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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PADOVA
Percorsi Abilitanti Speciali
Classe di Concorso A036
Relazione finale
LA DIDATTICA DEL DIBATTITO FILOSOFICO
L’esperienza della “Palestra di botta e risposta”
Relatore: Prof. Paolo Vidali
Corsista : Bianchi Luca
Matricola: 1085875
Anno Accademico: 2013/2014
2
INDICE
INTRODUZIONE ……………………………………………………………………… p. 3
CAPITOLO I
ARGOMENTARE E DIBATTERE
Una strada nuova, anzi antica, per la filosofia e non solo …………………………. p.5
1. L’argomentare e la filosofia …………………………………………………… p. 5
2. Ragionare e argomentare ……………………………………………………….. p. 7
3. La necessità di dibattere ………………………………………………………… p.10
4. Forme, funzioni e ragioni del dibattere ………………………………………… p.13
5. Il rapporto tra filosofia, retorica e verità ……………………………………….. p.15
CAPITOLO II
IL PROGETTO DIDATTICO DELLA “PALESTRA DI BOTTA E RISPOSTA”
La formazione alla disputa,
la preparazione del dibattito, il suo svolgimento …………………………………….. p.17
1. Un progetto didattico interdisciplinare ………………………………………….. p.17
2. L’argomentazione a scuola: il confronto
con le indicazioni nazionali del 2010 …………………………………………… p.20
3. Le fasi del progetto e la loro realizzazione …………………………………….. p.20
CAPITOLO III
LA VALUTAZIONE DEL DIBATTITO
La valutazione dell’esito della disputa e del lavoro degli studenti ………………… p.25
1. La valutazione del dibattito ……………………………………………………… p.25
2. La valutazione complessiva degli studenti ……………………………………… p.27
CONCLUSIONE ……………………………………………………………………… p.29
BIBLIOGRAFIA ……………………………………………………………………… p.30
SITOGRAFIA …………………………………………………………………………. P.30
ALLEGATI …………………………………………………………………………… p.31
3
INTRODUZIONE
Il mio vecchio amico gesuita padre Mario Vit, sociologo di chiara fama e ultimo rettore,
prima della chiusura, del collegio universitario “Antonianum” di Padova, mi parlava spesso di
un’esperienza che aveva vissuto da giovane durante la sua esperienza di studente all’interno
dell’ordine religioso fondato da S.Ignazio di Loyola: la “Disputatio philosophica”. Si trattava,
mi raccontava lui, di un vero e proprio cimento in cui l’insegnante di filosofia lanciava un
tema controverso sul quale i novizi della “Compagnia” dovevano imbastire, in latino, un
dibattito che avesse fondamenti logici ed efficacia retorica, difendendo ora l’una ora l’altra
parte. Veniva da lontano questa prassi, dalle università medievali, in cui era consuetudine che
i clerici vagantes si affrontassero in singolar tenzone armati di scienza, ragione e abilità di
parola e i gesuiti (il cui iter educativo dura circa venti anni, ancora oggi) l’hanno contemplata
tra le loro esperienze formative più efficaci fino agli anni ’60. Non pensavo che, a notevole
distanza sia temporale che culturale da quei fatti, il preside del liceo in cui insegno dal 2007
mi proponesse un’esperienza del tutto simile a quella, a parte il latino, certo! È dal 2008,
infatti, che seguo con classi miste, formate da alunni di terza e quarta superiore, l’esperienza
della “Palestra di botta e risposta”. L’iniziativa, concepita e coordinata dal prof. Adelino
Cattani, docente di Teoria dell’argomentazione presso l’Università di Padova e patrocinata
dallo stesso ateneo, consiste di un percorso didattico di formazione all’argomentazione e al
dibattito che sfocia, in seguito, in un vero e proprio torneo di disputa tra squadre di scuole
diverse delle province di Padova, Vicenza e Treviso. Le fasi del progetto sono articolate e
complesse, ricche le implicazioni didattiche motivazionali e metacognitive dei processi
attivati, notevoli le ricadute sui profili in uscita degli studenti che affrontano tale esperienza.
Nella prima fase, una volta costituito un gruppo di circa 15 – 16 studenti, provenienti
da classi diverse, inizia la formazione all’argomentazione e al dibattito attraverso quattro
lezioni frontali di circa tre ore l’una, in cui si affrontano nell’ordine: i presupposti teorici
dell’argomentare e del dibattere; le fasi tecniche della preparazione di una disputa che
comprendono la struttura materiale del dibattito e le sue regole, il reperimento e l’utilizzo
delle fonti, la costruzione di un’argomentazione, la tecnica del dialogo socratico; la
costruzione di un dibattito, le strategie argomentative e retoriche, le tattiche e gli
atteggiamenti da porre in atto durante la gara; l’importanza del linguaggio non verbale e la
necessità di sviluppare una esposizione efficace che coinvolga tutto il corpo nelle sue
potenzialità comunicative: la voce, la postura, il controllo delle emozioni, la prossemica;
infine si procede ad una simulazione interna di dibattito tra i membri della stessa squadra in
4
cui gli studenti e i docenti possono testare l’acquisizione delle nozioni e delle prassi di base
per costruire una disputa. Nella seconda fase del progetto si inizia, come si dice, “a fare sul
serio”, perché dal comitato organizzatore arrivano alle squadre partecipanti i topici da
discutere e le posizioni da assumere (pro o contro). Questo stadio di preparazione al dibattito,
che può durare da un minimo di dieci giorni ad un massimo di un mese, prevede che la
squadra si riunisca periodicamente sotto la guida di uno o più docenti e analizzi il topico, ne
comprenda a pieno struttura e implicazioni, studi approfonditamente teorie e autori che si
sono espressi sull’argomento, individui una serie di ragioni a favore o contro la propria
posizione che si possano tradurre in due argomentazioni scritte da declamare e in possibili
repliche da opporre ai propri avversari. A questo punto si scelgono i sette che scenderanno in
campo e il ruolo che dovranno assumere durante la disputa. La terza fase consiste nel dibattito
vero e proprio, svolto secondo le regole apprese all’inizio, alla presenza di tre giudici i quali
dovranno dare “ragione” ora all’una ora all’altra parte secondo una griglia di valutazione e
criteri prestabiliti che prendono in considerazione la pertinenza degli argomenti, l’uso
appropriato delle strategie logico argomentative, l’efficacia del linguaggio non verbale. Ogni
squadra deve produrre un prologo di due minuti che introduca l’argomento e le posizioni che
si intende sostenere, due argomentazioni di tre minuti in cui si sostiene la propria tesi e a cui
seguono due minuti di “dialogo socratico” volto o a chiarire o a far cadere in contraddizione
chi ha argomentato. Dopo dieci minuti di pausa le squadre hanno a disposizione due minuti
per replicare alle tesi degli avversari e un minuto per contro-replicare. Il dibattito si conclude
con due epiloghi, vere e proprie arringhe finali, in cui ogni squadra cerca di ricapitolare il
dibattito e di evidenziare le proprie ragioni a scapito di quelle altrui. Al termine, senza entrare
nel merito delle questioni, la giuria stabilisce chi meglio ha condotto il dibattito e designa la
squadra vincitrice. Nel corso degli anni ho potuto constatare la ricaduta immediata di tale
progetto didattico interdisciplinare, sugli studenti coinvolti, sui docenti, sui processi educativi
e didattici e infine sulla percezione stessa dello stare a scuola e di viverne a pieno le
potenzialità. Gli studenti acquisiscono, in un clima di sana competizione ludica, nuove
conoscenze, capacità di lavorare insieme cooperando per il bene proprio e della squadra
unitamente a competenze argomentative e dibattimentali che potranno impiegare in molteplici
ambiti, sia scolastici che extrascolastici, mentre i docenti imparano un diverso e più proficuo
modo di relazionarsi con alunni e colleghi, toccando con mano l’efficacia della loro azione
educativa.
5
CAPITOLO I
ARGOMENTARE E DIBATTERE
Una strada nuova, anzi antica, per la filosofia e non solo
1. L’argomentare e la filosofia
Le scienze formali dimostrano, le scienze naturali sperimentano, le scienze umane,
filosofia prima di tutte, argomentano. La dialettica come strumento d’indagine nasce con
Socrate e con i Sofisti, ma è con Platone e Aristotele che assume il carattere di asse portante
per indagare i principi ultimi della scienza, di tutto ciò che riteniamo essere alla base e il
presupposto di quello che viviamo e pensiamo, ciò che sta alle fondamenta di ogni azione e
comprensione di essa, ciò che costituisce il punto d’appoggio di ogni conoscenza e di
riflessione epistemologica. Il ragionamento argomentativo non si muove nel campo delle
certezze, proprio delle scienze formali come la matematica, ma in quello delle probabilità
concesse dai limiti della razionalità umana e dalla delimitazione del raggio d’azione stabilito
dai protagonisti del processo dialettico1, non lo si può condurre all’interno del sapere
scientifico, poiché esso muove per via dimostrativa dando per acquisiti proprio quei principi
che la dialettica mette alla prova. Né lo si può condurre partendo da principi di ordine
superiore, perché anch’essi andrebbero discussi prima di essere accolti. Così la dialettica si
presenta come una strategia superiore alla scienza, anche se non indipendente da essa2.
Inoltre, la dialettica, secondo Aristotele, è la forma di ragionamento più adatta in contesti
opinabili, la si esercita ricorrendo agli endoxa, accettando esiti provvisori, facendo leva sulla
persuasione razionale. La dialettica si colloca, in tal modo, se non sotto, a lato della scienza.
Ad ogni modo, nel discutere i principi delle scienze o le scelte quotidiane di cui non c’è
scienza, si utilizza il medesimo metodo, quello della discussione dialettica, fatto di premesse
implicite e no, di schemi inferenziali codificati o meno, di conclusioni comunque discutibili, di
errori e di correzioni. La dialettica è logos in esercizio concreto3.
Fino a tutto il medioevo, e anche oltre, il filosofo, e lo studioso in genere, doveva avere
una conoscenza non solo linguistica ma anche retorica e argomentativa, una capacità di
analisi dei problemi e una tecnica di svolgimento della disputa filosofica in cui la strategia
1 Cfr. Platone, Repubblica, VII 531c - 534
2 A. Cattani (a cura di), La svolta argomentativa. 50 anni dopo Perelman e Toulmin, Loffredo Editore, Casoria
(NA), 2009, p. 9.
3 Ibidem
6
argomentativa diventa una competenza decisiva4. Ma il pensiero moderno, accentuato dalla
svolta cartesiana della filosofia, ha preferito sostituire la dialettica e l’argomentazione con la
dimostrazione, nell’illusione che la conoscenza si realizzi solo nel campo della certezza, della
necessità e delle conclusioni incontrovertibili. A metà ottocento sarà l’idealismo a recuperare
la dialettica scorgendo in essa la forma stessa del pensiero e del suo sviluppo, correndo però il
rischio di includerla in un sistema rigido che alla lunga la rende inefficace in campo
gnoseologico e logico.
È a partire dal 1958, con le opere di Perelmann e Toulmin, che la dialettica riacquista
vigore e valenza scientifica5, in quegli anni e col favore di diverse congiunture storiche e
culturali prende forma una nuova concezione di dialettica, non più legata a specifici sistemi
filosofici, antichi o moderni, e non più relegata ad ambiti specifici, come la retorica o la
giurisprudenza: sta formandosi una concezione generale di dialettica intesa come gestione
razionale dell’incertezza6. Senza entrare nei dettagli e nell’articolazione delle opere di questi
due autori si può affermare che essi riconoscono la validità di una logica che sia meno
analitica e dimostrativa e più argomentativa, legata al contesto in cui si sviluppa, essi tolgono
dall’inconsistenza l’ambito della non evidenza, del probabile, del verosimile, e ne fanno il
campo di applicazione di una dialettica non più figlia di un dio minore7. La dialettica
argomentativa, così concepita, ha bisogno della retorica anche se non si dissolve in essa,
poiché logos e pathos vengono ricongiunti senza minare né svilire la forza del ragionamento,
il pensiero è logos ma è anche parola, parola che trova la sua genesi nella razionalità e
necessita di essere pronunciata, il pensiero e il discorso sono la stessa cosa, con la sola
differenza che quel discorso che avviene all’interno dell’anima, fatto dall’anima con se
stessa, senza voce, proprio questo fu denominato da noi “pensiero”8.
La rinnovata attenzione per la dialettica ci ha regalato una consapevolezza: dobbiamo
cercare la verità sapendo di non possederla. Argomentare è il solo modo per inoltrarsi in
questo regno del più e meno, è il solo modo per cercare una piattaforma comune, una
4 Ivi, p. 10
5 Le opere in questione sono: Perelman C. Olbrechts-Tyteca L. (1958) Traité de l'argumentation. La nouvelle
rhétorique, Paris, PUF, 1958, tr. it. Trattato dell’argomentazione. La nuova retorica, Torino, Einaudi, 1966 e
Toulmin S.E. (1958) The Uses of Argument, London, Cambridge University Press, 1958, tr. it. Gli usi
dell’argomentazione, Torino, Rosenberg & Sellier, 1975 .
6 A.Cattani (a cura di), La svolta argomentativa, 50 anni dopo Perelmann e Toulmin, cit., p. 11.
7 Ivi, p. 15.
8 Platone, Sofista, 263e
7
qualche verità, una ragionevole condivisione. Argomentare equivale ad educarci a questa
ricerca, mai definitiva, mai perentoria, sempre pregiudicata. Ma è il modo più civile con cui,
senza violenza, possiamo razionalmente convivere9.
2. Ragionare e argomentare
È Aristotele, per primo, nella sua “Logica” a descrivere in maniera sistematica gli
elementi base e le strutture del ragionamento: si parte dalla logica del concetto, generale o
specifico, si passa per la logica delle proposizioni, affermative, negative, universali o
particolari, assertive, probabili, necessarie e si arriva alla logica del ragionamento in cui le
proposizioni vengono assemblate a formare un syn-logos, un sillogismo, insieme di
proposizioni aventi un senso logico. Il sillogismo aristotelico è formato sempre da un minimo
di tre proposizioni, due premesse, una conclusione due estremi che devono essere congiunti
da un termine medio. Aristotele è cosciente da subito che un ragionamento possa risultare
valido ma falso poiché, per lo Stagirita, la verità dipende dalle premesse e non dalle
connessioni logiche, solo da un punto di vista formale il sillogismo aristotelico è
caratterizzato dalla necessità e dalla universalità delle conclusioni10
.
Facendo tesoro delle acquisizioni aristoteliche, in chiave più moderna, per definire il
ragionamento occorre partire prima di tutto dalla natura e dalla struttura del linguaggio. Esso è
costituito da segni che a loro volta si possono distinguere in significanti (grafici, sonori,
visivi), significati (la nozione mentale) e denotati (la cosa in sé); i segni linguistici sono dotati
di sintassi (regole di costruzione della lingua), semantica (ciò che è rappresentato) e
pragmatica (il fatto prodotto dal linguaggio). Questa terza funzione non interessa il
ragionamento poiché essa non aspira a descrivere la realtà quanto piuttosto a modificarla, è
quello che si definisce il valore performativo della parola, sono altre le implicazioni
filosofiche in questo caso, più attinenti alla retorica che all’argomentazione.
Il linguaggio è composto da termini categorematici, dotati di senso compiuto, e da termini
sincategorematici, privi di senso proprio, ma che, secondo le regole sintattiche, creano legami
tra i termini stessi.
I termini, debitamente collegati, vanno a formare gli enunciati: dichiarativi, che affermano
o negano, ipotetici, che introducono una possibilità. Gli enunciati posseggono la qualità di
essere veri o falsi nel momento in cui affermano o negano qualcosa. Similmente alla
9 A.Cattani (a cura di), La svolta argomentativa, 50 anni dopo Perelmann e Toulmin, cit., p. 17.
10 Cfr. Aristotele, Analitici primi e Analitici secondi
8
suddivisione aristotelica delle proposizioni gli enunciati possono essere affermativi, negativi,
singolari, universali, particolari.
Una successione di enunciati collegati tra loro vanno a costruire un ragionamento o
processo inferenziale. Come nel sillogismo aristotelico in un ragionamento vi sono enunciati
che svolgono la funzione di premesse, di conclusione o di collegamento. Quindi con
ragionamento o processo inferenziale intenderemo quella serie di passi che permette di
passare da date premesse a una certa conclusione attraverso certi enunciati intermedi; da
questo punto di vista, possiamo anche dire che il ragionamento è volto a giustificare una
certa tesi, espressa nella conclusione, a partire da certe premesse grazie a una serie di
inferenze11
. Anche in questo caso occorre distinguere validità e verità del ragionamento,
infatti si possono avere premesse vere e inferenze valide, premesse false e inferenze valide,
premesse vere e inferenze non valide, premesse false e inferenze non valide. Solo il primo
caso è un ragionamento giusto, in tutto gli altri si parla di ragionamento sbagliato.
I ragionamenti sono di tre tipi: dimostrativi, argomentativi e fallaci, queste tre tipologie
vengono determinate dal tipo di inferenze che vengono poste in essere nel collegare tra loro
gli enunciati. In un ragionamento dimostrativo in cui si parte da premesse vere, o supposte
tali, si ha un’inferenza deduttiva e necessaria, logicamente inoppugnabile. Quando il
ragionamento invece si regge su di una premessa, non falsa, ma che non è ritenuta
universalmente vera allora ci troviamo di fronte ad una argomentazione, in questo caso
avremo un’inferenza necessaria ma una premessa non condivisa. Si parla di argomentazione
anche quando la premessa è vera ma l’inferenza non è necessaria, ovvero quando le
connessioni che vengono stabilite tra enunciati risultano opinabili e non universalmente
accettabili. Infine ci troviamo di fronte ad una fallacia quando in presenza di premesse vere le
inferenze non sono valide. Concludendo possiamo dire che esistono almeno tre tipi di
ragionamento, i primi due giusti e l’altro errato:
· ragionamento dimostrativo (o dimostrazione), in cui le premesse sono assunte
come vere, e quindi non discutibili, le inferenze sono deduttive e fissato da regole
rigide codificate dalla logica e la conclusione segue in modo necessario e non
discutibile;
11 P.Vidali, Il ragionamento, www.argomentare.it, ultima consultazione 30/05/14
9
· ragionamento argomentativo (o argomentazione), in cui sia le premesse, sia le
inferenze sono suscettibili di critica e quindi la conclusione cui si giunge non è
necessaria;
· ragionamento fallacie (o fallacia), in cui una o più inferenze sono invalide e
perciò va rigettato anche se le premesse sono vere.12
La dimostrazione si muove in un ambiente chiuso e deterministico, infatti essa è propria
delle scienze, soprattutto le scienze formali come la matematica e la logica pura, è l’esempio
classico che due più due fa sempre quattro o che A è uguale ad A. L’argomentazione, invece,
si svolge in un ambiente aperto, in cui le premesse sono sottoposte al vaglio
dell’interpretazione e i processi inferenziali non sono universalmente accettabili. Se la
conclusione di una dimostrazione è inequivocabilmente indiscutibile, quella di una
argomentazione è sempre opinabile. Se la dimostrazione è il ragionamento tipico dell’ambito
scientifico, l’argomentazione è il ragionamento tipico dell’ambito filosofico, ma anche
dell’ambito quotidiano. Il ricorso all’argomentazione è infatti enormemente più diffuso di
quello della dimostrazione, perché per lo più ci troviamo in situazioni in cui la nostra
razionalità si esercita su premesse discutibili, su passaggi controversi, su problemi complessi.
La filosofia, la vita di tutti i giorni, ma spesso anche le scienze, ricorrono ai ragionamenti
argomentativi per giustificare le proprie tesi13
. Il prof. Cattani sintetizza le differenze tra
ragionamento argomentativo e ragionamento dimostrativo attraverso la seguente tabella14
:
Dimostrazione Argomentazione
Impersonale Personale
Indipendente dal tempo e dallo spazio Situata nel tempo e nello spazio, vincolata al
qui ed ora
Valida sempre e per tutti Valida nella situazione in cui è proposta
Incontrovertibile Sempre rivedibile
Superfluità di un'ulteriore dimostrazione Opportunità dell'accumulo
Fondata su assiomi Fondata su opinioni presupposizioni,
precedenti
Vale il principio del terzo escluso Non vale il principio del terzo escluso, del
tutto o niente
Carattere di verità logica, valida sempre e
ovunque
Carattere valutativo, tipico della
giustificazione della ragionevolezza di una
scelta
12 Ibidem
13 Ibidem
14 A.Cattani, Forme dell’argomentare, Edizioni GB, Padova, 1994, pp. 31-32.
10
Evidenza e necessità Verosimiglianza, plausibilità, probabilità
Brevità e semplicità Ampiezza e ornamento
Usa un linguaggio che può essere anche
artificiale, simbolico
Usa un linguaggio naturale
Indifferente rispetto al destinatario Postula un uditorio determinato
Non negoziabilità Negoziabilità delle conclusioni
Implica la possibilità di un calcolo, anche
meccanico
Implica comunicazione, dialogo, discussione,
controversia
Esclude la possibilità di accrescimento
dell'adesione
Ammette gradi di adesione diversa
Definitiva e ultimativa Comporta decisioni modificabili, in caso di
intervento di nuovi fattori o mutamenti nelle
valutazioni
Giudicata in base a criteri di validità e
correttezza
Giudicata in base a criteri di rilevanza, di
forza o debolezza
Teoricamente autosufficiente Mira all'adesione; volta all'azione, immediata
o eventuale
Argomentare significa ragionare in un contesto di incertezza, di verosimiglianza e probabilità,
avendo sempre la prospettiva di rivolgersi ad un pubblico che deve essere convinto e
persuaso, questo ci aiuta a comprendere un aspetto specifico del nostro ragionare. Conoscere
implica credere e argomentare, e argomentare implica anche proteggere criticamente certe
premesse per discuterne altre. Si evidenzia così il valore delle premesse assunte e, tra queste,
dei luoghi comuni accettati. Essi solitamente vengono oscurati, e ciò a riprova del valore che
assumono, nel nostro ragionare argomentativo, le premesse da cui partiamo15
.
3. La necessità di dibattere
Se, come è già stato detto in precedenza, l’argomentare è il modo stesso in cui agisce e
procede la filosofia, in quanto la filosofia si presenta come discussione razionale sui
fondamentali, indagine razionale, e solo razionale, sui fondamentali del nostro pensare, del
nostro agire, del nostro essere, ci domandiamo perché non fermarsi qui e accontentarsi del
livello raggiunto. Se poi Platone e Aristotele hanno liberato l’argomentazione dal pericolo
della deriva solipsistica identificando tale pratica logico razionale di dipanare il senso dei
fondamentali con il termine “dialettica”, ovvero confronto, scambio, mediazione,
negoziazione concettuale tra più parti, o più prospettive, in causa, per quale ragione introdurre
l’elemento della retorica, arte del dire o arte del rapporto interpersonale, teoria del discorso
persuasivo, intellettuale ed emotivo16
, del dibattito coram populo, del giudizio e
15 P.Vidali, Argomentare, www.argomentare.it, ultima consultazione 30/05/14.
16 A.Cattani, Forme dell’argomentare, cit., pp. 67-68.
11
dell’attribuzione di una ragione, anche se mai definitiva? L’ambiente normale per un buon
ragionatore è stato il pensatoio, silente e protetto, e non l’arena, luogo di scontri dall’esito
incerto. Ovviamente si è affidato il ragionamento alla tutela della coerenza e si è evitato il
più possibile di lasciarlo in balia dello spirito di contraddizione17
. Platone, l’idealista, irride il
pragmatista Protagora poi però non riesce a fare a meno del contraddittorio e del confronto,
cosciente del fatto che un dialogo tra parti avverse, anche fittizio, possa essere più vicino alla
forma del pensiero umano di un monologo votato inevitabilmente all’unanimità.
La logica, fuori dall’ambito scientifico e formale, non è sufficiente a risolvere un conflitto
di opinioni tipico di tutte le altre forme di scienza: per essere valida la logica, sempre,
ovunque e per tutti, non deve tener conto delle particolarità dell’interlocutore o del giudice
del dibattito. Chi parla e discute da logico lo fa come se fosse un astratto portavoce del
genere umano, chi dibatte invece rappresenta se stesso o il proprio gruppo. Nella stragrande
maggioranza delle nostre decisioni, la logica entra in gioco solo a partire da, e dopo
un’opzione iniziale che ha un fondamento non logico, che non si può dimostrare, ma in cui si
può solo credere per la sua autoevidenza e in cui crede solo chi lo ritiene autoevidente18
.
Protagora sosteneva che su ogni questione vi sono almeno due punti di vista19
, le sue
Antilogie sono famose proprio per questo, come contrapposizioni di argomenti di forza uguale
e contraria in cui nulla si sottrae alla controversia. Quando si entra nel campo del dibattere
non è più sufficiente prendere in considerazione la validità logica dell’argomentare occorre
anche confrontarsi con l’efficacia del persuadere. Un buon discorso può significare sia valido
(nozione logica) sia persuasivo (nozione più psicologica). Sono quattro le combinazioni
possibili che intrecciano validità e persuasività:
Valido e persuasivo
Valido e non persuasivo
Non valido e persuasivo
Non valido e non persuasivo
Per quello che riguarda l’ultima delle combinazioni siamo tutti convinti che sia facilmente
identificabile e sanzionabile, preoccupa la terza possibilità perché sappiamo come essa possa
generare un ragionamento ingannevole, detto sofisma se volontario o fallacia, più o meno
volontaria. Può succedere che la persuasività diventi una sorta di ratifica della validità, così
17 A. Cattani, Botta e risposta. L’arte della replica, Il Mulino, Bologna 2001, p.8.
18 Ivi, p. 11.
19 E.Schiappa, Protagoras and Logos, University of South Carolina Press, Columbia, 1991, pp. 89-102.
12
come l’efficacia concreta di un provvedimento discutibile può renderlo a posteriori un po’
meno discutibile, se non legittimo. Secondo Protagora la presenza di opposti giudizi intorno
ad un fatto non costituisce la contrapposizione tra una ragione ed un torto ma il confronto tra
due ragioni più o meno forti e fondate mentre divergenze e contraddizioni di chi sostiene una
tesi piuttosto che un’altra non sono uno scontro patologico o accidentale ma la possibilità
reale di imbastire un confronto dialettico tra ragionanti. Il problema allora diventa quello di
stabilire o capire non chi ha ragione, ma chi ha più ragione o più ragioni20
.
Poiché la filosofia non dimostra né deduce, non si occupa dei “fatti” ma della loro
interpretazione, la coesistenza di due mentalità opposte garantisce che nessuna oltrepassi i
limiti del ragionevole. Affinché si possa dibattere una questione occorre che si verifichino due
condizioni di base:
che esistano dei dubbi circa un’affermazione
che vi sia una ragionevole possibilità di rispondere a questi dubbi
Ma da cosa nascono questi dubbi e perché è necessario discuterne? Anche in questo caso la
risposta è duplice:
a volte la pluralità delle interpretazioni è determinata da un puro e semplice errore,
dai nostri limiti. Una volta individuato l’errore la questione può dirsi risolta
oppure si hanno interpretazioni diverse perché uno stesso evento può essere visto da
punti di vista diversi.
In questo secondo caso gli argomenti possono essere complementari o irriducibili e
comunque le opinioni che li sostengono possono risultare sostenibili e reali, corrette e lecite,
benché nessuna sia imparziale ed esaustiva21
.
Dibattere argomentando fa da contrappeso a due presunzioni:
che l’idea migliore si imponga per forza e merito propri e che quindi la verità sia di
tipo epifanico, con tutte le conseguenze autoritarie del caso. Anche se in questo caso
forse ci troviamo più dalle parti della teologia che della filosofia.
che le teorie presenti nelle grandi Summae di autori celeberrimi debbano essere delle
elucubrazioni di pensatori solitari chiusi nelle famigerate Torri d’Avorio tanto sognate
da adolescente.
20
A.Cattani, Botta e risposta. L’arte della replica, cit., p.17.
21 Ivi, p. 21.
13
Affinché la logica possa essere più dialogica, in linea con la visione socratico-platonica,
bisogna introdurre almeno un secondo personaggio accanto al pensatore singolo, che svolga
il ruolo di antagonista, di interlocutore o oppositore e suscitare l’eccitazione della battaglia,
il gusto del confronto o il piacere del duetto22
.
4. Forme, funzioni e ragioni del dibattere
Nei tempi antichi, quando dibattere era detto disputatio, si potevano distinguere tre tipi di
disputa filosofica:
quella sportivo-teatrale di tipo litigioso, dalla forte connotazioni competitive e
polemiche. Essa mirava esplicitamente alla vittoria e all’abbattimento (metaforico)
dell’avversario
quella didattica (detta anche doctrinalis) che coinvolgeva studenti e docenti e aveva un
triplice scopo:
insegnare ad analizzare e suddividere, addestrare all’esposizione delle proprie
tesi
abituare a porre domande e a far fronte alle obiezioni, affinare l’ingegno e
coltivare la prontezza della replica
dare fondamento argomentativo a cose già note, metodo per scoprire la verità
quella dimostrativa-esplorativa (detta disputatio tentativa et dialectica) che costituiva
un processo che mirava all’armonia a partire dal conflitto.
Quando si parla di verità in rapporto alla disputatio medievale si intende una verità con la
v minuscola, dibattuta e disputabile, e certamente non di verità magisteriali stabilite e
incontrovertibili. Il principale merito della disputa medievale era quella di produrre un
dibattito regolamentato, in cui si procedeva secondo schemi rigorosi, attenendosi al tema
senza divagare, controllando con attenzione ogni tesi e contro tesi.
Era parte integrante, e lo è ancora, della disputa lo spirito di cooperazione e competizione,
discutere vuol dire impegnarsi nella difesa di una tesi, senza tuttavia la volontà di imporla a
tutti i costi e cercando di ottenere il consenso della controparte senza ridurla al silenzio, ma
lasciandole la parola23
. Cooperazione e competizione rappresentano i due estremi
dell’atteggiamento dibattimentale: si va da una cooperazione in cui si punta ad una soluzione
del conflitto in senso negoziale e compromissorio e si arriva ad una competitività che
22 Ivi, p. 23.
23 Ivi, p. 49.
14
comunque lascia esistere l’opinione divergente. Nella disputa costituisce atteggiamento
vincente quello della tolleranza, non solo per ragioni etico-sociali ma anche epistemiche: il
riconoscere che i nostri giudizi sono fallibili e rivedibili lascia aperto uno spiraglio di dubbio24
che ci induce a rispettare gli argomenti degli avversari contro dogmatismi e fanatismi.
Dibattere è uno dei modi di argomentare. Concepire il dibattito come un processo di
argomentazione significa puntare l’attenzione sulle ragioni che proponente e oppositore
adducono a sostegno delle loro affermazioni. Questo tipo di approccio è di natura
eminentemente retorica, quando cioè è il frutto di una sequenza di tesi e contro tesi, di
obiezioni e di repliche, disposte lungo un andirivieni controversiale.
Da Aristotele in poi molti hanno provato a codificare le forme di dibattito, senza entrare in
ogni distinzione possiamo identificarne cinque che differiscono tra loro per livello di
scontrosità, scopo da raggiungere, mezzi impiegati, rapporti tra interlocutori, decidibilità in
merito alla questione sul tappeto. Queste cinque forme sono:
Forma esempio situazione
iniziale
scopo rapporto tra
interlocutori
esito possibile
POLEMICA dibattito eristico
scontro politico
dialogo tra
sordi
conflitto antagonistico
eliminare l’avversario
ostilità, sfiducia disconoscimento
tra nemici
prevalenza di un contendente
più che della
tesi
TRATTATIVA Negoziato,
trattativa
sindacale,
contraddittorio
Conflitto di
interessi
Trarre il
massimo
tornaconto
possibile
Riconoscimento
reciproco, credito
limitato
Parziale recesso
dalle posizioni
di partenza,
possibilità di
appagamento
per tutti i
contendenti
CONFRONTO Dibattimento,
discussione
critica, dialogo di persuasione
Conflitto di
opinioni su
questione controversa
Persuadere la
controparte
Antagonismo
misto a
cooperazione Legittimazione
della controparte
Comprensione
delle posizioni
lasciando ad altri il giudizio
INDAGINE Ricerca
scientifica
Scambio
operativo
Problematicità
condivisa
Accordo sulle
procedure
Provare a
smentire una
tesi, definire
le reciproche
posizioni
Cordialità
cooperazione
Risoluzione
concordata
COLLOQUIO Richiesta di
informazioni
Dialogo
educativo
Intesa
Asimmetria di
conoscenze
Valorizzare
una tesi e
fare proseliti
Fiducia fino alla
connivenza
Consolidamento
di una tesi
24 Ivi, p. 56.
15
Nella realtà i dibattiti difficilmente si ritrovano così come sono stati schematizzati anche se la
tassonomia della tabella rappresenta approssimativamente i diversi tipi di scambi
argomentativi che di fatto sono una commistione dei diversi tipi di scambi dibattimentali.
5. Il rapporto tra filosofia, retorica e verità
Nell’accezione comune, affermare che un discorso è retorico significa che è caratterizzato
da ampollosità di stile, barocchismi linguistici, una certa vuotezza di contenuti, dubbia
attendibilità e dubbia finalità, insomma un discorso da campagna elettorale che avrà validità
fino al giorno delle elezioni. J.Locke e I.Kant hanno sparato a zero contro l’arte oratoria in
quanto per i due empiristi persuadere coincide con l’ingannare e approfittarsi della debolezza
umana, come certi venditori di pentole televisivi. Non tutti i filosofi, a dire il vero, hanno
rifiutato la retorica come atto costitutivo del pensare umano, basti pensare a Nietzsche,
Kierkegaard, Heidegger o Wittgenstein, ma è soprattutto il pensiero più classico ad accusare
la retorica di essere:
Un ragionare vizioso perché infondata o fondata su basi irrazionali o a-razionali
Una procedura fallace perché superficiale, aforistica, entimematica
Un arte ingannevole perché indifferente alla distinzione vero/falso, o, peggio, capace
di spacciare il falso per vero
Pericolosa per la sua parzialità, demagogia e potere seduttivo
Ma da quando la filosofia ha preso a occuparsi a fondo del linguaggio, il come dire (la
forma) non è più in insanabile conflitto con il cosa dire (il contenuto) e da questo momento
sono visibili anche pregi e valori dell’arte retorica:
Da un punto di vista cognitivo la retorica può fornire schemi euristicamente validi a
cogliere i molteplici aspetti del reale
Da un punto di vista metodologico essa è associata all’apertura critica
Da un punto di vista etico è associata prudentemente all’antiautoritarismo
Da un punto di vista sociale è indice e promotrice di apertura mentale, di
antidogmatismo, democrazia e tolleranza25
Il dibattito si presenta come l’alternativa tra il monologo e il dialogo, la terza via tra un
duetto e uno scontro, una partita di ragioni in cui la palla rimbalza di qua e di là dal campo,
lontana sia dall’indifferenza che dallo scontro.
25 A.Cattani, Filosofi e Retori, in A.Cattani (a cura di), Argomentare le proprie ragioni. Organizzare, condurre,
valutare un dibattito, Loffredo Editore, Casoria (NA), 2011, pp. 19-22.
16
Nella dimensione filosofica rientrano le regole e i doveri dialettici (logici ed etici) del
disputante, facilmente descrivibili come ciò che si dovrebbe fare, nella dimensione retorica
rientrano le mosse e i diritti oratori (comportamentali e sociali), individuabili come ciò che si
fa. Da questa riflessione si può codificare una specie di decalogo, codice di condotta, per
condurre rettamente un dibattito:
1. Non ritenersi infallibili
2. Cercare punti di partenza in comune
3. Attenersi a ciò che si ritiene essere vero
4. Portare le prove che vengono richieste dall’interlocutore
5. Non sfuggire alle obiezioni
6. Non scaricare l’onere della prova
7. Essere pertinenti
8. Essere chiari
9. Non deformare la posizione della controparte
10. In caso di dubbio sospendere il giudizio26
Attraverso l’osservanza di queste regole è possibile combinare sapienza ed eloquenza, e il
termine greco logos può tornare ad indicare sia la ragione che la parola che è servita a
palesare quella ragione. In retorica si assumono le conclusioni che si presume siano sostenute
e legittimate da certe premesse, mentre in filosofia si assumono le premesse che si presume
sostengano e legittimino una certa conclusione. Nell’uno e nell’altro caso si parte da
assunzioni che bisogna giustificare non da dati. E la giustificazione si costruisce nel dibattito
o meglio in quella che un tempo si chiamava la disputatio27
.
26 Ivi, p. 23.
27 Ivi, p.27.
17
CAPITOLO II
IL PROGETTO DIDATTICO DELLA “PALESTRA DI BOTTA E RISPOSTA”
La formazione alla disputa, la preparazione del dibattito, il suo svolgimento
1. Un progetto didattico interdisciplinare
Date le premesse teoriche sopra esposte ho scelto di trasformarle in un progetto didattico
interdisciplinare che coinvolge le discipline di filosofia, lettere e scienze umane, con
particolare attenzione verso la psicologia. Nel progetto, di cui sono responsabile nel mio
Liceo, già realizzato tra il 2008 e il 2013, sospeso nel 2014 per la presenza concomitante dei
P.A.S., sono coinvolti i docenti delle materie su indicate come principali referenti e quelli
delle materie che, di volta in volta, sono più vicine ai topici assegnati alla discussione. Nella
logica della “Palestra”, infatti, non sempre gli argomenti posti al centro del dibattito sono
riconducibili esplicitamente all’area filosofica. È capitato di disputare in merito alla
razionalità o meno dell’essere o se esista un ordine metafisico dell’universo ma anche su
tematiche quali la vivisezione, le vaccinazioni dei bambini o la necessità che la scuola prepari
al mondo del lavoro.
I tempi. Il progetto viene realizzato durante tutto l’anno scolastico a partire da novembre
e prevede l’utilizzo di spazi temporali extra orario scolastico, seste e settime ore e permanenze
pomeridiane.
Il ruolo dei docenti referenti nelle varie fasi dell’esperienza muta: si va dalla
informazione e motivazione in occasione della formazione, si passa ad una vero e proprio
cooperative learning nella fase di preparazione della disputa e si arriva ad un coaching al
momento della realizzazione di quest’ultima. Le materie guida, sono filosofia, scienze umane
e lettere poiché queste discipline costituiscono, in maniera trasversale, la costante di ogni
dibattito: per ogni topico è necessario costruire delle argomentazioni, valide, efficaci,
sostenibili e quindi con premesse vere e verificabili. Ogni dibattito intercetta la scrittura in
tutte le sue forme e sfumature e, infine, in ogni disputa le dimensioni motivazionale,
comunicativa ed emotiva risultano esiziali per la corretta conduzione pratica del confronto
verbale e per questo vanno continuamente monitorate e sostenute.
Il gruppo di studenti coinvolti è formato da circa 15 – 16 componenti, provenienti dalle
classi terze e quarte. La ragione di questa scelta risiede nel fatto che gli studenti di terza, al
primo approccio con la filosofia ma anche con tipologie (o generi) di scritto di lettere quali il
saggio breve, sono chiamati a prendere dimestichezza con l’euristica, l’argomentazione e la
relativa scrittura e, infine, col dibattito che, di norma, è affidato agli studenti di quarta, più
18
esperti e abili nel condurre il dibattimento. Ciò non esclude che anche i ragazzi di terza
possano essere gettati nell’agone in caso di manifesta attitudine al dibattito o per sostituire
compagni di quarta impossibilitati per qualche ragione a partecipare all’incontro.
Prerequisiti: i prerequisiti richiesti sono la capacità di ascoltare, di collaborare, di leggere
un testo, comprendere i significati espliciti e impliciti di un testo ascoltato e/o letto, ricavare il
significato dei termini dal contesto, saper individuare le parole chiave di una trattazione.
Conoscenze. Per quello che riguarda la preparazione a monte della disputa: conoscere la
forme e strutture dell’argomentare, conoscere le più importanti e utilizzate figure retoriche,
conoscere le principali fallacie, conoscere le caratteristiche più importanti del linguaggio non
verbale, fonetico, corporeo, prossemica, conoscere le forme e le regole del dibattere in ambito
scolastico. Per quello che riguarda le conoscenze durante la costruzione del dibattito: vengono
costruite in maniera cooperativa, di volta in volta, a seconda del tema proposto.
Abilità: saper cercare e individuare le fonti migliori al fine di costruire le argomentazioni,
saper analizzare e scomporre nelle sue parti una problematica, essere in grado di
schematizzarla, saperne individuare i punti di forza e di debolezza, saper scrivere
un’argomentazione, saper difendere le proprie ragioni attraverso l’argomentazione orale
tenendo conto di tutte le dimensioni coinvolte (saper pensare, saper dire, saper sentire, saper
coinvolgere), mantenere la concentrazione e sopportare lo stress del confronto con altri.
Competenze: ideare, sostenere e condurre una strategia retorico-argomentativa in merito
ad un problema, lavorare in squadra costruendo insieme la struttura del dibattito,
padroneggiare il linguaggio verbale e non verbale, nella sua ricchezza e nei suoi utilizzi, saper
utilizzare i processi logici che congiungono parole e concetti, affrontare e sostenere una
controversia rispondendo a domande, obiezioni e repliche, saper riconoscere e gestire le
proprie emozioni durante un confronto con compagni ed estranei, sapersi misurare con
persone terze che misurano e valutano il nostro operato, difendere le proprie ragioni e
rispettare le ragioni altrui, ascoltare, comprendere e rispettare coloro che non la pensano come
noi, vivere e operare in un contesto democratico rispettando le leggi e adoperandosi per
migliorarle, orientarsi nella complessità della cultura umana, dell’essere e dell’esistere.
Competenze trasversali. Direttamente dal sito ufficiale della Palestra riporto quelle
competenze trasversali che intercettano tutte le discipline oggetto di insegnamento nei licei
italiani. Dibattere richiede e promuove competenze, ossia insiemi di conoscenze, abilità e
atteggiamenti necessari per un particolare compito, varie e complesse, come quella
argomentativa, quella comunicativa e quella indagativa. Tali competenze sono fondamentali
19
anche per le singole discipline scolastiche affrontate dagli studenti cui il progetto Palestra di
Botta e Risposta è diretto. Pertanto, la partecipazione ai dibattiti può essere considerata a
tutti gli effetti un’attività integrativa ai curriculum scolastici.
Storia della filosofia e lettere: la storia della filosofia è un susseguirsi di sistemi di pensiero
in concorrenza o in conflitto tra loro. La stessa forma controversiale del dibattito permetterà
di comprendere e confrontare tra loro i vari sistemi di pensiero, intesi come soluzioni a
domande che l’uomo si è posto e che continua a porsi, nonché a problematizzare tali risposte.
Inoltre, la struttura del dibattito, ricalcando i passi che gli antichi retori ritenevano necessari
per un discorso completo e articolato, permetterà di comprendere al meglio la struttura e la
funzione del discorso argomentativo oltre ad offrire molteplici opportunità di produzione
testuale ed esposizione orale. Infine, la componente esornativa richiesta ai testi presentati in
sede di dibattito, non potrà mancare di rimandare agli autori classici, al loro stile e alle loro
sentenze, recuperando idee e formule espressive classiche.
Scienze e discipline scientifiche: promuove processi come il dedurre e il congetturare,
fondamentali nelle scienze e nelle discipline scientifiche. Infatti, imparare ad argomentare
favorisce il passaggio da nozioni intuitive a forme di pensiero astratto e deduttivo. Inoltre
l’elaborazione di ipotesi e il loro esame, processi fondamentali nella preparazione ai
dibattiti, permettono d’esercitare il processo d’ipotesi e prova proprio dei contesti
problematici e scientifici. Di non minor importanza è l’approccio correttivo ai ragionamenti
che pone l’accento sugli aspetti sia formali sia contenutistici dell’argomentazione favorendo
la promozione del pensiero critico. Infine, la necessità di analizzare, soppesare e produrre
prove a favore degli argomenti e delle affermazioni avanzate non mancherà di volgere gli
studenti alla probabilità e alla statistica.
Lingue straniere: l’intensa attività di ricerca che il dibattito richiede e il carattere universale
delle questioni trattate condurrà gli studenti, per competere al meglio, a confrontarsi con
testi di lingue diverse da quella italiana. A questo fine durante la formazione saranno
indicate anche fonti straniere che gli studenti potranno interpellare per reperire le
informazioni a loro necessarie.
Storia, storia dell’arte, diritto, religione, etc.: la varietà delle questioni trattate durante i
dibattiti, e l’approccio multidisciplinare richiesto per sviluppare al meglio le posizioni
sostenute e per comprendere le posizioni antagoniste, condurrà all’acquisizione e all’impiego
di conoscenze provenienti da molteplici ambiti. Inoltre, la necessaria problematizzazione
della posizione sostenuta e l’esigenza di avanzare esempi e prove a sostegno dei propri
20
ragionamenti, non potrà che condurre a un arricchimento del percorso didattico nelle
rispettive aree tematiche.
2. L’argomentazione a scuola: il confronto con le indicazioni nazionali del 2010
Nel D.P.R. del 15 marzo 2010 che riguarda la revisione dell’assetto ordinamentale,
organizzativo e didattico dei licei, nel profilo culturale, educativo e professionale in uscita si
presentano cinque aree, tra queste è presente quella logico argomentativa, per la quale si
richiede di saper sostenere una propria tesi e saper ascoltare e valutare criticamente le
argomentazioni altrui, acquisire l’abitudine a ragionare con rigore logico, a identificare i
problemi e a individuare possibili soluzioni. Tra gli obiettivi specifici di apprendimento per
tutti i licei, a proposito della padronanza della lingua rientrano la coerenza logico-
argomentativa, organizzazione logica entro e oltre la frase, l’uso dei connettivi, il fare
inferenze. È in questa ottica che il progetto della “Palestra di Botta e Risposta” accoglie e
sviluppa le istanze delle indicazioni nazionali, dando loro spessore e concretezza28
.
3. Le fasi del progetto e la loro realizzazione
La formazione. La formazione alle dispute, gestita dai docenti che vengono
dall’università o da loro incaricati, è divisa in due parti, una teorica, che prevede tre lezioni
frontali di 2 ore ciascuna, e una pratica, costituita da due laboratori, anch’essi di circa due ore
ciascuno. Tutte le lezioni e il primo laboratorio si svolgono, in spazi adatti, insieme a tutti gli
studenti partecipanti al progetto, che, di fatto, si conoscono prima di entrare in competizione.
Il primo incontro è di tipo teorico motivazionale prevede una prima parte dedicata al
valore del dibattito mentre una seconda ai diversi tipi di ragionamento (deduttivo, induttivo,
analogico e abduttivo) nonché ai loro aspetti di forza e debolezza in funzione del sostegno o
critica di una tesi29
.
Il secondo incontro mira a spiegare l’importanza di una corretta interpretazione della
questione da disputare: le metodologie di ricerca del materiale per elaborare la propria
28 Il progetto didattico della “Palestra di Botta e Risposta” non è l’unico ad andare in questa direzione basti
vedere il progetto di Miriam Franchella e Andrea Gilardoni, pensato per tutto il secondo biennio e per il quinto
anno della Scuola Secondaria Superiore, intitolato “Per una nuova didattica. L’argomentazione a scuola: la
normativa in vigore e una proposta di curricolo” illustrato con dovizia di particolari nel volume di A.Cattani e
M.De Conti (a cura di), Didattica, Dibattito, Fallacie. E altri campi dell’argomentazione, Loffredo Editore,
Napoli, 2012, pp. 25-40.
29 http://www.educazione.unipd.it/bottaerisposta/, ultima consultazione 30/05/2014, rispetto a quanto dichiarato
del sito ufficiale dell’iniziativa che non è mai stato aggiornato, la fase di formazione alle dispute ha visto
l’aumento di un incontro.
21
posizione e l’organizzazione del materiale reperito in funzione dei diversi tipi di intervento
richiesti dal protocollo di dibattito;
Il terzo incontro è un confronto con un docente, ora giudice della disputa, che, a mo di
testimonianza, racconta la sua esperienza concreta di disputa, come i suoi studenti coadiuvati
dalla sua azione di tutoring hanno scelto motivi e strategie e come li hanno concretizzati. Tale
incontro, di tipo quasi narrativo, ha lo scopo di iniziare ad uscire dalla teoria e provare a dare
una forma concreta a quanto si è appreso.
Il quarto incontro è di tipo laboratoriale, insieme ad un esperto di teatro e di
comunicazione non verbale il gruppo di studenti sperimenta e si esercita nella gestione della
dizione, della gestualità e della emotività, centrali in questo intervento sono i concetti di
“coerenza testuale” e “coerenza contestuale”. Attraverso essi gli studenti comprendono che
gestualità, postura, sguardo e intonazione devono essere modulati a rinforzo del testo esposto
e in relazione alla parte di uditorio alla quale si rivolgono.
Il quinto ed ultimo incontro di preparazione, anch’esso di tipo laboratoriale, vede gli
studenti protagonisti assoluti. L’intero gruppo di ogni liceo, diviso in due squadre simula una
disputa vera e propria che viene realizzata alla presenza dei giudici-formatori. Data la sua
natura sperimentale e propedeutica essa viene monitorata passo passo dai docenti tutor del
liceo, i quali, cercano di stimolare e supportare le mosse dei propri alunni. Attraverso la
pratica, gli studenti acquisiscono familiarità con il protocollo del dibattito e comprendono
meglio la tipologia di interventi che è loro richiesta. Durante lo svolgimento della simulazione
vi possono essere interruzioni in cui vengono esplicitati errori o imprecisioni e vengono
fornite nozioni di strategia argomentativa al fine di applicare nel concreto ciò che hanno già
acquisito teoricamente.
La preparazione della disputa. Per molti aspetti, senza entrare eccessivamente nei
dettagli e con gli aggiustamenti dovuti alla concretezza delle persone e dei contesti, questa
fase presenta molte delle caratteristiche del “cooperative learning” ma non solo. Un mese,
circa, prima dell’inizio del torneo il comitato organizzatore fornisce i topici delle prime tre
dispute insieme alle posizioni, pro o contro, che si dovranno sostenere e al calendario degli
incontri. A questo punto si procede con la preparazione della prima disputa, lo stesso schema
verrà ripetuto per ogni match. Tutto il gruppo si riunisce in un’aula appositamente modificata
in cui si può sedere intorno ad un tavolo senza che alcuno, nemmeno gli insegnanti, occupi
posti esplicitamente riconoscibili e identificabili con un ruolo di leadership, viene analizzato il
topico cercando di comprendere inizialmente tutte le parole, il senso della questione, le sue
22
implicazioni, le sue sfumature i contesti in cui la tematica è inserita. Ognuno verifica le
proprie conoscenze sul tema e prova a fare chiarezza, vengono messe a confronto le posizioni
diverse che emergono dalla condivisione. Si cerca di schematizzare il topico, di riconoscerne
le componenti e si inizia a cercare una possibile strategia argomentativa da perseguire. In
questo senso si avvia un lavoro di ricerca, in ogni direzione possibile, che possa fornire
informazioni, testimonianze, riflessioni, che confermino o smentiscano la linea tracciata. La
fase euristica e di confronto si protrae per diversi incontri fino a quando non si arriva alla
sufficiente convinzione di aver intrapreso la strada più giusta ed efficace in merito alla linea
da tenere durante il dibattito. Solo a questo punto, tra tutti i membri della squadra, vengono
scelti i sette “magnifici disputanti” che scenderanno in campo e i ruoli che dovranno
sostenere. Coloro che avranno il ruolo di “prima argomentazione” e “seconda
argomentazione” hanno il compito di riassumere tutto il lavoro di ricerca e di scrivere dei testi
argomentativi in cui da determinate premesse si possa giungere a motivate e coerenti
conclusioni, il prologhista, invece, deve limitarsi, si fa per dire, a condensare tutta la linea
argomentativa della propria squadra in un intervento più breve in cui la questione viene prima
chiarita e definita, contestualizzata e in cui vengono anticipate, ma senza scoprire troppo le
carte, le ragioni forti della propria posizione: il prologo deve anticipare, stuzzicare, incuriosire
ma anche porre le basi di quello che sarà l’impianto di tutto il dibattito. Mentre i primi tre
hanno il vantaggio di poter scrivere in anticipo gli interventi che dovranno sostenere durante
la disputa, gli altri quattro componenti del team che scenderà in campo, invece, che sono
legati alla fase “polemica” del dibattito, dovranno provare, insieme al sostegno di tutto il
gruppo, ad immaginare le mosse degli avversari, per controbatterle e per mettere in difficoltà
la controparte nel momento del cosiddetto “dialogo socratico”. In questo caso si possono solo
fare ipotesi e scrivere dei brogliacci ma fino a quando non ci si troverà di fronte ad avversari
concreti non si potranno prevedere con precisione le loro strategie. La replica e l’epilogo della
disputa, insieme alle domande del “dialogo socratico”30
vengono di norma realizzate al
momento, durante lo svolgimento della disputa.
30
Gli interventi di dialogo socratico, introdotti dall’anno 2012/2013 dopo ciascun discorso di argomentazione,
hanno come obiettivo l’introduzione di uno scambio dinamico e meno regolamentato rispetto all’intero
svolgimento del dibattito. Rifacentesi allo stile socratico di interrogazione il suo scopo è quello di provocare, con
opportune domande, risposte contraddittorie da parte dell’interlocutore o di indurlo ad ammettere, passo dopo
passo, l’insufficienza della propria tesi, oltre a chiarire, quando necessario, la posizione della parte interrogata.
23
All’interno del gruppo il livello di interdipendenza è molto alto, la leadership è condivisa,
tutti sono responsabili di tutti, si insegnano e si apprendono le abilità sociali e si enfatizzano
compiti e qualità dei rapporti, gli insegnanti osservano e intervengono, il gruppo controlla le
interazioni e l’efficacia mentre si lavora, c’è molta attenzione alla valutazione del lavoro del
gruppo sia individuale che di squadra. Il successo nella disputa è molto legato al lavoro di
tutti e vi è una forte interdipendenza positiva in merito agli obiettivi comuni da raggiungere,
alla divisione del lavoro, alla condivisione di materiali, risorse e informazioni,
nell’assegnazione dei ruoli e nella condivisione dei “premi”. Al termine di questa fase sono
evidenti il miglioramento delle relazioni reciproche, della conoscenza delle qualità proprie e
degli altri, aumentano la stima, la collaborazione e l’aiuto reciproci, crescono molto la
motivazione e lo stimolo ad approfondire la ricerca e lo studio. Anche le competenze
comunicative vengono molto sviluppate, sia in chiave simmetrica che asimmetrica e si può
constatare un forte impatto dal punto di vista affettivo che comportamentale sia sul gruppo
che sugli insegnanti.
La conduzione della disputa. Una volta preparate le argomentazioni e affinate le “armi
retoriche” le squadre si presentano per disputare di fronte a tre giudici che esprimeranno i loro
giudizi seguendo aspetti diversi: la pertinenza e la coerenza degli argomenti nonché la loro
qualità e fondatezza, l’efficacia delle strategie logico-argomentative e infine tutti gli aspetti
linguistici, comunicativi, verbali e non verbali. Da almeno tre anni il torneo segue il seguente
protocollo:
Prologo: presentazione del problema e della sua rilevanza nonché della tesi e delle
argomentazioni che la squadra svilupperà nel corso del dibattito: durata 2 minuti.
Prima argomentazione: presentazione delle argomentazioni a sostegno della propria
posizione: durata 3 minuti; segue il dialogo socratico: durata 2 minuti.
Seconda argomentazione: presentazione di ulteriori argomentazioni a sostegno della
propria posizione: durata 3 minuti; segue il dialogo socratico: durata 2 minuti.
Pausa di 10 minuti per preparare le repliche alle argomentazioni
Chi conduce il dialogo socratico, infatti, può porre domande aperte e lasciar parlare l'interrogato, interrompere
l’interrogato, quando soddisfatto della risposta fornita, o richiedere esplicitamente all'interrogato di rispondere
con un sì o un no alle domande postegli. L'interrogato, a sua volta, è obbligato ad interrompere la propria
risposta o a rispondere con un semplice sì o no, qualora espressamente richiesto.
24
Replica: presentazione delle repliche rivolte alla posizione sostenuta dagli avversari:
durata 2 minuti; difesa da parte degli avversari: durata 2 minuti.
Epilogo: ricapitolazione dello svolgimento del dibattito e conclusione: durata 2 minuti.
Tale protocollo ha assunto il nome Patavina Libertas, dal motto dell’Università di
Padova Universa Universis Patavina Libertas, a sottolineare la libertà di pensiero
storicamente concessa dall’Università di Padova a docenti e studenti31
.
31
http://www.educazione.unipd.it/bottaerisposta/
25
CAP III
LA VALUTAZIONE DEL DIBATTITO
La valutazione dell’esito della disputa e del lavoro degli studenti
1. La valutazione del dibattito
Il dibattito deve finire in qualche modo. Il problema di quando concluderlo e soprattutto
come è molto serio e attiene al contesto e alle modalità in cui viene svolto: in un processo vi è
una sentenza, in una discussione informale si potrebbe giungere ad un semplice, esaustivo, e
un po’ utopico, “mi hai convinto”, o anche all’opposto e rimanere in una sorta di sospensione
del giudizio, più realistico potrebbe essere la determinazione di un punto d’incontro che segna
il raggiungimento di un luogo intermedio, un compromissorio “non hai tutti i torti”, mentre in
un dibattito tra filosofi si potrebbe anche procedere all’infinito mentre in parlamento si
verrebbe al dunque chiamati ad una votazione. Chiudere un dibattito non significa che sia
risolto e il fatto che resti irrisolto non deve né stupire né deludere poiché anche se le posizioni
restano alla fine immutate, l’avere puramente capito quali sono le ragioni che determinano il
conflitto di idee o qual è il reale motivo o la reale causa del disaccordo sarà un risultato non
disprezzabile32
. Inoltre occorre tener presente che quando si valuta un dibattito non è
sufficiente tenere conto delle conclusioni ma è fondamentale comprendere il modo in cui una
tesi è stata costruita e condotta. In un dibattito sono due i criteri fondamentali che vengono
presi in considerazione: il contenuto, quale tesi esce rafforzata, e i contendenti, chi ha
dibattuto meglio. La questione si complica quando oltre a discutere su una questione fra
controparti lo si fa per persuadere qualcuno. In un dibattito vi sono allora tre componenti
fondamentali: la tesi, i fautori e i destinatari e quindi i criteri di valutazione del dibattito sono:
La forza della tesi sostenuta, ovvero l’integrità dell’edificio teorico
La forza combattiva, ovvero la capacità di tenere testa, difensivamente o
offensivamente, alla controparte
La forza di persuasione, ovvero l’effetto sull’uditorio che può essere la pubblica
opinione, gli elettori o, nel nostro caso, un team di giudici33
Le motivazioni di chi osserva un dibattito come spettatore interessato possono essere
tripartite: scopo informativo che darà vita ad una partecipazione neutra in cui prevale il
desiderio di saperne di più o chiarire; spirito ludico-sportivo, in cui si gode delle schermaglie
dialettiche più interessati ai contendenti che ai contenuti; volontà di conferma di una
32 A.Cattani, Botta e risposta. L’arte della replica, cit., p. 138.
33 Ivi, p.139-140.
26
convinzione già maturata. Le direttive aristoteliche sulla valutazione del dibattito agonistico
sono più articolate e complete, vince un dibattito chi:
Confuta l’avversario ricorrendo ad una delle fallacie disponibili
Riesce a far dire all’interlocutore qualcosa di falso o di cui si possa derivare qualcosa
di falso
Induce l’avversario ad affermare qualcosa in contrasto con quanto precedentemente
sostenuto, qualcosa di paradossale
Induce l’avversario a dire spropositi e a commettere errori
Costringe l’avversario a divagare e a ripetersi avendo esaurito gli argomenti a
disposizione34
In molti casi si raggiunge la vittoria non per aver sconfitto l’avversario ma per aver dato
all’uditorio-giudice l’impressione di avere conseguito la vittoria, il pericolo di ottenere questo
risultato ricorrendo ad argomenti persuasivi ma inconsistenti e infondati e cadendo in una
delle tante fallacie, è concreto. La forza di una tesi infatti è un valore per sé, la persuasività
rappresenta un valore per un altro, si potrebbe anche parlare di forza interna di una tesi e di
efficacia su coloro che la prendono in considerazione. Come già affermato in precedenza
l’ideale sarebbe che i due aspetti coincidessero perfettamente. Per questa ragione un giudizio
di vittoria è sempre una valutazione di natura comparativa, si vince cioè non in virtù di un
giudizio relativo ad una tesi in sé e per sé, ma perché questa risulta preferibile rispetto ad
altre. Spesso il giudizio si basa su un calcolo ponderato in cui devono essere presi in
considerazione tutti gli elementi del dibattimento unitamente al fatto che demolire è più facile
che costruire e che quindi chi si trova a sostenere la posizione a favore e quindi deve
confermare è sfavorito rispetto a chi invece deve smentire, falsificare, nei contesti di
probabilità e plausibilità tipici della filosofia, è più facile che verificare. Per effettuare una
valutazione accettabile, e comunque opinabile anch’essa, i giudici hanno adottato delle griglie
che allego in appendice e in cui i descrittori adottati per valutare il dibattito sono i seguenti:
Coerenza dei contenuti
Strategia adottata
Voce, gestualità, sguardo e postura
34 Cfr. Aristotele, Confutazioni sofistiche, 165b 12-23.
27
I criteri vengono applicati ad ogni parte della disputa, le valutazioni si esprimono in millesimi,
la valutazione finale, che sancisce la vittoria di una squadra, è il risultato della somma delle
valutazioni di tutte le parti.
2. La valutazione complessiva degli studenti
Dal momento stesso in cui il mio liceo ha aderito al progetto “Palestra di Botta e
Risposta” il collegio docenti, su suggerimento del preside, ha deliberato che tale percorso
didattico sarebbe rientrato tra le prove ordinarie del normale percorso legato alla disciplina di
Filosofia e per questo doveva essere valutato come tutte le altre prove, orali e scritte, attinenti
a quella materia. Per ora mi risulta che il mio sia l’unico liceo ad aver adottato questa linea,
tutti gli altri hanno preferito tener conto dell’esperienza solo come “credito formativo” ovvero
solo come eventuale integrazione del punteggio di crediti a cui gli studenti hanno diritto al
momento del calcolo finale della media scolastica di tutte le materie raggiunta al termine
dell’anno scolastico.
Data la complessità dell’esperienza, l’articolazione del progetto e la natura eterogenea del
gruppo dei concorrenti non è stato facile individuare una griglia di valutazione che tenesse
conto di tutte le variabili coinvolte in questo lavoro. Posso affermare che mai come in questo
caso è valido lo schema dell’Iceberg della competenza35
in quanto le abilità e le conoscenze
misurabili durante l’effettuazione concreta della disputa non sono assolutamente esaustive e
sufficienti per valutare, seppure in chiave qualitativa, il lavoro svolto da ogni studente e le
competenze acquisite e messe in atto.
Inoltre si è dovuto anche affrontare il problema abbastanza spinoso che gli studenti
valutati per il lavoro svolto dai docenti coordinatori e referenti dell’esperienza non facevano
parti delle classi assegnati all’insegnamento di tali insegnanti. Quindi si è verificato spesso il
caso in cui dei colleghi dovevano annotare nei loro registri delle valutazioni elaborate ed
espresse da colleghi.
Per questa ragione abbiamo deciso, in maniera collegiale, insieme a tutti i docenti referenti
per questo progetto, di adottare una rubrica valutativa che potesse tener conto, secondo
quattro intervalli valutativi, di tutti gli aspetti del processo. Nella rubrica compare una colonna
in cui i descrittori definiscono risultati insufficienti, difficilmente è stata presa in
considerazione dato il grado elevato di coinvolgimento emotivo-motivazionale di questa
esperienza. Il risultato è il seguente:
35 Cfr. Mario Castoldi, Valutare a scuola. Dagli apprendimenti alla valutazione di sistema, Carocci, Roma,
2014, p.162.
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Livello insufficiente 4 – 5 Livello sufficiente 6 -7.5 Livello buono 8 - 9 Livello ottimo 9 - 10
FORMAZIONE - Non partecipa agli incontri
formativi
- Non si preoccupa di
recuperare
- Non collabora con i
compagni
- Non si impegna durante la
simulazione
- Non mostra volontà e
determinazione
- Non sempre è presente
agli incontri
-Si preoccupa di
recuperare
-Non è sempre
collaborativo
-Si impegna in maniera
non costante nella
simulazione
- Appare
sufficientemente
volenteroso e impegnato
-È sempre presente
agli incontri di
formazione
-Sostiene e motiva i
compagni
- Ha uno stile
collaborativo
- Si impegna in
maniera costante
durante la simulazione
- Si impegna in una
leadership positiva
- È motivato e
determinato
- È sempre presente agli
incontri di formazione
- Interviene in maniera
costruttiva durante le
lezioni
- Sostiene e motiva i
compagni
- Ha uno stile collaborativo
e interviene per
incrementarlo
- Si impegna molto durante
la simulazione, assume ruoli
attivi
- Si impegna in una
leadership positiva
- È motivato e determinato
e si interessa della
motivazione dei compagni
PREPARAZIONE -Non partecipa agli incontri
di preparazione
-Non interviene mai e non
porta contributi personali
-Non collabora con i
compagni
-Non si impegna nell’attività
di ricerca
-Non mostra volontà e
determinazione
-Non sempre è presente
agli incontri di
preparazione
-Interviene e porta
contributi
sufficientemente sensati
-Collabora abbastanza
-Si impegna nella ricerca
-Mostra sufficiente
volontà e determinazione
-È sempre presente
agli incontri di
preparazione
-Interviene e porta
contributi originali e
costruttivi
-Ha uno stile
collaborativo marcato
-Si impegna nella
ricerca e ottiene buoni
risultato
-Si mostra volenteroso
e determinato
-È sempre presente agli
incontri di preparazione
-Interviene e porta
contributi originali e
costruttivi, stimola gli altri e
se stesso a percorrere tutte
le strade possibili
-Ha uno stile molto
collaborativo e crea un buon
clima di lavoro
-Si impegna nella ricerca,
amplia i campi di indagine e
si muove anche in ambiti
non familiari
-Si mostra volenteroso e
determinato ed è attento alle
motivazioni di tutti i
membri della squadra
REALIZZAZIONE -Non si propone mai per
sostenere un ruolo attivo in
disputa
-Non partecipa agli incontri
quando sono protagonisti i
suoi compagni
-Non produce testi e non
aiuta i compagni ad
elaborarli
-A volte si propone per
un ruolo da protagonista
in disputa
-È presente anche
quando sono protagonisti
i suoi compagni
-Prova a produrre dei
testi e a formulare
domande da utilizzare
durante il dibattito
-Sostiene la squadra con
suggerimenti e
incitamenti
-Si propone per
assumere un ruolo
attivo in disputa
-È sempre presente
anche quando non
tocca a lui dibattere
-Produce testi, formula
domande, di buona
qualità in cui dimostra
di aver appreso e saper
applicare quanto
appreso
-Sostiene la squadra
con suggerimenti e
incitamenti,
contribuisce allo
sviluppo di un buon
clima di
collaborazione
-Si propone per assumere
un ruolo attivo in disputa e
non si sottrae mai anche se
deve entrare in corso
d’opera
-È sempre presente anche
quando non tocca a lui
dibattere, incoraggia e
sostiene i compagni
-Produce testi, formula
domande, di ottima qualità
in cui dimostra di aver
appreso e saper applicare
quanto appreso
in maniera personale e
originale
-Sostiene la squadra con
suggerimenti e incitamenti,
contribuisce allo sviluppo di
un buon clima di
collaborazione, si mostra
rispettoso e costruttivo
verso compagni e avversari
29
CONCLUSIONE
Ho portato avanti questo progetto per cinque anni insieme ad una collega di lettere e ad un
altro collega di filosofia. Agli inizi abbiamo arrancato di fronte alla novità dei metodi e delle
prassi e forse le prime classi coinvolte non hanno tratto un giovamento tangibile e immediato
da questa attività didattica, ma poi, a partire dal terzo anno, ho visto nei colleghi e negli
studenti la gioia per il frutto di un buon lavoro sul terreno, di una buona semina e un buon
raccolto. Il progetto della “Palestra di Botta e Risposta” consente di affrontare la didattica in
un modo nuovo, motivante ed efficace poiché, per quello che riguarda la filosofia, consente di
uscire dalla strettoia angusta e soffocante del legame con la storia, consente di ampliare gli
orizzonti e di iniziare a cogliere la crescita del pensiero come sviluppo di concetti e non come
mera sequenza temporale di autori isolati come monadi leibniziane: ogni topico infatti
costringe ad analizzare lo stato della questione nella sua complessità, nella sua articolazione e
secondo tutti (o quasi) i punti di osservazione possibili. Inoltre la disputa, con il suo aspetto
ludico e competitivo, ha stimolato decine di studenti a conoscere, praticare e affinare le
capacità argomentative e logiche per produrre ragionamenti fondati e fondanti e uscire così da
quella sciatteria, improvvisazione e approssimazione che tanto caratterizzano lo studio, a
scuola, e la capacità di difendere le proprie ragioni nella vita di tutti i giorni. Va sottolineato
come ogni argomentazione, prima di essere declamata, è stata pensata, costruita e redatta su
carta, dando modo agli studenti di esercitarsi nella pratica della scrittura di un testo filosofico
dalle caratteristiche di un vero e proprio piccolo saggio. Infine l’esercitarsi nel dire, nel
parlare, nell’esprimersi e nel comunicare, nel cercare le parole giuste, più adatte, più efficaci
in un determinato contesto, l’imparare a modulare la voce e a gestire il proprio corpo, i gesti,
le emozioni, lo sguardo, hanno aiutato bravi alunni, estroversi e motivati, a migliorare la
gestione della propria sfera relazionale e comunicativa ma ancor di più hanno condotto
ragazzi e ragazze timidi e impacciati, impauriti di fronte alla prospettiva di affrontare un
uditorio attento e critico, a crescere nell’autostima e nella capacità di affrontare se stessi e gli
altri, la vita. Così Samuele, uno studente del quinto anno fresco di esame di stato superato
brillantemente, ha commentato la propria partecipazione alle dispute filosofiche: “senza le
dispute non sarei mai arrivato fino a qui. Prima di quell’esperienza non sapevo ragionare,
non sapevo argomentare, non sapevo scrivere, i miei temi erano formalmente corretti ma
vuoti, i miei pensieri spesso intricati ed involuti. Ora, se so fare decentemente queste tre cose,
tutto è rinviabile a quell’esperienza di vero e proprio allenamento, una vera palestra in cui
sono cresciuto come uomo e come studente.”
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BIBLIOGRAFIA
A.Cattani, Botta e risposta. L’arte della replica, Il Mulino, 2001.
A.Cattani (a cura di), Argomentare le proprie ragioni. Organizzare, condurre e valutare un
dibattito, Loffredo Editore, Casoria (NA), 2011.
A.Cattani, P.Cantù, I.Testa, P.Vidali (a cura di), La svolta argomentativa. 50 anni dopo
Perelman e Toulmin, Loffredo Editore, Casoria (NA), 2009.
A.Cattani, M.De Conti (a cura di), Didattica, dibattito, fallacie. E altri campi
dell’argomentazione, Loffredo Editore, Napoli, 2012.
A.Cattani, Forme dell’argomentare. Il ragionamento tra logica e retorica, Edizioni GB,
Padova, 1994.
S.Nicolli, A.Cattani (a cura di), Palestra di Botta e Risposta. La disputa filosofica come
formazione al dibattito nella scuola, CLEUP, Padova, 2006.
SITOGRAFIA
http://www.educazione.unipd.it/bottaerisposta/ ultima consultazione 30/05/2014
http://www.argomentare.it ultima consultazione 30/05/2014
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ALLEGATI
PROMESSA SOLENNE DEL DISPUTATOR CORTESE
Consapevole
– che su ogni cosa possono esistere punti di vista diversi
– che verità e giustizia scaturiscono dal confronto civile e dal dibattito leale
– che di norma non esiste una ragione che si contrappone ad un torto, ma diverse ragioni
contrapposte
– che è sempre preferibile discutere anche senza deliberare che deliberare senza discutere
prometto
– di impegnarmi a ricercare gli argomenti migliori a favore della mia posizione – di valutare,
nel contempo, le obiezioni ragionevoli della controparte
– di replicarvi in modo fermo e pacato, individuandone i punti deboli e riconoscendone,
almeno in cuor mio, i punti di forza che richiedono risposta,
al fine di addivenire ad una migliore comprensione delle cose e degli altri.
Farò del mio meglio per convincere e nel contempo per convivere.
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