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inserto di mamma su i siciliani
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E' appena andato via, e gia' ci manca.
Viene da rimpiangere l'ondata di
indignazione che c'era ai tempi del signor
B. Perfino la violenza gratuita e cretina
di "Er Pelliccia" era più generatrice di
questo grigio e conformistico appiattirsi
sul nuovo uomo della provvidenza,
accettando per fede cieca l'assenza di
qualunque alternativa.
Ieri ci strappavamo le vesti quando B.
mentiva alla polizia dicendo che il suo
oggetto del desiderio era parente di un
capo di stato, oggi stiamo tutti zitti e ci
beviamo le menzogne molto più
pericolose ed eversive dei sobri e
rispettabili alfieri della finanza.
Un esempio concreto? Roberto
Sommella di "Milano Finanza", che dal
salotto televisivo di Santoro ha potuto
dire impunemente senza scatenare una
pioggia di pomodori e uova marce che "il
debito si taglia vendendo degli asset",
perché dire "vendendo il patrimonio
pubblico" sarebbe stato troppo
maleducato. In pratica per tappare i
buchi fatti dai ricchi dovremmo vendere
le risorse di tutti, e fare quattrini con la
Fontana di Trevi come faceva Totò, con
la differenza che stavolta la
vendita/truffa sarebbe legale in quanto
certificata dallo stato, dai banchieri e
dalle eminenze grigie della casta tecnico-
finanziaria.
Io però vorrei sentire anche qualcuno che
pensa di dover mettere le mani in tasca ai
più ricchi prima di svendere il
patrimonio pubblico, magari a banche di
nazioni straniere che vorrebbero
conquistarci senza nemmeno perdere
tempo con la guerra e altre tecniche
primitive del secolo scorso.
Vorrei che qualcuno si alzasse durante
una di queste lezioncine televisive dei
finanzieri per fare una pernacchia e dire
che "le ricette neoliberiste sono una
cagata pazzesca", come faceva Fantozzi
alla millesima proiezione della
"Corazzata Potemkin". Vorrei qualcuno
che ci spieghi gli effetti devastanti sulle
economie di intere nazioni che hanno
avuto le privatizzazioni camuffate da
liberalizzazioni, una cura in supposte che
stanno per prescriverci a dispetto di
qualunque risultato referendario. Vorrei
sentire qualcuno scatenarsi contro il vero
tabù da demolire, che non è quello
sull'articolo 18 ma il tabù della
tassazione sui patrimoni e i forzieri di chi
si è mangiato il paese.
Vorrei che l'allievo di James Tobin di
nome Mario, chiamato a dirigere l'Italia
come un esecutore testamentario pagato
dai parenti più ricchi del defunto, ci
spieghi cosa impedisce di tassare le
transazioni finanziarie, come già fanno in
Inghilterra con una "imposta di bollo"
del 5 per mille su ogni operazione del
grande "Casinò della finanza", sempre
più slegato dall'economia reale.
Vorrei capire cosa impedisce di tassare le
rendite finanziarie dei "paperoni d'italia"
(quel "capital gain" tassato al 12,5%)
tanto quanto la tazzina di caffè che beve
al bar il disoccupato (attualmente tassata
al 21%) e cosa impedisce di chiederci se
l'economia era più o meno solida quando
l'aliquota Irpef per i più ricchi del paese
era del 72%, prima che qualcuno
l'abbattesse al 43% con la scusa che la
pressione fiscale scoraggia gli
investimenti e quindi la possibilità di
creare posti di lavoro.
Peccato che i soldi risparmiati dai
paperoni con questi tagli alle tasse non
siano stati investiti nell'economia reale
ma siano stati destinati alle speculazioni
finanziarie, che sono potenzialmente più
redditizie e più rapide. Ma di questo i
"tecnici" preferiscono non parlare,
meglio predicare il vangelo neoliberista
anche se i suoi adepti poi razzolano
male, e spostano sui giochi di borsa i
soldi che tolgono al lavoro e alla
produzione.
Se io che non ho fatto la Bocconi
preferendo le scuole tecniche sono
arrivato a capire che i giornalisti di
Milano Finanza dicono fesserie
semplicemente leggendo tre o quattro
libri, qual è il livello di ignoranza a cui
hanno portato il popolo italiano per
lanciare impunemente queste balle
spaziali in diretta televisiva, e senza che
nessuno si metta a ridere? Ai posteri
l'ardua sentenza.
Carlo Gubitosa
carlo@gubi.it
I SicilianiI Sicilianigiovanigiovani – pag. 66 – pag. 66
www.isiciliani.it
Psicosi Cortina
Di Marco Vicari
"I gay sono malati" ha detto lo psichiatra
Bruno. Stringendo forte la mano di
Vespa.
Malinconico puntualizza sulle sue
vacanze: "Ci sarebbe da pagare il
Frigobar".
Il sindaco di Cortina vuole i danni dallo
Stato. Su un conto cifrato a Lugano.
Psicosi Cortina: Il Giornale:
"Controlli a Roma". Ma risalgono
all’editto di Diocleziano.
I rifiuti di Napoli salpano via nave
per l’Olanda. I Camorristi al porto:
"Non è un addio. E’ un
arrivederci".
"Il sistema bancario non è a
rischio" ha assicurato Monti
"Continuate a portare lingotti a
Lugano".
La Lega non ascolta il discorso di fine
anno di Napolitano. Su Italia 1 c’è Shrek.
Amicizie pericolose per il Trota: oggi è
stato visto mentre parlava da solo.
Rincari: La benzina sale a 1,722 euro a
flut.
Calcio in crisi: tante le partite rimaste
invendute.
"Fukushima ora è sotto controllo" hanno
dichiarato oggi i Pokemon.
I SicilianiI Sicilianigiovanigiovani – pag. 68 – pag. 68
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Capire l'onore
Scrive Hobbes nel Leviatiano: “Obbedire
è onorare, perché nessuno ubbidisce a
chi si ritiene non abbia alcun potere per
aiutarci o nuocerci. Di conseguenza
disobbedire è disonorare.” Nel XVII
secolo, il filosofo inglese colse
pienamente la dimensione dinamica
dell'onore, come esso si colloca nella
relazione tra soggetti. L'onore ha a che
fare con il potere e la tenuta delle
strutture di potere; metterlo in
discussione vuol dire disobbedire,
scuotere dalle fondamenta quelle stesse
strutture. Cosa c'entra questo breve passo
tratto da uno dei testi fondamentali del
pensiero politico con gli “uomini
d'onore” di Cosa nostra, camorra,
'ndrangheta? C'entra moltissimo, perché
rivela il loro modo di intendere il potere
e di preservarlo. E ci aiuta a capire che
l'onore non è solo un prodotto
dell'arretratezza culturale, del familismo
amorale, del tribalismo clanico
meridionale. No, esso è essenziale alla
creazione di una struttura organizzativa
fondata sulla lealtà e sul controllo
totalitario dei suoi affiliati.
La mafia non è semplicemente la somma
di comportamenti malavitosi, è
un'organizzazione con le sue leggi.
Vuole gestire un nuovo ordine, il suo,
anche quando si avventura nei
meccanismi della finanza e
dell'economia globali. L'onore, qualcosa
che ci sembra arcaico, è l'architrave di
tutto questo, è l'antidoto alla
disgregazione. I mafiosi temono
l'anarchia più della morte. Non è quindi
solo per un vecchio retaggio culturale
che l'onore è tanto importante tra gli
“uomini d'onore”. Per contro, il
collaboratore di giustizia, “l'infame”, è
colui che disonora. E la sua
testimonianza (come insegnano tutte le
inchieste di mafia) è tanto pericolosa
proprio perché mette in discussione
quella struttura di potere. Perché –
tornando a Hobbes – disonorando,
disobbedisce. E disobbedendo, oltre che
“sputtanando”, delegittima i suoi capi.
Ciò vale anche nell'epoca delle “mafie
liquide”. Anzi, proprio nel momento in
cui si pongono come imperi trans-
nazionali, le mafie più potenti hanno
sempre più bisogno di onore per
garantire la sopravvivenza
dell'organizzazione.
Alessandro Leogrande
Nell'Italia del 2012
Su un vecchio libro polveroso degli anni
70 leggo di un sistema fiscale definito
"progressivo". Vuol dire che chi
guadagna di più, paga tasse più alte. A
quei tempi uno che guadagnava 42
milioni di lire pagava quasi 5 milioni di
imposte, meno del 12%; un ricco con un
reddito di 1,2 miliardi, ne dava al fisco il
42%; un ricchissimo da 6 miliardi, ne
dava più della metà, quasi il 59% .
A quei tempi dovevano essere pazzi, o
molto ignoranti. I nostri professori ci
dicono tutti i giorni che le tasse troppo
alte non aiutano l'economia e sono sono
contro la libertà.
Per fortuna oggi è tutto diverso.
Nell'Italia del 2012 uno che guadagna 22
mila euro (le lire non ci sono mica più)
paga suppergiù 4200 euro, cioè il 19,2%;
chi ne guadagna 620 mila, paga 260mila
euri, il 42%; chi arriva a 3,1 milioni, ne
sborsa allo stato 1,326, cioè il 42,7%.
Una bella differenza. E' il progresso che
ha preso il posto della progressività.
Lo stato, ai tempi del mio libro
polveroso, da quei tre cittadini ricavava
quasi 4 miliardi di lire. Con le regole di
oggi, quindi col progresso, quei tre
avrebbero pagato molto meno: poco più
di 3 miliardi. E lo stato? Con un miliardo
in meno, forse avrebbe chiesto denaro in
prestito, magari a quel cittadino
ricchissimo che ha pagato il 42,7%
invece del 59%. Certo, versare degli
interessi ai cittadini più ricchi, per avere
denaro fin lì prelevato sottoforma di
imposte, più che progresso pare una
grande sciocchezza...
Sul mio libro è scritto che fino all'82 in
Italia si pagava il 72% di imposte sugli
scaglioni di reddito più alti, oggi siamo
al 43%. Non sarà che questa sciocchezza
è un pezzo di storia del debito pubblico
italiano?
Ricciotti Ricciotti
I SicilianiI Sicilianigiovanigiovani – pag. 71 – pag. 71
Se puoi leggere questo fumetto, devi ringraziare Giambattista Scidà, che fino all’ultimo ha so-stenuto la rinascita di questo giornale per raccogliere la pas-sione di impegno civile lasciata in eredita’ alle nuove generazioni da "I Siciliani" di Pippo Fava.
Per Scidà non ci saranno commemorazioni collettive o movimenti di piazza in suo nome. E’ il destino degli onesti che muoiono di morte naturale.
Wikipedia post mortem
Avremo poca memoria, ma buona. Per capire che dire-zione, che senso dare al nostro impegno guardando chi ci ha preceduto non c’è bisogno di grossi riti cele-brativi, ma basterà il ricordo di Riccardo Orioles:
“Dai Cavalieri a Ciancio, dall’impresa e politica collusa alle infiltrazioni d’affari in tutti i palazzi: compreso quello di Giustizia.”
carlo gubitosa - mauro biani
"per vent’anni Scidà fu fra i po-chissimi che combatterono, non una volta ogni tanto ma ogni giorno, e non con mezze parole ma apertamente, il sistema di potere catanese".
“Lui, Fava e D’Urso furono gli eroi incorruttibili di questa guerra. Giuseppe Fava lo am-mazzarono nell’84. Scidà e D’Urso ne ripresero, coi suoi ragazzi, la lotta. Giuseppe D’Urso morì, di malattia mi-steriosa, nel ’96. Scidà - dispersi i ragazzi di Fava, chiusi per la seconda volta i Siciliani - rimase solo. Dunque, dovet-te fare per tre”.
Il tempo della delega ai leader lascia il passo alla stagione dell’impegno individuale: ognuno di noi è chiamato a difendere quel poco di memoria che ci resta, per capire cos’è bianco e cosa nero, dov’è la giustizia e dove l’errore, chi cerca l’onestà e chi l’infamia.
Dal 20 novembre dobbiamo fare a meno di lui, e sta-volta la sua eredi-tà sarà spezzetta-ta in migliaia di pezzetti, affidati a tutte le persone di buona volontà che non si rassegnano all’ingiustizia.
Ma il nostro "Pequod76" ci tiene a parlare dei "vizi privati di Scida’", e ritiene degne di men-zione enciclopedica le dichiarazioni di Lo Puzzo su presunte molestie compiute dal magi-strato ai danni di un carcerato della sezione minorenni, fatti che non hanno trovato alcun riscontro al di fuori delle parole del pentito.
E allora cominciamo subito a difenderci da "Pequod76" l’anonimo utente di Wikipedia che sul suo profilo si defini-sce estimatore di perso-naggi come il fascista Roberto Fiore e che ha gettato fango su Giam-battista Scidà a poche ore dalla sua scomparsa.
Un fango di vecchia data, relativo ad accuse lanciate nel 1987 dal pentito Filippo Lo Puzzo, cadute nel vuoto perchè giudicato inattendibile perfino quando accusava se stesso.
Per alcuni, questo è sufficiente a gettare l’ombra di un sospetto. Per noi è sufficiente a capire che c’è gente scomoda anche da morta, e che la vigliaccheria dei fascisti e dei nemici dell’antimafia è in agguato anche negli angoli piu’ insospettabili della rete.
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