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L’EPILESSIA
L’epilessia è una patologia conosciuta da tempo immemore
Le epilessie sono delle sindromi cerebrali croniche,
caratterizzate da crisi ricorrenti. Le crisi epilettiche sono
episodi parossistici causate da anomalie dell’attività di neuroni
cerebrali dovute alla scarica elettrica patologica di un pool
neuronale, solitamente appartenenti alla corteccia cerebrale.
In alcuni casi, come le assenze, sono presenti scariche tra
neuroni corticali e neuroni del tronco encefalico.
Sono manifestazioni improvvise che alterano le funzioni:
motorie, sensoriali, sensitive e psichiche, con compromissione
o meno della coscienza.
Le crisi epilettiche possono essere idiopatiche o causate da
una serie di fattori: traumi cranici, neoplasie, infezioni,
alterazioni metaboliche e solo per alcuni tipi di epilessie è
stata identificata l’ereditarietà come fattore importante.
I sintomi più comuni sono le convulsioni. Si tratta di
contrazioni muscolari involontarie ritmiche. Compaiono
all’improvviso.
TIPO CLONICO= contrazione della muscolatura del tronco,
degli arti e della faccia
TIPO TONICO= totale irrigidimento muscolare
Le crisi PARZIALI hanno origine da una determinata area
della corteccia che viene chiamata FOCUS EPILETTICO.
Spesso il focus epilettico si trova a livello dei lobi temporale e
frontale.
Le Crisi Parziali si dividono in
SEMPLICI
COMPLESSE
CRISI PARZIALI
Le Crisi Parziali SEMPLICI
Si manifestano con convulsioni e/o disturbi sensoriali che
riguardano un arto o un gruppo di muscoli.
Sono caratterizzate da una stretta corrispondenza con area di
origine e sintomi manifestati dal paziente.
Es: per una crisi che origina nell’area corticale corrispondente
al controllo del braccio destro si manifesteranno convulsioni o
parestesie in quest’arto.
Durata: 20-60 secondi
Le Crisi Parziali COMPLESSE
Provocano alterazioni dello stato di coscienza.
Spesso si manifestano in concomitanza movimenti afinalistici
come lo schioccamento delle labbra o la torsione delle mani.
Il paziente mostra incapacità di comunicare e perdita della
memoria per il periodo della crisi.
Durata: può arrivare fino a 2 minuti
CRISI GENERALIZZATE
Nelle crisi GENERALIZZATE le scariche hanno origine
contemporaneamente nei 2 emisferi cerebrali.
In questo caso NON si distingue un focus epilettico.
Le Crisi Parziali si dividono in
CRISI DI TIPO TONICO-CLONICO o GRANDE MALE
CRISI DI ASSENZA o PICCOLO MALE
CRISI DI TIPO TONICO, ATONICO o MIOCLONICO
CRISI DI TIPO TONICO-CLONICO o GRANDE MALE
Si manifestano inizialmente con la perdita di coscienza
seguita da un’alternanza di contrazioni muscolari
generalizzate a tutto il corpo e simmetriche (fase tonica) e
brevi rilassamenti della muscolatura (fase clonica).
L’intensità e la frequenza delle contrazioni diminuiscono
gradualmente col passare del tempo.
Durata= 1-2 minuti.
Queste crisi possono essere annunciate dall’ “aura epilettica”,
che si manifesta con ansia, irritabilità e cefalea.
CRISI DI ASSENZA o PICCOLO MALE
Si manifestano in età infantile e sono di durata molto breve=
massimo 30 secondi.
Sono caratterizzate da un’alterazione della coscienza che si
manifesta in maniera acuta, associata a fissità dello sguardo
e ad interruzione delle attività intraprese fino a quel momento.
Durante la crisi il paziente non risponde e in seguito non ha
alcun ricordo dell’accaduto.
Le crisi di assenza possono essere accompagnate da
contrazioni ritmiche della muscolatura mimica e raramente da
fenomeni di tipo tonico o atonico
CRISI DI TIPO TONICO, ATONICO o MIOCLONICO
Si tratta di crisi generalizzate molto brevi, di circa 1-3 secondi,
che si manifestano con o senza perdita di coscienza.
Si verificano in bambini con sindromi epilettiche o durante gli
stati febbrili.
L’individuazione del tipo di crisi prevalente in un soggetto
epilettico è di fondamentale importanza per scegliere la
corretta terapia, dal momento che esistono farmaci diversi
per i vari tipi di crisi.
Un individuo è considerato affetto da epilessia se le crisi
epilettiche si manifestano spontaneamente e se si ripetono
con una frequenza anche non ben definita.
Circa lo 0.5-1% della popolazione è affetto da epilessia.
Per la diagnosi di epilessia è necessaria un'accurata valutazione dei sintomi e della storia clinica.L'elettroencefalogramma (EEG) rileva l'attività elettrica del cervello ed è un'analisi fondamentale nella diagnosi dell'epilessia, perché le alterazioni elettriche, spesso molto indicative, possono essere presenti anche in assenza dei sintomi.Ogni forma di epilessia presenta un tracciato elettroencefalografico caratteristico
Generalizzate Tonico-cloniche
Convulsioni Generalizzate: Assenze
EEG effettuato durante una crisi di assenza
Gli spikes caratteristici delle crisi tonico-cloniche non sono
presenti. Sono invece evidenti gli spikes-wave cioè gli spikes
seguiti da onde
CAUSE DELLE CONVULSIONI
In genere le crisi si verificano in manieracasuale e imprevedibile
Possono in alcuni casi favorire le crisi in soggetti epilettici:
• La stimolazione luminosa intermittente• La deprivazione di sonno• Le situazioni di stress/tensione emotiva• Iperventilazione• Assunzione di alcool• Febbre
L’epilessia può essere divisa in 2 grandi categorie:
EPILESSIA PRIMARIA o IDIOPATICA
Non è possibile riconoscere alcuna causa specifica. I pazienti non
presentano lesioni cerebrali.
E’ dovuta probabilmente a predisposizione familiare.
EPILESSIA SECONDARIA o SINTOMATICA
Si sviluppa in seguito ad una lesione cerebrale.
Può essere provocata da disturbi dell’ossigenazione cerebrale al
momento della nascita, da malformazioni della corteccia
cerebrale, da patologie quali infezioni, traumi, tumori, disturbi
circolatori
L’epilessia è un disturbo molto vario e difficile da curare.
Spesso un paziente presenta contemporaneamente crisi
epilettiche di diversa tipologia.
I modelli sperimentali impiegati per la valutazione dei farmaci
antiepilettici aiutano il ricercatore nella scoperta di farmaci
specifici per ogni tipologia di epilessia.
Sistemi implicati nell’epilessia
Sistema GABAergico
Sistema glutammatergico
MODELLI SPERIMENTALI
DI
EPILESSIA E CONVULSIONI
Per lo screening e la valutazione dei farmaci antiepilettici si
utilizzano principalmente modelli sperimentali animali in vivo, ma
possono essere utilizzate anche preparazioni in vitro.
I modelli sperimentali di epilessia possono essere classificati in
base alle diverse tecniche impiegate:
1) MODELLI ELETTRICI: l’animale viene sottoposto a scariche
elettriche di intensità sufficiente a provocare una crisi
epilettica.
VANTAGGIO= possibilità di localizzare il focus epilettico
primario con estrema pecisione
2) MODELLI DI LESIONE: si inducono delle lesioni mirate in aree
ritenute importanti per lo scatenarsi della crisi epilettica. In
questo modo si genera un focus epilettico.
3) MODELLI CHIMICI: si inducono somministrando per via
generale composti convulsivanti, come gli antagonisti del
GABA o della glicina, oppure farmaci agonisti del glutammato.
VANTAGGIO: ripetibilità e facile modulazione dello stimolo
epilettogeno per semplice variazione della dose convulsivante.
4) MODELLI GENETICI: si utilizzano animali aventi una
predisposizione naturale per l’epilessia. Se sottoposti a
particolari stimoli visivi, uditivi o elettrici, vanno incontro
spontaneamente a convulsioni e ad episodi di assenze.
VANTAGGIO= con questi modelli si ha la possibilità di studiare
le convulsioni spontanee in animali naturalmente epilettici, e
quindi di poter risalire all’origine e alle cause della malattia.
Nei modelli in vivo il sintomo della crisi epilettica più
comunemente riprodotto è la convulsione.
Le convulsioni possiedono un’intensità diversa che può essere
misurata e classificata in 9 stadi, in ordine di gravità crescente.
Dopo un’accurata misurazione dell’intensità delle convulsioni
manifestate dall’animale si valuta l’attività dei farmaci
antiepilettici misurando il grado di antagonismo del farmaco
sulle convulsioni.
I NOVE STADI IN CUI E’ SUDDIVISA L’EVOLUZIONE
DELL’ACCESSO CONVULSIVO:
Gli stadi rappresentano un indice della gravità della malattia
riprodotta.
FASE 1= assenza di convulsioni.
Il sintomo di minore gravità indotto dalla somministrazione di un f.
convulsivante è la corsa all’interno della gabbia
FASI 2 -8
Successivamente si manifesteranno convulsioni cloniche dei
muscoli facciali e delle zampe anteriori, che a seconda della
dose e della potenza del farmaco convulsivante usato,
evolveranno in contrazioni tonico-cloniche di collo, tronco e
zampe posteriori fino al totale irrigidimento di tutti i muscoli del
corpo, coda compresa.
Generalmente si alternano periodi refrattari in cui l’animale appare
tranquillo, a periodi di corsa.
FASE 9
E’ la fase di convulsione più grave in cui si può verificare la morte
in seguito a contrazione del diaframma.
I 9 stadi menzionati rappresentano un indice della gravità della
patologia riprodotta, ma non necessariamente devono
manifestarsi con questa escalation. Spesso agenti
convulsivanti molto potenti o dosi molto elevate possano
riprodurre immediatamente un quadro convulsivo molto grave
CLASSIFICAZIONE DEI MODELLI SPERIMENTALI DI EPILESSIA
In base al tipo di crisi riprodotta sono classificabili in:
1-Modelli per accessi parziali
2-Modelli per accessi tonico-clonici generalizzati
3-Modelli per assenze
MODELLI PER ACCESSI PARZIALI
1. Impianto corticale di metalli: crema di allumina, cobalto, tungsteno, zinco, ferro, penicillina.
2. Lesioni criogene
3. Radiazione mirata
4. Kindling (0.1-1 mA; da 25-150 Hz)
5. Acido kainico
6. Tossina tetanica
7. Iniezioni nell’area tempesta
8. Fettine di cervello, fettine di ippocampo preparazioni di cellule isolate
Lo stimolo epilettogeno viene applicato localmente affinchè si
generi un focus primario.
Modelli che impiegano tossine e irritanti
Impianto corticale di metalli:
crema di allumina (idrossido di alluminio al 4%)
cobalto, tungsteno, zinco, ferro (in forma di gel), penicillina
Vengono applicati sulla corteccia cerebrale esposta chirurgicamente.
Dopo alcuni giorni si manifestano crisi parziali che possono evolvere, entro 1 o 2 mesi, in crisi generalizzate spontanee.
Le convulsioni compaiono spontaneamente
Iniezioni di Acido Kainico
L’acido Kainico e altre tossine con struttura simile al
glutammato vengono somministrate in aree
particolarmente ricche di recettori glutammatergici, in
particolare nell’ippocampo.
L’azione eccitatoria di queste tossine sui R è molto più
intensa di quella del Glu, in quanto hanno una
maggiore affinità.
L’abnorme stimolazione dei neuroni glutammatergici ne
provoca la degenerazione dando così origine ad un
focus epilettico.
Ad es. il pretrattamento con un f. antiepilettico riduce la
degenerazione indotta da ac Kainico.
Iniezioni nell’Area Tempesta
Si effettuano delle iniezioni locali nell’AREA TEMPESTA di
antagonisti del GABA, come la Picrotossina o la
Bicucullina, oppure agonisti glutammatergici, come
l’ac Kainico, l’NMDA, l’Aspartato, il Glutammato.
L’AREA TEMPESTA è una regione dell’encefalo del ratto
implicata nell’epilettogenesi.
Le convulsioni che si manifestano sono esclusivamente di
tipo clonico e sono caratteristiche per questo modello.
Iniezioni di Tossina Tetanica
Si effettuano delle iniezioni locali nell’IPPOCAMPO di
tossina del Clostridium Tetani. Si inducono nell’animale
convulsioni e paralisi spastica, dovute alla mancanza di
azione inibitoria del sistema GABAergico. La tossina
agisce come una PROTEASI scindendo la
sinaptobrevina, proteina che permette la fusione della
parete vescicolare con quella dell’elemento pre-
sinaptico.
In pratica si ha l’inibizione della liberazione di GABA dalle
vescicole che avverrebbe in seguito a depolarizzazione
del neurone pre-sinaptico.
Modelli che impiegano lesioni criogene e radiazione mirata
La lesione per raffreddamento mirato si ottiene toccando la corteccia cerebrale, esposta chirurgicamente, con una punta metallica connessa ad una camera contenente azoto liquido.
Il raffreddamento localizzato della corteccia o l’irradiazione mirata di una particolare regione possono indurre nel tessuto nervoso una abnorme eccitabilità, dovuta essenzialmente alla distruzione dei neuroni GABAergici corticali.
Il focus epilettico che si genera produce la comparsa di convulsioni spontanee che persistono per alcuni giorni.
Kindling
E’ il modello di epilessia parziale più utilizzato.
E’ riproducibile in diverse specie animali dalla rana ai primati.
Consiste nell’applicazione, a livello dell’Amigdala o di regioni ad essa connesse, di stimoli elettrici subconvulsivanti.
Si manifestano crisi convulsive fino alla comparsa di crisi generalizzate.
Si stimola l’area prescelta con un treno di
impulsi elettrici della durata di 0.2-1
msec ciascuno, di frequenza compresa
tra 25 e 150 Hz e di bassa intensità 0.1-1
mA.
Durata totale di esposizione agli impulsi
elettrici=1-60 sec
Ripetizioni= 1 al giorno per alcuni giorni
PROTOCOLLO
La prima stimolazione non produce alcuna variazione del
comportamento
Le successive portano alla manifestazione progressiva di
comportamenti quali:
1. Cloni di muscoli facciali
2. Movimenti oscillatori della testa
3. Cloni delle zampe anteriori
4. Rearing
5. Rearing seguito da caduta
= epilessia parziale complessa
= convulsioni motorie generalizzate
Raggiunto il 5° stadio anche in assenza di stimolazione
l’animale va incontro spontaneamente a convulsioni.
Il kindling è un buon modello per la sua affidabilità in
quanto abbiamo un’accurata localizzazione del focus,
una precisa valutazione dei segni, lo sviluppo di
un’epilessia spontanea.
E’ un buon modello anche per la stretta somiglianza con
alcune forme umane di epilessia.
Con questo modello è stato dimostrato che una crisi
focale può dare origine a crisi più prolungate e ad una
riduzione della soglia epilettogena
Modelli in vitro
Una condizione cellulare simile a quella osservabile nell’epilessia può essere riprodotta in vitro in cellule isolate o su sezioni coronali di cervello (corteccia, ippocampo).
Si preparano prelevando campioni di tessuto sano che vengono sottoposti a stimoli epilettogeni, come una stimolazione elettrica.
Si può anche utilizzare del tessuto prelevato da animali epilettici.
Su questi preparati possono essere eseguiti studi di elettrofisiologia con la tecnica del patch-clamp, attraverso cui si valuta l’azione dei f. antiepilettici monitorando le variazioni della conduttanza ionica di membrana da essi indotte.
Questa metodica consente di studiare i meccanismi molecolari e l’applicabilità a molte specie animali, uomo compreso
MODELLI PER ACCESSI GENERALIZZATI TONICO-CLONICI
1) GENETICI
2) ELETTROSHOCK (50-150 mA; 60 Hz)
3) CONVULSIVANTI SISTEMICI
1)GENETICI
BABBUINI
TOPI SENSIBILI A STIMOLI UDITIVI
TOPI TROTTERER
RATTI GEPR
GERBILLI
Vengono utilizzati ceppi selezionati di animali che
manifestano spontaneamente o in risposta a particolari
stimoli, una crisi epilettica
I TOPI TROTTERER e i RATTI GEPR sviluppano convulsioni
tonico-cloniche se sottoposti a stimolazione acustica di
frequenza superiore a 10 KHz e di intensità compresa
tra 90 e 120 dB (ad es. il suono di un campanello).
I BABBUINI FOTOSENSIBILI, che vanno incontro a
convulsioni se sottoposti a stimolazioni visive
improvvise ed intermittenti. Tali convulsioni sono ben
antagonizzate da
BENZODIAZEPINE, ACIDO VALPROICO e BARBITURICI.
Sono meno attivi fenitoina, carbamazepina e
trimetadione.
L’epilessia fotosensibile si riscontra anche nell’uomo e
soprattutto nel bambino.
VANTAGGI: sono molto utili nello screening dei f.
antiepilettici e nello studio della patogenesi del grande
male.
SVANTAGGI: costi molto elevati
2) ELETTROSHOCK
E’ una delle tecniche più usate per indurre conlvusioni
generalizzate.
Si applica una breve scarica di corrente (60 Hz, 30-150
mA, per 0,2 sec) utilizzando degli elettrodi posti dietro
le orecchie.
A seconda dell’intensità di corrente si può ottenere una
convulsione minima con clono localizzato o il quadro
classico dell’elettroshock massimale con clono
generalizzato.
L’E. ha una buona riproducibilità e si può variare
l’intensità della risposta variando l’intensità dello
stimolo elettrico applicato.
Permette di differenziare tra farmaci efficaci nei diversi
tipi di epilessia.
Per es l’etosuccimide utilizzata nelle assenze non
antagonizza le crisi convulsive causate dall’e, mentre
sono molto efficaci i f. usati nella cura del grande male.
3) CONVULSIVANTI SISTEMICI
La somministrazione per via sistemica di farmaci in grado
di inibire il sistema GABAergico o di stimolare quello
GLUtammatergico può indurre convulsioni tonico-
cloniche in diverse specie animali.
Vengono utilizzati:
-antagonisti del R per il GABA come la picrotossina, la
bicucullina, e il più impiegato, il pentilentetrazolo
-agonisti dei R per il glutammato ac kainico, NMDA, ac
GLU
-f. Con meccanismo d’azione diverso: pilocarpina,
agonista dell’Ach; stricnina, antagonista della glicina
Il profilo delle convulsioni indotte è simile
indipendentemente dall’agente utlizzato.
Si ottengono in una prima fase delle convulsioni cloniche
generalizzate, in una seconda fase abbiamo
un’iperestensione tonica che può portare a morte per
arresto respiratorio.
pentilenetetrazolo,
picrotossina,
bicucullina,
stricnina,
glutammato,
acido kainico,
N-metil-D-aspartico
pilocarpina
MODELLI PER LE ASSENZE
L e assenze epilettiche sono molto difficili da riprodurre.
Non si manifestano con dei sintomi ben visibili e facili
da valutare.
Si ottiene però un arresto del movimento che può essere
ben catalogato.
Anche l’EEG può confermare lo stato di assenza indotto
sperimentalmente.
Questi modelli sono caratterizzati da una perturbazione
delle strutture sottocorticali che si diffonde poi a tutta
la corteccia cerebrale.
1) Penicillina sistemica
L’iniezione i.m. di 300.000 u può indurre nel gatto uno stato di assenza ben evidenziabile con l’EEG che mostrerà onde larghe (spike-wave).
Non è un modello attendibile
2) Pentilentetrazolo sistemico
La somministrazione sistemica di PTZ
Resta il modello più attendibile in quanto il tracciato dell’EEG ottenuto in seguito alla somministrazione di PTZ presenta delle caratteristiche in comune con quello tipico delle assenze epilettiche
3) Oppioidi in ventricoli cerebrali
La somministrazione intracerebroventricolare di oppioidi naturali o di sintesi, induce una condizione simile all’assenza epilettica.
Vengono utilizzate enkefaline, beta-endorfine iniettate a concentrazioni che variano da 1 a 100 Mmol nel ventricolo laterale del ratto
Probabilmente gli oppioidi si legano ai R μ presenti nell’ippocampo andando a disinibire (inibiscono sinapsi inibitorie) strutture che innescano la crisi
Questo modello può essere considerato un
valido test per i f attivi contro le assenze.
Infatti solo i f. utilizzati nel piccolo male, ma
non quelli utilizzati nel grande male, sono
in grado di antagonizzare lo stato indotto
dalla somministrazione di oppioidi icv
4) Genetici (ratti)
Alcuni ceppi di ratti selezionati geneticamente manifestano spontaneamente un comportamento caratterizzato da arresti improvvisi e clono facciale, che sono considerati un modello sperimentale di assenza
FARMACI ANTIEPILETTICI
La terapia è di tipo principalmente
sintomatico.
La patologia epilettica è molto complessa e
non sempre un farmaco efficace su un
sintomo lo è anche su un altro.
L’utilizzo di modelli sperimentali come
elettroshock o PTZ permettono di
discriminare tra farmaci attivi sulle
assenze e f. efficaci su convulsioni
generalizzate
• INIBIZIONE DELLA FUNZIONE DEI CANALI DEL SODIO (carbamazepina, idantoine,
• INIBIZIONE DELLA FUNZIONE DEI CANALI DEL CALCIO (succinimidi)
• POTENZIAMENTO DELL’AZIONE DEL GABA (benzodiazepine, barbiturici)
• AZIONE MISTA (ac valproico)
PRINCIPALI MECCANISMI D’AZIONE DEI FARMACI ANTIEPILETTICI
Farmaci per gli accessi tonico-clonici
generalizzati e parziali:
Fenitoina e carbamazepina= efficaci nel grande
male. Antagonizzano le convulsioni da
elettroshock. Non sono efficaci nelle assenze
Fenobarbital= lunga durata d’azione, ma notevoli
effetti sedativi
Diazepam= buon anticonvulsivante ma non è un
buon antiepilettico. E’ efficace nell’antagonizzare
un singolo attacco convulsivo ma non può essere
usato cronicamente in quanto i suoi effetti vanno
incontro a tolleranza.
Farmaci per le assenze:
Etosuccimide= è molto efficace contro le
assenze ma non è un anticonvulsivante
Acido valproico= f. a largo spettro. E’ più
efficace nelle assenze, ma ha una certa
attività anche come anticonvulsivante
Clonazepam= è un f. efficace contro le
assenze, ma è un anticonvulsivante .
Antagonizza le convulsioni indotte da
elettroshock.
DE 50 in mg/Kg necessaria per inibire il 50% degli
accessi
MES= convulsioni massimali da elettroshock
PTZ= accessi da petilentetrazolo
M= topo; R=ratto; N.E.= non efficace
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