ha coinvolto il solo comune di Bologna relativamente all’anno
2004).
4.3 I profili della contrattazione
Procederemo ora ad una prima analisi, in forma sintetica, dei principali argomenti
trattati negli accordi del campione, così come emergono nella classificazione delle 12 aree
individuate. Si effettuerà, infatti, una analisi esplorativa di carattere quantitativo. Vengono a
tal fine individuati indici sintetici per la lettura della contrattazione territoriale confederale ba-
sati sui concetti di diffusione e intensità della contrattazione delle diverse aree tematiche.
L’indice di diffusione è un indice che misura la consistenza percentuale della frequenza
dell’argomento sul totale degli accordi siglati, a prescindere dal numero di voci all’interno di
ogni area effettivamente presenti nelle intese46 (è cioè sufficiente che sia negoziata una sola
voce di un’area perché essa venga considerata come oggetto di contrattazione).
Dalla Tab. 3 si nota come, in termini assoluti, con una buona stabilità negli anni in
esame, i temi più regolati sono relativi all’area “Procedure delle relazioni sindacali e premesse
46 Viene attribuito lo stesso “peso” (percentuale) ad un accordo che ad esempio prevede all’interno
dell’Area “Esclusione, povertà, vulnerabilità” la presenza della sola voce “contenimento o non au-mento delle rette e tariffe” e un altro accordo che prevede la copertura quasi completa di tutte le voci presenti nella medesima area.
- 50 -
politiche”, area relativa ai rapporti che formalizzano un sistema di relazioni tra amministra-
zione comunale e organizzazioni sindacali.
Tabella 3: Aree contrattate negli accordi per anno Indice di diffusione delle singole materie sul totale degli accordi
2003 2004 2005 TOTALE Anni / Valori Aree Contrattate Nume
rosità
% sul totale
accordi
Numerosità
% sul totale
accordi
Nume rosità
% sul totale
accordi
Numerosità
% sul totale
accordi
1 PREMESSA POLITICA / RELAZIONI SINDACALI / MODALITÀ PROCEDURALI 24 100,0 21 91,3 23 100,0 68 97,1
2 POLITICHE SOCIO-SANITARIE (LIVELLO MACRO) 20 83,3 19 82,6 18 78,3 57 81,4
3 POLITICHE SOCIO-ASSISTENZIALI 20 83,3 21 91,3 20 87,0 61 87,1
4 ESCLUSIONE, POVERTÀ, VULNERABILITÀ 18 75,0 16 69,6 22 95,7 56 80,0
5 IMMIGRAZIONE 9 37,5 9 39,1 10 43,5 28 40,0
6 INFANZIA E ADOLESCENZA 18 75,0 14 60,9 18 78,3 50 71,4
7 TASSE, TARIFFE E TRIBUTI 23 95,8 21 91,3 23 100,0 67 95,7
8 POLITICHE ABITATIVE 18 75,0 17 73,9 19 82,6 54 77,1
9 SICUREZZA URBANA 5 20,8 4 17,4 4 17,4 13 18,6
10 SVILUPPO AMBIENTALE 10 41,7 13 56,5 13 56,5 36 51,4
11 POLITICHE DI SVILUPPO E PER IL LAVORO 13 54,2 9 39,1 11 47,8 33 47,1
12 POLITICHE DEL PERSONALE 14 58,3 10 43,5 14 60,9 38 54,3
Segue, in tutti gli anni in analisi, quasi alla pari nella graduatoria per l’indice di diffu-
sione, la presenza dell’area “Tasse, tariffe, tributi” che trae in gran parte alimento dall’ado-
zione da parte di tutti i comuni dello strumento dell’ISEE, come indicatore utilizzato per
l’agevolazione dei servizi; area che vede poi nel corso degli anni successivi un approfondi-
mento delle voci riferite ad argomenti di forte attualità come la TARSU (Tariffa rifiuti solidi
urbani) e il passaggio da questa alla Tassa rifiuti.
Le “Politiche socio-assistenziali” (area che comprende ad esempio gli assegni di cura, la
residenzialità e la domiciliarità, ecc.) per la vastità dei terreni di intervento rimangono una
delle questioni più importanti e mediamente nei tre anni si posizionano al terzo posto.
Relativamente a queste tre tematiche si può sostenere esista nel periodo osservato una
buona stabilità dei tre temi negoziali, che risultano essere i più presenti stabilmente ai primi
- 51 -
posti nella graduatoria.
A breve distanza, ma solo nei primi due anni, si colloca l’area “Politiche socio-sanitarie”
(programmazione, delega ai Consorzi, Piani di zona, ecc.) che prevede un rimando ad altri
tavoli contrattuali e/o concertativi e ad altri attori negoziali (distretto, ASL, ecc.), ad ecce-
zione però della voce relativa al “Fondo per la non autosufficienza” che rimane in capo ai
comuni. Nel corso del 2005 si assiste ad una diminuzione della presenza regolativa di
quest’area che retrocede in graduatoria, in modo significativo, verosimilmente, come antici-
pato, in virtù dello spostamento di queste tematiche ad altri ambiti (programmazione di poli-
tiche socio sanitarie, Piani di zona, piani per la salute, ecc.).
In una fascia di diffusione mediana si situa l’area “Esclusione, povertà, vulnerabilità”
che conosce una significativa crescita nel triennio passando dal quinto posto ricoperto nel
2003 al terzo posto nel 2005; questa risulta essere anche l’area più dinamica nel tempo.
Sempre in questa fascia mediana troviamo anche le aree: “Infanzia e adolescenza”;
“Politiche abitative” e “Politiche del personale” che presentano una contenuta dinamica posi-
tiva nel triennio.
All’opposto nelle posizioni di coda troviamo nell’ordine l’area “Sviluppo ambientale” (al
nono posto sul totale del campione, in crescita nel triennio), seguita dell’area “Politiche di
sviluppo e per il lavoro”, l’area “Immigrazione” (anch’essa in crescita) e il tema della “Sicu-
rezza urbana”.
Per la maggior parte delle materie, dunque, il trend dell’indice di diffusione è tenden-
zialmente crescente.
Per valutare meglio queste tendenze occorre introdurre un ulteriore indice che denomi-
niamo di intensità negoziale47, costituito dal rapporto tra il numero di voci presenti in ogni
area, per ogni accordo, sul totale delle voci possibili previste dalla classificazione per l’area
medesima48 (indice già adottato, ad esempio, per l’esame della contrattazione di secondo li-
vello aziendale).
47 Tale indice varia nella scala da 0 a 1, dove: 0 = assenza di negoziazione su di una materia per un determinato accordo; 1 = contrattazione completa di tutte le voci contenute nella materia nel medesimo accordo. 48 Per una discussione sull’indice si veda Pini P., (a cura di), Innovazione, relazioni industriali e risultati
di impresa, Franco Angeli, Milano, 2004.
- 52 -
Tabella 4: Indice di intensità negoziale delle principali materie trattate negli accordi per anno
MEDIE
2003 2004 2005 TOTALE
1 PREMESSA POLITICA / RELAZIONI SIN-DACALI / MODALITÀ PROCEDURALI 0,59 0,54 0,73 0,62
2 POLITICHE SOCIO-SANITARIE (LIVELLO MACRO) 0,35 0,37 0,32 0,35
3 POLITICHE SOCIO-ASSISTENZIALI 0,23 0,20 0,37 0,27
4 ESCLUSIONE, POVERTÀ, VULNERABILITÀ 0,17 0,19 0,27 0,21
5 IMMIGRAZIONE 0,19 0,28 0,32 0,26
6 INFANZIA E ADOLESCENZA 0,17 0,13 0,23 0,18
7 TASSE, TARIFFE E TRIBUTI 0,38 0,28 0,38 0,35
8 POLITICHE ABITATIVE 0,24 0,28 0,32 0,28
9 SICUREZZA URBANA 0,07 0,12 0,10 0,10
10 SVILUPPO AMBIENTALE 0,31 0,37 0,48 0,39
11 POLITICHE DI SVILUPPO E PER IL LAVORO 0,18 0,15 0,18 0,17
12 POLITICHE DEL PERSONALE 0,27 0,23 0,34 0,28
Con questo indice è dunque possibile misurare la “completezza” della trattazione per
via regolativa della materia – intesa nel senso di ampiezza dell’articolazione tematica – op-
portunità che ci consente di tenere conto di quanto la contrattazione esprime in termini di
“potenzialità” relativamente alla copertura dello spettro tematico contenuto nella classifica-
zione.
Se usiamo questo secondo indicatore, si notano alcuni riposizionamenti significativi
delle 12 aree che, rispetto alle tre fasce individuate in relazione all’intensità dell’indice di dif-
fusione, possono essere così rappresentate:
a) per quanto riguarda il gruppo delle aree di testa nell’indice di diffusione, si nota che tre
macroaree si mantengono ai primi posti della graduatoria anche per l’indice di intensità
(“Relazioni sindacali”, “Politiche socio sanitarie” e “Tasse tariffe tributi”). In altre parole
queste aree conoscono una articolazione tematica dei contenuti elementari negoziali
maggiore di tutte le altre, mentre l’area “Sviluppo ambientale” - precedentemente posi-
zionata verso la coda della graduatoria dell’indice di diffusione - si porta al secondo po-
- 53 -
sto nell’indice di intensità49;
b) si registrano nella fascia di intensità mediana conferme del posizionamento di due aree
connotate da indici di diffusione intermedia. Si tratta delle aree “Politiche abitative” e
“Politiche del personale”, mentre l’area “Immigrazione” conosce una dinamica positiva
passando dagli ultimi posti nella graduatoria dell’indice di diffusione all’ottavo posto.
Contrariamente l’area “Politiche socio assistenziali” - precedentemente nelle prime 4 po-
sizioni - scende al settimo posto. Tutti i casi in cui si registra, come in quello delle politi-
che socio assistenziali, un effetto di declassamento nella posizione dell’indice di intensità
rispetto a quello di diffusione, possono essere interpretati come la dimostrazione del
fatto che nonostante vi sia un ricorso diffuso ad alcune specifiche voci questo avvenga
solo in modo selettivo per alcune di esse e non comprenda un ampio spettro delle me-
desime50;
c) per quanto riguarda la fascia a bassa intensità negoziale si registra un effetto di declas-
samento di alcune aree rispetto all’indice di diffusione che in parte erano già posizionate
nella fascia bassa (“Politiche di sviluppo e per l’occupazione” e “Sicurezza urbana”) o in-
termedia (“Esclusione, povertà, vulnerabilità”; “Infanzia e adolescenza”).
A prescindere dal confronto dei diversi posizionamenti delle 12 aree tematiche a se-
conda dell’indice statistico impiegato per misurarne la diffusione, l’analisi temporale dei dati
dell’indice di intensità negoziale evidenzia come quattro aree: “Esclusione, povertà, vulnera-
bilità”; “Immigrazione”; “Politiche abitative” e “Sviluppo ambientale” conoscano una tenden-
za alla maggiore articolazione della gamma delle voci che possono essere contrattate, pre-
sentando pertanto la maggiore dinamicità dell’indice nei tre anni.
Complessivamente comunque la gran parte delle materie nel periodo 2003-2005 cono-
sce una crescita dell’indice di intensità negoziale con l’eccezione delle aree “Politiche socio
sanitarie”, “Tasse tariffe tributi”, “Politiche di sviluppo e per il lavoro”.
Questo può essere letto come un primo indizio, che sarà ripreso successivamente, di
una crescita significativa nella direzione dell’allargamento del ventaglio dei contenuti nego-
ziali a partire da quelli presenti nel 2003.
È ora opportuno analizzare le tendenze di questi indicatori in relazione all’ampiezza
demografica del comune.
49 Ciò perché nonostante l’area presenti una diffusione nel suo insieme contenuta, quando viene inse-
rita negli accordi essa ricomprende la maggior parte delle voci in cui si articola nella classificazione adottata.
50 In riferimento all’area politiche socio assistenziali ad esempio si può notare come solo poche voci sono oggetto di contrattazione ricorsiva (interventi di sostegno economico, strutture residenziali per anziani, azioni a favore di domiciliarità, ecc.), mentre molte altre voci hanno una bassa fre-quenza.
- 54 -
In generale, non si riscontra un andamento lineare conforme alle aspettative dell’indice
di intensità negoziale delle principali materie trattate negli accordi, per dimensione del co-
mune, ovvero non è scontato che all’aumentare della dimensione demografica dei comuni vi
sia una maggiore articolazione tematica delle aree trattate.
In effetti sono i comuni di media dimensione, compresi tra 15mila e 100mila abitanti, a
presentare la maggior complessità tematica sulle voci per aree. Infatti, vi sono ben 7 aree su
12 che presentano valori degli indici di intensità negoziale più elevati in corrispondenza dei
comuni di media dimensione.
Per converso rispetto a questi ultimi si registra una diminuzione di intensità negoziale
nei comuni di grande dimensione, dove solo per quanto riguarda quattro specifiche aree te-
matiche (“Sviluppo ambientale”; “Tasse, tariffe, tributi”; “Politiche del personale” e “Sicurez-
za urbana”) si assiste ai livelli più elevati nel campione. Per quanto riguarda una sola area –
“Politiche di sviluppo e per il lavoro” – si registrano valori uguali tra comuni di media e
grande dimensione.
Negli accordi dei piccoli comuni le due aree su cui si insiste maggiormente risultano es-
sere l’area della “Premessa politica” e l’area “Tasse, tariffe, tributi”; non vi è nessuna area
che primeggia rispetto a quelle presenti nei comuni di media e grande dimensione ma vi è
una buona copertura di quasi tutte le aree. Ciò significa che non si riscontrano marcate dif-
ferenze riguardo alle problematiche affrontate dagli attori negoziali nei comuni di piccola di-
mensione rispetto a quelle trattate nei comuni medi e grandi, seppure con minore intensità
di ricorso nella contrattazione.
Inoltre, nei comuni di medie dimensioni si registra una spiccata vocazione alle temati-
che di stretta impronta sociale: in particolare tra le materie più negoziate oltre l’area delle
“Relazioni sindacali” che costituiscono la cornice dell’accordo e l’area redistributiva, rappre-
sentata da “Tasse tariffe, tributi”, si tratta dei temi dell’assistenza, della casa e dell’infanzia,
esclusione, povertà e vulnerabilità, immigrazione.
I temi della sicurezza urbana e dell’ambiente rimangono invece appannaggio dei grandi
comuni, pur rimanendo in generale scarsamente diffusi. Nei grandi centri poi alcune temati-
che non sono così diffusamente contrattate in quanto la discussione sul bilancio dell’ente lo-
cale spesso non esaurisce il confronto tra le parti – che appare sicuramente più complesso
rispetto a quanto accade in un piccolo e medio comune – e vi è un rinvio ad altre sedi e ta-
voli specifici di negoziazione, ecc. di cui non si trova traccia negli accordi siglati.
- 55 -
4.4 Assi negoziali e complessità tematica degli accordi
Finora abbiamo considerato i grandi temi della contrattazione territoriale attraverso una
lettura trasversale nel tempo e per classi dimensionali dei comuni del campione. Prima di
procedere ad una analisi di dettaglio dei contenuti delle intese alla luce di una lettura voce
per voce, occorrerà integrare questa impostazione con un approfondimento che consenta di
cogliere la struttura dell’accordo, ovvero l’esistenza di un legame tra le varie aree e voci pre-
senti all’interno di ogni intesa.
Questo nesso tra i principali temi oggetto di regolazione non è scontato che esista
come elemento trasversale ai diversi contesti territoriali comunali, oppure sia soltanto speci-
fico a precisi ambiti e “stili” contrattuali; ma è comunque un elemento fondamentale da in-
dagare e ricostruire per focalizzare l’ossatura della contrattazione, mettendo in relazione i
contenuti con le principali variabili di contesto finora utilizzate nel presente studio.
Questo obiettivo sarà perseguito con l’utilizzo di due strumenti analitici: in primo luogo,
la ricerca e la identificazione di assi contrattuali, ovvero la presenza trasversale nella con-
trattazione di combinazioni tra le varie aree e voci al fine di stabilire l’esistenza di significative
articolazioni tra i contenuti in un quadro di legami complessi.
In secondo luogo sarà utilizzato un indice di complessità negoziale che ci consenta di
misurare l’ampiezza dello spettro di materie e voci trattate congiuntamente in ogni accordo,
basato sulla possibilità di calcolare il numero di materie o voci compresenti simultaneamente
in un testo.
Ai fini della ricerca dell’identificazione degli eventuali assi contrattuali, abbiamo predi-
sposto una analisi delle tematiche più negoziate nei 18 comuni che in tutti i tre anni consi-
derati hanno sottoscritto intese. In tal modo è possibile cogliere meglio l’evoluzione della
contrattazione a livello comunale, a partire dall’analisi dell’accordo del 2003, che costituisce
una sorta di accordo “matrice”.
Inoltre è possibile misurare in modo più ravvicinato l’effetto otocopia” che potrebbe
influenzare la nuova definizione dei contenuti degli accordi negli anni successivi al 2003. In
altre parole, si può verificare in che misura ogni anno gli attori negoziali ripensino in auto-
nomia l’agenda delle priorità o si attengano, più o meno rigidamente, alla matrice rappre-
sentata dall’accordo del 2003.
“f
Analizzando la contrattazione nei comuni che hanno sottoscritto intese in tutti gli anni
del periodo considerato, si riscontra come vi siano quattro aree tematiche, presenti in oltre i
due terzi dei comuni, sulle quali si raggiunge una intesa ogni anno e per le quali verosimil-
mente si può stabilire un asse negoziale.
- 56 -
Si tratta di quattro tematiche centrali per la contrattazione territoriale che possiamo
considerare come il “nucleo originale” con cui si è sviluppata la matrice degli accordi del
2003: “Relazioni sindacali – premessa politica”, le “Politiche socio-assistenziali”, le “Politiche
socio sanitarie”, “Tasse tariffe tributi”.
Se applichiamo a tutti i Comuni del campione, indipendentemente dal numero di ac-
cordi stipulati nei tre anni, il criterio della costituzione dell’asse attraverso la compresenza
delle quattro aree suddette, si verifica come ben i due terzi del totale degli accordi del cam-
pione comprendano al loro interno almeno tutte le quattro aree sopra dette. Se ne deduce
che questo risulta essere un asse negoziale diffuso in tutte le tipologie negoziali a prescin-
dere dalla sottoscrizione, da parte degli attori negoziali, di intese ogni anno. Aggiungendo a
questo asse la compresenza di una quinta materia tra quelle più diffuse nel campione, ad
esempio l’area “Politiche abitative” o “Esclusione povertà vulnerabilità”, si ridurrebbe a poco
più della metà il numero degli accordi comprensivi di tutte le cinque aree suddette.
Pertanto se si introduce il vincolo della presenza di aree aggiuntive all’asse principale,
si registra una diminuzione significativa della diffusione di accordi così strutturati. Se ne trae
che l’asse delle quattro materie appena definito sia la configurazione contrattuale identifica-
bile più diffusa e stabile nel campione.
Va sottolineato infatti che la “struttura base” dell’asse sopra individuato presenta una
significativa stabilità nel tempo e in termini di peso sul totale del campione (i due terzi).
Quello che sembra invece influire sulla trasversalità dell’asse è la dimensione demogra-
fica del comune in quanto, mentre negli accordi dei comuni di piccola e media dimensione
più di 7 accordi su 10 contengono i quattro temi citati dell’asse, nei comuni con popolazione
superiore ai 100mila abitanti tale frequenza scende a meno del 50%. Tale andamento ri-
scontrato nei comuni più grandi sembra derivare da un lato dal fatto che la contrattazione
del tema delle politiche socio sanitarie è molto meno presente in tale negoziazione rispetto
alle realtà comunali di dimensione inferiore per motivi che vedremo successivamente,
dall’altro nei grandi centri si riscontra una maggiore varietà tematica nella scelta delle priorità
dell’agenda negoziale che produce una minore stabilità dell’asse stesso.
L’individuazione dell’asse basato su quattro materie non esaurisce la ricchezza dei
contenuti delle intese, le quali si avvalgono dell’implementazione di temi ulteriori rispetto a
quelli indicati dall’asse – che costituiscono il “consolidato” storico della contrattazione territo-
riale – legati a bisogni emergenti o che ritornano di attualità (vedi il tema della povertà e
vulnerabilità o la nuova emergenza abitativa) e che “arricchiscono” gli accordi, cogliendo la
complessità della domanda sociale presente nel territorio. Si tratta di 8 aree tematiche che si
collocano in una fascia di ricorso medio basso dal momento che la loro variabilità d’impiego
- 57 -
dipende quasi esclusivamente dalla sensibilità ai fattori sopra richiamati, la cui complessità
ed eterogeneità richiede di volta in volta di mettere in campo soluzioni ad hoc.
Il secondo strumento utilizzato per studiare la struttura degli accordi, come già antici-
pato, è quello della valutazione della complessità tematica dei contenuti negoziali.
Sotto questo profilo, il ricorso a questa categoria della complessità si giustifica alla luce
del fatto che per attivare politiche efficaci di programmazione sostenibile ed aderenti ai biso-
gni della cittadinanza è necessario, da parte delle amministrazioni locali, far fronte ad una
domanda nuova e qualificata dei servizi alle persone e di partecipazione attiva rispondente
alle problematiche odierne.
A tal fine, prendendo in esame i comuni (18) che in tutti e tre gli anni sottoscrivono un ac-
cordo, si rileva come sul piano del numero delle aree contrattate vi sia una sostanziale stabi-
lità nel periodo 2003-200551 mentre per quanto riguarda il numero di voci complessivamente
contrattate (all’interno delle singole aree tematiche) si assiste ad una prevalenza del numero
dei comuni che nel periodo conoscono un significativo aumento delle voci negoziate52.
Se ne deduce pertanto che nell’aggregato dei 18 comuni del campione che presentano
una continuità di contrattazione nel periodo, sulla scorta di quanto già osservato circa la sta-
bilità della matrice proposta nel 2003, gli accordi successivi al 2003 e in particolare quelli del
2005, si muovono nella direzione di cogliere l’aumento della complessità sociale, attraverso
una articolazione dei contenuti per rispondere all’aumentata complessità che deriva dalle tra-
sformazioni sociali in atto.
Vediamo ora in che misura questa tendenza sia estendibile all’intero campione relativo
ai 70 accordi dei 28 comuni in esame.
In effetti, da questa analisi risulta come nel periodo di riferimento la contrattazione
dell’intero campione evolva dal 2003 al 2005 verso una struttura più articolata. Infatti
nell’insieme dei 28 comuni si accresce, nel triennio, sia il numero medio di materie contrat-
tate per accordo che il numero medio di voci ad esse relative. Si va cioè verso una maggiore
copertura dello spettro tematico previsto dalla nostra classificazione, senza che ciò comporti
un giudizio di valore sulla “qualità” dell’accordo.
Ricordando che nel periodo 2003-05 le principali aree tematiche delle intese (l’asse a
quattro aree sopra definito) non mutano per posizione nella graduatoria per diffusione nego-
ziale, si può ipotizzare che anche nel campione nel suo insieme il rafforzamento degli assi 51 Sui 18 comuni, 8 conoscono una leggera contrazione del numero di aree nell’ordine di una o due; 3
comuni mantengono lo stesso numero di aree e 7 comuni presentano incrementi nell’ordine di una o due aree.
52 Sui 18 comuni, 4 vedono una diminuzione del numero di voci complessivamente contrattate nel periodo 2002-2005, 2 comuni conoscono una stabilità delle voci e i restanti 12 comuni presentano una crescita delle voci contrattate.
- 58 -
negoziali sperimentati nel 2003 avvenga in direzione di un approfondimento e specializza-
zione dei contenuti.
Questa modalità di negoziazione conosce i livelli più elevati di complessità tematica dei
contenuti degli accordi nelle realtà comunali caratterizzate da: media dimensione demogra-
fica; riconferma in tutti i tre anni in esame dell’accordo formalizzato; delegazione sindacale al
completo, nella sua pluralità, con tutti i soggetti coinvolti53.
4.5 Le voci contrattate nelle aree tematiche
Passiamo ora all’analisi in dettaglio dei contenuti negoziali, disaggregando le 12 aree
nelle voci più frequentemente contrattate in modo da meglio focalizzare gli assi tematici delle
intese nei loro aspetti più specifici. Ciò al fine di coglierne sia gli aspetti più ricorrenti e stabili
nel tempo, sia i motivi legati all’emergere della contingenza negoziale che deriva dalla conti-
nua esigenza di adeguamento e flessibilità regolativa necessari per gestire i rapidi cambia-
menti in corso nel contesto territoriale di riferimento. Il tutto privilegiando uno sguardo ana-
litico che tenga in considerazione sia la componente anagrafica del comune che l’anno di
sottoscrizione dell’accordo.
4.5.1 L’area “Premessa politica – relazioni sindacali”
La prima area in esame, che abbiamo visto essere la più diffusa, è quella denominata
“Premessa politica – relazioni sindacali”.
Il corpo dell’area in esame contiene, come voce determinante, il naturale richiamo alla
premessa politica e successivamente il rimando alla formalizzazione di un sistema di relazioni
sindacali che viene dettagliato nelle seguenti voci: valutazione sugli indirizzi di bilancio, uti-
lizzo dell’avanzo di bilancio - bilancio partecipato, bilancio di genere e informazione ai citta-
dini.
Quest’area tematica si connatura come vera e propria “prima parte del contratto” ov-
vero assume la caratteristica di un consolidato protocollo di relazioni sindacali. Tali protocolli
53 In questi tre profili negoziali si riscontrano infatti gli indici di complessità tematica più elevati della
contrattazione, siano essi calcolati in base al numero medio di materie o di voci contrattate.
- 59 -
hanno permesso di individuare le modalità da perseguire nelle fasi di confronto, assegnando
tra l’altro compiti specifici agli attori negoziali per ambiti di competenza.
Si tratta di una parte dell’accordo che ha consentito inoltre una continuità dei confronti
negoziali anche in presenza di mutamenti degli interlocutori firmatari, che presenta defini-
zioni abbastanza standardizzate e senza oscillazioni significative nel corso dei tre anni presi in
considerazione.
Di maggiore interesse è l’analisi della voce relativa ai “Giudizi sulla finanziaria del Go-
verno”, su cui si basa una buona parte del Bilancio preventivo. Si nota infatti un calo di in-
tensità negoziale in presenza del giudizio da esprimere, in forma condivisa, sulla Finanziaria
del Governo. Un atto questo, fra le otto voci, a più elevato contenuto politico, e quindi con-
seguente al “colore” della giunta con cui le confederazioni trattano. L’assenza di negoziazione
è riferita soprattutto agli anni 2003-04, mentre vede una presenza maggiore (82,6%) nel
2005. Tutto ciò a riprova che il taglio operato alle spese sociali dalla Finanziaria per il 2005
ha avuto forti ricadute negative sui bilanci comunali e quindi sulle risorse da destinare ai cit-
tadini.
Come appare evidente questa è l’area in cui prevale l’ambito regolativo e in cui sono
codificati una molteplicità di aspetti di natura normativo-procedurale.
D’altro canto le voci relative a “Impegni a confronti preventivi”, a “Verifiche periodiche
in corso d’anno”, all’ “Attivazione di tavoli di confronto su specifici temi” e alla “Definizione
delle procedure di confronto”, rafforzano e costruiscono il tessuto delle relazioni e della loro
formalizzazione.
In questo senso si può poi parlare di “negoziazione p ogressiva” come effetto dell’atti-
vazione dei “Tavoli tecnici”, voce che in intensità negoziale arriva all’87% del campione, con
caratteristiche anche gestionali e con un andamento costante nel tempo.
r
f
r
-
t
Appare dunque corretto considerare la contrattazione territoriale confederale un can-
tiere sempre aperto, come sostiene in particolare Luigi Bobbio: “La concertazione dif usa è
un fenomeno complesso e diseguale. E tuttavia presenta alcuni caratteri originali che la dif-
ferenziano nettamente da altre fo me di scelta pubblica”. Infatti “Presso ogni amministra-
zione pubblica ci sono, in ogni momento, decine di tavoli aperti di diversa natura e dimen
sione. Qualche volta i tavoli funzionano e generano accordi, qualche vol a non ce la fanno e
si disperdono tra veti, inerzie e conflitti”54.
A conferma di ciò riportiamo una porzione di testo di un accordo sottoscritto in un co-
mune con popolazione inferiore ai 15.000 abitanti (Morciano di Romagna), riferito al bilancio
54 Bobbio L., La concertazione diffusa nelle politiche pattizie, in “Quaderni di Rassegna Sindacale”, Le
nuove politiche pubbliche pattizie, 3, 2004, Ediesse, Roma, p. 72.
- 60 -
dell’anno 2003, che fa specifico riferimento in modo esteso alle voci tratte nell’area in og-
getto:
“Premesso: che il metodo del confronto e della concertazione fra le parti sociali rappresenta per
l’Amministrazione comunale di Morciano di Romagna un vero e proprio strumen o per delineare e de-
finire le proprie politiche di sviluppo; che si sono avu i nel corso degli ultimi mesi diversi incontri dalle
OOSS per esaminare gli indirizzi del bilancio di previsione 2003; Visti i documen i prodotti dalle confe-
derazioni sindacali CGIL-CISL-UIL nonché delle rispettive associazione dei Pensionati di Rimini per il
confronto e la concertazione sulle scelte di Bilancio degli Enti Locali per l’anno 2003; Dato atto che si
giudica positivamente il fattivo rapporto di confronto e concertazione intrapreso dall’Amministrazione
Comunale con le Organizzazioni Sindacali sopra indicate; Le parti nel prendere positivamente atto
delle linee d’indirizzo per la formazione del Bilancio 2003 e del Bilancio Pluriennale 2003/2005 pre-
sentato al Consiglio Comunale dalla Giunta Municipale in data 23/12/02 condividono i seguenti ambiti
d’azione...” (segue tutto l’elenco delle materie su cui si è raggiunto l’accordo).
t
t
t
Grafico 4: Indice di diffusione delle voci contrattuali in materia di «Relazioni Sindacali» per classi di ampiezza demografica dei comuni.
(valori percentuali di ricorrenza delle voci sul totale degli accordi).
61,5
83,3
77,8
66,7
50,0
44,4
77,8
50,0
83,9
87,1
77,4
64,5
38,7 48,4
80,6
38,7
61,9
52,4
71,4
66,7
33,3
47,6
76,2
38,1
0,0
10,0
20,0
30,0
40,0
50,0
60,0
70,0
80,0
90,0
100,0
1.1 1.2 1.3 1.4 1.5 1.6 1.7 1.8piccoli medi grandi
Argomenti Classi di ampiezza demografica
Codice Descrizione “Classe” Range per Nr. Abitanti
1 PREMESSA POLITICA / RELAZIONI SINDACALI / MODALITÀ PROCEDURALI • Piccoli inferiori a 15.000
1.1 Premessa politica • Medi da 15.000 a 100.000
1.2 Relazioni sindacali • Grandi oltre 100.000
1.3 Valutazioni sugli Indirizzi e le Linee di bilancio – Bilancio partecipato
1.4 Giudizi sulla Finanziaria del Governo
1.5 Impegni al confronto preventivo sul bilancio
1.6 Verifiche periodiche nel corso dell’anno segue
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Codice Descrizione “Classe” Range per Nr. Abitanti
1.7 Attivazione tavoli di confronto/tecnici
1.8 Definizione delle procedure di confronto
Se passiamo poi all’analisi per ambito dimensionale notiamo i seguenti andamenti: per
quanto riguarda la voce “Relazioni sindacali”, c’è un vero e proprio crollo della presenza ne-
goziale della voce nei Comuni sopra i 100mila abitanti, dove si va dall’87,1% al 52,4%; ma
anche per la voce relativa a “Impegni a confronti preventivi” la diffusione negoziale passa dal
50% a 33,3%.
Tutto ciò può essere motivato da fattori che attengono le caratteristiche difformi di
composizione parziale della delegazione sindacale rispetto al modello prevalente, ma anche
all’orientamento politico della giunta comunale.
Sono comunque i comuni di media dimensione, pur in una progressione lineare ad
avere le migliori performance su questi temi, a dimostrazione che nei medi centri le relazioni
e le procedure si consolidano e hanno caratteristiche e dimensioni estese.
4.5.2 L’area “Politiche socio – sanitarie”
Quest’area – essendo un aggregato di grandi contenitori o tematiche complesse – se-
gnala la movimentazione delle politiche comunali che troveranno riscontro anche in altri am-
biti, a partire dalle sedi distrettuali.
Come è stato osservato a tale proposito nel convegno nazionale CGIL – CISL – UIL del
27 settembre del 2005 tutta questa area rimane “una sfida ancora aperta”: “La legge
328/2000 invita i soggetti ad attuare una politica di concertazione: ma soprattutto i bisogni
che emergono richiedono politiche complesse, non realizzabili in mancanza di raccordi, inte
grazioni istituzionali e gestionali, sperimentazioni (...) Buone pra iche a livello territoriale
stanno emergendo, occorre rafforzare l’impegno politico, culturale, sociale amministrativo
per praticare una svolta nelle politiche di inclusione sociale” 55.
-
t
Un accordo su due presenta la voce “Politiche socio-sanitarie” (programmazione, de-
lega ai Consorzi) senza particolari differenze sotto il profilo dimensionale e temporale.
55 Passoni A., Presentazione, in Atti del Convegno CGIl, CISL, UIL, La Legge 328/2000: una sfida ancora
aperta, Roma, 27 settembre 2005, Ediesse, Roma, 2006, pp. 19-20.
- 62 -
L’unica voce fortemente ancorata al ruolo dell’ente locale è la definizione di risorse
economiche da destinare al Fondo per la non autosufficienza. In effetti, come ribadito anche
nella Prima Conferenza nazionale della CGIL sulle Politiche sociali: “Se la non autosufficienza
è un problema che va affrontato lungo tut o l’arco della vita, solo un sistema di protezione
sociale pubblico, efficiente ed efficace, è por ato e di una visione e di una pratica comples
siva ed integrata ” 56.
t
t r -
r
t
t r
t
,
t
In riferimento a questa voce, gli andamenti per dimensione demografica e temporali,
dimostrano come vi sia stato un significativo impegno nell’azione negoziale in particolare del
sindacato pensionati che ha incentrato fortemente le proprie piattaforme su questo tema.
A tale proposito si richiama una parte di testo dell’accordo sul Bilancio preventivo sti-
pulato nel 2003 nel comune Cesena, con una formulazione che si è ritrovata assai simile in
altri accordi, sul tema specifico del Fondo per la non autosufficienza:
“In particolare, per quanto riguarda la popolazione anziana, le tendenze demografiche e sociali
in corso ci pongono di fronte ad una domanda di se vizi connotata da tratti di novità e da una forte
crescita. Da qui la necessi à di un progressivo incremento della spesa sociale rivolta alla popolazione
anziana e la richiesta della costituzione di un Fondo nazionale per la non autosufficienza, articolato a
livello regionale ed a cui devono collegarsi anche risorse proprie degli EE.LL.”
Nel presente lavoro viene evidenziato come, al di là di un forte richiamo nel 2004 alla
voce “Piani per la salute” (21,7%), particolarmente evidente nei comuni medi (48,4%), essa
non trovi una conferma adeguata nell’anno successivo.
Vediamo ora un esempio di un testo dell’accordo sul bilancio preventivo per l’anno
2003 sottoscritto nel comune di Crevalcore, analogo anche in questo caso a molti altri, che
riguarda espressamente il rinvio al Piano Sociale di zona:
“A livello distrettuale sarà costrui o il Piano sociale generale che p evederà poi un’articolazione
concreta nell’ambito di associazione; il piano sociale, costrui o ai vari livelli sarà oggetto di confronto e
accordo tra le parti in sede Comunale sulla gestione delle diverse articolazioni. L’Amministrazione
s’impegna affinché la costruzione del piano di zona non sia la razionalizzazione dell’esisten e ma di-
venti un vero programma di interventi in grado di fare emergere i bisogni nuovi attraverso la mappa-
tura reale dei bisogni. L’Amministrazione ha informato sull’accantonamento di 70.000 euro, per la ge-
stione dei piani sociali di zona.”
56 Mangano M., Un progetto nazionale per la non autosufficienza, in Prima Conferenza Nazionale CGIL, Politiche sociali. Diritti, partecipazione, uguaglianza, Roma, 29-31 gennaio 2004, Ediesse, Roma, 2004, p. 171.
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Grafico 5: Indice di diffusione delle voci contrattate in materia di «Politiche Socio-Sanita-rie» per classi di ampiezza demografica dei comuni.
(valori percentuali di ricorrenza delle voci sul totale degli accordi). 50,0
44,4
16,7
33,3
16,7
58,1
54,8
6,5
48,4
22,6
57,1
57,1
14,3
28,6
4,8
0,0
10,0
20,0
30,0
40,0
50,0
60,0
70,0
2.1 2.2 2.3 2.4 2.5
piccolimedi grandi
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2 POLITICHE SOCIO-SANITARIE (LIVELLO MACRO) • Piccoli inferiori a 15.000
2.1 Politiche socio-sanitarie • Medi da 15.000 a 100.000
2.2 Piani sociali di zona – ruolo Ipab • Grandi oltre 100.000
2.3 Piani per la Salute
2.4 Fondo non Autosufficienza
2.5 Rete integrata degli sportelli sociali
Anche la creazione della rete integrata degli sportelli sociali rimane materia per pochi
con un lieve accenno di ripresa nel 2005, passando dal 12,5% nel 2003 al 21,7% nel 2005,
anche in questo caso soprattutto nei comuni di medie dimensioni.
4.5.3 L’area “Politiche socio-assistenzia i”l
t
Come oramai viene riconosciuto da più parti “la dimensione regionale, il distret o socio-
sanitario, il comune rappresentano le dimensioni territoriali più adeguate a programmare le-
giferare, amministrare le politiche di benessere sociale, dell’assistenza, di lotta alla povertà e
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all’esclusione in modo da fare interagire scelte economiche, urbanistiche, formative, culturali,
ricreative e organizzare forme di par ecipazione innovative dei cittadini e delle organizzazioni
sociali. I centri decisionali e partecipativi più vicini ai cittadini sono più in grado di capire le
esigenze, scegliere le priorità su cui intervenire all’interno della frammentazione e speci icità
dei bisogni, valorizzare le risorse umane e materiali sia pubbliche che private, dare il senso di
appartenenza, promuovere la cittadinanza sociale”57.
t
f
Nei comuni oggetto dell’indagine i “risultati” degli accordi sono, nelle voci di questa
area, migliorativi di modelli già ad elevato profilo, sufficientemente stabili e definiti, anche se
inevitabilmente condizionati dal tema dei tagli dei trasferimenti statali.
Dalla nostra analisi emerge come le voci che corrispondono a risultati in ambito welfari-
stico si collochino all’interno di tre sottoaree che qui di seguito esaminiamo in dettaglio.
Grafico 6: Indice di diffusione delle voci contrattate in materia di «Politiche Socio-Assi-stenziali» per classi di ampiezza demografica dei comuni.
(valori percentuali di ricorrenza delle voci sul totale degli accordi).
50,0
16,7
16,7
16,7
27,8
11,1
38,9
27,8
0,0
50,0
44,4
38,9
16,7
11,1 16,7
51,6
25,8
19,4
38,7
32,3
22,6
51,6
25,8
12,9
29,0
48,4
32,3
32,3
12,9
38,7
38,1
4,8
4,8
14,3
28,6
14,3
42,9
23,8
9,5
33,3
33,3
14,3
9,5
4,8
33,3
0,0
10,0
20,0
30,0
40,0
50,0
60,0
3.1 3.1.1 3.1.2 3.1.3 3.2 3.2.1 3.2.2 3.2.3 3.2.4 3.2.5 3.3 3.3.1 3.3.2 3.3.3 3.3.4
piccoli medigrandi
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3 POLITICHE SOCIO-ASSISTENZIALI • Piccoli inferiori a 15.000
3.1 Interventi di sostegno economico / assegni di cura / minimo vitale • Medi da 15.000 a 100.000
3.1.1 Assegni di cura per anziani • Grandi oltre 100.000
3.1.2 Assegni di cura per disabili minori, adulti, anziani
3.1.3 Interventi di sostegno alla disabilità / utilizzo volontari, servizio civile
3.2 Strutture residenziali – appartamenti protetti segue
57 Daneri S., Politiche socio-assistenziali: diritti, partecipazione, uguaglianza, in Prima Conferenza Nazio-
nale CGIL, Politiche sociali. Diritti, partecipazione, uguaglianza, Roma, 29-31 gennaio 2004, Ediesse, Roma, 2004, pp. 11-40.
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3.2.1 Strutture residenziali per disabili
3.2.2 Strutture residenziali per anziani e/o Casa Protetta / RSA
3.2.3 Centri diurni
3.2.4 Liste d’attesa per strutture residenziali e/o semiresidenziali
3.2.5 Centri sociali anziani/educazione/orti/lavori
3.3 Azioni a favore di domiciliarità
3.3.1 Servizio Assistenza Domiciliare
3.3.2 Assistenza domiciliare integrata (ADI)
3.3.3 Contributo economico per assistenza domiciliare
3.3.4 Valorizzazione e regolarizzazione del lavoro di cura
In relazione alla prima sottoarea58 – che contiene le voci relative alle erogazioni econo
miche sotto forma di assegni di competenza primaria dei comuni (tipico l’assegno di cura) – il
ricorso alla negoziazione delle voci indica che un accordo su due fa riferimento a questa
forma di sostegno economico nei comuni piccoli e medi (la percentuale di diffusione della
voce si attesta sul 50% circa) per scendere nei grandi centri a percentuali del 38% circa.
-
r
Le altre voci che identificano le diverse forme di sostegno economico finanziariamente
fanno capo a dimensioni sovra comunali e si attestano su valori più contenuti (nell’ordine
cioè del 25% in media), dovuto in gran parte al fatto che sono trasferiti ad altre sedi di di-
scussione (Piani di Zona e livello distrettuale, ecc.). Su base temporale, si registra un anda-
mento delle voci incrementale a partire dal 2003, a conferma di come il ricorso a sostegni
economici sia una modalità di risposta sempre più presente a fronte di un aumento del pro-
cesso di impoverimento e della crescita della vulnerabilità sociale anche nell’ambito regio-
nale, come già emerso, ad esempio, nella nostra recente ricerca su “La vulnerabilità sociale
in Emilia Romagna”.
A questo proposito riportiamo una porzione di testo di un accordo relativo al bilancio
preventivo 2003 in un comune con meno di 15.000 abitanti (Collecchio):
“Minimo vitale. Per l’anno 2003 il reddito minimo di sussistenza mensile è fissato nelle seguenti
misure a favore dei cittadini pensionati o inabili residenti nel Comune (da almeno 6 mesi) Pe una per-
sona euro 570,00 (£ 1.103.674), Per due persone euro 984,00 (£ 1.905.290), per tre persone euro
1.312,00 (£ 2.540,386). Per il comune di Collecchio si impegna inoltre alla fine di ogni anno a convo-
care le OO.SS. dei Pensionati per una verifica congiunta atta a modificare in relazione alle variazioni
58 In questa sottoarea troviamo gli interventi di sostegno economico, assegni di cura, minimo vitale;
gli assegni di cura per anziani, disabili; interventi di sostegno alla disabilità, utilizzo di volontari, servizio civile (codici da 3.1 a 3.1.3 in legenda di grafico 6).
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ISTAT sul costo della vita le quote sopra elencate. Le parti convengono inoltre di concertare anno per
anno il budget a disposizione prima dell’approvazione del bilancio comunale”.
La seconda sottoarea è quella relativa alle voci che attengono alle varie strutture resi-
denziali per anziani e disabili59. Qui spicca la voce relativa alle “Strutture residenziali per an-
ziani/RSA/casa protetta”, soprattutto in termini di risorse da destinare a tali strutture, mentre
le restanti voci (si veda grafico 6) hanno livelli di diffusione inferiori e difformi tra loro sia su
base temporale che dimensionale, accomunati però da un sensibile incremento di negozia-
zione nell’anno 2005 e con una significativa trasversalità per classi di dimensione demogra-
fica che segnala una permanenza costante di questi temi nell’agenda delle priorità degli at-
tori negoziali.
Vediamo, a questo proposito, una parte del testo dell’accordo siglato nel comune di
Imola, di medie dimensioni, in relazione al Bilancio comunale 2003:
“Nel 2003 con effetto immediato la giunta si impegna a destinare alla I.P.A B. (Casa di Riposo)
euro 15.000,00 a cui se ne aggiungeranno ulteriori euro 35.000,00 con l’utilizzo dell’avanzo di ammini-
strazione che sarà accertato entro il 30 giugno p.v.”.
.
Nella terza sottoarea relativa alla domiciliarità60, gli indici di diffusione delle voci mo-
strano una maggiore sensibilità dei comuni medi, più spiccata che in quelli di piccola e
grande dimensione nella negoziazione del tema. In effetti la voce “Azione a sostegno della
domiciliarità” è pari al 48,4% in questa fascia dimensionale, rispetto al 33,3% registrato nei
comuni capoluogo.
L’unica eccezione riguarda il servizio di assistenza domiciliare che vede il dato più ele-
vato in corrispondenza dei comuni di piccola dimensione (38,9%), per ridimensionarsi poi nei
grandi comuni (14,3%).
Il ricorso a risposte di carattere privatistico (assistenti domiciliari private, badanti), alterna-
tivo cioè alla risposta pubblica è un tema non regolato dalla contrattazione.
Su base temporale spicca l’andamento della voce “Azioni a favore della domiciliarità”
che nel 2005 raggiunge il suo massimo, assestandosi oltre il 50% di presenza nelle intese
sottoscritte. A tale proposito riportiamo una porzione di testo di un accordo relativo al Bilan-
cio 2004 sottoscritto solo dal sindacato pensionati con l’amministrazione di un comune con
meno di 15mila abitanti (Borgonovo Val Tidone):
59 Vedi codici da 3.2 a 3.2.5 in legenda di grafico 6. 60 Vedi codici da 3.3 a 3.3.4 sempre in legenda di grafico 6.
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“Relativamen e ai servizi sociali esistenti, quali ad esempio: S.A D feriale e festivo, S A.D non
autosufficienti, pasto a domicilio feriale e festivo, telesoccorso, soggiorni marini per pensionati, con ri-
buti affitto, contributi economici vari, etc., l’amministrazione comunale di Borgonovo V.T. recepisce la
proposta dei rappresentan i delle OO.SS. dei Pensionati e si impegna a confermare per l’anno 2004 gli
standard qualitativi e quantitativi esistenti e già precedentemen e concordati”.
t . . . .
t
t
t
r
L’area delle politiche socio assistenziali, nel suo insieme, rispecchia un trend temporale
crescente e vede i comuni di media dimensione posizionati sulle perfo mances migliori. Que-
sto andamento può esser interpretato tenendo conto che in corrispondenza dei valori più alti
di diffusione sono in presenza di bisogni nuovi in gran parte dovuti a nuove emergenze so-
ciali e le voci meno presenti sono a fronte di un bisogno già parzialmente soddisfatto nella
azione contrattuale precedentemente svolta; ad esempio in riferimento a livelli di diffusione
elevata infatti la voce “Centri sociali, educazione, orti, lavori” si attaglia alla consapevolezza
di bisogni relazionali crescenti che spingono in alto la diffusione negoziale della voce.
Infine è significativa la voce relativa alle “Liste d’attesa per strutture residenziali” che
sia su base dimensionale che temporale mostra ormai scarsi livelli di diffusione, dal momento
che prevale ormai sempre più la tendenza da parte degli enti locali a favorire la domiciliarità
versus l’istituzionalizzazione.
4.5.4 L’area “Esclusione, povertà, vulnerabilità”
Nel corso degli ultimi anni, anche in Emilia Romagna, si sta assistendo all’aumento del
numero degli individui e delle famiglie – anche quelle in cui è presente più di un percettore di
reddito, da lavoro e/o da pensione – che si percepiscono in difficoltà e in uno stato di disagio
(in primo luogo di tipo economico), che dichiarano di non riuscire a far fronte all’aumento del
costo della vita e registrano una contrazione della propria capacità di spesa accanto ad una
progressiva perdita di potere d’acquisto.
Si tratta, infatti, di fenomeni ormai documentati e riconosciuti, anche in studi effettuati
non solo a livello nazionale ma anche regionale. Il fenomeno, cioè, dello scivolamento verso
il basso di interi strati sociali - solo fino a pochi anni fa considerati, in una Regione come la
nostra, “al riparo”, sicuri - che porta molti individui e famiglie, non a rischio di disagio o po-
vertà, a diventare più vulnerabili, a sperimentare un aumento del senso di impotenza e una
forte diminuzione della possibilità di progettare il proprio futuro; difficoltà cioè nuove, ri-
- 68 -
spetto al passato, che si concretizzano nel fare fatica, per la prima volta, ad “arrivare alla
fine del mese”, nella diminuzione della propria capacità di risparmio, nell’indebitamento e nel
non riuscire a far fronte a quelle spese impreviste che spesso incidono profondamente sui
bilanci familiari, ecc61.
Come afferma Marisol Garcìa in un suo recente saggio: “Questo tema è al centro di
molti dibattiti tra accademici e policy makers; il concetto di ‘inclusione sociale’ ha assunto
particolare p ominenza: ciò sta ad indicare la percezione di una crescen e disuguaglianza tra
coloro che sono inclusi nelle s ere economica, sociale e politica e coloro che ne sono esclusi.
Le politiche contro la povertà, in effetti, sono state formulate come politiche di inclusione so
ciale”62.
r t
f
-
L’area nel suo complesso presenta voci a bassa consistenza, se si esclude quella rela-
tiva a “Impegno per il non aumento o contenimento delle rette e delle tariffe” che risulta es-
sere fortemente significativa con livelli medio alti di diffusione, fino a sfiorare l’80% nel 2005
e soprattutto in corrispondenza dei comuni medi (74,2%) e piccoli (61,1%), rispetto ai
grandi comuni (38,1%).
Grafico 7: Indice di diffusione delle voci contrattate in materia di «Esclusione, Povertà, Vulnerabilità» per anno.
(valori percentuali di ricorrenza delle voci sul totale degli accordi).
12,5
4,2
0,0
25,0
58,3
0,0
21,0
0,0
8,7
21,7
43,5
17,4
26,1
21,7
17,4
17,4
78,3
0,0
0,0
10,0
20,0
30,0
40,0
50,0
60,0
70,0
80,0
90,0
4.1 4.2 4.3 4.4 4.5 4.6
2003
2004
2005
Argomenti
Codice Descrizione
4 ESCLUSIONE, POVERTÀ, VULNERABILITÀ
4.1 Monitoraggio (Osservatori comunali, ecc.)
4.2 Osservatorio andamento prezzi segue
61 Si veda: Addabbo T., Borghi V., Lugli L., Minghini C., Rinaldini F., Tugnoli S., La vulnerabilità so-
ciale in Emilia Romagna, op. cit. 62 Garcìa M., Pratiche locali e giustizia sociale nel “modello sociale europeo”: le politiche contro la povertà, in
Bifulco L. (a cura di), Le politiche sociali. Temi e prospettive emergenti, Carocci, Roma, 2005, p. 61.
- 69 -
Argomenti
Codice Descrizione
4.3 Accordi locali per prezzi calmierati
4.4 Misure di contrasto alla povertà e prevenzione rischio sociale
4.5 Impegno per il non aumento di rette, tariffe, contenimento, blocco
4.6 Bilanci sociali
Le restanti voci presentano invece segni di debolezza strutturale nella contrattazione
territoriale; in particolare il “Monitoraggio”, la voce relativa all’ “Osservatorio andamento
prezzi”, “Accordi locali per prezzi calmierati” risultano strumenti scarsamente diffusi anche se
si registra un leggero trend crescente nel tempo.
Per maggiori approfondimenti su quanto attiene a questa area non possiamo che rin-
viare alla ricerca svolta sul tema “vulnerabilità” dal nostro Istituto e presentata nel 2005.
Esemplificativo però è il rimando alla porzione di testo, di cui si da conto solo del titolo e dei
paragrafi che lo compongono – trattandosi di un Regolamento – di un accordo raggiunto in
relazione al confronto sul Bilancio 2003 tra un comune di medie dimensioni (Fidenza) e la
sola organizzazione sindacale dei pensionati:
“Regolamento per le misure a contrasto della povertà. Art. 1 Reddito minimo di sussistenza, Art.
2 Limiti di reddito, Art. 3 Procedure per la richiesta e misura del contributo, Art. 4 Contributi una tan-
tum, Art. 5 Casi particolari, Art. 6 Rilevanti variazioni della situazione economica, Art. 7 Con rolli, Art. 8
Primo anno d’applicazione.”
t
4.5.5 L’area “Immigrazione”
L’immigrazione straniera in Italia e nella nostra Regione ha assunto ormai il carattere di
un fenomeno non più transitorio e di passaggio ma bensì “strutturale”; l’Emilia Romagna ri-
sulta essere in molti casi una destinazione finale – la meta – per un numero rilevante di stra-
nieri che approdano, non solo metaforicamente, nel nostro Paese alla ricerca sì di un lavoro
ma anche di una vita migliore per sé e da offrire alle proprie famiglie, scontrandosi con una
legge discriminante come la Bossi Fini.
Il tema della condizione dei migranti, della possibile e necessaria convivenza e integra-
- 70 -
zione da costruire, dei diritti di cittadinanza a loro negati63 rappresenta in effetti una delle
priorità dell’agenda politica dei governi nazionali e locali. Come si sottolinea nel Quarto Rap-
porto nazionale IRES su “Immigrazione e sindacato”:”Sebbene il rischio di esclusione sociale
degli immigrati sia purtroppo diventato una realtà, le migrazioni in Italia sono un fenomeno
ancora giovane ( ..) Dobbiamo programmare e attuare politiche che favoriscano una maggio-
re integrazione soprattutto in quegli ambiti come l’istruzione e il lavoro che, più di altri pos-
sono promuovere una crescita, soprattutto in termini di mobilità sociale, e allo stesso tempo,
eliminare tutte quelle forme di discriminazione e di razzismo oggi presenti sia a livello istitu-
zionale che individuale” 64.
.
A tale fenomeno in forte crescita, tuttavia, non corrispondono altrettante sufficienti e
adeguate politiche migratorie.
Anche nella contrattazione territoriale confederale si affaccia il tema legato ai diritti di
cittadinanza dei migranti, alle politiche di sostegno (abitativo, integrazione sociale e scola-
stica, lavorativo), così come della partecipazione alla vita democratica. Ciononostante è im-
portante sottolineare come ad oggi il tema non sia ancora “con”trattato in maniera adeguata
rispetto alla dimensione del fenomeno stesso, anche se è innegabile una crescita di atten-
zione e, di conseguenza, di regolazione, da parte degli attori negoziali nei tre anni conside-
rati.
63 Si segnala, per quanto riguarda il nostro Paese, l’importante disegno di legge del governo Prodi
dell’agosto 2006 – che deve passare ancora al vaglio del Parlamento – sulla riforma della cittadi-nanza che prevede la possibilità di ottenere la cittadinanza italiana, da parte degli stranieri resi-denti in Italia, dopo 5 anni di residenza (e non più dieci come accade attualmente), così come pre-vede il diritto di cittadinanza italiani per i bambini nati nel territorio italiano da genitori stranieri (ius soli).
64 Megale A., Bernardotti M.A., Mottura G., Immigrazione e sindacato. Stesse opportunità, stessi diritti, IV Rapporto, Osservatorio nazionale dell’Immigrazione IRES, Ediesse, Roma, 2006, p. 15.
- 71 -
Grafico 8: Indice di diffusione delle voci contrattate in materia di «Immigrazione» per anno.
(valori percentuali di ricorrenza delle voci sul totale degli accordi).
16,7
33,3
8,3
26,1
34,8
21,7
30,4
34,8
30,4
0,0
5,0
10,0
15,0
20,0
25,0
30,0
35,0
5.1 5.2 5.3
2003
2004
2005
Argomenti
Codice Descrizione
5 IMMIGRAZIONE
5.1 Diritti di cittadinanza ai migranti
5.2 Politiche di sostegno (casa, integrazione sociale e scolastica, inserimento lavorativo, ecc.)
5.3 Partecipazione alla vita democratica
Le voci di questa area relative ai “Diritti di cittadinanza” e alla “Partecipazione alla vita
democratica” vedono infatti un significativo incremento su base annua, dal 2003 al 2005,
passando rispettivamente dal 16,7% al 30,4% e dal 8,3% al 30,4%. Invece, la voce relativa
alle “Politiche di sostegno” (casa, integrazione sociale e scolastica, inserimento lavorativo,
ecc.) rimane stabile e si riscontra in un accordo su tre.
Sono i comuni medi ad avere una maggiore attenzione al tema dell’immigrazione, sia
alla voce “Diritti di cittadinanza” che a quella legata alla “Partecipazione alla vita democra-
tica” della città. Si registra un’unica eccezione relativamente alla voce “Politiche di sostegno”
in cui sono i comuni di grande dimensione a prevalere (42,9% rispetto al 35,5% nei comuni
medi). La maggiore presenza di migranti nelle grandi aree urbane rende quindi più visibili e
acuti i temi legati all’inserimento abitativo, all’integrazione sociale, scolastica, ecc.
Si riscontra poi una interessante dinamica temporale delle voci “Diritti di cittadinanza” e
“Partecipazione alla vita democratica”, anche se i contenuti delle intese appaiono ancora ab-
bastanza generici (riferimenti alla Consulta, alla legislazione regionale, ecc.) come emerge
nella seguente parte di testo dell’accordo siglato nel comune Reggio Emilia nel 2004:
- 72 -
“A questo proposito (sicurezza e integrazione sociale, ndr.) è necessario un più efficace e ap-
profondito monitoraggio della realtà dell’immigrazione, in particolare di quella che si colloca nella clan-
destinità o ai margini della regolarità, al fine di conciliare una migliore conoscenza reciproca scevra di
pregiudizi ed efficaci interventi di integrazione e promozione sociale, finalizzati all’abbattimento delle
barriere comunicative e culturali (...) l’Amministrazione comunale presterà particolare attenzione ai
programmi di accoglienza ed integrazione scolastica ed extra-scolastica ed è impegnata a potenziare
percorsi educativi rivolti alle fasce adulte della popolazione, in par icolare immigrate.”
t
t
t
4.5.6 L’area “Infanzia e adolescenza”
Il tema legato, in particolare, alle politiche per la prima infanzia risulta essere un argo-
mento che, sempre più, sta ritornando di grande attualità, dopo che nella nostra realtà re-
gionale, nel corso degli anni ’70, sembravano essere state date risposte positive capaci di
soddisfare sia le esigenze dei genitori, soprattutto delle donne lavoratrici, sia i bisogni di so-
cializzazione ed educativi dei bambini.
Una tematica che dunque riemerge fortemente; si veda, solo per fare un esempio,
quanto accade in un grande centro come Bologna dove continuano ad aumentare le liste
d’attesa per l’accesso dei bambini all’asilo nido.
In effetti, “la cura della prima infanzia può apparire una questione strettamente priva a
e limitata a un segmento specifico di famiglie; in realtà, in un contesto a bassa natalità come
quello italiano (Del Boca, 2002), si tratta di un’importante questione di politica di welfare,
poiché inves e il rapporto tra mercato del lavoro e occupazione femminile, le uguali opportu-
nità tra i generi e tra i differenti gruppi sociali, nonché i rapporti tra generazioni“ 65.
L’analisi nell’arco dei tre anni mostra come al centro degli accordi vi sia stato, per quasi
tutte le voci, un aumento significativo. Tuttavia si notano differenze in tema di consistenza
relativa nella frequenza di negoziazione; mentre la voce “Politiche per la prima infanzia” rag-
giunge livelli significativi di diffusione prossima ai 2/3 degli accordi nel 2005, le politiche ri-
volte alla fascia dell’adolescenza sono in aumento ma appaiono del tutto inadeguate supe-
rando di poco il 15%.
Appare interessante notare, all’interno delle voci relative alla fascia della prima infan-
65 Andreotti A., Sabatinelli S., Italia. Disuguaglianze locali nella cura dell’infanzia, in “La Rivista delle
Politiche Sociali”, Famiglie e sistemi di welfare. Soggetti, mutamento, politiche, 4, 2005, Ediesse, Roma, p. 129.
- 73 -
zia, il decremento della voce relativa alla riduzione di liste d’attesa a fronte di politiche di
ampliamento servizio (43,5% nel 2005) e l’aumento della voce relativa alla costruzione di
nuovi nidi (30,4% nel 2005).
Grafico 9: Indice di diffusione delle voci contrattate in materia di «Infanzia e adolescen-za» per anno.
(valori percentuali di ricorrenza delle voci sul totale degli accordi).
50,0
37,5
16,7 25
,0
16,7
0,0 12
,5
4,2
25,0
8,3
4,2 12
,5
8,3
39,1
17,4 26
,1
13,0 17
,4
0,0 8,7
4,3 17
,4
17,4
4,3
4,3
4,3
60,9
43,5
17,4
43,5
30,4
0,0
30,4
4,3 8,7 17
,4
17,4
17,4
8,7
0,0
10,0
20,0
30,0
40,0
50,0
60,0
70,0
6.1 6.1.1 6.1.2 6.1.3 6.1.4 6.1.5 6.2 6.3 6.4 6.5 6.6 6.7 6.8
2003
2004
2005
Argomenti
Codice Descrizione
6 INFANZIA E ADOLESCENZA
6.1 Politiche per la prima infanzia
6.1.1 Asili nido: rette
6.1.2 Asili nido: riduzione liste d’attesa
6.1.3 Asili nido: ampliamento servizio
6.1.4 Asili nido: costruzione nuovi nidi
6.1.5 Asili nido aziendali
6.2 Scuole dell’infanzia (materne)
6.3 Riduzione di liste con convenzione strutture private
6.4 Diritto allo studio pre e post-scuola
6.5 Integrazione scolastica bambini disabili
6.6 Politiche giovanili
6.7 Fondi per l’ampliamento servizi scolastico - educativi
6.8 Centri estivi
In effetti si assiste ad un aumento del numero dei posti disponibili, alla creazione di
nuove sezioni, ecc. in risposta a una tendenza precedente in cui vi è stato un acutizzarsi
della domanda di servizio inevasa.
La voce “Asili nido aziendali” non è stata contrattata in nessun accordo del campione.
- 74 -
Inoltre, in un numero limitato di accordi si è affrontato il tema del ricorso alle convenzioni
con strutture private.
È necessario segnalare che si tratta di temi che, spesso, vengono trattati in modo se-
parato e indipendente dalla contrattazione che coincide con la sessione di bilancio, rinviando
ad altre sedi negoziali che coinvolgono più specificatamente la categoria del Pubblico im-
piego.
Riportiamo a questo proposito una porzione di testo di un accordo relativo al Bilancio
2003 di un comune con una popolazione compresa tra i 15mila e i 100mila abitanti (Cesena):
“L’amministrazione comunale si impegna a salvaguardare l’attuale livello quantitativo e qualita-
tivo dei servizi educativi e scolastici non apportando alcun aumento di tariffe e dei livelli di comparte-
cipazione alla spesa a carico delle famiglie e degli utenti. Per il 2003 l’amministrazione Comunale au-
menta del 14%, rispetto ai fondi del 2002, i contributi ai Consigli di scuola della città dei nidi d’infanzia
comunali e delle scuole d’infanzia comunali e statali, oramai fermi da circa 6 anni. Si vuole cosi incen-
tivare e rendere più forte il rapporto tra territorio e servizi educativi. Vengono rinnovate le convenzioni
con le scuole dell’infanzia autonome […]. Nelle nuove convenzioni vengono inseriti alcuni principi quali
la possibilità di accesso alle scuole dell’infanzia autonome da parte di tutti i bambini, siano essi stra
nieri, con disagio sociale o por atori di deficit. […] Sono aumentate le risorse finanziarie per i cen ri
estivi per bambini frequen anti le scuole dell’obbligo. In tal modo per i cen ri estivi 2003 sarà possibile
intervenire con maggiori contributi a sostegno di tutti i bambini […]. Il piano degli investimenti si pre-
senta uno sviluppo significativo per l’edilizia scolastica e quindi anche per la qualità della vita degli
alunni, che può svolgersi in edifici più sicuri, funzionali e ricchi di spazi: […].”
-
t t
t t
L’essersi occupati poi in casi sporadici dei temi legati all’adolescenza (interventi che
vanno dalle politiche giovanili, centri estivi, diritto allo studio pre e post scuola, ecc.) segnala
un possibile nuovo campo d’azione anche per la contrattazione territoriale confederale.
Si tratta di tematiche che richiedono sempre più attenzione anche da parte degli attori
della negoziazione, in quanto questa delicata età della vita per cui sembra prospettarsi –
come emerso anche nella nostra recente ricerca sulla vulnerabilità in Emilia Romagna – un
aumento del disagio adolescenziale e giovanile, rischia di essere “senza rappresentanza”.
Infatti, fenomeni come l’abbandono scolastico, l’utilizzo e l’abuso di alcool e sostanze stupe-
facenti, i casi di bullismo apparirebbero in crescita non solo in famiglie disagiate ma anche in
famiglie “apparentemente normali”, nonostante si tratti di fenomeni per il momento limitati
- 75 -
che però sono il sintomo di un malessere giovanile da non sottovalutare66.
4.5.7 L’area “Tasse tariffe e tributi”
L’azione negoziale del sindacato in materia di “Tasse, tariffe e tributi” rappresenta uno
dei presidi storici della contrattazione territoriale insieme all’area delle “Politiche socio assi-
stenziali”. Nella dinamica contrattale, a differenza di altre materie, questi temi devono tra-
dursi in atti amministrativi formali, come ad esempio delibere e Regolamenti (l’istituzionaliz-
zazione della negoziazione di cui abbiamo parlato precedentemente).
Questi temi non si presentano più “solo” intenti o impegni dell’amministrazione comu-
nale ma vengono inseriti, a differenza di molti altri, nell’iter amministrativo ed è comunque
rilevabile il fatto che in alcune delibere è palese l’attuazione di ciò che viene descritto
nell’accordo.
Si tratta di una delle leve principali su cui gli Enti locali possono e debbono agire di
fronte ai minori trasferimenti da parte dello Stato e dei vincoli imposti dai tetti di spesa. Al
contempo sono però un’importante strumento di redistribuzione, in particolare grazie all’in-
troduzione dell’ISEE, l’Indicatore di situazione economica equivalente67. È uno strumento di
misurazione di ricchezza che prende in considerazione la composizione del nucleo familiare, il
reddito e il patrimonio, da utilizzare per valutare le condizioni economiche dei cittadini che
intendono accedere a quelle prestazioni sociali che non sono dirette alla generalità della po-
polazione ma sono riservate a persone che si trovano in determinate condizioni economiche
oppure sono dirette alla generalità dei cittadini ma prevedono che ciascun utente contribui-
sca diversamente al costo dei servizi in ragione delle sue condizioni economiche (D.Lgs.
108/98 modificato da D.Lgs. 130/00).
Un grande margine di “libertà” nella scelta delle quote di compartecipazione è stato
dunque lasciato alle singole realtà territoriali. Si tratta di una pratica – la compartecipazione
degli utenti – al costo dei servizi che viene ormai utilizzata con una certa regolarità dagli Enti
locali per garantire una maggiore sostenibilità finanziaria dell’offerta dei servizi sociali e per
66 Si veda, in particolare, Addabbo T., Borghi V., Lugli L., Minghini C., Rinaldini F., Tugnoli S., La
vulnerabilità sociale in Emilia Romagna, Materiali IRES Emilia Romagna, Bologna, 2005, consultabile sul sito: www.ireser.it.
67... L’ISEE è l’indicatore di situazione economica equivalente mentre l’Ise rappresenta il sistema di cal-colo che ne è alla base:
Ise = componente reddituale + componete patrimoniale; Isee = Ise/coefficiente scala di equivalenza.
- 76 -
selezionare la domanda. Nel nostro campione è infatti presente in quasi tutti gli accordi (pari
al 95,7% nel 2005) con una sostanziale stabilità per classi di ampiezza demografica dei co-
muni.
In molti casi l’accordo su tale voce vale a partire dall’anno di introduzione e se non si
manifestano problemi di ordine economico o finanziario, non viene più discussa.
Grafico 10: Indice di diffusione delle voci contrattate in materia di «Tasse, tariffe e tribu-ti» per anno.
(valori percentuali di ricorrenza delle voci sul totale degli accordi).
75,0
58,3
45,8
79,2
41,7
12,5
16,7
4,2
8,3
87,0
30,4 39
,1
60,9
4,3
0,0 21
,7
0,0
8,7
95,7
47,8
47,8
91,3
17,4
4,3
39,1
0,0
0,0
0,0
20,0
40,0
60,0
80,0
100,0
7.1 7.2 7.3 7.4 7.5 7.6 7.7 7.8 7.9
2003
2004
2005
Argomenti
Codice Descrizione
7 TASSE, TARIFFE E TRIBUTI
7.1 Certificazione ISEE (criteri, regolamenti, monitoraggio)
7.2 TARSU (esenzioni, agevolazioni)
7.3 Passaggio da TARSU a Tariffa (esenzioni, agevolazioni, Fondi)
7.4 ICI (aliquote, detrazioni, recupero evasione)
7.5 IRPEF
7.6 Tariffe trasporti locali
7.7 Tariffe MultiUtility (acqua, gas, luce, telefono), tariffe sociali
7.8 Tassazione di scopo
7.9 Non applicazione condono edilizio
Ai primi due posti troviamo l’indicatore ISEE e la voce relativa all’ICI (Imposta comu-
nale sugli immobili), cioè i due principali strumenti nell’ambito dei criteri redistributivi da un
lato e dall’altro dei criteri delle politiche fiscali delle amministrazioni comunali.
Un analogo andamento dell’ISEE è riscontrato per la voce relativa all’ICI che presenta
valori di diffusione sostanzialmente in linea ed è presente ormai in tutti gli accordi nei comuni
considerati (voce che comprende oltre alla definizione delle aliquote e delle detrazioni anche
le misure che riguardano il recupero dell’evasione del tributo). Lo strumento appare un og-
getto fortemente contrattato al fine di differenziare le aliquote in relazione all’età, al reddito
- 77 -
e alle altre varie condizioni di svantaggio sociale dei contribuenti. I testi degli accordi esami-
nati risultano molto ricchi e articolati su queste voci e prevedono tutta la gamma delle detra-
zioni possibili:
• ISEE: “Dichiarazione congiunta dell’Amministrazione comunale di Faenza e le organizzazioni sinda-
cali CGIL - CISL - UIL per l’adozione dell’ISEE, quale metodo per la definizione delle tariffe dei ser-
vizi comunali e per la restituzione alle famiglie dell’addizionale comunale irpef dello 0,2%. Nella
fase di confronto preventivo del Bilancio, a seguito di incontri tra le parti, sono stati illustrati gli
obiettivi e le novità del Bilancio di previsione 2003, […] L’amministrazione comunale e le Organiz-
zazioni sindacali concordano in materia di determinazione delle tariffe o dei servizi comunali ini-
ziando dagli asili nido, pe l’applicazione dell’ISEE. L’amministrazione comunale e le organizzazioni
sindacali si impegnano a ulteriori confronti, per individuare modalità e criteri dell’utilizzo dell’ISEE,
negli ambiti sopra definiti.” (Faenza, dichiarazione congiunta ISEE, 2003);
r
t
• ICI: “Per l’Ici le aliquote, compresa quella sulla prima casa,verranno man enute inalterate tranne
l’aliquota della Ici sugli alloggi affittati a canone concordato che si concorda di azzerare.” (Castel
San Pietro Terme, accordo 2005);
Vengono affrontati poi gli argomenti relativi alla “Tassa rifiuti solidi urbani (TARSU)” e
al “Passaggio da Tassa a Tariffa rifiuti”, che costituiscono due voci distinte dal momento che
non tutti i comuni hanno ancora effettuato il passaggio da tassa a tariffa rifiuti. Al di là del ri-
chiamo alla sua applicazione e al rinvio previsto dalla legge Ronchi, appare anch’essa molto
presente nella negoziazione soprattutto per quanto riguarda le agevolazioni tariffarie e la co-
stituzione di Fondi specifici per il pagamento della relativa utenza.
Per quanto riguarda l’Imposta regionale sulle persone fisiche (IRPEF) si assiste ad una
significativa negoziazione della voce soltanto nell’anno 2003 da parte dei comuni che hanno
inteso applicarla (essendo la sua natura facoltativa).
Le restanti voci dell’area comprendono una miscellanea di argomenti che vanno dalle
“Tariffe dei trasporti locali” alle “Tariffe multiutility”, “Tassazione di scopo” e “Non applica-
zione del condono edilizio” (voce questa a forte connotazione antigovernativa), tutte temati-
che mediamente poco trattate negli accordi del campione. L’unica eccezione è rappresentata
dalla voce relativa alle “Tariffe multiutility” (acqua, gas, luce, telefono) che conosce un au-
mento passando dal 16,7% del 2003 al 39,1% del 2005.
Questo ultimo gruppo di voci, complessivamente meno diffuse, ha un andamento dif-
forme in relazione all’ampiezza demografica del comune; da una parte vi sono due voci
(“Tassazione di scopo” e “Non applicazione del condono edilizio”) presenti maggiormente nei
- 78 -
comuni di dimensione medio piccola, mentre si registra una prevalenza delle voci relative ai
“Trasporti locali” e alle “Tariffe multiutility” nei grandi centri.
• Rifiuti: “La tassa sui rifiuti (TARSU) complessivamente copre l’81,08% del costo reale, invece del
100% previsto dalla legge, per cui l’adeguamento per il 2004 sarà del 10,12% e servirà a poten
ziare la raccol a differenziata, oggi al 20% secondo nuove modalità di raccol a della carta, del car-
tone e del compostaggio, che saranno discusse con le OO.SS. entro Maggio 2004, in previsione del
passaggio da tassa a tariffa, che l’amministrazione attiverà dal 1° gennaio 2005.” (Budrio, accordo
2004);
-
t t
. t
• Tariffe Multiutility: “Una proposta per ulteriori agevolazioni per i pensionati al minimo vitale - ac-
qua, gas, luce, ecc - da attuare nel 2006, anche por ando a sistema i contributi a attualmente rico-
nosciuti.” (Rimini, accordo 2005).
4.5.8 L’area “Politiche abitative”
Il possesso dell’abitazione in cui si vive rappresenta indubbiamente un elemento di
protezione e di “sicurezza” socio-economica, così come le forme di risparmio e di patrimonio
di cui si dispone possono essere considerate vere e proprie “riserve” di risorse disponibili che
consentono sia di diminuire permanentemente i costi da sostenere per il mantenimento della
famiglia sia di far fronte a eventuali emergenze finanziarie per spese o eventi imprevisti
come la nascita di un figlio, la perdita del lavoro di un componente del nucleo, il trasferi-
mento dell’abitazione, ecc.
L’abitazione - o meglio la sua mancanza o la sua non idoneità alle esigenze individuali o
familiari - può costituire, però, anche un fattore di rischio. La “casa” costituisce infatti una ri-
sorsa per chi la possiede in proprietà, giacché rappresenta, per la stragrande maggioranza
delle famiglie, una quota rilevante del proprio patrimonio a cui si può ricorrere in caso
d’emergenze, ma è anche una fonte di tensione economica e finanziaria per chi è costretto a
ricorrere all’acquisto o all’affitto nel caso non riesca ad accendere un mutuo o ad utilizzare le
disponibilità finanziarie per acquisirla, come già emerso nella nostra ricerca sulla vulnerabilità
sociale in Regione68.
Storicamente nel nostro Paese la questione abitativa è stata caratterizzata da una
68 Addabbo T., Borghi V., Lugli L., Minghini C., Rinaldini F., Tugnoli S., La vulnerabilità sociale in Emi-lia Romagna, op. cit.
- 79 -
“consolidata dicotomia tra politiche della casa, intese come politiche edilizie, e politiche so-
ciali. La loro ricomposizione avviene quando si affrontano dunque le questioni del disagio. In
particolare, il diritto alla casa, come diritto sociale, è tornato ad essere un tema di riflessione
e di lavoro” 69. Per molti anni questo tema era infatti scomparso dall’agenda sindacale. La
forte incidenza di cittadini, sul totale della popolazione residente, che possedeva l’abitazione
in cui viveva poteva in effetti far considerare il tema della casa come un fenomeno maturo
ovvero in gran parte sostanzialmente risolto.
Nel corso del triennio in considerazione si registra una crescita significativa della diffu-
sione di negoziazione delle principali voci presenti nell’area: fenomeno che investe sia il ver-
sante dell’adeguamento dell’offerta abitativa nei Piani di edilizia residenziale pubblica, sia il
contenimento dei principali costi sociali legati all’abitare (canone calmierato, Fondo per
l’affitto).
La voce relativa ai “Piani di edilizia residenziale pubblica” sfiora nel 2005 l’ 80% degli
accordi. Parallelamente si assiste ad una crescita significativa delle voci “ERP a canone cal-
mierato” e “Fondo per l’affitto”.
Seguono poi tre voci relative all’emergenza abitativa e al disagio di particolari tipologie
di individui; sull’emergenza abitativa (sfratti, morosità) si tocca il picco della negoziazione
nell’anno 2004 (26,1%), così come per la voce “Calmieramento affitti per studenti” (13% nel
2004). Invece la voce relativa ad “Alloggi per lavoratori in mobilità territoriale” tende a dimi-
nuire nel tempo dimezzandosi dal 16, 7% nel 2003 all’8,7% nel 2005.
Un terzo ambito di voci concerne il tema della qualità dell’abitare (urbanistica, arredo
urbano, barriere architettoniche, contratti di quartiere, ecc.) che segna però ancora oggi un
deficit significativo dell’azione negoziale su temi decisivi per il futuro della coesione sociale
delle nostre città.
Nel suo complesso la tematica è più contrattata nei comuni di media dimensione;
fanno eccezione le voci più legate alla qualità dell’abitare che prevalgono nella negoziazione
all’interno dei grandi centri.
69 Bricocoli M, Centemeri L., Abitare: tra l’alloggio e la città. Quando le politiche entrano in casa, in Bifulco L. (a cura di), Le politiche sociali. Temi e prospettive emergenti, Carocci, Roma, 2005, pp. 135-154.
- 80 -
Grafico 11: Indice di diffusione delle voci contrattate in materia di «Politiche abitative e della casa» per anno.
(valori percentuali di ricorrenza delle voci sul totale degli accordi).
41,7
16,7
58,3
8,3
50,0
16,7
8,3
4,2
12,5
56,5
17,4
43,5
26,1
56,5
8,7
13,0
4,3 26
,1
78,3
17,4
62,5
13,0
60,9
8,7
8,7 17
,4
21,7
0,0
10,0
20,0
30,0
40,0
50,0
60,0
70,0
80,0
90,0
8.1 8.2 8.3 8.4 8.5 8.6 8.7 8.8 8.9
2003
2004
2005
Argomenti
Codice Descrizione
8 POLITICHE ABITATIVE
8.1 Piani di Edilizia residenziale pubblica – incremento patrimonio
8.2 Rinvio a Piano Regolatore Generale
8.3 ERP a canone calmierato – ERP anziani
8.4 Emergenza abitativa (sfratti, morosità)
8.5 Fondo per l’Affitto (Fondi di garanzia, Fondazione per la locazione, Società per incontro domanda offerta)
8.6 Alloggi per lavoratori in mobilità territoriale
8.7 Calmieramento affitti per studenti
8.8 Contratti di quartiere
8.9 Urbanistica - arredo urbano - barriere architettoniche - aree cimiteriali
Riportiamo una porzione di testo di un accordo riferito al Bilancio 2005 di un Comune
con più di 100mila abitanti (Ferrara):
“Le politiche abitative, per le quali andrà previsto il 15% della quota parte del Fondo sociale,
dovranno essere collegate anche alle politiche di ringiovanimento demografico e di sviluppo dell’edi-
lizia innovativa e sostenibile […]. Dovrà essere predisposta una politica per l’accesso alla casa artico-
lato verso una pluralità di obiettivi. Nell’ambito della formazione del nuovo piano Urban stico, do-
vranno essere individuate le risposte necessarie ad una nuova stagione di edilizia economica e popo-
lare, sia individuando le arre sulle quali i soggetti titolati potranno collocare l’intervento diretto nel-
l’ambito dei programmi ERP finanziati dallo S ato e dalla Regione, sia nella forma di quote di edilizia
vincolata alla locazione a condizioni predeterminate, anche con incentivi interni alle norme degli stru-
menti urbanistici. In quest’ambito potrà collocarsi la promozione di fondi di garanzia con privati, con il
movimento cooperativo e con il coinvolgimento delle Fondazioni bancarie, volti a favorire l’accesso al
i
t
- 81 -
credito per la prima casa per chi svolge in lavoro coordinato-continuativo, o l’accesso all’affitto per gli
immigrati o per giovani e cittadini in disagio abitativo. Si tratterà di spostare progressivamente le ri-
sorse dai contributi monetari al sostegno di forme di intervento che favoriscano la presenza sul mer-
cato di affitti accessibili e sostenibili ai redditi medi dei lavoratori e dei pensionati”.
Dall’analisi delle voci si evidenza come l’impegno del sindacato su queste tematiche sia
stato rivolto in parte alla definizione della sostenibilità degli affitti, attraverso il rilancio degli
investimenti nel campo dell’edilizia sociale e dell’edilizia agevolata in affitto permanente; al
mantenimento e potenziamento del Fondo sociale per l’affitto, come forma essenziale d’inter-
vento quando il divario tra reddito e canone, colloca il nucleo familiare nella fascia di po-
vertà; a rafforzare lo strumento del contratto d’affitto concordato attraverso specifici sgravi
fiscali, superando cosi gli affitti “liberi” o in “nero”. Stiamo parlando di misure che, però, per
essere efficaci, necessitano di considerare tutti questi aspetti complessivamente e non, come
spesso accade, privilegiandone solo uno in particolare.
4.5.9 L’area “Sicurezza urbana”
La tematica della sicurezza urbana appare sulla scena nazionale e regionale abbastanza
recentemente e questo si riverbera ancora in una contenuta diffusione negoziale nel territo-
rio, se si esclude l’enfasi maggiore data al fenomeno nei grandi centri.
Le politiche della sicurezza diventano quindi una categoria riconoscibile solo nel corso
dell’ultimo decennio e hanno a che vedere sempre più con la crescita di insicurezza sociale,
solitudine e isolamento individuale che attraversa le nostre città. Stiamo assistendo, infatti,
all’indebolimento sia delle reti di controllo sociale diffuse sul territorio, sia delle reti sociali, in
particolare di vicinato.
Nei testi degli accordi si sottolinea come, in relazione alle voci di quest’area, venga af-
fidata all’ente locale la predisposizione di progetti non solo per far fronte ai problemi legati
alla sicurezza ma anche per “rivitalizzare” la dimensione collettiva della rete di protezione
territoriale.
Si definiscono poi interventi concreti da realizzare per promuovere sicurezza sociale
quali il vigile di quartiere o di prossimità, le colonnine di soccorso, l’adozione di polizze assi-
curative per anziani e vittime di reati, ecc.
Nello specifico la voce più diffusa è quella relativa ai “Piani per la sicurezza urbana” che
- 82 -
però non supera il 30%, anche nei comuni di grande dimensione nei quali la voce è più con-
trattata.
Grafico 12: Indice di diffusione delle voci contrattate in materia di «Sicurezza urbana» per anno.
(valori percentuali di ricorrenza delle voci sul totale degli accordi).
20,8
0,0
0,0
13,0
13,0
8,713
,0
8,7
8,7
0,0
5,0
10,0
15,0
20,0
25,0
9.1 9.2 9.3
2003
2004
2005
Argomenti
Codice Descrizione
9 SICUREZZA URBANA
9.1 Piani per la sicurezza urbana, attività culturali
9.2 Vigile di quartiere o di prossimità, colonnine di soccorso
9.3 Polizze assicurative per anziani e vittime di reati
A conferma di tutto ciò riportiamo una porzione di testo di un accordo relativo al Bilan-
cio 2004 sottoscritto in un comune con più di 100mila abitanti (Modena):
“SICUREZZA.
4.1 Vigili di quartiere e Polizia di prossimità. Attraverso una stretta collaborazione tra Polizia Munici-
pale e polizie di stato, il controllo del territorio risulta fortemente migliorato. I firmatari del presente
accordo ritengono che la dotazione di forze dell’ordine delle Amministrazioni statali a Modena sia in-
sufficiente per la mole di attività a cui queste sono chiamate e congiuntamente si impegnano ad una
azione di pressione per ottenere un adeguamento degli organici. Il consuntivo di attività della Polizia
Municipale evidenzia un forte coinvolgimento della PM in attività finalizzate al miglioramen o della si
curezza oggettiva e percepita dai cittadini, sia attraverso iniziative proprie (monitoraggio parchi e
scuole, allon anamento nomadi non autorizzati, attività del vigile di quartiere) sia attraverso interventi
congiunti con altre forze di polizia.
t -
t
4.2 Con l’apertura degli sportelli di aiuto alle vittime, il comune di Modena ha assolto ad un impegno
preso con la Prefettura di Modena a seguito della sottoscrizione del Contratto di sicurezza. Recente-
- 83 -
mente gli sportelli con altre organizzazioni sul territorio si sono attivate per offrire a persone vittime di
reato una prima consulenza legale gratuita. È stato presenta o e approvato dal comune e finanziato
dalla regione ER, un progetto elaborato congiuntamente da Volontari che gestiscono gli sportelli e
l’Ufficio Politiche per la sicurezza urbana .
t
”
4.5.10 Le aree: “Sviluppo ambientale”, “Politiche di sviluppo e per il lavoro” e
“Politiche del personale”
Prima di procedere all’analisi delle ultime aree in oggetto, è importante anticipare che
dalla lettura dei testi degli accordi si evidenzia come queste tre tematiche, che noi abbiamo
classificato, siano presenti nelle intese ancora in forma marginale.
D’altra parte, si tratta di argomenti il cui livello di discussione non risulta essere pret-
tamente comunale ma rinvia ad altre dimensioni sovracomunali. Ad esempio, le prime due
aree (“Sviluppo ambientale” e “Politiche di sviluppo e per il lavoro”) prevedono il coinvolgi-
mento nel confronto negoziale, oltre al sindacato, di altri attori istituzionali (in primis le Pro-
vince) e altri attori sociali (come le forze imprenditoriali).
Le voci di queste due aree, in effetti, segnalano la presenza di argomenti che trove-
ranno nei più classici “Patti per lo sviluppo” una loro precisa e dettagliata trattazione.
L’area “Sviluppo ambientale”
Le voci relative a quest’area fanno riferimento da una parte all’ambiente e alla tutela
del territorio e dall’altra alla mobilità urbana e attengono a fasi recenti della contrattazione
ovvero all’affermarsi della maggiore titolarità delle organizzazioni sindacali anche come por-
tatori di istanze ambientali e tematiche relative alla vivibilità urbana (a partire dalle questioni
che riguardano più strettamente la mobilità e le ripercussioni sull’impatto ambientale e della
salute).
In quest’area rientra, infatti, il tema della mobilità dei lavoratori; sia in quanto lavora-
tori del servizio di trasporto pubblico, sia in quanto utenti del servizio stesso.
Si tratta di tematiche che richiamano apertamente e in modo immediato, rendendo più
visibile l’intreccio e il collegamento tra l’azione sindacale nella contrattazione territoriale con-
- 84 -
federale e la contrattazione che si svolge nei luoghi di lavoro. Siamo in presenza di tematiche
cioè non riconducibili esclusivamente alle materie di sviluppo sostenibile essendo intrinseca-
mente connesse negli aspetti ambientali, economici e sociali e quindi proprio là dove diventa
prioritario il ruolo del sindacato nella sua confederalità.
Grafico 13: Indice di diffusione delle voci contrattate in materia di «Sviluppo ambientale» per anno.
(valori percentuali di ricorrenza delle voci sul totale degli accordi). 33
,3
29,2
30,4
43,5
39,1
56,5
0,0
10,0
20,0
30,0
40,0
50,0
60,0
10.1 10.2
2003
2004
2005
Argomenti
Codice Descrizione
10 SVILUPPO AMBIENTALE
10.1 Agenda 21 (sviluppo sostenibile), ambiente, raccolta differenziata
10.2 Mobilità urbana - traffico - piste ciclabili – trasporto collettivo
In costante aumento dal 2003 la voce che riguarda lo “Sviluppo sostenibile (Agenda
21)” appare ancora come un tema recente, poco sviluppato e negoziato. Nei comuni di
grande dimensione si supera il 50% del tasso di negoziazione della materia. Si tratta di un
tema che è stato anche oggetto di contrattazione nei territori nell’ambito della costruzione
dei Piani per la salute, la cui trattazione non è oggetto specifico di questa ricerca.
Un secondo versante concerne più il tema della mobilità sostenibile (mobilità urbana,
piste ciclabili, trasporto pubblico), anch’esso con un picco di diffusione nel 2005 e in corri-
spondenza dei grandi centri dove inevitabilmente è più sentita l’emergenza legata all’inqui-
namento atmosferico e acustico.
A tale proposito riportiamo una porzione di testo di un accordo relativo al Bilancio 2005
di un Comune con meno di 15mila abitanti (Crevalcore):
“È in corso una verifica sull’andamento dell’esperienza Prontobus dall’avvio ad oggi e sulla rela-
- 85 -
tiva copertura delle direttrici più importanti del territorio. Sui progetti determinati di utilizzo del Pron-
tobus da parte dei lavoratori dipendenti per recarsi al lavoro in imprese a Crevalcore o dal Comune per
i territori limitrofi si attiveranno incontri specifici. […]. Nel confron o si sono esaminate le diverse ini-
ziative previste per l’anno in corso per migliorare la vivibilità de territorio e la viabilità”.
t
L’area “Politiche di Sviluppo e per il Lavoro”
Nei testi degli accordi troviamo, come già anticipato, in gran parte un puro e semplice
richiamo a politiche da negoziare in altri tavoli e in queste intese non è possibile considerare
la trattazione dell’argomento come esaustivo, rafforzandosi la logica del rinvio.
Si va, in effetti, da dichiarazioni più prettamente politiche – di condivisione dell’analisi –
al rinvio ad altri sedi, ai Patti di concertazione triangolari attivati presso la Provincia (che ci
teniamo a ribadire non sono oggetto di questo Rapporto).
Infatti, come ci si poteva attendere, viste le premesse, la voce più diffusa in quest’area
è “Rinvio alle politiche di sviluppo dei Patti territoriali” (39,1% nel 2005), con punte di un ac-
cordo su due nei comuni di media dimensione.
Grafico 14: Indice di diffusione delle voci contrattate in materia di «Politiche di sviluppo e per il lavoro» per anno.
(valori percentuali di ricorrenza delle voci sul totale degli accordi).
37,5
20,8
0,0 12
,5
34,8
8,7
0,0
17,4
39,1
13,0
4,3
17,4
0,05,0
10,015,020,0
25,030,035,0
40,045,0
11.1 11.2 11.3 11.4
2003
2004
2005
Argomenti
Codice Descrizione
11 POLITICHE DI SVILUPPO E PER IL LAVORO
11.1 Rinvio alle politiche di sviluppo dei Patti territoriali
11.2 Interventi in infrastrutture
11.3 Aree per insediamenti industriali
11.4 Lotta al lavoro irregolare – equiparazione trattamenti
- 86 -
Il patto territoriale è uno strumento di programmazione negoziata che rientra nella pro-
grammazione economica di “scopo” o per “obiettivo”, ove l’azione dei poteri pubblici e privati
viene orientata a perseguire precise finalità di sviluppo e di incremento dell’occupazione.
Si veda a questo proposito la seguente porzione di testo di un accordo riferito Al bilan-
cio 2005 in un comune con più di 100mila abitanti (Reggio Emilia):
“La Giunta Comunale e le OO.SS. valutano con preoccupazione le ricadute occupazionali conse-
guenti alla situazione economica e sociale di Reggio Emilia, che pur dimostrando di continuare a “te-
nere”, presenta fenomeni di crisi aziendali che sollecitano le istituzioni, il mondo imprenditoriale e il
mondo del lavoro a produrre maggiori s orzi di analisi e concertazione per sostenere il tessuto econo-
mico nell’attuale fase di cambiamento.”
f
Gli interventi per le politiche di sviluppo, nel tempo, si sono arricchiti di nuovi stru-
menti, si è affermato il ruolo delle autonomie locali e di conseguenza la pubblica amministra-
zione si è dovuta confrontare con obiettivi sempre più ambiziosi. Il patto può essere definito
come una politica di stimolo allo sviluppo endogeno dei territori circoscritti, attraverso il fi-
nanziamento di progetti imprenditoriali e infrastrutturali, misure volte all’incremento dell’oc-
cupazione, e attraverso la mobilitazione di attori locali tra i quali spicca il sindacato confede-
rale, in un ottica di concertazione.
Aumenta effettivamente l’importanza del tema che riguarda le politiche locali per lo
sviluppo, che sfiora il 40% nel 2005. Segue la voce relativa agli “Interventi in infrastrutture”
e, in modo meno diffuso, l’argomento relativo alle “Aree per insediamenti industriali”.
Infine in quest’area abbiamo inserito anche il richiamo alla voce “Lotta al lavoro irre-
golare” che, ad esempio, può prevedere vari tipi di azione, come si legge nel seguente ac-
cordo sottoscritto nel comune di Rimini:
“Azione di supporto all’azione di vigilanza svolta dagli enti preposti (Direzione Prov.le del La-
voro, INPS, INAIL e AUSL); verifica della permanenza dei requisiti minimi per l’autorizzazione al fun-
zionamento delle strutture residenziale e semiresidenziali per minori, portatori di handicap, anziani e
malati di Aids; attività di controllo sulla regolarità e sicurezza del lavoro all’interno degli appalti e delle
convenzioni comunali.”
- 87 -
L’area “Politiche del personale”
Le quattro voci dell’area chiamano in causa la presenza e partecipazione dei rappre-
sentanti sindacali dei dipendenti pubblici, a volte delle stesse RSU, nella delegazione sinda-
cale.
È necessario infatti, su questi temi, tenere insieme le giuste esigenze di armonizzazione
del servizio e bisogni del cittadino in termini di efficacia e efficienza del servizio e d’altra
parte, la difesa della stabilità del posto di lavoro, della professionalità dei lavoratori, delle loro
opportunità di carriera, ecc.
In particolare, la voce più diffusa è il “Rinvio alla contrattazione di comparto” presente
circa in un accordo su due, con una leggera prevalenza nei comuni di medie dimensioni.
Siamo di fronte infatti alla necessità di tenere in equilibrio la condizione dei lavoratori
che operano nel pubblico impiego, in particolare coloro che sono a stretto contatto con
l’utenza, con il mutamento in atto nella Pubblica Amministrazione che prevede una più ade-
guata e qualità dei servizi erogati.
La seconda voce fa riferimento alla “Valutazione e ricadute dei costi del personale” che
si colloca attorno al 30% di diffusione negli accordi.
Si rileva dunque come vi sia un interesse rispetto a questa voce in merito alle risorse
finanziarie necessarie alla gestione dei servizi ma anche in relazione al livello di partecipa-
zione stessa dei lavoratori - cittadini al funzionamento dell’Ente locale inteso come bene pub-
blico.
In effetti, quando si entra “nel campo dei miglioramenti degli standard (...) entrano in
campo più variabili, e non tutte padroneggiate dagli attori, al di là delle loro stesse inten-
zioni: basti pensare alla cultura diffusa degli operatori dei servizi e dei dipendenti pubblici,
dai quali almeno in parte dipendono i risultati raggiungibili” 70.
70 Carrieri M., Tra contrattazione e concertazione, in “Quaderni di Rassegna sindacale”, 3, 2004, Ediesse,
Roma, p. 147.
- 88 -
Grafico 15: Indice di diffusione delle voci contrattate in materia di «Politiche del persona-le» per anno.
(valori percentuali di ricorrenza delle voci sul totale degli accordi).
50,0
37,5
20,8
0,0
39,1
30,4
21,7
0,0
52,2
34,8
34,8
13,0
0,0
10,0
20,0
30,0
40,0
50,0
60,0
12.1 12.2 12.3 12.4
2003
2004
2005
Argomenti
Codice Descrizione
12 POLITICHE DEL PERSONALE
12.1 Rinvio a contrattazione di comparto
12.2 Valutazione e ricadute costi del personale
12.3 Esternalizzazioni
12.4 Contratti atipici
La terza e la quarta voce fanno poi riferimento rispettivamente al tema delle “Esterna-
lizzazioni” e dei “Contratti atipici” presenti nella P.A., voci più negoziate in comuni di dimen-
sioni medie e grandi, anche se diffuse in misura di circa un accordo su tre. Stiamo parlando
di temi evidentemente vanno al di là di questa singola area e chiamano in causa, in partico-
lare, il modello organizzativo, l’estensione dei diritti a tutti quei lavoratori che contribuiscono
al funzionamento e al mantenimento della qualità dei servizi, ecc. Questo appare dunque un
aspetto che, molto più di tutti i precedenti finora trattati, maggiormente intreccia l’azione
sindacale della categoria del Pubblico Impiego con l’azione più complessiva della confedera-
zione.
A questo riguardo, al fine di tutelare i diritti dei lavoratori della P.A. e garantire diritti
tendenzialmente equivalenti a chi opera nelle ditte appaltanti, si rimanda alla seguente por-
zione di testo di un accordo siglato sul Bilancio 2005 in un Comune con più di 100mila abi-
tanti (Bologna):
“Tutela e valorizzazione del lavoro. Le parti concordano sull'esigenza di un utilizzo attento delle
consulenze es erne, anche allo scopo di assicurare la piena valorizzazione delle risorse professionali t
- 89 -
interne all'amministrazione. Le parti convengono, inoltre, sull'esigenza di consolidare con l'indispensa-
bile gradualità i rappor i di lavoro precari in essere, a partire da quelli riconducibili a posizioni previste
in organico. A tal fine proseguirà il con ronto tra amministrazione e organizzazioni sindacali di catego-
ria, anche in coerenza all'accordo sottoscritto il 1° giugno 2004, di cui l'amministrazione si impegna a
garantire la piena applicazione. Le parti concordano, altresì, di dare corso ad un serrato con ronto in
merito al tema dell'esternalizzazione di lavori, forniture e servizi, finalizzato a governarlo, garantendo
adeguata tutela e valorizzazione del lavoro, anche attraverso il rispetto dei livelli di contrattazione col-
lettiva. In tale ottica l'amministrazione si impegna a favorire processi finalizzati a garantire parità di
trattamento a parità di prestazione”.
t
f
f
- 90 -
- 5 - Le questioni aperte e i nodi irrisolti
5.1 Le fasi successive alla sottoscrizione dell’accordo
5.1.1 L’istituzionalizzazione della negoz azione i
Il tema del riconoscimento formale dell’azione del sindacato come attore che ha contri-
buito alla formazione delle politiche pubbliche dell’Ente locale si “sostanzia” nell’attività di re-
cepimento degli accordi sottoscritti nelle delibere dell’amministrazione comunale.
Il quadro che emerge nel campione in analisi è ancora una volta abbastanza variegato
ed eterogeneo: in un numero significativo di casi il documento sottoscritto tra attori sindacali
e istituzionali (denominato Accordo, Protocollo, Verbale, ecc.) tende ad essere recepito nelle
delibere dell’Amministrazione comunale, così come nei Regolamenti della giunta – ciò ac-
cade, in particolare, per il Regolamento ISEE – e spesso viene allegato al Bilancio stesso71.
Il recepimento amministrativo – che diventa “valorizzazione” del processo negoziale –
avviene, tradizionalmente, alla fine di un percorso che interessa non solo i comuni di grande
dimensione che, come si ricorderà, sono contraddistinti spesso da relazioni più formalizzate
ma anche i comuni di media e piccola dimensione, così come riguarda sia amministrazioni
comunali guidate da giunte di centrosinistra che di centrodestra.
Questo potrebbe far pensare che l’istituzionalizzazione della negoziazione, in qualche
modo, “prescinda” dalla dimensione dell’Ente locale e riguardi maggiormente il grado di
“sensibilità” delle giunte che governano i comuni in oggetto nei confronti delle tematiche po-
ste da una organizzazione di rappresentanza quale è il sindacato.
Vediamo alcuni esempi, anche se non gli unici, di comuni capoluogo e di media dimen-
sione nei quali si è registrato un elevato grado di istituzionalizzazione del rapporto tra il sin-
dacato e le amministrazioni comunali:
“Bisogna che la concertazione sia un processo che si accompagna ai momenti decisionali più si-
71 È evidente che ciò non avviene nei casi in cui i due attori negoziali non sottoscrivono, per vari mo-tivi, accordi formali.
- 91 -
gnificativi. In particolare mi riferisco al bilancio, ai piani per la salute e ai piani di zona. Questi sono i
tre momen i in cui la concertazione gioca le sue carte migliori. t
-
t
-
. t
-
Per quanto riguarda il bilancio preventivo abbiamo stilato un protocollo con le organizzazioni
sindacali (...) Certamente è richiamato nel Bilancio e al momento della discussione del Bilancio il Con
siglio comunale entra nel merito di questo accordo. S rutturalmente il compito è dell’esecutivo. Fa
parte comunque del bagaglio collettivo” (Giorgio Pighi, Sindaco Comune di Modena).
“Noi tutti gli anni con il sindacato facciamo un accordo e generalmente scaturisce un docu
mento, come l’anno scorso (nel 2005, ndr.). Quest’anno no, perché non c’era niente da fare. È con-
fermato il bilancio dell’anno scorso, le tasse non sono aumentate Il comune non le aumen a dal ’98
(…) Normalmente nel processo formativo di un atto di valenza generale, come il Bilancio e i Regola
menti vengono non solo consultate le parti sindacali ma se ne fa menzione negli atti deliberativi
quando si va all’approvazione” (Giancarlo Paganelli, Assessore al Bilancio, Comune di Cesenatico).
“Gli accordi che noi facciamo – per quanto riguarda la parte relativa ai tributi, alle risorse, agli
ammortizzatori cioè le agevolazioni che riguardano la famiglia ’normale’ che può trovarsi in particolari
situazioni di difficoltà, così come la parte relativa alle rette e alle tariffe – vengono tradotti in delibere
e votate con il bilancio. Gli aspetti più politici e amministrativi di medio periodo, gli orientamenti di in-
dirizzo trovano posto nelle relazioni previsionali o negli atti politici amministrativi che accompagnano il
bilancio”(Antonio Gamberini, Assessore al Bilancio, Comune di Rimini).
Vi sono dunque amministrazioni che ritengono importante presentarsi alla discussione
sul bilancio in consiglio comunale “forti” anche di un accordo sottoscritto con le OOSS, per
sottolineare come le scelte dell’Ente locale siano state condivise in particolare dall’attore sin-
dacale. Ci sembra interessante sottolineare come si sia registrato in molte interviste effet-
tuate agli attori istituzionali – si veda ad esempio l’ultima riportata – un aumento dell’interes-
se, così come degli interventi di sostegno previsti, da parte dei comuni, nel corso degli ultimi
anni, al fine di rispondere alle crescenti situazioni di disagio socio-economico, fragilità e vul-
nerabilità che toccano sempre più persone e famiglie finora non in stato di difficoltà o po-
vertà72.
Anche in un processo negoziale contraddistinto da un elevato grado di istituzionalizza-
zione, in presenza quindi di accordi sottoscritti dai due attori della contrattazione territoriale
e recepiti nelle delibere della giunta, è pur tuttavia sempre in agguato l’eventualità che il te-
sto siglato possa rimanere inapplicato e, in questo senso, rappresenti soltanto “un pezzo di
72 Una famiglia “normale” – come afferma l’ultimo intervistato – che può trovarsi in particolari situa-
zioni di difficoltà”. Cfr., in particolare, Addabbo T., Borghi V., Lugli L., Minghini C., Rinaldini F., Tugnoli S., La vulnerabilità sociale in Emilia Romagna, op. cit.
- 92 -
carta”. Potrebbe dunque accadere che, se non ci si dota degli strumenti necessari finalizzati
alla “concretizzazione”, cioè all’attuazione e alla verifica di quanto stipulato tra le parti, i cit-
tadini titolari dell’esito della contrattazione, per l’appunto, solo “sulla carta” usufruirebbero
dei benefici previsti nell’accordo sottoscritto dal sindacato con le amministrazioni locali:
“Gli accordi vengono recepiti e tradotti in delibere nel bilancio del Comune. Loro ci tengono
molto ad ave e l’accordo con noi, ad andare in Consiglio Comunale e poter spendere l’accordo con il
Sindacato. Lì il problema non c’è. Dov’è allora? Io posso fare tutti gli accordi di questo mondo ma
devo passare dal principio alla concretizzazione di questo. Qual’è lo strumento? Lo strumen o è il ta-
volo permanente, perché devo stabilire chi sono i soggetti, i tempi, le risorse, la verifica della realizza-
zione” (Meris Soldati CGIL Rimini).
r
t
,
.
.
.
La testimonianza sopra riportata ribadisce l’importanza attribuita dagli attori sindacali di
molti territori indagati ai tavoli permanenti – di cui ci siamo già occupati in precedenza – al
fine di rendere esigibili i diritti che troviamo nel testo sottoscritto tra i due attori negoziali.
Anche nei centri di media e piccola dimensione presi in esame l’istituzionalizzazione
della negoziazione risulta essere abbastanza buona o elevata. Interessante, a questo propo-
sito, il caso di un piccolo comune in provincia di Ravenna nel quale oltre alla dimensione co-
munale e distrettuale di negoziazione – già emerse in precedenza – è presente un ulteriore
“livello di concertazione” costituito dall’Associazione intercomunale (in questo caso si tratta
dell’Associazione Intercomunale della Bassa Romagna che comprende dieci comuni della pro-
vincia) che gestisce, in forma associata, funzioni e servizi propri o di competenze conferite ai
comuni dalla Legge regionale 3/99 (come il personale, l’organizzazione, i servizi sociali, i tri-
buti, ecc.):
“Noi abbiamo due livelli di concertazione; il primo a livello dell’Associazione (Intercomunale della
Bassa Romagna, ndr ) con 4 tavoli e poi singolarmente, come comuni, per la definizione dei bilanci.
Come sindaci partecipiamo all’Associazione, concordiamo le linee e le portiamo avanti, salvaguardando
le specificità locali (...) Nel bilancio noi citiamo che abbiamo fatto degli incontri con i sindacati Qualora
si giunga ad un accordo, lo alleghiamo al bilancio o al verbale Io credo che sia fondamentale. Ad
esempio quando siamo andati a rimodulare le rette per l’assistenza domiciliare in base all’ISEE, nella
lettera inviata ai cittadini abbiamo detto che era il frutto di un accordo con il sindacato” (Linda Errani,
Sindaco Comune di Massalombarda).
In quest’ultimo brano di intervista si è inoltre affacciato un tema che tratteremo più
diffusamente nel prossimo paragrafo, riguardante le varie modalità attraverso cui i due attori
- 93 -
della contrattazione territoriale “comunicano” l’avvenuta – o la mancata – sottoscrizione
dell’intesa.
5.1.2 La comunicazione dei risultati
La diffusione dei risultati positivi o negativi del processo negoziale (il raggiungimento o
meno di una intesa) avviene, per quanto concerne il sindacato, in gran parte attraverso i ca-
nali e gli strumenti “classici” utilizzati dall’organizzazione per comunicare quotidianamente la
propria attività: comunicati stampa, volantini, manifesti, giornalini (confederali e di catego-
ria), trasmissioni di TV locali.
Diversamente dal sindacato, l’Ente locale potrebbe avvalersi anche dei propri canali
istituzionali per divulgare i contenuti degli accordi sottoscritti; in particolare, a tal fine, una
modalità riscontrata abbastanza diffusamente nel nostro campione è apparsa quella del ri-
corso al giornalino o bollettino comunale che viene inviato, più o meno periodicamente, alla
cittadinanza.
Sia l’amministrazione comunale che il sindacato attribuiscono, in generale, grande im-
portanza alle forme di comunicazione e alle procedure di informazione nei confronti dei pro-
pri iscritti – questo vale in particolare per l’attore sindacale –e verso la platea più ampia di
cittadini potenziali beneficiari dei risultati ottenuti grazie alla contrattazione territoriale.
Ciononostante, entrambi gli attori riconoscono di essere ancora molto o abbastanza
“carenti” sotto questo profilo. Inoltre, viene spesso ribadito come la comunicazione di quanto
sottoscritto in merito alle politiche di bilancio comunale sia ancora poco “strutturata”, troppo
“episodica” e vada “potenziata” e “perfezionata” anche se non mancano i casi in cui le am-
ministrazioni comunali sono state costrette per ridurre le spese dell’ente a eliminare perfino
questo importante strumento di comunicazione, come emerge nel seguente brano di intervi-
sta:
“Ci sono tutte le attività che svolgono l’assessorato, i servizi sociali e alla casa…. Ovviamente sui
giornali, in periodo di bilancio, questo è uno dei temi molto presenti. Il giornalino del comune? Lo ab-
biamo dovuto sospendere l’anno scorso, era un periodico trimestrale, costava 50 mila euro. Quest’an-
no tentiamo di avere comunque uno strumento capillare molto utile di comunicazione per arrivare lo
stesso a tutte le famiglie” (Roberto Polas ri, Assessore al Bilancio, comune di Fer ara).
t r
- 94 -
Ciò che appare significativo mettere in luce, in questa sede, riguarda in particolare il
tema dell’esigibilità del diritto: affinché un “accordo” siglato sia esigibile necessita di momenti
più o meno formalizzati di verifica di quanto concordato nel testo formalizzato, così come
deve essere appropriatamente comunicato ciò che prevede l’intesa siglata. Rimane cioè
aperto, in tutti i territori indagati, il tema legato al reperimento di canali di comunicazione
forti in grado di arrivare ai propri iscritti e, più in generale, a tutti i cittadini potenziali benefi-
ciari dei diritti sociali contrattati con l’ente locale. In effetti, se un diritto non si conosce, po-
tremmo dire con le parole di un testimone intervistato, “non esiste”:
“Rischi che quello che inserisci nei Protocolli se non è comunicabile, sia un patrimonio di pochi.
O riesci a costruire canali di comunicazione forti nei confronti dell’esterno o anche se hai fatto un buon
lavoro, hai portato a casa un risultato, ai destinatari non arrivi (…) È il terzo anno che noi facciamo
l’accordo su contributi per la tariffa dei rifiuti solidi urbani ma è il primo anno che lo rendiamo comuni-
cabile. Avevamo la sensazione che questa opportunità delegata come funzione informativa al comune
fosse insufficiente. Noi siamo partiti con questa campagna, coinvolgendo i nostri servizi, promuovendo
la cosa” (Elisabetta Marchetti, CGIL Imola).
Abbiamo però voluto indagare anche cosa accade nelle situazioni in cui non si per-
venga ad un accordo ritenuto soddisfacente da parte dell’attore sindacale. Nel campione in
esame non si sono riscontrati molti casi di questo tipo; in effetti sembra prevalere maggior-
mente un modello di relazioni più collaborative che conflittuali, anche dal momento che que-
sta specifica forma di contrattazione non prevede il ricorso a strumenti come lo sciopero o le
mobilitazioni, a differenza di ciò che accade nella contrattazione di secondo livello, che si
svolge tra impresa e rappresentanze dei lavoratori. Aspetti – questi ultimi – che ad una let-
tura sindacale “classica” depotenziano il significato e il valore attribuito a questa modalità
contrattuale nella scala di priorità di azione.
Malgrado ciò, si sono registrati casi in cui il sindacato ha “esplicitato il dissenso” nei
confronti delle decisioni adottate dalle amministrazioni comunali in merito alle politiche di bi-
lancio (relative, ad esempio, all’aumento di tasse e tariffe come l’ICI o la tariffa rifiuti oppure
l’addizionale IRPEF), mettendo in atto forme di “pressione e di mobilitazione” che hanno
portato anche a successi, come avvenuto ad esempio nel territorio reggiano o nel caso qui
riportato in cui il sindacato confederale, il sindacato pensionati e la categoria del pubblico
impiego sono riusciti a “coinvolgere” anche le altre categorie di lavoratori attivi e le rappre-
sentanze sindacali delle aziende del territorio:
“Il Comune di Casalecchio chiedeva l’applicazione dell’addizionale IRPEF e noi abbiamo convinto
- 95 -
il Comune a non applicare quella tassa utilizzando direttamen e le RSU di tutte le aziende dell’in-
dus ria. È stata un’esperienza esaltante perché coincideva anche con uno sciopero generale, avevamo
un appiglio dei delegati … quindi li chiedemmo a tutte le categorie di fare fax dalle RSU direttamente
in Comune al Sindaco chiedendo che non ci fosse l’applicazione dell’addizionale che andava a incidere
sui redditi da lavoro dipendente. Devo dire che questo fu un atto minuscolo ma significativo, perché il
s ndaco se ne rese conto. Ha pesa o questa cosa de a rappresentanza” (Sandra Ognibene, CGIL Ca-
salecchio).
t
t
i t ll
A parte qualche risultato positivo, come quello appena segnalato, conseguito grazie
anche al coinvolgimento delle categorie degli attivi, secondo molti interlocutori intervistati,
permangono difficoltà nella capacità da parte dello stesso sindacato di costruire azioni in
grado di contrastare efficacemente le decisioni assunte unilateralmente dalle amministrazioni
comunali.
5.2 Uno sguardo sul 2006
Nonostante l’analisi della contrattazione territoriale in Regione abbia preso in consi-
derazione il periodo 2002-2005, ci sembra opportuno rendere conto di quanto emerso so-
prattutto nelle interviste agli attori istituzionali anche in relazione all’anno 2006, dal momento
che - inevitabilmente - i nostri intervistati si sono soffermati sulle grandi difficoltà incontrate
nell’impostare i bilanci comunali relativi al 2006, essendo stretti tra la necessità di rispettare i
parametri di legge e mantenere, contemporaneamente, i servizi sociali esistenti.
Al fine di comprendere come gli Enti locali si siano “attrezzati” per la costruzione del bi-
lancio preventivo relativo all’anno 2006 e valutare, di conseguenza, quali spazi di manovra
per la contrattazione delle linee di bilancio vi siano per gli attori sindacali, appare necessario
fare un piccolo passo indietro e riprendere un tema importante ancora non emerso su cui ci
si è soffermati in sede di intervista e che attiene all’incidenza della spesa sociale dei comuni
stessi.
A tutti gli attori istituzionali intervistati è stato chiesto di quantificare, per lo meno in
termini percentuali, l’incidenza della spesa sociale nel bilancio comunale e le tendenze regi-
strate nel corso del triennio in esame (aumento, stabilità o diminuzione della stessa).
Ci sembrava infatti rilevante comprendere quanto “pesasse” questa importante voce al-
l’interno di un bilancio comunale. Nel corso di questa ricerca ci siamo però resi conto di come
- 96 -
la spesa sociale non possa essere considerata omogenea tra i comuni e come alcune voci
che vengono definite sociali in realtà non lo sono. In effetti, gli stessi intervistati (i sindaci, gli
assessori o i direttori generali) hanno confermato quanto sia difficile quantificare con preci-
sione la spesa sociale dei diversi Enti locali.
Ci preme, dunque, anche se brevemente, rendere conto di quanto emerso nella ricerca
relativamente a questo aspetto che riguarda, in primo luogo, ciò che ogni amministrazione
comunale considera spesa sociale, dal momento che spesso in un bilancio comunale voci di
spesa a valenza sociale non sono inserite, come abbiamo già anticipato, nel capitolo ad hoc o
– in termini tecnici – nella Funzione 10 come ci conferma, tra gli altri, l’assessore al Bilancio
del comune di Bologna:
“Se parliamo della spesa sociale ci sono tantissimi modi di classificazione. La classificazione
standard nazionale è quella della funzione 10 dei Bilanci adottata da più di dieci anni. In realtà in que-
sti 10 anni le funzioni 10 sono esattamente ciò che all’origine comprendevano oppure no? Nel Comune
di Bologna no. Nella funzione 10 il tema del trasporto scolastico, della disabilità non era compreso. Ma
la sicurezza sociale, grande parte del settore educativo, le azioni sull’adolescenza e i giovani, le politi-
che per la casa, in par icolare per l’affitto dove le classifichiamo? Quindi francamente, la mia valuta-
zione porta a dire che se prendiamo l’insieme delle risorse per azioni di tipo sociale, il 70% del Bilancio
va via” (Paola Bottoni, Assessore al Bilancio, comune di Bologna).
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Anche altri attori istituzionali intervistati confermano l’impossibilità di far rientrare tutte
le voci del bilancio a “valenza sociale” in questa funzione. Anzi, sembra profilarsi sempre più,
da parte degli amministratori comunali, chiamati a rispettare i tetti di spesa imposti dal go-
verno nazionale, il Patto di Stabilità, ecc., il ricorso a soluzioni anche molto innovative, tanto
che potremmo perfino definire questi espedienti come finanza creativa dei comuni, in rispo-
sta alla finanza creativa proposta dall’allora ministro dell’Economia Tremonti. Il tutto al fine di
cercare di far “quadrare” i conti e rispettare i vincoli imposti che, come sottolineano gli stessi
attori, “il governo centrale impone però non rispetta”.
Una analisi della spesa sociale inserita nei bilanci comunali che, dunque, prenda in
esame soltanto ciò che rientri formalmente in questa voce potrebbe rischiare di incorrere in
valutazioni errate su quanto effettivamente una amministrazione investa in questo settore;
errori e sviste anche abbastanza eclatanti, come è successo ad esempio nel caso del comune
di Reggio Emilia, noto nel panorama nazionale e non solo per le politiche di welfare adottate
che, in una indagine nazionale sui bilanci dei comuni, viene però classificato agli ultimi posti
in Italia per spesa sociale, come emerge nelle parole del vicesindaco di quella città che
spiega come un comune sia sempre più costretto a fare operazioni di “ristrutturazione” del
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bilancio spostando capitoli di spesa sociale “al di fuori” del bilancio stesso per rispettare i vin-
coli di bilancio e salvaguardare la qualità dei servizi:
“È difficile stabilire un rapporto tra spesa sociale e bilancio comunale. C’è stato un recen e Rap-
porto di ricerca che ci collocava tra gli ultimi in Italia per spesa sociale, con 74 euro pro capite,
quando invece la nostra spesa sociale è 257 euro pro capite. Negli anni sono cambiate le politiche de-
gli Enti locali costretti dalle decisioni delle Finanziarie di Tremonti a fare finanza creativa. Noi abbiamo
deciso una serie di operazioni per met ere fuori dal bilancio importanti capitoli di spesa sociale. Ab
biamo costituito nel 2003 l’Istituzione degli asili nido e delle scuole dell’infanzia, a cui trasferiamo 19
milioni per la copertura dei costi per i servizi dell’infanzia. Un altro capitolo importante della spesa so-
ciale riguarda anziani, disabili che abbiamo messo a carico delle Farmacie comunali riunite. L’utile delle
Farmacie – 7 milioni di euro – è a copertura di questi servizi e non è dentro il bilancio del comune.
Ecco perché il Rappor o che ha letto il bilancio senza informarsi ha fatto uscire che abbiamo una spesa
sociale pro capite uguale a Reggio Calabria!” (Franco Ferretti, vicesindaco comune Reggio Emilia).
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Si è dunque riscontrata una tendenza che va oltre al singolo caso citato – di per sé
emblematico – da parte dei comuni al centro della ricerca costretti, anche in tempi molto
stretti, ad effettuare alcuni processi di riforma e riorganizzazione dei servizi che hanno por-
tato, ad esempio, come in parte già visto, alla esternalizzazione di alcuni servizi; alla crea-
zione di società di gestione patrimoniale; ad utilizzare l’addizionale IRPEF come “tassa di
scopo” (per la costruzione di un asilo nido, ecc.), in certi casi sancito anche da un accordo
con le organizzazioni sindacali. Oppure, sempre più spesso, i comuni in analisi hanno dovuto
finanziare la spesa corrente non con entrate ordinarie, come dovrebbe accadere in situazioni
di normalità, ma ricorrendo in particolare agli oneri di urbanizzazione derivanti da conces-
sione edilizia che, invece dovrebbero essere destinati alla spesa di investimento, con il rischio
di assistere a fenomeni di “cementificazione” del territorio solo al fine di “fare cassa”.
Questa tendenza non è stata riscontrata solo nei comuni di grande dimensione ma an-
che in quelli più piccoli, come emerge nel seguente brano di intervista relativo al caso di
Morciano di Romagna, comune con popolazione di poco superiore a 6mila residenti che in
questo modo è riuscito a “tamponare ciò che veniva meno dallo Stato” come ribadisce il Sin-
daco del comune interessato:
“Morciano è un comune di 6500 abitanti ma nonostante la dimensione è il terzo in provincia per
densità di popolazione. Ultimamente assistiamo ad un aumento continuo di popolazione residente,
specie giovani coppie. Perché i costi delle case, in proprietà o in affitto, non sono di cer o quelli di Ric
cione e Cattolica. Dovevamo per forza investire quindi in nidi, verde, arredo urbano (...) Abbiamo fir-
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mato un accordo con i sindacati per l’applicazione dell’addizionale IRPEF funzionale ad un solo anno
per finanziare la costruzione della nuova scuola elementare (...) Nel 2003 è entrato in vigore il nuovo
Piano Regolatore. Le nuove costruzioni ci hanno portato delle entrate. Abbiamo spostato gli oneri di
urbanizzazione, che dovevano essere spesi per fare investimenti, sulla par e corrente. Quando non hai
più gli oneri hai però l’ICI” (Giorgio Ciotti, sindaco di Morciano).
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Nonostante l’imposizione di forti tetti di spesa da parte della Finanziaria del governo
relativa all’anno 2006, bisogna registrare, comunque, anche il tentativo da parte degli Enti
locali di effettuare operazioni di “esternalizzazione” di voci di spesa dal bilancio che risultino
però “coerenti” con gli obiettivi strategici portati avanti dalla amministrazione comunale:
“La Finanziaria del 2006 comporterà per il comune di Budrio che su 7milioni 200mila euro di
spesa corrente, dovrò fare un taglio di 1milione e 100mila euro, il 16%. Quest’anno siamo stati obbli-
gati ad incrementare di altri 100mila euro il sociale perché abbiamo esigenze incomprimibili. L’unica
possibilità che abbiamo, per non dare ai privati i servizi comunali o per non inventarsi delle ‘scatole’ -
società patrimoniale, Istituzione - è quella di far coincidere le esternalizzazioni con obiettivi strategici e
dunque passeremo nel 2006 la tassa dei rifiuti a tariffa. Sia pure in maniera graduale con tutte le de-
roghe, col fatto che non vogliamo pesare sui bilanci delle famiglie e delle imprese in maniera ecces-
siva. Faremo una tariffazione sociale (...) Io favorirei un accordo quadro metropolitano: che fissasse
degli indirizzi, delle cornici, purché quel accordo non comprendesse delle clausole di tagli o tetti o di
vincoli che non permettono di recepire le specificità dei singoli comuni” (Carlo Castelli, Sindaco co-
mune di Budrio).
Interessante notare, sempre nell’ultima intervista riportata, come risultino esservi, in
alcuni territori, novità importanti relative alla contrattazione del bilancio 2006. In particolare,
per quanto concerne i comuni della provincia di Bologna che fanno parte della città metropo-
litana si tratta della sottoscrizione di un accordo sovracomunale che consentirebbe di fare
“un salto di qualità” verso una contrattazione di più lungo periodo e garantendo una mag-
giore omogeneità di applicazione nei territori:
“Noi puntiamo in questa fase ad un accordo preventivo con la Conferenza Metropolitana dei
sindaci dal quale fare discendere coerentemente le intese con i singoli comuni. Auspichiamo sia possi-
bile raggiungere questa intesa, siamo consapevoli che la Conferenza non è in senso stretto un livello
istituzionale non ha un potere di intervento nei confronti dei sindaci dei comuni, ma vogliamo valoriz-
zarne il ruolo, la funzione di coordinamento, chiedendo ai sindaci dei comuni che ne fanno parte una
sorta di cessione di ruolo, di titolarità, per favorire processi di governo del territorio nell’interesse di
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tutti. Allo stato abbiamo un consenso di massima loro. Se arriveremo ad un accordo, un salto di qua-
lità lo avremo raggiunto” (Mauro Alboresi, CGIL Bologna).
5.3 Il tema del mandato
In tutti i territori presi in considerazione, anche nelle realtà in cui la contrattazione ter-
ritoriale è più radicata e strutturata, emergono però alcuni temi irrisolti. In particolare uno
dei principali nodi critici che il sindacato si trova ad affrontare attiene la capacità, come ab-
biamo appena visto, di coinvolgere l’intera Organizzazione sindacale nel percorso negoziale
che va dalla costruzione della Piattaforma alla conclusione del confronto, indipendentemente
dal raggiungimento o meno di una intesa.
Già in precedenza73 era emerso il tema della “scarsa consapevolezza” all’interno della
struttura sindacale del ruolo e del significato attribuiti a questo tipo di contrattazione, rite-
nuta spesso oggetto di interesse per “specialisti” (in quanto il focus riguarda la contratta-
zione delle politiche di bilancio comunale), in qualche modo di “serie B” rispetto, in partico-
lare, alla classica contrattazione aziendale.
Come esposto nel corso del presente lavoro, si sono registrati nel corso degli ultimi
anni, significativi tentativi da parte del sindacato confederale di “far vivere” maggiormente
questo tipo di contrattazione anche fra le categorie che seguono i lavoratori attivi, costi-
tuendo dipartimenti, gruppi di lavoro ad hoc, ecc. Nonostante però gli sforzi compiuti recen-
temente, permangono forti limiti nella capacità di coinvolgimento dell’Organizzazione sui temi
che riguardano la contrattazione con l’ente locale sulle politiche di bilancio.
Si affaccia dunque prepotentemente il tema del mandato e di ciò che ad esso ruota
intorno. Su quali basi è costruita la rappresentanza della delegazione sindacale che va al
confronto con l’ente locale? Quali strutture cioè possono essere “titolari” al fine di garantire
un percorso negoziale democratico e vincolante per la delegazione trattante? Siamo in pre-
senza o assenza di procedure formali e trasparenti di delega? Inoltre, il sindacato rappre-
senta interessi particolari – i lavoratori e i pensionati iscritti – o quelli più generali dell’intera
cittadinanza? Nell’impossibilità di rispondere a tutti gli interrogativi posti, vediamo alcune
possibili “soluzioni” avanzate dai nostri intervistati in sede di focus group:
“Il grosso problema che abbiamo è come trasformare queste piattaforme in un elemento di
73 Cfr. capitolo 3.
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esplicita volontà generale, non abbiamo mai sottoposto al voto le piattaforme confederali ai lavoratori,
ai nostri iscritti. Li votiamo negli organi dirigenti, secondo me è un elemento che prima o poi bisogna
porsi, come ci si pone il problema della democrazia sui contratti così bisogna porsi il problema della
democrazia per quanto riguarda i confronti di natura confederale e sociale (…) La con rat azione con i
comuni sembra un problema della CGIL e dello SPI le categorie direi che sono insensibili, non per
cattiveria assolutamente, ma c’è una insensibilità nel senso che è una cosa che non con a. Bisogne-
rebbe riuscire a por are nelle categorie, nelle assemblee il fatto che se non aumenta il gas, l’elettricità,
ecc. questo va a completare la busta paga del lavoratore” (Maurizio Piccagli CGIL Reggio Emilia,
Mauro Vene oni Zona Correggio).
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Appare perciò ancora aperto il tema delle modalità con cui effettuare la “validazione”
delle piattaforme sindacali e degli accordi sottoscritti con le amministrazioni comunali da
parte degli organismi dirigenti, così come delle strutture di base (si pensi alle leghe dello
SPI):
“Per non essere autoreferenziali abbiamo la necessità di fare dei passaggi: dalla costruzione
della piattaforma al raggiungimento di un accordo e alla verifica di quell’accordo. Nel sindacato questa
contrattazione è considerata qualcosa per ‘specialisti’ Questi temi non sono por ati all’interno della di-
scussione dei luoghi di lavoro, perché non c’è consapevolezza anche nella nostra organizzazione d
questi temi, non è avvertita come prioritaria, bisogna farli vivere nella nostra organizzazione” (Giusep-
pe Pasotti, CGIL Forlì).
Siamo di fronte ad un percorso che, secondo quanto emerge dalla ricerca, necessita di
una maggiore capacità di coinvolgimento, soprattutto delle categorie degli attivi - grande
anello mancante - in tutte le sue fasi (discussione, approvazione, ecc.).
5.4 Contrattazione, concertazione, negoziazione:
quale definizione adottare?
Giunti a questo punto del Rapporto ci appare importante ribadire, ancora una volta,
come ci troviamo di fronte ad una pratica negoziale che necessita di essere indagata ulte-
riormente non solo per quanto riguarda gli aspetti relativi al processo negoziale e alla sua
formalizzazione ma abbia bisogno, in primo luogo, di trovare una definizione se non univoca
perlomeno abbastanza condivisa dallo stesso mondo sindacale.
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In effetti, il bisogno di definizione che ruota attorno alla contrattazione territoriale
confederale è cresciuto via via nel tempo e riteniamo sia una questione ormai non più lun-
gamente rinviabile.
Premettiamo che in questo Rapporto non si intende indicare la definizione “più cor-
retta” da adottare per delineare quella che, fino a questo punto, abbiamo denominato sem-
pre con il termine di contrattazione territoriale. Più modestamente, l’obiettivo che ci siamo
posti è quello di tentare di rendere conto di come gli stessi testimoni sindacali intervistati
considerino e quindi – inevitabilmente – definiscano questo tipo di contrattazione.
Diciamo, ancora una volta, che anche su questo versante il panorama che emerge è
assai variegato. In effetti, nonostante si tratti di una pratica che, come abbiamo visto nel
corso di questo lavoro, può “vantare” trascorsi per lo meno più che decennali, permangono
ancora alcuni temi irrisolti, delle questioni aperte che necessitano di ulteriori “messe a
punto”, come la formalizzazione del processo negoziale ma anche il tema dello stesso man-
dato sindacale a trattare con le amministrazioni locali, solo per citare due aspetti fra i più ri-
levanti emersi nella ricerca.
Si tratta, effettivamente, di una esperienza poco formalizzata, che utilizza spesso lin-
guaggi diversi per definire se stessa, i propri esiti, ecc., non ancora così codificata e struttu-
rata come, ad esempio, la contrattazione aziendale che si svolge tra impresa e sindacato, “a
cavallo tra quelle di contrattazione vera e propria e quelle di concertazione pura” 74, come af-
ferma, tra gli altri, Mimmo Carrieri che sul tema delle politiche di concertazione, sugli slitta-
menti e le evoluzioni nella regolazione sociale, si è a lungo soffermato nei suoi studi.
Da notare infatti che con l’esperienza della contrattazione vera e propria ha in comune
“almeno in parte il metodo, consistente in una certa ver enzialità basa a su pacchetti rivendi-
cativi rivol i ad amministratori pubblici, che sono visti come in e locuto i necessa i, e in molti
casi come contropar i. Con le seconde invece condivide l’ogget o, che si riferisce a beni pub
blici, obiettivi di carattere sociale e che richiede l’impegno decisionale di attori pubblici, re
gioni ed enti locali (in una logica però di con ronto bilaterale)” 75.
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Ecco perché di questa ambivalenza sono rintracciabili, anche nelle definizioni proposte
dai nostri intervistati varie “oscillazioni lessicali”76 anche rilevanti che privilegiano fortemente,
come negli esempi seguenti, uno dei due termini – contrattazione oppure concertazione –
74 Carrieri M., Tra contrattazione e concertazione, in “Quaderni di Rassegna sindacale”, 3, 2004, Ediesse,
Roma, p. 144. Cfr., inoltre, dello stesso autore, Slittamento ed evoluzioni nella regolazione sociale, in “Quaderni di Rassegna sindacale”, 1, 2006, Concertare le riforme, Ediesse, Roma, pp. 75-96.
75 Ibidem, p. 144. 76 Ibidem, p. 144.
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anche se, in molti casi, appare difficile scindere i due termini che, più spesso, convivono
all’interno di una unica definizione:
“Noi ragioniamo di contrattazione, perché questo vuol dire partire da un proprio punto di vista
analitico circa il processo in atto. Il termine concertazione presuppone una comunanza di obiettivi e
non può nel suo orizzonte, in partenza, p evedere una diversa visione, un approdo problematico. Ogni
termine ha in sé l’idea di come l’insieme dei soggetti debba partecipare al governo della società...oggi
sul piano sociale la contrattazione è l’unica questione possibile. A livello locale vogliamo consolidare un
nostro punto di vista, non escludiamo – tanto che in alcuni casi la pratichiamo – la concertazione, ma
questa attiene tendenzialmente ad un rapporto trilaterale, a temi di cara e e generale rispe to ai
quali, in premessa, è possibile immaginare una piena convergenza. Quello che non va bene è il consi-
derare sinonimi concertazione e contrattazione” (Mauro Alboresi, CGIL Bologna).
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“Negli ultimi anni ci siamo sforzati di dire concertazione...che vuol dire: confrontarsi, avere opi-
nioni diverse o comuni e quando possibile sottoscrivere Protocolli, intese, verbali ... le formule sono
tante A me piace il termine concertazione: ha in sè lo sforzo di fare un’analisi comune. Contrattazione
è troppo poco, bisogna sforzarsi di avere un quadro più largo, di costruire idee, guardare avanti. Con-
certazione ha in sè ricchezze, possibilità perché ragioniamo del futuro e dello sviluppo sociale. Io ra-
gionerei di una concertazione che porta ad accordi che sono di con rattazione. Se parliamo di bilancio
parliamo di sindacato e istituzione. Ma è anche vero che vogliamo parlare di sviluppo e questo rap-
porto bilaterale non tiene A Modena abbiamo prova o a fare questo allargamento con il Piano di zona,
il terzo settore anche se inizialmente non ha prodotto grandi esperienze. Un sindacato confederale,
pur rappresentando una parte, fa lo sforzo di vedere il tutto.” (Daniela Bortolotti, CGIL Modena).
“Un confronto sul bilancio è secondo me ad un tempo: concertazione, perché la potestà di deli-
berare sul bilancio ce l’ha il consiglio comunale. Ma è al tempo stesso negoziazione, perché negozio
con la giunta, la quale si mette d’accordo e trova un intesa col sindacato per utilizzare le risorse e fare
investimenti in un determinato modo, per trovare intese appunto...operare d’in esa con i desiderata o
con le rivendicazione del sindacato e portarle in consiglio comunale. Quindi è ad un tempo concerta-
zione e negoziazione” (Attilio Aymone, SPI Ferrara).
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5.5 Spunti di riflessione per l’azione sindacale e ulteriori prospettive di
ricerca
Al termine di questo nostro lavoro che, in verità, come ogni attività di ricerca non può
mai essere considerata definitivamente conclusa, vorremmo mettere in evidenza alcune delle
questioni aperte, dei nodi irrisolti, degli elementi più interessanti, problematici e controversi
emersi nel corso della ricerca e nel Rapporto stesso.
In primo luogo, appare con forza il tema della più precisa configurazione del processo
negoziale attraverso una sua più ampia ormalizzazione. Riteniamo di poter affermare, senza
temere di incorrere in clamorosi errori, di essere ormai di fronte ad una esperienza che è
giunta al termine di un ricco percorso “sperimentale”.
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A nostro avviso, vi sono le condizioni affinché in Emilia Romagna da una fase di speri-
mentazione, che ha comportato anche una significativo periodo di socializzazione delle espe-
rienze prodotte dai vari territori sindacali, ci si avvii verso una “modellizzazione” di questa
pratica. Pensiamo che una condizione necessaria affinché ciò si realizzi in modo compiuto,
stia nel fatto che la sua estensione dovrebbe abbandonare, progressivamente, il terreno del
solo confronto tra i due attori a favore di una iniziativa dai tratti sempre più contrattuali, pro-
ducendo quindi esiti formalizzati.
Anche per questo, abbiamo insistito sul tema della definizione da adottare per deline-
are questa esperienza. Riteniamo, infatti, che non sia possibile considerare un Accordo alla
stessa stregua di un Verbale di incontro, di intesa o di un Protocollo, anche se in questo
Rapporto è stata comunque data pari “dignità” ai diversi esiti – come li abbiamo definiti –
della contrattazione.
Siamo pertanto di fronte ad una pratica dai tratti a volte concertativi e, altre volte,
contrattuali, nella consapevolezza che tale modalità negoziale o concertativa si misura con
una controparte-interlocutore, il cui mandato si fonda su un processo democratico; istituzioni
che inoltre dovrebbero essere considerate da tutti gli attori in campo come “beni comuni”. In
effetti “vanno concepite in funzione della riproducibilità di beni comuni, perché solo una am-
pia dotazione di questi permette una ricca e intelligente vita istituzionale. Si postula quindi
che vi sia uno scambio assai intenso tra istituzioni e universo dei beni comuni, che sarà in
genere mediato dalla più diretta relazione tra istituzioni e beni pubblici”77
A questo proposito, nella gran parte dei casi presi in considerazione nella nostra ri-
77 Donolo C., L’intelligenza delle istituzioni, Feltrinelli, Milano, 1997, p. 25.
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cerca, sembra essere oramai acquisito il fatto che l’azione degli attori sociali consente di in-
fluenzare positivamente le decisioni sui beni pubblici e sia, di conseguenza, “stimolo e aiuto”
alla politica. Si vede cioè come “lo spazio delle decisioni concertate può risultare compatibile
anche con (la) prospettiva che enfatizza il carattere generale della rappresentanza politica
(...) Infatti il circuito decisionale cui accedono le rappresentanze sociali può essere letto – e
nella maggioranza dei casi lo è effettivamente – come integrativo e specializzato rispetto alle
normali decisioni” prese ai diversi livelli politici (nazionali, territoriali, ecc.)78.
Un percorso che, per il sindacato, dovrebbe prendere avvio da una analisi autonoma
del territorio e della realtà socio economica in cui agisce come “soggetto attivo” che mira a
promuovere politiche di inclusione sociale e tutela dei diritti. Pensiamo in effetti – come già
ribadito anche in altre sedi – che il sindacato sia in grado, attraverso i suoi strumenti, di qua-
lificare la propria autonoma capacità di osservazione e di sviluppare una propria competenza
di interpretazione e di progettazione della realtà sociale: soltanto in questo modo, infatti,
esso accede alla possibilità di incidere anche sulle premesse, sulla impostazione dei diversi
problemi e delle questioni che deve affrontare, evitando cioè di agire solo ‘a valle’, entro un
ambito di scelte e di discussione già fortemente delimitato.
Una analisi autonoma che dunque possa essere alla base della costruzione della piat-
taforma rivendicativa, capace di “contaminare” la lettura della realtà socio economica con
l’analisi, ormai consolidata e meritevole diffusa in alcuni territori, sui bilanci degli Enti locali
che, come abbiamo visto nel corso del lavoro, può risultare inadeguata, se considerata come
unica modalità su cui impostare il confronto con l’amministrazione comunale.
Lo strumento del bilancio, tra l’altro, nella sua impostazione tradizionale fa sempre più
“fatica” a rendere conto di tutte le nuove e diverse “regole creative” con cui viene per
l’appunto costruito (riforme e riorganizzazioni dei servizi che portano a esternalizzazioni di
attività, alla creazione di società di gestione patrimoniale, ecc.). Di fatto, i temi stessi pre-
senti nella nostra classificazione delle aree contrattate esprimono una ampiezza e comples-
sità tematica che va al di là della fase stessa di costruzione del bilancio.
Tutto ciò si riflette inevitabilmente anche sull’agire concreto del sindacato. Da una
parte, dunque, la vastità e eterogeneità delle aree e delle voci da noi classificate richiedereb-
bero una messa in rete ed una maggiore integrazione perlomeno tra coloro che operano in
relazione alle tematiche del welfare e quanti agiscono sul terreno redistributivo e della fisca-
lità locale.
78 Carrieri M., Slittamento ed evoluzioni nella regolazione sociale, in “Quaderni di Rassegna sindacale”, 1,
2006, Ediesse, Roma, p. 81.
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A nostro avviso, questo agire sindacale integrato potrebbe essere favorito da una atti-
vità di monitoraggio delle diverse esperienze sindacali. La costruzione di un Osservatorio
permanente sulla contrattazione territoriale confederale, che noi auspichiamo, dovrebbe però
fin dalle prime fasi di progettazione, essere pensato come uno strumento in grado di inter-
facciarsi con le altre Banche dati e Osservatori già a disposizione del sindacato o in via di re-
alizzazione.
Nello specifico, riguardo ad un Osservatorio permanente sulla contrattazione territoriale
confederale, riteniamo che debba essere compiuta una scelta condivisa che individui in modo
preciso le tematiche da inserire nella classificazione.
Ecco perché riteniamo che lo strumento dell’Osservatorio dovrebbe essere un “patri-
monio” a disposizione di coloro che agiscono nel territorio, così come di chi ha compiti di in-
dirizzo strategico e, al contempo, possa essere usufruibile da parte degli studiosi interessati a
esaminarne gli esiti.
Un Osservatorio in grado, quindi, di creare interconnessioni e tessere legami con le te-
matiche affrontate ad esempio nei “Patti per lo sviluppo”, così come con le questioni proprie
della contrattazione del Pubblico impiego. Uno strumento che valorizzi anche gli argomenti
“più sociali” affrontati nella contrattazione nei luoghi di lavoro (l’immigrazione, le pari op-
portunità, i servizi all’infanzia, la formazione, ecc.) o anche più trasversali, come le questioni
ambientali e le politiche di rafforzamento del tessuto economico e produttivo.
Per essere conseguenti con quanto finora affermato, occorre dunque delineare un per-
corso che si ponga come obiettivo principale quello del “necessario intreccio tra contratta-
zione confederale e contrattazione di categoria che è il presupposto, lo strumento di base per
la tutela del reddito e dei diritti delle persone che rappresentiamo. È una risposta ai processi
di frammentazione delle imprese e del lavoro, alla precarizzazione del lavoro; è una risposta
alla perdita di potere d’acquisto che ne deriva, oltre che problema salariale, dalla questione
casa, sanità, trasporti, scuole. Sono elementi di difesa e affermazione dei diritti, elementi di
civiltà e, insieme, difesa del reddito”79.
Anche in questo modo pensiamo di poter affrontare e trovare risposte al tema del
mandato, accanto a quello della diffusione e comunicazione dei risultati della negoziazione
nei confronti di coloro che il sindacato rappresenta e verso la platea più ampia dei cittadini
potenziali beneficiari delle misure previste negli accordi siglati.
Stiamo parlando, nel caso del mandato, di una questione ancora aperta, contrasse-
gnata da forti limiti: vale la pena ricordare che, su quest’ultimo aspetto, abbiamo riscontrato
79 Nerozzi P., La nuova autonomia del sociale produce democrazia, in Carta, Camere del Lavoro, Qua-
derni, 1, settembre 2004, p. 96.
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nel corso dei focus group sindacali una grande condivisione da parte dei testimoni significa-
tivi intervistati. Così come occorrerebbe impegnarsi maggiormente – e ciò riguarda sia l’atto-
re sindacale che quello istituzionale – nell’azione di divulgazione e trasmissione esterna dei
contenuti degli accordi stessi.
A questo proposito, appare importante il tema del coinvolgimento più ampio possibile
della struttura sindacale, rinnovando in tal modo l’idea stessa di confederalità, in grado di
riunificare – senza appiattirle – le tante specificità e differenze di cui è portatrice. In effetti,
non ci sembra casuale l’aver riscontrato, come emerge nel Rapporto, che quando la contrat-
tazione con l’Ente locale prevede la presenza della delegazione sindacale nella sua pluralità,
si realizza la maggiore ampiezza tematica dei contenuti trattati.
La confederazione dovrebbe quindi essere capace di coinvolgere tutte le forme di rap-
presentanza che la compongono, valorizzandone l’apporto specifico, non di delega, in parti-
colare dello SPI e della Funzione Pubblica, come in alcuni territori si è già sperimentato.
La partecipazione delle categorie dovrebbe infatti riguardare tutte le fasi del processo
negoziale, a partire dalla costruzione della piattaforma, considerando questa iniziativa come
parte costituente della propria azione sindacale.
Ci sembra di poter affermare, dunque, che forse l’aver esaminato questo aspetto del-
l’agire sindacale rimandi in effetti a questioni più generali che necessitano di ulteriori appro-
fondimenti. La ricchezza dei contenuti emersi, le problematiche irrisolte sembrano in effetti
indicare già alcuni altri possibili terreni di ricerca che attengono, ad esempio, all’esigibilità dei
diritti, all’individuazione quindi più precisa della platea beneficiaria, alla scelta di prendere in
esame oltre agli esiti – gli accordi – anche gli atti amministrativi di recepimento degli accordi
stessi (delibere, regolamenti, ecc.), all’evoluzione dei processi di governance istituzionale.
Questo nostro Rapporto si muove in continuità con il lavoro di ricerca da noi condotto
in precedenza sulla vulnerabilità sociale in Emilia Romagna, in una prospettiva multidiscipli-
nare, cercando quindi di “gettare ponti” tra approcci di tipo qualitativo e quantitativo, nella
convinzione che la ricerca sul campo, da una parte, e l’attività di costruzione di Banche dati e
Osservatori, dall’altra, arricchisca – attraverso un costante e necessario monitoraggio – la co-
noscenza e di conseguenza faciliti un esame critico, da parte dell’Organizzazione, nei con-
fronti della propria azione sindacale al fine di rispondere al meglio ai compiti di rappresen-
tanza che le sono propri.
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