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Luglio 2014
Luglio 2014
Il disegno di copertina è di Domenico Rosa Il rapporto è stato realizzato dall’Area Mezzogiorno di Confindustria e da SRM - Studi e Ricerche per il Mezzogiorno. Coordinamento grafico: Alessandra Caporali. Gli autori: Confindustria: Massimo Sabatini (Direttore Area Mezzogiorno), Alessandra Caporali, Caterina Fortuna, Federica Cornacchia. SRM - Studi e Ricerche per il Mezzogiorno: Massimo De Andreis (Direttore Generale), Alessandro Panaro, Salvio Capasso, Luca Forte, Dario Ruggiero, Agnese Casolaro. Hanno collaborato: Francesco Solaro. Check-up Mezzogiorno è stato chiuso con le informazioni disponibili al 15 luglio 2014.
Check-up Mezzogiorno - luglio 2014
SOMMARIO
Uno sguardo d’insieme ..……………………………………………………………………………………………………………………….
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Focus Crisi ……………………………………………………………………………………………………………………………………………. 111. Principali dati macroeconomici ………………………………………………………………………………………………………… 392. Le imprese: aspetti reali e finanziari …………………………………………………………………………………………………. 453. Le dinamiche creditizie …………………………………………………………………………………………………………………….. 534. Le esportazioni …………………………………………………….………………………………………………………………………….. 585. Il mercato del lavoro ………………………………………………………………………………………………………………………… 656. Formazione e innovazione ……………………………………………………………………………………………………………….. 727. Turismo ……………………………………………………………………………………………………………………………………………. 828. Demografia e qualità della vita ………………………………………………………………………………………………………… 869. Spesa pubblica e politiche di sviluppo ……………………………………………………………………………………………… 9110. Le infrastrutture e la finanza locale ………………………………………………………………………………………………… 10511. Fare impresa ed efficienza della P.A. ……………………………………………………………………………………………… 116Principali fonti utilizzate ………………………………………………………………………………………………………………………. 123
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Check-up Mezzogiorno - luglio 2014
Check-up Mezzogiorno - luglio 2014
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Uno sguardo d’insieme Come era già apparso chiaro alla fine dello scorso anno, il 2013
è stato probabilmente, uno degli anni più duri della crisi per il Mezzogiorno.
In base alle stime anticipate dell’Istat, nel 2013 il PIL dell’Italia Meridionale
si è ridotto, infatti, del 4%, facendo registrare la dinamica peggiore dal 2009 (quando la riduzione era stata
di -5,4%). Nel complesso, tra il 2007 e il 2013 il Mezzogiorno ha perso 47,7 miliardi di euro di PIL. Ma non è
solamente il PIL a far registrare una flessione negativa: contemporaneamente si sono ridotti gli
investimenti, gli occupati (oltre 100mila occupati in meno nel I trimestre 2014 rispetto alla media 2013), e le
imprese attive (-1,1%). L’indice sintetico dello stato di salute dell’economia meridionale, elaborato da
Confindustria e SRM, fotografa puntualmente questa tendenza: dal 2012, infatti, ha ripreso a scendere e nel
2013 si è riportato al di sotto del minimo registrato nel 2009. A deprimere l’indice è soprattutto il dato degli
investimenti, diminuiti di quasi 28 miliardi di euro tra il 2007 e il 2013, con un calo di oltre il 34%.
Il buio dell’economia meridionale, tuttavia, non è così fitto.
Come ha mostrato anche recentemente il bollettino economico
della Banca d’Italia, si iniziano ad avvertire nel nostro Paese alcuni, tenui,
segnali positivi. L'andamento della produzione industriale e le indagini presso le imprese indicano che
l'attività economica ha ripreso a crescere moderatamente nei primi mesi dell'anno, seppure non in maniera
costante e pur restando i risultati economici differenziati tra categorie di imprese e sul territorio nazionale.
Qualche timido segnale incoraggiante arriva inoltre da alcune delle principali regioni meridionali. Le imprese
che hanno partecipato alle indagini campionarie della Banca d'Italia segnalano, in media, un arresto della
caduta del fatturato nel 2013 e previsioni di moderata crescita per il 2014, sia in Campania, sia in Puglia e
Basilicata.
Nei sondaggi più recenti le imprese segnalano anche una lieve attenuazione della restrizione nelle condizioni
di accesso al credito. Non si è ancora verificata un'inversione di tendenza nella dinamica dei prestiti alle
imprese, anche se la domanda si va stabilizzando.
La crisi sembra dunque accennare ad una frenata: ma i primi segnali
in controtendenza non sono ancora sufficienti a compensare i risultati
consolidati, nel loro complesso profondamente negativi.
Infatti, nonostante le esportazioni abbiano tenuto nel corso di questi ultimi anni, il calo della domanda
interna nel periodo 2007-2013 ha particolarmente inciso sulle attività delle imprese, le quali sono calate di
numero e hanno registrato seri peggioramenti nei principali indicatori di bilancio. Nel 2013, 136mila
imprese meridionali – oltre 370 al giorno, sabato e domenica inclusi - hanno cessato la propria attività. La
tendenza negativa sembra continuare con il nuovo anno: nei primi tre mesi del 2014 sono scomparse 51.536
Nel 2013 il punto più basso della
crisi
… ma non ancora sufficiente
La frenata della crisi: qualche timido segnale
positivo....
Check-up Mezzogiorno - luglio 2014
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imprese meridionali, ad un ritmo di 573 cessazioni al giorno, non compensate dalle nuove iscrizioni: così il
numero di imprese attive nel Mezzogiorno è calato di circa 31.000 unità rispetto al 2007.
La crisi non genera solo l’espulsione dal mercato delle imprese più deboli:
anche le imprese che restano sul mercato, infatti, hanno registrato
mediamente un peggioramento dei dati economici e finanziari, ma con
performance differenti, soprattutto in funzione della loro dimensione.
La polarizzazione già osservata alla fine del 2013, infatti, si va consolidando.
Le piccole imprese meridionali, mostrano, infatti, nel 2012, un calo del fatturato del 9,3% rispetto ai valori
del 2007 (calo solo di poco inferiore a quello fatto registrare dalle imprese del Centro-Nord, -11,7%). In
terreno positivo sono, invece, i bilanci delle imprese meridionali di medie dimensioni, che hanno registrato
l’andamento migliore del fatturato nel periodo considerato (+8,2%), mentre le grandi imprese, escludendo le
raffinerie (che nel 2011 hanno beneficiato di un considerevole aumento del prezzo del petrolio), hanno
manifestato maggiori difficoltà di ripresa (+0,2%), ma pur sempre in terreno, sia pur di poco, positivo.
Sia le imprese più strutturate, sia quelle più deboli, devono fare i conti con uno scenario in progressivo
deterioramento. Per tutte le classi di impresa, sia con riferimento al Mezzogiorno sia al Centro-Nord, si
registra, infatti, un calo dei margini reddituali, con un Return on Investments (RoI) che è passato
complessivamente da 4,9% nel 2007 a 0,1% nel 2012 nel Mezzogiorno e da 5,7% a 2,8% nel Centro-Nord e
con un Return on Equity (RoE) passato da 6,5% a -4,6% per le imprese manifatturiere meridionali e da 8,8%
a 3,5% per quelle centro-settentrionali. Ovviamente, il peggioramento dei fondamentali economici ha
determinato un impatto negativo anche sui conti finanziari delle imprese: tra il 2007 e il 2012, sia nel
Mezzogiorno che nel Centro-Nord, le imprese di maggiori dimensioni hanno avuto il maggior incremento dei
debiti (rispettivamente +19,8% e +13,5%); ma anche per le piccole imprese, specie nel Mezzogiorno, la
crescita dell’indebitamento è stato considerevole (+9,3%). Anche la qualità del credito continua a
peggiorare: le posizioni in sofferenza, al Sud, hanno quasi raggiunto 35 miliardi di euro su un totale
nazionale prossimo ai 150 miliardi di crediti a rischio.
In questo scenario non mancano comportamenti proattivi, da parte delle imprese, già osservati sul finire
dello scorso anno, volti a rafforzare la competitività nel proprio territorio e nel contesto internazionale:
nonostante la riduzione del numero assoluto di imprese nel 2013, infatti, si consolida il numero delle società
di capitali (+3,2% tra il I trimestre 2013 e il I trimestre 2014), mentre sono ormai più di 1.600 le imprese
meridionali aderenti a Contratti di rete. Non si spegne, insomma, la voglia di fare impresa al Sud,
soprattutto tra i giovani. Nel 2013 sono nate, infatti, al Sud oltre 50.000 nuove imprese giovanili, pari al 40%
del totale.
…si consolida la polarizzazione dei risultati d’impresa
Check-up Mezzogiorno - luglio 2014
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Dalle esportazioni meridionali emergono indicazioni contrastanti.
Tra le diverse variabili monitorate nell’ambito “Focus Crisi”, l’export è,
infatti, l’unica (sia per il Mezzogiorno che per il Centro-Nord), il cui valore
al 2013 è superiore (di 2,4 punti percentuali per il Mezzogiorno) a quello osservato nel 2007. Tuttavia, tra il
2012 e il 2013, l’export meridionale ha anche registrato un calo dell’8,5%, a fronte di un aumento dell’1%
osservato per il Centro-Nord: i dati al I trimestre 2014 indicano un’ulteriore flessione nelle esportazioni
meridionali (-3,3% su I trimestre 2013). Segnali contrastanti, che vanno attentamente scomposti e
analizzati.
Nel 2013, infatti, la dinamica delle esportazioni del Mezzogiorno è stata particolarmente influenzata dal
settore degli idrocarburi: considerando il solo manifatturiero al netto dei prodotti energetici, l’andamento
tra il 2012 e il 2013, pur rimanendo negativo (anche per effetto del sostanziale stallo delle esportazioni
dell’acciaio da Taranto per quasi tutto lo scorso anno), risulta migliore (-3%), mentre la variazione tra il I
trimestre 2013 e il I trimestre 2014 è positiva (+3%). Sono diversi i settori a manifestare una variazione
tendenziale positiva rispetto al I trimestre del 2013: l’agroalimentare (+0,6%), l’automotive e aeronautico
(+10,2%), la meccanica (+7,5%), il metallurgico (+30,3%) e il settore della gomma/plastica (+5,5%). Si
manifesta, insomma, un interessante fenomeno nelle esportazioni meridionali: la crescita dell’export del
manifatturiero “non-oil” sta progressivamente compensando il calo delle esportazioni di idrocarburi,
favorendo la diversificazione del tessuto produttivo del Sud. L’export si rafforza inoltre nelle province
caratterizzate dai principali poli produttivi (Napoli, Chieti, Bari, Salerno, Catania) e nei principali distretti
produttivi.
Tale tendenza rappresenta una chiara indicazione di policy per l’economia meridionale, e per quella italiana
più in generale, per favorire una stabile e duratura ripresa nel corso dei prossimi anni. Le imprese che
esportano registrano infatti, sistematicamente, performance e risultati finanziari migliori rispetto alle altre
imprese e sono in grado di attivare investimenti che possono dare un impulso positivo al rilancio della
domanda interna. Risulta, pertanto, sempre più necessario sostenere il processo di internazionalizzazione
dell’economia meridionale (come sta facendo, a partire da gennaio 2015 il Progetto Export Sud dell’ICE)
incentivando le imprese ad affacciarsi in modo strutturato e aggregato sui mercati esteri, a partire da quelli
emergenti in forte crescita. Al tempo stesso, è opportuno e necessario dedicare specifica attenzione a due
settori strategici per l’apparato produttivo meridionale, come la raffinazione e la siderurgia, affrontando le
problematiche ambientali come grandi opportunità di sviluppo.
Le difficoltà delle imprese e la stretta dei bilanci pubblici si ripercuotono
sulla dinamica occupazionale. L’emorragia di posti di lavoro denunciata
nel numero precedente del Check-up non accenna ad arrestarsi.
Le esportazioni mostrano dati
settoriali contrastanti
Prosegue il calo degli occupati: rischio
di un circolo vizioso
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Nel complesso, tra il 2007 e il 2013 il Mezzogiorno ha registrato una perdita di 617mila occupati: il calo del
numero di occupati è continuato nel corso del primo trimestre del 2014, quando sono stati registrati oltre
100mila occupati in meno rispetto alla media del 2013 e ben 170mila occupati in meno rispetto all’anno
precedente. Un calo con pochi precedenti.
Il tasso di disoccupazione nel Mezzogiorno è così salito al 19,7% nel 2013 (era dell’11% nel 2007), superiore
sia al valore medio italiano (12,2%) sia a quello dell’Unione Europea a 28 (10,8%). Nel corso dei primi tre
mesi del 2014 il dato ha fatto segnare un ulteriore peggioramento (21,7% nel Mezzogiorno e 13,6% in
Italia). Non solo l’occupazione, ma anche la ricerca di lavoro è in calo, come se lo scoraggiamento stia
iniziando a prendere il sopravvento dopo una crisi lunga che non accenna a finire. Basso è, infatti, il tasso di
attività (il rapporto tra le persone in cerca di lavoro e la popolazione della medesima fascia di età): nel
primo trimestre 2014 esso è risultato pari al 52,9% per il Mezzogiorno nella popolazione di età compresa tra
15 e 64 anni (inferiore al già basso 63,9% italiano). Il calo dell’occupazione, e dunque del reddito disponibile,
si traduce ovviamente anche in un impoverimento generale della popolazione: il numero di persone che
vivono in condizioni di povertà assoluta nel Mezzogiorno è quasi raddoppiato, passando da 1,2 a 2,3 milioni
di individui, quasi il 50% del totale delle persone in povertà assoluta in Italia e, di conseguenza, in un calo
generale della domanda interna con ulteriori effetti negativi sull’attività economica delle imprese.
I giovani meridionali continuano a rappresentare la fascia della popolazione
maggiormente colpita dalla crisi. Nel 2007, il tasso di disoccupazione
giovanile nel Mezzogiorno era pari al 32,3% (ossia circa 1/3 delle persone con
età compresa tra 15 e 24 anni cercavano lavoro senza trovarlo), mentre nel 2013 è salito al 51,6%,
interessando un giovane su due. I dati al I trimestre 2014 mostrano un ulteriore peggioramento (60,9% per il
Mezzogiorno e 46% per l’Italia). Nella fascia di età compresa tra 15 e 24 anni tra il 2007 e il 2013 è altresì
aumentata la quota delle persone “Not in Education, Employment or Training” ovvero (NEET), da 29,7% a
36,9% nel meridione1 e da 20,1% a 29,3% in Italia. Le maggiori difficoltà che i giovani residenti nelle regioni
meridionali hanno nel trovare lavoro vengono evidenziate anche dal maggior ricorso degli al programma di
garanzia giovani (Youth Guarantee): in base agli ultimi dati rilasciati sul relativo portale, la Campania e la
Sicilia sono le regioni con il maggior numero di giovani che ha aderito al programma (circa 20.000 persone
ciascuna). Altrettanto in difficoltà sono le donne del Mezzogiorno: il tasso di disoccupazione femminile al
Sud ha raggiunto un valore (a marzo 2014) pari al 23,9%, (2,4 punti percentuali in più rispetto allo scorso
anno).
Così torna a crescere l’emigrazione: nel solo 2012, il saldo tra chi ha preso la residenza nel Mezzogiorno e
chi l’ha lasciata è negativo per oltre 60 mila unità.
1 Sono escluse le isole, per le quali la percentuale di NEET nel 2013 è stata pari al 40,7%.
A subire di più gli effetti della crisi
sono i giovani
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Causa e, nello stesso tempo, sintomo di questa situazione di difficoltà è il drastico
calo degli investimenti pubblici e privati.
Nel loro complesso sono, infatti, calati di oltre il 34% dal 2007 al 2013,
con punte superiori al 45% nell’industria in senso stretto (periodo 2007-2012). Quest’ultimo dato colpisce
per il rischio di obsolescenza degli impianti, in presenza di un’ampia capacità produttiva inutilizzata
(stimabile in circa il 30% del potenziale).
Allo stesso modo frenano gli investimenti pubblici. Tra il 2009 e il 2013, infatti, la spesa in conto capitale nel
Mezzogiorno si è ridotta di oltre 5 miliardi di euro, tornando ai valori del 1996, contribuendo alla riduzione
del numero e del valore degli appalti pubblici: in calo di numero, ma soprattutto di valore (da 8,6 miliardi a
poco più di 5) sono anche in calo le gare di Partenariato Pubblico-Privato bandite nel Mezzogiorno. Si
realizzano, dunque, sempre meno investimenti pubblici, sia che lo Stato li finanzi direttamente sia che li
promuova indirettamente. E ciò è paradossale, se si considerano le difficoltà economiche che
suggerirebbero l’opportunità di una azione pubblica decisamente anticiclica. Anche per questo, risulta ancor
più grave il ritardo nell’utilizzo delle risorse del complesso della politica di coesione: senza contare le risorse
del Piano d’Azione Coesione e del Fondo Sviluppo e Coesione, sono ben 16 i miliardi di euro relativi ai fondi
strutturali 2007-13 ancora da utilizzare entro il 31-12-2015: e di questi ben 5 sono in capo alle
amministrazioni centrali che su alcuni programmi segnano il passo al pari delle Regioni Campania, Sicilia e
Calabria.
Fare impresa nelle regioni del Mezzogiorno diviene, insomma,
sempre più difficile: secondo l’indice di disagio imprenditoriale elaborato
da Fondazione Impresa, cinque delle prime sei posizioni sono infatti
occupate da regioni meridionali. Al primo posto di questa classifica negativa primeggia la Sicilia, seguita da
Basilicata e Campania. Fra i principali motivi di disagio figura il peso della burocrazia. Secondo il rapporto
“Doing Business in Italia 2013”, della Banca Mondiale, nel Mezzogiorno i vincoli burocratici sono più evidenti
che nel resto del Paese: a L’Aquila e Napoli, avviare un’impresa richiede rispettivamente 13 e 16 giorni,
quasi tre volte il tempo necessario nelle principali città del Centro-Nord. Nel campo delle costruzioni, per
completare il processo di ottenimento di tutti i permessi, a Milano sono necessari 151 giorni (un tempo
inferiore rispetto alla media UE) mentre a Palermo ci vogliono 5 mesi in più e a Napoli quasi 4 mesi in più. Si
tratta di un disagio crescente, anche perché resta elevato il peso della corruzione e della influenza della
criminalità organizzata: patologie acute che hanno investito pesantemente anche il Centro-Nord, ma che al
Sud il incidono maggiormente perché insistono su un tessuto economico più fragile.
Investimenti fermi, sviluppo
bloccato
Cresce il disagio nel fare impresa
al Sud
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Cosicché, non stupisce se, secondo l’indice sintetico di sviluppo provinciale
elaborato da Confindustria (Dicembre 2013), che mette a confronto
le 107 province italiane attraverso le statistiche relative a 15 variabili
economiche, sociali e di qualità della vita, le ultime 20 province sono tutte localizzate nel Mezzogiorno: in
particolare, nelle ultime posizioni ci sono le provincie di alcuni tra i principali capoluoghi meridionali: Reggio
Calabria, Napoli e Palermo, a testimonianza del fatto che molti dei divari del Mezzogiorno hanno a che fare
con la questione urbana. Per trovare la prima provincia del Mezzogiorno occorre scendere al 37° posto
(dove si trova Cagliari).
Lo scenario consolidato in cui si muove il Mezzogiorno è dunque ampiamente
caratterizzato da risultati negativi: ridimensionamento della struttura
imprenditoriale, perdita di occupati, ridotta capacità di produrre, ripresa
dell’emigrazione con conseguente invecchiamento della popolazione, peggioramento della qualità della vita
nel suo complesso.
I segnali positivi, che pure timidamente iniziano ad essere avvertiti, non sono tuttavia, ancora sufficienti ad
invertire la tendenza. Soprattutto, riguardano ancora una fetta minoritaria del tessuto imprenditoriale del
Sud. La polarizzazione, evidenziata come rischio nei mesi scorsi, si va infatti consolidando.
Cosa fare, dunque?
Il primo punto riguarda la necessità di mantenere il Mezzogiorno agganciato alle dinamiche nazionali. Uno
degli insegnamenti derivanti dalla crisi è che il Mezzogiorno non è più immune dagli shock esterni ed è parte
integrante dell’economia del Paese come i lavori della Banca d’Italia e di SRM hanno ampiamente mostrato.
Proprio per la maggiore debolezza della propria economia, il Mezzogiorno è l’area che più ha da
guadagnare da un’azione volta al miglioramento del contesto competitivo nazionale.
E’ più che mai urgente, a questo proposito, realizzare le riforme strutturali in modo da ridurre quanto più è
possibile i costi (economici e non) a cui sono soggette le imprese italiane e quelle meridionali. Sono in
particolare necessari interventi volti a ridurre in modo drastico il cuneo fiscale e una politica energetica che
porti le imprese del nostro Paese a sostenere costi competitivi con quelli delle imprese straniere. Di questo
sforzo deve far parte il completo smaltimento dello stock di debiti accumulati dalla P.A. nei confronti delle
imprese, stock che assume dimensioni significative in alcune Regioni del Sud.
Ai primissimi posti di questo impegno riformatore ci deve essere la riconquista di una maggiore efficienza
della PA, stabilmente indicata dalle raccomandazioni comunitarie come una delle principali urgenze del
Paese, e del Mezzogiorno in particolare.
In secondo luogo, è fondamentale far leva sui punti di forza e sui segnali
positivi che pure si sono registrati anche al Sud.
Qualità della vita: le ultime 20 province
sono meridionali
Necessaria una politica nazionale
orientata alla ripresa
Amplificare i segnali positivi
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Il consolidarsi del clima di fiducia; la domanda di credito che si sta stabilizzando, il numero di giovani che si
iscrivono al Programma Garanzia Giovani e che si laureano; l’export dei settori “non-oil” e dei distretti
meridionali che torna a crescere; la domanda di agevolazioni dei più recenti bandi (la cd. “nuova Sabatini e il
Bando “Macchinari” tra gli ultimi); la crescita degli arrivi e delle presenze turistiche, soprattutto di stranieri,
sono tutti piccoli segnali di un clima economico che potrebbe tornare a migliorare, nei prossimi mesi, anche
nel Mezzogiorno.
Tutto ciò rende ancora più urgente e necessaria, nel Mezzogiorno e per l’intero Paese, una politica
economica orientata allo sviluppo, che affianchi le riforme strutturali trovando nei fondi europei ed in quelli
nazionali per la coesione alimento finanziario e quadro programmatorio di riferimento.
E’ chiara, infatti, l’esigenza primaria di un robusto intervento per riattivare gli investimenti pubblici e privati.
Secondo la Banca dati Conti Pubblici territoriali, la spesa totale primaria (al netto degli interessi sul debito e
delle partite finanziarie) del SPA è aumentata in Italia tra il 2011 e il 2012 del 4,3 % attestandosi nell’ultimo
anno su un valore di 14.385 euro procapite, con una netta differenziazione tra aree (15.753 nel Centro-Nord,
11.793 nel Mezzogiorno). Si tratta di un rilevante inversione di tendenza rispetto all’arco temporale 2009-
2011 in cui la spesa primaria in termini reali del SPA era diminuita ad un tasso medio annuo del 2%. Tali
andamenti nascondono, tuttavia, un notevole sbilanciamento nella composizione, poiché, a fronte della
crescita della spesa corrente (+ 5% a livello nazionale; + 5,7% nel Centro-Nord, +3,2% nel Mezzogiorno),
notevole è la compressione delle voci del conto capitale (-3,7 % a livello nazionale; -1% nel Centro-Nord -
9,5% nel Mezzogiorno), che segue il crollo di circa il -7% già osservato nel triennio precedente.
Insomma, la spesa corrente ha ripreso a crescere, mentre la spesa pubblica
per gli investimenti ha proseguito il suo andamento declinante.
Perciò, ancora più importanza riveste un utilizzo pieno ed efficace delle
risorse per la politica di coesione, comunitarie e nazionali. Il complesso di queste risorse rappresenta una
occasione unica per promuovere la ripresa degli investimenti.
Per favorirne l’utilizzo, è necessario, innanzitutto, risolvere il problema del vincolo del Patto di Stabilità,
escludendo cofinanziamento nazionale dei fondi strutturali e Fondo Sviluppo e Coesione dal calcolo del
Patto di Stabilità interno. Una soluzione a questa criticità va trovata una volta per tutte a livello europeo,
non conteggiando la spesa per investimenti, almeno quelli cofinanziati, nella spesa considerata per gli
obiettivi di deficit. Nel recente Consiglio europeo di Ypres l’Italia ha posto con forza il tema della flessibilità
nell’attuazione del Patto, ma entro l’autunno i meccanismi concreti con cui la flessibilità può essere
applicata devono essere definiti, per non lasciare che questo primo risultato resti solo una petizione di
principio.
Ma è obbligatorio, prima di tutto per una questione di credibilità del Paese, non perdere nemmeno un euro
delle risorse a disposizione, ed ancor più far si che ogni euro speso costituisca un effettivo volano di sviluppo.
Il ruolo decisivo della politica
di coesione
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Va, quindi, accelerata con ogni mezzo, da parte delle amministrazioni centrali e regionali, la spesa delle
risorse residue della programmazione 2007-2013.
Parallelamente, per non perdere ulteriore tempo prezioso, si deve dare un rapido avvio alla nuova
programmazione 2014-20 che può mobilitare per tutto il nostro paese, risorse per oltre 60 miliardi di euro.
Quanto prima l’Accordo di Partenariato con la Commissione europea deve essere chiuso, e tutti i Programmi
Operativi presentati, da parte delle regioni e delle amministrazioni centrali, al fine di avviare,
concretamente, la spesa già dal primo gennaio 2015.
Analogamente, ogni sforzo, amministrativo e finanziario, deve essere fatto per accelerare l’utilizzo delle
risorse vecchie e nuove del Fondo per lo Sviluppo e la Coesione (FSC) e del Piano d’Azione Coesione (PAC),
che integrano e completano, anche dal punto di vista tematico, le risorse dei fondi strutturali.
Secondo una stima di massima, utilizzando a pieno tutte le risorse per la coesione, comunitarie e nazionali,
si potrebbero mobilitare poco meno di 20 miliardi di euro l’anno per i prossimi 9 anni, per favorire la
competitività del tessuto produttivo, la sua apertura internazionale e la sua capacità di innovare, per
migliorare la dotazione infrastrutturale e di servizi, per sostenere l’istruzione e le competenze dei cittadini
meridionali; per recuperare e valorizzare un patrimonio naturale e culturale che costituisce insieme la
maggiore risorsa inutilizzata e una delle migliori carte da giocare. In quest’ottica, il turismo può e deve
uscire dalla dimensione di evocazione retorica e divenire prospettiva concreta per completare un tessuto
manifatturiero vivo e vitale, ma diffuso sul territorio solo a macchia di leopardo, e per creare stabili
opportunità di occupazione e di crescita economica.
La riattivazione di un flusso di investimenti così impegnativo su tematiche così ampie rappresenta un
impegno enorme, per affrontare il quale la neonata Agenzia per la Coesione dovrà rapidamente svolgere un
ruolo decisivo.
Ma costituisce anche un volano fondamentale, non solo per assicurare il pur necessario riequilibrio
territoriale degli investimenti pubblici, ma per favorire la ripartenza dell’intero Paese.
Questa deve diventare per tutto il Paese e a vantaggio di tutto il Paese una delle principali, se non la
principale, priorità.
Focus Crisi
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��Dinamica�ultimo�anno�Diff.�2013�su�2012� �12,6� �6,9� �16.556� �3,9� �281,3� 16,7�
Var.%2013�su�2012� �4,0� �11,5� �1,0� �8,5� �4,6� 6,3��*�Per�quanto�riguarda�il�PIL�e�gli�Investimenti�le�differenze�sono�state�calcolate�sui�rispettivi�valori�concatenati�(con�base�al�2005);�per�entrambe�le� variabili,� il� valore� ufficiale� al� 2013� non� è� stato� ancora� pubblicato,� per� cui� il� relativo� valore� è� stato� stimato� sulla� base� rispettivamente�delle�anticipazioni�ISTAT�su�alcuni�aggregati�economici�(giugno�2014)�e�delle�previsioni�Svimez�(ottobre�2013)�Fonte:�Elaborazione�Confindustria�e�SRM�su�fonti�varie�
�Il� periodo� di� crisi� economica� avviatosi� nel� 2008,� e� tuttora� ancora� non� concluso,� ha� provocato� un� duro� impattosull’economia�meridionale:�tra�il�2007�e�il�2012,�il�Mezzogiorno�ha�perso�il�10%�del�proprio�Prodotto�Interno�Lordo�(PIL),�per�un�valore�di�circa�35�miliardi�di�euro;� in�base�alle�stime,�tale�perdita�dovrebbe�crescere�a�47,7�miliardi�di�euro�(�13,5%)� considerando� il� periodo� 2007�2013.� Una� riduzione� ancora� più� intensa� (�34,3%,� con� una� perdita� di� circa� 28�miliardi)�nel�medesimo�periodo�si�stima�per�quanto�riguarda�gli�investimenti�fissi�lordi.�Sempre�tra�il�2007�e�il�2013,�il�numero� delle� imprese� attive� si� è� ridotto� dell’1,8%� (circa� 32mila� imprese� in�meno),�mentre� il� numero� di� occupati� ha�registrato�una�riduzione�di�oltre�600mila�unità,�pari�ad�una�variazione�di��9,5%).�La�perdita�di�occupati�è�stata�in�parte�compensata� dal� ricorso� alla� Cassa� Integrazione� (nel� 2013,� 217,2� milioni� di� ore� di� utilizzo� in� più� sul� 2007).� L’unica�variabile�che�presenta�un�miglioramento�rispetto�al�2007�è�l’export�(+2,4%).�In�un�contesto�simile,�tra�il�2007�e�il�2012�(ultimi� dati� ufficiali),� la� percentuale� di� famiglie� povere� nel� Mezzogiorno� è� aumentata� da� 5,8%� a� 9,8%� (4� punti�percentuali�in�più).��
�10,0
�25,8
2,2
�13,5
�34,3
4,0
Pil Investimenti Famiglie�povere*
Var.�%�2012�su�2007 Var.�%�2013�su�2007
�0,9
11,9
�5,1�1,8
2,4
�9,5
Imprese Export Occupazione
Var.�%�2012�su�2007 Var.�%�2013�su�2007
Check-up Mezzogiorno - luglio 2014
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��
Focus�CrisiAncora�lontano,�per�il�Mezzogiorno,�il�recupero�dei�valori�del�2007��Graf.�II�–�Indice�sintetico*�delle�principali�variabili�economiche�nel�Mezzogiorno�tra�il�2007�e�il�2013��
�*��E’�un�indice�composito�calcolato�come�somma�dei�valori�indicizzati�al�2007�di�alcune�importanti�variabili�macroeconomiche:�PIL,�Investimenti�fissi�lordi,�Imprese�attive,�Export,�Occupati.�Ai�fini�del�calcolo�dell’indice�al�2013,�per�tale�anno�il�PIL�e�gli�Investimenti�sono�stati�stimati.�Fonte:�Elaborazione�Confindustria�e�SRM�su�fonti�varie���Graf.�III�–�La�composizione�dell’indice*��
�������*�I�dati�del�PIL�e�degli�investimenti�al�2013�sono�stati�calcolati�in�base�alle�previsioni�ISTAT�e�SVIMEZ��������Fonte:�Elaborazione�Confindustria�e�SRM�su�fonti�varie��Anche�nel�corso�del�2013,�il�Mezzogiorno�appare�distante�dai�valori�raggiunti�prima�della�crisi�nei�principali�indicatori.�Prendendo�il�2007�come�anno�base�(con�indice�pari�a�100)�per�5�variabili�osservate�(PIL,�Investimenti,�Imprese,�Export,�Occupazione)� nel� periodo� tra� il� 2007� e� il� 2013,� e� calcolando� in� base� ad� essi� un� indicatore� di� sintesi� (presentato� nel�Grafico� II),� si� osserva� un� lieve� calo� nel� 2008,� seguito� da� una� drastica� riduzione� nel� 2009� (per� il� crollo� avvenuto�soprattutto�nel�PIL,�negli� investimenti�e�nelle�esportazioni).�Nel�2010�e�nel�2011�l’indicatore�riprende�a�salire,�ma�nel�2012�e�nel�2013�diminuisce�nuovamente,�portandosi�ad�un�valore�anche�inferiore�al�minimo�di�448,3�osservato�per�il�2009.�La�principale�variabile�a�deprimere�l’indice�sono�gli�investimenti,�ridottisi�di�1/3�dal�2007.Tutte�le�variabili�prese�in� considerazione� hanno� registrato� un� peggioramento� dal� 2012� al� 2013.� L’export� è� l’unica� variabile� il� cui� valore� è�superiore�a�quello�del�2007.�
500,0 497,6
448,4
467,0472,7 470,1
443,3
410420430440450460470480490500510
2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013*
90,0
74,2
99,1111,9
94,986,5
65,7
98,2102,4
90,5
0
20
40
60
80
100
120
Pil Investimenti Imprese Export Occupazione
2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013
Check-up Mezzogiorno - luglio 2014
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��
Focus�CrisiLA�CONGIUNTURA
Clima�di�fiducia�delle�imprese�(anno�base�2005)�
���Graf.�IV�–�Clima�di�fiducia�delle�imprese�manifatturiere�per�ripartizione�territoriale��
Fonte:�Elaborazione�Confindustria�e�SRM�su�dati�ISTAT��A�giugno,�il�clima�di�fiducia�delle�imprese�manifatturiere�italiane�(posto�pari�a�100�il�dato�base�al�2005),�sale�a�100��da�99,8�del�mese�di�maggio.�Per�il�Mezzogiorno,�il�valore��è�pari�a�92,3,�avvicinandosi�ai�livelli�dell’estate�2011�e�segnando�un�avanzamento�rispetto�al�mese�di�maggio�2014:�tuttavia,�il�dato�per�il�Mezzogiorno�continua�ad�essere,�insieme�a�quello�osservato�per�il�Centro,�il�valore�più�basso�tra�le�4�macro�aree.�
���
-=
+
Giugno�2007�=�104,5Giugno 2014 =�92,3Differenza=��12,2
-=
+
Giugno�2013�=�83,6Giugno�2014 =�92,3Differenza=+8,7
80
85
90
95
100
105
110
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Nord�Ovest Nord�Est Centro Mezzogiorno
Check-up Mezzogiorno - luglio 2014
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��
Focus�Crisi�Clima�di�fiducia�dei�consumatori�(anno�base�2005)��
� ��
�
Graf.�V�–�Clima�di�fiducia�dei�consumatori�per�ripartizione�territoriale�(numero�indice�2005=100)��
Fonte:�Elaborazione�Confindustria�e�SRM�su�dati�ISTAT���
�
-=
+
Giugno�2007�=�101,6Giugno�2014 =�104,1Differenza=+3,5
-=
+
Giugno�2013�=�96,2Giugno�2014 =�104,1Differenza=+7,9
80
85
90
95
100
105
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Nord�Ovest Nord�Est Centro Mezzogiorno
Check-up Mezzogiorno - luglio 2014
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��
Focus�Crisi
�Graf.�VI�–�Composizione�del�clima�di�fiducia�dei�consumatori�nel�Mezzogiorno�(numero�indice�2005=100)��
a)� Media� aritmetica� semplice� dei� saldi� ponderati� relativi� a� tre� domande� (giudizi� e� attese� sulla� situazione� economica� dell’Italia,� attese� sulla�disoccupazione,�quest’ultima�con�segno�invertito).�Riportato�a�indice�(in�base�2005)�e�destagionalizzato�con�il�metodo�diretto.�(b)�Media�delle� rimanenti� sei�domande�componenti� il� clima�di� fiducia� (giudizi�e�attese�sulla� situazione�economica�della� famiglia;�opportunità�attuale�e�possibilità�future�del�risparmio;�opportunità�all’acquisto�di�beni�durevoli;�bilancio�finanziario�della�famiglia).�Riportata�a�indice�(in�base�2005),�la�serie�non�presenta�una�componente�di�natura�stagionale.�(c)�Media�delle�domande�relative�ai�giudizi�(situazione�economica�dell’Italia�e�della�famiglia;�opportunità�attuale�del�risparmio�e�acquisto�di�beni�durevoli;�bilancio�finanziario�della�famiglia).�Riportata�a�indice�(in�base�2005),�la�serie�non�presenta�una�componente�di�natura�stagionale.�(d)�Media�delle�attese�(situazione�economica�dell’Italia�e�della� famiglia;�disoccupazione;�possibilità� future�di�risparmio).�Riportato�a� indice�(in�base�2005)�e�destagionalizzato�con�il�metodo�diretto.�Fonte:�Elaborazione�Confindustria�e�SRM�su�dati�ISTAT���A�giugno�2014,�il�clima�di�fiducia�dei�consumatori�in�Italia�(che�è�il�risultato�di��giudizi�e�attese�degli�stessi�in�riferimento�ad�alcune�variabili:�situazione�economica�dell’Italia;�disoccupazione;�situazione�economica�della�famiglia;�opportunità�attuale� e� possibilità� future� del� risparmio;� opportunità� all’acquisto� di� beni� durevoli;� giudizi� sul� bilancio� familiare)�raggiunge� un� valore� di� 105,7,� in� diminuzione� rispetto� al� 106,2� del�mese� di�maggio.� Si� riscontra� un�miglioramentodell’indice�nel�Nord�Est�del�Paese�mentre�diminuisce�al�Nord�Ovest�e�nel�Centro.�Nel�Mezzogiorno�l’indicatore�rimane�stabile� rispetto� a�maggio� (104,1),�ma� è� in� rialzo� rispetto� ad� un� anno� fa.� Rispetto� a�maggio� 2014� si� è� riscontra� un�incremento�della�componente�economica�(che�passa�da�114,3�a�117,2)�e�di�quella�relativa�al�clima�corrente�(da�101,1�a�102),�segnali�di�un�moderato�miglioramento�delle�prospettive�attese.��
����
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Clima�Economico�(a) Clima�personale�(b) Clima�corrente�(c) Clima�futuro�(d)
Check-up Mezzogiorno - luglio 2014
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Check-up Mezzogiorno - luglio 2014
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Focus�CrisiALCUNI�ASPETTI�MACROECONOMICI:�IMPRESA
Il�Pil��
� �����
Tab.�II�–�Andamento�del�PIL�dall'inizio�della�crisi�al�2013*,�valori�concatenati,�anno�base�2005�(milioni�di�euro)��
�� 2007� 2008� 2009� 2010� 2011� 2012� 2013�Var�%�2013�
�su�2007�Var�%�2013��
su�2012�
Centro�Nord� 1.137.752� 1.125.296� 1.062.398� 1.087.570� 1.096.307� 1.069.755� 1.056.856� �7,1� �1,2�
Mezzogiorno� 352.746� 347.876� 329.973� 328.977� 327.192� 317.585� 304.999� �13,5� �4,0�
Italia� 1.492.671� 1.475.412� 1.394.347� 1.418.375� 1.425.142� 1.389.043� 1.363.288� �8,7� �1,9�Var�%�2012�su�
2007�Var�%�2012�su�
2011�
Abruzzo� 27.480,6� 27.548,9� 25.775,0� 26.175,4� 26.659,9� 26.001,9� �� �5,4� �2,5�
Molise� 6.337,5� 6.087,8� 5.770,5� 5.686,2� 5.570,8� 5.428,9� �� �14,3� �2,5�
Campania� 94.574,8� 93.165,4� 87.940,8� 86.749,3� 85.871,1� 84.129,5� �� �11,0� �2,0�
Puglia� 68.302,3� 67.368,3� 63.695,7� 63.959,2� 63.843,1� 61.953,6� �� �9,3� �3,0�
Basilicata� 10.297,1� 10.150,7� 9.611,1� 9.424,2� 9.533,0� 9.186,3� �� �10,8� �3,6�
Calabria� 32.021,2� 31.438,8� 30.048,4� 30.109,2� 29.834,5� 28.879,6� �� �9,8� �3,2�
Sicilia� 82.480,8� 80.864,5� 77.351,2� 77.182,5� 76.135,2� 73.261,0� �� �11,2� �3,8�
Sardegna� 31.252,9� 31.258,1� 29.776,0� 29.687,9� 29.742,5� 28.738,4� �� �8,0� �3,4�*�Il�dato�al�2013�è�un’elaborazione�SRM�utilizzando�la�stima�anticipata�di�alcuni�aggregati�economici�nelle�ripartizioni�geografiche�rilasciata�giugno�2014�dall’ISTAT:�per�le�regioni,�l’ultimo�dato�disponibile�è�al�2012�
��������
-=
+
Var.�2013�su�2007�=��13,5%
-=
+
Var.�2013�su�2012�=��4,0%
Check-up Mezzogiorno - luglio 2014
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Focus�Crisi�
Graf.�VII�–�Differenza�del�PIL�tra�il�2007�ed�il�2013*,�valori�concatenati,�anno�base�2005�(milioni�di�euro)��
*Il� dato� al� 2013� è� un’elaborazione� SRM� utilizzando� la� stima� anticipata� di� alcuni� aggregati� economici� nelle� ripartizioni� geografiche� rilasciata� a�giugno�2014�dall’ISTAT:�per�le�regioni�è�stata�calcolata�la�differenza�tra�il�2007�e�il�2012,�non�essendoci�i�tassi�di�crescita�necessari�alla�stima�del�2013.�
��
�A�partire�dal�2007,�il�Prodotto�Interno�Lordo�italiano�(PIL)�è�risultato�in�calo,�fino�a�raggiungere�il�livello�minimo�di�circa�1.363�miliardi�di�euro�nel�2013,�con�una�leggera�ripresa�nel�2010�e�nel�2011.�Nel�Mezzogiorno,�con�circa�305�miliardi�di�PIL�al�2013,� si� evidenzia� complessivamente�una�diminuzione�del� 13,5%� rispetto�al�2007� (per�una�perdita� in�valore�di�oltre�47�miliardi�di�euro)�e�del�4%�rispetto�al�2012�(circa�12,5�miliardi�in�meno).�Nello�stesso�periodo�2007�13,�il�Pil�del�Centro�Nord�è�diminuito�di�oltre�80�miliardi�di�euro,�pari�però,�in�proporzione,�ad�un�calo�del�7%.�Riguardo�alle�regioni�meridionali�e�con�riferimento�al�periodo�2007�2012,�la�Campania�ha�registrato�la�maggiore�perdita�di�PIL�in�tale�periodo�(�11%;�pari�a�10�miliardi�di�PIL�in�meno).�Consistente�anche�la�caduta�del�PIL�osservata�per�la�Sicilia�e�la�Puglia.�
������������������
�80.896
�47.746
�1.479
�909
�10.446
�6.349
�1.111
�3.142
�9.220
�2.515
�90.000 �80.000 �70.000 �60.000 �50.000 �40.000 �30.000 �20.000 �10.000 0
Centro�Nord
Mezzogiorno
Abruzzo
Molise
Campania
Puglia
Basilicata
Calabria
Sicilia
Sardegna
Check-up Mezzogiorno - luglio 2014
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Check-up Mezzogiorno - luglio 2014
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Focus Crisi
Le esportazioni
Tab. III– Andamento delle esportazioni tra il 2007 ed il 2013 (valori in miliardi di euro)
2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 Var %2013 su 2007 Var % I trim. 2014
su I 2013 Centro-Nord 316,5 318,7 255,4 294,4 328,2 338,8 3425 8,2 2,2 Mezzogiorno 41,5 43,4 30,7 39,0 43,0 46,4 42,5 2,4 -3,3 Italia 364,7 369,0 291,7 337,3 375,8 389,7 385,0 5,6 1,6 Abruzzo 7,3 7,6 5,2 6,3 7,3 6,9 6,7 -8,2 5,4 Molise 0,6 0,6 0,4 0,4 0,4 0,4 0,3 -5,0 -19,8 Campania 9,4 9,4 7,9 8,9 9,4 9,4 9,5 1,1 1,0 Puglia 7,2 7,4 5,7 6,9 8,2 8,8 7,9 9,7 18,1 Basilicata 2,1 2,0 1,5 1,4 1,4 1,2 1,0 -52,4 -21,0 Calabria 0,4 0,4 0,3 0,3 0,4 0,4 0,3 -25,0 -11,6 Sicilia 9,7 10,0 6,2 9,3 10,7 13,1 11,1 14,4 -15,6 Sardegna 4,7 5,9 3,3 5,3 5,2 6,4 5,3 12,8 -18,1
Fonte: Elaborazione Confindustria e SRM su dati Istat
Dopo il calo verificatosi nel 2009 sia in Italia (-20,9% sul 2008) sia nel Mezzogiorno (-20,3%), le esportazioni hanno ripreso a crescere, raggiungendo nel 2012 il valore più alto degli ultimi sei anni. Nel 2013, tuttavia, mentre nelle regioni del Centro-Nord l’export ha continuato a crescere, si è assistito a un calo delle esportazioni per il Mezzogiorno (-4 miliardi rispetto al 2012). Tale tendenza continua nel I trimestre del 2014, quando si registra ancora un andamento negativo per il Mezzogiorno (-3,3% su I trimestre 2013) e positivo per il Centro-Nord (+2,2%). Tra le regioni meridionali, alla fine del 2013 la Campania, la Puglia, la Sicilia e la Sardegna hanno pienamente recuperato il valore delle esportazioni perso nel corso del 2009. Nel I trimestre del 2014 solo la Campania, la Puglia e l’Abruzzo hanno registrato una variazione tendenziale positiva delle esportazioni.
-
=
+
Var. 2013 su 2007 = +2,4%
-
=
+
Var. I Trim. 2014 su I 2013 = -3,3%
Focus�Crisi�
Gli�investimenti��
����
Tab.�IV–�Andamento�degli�investimenti�fissi�lordi�tra�2007���2013,�valori�concatenati,�anno�base�2005�(milioni�di�euro)**�
�� 2007� 2008� 2009� 2010� 2011� 2012� 2013*�Var�%�2013�su�
2007�Var�%�2013��su�2012�
Centro�Nord� 235.852� 229.006� 201.301� 202.445 200.156� 184.570 174.604� �26,0� �5,4�
Mezzogiorno� 80.717� 75.740� 67.684� 68.229� 65.590� 59.925� 53.034� �34,3� �11,5�
Italia� 316.569� 304.740� 268.984� 270.673 265.737� 244.484 227.860� �28,0� �6,8�Var�%�2012�su�
2007�Var�%�2012��su�2011�
Mezzogiorno�
Agricoltura,�Silvic.�e�Pesca� 3.458� 3.156� 2.634� 2.258� 2.582� 2.276� �� �34,2� �11,9�
Industria�in�senso�stretto� 17.177� 12.981� 10.619� 10.393� 10.247� 9.144� �� �46,8� �10,8�
Costruzioni� 3.058� 3.189� 2.583� 2.850� 2.628� 2.429� �� �20,6� �7,6�
Servizi� 57.023� 56.405� 51.842� 52.735� 50.132� 46.074� �� �19,2� �8,1�*�Elaborazioni�SRM�su�stime�Svimez;�per�i�settori�il�dato�fa�riferimento�al�2012�**�Nell’edizione�del�Check�Up�Mezzogiorno�(Luglio�2013),�per�il�calcolo�degli�investimenti�sono�stati�utilizzati�i�dati�Istat�a�valori�concatenati�con�anno�base�2000,�per�cui�i�dati�possono�differire�da�quelli�riportati�nella�presente�edizione.�Fonte:�Elaborazione�Confindustria�e�SRM�su�dati�Svimez�
��
La�crisi�economica�ha�pesato�sensibilmente�sugli�investimenti,�in�costante�riduzione�fino�al�2013�(fatta�eccezione�per�il�2010� quando� gli� investimenti� hanno� registrato� una� moderata� ripresa):� nel� 2007� in� Italia� gli� investimenti� (a� valori�concatenati)�erano�pari�a�316,6�miliardi�di�euro:�nel�2013�sono�calati�a�227,9�miliardi�di�euro� (il�28%� in�meno.�Per� il�Mezzogiorno�il�calo�è�stato�ancora�maggiore�(�34,3%,�da�80,7�a�53�miliardi�di�euro),��con�un�calo�di�oltre�27�miliardi�di�euro.�Limitatamente� al� periodo� 2007�2012,� l’impatto� del� calo� degli� investimenti� nel�Mezzogiorno� rispetto� al� 2007� è� stato�particolarmente� significativo� nell'industria� in� senso� stretto� (�46,8%)� e� nell'agricoltura� (�34,2,%):� dati� negativi� si�evidenziano�anche�riguardo�al�settore�delle�costruzioni�(�20,6%)�e��a�quello�dei�servizi�(�19,2%).�
���
�
-=
+Var.�2013�su�2007�=��34,3%
-=
+Var.�2013�su�2012�=��11,5%
Check-up Mezzogiorno - luglio 2014
22
Focus�Crisi�Fallimenti�e�dati�finanziari:�le�imprese�attive��
����Tab.�V�–�Andamento�delle�imprese�attive�dal�2007�al�2013��
��
2007� 2008� 2009� 2010� 2011� 2012� 2013�
Var�%�2013�
su�2007�
2014*�
Var�%�I�2014��
su��I�2013�
Abruzzo����������� 131.496� 132.511� 132.460� 132.873� 133.066� 131.072� 129.488� �1,5� 127.593� �1,5�Molise�������������� 32.708� 32.789� 32.513� 32.576� 32.152� 31.684� 31.318� �4,2� 30.877� �1,4�Campania�������� 460.245� 473.117� 476.229� 474.134� 472.526� 471.890� 470.228� 2,2� 465.503� �0,7�Puglia��������������� 340.694� 342.636� 338.598� 340.150� 338.332� 335.933� 331.618� �2,7� 327.324� �1,6�Basilicata��������� 55.397� 55.674� 55.287� 55.060� 54.320� 53.870� 53.119� �4,1� 52.371� �1,4�Calabria����������� 155.075� 157.191� 156.923� 157.373� 156.995� 155.502� 154.642� �0,3� 153.437� �0,2�Sicilia���������������� 394.498� 394.116� 388.372� 383.098� 380.715� 378.697� 373.803� �5,2� 370.010� �1,3�Sardegna��������� 150.145� 150.947� 149.275� 148.429� 147.645� 146.525� 144.401� �3,8� 142.537� �1,3�
�
Centro�Nord� 3.454.663� 3.577.123 3.553.874� 3.558.241 3.559.764 3.534.751 3.497.507� 1,2� 3.467.472� �1,0�Mezzogiorno� 1.720.258� 1.738.981 1.729.657� 1.723.693 1.715.751 1.705.173 1.688.617� �1,8� 1.669.652� �1,1�Italia� 5.174.921� 5.316.104 5.283.531� 5.281.934 5.275.515 5.239.924 5.186.124� 0,2� 5.137.124� �1,0�
*Primo�trimestre�2014�Fonte:�Elaborazione�Confindustria�e�SRM�su�dati�Movimprese��Tra� il�2007�e� il�2013,� l’andamento�del�numero�di� imprese�attive�nel�Mezzogiorno�(in�crescita� fino�al�2008)�è�risultato�costantemente�negativo,�specie�a�partire�dal�2010.�Nel�complesso,�nel�2013,�il�Mezzogiorno�conta�circa�31mila�imprese�attive� in�meno� rispetto� al� 2007� (�1,8%).� Di� contro,� nel� Centro�Nord� il� numero� di� imprese� attive� nello� stesso� anno� è�superiore�a�quello�registrato�nel�2007�(+1,2%),�nonostante�anche�per�quest’area�il�dato�abbia�iniziato�a�calare�a�partire�dal� 2012.� I� dati� relativi� al� I� trimestre� 2014� mostrano� un’ulteriore� riduzione� nel� numero� di� imprese� attive� nel�Mezzogiorno�rispetto�al�primo�trimestre�2013�(�1,1%):�la�Puglia,�l’Abruzzo�e�la�Basilicata�hanno�registrato�le�variazioni�negative�maggiori.�Anche�nel�Centro�Nord�nel�I�trimestre�2014�il�numero�di�imprese�attive�si�è�ridotto.��
�
-=
+
Var.�2013�su�2007�=��1,8%
-=
+
Var.��I�Trim. 2014�su�I 2013�=��1,1%
Check-up Mezzogiorno - luglio 2014
23
Focus�Crisi�
Tab.�VI�–�Imprese�cessate�e�iscritte�nel�registro�delle�imprese�(I�trim.�2013��I�trim.�2014)���� I�trim.�2013 I�trim.�2014��� Iscritte Cessate Differenza Iscritte Cessate� DifferenzaAbruzzo������������������� 3.059� 4.410� �1.351 2.972 4.618� �1.646Molise�������������������� 641� 990� �349 658 965� �307Campania������������������ 11.293 11.865 �572 10.811 13.401� �2.590Puglia�������������������� 7.778� 10.581 �2.803 7.216 11.255� �4.039Basilicata���������������� 992� 1.653� �661 965 1.648� �683Calabria������������������ 3.173� 4.479� �1.306 3.018 3.748� �730Sicilia������������������� 8.676� 11.507 �2.831 8.700 11.518� �2.818Sardegna������������������ 2.478� 4.222� �1.744 2.787 4.383� �1.596
Centro�Nord� 80.528 109.773 �29.245 78.247 104.373� �26.126Mezzogiorno� 38.090 49.707 �11.617 37.127 51.536� �14.409Italia� 118.618 159.480 �40.862 115.374 155.909� �40.535
Fonte:�Elaborazione�Confindustria�e�SRM�su�dati�Movimprese���Graf.�VIII�–�Numero�di�imprese�cessate�al�giorno,�confronto�Mezzogiorno���Centro�Nord�(2013�e�I�Trim.�2014)��
��Fonte:�Elaborazione�Confindustria�e�SRM�su�dati�Movimprese��Nel� primo� trimestre� 2014� il� numero� di� imprese�meridionali� cancellate� dal� registro� delle� imprese,� ossia� le� imprese�cessate� (circa� 51� mila� unità)� è� stato� superiore� a� quello� delle� imprese� nuove� iscritte,� con� una� differenza� che� ha�superato�le�14.000�unità.�Nel�Centro�Nord�la�differenza�tra�imprese�cessate�e�iscritte�è�stata�pari�a�circa�40mila�unità.In� tutte� le� regioni� meridionali� il� numero� di� imprese� cessate� nel� I� trimestre� 2014� è� stato� superiore� a� quello� delle�imprese�iscritte.�Dati�particolarmente�negativi�si�registrano�per�la�Puglia�e�la�Sicilia.�In�media,�nel� I� trimestre�2014�nel�Mezzogiorno�sono�cessate�573� imprese�al�giorno,� in�aumento�di�quasi�200�unità�rispetto�alle� imprese�cessate�in� �media,�ogni�giorno,�nel�2013:�un�aumento�considerevole�del�dato�si�è�avuto�anche�per�il�Centro�Nord.����
�
30
6104
7711
3191
28
775378
5111
149125
1842
12849
1.160573
0 200 400 600 800 1.000 1.200 1.400
AbruzzoMolise
CampaniaPuglia
BasilicataCalabria
SiciliaSardegna
Centro�NordMezzogiorno
I�2014 2013
Check-up Mezzogiorno - luglio 2014
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Focus�Crisi�Tab.�VII�–�Fallimenti�per�regione�nel�2012,�nel�periodo�2009��2012�e�Var.�%�I�trimestre�2014�su�I�trimestre�2013��
��
Totale�numero�
fallimenti�2012�
Incidenza�su�totale�
Italia�
Totale�fallimenti�da�01/01/2009�
�� Regione� Var.�%�I�trim.�2014�su�I�trim.�2013�
Lombardia�� 2.826� 22,7� 9.974� Nord�Ovest� 3,7�
Lazio�� 1.345� 10,8� 4.466� Nord�Est� �1,8�
Veneto�� 1.082� 8,7� 4.300� Centro� 10,3�
Campania�� 1.008� 8,1� 3.689� Mezzogiorno� 5,7�
Piemonte�� 961� 7,7� 3.291�
Toscana�� 865� 6,9� 3.258�
Emilia�Romagna�� 861� 6,9� 3.484�
Sicilia� 651� 5,2� 2.393�
Puglia�� 565� 4,5� 2.146�
Marche�� 438� 3,5� 1.639�
Abruzzo�� 309� 2,5� 1.126�
Calabria�� 284� 2,3� 1.006�
Sardegna�� 242� 1,9� 815�
Liguria�� 270� 2,2� 954�
Friuli�Venezia�Giulia�� 278� 2,2� 1.066�
Umbria� 225� 1,8� 784�
Trentino�Alto�Adige�� 139� 1,1� 533�
Basilicata�� 51� 0,4� 221�
Molise�� 46� 0,4� 158�
Aosta�� 17� 0,1� 52�
Mezzogiorno� 3.156� 25,3� 11.554�
Centro�Nord� 9.307� 74,6� 33.801�
Italia� 12.463� 99,9� 45.355�*�Variazione�I�trimestre�2013�sul�primo�trimestre�2012�Fonte:� Elaborazione� Confindustria� e� SRM� su� dati� Cribis� –� “Fallimenti� delle� aziende� in� Italia”� (parte� sinistra)� �� e� Cerved� –� “Osservatorio� su�fallimenti,�procedure�e�chiusure�di�imprese”�(parte�destra)���Secondo�i�dati�pubblicati�dalla�società�Cribis�D&B,�nel�2012�in�Italia�sono�fallite�complessivamente�12.463�imprese,�3.156�delle�quali�nel�Mezzogiorno�e�9.307�nel�Centro�Nord.�La�Lombardia�è�la�regione�italiana�che�ha�registrato�il�maggior� numero� di� fallimenti,� mentre,� tra� le� regioni� meridionali,� la� Campania� è� quella� che� presenta� il� record�negativo� con� poco� più� di� 1.000� fallimenti� nel� 2012.� Tra� il� 2009� e� il� 2012,� ben� 45.355� imprese� hanno� dichiarato�fallimento� in� tutta� l’Italia;� 11.554�nel�Mezzogiorno�e�33.801�nel�Centro�Nord.�Quasi�3.700� sono� le� imprese� fallite�nella�sola�Campania�nel�periodo�considerato.�Analizzando�la�dinamica�più�recente,�secondo�i�dati�dell’�“Osservatorio�su� fallimenti,� procedure� e� chiusure� di� imprese”� del� Cerved,� nel� I� trimestre� 2014,� nel� Mezzogiorno� il� numero� di�imprese� fallite� è� ulteriormente� aumentato� del� 5,7%� rispetto� al� I� trimestre� 2013.� Tra� le� altre�macro�aree,� solo� il�Centro�evidenzia�una�dinamica�peggiore,�con�un�aumento�del�10,3%�dei�fallimenti.��
�
�
Check-up Mezzogiorno - luglio 2014
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Focus�Crisi�
Fallimenti�e�dati�finanziari:�la�redditivit�
��
�Graf.�IX�–�Andamento�del�fatturato�delle�imprese�manifatturiere�distinte�per�classi�di�fatturato*�(valori�percentuali)��
*� Il� campione� ha� considerato� le� sole� imprese� che� sono� risultate� attive� lungo� l’intero� periodo� 2007�2012� e� con� un� fatturato� superiore� a� 1�milione�di�euro:�Le�classi�di�impresa�sono�state�così�costruite:�Piccole�(da�1�milione�a�10�milioni�di�fatturato);�Medie�(da�10�a�50�milioni);�Grandi�(oltre�50�milioni);�Grandi�–�senza�Raffinerie�(sono�state�escluse�le�grandi�raffinerie�petrolifere).�Fonte:�Elaborazione�Confindustria�e�SRM�su�dati�AIDA�–�BVDEP�����
�
-=
+
Var.�%�Rol�2012�su�2007�=��71,4%RoI�2007 =�4,9%RoI�2012�=�1,4%�
-=
+
Var.�%�RoI�2012�su�2011�=��51,7%RoI�2011 =�2,9%RoI�2012�=�1,4%
1,1
�2,7 �2,5
�7,0
�0,6�3,8
�6,3
24,7
0,2
8,2
�9,3
7,1
�1,0
�11,7�15
�10
�5
0
5
10
15
20
25
30
Grandi Grandi�senzaraffinerie
Medie Piccole Grandi Medie Piccole
Mezzogiorno Centro�Nord
2012���Var.�%�su�2011 2012���Var.�%�su�2007
Check-up Mezzogiorno - luglio 2014
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Focus�Crisi�
Tab.� VIII� –� Andamento� del� fatturato� delle� imprese� manifatturiere� distinte� per� classi� di� fatturato:� variazione� %� del�fatturato�rispetto�all'anno�precedente�
�Fonte:�Elaborazione�Confindustria�e�SRM�su�dati�AIDA�–�BV�DEP����Tab.�IX�–�Andamento�del�RoI�delle�imprese�manifatturiere�distinte�per�classi�di�fatturato�(valori�percentuali)���� �� 2007� 2008� 2009� 2010� 2011� 2012
Mezzogiorno�
Grandi� 5,8� 4,3� 1,4� 2,4� �0,4� �3,0�Grandi�senza�raffinerie� 4,1� 5,0� 2,0� 3,9� �0,9� 1,2�Medie� 3,9� 3,6� 2,8� 3,5� 3,0� 2,7�Piccole� 4,4� 3,5� 2,8� 2,8� 2,4� 1,8�Totale� 4,9� 3,9� 2,2� 2,9� 1,4� 0,1�
Centro�Nord�
Grandi� 5,7� 4,2� 2,6� 3,4� 3,0� 2,6�Medie� 4,8� 3,5� 2,3� 3,9� 3,8� 3,3�Piccole� 6,8� 5,1� 2,8� 3,6� 3,8� 2,7�Totale� 5,7� 4,2� 2,6� 3,6� 3,3� 2,8�
Fonte:�Elaborazione�Confindustria�e�SRM�su�dati�AIDA�–�BV�DEP��Per� monitorare� lo� stato� di� salute� delle� imprese� nel� Mezzogiorno� è� stata� condotta� un’analisi� di� bilancio� sulle� sole�imprese�manifatturiere�“attive”�dal�2007�al�2012�con�un�“fatturato�superiore�a�1�milione�di�euro”� in�ciascuno�degli�anni�considerati.�Dal�campione,�pertanto,� sono�state�escluse�parte�delle�micro�imprese�e� la�parte�delle� imprese�che�non�ha�resistito�alla�crisi�uscendo�fuori�dal�mercato.�Con�riferimento�a�questo�campione�di� imprese,�si�assiste�a�una�forte�dicotomia:�da�una�parte�le�piccole�imprese�che�fanno�fatica�a�reggere�alla�crisi�di�mercato,�con�un�fatturato�che�nel� 2012� è� stato� del� 9,3%� inferiore� a� quello� registrato� nel� 2007� per� le� imprese�meridionali� e� dell’11,7%�per� quelle�centro�settentrionali,�dall’altra�le�imprese�medio�grandi.�Nel�Mezzogiorno,�infatti,�le�imprese�medie�hanno�registrato�nel�2012�un�fatturato�superiore�di�8,2�punti�percentuali�rispetto�al�2007,�anche�se�il�valore�è�calato�rispetto�al�2011�(�2,5%);�le�grandi�imprese,�invece,�escludendo�le�grandi�raffinerie�(che�nel�2011�hanno�beneficiato�di�un�considerevole�aumento� del� prezzo� del� petrolio),� hanno�manifestato�maggiori� difficoltà� di� ripresa� (+0,2%� la� variazione� sul� 2012).�Tutte�le�classi�di�impresa,�sia�con�riferimento�al�Mezzogiorno�sia�al�Centro�Nord,�hanno�registrato�un�calo�dei�propri�margini�reddituali,�con�un�Return�on�Investments�(RoI)�che�è�passato�complessivamente�da�4,9%�nel�2007�a�0,1%�nel�2012�per�il�Mezzogiorno�e�da�5,7%�a�2,8%�nel�Centro�Nord.��
�� �� 2008 2009� 2010� 2011� 2012� Var%�2012�su�2007
Mezzogiorno�
Grandi� 6,5� �22,4 25,0� 19,3� 1,1� 24,7�
Grandi�senza�raffinerie� 1,0� �14,2 9,5� 8,4� �2,7� 0,2�
Medie� 6,8� �13,0 9,5� 9,0� �2,5� 8,2�
Piccole� 3,7� �11,1 2,8� 3,0� �7,0� �9,3�
Totale� 6,0� �17,8 16,1� 13,6� �1,2� 13,5���
Centro�Nord�
Grandi� 3,9� �16,1 13,0� 9,4� �0,6� 7,1�
Medie� 2,1� �17,6 12,6� 8,7� �3,8� �1,0�
Piccole� 0,8� �18,3 8,5� 5,6� �6,3� �11,7�
Totale� 2,9� �16,9 12,1� 8,6� �2,3� 1,7�
��
Check-up Mezzogiorno - luglio 2014
27
Focus�Crisi�
Tab.�X�–�Andamento�del�RoE�delle�imprese�manifatturiere�distinte�per�classi�di�fatturato*(valori�percentuali)��
�� �� 2007� 2008� 2009� 2010� 2011� 2012�
Mezzogiorno�
Grandi� 8,2� 5,1� �0,6� 2,3� �8,6� �13,0�
Grandi�senza�raffinerie� 4,7� 5,2� �2,0� 5,2� �10,6� 1,4�
Medie� 5,2� 3,5� 2,2� 3,7� 2,2� 1,6�
Piccole� 4,8� 2,1� 1,7� 2,0� 0,6� �1,1�
Totale� 6,5� 3,8� 0,9� 2,7� �2,5� �4,6�
Centro�Nord�
Grandi� 10,8� 7,8� 2,8� 5,8� 6,1� 4,0�
Medie� 4,1� 1,5� �0,4� 4,6� 3,5� 3,7�
Piccole� 9,4� 5,1� 0,6� 3,2� 3,5� 1,5�
Totale� 8,8� 5,6� 1,5� 5,0� 5,0� 3,5�*�Le�classi�di� impresa�sono�state�così�costruite:�Piccole� (da�1�milione�a�10�milioni�di� fatturato;�Medie� (da�10�a�50�milioni);�Grandi� (oltre�50�milioni);�Grandi�–�senza�Raffinerie�(sono�state�escluse�le�grandi�raffinerie�petrolifere).�Fonte:�Elaborazione�Confindustria�e�SRM�su�dati�AIDA�–�BV�DEP�
�Anche�il�Return�on�Equity�(RoE),�delle�imprese�meridionali�così�come�il�RoI,�è�progressivamente�calato�nel�corso�del�periodo�considerato�per�tutte�le�classi�di�imprese.�Complessivamente,�il�RoE�è�passato�da�6,5%�nel�2007�a��4,6%�nel�2012�per�le�imprese�manifatturiere�meridionali�e�da�8,8%�a�3,5%�per�le�imprese�Centro�settentrionali.�Particolarmente�significativa�è�stata�la�riduzione�del�RoE�per�le�grandi�imprese�meridionali�di�raffinazione.�
�
�
Check-up Mezzogiorno - luglio 2014
28
Focus�Crisi�Fallimenti�e�dati�finanziari:�l’indebitamento��
��Graf.�X�–�Andamento�dei�debiti�totali�delle�imprese�manifatturiere�distinte�per�classi�di�fatturato��
�Fonte:�Elaborazione�Confindustria�e�SRM�su�dati�AIDA�–�BV�DEP��Per�effetto�della�crisi,�le�imprese�hanno�registrato�un�progressivo�aumento�dei�propri�debiti.�Sia�nel�Mezzogiorno�sianel� Centro�Nord,� tra� il� 2007� e� il� 2012,� sono� le� imprese� di� maggiori� dimensioni� a� vedere� il� maggior� incremento�dell’indebitamento� (rispettivamente� +19,8%� e� +13,5%):�ma� anche� per� le� piccole� imprese,� specie� nel�Mezzogiorno,�l’aumento�dei�debiti�è�stato�particolarmente�evidente�(+9,3%).�Tuttavia,�nel�2012�si�registra�una�riduzione�dei�debiti�probabilmente�anche�per�il�calo�che�tali�imprese�fanno�registrare�sia�negli�investimenti�sia�nell’attivo�circolante,��per�cui�non�hanno�bisogno�di�aumentare�ulteriormente�la�propria�esposizione.��
�
-=
+
Var.�%�2012�su�2007�=�+14,8%
-=
+
Var.�%�2012�su�2011�=��1,6%
�1,5�2,8
�0,9�2,3
0,6
�0,4
�3,1
19,8
4,8
13,0
9,3
13,5
7,2
0,9
�5
0
5
10
15
20
25
Grandi Grandi�senzaraffinerie
Medie Piccole Grandi Medie Piccole
Mezzogiorno Centro�Nord
2012���Var.�%�su�2011 2012���Var.�%�su�2007
Check-up Mezzogiorno - luglio 2014
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Focus�Crisi�
Tab.�XI�–�Andamento�del�Leverage�delle�imprese�manifatturiere�distinte�per�classi�di�fatturato����� �� 2007� 2008� 2009� 2010� 2011� 2012
Mezzogiorno�
Grandi� 2,9� 2,8� 3,0� 3,1� 3,3� 3,5�Grandi�senza�raffinerie� 3,0� 2,9� 3,2� 3,0� 3,2� 3,0�Medie� 3,2� 2,8� 2,7� 2,7� 2,8� 2,7�Piccole� 3,5� 3,0� 2,9� 3,0� 3,1� 3,1�Totale� 3,1� 2,9� 2,9� 3,0� 3,1� 3,1�
Centro�Nord�
Grandi� 3,2� 3,1� 3,0� 3,0� 3,0� 2,9�Medie� 3,1� 2,8� 2,7� 2,7� 2,8� 2,7�Piccole� 3,7� 3,1� 3,0� 3,0� 3,1� 3,0�Totale� 3,2� 3,0� 2,9� 2,9� 2,9� 2,9�
Fonte:�Elaborazione�Confindustria�e�SRM�su�dati�AIDA�–�BV�DEP���L’aumento�dell’indebitamento�non�si�è�tradotto�in�un�peggioramento�del�leverage�che�è�l’indicatore�che�rapporta�il�totale�attivo�(ovvero�degli� investimenti)�delle� imprese�al� loro�patrimonio�netto�(maggiore�è�il� leverage,�maggiore�è�l’indebitamento�delle�imprese).�Nel�Mezzogiorno�l’indice�si�è,�infatti,�mantenuto�stabile�a�3,1�(sebbene�leggermente�superiore�a�quello�del�Centro�Nord).Tuttavia,�mentre�l’indicatore�ha�registrato�un�aumento�per�le�grandi�imprese,�si�è�ridotto� per� le� piccole� e� medie� imprese,� probabilmente� anche� a� causa� � del� disinvestimento� di� parte� delle� proprie�attività�nel�periodo�considerato.���
�
Check-up Mezzogiorno - luglio 2014
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Focus�Crisi�
Tab.� XII� –� Andamento� del� fatturato� delle� imprese� manifatturiere� meridionali� distinte� per� settore:� variazione�percentuale�del�fatturato�rispetto�all’anno�precedente�
�
��2008� 2009� 2010� 2011� 2012� Var%�2012�su�2007�
Agroalimentare� 5,9� �11,4� 6,8� 6,3� �3,4� 2,9�
Tessile�e�Abbigliamento� 5,4� �11,7� 6,8� 6,1� �3,7� 1,7�
Legno�e�Mobilio� 5,2� �12,0� 7,0� 7,8� �2,2� 4,6�
Mezzi�di�Trasporto� 3,6� �13,1� 8,3� 7,4� �3,9� 0,6�
Metallurgico**� 5,3� �11,8� 6,9� 6,9� �3,1� 2,9�
Meccanica� 5,7� �11,8� 7,2� 6,4� �3,9� 2,1�
Manifatturiero*� 6,0� �17,8� 16,1� 13,6� �1,2� 13,5�
*�Comprende�anche�altri�settori�oltre�a�quelli�inseriti�nella�tabella�**�Nel�Metallurgico�non�è�inclusa�la�"Ilva�spa"�in�quanto�la�sede�legale�è�Milano�e�nel�database�non�è�disponibile�il�bilancio�al�2012�
Fonte:�Elaborazione�Confindustria�e�SRM�su�dati�AIDA�–�BV�DEP���
Tab.�XIII�–�Andamento�del�RoI�delle�imprese�manifatturiere�del�Mezzogiorno�distinte�per�settore���� 2007� 2008� 2009� 2010� 2011� 2012�
Agroalimentare� 4,5� 4,2� 3,4� 3,9� 3,2� 2,9�
Tessile�e�Abbigliamento� 4,4� 4,0� 3,2� 3,7� 3,1� 2,6�
Legno�e�Mobilio� 4,6� 4,1� 2,4� 3,4� 2,8� 2,6�
Mezzi�di�Trasporto� 4,0� 4,0� 2,4� 3,4� 1,4� 0,5�
Metallurgico**� 4,8� 4,3� 2,5� 3,6� 3,0� 2,6�
Meccanica� 4,4� 4,1� 3,2� 3,7� 3,1� 2,6�
Manifatturiero*� 4,9� 3,9� 2,2� 2,9� 1,4� 0,1�*�Comprende�anche�altri�settori�oltre�a�quelli�inseriti�nella�tabella�**�Nel�Metallurgico�non�è�inclusa�la�"Ilva�spa"�in�quanto�la�sede�legale�è�Milano�e�nel�database�non�è�disponibile�il�bilancio�al�2012�
Fonte:�Elaborazione�Confindustria�e�SRM�su�dati�AIDA�–�BV�DEP���Con� riferimento� ai� principali� settori� del� manifatturiero� meridionale,� quello� dei� mezzi� di� trasporto� (automotive,�aerospazio� ed� altri�mezzi� di� trasporto)� ha� registrato,� cumulativamente� la� crescita� più� debole� tra� il� 2007� e� il� 2012�(+0,6%).�In�tutti� i�settori,�dopo�che�il�fatturato�è�tornato�a�crescere�tra�il�2010�e�il�2011,�nel�2012�si�è�registrato�un�nuovo�calo,�con�variazioni�negative�che�vanno�(rispetto�al�2011)�da��2,2%�per� il�settore�del� legno�e�del�mobilio�a��3,9%�per� la�meccanica�e� i�mezzi�di� trasporto.�Tra� il�2007�e� il�2012,� il�RoI�è,� inoltre,� calato� in� tutti� i� settori�presi� in�considerazione:� il� settore� dei�mezzi� di� trasporto� nel� 2012�ha� registrato� la� redditività� più� bassa� (con� un�RoI� pari� a�0,5%,�in�calo�di�3�punti�percentuali�e�mezzo�rispetto�al�dato�registrato�nel�2007).��
�
Check-up Mezzogiorno - luglio 2014
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Focus�Crisi�
Tab.�XIV�–�Andamento�del�RoE�delle�imprese�manifatturiere�del�Mezzogiorno�distinte�per�settore���� 2007� 2008� 2009� 2010� 2011� 2012�Agroalimentare� 5,4� 3,7� 3,0� 4,5� 2,8� 2,6�
Tessile�e�Abbigliamento� 5,2� 3,6� 2,7� 3,8� 2,4� 2,0�
Legno�e�Mobilio� 5,5� 3,8� 0,4� 3,4� 1,3� 1,7�
Mezzi�di�Trasporto� 4,7� 3,6� 0,4� 3,5� �2,4� �3,9�
Metallurgico**� 6,1� 4,1� 0,7� 3,9� 2,0� 1,8�
Meccanica� 5,3� 3,8� 2,8� 3,8� 2,4� 2,0�
Manifatturiero�*� 6,5� 3,8� 0,9� 2,7� �2,5� �4,6�*�Comprende�anche�altri�settori�oltre�a�quelli�inseriti�nella�tabella�**�Nel�Metallurgico�non�è�inclusa�la�"Ilva�spa"�in�quanto�la�sede�legale�è�Milano�e�nel�database�non�è�disponibile�il�bilancio�al�2012�
Fonte:�Elaborazione�Confindustria�e�SRM�su�dati�AIDA�–�BV�DEP���
Anche� in� termini�di� redditività�del�capitale�proprio� (misurata�dal�RoE),� la�situazione�è� fortemente�peggiorata� tra� il�2007�e�il�2012�in�tutti� i�settori�considerati.�Nel�2012�l’indicatore�è�molto�basso�in�tutti� i�settori�ed�è�negativo�per�il�comparto�dei�mezzi�di�trasporto�(�3,9%).�Il�valore�più�elevato,�nel�2012,�si�registra�nel�settore�agroalimentare,�sebbene��anch’esso�in�costante�calo�rispetto�agli�anni�precedenti.��
�
Check-up Mezzogiorno - luglio 2014
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��
Focus�CrisiALCUNI�ASPETTI�MACROECONOMICI:�LAVORO
�L’occupazione�
�� �
��
Tab.�XV�–�Andamento�degli�occupati�tra�il�2007�e�il�2013�(valori�in�migliaia)��
��2007� 2008� 2009� 2010� 2011� 2012� 2013� 2014*�
Var.�%�I�Trim.�2014�su�I�2013�
�Abruzzo� 502� 518� 494� 494� 507� 508� 490� 475� �5,0�Molise� 112� 114� 111� 108� 107� 107� 99� 95� �3,1�Campania� 1.719� 1.681� 1.612� 1.584� 1.567� 1.587� 1.573� 1.529� �3,1�Puglia� 1.284� 1.287� 1.238� 1.223� 1.235� 1.237� 1.156� 1.146� �2,7�Basilicata� 195� 196� 191� 185� 188� 185� 180� 176� �0,6�Calabria� 602� 595� 586� 573� 577� 566� 527� 507� �1,9�Sicilia� 1.488� 1.480� 1.464� 1.440� 1.433� 1.394� 1.321� 1.307� �2,8�Sardegna� 613� 611� 592� 593� 602� 595� 552� 547� �2,0�
�Centro�Nord� 16.706� 16.923� 16.737� 16.671� 16.752 16.718� 16.522� 16.390� �0,2�Mezzogiorno� 6.516� 6.482� 6.288� 6.201� 6.216� 6.180� 5.899� 5.782� �2,9�Italia�� 23.222� 23.405 23.025� 22.872 22.967 22.899 22.420 22.172� �0,9
*�Dato�al�I�trimestre�2014�Fonte:�Elaborazione�Confindustria�e�SRM�su�dati�Istat�
�����������
�
-
=
+
Var.�2013�su�2007�=��9,5%
-=
+
Var.�I�Trim.�2914�su�I�2013=�2,9%
Check-up Mezzogiorno - luglio 2014
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��
Focus�Crisi�
Graf.�XI�–�Differenza�tra�gli�occupati�rispetto�al�2007�(valori�in�migliaia)��
Fonte:�Elaborazione�Confindustria�e�SRM�su�dati�Istat��
��Continua�il�calo�degli�di�occupati�nel�Mezzogiorno.�Nel�I�trimestre�2014�il�numero�di�occupati�in�tale�area�è�stato�pari�a�circa�5,8�milioni�di�unità,�602mila�unità�in�meno�rispetto�al�I�trimestre�del�2007�(ultimo�anno�pre�crisi).�Rispetto�alla�media�annua�2013,�nel�I�trimestre�2014�il�Mezzogiorno�ha�registrato�100mila�occupati�in�meno.�A�partire�dal�2013,�gli�occupati�del�Mezzogiorno�scendono�sotto�la�soglia�psicologica�dei�6�milioni.�Tra� le� regioni�meridionali,� in� valori�assoluti,� la� riduzione�più� consistente� tra� il� I� 2007e� il� I�2014� si� registra� in�Sicilia�(161mila�occupati�in�meno)�e�in�Campania�(�138mila):�in�valori�percentuali,�il�calo�più�significativo�si�rileva�in�Abruzzo(�5,0%),�in�Molise�(�3,1%)�e�in�Campania�(�3,1%).��
�
�72
�602
�17
�14
�138
�114
�11
�82
�161
�66
�184
�617
�12
�13
�146
�128
�15
�75
�167
�61
�700 �600 �500 �400 �300 �200 �100 0
Centro�Nord
Mezzogiorno
Abruzzo
Molise
Campania
Puglia
Basilicata
Calabria
Sicilia
Sardegna
Differenza�2013�su�2007 Differenza�I�2014�su�I�2007
Check-up Mezzogiorno - luglio 2014
34
��
Focus�Crisi
Tab.�XVI�–�Andamento�della�Cassa�Integrazione�Guadagni�(CIG)�totale*�tra�il�2007�e�il�2013�(milioni�di�ore)��
��2007� 2008� 2009� 2010� 2011� 2012� 2013� Gennaio�Aprile�2014�
Var.�%�su�Gennaio�Aprile�
2013�Abruzzo� 7,4� 6,3� 35,6� 33,4� 30,4� 33,2� 40,6� 11,6� �11,0�Molise� 0,9� 0,9� 2,9� 4,7� 5,0� 5,3� 6,3� 1,6� �14,0�Campania� 20,5� 22,9� 44,6� 59,1� 62,3� 62,8� 78,3� 20,8� 5,9�Puglia� 13,2� 15,5� 40,5� 70,1� 58,0� 64,0� 63,4� 16,9� 9,3�Basilicata� 3,1� 5,9� 8,8� 11,1� 11,8� 17,4� 15,0� 6,1� 45,7�Calabria� 4,5� 4,0� 6,3� 10,9� 17,2� 16,4� 14,1� 4,4� 25,6�Sicilia� 8,8� 8,6� 15,4� 22,1� 26,5� 36,4� 40,1� 9,1� �28,4�Sardegna� 4,6� 5,8� 9,9� 13,2� 20,5� 28,0� 22,5� 5,2� �7,5�
��Centro�Nord� 120,7� 157,5� 751,0� 975,1� 745,3� 855,3� 901,7� 275,8� �5,5�Mezzogiorno� 63,3� 70,4� 164,4� 225,2� 231,9� 263,8� 280,5� 75,7� �0,4�Italia�� 184,1� 227,9� 915,4� 1200,3� 977,2 1.119,1 1.182,2 351,5� �4,4
*�Ordinaria�+�Straordinaria�+�in�Deroga�Fonte:�Elaborazione�Confindustria�e�SRM�su�dati�Inps�
�Graf.�XII�–�Differenza�tra�le�ore�di�Cassa�Integrazione�Guadagni�nel�2013�e�nel��2007�(milioni�di�ore)�
�
��Fonte:�Elaborazione�Confindustria�e�SRM�su�dati�Inps��Il�ricorso�alla�Cassa�Integrazione�Guadagni�(CIG),�tra�il�2007�e�il�2013,�ha�registrato�una�crescita�esponenziale�del�numero�di�ore�autorizzate,�fino�ad�oltre�un�miliardo�di�ore�in�Italia�nel�2013�(contro�180�milioni�circa�nel�2007).�Dopo�un�lieve�calo�nel�2011,�il�ricorso�alla�CIG�ha�ripreso�ad�aumentare�nel�2012�e�nel�2013�sia�nel�Mezzogiorno�che�nel�Centro�Nord.�Tra�gennaio�e�aprile�2014� la�necessità�di� far� ricorso�a� forme�di�ammortizzatori� sociali� continua�ad�essere�persistente:�nei�primi�quattro�mesi�dell’anno,�sono�state,�infatti,�richieste�complessivamente�nel�Mezzogiorno�75,7�milioni�di�ore�di�CIG,�anche�se�in�lieve�calo�rispetto�al�medesimo�periodo�del�2013.�Tra�le�regioni�meridionali�che�usufruiscono�maggiormente�di�tale�strumento,�sia�in�Campania�che�in�Puglia,�nel�periodo�gennaio�aprile�2014�si�è�registrato�un�aumento�rispetto�allo�stesso�periodo�del�2013.��
217,2
33,2
5,4
57,8
50,2
11,9
9,6
31,3
17,9
0 50 100 150 200 250
Mezzogiorno
Abruzzo
Molise
Campania
Puglia
Basilicata
Calabria
Sicilia
Sardegna
Check-up Mezzogiorno - luglio 2014
35
��
Focus�Crisi�Graf.�XIII�–�Percentuale�di�famiglie�in�condizioni�di�povertà�assoluta�nelle�macro�aree�italiane��
��Fonte:�Elaborazione�Confindustria�e�SRM�su�dati�Istat�(Rapporto�sulle�condizioni�economiche�delle
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