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Le società in house come <<società organo>> alla
luce della legge Madia (art. 18 della l. 7-8-2015,
n. 124 e bozza del TU in materia di società a
partecipazione pubblica).
Sommario: 0. Storia delle società in house. 1. Origine
giurisprudenziale delle società in house. 2.
Intervento del legislatore comunitario sull’istituto
dell’in house. 3. La legge Madia in punto in house. 4.
Le società miste. 5. I divieti di cui all’art. 13 del
decreto Bersani per le società strumentali. 6. Società
in house )enti pubblici economici e non), organismi di
diritto pubblico, imprese pubbliche. 7. Problemi
pratici connessi alle società in house prima della
riforma Madia. 8. Le società in house alla luce della
legge Madia. 9. Giurisprudenza e dottrina recenti.
Appendice 1 (Elenco, non completo, ma esemplificativo,
della giurisprudenza comunitaria sulle società ed enti
in house). Appendice 2 (Elenco, non esaustivo, di
testi normativi sulle società in mano pubblica).
Appendice 3 (Elenco dei testi normativi abrogati dalla
bozza del TU sulle società a partecipazione pubblica).
Appendice 4 (Elenco di articoli, testi normativi e
volumi relativi alle società in mano pubblica).
- - - -
0. Storia delle società in house.
Le società in house possono essere, ad oggi,
studiate alla luce di tre momenti storici diversi.
1. Origine giurisprudenziale dell’istituto in
house.
In primo luogo va detto che l’istituto della
società in house è una creazione della
giurisprudenza comunitaria e, poi, da noi, della
giurisprudenza nazionale.
La società in house –si legge nel Parere
dell’Adunanza della Commissione speciale del
Consiglio di Stato del 16-3-2016, n. 438 sulla
bozza del TU in materia di società a
partecipazione pubblica (par. 7)- è un istituto
nato nel diritto europeo con la finalità di
limitare le ipotesi in cui si può derogare alle
2
regole della “concorrenza per il mercato” mediante
il ricorso a forme di affidamenti diretti di
compiti relativi alla realizzazione di opere
pubbliche o alla gestione di servizi pubblici
(Corte di Giustizia, sent. Teckal 18-11-1999, in
causa C-107-98).
1.1. Quindi per disciplinare tale situazione si
pervenne –e per l’Italia- a teorizzare una
specifica società di capitali (per azioni o a
responsabilità limitata: artt. 2325 e segg. e 2462
e segg. cc) che avesse le seguenti
caratteristiche:
(1) il capitale sociale doveva essere totalmente
pubblico;
(2) il controllo della società da parte dei soci
pubblici doveva essere di tipo gerarchico e,
quindi, anche a scavalco di quello degli
amministratori, con deroga a quanto previsto dagli
artt. 2380 bis e 2475 cc: in definitiva il
controllo sulla società doveva essere analogo a
quello che qualsiasi ente pubblico esercitava sui
propri uffici (v.si, specialmente, la sent. SEA
del 10-9-2009, C-573/07);
(3) in caso di più soci pubblici era ammesso il
controllo analogo congiunto: “Quando più autorità
pubbliche, nella loro veste di amministrazioni
aggiudicatrici, istituiscono in comune un’entità
incaricata di adempiere compiti di servizio
pubblico ad esse spettanti, oppure quando
un’entità pubblica aderisce ad una entità
siffatta, la condizione enunziata dalla
giurisprudenza della Corte di Giustizia
dell’Unione europea, secondo cui tali autorità,
per essere dispensate dal loro obbligo di avviare
una procedura di aggiudicazione di appalto
pubblico in conformità alle norme del diritto
dell’Unione, debbono esercitare congiuntamente
sull’entità in questione un controllo analogo a
quello da esse esercitato sui propri servizi, E’
3
SODDISFATTA QUALORA CIASCUNA DELLE AUTORITA’
STESSE PARTECIPI SIA AL CAPITALE SIA AGLI ORGANI
DIRETTIVI DELL’ENTITA’ SUDDETA” (sent. Giustizia
Ue, 13-6-2013, C-386/11; sent. 8-5-2014 C-15/13;
sent. 19-6-2014, (574/12);
(4) la società doveva operare sostanzialmente solo
(per circa l’80%) per gli enti pubblici titolari
del relativo capitale sociale1.
1.2. Ne deriva che: (i) tale tipo di società2
costituiva una sottospecie, una varietà, delle
società a partecipazione pubblica di cui agli
artt. 2449 e segg. cc (v.si “Parere”, par. 7,
10.1, 2.4. ecc.); (ii) per tale società si
utilizzava la locuzione <<società organo>>,
formata da due sostantivi per indicare una sola
“cosa”: una società che godeva, a volte, della
personalità giuridica (in quanto “soggetto con
1 Per un riassunto dei requisiti delle società in house, v.si, altresì, Cons. St., VI,
2660/2015, par. 14 e parere Cons. St., II, 298/2015, par. 2. 2 Il concetto di “tipo di società” è previsto dall’art. 2249 cc per il quale: “Le società che
hanno per oggetto l’esercizio di un’attività commerciale devono costituirsi secondo uno
dei tipi regolati nei capi III e seguenti di questo titolo. Le società che hanno per oggetto
l’esercizio di una attività diversa sono regolate dalle disposizioni sulla società semplice, a
meno che i soci abbiano voluto costituire la società secondo uno degli altri tipi regolati
nei capi III e seguenti di questo titolo. Sono salve le disposizioni riguardanti le società
cooperative e quelle delle leggi speciali che per l’esercizio di particolari categorie di
imprese prescrivono la costituzione della società secondo un determinato tipo”. L’art.
18/1 lett. a) della l. 124/2015 parla di “tipi di società” come segue: “Il decreto legislativo
per il riordino della disciplina in materia di partecipazioni societarie delle
amministrazioni pubbliche è adottato al fine prioritario di assicurare la chiarezza della
disciplina, la semplificazione normativa e la tutela e promozione della concorrenza, con
particolare riferimento al superamento dei regimi transitori, nel rispetto dei seguenti
principi e criteri direttivi, che si aggiungono a quelli di cui all’art. 16:
a) distinzione tra tipi di società in relazione alle attività svolte, agli interessi pubblici di
riferimento, alla misura e alla qualità della partecipazione e alla sua natura diretta o
indiretta, alla modalità diretta o mediante procedura di evidenza pubblica
dell’affidamento, nonché alla quotazione in borsa o all’emissione di strumenti finanziari
quotati nei mercati regolamentati, e individuazione della relativa disciplina, anche in
base al principio di proporzionalità delle deroghe rispetto alla disciplina privatistica, ivi
compresa quella in materia di organizzazione e crisi di impresa”. L’art. 3 della bozza del
TU sulle società a partecipazione pubblica asserisce che tali società possono essere
“esclusivamente costituite in forma di società per azioni o di società a responsabilità
limitata”. (Sul principio di “tipicità”, v.nsi: F. Galgano, Trattato di diritto civile, IV,
Cedam, 2010, pagg. 3 e segg.; C. Ruperto, La giurisprudenza sul codice civile, sub art.
2249 cc, Giuffrè, 2012, pag. 59 e segg.
4
personalità giuridica”: v.nsi artt. 2331 e 2463
cc) e, altre volte, costituiva un semplice
“organo” degli enti titolari del relativo capitale
sociale.
1.3. La giurisprudenza della Corte di giustizia
(che diede luogo a tale tipo di società) è stata,
come già detto, accolta dalla giurisprudenza
nazionale: Cassazione, Consiglio di Stato, Corte
dei Conti (v.si Appendice 1).
1.4. Sul tronco di tale giurisprudenza il
legislatore italiano ha emanato numerosi testi
normativi (v.si Appendice 2). In particolare ha
introdotto l’istituto dell’in house con l’art.
113/5, lett. a) del TU 267/2000, come modificato
dall’art. 4 del d.l. 269/2003, convertito nella l.
326/2003. (Il detto comma 5 è stato, poi, abrogato
dall’art. 12/1 del dpr 168/2010).
2. Intervento del legislatore comunitario
sull’istituto dell’in house.
Il secondo momento è dato dal fatto che il
legislatore comunitario con le tre direttive
2014/23/UE, 2014/24/UE E 2014/25/UE ha definito le
società in house come segue (v.si, come esempio,
l’ art. 12, direttiva 24/UE):
Appalti pubblici tra enti nell’ambito del settore pubblico
1. Un appalto pubblico aggiudicato da un’amministrazione
aggiudicatrice a una persona giuridica di diritto pubblico o
di diritto privato non rientra nell’ambito di applicazione
della presente direttiva quando siano soddisfatte tutte le
seguenti condizioni:
a) l’amministrazione aggiudicatrice esercita sulla persona
giuridica di cui trattasi un controllo analogo a quello da essa
esercitato sui propri servizi;
b) oltre l’80 % delle attività della persona giuridica
controllata sono effettuate nello svolgimento dei compiti ad
essa affidati dall’amministrazione aggiudicatrice
controllante o da altre persone giuridiche controllate
dall’amministrazione aggiudicatrice di cui trattasi; e
c) nella persona giuridica controllata non vi è alcuna
partecipazione diretta di capitali privati, ad eccezione di
5
forme di partecipazione di capitali privati che non comportano
controllo o potere di veto, prescritte dalle disposizioni legislative
nazionali, in conformità dei trattati, che non esercitano
un’influenza determinante sulla persona giuridica controllata.
Si ritiene che un’amministrazione aggiudicatrice eserciti su
una persona giuridica un controllo analogo a quello esercitato
sui propri servizi ai sensi della lettera a) qualora essa eserciti
un’influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle
decisioni significative della persona giuridica controllata. Tale
controllo può anche essere esercitato da una persona giuridica
diversa, a sua volta controllata allo stesso modo
dall’amministrazione aggiudicatrice.
2. Il paragrafo 1 si applica anche quando una persona giuridica
controllata che è un’amministrazione aggiudicatrice aggiudica
un appalto alla propria amministrazione aggiudicatrice
controllante o ad un altro soggetto giuridico controllato dalla
stessa amministrazione aggiudicatrice, a condizione che nella
persona giuridica alla quale viene aggiudicato l’appalto pubblico
non vi sia alcuna partecipazione diretta di capitali privati, ad
eccezione di forme di partecipazione di capitali privati che non
comportano controllo o potere di veto prescritte dalle
disposizioni legislative nazionali, in conformità dei trattati, che
non esercitano un’influenza determinante sulla persona giuridica
controllata.
3. Un’amministrazione aggiudicatrice che non eserciti su
una persona giuridica di diritto privato o pubblico un
controllo ai sensi del paragrafo 1 può nondimeno
aggiudicare un appalto pubblico a tale persona giuridica
senza applicare la presente direttiva quando sono soddisfatte
tutte le seguenti condizioni:
a) l’amministrazione aggiudicatrice esercita congiuntamente con
altre amministrazioni aggiudicatrici un controllo sulla persona
giuridica di cui trattasi analogo a quello da esse esercitato sui
propri servizi;
b) oltre l’80 % delle attività di tale persona giuridica sono
effettuate nello svolgimento dei compiti ad essa affidati dalle
amministrazioni aggiudicatrici controllanti o da altre persone
giuridiche controllate dalle amministrazioni aggiudicatrici di cui
trattasi; e
c) nella persona giuridica controllata non vi è alcuna
partecipazione diretta di capitali privati, ad eccezione di forme
di partecipazione di capitali privati che non comportano
controllo o potere di veto prescritte dalle disposizioni legislative
6
nazionali, in conformità dei trattati, che non esercitano
un’influenza determinante sulla persona giuridica controllata.
Ai fini del primo comma, lettera a), le amministrazioni
aggiudicatrici esercitano su una persona giuridica un controllo
congiunto quando sono soddisfatte tutte le seguenti condizioni:
i) gli organi decisionali della persona giuridica controllata sono
composti da rappresentanti di tutte le amministrazioni
aggiudicatrici partecipanti. Singoli rappresentanti possono
rappresentare varie o tutte le amministrazioni aggiudicatrici
partecipanti;
ii) tali amministrazioni aggiudicatrici sono in grado di esercitare
congiuntamente un’influenza determinante sugli obiettivi
strategici e sulle decisioni significative di detta persona
giuridica; e
iii) la persona giuridica controllata non persegue interessi
contrari a quelli delle amministrazioni aggiudicatrici
controllanti.
4. Un contratto concluso esclusivamente tra due o più
amministrazioni aggiudicatrici non rientra nell’ambito di
applicazione della presente direttiva, quando sono
soddisfatte tutte le seguenti condizioni:
a) il contratto stabilisce o realizza una cooperazione tra le
amministrazioni aggiudicatrici partecipanti, finalizzata a
garantire che i servizi pubblici che esse sono tenute a svolgere
siano prestati nell’ottica di conseguire gli obiettivi che esse
hanno in comune;
b) l’attuazione di tale cooperazione è retta esclusivamente da
considerazioni inerenti all’interesse pubblico; e
c) le amministrazioni aggiudicatrici partecipanti svolgono sul
mercato aperto meno del 20 % delle attività interessate dalla
cooperazione.
5. Per determinare la percentuale delle attività di cui al
paragrafo 1, primo comma, lettera b), al paragrafo 3, primo
comma, lettera b), e al paragrafo 4, lettera c), si prende in
considerazione il fatturato totale medio, o una idonea misura
alternativa basata sull’attività, quali i costi sostenuti dalla
persona giuridica o amministrazione aggiudicatrice in
questione nei campi dei servizi, delle forniture e dei lavori
per i tre anni precedenti l’aggiudicazione dell’appalto.
Se, a causa della data di costituzione o di inizio dell’attività
della persona giuridica o amministrazione aggiudicatrice in
questione, ovvero a causa della riorganizzazione delle sue
attività, il fatturato, o la misura alternativa basata sull’attività,
quali i costi, non è disponibile per i tre anni precedenti o non è
7
più pertinente, è sufficiente dimostrare, segnatamente in base a
proiezioni dell’attività, che la misura dell’attività è credibile.
2.1. In ordine a tale normativa, il Consiglio di
Stato ha emanato due pronunce, tra di loro
contrastanti:
(1) un parere (Cons. St., parere II, 30-1-2015, n.
298) e (2) una sentenza (Cons. St., VI,
2660/2015), ambedue sul caso consorzio CINECA.
2.1.1. Comunque –e a parte il contrasto circa la
natura o meno di ente in house in capo al
consorzio CINECA- vi è da rilevare che con il
parere il Consiglio di Stato ha asserito, nei par.
6-8, quanto segue:
A tale proposito va ricordata la disciplina recentemente
introdotta in materia dall’art.12 della Direttiva 2014/24/UE
del 26 febbraio 2014, che abroga la direttiva 2004/18/CE, e che
oltretutto è entrata in vigore successivamente agli avvisi del
MEF e delle AA.II. citt.
Com'è noto, prima di tale novella, l'istituto in questione
aveva ricevuto una disciplina esclusivamente
giurisprudenziale, di cui si è dato cenno nelle premesse e di cui
appunto gli avvisi citati avevano tenuto principalmente conto.
L’art. 12 cit., viceversa, nel definire in rubrica la materia come quella afferente gli “appalti pubblici tra enti nell’ambito
del settore pubblico”, ha in parte recepito tale
giurisprudenza, ma in una parte rilevante ai fini della
soluzione del quesito proposto, ha profondamente innovato,
definendo in modo parzialmente diverso le condizioni di
esclusione dalla direttiva medesima. L’art. 12 cit., infatti, nel
confermare che, nel caso di “in house providing” escluso dalla
direttiva, "l’amministrazione aggiudicatrice esercita sulla
persona giuridica di cui trattasi un controllo analogo a quello da
essa esercitato sui propri servizi" (art.12 cit., 1° par., lett. a), ha
aggiunto una precisa definizione in ordine all’ulteriore requisito
della cosiddetta “parte più importante dell'attività svolta”,
secondo cui “oltre l’80 % delle attività della persona giuridica
controllata sono effettuate nello svolgimento dei compiti ad essa
affidati dall’amministrazione aggiudicatrice controllante o da
altre persone giuridiche controllate dall’amministrazione
aggiudicatrice” (art.12 cit., 1° par., lett. b). Ed alla successiva
lett. c) ha aggiunto la condizione ulteriore e parzialmente
innovativa (rispetto alla giurisprudenza comunitaria e
8
nazionale), secondo cui “nella persona giuridica controllata
non vi è alcuna partecipazione diretta di capitali privati, ad
eccezione di forme di partecipazione di capitali privati che
non comportano controllo o potere di veto, prescritte dalle
disposizioni legislative nazionali, in conformità dei trattati,
che non esercitano un’influenza determinante sulla persona
giuridica controllata”. Ha poi aggiunto nell'ultima parte del
primo paragrafo cit., a maggiore definizione della nozione
comunitaria di “controllo analogo”, che “si ritiene che
un’amministrazione aggiudicatrice eserciti su una persona
giuridica un controllo analogo a quello esercitato sui propri
servizi ai sensi della lettera a) qualora essa eserciti
un’influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che
sulle decisioni significative della persona giuridica
controllata. Tale controllo può anche essere esercitato da
una persona giuridica diversa, a sua volta controllata allo
stesso modo dall’amministrazione aggiudicatrice”. Quindi
l’art. 12, paragrafo 1 cit. richiede che, ai fini dell'esclusione dei
contratti tra soggetti pubblici dall’applicazione della direttiva,
l’amministrazione aggiudicatrice debba svolgere sull'altro ente
pubblico “un controllo analogo a quello che esercita sui
propri dipartimenti/servizi”; inoltre che più dell’80% delle
prestazioni dell'altro ente pubblico siano effettuate a favore
dell’amministrazione aggiudicatrice o di un altro ente pubblico
controllato dalla prima; infine che l'altro ente pubblico che
riceve l'affidamento dall'amministrazione aggiudicatrice non sia
controllato da capitale privato, a meno che non si tratti di
partecipazione di controllo o di blocco secondo le disposizioni
nazionali; e che in ogni caso tale partecipazione non determini
influenza dominante (la percentuale dell’80% richiama la
stessa quota dettata, per i settori speciali, dagli artt. 218 del
dlg.163/06 e 23 Dir. 17/2004).
7. Com’è noto, la direttiva 2014/24 non è stata ancora recepita,
essendo ancora in corso il termine relativo per l'incombente, e
tuttavia essa appare di carattere sufficientemente dettagliato tale
da presentare pochi dubbi per la sua concreta attuazione.
Non vi è dubbio quindi che nel caso in esame, se non vi è
addirittura un’applicazione immediata del tipo “self-
executing”, non può in ogni caso non tenersi conto di quanto
disposto dal legislatore europeo, secondo una dettagliata
disciplina in materia, introdotta per la prima volta con
diritto scritto e destinata a regolare a brevissimo la
concorrenza nei contratti pubblici di lavori, servizi e
forniture nell’U.E.
9
Ebbene, la posizione del CINECA nei confronti del Ministero,
delle Università e degli Enti pubblici di ricerca suoi consorziati
corrisponde perfettamente alla fattispecie cui la direttiva cit.
ricollega l'esclusione dalla propria disciplina, anche per i profili
di cui finora si era dubitato.
Infatti, oltre a soddisfare i requisiti già visti del controllo
analogo e dell'attività prevalente da svolgere a favore delle
amministrazioni consorziate, nella specie non può ammettersi
che il Consorzio possa mai risultare, per qualsiasi evenienza,
controllato da capitale privato, tanto meno in posizione di
influenza dominante ai sensi dell'art. 2359 cc., essendo ciò
viceversa radicalmente escluso dallo stesso assetto consortile,
che vede il Consorzio stabilmente partecipato al 98% da
pubbliche amministrazioni, e soltanto in minima parte da
persone giuridiche private, che oltretutto non hanno certamente
potere di veto o di condizionamento alcuno, ma che svolgono a
loro volta un pubblico servizio nel settore dell'istruzione
superiore e/o della ricerca scientifica.
La possibilità di partecipare a società di capitali o ad altri
consorzi o di affidare a terzi l'esercizio di parte delle attività di
competenza, è certamente ispirata dal lodevole intento di attuare
sinergie quanto mai opportune nelle attività istituzionali del
Consorzio, e non appare in alcun modo idonea ad alterare il
carattere pubblicistico delle attività consortili, che oltretutto si
realizzano dichiaratamente “senza fini di lucro” (art.1, comma
3° dello Statuto). Ed è appena il caso di ricordare che tutte le
attività che il consorzio non intende svolgere direttamente con le
proprie strutture, debbono essere affidate all'esterno attraverso
procedimenti di evidenza pubblica.
8. Il modello accolto è, sostanzialmente, quello, oggi
codificato, della cooperazione pubblico-pubblico
istituzionalizzata di tipo verticale (“in house” secondo il par.
1 dell’art.12 cit.), creato nella giurisprudenza comunitaria,
con taluni caratteri però di quello della cooperazione
pubblico-pubblico non istituzionalizzata di tipo orizzontale
di cui all’art. 12 cit., paragrafo 4.
Ed ancora, la possibilità del Consorzio di svolgere talune attività
“anche con carattere di impresa”, non è affatto ostativa
all’affidamento “in house”, anche alla stregua di quanto
recentissimamente affermato dalla Corte di giustizia U.E.
(Quinta Sezione) con la sentenza del 18 dicembre 2014, causa
C-568/13 (“l’articolo 1, lettera c), della direttiva 92/50 osta a
una normativa nazionale che escluda un’azienda ospedaliera
pubblica, come quella di cui trattasi nel procedimento
10
principale, dalla partecipazione alle procedure di aggiudicazione
di appalti pubblici, a causa della sua natura di ente pubblico
economico, se e nei limiti in cui tale azienda è autorizzata a
operare sul mercato conformemente ai suoi obiettivi istituzionali
e statutari”, salva la possibilità, in tale ipotesi, di esclusione
dell’offerta ritenuta anomala in presenza “di un finanziamento
pubblico di cui detta azienda beneficia”).
Deve pertanto definitivamente disattendersi anche il rilievo
secondo cui l’attività d’impresa eventualmente svolta dal
Consorzio dovrebbe condurre a negarne la funzione di
strumento operativo dell’amministrazione, senza che ciò possa
essere di ostacolo all’affidamento.
2.1.2. Con la sentenza, VI, 2660/2015 del 26-5-
2015, il Consiglio di Stato, ha ricostruito i
“tratti essenziali dell’istituto dell’in house”
come segue:
I principi generali affermati con la sentenza Teckal e poi
costantemente ribaditi con le pronunce successive sono così
riassumibili: (i) l’affidamento diretto (senza gara e senza
ricorso a procedure di evidenza pubblica) di appalti e
concessioni è consentito tutte le volte in cui si possa affermare
che l'organismo affidatario (nei casi in questione, una società),
ancorché dotato di autonoma personalità giuridica, presenti
connotazioni tali da giustificare la sua equiparazione a un
“ufficio interno” dell'amministrazione affidante, poiché in
questo caso non vi sarebbe un rapporto di alterità
sostanziale, ma solo formale, sicché non si tratterebbe, nella
sostanza, di un effettivo “ricorso al mercato” (“outsourcing”),
bensì di una forma di “autoproduzione” o comunque di
erogazione di servizi pubblici “direttamente” ad opera
dell’amministrazione, attraverso strumenti “propri” (“in house
providing”); (ii) detta equiparazione sarebbe predicabile
esclusivamente in presenza di due specifici presupposti,
identificati nel c.d. “controllo analogo”, ovverosia in una
situazione, di fatto e di diritto, nella quale l’ente sia in grado di
esercitare sulla società un controllo analogo a quello che lo
stesso ente esercita sui propri “servizi interni”, e nella necessità
che la società svolga la “parte più importante della propria
attività” con l'amministrazione o le amministrazioni
affidanti.
La Corte di Giustizia UE ha chiarito che il requisito del c.d.
11
controllo analogo richiede la necessaria partecipazione
pubblica totalitaria, posto che la partecipazione, pur
minoritaria, di soggetti privati al capitale di una società, alla
quale partecipi anche l’Amministrazione aggiudicatrice, esclude
in ogni caso che tale amministrazione possa esercitare sulla
medesima un controllo analogo a quello che essa svolge sui
propri servizi (cfr. C. giust. UE 11 gennaio 2005, C-26/03, Stadt
Halle; C. giust. UE 21 luglio 2005, C-231/03, Consorzio
Coname; C. giust. UE, sez. I, 18 gennaio 2007, C-225/05, Jean
Auroux).
La partecipazione pubblica totalitaria rappresenta una
condizione necessaria, ma non ancora sufficiente, dovendosi
ulteriormente verificare la presenza di strumenti di controllo
da parte dell’ente pubblico più incisivi rispetto a quelli
previsti dal diritto civile a favore del socio totalitario.
L’amministrazione aggiudicatrice deve, infatti, essere in grado
di esercitare un’influenza determinante sia sugli obiettivi
strategici che sulle decisioni importanti dell’entità affidataria e il
controllo esercitato deve essere effettivo, strutturale e funzionale
(v., in tal senso, C. giust. UE, sez. III, sentenza 29 novembre
2012, C-182/11 e C-183/11, Econord, punto 27 della
motivazione e giurisprudenza ivi citata).
Inoltre, la Corte di giustizia ha riconosciuto che, a
determinate condizioni, il “controllo analogo” può essere
esercitato congiuntamente da più autorità pubbliche che
possiedono in comune l’entità affidataria (v., in tal senso, la
sentenza Econord, punti da 28 a 31 e giurisprudenza ivi citata).
In base alla giurisprudenza da ultimo richiamata, nel caso in cui
venga fatto ricorso ad un’entità posseduta in comune da più
autorità pubbliche, il “controllo analogo” può essere esercitato
congiuntamente da tali autorità, senza che sia indispensabile che
detto controllo venga esercitato individualmente da ciascuna di
esse.
Da ciò consegue che, se un’autorità pubblica diventa socia di
minoranza di una società per azioni a capitale interamente
pubblico al fine di attribuirle la gestione di un servizio pubblico,
il controllo che le autorità pubbliche associate nell’ambito di tale
società esercitano su quest’ultima può essere qualificato come
analogo al controllo che esse esercitano sui propri servizi,
qualora esso venga esercitato congiuntamente dalle autorità
suddette.
Con particolare riferimento alla possibilità di ritenere sussistente
un controllo analogo esercitato in forma congiunta, la Corte di
Giustizia ha ulteriormente chiarito che ove più autorità
12
pubbliche facciano ricorso ad un’entità comune ai fini
dell’adempimento di un compito comune di servizio pubblico,
non è indispensabile che ciascuna di esse detenga da sola un
potere di controllo individuale su tale entità; ciononostante, il
controllo esercitato su quest’ultima non può fondarsi soltanto sul
potere di controllo dell’autorità pubblica che detiene una
partecipazione di maggioranza nel capitale dell’entità in
questione, e ciò perché, in caso contrario, verrebbe svuotata di
significato la nozione stessa di controllo congiunto.
Infatti, l’eventualità che un’amministrazione aggiudicatrice
abbia, nell’ambito di un’entità affidataria posseduta in comune,
una posizione inidonea a garantirle la benché minima possibilità
di partecipare al controllo di tale entità aprirebbe la strada ad
un’elusione dell’applicazione delle norme del diritto
dell’Unione in materia di appalti pubblici o di concessioni di
servizi, dal momento che una presenza puramente formale nella
compagine di tale entità o in un organo comune incaricato della
direzione della stessa dispenserebbe detta amministrazione
aggiudicatrice dall’obbligo di avviare una procedura di gara
d’appalto secondo le norme dell’Unione, nonostante essa non
prenda parte in alcun modo all’esercizio del «controllo analogo»
sull’entità in questione (v., in tal senso, sentenza del 21 luglio
2005, Coname). Ha poi concluso che: (a) il Consorzio CINECA non
aveva le caratteristiche per essere definito un
ente in house; (b) doveva escludersi (par. 23) che
la normativa di cui alle tre direttive UE 23, 24 e
25/2014 potesse, sul punto, qualificarsi self
executing.
Su quest’ultimo problema, il Consiglio di Stato ha
asserito:
In primo luogo, deve escludersi che la nuova direttiva,
nonostante il suo contenuto in alcune parti dettagliato, possa
ritenersi self-executing per la dirimente considerazione che è
ancora in corso il termine previsto per la sua attuazione da parte
dello Stato.
È vero che la giurisprudenza comunitaria riconosce una forma di
rilevanza giuridica alla direttiva anche prima che sia scaduto il
termine per il suo recepimento. Si tratta, però, di una rilevanza
giuridica certamente minore rispetto al c.d. effetto diretto (che
implica l’immediata applicazione della direttiva dettagliata ai
rapporti c.d. verticali), che si traduce semplicemente, in nome
13
del principio di leale collaborazione, in un dovere di standstill,
ovvero nel dovere per il legislatore di astenersi dall’adottare, nel
periodo interocorrente tra la pubblicazione della direttiva nella
GUUE e il termine assegnato per il suo recepimento, qualsiasi
misura che possa compromettere il conseguimento del risultato
prescritto (C. giust. 18 dicembre 1997, C-129/96, Inter-
EnvironnementVallonie) e per il giudice di astenersi da qualsiasi
forma di interpretazione o di applicazione del diritto nazionale
da cui possa derivare, dopo la scadenza del termine di
attuazione, la messa in pericolo del risultato voluto dalla
direttiva (C. giust. UE, 15 aprile 2008, C-268/08, Impact).
Non si tratta, quindi, del dovere di immediata applicazione o
dell’obbligo di interpretazione conforme (che operano solo dopo
che è scaduto il termine di recepimento), ma soltanto di un
obbligo negativo, che si sostanzia nel dovere di astenersi
dall’interpretazione difforme potenzialmente pregiudizievole per
i risultati che la direttiva intende conseguire.
Si tratta, in altri termini, di un obbligo attenuato rispetto a quello
di interpretazione conforme in quanto discende da un principio
sì fondamentale del diritto dell’Unione, quale è quello di leale
cooperazione, ma, pur tuttavia, gerarchicamente sotto ordinato a
quello del primato, il cui mancato rispetto mina la stessa essenza
dell’ordinamento dell’Unione.
Come è stato efficacemente evidenziato in dottrina, se l’obbligo
d'interpretazione conforme ha un valore prossimo all’effetto
diretto, lo stesso valore non può riconoscersi all’obbligo di
astensione da un’interpretazione difforme dal diritto dell’Unione
europea che non consente una lettura della norma interna
additiva, dovendosi altrimenti ritenere i due istituti giuridici
sovrapponibili.
La fattispecie in esame si colloca al di fuori dell’ambito di
questa limitata rilevanza giuridica “negativa” che
eccezionalmente può essere riconosciuta alla direttiva prima
della scadenza del termine di recepimento: le regole sull’in
house, di cui si fa applicazione nel presente giudizio, che
potenzialmente potrebbero contrastare con le previsioni della
nuova direttiva, sono, infatti, regole già esistenti
nell’ordinamento nazionale (non introdotte ex novo dal
legislatore nazionale in violazione del dovere di standstill) e
sono, inoltre, regole che trovano la loro fonte proprio
nell’ordinamento dell’Unione Europea, avendo esse origine
dalla sopra richiamata giurisprudenza della Corte di giustizia
che nel corso degli anni ha fissato rigorosi limiti alla operatività
dell’in house.
14
Non si può, quindi, ritenere che la mera pubblicazione della
direttiva determini, prima che sia scaduto il termine per il suo
recepimento, il superamento automatico e immediato di una
disciplina preesistente di derivazione comunitaria. E così:
Per ragioni analoghe, non appare corretto ritenere
immediatamente operativa la possibilità di partecipazione di
capitali privati house richiamando il c.d. obbligo di
interpretazione conforme da parte del giudice nazionale.
Nel caso di specie, invero,non risultano sussistenti i presupposti
per la c.d. interpretazione conforme o per il divieto di
interpretazione difforme, secondo quanto già esposto.
A venire in rilievo non è, infatti, una norma nazionale
“ambigua” o “plurivoca”, suscettibile di più interpretazioni, di
cui almeno una conforme al contenuto di una direttiva
comunitaria sopravvenuta.
Viene al contrario in rilievo una nozione di in house di
matrice comunitaria (elaborata da una giurisprudenza
pietrificata, tanto da costituire diritto vivente) che è univoca
nell’escludere la compatibilità dell’istituto con la
partecipazione di soggetti privati.
Ritenere da subito possibili forme di partecipazione di capitali
privati significherebbe, pertanto, disapplicare la fin qui
consolidata giurisprudenza comunitaria sui limiti all’in house,
dando prevalenza ad una nozione meno restrittiva prevista da
una direttiva sopravvenuta ancora in corso di recepimento.
Non si tratterebbe, quindi, di interpretare il diritto nazionale in
maniera conforme al diritto eurounitario sopravvenuto, ma, al
contrario, di disapplicare o correggere l’interpretazione fornita
dalla giurisprudenza della Corte di giustizia, per assicurarne la
conformità alla direttiva sopravvenuta, la quale, però, (non
essendo scaduto il termine di recepimento) non è ancora cogente
all’interno degli ordinamenti nazionali.
3. La legge Madia in punto in house.
Con la legge Madia (7-8-2015, n. 124), il
legislatore ha provveduto, con l’art. 18, al
“riordino della disciplina delle partecipazioni
societarie delle amministrazioni pubbliche”.
Tale articolo è formulato come segue:
15
1. Il decreto legislativo per il riordino della disciplina in
materia di partecipazioni societarie delle amministrazioni
pubbliche è adottato al fine prioritario di assicurare la
chiarezza della disciplina, la semplificazione normativa e la
tutela e promozione della concorrenza, con particolare
riferimento al superamento dei regimi transitori, nel rispetto
dei seguenti principi e criteri direttivi, che si aggiungono a
quelli di cui all'articolo 16:
a) distinzione tra tipi di società in relazione alle attività svolte,
agli interessi pubblici di riferimento, alla misura e qualità della
partecipazione e alla sua natura diretta o indiretta, alla modalità
diretta o mediante procedura di evidenza pubblica
dell'affidamento, nonché alla quotazione in borsa o all'emissione
di strumenti finanziari quotati nei mercati regolamentati, e
individuazione della relativa disciplina, anche in base al
principio di proporzionalità delle deroghe rispetto alla disciplina
privatistica, ivi compresa quella in materia di organizzazione e
crisi d'impresa;
b) ai fini della razionalizzazione e riduzione delle partecipazioni
pubbliche secondo criteri di efficienza, efficacia ed economicità,
ridefinizione della disciplina, delle condizioni e dei limiti per
la costituzione di società, l'assunzione e il mantenimento di
partecipazioni societarie da parte di amministrazioni pubbliche
entro il perimetro dei compiti istituzionali o di ambiti strategici
per la tutela di interessi pubblici rilevanti, quale la gestione di
servizi di interesse economico generale; applicazione dei
principi della presente lettera anche alle partecipazioni
pubbliche già in essere;
c) precisa definizione del regime delle responsabilità degli
amministratori delle amministrazioni partecipanti nonché dei
dipendenti e degli organi di gestione e di controllo delle società
partecipate;
d) definizione, al fine di assicurare la tutela degli interessi
pubblici, della corretta gestione delle risorse e la salvaguardia
dell'immagine del socio pubblico, dei requisiti e della garanzia
di onorabilità dei candidati e dei componenti degli organi di
amministrazione e controllo delle società, anche al fine di
garantirne l'autonomia rispetto agli enti proprietari;
e) razionalizzazione dei criteri pubblicistici per gli acquisti e
il reclutamento del personale, per i vincoli alle assunzioni e le
politiche retributive, finalizzati al contenimento dei costi,
16
tenendo conto delle distinzioni di cui alla lettera a) e
introducendo criteri di valutazione oggettivi, rapportati al valore
anche economico dei risultati; previsione che i risultati
economici positivi o negativi ottenuti assumano rilievo ai fini
del compenso economico variabile degli amministratori in
considerazione dell'obiettivo di migliorare la qualità del servizio
offerto ai cittadini e tenuto conto della congruità della tariffa e
del costo del servizio;
f) promozione della trasparenza e dell'efficienza attraverso
l'unificazione, la completezza e la massima intelligibilità dei dati
economico-patrimoniali e dei principali indicatori di efficienza,
nonché la loro pubblicità e accessibilità;
g) attuazione dell'articolo 151, comma 8, del testo unico di
cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, in materia di
consolidamento delle partecipazioni nei bilanci degli enti
proprietari;
h) eliminazione di sovrapposizioni tra regole e istituti
pubblicistici e privatistici ispirati alle medesime esigenze di
disciplina e controllo;
i) possibilità di piani di rientro per le società con bilanci in
disavanzo con eventuale commissariamento;
l) regolazione dei flussi finanziari, sotto qualsiasi forma, tra
amministrazione pubblica e società partecipate secondo i criteri
di parità di trattamento tra imprese pubbliche e private e
operatore di mercato;
m) con riferimento alle società partecipate dagli enti locali:
1) per le società che gestiscono servizi strumentali e funzioni
amministrative, definizione di criteri e procedure per la scelta
del modello societario e per l'internalizzazione nonché di
procedure, limiti e condizioni per l'assunzione, la conservazione
e la razionalizzazione di partecipazioni, anche in relazione al
numero dei dipendenti, al fatturato e ai risultati di gestione;
2) per le società che gestiscono servizi pubblici di interesse
economico generale, individuazione di un numero massimo di
esercizi con perdite di bilancio che comportino obblighi di
liquidazione delle società, nonché definizione, in conformità con
la disciplina dell'Unione europea, di criteri e strumenti di
gestione volti ad assicurare il perseguimento dell'interesse
pubblico e ad evitare effetti distorsivi sulla concorrenza, anche
attraverso la disciplina dei contratti di servizio e delle carte dei
diritti degli utenti e attraverso forme di controllo sulla gestione e
sulla qualità dei servizi;
3) rafforzamento delle misure volte a garantire il
raggiungimento di obiettivi di qualità, efficienza, efficacia ed
17
economicità, anche attraverso la riduzione dell'entità e del
numero delle partecipazioni e l'incentivazione dei processi di
aggregazione, intervenendo sulla disciplina dei rapporti
finanziari tra ente locale e società partecipate nel rispetto degli
equilibri di finanza pubblica e al fine di una maggior
trasparenza;
4) promozione della trasparenza mediante pubblicazione, nel
sito internet degli enti locali e delle società partecipate
interessati, dei dati economico-patrimoniali e di indicatori di
efficienza, sulla base di modelli generali che consentano il
confronto, anche ai fini del rafforzamento e della
semplificazione dei processi di armonizzazione dei sistemi
contabili e degli schemi di bilancio delle amministrazioni
pubbliche partecipanti e delle società partecipate;
5) introduzione di un sistema sanzionatorio per la mancata
attuazione dei principi di razionalizzazione e riduzione di cui
al presente articolo, basato anche sulla riduzione dei
trasferimenti dello Stato alle amministrazioni che non
ottemperano alle disposizioni in materia;
6) introduzione di strumenti, anche contrattuali, volti a
favorire la tutela dei livelli occupazionali nei processi di
ristrutturazione e privatizzazione relativi alle società partecipate;
7) ai fini del rafforzamento del sistema dei controlli interni
previsti dal testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto
2000, n. 267, revisione degli obblighi di trasparenza e di
rendicontazione delle società partecipate nei confronti degli
enti locali soci, attraverso specifici flussi informativi che
rendano analizzabili e confrontabili i dati economici e industriali
del servizio, gli obblighi di servizio pubblico imposti e gli
standard di qualità, per ciascun servizio o attività svolta dalle
società medesime nell'esecuzione dei compiti affidati, anche
attraverso l'adozione e la predisposizione di appositi schemi di
contabilità separata.
(La grassettarura è dello scrivente).
3.1. Il 20 gennaio 2016 il Consiglio dei Ministri
ha licenziato la bozza del “Testo Unico sulle
società a partecipazione pubblica” con ben 29
articoli.
3.2. Il Consiglio dei Ministri, sulla base
dell’art. 19 della l. 124/20163, ha poi redatto la
3 L’art. 19 della l. 124/2015, è formulato come segue:
18
Art. 19. Riordino della disciplina dei servizi pubblici locali di interesse
economico generale 1. Il decreto legislativo per il riordino della disciplina in materia di servizi
pubblici locali di interesse economico generale è adottato, senza nuovi o
maggiori oneri per la finanza pubblica, nel rispetto dei seguenti principi e
criteri direttivi, che si aggiungono a quelli di cui all'articolo 16:
a) riconoscimento, quale funzione fondamentale dei comuni e delle città
metropolitane, da esercitare nel rispetto dei principi e dei criteri dettati dalla
normativa europea e dalla legge statale, dell'individuazione delle attività di
interesse generale il cui svolgimento è necessario al fine di assicurare la
soddisfazione dei bisogni degli appartenenti alle comunità locali, in
condizioni di accessibilità fisica ed economica, di continuità e non
discriminazione, e ai migliori livelli di qualità e sicurezza, così da garantire
l'omogeneità dello sviluppo e la coesione sociale;
b) soppressione, previa ricognizione, dei regimi di esclusiva, comunque
denominati, non conformi ai principi generali in materia di concorrenza e
comunque non indispensabili per assicurare la qualità e l'efficienza del
servizio;
c) individuazione della disciplina generale in materia di regolazione e
organizzazione dei servizi di interesse economico generale di ambito locale,
compresa la definizione dei criteri per l'attribuzione di diritti speciali o
esclusivi, in base ai principi di adeguatezza, sussidiarietà e proporzionalità e
in conformità alle direttive europee; con particolare riferimento alle società in
partecipazione pubblica operanti nei servizi idrici, risoluzione delle antinomie
normative in base ai principi del diritto dell'Unione europea, tenendo conto
dell'esito del referendum abrogativo del 12 e 13 giugno 2011;
d) definizione, anche mediante rinvio alle normative di settore e
armonizzazione delle stesse, dei criteri per l'organizzazione territoriale
ottimale dei servizi pubblici locali di rilevanza economica;
e) individuazione, anche per tutti i casi in cui non sussistano i presupposti
della concorrenza nel mercato, delle modalità di gestione o di conferimento
della gestione dei servizi nel rispetto dei principi dell'ordinamento europeo,
ivi compresi quelli in materia di auto-produzione, e dei principi generali
relativi ai contratti pubblici e, in particolare, dei principi di autonomia
organizzativa, economicità, efficacia, imparzialità, trasparenza, adeguata
pubblicità, non discriminazione, parità di trattamento, mutuo riconoscimento,
proporzionalità;
f) introduzione, nell'ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente, di
incentivi e meccanismi di premialità o di riequilibrio economico-finanziario
nei rapporti con i gestori per gli enti locali che favoriscono l'aggregazione
delle attività e delle gestioni secondo criteri di economicità ed efficienza,
ovvero l'eliminazione del controllo pubblico;
g) individuazione dei criteri per la definizione dei regimi tariffari che tengano
conto degli incrementi di produttività al fine di ridurre l'aggravio sui cittadini
e sulle imprese;
h) definizione delle modalità di tutela degli utenti dei servizi pubblici locali;
i) revisione delle discipline settoriali ai fini della loro armonizzazione e
coordinamento con la disciplina generale in materia di modalità di
affidamento dei servizi;
l) previsione di una netta distinzione tra le funzioni di regolazione e controllo
e le funzioni di gestione dei servizi, anche attraverso la modifica della
19
bozza del “Testo Unico sui servizi locali”.
3.3. La Commissione speciale del Consiglio di
Stato, vista la relazione n. 117/16/UL/P del 25-2-
2016 con la quale il Ministro per la
semplificazione e la pubblica amministrazione ha
chiesto il parere del Consiglio di Stato sul Testo
Unico sub 3.1., ha emanato il “Parere” di cui si è
parlato sub 1. e 3.1.
3.4. Siccome detto parere è fortemente critico nei
confronti del T.U. sulle partecipate, diventa
disciplina sulle incompatibilità o sull'inconferibilità di incarichi o cariche;
m) revisione della disciplina dei regimi di proprietà e gestione delle reti, degli
impianti e delle altre dotazioni, nonché di cessione dei beni in caso di
subentro, in base a principi di tutela e valorizzazione della proprietà pubblica,
di efficienza, di promozione della concorrenza, di contenimento dei costi di
gestione, di semplificazione;
n) individuazione e allocazione dei poteri di regolazione e controllo tra i
diversi livelli di governo e le autorità indipendenti, al fine di assicurare la
trasparenza nella gestione e nell'erogazione dei servizi, di garantire
l'eliminazione degli sprechi, di tendere al continuo contenimento dei costi
aumentando nel contempo gli standard qualitativi dei servizi;
o) previsione di adeguati strumenti di tutela non giurisdizionale per gli utenti
dei servizi;
p) introduzione e potenziamento di forme di consultazione dei cittadini e di
partecipazione diretta alla formulazione di direttive alle amministrazioni
pubbliche e alle società di servizi sulla qualità e sui costi degli stessi;
q) promozione di strumenti per supportare gli enti proprietari nelle attività
previste all'articolo 18, per favorire investimenti nel settore dei servizi
pubblici locali e per agevolare i processi di razionalizzazione, riduzione e
miglioramento delle aziende che operano nel settore;
r) previsione di termini e modalità per l'adeguamento degli attuali regimi alla
nuova disciplina;
s) definizione del regime delle sanzioni e degli interventi sostitutivi, in caso
di violazione della disciplina in materia;
t) armonizzazione con la disciplina generale delle disposizioni speciali
vigenti nei servizi pubblici locali, relative alla disciplina giuridica dei rapporti
di lavoro;
u) definizione di strumenti per la trasparenza e la pubblicizzazione dei
contratti di servizio, relativi a servizi pubblici locali di interesse economico
generale, da parte degli enti affidanti anche attraverso la definizione di
contratti di servizio tipo per ciascun servizio pubblico locale di interesse
economico generale;
v) definizione di strumenti di rilevazione, anche attraverso banche dati
nazionali già costituite, dei dati economici e industriali, degli obblighi di
servizio pubblico imposti e degli standard di qualità, nel rispetto dei principi
dettati dalla normativa nazionale in materia di trasparenza.
20
forse prematuro un puntuale commento di tale
bozza.
3.5. La Commissione speciale del Consiglio di
Stato, vista la relazione n. 122/16/ULP dell’1-3-
2016, con la quale il Ministro per la
semplificazione e la pubblica amministrazione ha
chiesto il parere del Consiglio di Stato in merito
al TU sui servizi pubblici, ha emanato detto
parere il 3 maggio 2016, n. 1075.
3.6. Volendo, comunque, anticipare qualche
considerazione in merito alle società in house, si
può sinteticamente asserire che: (1) la nuova
normativa comunitaria di cui alle tre direttive
23, 24 e 25/2014 UE delinea un istituto in parte
nuovo perché apre, entro certi limiti, ai capitali
privati; (2)la legge Madia contempla la società in
house come un “tipo” a parte di società (art.
18/1, lett. a) e m), anche se tende, parrebbe, ad
una “privatizzazione” dell’istituto (art. 1, lett.
d) laddove si parla di “autonomia [della società]
rispetto agli enti proprietari”: ma non è detto
che tale prescrizione si riferisca all’istituto
dell’in house, come non è chiaro cosa voglia
significare la “eliminazione di sovrapposizione
tra regole e istituti pubblicistici e privatistici
ispirati alle medesime esigenze di disciplina e di
controllo” di cui all’art. 18, lett. h).
3.6.1. Nella bozza del TU sulle società
partecipate, i riferimenti all’istituto dell’in
house sono poi numerosi: si possono vedere gli
articoli 2 (allorchè vengono definite le locuzioni
di “controllo analogo”, “controllo analogo
congiunto”), 12 (che fa riferimento al “danno
erariale”), 16 (sulle società a controllo pubblico
titolari di affidamenti diretti e di contratti
pubblici che richiama esplicitamente l’art. 12
della direttiva 24/2014/UE) e 29 (che abroga una
serie di testi normativi di cui alcuni, se non la
maggioranza, riferibili alla società in house:
21
v.si Appendice 3).
Non solo: la normativa del citato TU va
coordinata: (1) con quella sui servizi pubblici di
interesse economico generale” (la bozza del
relativo TU fa esplicito riferimento
all’affidamento in house all’art. 7, comma 1,
lett. c) e comma 3, ma è prevedibile che tale
forma di gestione rimanga prevalente); (2) con
quella degli appalti pubblici (d.lg. 50/2016)
laddove in presenza di società in house sono
ammessi affidamenti diretti (v.si, in particolare,
l’art. 192 del d.lg. 50/2016).
3.6.2. (i) Comunque, e volendo individuare alcuni punti di tale bozza, si può anticipare che –alla luce dei principi di “chiarezza della disciplina”, “semplificazione normativa” e “tutela e promozione della concorrenza”- il TU dovrebbe superare i “regimi transitori”: le norme di cui agli artt. 23-27 –relative all’arbitrato [23], alla revisione straordinaria delle partecipazioni [25], alle disposizioni transitorie in materia di personale [26], ad altre disposizioni [27]- dovrebbero comportare il superamento dei testi normativi elencati nell’Appendice 2 del presente scritto (e ciò a parte i testi normativi esplicitamente abrogati dall’art. 29). (ii) Non solo: Il TU dovrebbe enucleare diversi “tipi” di società “in relazione alle attività svolte, agli interessi pubblici di riferimento, alla misura e qualità della partecipazione e alla sua natura diretta o indiretta, alla modalità diretta o mediante procedura di evidenza pubblica dell’affidamento, nonché alla quotazione in borsa o all’emissione di strumenti finanziari quotati nei mercati regolamentati, ivi compresa quella di organizzazione e crisi di impresa”: in realtà il TU, al di là dei principi di cui all’art. 1 e alle definizioni di cui all’art. 2, non individua alcun “tipo” di società: rinvia, solo, all’art. 3, a due tipi: quello di “società limitata a controllo pubblico” (per il quale è prevista “la nomina dell’organo di controllo o di un revisore”) e quello della “società per azioni a controllo pubblico” (per il quale “… la revisione legale dei conti non può essere affidata al collegio sindacale”). (iii) L’art. 4 (Finalità perseguibili mediante l’acquisizione e la gestione di partecipazioni pubbliche), dopo le limitazioni del comma 1 (per il quale “Le amministrazioni pubbliche non possono costituire società aventi per oggetto attività di produzione di beni e servizi non strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali, né acquisire o mantenere, direttamente o indirettamente, partecipazioni, anche di minoranza, in tali società”) sembra elencare i “tipi” di cui all’art. 18/1, lett. a) della legge delega affermando:
22
2. Nei limiti di cui al comma 1, le amministrazioni pubbliche possono, direttamente o indirettamente, costituire società e acquisire o mantenere partecipazioni in società esclusivamente per lo svolgimento delle attività sotto indicate: a) produzione di un servizio di interesse generale; b) progettazione e realizzazione di un’opera pubblica sulla base di un accordo di programma fra amministrazioni pubbliche, ai sensi dell’articolo 172 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163; c) realizzazione e gestione di un’opera ovvero organizzazione e gestione di un servizio d’interesse generale in regime di partenariato con un imprenditore privato, selezionato con le modalità di cui all’articolo 7, comma 5, del presente decreto, in funzione dell’affidamento dell’opera o del servizio; d) autoproduzione di beni o servizi strumentali all’ente o agli enti pubblici partecipanti, nel rispetto delle condizioni stabilite dalle direttive europee in materia di contratti pubblici e della relativa disciplina nazionale di recepimento; e) servizi di committenza apprestati a supporto di enti senza scopo di lucro e di amministrazioni aggiudicatrici di cui all'articolo 3, comma 25, del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163. 3. Al solo fine di ottimizzare e valorizzare l’utilizzo di beni immobili facenti parte del proprio patrimonio, le amministrazioni pubbliche possono, altresì, anche in deroga al comma 1, acquisire partecipazioni in società tramite il conferimento di beni immobili allo scopo di realizzare un investimento secondo criteri propri di un qualsiasi operatore di mercato. 4. Le società a controllo pubblico titolari di affidamenti diretti di contratti pubblici hanno come oggetto sociale esclusivo le attività di cui alle lettere a), b), d) ed e) di cui al comma 2. Salvo quanto previsto al successivo articolo 16, tali società operano in via prevalente con gli enti costituenti o partecipanti o affidanti.
(iv) L’art. 5, a sviluppo della norma limitativa del precedente art. 4/1 , esige che: (1) l’atto di costituzione di una società a partecipazione pubblica o quello di acquisto di partecipazioni sia “analiticamente motivato” e rispettoso dei principi del diritto europeo, specie in materia di “aiuti di Stato” di cui all’art. 87 (ex 92) del Trattato; (2) tale atto deliberativo sia sottoposto a “forme di consultazione pubblica” e (3) inviato alla sezione della Corte dei Conti competente. L’art. 7, poi, detta specifiche regole in ordine alle competenze dello Stato, delle Regioni, dei Comuni e di ogni altro ente pubblico, per la costituzione
23
di società a partecipazione pubblica. L’art. 8 detta norme analoghe per l’acquisto di partecipazioni in società già costituite. (v) Il TU, all’art. 6, delinea una struttura societaria fortemente limitata quanto a controlli. Detto articolo (I Principi fondamentali sull’organizzazione e sulla gestione delle società a controllo pubblico) è formulato come segue:
1. Le società a controllo pubblico, che svolgano attività economiche protette da diritti speciali o esclusivi, insieme con altre attività svolte in regime di economia di mercato, in deroga all’obbligo di separazione societaria previsto dal comma 2-bis dell’articolo 8 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, adottano sistemi di contabilità separata per le attività oggetto di diritti speciali o esclusivi e per ciascuna attività. 2. Le società a controllo pubblico predispongono specifici programmi di valutazione del rischio di crisi aziendale e ne informano l’assemblea nell’ambito della relazione di cui al comma 4. 3. Fatte salve le funzioni degli organi di controllo previsti a norma di legge e di statuto, le società a controllo pubblico valutano l’opportunità di integrare, in considerazione delle dimensioni e delle caratteristiche organizzative nonché dell’attività svolta, gli strumenti di governo societario con i seguenti: a) regolamenti interni volti a garantire la conformità dell’attività della società alle norme di tutela della concorrenza, comprese quelle in materia di concorrenza sleale, nonché alle norme di tutela della proprietà industriale o intellettuale; b) un ufficio di controllo interno strutturato secondo criteri di adeguatezza rispetto alla dimensione e alla complessità dell’impresa sociale, che collabora con l’organo di controllo statutario, riscontrando tempestivamente le richieste da questo provenienti, e trasmette periodicamente all’organo di controllo statutario relazioni sulla regolarità e l’efficienza della gestione; c) codici di condotta propri, o adesione a codici di condotta collettivi aventi a oggetto la disciplina dei comportamenti imprenditoriali nei confronti di consumatori, utenti, dipendenti e collaboratori, nonché altri portatori di legittimi interessi coinvolti nell’attività della società; d) programmi di responsabilità sociale d’impresa, in conformità alle raccomandazioni della Commissione dell’Unione europea. 4. Gli strumenti eventualmente adottati ai sensi del comma 3 sono indicati nella relazione sul governo societario che le società controllate predispongono annualmente, a chiusura
24
dell’esercizio sociale e pubblicano contestualmente al bilancio d’esercizio. 5. Qualora le società a controllo pubblico non integrino gli strumenti di governo societario con quelli di cui al comma 3, danno conto delle ragioni all’interno della relazione di cui al comma 4.
La normativa dell’art. 6 va coordinata: -con quella dell’art. 15 (Monitoraggio, indirizzo e coordinamento sulle società a partecipazione pubblica) per il quale:
1. Il Ministro dell’economia e delle finanze individua, nell’ambito della organizzazione e delle risorse disponibili del Ministero a legislazione vigente, la struttura competente per il controllo e il monitoraggio sull’attuazione del presente decreto. 2. Fatte salve le norme di settore e le competenze dalle stesse previste, ai fini dell’applicazione delle disposizioni del presente decreto e del decreto legislativo 11 novembre 2003, n. 333, la struttura di cui al comma 1 fornisce orientamenti in materia di applicazione del presente decreto e promuove le migliori pratiche presso le società a partecipazione pubblica, adotta nei confronti delle stesse società le direttive sulla separazione contabile e verifica il loro rispetto, ivi compresa la relativa trasparenza. 3. La struttura di cui al comma 1 tiene un elenco pubblico, accessibile anche in via telematica, di tutte le società a partecipazione pubblica esistenti, utilizzando le informazioni della banca dati di cui all’articolo 17, comma 4, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114. 4. Fermo restando quanto disposto dal citato articolo 17, comma 4, del decreto-legge n. 90 del 2014, le amministrazioni pubbliche e le società a partecipazione pubblica inviano alla struttura cui al comma 1, con le modalità e nei termini da essa stabiliti, le segnalazioni periodiche e ogni altro dato o documento richiesto. Esse trasmettono anche i bilanci e gli altri documenti obbligatori, di cui all’articolo 6 del presente decreto, con le modalità e nei termini stabiliti dalla medesima struttura. 5. In relazione agli obblighi previsti dal presente decreto, i poteri ispettivi di cui all’articolo 6, comma 3, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, sono esercitati nei confronti di tutte le società a partecipazione pubblica.
-con quella dell’art. 11 (Organi amministrativi e di controllo delle società a controllo pubblico) per il quale:
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1. Salvi gli ulteriori requisiti previsti dallo statuto, i componenti degli organi amministrativi di società a controllo pubblico devono possedere i requisiti di onorabilità, professionalità e autonomia stabiliti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze. Resta fermo quanto disposto dall’articolo 12 del decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39, e dall'articolo 5, comma 9, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135. 2. L’organo amministrativo delle società a controllo pubblico è costituito, di norma, da un amministratore unico. 3. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e finanze, di concerto con il Ministro delegato per la semplificazione e la pubblica amministrazione, adottato entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono definiti i criteri in base ai quali, per specifiche ragioni di adeguatezza organizzativa, l’assemblea della società a controllo pubblico può disporre che la società sia amministrata da un consiglio di amministrazione composto da tre o cinque membri, ovvero che sia adottato uno dei sistemi alternativi di amministrazione e controllo previsti dai paragrafi 5 e 6 della sezione VI-bis del capo V del titolo V del libro V del codice civile. In caso di adozione del sistema dualistico, al consiglio di sorveglianza sono attribuiti i poteri di cui all’articolo 2409-terdecies, primo comma, lettera f-bis), del codice civile. Nel caso in cui sia adottato uno dei sistemi alternativi, il numero complessivo dei componenti degli organi di amministrazione e controllo non può essere superiore a cinque. 4. Qualora la società abbia un organo amministrativo collegiale, lo statuto prevede che la scelta degli amministratori da eleggere sia effettuata in base a un criterio che assicuri l’equilibrio tra i generi. 5. Quando la società a controllo pubblico sia costituita in forma di società a responsabilità limitata, non è consentito, in deroga all’articolo 2475, terzo comma, del codice civile, prevedere che l’amministrazione sia affidata, disgiuntamente o congiuntamente, a due o più soci. 6. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da emanare entro il 30 aprile 2016, sentita la Conferenza unificata per i profili di competenza, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti, per le società in controllo pubblico sono definiti indicatori dimensionali quantitativi e qualitativi al fine di individuare fino a cinque fasce per la classificazione
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delle suddette società. Per ciascuna fascia è determinato, in proporzione, il limite dei compensi massimi al quale gli organi di dette società devono fare riferimento, secondo criteri oggettivi e trasparenti, per la determinazione del trattamento economico annuo onnicomprensivo da corrispondere agli amministratori, ai titolari e componenti degli organi di controllo, ai dirigenti e ai dipendenti, che non potrà comunque eccedere il limite massimo di euro 240.000 annui al lordo dei contributi previdenziali e assistenziali e degli oneri fiscali a carico del beneficiario, tenuto conto anche dei compensi corrisposti da altre pubbliche amministrazioni. Le stesse società verificano il rispetto del limite massimo del trattamento economico annuo onnicomprensivo dei propri amministratori e dipendenti fissato con il suddetto decreto. Sono in ogni caso fatte salve le disposizioni legislative e regolamentari che prevedono limiti ai compensi inferiori a quelli previsti dal decreto di cui al presente comma. Il decreto stabilisce altresì i criteri di determinazione della parte variabile della remunerazione, commisurata ai risultati di bilancio raggiunti dalla società nel corso dell’esercizio precedente. In caso di risultati negativi attribuibili alla responsabilità dell’amministratore, la parte variabile non può essere corrisposta. 7. Fino all’emanazione del decreto di cui al comma 6 restano in vigore le disposizioni di cui all’articolo 4, comma 4, secondo periodo, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, e successive modificazioni, e al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 24 dicembre 2013, n. 166. 8. Gli amministratori delle società in controllo pubblico non possono essere dipendenti di amministrazioni pubbliche. Qualora siano dipendenti della società controllante, in virtù del principio di onnicomprensività della retribuzione, fatto salvo il diritto alla copertura assicurativa e al rimborso delle spese documentate, nel rispetto del limite di spesa di cui al comma 6, essi hanno l'obbligo di riversare i relativi compensi alla società di appartenenza. Dall’applicazione del presente comma non possono derivare aumenti della spesa complessiva per i compensi degli amministratori. 9. Gli statuti delle società a controllo pubblico prevedono altresì: a) l’attribuzione da parte del consiglio di amministrazione di deleghe di gestione a un solo amministratore, salva l’attribuzione di deleghe al presidente ove preventivamente
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autorizzata dall’assemblea; b) l’esclusione della carica di vicepresidente o la previsione che la carica stessa sia attribuita esclusivamente quale modalità di individuazione del sostituto del presidente in caso di assenza o impedimento, senza riconoscimento di compensi aggiuntivi; c) il divieto di corrispondere gettoni di presenza o premi di risultato deliberati dopo lo svolgimento dell’attività, o trattamenti di fine mandato, ai componenti degli organi sociali; d) il divieto di istituire organi diversi da quelli previsti dalle norme generali in tema di società. 10. È comunque fatto divieto di corrispondere agli amministratori o ai dirigenti delle società in controllo pubblico indennità o trattamenti di fine mandato diversi o ulteriori rispetto a quelli previsti dalla legge o dalla contrattazione collettiva ovvero di stipulare patti o accordi di non concorrenza, anche ai sensi dell’articolo 2125 del codice civile. 11. Nelle società di cui amministrazioni pubbliche detengono il controllo indiretto, non è consentito nominare, nei consigli di amministrazione o di gestione, amministratori della società controllante, a meno che siano attribuite ai medesimi deleghe gestionali a carattere continuativo ovvero che la nomina risponda all’esigenza di rendere disponibili alla società controllata particolari e comprovate competenze tecniche degli amministratori della società controllante o di favorire l’esercizio dell’attività di direzione e coordinamento. 12. Coloro che hanno un rapporto di lavoro con società a controllo pubblico e che sono al tempo stesso componenti degli organi di amministrazione della società con cui è instaurato il rapporto di lavoro, sono collocati in aspettativa non retribuita e con sospensione della loro iscrizione ai competenti istituti di previdenza e di assistenza, salvo che rinuncino ai compensi dovuti a qualunque titolo agli amministratori. 13. Le società a controllo pubblico limitano ai casi previsti dalla legge la costituzione di comitati con funzioni consultive o di proposta. Per il caso di loro costituzione, non può comunque essere riconosciuta ai componenti di tali comitati alcuna remunerazione complessivamente superiore al 30 per cento del compenso deliberato per la carica di componente dell’organo amministrativo e comunque proporzionata alla qualificazione professionale e all’entità dell’impegno richiesto. 14. Restano ferme le disposizioni in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi di cui al decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39. 15. Agli organi di amministrazione e controllo delle società di
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cui all’articolo 16 si applica il decreto-legge 16 maggio 1994, n. 293, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 1994, n. 444.
-e con quella dell’art. 13 (Controllo finanziario sull’amministrazione di società a controllo pubblico), per il quale:
1. Nelle società a controllo pubblico, in deroga ai limiti minimi di partecipazione previsti dall’articolo 2409 del codice civile, ciascuna amministrazione pubblica socia, indipendentemente dall’entità della partecipazione di cui è titolare, è legittimata a presentare denunzia di gravi irregolarità al tribunale. 2. Il presente articolo si applica anche alle società a controllo pubblico costituite in forma di società a responsabilità limitata.
Non solo: l’art. 20 del TU (Razionalizzazione periodica delle partecipazioni pubbliche), sempre in tema di “controlli”, è così formulata:
1. Fermo quanto previsto dall’articolo 25, comma 1, le amministrazioni pubbliche effettuano annualmente, con proprio provvedimento, un’analisi dell’assetto complessivo delle società in cui detengono partecipazioni, dirette o indirette, predisponendo, ove ricorrano i presupposti di cui al comma 2, un piano di riassetto perla loro razionalizzazione, fusione o soppressione, anche mediante messa in liquidazione o cessione. Fatto salvo quanto previsto dall’articolo 17, comma 4, del decreto-legge 24 giugno, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114, le amministrazioni che non detengono alcuna partecipazione lo comunicano alla sezione della Corte dei conti competente ai sensi dell’articolo 5, comma 4, e alla struttura di cui all’articolo 15. 2. I piani di razionalizzazione, corredati di un’apposita relazione tecnica, con specifica indicazione di modalità e tempi di attuazione, sono adottati ove, in sede di analisi di cui al comma 1, le amministrazioni pubbliche rilevino: a) partecipazioni societarie che non rientrino in alcuna delle categorie di cui all’articolo 4; b) società che risultino prive di dipendenti o abbiano un numero di amministratori superiore a quello dei dipendenti; c) partecipazioni in società che svolgono attività analoghe o similari a quelle svolte da altre società partecipate o da enti pubblici strumentali; d) partecipazioni in società che, nel triennio precedente, abbiano conseguito un fatturato medio non superiore a un milione di euro; e) partecipazioni in società diverse da quelle costituite per la
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gestione di un servizio d’interesse generale che abbiano prodotto un risultato negativo per quattro dei cinque esercizi precedenti; f) necessità di contenimento dei costi di funzionamento; g) necessità di aggregazione di società aventi ad oggetto le attività consentite all’articolo 4. 3. I provvedimenti di cui ai commi 1 e 2 sono adottati entro il 31 dicembre di ogni anno e sono trasmessi con le modalità di cui all’articolo 17 del decreto-legge n. 90 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge di conversione 11 agosto 2014, n. 114 e rese disponibili alla struttura di cui all’articolo 15 e alla sezione di controllo della Corte dei conti competente ai sensi dell’articolo 5, comma 4. 4. In caso di adozione del piano di razionalizzazione, entro il 31 dicembre dell’anno successivo le pubbliche amministrazioni approvano una relazione sull’attuazione del piano, evidenziando i risultati conseguiti, e la trasmettono alla struttura di cui all’articolo 15 e alla sezione di controllo della Corte dei conti competente ai sensi dell’articolo 5, comma 4. 5. I piani di riassetto possono prevedere anche la dismissione o l’assegnazione in virtù di operazioni straordinarie delle partecipazioni societarie acquistate anche per espressa previsione normativa. I relativi atti di scioglimento delle società o di alienazione delle partecipazioni sociali sono disciplinati, salvo quanto diversamente disposto nel presente decreto, dalle disposizioni del codice civile e sono compiuti anche in deroga alla previsione normativa originaria riguardante la costituzione della società o l’acquisto della partecipazione. 6. Resta ferma la disposizione dell’articolo 1, comma 568-bis, della legge 27 dicembre 2013, n. 147. 7. La mancata adozione degli atti di cui ai commi da 1 a 4 comporta la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da un minimo di euro 5.000 a un massimo di euro 500.000, salvo il danno eventualmente rilevato in sede di giudizio amministrativo contabile, comminata dalla competente sezione giurisdizionale regionale della Corte dei conti" . Si applica l’articolo 25, commi 5, 6, 7, 8 e 9. 8. Resta fermo quanto previsto dall’articolo 29, comma 1-ter, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, e dall’articolo 1, commi da 611 a 616, della legge 23 dicembre 2014, n. 190. 9. Entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto, il conservatore del registro delle imprese cancella d’ufficio dal registro delle imprese, con gli effetti previsti
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dall’articolo 2495 del codice civile, le società a controllo pubblico che, per oltre tre anni consecutivi, non abbiano depositato il bilancio d’esercizio ovvero non abbiano compiuto atti di gestione. Prima di procedere alla cancellazione, il conservatore comunica l’avvio del procedimento agli amministratori o ai liquidatori, che possono, entro 60 giorni, presentare formale e motivata domanda di prosecuzione dell’attività, corredata dell’atto deliberativo delle amministrazioni pubbliche socie, adottata nelle forme e con i contenuti previsti dall’articolo 5. In caso di regolare presentazione della domanda, non si dà seguito al procedimento di cancellazione. Unioncamere presenta, entro due anni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, alla struttura di cui all’articolo 15, una dettagliata relazione sullo stato di attuazione della presente norma.
(vi) Gli artt. 9 e 10, disciplinano, rispettivamente, la gestione delle partecipazioni pubbliche e l’alienazione di partecipazioni sociali. (vii) L’art. 12 disciplina le responsabilità degli enti partecipanti e dei componenti degli organi delle società partecipate ed è formulato come segue:
1. I componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società partecipate sono soggetti alle azioni civili di responsabilità previste dalla disciplina ordinaria delle società di capitali, salvo il danno erariale. 2. Costituisce danno erariale esclusivamente il danno, patrimoniale o non patrimoniale, subito dagli enti partecipanti, ivi compreso il danno conseguente alla condotta dei rappresentanti degli enti pubblici partecipanti o comunque dei titolari del potere di decidere per essi, che abbiano con dolo o colpa grave trascurato di esercitare i propri diritti di socio, pregiudicando il valore della partecipazione.
(vii) L’art. 14 (Crisi d’impresa di società a controllo pubblico) –che non pare essere conseguenza ragionevole dell’art. 18/1, lett. a) ed i) della legge delega- sottopone alle procedure fallimentari le “società a controllo pubblico” e quelle “a partecipazione pubblica”. L’articolo è così formulato:
1. Le società a partecipazione pubblica sono soggette alle disposizioni sul fallimento e sul concordato preventivo, nonché, ove ne ricorrano i presupposti, a quelle in materia di amministrazione straordinaria delle grandi imprese insolventi di cui al decreto legislativo 8 luglio, 1999, n. 270, e al decreto-legge 23 dicembre 2003, n. 347, convertito, con modificazioni,
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dalla legge 18 febbraio 2004, n. 39. 2. Qualora emergano, nell’ambito dei programmi di valutazione del rischio di cui all’articolo 6, comma 3, uno o più indicatori di crisi aziendale, l’organo amministrativo della società a controllo pubblico adotta senza indugio i provvedimenti necessari al fine di prevenire l’aggravamento della crisi, di correggerne gli effetti ed eliminarne le cause, attraverso un idoneo piano di risanamento. 3. Quando si determini la situazione di cui al comma 1, la mancata adozione di provvedimenti adeguati, da parte dell’organo amministrativo, costituisce grave irregolarità ai sensi dell’articolo 2409 del codice civile. 4. Non costituisce provvedimento adeguato, ai sensi dei commi 1 e 2, la previsione di un ripianamento delle perdite da parte dell’amministrazione o delle amministrazioni pubbliche socie, anche se attuato in concomitanza a un aumento di capitale o ad un trasferimento straordinario di partecipazioni o al rilascio di garanzie o in qualsiasi altra forma giuridica, a meno che tale intervento sia accompagnato da un piano di ristrutturazione aziendale, dal quale risulti comprovata la sussistenza di concrete prospettive di recupero dell’equilibrio economico delle attività svolte, approvato ai sensi del comma 4, anche in deroga al comma 5. 5. Le amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, non possono, salvo quanto previsto dagli articoli 2447 e 2482-ter del codice civile, effettuare aumenti di capitale, trasferimenti straordinari, aperture di credito, né rilasciare garanzie a favore delle società partecipate, con esclusione delle società quotate e degli istituti di credito, che abbiano registrato, per tre esercizi consecutivi, perdite di esercizio ovvero che abbiano utilizzato riserve disponibili per il ripianamento di perdite anche infrannuali. Sono in ogni caso consentiti i trasferimenti alle società di cui al primo periodo a fronte di convenzioni, contratti di servizio o di programma relativi allo svolgimento di servizi di pubblico interesse ovvero alla realizzazione di investimenti. Al fine di salvaguardare la continuità nella prestazione di servizi di pubblico interesse, a fronte di gravi pericoli per la sicurezza pubblica, l'ordine pubblico e la sanità, su richiesta della amministrazione interessata, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con gli altri Ministri competenti e soggetto a registrazione della Corte dei conti, possono essere autorizzati gli interventi di cui al primo periodo del presente comma.
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6. Nei cinque anni successivi alla dichiarazione di fallimento di una società a controllo pubblico titolare di affidamenti diretti, le pubbliche amministrazioni controllanti non possono costituire nuove società, né acquisire o mantenere partecipazioni in società, qualora le stesse gestiscano i medesimi servizi di quella dichiarata fallita.
L’art. 21 (Norme finanziarie sulle società partecipate dalle amministrazioni locali) è così formulato:
1. Nel caso in cui società partecipate dalle pubbliche amministrazioni locali comprese nell’elenco di cui all’articolo 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, presentino un risultato di esercizio negativo, le pubbliche amministrazioni locali partecipanti accantonano nell'anno successivo in apposito fondo vincolato un importo pari al risultato negativo non immediatamente ripianato, in misura proporzionale alla quota di partecipazione. Per le società che redigono il bilancio consolidato, il risultato di esercizio è quello relativo a tale bilancio. Limitatamente alle società che svolgono servizi pubblici a rete di rilevanza economica, per risultato si intende la differenza tra valore e costi della produzione ai sensi dell'articolo 2425 del codice civile. L'importo accantonato è reso disponibile in misura proporzionale alla quota di partecipazione nel caso in cui l'ente partecipante ripiani la perdita di esercizio o dismetta la partecipazione o il soggetto partecipato sia posto in liquidazione. Nel caso in cui i soggetti partecipati ripianino in tutto o in parte le perdite conseguite negli esercizi precedenti l'importo accantonato viene reso disponibile agli enti partecipanti in misura corrispondente e proporzionale alla quota di partecipazione. 2. Gli accantonamenti di cui al comma 1 si applicano a decorrere dall’anno 2015. In sede di prima applicazione, per gli anni 2015, 2016 e 2017: a) l'ente partecipante a società che hanno registrato nel triennio 2011-2013 un risultato medio negativo accantona, in proporzione alla quota di partecipazione, una somma pari alla differenza tra il risultato conseguito nell'esercizio precedente e il risultato medio 2011-2013 migliorato, rispettivamente, del 25 per cento per il 2014, del 50 per cento per il 2015 e del 75 per cento per il 2016; qualora il risultato negativo sia peggiore di quello medio registrato nel triennio 2011-2013, l'accantonamento è operato nella misura indicata dalla lettera b); b) l'ente partecipante a società che hanno registrato nel triennio
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2011-2013 un risultato medio non negativo accantona, in misura proporzionale alla quota di partecipazione, una somma pari al 25 per cento per il 2015, al 50 per cento per il 2016 e al 75 per cento per il 2017 del risultato negativo conseguito nell'esercizio precedente. 3. Le società a partecipazione di maggioranza, diretta e indiretta, delle pubbliche amministrazioni locali titolari di affidamento diretto da parte di soggetti pubblici per una quota superiore all’80 per cento del valore della produzione, che nei tre esercizi precedenti abbiano conseguito un risultato economico negativo, procedono alla riduzione del 30 per cento del compenso dei componenti degli organi di amministrazione. Il conseguimento di un risultato economico negativo per due anni consecutivi rappresenta giusta causa ai fini della revoca degli amministratori. Quanto previsto dal presente comma non si applica ai soggetti il cui risultato economico, benché negativo, sia coerente con un piano di risanamento preventivamente approvato dall'ente controllante.
(viii) Fondamentale è poi la norma di cui all’art. 27 (Altre disposizioni transitorie) per la quale:
1. Le società a controllo pubblico già costituite all’atto dell’entrata in vigore del presente decreto adeguano i propri statuti alle disposizioni del presente decreto entro il 31 dicembre 2016. 2. In via di prima applicazione, salve le deliberazioni adottate ai sensi dell’articolo 1, comma 6, l’articolo 4 del presente decreto non è applicabile alle società elencate nell’allegato A, nonché alle società che gestiscono fondi europei per conto dello Stato. 3. Le pubbliche amministrazioni possono comunque mantenere le partecipazioni in società quotate detenute al 31 dicembre 2015. 4. Nei diciotto mesi successivi alla sua entrata in vigore, il presente decreto non si applica alle società in partecipazione pubblica che abbiano deliberato la quotazione delle proprie azioni in mercati regolamentati con provvedimento comunicato alla Corte dei conti. Ove entro il suddetto termine la società interessata abbia presentato domanda di ammissione alla quotazione, il presente decreto continua a non applicarsi alla stessa società fino alla conclusione del procedimento di quotazione. 5. Ai fini dell’adozione del decreto di cui all’articolo 11, comma 6, rimane fermo il termine del 30 aprile 2016 previsto
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dall’articolo 1, comma 672, della legge 28 dicembre 2015, n. 208. 6. Al decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, sono apportate le seguenti modificazioni: a) all’articolo 11-quater, comma 1, le parole: “Si definisce” sono sostituite dalle seguenti: “Ai fini dell’elaborazione del bilancio consolidato, si definisce”; b) all’articolo 11-quinquies, comma 1, le parole: “Per società partecipata” sono sostituite dalle seguenti: “Ai fini dell’elaborazione del bilancio consolidato, per società partecipata”. 7. Le società in controllo pubblico si adeguano alle previsioni dell’articolo 11, comma 8, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto.
(ix) l’art. 29 contiene un elenco di testi normativi abrogati (v. Appendice
3). 4. Le società <<miste>>
Per delineare l’istituto dell’in house occorre
anche tenere conto delle società miste.
Facevano parte delle società di cui agli artt.
2449-2451 cc anche le società miste e cioè quelle
società partecipate da soggetti privati assieme a
soggetti pubblici.
4.1. Tali società erano previste a livello
comunitario (“Libro Verde”; Corte giust.CE, 15-10-
2009, C-196/08, Urb. e App. 2010, 156;
Comunicazione interpretativa della Commissione
sull’aggiudicazione del diritto comunitario degli
appalti pubblici e delle concessioni ai
partenariati pubblico-privati istituzionalizzati
(PPPI), in GUCE, 12 aprile 2008, C/81/4) e a
livello della giurisprudenza italiana (v.si, per
tutte Cons. St, AP 3-3-08, n. 1, in Urb. e App.,
2/2010, 1008; R. Rorigliano, Le società miste
secondo la Plenaria e l’Unione Europea, in Urb. e
App., 2008 1018-1019).
Merita trascrivere la massima della sent. Corte
Giust. CE, III, 15-10-2009, causa C 196/08, per la
quale:
Gli artt. 43, 49 e 86 CE non ostano all’affidamento diretto
di un servizio pubblico che preveda l’esecuzione preventiva
di determinati lavori a una società a capitale misto,
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pubblico e privato, nella quale il socio privato sia
selezionato mediante una procedura ad evidenza pubblica,
previa verifica dei requisiti finanziari, tecnici, operativi e di
gestione riferiti al servizio da svolgere e delle caratteristiche
dell’offerta in considerazione delle prestazioni da fornire, a
condizione che detta procedura di gara rispetti ai principi di
libera concorrenza, di trasparenza e di parità di trattamento
imposti dal Trattato CE per le concessioni
nonché quella della Plenaria n. 1/2008 per la
quale:
Il modello della società a capitale misto pubblico - privato,
che non va confuso con quello dell'in house providing, è visto
con favore a livello comunitario, dal momento che consente
alla pubblica amministrazione di acquisire know how e una
gestione più manageriale. Tuttavia, il ricorso allo strumento
della società mista si può prestare ad abusi, avendo spesso
costituito un espediente per aggirare la regola dell'affidamento
dei servizi sulla base di una procedura competitiva. Tale regola è
espressione dei principi del Trattato dell'U.E.; ossia del principio
di concorrenza e di quelli, che ne rappresentano attuazione e
corollario, di trasparenza, adeguata pubblicità, non
discriminazione e parità di trattamento, tutti principi
direttamente applicabili, a prescindere dalla ricorrenza di
specifiche norme comunitarie o interne e in modo prevalente su
eventuali disposizioni interne di segno contrario. Inoltre, la
messa in concorrenza è attuazione delle stesse regole
costituzionali di buon andamento e imparzialità, le quali, ai sensi
dell'art. 97 della Cost., devono guidare tutta l'azione
dell'amministrazione.
Pur non essendo elaborabile una soluzione univoca o un
modello definitivo, la legittimità dell'affidamento alla società
mista va valutato alla stregua dei principi già affermati dal
Consiglio di Stato in sede consultiva (III, n. 456/07). Applicandoli al caso di specie, l'affidamento del servizio alla
società mista risulta illegittimo perché:
a) i soci sono stati scelti alcuni anni prima dell'affidamento del
servizio alla società mista;
b) né l'originario statuto della società mista né gli atti della gara
preordinata alla scelta dei soci privati hanno previsto la
possibilità di estensione dell'attività della società stessa
nell'ambito dell'ente pubblico affidante;
e) la scelta dei soci è stata effettuata da amministrazione diversa
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da quella che ha dopo affidato il servizio alla società mista,
avendo acquisito una percentuale del capitale della società solo
alcuni anni successivi alla costituzione di quest'ultima;
d) la società mista non è stata appositamente costituita solo per
quella specifica attività in seguito oggetto di affidamento;
e) nella società mista non vi è il socio operativo che concorre
materialmente allo svolgimento del servizio ma tre tipi di soci:
finanziari, del settore sanitario e del settore non sanitario;
f) nella gestione del servizio, di tipo sanitario, affidato alla
società mista sono coinvolti indifferentemente tutti i soci, e
quindi anche quelli non del settore sanitario e quelli finanziari;
g) l'oggetto sociale della società mista è variegato e di ampie
dimensioni.
4.2. La bozza del TU sulle società a
partecipazione pubblica prevede le società miste
agli artt. 4/2, lett. c) e 17. In particolare,
l’art. 17 è formulato come segue:
1. Nelle società costituite per le finalità di cui all’articolo 4,
comma 2, lettera c), del presente decreto, la quota di
partecipazione del soggetto privato non può essere inferiore al
trenta per cento e la procedura di selezione pubblica del
medesimo si svolge nel rispetto dei criteri di cui all’articolo 7,
comma 5, e ha ad oggetto, al contempo, la sottoscrizione o
l’acquisto della partecipazione societaria da parte del socio
privato e l’affidamento del contratto di appalto o di concessione
oggetto esclusivo dell’attività della società mista.
2. Il socio privato deve possedere i requisiti di qualificazione
previsti da norme legali o regolamentari in relazione alla
prestazione per cui la società è stata costituita. All’avviso
pubblico sono allegati la bozza dello statuto e degli eventuali
accordi parasociali, nonché degli elementi essenziali del
contratto di servizio e dei disciplinari e regolamenti di
esecuzione che ne costituiscono parte integrante. Il bando di
gara deve specificare l’oggetto dell’affidamento, i necessari
requisiti di qualificazione generali e speciali di carattere tecnico
ed economico–finanziario dei concorrenti, nonché il criterio di
aggiudicazione che garantisca una valutazione delle offerte in
condizioni di concorrenza effettiva in modo da individuare un
vantaggio economico complessivo per l’amministrazione
pubblica che ha indetto la procedura. I criteri di aggiudicazione
possono includere, tra l’altro, aspetti qualitativi ambientali,
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sociali connessi all’oggetto dell’affidamento o relativi
all’innovazione.
3. La durata della partecipazione privata alla società, aggiudicata
ai sensi del comma 1 del presente articolo, non può essere
superiore alla durata dell’appalto o della concessione per
l’affidamento e l’esecuzione dei quali essa è costituita. Lo
statuto prevede meccanismi idonei a determinare lo
scioglimento del rapporto societario in caso di risoluzione del
contratto di servizio. Lo statuto dovrà inoltre prevedere la
possibilità di scioglimento del rapporto societario in caso di
trasformazione, fusione o di mutamento della titolarità del
controllo sul soggetto privato partecipante alla società mista, o
di cessione o affitto da parte di questo dell’azienda o del ramo
d’azienda impegnato nell’esecuzione dell’appalto o della
concessione.
4. Nelle società di cui al presente articolo:
a) gli statuti delle società per azioni possono contenere clausole
in deroga delle disposizioni dell’articolo 2380-bis e dell’articolo
2409-novies del codice civile al fine di consentire il controllo
interno del socio pubblico sulla gestione dell’impresa;
b) gli statuti delle società a responsabilità limitata possono
prevedere l’attribuzione all’ente o agli enti pubblici partecipanti
e ai soci privati di particolari diritti, ai sensi dell’articolo 2468,
terzo comma, del codice civile, e derogare all’articolo 2479,
primo comma, del codice civile nel senso di eliminare o limitare
la competenza dei soci;
c) gli statuti delle società per azioni possono prevedere
l’emissione di speciali categorie di azioni e di azioni con
prestazioni accessorie da assegnare al socio privato;
d) i patti parasociali possono avere durata superiore a cinque
anni, in deroga all’articolo 2341-bis, primo comma, del codice
civile, purché entro i limiti di durata del contratto per la cui
esecuzione la società è stata costituita.
5. Nel rispetto delle disposizioni del presente articolo, al fine di
ottimizzare la realizzazione e la gestione di più opere e servizi,
anche non simultaneamente assegnati, la società può emettere
azioni correlate ai sensi dell’articolo 2350, secondo comma, del
codice civile, o costituire patrimoni destinati o essere
assoggettata a direzione e coordinamento da parte di un’altra
società.
5. I divieti di cui all’art. 13 della l. 4 agosto
2006, n. 248 (decreto Bersani). Società ad oggetto
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esclusivo.
5.1. L’art. 13 della l. 248/2006 era formulato
come segue:
1. Al fine di evitare alterazioni o distorsioni della
concorrenza e del mercato e di assicurare la parità degli
operatori nel territorio nazionale, le società, a capitale
interamente pubblico o misto, costituite o partecipate dalle
amministrazioni pubbliche regionali e locali per la produzione di
beni e servizi strumentali all'attività di tali enti in funzione della
loro attività, con esclusione dei servizi pubblici locali e dei
servizi di committenza o delle centrali di committenza
apprestati a livello regionale a supporto di enti senza scopo
di lucro e di amministrazioni aggiudicatrici di cui all'articolo
3, comma 25, del codice dei contratti pubblici relativi a
lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12
aprile 2006, n. 163, nonché, nei casi consentiti dalla legge, per
lo svolgimento esternalizzato di funzioni amministrative di loro
competenza, devono operare con gli enti costituenti o
partecipanti o affidanti, non possono svolgere prestazioni a
favore di altri soggetti pubblici o privati, né in affidamento
diretto né con gara, e non possono partecipare ad altre
società o enti aventi sede nel territorio nazionale. Le società
che svolgono l'attività di intermediazione finanziaria prevista dal
testo unico di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n.
385, sono escluse dal divieto di partecipazione ad altre società o
enti. (comma così modificato dall'articolo 18, comma 4-septies,
legge n. 2 del 2009, poi dall'art. 48 della legge n. 99 del 2009)
2. Le società di cui al comma 1 sono ad oggetto sociale
esclusivo e non possono agire in violazione delle regole di cui
al comma 1.
3. Al fine di assicurare l'effettività delle precedenti disposizioni,
le società di cui al comma 1 cessano entro quarantadue mesi
dalla data di entrata in vigore del presente decreto le attività non
consentite. A tale fine possono cedere, nel rispetto delle
procedure ad evidenza pubblica, le attività non consentite a terzi
ovvero scorporarle, anche costituendo una separata società. I
contratti relativi alle attività non cedute o scorporate ai sensi del
periodo precedente perdono efficacia alla scadenza del termine
indicato nel primo periodo del presente comma.
(comma così modificato dall'articolo 1, comma 720, legge n.
296 del 2006, poi dall'articolo 4, comma 7, legge n. 129 del
2008, poi dall'articolo 20, comma I-bis, legge n. 14 del 2009)
39
4. I contratti conclusi, dopo la data di entrata in vigore del
presente decreto, in violazione delle prescrizioni dei commi 1 e
2 sono nulli. Restano validi, fatte salve le prescrizioni di cui al
comma 3, i contratti conclusi dopo la data di entrata in vigore
del presente decreto, ma in esito a procedure di aggiudicazione
bandite prima della predetta data. (comma così modificato
dall'articolo 1, comma 720, legge n. 296 del 2006).
5.2. (i) La normativa Bersani vietava: (a) che le
società in mano pubblica (totalmente o
parzialmente [queste ultime sono le società
<<miste>>], costituite per svolgere servizi propri
delle “amministrazioni pubbliche regionali o
locali” (es.: servizi di riscaldamento degli
edifici regionali o comunali), potessero svolgere
analoghi servizi per altri “. . . soggetti
pubblici o privati che siano”; (b) che analoghe
prestazioni a favore di “. . . soggetti pubblici o
privati” venissero svolte da <<società partecipate
dalle amministrazioni pubbliche regionali e
locali>> e cioè da società pubbliche o miste di
secondo o terzo grado e ciò -si direbbe– per
effetto dell’art. 1344 cc (normativa sui contratti
in frode alla legge); (c) che le società sub (a) e
(b) avessero più oggetti.
(ii) Il divieto non valeva: (a) per le società
nazionali; (b) per le società affidatarie di un
contratto di concessione di servizi a favore della
collettività (artt. 3/12 e 30 del d.lg. 163/2006 e
112 del TU 267/2000); (c) per le società che
svolgevano “. . . servizi di committenza o [per le
società che svolgono il servizio di] centrali di
committenza” (es.: CONSIP e società analoghe sorte
a livello regionale)4.
5.3. La materia delle società strumentali andrà
ristudiata e rivista alla luce della normativa
4 V.nsi S.Mento, Società strumentali e tutela della concorrenza (Cons. St., V, 10-9-2010,
n. 6527), giorn. dir. amm., 4/2011, 412 e segg., nonché M.Macrì, Il nuovo sistema di
acquisti di beni e servizi (Decreto legge 6 luglio 2012, n. 95 convertito con modificazioni,
dalla legge, 7 agosto 2012, n. 135), giorn. dir. amm. 12/2012, 1167 e segg.
40
Madia (v.nsi, in particolare, l’art. 18, comma m),
n. 1 della legge 124/2015 e l’art. 29/1, lett. d)
della bozza del TU in materia di società a
partecipazione pubblica che abroga l’art. 13 di
cui al d.l. 223/2006).
6. Società in house, enti pubblici economici (e
non), organismi di diritto pubblico, imprese
pubbliche
Le società in house si distingevano poi:
(a) dagli enti pubblici non economici (incluso lo
Stato) che svolgono funzioni e servizi non
economici (funzione legislativa, esecutiva,
giudiziaria e servizi tipo quello sanitario, di
difesa, scolastico eccetera) nonché, a livello
locale, i servizi pubblici privi di rilevanza
economica di cui all’art. 113 bis del TU
267/2000)5;
b) dagli enti pubblici economici che svolgono
servizi economici e a rilevanza economica di cui
agli artt. 86/2 del Trattato CE e 113 del TU
267/2000 (es. sono tali le “aziende speciali” di
cui all’art. 114 del testo normativo sopra
citato)6;
(c) dagli “organismi di diritto pubblico”, così
definiti dall’art. 3/1 lett. d) del d.lg. 50/2016:
d) «organismi di diritto pubblico», qualsiasi organismo, anche in
forma societaria il cui elenco non tassativo è contenuto
nell’allegato IV:
1) istituito per soddisfare specificatamente esigenze di interesse
generale, aventi carattere non industriale o commerciale;
2) dotato di personalità giuridica;
3) la cui attività sia finanziata in modo maggioritario dallo Stato,
dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto
pubblico oppure la cui gestione sia soggetta al controllo di
questi ultimi oppure il cui organo d'amministrazione, di
direzione o di vigilanza sia costituito da membri dei quali più
5 Sulla nozione di ente pubblico v.si C.Ruperto, La giurisprudenza sul codice civile,
Giuffrè 2012, sub art. 11 cc, 434 e segg.. 6 V.si, per il diritto giuslavoristico, l’art. 2093 cc.
41
della metà è designata dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali
o da altri organismi di diritto pubblico.
(d) dalle “imprese pubbliche”, così definite
dall’art. 3/2, lett. t del d.lg. 50/2016:
t) «imprese pubbliche», le imprese sulle quali le amministrazioni
aggiudicatrici possono esercitare, direttamente o indirettamente,
un'influenza dominante o perché ne sono proprietarie, o perché
vi hanno una partecipazione finanziaria, o in virtù delle norme
che disciplinano dette imprese. L'influenza dominante è presunta
quando le amministrazioni aggiudicatrici, direttamente o
indirettamente, riguardo all'impresa, alternativamente o
cumulativamente:
1) detengono la maggioranza del capitale sottoscritto;
2) controllano la maggioranza dei voti cui danno diritto le azioni
emesse dall'impresa;
3) possono designare più della metà dei membri del consiglio di
amministrazione, di direzione o di vigilanza dell'impresa;
(Le società in house sono aziende pubbliche, ma
non tutte le aziende pubbliche sono società in
house).
6.1. Anche qui, a normativa nuova stabilizzata,
questi istituti dovranno essere rivisti.
7. Problemi pratici connessi alle società in house
prima della riforma Madia: (1) obbligazioni
solidali o meno di dette società con gli enti
titolari del relativo capitale sociale; (2)
fallimento o meno di dette società; (3) obbligo
per le società strumentali di cui all’art. 13 del
decreto Bersani dell’oggetto esclusivo; (4)
appalti di cui al d.lg. 163/2006 affidati dalle
società in house; (5) obbligo (o meno) di
ricorrere a società di committenza per gli
acquisti; (6) trasformabilità di società in house
che gestiscono servizi pubblici a rilevanza
economica, in particolare il servizio idrico
integrato (“SII”) di cui agli artt. 147 e segg.
del TU 152/2006, in aziende speciali a sensi
42
dell’art. 114 del TU 267/2000; (7) <<231>> e
società in mano pubblica; (8) responsabilità degli
amministratori; (9) criteri per distinguere; (10)
normativa applicabile alle società in house
(società strumentali di cui all’art. 13 del
decreto Bersani e società in house che gestiscono
servizi pubblici per la collettività); (11)
obbligo di ripianare le perdite per gli enti
titolari del capitale sociale delle società in
house.
7.0. Le società in house, per quanto intese come
<<società organo>>, erano pur sempre disciplinate
dal comune diritto societario contenuto nel codice
civile.
Erano, quindi, società di capitali, in tutto e per
tutto disciplinate da detto diritto per quanto
concerneva la loro costituzione, la tenuta della
contabilità e la redazione del bilancio, la loro
estinzione: per conseguenza erano soggette allo
stesso diritto tributario al quale erano soggette
le comuni società di capitali (dpr 917/1986)7.
Detto questo e tenuto conto della ulteriore
restrizione della giurisprudenza comunitaria di
cui alla sentenza della Corte di Giustizia UE,
III, 29-11-2011, cause C-182/11 e C-183/118, vi è
da dire che a dette società normalmente si
applicavano le norme derogatorie di cui
7 V.nsi, comunque: Cass. SS.UU. 26.806/09; SS.UU. 3.890/04; SS.UU. 10.299/13;
SS.UU. 7.374/13; SS.UU. 20.940/11; SS.UU. 20.941/11; SS.UU. 14.655/11; SS.UU.
14.957/11; SS.UU. 16.286/11; SS.UU. 8.429/10, nonché Cass. pen. 21-7-2010, n. 28.699;
Cass. pen. 234/2011. 8 La sentenza, come già detto, asserisce: “Quando più autorità pubbliche, nella loro veste
di amministrazioni aggiudicatrici, istituiscono in comune un’entità incaricata di
adempiere compiti di servizio pubblico ad esse spettanti, oppure quando un’autorità
pubblica aderisce ad un’entità siffatta, la condizione enunciata dalla giurisprudenza della
Corte di Giustizia dell’Unione europea, secondo cui tali autorità, per essere dispensate
dal loro obbligo di avviare una procedura di aggiudicazione di appalto pubblico in
conformità alle norme del diritto dell’Unione, debbono esercitare congiuntamente
sull’entità in questione un controllo analogo a quello da esse esercitato sui propri
servizi, è soddisfatta qualora ciascuna delle autorità stesse partecipi sia al capitale sia
agli organi direttivi dell’entità suddetta”. (V.si Urb. e App., 3/2013, 307 e segg. con
commento di F.Leggiadro).
43
all’Appendice 2.
In particolare, poi, le deroghe più vistose al
comune diritto societario, erano le seguenti.
7.1. Per dette società pareva venir meno, in
alcuni casi, lo schermo della personalità
giuridica: le società in house e i soggetti
pubblici titolari del relativo capitale sociale
parevano, quindi, dover rispondere in via solidale
delle obbligazioni verso terzi. O, meglio, per
dette società, in tali casi, veniva meno il
requisito della personalità giuridica perché le
stesse si trasformavano in un organo: in pratica
la “soggettività-personalità” compariva e
scompariva a seconda dei casi9.
7.2. Le società in house sarebbero state, secondo
alcuni, escluse dal fallimento perché l’attività
da loro esercitata non avrebbe avuto natura
industriale e commerciale. (Opinione comunque
opinabile se si pensa che i servizi pubblici di
rilevanza economica a sensi degli artt. 86/2 del
Trattato CE e 112-113 del TU 267/2000, pur essendo
connotati da uno scopo pubblico [ragione per la
quale il relativo costo <<può non essere coperto
soltanto dal prezzo di mercato>>: Libro Verde sui
servizi di interesse generale, Bruxelles, 21-5-
2003, COM (2003)270] sono pur sempre
strutturalmente privati [Alessi, Le prestazioni
amministrative rese ai privati, Teoria generale,
II ed. 72] e rientranti tra quelli di cui all’art.
2195 cc, specie se gestiti da concessionari
privati. In ogni caso –e pur dando atto delle
9 Avviene, in tali casi, ciò che capita nel campo della fisica quantistica. Le particelle
elementari, a volte, si comportano come onde, altre volte come corpuscoli. O, secondo
altra tesi, le particelle spariscono e ricompaiono, nei c.d. salti quantici (v.si C.Rovelli, La
realtà non è come appare. La struttura elementare delle cose. Cortina, 2014, 104 e segg.).
Anche nelle società in house, a volte, sparisce il requisito della soggettività-personalità
giuridica per ricomparire in altri “casi”. Stesso discorso si potrebbe fare per il diritto di
proprietà “sotto esproprio” e prima del decreto di esproprio: il proprietario è titolare di un
interesse legittimo verso il soggetto espropriante e di un diritto soggettivo verso tutti gli
altri.
44
multiformi opinioni giurisprudenziali sul punto-
la fallibilità delle società in house doveva
essere esclusa alla luce delle sentenze Cass.
SS.UU. 25/11/2013, n. 26.283 [“le dette società .
. . . . costituiscono delle articolazioni della
P.A. da cui promanano e non dei soggetti ad essa
esterni e da essa autonomi”] e Cass. SS.UU. 24-10-
2014, n. 22.609).
7.3. Le dette società, se strumentali (e, quindi,
lecite) a sensi dell’art. 13 del decreto Bersani
non potevano avere più oggetti e cioè esercitare
attività diverse da quelle ammesse dalla legge a
sensi degli artt. 2328/11, n. 3) e 2462/11, n. 3)
cc. In sostanza dette società non potevano gestire
contestualmente servizi pubblici locali verso
collettività più o meno vaste e servizi
strumentali verso gli ee.ll. titolari del relativo
capitale sociale (art. 13 decreto Bersani): v.si
Corte dei Conti, sez. reg. Lombardia, parere n.
517/2011/PAR.
7.4. Le dette società, incluse quelle <<miste>>,
dovevano applicare le procedure di gara per le
relative forniture e per i relativi lavori e
servizi (art. 32/1, lett. c) d.lg. 163/2006).
Per le società <<miste>> era previsto poi che la
<<… la scelta del socio privato avvenisse con
procedure a evidenza pubblica>> (art. 1/2 del
d.lg. 163/2006)10: c.d. gara a doppio oggetto.
7.5. Era dubbio se le società in house fossero
tenute a ricorrere a società di committenza per
10 V.nsi: A.Cianflone-G.Giovannini, L’appalto di opere pubbliche, Giuffrè, 2012 (agg.to
al Decreto “liberalizzazioni”: dl. 1/2012, conv.to con la l. 27/2012 e al Decreto
Semplificazioni”: dl 5/2012, conv.to con la l. 35/2012); AA.VV. a cura di G.Greco, Il
sistema della giustizia amministrativa negli appalti pubblici in Europa, Giuffrè, 2010,
AA.VV. a cura di G.Greco, La giustizia amministrativa negli appalti pubblici in Europa,
Atti del Convegno 20 maggio 2011, Università di Milano, Giuffrè, 2012; O.Cutajar-
A.Massari, Codice dei contratti pubblici commentato con la giurisprudenza. Annotato
con il Regolamento e la Prassi. Maggioli Ed., 2012, R.De Nictolis, Manuale dei contratti
pubblici . . . ., EPC, 2010; AA.VV. (a cura di V.Di Gregorio), L’appalto privato e
pubblico, UTET, 2013.
45
acquisti di beni e servizi a sensi degli artt. 1 e
26/3 della l. 488/99, 1/450 della l. 296/2006 (per
il mercato elettronico), 7/2 del dl 52/2012
(Spending Review n. 1), convertito nella l.
94/2012 (sempre per il mercato elettronico di cui
all’art. 338 del dpr 207/2010: nel caso di
adesione a detto mercato non si applicava il
periodo di sospensione di 35 giorni per la stipula
del contratto [standstill sostanziale] di cui
all’art. 11/10 del d.lg. 163/2006), 1 e 13 del dl
95/2012 (Spending Review 2) convertito nella l.
135/2012 e smi11.
7.6. Le società in house sarebbero state
trasformabili in aziende speciali a sensi
dell’art. 114 del TU 267/2000 (Corte dei Conti,
sezione delle autonomie, 21-1-2014, n.
2/SEZAUT/2014/QMIG)12.
7.7. Il d.lg. <<231/2001>> risultava applicabile
alle società in house (incluse quelle <<miste>>).
7.8. Per le società <<miste>> poi e in punto
responsabilità degli amministratori, occorreva
attenersi ai principi di Cass. SS.UU. (ord.) 9-4-
2010, n. 8429 per la quale: “La cognizione delle
controversie relative ad amministratori e
dipendenti di società “in mano pubblica” compete
al Giudice ordinario o al Giudice contabile,
rispettivamente, secondo che il danno oggetto
della domanda sia stato direttamente subito dalla
11 V.si dl 6-7-2012 convertito nella l. 7 agosto 2012, n. 135 e, successivamente,
modificato dall’art. 1/156 della l. 24-12-2012, n. 228 e Circ. Min. Economia del 5-2-2013,
n. 2. (A parere di chi scrive se l’ente pubblico attiva gare che si concludano per un prezzo
più favorevole di quello CONSIP o SCR [società di committenza per la Regione
Piemonte] non sussiste nullità (art. 1/2 dl 25-9-2012, convertito nella l. 135/2012 e
modificato da ultimo dalla l. 228/2012), quanto meno per le categorie merceologiche ivi
previste ed alle condizioni ivi esposte). 12 V.si, dello scrivente in senso contrario: “La trasformabilità (o meno) delle società in
house che gestiscono servizi pubblici di rilevanza economica (in particolare che
gestiscono il servizio idrico integrato) in aziende speciali a sensi dell’art. 114 del TU
267/2000”, (NDS, n. 12/2013, pagg. 7 e segg.). V.si, altresì, in senso contrario:
G.Astegiano, D.Di Russo e A.Miele, Servizi pubblici, difficile passare da società di
capitali ad aziende speciali, Eutekneinfo, 24-6-2013, 7 e segg..
46
società o dagli Enti pubblici partecipanti. Nella
specie, compete al Giudice contabile la
giurisdizione in ordine alla domanda di
risarcimento dei danni subiti dagli Enti pubblici
azionisti della s.p.a. Casinò Municipale di
Campione d’Italia, per condotte tenute dal
direttore generale della società nello svolgimento
del suo compito”.
7.8.1. Recentemente la Cassazione, per le società
in house, con la sentenza delle Sezioni Unite del
25-11-2013, n. 26.283, ha asserito che: “La Corte
dei Conti ha giurisdizione sull'azione di
responsabilità esercitata dalla Procura della
Repubblica presso detta Corte allorché tale azione
sia diretta a far valere la responsabilità degli
organi sociali per danni da essi cagionati al
patrimonio di una società in house. In tale senso,
si precisa che per società in house deve
intendersi quella costituita da uno o più enti
pubblici per l'esercizio di pubblici servizi, di
cui esclusivamente tali enti possano essere soci,
che statutariamente esplichi la propria attività
prevalente in favore degli enti partecipanti e la
cui gestione sia per statuto assoggettata a forme
di controllo analoghe a quello espletato dagli
enti pubblici sui propri uffici.” Infatti, “non
essendo possibile configurare un rapporto di
alterità tra l’ente pubblico partecipante e la
società in house che ad esso fa capo, è giocoforza
concludere che anche la distinzione tra il
patrimonio dell’ente e quello della società si può
porre in termini di separazione patrimoniale, ma
non di distinta titolarità. Dal che discende che,
in questo caso, il danno eventualmente inferto al
patrimonio da atti illegittimi degli
amministratori, cui possa aver contribuito un
colpevole difetto di vigilanza imputabile agli
organi di controllo, è arrecato ad un patrimonio
(separato, ma pur sempre) riconducibile all’ente
47
pubblico: è quindi un danno erariale che
giustifica l’attribuzione alla Corte dei conti
della giurisdizione sulla relativa azione di
responsabilità”13.
7.9. Importante, ai fini pratici, era poi la
sentenza del Cons. St., VI, 11-1-2013, n. 122 per
la quale: “Nell’ambito delle società pubbliche,
occorre distinguere le società che svolgono
attività di impresa da quelle che esercitano
attività amministrativa. Le prime sono
assoggettate, in linea di principio, allo statuto
privatistico dell’imprenditore, le seconde allo
statuto pubblicistico della pubblica
amministrazione. Per stabilire quando ricorre
l’una o l’altra ipotesi, occorre aver riguardo: 1)
alle modalità di costituzione; 2) alla fase
dell’organizzazione; 3) alla natura dell’attività
svolta; 4) al fine perseguito.”.
7.10. Se le società in house erano “anche” organi
degli enti titolari del relativo capitale sociale,
questi ultimi avrebbero dovuto rispondere non solo
dei debiti (di dette società) verso terzi, ma
altresì provvedere a ripianare le perdite (di
dette soceità) (ex artt. 2615/2 cc [Cass. 16-11-
83, n. 6822]; 31, 112, 113, 114/6, 191-198 bis del
TU 267/2000; 6/19 d.l. 78/2010, conv.to nella l.
30-7-2010, n. 122).
Se si tiene conto della citata natura delle
società in house (tra le quali rientravano i c.c.
“consorzi in house”: v.si il “caso Teckal”), non
erano ragionevolmente comprensibili i pareri
espressi da certe Corti dei Conti che, in forza
dell’art. 6/19 del d.l. 78/201014, sarebbe stato
13 La sentenza è pubblicata sulla rivista “Le Società”, n. 1/2014, pagg. 55 e segg. con
commento di F.Fimmanò (pag. 61 e segg.). 14 L’art.- 6/19 del dl 78/2010, convertito nella l. 122/2010, era (ed è sino alla sua
abrogazione prevista dall’art. 29/1, lett. l. della bozza del TU sulle società partecipate da
enti pubblici) formulato come segue:
48
sempre vietato ripianare i debiti delle società
partecipate (v.nsi: 1. Corte dei Conti, sez.
regionale Lombardia 753/2010/PAR; 2. Corte dei
Conti, sez. regionale Piemonte, 61/2010/PAR;
3. Corte dei Conti, sez. regionale Basilicata, del
17-5-2011; 4. Corte dei Conti, sez. regionale
Lombardia, 1081/PA/2010; 5. Corte dei Conti, sez.
regionale Basilicata, 28/2011/PAR; 6. Corte dei
Conti, sez. regionale Lombardia, 636/PAR/2011; 7.
Corte dei Conti, sez. regionale Abruzzo,
354/PAR/2012; 8. Corte dei Conti, sez. regionale
Lombardia, 42/2014/PAR; 9. Corte dei Conti, sez.
regionale Piemonte, 159/2014/PRSE; 10. Corte dei
Conti, sez. regionale Piemonte, 159/14/PRSE. In
sostanza: i Comuni non potevano farsi carico dei
debiti delle società (o consorzi) in house e, al
contempo, dette società non potevano fallire
(Cass. SS.UU. 25-11-2013, n. 26.283 e Corte
Appello Aquila, 3-3-2015, n. 304).
8. Le società in house alla luce della legge
Madia.
8.1. La normativa Madia, non è ancora completa. Infatti la bozza del TU sulle società a partecipazione pubblica presuppone
“Al fine del perseguimento di una maggiore efficienza delle società
pubbliche, tenuto conto dei principi nazionali e comunitari in termini di
economicità e di concorrenza, le amministrazioni di cui all’articolo 1,
comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, non possono, salvo quanto
previsto dall’art. 2447 codice civile, effettuare aumenti di capitale,
trasferimenti straordinari, aperture di credito, né rilasciare garanzie a
favore delle società partecipate non quotate che abbiano registrato, per tre
esercizi consecutivi, perdite di esercizio ovvero che abbiano utilizzato riserve
disponibili per il ripianamento di perdite anche infrannuali. Sono in ogni
caso consentiti i trasferimenti alle società di cui al primo periodo a fronte di
convenzioni, contratti di servizio o di programma relativi allo svolgimento di
servizi di pubblico interesse ovvero alla realizzazione di investimenti. Al fine
di salvaguardare la continuità nella prestazione di servizi di pubblico
interesse, a fronte di gravi pericoli per la sicurezza pubblica, l’ordine
pubblico e la sanità, su richiesta della amministrazione interessata, con
decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri adottato su proposta del
Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con gli altri Ministri
competenti e soggetto a registrazione della Corte dei Conti, possono essere
autorizzati gli interventi di cui al primo periodo del presente comma”).
49
l’entrata in vigore di 6 altri testi normativi15 di grado subordinato. Non
15 Il citato art. 18 presuppone l’entrata in vigore dei seguenti testi normativi:
1) Il “decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri” che “su proposta
del Ministro dell’Economia e delle finanze o dell’organo di vertice
dell’amministrazione partecipante, motivato con riferimento alla misura e
qualità della partecipazione pubblica, agli interessi pubblici ad essa connessi
e al tipo di attività svolta, anhe al fine di agevolarne la quotazione ai sensi
dell’art. 18, può [deliberare] l’esclusione totale o parziale dell’applicazione
delle disposizioni del persente decreto a singole società a partecipazione
pubblica” (art. 1/6 TUSP);
2) un “decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri” che stablisca “…
i requisiti di onorabilità, professionalità e autonomia” dei “componenti degli
organi amministrativi di società e controllo pubblico” (art. 11/1 TUSP);
3) un “decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del
Ministro dell’Economia e delle finanze, di concerto con il Ministro
delegato per la semplificazione e la pubblica amministrazione”g,
adottato entro sei mesi dall’entrata in vigore del TUSP, conil quale
“….sono definiti i criteri in base ai quali, per specifiche ragioni di
adeguatezza organizzitva, l’assemblea della società a controllo pubblico può
disporre che la soceità sia amministrata da un consiglio di amministrazione
composto da tre o cinque membri, ovvero che sia adotatto uno dei sistemi
alternativi di amministrazione e controllo previsti dai paragrafi 5 e 6 della
sezione VI-bis del capo V del titolo V del libro V del codice civille”; con
l’avvertenza che: “In caso di evoluzione del sistema dualistico, al Consiglio
di sorveglianza sono attribuiti i poteri di cui all’art. 2409-terdecies, comma
f-bis) del codice civile” e con l’ulteriore prescrizione per la quale “nel caso in
cui sia adottato uno dei sistemi alternativi, il numero complessivo dei
componenti degli organi di amministrazione e controllo non può essere
superiore a cinque” (art. 11/3 TUSP) e per la quale, fino alla emanazione di
detto decreto, “… restano invigore le diposizioni di cui all’art. 4, comma 4,
secondo periodo, del d.l. 6-7-2012, n. 95, convertito nella l. 7-8-2012, n. 135
e successive modifiche e integrazioni, e dal decreto del ministro
dell’Economia del 24-12-2013, n. 166” (art. 11/7 TUSP);
4) un “decreto del Ministro dell’Economia e delle finanze, da emanare
entro il 30 aprile 2016, sentita la conferenza unificata per i profili di
competenza, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti” che, per le società in controllo pubblico definisce “indicatori dimensionali
quantitativi e qualitativi al fine di individuare fino a cinque fasce per la
classificazione della suddetta società” e ciò al fine di determinare il
compenso per gli “amministratori, ai titolari e componenti degli organi di
controllo, ai dirigenti e ai dipendenti” (art. 11/6 TUSP);
5) un “decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del
Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con gli altri ministri
competenti e soggetto a registrazione della Corte dei Conti” con il quale
possono, per particolari situazioni, essere autorizzati ripianamenti di perdite
di cui all’art. 14/4 TUSP (art. prima citato).
6) un provvedimento del “Ministro dell’economia e delle finanze” che, “…
nell’ambito della propria organizzazione e delle risorse disponibili …
individua la struttura competente e il monitoraggio del … decreto [TUSP]”;
struttura che “… tiene un elenco pubblico, accessibile anche in via
50
solo: rinvia, poi, ad altre numerose leggi speciali e a numerose norme del codice civile16 e presuppone l’entrata in vigore del TU sui servizi pubblici locali di interesse economico generale. 8.2. Ad ogni buon conto –e pur prendendosi atto
che le norme delle tre direttive 23, 24 e
telematica, di tutte le società a partecipazione pubblica esistenti” (art. 15/1 e
3 TUSP). 16 2. Infatti, e per quanto riguarda il rinvio a leggi speciali:
2.1. l’art. 4 (del TUSP), al comma 2, richiama (senza menzionarlo esplicitamente) il
decreto Bersani e, poi, il d.lg. 12-4-2006, n. 163 (art. 3, comma 25) (che è stato sostituito
dal nuovo codice degli appalti di cui alla l. 28-1-2016, n. 11 e ciò con d.lg. 50/2016;
2.2. l’art. 11/1 richiama: (i) il d.lg. 8-4-2013, n. 39 (art. 12) e il d.l. 6-7-2012, n. 95
convertito nella l. 7-8-2012, n. 135 (art. 5/9), mentre i successivi commi 7, 17 e 18,
richiamano, rispettivamente:
(a) il d.l. 6-7-2012, n. 95, convertito nella l. 7-8-2012, n. 135 (art. 4/4) e il d.m. E.F. 24-
12-2013, n. 166;
(b) il d.lg. 8-4-2013, n. 39;
(c) il d.l. 16-5-1994, n. 293, convertito nella l. 15-7-1994, n. 444;
2.3. l’art. 14/1 afferma poi che: “le società a partecipazione pubblica sono soggette alle
disposizioni sul fallimento e sul concordato preventivo, nonché, ove ne ricorrano i
presupposti, a quelle in materia di amministrazione straordinaria delle grandi imprese
insolventi di cui al d.lg. 8-7-1999, n. 270 e al d.l. 23-12-2003, n. 347, convertito, con
quantificazioni della l. 18-2-2004, n. 39” (v.si, a conferma del “fallimento” delle società
controllo pubblico, il successivo comma 6;
2.4. l’art. 14/5 richiama l’art. 1, comma 3, della l. 31-12-2009, n. 196;
2.5. l’art. 15/2 richiama il d.lg. 11-11-2003, n. 333;
mentre
2.6. l’art. 15/4 richiama il d.l. 24-6-2014, n. 90, convertito nella l. 11-8-2014, n. 114 (art.
17/4);
e
2.7. l’art. 15/5 richiama il d.l. 2-7-2012, n. 95, convertito nella l.135/2012. (art. 6/3);
2.8. l’art. 16/3 richiama la direttiva 2014/24/UE (art. 12, par. 3);
2.9. l’art. 19/2, richiama il d.lg. 30-3-2001, n. 165 (art. 35/3);
2.10. l’art. 19/3 richiama il d.lg. 33/2013 (artt. 22/4, 46 e 47/2);
2.11. l’art. 19/7 richiama il d.lg. 33/2013 (artt. 46 e 47/2);
2.12. l’art. 19/8 richiama il d.lg. 165/2001 (art. 30)
e infine
2.13. l’art. 19/10 richiama la l. 147/2013 (art. 1, commi da 565 a 568);
2.14. l’art. 20/6 richiama la l. 147/2013 (art. 1/568-bis)
mentre
2.15. l’art. 20/8 richiama il d.l. 6-7-2011, n. 98, convertito nella l. 15-7-2011, n. 111
(art. 79/1 ter) e la l. 23-12-2014, n. 180 (art. 1, commi da 611 a 616)
2.16. l’art. 21/1 richiama la l. 196/2009 (art. 1/3);
2.17. l’art. 23 richiama la normativa sull’arbitrato di cui al codice degli appalti (già art.
241/1 del d.lg. 163/2006 e, oggi, art. 209 del d.lg. 50/2016);
2.18. l’art. 24, per le Province autonome di Trento e Bolzano, richiama la legge
costituzionale 28-10-2001, n. 3;
2.19. l’art. 25/2 richiama la l. 190/2014 (art. 1/611 e 612).
51
25/2014/UE aprono in parte al capitale privato-
resta ferma, a parere di chi scrive, la nozione di
<<società organo>>. Quindi la normativa Madia non
sembra mutare le vecchie caratteristiche di tale
istituto, e ciò, anche se l’art. 18 della l.
124/2015 parla di “autonomia [di dette società]
rispetto agli enti proprietari” e di “eliminazione
di sovrapposizione di regole e istituti
pubblicistici e privatistici ispirati alle
medesime esigenze di disciplina e controllo”
(lett. c) e h)) e la bozza del TU rinvia, in via
residuale, alla disciplina del codice civile (art.
1/3) e sottopone a procedure fallimentari le
società a partecipazione pubblica in crisi (art.
14).
Vengono utilizzate diverse denominazioni
(<<”derivazione” o longa manus>>
dell’amministrazione: parere II, Cons. St.,
298/2015; “ufficio interno dell’amministrazione
appaltante”: Cons. St., VI, 2660/2015; “ente
locale in veste societaria” secondo certi autori),
ma la sostanza cambia.
Trattasi certamente di un “tipo” di società che
rientra tra quelli previsti dell’art. 18/1 lett.
a) della l. 124/2015 ma che sfugge alla nozione di
“soggetto privatistico” di cui gli artt. 2249,
2325, 2331 cc (per le società per azioni) e agli
artt. 2462 e 2463 cc (per le società a
responsabilità limitata).
Le società in house continuerebbero, quindi, ad
essere disciplinate da un insieme di norme, di cui
alcune di carattere eccezionale, mentre gli altri
“tipi” di società in mano pubblica sarebbero
disciplinate da un insieme di norme di tipo
speciale; “tipi”, ambedue, soggetti, in parte,
alla normativa pubblicistica di cui alle varie
leggi succedutesi nel tempo a modificazione e
integrazione dell’art. 2449 cc.
(4) Le società in house continuerebbero a
52
costituire un’anomalia (più apparente che reale)17
17 Anomalia più apparente che reale perché la dicotomia “soggetto/organo di altro
soggetto” non costituisce una vera e propria contraddizione logica. Tale anomalia sembra
essere parente stretta di quella che si riscontra nel linguaggio descrittivo tipico delle
scienze. Si rammentano, in fisica quantistica, le dualità <<onda-corpuscolo>>, <<gatto
vivo-gatto morto>> (nel c.d. esperimento del gatto di Schrödinger).
Tesi che ha a che vedere con i “molti mondi”che risale a Leibniz. “Prima di tentare di
fornire un elenco, lacunoso in partenza, dei molti mondi possibili –dice Greco (Einstein e
il ciabattino, Ed. Riuniti, 2002, 406-407)- nell’ambito della moderna cosmologia teorica,
fondata sulla relatività di Einstein, conviene ricordare che l’ipotesi dei molti mondi è
stata autorevolmente proposta anche in meccanica quantistica. E la proposta, per quanto
controversa, si salda con molte ipotesi molti mondi, sbocciate nell’ambito della relatività
generale. La proposta è stata avanzata nel 1937 da Hugh Everett III. E consiste, più o
meno, in questo. Come è noto, nella meccanica dei quanti il concetto di realtà è un
po’diverso da quello della meccanica classica e dal concetto di realtà che abbiamo noi,
portatori del senso comune. Nel nostro mondo quotidiano, per esempio, un gatto o è vivo
o è morto. Nella meccanica quantistica, o, almeno, in una delle interpretazioni della
meccanica quantistica, un gatto è vivo e morto fino a quando qualcuno non lo osserva e
non lo trova vivo o morto. In termini più rigorosi si dice che il gatto quantistico, quando
non è osservato, è in una sovrapposizione di stati. O meglio, la funzione d’onda che
descrive il gatto quantistico si trova nella sovrapposizione dei due stati: dello stato vivo e
dello stato morto. Quando, finalmente, qualcuno osserva il gatto, la funzione d’onda
collassa e uno solo dei due stati si realizza. A quel punto il gatto non è più vivo e morto,
ma diventa vivo o morto. Il ruolo dell’osservatore ha sempre suscitato controversie nella
interpretazione del formalismo quantistico, perché sembra introdurre un’alea di
soggettività nel mondo, considerato oggettivo, della fisica. Nel tentativo di superare il
soggettivismo del ruolo dell’osservatore, Hugh Everett propose un’interpretazione capace
di colpire l’immaginazione. Secondo Everett ogni atto di osservazione produce una
moltiplicazione degli universi. Perché con ogni atto di osservazione la funzione d’onda
collassa e ciascuno degli stati quantistici possibili si realizza. Ognuno in un universo
diverso e causalmente sconnesso con gli altri. Quando qualcuno osserva un gatto,
l’universo si sdoppia in due. in uno degli universi neonati il gatto è vivo, propone Everett.
E nell’altro il gatto risulta morto. Naturalmente, poiché gli atti di osservazione sono
infiniti e continui, gli universi sono infiniti e la loro proliferazione è continua La nostra
stessa vita non sarebbe che una linea di connessione nel grappolo, proliferante, dei
molti mondi di Evcrett. In realtà in molti altri universi esistono molte copie di noi stessi
che hanno sposato un’altra donna o un altro uomo, che hanno avuto altri figli o non
hanno avuto figli, che hanno scelto un altro lavoro o hanno avuto un’altra storia
sanitaria. Idea suggestiva, quella di Everett. Ma difficile da provare. Non fosse altro che i
suoi molti mondi sono causalmente e irrimediabilmente sconnessi”. Ovvio il paragone.
Anche nelle società in house si avranno “molti mondi prescrittivi” a seconda del punto di
vista. In un certo mondo tali società sono “soggetti”, in altri sono “organi”. Il richiamo a
concetti scientifici non dovrebbe stupire più di tanto il giurista. Anche F.Galgano
(Diritto ed economia alle soglie del nuovo millennio, Contratto e Impresa 1/2000, 189 e
segg) richiama concetti fisici per illustrare la dicotomia “società globale vs/società
nazionali”. Asserisce: “Ciò che sta accadendo nell’organizzazione del mondo in questa
sua fase di trasformazione evoca la formula, suggerita dai fisici, della pari dimensione
dell’infinitamente grande e dell’infinitamente piccolo. L’infinitamente grande, nel nostro
discorso, è la società globale, che supera i confini nazionali e riduce il pianeta ad unità;
l’infinitamente piccolo è la moltitudine delle società nazionali, organizzate a Stato. E’
possibile cogliere i rapporti che si vanno stabilendo fra le due dimensioni: l’infinitamente
53
rispetto alla dicotomia “soggetto giuridico vs/
non soggetto in quanto organo di un altro soggetto
giuridico”; continuerebbero ad essere considerate,
per certi aspetti, come dei soggetti (delle
normali società di capitali) e, come tali,
assoggettate alle norme codicistiche del diritto
societario (v.si Cass. SS.UU., 26806/2009), forse
alle norme sul fallimento18, alle norme tributarie
relative alle società di capitali, e, per altri
aspetti (specie in punto “controllo analogo”),
come degli “organi” degli enti pubblici che ne
detengono il capitale sociale. Da qui, a parere di
chi scrive, la responsabilità solidale di detti
enti con dette società verso i terzi e la
possibilità di derogare alle norme di cui all’art.
2380 bis cc in punto potere degli amministratori.
(In punto “fallimento”, poi, va rilevato che se le
società in house continuano ad essere “anche”
organi degli enti titolari del relativo capitale
sociale, il loro fallimento difficilmente si
giustifica anche perché l’art. 14 della bozza del
TU non trova alcuna base nell’art. 18 della l.
piccolo, a volte inconsapevolmente, si sta trasformando per adeguarsi all’infinitamente
grande” (pag. 201).
V.si, a tale proposito, Appendice 4, lett. a), n. 20). Nell’abstract, F.Capalbo, giustamente
afferma: “Nuova categoria sistematica di società speciali per le quali, ferma restando la
natura di soggetto di diritto privato, rilevano segmenti di disciplina speciale a tutela delle
interessanze pubbliche. Ciò non rappresenta una novità, sia nel panorama ordinamentale
interno (es. diritto di famiglia; legge fallimentare) e sia in quello comunitario, come
testimonia, ad es., la evidenza pubblica per i contratti di appalto quale regime speciale
estensibile agli appalti aggiudicati dagli organismi di diritto pubblico, che per tutto il
resto della rispettiva attività restano, invece, disciplinati dal diritto privato. Il sempre più
intenso intrecciarsi del diritto privato e pubblico ha indotto ad abbandonare approcci
interpretativi “tipologici”, fondati, cioè, sulla rigida ripartizione tra soggetti di diritto
pubblico e privato in favore di un approccio “funzionale”. Si tende, cioè, ad individuare,
di volta in volta, il regime applicabile a tali categorie speciali di soggetti, addivenendosi
ad una convivenza di discipline tipiche del diritto pubblico. Autorevole dottrina (N.Irti)
parla, a tal specifico riguardo, di diritto comune, nel senso cioè di un diritto che non è più
identificabile con il diritto civile, bensì con il diritto ricavabile dalla molteplicità dei
codici.” 18 Trento (cit., pag. 293) asserisce: “La diversità più rilevante tra imprese pubbliche e
private è probabilmente legata al vincolo di bilancio e quindi al rischio del fallimento”.
54
124/2015 il quale, anzi, nella lett. a), sembra
parlare di “… deroghe rispetto alla disciplina
privatistica, ivi compresa quella in materia di
organizzazione e crisi di impresa; nella lett. g)
fa riferimento ai bilanci consolidati di cui
all’art. 151 del TU 267/2000, nella lett. l) parla
di “possibilità di piani di rientro per le società
con bilanci in disavanzo con eventuale
commissariamento”. Non solo: non vedesi la ragione
per la quale le aziende speciali di cui all’art.
114 del TUEL non falliscono, mentre invece
sarebbero soggette a fallimento le società per
azioni del successivo art. 115).
8.2.1. Merita, comunque, in ordine alla natura
giuridica di certi istituti, riportare i paragrafi
17 e 18 della citata sentenza del Consiglio di
Stato, VI, 2660/2015. Vi si asserisce:
17. È vero, infatti, che nel corso degli ultimi anni, la nozione di
ente pubblico si è progressivamente “frantumata” e
“relativizzata”. Spesso la giurisprudenza ha riconosciuto, dando
rilievo a dati sostanziali e funzionali, natura pubblicistica a
soggetti formalmente privati, al fine di sottoporli in tutto o in
parte ad un regime di diritto amministrativo. Tale equiparazione
è stata a volte espressamente stabilita anche dal legislatore con
disposizioni che sottopongono soggetti formalmente privati a
regole pubblicistiche: si pensi alla stessa figura dell’organismo
di diritto pubblico o alle più recenti previsioni normative che
hanno in parte “amministrativizzato” l’attività delle società a
partecipazione pubblica (cfr., ad esempio, l’art. 18 d.l. 25 giugno
2008, n. 112, convertito modificazioni dalla legge 6 agosto
2008, n. 133).
Tale fenomeno ha trovato un punto di emersione anche in sede
processuale, tanto che l’art. 7, comma 2, Cod. proc. amm.
espressamente prevede, ai fini del riparto della giurisdizione,
che “Per pubbliche amministrazioni, ai fini del presente codice,
si intendono anche i soggetti ad esse equiparati o comunque
tenuti al rispetto dei principi del procedimento amministrativo”.
È altrettanto vero che, proprio con particolare riferimento alle
Università “private”, la giurisprudenza, in alcune occasioni (in
particolare ai fini del riparto della giurisdizione sulle
55
controversie concernenti il rapporto di impiego o della
sussistenza della giurisdizione della Corte dei conti per le
controversie aventi ad oggetto la responsabilità di
amministratori e dipendenti), ha affermato la loro equiparazione
agli enti pubblici, dando rilevanza gli scopi, alla struttura
organizzativa e ai poteri amministrativi ritenuti del tutto
analoghi a quelli delle Università statali (così testualmente, ad
esempio, Cass. Sez. Un. , 11 marzo 2004, n. 5054 riferita alla
LUISS).
18. Tali tendenze normative e tali arresti giurisprudenziali non
possono, tuttavia, essere invocati per sostenere, sic et
simpliciter, una completa equiparazione, ad ogni fine, tra
Università private ed enti pubblici.
La nozione di ente pubblico nell’attuale assetto ordinamentale
non può, infatti, ritenersi fissa ed immutevole. Non può ritenersi,
in altri termini, che il riconoscimento ad un determinato
soggetto della natura pubblicistica a certi fini, ne implichi
automaticamente e in maniera immutevole la integrale
sottoposizione alla disciplina valevole in generale per la
pubblica amministrazione.
Al contrario, l’ordinamento si è ormai orientato verso una
nozione funzionale e cangiante di ente pubblico. Si ammette
ormai senza difficoltà che uno stesso soggetto possa avere la
natura di ente pubblico a certi fini e rispetto a certi istituti, e
possa, invece, non averla ad altri fini, conservando rispetto ad
altri istituti regimi normativi di natura privatistica.
Questa nozione “funzionale” di ente pubblico, che ormai
predomina nel dibattito dottrinale e giurisprudenziale, ci
insegna, infatti, che il criterio da utilizzare per tracciare il
perimetro del concetto di ente pubblico non è sempre uguale a se
stesso, ma muta a seconda dell’istituto o del regime normativo
che deve essere applicato e della ratio ad esso sottesa. Occorre,
in altri termini, di volta in volta domandarsi quale sia la
funzione di un certo istituto, quale sia la ratio di un determinato
regime “amministrativo” previsto dal legislatore, per poi
verificare, tenendo conto delle caratteristiche sostanziali del
soggetto della cui natura si controverte, se quella funzione o
quella ratio richiedono l’inclusione di quell’ente nel campo di
applicazione della disciplina pubblicistica.
La conseguenza che ne deriva è, come si diceva, che è del tutto
normale, per così dire “fisiologico”, che ciò che a certi fini
costituisce un ente pubblico, possa non esserlo ad altri fini,
rispetto all’applicazione di altri istituti che danno rilievo a
diversi dati funzionali o sostanziali.
56
Emblematica, in tal senso, è la figura dell’organismo di diritto
pubblico, che è equiparato sì all’ente pubblico quando aggiudica
contratti (ed è sottoposto alla disciplina amministrativa
dell’evidenza pubblica), rimanendo, però, di regola, nello
svolgimento di altre attività, un soggetto che tendenzialmente
opera secondo il diritto privato. 8.2.2. In sostanza se è vero che il diritto è
linguaggio (tesi patrocinata in Italia da N.Bobbio
e da U.Scarpelli) e che con le parole si fanno
“cose”19 e, ancora, che vi sono parentele tra i
vari tipi di linguaggio (descrittivo [fisica
quantistica, ad esempio] e prescrittivo [etica e
diritto]), allora non costituiscono delle vere
antonomie quelle descrizioni di istituti che,
secondo la logica binaria, sembrano essere tali.
Le figure diritto soggettivo (in caso di
esproprio) e interesse legittimo, organismo di
diritto privato e organismo di diritto pubblico,
soggetto e organo (ma lo stesso Stato viene
concepito, a volte, come soggetto e, a volte, come
organismo) sono portatrici di “stati” diversi
compresenti o sovrapposti: sono “A” e a volte sono
“B”, a seconda dei casi e senza che si possa dire
a priori che sono “A” e non “B” e viceversa.
9. Giurisprudenza e dottrina recenti.
9.1. sent. Corte d’Appello di Napoli del 23-9-2015
(per la quale le società in mano pubblica possono
“fallire”).
(V.nsi nel senso dell’inclusione nell’area della
fallibilità, tra le altre, C.A. Napoli, sent. n.
166/15, C.A. Napoli, sent. n. 346/13, C.A. Napoli,
sent. 57/13, Trib. Reggio Emilia, sent. 18-12-
2014, trib. Palermo, sent. 13-10-2014, Trib.
Pescara, decreto 14-1-2014, Trib. Modena, decreto
10-1-2014, Trib. Nocera Inferiore, sent. 21-11-
2013; nel senso dell’esclusione dell’area della
19 J.L.Austin, Come fare cose con le parole, Marietti, 1987; W.Twining e D. Miers,
Come fare cose con le regole, Giuffrè, 1990; AA.VV. (a cura di P.Amselek), Teoria degli
atti linguistici. Etica e diritto, Giappichelli, 1990.
57
fallibilità, tra le altre, C.A. L’Aquila, sent.
304/15, C.A. Torino 15-2-2010, Trib. Napoli Nord,
sent. 6-5-2015, Trib. Teramo, 20-10-2014, Trib.
Nola, Old. 30-1-2014, Trib. Napoli, decreto 9-1-
2014, Trib. Verona, decreto 19-12-2013, Trib. T.
La Spezia, 20-3-2013, Trib. Catania, decreto 26-3-
2010, Trib. S.M.C.V., decreto 9-1-2009, Trib.
S.M.C.V, sent. 52/09).
Secondo le ultime pronunce della Cassazione [es.:
SS.UU. 25-11-2013, n. 26.283], le società in house
non dovrebbero fallire perché: “Le società in
house hanno della società solo la forma esteriore,
in quanto in realtà costituiscono delle
articolazioni delle pubblica amministrazione da
cui promanano e non dei soggetti giuridici ad essa
esterni e da essa autonomi”.
9.2. Oggi l’art. 14 della bozza del TU in materia
di società a partecipazione pubblica ammette le
procedure fallimentari a proposito delle società a
“controllo pubblico”.
9.2.1. Il “Parere” della Commissione speciale del
Consiglio di Stato, sul punto e al part. 12,
osserva:
La norma in esame, nella rubrica, si riferisce soltanto alle
«società a controllo pubblico» mentre nel testo si fa riferimento
alle «società a partecipazione pubblica», sottoponendole alla
disciplina sul fallimento e sul concordato preventivo. E’
necessario, pertanto, adeguare la rubrica al contenuto della
disposizione.
La questione della fallibilità delle società pubbliche è stata da
sempre molto dibattuta.
Tale dibattito nasce dal fatto che l’art. 1 della legge fallimentare
dispone che gli enti pubblici non sono assoggettati alle
disposizioni sul fallimento e sul concordato preventivo.
L’esclusione, nell’impostazione tradizionale, si giustificava in
ragione del fatto che le regole di diritto comune, applicate agli
enti pubblici economici, avrebbero finito per incidere
sull’esistenza stessa dell’ente stesso. La “essenzialità” dell’ente
58
imponeva, pertanto, la sua esclusione dall’applicazione delle
procedure concorsuali.
L’estensione di queste regole, secondo l’orientamento
interpretativo prevalente, non poteva operare per le società
pubbliche in quanto queste ultime hanno natura privata. Né
sarebbe possibile, si sottolineava, una interpretazione analogica
della norma in ragione del fatto che, in presenza di una società
pubblica, l’essenzialità non poteva ritenersi riferita al soggetto
ma all’attività svolta che ben potrebbe essere posta in essere
secondo diverse modalità organizzative. In particolare, la Corte
di Cassazione ha affermato che «la scelta del legislatore di
consentire l’esercizio di determinate attività a società di capitali,
e dunque di perseguire l’interesse pubblico attraverso lo
strumento privatistico, comporta che queste assumano i rischi
connessi alla loro insolvenza, pena la violazione dei principi di
uguaglianza e di affidamento dei soggetti che con esse entrano
in rapporto ed attesa la necessità del rispetto delle regole della
concorrenza, che impone parità di trattamento tra quanti operano
all’interno di uno stesso mercato con identiche forme e
medesime modalità» (Cass., sez. un., 27 settembre 2013,
22209).
La Commissione si limita a segnalare come l’art. 18, comma 1,
lettera i) della legge delega preveda la «possibilità di piani di
rientro per le società con bilanci in disavanzo con eventuale
commissariamento». Si potrebbe, pertanto, introdurre un sistema
diversificato per le società a controllo pubblico e soprattutto per
le società in house.
9.3. TAR Liguria, 4-4-2016, n. 333 (la dismissione
di una partecipazione da parte di un ente pubblico
concreta un atto “iure privatorum, compiuto dal
Comune “uti socius” e non “iure imperii”, con la
conseguenza che, in caso di lite sul punto, la
giurisdizione è dell’AGO).
9.4. TAR Puglia Bari, III, 7-4-2016, n. 452 per la
quale:
È inammissibile, per difetto di giurisdizione del giudice
amministrativo, il ricorso per l’annullamento della graduatoria
finale della selezione per l’assunzione di sei operatori ecologici
indetta da una società di capitale interamente pubblico,
assoggettata al controllo analogo secondo il modello delle
società in house, e preposta al servizio di gestione dei rifiuti.
L’art. 63, comma 4, del d.lgs. 165/2001 - che attribuisce al g.a.
59
la giurisdizione per "le controversie in materia di procedure
concorsuali per l'assunzione dei dipendenti delle p.a." - va letto
in combinato disposto con l’art. 1, comma 2, d.lgs. 165/2001, a
mente del quale: “Per amministrazioni pubbliche si intendono
tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e
scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le
aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento
autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità
montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni
universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di
commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro
associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali,
regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del
Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza
negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie
di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300. Fino alla
revisione organica della disciplina di settore, le disposizioni di
cui al presente decreto continuano ad applicarsi anche al
CONI”. Le società partecipate – anche in misura totalitaria – da
soggetti pubblici non figurano nel predetto elenco. Riguardo poi
alla possibile incidenza sulla questione del comma 2 dell’art. 18
del d.l. n. 112 del 2008, come modificato dalla legge di
conversione n. 133 del 2008 (“Le altre società a partecipazione
pubblica totale o di controllo adottano, con propri
provvedimenti, criteri e modalità per il reclutamento del
personale e per il conferimento degli incarichi nel rispetto dei
principi, anche di derivazione comunitaria, di trasparenza,
pubblicità e imparzialità”), è stato condivisibilmente sostenuto
che tale articolo “non può ritenersi che abbia inciso sull'assetto
delle competenze fissato dal d.lgs. n. 165 del 2001, attribuendo
al giudice amministrativo la giurisdizione esclusiva sulle
controversie che possono sorgere in occasione di procedure di
selezione poste in essere da società a partecipazione pubblica,
ma deve ritenersi che si sia, viceversa, limitata a disporre che
queste ultime debbano adottare criteri e modalità per il
reclutamento del personale nel rispetto dei principi di
derivazione comunitaria, di trasparenza, pubblicità ed
imparzialità (Consiglio di Stato, sez. V, 4 dicembre 2012, n.
6178)". 9.5. Deliberazione della Corte dei Conti, sezione
regionale Campania del 29-4-2016, n. 108/2016/PAR
(sulla possibilità o meno di procedere ad
“affidamento diretto” del servizio idrico
60
integrato ad un soggetto gestore al cui interno
potrebbe sussistere una partecipazione minoritaria
di capitale privato).
9.6. Fondazione Nazionale dei Commercialisti, Il
fallimento delle società pubbliche. Documento del
15 settembre 2015.
9.7. L’in house providing nelle direttive appalti
2014: norme incondizionate e limiti
dell’interpretazione conforme, di Sergio Foà e
Davide Greco.
9.8. Affidamenti in house: il CdS chiede
chiarimenti alla Corte di Giustizia UE (sul
requisito della <<prevalente attività>> degli
affidamenti in house).
9.9. O. Cagnasso, La Governance delle società a
partecipazione pubblica: statuti e patti
parasociali, in NDS n. 7/2016, pagg. 60 e segg.
Appendice 1
Elenco, non completo, ma esemplificativo, della giurisprudenza
comunitaria sulle società ed enti in house; giurisprudenza per la quale
dette società sono organi degli enti pubblici titolari del relativo capitale
sociale (v.nsi: (1) Teckal del 19-11-99, in causa C-107/99; (2) Teleaustria
del 7-12-2000, C-324/99; (3) Stadt Halle dell’11-1-2005, C-26/03; (4)
Coname del 21-7-2005, C-231/05; (5) Parking Brixen del 31-10-05, C-
458/03; (7) ANAV del 6-4-06, C-410/04; (6) Modling del 10-11-2005, C-
29/04; (8) Carbotermo dell’11-5-2006, C-340/04; (9) Auroux del 18-1-
07, C-220/05; (10) Tragsa del 19-4-07, C-295/05; (11) Correos del 18-12-
07, C-220/06; (12) Frigerio del 18/12/0, C-357/06); (13) Coditel del 13-1-
2008, C-324/07; (14) Sea del 10-9-2009, C-573/07 ecc.)20.
20 Nella sentenza Sea si legge, poi, che: “Nel caso in cui varie autorità pubbliche
detengono una società cui affidano l’adempimento di una delle loro missioni di servizio
pubblico, il controllo che dette autorità hanno sulla società stessa può essere esercitato
congiuntamente.
In ipotesi di affidamento diretto di un appalto pubblico di servizi a una società per azioni
a capitale interamente pubblico –fatta salva la verifica da parte del giudice del rinvio
dell’operatività delle specifiche disposizioni statutarie – il controllo esercitato dagli enti
azionisti sulla detta società può essere considerato analogo a quello svolto sui propri
servizi nel caso in cui: a) l’attività di tale società è limitata al territorio di detti enti, è
esercitata fondamentalmente a beneficio di questi ultimi e si svolge tramite organi
61
La giurisprudenza comunitaria è stata seguita da quella nazionale: (1) dalla
Cassazione (SS.UU. 25-11-2013, n. 26.283; SS.UU., 24-10-2014, n.
22.609; SS.UU., 24-3-2015, n. 5848), (2) dal Consiglio di Stato (AP, 3-3-
2008, n. 1 e, tra le altre tante, V, 5079/2014; VI, 2660/2015; VI, 11-12-
2015, n. 5643), (3) dai vari TAR (TAR Piemonte, I, 13-6-2014, n. 1069;
TAR Friuli, 4-12-2014, n. 629), (4) dalla Corte Costituzionale (sent. 20-11-
2009, n. 307; 30-11-2015, n. 7) e (5) da varie sezioni regionali della Corte
dei Conti (sez. Lazio, 2-1-2015, n. 2; Veneto, 19-3-2015, n. 185 ecc.).
Non solo: le società in house sono ora previste, oltre che da varie leggi
nazionali, dalle direttive comunitarie 2014/24/UE, 2014/25/UE e
2014/23/UE del 24-2-2014, rispettivamente agli artt. 12, 28 e 17: v.nsi, sul
punto: Cons. St. parere II, 30-4-2015, n. 298 e Cons. St., VI, 2660/2015.
(iv)(1) Tale indirizzo è, altresì, presente nelle delibere della Corte dei Conti
piemontese. Tra queste, la n. 3 del 19-1-2012, in ordine al riconoscimento
dei debiti delle società in house, asserisce:
Com’è noto, con il termine in house providing viene indicata
l’ipotesi in cui il committente pubblico, invece di procedere
all’affidamento all’esterno di un servizio o di determinate
prestazioni, provvede alla stesse attribuendo l’appalto o il
servizio di cui trattasi ad altra entità giuridica, mediante il
sistema dell’affidamento diretto senza gara.
… omissis …
La giurisprudenza comunitaria e quella nazionale hanno
individuato i presupposti che giustificano l’affidamento in
house e che sono 1) la sussistenza di una partecipazione
statutari composti da rappresentanti di detti enti; b) questi ultimi esercitano un’influenza
determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni importanti di detta società”e
che “L’influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni importanti
della società aggiudicataria diretta di un servizio pubblico può essere esercitata tramite
organi statutari composti da rappresentanti degli enti soci quali strutture decisionali
NON ESPLICITAMENTE PRESCRITTE DAL DIRITTO SOCIETARIO” (l’enfasi
grafica è degli scriventi” (v.nsi, altresì, le seguenti decisioni della Corte di Giustizia:
“Quando più autorità pubbliche, nella loro veste di amministrazioni aggiudicatrici,
istituiscono in comune un’entità incaricata di adempiere compiti di servizio pubblico ad
esse spettanti, oppure quando un’autorità pubblica aderisce ad un’entità siffatta, la
condizione enunciata dalla giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea,
secondo cui tali autorità, per essere dispensate dal loro obbligo di avviare una
procedura di aggiudicazione di appalto pubblico in conformità alle norme di diritto
dell’Unione, debbono esercitare congiuntamente sull’entità in questione un controllo
analogo a quello da esse esercitato sui propri servizi, E’ SODDISFATTA QUALORA
CIASCUNA DELLE AUTORITA’ STESSE PARTECIPI SIA AL CAPITALE SIA
AGLI ORGANI DIRETTIVI DELL’ENTITA’ SUDDETTA”; sentenza 13-6-2013, C-
386/11; sentenza 8-5-2014, C-+15/13; sentenza 19-6-2014, C-574/12).
62
pubblica totalitaria; 2) la sussistenza del cd “controllo
analogo” e 3) la realizzazione a favore dell’ente pubblico
della parte più importante dell’attività del gestore21.
…omissis…
Da ciò consegue che le società in house, pur essendo dotate di
autonoma personalità giuridica e svolgendo le loro funzioni
con la forma privatistica societaria, sono soggetti
sostanzialmente pubblici, per la natura pubblicistica del
capitale di cui sono costituite e per l’influenza dominante che
l’ente locale vi esercita.
Se a ciò si aggiunge che il Comune rimane il titolare del
servizio gestito dalla società, non vi è alcun motivo per
escludere che l’ente locale debba far fronte ai debiti della
propria società in house che non sono stati soddisfatti in
seguito alla liquidazione a causa dell’incapienza del capitale
sociale22.
Questa conclusione, inoltre, risponde anche ad esigenze di
tutela dei creditori sociali che nel dare fiducia alla società
hanno indubbiamente fatto affidamento sulla natura pubblica
della stessa e, conseguentemente, sulla quasi certezza di ottenere
il soddisfacimento integrale del loro credito.
Peraltro, ove si voglia dare prevalenza al dato formale, e
ritenere che, trattandosi di enti che hanno assunto la forma
societaria, opera nei loro confronti la limitazione della
responsabilità al solo patrimonio sociale, in base al principio
sancito per le società di capitali dagli articoli 2325 e 2462 cc,
deve ritenersi applicabile la responsabilità dell’ente pubblico
nei confronti dei creditori sociali, ai sensi dell’art. 2497 cod.
civ., atteso che il controllo analogo determina l’esercizio
dell’attività di direzione lavori e coordinamento
nell’interesse istituzionale dell’ente pubblico e non
nell’interesse esclusivo della società controllata.
Giova precisare, infine, che l’obbligo di pagare i creditori
sociali, riguardando soltanto i debiti non soddisfatti nel
corso della liquidazione della società in house, non si pone in
contrasto con il divieto di ripianamento delle perdite sancito
dall’art. 6, comma 19, del d.l. 78/2010 convertito, con
modificazioni, dalla legge 122/2010, che è stato previsto per
perseguire “una maggiore efficienza delle società pubbliche”.
21 Con le direttive 2014/UE le società in house devono svolgere oltre l’80% della loro
attività a favore degli enti titolari del capitale sociale di tali società. 22 Da qui, parrebbe, la conclusione per la quale i creditori insoddisfatti sono legittimati ad
agire nei confronti degli enti locali consorziati a sensi dell’art. 2495/2 cc (v.si, comunque,
in tal senso: Corte Conti, Piemonte, 159/2014).
63
(iv)(2) Con precedente deliberazione n. 61/2010 del 21-10-2010, la Corte
dei Conti piemontese, Sezione Regionale di controllo, con un parere che
tiene conto dell’art. 6/19 del dl 78/2010, convertito nella legge 122/2010,
ha asserito:
A fronte del proliferare di società a partecipazione pubblica
totalitaria, maggioritaria o anche minoritaria, il legislatore negli
ultimi anni ha progressivamente introdotto specifiche regole e
limiti per il ricorso allo strumento societario da parte degli enti
pubblici ed in particolare degli enti territoriali, con lo scopo di
prevenirne un utilizzo distorto finalizzato all'elusione della
disciplina pubblicistica, nonché garantirne una gestione virtuosa,
tenuto conto delle ripercussioni che i risultati economici delle
società a partecipazione pubblica hanno sul bilancio degli enti
pubblici soci. Da ultimo il D.L. 31 maggio 2010, n. 78,
convertito dalla legge di conversione 30 luglio 2010, n. 122,
ha previsto stringenti vincoli di spesa, introducendo
importanti novità in materia di società partecipate. Fra
queste, viene in rilievo nella richiesta di parere in esame quanto
disposto all'articolo 6, comma 19, secondo cui "Al fine del
perseguimento di una maggiore efficienza delle società
pubbliche, tenuto conto dei principi nazionali e comunitari in
termini di economicità e di concorrenza, le amministrazioni di
cui all'articolo 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n.
196, non possono, salvo quanto previsto dall'art. 2447 codice
civile, effettuare aumenti di capitale, trasferimenti straordinari,
aperture di credito, ne' rilasciare garanzie a favore delle società
partecipate non quotate che abbiano registrato, per tre esercizi
consecutivi, perdite di esercizio, ovvero che abbiano utilizzato
riserve disponibili per il ripianamento di perdite anche
infrannuali. Sono in ogni caso consentiti i trasferimenti alle
società di cui al primo periodo a fronte di convenzioni, contratti
di servizio o di programma relativi allo svolgimento di servizi di
pubblico interesse ovvero alla realizzazione di investimenti. Al
fine di salvaguardare la continuità nella prestazione di servizi di
pubblico interesse, a fronte di gravi pericoli per la sicurezza
pubblica, l'ordine pubblico e la sanità, su richiesta della
amministrazione interessata, con decreto del Presidente del
Consiglio dei Ministri adottato su proposta del Ministro
dell'economia e delle finanze, di concerto con gli altri Ministri
competenti e soggetto a registrazione della Corte dei conti,
possono essere autorizzati gli interventi di cui al primo periodo
del presente comma"… omissis…
La piena comprensione della ratio di queste nuove
64
previsioni, preliminare ad un'operazione ermeneutica volta a
definirne gli ambiti applicativi, presuppone qualche
approfondimento in merito al valore indicativo riconosciuto dal
legislatore alle reiterate perdite rilevate in società partecipate,
nonché sulla interdipendenza fra i bilanci di queste ultime e i
bilanci degli enti soci.
Come noto, la perdita di esercizio, quale risultato del conto
economico, misura la riduzione del patrimonio netto, per effetto
della gestione, prescindendo dai profili esclusivamente
finanziari rilevanti nella contabilità dei soci pubblici. La perdita,
dunque, non rappresenta di per sé un elemento patologico,
potendo coincidere, a date circostanze, anche con ipotesi di sana
gestione (per es.: nelle fasi di start up delle società o a seguito di
investimenti atti a produrre utili negli esercizi successivi).
Tuttavia, la norma fa opportunamente leva sull'inequivocabile
segnale negativo costituito da perdite realizzatesi
consecutivamente per tre esercizi (ancorché coperte in corso
d'anno con riserve disponibili), sintomo di situazioni
cronicizzate, o tese alla cronicizzazione, che impongono una
rigorosa condotta nei rapporti istituzionali fra l'Ente e le sue
partecipate, attesa l'incidenza dei risultati di gestione di
"queste ultime sugli equilibri di bilancio dell'Ente socio”. Su
quest'ultimo aspetto si è pronunciata in più occasioni la
magistratura contabile. Si rinvia alle riflessioni già ampiamente
svolte al riguardo da questa Sezione nel parere n. 14 del 2010
(ove si è ribadito che i risultati economici delle società a
partecipazione pubblica non possono non avere
ripercussioni sul bilancio dell'Ente locale, da considerarsi
alla stregua di un'azienda capogruppo in grado di pervenire,
sulla base della rielaborazione dei dati di bilancio di ciascuna
partecipata, alla redazione di un bilancio consolidato; si è
sottolineata l'esigenza di tener conto dei risultati delle società a
partecipazione pubblica totalitaria o maggioritaria, insieme a
quelli dell'ente locale, per evitare il formarsi di situazioni
occulte di debito destinate a gravare sulla collettività pubblica; si
è infine rimarcata l'esigenza di un monitoraggio sui soggetti
partecipati, funzionale ad un'attenta azione di direzione,
coordinamento e supervisione delle attività delle società
partecipate, da parte dell'Ente locale).
Si ritiene inoltre opportuno ricordare come, proprio in
ragione di questo legame fra Ente locale e sue partecipate, il
legislatore da un lato e la giurisprudenza di questa Corte
dall'altro, in ragione della necessità per l'ente pubblico di
impiegare le proprie risorse secondo principi di efficienza,
65
efficacia ed economicità, hanno precisato le regole e i
principi cui devono attenersi le società pubbliche nel dar
corso ad operazioni di ripiano delle perdite e di
ricapitalizzazione.
…omissis…
Il legislatore precisa, dunque, che il divieto di cui all'art. 6,
comma 19, del D. L. 78 del 2010, lascia impregiudicata la
disciplina a garanzia dei creditori sociali sopra richiamata.
Pertanto deve concludersi che nelle società pubbliche non
quotate, qualora si verifichi la fattispecie ivi descritta (per tre
esercizi consecutivi perdite di esercizio ovvero utilizzazione di
riserve disponibili per il ripianamento di perdite anche
infrannuali) e contestualmente la perdita per oltre un terzo
del capitale con riduzione dello stesso al di sotto del limite
legale, i divieti posti dalla nuova disciplina non escludono
l’applicazione obbligatoria della normativa codicistica
…omissis….
(iv)(3) Nella richiamata del. 2-3-2010, n. 14, la Corte dei Conti, Sezione
Regionale per il Piemonte, ribadendo il concetto della unicità sostanziale
del bilancio tra enti locali e loro partecipate, ha asserito:
Al riguardo si segnala, …omissis… come questa
magistratura contabile, avuto riguardo anche ai principi
contabili internazionali (IPSAS n. 6) ed in linea con i nuovi
principi contabili per gli enti locali allo stato elaborati
dall'Osservatorio per la Finanza e la Contabilità degli Enti
Locali (principio n. 4), non abbia mancato di evidenziare
come il bilancio consolidato sia un valido strumento per
conoscere e valutare la situazione finanziaria, oltre che
economica e patrimoniale degli enti che consolidano i
conti (cfr. Sezione Regionale di controllo per il Veneto,
deliberazione n. 4, del 14 febbraio 2008). Parimenti, in altra
sede, si è sottolineata l'esigenza di tener conto, comunque, dei
risultati delle società a partecipazione pubblica totalitaria o
maggioritaria (in termini di ammontare di spese e di debito),
insieme a quelli dell'ente locale, al fine di evitare il formarsi di
situazioni occulte di debito destinate a gravare sulla collettività
pubblica (cfr. Sezione Regionale di controllo per la Lombardia,
deliberazione n. 17, del 13 ottobre 2006).
D’altronde, i risultati economici delle società a
partecipazione pubblica non possono non avere
ripercussioni sul bilancio dell’Ente locale che può essere
66
considerato anche alla stregua di un’azienda capogruppo
(holding) che, sulla base della rielaborazione dei dati di
bilancio di ciascuna partecipata, è in grado di pervenire alla
redazione del bilancio consolidato (cfr. Sezione Regionale di
controllo per la Puglia, del. n. 15/PAR/2008).
Peraltro, lo stesso articolo 152 del d.lg. 18 agosto 2000, n. 267
(TUEL) stabilisce che il regolamento di contabilità degli enti
locali assicura, di norma, la conoscenza consolidata dei risultati
globali delle gestioni relative ad enti od organismi costituiti per
l’esercizio di funzioni e servizi, mentre l’articolo 172, comma
1, lettera b), dello stesso testo unico, prevede tra gli allegati
obbligatori del bilancio di previsione dell’Ente locale, anche
le risultanze dei rendiconti o conti consolidati delle aziende
speciali, consorzi, istituzioni, società di capitali, costituite per
l’esercizio di servizi pubblici, relativi al penultimo esercizio
antecedente quello cui il bilancio si riferisce. Si richiama
ancora il successivo articolo 230 del TUEL, ove si legge che il
regolamento di contabilità possa prevedere la compilazione del
conto consolidato patrimoniale per tutte le attività e passività
interne ed esterne.
(v.nsi, altresì: Corte Conti Piemonte, del. 159/2014 e Corte dei Conti
Puglia, 7-3-2012, n. 29, ambedue in ordine all’interpretazione dell’art. 6/19
del d.l. 78/2010).
Appendice 2
Elenco, non esaustivo, di testi normativi sulle società in mano
pubblica.
a. La normativa di carattere generale sulle società pubbliche, va integrata
con quella: (a) sulle cause di ineleggibilità e decadenza di amministratori e
sindaci di società in mano pubblica (artt. 1, comma 734, della l. 27-12-
2006, n. 2963; 3, comma 32 bis, della l. 24-12-2007, n. 244); (b) sulla
revoca con e senza giusta causa e giustificato motivo (art. 17 del d.l. 1-7-
2009, n. 78, convertito nella l. 3-8-2009, n. 102); (c) sulla prorogatio alla
scadenza (artt. 2385, secondo comma, cc; 2400, primo comma, cc; 1-3 del
d.l. 16-5-1994, n. 293, convertito nella l. 15-4-1994, n. 444); (d) sul
numero degli amministratori (artt. 1, comma 729, della l. 27-12-2006, n.
296; 1, comma 12, della l. 24-12-2007, n. 244; DPCM 26-6-2007; art. 4
del d.l. 95/2012, convertito nella l. 135/2012 e successive modifiche); (e)
sulle deleghe e organizzazione del consiglio di amministrazione (art. 1,
comma 12, della l. 24-12-2007, n. 244); (f) sui compensi dei componenti
del consiglio di amministrazione (artt. 1, commi 725-728, della l. 27-12-
67
2006, n. 296; 6 del d.l. 31-5-2010, n. 78, convertito nella legge 30-7-2010,
n. 122) e su ulteriori limiti al pagamento di compensi (artt. 3, comma 44,
della l. 24-12-2007; 24, comma 4 bis, d.l. 31-12-2007 n. 248, convertito
nella l. 28-2-2008 n. 31; 1, d.l. 6-7-2011, n. 98, convertito nella l. 15-7-
2011, n. 111; 23-bis del d.l. 6-12-2011, n. 201, convertito nella l. 22-12-
2011, n. 214; 35 del d.l. 9-2-2012, n. 5, convertito nella l. 4-4-2012, n. 35);
(g) sui limiti del trattamento economico per i rapporti di lavoro
dipendente o autonomo (dpr 5-10-2010, n. 195 e art. 4 dl 95/2012, conv.to
nella l. 135/2012 e successive modifiche); (h) sulla limitazione ai poteri di
rappresentanza: atti fuori dall’oggetto sociale (artt. 2332, secondo
comma; 2384, 2384 bis cc e 13 del d.l. 4-7-2006, n. 223, convertito nella l.
4-8-2006, n. 248 [c.d. decreto Bersani]; d.l. 25-6-2008, n. 112, convertito
nella l. 6-8-2008, n. 133); (i) sui doveri in materia di direzione e
coordinamento (art. 2497 e segg. cc); (l) sulla nullità degli atti (artt. 6 del
d.l. 31-5-2010, n. 78, convertito nella l. 30-7-2010, n. 122; 11, d.l. 6-7-
2011, n. 98, convertito nella l. 15-7-2011 n. 111; 1, 4, 5, 6, 9 e 15 del d.l.
6-7-2012, n. 95, convertito nella l. 7-8-2012, n. 135); (m) sui limiti agli
aumenti di capitale (art. 19 del d.l. 31-5-2010, n. 78, convertito nella l. 30-
7-2010, n. 122); (n) sulle dismissioni di partecipazioni (art. 3, comma 27,
della l. 24-12-2007, n. 244 e altra normativa citata sub 3.); (o) sull’obbligo
di trasparenza delle società in mano pubblica (art. 8 del d.l. 6-7-2011, n.
98, convertito nella l. 15-7-2011, n. 111); (p) sulla razionalizzazione del
processo di approvvigionamento di beni e servizi (artt. 11 del d.l. 6-7-
2011, n. 98 convertito nella l. 15-7-2011, n. 111; 22 del d.l. 6-12-2011, n.
201, convertito nella l. 22-12-2011, n. 214; 1, 5 del d.l. 6-7-2012, n. 95,
convertito nella l. 7-8-2012, n. 135); (q) sulla liquidazione degli enti
dissestati e misure di razionalizzazione dell’attività dei commissari
straordinari (art. 15 del d.l. 6-7-2011, n. 98, convertito nella l. 15-7-2011,
n. 111); (r) sulle società municipalizzate (art. 5 del d.l. 13-8-2011, n. 138,
convertito nella l. 14-9-2011, n. 148); (s) sul patto di stabilità (artt. 14 del
d.l. 78/2010, convertito nella l. 122/2010 e 31 della l. 12-11-2011, n. 183);
(t) su enti e organismi pubblici (art. 22 del d.l. 6-12-2011, n. 201,
convertito nella l. 22-12-2011, n. 214); (u) su tutela e promozione della
concorrenza nelle pubbliche amministrazioni (art. 4 del d.l. 24-1-2012, n.
1, convertito nella l. 24-3-2012, n. 27); (v) su riduzione di spese, messa in
liquidazione e privatizzazione di società pubbliche (artt. 4 e 5 e 6 del d.l.
6-7-2012, n. 95, convertito nella l. 7-8-2012, n. 135); (z) su
razionalizzazione amministrativa, divieto di istituzione e soppressione di
68
enti, agenzie e organismi (art. 9 del d.l. 6-7-2012, n. 95, convertito nella l.
7-8-2012, n. 135); (aa) sul rafforzamento della partecipazione della Corte
dei Conti al controllo sulla gestione finanziaria delle regioni (art. 1 del d.l.
10-10-2012, n. 174, convertito nella l. 7-12-2012, n. 213); (bb) sui
contratti di servizio (art. 243 del d.l. 267/2000); (cc) sulla riduzione dei
costi degli apparati amministrativi (art. 6 del d.l. 31-5-2010, n. 78,
convertito nella l. 30-7-2010, n. 122); (dd) sul controllo delle società
partecipate da parte degli enti pubblici locali (artt. 147-quater e 148 del
TU 267/2000; 16-bis della l. 31/08 e 3 del d.l. 10-10-2012, n. 174,
convertito dalla l. 7-12-2012, n. 213); (ee) sulla inconferibilità e
incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni (d.lg. 8-4-
2013, n. 39); (ff) sul divieto di incarichi a soggetti in quiescenza (art. 6 del
d.l. 24-6-2014, n. 90, convertito nella l. 11-8-2014, n. 114); (gg) sui piani
di razionalizzazione delle holding pubbliche (art. 1/611 l. 190/2014); (hh)
sul patto di stabilità e spending review (v.si par. 3.3).
b. In particolare vanno tenuti presenti i seguenti testi normativi:
[1] artt. 2-5 del d.l. 332/94, convertito nella l. 474/94: [2] artt. 41 bis, 147
quater, 148 bis, 243, del d.lg. 267/2000, quale integrato dal d.l. 174/2012,
convertito nella l. 213/2012; [3] art. 3/16 e 19 della l. 350/2013; [4] art. 13
del decreto Bersani n. 223/2006, convertito nella l. 248/2006; [5] art. 1,
commi 726, 728, 729, 734 della l. 296/2006; [6] art. 71 della l. 69/2009; [7]
art. 3, commi 12-32 ter della l. 69/2009 e smi; [8] artt. 6, 9 e 14 del d.l.
78/2010, convertito nella l. 122/2010; [9] artt. 1, 8, 11 e 15 del d.l.
98/2011, convertito nella l. 111/2011; [10] artt. 3 bis e 5 del d.l. 138/2011,
convertito nella l. 148/2011; [11] art. 31, comma 30, della l. 183/2011; [12]
art. 22 del d.l. 201/2011, convertito nella l. 214/2011; [13] art. 9/6 del d.l.
25/2012, convertito nella l. 135/2012; [14] artt. 1, 4, 5, 6 e 9 del d.l.
95/2012, convertito nella l. 7-8-2012, n. 135; [15] art. 1, commi 553 e 554
della l. 147/2013; [16] art. 1, commi 6 o 9 della l. 190/2014; [17] art. 1,
commi 611-616 della legge 23-12-2014, n. 190 [legge di stabilità 2015];
[18] artt. 18 e 19 della l. 7/8/2015 n. 124; [19] art. 1, commi 89, 90, 498,
505, 506, 508, 672 della legge 28-12-2015, n. 208 (legge di stabilità 2016).
Appendice 3.
Elenco dei testi normativi abrogati dalla bozza del TU sulle società a
partecipazione pubblica.
Art. 29
(Abrogazioni)
69
1. Sono abrogati:
a) gli articoli 116, 122 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267;
b) l’articolo 14, comma 1, del decreto legge 30 settembre 2003, n. 269,
convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326;
c) l’articolo 1, comma 3, lettera n), della legge 23 agosto 2004, n. 239;
d) l’articolo 13 del decreto legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con
modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248;
e) l'articolo 1, commi 725, 726, 727, 728, 729, 730, 733 e 735 della legge
27 dicembre 2006, n. 296;
f) l’articolo 3, commi 12, 12-bis, 14, 15, 16, 17, 27, 27-bis, 28, 28-bis, 29,
32-bis, 32-tere 44, ottavo periodo, della legge 24 dicembre 2007, n. 244;
g) l'articolo 18 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con
modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, commi 1, 2 e 3;
h) l’articolo 71 del legge 18 giugno 2009, n. 69;
l) l'articolo 6, comma 19, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78,
convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122;
m) l’articolo 3-bis, comma 6, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138,
convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148;
n) l’articolo 23-bis, commi 5-bis, 5-ter, 5-quater, 5-quinquies e 5-sexies,
del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni,
dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214;
o) l'articolo 4, comma 4, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito,
con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, limitatamente al
primo e al terzo periodo;
p) l'articolo 4, comma 5, del citato decreto-legge n. 95 del 2012,
limitatamente al primo periodo e alle parole “e dal terzo” del terzo
periodo;
q) l'articolo 4, comma 13, del citato decreto-legge n. 95 del 2012,
limitatamente al primo, al secondo e al quarto periodo;
r) l’articolo 3, comma 7-bis, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101,
convertito in legge 30 ottobre 2013, n. 125;
s) l'articolo 1, commi 551, limitatamente al secondo periodo, 558 e 562,
limitatamente alla lettera b), della legge 27 dicembre 2013, n. 147;
t) l'articolo 1, commi da 563 a 568 e da 568-ter a 569-bis, della legge 27
dicembre 2013, n. 147;
u) l’articolo 23 del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con
modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89;
v) l’articolo 1, comma 672, della legge 28 dicembre 2015, n. 208.
70
Appendice 4
Elenco di articoli, testi normativi e volumi relativi alle società in mano
pubblica
a) Articoli
1) M.Casavecchia, O.Cagnasso e M.Quaranta, Le società in house
(Parte I). Le società in mano pubblica e la nozione di servizio pubblico,
NDS, 11/2008, 40 e segg.;
2) M.Casavecchia, O.Cagnasso e M.Quaranta, Le società di house
(Parte II). Effetti del fenomeno sulla concorrenza ed ambito di
applicazione, NDS, 12/2008; 55 e segg.;
3) B.Sarzotti, Responsabilità degli amministratori di Spa in mano
pubblica: Corte dei Conti e/o giudice ordinario? Un lodo affronta il
problema. NDS, 18/2008, 42 e segg.;
4) O.Cagnasso, La srl a partecipazione pubblica, NDS, 3/2010, 31 e segg.;
5) I.Demuro, Un altro tentativo (“chirurgico” e “distratto”) di
adeguamento all’ordinamento comunitario in materia di esercizio della
golden share: il DPCM 20-5-2010, NDS, 14/2010, 25 e segg.;
6) E.Freni, Golden Share: raggiunta la compatibilità con l’ordinamento
comunitario? Decreto legge 15 marzo 2012, n. 21, convertito dalla legge
11 maggio 2012, n. 56,in Giorn. amm., 1/2013, 25 e segg..
7) O.Cagnasso e M.Quaranta, Abuso del diritto, società in house e
qualificazione della società in mano pubblica in una interessante pronuncia
del Tribunale di Roma, NDS, 1/2012;
8) O.Cagnasso, La responsabilità degli amministratori di società a
partecipazione pubblica secondo una recente e innovativa sentenza della
Cassazione, NDS, 3/2010, 36;
9) M.Casavecchia, I servizi pubblici locali secondo la riforma di cui
all’art. 15 del dl 25-9-2009, n. 135, convertito nella legge 20-12-2009, n.
166 (Parte I), NDS, 6/2010, 37 e segg.;
10) M.Casavecchia, I servizi pubblici locali secondo la riforma di cui
all’art. 15 del dl 25-9-2009, n. 135, convertito nella legge 20-12-2009, n.
166 (Parte II), NDS, 7/2010, 41 e segg.;
11) M.Casavecchia, Regolamento in materia di servizi pubblici locali,
NDS, 4/2011, 90 e segg.;
12) M.Casavecchia, Il regolamento in materia di servizi pubblici locali
(dpr 7-9-2010, n. 168, emanato a norma dell’art. 23-bis, comma 10, del dl
25-6-2008, n. 112, convertito dalla l. 6-8-2008, n. 133, a sua volta
71
modificato dall’art. 15 del dl 25-9-2009, n. 135, convertito nella l. 20-11-
2009, n. 166, pubblicato nella GU del 12-10-2010, n. 239), NDS, 13/2011,
43 e segg.;
13) M.Casavecchia, I servizi pubblici locali di rilevanza economica dopo
il referendum, NDS, 15/2011, 15, 22 e segg.;
14) M.Casavecchia, I servizi pubblici locali dopo il referendum del giugno
2011. Art. 4 del dl 138/2011, convertito nella l. 148/2011, poi ancora
modificato dall’art. 9 della l. 183/2011 e dall’art. 25 del dl 1/2012, NDS,
9/2012, 39 e segg.;
15) G.Sigismondi, Le società pubbliche verso un sistema coerente? Il
contributo interpretativo del giudice amministrativo: Cons. St. Sez. VI,
sent. 20-3-2012, n. 1574, Giorn. amm., 1/2013, 52 e segg.;
16) F.Gualandi, Le società di trasformazione urbana tra “servizi pubblici
locali” e “governo del territorio”, Lex Italia it., 5/2013;
17) G.Guzzo, Nota a sentenza della Corte di Giustizia, Sezione III, del 29-
11-2012 (C-183/11), Lex Italia, it., 12/2012;
18) R.Raponi, Le società pubbliche tra privatizzazioni e liberalizzazioni: il
punto della situazione anche alla luce dei più recenti interventi normativi in
materia, Lex Italia it., 12/2012;
19) A.Fusco e S.Glinianski, Autonomia negoziale della P.A. ed obblighi
di approvvigionamento di beni e servizi mediante CONSIP SPA e centrali
di committenza regionale, Lex Italia it., 2/2013;
20) F.Capalbo, Le società partecipate dagli enti pubblici: un problema di
teoria generale, Lex Italia it., 3/2013;
21) M.Pani e C.Sanna, I limiti all’in house providing nella legislazione
nazionale e regionale, Lex Italia it., 3/2013;
22) Camera Commercio Prato, VADEMECUM delle Società partecipate,
Ed. dicembre 2012;
23) M.Vico, La verifica delle partecipazioni societarie, Il tempo stringe, in
“Diritto dei servizi pubblici”, diretto da avv. C.Tessarolo, 21-5-2013;
24) A.Barbiero, Le società partecipate non possono gestire
contestualmente servizi pubblici locali e servizi strumentali, in “Diritto
Servizi Pubblici”, diretto da avv. C.Tessarolo, 21-5-2013;
25) M.Spagnuolo, Società strumentali e nuove aperture in ordine alle
attività non consentite. Analisi interpretativa dell’art. 13 del dl 223/2006,
7-3-2013, in www.leggi.oggi.it;
26) G.Astegiano e altri, Società pubbliche “in house” escluse dal
fallimento. L’attività esercitata, infatti, non ha natura industriale e
72
commerciale, Il Sole-24 Ore, 16-5-2013;
27) M.F.Monterossi, Società partecipate da una pluralità di enti pubblici e
affidamento in house: brevi note in tema di effettività del controllo alla
luce di una recente sentenza del Consiglio di Stato, Amministrazione in
cammino, dir. G.Di Gaspareg, 2013;
28) G.La Greca, La sfuggente nozione di ente pubblico tra legge e indici
sintomatici (Cons. St., VI, 29-6-2012, n. 3820), Il nuovo Dir. Amm.,
1/2003, 34 e segg.;
29) M.Midiri, La Consulta riaccende la discussione sui servizi pubblici
locali, Il nuovo Dir. Amm.,4/2012, 103 e segg.;
30) M.Midiri, Il decreto sviluppo bis: una normativa minima (ma utile)
sui servizi pubblici locali, Il nuovo Dir. Amm., 2/2013, 107 e segg.;
31) C.Vivani e R.Secondo, La nuova disciplina dei servizi pubblici locali
di rilevanza economica: la concorrenza tra liberalizzazioni e diritti di
esclusiva, Urb. e App., 1/2012,39 e segg.;
32) M.Gnes, La nuova disciplina sui ritardi dei pagamenti, Giorn. dir.
amm., 2/2013, 115 e segg.;
33) ANCE, Le misure per il pagamento dei debiti della pubblica
amministrazione. Una prima lettura del decreto-legge n. 35/2013. A cura
della Direzione Affari Economici e Centro Studi-Seminario sul decreto-
legge per il pagamento dei debiti P.A., Roma 11 aprile 2013;
34) J.Bercelli, Servizi pubblici locali e referendum. Corte Cost., sent. 20
luglio 2012, n. 199, Giorn. Amm., 2/2013, 155 e segg.;
35) F.Leggiadro, In house: il controllo analogo congiunto degli enti soci.
Corte UE, sez. III, 29-11-2011, C-182/11 e C-183/2011, Urb. e App.
3/2013, 307 e segg..
36) G.F.Nicodemo, Le Società miste: Il giudice europeo detta le
condizioni per l’affidamento diretto. Corte CE, sez. III, 15-10-2009, causa
C-196/08, Urb. e App., 2/2010, 156;
37) S.Musolino, Per la Corte costituzionale sono legittime le norme
regionali che escludono l’in house, Corte Cost., 20-1-2009, n. 307, Urb. e
App., 4/2010, 409 e segg.;
38) B.Boschetti, I confini della nozione di società mista (Cons. Stato, sez.
V, 15 ottobre 2010, n. 7533), Urb. e App., 12/2011, p. 182;
39) F.Dello Sbarba, L’art. 13 del decreto Bersani e le società di terzo
grado tra servizi strumentali e servizi pubblici locali (Cons. Stato, Ad.
Plen., 4 agosto 2011, n. 17), Urb. e App. 12/2011, p. 1416;
40) G.Cocimano, L’illegittimità costituzionale dei limiti all’in house nei
73
servizi pubblici locali (Corte cost., 20 luglio 2012, n. 199), Urb. e app.
11/2012, p. 1139 e segg.;
41) C.Vivani e R.Secondo, La nuova disciplina dei servizi pubblici locali
di rilevanza economica: la concorrenza tra liberalizzazioni e diritti di
esclusiva, Urb. e app. 1/2012, p. 39 e segg.;
42) G.Colangelo, Le dismissioni delle società partecipate dai Comuni
minori (Corte Conti Emilia Romagna, sez. controllo, del 13 febbraio 2012,
n. 9), Urb. e app. 7/2012, p. 822 e segg.;
43) B.Giliberti e I.Rizzo, Le società pubbliche nel mercato alla luce
dell’art. 14, comma 32, dl 78 del 2010, Urb. e app. 3/2012, p. 267 e segg.;
44) L.Torchia, Società pubbliche e responsabilità amministrativa: un
nuovo equilibrio, in Giorn. dir. amm. 2012;
45) A.M.Altieri, Il servizio idrico integrato e il regime giuridico delle reti
(Corte costituzionale, 25-11-2011, n. 320), in Giorn. dir. amm. 8-9/2012 p.
835 e segg.;
46) A.M.Altieri, Le modalità di gestione e l’affidamento del servizio
idrico integrato dopo il referendum (Corte costituzionale, sentenza 7 marzo
2012, n. 62), in Giorn. dir. amm. 11/2012 p. 1069 e segg.;
46) L.Saltari, Lo “stato del mercato”, (Decreto legge 24 gennaio 2012, n.
1, convertito con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27), in
Giorn. dir. amm. 6/2012 p. 579 e segg.;
47) Osservatorio Cons. Stato, Qualificazione come servizio pubblico
dell’attività di bonifica di sito inquinato di interesse nazionale, in Giorn.
dir. amm. 12/2012, p. 1245 e segg.;
48) Osservatorio Cons. Stato (decisioni). Applicazione della disciplina
civilistica del contratto alle convenzioni di concessione, ex art. 11 della
legge n. 241 del 1990, in Giorn. dir. amm. 3/2011, p. 280 e segg.;
49) Osservatorio Tar, Determinazione delle tariffe per il servizio idrico,
in Giorn. dir. amm. 5/2011, p. 528 e segg.;
50) L.Cuocolo, La Corte costituzionale “salva” la disciplina statale sui
servizi pubblici locali (Corte costituzionale, 17 novembre 2010, n. 325), in
Giorn. dir. amm. 5/2011, p. 484 e segg.;
51) A.M.Altieri, La discrezionalità amministrativa nei bandi di gara per la
distribuzione del gas naturale (Consiglio di Stato, sentenza, sezione V, 4
gennaio 2011, n. 2), in Giorn. dir. amm. 7/2011, p. 750 e segg.;
52) F.Caporale, Legislatore, Consulta, democrazia diretta: i nodi irrisolti
dei servizi idrici, in Giorn. dir. amm. 9/2011, p. 1022 e segg.;
53) B.Gagliardi, Le sociètès publiques locales e l’in house providing alla
74
francese, in Giorn. dir. amm. 6/2011, p. 692 e segg.;
54) Osservatorio Tar, Passaggio del servizio di trasporto pubblico locale
dal regime concessorio a quello contrattuale, in Giorn. dir. amm. 10/2011,
p. 1130 e segg.;
55) S.Mento, Società strumentali e tutela della concorrenza (Consiglio di
Stato, sez. V, 10 settembre 2010, n. 6527), in Giorn. dir. amm. 4/2011, p.
412 e segg.;
56) A.Guerrieri, L’effettivo affidamento di compiti operativi al socio
privato (Cons. Stato, sez. V, 20 aprile 2012, n. 2348), in Urb. e app.
10/2011 p. 1068 e segg.;
57) H.Bonura, I servizi pubblici locali privi di rilevanza economica e la
potestà organizzatoria degli enti locali, Cons. St., Sez. V, sent. 23-10-2012,
n. 5409, in Giorn. dir. amm. 2013, p. 398;
58) F.Dinelli, La (difficile) individuazione del mercato rilevante nel settore
dei servizi idrici, Cons. St., Sez. VI, sentenza 24-9-2012, n. 5067, in Giorn.
dir. amm. 2013, p. 405;
59) S.Mento, Il controllo analogo sulle società in house pluripartecipate da
enti pubblici, Corte giust. dell’Unine europea, III, sent. 29-11-2012, n. C-
183.11, giorn. amm., 5/2013, 495 e segg.;
60) F.Filpo, La nuova disciplina dell’Unione europea in materia di aiuti di
Stato per la compensazione di oneri di servizio pubblico, contr. e
Impresa/Europa, 1/2013, 102 e segg.;
61) Dipartimento Politiche Europee. Presidenza del Consiglio dei
Ministri. SIEG, adottato nuovo pacchetto di norme. Bruxelles, 20-12-
2011 C(2011) 9404 definitivo, Comunicazione della Commissione
sull’applicazione delle norme dell’Unione europea in materia di aiuti di
Stato alla compensazione concessa per la prestazione di servizi di interesse
economico generale; Bruxelles, 20-12-2011 C(2011) 9406 definitivo,
Comunicazione della Commissione Disciplina dell’Unione europea
relativa agli aiuti di Stato concessi sotto forma di compensazione degli
obblighi di servizio pubblico (2011);
62) C.Volpe, La “nuova normativa” sui servizi pubblici locali di rilevanza
economica. Dalle ceneri ad un nuovo effetto “Lazzaro”. Ma è vera
resurrezione?, Il nuovo Dir. Amm., 3/2013, pag. 3 e segg.;
63) M.Pani e C.Sanna, L’in house providing alla luce della
giurisprudenza costituzionale e rapporto con gli artt. 4 e 9 del dl 95/2012,
Lex Italia it. 6/2013.
64) A.Baudino, L’amministrazione delle società a capitale pubblico per la
75
gestione dei servizi pubblici locali, dopo le novità introdotte dal D.L.
95/2012, in tema di contenimento della spesa pubblica, dal D.lgs. 39/2013
in tema di incompatibilità degli incarichi e dalla Legge di stabilità per il
2014 (di prossima pubblicazione su NDS);
65) D. Di Russo, Le società in mano pubblica sono soggette alle procedure
concorsuali in caso di insolvenza?;
66) M.Pani e C.Sanna, Le società pubbliche e le novità introdotte dalla
legge di stabilità 2014 (legge 27 dicembre 2013, n. 147), in Lex Italia it.,
1/2014;
67) M.Nico, Holding pubbliche al banco di prova dei piani di
razionalizzazione, in Enti locali e PA, 2015;
68) G. Astegiano, Società pubbliche, insolvenza e responsabilità, Wolters
Kluwer, 2015.
b) Normativa
1) L.Bernabò, M.Casavecchia e G.Redi, Società pubbliche, società di
interesse nazionale, servizi pubblici, privatizzazioni, servizi pubblici locali,
società in house. Elenco di testi normativi. Parte I, NDS, 8/2013, 70 e
segg.;
2) L.Bernabò, M.Casavecchia e G.Redi, Società pubbliche, società di
interesse nazionale, servizi pubblici, privatizzazioni, servizi pubblici locali,
società in house. Elenco di testi normativi. Parte II, NDS, 9/2013, 48 e
segg.;
3) Art. 4 d.l. 13-8-2011, n. 138, conv. nella l. 14-9-2011, n. 148;
4) Sent. Corte Cost. 20-7-2012, n. 199;
5) Art. 9/6 d.l. 6-7-2012, n. 95 conv. nella l. 7-8-2012, n. 135;
6) Art. 114/5-bis del TU 267/2000;
7) Art. 34, commi 20-23, d.l. 18-10-2012, n. 179, conv. nella l. 17-12-
2012, n. 221;
8) d.l. 6-7-2012, n. 95, convertito nella l. 7-8-2012, n. 135 (con ulteriori
modifiche da: [1] art. 34/27 del dl 18-10-2012, n. 135, convertito dalla l.
17-12-2012, n. 221; [2] art. 1/408 della l. 24-12-2012, n. 228 e altre
disposizioni; [3] art. 1/562 e segg. della l. 27-12-2013, n. 147;
9) d.lg. 8-4-2013, n. 39;
10) AVPC, 18-12-2013, Indicazioni interpretative concernenti le modifiche
apportate alla disciplina dell’arbitrato nei contratti pubblici dalla legge 6
novembre 2012, n. 190, recante disposizioni per la prevenzione e la
repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica
amministrazione. (Determina n. 6). (14A00296), in Lex Italia.it, 1/2014;
76
11) DL 24-6-2014, n. 90, convertito nella l. 114/2014 (art. 6);
12) Circolare 6/2014 del 4-12-2014;
13) l. 190/2014 (art. 1/611).
c) Volumi
1) AA.VV., Acquisizioni di società e dì pacchetti azionari di riferimento (a
cura di F.Bonelli e M.De André, Giuffrè, 1990);
2) F.Bonelli, Il Codice delle privatizzazioni
nazionali e locali, Giuffrè, 2001;
3) F.Santonastaso, La società di interesse
nazionale, Giuffrè, 2002;
4) Studio Camozzi e Bonissomi, Le società miste, Maggiori Editore,
2004;
5) Goisis, Contributo allo studio delle società in mano pubblica come
persone giuridiche, Giuffrè 2004;
6) AA.VV., La società europea (a cura di D.Carapi e N.Permazza) ,
Giappichelli, 2011 pubbliche (a cura di Ibba e altri), Giappichelli, 2002;
7) AA.VV. Dai Municipi all'Europa. La trasformazione dei servizi pubblici
locali (a cura di V.Termini), Il Mulino, 2004;
8) E.Ostrom, Governare i beni collettivi, Marsilio, 2006;
9) E.Barucci, F.Pierobon, Stato e mercato nella seconda Repubblica, Il
Mulino, 2008;
10) AA.VV., Pubblico, privato, Comune (a cura di L.Pennacchi), Ediesse,
2010;
11) C.Jamalia-E.Molinari, Salvare l'acqua,
Feltrinelli, 2010;
12) A.Massarutto, Privati dell'acqua?, Il Mulino, 2011;
13) F.Di Dio, Acqua sporca. Il gorgo nero delle privatizzazioni, Ed.
Riuniti, 2011
14) G.Bassi, A.Massari, S.Capacci e F.Moretti, Le società a
partecipazione pubblica locale, Maggioli 2006;
15) G.Bertagna, A.Rinaldi, Gli incarichi esterni nell’Ente Locale e nelle
Società partecipate, Centro Studi Enti Locali Gruppo Euroconference,
2010, II ed.;
16) G.Alpa, A.Carullo, A.Clarizia, Le S.p.a. comunali e la gestione dei
servizi pubblici, Il Sole 24 Ore, Pirola, 1998;
17) M.Nico, Le società partecipate dagli Enti locali dopo il “decreto
liberalizzazioni”, Maggioli, 2012 III ed.;
18) IR Top Studio Camozzi & Bonissoni, Le società miste, Maggioli,
77
2004;
19) M.Levis, C.Manacorda, E.Gromis di Trana, Le società miste, Il
Sole 24 ore, 2005;
20) D.Di Russo, L.Falduto, Governo, controllo e valutazione delle società
partecipate dagli enti locali, MAP Servizi srl, 2009;
21) C.Ibba, M.C.Malaguti, A.Mazzoni, Le società “pubbliche”,
G.Giappichelli 2000;
22) R.De Nictolis, L.Cameriero, Le società pubbliche in house e miste,
Giuffrè, 2008;
23) AA.VV., Modello organizzativo <<231>> e organismo di vigilanza:
profili sistematici e linee operative (trasmesso per e-mail);
24) G.Rizzo, La concessione di servizi, G.Giappichelli, 2012;
25) AA.VV. (a cura di Fimmanò), Le società pubbliche. Ordinamento,
crisi ed insolvenza, Giuffrè, 2011;
26) G.Bersani, L’applicabilità dello statuto dell’imprenditore commerciale
alla c.d. “società in house”, in “Leggi d’Italia”, 7-4-2015;
27) G.Positano, Il fallimento delle società “private” a partecipazione
pubblica, in “Leggi d’Italia”, 7-4-2015;
28) A.Bartolini, La società in house perde il Corporate veil: un ritorno
all’organo-impresa in “Leggi d’Italia”, 7-4-2015;
29) C.Pecoraro, Pubblico e privato nella governante delle società
partecipate: fermenti e incertezze del quadro di riferimento, in “Leggi
d’Italia”, 7-4-2015;
30) S.Cervelli, Assoggettabilità al fallimento della società in house, in
“Leggi d’Italia”, 7-4-2015;
31) G.Carmellino, Società a partecipazione pubblica e procedure
concorsuali, in “Leggi d’Italia”, 7-4-2015;
32) S.Del Gatto, Le società pubbliche e le norme di diritto privato, in
“Leggi d’Italia”, 7-4-2015;
33) G.Ahorre, La fallibilità delle società in mano pubblica, in “Leggi
d’Italia”, 7-4-2015.
Torino, 19 maggio 2016
(Avv.to Marco Casavecchia)
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