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Questo è un viaggio attraverso le cucine regionali italiane per raccontare d’ogni territorio le vicende dei cibi più rappresentativi, descritti sotto un profilo storico e aneddotico oltre che gastronomico. L'app suddivide per ogni regione un piatto antico che ricorda il passato e rischia di cadere nell'oblio. Oltre alle ricette anche cenni storici, e nozioni generali sulla zona ed informazioni sulle sagre. Sono stati elencati i ristoranti ed i locali dove ancor poter gustare queste pietanze
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La cucina italiana è un universo ineguagliabile per ampiezza, varietà, estro
creativo della sua offerta gastronomica. Non una sola ma tante cucine, una o
più per regione e ciascuna caratterizzata da particolari materie prime, spesso
umili, dall'uso di mille ingredienti, da ancestrali pratiche di preparazione
confluenti a costituire veri e propri modelli culinari che capacità inventive,
consuetudini ambientali e familiari di molteplici generazioni hanno nel tempo
consolidati ed armonizzati.
Un insieme di ricette e di regole che, proprio a causa della loro strutturazione,
risultano particolarmente esposte alle incombenti e crescenti insidie della
livellazione qualitativa e industrializzata degli alimenti, della semplificazione, del
frettoloso, della globalizzazione del gusto, che spesso significa soltanto
banalizzazione.
Il mantenimento dei vecchi sapori, la salvaguardia della tipicità delle nostre
tradizioni sul solco della memoria, ma tenendo conto beninteso dell'evoluzione
degli orientamenti nutrizionali contemporanei, delinea per noi una sfida, non per
quanto attiene al gusto e al buon cibo, ma anche ai vissuti dell'Italia nel mondo
per i riflessi economici e d'immagine.
Il piacere della tavola non è un appuntamento con il sapore, è anche un'incontro
con la gente. In ogni piatto tipico infatti si ritrova un po' dei sentimenti, delle
radici, della storia di una popolazione, il suo modo di essere, di pensare, di
esprimersi, perché -- a dirlo è Levi-Strauss -- «la cucina di una società traduce
(nei suoi piatti) inconsciamente la propria struttura». La civiltà del mangiare
come specchio di umanità e di personalità di un luogo. E «l'oggi discende
dall'ieri e il domani è il frutto del passato», come afferma Jacques Le Goff.
Il viaggio che qui proponiamo attraverso le cucine regionali italiane racconta di
ogni territorio (e senza pretese d'esaurire lo scibile della nostra culinaria) le
vicende dei cibi più rappresentativi, descritti da un punto di vista storico ed
aneddotico oltre che gastronomico, cercando di "cogliere" quelli da salvare.
La scelta si è orientata prevalentemente non sulle vivande-monumento tuttora
emblematiche e centrali dei vari mangiari locali (a meno che non vengano meno
nell'odierna prassi certe insopprimibili modalità di combinazione dei componenti
e di cottura) e neppure, all'opposto, sui reperti d'archeologia alimentare:piuttosto
si è cercato di soffermarsi su quelle che pur essendo tuttora nella storia e
nell'attualità delle nostre mense rischiano l'estinzione o l'uscita dalle nostre
abitudini o su altre che ancorché vegete in patria, meritano maggior conoscenza
e vanto fuori di zona. Per ragioni di spazio e di opportunità editoriale si è
concentrata l'analisi sui cibi figurativi della cucina "cucinata", rinunciando a
parlare di alcune categorie di prodotto, quali i salumi e i formaggi, di cui il nostro
paese è straordinario protagonista.
Si è giunti così a indicare 19 piatti da salvare. Che non sono ovviamente "i" 19
piatti da salvare, ma un fior fiore della tradizione culinaria. Di questi 19 piatti si
sono date le ricette, il più possibile riferite a fonti oggettive e consolidate, spesso
attingendo ad attestazioni dirette o ai ricettari dell'Accademia Italiana della
Cucina che in cinquant'anni di attività persegue culturalmente l'obiettivo della
tutela del patrimonio gastronomico italiano.
Il senso del limite, in una scelta del genere, personale e sofferta seppur
rispettosa, è ben presente in chi scrive, in parte compensato dal proposito di
segnalare al lettore di buon gusto alcuni piatti degni comunque di rinnovata
valorizzazione,capaci soprattutto di tener viva la testimonianza e il piacere del
buon mangiare italiano di tradizione.
ABRUZZO/MOLISE
• 150 g di cioccolato
• 125 g di zucchero
• 80 g di burro
• 60 g di mandorle
• 50 g di fecola
• 60 g di farina bianca
• 5 uova
• 10 mandorle amare
PAROZZO
Mettere le mandorle in acqua bollente e quindi pelarle, pestarle nel mortaio
dopo averle coperte con due cucchiai di zucchero.
Sciogliere il burro, versare i tuorli in una terrina con il rimanente zucchero,
sbattere bene e unire le mandorle pestate. Aggiungere la farina e la fecola con il
rimanente burro.
Montare a neve gli albumi e unirli all’impasto. Quindi metterlo in una tortiera
imburrata e mettere lo stampo in forno ben caldo. Lasciare cuocere per 45
minuti.
Preparare la crema al cioccolato e quando sarà cotta e raffreddata, spalmarla
con il cioccolato coprendola completamente.
Preparazione
Ingredienti per 4 persone:
Il Parrozzo è un dolce abruzzese, la ricetta originale prevedeva che fosse
preparato utilizzando farina di mais o semolino; molto diffuso nel pescacarese,
viene solitamente consumato in occasione delle festività natalizie. E’ stato
inventato a Pescara nel 1920, da Luigi D’Amico, titolare di un laboratorio di
pasticceria, ispirandosi al pane rozzo, una sorta di pagnotta rustica semisferica,
fatta con il granoturco, che i contadini conservavano per diversi giorni. Nella
elaborazione del suo dolce, D’Amico ha riprodotto il colore giallo del granoturco,
utilizzando uova e farina di mandorle, mentre con la copertura di cioccolato ha
richiamato il colore scuro tipico del pane cotto a legna. Il Parrozzo è stato
celebrato in un noto poema: “La canzone del Parrozzo”, composto da Gabriele
D’Annunzio, nativo abruzzese, al quale D’Amico fece assaggiare il suo dolce.
Oggi, il Parrozzo è probabilmente il dolce più rappresentativo della regione,
tanto è vero che nel 2013 a Pescara, venti abili pasticceri ne hanno sfornato
uno da tre metri di diametro e un metro e mezzo di altezza, in occasione delle
celebrazioni per i centocinquanta anni dalla nascita del Vate.
CENNI SULL’ORIGINE DEL PIATTO
Il Ritrovo del Parrozzo, via Pepe 42 Pescara. E’ il locale che l’ideatore del
dolce, Luigi D’Amico, aprì a Pescara nel 1927; non lontano dalla casa di
Gabrierle D’Annunzio divenne, ben presto, luogo di incontro di intellettuali e
artisti dell’epoca. Si possono gustare il parrozzo, ma anche altre specialità dolci
e salate.
DOVE ASSAGGIARLA
CARATTERISTICHE ENOGASTRONOMICHE E PRODOTTI TIPICI
L’Abruzzo e il Molise sono due regioni prevalentemente montuose, che
presentano caratteristiche morfologiche piuttosto simili, in cui agricoltura e
pastorizia sono fortemente sviluppate e suggeriscono una “cucina di terra” dai
sapori decisi e genuini, basata su carne ovina, formaggi e verdure, compresi i
legumi. L’alimento principale è rappresentato, soprattutto in Abruzzo, dalla pasta
fatta in casa, conosciuta ormai in tutta Italia, come gli spaghetti alla chitarra,
quasi sempre conditi con pancetta affumicata, pecorino piccante e peperoncino,
oppure con ragù di agnello o di maiale. Una ricetta dell’antica trazione è la
zuppa “le virtù” , che in origine veniva preparata impiegando sette legumi
secchi, sette verdure fresche, sette legumi freschi, sette qualità di carne, sette
condimenti e sette tipi di pasta con l’aggiunta di qualche chicco di riso, il tutto
cotto per sette ore. La ricetta, usualmente cucinata agli inizi di maggio,
riecheggia antichi riti propiziatori pagani, anche se oggi sono diffuse versioni
meno laboriose. Nei secondi piatti di carne emergono con grande forza gli
elementi caratteristici di una tradizione pastorale di altri tempi, che
contraddistinguono pietanze come l’agnello “a catturo”, cioè cucinato all’aperto
in un paiolo di rame (catturo), appeso ad un treppiede, ma anche l’agnello
cacio e uova, tipico della zona di Teramo e gli arrosticini . Con le interiora del
capretto e dell’agnello, insaporite con erbe e aromi diversi, sugo di pomodoro e
vino, si prepara un altro secondo piatto tipico, chiamato diversamente, a
seconda della provincia di provenienza: “tuncenelle” nel chietino, “mazzarelle”
a Teramo e “marro” nella zona de l’Aquila. La carne di maiale è invece
incontrastata protagonista di due specialità regionali: la Ventricina di Vasto e la
Mortadella di Campotosto, prodotta in quantità molto limitate, utilizzando
esclusivamente maiali allevati nel territorio dei monti della Laga.
La Mortadella di Campotosto rappresenta uno dei tra presidi Slow Food della
regione, insieme alla Lenticchia di Santo Stefano di Sessanio e al formaggio
Canestrato di Castel del Monte.
Tra i salumi tipici molisani spiccano invece le Salsicce di fegato, il Sagicciotto e
la Soppressata di Rionero Sannitico. L’allevamento e la trasformazione dei suini
occupa un ruolo di rilievo nell’economia agroalimentare dell’Italia
centromeridionale, Abruzzo compreso, dove è nato, a Carpineto Sinello, un
piccolo paese dell’entroterra vastese, il primo e unico museo del maiale.
La tradizione casearia trova la sua migliore espressione nella produzione di
formaggi prodotti con latte di pecora, anche se la vera particolarità è
rappresentata dal Pecorino di Farindola, unico formaggio al mondo preparato
con il caglio di maiale; molto rinomata anche la produzione di caci, primo fra
tutti, il Cacio Marcetto.
La cultura gastronomica derivante dal mondo del latte costituisce l’asse portante
dell’economia del Molise, terra di tratturi e di pastori. La produzione è del tutto
simile a quella Abruzzese, anche se si evidenziano differenze nella qualità di
alcuni prodotti, come il Caciocavallo di Agnone, dovute principalmente al tipo di
pascolo e ai differenti microclimi che, in alcune zone, favoriscono la crescita di
particolari erbe aromatiche, capaci di conferire al latte aromi speciali. L’antica
tradizione della lavorazione del latte, fatta di manualità e processi naturali, ma
anche di innovazione, è perfettamente custodita in un’impresa storica: il
Caseificio Nucci di Agnone che, dal 1600, opera con passione e impegno
l’attività casearia, tanto da rappresentare oggi una delle eccellenze italiane nel
mondo. Vincitore di numerosi premi e di ambiti riconoscimenti, il caseificio
ospita al suo interno un piccolo museo, che raccoglie gli strumenti in rame e in
legno che il capostipite della famiglia costruiva artigianalmente per lavorare il
latte.
La coltivazione del mandorlo è un altro elemento che accomuna Abruzzo e
Molise ad alcune regioni del sud Italia, in particolare Campania e Sicilia. E’
notizia relativamente recente che l’Abruzzo contribuirà alla strategia nazionale
di rilancio del settore mandorliero, voluta dal Ministero delle Politiche Agricole.
Le mandorle migliori provengono dalla Valle della Peligna, non a caso
Sulmona, cittadina posizionata al centro della valle, vanta una tradizione
secolare nella produzione di confetti e ospita, oltre ad un svariato numero di
imprese industriali e artigianali che producono confetti deliziosi e non solo con le
mandorle, il Museo dell’Arte e della Tecnologia Confettiera.
Dagli insediamenti sulla fascia costiera, dove è fervida l’attività di pescaggio,
traggono origine rinomate pietanze a base di pesce del mare Adriatico,
impiegato per paste, risotti e fritture, anche se la massima esaltazione dei
sapori del mare si scopre nelle zuppe. Localmente chiamata “brodetto”, la
zuppa di pesce in Abruzzo è declinata in almeno due versioni: quella di Vasto e
quella di Pescara, benché il più conosciuto e apprezzato resti il Brodetto alla
Vastese.
Un’altra specialità del litorale Adriatico abruzzese è il pesce a “scapece”, cioè
fritto e conservato sotto aceto in appositi mastelli di legno, pratica diffusa tra i
pescatori per conservare il pescato non venduto e che, nella zona, prevede
anche l’uso dello zafferano, giacché l’Abruzzo vanta la migliore produzione
mondale di questa pregiata spezia, coltivata sull’altopiano di Navelli, non
lontano da L’Aquila. Lo zafferano dell’Aquila ha ricevuto il riconoscimento D.O.P
nel 2005.
A Vasto, entrambe le specialità sono molte bene interpretate al Ristorante Lo
Scudo, nel centro storico, oppure nella zona del porto turistico alla Trattoria da
Ferri, Loc. Punta Penna tel. 0873367782.
Per quanto concerne la produzione vitivinicola, è quasi inutile citare il
celeberrimo Montepulciano d’Abruzzo Dalle stesse uve si ricava anche l’ottimo
rosato Cerasuolo d’Abruzzo. Tra i vini bianchi, oltre all’ormai noto Trebbiano
d’Abruzzo, si evidenzia - tutelato dal marchio Abruzzo DOC - il Pecorino. I vini
abruzzesi , negli ultimi anni, stanno raggiungendo traguardi di qualità, prestigio
e diffusione impensabili solo pochi anni fa, basti pensare che un vino abruzzese
risulta essere il secondo vino più venduto negli Stati Uniti. Anche il Molise che
non si è mai distinto, in passato, nel settore vinicolo, negli ultimi anni sta
concentrando sforzi notevoli per supportare il rilancio della viticoltura e per
salvaguardare l’unico vitigno autoctono del Molise, il Tintilia dal quale traggono
origine gli ottimi rosso, rosato e rosso riserva.
L’OGGETTO
La chitarra per la pasta
E’ un utensile di antica tradizione contadina ma ancora oggi è possibile
acquistarlo, anche nelle versioni più sofisticate, come quella della foto, che è
dotata di “chiavi” per regolare la tensione delle corde. Gli spaghetti, oppure
tonnarelli o ancora maccheroni, si ottengono appoggiando la sfoglia di pasta
sopra le corde e facendo forza con il mattarello.
ITINERARI (IN) CONSUETI
L’Abruzzo, parchi mare e tradizione con i suoi quattro parchi naturali: Parco
Nazionale d’Abruzzo, Parco Nazionale Gran Sasso Laga, Parco Nazionale della
Maiella Morrone e, infine, il Parco Regionale Velino Sirente è la regione più
verde d’Europa, nonché baluardo di una politica di salvaguardia ambientale e
tutela del territorio del tutto invidiabili. Dal Parco Nazionale del Gran Sasso,
dominato dalla catena montuosa del Gran Sasso e dal massiccio della Laga,
con la stazione sciistica di Campo Imperatore, pregiata meta per gli amanti della
montagna, attraversando il Parco della Maiella, si raggiunge la costa sud
dell’Abruzzo, un mare splendido e, in parte, ancora incontaminato. A ovest,
invece il Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, patria dell’Orso Marsicano,
dove è ancora possibile avvistare il lupo e il camoscio d’Abruzzo. Un viaggio
meraviglioso nella natura, nella biodiversità, ma anche nella cultura e nelle
tradizioni di una terra antica e selvaggia. A piedi, in bici o a cavallo, gli itinerari
disponibili per una visita ai parchi, sono veramente infiniti, così come le città e i
borghi antichi, presso cui è possibile sostare per una immersione nelle tradizioni
e nella storia locale.
A nord del Parco Nazionale del Gran Sasso, non lontano da Teramo, Campli
inganna il visitatore poco informato, presentandosi come una cittadina di
campagna; in realtà è un borgo dal passato illustre, di cui conserva splendide
testimonianze. Abitata sin dai tempi dei romani, ha vissuto periodi di grande
floridezza anche nel Medioevo, quando diventò, addirittura, un libero comune.
Ricchezza e fortuna hanno continuato ad abitare la cittadina anche in epoca
rinascimentale, tanto che a Campli nacque il primo teatro d’Abruzzo. Oggi è un’
antica città d’arte.
Al centro dell’area del parco, in provincia de l’Aquila, ai confini di Campo
Imperatore, si erge la Rocca di Calascio, il castello più alto di tutti gli Appennini,
inserito nell’omonimo borgo medievale; un luogo magico da cui è possibile
ammirare panorami grandiosi. La Rocca di Calascio è oggi una ricercata
location per grandi produzioni cinematografiche, proprio qui è stato girato “Lady
Hawke”, la bellissima leggenda dell’uomo lupo e della donna falco, con una
indimenticabile Michelle Pfeiffer. Poco lontano si trova, invece Santo Stefano di
Sessanio, considerato tra i borghi più belli d’Italia, una perla incastonata tra i
monti, ingentilita da una apprezzabile armonia architettonica e da un attento
lavoro di conservazione dell’abitato, in perfetta continuità con il meraviglioso
paesaggio circostante. Nella seconda metà del Novecento ha vissuto un
periodo di quasi totale abbandono ma, negli ultimi anni, sta beneficiando di
un’ottima politica di rilancio del turismo, declinato in una ottica di sostenibilità.
I BORGHI PIÙ BELLI DEL PARCO DEL GRAN SASSO
CAMPLI, LA ROCCA DI CALASCIO E SANTO STEFANO DI SESSANIO
NEL PARCO NAZIONALE DELLA MAIELLA SOSTE ROMANTICHE E GUSTOSE:
SULMONA, PACENTRO E RIVISONDOLI
A Sulmona, è possibile vedere un centro storico armonioso, con un itinerario
dislocato tra architetture di epoche diverse; magnifici l’acquedotto medievale e il
complesso barocco della SS Annunziata. Qui è d’obbligo una sosta al Soldo di
Cacio, rinomata gastronomia dove è possibile scegliere prodotti gastronomici
dell’eccellenza abruzzese; per coloro che invece preferiscono gustare
comodamente seduti le stesse specialità, l’indirizzo è la Locanda da Gino, che
serve piatti abruzzesi, reinterpretati con grande eleganza. A non molti chilometri,
Pacentro è un altro delizioso borgo medievale dalle torri quadrate, da visitare,
mentre la meta ideale per una vacanza romantica è Rivisondoli, rinomata
stazione sciistica invernale e, nelle stagioni più calde, amena località pronta ad
accogliere i visitatori in un’atmosfera calda e accogliente. Per una sosta di
charme la soluzione si chiama Escape, ex stalla trasformata in appartamento di
design su tre livelli, con sauna, idromassaggio, piscina, camera da letto e
angolo cottura.
DALLA TERRA DEL MONTEPULCIANO FINO AL MARE DELLA COSTA DEI TRABOCCHI
San Martino sulla Murracina è la terra delle vigne dei migliori vini d’Abruzzo. Per
una degustazione è d’obbligo una sosta alla vineria di Salnitro, accogliente
locale ricavato in un frantoio del seicento, dove è possibile gustare vini e
distillati selezionati e piatti con prodotti locali d’eccellenza, presentati in modo
innovativo. Poco distante, a Guardiagrele, in un delizioso paesino arroccato,
conosciuto per la lavorazione del ferro, si trova uno dei luoghi più prestigiosi
della ristorazione italiana: Villa Maiella.
Da qui, in poco più di mezzora, si raggiunge la costa dei trabocchi,
originalissime costruzioni, somiglianti a palafitte, utilizzate per la pesca e oggi
trasformati in trattorie, dove assaporare eccellenti piatti di mare, quasi sempre
“progettati” con il pescato del giorno. La meta privilegiata è San Vito Chietino,
considerato il centro della costa dei trabocchi - nonché incantevole scenario
degli appuntamenti gastronomici ed enologici della manifestazione Cala Lenta -
ma anche Ortona dove ha sede l’enoteca regionale d’Abruzzo, merita una
sosta. Una passeggiata a San Vito per ammirare il suggestivo promontorio del
turchino è imperdibile, così come l’omonimo trabocco. Pasteggiare sui trabocchi
è una vera e propria esperienza culinaria e basta recarsi sulla statale 16
Adriatica, dove sono dislocati ben cinque trabocchi, ricordandosi che la
prenotazione è necessaria; il più caratteristico è Punta Cavalluccio a Rocca San
Giovanni.
DA NON PERDERE
Il Castello di Semivicoli
Incantevole relais della prestigiosa azienda vitivinicola Masciarelli, ubicato in un
palazzo baronale che domina il panorama dalla Maiella all’Adriatico.
Anche per chi non intende pernottare, durante tutta l’estate, in una atmosfera di
grande charme, ci si delizia gustando vini e prodotti tipici e musica.
EVENTI ENOGASTRONOMICI, SAGRE E FIERE
Cala Lenta, a San Vito Chietino, nel mese di luglio
Lu Gioviddì Sande – Sagra del Vino cotto, a Cellino Attanasio (TE) nel mese
di marzo;
Sagra dei Ranati, a Capistrello (AQ), la terza domenica di maggio;
Sagra della Ventricina, a Guilmi (CH), nel mese di agosto;
Sagra dei sapori d’autunno, Canistro Speriore (AQ), nel mese di ottobre;
Legumi Party, Marina di Pescara, nel mese di dicembre;
Sagra delle “Virtù”, a Teramo il primo maggio;
Sagra del Cuoco, a Villa Santa Maria (CH), nel mese di ottobre;
A cena con i bizantini, a Crecchio (CH)
ALTRI EVENTI
Premio Internazionale della Fotografia Cinematografica Gianni Di Venanzo a
Teramo nel mese di ottobre
Biennale d’Arte Sacra Contemporanea, a Isola del Gran Sasso (TE), presso
il museo Stauròs d’arte sacra contemporanea nel convento di San Gabriele
(l’ultima è stata l’edizione del 2012)
Festa de “Le Farchie di Fara Filiorium Petri “, a Fara Filiorum Petri, il 16
gennaio.
La notte delle streghe, a Castel del Monte (AQ), la notte del 17 agosto;
BASILICATA
• 500 g di lampascioni
• 200 g di pomodori
• Olio extravergine di oliva
• Aceto
• Un cucchiaio di zucchero
• Sale
LAMPASCIONI IN AGRODOLCE
Pulire e lessare i lampascioni, scaldare in una padella l'olio, aggiungervi i
pomodori a pezzetti e lasciare cuocere per pochi minuti.
Aggiungere quindi i lampascioni, schiacciandoli con una forchetta, lo zucchero,
qualche goccia di aceto e il sale e lasciare insaporire per qualche minuto.
Preparazione
Ingredienti per 4 persone:
CARATTERISTICHE ENOGASTRONOMICHE E PRODOTTI TIPICI
La Basilicata è regione tra le meno densamente popolate d'Italia. La sua cucina
tipica è pochissimo conosciuta, e ancor più ignorati sono i prodotti delle sue
campagne, povere ma ricche di tradizioni.
Il vero baluardo della Basilicata nel mondo è il suo vino più importante:
l'Aglianico del Vulture. Grazie all'operato straordinario di vari produttori, questo
vino rosso corposo, perfetto da accostare a umidi e grandi piatti di carne, è
diventato assai noto anche all'estero.
Da qualche anno, sul tema dei prodotti gastronomici, ha avuto luogo
un'autentica riscoperta della Pezzente (o Pezzenta) della montagna materana.
Si tratta di una salsiccia di maiale oltremodo saporita, un tempo ritenuta roba da
poveri (il nome dice tutto) e oggi molto apprezzata dai gourmet: nell'impasto,
oltre a finocchietto e aglio, entra anche un altro illustre prodotto della lucania, il
peperone di Senise.
Una salsiccia non troppo dissimile da questa è quella di Cancellara, citata
addirittura dagli antichi romani e condita con robuste dosi di peperoncino rosso
in polvere. Nel resto della regione si fanno poi pancette, capicolli e prosciutti
crudi, e svariate salsicce dette Lucaniche, della cui famiglia fa parte quella già
citata di Cancellara. Assai ricercata è la Soperzata di Rivello, un salame della
famiglia delle soppressate meridionali, con impasto tagliato a lama di coltello e
poi, dopo l'insaccatura, sottoposto a lieve affumicatura, per poi essere
conservato anche sott'olio.
Sul fronte dei formaggi, il più famoso cacio lucano è forse il Canestrato di
Moliterno IGP, un pecorino stagionato di forte sapore. Anche il Pecorino di
Filiano DOP merita un cenno: spesso di grosse dimensioni, può affrontare
maturazioni lunghissime. Tra i formaggi di latte vaccino, è di grande prestigio il
Caciocavallo Podolico della Basilicata, caseificato a partire da latte di mucche di
razza podolica, meno produttiva delle razze industriali ma di qualità inimitabile.
ITINERARI (IN) CONSUETI
La Basilicata è piccola, poco popolata. Ma proprio per questo i suoi paesaggi
ruvidi e naturali hanno conquistato, per esempio, registi di tutti i Paesi: William
Wyler ha girato qui molte sequenze del suo arcinoto Ben Hur, e così Mel Gibson
è tornato sui Sassi per dare alla sua Passione di Cristo un tocco di realismo in
più.
Matera è città che va visitata assolutamente. Il nucleo storico della città è
costituita dai famosi Sassi: case e abitazioni scavati nel tufo, e molte delle quali
sapientemente restaurate. Uno spettacolo unico. Al Cantuccio, potrete
concedervi una sosta a base di strascinati al peperone crusco e agnello in
pignata.
In provincia di Matera, a Cirigliano, minuscolo paesino di poche centinaia
d'anime, c'è Sapori Mediterranei: uno degli ultimi produttori della Pezzenta della
montagna materana, una rara salsiccia. In paese, è possibile vedere alcuni
esempi di architettura civile e religiosa.
Benché Potenza non abbia lo stesso colpo d'occhio di Matera, la città
capoluogo di Regione ha pure essa dei buoni motivi di visita. E in provincia, a
Castelmazzano (spettacolare paesino del magnifico comprensorio detto delle
Dolomiti Lucane), c'è uno dei migliori ristoranti della zona: il Becco della Civetta.
SASSI, PEPERONE E MAIALE
L’OGGETTO
Timbri per il pane
Fino alla fine degli anni '50, per permetter il riconoscimento della propria
pagnotta nei forni pubblici a pagamento, si marcava la pasta di pane con un
timbro di legno duro La legna di macchia mediterranea che alimentava questi
forni scavati nella roccia conferiva al pane un particolare profumo. Oltre a
riportare le iniziali del capofamiglia i marchi servivano a rimarcare valori di
fecondità, forza e difesa ed a trasmettere le virtù omeopatiche dei simboli stessi.
Numerosi timbri del Pane di Matera sono conservati ed esposti presso il Museo
Archeologico Nazionale Domenico Ridola.
EVENTI ENOGASTRONOMICI, SAGRE E FIERE
Sagra dell'albicocca di Rotondella, Rotondella (MT), primo weekend di luglio
Sagra dell'involtino gorgoglionese, Gorgoglione (MT), secondo weekend di
agosto
Salsiccia festival, Cancellara (PZ), primo weekend di settembre
Sagra del Pecorino di Filiano, Filiano (PZ), in settembre
Sagra del Canestrato di Moliterno, Moliterno (PZ), prima settimana di agosto
Festa della castagna e dei prodotti di sottobosco, Calvello (PZ), fine ottobre-
inizio novembre
Festa della castagna, Tramutola (PZ), ultimo weekend di ottobre
ALTRI EVENTI
Maratea Film Festival, Maratea (PZ), in luglio
DA NON PERDERE
Maratea
La città marina, perla del mar Tirreno, continua a esercitare un fascino
immarcescibile su chi ci va in vacanza.
L'economia di Maratea è legata al turismo, ed anche all'agricoltura ed
all'allevamento.
Una delle più interessanti caratteristiche è quella di poter esplorare le molte
spiagge presenti lungo tutto il litorale costiero. Negli ultimi anni si sono
sviluppati molti stabilimenti balneari che offrono la comodità dei servizi classici
da spiaggia.
Maratea vanta circa 30 km di costa molto variegata ed affascinante. Alte rocce a
picco sul mare si intervallano a piccole calette, grotte ed anfratti, regalando un
paesaggio selvaggio che si è preservato in tutta la sua bellezza.
Alcune sono ampie e di facile accesso mentre altre sono dei piccoli gioielli
protetti tra alte pareti rocciose ed il mare, raggiungibili solo con piccole
imbarcazioni.
CALABRIA
• 500 g di piselli freschi
• 400 g di bracioline di maiale
• 300 g di funghi freschi (o 30 g di funghi secchi)
• 200 g di carne tritata di maiale
• Una costa di sedano
• 1 cipolla
• 1 costa di sedano
• 3 carciofi teneri
• 4 uova
• Formaggio pecorino
• Mozzarella
• Sugo di arrosto
• Alloro
• Olio d'oliva
• Sale
SAGNE CHINE
Rosolare la carne trita e le braciole in poco olio, mettere la sola cane tritata in
un tegame: unire tre cucchiai di pecorino grattugiato, un uovo, sale, pepe,
amalgamando gli ingredienti.
Con il composto fare delle polpettine e friggerle in abbondante olio. Quando
saranno ben rosolate scolare.
Soffriggere quindi nell'olio la cipolla e il sedano tritati, poi unire i funghi, ben
puliti e tagliati a fettine (se sono secchi ammorbidirli in acqua tiepida), i carciofi
mondati e tagliati a spicchi, i piselli e una foglio d'alloro.
Cuocere a fuoco moderato, mescolando spesso. Dopo aver preparato la pasta
per le lasagne (600 g di farina di grano duro, acqua e sale) tagliarle a riquadri di
circa 10 cm di lato e disporli in una grande teglia, alternati a strati di polpettine,
uova sode a fette, pecorino grattugiato, bracioline, mozzarella a fettine e le
verdure cotte.
Coprire con pecorino e mozzarella, condire con sugo d'arrosto e mettere al
forno caldissimo.
Preparazione
Ingredienti per 4 persone:
La Taverna dei Briganti, Contrada Difisella, Cotronei (KR)
Locanda di Alia Via Ietticelli, 55 Castrovillari, Cosenza 0981 46370
DOVE ASSAGGIARLA
CARATTERISTICHE ENOGASTRONOMICHE E PRODOTTI TIPICI
Le bontà che offre la Calabria al viaggiatore sono assai variegate e interessanti.
La Calabria è il regno del peperoncino: non c'è cuoco calabrese che non ne
magnifichi le virtù, non solo gastronomiche ma anche mediche e salutistiche. E
il peperoncino, nelle ricette e nei salumi, appare assai frequentemente.
I prodotti più famosi che arricchiscono il loro sapore col peperoncino sono
quattro salumi che possono fregiarsi della DOP: la Soppressata, il Capocollo, la
Salsiccia e la Pancetta. Realizzati in tutta la regione, hanno un gusto fortissimo,
assai debitore del “condimento” a cui le carni sono sottoposte. Sono molto
apprezzate in tutt'Italia.
Ancor più piccante è la celeberrima 'Nduja, tipica del Crotonese e della zona di
Vibo Valentia, ma diffusa anche altrove. Si tratta di carne di maiale macinata
finissimamente e aromatizzata in maniera massiccia con tantissimo
peperoncino. Poi viene insaccata nel budello, oppure messa in vasetti di vetro.
La 'nduja si presta a innumerevoli usi: la si può consumare così com'è,
spalmandola sul pane, oppure cospargerla su un piatto di fusilli calabresi fatti al
ferretto, il formato di pasta più tipico della regione. Un salume assai peculiare è
il Capicollo Azze Anca: malgrado il nome, viene tratto dalla coscia del maiale. E'
originario del comprensorio grecanico, ossia quella porzione di costa ionica,
sotto l'Aspromonte, dove permangono rimasugli di un antico dialetto derivato dal
greco.
Il primo formaggio che viene in mente, parlando di Calabria, è il Caciocavallo
Silano DOP, nato sulla Sila ma oggi producibile, a norma di legge, anche in altre
regioni del Sud Italia. Ha tutte le caratteristiche dei più classici formaggi a pasta
filata. Quanto ai pecorini, una citazione particolare merita il Pecorino Crotonese.
Molto interessante l'utilizzo gastronomico dei funghi della Sila e
dell'Aspromonte: oltre ai porcini, in Calabria si usa mettere sott'olio anche i
cosiddetti rositi, ossia i funghi del genere Lactarius deliciosus.
L’OGGETTO
LA CANNUCCIA
Non si tratta di un vero e proprio utensile, ma di bastoncini di origine vegetale,
ricavati da una pianta perenne, comunemente chiamata sparto (Lygeum
spartum), che cresce spontaneamente in zone aride e piuttosto salmastre delle
regioni mediterranee (Spagna, Africa boreale e Italia meridionale). Appartiene
alla famiglia delle graminacee, dal fogliame e dai fusti, si ricava fibra tessile per
la fabbricazione di cordame e stuoie. In alcune zone della Calabria, i fusti
essiccati, vengono trasformati nelle “cannucce”, mostrate nella foto e utilizzate
al posto del tradizionale ferro, per la preparazione dei tipici maccheroni. La
pasta viene modellata intorno alla cannuccia che, una volta sfilata, da origine al
tradizionale buco.
Un meraviglioso esempio della creatività del popolo calabrese che ha saputo
ricavare dal proprio habitat uno strumento utile alla quotidianità. Geniale, nella
sua essenziale semplicità, potrebbe essere considerato uno bellissimo esempio
di design naturale ed ecosostenibile.
ITINERARI (IN) CONSUETI
Se c'è un posto che si conosce poco, è certamente il capoluogo regionale della
Calabria, Catanzaro. Il centro storico, martoriato da numerose traversie, e
specialmente dai bombardamenti del 1943, ha la sua migliore attrattiva nel
cosiddetto Complesso di San Giovanni, oggi dichiarato monumento nazionale:
un castello di origini normanne, che è stato utilizzato per gli scopi più svariati, da
convento a carcere, fino alla sua recente riqualificazione. La pietanza più tipica
di Catanzaro è il morzello (morzeddu): un saporito sugo di interiora di bue.
Potete gustarlo alla Vecchia Posta, un'osteria dove pare che il tempo si sia
fermato.Catanzaro può essere base per interessanti escursioni nei dintorni.
Potete andare a Sersale, un paesino che si presenta con un suggestivo centro
storico di scalette e vicoletti, e che è la base ideale per escursioni nel Canyon
delle Valli Cupe e alla volta della cascata Campanaro. Per mangiare, si
suggerisce una sosta allo Scacco Matto, ristorante specializzato negli ottimi
funghi porcini della Sila, e nella verace cucina del territorio. Potete anche
dedicare una giornata rilassante e distensiva alla visita del Parco della Sila
Piccola In questo caso, vi conviene raggiungere qualcuno dei Centri Visita
opportunamente predisposti.Per i salumi, potete fare buoni acquisti al
Salumificio San Giacomo, di Cicala.
CATANZARO E LA NATURA
Se siete stati in Grecia, potreste stupirvi di rinvenire perfino in Calabria qualcuna
di quelle chiesette con piccole cupole, dedicate al rito orientale. A Stilo,
provincia di Reggio Calabria, il paesino natale di Tommaso Campanella, potrete
ammirare qualcosa del genere. Il centro medievale è tutto da vedere, ma nella
parte alta del paese c'è l'attrazione più interessante: la Cattolica. E' una chiesa
che mostra tutti i caratteri dei templi greco-bizantini. L'interno è densamente
decorato di affreschi di svariate epoche. Interessanti anche i ruderi del Castello
Normanno, una costruzione che si intuisce essere stata solida e poderosa.
Nei pressi, ci si può fermare nel paese di Bivongi, in cui si produce un vino
emergente. Il paese in sé è bello, ha un centro storico di viette e scale
perfettamente conservato. Tuttavia, il monumento più interessante è
probabilmente il monastero greco-ortodosso di San Giovanni Therestis, dalla
bella chiesa ove convivono tratti stilistici normanni, islamici e bizantini. Per
mangiare, provate la Vecchia Miniera.
LA COSTA JONICA BIZANTINA
DA NON PERDERE
Parco nazionale del Pollino
Una delle più grandi aree protette del sud Italia, ospita l'aquila reale, il capriolo
di Orsomarso e il lupo appenninico.
EVENTI ENOGASTRONOMICI, SAGRE E FIERE
Sagra della Sujaca di Caria, Caria (VV), prima settimana di agosto
Sagra da grispedda, Paola (CS), secondo weekend di agosto
Sagra della patata, Zungri (VV), seconda settimana di agosto
Festa del tonno, Pizzo Calabro (VV), seconda settimana di agosto
Sagra della 'nduja, Spilinga (VV), prima settimana di agosto
Sagra della melanzana, Rizziconi (RC), agosto
ALTRI EVENTI
Peperoncino Jazz Festival, Cosenza, 11-15 luglio 2013
CAMPANIA
Ingredienti per la pasta:
• 500 g di farina bianca
• 5 tuorli
• 250 g di zucchero
• Zucchero a velo
Ingredienti per il ripieno:
• 500 g di ricotta
• 6 uova intere
• 350 g di zucchero
• 250 g di grano cotto nel latte
• Acqua di fiori
• Cannella
LA PASTIERA
Impastando la farina con i rossi delle uova, la sugna, lo zucchero, si potrà
ricavarne una bella pasta frolla, che dovrà essere approntata in precedenza.
Preparare poi un impasto, amalgamando la ricotta, lo zucchero, i tuorli d'uovo,
la cannella e l'acqua di fiori e aggiungendo le chiare montate.
Introdurre questa massa di buoni sapori in una teglia nella quale si sarà
adagiata la pasta frolla che dovrà ricoprire il tutto.
Prima di infornare, con un po' di pasta frolla si potrà formare in superficie due
nastrini incrociati, per decorazione.
Cuocere un'ora circa e imbiancare di zucchero a velo prima di servire.
Preparazione
Ingredienti per 4 persone:
Antico Forno F.lli Attanasio, Vico Ferrovia 1/2/3/4, Napoli
Bellavia Via O. Fragnito, 82 – Rione Alto – Napoli. Tel. +39 081.5463298
Pasquale Marigliano (via G. D’Annunzio, 23 80040 San Gennarello di Ottaviano
– Napoli. Tel. +39 081.5296831)
Pasticceria Amoroso Strada Provinciale di Caserta, 143 80144 Napoli
DOVE ASSAGGIARLA
Una storia molto nota racconta di Maria Teresa D'Austria, moglie del re
Ferdinando II° di Borbone, che, cedendo alle insistenze del marito famoso per la
sua ghiottoneria, accondiscese ad assaggiare una fetta di Pastiera sorridendo
per la prima volta in pubblico. Ferdinando, il più napoletano dei Borbone non si
dece scappare la battuta: “Per far sorridere mia moglie ci voleva la Pastiera, ora
dovrò aspettare la prossima Pasqua per vederla sorridere di nuovo.
La Pastiera è uno dei dolci simbolo della tradizione napoletana in cui si
incrociano le tradizioni familiari e la scuola pasticcera classica. Secondo una
antica leggenda, nasce quando una volta sulla spiaggia le mogli dei pescatori
lasciarono nella notte delle ceste con ricotta, frutta candita, grano e uova e fiori
d'arancio come offerte per il “Mare”, affinché questo lasciasse tornare i loro
mariti sani e salvi a terra.
Al mattino ritornate in spiaggia per accogliere i loro consorti notarono che
durante la notte i flutti avevano mischiato gli ingredienti ed insieme agli uomini di
ritorno, nelle loro ceste c'era una torta: la Pastiera. Sicuramente questo dolce,
con il suo gusto classico poco zuccherino e rinfrescato dai fiori d'arancio,
accompagnava le antiche feste pagane per celebrare il ritorno della Primavera:
la ricotta addolcita è la trasfigurazione delle offerte votive di latte e miele tipiche
anche delle prime cerimonie cristiane. a cui si aggiungono il grano, augurio di
ricchezza e fecondità e le uova, simbolo di vita nascente.
L'acqua di fiori d'arancio è l'annuncio della Primavera. La versione odierna, fu
messa a punto in un antico monastero napoletano rimasto ignoto. Comunque
sia andata, ancor oggi sulla tavola pasquale dei napoletani questo dolce non
può mancare.
CENNI SULL’ORIGINE DEL PIATTO
CARATTERISTICHE ENOGASTRONOMICHE E PRODOTTI TIPICI
Pizza, pasta, mozzarella: tre parole che dicono tutto. Dalla Campania arrivano
le tre cose che, forse ancor più del Colosseo e dei Fori Romani, sono simbolo
dell'Italia nel mondo. Grazie ai nostri emigranti napoletani, la gastronomia
regionale è diventata la più convincente ambasciatrice del nostro Paese. Certo,
la cucina napoletana ha anche altre frecce al suo arco: per esempio, la ricca
minestra maritata, che prima dell'avvento del pomodoro (e quindi della pasta)
era il piatto locale per eccellenza. O il sontuoso, barocco sartù di riso. O ancora,
la carne alla genovese, che a Genova è sconosciuta ma a Napoli è un umido di
manzo e cipolla da cuocere per un'infinità di ore.
Indubbiamente, la Mozzarella di Bufala Campana DOP resta poi il prodotto più
rappresentativo. Prodotta anche in piccole aree della Puglia e del Lazio, questo
autentico monumento dell'arte casearia italiana nasce con due vesti: nei dintorni
di Aversa e Caserta si fanno mozzarelle più consistenti e sapide, mentre a
Paestum, a Capaccio e nella piana del Sele le medesime sono delicatissime. La
cultura del bufalo ha poi altri formaggi-figli, quasi sempre a pasta filata: la
scamorza, il caciocavallo, i bocconcini alla panna. E la ricotta di bufala, che non
è un formaggio ma resta una squisitezza leggendaria. Altri formaggi campani?
La Manteca, o Burrino: una scamorza che al suo interno contiene un cubetto di
burro. E il monumentale Provolone del Monaco, nato sui monti Lattari: un
caciocavallo di lunga stagionatura e dal sapore intensissimo, adatto
all'accostamento con miele di castagno. Dai monti Lattari ci viene pure il
Fiordilatte di Agerola, ossia la più ghiotta interpretazione della mozzarella di
latte di capra. Dal latte di pecora vengono invece gioiellini come il pecorino
bagnolese e il pecorino di Carmasciano, ambedue dell'Irpinia.
CARATTERISTICHE ENOGASTRONOMICHE E PRODOTTI TIPICI
L’agro Nocerino Sarnese è la zona dove regna Il pomodoro S. Marzano, che ha
caratteristiche speciali, è lungo, nervoso, consistente. E’ l'unico che non si
frantuma nella lavorazione; al contrario si mantiene intero e, per così dire, vivo
nel barattolo.
I salumi sono rappresentati dall'arcinoto Salame Napoli: la versione originale è
semplicemente affumicata, mentre spesso all'impasto viene aggiunto
peperoncino. Più rara la Soppressata di Gioi Cilento, tipica del paesino
salernitano: è un salame il cui impasto, macinato a grana particolarmente fine,
viene avvolto attorno a un cubo di lardo bianco. Una chicca da amatori è anche
il beneventano prosciutto di Pietraroja, prodotto in minuscole quantità e
caratterizzato da un sapore intenso e vellutato.
Da ricordare i dolci: la pastiera napoletana è un must, così come le sfogliatelle,
vanto delle migliori pasticcerie. La Pasta trafilata al "bronzo“ è una specialità
della zona di Gragnano (NA), nota per il tipo di lavorazione questo prodotto, è
caratteristico perché la ruvidità della superficie del metallo viene trasmessa
come un' impronta, alla superficie della pasta, permettendo ai condimenti una
miglior attaccatura, alla pasta.
La tradizione vinicola campana risale al tempo della colonizzazione greca,
avvenuta secoli addietro. Il territorio prevalentemente collinare ed il clima mite
rendono la regione adatta alla coltivazione di vitigni di svariati tipi, che
producono tantissimi vini sia bianchi che rossi
Tra i vini, il più ricco e importante è il Taurasi, a base di uva aglianico, il Greco di
Tufo di color giallo paglierino.
L’OGGETTO
IL CAPPUCCIO
Il Cappuccio e' l'alambicco - cappuccio di lana o tela - con cui si filtra la
salamoia delle alici che tracima dai vasi che la contengono, antica tradizione
culinaria che si ripropone durante la famosa Colatura delle alici di Cetara.
ITINERARI (IN) CONSUETI
La Piana del Sele, da sempre, è uno dei posti migliori per approvvigionarsi di
vera, eccellente Mozzarella di Bufala Campana, che da sempre in questa zona
è più dolce e delicata rispetto a quella che si fa a Caserta e nell'Aversano.
Lo stesso capoluogo della zona, Salerno, presenta vari monumenti interessanti.
Senza parlare di chiese e palazzi, presenti in quantità, a Salerno ci sono stati
numerosi ritrovamenti archeologici: il parco delle Fratte è un notevole esempio
di insediamento addirittura preromano, e il Museo archeologico provinciale ne
ospita alcuni manufatti. Molto bello da percorrere è il lungomare, assai
frequentato dagli abitanti della città e dai turisti. Fate un bel pasto all'Osteria
Canali, artefice di una ghiotta cucina cilentana
A breve distanza, Pontecagnano è un'altra città dove le vestigia antiche
abbondano: basti vedere, anche qui, il Parco archeologico. Pure Battipaglia
può fregiarsi di una necropoli risalente al VII-III secolo avanti Cristo, quella
dell'Arenosola. Per la mozzarella, andate da Iemma.
Certo però le testimonianze monumentali maggiori sono quelle di Paestum: il
tempio di Nettuno, quello di Hera e quello di Atena, sono tra i meglio conservati
esempi di tempio in stile dorico esistenti al mondo. Pure Vannulo è un tempio,
ma della mozzarella, così come il caseificio Torricelle.
PIANA DEL SELE, MOZZARELLA E ANTICHITA'
Una visita della Penisola Sorrentina comincia sicuramente da Castellammare di
Stabia, una grossa cittadina da cui si può ammirare benissimo il golfo di Napoli.
Se proprio volete, a Castellammare ci sono comunque scavi archeologici e
antiche ville molto interessanti, come Villa Arianna.
Se si abbandona la costa e si sale sui colli, si giunge a Gragnano, la città della
pasta. Da essa, è possibile visitare la cosiddetta Valle dei mulini, ove sono
tuttora presenti circa 30 mulini ad acqua antichi, dismessi ma visitabili. Per
comprare pasta, le alternative sono molte, ma possiamo citare il Pastificio
Gentile.
Tornate sulla costa, fate la strada bellissima e arrivate a Vico Equense, città di
grande storia. Qui, oltre a chiese varie e ad alcuni castelli, si viene per mangiar
bene: il ristorante Torre del Saracino, di Gennaro Esposito, è tra i più buoni
d'Italia. Sulle montagne dietro Vico, in frazione Moiano, c'è poi il Caseificio La
Verde Fattoria, dove la famiglia Albano produce il grande Provolone del
Monaco.
Dopo Vico, trovate Sorrento, una località marittima che non necessita di
presentazioni. Ma se volete concedervi un'altra grande cena, prendete la
macchina e recatevi a Sant'Agata dei Due Golfi, alla corte di Alfonso Iaccarino: il
suo Don Alfonso 1890 è tuttora ristorante in vetta alle classifiche.
PENISOLA SORRENTINA, MARE E PASTA
DA NON PERDERE
Solfatara di Pozzuoli
Il modo più semplice per capire, da vicino, come nasce e come rimane attivo un
fenomeno vulcanico, sia pure di modesta entità.
EVENTI ENOGASTRONOMICI, SAGRE E FIERE
Festa a Vico, Vico Equense (NA), in giugno
Pizzafest, Angri (SA), secondo weekend giugno
Antichi Sapori Tammaresi, San Tammaro (CE), secondo weekend di giugno
Il pignatiello del Granatello, Portici (NA), terza domenica di giugno
Festa del grano, Faicchio (BN), ultima settimana di giugno
Sagra della pancetta e della salsiccia di cinghiale, Dugenta (BN), da metà
maggio a metà luglio
Sagra degli antichi sapori, Pignataro Maggiore (CE), prima settimana di luglio
Sagra degli antichi sapori ogliaresi, Salerno, prima settimana di luglio
Sagra del mallone, Bracigliano (SA), seconda settimana di luglio
Festa del fungo porcino, Montoro Inferiore (AV), secondo weekend di luglio
Sagra lagane e ceci, Salerno, seconda settimana di luglio
ALTRI EVENTI
Napoli Teatro Festival, Napoli, in giugno
EMILIA ROMAGNA
•500 g di farina di grano tenero
•40 g di strutto
•Acqua
•40 g di lievito di birra
GNOCCO FRITTO
consiste in un intriso di fior di farina con acqua (alcuni lo impastano con latte,
altri con acqua minerale, che aiuterebbe la lievitazione al momento della
frittura), lievito, sale e strutto in piccola quantità.
Si tira in soglia non troppo sottile, dopo aver fatto riposare la pasta per circa
15/20 minuti e la si ritaglia in rombi, la si frigge in abbondante olio o con strutto
molto caldi: è ideale con i salumi, per uno spuntino pomeridiano, una cena
genuina o anche una sostanziosa colazione.
Una variante consiste nel farcire i pezzi di gnocco con sottilissime fette di
formaggio, procedendo come per un tortello. In ogni caso dovrò essere
mangiato ben caldo, appena fritto.
Preparazione
Ingredienti per 4 persone:
Lo Gnocco Fritto è un piatto della tradizione emiliana, ormai ampiamente diffuso
in tutto il paese, anche per la semplicità degli ingredienti e della preparazione.
Nonostante la ricetta sia uguale per l’intera regione, la definizione gnocco fritto è
utilizzata nel modenese, nelle altre provincie, la stessa pietanza assume nomi
diversi: crescentina a Bologna, torta fritta a Parma, chisulèn o burtlèina nell’area
di Piacenza. Lo gnocco fritto è sicuramente una preparazione molto antica
pare, infatti, che le origini risalgano ai Longobardi, che lasciarono la ricetta in
eredità agli abitanti della regione, in seguito alla loro lunga dominazione nei
territori emiliani. Solitamente proposto come antipasto, accompagnato dai
gustosi affettati della regione o da formaggi e verdure, ma anche da zampone
tiepido, può essere considerato un piatto unico, visto l’alto valore nutrizionale
degli ingredienti.
CENNI SULL’ORIGINE DEL PIATTO
All’Hosteria Giusti di Modena, alla Trattoria Cà dell’Orso a Ponte dell’Olio,
oppure nell’Appennino modenese a Ponte Gombola nel comune di Polinago
(MO), nella zona definita Valle degli Asinelli, presso la Podesteria, in via
Castello, 16 tel. 335/7018182. La podesteria o Asineria di Gombola è una
fattoria a conduzione familiare e rientra tra i progetti di Aria Aperta, struttura di
servizi per il turismo, l’ambiente e il tempo libero. Il progetto, volto a sviluppare
un’azione di conoscenza dell’asino, nella sua dimensione naturalistica, storica,
didattica e ricreativa, ne suggerisce la valorizzazione nell’ambito
dell’educazione ambientale, escursionistica e di pet-teraphy e propone attività
ludiche, formative, escursioni e gastronomia con prodotti del territorio. E’
possibile soggiornare nell’ostello, ma anche in tenda, negli spazi appositamente
messi a disposizione.
DOVE ASSAGGIARLA
CARATTERISTICHE ENOGASTRONOMICHE E PRODOTTI TIPICI
La gastronomia dell’Emilia Romagna è estremamente variegata e ricca di
tipicità. I prodotti DOP e IGP sono innumerevoli, espressione della passione e
del legame che lega gli abitanti della regione al proprio territorio e della lunga
esperienza che gli ha condotti a ricavare dalla terra prodotti di grande qualità,
protagonisti di piatti eccellenti. Con tutta probabilità, le lasagne con il ragù alla
bolognese e i tortellini sono tra i piatti italiani più noti, oltre i confini nazionali,
secondi solo alla pizza e agli spaghetti. Nella regione ha, peraltro, avuto origine
uno dei simboli gastronomici nazionali nel mondo: il Parmigiano Reggiano,
celebrato nella regione anche dall’omonimo Museo ubicato nel comune di
Soragna, in provincia di Parma. Per chi desidera acquistarlo sul territorio,
l’Azienda Biologica Hombre di Modena offre un prodotto biologico, lavorato
secondo tradizione, pur nel rispetto di standard produttivi rigorosi. Per
comprendere la complessità della cultura gastronomica dell’Emilia Romagna è
necessario considerare, sia la dimensione territoriale, sia quella storica, che
hanno entrambe contribuito a determinare lo sviluppo di due differenti tradizioni
culinarie, quella emiliana e quella romagnola. L’utilizzo del grano, introdotto
dagli Etruschi già nell’antichità, accomuna le due tradizioni gastronomiche, che
contano tra le proprie tipicità diverse preparazioni che prevedono l’impiego della
farina, come le Tigelle o Crescentine di Modena, la Stria, tipica focaccia
emiliana, oppure l’Erbazzone, torta salata, sempre di origine emiliana, e la
Ciupeta o Coppia ferrarese. La discriminante fondamentale tra la cucina
emiliana e quella romagnola risiede principalmente nel differente processo di
panificazione tradizionale, che viene interpretato, in Emilia, dal gnocco fritto
che prevede l’impiego di strutto, e in Romagna, area costiera e porta verso
l’oriente, di dominazione bizantina, dalla piadina cotta direttamente sul testo
nella brace, senza lievito, e di chiara ispirazione mediorientale. Il territorio
emiliano, prevalentemente continentale, mostra tratti evidenti della
contaminazione culturale con i Longobardi. L’allevamento del maiale, introdotto
dai Galli e praticato in modo intensivo dai Longobardi, ne è la prova lampante.
La geografia dei prodotti e la loro distribuzione segue le caratteristiche
morfologiche del territorio, delineate dalla presenza dell’Appennino a sud e a
ovest, del fiume Po’ a nord e dal mare Adriatico a est.
La fascia montana offre i prodotti di alpeggio, mentre le zone costiere e fluviali
privilegiano il consumo di pesce di mare e di stagno. Nella Pianura Padana si
praticano l’allevamento e l’agricoltura, la Vacca bianca modenese e la Razza
bovina romagnola, entrambi presidi Slow Food, ne sono esempi straordinari. La
stessa Pianura Padana e le pianure romagnole rappresentano, peraltro, il luogo
di incontro e scambio dei sistemi gastronomici sopra descritti. L’Emilia è terra di
cucina ricca, che propone paste ripiene, sia di carne, sia di magro, come
tortellini e ravioli, che racchiudono ripieni diversi, a seconda della zona, fatti
per esaltare l’ottima sfoglia, realizzata a mano, ma anche, soprattutto a
Bologna, da lasagne e cannelloni, conditi con il celeberrimo ragù alla
bolognese (probabilmente affino parente del ragout francese) e con la
besciamella. Per quanto riguarda i secondi piatti, nel piacentino sono frequenti i
brasati mutuati, con tutta probabilità, dal vicino Piemonte, mentre spostandosi
verso ovest, cioè verso il centro Italia, trionfano gli arrosti. Tuttavia, in Emilia,
l’elemento irrinunciabile di qualsiasi percorso gastronomico, resta degnamente
rappresentato dai derivati del maiale. Oltre ai Ciccioli, cotechini e zamponi,
spiccano gli insaccati: dal Prosciutto di Parma, al Culatello di Zibello (presidio
Slow Food), senza trascurare la Pancetta e la Coppa Piacentina, la Mortadella
Bologna e la Mariola delle colline piacentine e del basso parmense, presidio
Slow Food; un bouquet di prodotti dalla qualità e dal gusto inimitabile. A
Langhirano, nella patria di elezione del prosciutto, ha sede il Museo del
Prosciutto e dei Salumi di Parma, dove è possibile approfondire la conoscenza
dei prodotti e dell’arte salumaria parmense. Per fare rifornimento di salumi,
formaggi e prodotti tipici emiliani di qualità, a un giusto prezzo, è d’obbligo una
tappa a Fidenza, presso Agrifidenza. Per un pranzo o una cena a base di
prodotti nostrani e di cucina emiliana tradizionale ottimamente rivisitata, il luogo
ideale è il ristorante Al Vedel di Colorno, sempre in provincia di Parma. Nel
vasto patrimonio gastronomico emiliano, un posto di sicura eccellenza è
occupato dall’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena, preparato
esclusivamente nel territorio della provincia di Modena, utilizzando mosto cotto
e metodi di lavorazione appartenenti a una tradizione millenaria; l’impiego del
balsamico di Modena era difatti già diffuso alla corte degli Estensi. Nella
cittadina di Spilamberto, a questo versatile e straordinario prodotto è dedicato il
Museo del Balsamico Tradizionale, che ospita anche la sede della Consorteria
dell’Aceto Balsamico Tradizionale, una organizzazione che sostiene e
promuove iniziative e manifestazioni dirette alla tutela del prodotto.
Presso il museo è anche possibile acquistare balsamico di Modena, selezionato
dalla Consorteria. Prodotti della tradizione regionale e modenese di ottima
qualità, compresi aceto balsamico tradizionale, parmigiano reggiano, ma anche
pesci dell’Adriatico sono disponibili presso il Mercato Albinelli, un mercato
coperto costruito ai primi del novecento, erede del tradizionale mercato che
animava le strade della città di Modena, già nel Medioevo.
Modena è, tra l’altro, una tappa irrinunciabile in un viaggio alla ricerca delle
eccellenze gastronomiche, non solo regionali, in via Stella, infatti, ha sede
l’Osteria Francescana di Massimo Bottura, chef pluristellato Michelin e
classificato al terzo posto tra i migliori cinquanta chef del mondo, nella ormai
nota competizione the World’s 50 Best Restaurants Guide, organizzata dalla
rivista anglosassone Restaurant Magazine.
Se l’Emilia è ricca e grassa, con una cucina fortemente contraddistinta dall’uso
del burro, come in quasi tutto il nord Italia, la Romagna profuma di spezie e
aromi; la cucina romagnola racconta della contaminazione con il centro e il sud
Italia, comprovata dall’impiego di peperoncino, pomodoro e dalla modalità
diffusa di cottura alla griglia, sicuro retaggio culturale degli spiedi medioevali,
ancora in auge nell’Italia centrale. In Romagna si usa anche l’Olio extravergine
di oliva, prodotto a Brisighella nel ravennate in quantità piuttosto modeste, ma
con una qualità molto elevata. La presenza del mare ha sicuramente inciso
nella tradizione gastronomica delle terre romagnole; qui il pesce trionfa nelle
grigliate, nei fritti e nei guazzetti, ma anche - per pesci di qualità, come rombi,
sampietro e sogliole - servito semplicemente condito con olio e limone. In
provincia di Ferrara, nelle Valli di Comacchio, uno dei più complessi sistemi
lagunari italiani, il vero primo attore in cucina è l’anguilla, marinata nel modo
tradizionale (presidio Slow Food) o interpretata, non solo a Natale, in ben
quarantotto piatti diversi, tra cui alcuni molto ricercati. Molto diffusa anche la
miticoltura. La cucina di carne è presente, soprattutto nell’entroterra e impiega,
per lo più, carne bovina, anche se dal maiale si ricava uno dei prodotto tipici
dell’eccellenza gastronomica ferrarese, la Salamina da Sugo .
Tra i primi piatti prevalgano i Passatelli, le Burricche (un particolare tipo di
agnolotto) e il Pasticcio alla ferrarese, piatto rappresentativo della sontuosa
cucina estense, composto da un involucro di pasta frolla ripieno di pasta corta,
condita con ragù e funghi. Tra le tipicità espresse dalla tradizione gastronomica
romagnola spicca il formaggio di fossa che trova in Valmarecchia,
principalmente nel comune di Sogliano al Rubicone, la sua area di eccellenza.
L’infossatura del formaggio è una pratica che risale al medioevo, quando i
contadini solevano conservare gli alimenti in fosse scavate in ambienti tufacei,
sia per preservarli nel tempo, sia per sottrarli ad eventuali razzie.
In Romagna l’infossatura del formaggio conserva ancora il fascino di una
tradizione antica e le caratteristiche di un rito collettivo; nel mese di agosto, le
fosse vengono preparate bruciandovi all’interno della paglia per assorbire
l’umidità in eccesso e per eliminare eventuali batteri che possono intervenire
nella fermentazione del formaggio.
La fossa viene poi ricoperta con una strato di paglia e, una volta infossato il
formaggio, chiusa con tavole di legno e sabbia per essere riaperta solo tre mesi
dopo, a novembre, nell’ambito dei festeggiamenti organizzati proprio per
celebrare la sfossatura del prezioso formaggio. Prodotto con latte ovino o
vaccino è delizioso saltato in padella con paste o gnocchi, nei ripieni di tortelli e
ravioli, oppure con confetture e miele; può essere anche grattugiato, se giunto
al giusto livello di stagionatura.
A Sogliano al Rubicone esistono molti produttori del rinomato formaggio, alcuni
dei quali organizzano degustazioni e visite alle fosse; la Fossa Pellegrini è una
delle più conosciute, selezionata anche dal Gambero Rosso quale azienda tra i
maggiori produttori di eccellenze gastronomiche, anche per il suo formaggio di
fossa. Nell’Appennino Tosco-Romagnolo, nelle provincia di Forlì-Cesena, si
produce, invece, il Raviggiolo, un latticino piuttosto raro, presidio Slow Food,
realizzato con latte vaccino crudo e da consumarsi fresco, entro tre, quattro
giorni dalla produzione. Un’altra icona gastronomica della Romagna, è
senz’altro la piadina che in Alta Romagna (Forlì e Ravenna) è preparata in una
versione più spessa, mentre nella Bassa Romagna (Riccione) è molto sottile e
sfogliata. Irresistibile in entrambe le versioni, farcita con affettati, verdure e,
soprattutto, con il famosissimo Squacquerone, un altro formaggio DOP tipico
del territorio, è l’indiscussa protagonista gastronomica di una vacanza in
Romagna. E’ buona quasi ovunque, spesso preparata al momento, soprattutto
nei numerosissimi chioschi presenti un po’ su tutto il territorio. Da assaggiare, a
Ravenna, quella de La Piadina dello Chef, in via Teodorico (poco lontano
dall’omonimo mausoleo) tel. 3394071285 e a Rimini quella della Lella.
Nella vasta gamma delle tipicità regionali non mancano certamente prodotti
ortofrutticoli garantiti da marchi DOP e IGP, che ne tutelano la qualità e ne
certificano l’origine, come le Pere dell’Emilia Romagna, le Pesche e le Nettarine
di Romagna, le Ciliegie di Vignola, le Amarene brusche di Modena e il Marrone
di Castel del Rio, cittadina che ospita anche il Museo del Castagno; tra le
verdure troviamo la Patata di Bologna, il Fungo di Borgotaro, lo Scalogno di
Romagna e il pregiato Asparago verde di Altedo.
La grande abbondanza di frutta fresca e secca, suggerisce la preparazione di
dolci tipici, come la crostata di ciliegie e di castagne, ma anche i ravioli di
marroni e le castagnole e, per Natale, il classico Pan Speziale. Inimitabili
anche la Torta Barozzi e la Torta Muratori, tipiche della cittadina di Vignola, da
gustare rigorosamente presso la Pasticceria Gollini , che ne conserva
gelosamente, da generazioni, le ricette originali.
Ad esaltare gli ottimi sapori dei prodotti e delle preparazioni regionali,
concorrono i tantissimi vini dell’Emilia Romagna, ne citiamo solamente alcuni,
tra le DOC più conosciute: Sangiovese di Romagna, Lambrusco di Sorbara,
Lambrusco Salamino di Santa Croce, Lambrusco Grasparossa di Castelvetro,
Bonarda Colli Piacentini, Gotturnio Colli Piacentini, Colli Piacentini Ortrugo,
Albana di Romagna e Trebbiano di Romagna. Gli amanti del vino, non possono
non programmare una sosta alla Enoteca Regionale della Rocca Sforzesca di
Dozza che espone oltre mille etichette di vino da scoprire e degustare.
DA NON PERDERE
CASA ARTUSI
E’ un centro di cultura gastronomica dedicato alla cucina domestica italiana. E’
ricavato dalla ristrutturazione del Complesso Monumentale della Chiesa dei
Servi di Forlimpopoli, luogo di nascita di Pellegrino Artusi, scrittore e
gastronomo, padre riconosciuto della cucina italiana moderna. Il Centro intende
promuovere la cucina domestica, in particolare quella romagnola e i prodotti del
territorio. Nell’ambito di Casa Artusi hanno trovato spazio la biblioteca P. Artusi,
un ristorante, la scuola di cucina, uno spazio eventi e una bottega dove è
possibile acquistare oggetti legati al mondo della cucina di casa.
AUTORI E STORIE IN EMILIA ROMAGNA
Almost Blue, Carlo Lucarelli – Einaudi 1997
“Io, Bologna, non l’ho mai vista. Ma la conosco bene, anche se probabilmente è
una città tutta mia. E’ una città grande: almeno tre ore”
Il romanzo è un giallo a tinte forti, che Lucarelli contestualizza negli ambienti
universitari e nei locali notturni di una Bologna livida e, a tratti, sinistra. La
vicenda ruota attorno a tre personaggi. Grazia, una giovane e ambiziosa
poliziotta, incaricata di indagare sulle misteriose morti di alcuni studenti, uccisi e
orrendamente sfigurati. L’assassino, “l’Iguana”, per come lui stesso si descrive:
“un rettile verdastro, una grossa lucertola con dorso crestato, capace di
cambiare pelle ogni volta”, che uccide e assume l’identità della sua ultima
vittima. Simone, giovane e sensibile ragazzo non vedente, che misura il mondo
con i suoni e le voci che recepisce attraverso uno scanner e che sembra essere
l’unico a “vedere” veramente, oltre la pelle dell’iguana, la sua anima dilaniata.
L’intero romanzo si snoda tra le note struggenti di “Almost Blue”. Il libro scorre
tutto d’un fiato, con ritmo serrato e la giusta dose di suspance. Notevole
l’intreccio tra la trama e il sottofondo musicale, descritto in modo magistrale
dall’autore, tanto che, leggendo il libro, sembra quasi di sentirla, la magica
tromba di Chet Baker.
L’OGGETTO
Ferro per passatelli
E’ l’utensile più antico e tradizionale usato per fare i tipici passatelli. In Romagna
è chiamato “e fér”, il ferro. E’ possibile acquistarlo, ma è difficilmente reperibile
al di fuori della regione. Oggi, per fare i passatelli, esistono utensili di più facile
impiego, simili ai comuni schiacciapatate, oppure torchietti realizzati in rame o
plastica.
EVENTI ENOGASTRONOMICI, SAGRE E FIERE
Festa Artusiana, a Forlimpopoli (FC), nel mese di giugno;
Festa dei Ciliegi in Fiore, a Vignola (MO), a cavallo tra marzo e aprile;
Festival del Prosciutto di Parma, evento diffuso nelle zone tipiche di
produzione (provincia di Parma), nel mese di settembre;
Fiera Nazionale del Fungo Porcino di Albareto, ad Albareto (PR), nel mese di
settembre;
SANA, Salone Internazionale del Biologico e del Naturale, quartiere fieristico
Bologna (BO), nel mese di settembre;
Mortadella, please, Festival Internazionale della Mortadella di Zola Predosa,
a Zola Predosa (BO), a settembre-ottobre
MISEN Salone Nazionale delle Sagre, presso quartiere fieristico di Ferrara
(FE), nel mese di aprile;
Coppa del Mondo della Gelateria, presso Rimini Fiera (RN), nel mese di
gennaio;
SIGEP, Salone Internazionale Gelateria, Pasticceria e Panificazione
Artigianali, presso Rimini Fiera (RN), nel mese di gennaio;
Wine Food Festival Emilia Romagna, evento diffuso in tutta la Regione, da
settembre a dicembre.
SAGRE
Gustasanvito, a San Vito Spilanberto (MO) , nel mese di giugno;
Sagra del Pesce di Gorino, a Gorino (FE) ultimo week end di maggio e tutti i
fine settimana di giugno;
Fiera del Formaggio di Fossa, a Sogliano al Rubicone (FC), nel mese di
novembre;
Vignola è tempo di ciliegie, a Vignola (MO) nel mese di giugno;
Sagra della Salamina da Sugo al cucchiaio, a Madonna Boschi (FE), fine
settembre, inizio ottobre;
Festa della Pancetta, a Ponte dell’Olio (PC), nel mese di giugno;
Festa del Tortello, a Vigolzone (PC), nel mese di luglio;
Sagra del Lambrusco e degli spiriti diVini, ad Albinea (RE), nel mese di
giugno;
Sagra della Patata, a Sant’Agata Bolognese (BO), nel mese di luglio;
Sagra del Cotechino, ad Alberone (FE), fine agosto, inizio settembre;
Sagra della Pera, a Vigarano Pieve (FE), nel mese di settembre;
Fiera dello scalogno di Romagna, a Riolo Terme (RA), nel mese di luglio;
Festa della Coppa piacentina, a Carpaneto Piacentino (PC), nel mese di
settembre;
Sagra del Marrone, a Castel del Rio (BO), nel mese di ottobre;
Sagra dell’Anguilla, a Comacchio (FE), nel mese di ottobre;
Sagra del Cicciolo, a Castellarano (RE), nel mese di novembre;
Sagra del Tortellino, a Calderara di Reno (BO), nel mese di dicembre;
Sagra della Seppia, a Cervia (RA), nel mese di marzo;
Sagra dello Storione e del Pesce di Mare, a Burana (FE), a luglio-agosto;
Sagra della Vongola, a Goro (FE), nel mese di luglio;
Sagra dell’Asparago Verde, ad Altedo (BO), nel mese di maggio;
Festa del Culatello, a Zibello (PR), nel mese di giugno;
GUT, Festival del Gutturnio, a Carpaneto Piacentino (PC), nel mese di
giugno.
ALTRI EVENTI
Il Mondo Creativo, presso Bologna Fiere (BO), nel mese di novembre;
Santarcangelo Festival Internazionale del Teatro in Piazza, a Santarcangelo
di Romagna nel periodo estivo;
Porretta Soul Festival, a Porretta Terme, nel mese di luglio;
Ferrara Buskers Festival, a Ferrara, nel mese di agosto;
Ferrara Balloons Festival, a Ferrara, nel mese di settembre;
Ravenna Festival, a Ravenna da giugno a novembre;
Future Film Festival, evento diffuso a Bologna, a marzo-aprile;
Bellaria Film Festival, evento diffuso a Bellaria, nel mese di giugno;
Porretta Cinema, a Porretta Terme, la data è stabilita di anno in anno.
FELLINIANNO 2013, evento diffuso a Rimini per le celebrazioni del ventennale
della morte di Federico Fellini.
ITINERARI (IN) CONSUETI
Bologna, capoluogo della regione, è definita “la dotta” perché ospita una delle
più antiche università d’Italia; animata da migliaia di studenti italiani e stranieri, è
una città giovane e cosmopolita, pur nella sua dimensione raccolta e, per certi
versi, provinciale. A Bologna soffia da sempre il vento della cultura e della
creatività, trasformata in linfa vitale che alimenta progetti e inventa nuovi spazi
di fruizione dell’arte e della cultura. Unico centro abitato esteso percorso da
quasi quaranta chilometri di portici, divenuti luogo di commercio e socialità e
simbolo dell’ospitalità bolognese, la città individua il suo cuore pulsante in
Piazza Maggiore, la famosa “piazza Grande”, cantata dal noto musicista e
cantautore, Lucio Dalla, nato e vissuto a Bologna. Sulla piazza, oltre alla
celebre Fontana del Nettuno, si affacciano i più importanti edifici dell’epoca
medioevale: il Palazzo Comunale, il Palazzo dei Banchi e il Palazzo del
Podestà. A sud della piazza si trova l’imponente Basilica di San Petronio, che
conserva il più grande tra gli organi storici ancora in uso, costruito tra il 1470 e il
1475. Tra le arti care alla città, quella musicale è senz’altro una delle più antiche
e radicate, Bologna, infatti, è stata dichiarata dall’UNESCO “città creativa della
musica”. La collezione Tagliavini, una importante raccolta di strumenti antichi,
unici per bellezza e qualità del suono, è custodita nell’ambito del bellissimo
Complesso Religioso di San Colombano. Documenti relativi alla presenza in
città di personaggi quali Mozart e Liszt sono conservati nelle sale
dell’Accademia Filarmonica, a Palazzo Carrati, ora sede dell’Orchestra Mozart,
fondata da Claudio Abbado e visitabile gratuitamente per gruppi, su
prenotazione (tel. 051/222997). Nelle bellissime e sontuose sale di Palazzo
Aldini Sanguinetti è, invece, allestito il Museo Internazionale della Musica, che
racconta la storia della musica, attraverso strumenti, partiture, documenti, libri e
oggetti rari, appartenuti a cantanti e musicisti. La città ospita anche uno dei più
antichi teatri lirici d’Italia, il primo teatro pubblico, voluto dalla cittadinanza e non
inserito in una residenza nobiliare: Il Teatro Comunale di Bologna che, proprio
nel 2013, compie duecentocinquanta anni. Realizzato su un progetto
dell’architetto Antonio Galli Bibiena, datato 1755, quando Bologna era già un
centro musicale di riferimento a livello europeo.
BOLOGNA CITTÀ “DOTTA” “CREATIVA” E “MUSICALE”
Il Teatro Comunale, con la sua acustica perfetta, grazie alla pianta “a campana
eufonica” e i suoi meravigliosi palchetti rococò, ospita da oltre due secoli, la
grande musica lirica internazionale.
Nel Museo Internazionale della Musica sono custoditi, il plastico originale del
progetto del Teatro Comunale e il modello del raffinato macchinario in legno,
realizzato sotto la platea, nell’ottocento, che, con argani e corde, consentiva di
sollevare il pavimento fino al palcoscenico, trasformando la spazio in un unico
salone per le feste; usato fino agli anni trenta del novecento è, oggi, in disuso,
per dare spazio alle dotazioni di sicurezza. Parlano, invece, i linguaggi della
modernità, delle nuove tecnologie e della multimedialità progetti come il Link,
che a Bologna ha dato vita, a partire dai primi anni novanta, ad uno spazio
contemporaneo, nato senza una connotazione precisa, che propone proiezioni,
concerti, installazioni e laboratori e che ospita dibattiti, festival e rassegne
all’insegna della “sperimentazione” e della “contaminazione” tra i differenti
linguaggi della comunicazione. Poco fuori dalla città, a Calderara di Reno, ha
invece sede l’Associazione ReMida Bologna_Terra D’Acqua, Centro di Riuso
Creativo dei Materiali di Scarto Aziendale, che mette a disposizione spazi,
attrezzi, materiali e laboratori e organizza corsi, seminari ed eventi sui temi del
riciclo e del ri-uso creativo dei materiali, promuovendo sensibilità ambientali ed
ecologiche. Assolutamente da non perde anche il MAMbo il Museo d’Arte
Moderna di Bologna, quasi diecimila metri quadrati dedicati alla
sperimentazione e alla cultura visiva.
TRA FIUME E MARE: COMACCHIO I LIDI E IL PARCO DEL DELTA DEL PO
Esistono paesaggi inconsueti che incorniciano valli punteggiate da canali,
boschi, vecchi fari e casette di pescatori nascoste da fitti canneti. Uno scenario
affascinante, che sfuma nei tanti colori dipinti dal riverbero del sole, che
abbraccia la laguna. Si tratta dell’area deltizia emiliano-romagnola del fiume più
lungo e importante d’Italia; un’area protetta di grande suggestione, inserita nel
Parco Regionale del Delta del Po. Un ambiente dalle atmosfere dolci dove è
possibile ammirare i fenicotteri rosa, gli aironi e il cervo delle dune, ma anche
centri storici incantevoli, scorci medioevali e interessanti opere di regimazione
idraulica, perché la storia di queste terre, racconta della continua lotta dell’uomo
contro le acque del fiume e del mare. Gli itinerari percorribili sono numerosi, il
Parco propone escursione organizzate con personale esperto, a piedi, in bici o
con imbarcazioni a motore o elettriche. Gli amanti della natura, gli appassionati
di pesca e di bird watching possono scegliere di visitare la Riserva Naturale
Foce del Po di Volano o di fare una gita in barca, verso l’entroterra, nelle Valli di
Comacchio con visita a due vecchie stazioni da pesca (Pegoraro e Serilla), per
ammirare le strutture, le attrezzature e gli arredi originali dei “casoni” di valle,
dove un tempo vivevano i pescatori. Impossibile non farsi sedurre dalla discesa
del fiume Po fino alla foce del suo delta e all’Isola dell’amore”, una lingua di
sabbia che divide la Sacca di Goro dal mare (per info e tratte Navi del Delta). La
sua spiaggia è stata inserita da Legambiente tra le tredici più belle in Italia.
L’isola si raggiunge via mare dalla cittadina di Goro, nota per l’allevamento
delle vongole, oppure attraverso un sentiero naturalistico che parte da Gorino,
piccolo abitato di pescatori poco distante. L’unica struttura esistente sull’isola è
il faro, una costruzione realizzata nel secondo dopoguerra, che ha sostituito la
“Lanterna Vecchia” che, alla fine dell’ottocento, si ergeva su quella che, allora,
era la foce del Po. Il nuovo faro di Goro ospita La Lanterna (tel. 0336363322),
un romantico ristorante che serve specialità di pesce, tra cui la tradizionale
anguilla e gli immancabili mitili. Poco lontano da Goro, sempre nel Parco del
Delta del Po, nella Valle di Porticino, su una piccola isola collegata alla terra
ferma da un ponte di legno, si rivela il Ristorante La Zanzara, un posto
veramente speciale, aperto anche di inverno quando le nebbie avvolgono l’ex
rifugio di valle e la sala della trattoria accoglie i visitatori nel tepore prodotto da
un grande camino. Il ristorante è a conduzione familiare, in cucina operano la
madre, il padre e un fratello; i piatti sono quelli legati alla tradizione e ai prodotti
del territorio, rivisitati in modo non convenzionale dal giovane Sauro, mentre vini
e liquori sono selezionati da Samuele, che li serve insieme alla storia di ogni
vino e del suo produttore. Non essendo particolarmente grande è consigliabile
la prenotazione.
Il centro più importante del Delta del Po è Comacchio, pittoresca cittadina di
origini antiche, sviluppata su tredici isolotti, che le conferiscono il tipico impianto
da città lagunare, strutturata su canali, ponti e vie strette e tortuose. Il simbolo
iconografico della cittadina è il celebre Trepponti, un ponte monumentale
costituito da cinque scalinate e cinque archi. Altri edifici storici di rilievo sono la
Cattedrale di San Cassiano, la Loggia del Grano e la Torre dell’Orologio. Da non
perdere il Portico dei Cappuccini (il più lungo di Italia), dal quale si accede
all’Antica Manifattura dei Marinati, perfettamente ristrutturata e tornata in
funzione, ha riavviato il ciclo della lavorazione dell’anguilla, uno dei prodotti più
rappresentativi del territorio. Nella fabbrica, che ospita anche il Museo
dell’Anguilla, è possibile soffermarsi nella Sala dei Fuochi, per vedere i dodici
camini che cuociono le anguille infilate su lunghi spiedi, prima di essere passate
nella Sala degli Aceti per la tradizionale marinatura. L’atmosfera di Comacchio,
soprattutto al tramonto, è straordinaria con le acque chete dei canali che
riflettono i contorni delle case che vi si affacciano e un cielo la cui lucentezza
ricorda che ci si trova a poca distanza dal mare. Le spiagge di Comacchio si
stendono su una strisca costiera di circa venticinque chilometri nel Parco del
Delta del Po; i Lidi di Comacchio sono sette, ognuno dei quali si differenzia per
aspetto, caratteristiche e servizi offerti. Il Lido di Volano è il più selvaggio e
meno sviluppato, adatto per chi ama la pesca e le lunghe passeggiate; i Lidi
degli Scacchi e di Pomposa sono ideali per le famiglie, con vaste aree verdi e
spiagge attrezzate; di sicuro interesse per il rapporto qualità prezzo il Bagno
Miami di Lido degli Scacchi. Negozi, pub e discoteche contraddistinguono il
Lido degli Estensi; tra gli altri il Barracuda, discoteca frequentata da
giovanissimi e il Klink, street bar con ristorante a base di carne e pesce,
condotto dagli stessi gestori del Barracuda. Immediatamente dopo Lido
Scacchi, si arriva a Lido Spina, molto frequentato dai surfisti per l’ottima
esposizione al vento. Porto Garibaldi, il più antico dei lidi ferraresi, è uno dei
centri pescherecci più importanti dell’alto adriatico e adatto, sia ad un turismo
giovanile, sia alle famiglie.
Nel territorio del delta del Po non mancano elementi di attrazione per quanto
concerne il patrimonio storico e architettonico. L’interesse dei principi estensi
per queste terre, è rappresentato dal Castello della Mesola, con cinta muraria,
torri e relativa riserva di caccia (oggi Bosco di Santa Giustina, oasi naturale
insieme al Gran Bosco della Mesola); la funzione principale della struttura era
probabilmente quella di difendere Torre Abate, una grandiosa infrastruttura
idraulica, capace di portare a mare le acque di scolo delle valli bonificate,
attraverso porte vinciane. Tra le architetture religiose, l’Abbazia di Pomposa si
staglia con il suo alto campanile nella piatta distesa del delta del Po; bellissimo
l’atrio decorato e arricchito di sculture e maioliche.
Presso questa antica abbazia benedettina fu inventato, nel medioevo, il
pentagramma.
La scelta migliore per un soggiorno nel delta del Po, avendo modo di
apprezzare, sia la natura incontaminata, sia il mare è l’Albergo Rurale
Cannevie, nella omonima oasi naturale, con un servizio ristorante di buon
livello, che valorizza in modo creativo i prodotti del territorio.
RAVENNA CITTÀ DEI MOSAICI
E’ un fascino particolare quello che emana Ravenna, costantemente in bilico
tra la sua vocazione di capitale imperiale e quella di cittadina di provincia,
volutamente appartata e distante, eppure così vicina alle mete turistiche e
mondane della riviera romagnola. Non tutti lo sanno, ma Ravenna è stata per
tre volte capitale di tre imperi e racchiude un patrimonio artistico e culturale che
attira visitatori da ogni parte del mondo. L’arte mirabile e antica del mosaico
trova qui una delle sue massime espressioni. I mosaici cittadini sono, da secoli,
fonte di ispirazione per pittori, scultori, musicisti e poeti. Ad eccezione del
Mausoleo di Teodorico, il percorso monumentale della cittadina, che si snoda
tra: la Basilica di S. Vitale, il Mausoleo di Galla Placidia, il Battistero Neoniano
(o degli Ortodossi), il Battistero degli Ariani, la Basilica di S. Apollinare Nuovo, la
Basilica di S. Apollinare in Classe e la Cappella Arcivescovile, dichiarato
patrimonio dell’umanità dall’UNESCO, è caratterizzato dalla presenza di
splendidi mosaici. Forgiata da un patrimonio storico e artistico così importante e
antico, ma proiettata verso il futuro, la cittadina ha saputo declinare anche in
chiave moderna la nobile arte del mosaico, fatta di pietra e di luce; al MAR
(Museo d’Arte Città di Ravenna), un ex convento con splendidi chiostri, è
conservata una deliziosa collezione di mosaici degli anni ’50 e ’60 e lo spazio
ospita importanti mostre di arte moderna e contemporanea. Bellissimi mosaici
moderni si possono vedere anche nell’insolito scenario rappresentato dal Parco
della Pace, un parco urbano fuori dal centro storico.
Da non perdere la Ardea Purpurea, una fontana realizzata da un mosaicista
ravennate e ubicata in piazza della Resistenza. Per una pausa di gusto durante
la visita del centro storico, si può pranzare Al Rustichello, via Maggiore, 21 –
tel. 0544 36043, che offre cucina casareccia di buona qualità, oppure al
rinnovato, storico Caffè Belli, via Angiporto Bellini, 9 – tel. 0544 217274, che
ospita spesso mostre di giovani artisti locali; la cena può essere, invece,
l’occasione per provare le atmosfere sofisticate del Ristorante Cinema
Alexander, in perfetto stile Liberty, con cucina tipica rivisitata, ma all’insegna del
rispetto delle tradizioni. Per l’aperitivo o il dopo cena, il locale da vedere è
sicuramente il Fellini Scalinocinque di piazza Kennedy. Chi decide di trascorre
nella capitale dei mosaici più di un giorno, può rendere l’esperienza
indimenticabile soggiornando al Bed & Breakfast Casa Masoli, una stupenda
dimora storica dei primi del 700, con prezzi, tutto sommato, non eccessivi.
FRIULI VENEZIA GIULIA
Ingredienti per la pasta:
• 400 g di farina bianca
• 300 g di burro
• 1 uovo
• 100 g di zucchero
• 1 bicchierino di grappa
Ingredienti per il ripieno:
• 2 uova
• 100 g di noci tritate
• 100 g di prugne secche
• 100 g di fichi secchi
• 50 g di canditi di cedro e arancia
• 75 g di uvetta
• 50 g di pinoli
• 50 g di burro
• F arina
• Scorza di 1 limone
• 1 cucchiaio di pane grattugiato
• 1 bicchierino di rum
GUBANA
Lavorare insieme in una ciotola l'uvetta (fatta rinvenire precedentemente in
acqua calda), i canditi, i fichi secchi spezzettati, la scorza di limone, il
pangrattato. Versare nella ciotola il tuorlo dell'uovo e l'albume montato a neve.
Il composto ottenuto va accartocciato in una sfoglia di pasta fino a formare un
rotolo.
Infornare, mettendo il tutto in un supporto di cottura e passando con un pennello
con un po' di tuorlo d'uovo e spolverando con lo zucchero.
La cottura, a forno caldo, durerà un'ora o poco meno.
L'involucro costoso della gubana anziché di sfoglia, può essere si pasta dolce
lievitata.
Preparazione
Ingredienti per 4 persone:
Al Vescovo, via Capoluogo 67, Pulfero (UD)
Pasticceria Cavallo di Udine (via del Vat 52, tel. 0432 43946)
Dorbolo Gubane Via Alpe Adria 81 33049 S. Pietro al Nat. (UD)
DOVE ASSAGGIARLA
CARATTERISTICHE ENOGASTRONOMICHE E PRODOTTI TIPICI
Regione affacciata sul mare e soggetta all'influenza dell'Austria e della
Mitteleuropa di lingua slava (la ricetta della Gubana ne è, tra le altre,
testimonianza), il Friuli-Venezia Giulia è una regione oltremodo avvincente dal
punto di vista gastronomico.
Anzitutto, dalle vigne friulane arrivano alcuni dei vini bianchi più buoni d'Italia: le
DOC di riferimento sono Collio, Colli Orientali del Friuli e Isonzo. Qualche acuto
viene anche dalla DOC più grande, Grave del Friuli, mentre le DOC meridionali
come Annia danno luogo a vini molto particolari, dal carattere salino molto
accentuato, a causa della presenza del mare. Impossibile poi dimenticare la
piccola, eroica produzione del Carso giuliano, con vitigni come la vitovska e la
malvasia istriana.
L'altra fonte di notorietà del Friuli nel mondo è il prosciutto. Il Prosciutto di San
Daniele è il prodotto di spicco dell'economia gastronomica regionale, e uno dei
vanti dell'Italia. Il paese di San Daniele del Friuli ha la caratteristica di un
microclima ideale per la stagionatura del prosciutto, e la tradizione, con aziende
della dimensione più disparata, si è mantenuta ancora oggi. Un altro prosciutto
friulano di tutto rispetto, seppure di produzione molto contenuta, è il prosciutto di
Sauris: nato nel paesino carnico in provincia di Udine, è sottoposto a un
processo di affumicatura (processo che coinvolge anche il salame e il cotechino
realizzati in loco). Della Venezia Giulia, e segnatamente di Trieste, è invece
famoso il prosciutto cotto, preso di peso dalla tradizione austro-ungarica
(ricordate il prosciutto di Praga?) e tuttora servito caldo nei localini della
merenda cittadina, i famosi buffet.
Un altro prodotto parecchio conosciuto è il formaggio Montasio, a pasta
semidura, che prende il nome dal massiccio montuoso omonimo ma è ormai
diffuso in tutta la regione. Stesso discorso per il Latteria, un grosso formaggio
dal sapore dolce, che un tempo si caseificava nelle latterie turnarie. Più raro e
peculiare è il Formadi Frant, un tempo ottenuto dai ritagli di forme di formaggi
imperfette, poi compattati insieme con l'aggiunta di panna: il tutto assume un
sapore piccante e pungente.
L’OGGETTO
Alambicco
La produzione di acquavite in Friuli Venezia Giulia viene ricordata già nel 1451,
quando alla morte del notaio Ser Enrico di Ser Everardo a Cividale del Friuli,
viene redatta una lista dei suoi beni. Tra questi figura anche “unum ferrum ad
faciendam aquavitem”, un alambicco che veniva utilizzato per la preparazione
della grappa.
La distillazione è una fase importante. Vengono utilizzati alambicchi a metodo
discontinuo, a vapore o a bagnomaria, che consentono la selezione delle partite
di vinaccia.
La grappa per i friulani, è come la Guiness per gli irlandesi o lo Champagne per
i francesi. E il loro genio non lo tengono pero' nella
Lampada...ma...nell'alambicco !
ITINERARI (IN) CONSUETI
La costa meridionale del Friuli è caratterizzata da grandi formazioni lagunari, in
cui ancora oggi si mantiene un paesaggio d'eccezione, con il valore aggiunto
della visita, nelle stagioni giuste, di stormi e stormi di uccelli acquatici.
Le riserve naturali della Laguna di Marano e delle foci del fiume Stella sono
ormai alquanto rinomate. Da Marano Lagunare è possibile organizzare belle
gite a bordo di una motonave che si insinua tra i canali e le barene, alla
scoperta dell'autentica natura lagunare. Se volete mangiare qualcosa, fermatevi
sempre a Marano, piccolo borgo di pescatori, che conserva un'interessante
torre campanaria molto antica. In paese, la Trattoria Vedova Raddi alla Laguna
è in realtà un elegante ristorante che si avvale della pesca della marineria
maranese, una delle più importanti dell'alto Adriatico.
All'estremità bassa della laguna c'è Lignano Sabbiadoro, arcinota località
turistica balneare, con ogni sorta di divertimento per grandi e piccini, e con un
ristorante marinaro, il Bidin, gestito dalla stessa famiglia da oltre quarant'anni.
Da Lignano partono crociere, ancora in motonave, per la visita della Laguna di
Grado e dei suoi casoni dei pescatori, un paesaggio unico al mondo. Sono
organizzati anche pellegrinaggi al santuario della Barbana, su un'isoletta della
laguna. Conviene concludere l'itinerario con una visita ad Aquileia, città
antichissima, che si fregia della magnifica Basilica Patriarcale, nonché di una
vasta area di rovine dell'epoca romana.
LE LAGUNE E LE OASI NATURALI
Assai suggestiva è la parte più orientale del Friuli, al confine con la Slovenia. A
Caporetto, territorio sloveno, avvenne la più celebre disfatta del nostro esercito,
nella Prima Guerra Mondiale. Oggi invece tornerete vittoriosi se vi fermerete
all'albergo ristorante Al Vescovo, a Pulfero, pochi chilometri da Caporetto:
cucina locale, con influssi sloveni. Altro posticino da visitare è San Pietro al
Natisone, con Giuditta Teresa, grande produttore di gubana friulana.
Dal punto di vista dell'arte, la città più interessante è Cividale del Friuli: già il
nome è illustrativo di un'origine molto antica, e ve ne convincerete dando
un'occhiata allo stupendo Duomo cinquecentesco, e al famoso Ponte del
Diavolo, purtroppo distrutto (e poi ricostruito) nel corso della Grande Guerra.
Proprio a Cividale, la famiglia del famoso Joe Bastianich, il ristoratore di Master
Chef, di origini friulane, ha un'azienda vitivinicola che rende onore ai vini bianchi
di questo territorio.
Se vi interessa rendere omaggio ai caduti della Grande Guerra, scendete
alcune decine di chilometri più a sud: a Redipuglia, c'è il Sacrario Militare, un
apparato gigantesco e scenografico che cerca di far memoria di tutti i soldati
morti di cui si abbia notizia. Per mangiare, ci si può spostare Ai Castellieri, nella
non lontana Monfalcone.
COLLI, VINI E GRANDE GUERRA
DA NON PERDERE
Castello di Muggia
Il Castello di Muggia, a picco sul mare, un colpo d'occhio ineguagliabile su una
stupenda terra di confine tra l'Italia e la Mitteleuropa.
EVENTI ENOGASTRONOMICI, SAGRE E FIERE
Ein prosit, evento di alta cucina e vini, a Malborghetto (UD), dal 14 al 17
novembre
Sagra de San Vio, festa del pesce, a Marano Lagunare (UD), seconda
settimana di giugno
Il Solstizio dei Gusti di prima estate, a Tarcento (UD), in giugno
Aria di festa, sagra del prosciutto, a San Daniele del Friuli, ultima settimana di
giugno
Gusti di frontiera, a Gorizia, ultima settimana di settembre
Festa della trota e del formaggio, Travesio (PN), ultimo weekend di luglio
Sagra da la bisate, sagra dell'anguilla, Rivignano (UD), ultimi tre weekend di
luglio
ALTRI EVENTI
Premio Sergio Amidei alla Migliore sceneggiatura cinematografica, a Gorizia,
in luglio
LAZIO
• 1 kg di maiale
• 2 coratelle di abbacchio comprensive del
cuore e del fegato
• 9 carciofi
• Vino bianco dei Castelli
• Mezzo litro di brodo
• Olio di oliva
• Mezzo limone
• Sale
• Pepe
CORATELLA DI ABBACCHIO CON CARCIOFI
Impastando la farina con i rossi delle uova, la sugna, lo zucchero, si potrà
ricavarne una bella pasta frolla, che dovrà essere approntata in precedenza.
Preparare poi un impasto, amalgamando la ricotta, lo zucchero, i tuorli d'uovo,
la cannella e l'acqua di fiori e aggiungendo le chiare montate.
Introdurre questa massa di buoni sapori in una teglia nella quale si sarà
adagiata la pasta frolla che dovrà ricoprire il tutto.
Prima di infornare, con un po' di pasta frolla si potrà formare in superficie due
nastrini incrociati, per decorazione.
Cuocere un'ora circa e imbiancare di zucchero a velo prima di servire.
Preparazione
Ingredienti per 4 persone:
Armando al Pantheon, Salita de' Crescenzi 31, Roma tel. 0668803034
DOVE ASSAGGIARLA
CARATTERISTICHE ENOGASTRONOMICHE E PRODOTTI TIPICI
Pare che la città di Rieti, nel Lazio, costituisca il centro esatto geografico
dell'Italia. E anche politicamente e culturalmente, il Lazio è una regione
centrale: il capoluogo di regione è Roma, la nostra capitale. In ogni caso, anche
le province laziali offrono al viaggiatore buone possibilità di assaggio.
Tutti conoscono la cucina romana: le paste all'amatriciana, alla carbonara, al
cacio e pepe e alla gricia sono tutte nate fuori Roma, ma tutte felicemente
adottate dalla gastronomia capitolina. Che poi si fregia di altre squisitezze quali
la coratella d'abbacchio che presentiamo, gli involtini al sugo, i saltimbocca, la
minestra di broccoli e arzilla (pesce razza) e altro. Gustosi anche i piatti del
viterbese e della Sabina.
Tra i prodotti, il più noto, il Pecorino Romano DOP, viene in realtà quasi tutto da
caseifici e allevamenti sardi: il nome non si rifà tanto all'Agro Romano, quanto
agli Antichi Romani, che pare ne avessero diritto come razione quando
andavano in guerra. In ogni caso, qualche produttore laziale di questo
formaggio sussiste ancora. Molto più raro e particolare è il Caciofiore della
campagna romana, che si chiama così perché realizzato con caglio vegetale di
cardo o di fiore di carciofo: ha un sapore pieno, allo stesso tempo acidulo e
piccante. Nella parte meridionale della regione, dalle parti di Fondi (Latina), è
tuttora radicata la produzione di Mozzarella di Bufala Campana DOP.
Tra i prodotti di carne, occorre citare la Porchetta di Ariccia IGP, che ha
ottenuto la denominazione europea proprio perché una delle più antiche: è un
maialetto sapientemente disossato e riempito di una mistura di spezie e aglio,
poi cotto al forno molto lentamente. Assai ricercata è la Salsiccia di Monte San
Biagio: nell'omonimo borgo in provincia di Latina, si è tramandata sino ad oggi
l'usanza di insaporire la carne di maiale col coriandolo fresco, facendo poi
saporite salsicce da stagionare.
Il prosciutto più famoso, viceversa, è quello di Bassiano: poco noto a livello
nazionale, questo prosciutto crudo in realtà ha una delicatezza di tutto rispetto.
Il mattino di Pasqua, la tipica “colazione” dei romani è però costituita da uova
sode e Corallina, un salame crudo a impasto molto fine, in cui spicca il grasso
bianco, tagliato a lardelli molto grossi. La Corallina ha una tradizione pure nella
non lontana Umbria.
Per quanto riguarda i vini, i Castelli Romani fanno la parte del leone con le loro
numerose denominazioni: la più blasonata è Frascati Superiore DOCG. Si
tratta, in ogni caso, di vini bianchi spensierati e leggeri. Più devota al vino
rosso è invece la parte sud della regione: vitigni come cesanese e nero buono
stanno dando risultati nient'affatto trascurabili, nelle mani di viticoltori sempre
più capaci.
L’OGGETTO
LA FORCHETTA TRIDENTATA DEI ROMANI
LA FORCHETTA TRIDENTATA DEI ROMANI DA CUCINA E DA VIAGGIO
La Forchetta, tridentata, seppur non comune, era usata dai Romani- ed e' la
prova inconfutabile di quanto poco alla fine conosciamo della tecnologia
romana. Si tratta di un oggetto altamente sofisticato in quanto estremamente
simile al coltellino svizzero da sopravvivenza.
Al Metropolitan Museum of Art of New York e' conservato questo esemplare a
doppio uso con la forchetta tridentata da viaggio, molto più evoluto data la
caratteristica di strumento ripieghevole, testimonianza tangibile di quanto i
romani fossero evoluti nell'utilizzo di queste tipologie di utensili.
Oggetto Lazio
ITINERARI (IN) CONSUETI
Proponiamo per Roma, che non necessita di presentazioni, un itinerario
squisitamente gastronomico. Questo, per evitare le trappole per turisti di facile
contentatura, e i ristoranti specializzati nel furto con destrezza, magari con conti
truccati e percentuali di servizio astronomiche aggiunte alla chetichella.
Nel pieno centro storico, conviene non farsi fregare. Accanto al Pantheon, fate
visita ad Armando al Pantheon: ossia, il posto dov'è possibile assaggiare la
coratella d'abbacchio da noi proposta tra le ricette da salvare. Prenotate
sempre: il localino della famiglia Gargioli è preso d'assalto dai cultori della vera
cucina romana. Gricia, carbonara, amatriciana, la pasta e ceci del venerdì, la
coratella, il baccalà: qui tutto è buonissimo e ambitissimo. E il conto non toglie il
fiato.
Bassa anche la spesa alla Trattoria Bassetti, più nota come “Da Tonino”, a via
del Governo Vecchio, a pochi passi da Santa Maria della Pace, zona dove i
furbi prosperano. In un ambiente rustico e dimesso, avrete pasta e broccoli,
mezze maniche alla gricia (in porzioni mostruose), morbidissime polpettine al
sugo, con un prezzo quasi amichevole (non accettano le carte di credito).
Carbonara eccellente e baccalà alla romana da primo premio al Grappolo d'Oro
Zampanò, una simpatica osteria moderna vicino a Campo de' Fiori, dove starete
bene. Eccellente trippa alla romana, e (al giovedì) stupefacenti gnocchi alla
sentimentale, nostalgica Trattoria Lilli, vicino al Tevere, un localino tutto al
femminile che propone poche e scelte specialità.
E a Trastevere? Da Teo, a piazza Ponziani: spazi angusti, tanta simpatia, una
carbonara che invoglia a tornare. Ora siete vaccinati dalle fregature.
ROMA, MANGIARE SENZA FARSI SPENNARE
Pochi se ne ricordano, ma la città di Rieti, capoluogo del comprensorio della
Sabina, è ritenuta l'esatto centro geografico dell'Italia. La Sabina è una località
molto verde, e piena di attrattive turistiche e gastronomiche. La stessa Rieti,
tranquilla e appartata, ha monumenti degni di una visita. La cattedrale, per
esempio, caratterizzata da un bel campanile quadrato. Oppure la chiesa di San
Rufo, che contiene un dipinto un tempo attribuito al Caravaggio. Interessanti
anche i numerosi resti romani, tra cui quelli di un ponte del III secolo. C'è
addirittura l'opportunità di compiere visite turistiche ai sotterranei cittadini
d'interesse archeologico. Per mangiare, è consigliabile la Trattoria Tito, vicino a
san Rufo.
Da Rieti si può salire facilmente al monte Terminillo, uno dei più classici luoghi
di ritrovo dei romani appassionati di sci, e, d'estate, paradiso degli escursionisti.
In zona, a Città Ducale, si trova una delle migliori macellerie della Regione:
quella di Ennio Pasquini, aperta tutto l'anno.
Per una visita “culturale”, muovetevi verso l'autostrada A1 e scendete a
Magliano Sabina, per visitare il Museo Civico: lì sono allineati tutta una serie di
manufatti datati dal Neolitico in giù, e tutti rinvenuti in Sabina.
Per mangiare, proprio a Magliano, fate riferimento al Ristorante degli Angeli,
dalla magnifica vista e dalla soddisfacente cucina sabina.
LA SABINA, IL CENTRO D'ITALIA
DA NON PERDERE
Scavi di Ostia Antica
La civiltà degli antichi romani a due passi dalla più popolare stazione balneare
dei romani moderni.
EVENTI ENOGASTRONOMICI, SAGRE E FIERE
Culinaria – Il gusto dell'Identità, Roma, in marzo
Vinòforum, Roma, in giugno
Sagra delle fettuccine, Grotta Santo Stefano (VT), secondo weekend di
giugno
Sagra degli gnocchi a coda de soreca, Valmontone (RM), secondo weekend
di giugno
Sagra del pesce, Fiumicino (RM), secondo weekend di giugno
Sagra della ricotta, Capranica Prenestina (RM), seconda domenica di giugno
Mangialonga - Camminenno e magnenno, Rocca di Papa (RM), penultima
domenica di giugno
Sagra gnoccacci e pecora, Rocca di Cave (RM), penultima domenica di
giugno
Sagra della Frittella, Fondi (LT), ultimo weekend di giugno
Sagra della porchetta, Vallerano (VT), ultimo weekend di agosto
Sagra del cinghiale, Allumiere (RM), primo weekend di luglio
Mercato Campagna Amica al Circo Massimo, Roma, tutti i sabati e le
domeniche
Vino in festa, Paliano (FR), primo weekend di luglio
ALTRI EVENTI
Festival del cinema di Roma, Roma, 8-17 novembre 2013
LIGURIA
• 250 g di fagioli bianchi cannellini secchi
• 250 g di ceci secchi
• 100 g di grano farro
• Un pizzico di bicarbonato
• Olio d’oliva
• Sale
• Pepe
MESCIUA
Mettere a bagno per 48 ore il grano; per i fagioli e i ceci, ai quali va aggiunto un
po’ di bicarbonato, basteranno 24 ore.
Togliere i cereali dall’acqua, sciacquarli bene e metterli nella pentola a
pressione con acqua poco più di quanta ne occorrerà a cottura ultimata (due litri
scarsi). Chiudere accuratamente la pentola, controllare la valvola, accendere il
fuoco e appena si sente il sibilo del vapore regolare la fiamma al minimo e
lasciare cuocere per un’ora.
Aprire la pentola, controllare la cottura e salare. Se necessario cuocere ancora
per qualche minuto a pentola aperta.
Servire con olio e pepe.
Preparazione
Ingredienti per 4 persone:
La Mesciua oppure Mesciüa, mes-ciüa, mescciûa o mesciùa è un piatto tipico
della cucina spezzina e non è difficile indovinare, anche solo per semplice
assonanza, che si tratta di una “mescolanza” di alimenti; nello specifico, è una
zuppa composta da legumi (fagioli cannellini o ceci) e cerali (grano o farro). Si
dice che sia stato inventato in un giorno “di magra”, in cui non cerano
abbastanza fagioli per fare una fagiolata, ne abbastanza grano per fare il pane.
Nella tradizione popolare, si racconta anche che sia nata dall’abitudine, in uso
tra le mogli dei portuali, di mischiare i legumi che cadevano dai sacchi, durante
le operazioni di scarico delle navi. La Mesciua rientra senz’altro tra i tanti piatti
così detti “poveri”, che esaltano i sapori e innalzano la qualità della cucina
italiana. In Liguria viene proposto in moltissime trattorie e nei mercati si
possono acquistare mix di legumi già preparati per la preparazione della zuppa.
CENNI SULL’ORIGINE DEL PIATTO
Osteria All’Inferno dal 1905, via Lorenzo Costa La Spezia
DOVE ASSAGGIARLA
CARATTERISTICHE ENOGASTRONOMICHE E PRODOTTI TIPICI
E’ sufficiente osservare la conformazione geografica della Liguria per
comprendere che mare e montagna sono le due anime che contraddistinguono
il territorio e che hanno fortemente influenzato le caratteristiche
enogastronomiche regionali. Costretto tra vette aspre e sassose, ripide valli, i
boschi e il mare, il territorio ligure è praticamente privo di larghi spazi
pianeggianti,
non è quindi praticabile l’attività di allevamento, tanto è vero che la carne bovina
è molto poco presente nella tradizione culinaria locale. Tale peculiarità trova
riscontro se si considera che, anche nella Cima alla genovese, conosciutissimo
piatto “di terra” della tradizione, la presenza di carne è, in realtà, limitata al solo
involucro che contiene per lo più verdure, formaggi e pinoli.
Grazie alla loro perseveranza e ad un tenace lavoro sopportato per secoli, gli
abitanti della Liguria sono riusciti a rendere fertili terreni, strappati in prossimità
della costa, da cui ricavano una grande varietà di verdure ed erbe aromatiche:
biete, borragine, rosmarino, timo, maggiorana e il profumatissimo basilico ligure,
con cui si prepara il rinomatissimo pesto.
Verdure e aromi personalizzano alla perfezione minestre, zuppe e torte salate,
tra cui la ben nota Torta Pasqualina. Nella gastronomia ligure sono molto
presenti anche le focacce, solitamente insaporite con erbe, verdure e formaggi,
o semplicemente con l’olio extravergine di oliva, che ha ricevuto il
riconoscimento DOP (Denominazione di Origine Protetta) dall’unione Europea,
come “Olio Extravergine di Oliva Riviera Ligure” e rappresenta uno dei fiori
all’occhiello della regione. Nella storia legata alla tradizione gastronomica della
Liguria si inserisce anche la contesa di Genova con Napoli per la primogenitura
della pasta. Nel porto di Genova giungevano infatti le navi cariche di grani duri
importati dalla Crimea; sono numerosissimi i formati di pasta, nati nella regione,
tra cui: le trofie, i corzetti e i pansoti.
Lo stretto legame con il mare garantisce un pescato ricco, con prevalenza di
pesce azzurro, ma anche di pesci di scoglio e crostacei, che suggeriscono la
preparazione di ricette tipiche come il Ciuppin, zuppa di pesce fatta con i
pesciolini avanzati al mercato e il Cappon Magro, delizioso piatto, in cui il
connubio tra i frutti del mare (pesci e crostacei) e quelli della terra (verdure) è
meravigliosamente celebrato. Nonostante non sia di provenienza locale, ma il
ruolo storico della città di Genova nell’ambito del commercio, ne giustifica la
presenza e l’utilizzo, anche il merluzzo è impiegato per la preparazione di un
altro piatto tipico della tradizione popolare: la Buridda.
La coltivazione della vite sulle terrazze a picco sul mare, favorita dal clima mite,
consente di produrre ottimi vini. Molto noti quelli provenienti dalle Cinque Terre,
tra cui ricordiamo lo schiachettrà e il cinque terre doc.
L’OGGETTO
Il Mortaio
Il mortaio è un recipiente cavo, dotato di pestello e realizzato con materiali
diversi: marmo, legno o bronzo. In cucina è utilizzato per pestare, sminuzzare
e amalgamare ingredienti diversi. Nella tradizione gastronomica ligure è
l’utensile indispensabile per fare il celebratissimo pesto, per il quale si utilizza
appunto un pestello di legno e una mortaio realizzato in marmo di Carrara.
In ogni caso, l’uso di mortaio e pestello è diffuso anche tra i barman, per la
preparazione di cocktail che prevedono l’impiego di frutti succosi.
DA NON PERDERE
Boccadasse
Un antico borgo marinaro della città di Genova rimasto quasi intatto. E’ la meta
privilegiata della passeggiata domenicale dei genovesi. Utilizzato come location
per numerosi matrimoni è un posto quasi irreale, ideale per una passeggiata
romantica; Imperdibile.
ITINERARI (IN) CONSUETI
Sospesa tra i monti e il mare, la Liguria è una terra meravigliosa che scopre le
sue innumerevoli bellezze in ogni stagione. Il mare incantevole che lambisce
vecchi borghi marinari e che si illumina al tramonto del riflesso dei colori tenuti
delle facciate, è stato celebrato da grandi poeti, come Byron e Shelley. Non
occorre soffermarsi a descrivere la bellezza della Cinque Terre, del Golfo del
Tigullio, o di quello dei Poeti. Località come Portofino, Porto Venere, Santa
Margherita e Camogli, sono già da molto tempo mete d’elite e d’eccezione.
Anche l’entroterra sorprende, nascondendo deliziosi borghi medievali quasi
intatti, dove è possibile rivivere storia e tradizioni popolari del nostro paese.
L’area del Porto Antico è rappresentata da una parte del porto di Genova
restituita alla città, attraverso un intervento architettonico importante, realizzato
da Renzo Piano, che ha disegnato il nuovo “waterfront” della Genova del terzo
millennio. La superficie che un tempo era il cuore dell’attività portuale, oggi è
adibita a spazio abitativo, centro culturale, turistico e di servizi.
Nell’ambito del quartiere vi sono numerosi edifici di carattere artistico e
culturale:
IL PORTO ANTICO DI GENOVA
I magazzini del Cotone, edificati all’inizio del 900 e adibiti a magazzini generali,
che oggi ospitano un importante centro congressi, il cinema multisala “Porto
Antico” e gallerie commerciali con negozi, bar e ristoranti. Al piano superiore il
progetto relativo alla “citta dei ragazzi” . In fondo ai magazzini, in testata di
molo, nello spazio denominato “Arena del Mare” è allestito un teatro sull’acqua
che è la sede della rassegna “Porto Antico Estate Spettacolo” (musica, teatro e
danza) L’edifico Millo, realizzato a fine 800, in cui è ubicato il Museo
dell’Antartide e il punto vendita Eatitaly di Genova.
L’Area del Porto Antico è delimitata a ovest dalla darsena, con i bacini di
carenaggio, le barche dei pescatori e il sommergibile museo Nazario Sauro.
Sempre nell’ambito degli spazi di pertinenza del Porto Antico di Genova, sul
ponte Spinola, si trova l’Acquario di Genova. Il Porto Antico di Genova è un
caleidoscopio di servizi culturali, commerciali e ricreativi, un luogo di eccellenza
in Italia che vale la pena di visitare.
Immediatamente fuori dall’area di specifica pertinenza del Porto Antico,
Genova, è pronta ad accogliervi con i suoi portali rinascimentali, le bellissime
dimore patrizie e i vecchi “caruggi”, in cui è possibile ammirare oltre cinquecento
Madonnette che, strette agli angoli delle vie, scolpite in marmo o in pietra,
dipinte su legno o affrescate direttamente sui muri, raccontano con le loro
epigrafi la storia della città. Proprio nei vecchi “caruggi”, nella caratteristica
piazzetta dei Truogoli di Santa Brigida, detta anche piazzetta “delle Lavandaie”,
si trova il ristorante 2 Truogoli, dove è possibile gustare piatti tipici della
tradizione genovese, preparati con cura ed ingredienti genuini.
MULINI AD ACQUA E FRANTOI NELL’ENTROTERRA LIGURE DI PONENTE
Gli estimatori dell’olio extravergine di oliva, non possono certamente farsi
mancare una gita nella provincia di Imperia, dove è possibile visitare gli antichi
frantoi e i mulini che, grazie alla forza dell’acqua, fornivano l’energia per
muovere le pesanti macine di pietra, che spremevano le olive. Nella zona del
torrente, tra Pietrabruna e San Lorenzo al mare, erano presenti in passato,
diversi frantoi alimentati ad acqua, molti dei quali sono oggi solo dei ruderi. E’
però vero che, visitando il frantoio della famiglia Amoretti (località Molino di
Bodo, 2), oggi trasformato in una struttura produttiva moderna con macine a
motore, è possibile vedere ancora la vecchia ruota del mulino sull’acqua e
immaginare il lento processo impiegato un tempo, per produrre il pregiato
liquido verde.
Ritornando verso San Lorenzo al Mare, passando per Imperia , dove è
consigliabile sostare per una visita al museo dell’olivo, realizzato dai fratelli
Carli, si può proseguire in direzione Pieve di Teco per poi raggiungere la località
Ponti, nel Comune di Pornassio. Sono più di quaranta kilometri, ma ne vale la
pena, perché una volta arrivati, ci si trova di fronte ad un passeggio pittoresco e
molto suggestivo: vecchie case di pietra, attaccate le une alle altre, con le
grandi ruote di legno che sporgono e si affacciano sul torrente. Ponti è un
antico insediamento commerciale fondato intorno al 1200, un tempo vi
convergevano i carichi di grano e di olive destinati alle macine e ai torchi. I
mulini di Ponti sono fermi da anni, ma il paesaggio è veramente unico ed è
ancora possibile osservare il complesso sistema dei canali sospesi, che
trasportavano l’acqua sulle ruote dei mulini.
Moti degli antichi frantoi e dei mulini dell’entroterra ligure, sono stati
trasformati in abitazioni di prestigio e in oleifici moderni che, molto spesso,
uniscono a quella produttiva, attività legate alla ricezione e alla ristorazione. In
val Nervia, non lontano dal mare e dal Comune di Dolceacqua, c’è un antico
borgo montano, arroccato su un monte e protetto da una cinta muraria
fortificata. Si tratta di Isolabona e qui la famiglia Grillo ha ristrutturato, grazie alla
maestria di abili artigiani della pietra, un vecchio mulino ricreando uno scorcio
dell’antico paese, con la riproduzione di un frantoio e di tre tipi di piazze.
L’Antico Frantoio è un luogo dove è possibile gustare prodotti genuini e
prendere un aperitivo accompagnato da ottimo cibo e buon vino, in uno spazio
unico nel suo genere.
L’ISOLA DI BERGEGGI E L’ESPERIENZA MULTISENSORIALE DEL RISTORANTE “DA
CLAUDIO”
In provincia di Savona, abbarbicato a 1100 metri di altezza e ricamato da una
moltitudine di viottoli e sentieri, che salgono o che scendono al mare, si trova il
borgo di Bergeggi . Immerso in un paesaggio senza pari, il borgo antico è
allocato alle pendici del monte Sant’Elia, ma seguendo un pittoresco percorso
che scende verso il mare, in prossimità della zona litoranea, ci si imbatte nella
moderna vivacità di Torre del Mare, scalo sulla costa di Bergeggi. Il contesto
naturale, che comprende il paese, il tratto di costa, l’isola prospiciente, la grotta
marina e la sughereta, fanno parte della riserva naturale e area marina protetta,
denominata Isola di Bergeggi. In questo scorcio suggestivo e incontaminato,
incastonato tra le rocce, si staglia il Ristorante da Claudio (all’interno
dell’omonimo hotel), che offre su una terrazza con splendida vista sul mare,
piatti di pesce e crostacei freschissimi, ispirati dalla tradizione locale, rivisitati
con grande creatività. Una vera e propria esperienza multisensoriale da non
farsi mancare.
CHIAVARI I PORTICI GOTICI, IL PORTO TURISTICO E GLI ARAZZI DI LORSICA, I
CANTIERI NAVALI DI LAVAGNA
Chiavari è una delle più belle e vivaci cittadine della riviera ligure di Levante.
Giustiniani, antico storico genovese, la descriveva così: “E le strade e le case
eran piene di ogni civiltà, cinta da quattro torri con vie tutte silicate, e fregi e
forme eran in pura pietra di lavagna”. I lunghi portici gotici, con portali decorati in
ardesia, logge e bifore, e i bei palazzi quattrocenteschi rendono le strade del
centro storico cittadino di notevole interesse per il visitatore attento ai particolari.
Stupendi i negozi in stile Liberty con vetrine in legno e vetro intarsiato, tra cui lo
storico e rinomato caffè Defilla, che accoglie indigeni e visitatori dai primi del
novecento. Un altro locale storico della cittadina è Luchin Osteria con cucina
dal 1907, un “must” per gli appassionati della cucina tipica genovese, in
particolare della farinata. La cittadina di Chiavari è anche conosciuta per la
produzione artigianale della “chiavarina”, una tipica sedia in legno, che ha
ispirato l’architetto e designer Giò Ponti nella progettazione della celebre
“Superleggera”, prodotta da Cassina nel 1955.
Chiavari è anche un importante centro nautico del Tigullio, il suo porto turistico
internazionale, perfettamente integrato nel contesto paesaggistico, è in grado di
accogliere oltre cinquecento imbarcazioni ed è una base diportistica ambita,
per la sua vicinanza alle mete privilegiate del turismo nautico: Cinque Terre,
Portofino e Santa Margherita, nonché alle mete più frequentate in Costa
Azzurra, Corsica, Sardegna e Toscana. Attualmente sono in svolgimento i lavori
di ampliamento del porto (calata ovest) con la realizzazione di ulteriori
centocinquanta posti per soddisfare la crescente richiesta.
La tradizione racconta che in Liguria, mentre gli uomini erano in mare impegnati
nella pesca del corallo, attività che già del 1200 aveva portato i liguri sulle
coste di Africa, Corsica e Sardegna, le donne si dedicavano al ricamo e alla
tessitura; Genova, tra il duecento e il quattrocento, aveva oltre quindicimila telai.
I famosi velluti rappresentavano già allora il vero artigianato a livello quasi
industriale. Ancora oggi, a Lorsica, un piccolo paese nella valle Fontanabuona
(zona tipica anche per la lavorazione dell’ardesia), a non molti chilometri da
Chiavari risalendo la vallata nell’entroterra, resiste una famiglia che si dedica
alla realizzazione artigianale delle sete damascate e mantiene la tradizione
utilizzando telai dei primi del novecento. I curiosi, gli appassionati di mestieri, o
di tessuti preziosi, a Lorsica possono anche visitare il museo dei damaschi.
Partendo da Chiavari e procedendo in direzione Sestri Levante, dopo qualche
chilometro, si raggiunge Lavagna, un’altra cittadina del levante ligure, abitata
già in epoca romana e conosciuta ovunque per la spiaggia (la più lunga della
riviera di Levante) e i cantieri navali. Hanno infatti sede qui alcuni dei più
importanti cantieri navali liguri, vanto e storia dell’industria italiana nel mondo.
Nascono a Lavagna barche favolose, lussuose ville galleggianti, costruite con
materiali pregiati e arredate con mobili appositamente costruiti. La visita ai
cantieri è una esperienza interessante per conoscere la cura, la tecnologia e
l’attenzione per il dettaglio con cui vengono costruite queste imbarcazioni. Se è
pur vero che si tratta di cantieri navali moderni, che utilizzano tecnologie
all’avanguardia e attrezzature di ultima generazione, i concetti di un’antica
esperienza artigianale restano nel tempo ancora immutati.
LERICI E IL MONASTERO CARMELITANO DI BOCCA DI MAGRA
Il castello di Lerici che domina dall’alto il meraviglioso Golfo dei Poeti, le case
colorate affacciate sul porto, così come la vicina Tellaro con le strade parallele
che scendono fino alla vecchia chiesa romanica, costruita sugli scogli,
rappresentano scorci suggestivi e affascinanti, anche se molto conosciuti e
spesso poco godibili, soprattutto nella stagione turistica (per gli estimatori della
buona cucina, una sosta all’Osteria La Caletta di Tellaro, è imperdibile).
Proseguendo, però, verso Monte Marcello e scendendo verso la punta di Bocca
di Magra, si può assistere allo spettacolo irripetibile che fiume, mare e
montagne dipingono in un quadro di rara bellezza; proprio dove il fiume Magra
si incontra con il mare. Oltre, si trova l’antichissima città di Luni (oggi
Ortonovo) e la splendida cornice delle Alpi Apune che dominano il territorio della
Lunigiana. Nelle vicinanze, in località Santa Croce del Cervo, sorge un’ antico
monastero carmelitano; dalla cappella si può salire fino al parco tra lecci, pini
cedri e ulivi, per arrivare sul terrazzo, dove lo sguardo può spingersi fino al
mare. Un luogo prezioso per chi cerca quella pace interiore che solo il contatto
con la bellezza della natura è capace di regalare.
EVENTI ENOGASTRONOMICI, SAGRE E FIERE
Oltre a CIBIO, il salone dell’alimentazione di qualità e biologica, che si svolge
presso il porto antico di Genova e che ha già visto numerose edizioni, i Comuni,
le Pro loco e la Provincia della Regione Liguria organizzano annualmente
numerosissimi eventi enogastronomici, al fine di valorizzare e promuovere i
prodotti tipici regionali.
Di seguito, segnaliamo i più rappresentativi:
La sagra del pesto, a Savignone (GE) nel mese di giugno;
La sagra delle trofie, a Sori (GE) nel mese di giugno;
La sagra dei pansoti, a Bogliasco (GE) nel mese di luglio;
La sagra della focaccia di Recco, a Recco (GE), nel mese di maggio;
La Sagra della farinata DOP, a Pegli (GE) nel mese di marzo;
La sagra della sardina, a Sestri Levante (GE) nel mese di agosto;
La sagra del Pignurin, a Ospedaletti (IM) nel mese di agosto;
La sagra del pesce, a Camogli (GE) nel mese di maggio;
La sagra dello stoccafisso, a Badalucco (IM) nel mese di settembre;
La sagra del bagnun, Riva Trigoso (GE) nel mese di luglio;
La festa dell’oliva Taggiasca, Perinaldo (IM) nel mese di dicembre;
Olioliva festa dell’olio nuovo a Imperia nel mese di novembre.
LOMBARDIA
LOMBARDIA – CASSOEULA
Ingredienti:
1 kg di maiale
400 g di luganega
3-4 cotenne fresche
1 piedino
4-6 verzini (salamini di verza)
1,5 kg di verza
Sedano
Patate
Carote
1 cipolla
25 g di olio d’oliva
50 g di burro
Vino bianco secco
Brodo
Salsa di pomodoro
Sale
Pepe
.
CASSOUELA
Ingredienti per 4 persone:
Preparazione
Bollire lungamente il piedino e le cotenne, per sgrassarli. Far tostare in una
casseruola mezzo etto di burro (non margarina) con un po’ di cipolla.
Aggiungere le cotiche, il piedino e una discreta quantità di coste di maiale. Far
tostare il tutto e quindi aggiungervi un mezzo pomodoro tritato con una piccola
dose di patate tagliate a fatte e di sedano.
Dopo qualche minuto di rosolatura, aggiungervi acqua calda, abbastanza da
coprire tutto quanto è stato messo nella casseruola. Aggiungere quattro o
cinque o sei salamini appositi, detti appunto di verzata. Far cuocere quindi per
quasi due ore; aggiungervi verze ben lavate, in abbondanza, e lasciar cuocere
per un’altra mezzora.
CENNI SULL’ORIGINE DEL PIATTO
La Cassoeula, altrimenti casoeula, cassouela, casoela, cassuola o cazzuola
(diminutivo di cazza, tegame) deve, appunto, il suo nome alla casseruola
utilizzata per cucinarla. La stessa pietanza viene anche definita bottaggio,
mutuato dal francese “potage”, minestra e “pot”, pignatta. La preparazione,
così come la conosciamo oggi, risale ai primi del novecento, ma esistono
varianti ben più antiche e di controversa origine. La leggenda popolare
racconta che, al tempo della dominazione spagnola, un ufficiale dell’esercito
occupante, abbia insegnato alla sua amante, la cuoca di una nobile famiglia di
Milano, una ricetta a base di carne di maiale e verze, che riscosse un enorme
successo. Le versioni più verosimili e accreditate sono, però, altre.
Con tutta probabilità le origini della pietanza erano legate alla festività di San
Antonio, il 17 gennaio, che coincideva con la conclusione del periodo di
macellazione dei maiali. E’ dunque prevedibile che la grande disponibilità di
carne suina, abbia incentivato la preparazione di piatti che ne
considerassero l’impiego. E’ altresì plausibile, la versione che sostiene che
la cassoeula derivi da una ricetta barocca che, in origine, presupponeva
l’utilizzo di diversi tipi di carne, tra cui il maiale, e che le condizioni
economiche del popolo, per lo più composto da contadini, l’abbiano
trasformata, adattandola alle proprie necessità, prevedendo l’utilizzo
esclusivo del maiale e, peraltro, delle parti meno pregiate (cotenna, piedini,
testa e costine), più facilmente disponibili per le classi sociali meno abbienti.
Come ogni ricetta tradizionale, la preparazione varia di zona in zona:
in provincia di Como, ad esempio, non si usano i piedini, ma solo la testa del
maiale e si aggiunge un bicchiere di vino, mentre nel pavese si usano
esclusivamente le costine; nella zona ovest di Milano, dalla Lomellina, fino al
Varesotto, la pietanza si chiama rago e si prepara con la carne d’oca. In alcune
versioni moderne è stato aggiunto il pomodoro, sicuramente non previsto nel
procedimento originale ed è stato abolito l’impiego del burro, sostituendolo con
l’olio di oliva; questo non rende certamente meno sostanzioso un piatto
tipicamente invernale e sicuramente molto calorico.
DOVE ASSAGGIARLA
Al Matarel, in corso Garibaldi, 75 a Milano - tel. (02) 654204, storica trattoria
meneghina, con piatti tipici milanesi e lombardi.
CARATTERISTICHE ENOGASTRONOMICHE E PRODOTTI TIPICI
Le vicende storiche della Lombardia, hanno visto per lungo tempo una netta
divisione tra le diverse città che, di volta in volta, cadevano sotto il dominio delle
potenze confinanti, subendone inevitabilmente l’influenza, anche per quanto
concerne la tradizione culinaria. E’, pertanto, impossibile parlare di un’unica
tradizione gastronomica lombarda, piuttosto di preparazioni tipiche diverse, che
trovano una propria collocazione nell’ambito delle numerose provincie e città
lombarde. Certo, esistono denominatori comuni, per lo più determinati dai tanti
prodotti che caratterizzano un territorio particolarmente fertile e vario, ricchissimo
di corsi d’acqua. La regione è collocata al centro della più grande pianura
italiana, dove è diffusa la coltivazione di cereali, tra cui il riso, largamente
impiegato nella cucina tradizionale. A Milano si preparano il Risotto alla
Milanese, con il midollo di bue e lo zafferano e il Risotto al Salto, il risotto alla
milanese avanzato, diviso in tortini e ripassato in padella, un tempo protagonista
indiscusso delle cene del dopo teatro a Milano. Tipico della zona del pavese è il
Risotto alla Certosina, con gamberi, funghi e piselli, ma anche il Risotto con le
Rane, offerto un po’ ovunque nelle zone risicole della Lomellina, dove le rane,
soprattutto fritte, sono spesso protagoniste anche dei secondi piatti.
A Bergamo si usa il cuore di vitello per l’elaborazione del Vitello alla
Bergamasca. Vastissima la produzione di formaggi a pasta molle e stagionatura
breve, come stracchino, crescenza e mascarpone, oggi per lo più prodotti a livello
industriale, anche se non mancano eccellenze territoriali frutto di tradizioni locali e
lavorazioni artigianali, come il Pannerone di Lodi. Rinomatissimi anche il
Gorgonzola, prodotto nell’area milanese e nel pavese, il Bitto, formaggio storico
della Valtellina e il Valtellina Casera, impiegato per la preparazione dei famosi
Pizzoccheri della Valtellina. il Taleggio, il Branzi e l’Agrì di Valtorta sono
squisitezze delle alte valli bergamasche, così come lo Stracchino all’Antica. Nella
provincia di Brescia l’eccellenza nella produzione casearia si individua nel Bagòss
di Bagolino e nel Fatulì della Val Saviore, a base di latte di capra. Vanto della
omonima valle è invece la Robiola della Valsassina.
Nel lodigiano, invece, si prepara il Risotto alla Contadina, con fagioli, pomodori,
cotenna di maiale e salsiccia . A Brescia, il riso si usa per preparare il Riso alla
Pitocca (alla povera), detto anche minestra sporca, che prevede l’utilizzo di pollo
e fegatini, mentre nel mantovano i preziosi chicchi troneggiano in almeno tre
ricette tipiche: il Riso con i Trigoli, piante acquatiche perenni, chiamate anche
castagne d’acqua, il Risotto col Puntel (con costine di maiale con l’osso) e il
Risotto con la Zucca.
Il Grana Padano è prodotto praticamente in tutte le provincie lombarde e
proprio nei territori della bassa Lombardia, nell’area compresa tra i fiumi
Adda e Mincio, ha avuto origine, nel lontano medioevo, a cura dei monaci
cistercensi dell’Abbazia di Chiaravalle. Il consumo di formaggio nella regione
è spesso abbinato a quello della polenta, un altro elemento caratterizzante
della cucina tradizionale del nord Italia, protagonista di piatti tipici, diffusi un
po’ in tutte le provincie lombarde. Assolutamente da provare la Polenta
Contadina, una ricetta a base di polenta, pasta di salame, formaggio locale,
panna e spinaci, che ha permesso al Ristorante La Trota di Laxolo, frazione
di Brembilla, piccolo paese della Valle Brembilla, non lontano da San
Pellegrino Terme, di raggiungere una certa notorietà. Nelle valli bresciane e
bergamasche e, soprattutto, in Valtellina è tipica la Polenta Taragna, fatta con farina di mais, farina di grano saraceno e formaggio.
Nella Pianura Padana sono numerose le coltivazioni di frutta, ortaggi e foraggio,
che ha certamente incentivato l’allevamento bovino e una ricca produzione di
latte e derivati, primo fra tutti il burro, che resta l’elemento distintivo tra la cucina
del nord e quella del sud Italia. La carne bovina, in particolare il vitello, è
protagonista di piatti tipici milanesi, come gli Ossi Buchi, il Vitello Tonnato e la
celebratissima Cotoletta alla Milanese; le frattaglie di bovino sono invece
l’ingrediente fondamentale della Trippa alla Milanese, in dialetto “Busecca”,
piatto storico, dalle umili origini, che i contadini solevano preparare la notte di
Natale e durante le fiere e i mercati del bestiame.
La tradizione gastronomica regionale privilegia cotture lente, per questo
motivo, stracotti e stufati sono largamente diffusi un po’ in tutte le provincie.
Celebratissimo lo Stracotto d’Asino, cucinato nella zona di Bergamo, ma
soprattutto a Mantova, dove l’influenza della fastosa corte rinascimentale dei
Gonzaga, si ritrova anche nel gusto per le spezie e per i sapori agrodolci,
basta pensare alla Mostarda, ai Gnocchi e ai Tortelli di Zucca, spesso serviti
in un inedito accostamento con il cioccolato. La pasta ripiena trionfa un po’
in tutta la regione; i “Casonsei” (casoncelli), di carne o di magro, sono tipici
della bergamasca. A Cremona si mangiano i Marubini, ripieni di midollo di
bue, cotti in brodo di manzo, e i Tortelli Cremaschi, farciti con, uova,
formaggio, uva sultanina e cedro candito, mentre a Mantova predominano gli
Agnoli, ravioli con ripieno di cappone bollito, solitamente serviti con lo stesso
brodo di cappone. I “Caicc” sono grossi ravioli imbottiti con brasato di manzo
e conditi con burro e parmigiano, tipici della Val Camonica, mentre i
Cappellacci, ripieni di stufato di manzo e salamini conservati nello strutto, si
possono facilmente reperire nella zona della Lomellina. Tra i formati di pasta
non ripiena, spiccano le “Bardele coi Marai” (tagliatelle con la borraggine),
disponibili nei territori al confine con il veneto, i Malfatti, preparati con farina e
spinaci e, nel bresciano, i Brofadei, realizzati con un impasto di farina, burro,
uova e latte, fritto, ritagliato in quadratini e, infine, cotto nel brodo.
Il Grano Saraceno, che ha rappresentato fin dall’inizio del secolo scorso, un
elemento fondamentale della dieta dei contadini valtellinesi, è uno dei presidi
slow food della Lombardia, nonché interprete di un’altra preparazione tipica
valtellinese: gli “Sciatt”, frittelle morbide, preparate con grano saraceno,
grappa e un altro formaggio tipico valtellinese, lo Scimudin. Nella provincie di
Bergamo e Como, si usa mangiare “Polenta e Osei”, polenta di farina gialla
con gli uccellini, per lo più tordi, allodole e beccafichi, mentre a Brescia si
cucina la Polenta Pasticciata, una terrina realizzata con strati di polenta,
formaggio locale e prosciutto, poi “passata” al forno. La “Polenta Rustida”,
cioè la polenta avanza e arrostita nel burro, è diffusa nelle provincie di Varese
e Como. Gli animali da cortile e la selvaggina (pollo, oca, lepre, capriolo)
trovano largo impiego nella tradizione gastronomica regionale. A Mantova,
dove convivono tradizioni contadine, ma anche elementi di grande raffinatezza
della cucina di corte dei Gonzaga, è possibile assaggiare l’Anatra Selvatica
in umido, la Lepre alla Cacciatora e la Folaga (uccello acquatico) in umido.
A Varese si prepara la Faraona alla Creta (la ricetta originale prevede la
cottura in un impasto di creta), mentre nel bresciano si cucina l’Oca ai Ferri.
Una preparazione tipica cremonese, di origine rinascimentale, è il Timballo di
Piccione, un involucro di pasta frolla dolce, che accoglie un pasticcio di pasta
corta, condita con un intingolo di piccione disossato. Nella provincia di
Bergamo, trionfano le Terrine di Cacciagione, ma anche il Capriolo in
Umido. Una vera leccornia di Mortara, in provincia di Pavia è il Salame d’Oca
IGP; Esiste anche una versione del salame d’oca crudo e preparato senza
l’aggiunta di carne di maiale, che viene definito Salame Ecumenico d’Oca o
salame della pace, perché ingredienti e lavorazione consentono al prodotto di
essere consumato dagli osservanti delle tre principali religioni monoteiste:
Cristiana, Musulmana ed Ebraica. Altri insaccati tipici lombardi, prodotti con
carne di maiale sono, il Salame di Cremona e il Salame Milano, che unisce a
quella di maiale anche la carne bovina
Molto diffuso sul territorio, il consumo di cotechini, anche se con lo stesso
nome, si identificano spesso prodotti dalle caratteristiche e dal gusto
notevolmente diversi, a seconda della città di provenienza. Da assaggiare il
Cotechino cucinato con la Mostarda di Cremona, ma anche il Cotechino
Mantovano, dal delizioso aroma di vaniglia
A nord, la Pianura Padana è delimitata da una fascia collinare e montuosa
che consente la coltivazione di vigneti e frutteti, mentre i laghi, che occupano
una piana di origine alluvionale, che copre quasi la metà del territorio e i
numerosi fiumi, favoriscono la preparazione di ricette a base di pesce d’acqua
dolce, come lavarello, alborelle e agoni, impiegati sia per i primi, che per i
secondi piatti. Tipico il pesce fritto con la polenta, ma anche i ravioli ripieni
di pesce e il classici risotti abbinati alla tinca e al persico. Ottima l’anguilla
di fiume, proveniente dall’Adda, protagonista di un altro piatto tipico, le
Anguille alla Lombarda, insaporite con un condimento tradizionale a base di
funghi secchi e filetti di acciughe. Tra i pesci di fiume si distingue il luccio,
inserito nell’elenco dei prodotti agroalimentari lombardi da tutelare. E’ un
pesce predatore d’acqua dolce, pescabile nel Mincio, che ha dato origine a
due ricette rivaltesi, considerate prodotti tradizionali dal Ministero delle
Politiche Agricole, Alimentari e Forestali: il Luccio in Salsa e il Luccio in
Bianco, che prevede l’insolito abbinamento con il Grana Padano. I pesci di
lago vengono molto frequentemente preparati “in carpione”, ovvero fritti e
coperti con una salsa fatta con verdure, aceto e vino, metodo che serve anche
per la conservazione. Niente a che vedere con il Carpione del Garda che è,
invece, un pesce prelibato, simile alla trota, ormai quasi totalmente
scomparso, tanto è vero che rappresenta uno dei presidi Slow Food della
Lombardia; in Italia i pochi esemplari rimasti si trovano solo nel Lago di Garda
e la loro pesca è regolamentata con norme molto rigide. Nelle zone lacustri
della Lombardia, I pesci di acqua dolce vengono spesso conservati tramite
essiccatura, famosissimo il Missoltino del Lago di Como e la Sardina
essiccata del lago d’Iseo , entrambi presidi slow food
La presenza dei laghi concorre, inoltre, a mitigare il clima continentale e
permette la coltivazione di prodotti, che solitamente trovano habitat ideale
nelle zone del meridione d’Italia, come ulivi, limoni e cedri; rinomatissimo
l’Olio Extravergine di Oliva DOP Garda.
Tra i dolci spicca il tradizionale Panettone milanese, tipico dolce natalizio, da
comperare nelle pasticcerie che offrono prodotti artigianali, come la
Pasticceria Martesana di Milano e la Pasticceria Busnelli di Arluno, pizza
Cammilo Cavour, 3 Arluno (MI) – tel. 02 9017690. Altri classici sono la Torta
Paradiso, il Pan dei Mei, preparato con farina bianca, farina gialla e fiori di
Sanbuco, la Torta Sbrisolona mantovana, a base di mandorle, la Bisciola
Valtellinese, simile al panettone, ma preparata anche con farina di segale e
molta frutta secca , i tradizionali Amaretti di Saronno e la Miascia, tipica
torta lariana, a base di pane e frutta, fresca e secca.
Spumante DOCG e il Franciacorta Saten, l’Oltrepò pavese, con una produzione
vastissima, tra cui: Oltrepò Pavese Buttafuoco, Oltrepò Pavese Sangue di Giuda,
Oltrepò Pavese rosso e tra i bianchi, l’Oltrepò Pavese metodo classico DOCG e
l’Oltrepò pavese Malvasia fermo e frizzante. Dai territori montani della Valtellina,
area di elezione con le tipiche coltivazioni a terrazzamenti, provengono il
Valtellina Rosso, lo Sforzato e il Valtellina Superiore. L’area del Viadanese e del
Sabbionetano è riconosciuta per la produzione del Lambrusco Mantovano, con
caratteristiche assolutamente distintive rispetto a quello dell’Emilia Romagna,
mentre dalla bergamasca proviene uno dei doc più rari del territorio: il Moscato di
Scanzo. Nella Provincia di Milano è presente un unico doc: il San Colombano al
Lambro. Una menzione particolare va al Lugana, vino bianco proveniente da una
piccola e preziosa area vinicola sulla sponda meridionale del Garda.
Per quanto riguarda la tradizione vitivinicola, la Lombardia vanta una produzione
ampia e diversificata, grazie alla varietà di terreni e di climi. Le zone di elezione
sono la Franciacorta, nota soprattutto per gli spumanti, come il Franciacorta
L’OGGETTO
Zangola
La Zangola è un attrezzo che serve per la produzione del burro. Detta
anche panégia, in dialetto lombardo e penac, in bergamasco, è costituita
da un contenitore di legno con un coperchio bucato in cui si inserisce uno
stanfuffo per sbattere la panna e ricavarne il burro. La versione più antica è
quella appena descritta. Relativamente più recente, benché sempre
appartenenti alle zangole manuali, quella rotatoria, cioè fornita di
manovella. Oggi, si usano le zangole elettriche, ma è possibile vederne
ancora nelle zone rurali della Lombardia, regione che vanta da sempre
un’ampia e abbondante produzione di latte e di burro e una cucina che
apprezza particolarmente i condimenti di origine animale.
DA NON PERDERE
CHIESA DI S.ANTONIO A CASTELVECCANA
Nemmeno la maestria dei migliori pittori e' in grado di catturare l' incomparabile
bellezza di Castelveccana.
Amata dai turisti stranieri e non solo, alle pendici del Monte S. Antonio, sulle
sponde lombarde del Lago Maggore, il paese domina la vallata e il lago,
offrendo un panorama impareggiabile, un affresco naturale dalle mille
sfaccettature. Percorrendo la suggestiva strada della valle della Froda,
tra boschi e panorami mozzafiato che si aprono all’improvviso tra gli alberi, si
accede all' Eremo di Sant’Antonio, situato a 640 metri , uno scenario che dà il
massimo di sè proprio sul sagrato della chiesa, dal quale si ammira uno degli
scorci e delle vedute più spettacolari del Verbano. Anche l’architettura e l’interno
della chiesa stessa sono degni di nota, in particolare l’antico edificio del
romitorio che la leggenda vuole nel 1550 sia stato teatro di una sanguinosa e
truculenta vicenda, ovvero l’assassinio di uno dei tre eremiti, per opera di soldati
disertori.I ripidi e scoscesi tornanti della montagna furono tra l'altro teatro di
molte epiche tappe del Giro d'Italia, come ancora oggi testimoniano le scritte di
incoraggiamento ai corridori rimaste incise sull'asfalto. Al cartello del decimo
chilometro, da un piccolo parcheggio inizia il sentiero che conduce in 10 minuti
alle Cascata della Froda.
ITINERARI (IN) CONSUETI
Situata all’estremità settentrionale della penisola al confine con la
Confederazione Elvetica, la Lombardia e' una delle regioni italiane più estesa.
Dalle Alpi alla bassa Pianura Padana, dà vita a una vasta gamma di
paesaggi. Di singolare fascino è lo scenario della catena alpina con
la Valchiavenna, la Valtellina e la Valcamonica.
Agli appassionati di sport invernali, la Lombardia propone impianti e
attrezzature moderne nelle frequentatissime località
del Tonale, Bormio, Livigno e Madesimo.
Caratteristico della regione è anche l 'altro panorama offerto dalle distese di
colline tra cui si evidenzia l’area di Franciacorta, famosa per i vigneti e la
produzione di vino.E poi, il fascino dei grandi laghi. Il versante occidentale
del lago di Garda, con Sirmione e altre rinomate località, è una meta turistica
di forte richiamo; di estrema bellezza sono anche il Lago di Como e il Lago
Maggiore, circondato da ville nobiliari, parchi, borghi e suggestive localita' tra
cui spicca Castelveccana, che per la spettacolarita' delle sue attrattive naturali
, e' rinomata come la " Portofino " del Lago Maggiore.
Coperte da specchi d'acqua e coltivate a risaie, tipiche della regione sono le
grandi distese pianeggianti della bassa Pianura : è il paesaggio tipico
della Lomellina, la terra delle mondine, ricca di folclore e tradizioni.
Per la sua configurazione la Lombardia è una terra particolarmente ricca dove
natura, storia, arte e cultura si coniugano con moda - tecnologia - innovazione -
ed - evoluzione -
LOMBARDIA STORIA DI UNA REGIONE SEMPRE IN CRESCITA
Per una vacanza a contatto con la natura - le montagne, le pianure e le grandi
valli della Lombardia costituiscono lo sfondo ideale.
Le vette alpine accolgono gli appassionati dello sci e dello snowboard in
famosi comprensori sciistici; tra questi ricordiamo la Valcamonica e
la Valtellina con le frequentatissime stazioni di Livigno, Bormio, Aprica e
centinaia di chilometri di piste.
In estate la montagna diventa il luogo ideale per gli amanti dell’arrampicata
(particolarmente apprezzate le cime dell’Adamello), del rafting, del trekking e
della mountainbike; il ghiacciaio dello Stelvio offre invece anche nei mesi più
caldi avventurose discese.
Spazio anche al benessere sui rilievi lombardi. Ci sono infatti diversi e
apprezzati centri termali ricchi di acque dalle proprietà terapeutiche, come
le Terme di Boario o quelle di Bormio, immerse in un magnifico parco.
Il lago di Garda, quello di Como e quello di Iseo assicurano soggiorni di riposo e
divertimento escursioni e gite in battello. Chi desidera praticare
vela, windsurf, sci d’acqua, canoa, ciclismo, trekking si troverà perfettamente a
proprio agio.
Svariati gli itinerari che conducono alla scoperta di alcuni dei luoghi più
caratteristici della Lombardia: i Sacri Monti, sito UNESCO, in cui è possibile
effettuare percorsi spirituali e naturalistici di singolare valore; in Valchiavenna si
scoprono le tradizioni di una terra che per secoli è stata il punto di contatto tra
l’Italia e l’Europa del nord; i parchi naturali dell’area dei Navigli rivelano tanti
paesaggi diversi, dalle colline della Brianza alle verdi rive dell’Adda.
Numerose strade del vino appagheranno la golosita' dei palati piu' esigenti
dalla Valtellina al Lodigiano, all’Oltrepò Pavese, al territorio mantovano per
finire nella terra di Franciacorta, le cui bollicine sono rinomate in tutto il
mondo.
Tra terrazzamenti e colline coperte di vigneti, con soste nelle cantine e nelle
aziende per degustare i deliziosi vini e assaggiare le rinomate specialità locali il
viaggio si rivelera' unico ed ineguagliabile.
EVENTI ENOGASTRONOMICI, SAGRE E FIERE
Le sagre del maiale e dell'oca in Lombardia
L'elemento più importante della gastronomia lombarda è sicuramente la carne,
in particolare quella di maiale da cui si ricavano ottimi salami come quello di
Varzì protagonista della"Sagra del salame di Varzì" organizzata dalla Pro
Loco di Varzì a Giugno (0383.545221); ottimi salami si possono gustare
anche nella "Sagra del salame" organizzata adInverno e Monteleone (PV)
dalla Pro Loco (0382.73220) aGiugno; bandiera della gastronomia valtellinese
è la bresaola della Valtellina Igp, protagonista della "Sagra della
bresaola" organizzata dalla Pro Loco di Chiuro(0342.484038) a Luglio; una
specialità della Lomellina è il salame d'oca che si può gustare nella "Sagra del
salame d'oca" che si svolge a Mortara (PV) a Settembre (Info:Comitato
Organizzatore 0384.99356-358);
Le sagre dei formaggi in Lombardia
La Lombardia ha una casearia fra le più ricche d'Italia tra i formaggi più noti c'è
sicuramente il gorgonzola che viene festeggiato nella "Sagra nazionale del
gorgonzola"organizzata dalla Pro Loco di Gorgonzola (MI) nel mese
diSettembre; non meno importante è il Bitto DOC, raro formaggio d'alta
montagna, a cui sono dedicate la "Sagra del bitto" che si tiene a Gerola
Alta a Settembre e la "Mostra del bitto" organizzata a Morbegno ad Ottobre;
fiore all'occhiello della regione è la produzione del Grana Padano DOP, uno dei
formaggi più diffusi del mondo, a cui il comune di Goito (MN) dedica la "Fiera
del Grana Padano dei Prati Stabili" aNovembre (Info: Lombardia
Notizie: 0376.68332110); altro formaggio a marchio DOP è il provolone della
Valpadana protagonista nel mese di Giugno della "Festa del provolone
Valpadana DOP" che si svolge a Cavatigozzi (CR) per info: Consorzio di
tutela0372.30598; altri noti formaggi sono il taleggio a cui la Pro Loco di
Ballabio(348.8103699) dedica la "Sagra del taleggio" ad Aprile; la
mascherpa, gustosa ricotta, è protagonista nel mese di Giugno della "Sagra
della mascherpa" voluta dalla Pro Loco di Gerola; la grande varietà di prodotti
caseari della tradizione lombarda si può gustare nella"Festa dei
formaggi" organizzata a Pavia in località Zerbolò a Marzo, per info:Centro
Parco Cascina Venara 338.6320830.
SAGRE
Le sagre degli ortaggi in Lombardia
Anche gli orti regalano ottimi prodotti come ad esempio l'asparago a cui la Pro
Loco diCilavegna (PV) dedica la "Sagra dell'asparago" che si tiene
a Maggio e la cipolla rossa protagonista della "Sagra della cipolla", che si
svolge a Breme (PV) a Giugno e della manifestazione "La signora degli
anelli: gastromagia della cipolla" che si svolge presso gli agriturismi del
mantovano a Giugno dove sarà possibile gustare specialità a base di cipolla.
Le sagre del riso e del risotto
Di prim'ordine è la pregiata produzione di riso in Lomellina e nel Mantovano, a
questo famoso cereale è dedicata la "Sagra del riso" che si svolge
a Giugno a Sannazzaro dè Burgondi (PV); la Lombardia è terra di grandi risotti,
il portabandiera è quello giallo, alla milanese, che è possibile gustare insieme
ad altri alla "Festa del risotto" organizzata a Villipenta (MN) a Maggio-
Giugno.
Le sagre dell'olio
Tra gli oli con riconoscimento DOP ottimo è quello del Sabino protagonista della
manifestazione "Dall'olivo...all'olio" che si svolge a Giugno a Marone (BS).
Le sagre dei vini
Dai vigneti lombardi vengono le più grandi soddisfazioni, la regione produce
tutte le tipologie di vino, rossi di grande classe, bianchi beverini, ecc. compreso
l'unico spumante DOCG in Italia.
ALTRI EVENTI
La regione si pregia di ben 2 DOCG e 15 DOC protagonisti di numerose
manifestazioni tra cui: "Profumi di mosto" ad Ottobre in diverse
località; "Vininfesta" a Maggio aTraona - Costiera dei
Cech (info: Comunità Montana Valtellina di
Morbegno0342.613124); "Cantine aperte" a Maggio in tutte le cantine
associate, organizzata dalMovimento Turismo del Vino; "Il Lambrusco e i
sapori d'Italia" a Gonzaga (MN) aMarzo (0376.432432); "Calici di
stelle" ad Agosto a Volta Mantovana (MN)
Le sagre della cucina tipica lombarda
Tra le sagre tipiche della gastronomia locale che si svolgono annualmente
ricordiamo: la "Tortellata cremasca" che si svolge a Cremona in
località Crema ad Agosto, festa dedicata al tortello di Crema con ripieno di
amaretti, cedro, noce moscata, limone, marsala all'uovo, formaggio grana,
uva sultanina, mostaccino e conditi con burro, salvia e grana grattugiato; la
storica "Sagra del polentone" che si svolge a Retorbido (PV)
aMarzo (0383.74023) dove viene cucinata e poi servita ai presenti una
polenta gigante. In provincia di Mantova a Ponti sul Mincio il 7 agosto si
svolge la "Sagra di San Gaetano" . Risalente al XIX secolo, si protrae fino ai
giorni nostri. Sarà possibile degustare i prodotti tipici della zona: strangolini,
tortelli di zucca, risotto, costine, pollo e salamelle ai ferri.
MARCHE
• 500 g di farina bianca 00
• 4 uova
• 100 g di lombo di lauro
• 100 g di lombo di maiale
• 200 g di regaglie di pollo
• 30 g di lardo
• 200 g di pomodori
• 2 dl di olio di oliva extravergine
• 1 cipolla
• Sale
• Pepe
• Besciamella
• Parmigiano
VINCISGRASSI
Tirare una normale sfoglia e tagliarla a quadretti; quindi lessarli, adagiandoli su
di un panno ad asciugare.
Preparare la besciamella a bagnomaria. Soffriggere il lardo macinato (per dare
profumo al condimento) in olio d’oliva con una cipolla. Tolta la cipolla,
aggiungere il lombo di manzo, il lombo di maiale, le regaglie (tutto tritato),
accompagnare con i pomodori passati al setaccio, con poco sale e un pizzico di
pepe. Cuocere più lentamente possibile.
In una pirofila si passerà uno strato di pasta lessata sulla quale si porrà la salsa
ottenuta con un po’ di besciamella e così per 4 o 5 volte, in altrettanti strati
sovrapposti.
Spolverare con grana grattugiato e mettere a cuocere per 30 minuti in forno a
150° di temperatura.
Preparazione
Ingredienti per 6 persone:
I vincisgrassi sono una piatto tipico della tradizione gastronomica marchigiana,
in particolare della zona del maceratese. Si tratta di una pasta incassettata,
condita con besciamella, ragù di carne, interiora di pollo (o di anatra o di oca).
Le versioni più raffinate prevedono anche l’impiego di animelle di vitello e di
tartufo nero, visto che le Marche ne producono tutto l’anno e di ottima qualità.
E’ un piatto nobile e antico e, secondo la leggenda, fu l’omaggio di un cuoco, la
cui provenienza è contesa tra anconetani e maceratesi, al principe Windisch-
Graetz (da qui l’origine del nome), generale austriaco giunto a liberare Ancona
alla fine del 700. Di parere diverso, gli storici della gastronomia che sostengono
che in un libro di Antonio Nebbia, famoso cuoce di corte, uscito ben venti anni
prima dell’arrivo del principe, compariva la ricetta per la preparazione di una
salsa per condire i princisgras (grasso di principe), da intendere come piatto
ricco o, appunto, piatto da principe. In effetti i princisgras, pasticcio di pasta e
carne, paiono essere gli antenati dei vincisgrassi; nella ricetta originale, non
comparivano ne il pomodoro, ne la besciamella, che risultano, invece, negli
ingredienti dei vincisgrassi.
CENNI SULL’ORIGINE DEL PIATTO
Locanda Hostaria della Posta, Trattoria Antonietta via Garibaldi, 19 Jesi –
tel. 0731 207173. Ai due Cigni di Montecosaro Scalo, raffinato ristorante
aderente all’Unione dei Ristoranti del Buon Ricordo, potete invece assaggiare i
veri e propri Princisgras, che sono la specialità del buon ricordo del ristorante.
DOVE ASSAGGIARLA
CARATTERISTICHE ENOGASTRONOMICHE E PRODOTTI TIPICI
La Regione Marche è il risultato dell’unione di più territori: i Marchesati,
altrimenti detti “Marche”, di Ancona, Fano, Ascoli e Macerata; ancora oggi
conserva le sue caratteristiche di pluralità nelle diverse inflessioni dialettali che
riassumono il romagnolo, l’umbro, il romanesco e l’abruzzese e nelle
innumerevoli sfaccettature della cultura gastronomica, che ha assorbito diversi
elementi appartenenti alle cucine tipiche di tante regioni italiane. Quella della
Marche è propriamente una gastronomia di transizione tra nord e sud, con
sapori che mutano diventando via, via più sapidi, mano a mano che dal confine
con l’Emilia Romagna si scende verso sud, in prossimità della regione Abruzzo.
La cucina si distingue principalmente in cucina montana, cucina collinare e
cucina di mare; quest’ultima propone, chiaramente in prossimità delle coste,
primi piatti di mare, come la zuppa di pesce, che assume nomi diversi a
seconda della specifica area di provenienza: il brodetto alla Fanese, cucinato
in tegami di coccio, il brodetto alla Anconetana, preparato con almeno tredici
qualità di pesce, il brodetto alla Sambenedettese e quello di Porto Recanati,
rigorosamente senza pomodoro e aromatizzato con lo zafferano. Un’altra
zuppa tipica è quella di “ballari”, molluschi di scoglio, ormai introvabili; la
regione vede, inoltre, tra i suoi presidi Slow Food i moscioli di Ortonovo, cozze
“selvagge”, che si riproducono naturalmente e vivono attaccate agli scogli
sommersi della costa del Conero. Vicino al confine con l’Emilia Romagna è
usuale trovare i passatelli alla marinara.
Tra i secondi si evidenzia lo stoccafisso all’anconetana, dalla laboriosa e
lunga preparazione, le sarde a scottadito, le “crocette” i “bombi” e i
“garagoli” (molluschi) in porchetta, o al pomodoro. Tra i primi piatti di terra, a
nord, sono frequenti i passatelli, nella versione classica, oppure all’urbinate,
con aggiunta di spinaci; le tagliatelle spesse all’uovo, condite con ragù di carne
e i tortelloni di San Leo, ripieni con ricotta ed erbe selvatiche e la minestra di
cappelletti. I vincisgrassi tripudiano un po’ ovunque nella regione, ma
soprattutto nel maceratese, mentre più a sud, nella zona di Ascoli Piceno,
prevalgono i maccheroncini di Campofilone, lasagne finissime, preparate con
ben dieci uova per ogni chilo di farina e condite con ragù di manzo o di papera
muta, anche se è possibile trovarle anche con il sugo di pesce
Proprio a Campofilone si possono acquistare maccheroncini completamente
fatti a mano nella Bottega Artigianale di Irma Alessiani in via Marina, 1.
Nell’Ascolano è ancora diffuso il “civarro”, una antica zuppa dei piceni, a base
di legumi e farro. Le preparazioni a base di carne ovina, come agnello, castrato
e pecora, sono numerosissime, anche se tra i secondi primeggiano polli e
conigli in “potacchio”, cioè cotti in un umido ristretto a base di vino,
insaporito con rosmarino, prezzemolo aglio e pepe; una modalità di cottura
diffusissima nelle marche e talvolta utilizzata anche per il pesce. Un altro
metodo di condimento molto utilizzato nella cucina marchigiana è quella definito
“in porchetta”, che consiste sostanzialmente nell’aromatizzare i cibi con
finocchietto selvatico, aglio e rosmarino, proprio come si usa per la porchetta
umbra; a tale proposito è imperdibile il “coniglio in porchetta”, ma anche
lumache, vongole e stoccafisso. La carne bovina, nonostante la regione possa
vantare la razza “marchigiana”, parente stretta della “chianina”, è meno diffusa
perché i bovini, storicamente, venivano utilizzati per il lavoro e per la produzione
di latte. Nel nord della regione, in ogni caso, è possibile gustare un ottimo
pasticcio di carne bovina (la pasticciata pesarese) e l’ottima “braciola alla
urbinate”. Le zone collinari offrono ortaggi in grande quantità e qualità: i
cavolfiori di Jesi, i piselli di Potenza Picena, i carciofi di Montelupone, i cardi
della valle del Trodica, protagonisti della rinomatissima “parmigiana di gobbi”, le
fave di Ostra, e i “pincicarelli”, piante cardacee che si trovano solo nella zona
di Ancona, che si gustano fritti, oppure preparati con il classico potacchio. La
fascia montana, in prossimità degli Appennini, accosta a piatti rustici, come la
porchetta, deliziosi sughi e raffinate bruschette, preparate con i tartufi di cui
sono ricche soprattutto la zone di Acqualagna, Visso e Sant’Angelo in Vado.
Questa specifica area geografica garantisce la maggior parte della produzione
nazionale di tartufi di differenti qualità: bianco, bianchetto, nero d’inverno e
scorzone; i tartufi marchigiani sono peraltro gli unici in grado di competere con
quelli piemontesi.
Tra gli insaccati si distingue il ciauscolo, salame spalmabile aromatizzato con
aglio, finocchio, vin cotto e, talvolta, tartufo, reperibile un po’ ovunque nella
regione, anche se le zone di elezione per questa specialità sono le provincie di
Ascoli Piceno e Macerata. Infatti, a Loro Piceno, in via Regina Margherita, 2 si
trova la Macelleria Giuseppe dell’Orso (detto Peppe Cotto), famoso per le sue
rime baciate, per le sculture di lardo e per il suo ciausculo. Nell’Ascolano si
producono anche ottime salsicce di fegato, mentre dalla provincia di Pesaro e
Urbino provengono i noti prosciutti di Carpegna e, dalla zona di Ancona, il
celebre salame di Fabriano (presidio Slow Food).
Nei monti Sibillini, un massiccio montuoso situato tra le Marche e l’Umbria,
maestoso scenario del Parco Nazionale dei Monti Sibillini, si producono ottimi
formaggi, tra cui il pecorino. A Cupi, piccola frazione nel Comune di Visso, è
possibile vedere un interessante Museo della Pastorizia ed è assolutamente
obbligatoria una sosta alla azienda agricola “Pastorello di Cupi”, che produce
formaggi con metodi di antica tradizione, in particolare pecorino fresco o
stagionato, pecorino in foglia di noce, oppure aromatizzato al peperoncino e allo
zafferano. Il consumo di pecorino è molto diffuso anche nella provincia di Ascoli
Piceno; a Monte Rinaldo si produce, tra l’altro, un formaggio pecorino dal
sapore unico, derivante dal particolare aroma conferito dalle foglie di serpillo,
pianto aromatica di cui sono ricchi i pascoli della zona. Tra gli altri formaggi
tipici della regione spiccano le caciotte di Montefeltro, quelle del Fermano, le
casciotte di Urbino e il formaggio di fossa, tipico del Montefeltro marchigiano ed
emiliano. Molti dei formaggi sopra elencati si utilizzano per preparare la
tradizionale pizza al formaggio, che un tempo, allietava la Pasqua dei
marchigiani. Nella Marche la coltivazione dell’ulivo risale all’VIII secolo prima di
Cristo ed è particolarmente diffusa nelle zona di Ascoli Piceno e Macerata. Nella
regione si produce olio extravergine di oliva di ottima qualità, raro e raffinato;
molto rinomato è, ad esempio, l’olio extravergine di oliva di Cartoceto. Con i
frutti di questa pianta secolare si preparano, inoltre, le olive all’Ascolana uno
degli antipasti italiani più conosciuti e diffusi.
I dolci sono per lo più di origine contadina, realizzati con diversi ingredienti, a
basso costo, facilmente reperibili nelle campagne, tra gli altri: i Biscotti al
vino, il Ciambellone e i Funghetti di Offida.
Relativamente all’enologia, le Marche si contraddistinguono per una produzione
all’avanguardia, sia per la qualità del vino, sia per il numero di aziende che
producono vino biodinamico. Tra i vini DOC più rinomati, troviamo: Conero
DOCG, Rosso Piceno, Colli Pesaresi Rosso , Lacrima di Morro d’Alba,
Bianchello del Metauro , Falerio dei Colli Ascolani e il notissimo Verdicchio dei
Castelli di Jesi classico e spumante e il Verdicchio di Matelica classico e
spumante e, infine, la Vernaccia di Serrapetrona (secco e dolce).
L’OGGETTO
L’orcio di ceramica
Oggi è considerato più che altro un oggetto ornamentale, ma un tempo serviva
per il trasporto e la conservazione di acqua ed alimenti. Diffuso in molte regioni
d’Italia può essere realizzato in materiali diversi: rame, ceramica vetrificata o,
come quello nella foto, in ceramica dipinta. Spesso sono anche dotati di
tappo/coperchio per la chiusura. L’utilizzo della ceramica è una componente
molto importante della tradizione artigiana del centro Italia, in particolare nelle
Marche, in Emilia Romagna e in Toscana. Le Marche, soprattutto la provincia di
Pesaro e Urbino, vantano una lunga tradizione nella lavorazione della
ceramica, anche per la produzione di oggetti di uso comune, con decori molto
spesso ispirati a quelli dei grandi maestri ceramisti, come . Nicola da Urbino.
L’impulso alla lavorazione della ceramica nelle Marche risale al Rinascimento,
quando i Duchi della Rovere fecero da mecenati alle officine della ceramica del
loro territorio. Le Marche si inseriscono in un percorso diffuso della ceramiche
popolari che tocca anche l’Emilia Romagna e la Toscana e si snoda tra le città
di Faenza, Urbania, Lamoli e San Sepolcro. Anche il Comune di Fratte Rosa ha
avviato da tempo un grosso lavoro volto al recupero e alla valorizzazione della
produzione della ceramica d’uso, l’antica arte che aveva reso famosa questa
cittadina, ma anche alla valorizzazione del proprio patrimonio artistico e
culturale. Da visitare anche il Museo Civico della città di Urbania all’interno del
Palazzo Ducale .
DA NON PERDERE
Una notte d’estate alla Mole Vanvitelliana (Lazzaretto) di Ancona
La Mole è un edificio ubicato in un’isoletta artificiale che si affaccia sul porto di
Ancona, costruita nel 1733 dall’architetto Luigi Vanvitelli, noto per avere
progettato anche la celebre Reggia di Caserta. Inizialmente doveva essere un
luogo di quarantena, destinato ad ospitare persone e merci provenienti da paesi
sospetti ma, nel tempo, ha assunto funzioni diverse, tra cui quella militare,
sanitaria, doganale e di stoccaggio delle merci. Nel 1990 è stata acquistata dal
Comune di Ancona ed oggi è un contenitore che ospita, mostre ed eventi
culturali anche di livello internazionale, tra cui la rassegna estiva “Amo la mole”.
AUTORI E STORIE DELLE MARCHE
Il Domatore di Ragni, Maurice Pierre Marie Béraudy
“La verità è insita nella natura stessa dell’uomo. Ma costui la può riconoscere
soltanto quando si trova in uno stato di grazia”.
Un avvincente giallo medioevale ambientato nella Recanti del 1300. Bartolo,
giovane medico, viene incaricato di svelare il mistero nascosto dietro ad una
serie di morti per avvelenamento, che turbano la quotidianità del piccolo centro
marchigiano. Le vicende del protagonista e degli altri personaggi si dipanano in
un contesto storico meravigliosamente ricostruito, in cui magia, mistero e
sentimenti circoscrivono il filo conduttore che lega i protagonisti, palesandone
le anime tese alla ricerca della verità, nella eterna lotta tra bene e male.
Il romanzo è l’opera prima dello scrittore, di madre italiana e padre francese,
che è nato vive nelle Marche. Dal romanzo traspare fortemente la passione
dell’autore per il proprio territorio, per il periodo storico descritto, oltre che per la
letteratura e la filosofia.
ITINERARI (IN) CONSUETI
Sovrastata dal Monte Conero, unica altura a picco sul mare da Trieste al
promontorio del Gargano, la riviera del Conero rappresenta un paesaggio unico,
inserito nel contesto di una delle coste più popolari d’Italia. Ampie distese di
sabbia si alternano a grotte, calette e spiagge di ghiaia con fondali bassi e
acque cristalline. Chiese, castelli arroccati e antichi borghi dipingono il
panorama di questo insieme paesaggistico e ambientale veramente unico,
integrato nel Parco del Conero, un’area protetta che si estende per quasi
seimila ettari. Numana e Sirolo sono i due centri balneari principali della riviera;
Numana conserva le sue origini di antico paese di pescatori nel centro storico
posto in collina, con le case colorate disseminate in un fitto reticolo di vicoli, che
si schiude in una terrazza a mare, con una vista strepitosa sulla riviera; la
discesa verso il porto è agevolata da una via a gradoni, che i pescatori erano
soliti percorrere ogni mattina. Il lungo mare, dalla città alta, giunge fino a
Marcelli, offrendo alla vista litorali diversi: ampie spiagge attrezzate di ghiaia e
piccole spiagge selvagge, nascoste tra le insenature del Monte Conero. Sirolo è
un borgo arroccato su una scogliera a picco sul mare. La preziosa architettura
di impianto medievale si integra mirabilmente con la natura rigogliosa del Parco
del Conero.
Non molto distante dal centro storico si rivelano immediatamente bellissime
spiagge, come quella della “Due Sorelle” e quella “Dei Gabbiani”, un vero
paradiso nascosto in una insenatura riparata, proprio dove le rocce del Monte
Conero si tuffano a picco sul mare. Anche dalla grande piazza del centro
storico di Sirolo lo sguardo può spingersi fino al mare per ammirare lo splendore
della costa; affacciata sulla stessa piazza si trova l’Osteria da Sara (corso
Italia, 9 – tel. 071 9330716), piccola trattoria che offre deliziose specialità di
pesce a prezzi abbastanza contenuti; la prenotazione è necessaria, viste le
dimensioni del locale che offre non più di trenta posti.
Il Casale di Giulia, inserito nel contesto del Sirolo Golf Club e del Parco
Regionale del Conero è il luogo ideale per soggiornare tra la campagna e il
mare, in un uno scenario indimenticabile.
Castelfidardo paese adagiato tra le colline della riviera del Conero, è assai noto
per essere stato lo scenario della Battaglia di Castelfidardo, importante vicenda
storia risorgimentale italiana, che ha visto contrapporsi le truppe piemontesi e
quelle papali. La battaglia è ricordata con un particolare monumento, realizzato
completamente in bronzo che, dall’altro di una collina, domina il paesaggio.
Proprio sulla collina della Selva, luogo della battaglia, sorge Villa Ferretti che
conserva una grande collezione d’arte italiana. Di grande interesse anche il
Museo Internazionale della Fisarmonica che ripercorre la storia di questo
importante strumento; la costruzione di strumenti musicali, in particolare
fisarmoniche, ma anche pianole e organi, rappresenta un elemento distintivo
dell’artigianato regionale, che a Castelfidardo trova il suo luogo di massima
eccellenza.
Da visitare anche la Selva di Castelfidardo, in località Monte Oro: un’area
floristica protetta, unica in Europa, che offre possibilità di effettuare escursioni,
visite guidate, attività formative e di acquistare prodotti agricoli del territorio.
CASTELFIDARDO LA CITTÀ DELLA FISARMONICA
LORETO E LA MADONNA NERA
Loreto è una cittadina dell’entroterra in provincia di Ancona, che ospita una
delle più importanti reliquie del mondo della cristianità. Meta di pellegrinaggi fin
dal 1300 è un importante centro internazionale di devozione mariana. Infatti, il
maestoso Santuario custodisce le mura della Santa Casa di Maria di Nazaret
che, secondo tradizione, è stata miracolosamente trasportata dagli angeli fino a
Loreto e conserva la preziosa statua della Madonna Nera. Loreto è visitata ogni
anno da milioni di pellegrini che percorrono in ginocchio il piedistallo marmoreo
che circonda la Santa Casa e che mostra i solchi lasciati, nel tempo, da tanta
devozione. Una visita alla città di Loreto può arricchire di emozioni e tradizioni,
una vacanza sulla riviera del Conero; nel centro storico, inerpicato su antiche
stradine, si affacciano negozi e botteghe artigiane ed è anche possibile unire, a
quello devozionale e culturale, un momento gastronomico di grande livello,
regalandosi un pranzo o una cena al Ristorante Andreina che, dal 1960,
rappresenta un solido punto di riferimento nel panorama della cucina
marchigiana. Si servono specialità della cucina tradizionale, rivisitate in chiave
moderna, con grande originalità e audacia.
FERMO UN BORGO INCORNICIATO DAI MONTI A DUE PASSI DAL MARE
Nell’omonima provincia, a soli sei chilometri dal mare, raccolta su un colle,
Fermo si concede alla vista con un impianto urbano perfetto, collocato tra
Medioevo e Rinascimento. La spianata del Girfalco, sulla sommità della città,
ospita il Duomo; da qui la vista è mozzafiato e abbraccia le colline con gli abitati
che si spingono fino alle pendici dei monti Sibillini, e l’immensità del mare
Adriatico. Subito sotto il borgo, con chiese, torri, fontane e palazzi nobiliari,
disseminati su strade e vicoli che conducono nello straordinario scenario
rinascimentale di piazza del Popolo, dove è praticamente d’obbligo una sosta
all’ Enoteca Bar a Vino, per gustare ottimi vini locali e non e per gustare
prodotti tipici della tradizione marchigiana (piazza del Popolo – Tel. 0734
228067). L’accesso alla piazza si compie attraverso un grande arco scavato nel
corpo del palazzo del Governatore, che accoglie il Municipio. Sulla piazza,
porticata su due lati, si affacciano edifici di grande pregio e coerenza stilistica,
tra cui il palazzo dei Priori, che ospita la Pinacoteca Civica. Accanto, la più
importante biblioteca della Regione, con la bellissima “sala del mappamondo”.
Scendendo, è possibile ammirare le cisterne romane, una grandiosa opera di
ingegneria idraulica e architettonica, testimone della dominazione romana della
città. Poco distante, due luoghi fortemente evocativi delle grande passione
della regione per la musica e l’arte: il Conservatorio e il Teatro dell’Aquila. Di
grande bellezza anche le chiese romanico-gotiche, prima fra tutte quella di
Sant’Agostino. Per chi desidera pranzare o cenare nel centro storico, La
Locanda del Palio propone specialità gastronomiche locali di ottima qualità.
Per dormire, il B&B Palazzo Romani Adami, sempre in pieno centro, garantisce
ospitalità di grande charme, in un palazzo del 700. Fuori dal centro storico, nella
frazione Torre di Palme si può soggiornare e desinare in un ristorante di qualità
al B&B Lu Focarò.Le Marche e l’area del fermano rappresentano un luogo di
preminenza del “made in Italy” con punte di eccellenza relative soprattutto al
settore calzaturiero. Tra le attività turistiche, quindi, si inserisce anche l’attività
di “shopping” nei numerosi outlet di prestigiose aziende italiane; Prada e
Cruciani, pesso Castagno Brand Village, ma anche Tods (poco distante dal
Castagno Village), Nero Giardini (a Monte San Pietrangeli, via dell’Artigianato,
6) e Cesare Paciotti (Civitanova Marche via Pirelli 16).
EVENTI ENOGASTRONOMICI, SAGRE E FIERE
Fiere ed eventi gastronomici di carattere nazionale e internazionale
Cibaria, sede fieristica di Civitanova Marche (MC);
Festival Internazionale del Brodetto e delle Zuppe di Pesce, a Fano (PU), nel
mese di settembre;
Fiera Nazionale del tartufo bianco, ad Acqualagna fine ottobre, inizio
novembre;
Tipicità Made in Marche Festival, a Fermo (FM) in primavera (marzo/aprile).
Sagre
Festa del rosso conero, a Camerano (AN), nel mese di settembre;
Festival del gelato artigianale, ad Agugliano (AN), nel mese di giugno;
Un mare d’olio (festival dell’olio e del baccalà), a Cartoceto (PU), nel mese di
novembre;
Festa dell’uva, a Montefelcino (PU), nel mese di settembre
Sagra maccheroncini di Campofilone, a Campofilone (FM), nel mese di
agosto;
Sagra della panzanella, a Lamoli (PU), nel mese di agosto;
Sagra dei vincisgrassi, a Cartoceto (PU), nel mese di giugno;
Sagra del vino cotto a Loro Piceno (MC), nel mese di agosto
ALTRI EVENTI
Amo la mole, Ancona da metà giugno a fine agosto;
Inteatro Villa Nappi Festival, a Polverigi (AN), fine giugno – inizio luglio;
La cavalcata dell’Assunta, a Fermo (FM), nel mese di agosto;
Marche Endurance Lifestyle, sulla Riviera del Conero (AN), nel mese di
giugno.
IN EVIDENZA
Meditterranea 16 biennale giovani artisti, evento multidisciplinare
internazionale – Alla Mole Vanvitelliana di Ancona.
PIEMONTE
• 300 g di riso
• 60/80 g di salamella d’la duja
• 100 g di lardo
• 150 g di fagioli borlotti
• 2 pomodori
• ½ verza (foglie esterne)
• 1 costa di sedano
• 1 carota
• 1 bicchiere di vino rosso
• Sale
• brodo
PANISCIA ALLA NOVARESE
Comporta l’impiego di brodo di verdure in luogo di brodo di carne, e di lardo in
luogo di burro.
A parte di pongano a cuocere le verdure in acqua (circa 1 litro e ½); si sala il
tutto mantenendo la cottura per circa 2 ore. In altro recipiente si fa soffriggere
un battuto di lardo (o burro) con cipolla. Si può aggiungere a questo punto un
salame “d’la duja”.
Quando tutto sarà ben rosolato unire il riso, rosolarlo ancora con gli ingredienti
sopra descritti, bagnarlo con un bicchiere di buon vino rosso e successivamente
aggiungere, poco alla volta, il brodo con le verdure, che si è messo a cuocere a
parte.
Quando il riso sarà cotto giustamente, ne risulterà un composto piuttosto solido
al punto che, piantandovi dentro il cucchiaio, sia in grado di sostenerlo ritto
(sarà quindi come si usa dire “all’onda”).
Una generosa pepata ed è pronto per essere gustato.
Preparazione
Ingredienti per 4 persone:
Esistono due versioni della “paniscia” quella novarese, descritta nella ricetta
sopra, e quella vercellese che non utilizza le verdure. Nonostante oggi venga
preparata con il riso, che proprio nelle zone del novarese e vercellese raggiunge
produzioni importanti e di grande qualità, un tempo si preparava utilizzando il
“panìco” (o altro cereale poco pregiato); proprio dal temine latino “panicum” (migliaccio) pare derivare l’origine etimologica del nome.
CENNI SULL’ORIGINE DEL PIATTO
Circolo della Paniscia , Cavallino Bianco, 2 ladroni.
DOVE ASSAGGIARLA
CARATTERISTICHE ENOGASTRONOMICHE E PRODOTTI TIPICI
La qualità dei prodotti del territorio, una tradizione culinaria ricca e antica e un
attento lavoro di ricerca, modernizzazione e tutela del territorio, inseriscono il
Piemonte tra le mete favorite del turismo enogastronomico in Italia. Dalla terra,
dal bosco e dalla stalla si ottengono prodotti di altissima qualità, come riso,
tartufi (il pregiatissimo bianco d’Alba), nocciole, carne bovina ed una infinita
varietà di formaggi, che concorrono a realizzare moltissimi dei piatti della cucina
tradizionale piemontese, tra cui le “panisse”, i risotti, le paste ripiene
aromatizzate al tartufo o ai formaggi, la gianduia e il rinomatissimo bollito.
Ricette segrete, tramandate di generazione in generazione, danno origine alle
tipiche salse che accompagnano solitamente i piatti di carne, ma anche
formaggi e verdure, come il “bagnet verd”, il “bagnet ross” e la gustosissima
“Bagna Càuda” servita nel “fojot”, tipico contenitore in terracotta con fornellino,
per mantenere la salsa in caldo. La pregiata carne piemontese è spesso
presente anche nei primi piatti, protagonista del ripieno degli agnolotti e dei
tradizionali “ravioli del plin”, serviti con il sugo d’arrosto o con una riduzione al
vino rosso. Per assaggiarli, il luogo ideale si chiama Plin & Tajarin, a Torino, non
lontano dal palazzo di giustizia; il locale è piccolo, ma è una vera e propria oasi
di gusto.
L’indiscusso re dei secondi piatti della trazione regionale del Piemonte è, senza
dubbio, il gran bollito piemontese; la ricetta originale, ricostruita dalla
Accademia Italiana della Cucina, vuole che sia preparato con sette tagli di polpa
(tenerone, scaramella, muscolo di coscia, muscoletto, spalla, fiocco di punta,
cappello del prete), sette ammennicoli (lingua, testina col musetto, coda,
zampino, gallina, cotechino, rollata) e sette salse, o “bagnetti” (verde rustico,
verde ricco, rosso, cren, mostarda, cognà e salsa al miele) e che sia
accompagnato da sette contorni. Una piatto “robusto” e sicuramente
impegnativo, peraltro difficile da trovare nella versione originale, anche se
all’Osteria dei Cinque Piatti a Torino, ripropongono la ricetta storica del bollito
risorgimentale piemontese, proprio come amava gustarlo Vittorio Emanuele II.
La cultura casearia custodisce, soprattutto nella zona delle Langhe, tradizioni
secolari, che portano sulle tavole italiane ottimi formaggi, tra i più conosciuti: il
Murazzano, la Toma Piemontese, la Robiola di Roccaverano e il superlativo
Castelmagno. Da segnalare anche i salumi, come il Salam d'la duja, salsiccia
ricoperta di strutto fuso e preparata in un canestro di terracotta, detto doja, il
fidighin, mortadella di fegato condita con Barbera e purè e il Meiron'd crava,
capra affumicata in salamoia.
Il fine pasto è delizioso con i classici dolci della tradizione tra cui lo zabaione, il
bonet e la torta con le pregiate nocciole delle langhe. Da non trascurare la
lunga tradizione cioccolatiera della città di Torino, che ci ha consegnato grandi
specialità come il “bicerin” e la celebratissima nutella. Torino ha espresso anche
attraverso la passione per il cioccolato la sua attitudine alla innovazione
sperimentando, agli inizi dell’800, un’apparecchiatura che consentiva di
trasformare cacao, vaniglia, acqua e zucchero in una tavoletta solida, dando
vita ad una inedita specialità, il cioccolatino, da allora in poi declinato in infinte
varianti: praline, bonbon, tartufi, cremini e i celeberrimi gianduiotti . Ancora
oggi nella capitale sabauda, hanno sede importanti aziende del settore
(Caffarel, Streglio, Feletti) e, soprattutto, grandi realtà artigianali e antiche
pasticcerie, come quella della famiglia Giordano, l’unica a produrre ancora il
cioccolatino “tagliato a mano”, e quella della famiglia Peyrano. Da Platti, invece,
altro locale storico della città, luogo di ritrovo di intellettuali e borghesi
nell’epoca monarchica, oltre alla pasticceria, si possono apprezzare ottimi
aperitivi con una vastissima scelta di finger food, tartine e canapè.
Di sicura importanza anche la tradizione enologica, valorizzata da produzioni di
assoluta qualità, provenienti delle regioni classiche di eccellenza: Langhe,
Monferrato e Roero; Tra i numerosi ricordiamo: Barolo, Barbaresco, Roero
Arneis, Dolcetto d’Alba, oltre alla ben nota Barbera d’Asti e del Monferrato. Di
grande pregio anche la produzione di vini bianchi, tra cui è impossibile non
ricordare l’Erbaluce di Caluso e il Gavi o Cortese Gavi, nonché numerosi vini
da dessert, tra cui il Moscato d’Asti, e il Brachetto d’Acqui. Molto conosciuti e
celebrati anche le grappe e il vermouth, inventato proprio a Torino, alla fine del
‘700, da Benedetto Carpano.
Non è quindi un caso che, proprio in Piemonte, sia nata l’Associazione Slow
Food, che opera per promuovere il consumo di cibo sano e per la tutela dei
territori e della biodiversità.
L’OGGETTO
Vanghetto o vanghello da tartufo
E’ l’utensile che si utilizza per l’escavazione del tartufo. In alcune regioni
italiane, a tutela della specie e in aggiunta alle norme nazionali, la normativa
regionale stabilisce anche le dimensioni del manico e della lama. In alcuni casi,
sono ancora realizzati a mano da abili artigiani, che utilizzano materiali di
grande qualità, come legno d’ulivo naturale e acciaio inossidabile dando vita ad
oggetti unici e bellissimi.
ITINERARI (IN) CONSUETI
LA MODERNITÀ TORINO E IL NUOVO LINGOTTO
E’ impossibile immaginare la storia italiana del novecento, senza che il pensiero
corra alla FIAT e al suo storico stabilimento produttivo “Lingotto” di Torino; un
milione di metri cubi di cemento armato, che testimoniano la storia di un uno
dei più grandi progetti industriali del nostro paese. Citato tra gli esempi,
nell’ambito del razionalismo italiano, compare - per la realizzazione
dell’autodromo sul tetto - tra le soluzioni architettoniche innovative nel saggio
“Vers une architecture” del celebre architetto e urbanista Le Courbasier. Oggi,
è annoverato tra i più importanti simboli di archeologia industriale e come
efficace modello di riconversione industriale. Dismesso dalla FIAT nel 1982, è
stato in seguito riconvertito a cura dell’architetto Renzo Piano. Oggi il “Lingotto”
è uno spazio multifunzionale in cui sono sapientemente allocate molteplici
funzioni.
Gli Uffici direzionali di importanti aziende (tra cui quello della stessa FIAT) un
auditorium, un centro congressi e uno spazio espositivo che accoglie i padiglioni
della fiera di Torino; servizi di carattere ricettivo, tra cui alberghi, ristoranti e
abitazioni con precedenza all’uso culturale. Il primo piano è interamente
occupato da una galleria commerciale, con negozi, bar, ristoranti e un multiplex.
Non mancano gli spazi dedicati ai più piccoli e un orto botanico, creato in uno
dei quattro cortili interni.
Sul tetto, quasi come fossero appoggiate, due nuove realizzazioni dello stesso
Renzo Piano: la “bolla”, costruita in cristallo e acciaio, che ospita una sala
meeting di prestigio che, collocata a 40 metri di altezza, regala gli utilizzatori
una veduta mozzafiato sulle colline torinesi e lo “scrigno”, che rappresenta il
livello più alto dello spazio occupato dalla pinacoteca intitolata a Giovanni e
Marella Agnelli. Nella pinacoteca, realizzata in acciaio e dotata di un sofisticato
sistema di illuminazione, sono custodite opere importanti, appartenenti alla
collezione privata degli Agnelli, tra cui dipinti di Canaletto, Matisse e Picasso.
Al Lingotto hanno inoltre trovato collocazione una sede distaccata del
Politecnico di Torino, che ospita i corsi di ingegneria dell’autoveicolo e quelli
della clinica odontoiatrica universitaria distaccata delle “Molinette”.
Gli interventi di Renzo Piano hanno mutato il “carattere” dello storico
stabilimento torinese, mitigando quei tratti inevitabilmente austeri, che hanno
caratterizzato l’estetica dei luoghi di lavoro per buona parte del novecento.
Oggi, il nuovo Lingotto racconta la storia di un cambiamento epocale: la
transazione verso nuovi paradigmi produttivi, orientati allo sviluppo del terziario
avanzato e all’ascesa dell’economia della conoscenza e della creatività.
PIEMONTE E I SAVOIA - LA REGGIA DI VENARIA REALE
La reggia di Venaria Reale è uno delle più importanti residenze piemontesi della
famiglia reale dei Savoia, che iniziarono nel Cinquecento a commissionare il
rifacimento degli antichi castelli inseriti nella brughiera torinese. Voluta dal
Duca Carlo Emanuele II, quale base per le battute di caccia, è stata progettata
tra il 1658 e il 1679 e rappresenta un mirabile esempio di architettura barocca.
Per lunghissimo tempo lasciata al degrado e all’incuria, è considerato oggi uno
dei più grandi cantieri di restauro europeo, che ha consentito il recupero
urbanistico e ambientale di un intero territorio. Il progetto di restauro, che ha
coinvolto numerosi professionisti e utilizzato tecnologie avanzate, ha riguardato
l’imponente struttura della reggia, le scuderie e i meravigliosi giardini, ma anche
il centro storico della città di Venaria e del vicino Borgo Castello, con le ville e le
cascine inserite nel parco regionale La Mandria, annoverato tra le maggiori
realtà di tutela ambientale in Europa.
Il sistema della Venaria Reale è un insieme architettonico-ambientale di
pregevole bellezza, arricchito da un mix equilibrato di servizi, tra cui non
mancano bar, ristoranti di qualità - come il Dolce Stil Novo, all’ultimo piano della
reggia, sopra la galleria di Diana - punti ristoro, librerie e attività didattiche.
Dichiarata patrimonio dell’umanità dall’UNESCO, è senz’altro una meta artistica
di grande interesse, ma anche un luogo di eccellente produzione culturale, che
offre uno scenario indimenticabile ad eventi, spettacoli e mostre d’eccezione,
dove è impossibile non trascorrere almeno un’intera giornata.
Vero è che, se i Savoia ne avevano fatto uno dei luoghi privilegiati per il loro
svago (la reggia apparteneva a quelle, un tempo definite residenze di “delizie e
capricci”) l’imponente progetto di recupero l’ha sapientemente trasformato in un
teatro del piacere e del divertimento contemporaneo, in grado di saziare
anche i palati più esigenti, in termini di storia, architettura e cultura
enogastronomica.
Fuori dalla reggia, nel centro storico di Venaria, in uno scorcio “da cartolina”, si
possono gustare piatti semplici e curati, e preparati con carni di grande
qualità, all’osteria “Passami il sale”
PIEMONTE E IL MEDIOEVO - SALUZZO
Splendido esempio di architettura medievale Saluzzo, situata ai piedi del
Monviso, è stata per quasi quattro secoli la capitale di un marchesato
politicamente autonomo, che si estendeva oltre la pianura saluzzese e
comprendeva le valli: Po, Varaita, Maira e Grana. Dotata di castello e di una
doppia cinta muraria si è avvantaggiata nel corso dei secoli, di una posizione
geografica che ha immensamente facilitato i rapporti commerciali e culturali con
la vicina Francia. Il marchesato ha vissuto il suo periodo di massimo fulgore nel
XV secolo, quando la realizzazione di importanti interventi di governo del
territorio e delle acque, hanno consentito lo sviluppo dell’agricoltura e
dell’economia, garantendo benessere e prosperità. Fu in qual periodo che la
città fu arricchita di importanti monumenti e di quelle soluzioni urbanistiche che
rendono ancora oggi il suo centro storico un gioiello di architettura e arte.
Saluzzo oggi è una pittoresca cittadina, immersa in una campagna ridente e
fertile (è un importante centro di produzione frutticola) dove è possibile
soggiornare e divertirsi, grazie a strutture ricettive di qualità e ad una offerta
culturale ricca e variegata.
In un piccolo e sperduto centro, a pochi chilometri da Saluzzo, alla Locanda per
Viandanti e Sognatori, è possibile assaggiare una cucina creativa e naturale,
che reinterpreta con grande raffinatezza, piatti tipici della tradizione della Val
Varaita.
DA NON PERDERE
Eatitaly
Il più grande centro enogastronomico del mondo, specializzato nella
somministrazione e vendita di prodotti tipici e di alta qualità. Localizzato nei
vecchi stabilimenti di produzione del vermouth Carpano a Torino, proprio
accanto al Lingotto, è un luogo unico in cui, oltre che acquistare e consumare
ottimi prodotti, è possibile approfondire la proprie conoscenze sul cibo e sui
territori di provenienza. Eatitaly che ha già diverse sedi sparse sul territorio
nazionale e internazionale (tra cui Roma Milano, New York e Tokio) continua ad
ampliare la sua rete con nuovi punti vendita in apertura a Firenze e Bari.
Impossibile, dunque, visitare Torino e non vedere il tempio del “made in Italy”
gastronomico.
SCRITTORI E STORIE DEL PIEMONTE
Vestivamo alla marinara, Susanna Agnelli - Mondadori
“Don’t forget you are an Agnelli……” .
Pubblicato nel 1975, raccoglie le memorie di Susanna Agnelli dall’infanzia fino
al matrimonio, celebrato immediatamente dopo la fine del secondo conflitto
mondiale. Un resoconto accorato e vivace della vita quotidiana dell’alta società
italiana negli anni venti e trenta. Profondamente consapevole di avere condotto
da sempre un’ esistenza privilegiata, l’autrice dipinge, con grande sensibilità,
l’infanzia e la giovinezza degli eredi della più grande dinastia industriale italiana.
Racconta delle relazione con i genitori, della rigida educazione ricevuta e del
senso di responsabilità indotto a lei e a suoi fratelli, in particolare a Gianni –
erede designato dal nonno – che, dalla fine degli sessanta, avrebbe contribuito
a trasformare Torino nella città del sogno del lavoro.
EVENTI ENOGASTRONOMICI, SAGRE E FIERE
Vastissimo il panorama di eventi gastronomici di carattere internazionale,
organizzati nella regione Piemonte, i più importanti sono:
BITEG (Borsa Internazionale del Turismo Enogastronomico)
Cheese Le forme del latte
CioccolaTO
Salone nazionale di vini selezionati Douja d’Or
Fiera nazionale del marrone
Fiera internazionale del tartufo bianco d’Alba
Salone internazionale del gusto che dallo scorso anno ospita anche l’evento
organizzato da Terra Madre, una rete internazionale che promuove e incoraggia
metodi di produzione alimentari sostenibili.
Nelle diverse provincie piemontesi sono tantissime anche le sagre e fiere
stagionali, dedicate alla promozione dei prodotti tipici locali. Tra le più
“appetitose” suggeriamo:
Antica fiera delle ciliegie di Dogliani, a Dogliani (CN), nel mese di maggio;
La Transumanza a Pont Canavese (TO), nel mese di settembre;
Festival della Sagre ad Asti, nel mese di settembre;
La sagra della trippa a Passerano Marmorito (AT), nel mese di ottobre;
Festa della Bagna Cauda a Faule (CN), nel mese di ottobre;
Festa della castagna a Roccavione (CN), nel mese di ottobre;
Sagra della salsiccia a Bra (TO), a fine marzo, inizio aprile;
Sagra del peperone a Carmagnola (TO) nel mese di settembre;
Fiera nazionale del bue grasso a Carrù (CN), nel mese di dicembre;
Sagra della nocciola a Cortemilia (CN), nel mese di agosto;
Sagra del salam ‘d patata a Settimo Rottaro (TO), nei mesi di gennaio e
febbraio;
Festa della Barbera a Castagnola delle Lanze (CN), in maggio.
ALTRI EVENTI
Per gli appassionati di moda, o per chiunque sia attratto dal genio e dalla
creatività italiane, è di sicuro interesse ROBERTO CAPUCCI. LA RICERCA DELLA
REGALITÀ che, fino all’8 settembre
2013, nello splendido scenario della Reggia di Venaria Reale, mette in mostra
cinquanta abiti realizzati dal celebre stilista Roberto Capucci per principesse,
star e dame dell’alta società.
PUGLIA
• 50 g di cicerchia
• 50 g di fave secche
• 50 g di fagioli
• 50 g di piselli secchi
• 100 g di grano
• 1 peperoncino
LA CAPRIATA
La sera prima mettere a bagno gli ingredienti in acqua salata; il giorno
successivo scolare l’acqua, sciacquare e mettere il tutto in una pentola.
Aggiungere un peperoncino, aggiustare di sale, versare un po’ d’olio e coprire di
acqua. Cuocere per circa due ore e mezzo, quindi condire con olio extravergine
crudo e servire su due crostini di pane abbrustolito.
Preparazione
Ingredienti per 4 persone:
La capriata è un piatto antichissimo diffuso in tutta la regione con piccole
varianti, a seconda della zona. Le fave secche compaiono quale ingrediente
basilare, a cui si aggiungono, a seconda dell’area di provenienza e della
disponibilità, altri elementi, tra cui cereali e verdure. In Puglia si trova, per lo più,
la versione più semplice, che prevede il semplice accostamento con le cicorie
che, con il gusto leggermente amarognolo, bilanciano perfettamente la
dolcezza delle fave. La versione descritta è, con tutta probabilità, una variante
originaria dalla zona di confine con la Basilicata, dove la stessa preparazione è
conosciuta con il nome di “arrapat” e privilegia l’aggiunta di altri legumi e cereali.
La capriata ha origini antichissime, l’etimologia della parola riporta al greco
“kapiridia”(focaccia fatta di grano pestato). Aristofane nella sue commedia “Le
Rane”, racconta di come Ercole, figlio di Giove, se ne cibasse in abbondanza,
per ritemprarsi prima di intraprendere le sue leggendarie fatiche.
CENNI SULL’ORIGINE DEL PIATTO
al ristorante del Borgo Bianco Resort & Spa di Poglignano a mare; Trattoria
Ambasciata Orsarese, via Tenente Iorio, 53 Foggia; Ristorante Peccato di Vino
Otranto.
DOVE ASSAGGIARLA
CARATTERISTICHE ENOGASTRONOMICHE E PRODOTTI TIPICI
La Puglia è una regione pressoché pianeggiante, l’assenza di rilievi montuosi di
una qualche rilevanza, capaci di rappresentare barriere naturali, sia verso
l’interno, che verso l’esterno, ha contribuito, non solo a rendere piuttosto
omogenea la cucina regionale, ma anche ad esporla all’influenza delle culture
gastronomiche delle regioni confinanti. In effetti, la Puglia condivide non pochi
prodotti e preparazioni con la vicina Basilicata e, in generale, con le altre regioni
del sud; solo per fare un esempio, l’utilizzo delle fave ridotte in purea, è una
modalità costante diffusa anche in Sicilia e Calabria e conosciuta con il nome di
Maccu.
Le dominazioni occorse in epoche antiche, hanno ugualmente contaminato la
gastronomia pugliese, che ha altresì assimilato tradizioni gastronomiche di altri
popoli.
La conformazione del territorio, costituito da zone pianeggianti e collinose e da
un clima particolarmente mite ha, di fatto, privilegiato lo sviluppo dell’agricoltura
e dell’allevamento. La tradizione gastronomica è caratterizzata dall’utilizzo
creativo dei prodotti della terra, in particolare cereali, legumi e ortaggi, tra cui
spiccano due tipicità: il lampascione e il fungo cardoncello. Anche la
frutticoltura, in particolare, gli agrumi trovano nella zona del tarantino un area di
eccellenza; La frutta secca e quella fresca essiccata, in particolare i fichi, è
spesso impiegata insieme a miele e mosto di uva nella preparazione dei dolci
tipici pugliesi: mostaccioli e cartellate. Diffusissima la coltivazione della vite e
dell’ulivo, tanto che la produzione dell’olio extravergine di oliva rappresenta, sia
qualitativamente, che quantitativamente, il portabandiera della regione. Dal
promontorio del Gargano fino al Salento si contano ben cinque oli extravergini
di oliva a denominazione di origine protetta: Dauno DOP, Terre di Bari DOP,
Collina di Brindisi DOP, Terre Tarentine DOP e Terre d’Otranto DOP. Per
assaporarne appieno il gusto, che si distingue a seconda della varietà degli
olivi utilizzati e delle caratteristiche del terreno, è sufficiente abbinarlo ad un'altra
bontà tipica, il pane di Altamura; la cultura gastronomica popolare pugliese è,
del resto, molto legata alla tradizione del pane, alimento povero che
caratterizzava, anticamente, la cucina frugale dell’entroterra; abbrustolito sul
camino e abbinato a olive, erbe di campo, verdure fresche, oppure conservate
sottolio, spesso in modo casuale o determinato dalla disponibilità degli
ingredienti, non mancava nel convivio dei contadini ed è, ancora oggi,
protagonista dei gustosissimi antipasti tipici della cucina pugliese.
I prodotti da forno sono innumerevoli, molti dei quali condivisi con altre regioni
del sud, dai notissimi taralli, spesso aromatizzati con finocchio o peperoncino,
alle friselle, senza tralasciare la tipica focaccia pugliese, condita con il
pomodoro fresco e la gustosissima “puddica”, preparata con farina e patate e
condita con cipolle e pomodoro fresco.
La coltivazione dei cereali, in particolar modo del frumento, racconta sul
territorio una storia antichissima, tanto è vero che la Puglia è considerata
l’antica capitale del grano; pur vantando produzioni industriali di grande qualità,
che la collocano in una posizione di sicuro rilevo nella filiera della produzione di
pasta in Italia, la regione conserva intatta la tradizione della pasta fresca; nel
pranzo della domenica sono, ancora oggi, molto presenti, strascinati,
orecchiette e cavatelli, rigorosamente fatti in casa, conditi con la cima di rapa o
alla barese, con un ragù preparato con carne di maiale, agnello manzo e
salsiccia.
Dalla tradizione contadina provengono anche le zuppe, preparate con cereali e
legumi, una volta lessati in pignate di terra cotta; proprio la zuppa, fave e
cicorie, classica pietanza povera locale, è divenuta di gran moda, negli ultimi
anni, rivisitata da grandi chef e servita nei migliori ristoranti, non solo in Puglia.
La coltura dei legumi dominante in tutta la cucina mediterranea, trova alcune
delle sue eccellenze in due prodotti regionali: il cece nero della Murgia Carsica
e la fava di Carpino.
Lo sviluppo dell’attività di allevamento ha, con il tempo, arricchito quella cucina
frugale povera e, spesso casuale, di uova, formaggi e carne, in prevalenza
ovina, anche se non mancano eccellenze nell’allevamento bovino; tra i presidi
slow food della Puglia, troviamo la Vacca podolica del Gargano e la Capra
garganica.
I formaggi freschi a pasta filata primeggiano nella zona di Andria, luogo di
eccellenza per la produzione e lavorazione del latte, che vede una notevole
presenza di caseifici, anche artigianali; oltre alla famosissima mozzarella,
meritano una menzione particolare la burrata e il Fiordilatte, in particolare
quello prodotto dal Caseificio Olanda, selezionato dal Gambero Rosso tra i
dieci migliori d’Italia.
Quasi totalmente bandita dall’alimentazione moderna, particolarmente attenta
alla salute, in Puglia, la frittura resta una modalità di cottura molto adoperata;
lungo le stradine lastricate del borgo antico di Bari, l’aria è intrisa dall’odore di
frittura proveniente da padelloni fumanti dove, ancora oggi, si friggono
sgagliozze, tranci di polenta fritta e pòpizze, frittelle sferiche croccanti fuori e
morbide dentro, fatte con un semplice impasto di farina; due preparazioni tipiche
della gastronomia tradizionale barese.
Attraversando la Puglia sono tantissimi i colori, gli odori e i sapori che si
sovrappongono, non ultimo quello del pesce, perché la variegata gastronomia
pugliese, si riassume nella antica tradizione contadina delle Murge, nella bontà
dei prodotti essiccati o conservati sottolio, arte e genialità della terra dei trulli,
ma anche nella varietà dei prodotti ittici di cui dispone, grazie agli oltre
ottocento chilometri di costa che la percorrono. Ed ecco la pasta fresca,
sublimata dai meravigliosi sapori del mare, con il ragù declinato alla marinara,
chiamato ciambotto, le zuppe di pesce, il polpo cucinato nella tradizionale
pignata salentina e la tiella di riso patate e cozze, dove traspare con forza la
contaminazione culinaria originata dalla dominazione spagnola; e, per finire,
una irrinunciabile usanza dei baresi, il “crudo di mare”, trionfo di molluschi,
crostacei e prelibati ricci; per assaggiarlo sono due gli indirizzi, entrambi a Torre
a Mare, borgo di pescatori poco distante dal centro della città: da Nicola - viale
Principe di Piemonte, 3 tel 080 5430043 - locale a conduzione familiare con
annessa pescheria e terrazza sul porticciolo, che propone un menù tradizionale,
apprezzabile soprattutto per la freschezza del pesce e la più recente Taverna Le
Rune, biosteria con piatti della cultura mediterranea, interpretati in modo
creativo e con un tocco “fusion”. Insolito, ma riuscito, l’accostamento tra pesce e
birra artigianale.
A dispetto dell’antichissima tradizione della coltivazione della vite, che in Puglia
risale addirittura a circa duemila anni prima di Cristo, la produzione di vini con
prerogative adeguate alla qualità dell’uva, è storia relativamente recente. Fino a
non molti anni fa, infatti, i vini pugliesi servivano prevalentemente per esaltare
vini prodotti al nord. Per contro, oggi, la Puglia ha raggiunto una qualità
elevatissima nella produzione. La gamma è vastissima, dalla Daunia al Salento;
segnaliamo alcuni tra i vini doc maggiormente apprezzati, provenienti da vitigni
autoctoni: San Severo, Cacc'è Mmitte di Lucera, Primitivo di Manduria,
Moscato di Trani, Ostuni, Aleatico di Puglia, Salice Salentino, Leverano,
Squinzano e l’ormai famosissimo Negroamaro. Di recente, la regione ha
ottenuto notevoli riconoscimenti per la produzione di vino rosato, una tipologia
che sta riscuotendo grande interesse tra i consumatori; dei dieci principali vini
rosati prodotti in Italia, ben quattro provengono dal territorio pugliese.
L’OGGETTO
La Pignatta Salentina
E’ una pentola tradizionale di terracotta, realizzata interamente a mano da
artigiani, detti “figuli” che, in terra salentina continuano a lavorare la creta e
l’argilla con tecniche secolari. Usualmente dotata di due manici, posti
appositamente a distanza ravvicinata per facilitarne la presa, la “pignata” è
smaltata solo fino all’altezza dei manici, così da poterla posizionare
direttamente tra le braci anche se, attualmente, si utilizza anche su piani di
cottura moderni. La parte meno rifinita e porosa, oltre a resistere al contatto con
la fiamma, consente al contenuto di respirare e di rimanere in temperatura.
Nella “pignata” si cucinavano e si cucinano tuttora pietanze prelibate a base di
carne, pesce, legumi e verdure.
DA NON PERDERE
La Notte della Taranta
Dedicato alla pizzica salentina e alla sua fusione con altri linguaggi musicali, è
il più grande evento di musica popolare in Europa. La kermesse prevede un
festival itinerante, che visita diversi comuni della Grecia Salentina e un
concerto finale, a Melpignano, solitamente diretto da un musicista di prestigio;
lo scorso anno, il maestro concertatore è stato Goran Bregovich. La Notte della
Taranta è un evento molto partecipato di cui lo spettatore è veramente parte
attiva, coinvolto in un turbinio di musica e danza, fino all’ultimo respiro. L’evento
attira ogni anno un numero notevole di visitatori, anche dall’estero. La serata
finale dell’ultima edizione del 2012 ha potuto contare sulla presenza di oltre
centoventimila persone e ha visto la partecipazione di grandi nomi della musica
internazionale.
AUTORI E STORIE IN PUGLIA
La guerra dei cafoni, Carlo D’Amicis
“ …Questo è il mondo”, sputa infine. “La società. Il progresso. Intorno a noi,
Francisco Marinho, tutto sta cambiando”. Serro la mascella. Conto fino a dieci.
Mi ostino a fissare il marchio delle mie Adidas — semplicemente perfetto — e
mi chiedo cosa ci sia da cambiare. In che cosa dovrebbe consistere ‘sto
benedetto progresso …”
Estate del 1975 Torrematta, località fittizia del Salento ionico, è lo scenario entro
cui si dipanano le vicende di Angelo, detto Francisco Marinho (noto calciatore
brasiliano dell’epoca), ragazzino quattordicenne benestante che, durante le
vacanze estive, diventa protagonista dello scontro che, da sempre, contrappone
i figli della borghesia ai figli dei contadini, dei pastori e dei pescatori, una lotta
per la difesa del territorio e dei privilegi. Marinho è ossessionato dal fastidio per
i “cafuni”, vuole mantenere l’ordine sociale, la divisione di classe e la continuità
storica che tanto lo rassicurano. Le sue certezze finiranno per essere demolite,
sia per l’affacciarsi di un sentimento verso una “cafoncella”, sia per i profondi
cambiamenti che investono l’Italia e che contribuiscono al fallimento strutturale
di una divisone così netta tra i due poli. I cafoni, lasciano le loro case per
andare a lavorare all’Italsider e iniziano a desiderare e ad avere quello che
prima era loro precluso, mentre molti signori iniziano a faticare a mantenere
proprietà e privilegi. La contrapposizione non è più così definita, perché non è
ancora determinata da ciò che si è, ma da ciò che si ha. Il libro è una sorta di
metafora del passaggio interminabile da società contadina a paese post
moderno, ma anche la storia di un tempo e di una generazione.
ITINERARI (IN) CONSUETI
Tra le regioni del sud, la Puglia è sicuramente quella che, più di tutte, ha saputo
mettere a frutto elementi naturali e paesaggistici di incredibile bellezza, una
identità culturale forte e una cucina locale creativa, ricca di odori e sapori
autentici, vanto di una tradizione gastronomica che si rinnova di continuo, pur
essendo profondamente radicata nel territorio. Attraversata, soprattutto negli
ultimi venti anni, da un fermento culturale senza pari, è fucina di arte e
creatività, tanto da riuscire a catalizzare l’attenzione di un target di visitatori
sempre più ampio ed eterogeneo. La Puglia si svela offrendo un’ampia scelta di
itinerari: città d’arte, campagna, parchi naturali e mare; percorsi che, valorizzati
da un’ospitalità schietta e genuina e da una gastronomia eccellente, si snodano
tra castelli medievali, architetture barocche, masserie e dimore storiche e
splendide spiagge.
BARI E LE MURGE: LA CITTA’ VECCHIA, IL LUNGOMARE, PAESAGGI RUPESTRI E
SAPORI CONTADINI
Gli interventi di riqualificazione urbana che hanno riguardato la città di Bari a
partire dalla metà degli novanta, hanno consegnato ad abitanti e visitatori una
città trasformata, sia nella dimensione fisica e infrastrutturale, che in quella
socio economica. La rivitalizzazione della parte di Bari Vecchia adiacente al
mare e a luoghi simbolici importanti, come la Cattedrale, il Castello Svevo e la
Basilica di San Nicola, ha contribuito notevolmente a ridurre gli spazi di degrado
e a rilanciare attività economiche e sociali. La promozione della città vecchia
con la ricollocazione di laboratori artigianali e artistici, negozi, bar e trattorie, ha
regalato alla città nuovi spazi di socializzazione e diffusione di cultura, in grado
di catalizzare l’interesse dei cittadini, ma anche dei visitatori, compresi quelli
stranieri, che sempre più numerosi accorrono nel capoluogo pugliese. Tanti gli
scorci suggestivi, nell’ambito della città antica: un avvicendarsi continuo di
vicoli, chiese, botteghe e piazze, come piazza Mercantile, dall’arredo urbano
completamente rivisitato e piazza del Ferrarese che collega il centro storico
all’ottocentesco quartiere “murattiano”, dal fascino borghese. Stupendo l’edifico
dell’Acquedotto Pugliese affacciato su via Bozzi, elegantissima con i suoi
concept store, gli show room di interior design, le boutique e i locali storici.
Bellissimo e suggestivo il lungomare, con palazzi di grande pregio
architettonico, come il teatro Margherita, progettato completamente in stile
Liberty e ristrutturato di recente, e il Grande Albergo delle Nazioni, storico hotel
degli anni trenta, dichiarato patrimonio storico dal Ministero per i Beni Culturali.
Un tempo ritrovo di aristocratici e artisti, è stato riportato agli antichi splendori
con un restyling giocato sul tema del film “polvere di stelle”, girato negli anni
settanta al teatro Petruzzelli di Bari.
Oggi, Il Boscolo Bari è ritornato ad essere, come un tempo, salotto mondano
della città, con la terrazza panoramica, la champagnerie e due ottimi ristornati
(ABC e Polvere di Stelle) che propongono una cucina raffinata, che coniuga
mirabilmente tradizione gastronomica locale e innovazione. Per provare,
invece, la cucina barese più tradizionale, con interessanti inserti creativi e una
buona scelta di vini, quasi tutti di provenienza locale, c’è il ristorante La
Locanda di Federico, mentre per gli amanti del pesce, non lontano dal teatro
Petruzzelli, si può provare il ristorante Ai 2 ghiottoni.
Lasciata Bari inizia il percorso nell’entroterra delle Murge; la prima tappa è la
zona di Andria per una visita a Castel del Monte, il maniero federiciano
capolavoro unico dell’architettura medievale, appartenente alla rete castellare
sveva; di sicuro interesse anche la visita alle Chiese Rupestri della città. Sul
territorio andriese l’itinerario gastronomico alla scoperta dei sapori delle Murge,
può contare su due luoghi di grande qualità, il Ristorante Umami, dall’inusuale
nome giapponese, con una cucina ancorata alla tradizione, ma rinnovata dalle
curiose divagazioni dello chef; è ubicato poco fuori Andria, nel contesto di una
villa ottocentesca con volte in pietra a vista e arredi minimal; l’altra proposta
riguarda il ristorante Antichi Sapori di Montegrosso, celebrato tempio del gusto
della regione, caratterizzato dall’impiego esclusivo di prodotti del territorio. In
poco più di un’ora si raggiunge Gravina in Puglia, città d’arte immersa nel
suggestivo panorama delle gravine. Il centro storico è semplicemente
meraviglioso e la proposta della Trattoria Mamma Mia!! con vista sulle gravine
e tanti piatti tipici, è un’esperienza imperdibile. Senz’altro da visitare anche le
chiese, tra cui la chiesta rupestre di San Michele delle Grotte e il Santuario
Madonna della Stella che si raggiunge percorrendo un antico viadotto
settecentesco.
Per chi ama gli itinerari in mountain bike o il trekking a piedi, l’info point del
Parco Nazionale dell’Alta Murgia, a Ruvo di Puglia, offre proposte interessanti;
proprio nell’ambito dei tredici comuni del parco si è svolto nel mese di maggio
2013, il primo Festival della Ruralità, una iniziativa che intende consolidarsi
diventando un appuntamento annuale.
OSTUNI LA CITTÀ BIANCA , CEGLIE TERRA DEI MESSAPI E CISTERNINO PICCOLO
GIOELLO NELLA MURGIA DEI TRULLI
La scorgi da lontano, Ostuni, appesa alla cima di un colle dalle pareti ripidissime
ed è proprio la cartolina che ti aspetti di vedere; rarefatta nel bianco
abbacinante delle case dipinte a calce, appare quasi come un miraggio. La
cittadina è poi un alternarsi di stili: l’obelisco barocco del protettore Santo
Oronzo, l’antico convento francescano che oggi ospita il municipio e la facciata
tardo gotica della cattedrale. Il centro storico, inimitabile esempio di architettura
popolare, è un labirinto di vicoli e scale, archi e portali, ma anche di negozietti,
trattorie e localini che le sere d’estate si animano per accogliere i visitatori. Nel
punto più alto di Ostuni, sempre nel centro storico cittadino, il Relais “Le
Sommità”, boutique hotel di grande charme, accoglie gli ospiti in una dimora del
500, arredata all’insegna del design più moderno; al suo interno, il ristorante “Il
Cielo”, propone una cucina raffinata con piatti della tradizione pugliese, come
l’Acquasale di mare o l’Agello della Valle d’Itria, rivisitati in chiave
contemporanea da Sebastiano Lombardi, chef che nel 2013 ha conquistato la
sua prima stella Michelin. Sempre nel centro storico all’ Osteria del Tempo
Perso si può scegliere se desinare in una suggestiva grotta, antico forno del
1500, oppure in una sala museo che espone una collezione unica di attrezzi
della civiltà contadina, di uso comune tra gli ostunesi. La cucina è quella tipica
del territorio.
A pochi chilometri, non lontana da alberi di ulivo secolari, la marina di Ostuni è
un incantevole affresco sui toni dell’azzurro e del cobalto, un mare bellissimo
che da oltre sedici anni conquista la bandiera blu, per la qualità delle acque,
delle coste e dei servizi. Il tratto di costa su cui si affacciano le località della
marina di Ostuni (Torre Ponzelle, Villanova, Rosa Marina..), si chiama riviera dei
Trulli e si sviluppa da Torre Canne Terme per circa cinquanta chilometri, tra
spiagge sabbiose, pervase dalla macchia mediterranea, e calette appartate;
diversi tratti dell’ambiente costiero sono compresi nel Parco delle Dune Costiere
da Torre Canne a Torre San Leonardo e la Riserva Naturale di Torre Guaceto,
un ambiente naturale protetto e tutelato, in cui è inserita anche la meravigliosa e
omonima spiaggia.
Poco lontano dalla costa e da Ostuni, un'altra antichissima città d’arte e di
buona cucina sorprende i visitatori con il suo patrimonio artistico e le stupende
testimonianze legate a riti dell’uomo preistorico; a Ceglie Messapica, infatti,
sono numerosi i megaliti che raccontano della presenza dell’uomo sin da tempi
antichissimi. In ambito gastronomico, il ristorante CIBUS è un vero e proprio
luogo di conoscenza per addentrarsi nella cultura e nella storia locale; ogni
piatto è servito insieme a racconti relativi alla provenienza degli ingredienti e
alla stagionalità e l’ottima cucina è il risultato di una ricerca incessante sui
possibili abbinamenti tra i diversi prodotti locali. Cucina di alto livello, qualità,
eleganza e grande ospitalità anche al Fornello da Ricci, sempre a Ceglie
Messapica, in contrada Montevicoli, tel. +390831377104.
Pochi chilometri e nel paesaggio si intensifica la presenza dei trulli, architetture
di tipo primitivo, realizzate in pietra a secco e presenti esclusivamente nella
Puglia centro meridionale. Caldi di inverno e freschi d’estate, sono stati per lo
più restaurati e trasformati in residenze per vacanze, bed&breakfast, ristoranti e
luxury hotel, come le Alcove di Alberobello. La località di Alberobello è, tra
l’altro, l’unica che conserva due interi rioni completamente costituti da trulli e
riconosciuti dall’Unesco patrimonio dell’umanità. Poco distante, sempre nella
valle d’Itria, in un tripudio di colori e sapori c’è un altro gioiello da scoprire:
Cisternino, annoverata tra i borghi più belli d’Italia; la cittadina è un classico
esempio di architettura spontanea, dove case, vicoli, cortili e scale sono
semplicemente soluzioni architettoniche necessarie, spazi di aggregazione e
luoghi da condividere. Qui, il fattore gastronomico ha un ruolo importantissimo
perché a Cisternino si celebra la tradizione della carne al fornello, una sorta di
“contest” della carne che le stesse macellerie vendono e cucinano direttamente
nei tipici fornelli, spesso all’aperto. La scelta è veramente vastissima e quasi
sempre di qualità, come alla Macelleria Salumeria Pietro De Mola Via Duca
D'Aosta,3 tel. 080 4448300 oppure al Vecchio Fornello di Santino Via
Basiliani,18 tel 080 4441113. Molto carina anche l’ Enoteca con cucina il Cucco,
anche se al di fuori del rito collettivo della carne alla brace.
EVENTI ENOGASTRONOMICI, SAGRE E FIERE
Oltre agli eventi in ambito enogastronomico e alle tradizionali sagre, di seguito
elencate, la Puglia ospita fiere e saloni, anche di rilevanza internazionale.
Fiere ed eventi enogastronomici di carattere nazionale e internazionale:
Agrimed, salone dell’agroalimentare, Fiera del Levante (BA);
Agro.Ge.Pa.Ciok., salone nazionale della gelateria, pasticceria, cioccolateria
e dell’artigianato agroalimentare, Lecce Fiere (LE);
Levante Prof, salone Internazionale della panificazione, pasticceria, gelateria,
pizzeria, birra, vini, bar, ristorazione, paste fresca, pubblici esercizi e hotel, Fiera
del Levante (BA)
Festival della Ruralità, evento diffuso nei paesi del Parco Nazionale dell’Alta
Murgia;
Fiera nazionale del carciofo mediterraneo, San Ferdinando di Puglia (BT).
Sagre:
Festa del novello a Leverano (LE), nel mese di novembre
Fiera della fica Mandorlata e dei prodotti tipici, San Michele Salentino (BR),
nel mese di agosto;
Negroamaro wine festival a Brindisi, nel mese di giugno;
Sagra della carne e del caciocavallo podolico, a Carpino (FG) nel mese di
agosto;
Sagra della cucuzzata, a Santa Cesarea Terme (LE) nel mese di agosto;
Sagra della pasta fatta a mano, a Castelluccio Valmaggiore (FG) nel mese di
agosto;
Sagra del polpo, a Mola di Bari (BA), nel mese di agosto;
Festa te lu mieru, a Carpignano Salentino (LE) tra fine agosto e inizio
settembre;
GustoSia, a Fasano (BR) nel mese di novembre;
Sagra delle clementine, a Palagiano (TA) nel mese di novembre;
Sagra della cartellata, a Trani (BA) nel mese di dicembre;
Sagra della pettola, a Rutigliano (BA) nel mese di dicembre;
Sagra delle fave e delle olive, a Giovinazzo (BA) nel mese di gennaio;
Sagra della farrata, a Manfredonia (FG) nel mese di febbraio
Sagra dell’Agnello, a Celle San Vito (FG) nel mese di aprile
ALTRI EVENTI
Festival dell’Innovazione Puglia, evento diffuso a Bari;
Bif&st, Bari International Fil&tv Festival, evento diffuso a Bari;
Imaginaria Film Festival a Conversano;
Culturanze, eventi diffusi su tutto il territorio del Salento.
Default 13, Masterclass in Residence: arte, città e riqualificazione, presso
Manifatture Knoss a Lecce dal 17 al 26 settembre 2013
SARDEGNA
• 500 g di polpa di maiale
• Costine
• Piedini
• Orecchie
• Ossa di maiale (eventuali)
• 300 g di salsiccia fresca
• 200 g di pancetta
• 500 g di fave secche
• 4 mazzi di finocchietti selvatici
• 2 finocchi
• 2 mazzi di cardi
• Foglie di cavolo
• 2 cipolle lunghe
• 200 g di lardo
• 2 pomodori secchi
• Aglio
• Prezzemolo
• Peperoncino
FAVATA
Tenere le fave ammollate in acqua dal giorno precedente.
Ottenere con le carni il brodo e mettervi a cuocere le fave per circa un'ora
assieme ai finocchietti tagliati a pezzetti.
Appena cotto aggiungere i cardi mondati, le foglie di cavolo, i finocchi, le
cipolline tagliate a fette.
A fine cottura aggiustare di sale grosso, rituffare le carni nel brodo arricchito.
Completare con il pesto ottenuto dal battuto di lardo, dai pomodori e dagli altri
ingredienti.
Preparazione
Ingredienti per 4 persone:
Pane e vino di Sardegna, via Dante 32, Cagliari
DOVE ASSAGGIARLA
CARATTERISTICHE ENOGASTRONOMICHE E PRODOTTI TIPICI
Un'isola con una gastronomia multiforme: questa è la Sardegna, una regione
che ha tratti quasi “esotici” in molte sue espressioni culturali. La cucina non è da
meno: le aragoste e i tonni di Carloforte convivono con i malloreddus
(gnocchetti sardi), con l'arcinoto maialetto arrosto, e con preparazioni ancor più
ancestrali a base d'agnello, grande risorsa sarda.Proprio da questa cultura della
pecora e della capra, ci viene uno dei prodotti più rari: il callu de cabreddu. Si
tratta di uno stomaco di caprettoin cui è versato latte di capra: il caglio presente
nello stomaco fa coagulare il latte, che diventa così un particolarissimo
formaggio. Anticamente si usava addirittura lo stesso stomaco ancor pieno di
latte di un capretto appena ucciso, sfruttando quindi il latte già presente.Gli altri
formaggi sardi sono senza dubbio più facili da approcciare. Il Pecorino Romano
DOP, che fa riferimento, nel nome, a quei soldati romani cui spettavano razioni
di formaggio, è prodotto quasi totalmente in Sardegna: di grandi dimensioni, è
caratterizzato da una pasta dura, perfetta da grattugiare. Più piccolo, ma
ugualmente idoneo a stagionatura, è anche il Pecorino Sardo DOP, mentre il
Fiore Sardo DOP ha un sapore più dolce. Assai ricercato è il Pecorino di Osilo,
molto raro, prodotto nel Sassarese e caratterizzato dalla pasta molto pressata.
Tra i formaggi di latte di mucca, è oltremodo interessante il Casizolu del
Montiferro: un formaggio della famiglia dei caciocavalli, ottenuto anche da latte
di antica razza sardo-modicana.Salumi? Anzitutto, la salsiccia sarda di maiale,
di forma allungata e spesso piegata a U. Poi, il prosciutto crudo, spesso
ottenuto da maiali allo stato brado: uno dei più famosi è quello di Desulo, un
piccolo centro sulle pendici del massiccio del Gennargentu. Da tempo, inoltre,
qualche azienda ha lanciato la produzione di caratteristici insaccati di pecora,
molto saporiti.E' impossibile chiudere la rassegna gastronomica sarda senza
menzionare la bottarga di muggine, ottenuta dalle uova dei cefali essiccate:
quella dello stagno di Cabras, vicino Oristano, è particolarmente rinomata.Il vino
sardo per antonomasia è il Cannonau, un rosso di gran corpo, ottenuto da
un'uva che si dice imparentata con la grenache.
L’OGGETTO
IL SA CROBI
Sa Crobi o Sa Corbula e' una cesta di grandi dimensioni - un contenitore di
vimini intrecciato.
I personaggi storici che lo hanno piu' utilizzato a tal punto da trasformarlo
in letto per la notte e strumento di lavoro di giorno sono stati i " Piccioccus de
Crobi " Sono figure caratteristiche della vita cittadina a cavallo tra il XIX e il XX
secolo. Si trattava di ragazzini -servitori di piazza - che per pochi soldi
trasportavan nella loro cesta le merci di chi acquistava ai mercati.
Appartenevano agli strati più umili della società e il periodo nel quale lavoravano
era tra i dieci e i diciotto anni di vita. La crobi (cesta) era il segno del loro
mestiere. Sono espressione di un mondo povero e spesso equivoco. Non
avevano una dimora stabile e spesso stazionavano a Cagliari sotto i portici della
Via Roma vicino al palazzo Vivanet, nella zona intorno ai vecchi mercati del
Largo Carlo Felice, o sulle banchine del porto e la stazione ferroviaria.
Oggetto Sardegna
ITINERARI (IN) CONSUETI
La Sardegna settentrionale, quella sassarese, presenta tratti selvaggi che
tuttora incantano. Perfino Alghero, bella città rivierasca di tradizione catalana,
ha dei dintorni che sembrano incontaminati. Per esempio, Monti Sixeri, un
comprensorio agrituristico di appartamenti e di allevamento allo stato brado di
maiali, da cui Domenico e Pasquale Manca traggono un eccellente prosciutto.
Nel complesso, è presente un ristorante, Le Pinnette, che cucina pietanze sarde
classiche.
Andando verso l'interno, il paesaggio diventa più aspro, e il turismo diminuisce.
Il paesino di Villanova Monteleone è un tipico esempio di sonnolenta cittadina
sarda, tranquilla e isolata. Tuttavia qui non si resta con le mani in mano: la
Cooperativa Allevatori Villanovesi produce il formaggio più famoso della
Sardegna, il Pecorino, per non parlare della ricotta.
Andando più su, incontriamo Putifigari, paesino ancor più minuscolo, con una
chiesa parrocchiale cinquecentesca. Poi Uri, una delle città simbolo del carciofo
spinoso sardo, che qui è già pronto agli inizi di novembre. Nelle vicinanze,
conviene visitare la necropoli nuragica di Santu Pedru, di alcune migliaia di anni
prima di Cristo.
Un ultimo indirizzo per il vino: Gianni “Billa” Cherchi, di Usini, realizzatore di
formidabili vini rossi come il Cagnulari e il più noto Cannonau.
LA SARDEGNA DIMENTICATA
Carloforte, sull'isola di San Pietro, è forse il posto più particolare della
Sardegna. Si può quasi considerare una propaggine di Genova in terra sarda: fu
colonizzata nel '500 da oriundi della capitale ligure, che vi traslarono una
porzione cospicua della loro cultura. Tant'è che anche oggi a Carloforte si parla
il tabarchino, un dialetto di tipo genovese.
Non troppo antica, è comunque bella da vedere la neoclassica chiesa di San
Carlo, mentre il centro del paesino ha mantenuto quasi completamente la sua
fisionomia. Una tradizione molto importante è quella della tonnara, una delle
ultime rimaste in attività. Un'altra tonnara storica è poi quella di Portoscuso,
sulla terraferma. Tornando a Carloforte, il posto più tradizionale dove mangiare
è Al Tonno di Corsa: mosciame, bottarga, “cascà” alla tunisina. Per comprare il
tonno, affidatevi all'azienda conserviera che ha il controllo delle tonnare.
CARLOFORTE
DA NON PERDERE
I Tenores
Il canto sardo tradizionale a cappella, ancora diffuso in molti piccoli paesi, è di
bellezza struggente, e ha un gran numero di estimatori in tutta l'Italia.
CONTENUTO IN PREPARAZIONE ….
SICILIA
• 400 g di grano tenero
• 300 g di ricotta
• Cacao (o cioccolato a scagliette)
• 200 g di zucchero
• 100 g di zucca candita
• Polvere di cannella
CUCCIA
Pulire accuratamente il frumento, metterlo a bagno in acqua fredda per 24 ore.
Sciacquarlo più volte e lessarlo in abbondante acqua con un cucchiaio di sale
Raggiungerà la cottura dopo non meno di un paio d'ore, quando i chicchi del
frumento risulteranno morbidi ma non sfatti.
Scolare e condire con la ricotta, lo zucchero e la cannella. Setacciare,
aggiungere al composto il cacao, il candito di zucca ridotto a dadini,
amalgamando per bene. Da ultimo spolverare di cacao e servire freddo
Preparazione
Ingredienti per 4 persone:
CARATTERISTICHE ENOGASTRONOMICHE E PRODOTTI TIPICI
La cucina siciliana forse non ha bisogno di presentazioni, eppure va ricordata:
un tripudio di colori, di profumi e di sapori che ha letteralmente conquistato il
mondo. Alzi la mano chi non ha mai assaggiato la pasta con le sarde alla
palermitana. Oppure la pasta alla Norma, con le melanzane (ortaggio in cui i
siculi sono maestri), dedicata dai catanesi alla protagonista dell'opera più nota
del loro concittadino Vincenzo Bellini. Già meno probabile e frequente è
l'assaggio del cuscus (anzi, cuscusu) alla trapanese, o della gelatina di maiale
della Sicilia orientale. Con la dolcissima cassata torniamo invece alle ricette
arcinote, mentre col pani c'a meusa (panino con milza) torniamo alla
poverissima tradizione popolare.
Dalla Sicilia ci viene uno dei più grandi formaggi italiani, anche per dimensione:
il Ragusano. Appartenente alla famiglia dei caciocavalli, ha la forma di un
grosso parallelepipedo, e viene stagionato (anche per molti mesi) letteralmente
“impiccato” a una robusta corda. Imparentati col Ragusano per la filatura della
pasta, ma non per forma e sapore, sono poi la Provola dei Nebrodi e la Provola
delle Madonie. Pure di pasta filata, ma di latte di pecora (unico caso in Italia), è
la morbida, carezzevole Vastedda del Belice, formaggio ricercatissimo e molto
fine malgrado la genesi povera.
Importantissima la cultura del latte di pecora: il Pecorino Siciliano ha ottenuto la
DOP, ma dalle greggi si ottiene anche molto altro. Per esempio, il Piacentinu di
Enna, aromatizzato con pepe e zafferano. O il Maiorchino, di grossa dimensione
e con una percentuale di latte di capra, nato nel territorio dei dintorni di Messina.
Tra i salumi, particolarmente pregiati sono pancette, salami e prosciutti ottenuti
da carni di maiale nero dei Nebrodi. Interessante anche il Salame di
Sant'Angelo in Brolo, caratterizzato dalla macinatura grossa, a punta di coltello.
La Pasqualora è una salsiccia rossa piccante prodotta tradizionalmente nel
Trapanese.
Ricca e variegata è la produzione di vino, orgoglio dell'isola. Ci piace ricordare
uno dei più apprezzati, il Passito di Pantelleria.
L’OGGETTO
IL BUMMOLO MALANDRINO
Il Bummulo Malandrino è uno degli oggetti più antichi della tradizione Siciliana.
Nasce come contenitore di liquidi, si può definirsi come un antenato del Termos
dei giorni nostri. E' capace di mantenere inalterata la temperatura del liquidi che
contiene e la sua particolarità sta nel riempirlo dal fondo, si gira non ha bisogno
di tappo e si versa.
Oggetto Sicilia
ITINERARI (IN) CONSUETI
La Sicilia è terra di arte e gastronomia deflagrante, semplicemente. Come
restare indifferenti al cospetto del centro storico barocco di Catania, patrimonio
dell'umanità? Un tripudio di chiese e palazzi che testimoniano un immenso
splendore del passato. Catania va girata con calma, a piedi, per respirarne il
decadente, delirante splendore. Per mangiare, potreste optare per il giovanile,
accurato Sale Art Cafè, del simpatico Andrea Graziano, oppure fermarvi da un
piccolo venditore di cibo di strada.
Catania sta proprio sotto il vulcano dell'Etna, il maggiore d'Europa e uno dei più
attivi al mondo. Sulle pendici del monte, è radicata la produzione del
caratteristico vino Etna DOC, mentre le possibilità di compiere escursioni sul
vulcano sono molteplici.
Nei dintorni di Catania, è degna di nota Paternò, cittadina dalle antiche tradizioni
religiose, che presenta un formidabile Castello Normanno, la più grossa
installazione del genere costruita in Sicilia dai Normanni.
Andando più a ovest, in direzione Enna, incontriamo la grande cultura dello
Zafferano Ennese, detto Oro Rosso di Sicilia, prodotto in numerosi paesini. La
cittadina di Leonforte, poi, è famosa per la tipica pesca tardiva, perfetta per
ottenerci squisite marmellate: la coltiva, tra gli altri, Giovanni Trovati. Leonforte
stessa è un fascinoso, antico borgo con la fisionomia tipica delle cittadine
dell'entroterra siciliano.
BAROCCO ARTISTICO E GASTRONOMICO
Arriviamo poi a Enna, che è il capoluogo di provincia più alto d'Italia. Il punto di
massima altitudine, 992 metri sul livello del mare, è in corrispondenza del
maestoso, fortificato Castello di Lombardia. Per una sosta mangereccia,
Trattoria La Rustica, senza pretese ma con una cucina saporita (polpettone alla
ennese, spaghetti alla mollica).
L'ovest della Sicilia è un mondo. Un mondo di mare, di sole, di tradizione. E di
bellezza. Visitate Erice, per esempio, vicino Trapani. La città mantiene un
incantevole centro storico di antichissime origini, con un Duomo perfettamente
conservato. Conviene rifocillarvi: fatelo a Paceco, alla Trattoria del Sale. Oltre
che un'ottima cucina trapanese, il ristorante offre pure un Museo del Sale, che
documenta l'annosa storia delle saline trapanesi (siamo nella Riserva Naturale
delle Saline di Trapani e Paceco, tutelata dal wwf e visitabile). A Paceco ha
sede pure l'azienda vinicola Firriato, una delle migliori della Sicilia.
A Trapani città c'è molto da passeggiare. La maggiore attrattiva è costituita dal
centro storico, dove un magnifico barocco convive con edifici ancora più antichi.
Mangiate Al Solito Posto, solida trattoria di cucina sicilianissima.
TRAPANI, SULLE TRACCE DEL SALE
DA NON PERDERE
L’isola di Pantelleria
Più vicina all'Africa che all'Italia, Pantelleria è un caldo, assolato paradiso
agricolo, terra di uve dolcissime e di acque altrettanto limpide.
EVENTI ENOGASTRONOMICI, SAGRE E FIERE
Fiera Agroalimentare Mediterranea, Ragusa, settembre 2013
Sagra e Torneo del Maiorchino, Novara di Sicilia (ME), tra gennaio e febbraio
'A Nivarata e il rito della granita siciliana, Acireale (CT), seconda settimana di
giugno
Sagra della Vastedda cu sammucu, Troina (En), in giugno
Agri-cultura, Cesaro (ME), seconda settimana di giugno
Sagra del pesce spada, Acitrezza (CT), seconda settimana di giugno
Street food festival – Sicily and the world, Montelepre (PA), ultima domenica
di giugno
Sagra delle pesche, Chiusa Sclafani (PA), seconda domenica di agosto
Sagra dell'arancino, Aci Castello (CT), prima settimana di agosto
Fiera regionale del salame e dei prodotti tipici, S. Angelo in Brolo (ME), in
agosto
Sagra della Provola Basicotana, Basicò (ME), in agosto
Sagra della cipolla di Giarratana, Giarratana (RG), seconda settimana di
agosto
ALTRI EVENTI
Cous Cous Fest, San Vito Lo Capo (TP), 24-29 settembre 2013
TOSCANA
• 400 g di pane scuro, cotto a legna,
raffermo
• 400 g di fagioli bianchi cannellini
• 400 g di cavolo nero
• Mezza palla di cavolo verza (circa 700 g)
• 300 g di bietola in foglia
• 2 patate medie
• 1 cucchiaio di conserva ( o 300 g di
pelati)
• Timo
• Odori (1 cipolla, 2 gambi di sedano, 2
carote, 2 spicchi d'aglio)
• 150 cc di olio extravergine di oliva
• Sale
• Pepe nero in grani
RIBOLLITA
Lessare i fagioli in 2 litri abbondanti d'acqua ghiacciata; passarne ½ e rimettere
la purea nel brodo di cottura. Fare un battuto con gli odori e farlo rosolare
lentamente nell'olio, con il rimo.
Unire le verdure tagliate a pezzi, salare, pepare e unire la broda dei fagioli,
quindi portare a cottura le verdure e, alla fine, aggiungere i fagioli interi. Unire il
pane a fette, girare bene e togliere dal fuoco.
Lasciar riposare a lungo, poi ribollire per alcuni minuti.
Servire tiepida, con una goccia di olio e pepe appena macinato.
Preparazione
Ingredienti per 4 persone:
Antica Trattoria La Torre, piazza del Comune, Castellina in Chianti (SI)
DOVE ASSAGGIARLA
CARATTERISTICHE ENOGASTRONOMICHE E PRODOTTI TIPICI
Parlare dell'importanza del mangiare e del bere in Toscana equivarrebbe a
scrivere un libro. Ci limitiamo a dire che la terra granducale è da sempre uno dei
nuclei del buon gusto e del buon vino italiano, nonché patria di una cucina che
non è mai uguale a se stessa. C'è la tradizione marittima di Viareggio e Livorno;
ci sono le ricette di caccia della Maremma; la cucina montanara della
Garfagnana e della Lunigiana; le grandi specialità fiorentine; i sapori poveri del
Mugello. C'è di tutto, insomma. E ci sono, soprattutto, tante zuppe: la pappa col
pomodoro; la ribollita, di cui forniamo la ricetta; la Garmugia lucchese; la
minestra di riso e lampredotto. Quest'ultimo è il quarto stomaco del bovino,
dunque entra nella famiglia delle trippe, che a Firenze e dintorni hanno
grandissime benemerenze.
I vini, rinomati a livello internazionale, contemplano autentici pezzi da novanta
dell'enologia italiana. Per limitarci alle denominazioni, la Santa Trinità è quella
composta da Chianti, Vino Nobile di Montepulciano e Brunello di Montalcino,
tutti e tre a base sangiovese. Negli ultimi trent'anni ha avuto pure grande
successo il vino di Bolgheri, nella fascia litoranea tra Livorno e Piombino: il
Sassicaia ne è un esempio.
Parlare dell'importanza del mangiare e del bere in Toscana equivarrebbe a
scrivere un libro. Ci limitiamo a dire che la terra granducale è da sempre uno dei
nuclei del buon gusto e del buon vino italiano, nonché patria di una cucina che
non è mai uguale a se stessa. C'è la tradizione marittima di Viareggio e Livorno;
ci sono le ricette di caccia della Maremma; la cucina montanara della
Garfagnana e della Lunigiana; le grandi specialità fiorentine; i sapori poveri del
Mugello. C'è di tutto, insomma. E ci sono, soprattutto, tante zuppe: la pappa col
pomodoro; la ribollita, di cui forniamo la ricetta; la Garmugia lucchese; la
minestra di riso e lampredotto. Quest'ultimo è il quarto stomaco del bovino,
dunque entra nella famiglia delle trippe, che a Firenze e dintorni hanno
grandissime benemerenze.
I vini, rinomati a livello internazionale, contemplano autentici pezzi da novanta
dell'enologia italiana. Per limitarci alle denominazioni, la Santa Trinità è quella
composta da Chianti, Vino Nobile di Montepulciano e Brunello di Montalcino,
tutti e tre a base sangiovese. Negli ultimi trent'anni ha avuto pure grande
successo il vino di Bolgheri, nella fascia litoranea tra Livorno e Piombino: il
Sassicaia ne è un esempio.
L’OGGETTO
Il nome “maremmano” deriva dalla più antica area di produzione di questo
coltello, prodotto dalla metà dell’Ottocento ai primissimi anni del Novecento. La
sua caratteristica più specifica è la lama “a foglia” che lo distingue dal
maremmano prodotto a Scarperia. Il maremmano di tipo scarperiese si
differenzia nel profilo della lama, è stato prodotto dalla seconda metà
dell’Ottocento fino agli anni Quaranta del Novecento e presentato nel passato in
varie forme, tra cui alcuni tipi per la caccia muniti di estrattori per pallottole. Tra
gli esemplari scarperiesi riveste particolare rilevo il “maremmano Nazareno” più
noto come il “maremmano di Pescecane”. Questo coltello, conservato
all’Archivio di Stato di Firenze, insieme ai documenti che ne tracciano la storia
che segue, fu realizzato dal coltellinaio Gustavo Biffi di Scarperia. Fu oggetto di
sequestro da parte della Pubblica Sicurezza nel febbraio del 1873, quando ne
era proprietario Angelo Pelliccia, detto appunto Pescecane. Sulla lama riporta la
scritta “Nazzareno”, un richiamo di natura probabilmente religiosa. _ Esposto al
Museo dei Ferri Taglienti di Scarperia, il modello del maremmano è stato
ripreso nel corso degli anni Novanta come ispirazione per riproduzioni destinate
ai collezionisti di tutto il mondo.
Oggetto Toscana
COLTELLO MAREMMANO NAZARENO
ITINERARI (IN) CONSUETI
La Valtiberina non è certo un posto battuto dai turisti anglosassoni, che
preferiscono sicuramente i percorsi “vinicoli” del Chianti e di Montalcino.
Eppure, questa vallata, che dall'Appenino scende fino ad Arezzo e oltre, può
costituire materia di escursioni interessanti. Succosa, per giunta, pure dal punto
di vista gastronomico, tanto che è stata costituita una Strada dei sapori.
Nelle montagne prospicienti la valle del Tevere, merita anzitutto visita il
Santuario della Verna, la cui chiesetta di Santa Maria degli Angeli, costruita in
seguito all'apparizione della Vergine a San Francesco, ne costituisce il punto
focale. All'interno, l'altare ospita un dossale di invetriata con l’Assunta che
dona la cintola a San Tommaso tra i Santi Gregorio, Francesco e Bonaventura,
opera di Andrea della Robbia realizzata intorno al 1485, come anche le due pale
vicine all'ingresso, raffiguranti la Natività con San Francesco e Sant’Antonio e la
Pietà. Nella Chiesa sono custodite varie reliquie di san Francesco.
VALTIBERINA, SANTUARI E TABACCO
Nella valle vera e propria, fermatevi a Pieve Santo Stefano, dove meritano
attenzione alcune chiese e soprattutto l'Archivio Diaristico Nazionale: una
curiosa raccolta di centinaia e centinaia di diari e piccole memorie private. In
paese è poi degna di nota l'azienda agricola Il Ghiandaio, che realizza eccellenti
salumi a partire da maiali allevati naturalmente.
Più a sud, il paese di Anghiari è ricordato per una battaglia del 1440, quella tra i
Fiorentini alleati della Santa Sede, da un lato, e i Milanesi dall'altro. La città
gode di una bellissima posizione, ed è rimarchevole per i numerosi palazzi
antichi del centro storico, come il Palazzo Pretorio, oggi sede municipale. Nel
territorio di Anghiari, l'azienda Valle di Mezzo si segnala per i formaggi di capra.
Tra Anghiari e Sansepolcro, la strada è costellata di piantagioni di tabacco:
siamo in una delle località dove nasce la materia prima per il sigaro Toscano.
Giunti a Sansepolcro, città ricca di storia e di tradizioni, vi converrà visitarne
almeno il Duomo, imponente costruzione medievale. Se vorrete fermarvi a
pranzo, il vecchio e sperimentato Ristorante Ventura farà al caso vostro, con
robuste pietanze di carne.
Altro posto ignoratissimo dal turismo, la Lunigiana, anche gastronomicamente, è
l'anello di congiunzione tra Toscana, Emilia e Liguria.
Cominciate a scendere a Pontremoli, la cittadina sede del celeberrimo Premio
Letterario Bancarella: l'aspetto è delizioso, e almeno il quattro-cinquecentesco
Convento dell'Annunziata merita una sosta. Per rifocillarvi, passate all'antica,
suggestiva Pasticceria degli Svizzeri, la cui specialità è la Spongata.
Più a sud, sta un antichissimo paesino, prescelto dagli amanti del verde e del
silenzio: Filattiera. Commuove qui la pieve di Sorano, severa quanto
semplicissima architettura romanica di rara solidità. Solidissimi sono pure i
salumi (di maiale brado) e i formaggi stagionati di Naturalmente Lunigiana,
l'azienda agricola di un uomo d'affari che ha cambiato vita ed è tornato alla
terra: specialità, la rara spalla cotta di Filattiera.
Uno dei ristoranti ideali per entrare in contatto con la gastronomia locale è la
Locanda Gavarini, a Villafranca in Lunigiana: testaroli, piccione e tante verdure.
LUNIGIANA, TRE TERRE IN UNA
DA NON PERDERE
Cave di marmo di Carrara
Da esse, un marmo tra i più famosi e ricercati. Chi lavorava qui poi inventò il
lardo di Colonnata, il più famoso d'Italia
EVENTI ENOGASTRONOMICI, SAGRE E FIERE
Fiere ed eventi gastronomici di carattere nazionale e internazionale
Taste, il salone dedicato alle eccellenze del gusto e del food lifestyle, a
Firenze, in marzo
Sagra del tortello del Mugello, Borgo San Lorenzo (FI), in giugno e in agosto
La Sagra delle Sagre, rassegna di sagre di prodotti tipici, a Bibbiena (AR),
penultimo weekend di giugno
Sagra della Miseria, Colle Val d'Elsa (SI), tutte le sere dei weekend di giugno
Sagra del tartufo a Cellai, Rignano sull'Arno (FI), in giugno
Sagra della bistecca, Sestino (AR), ultimo weekend di giugno
Festa del Farro della Garfagnana, Piazza al Serchio (LU), secondo weekend
di luglio
Sagra degli Strozzapreti, Roccastrada (GR), prime due settimane di luglio
Sagra della pecora e del maiale, Monterotondo Marittimo (GR), ultima
settimana di luglio
Festa del Mugello, Firenze, da maggio ad agosto
Sagra della lepre, Vicopisano (PI), ultimo weekend di agosto
IN EVIDENZA
Festival La Versiliana, Pietrasanta (Lucca), tutta l'estate
TRENTINO
Ingredienti:
120 g di burro
250 g di zucchero
2 uova
60 g di farina
1 bustina di lievito per dolci
½ litro di latte
Sale
700 g di noci sgusciate
300 g di fichi
150 g di pinoli
150 g di uva sultanina
100 g di cedro candito tagliato a dadetti
Una buccia d’arancia grattugiata
Un bicchiere di brandy
ZELTEN
sbattete vigorosamente, in una terrina, il burro, lo zucchero e le uova, unirvi la
farina e il lievito e quindi, mescolando con mestolo, il latte.
Aggiungere metà delle noci a pezzetti, i fichi tagliuzzati, i pinoli interi, il cedro,
l’uva sultanina, la buccia d’arancia e il brandy.
Lavorare il tutto per circa 15 minuti e porlo in una teglia unta e infarinata;
stendere con le mani finché risulta alto circa 1 cm.
Guarnire con le noci tagliate a metà e mettere in forno ben caldo per circa 40
minuti, levare quando la superficie appare color bruno.
Preparazione
Ingredienti per 4 persone:
DOVE ASSAGGIARLA
Lo Zelten è un dolce di chiara influenza mitteleuropea che si prepara
tradizionalmente nel periodo natalizio; la parola zelten deriva dal tedesco
selten, che significa appunto “a volte”. E’ un tipico pane di frutta e rientra nella
categoria dei così detti pani dolci, che consistono sostanzialmente in versioni
arricchite del pane fatto in casa. Non è possibile identificare una ricetta precisa,
esistono infinite varianti, a seconda della vallata di provenienza e delle singole
tradizioni familiari. In generale, è possibile distinguere due tipologie: quella
trentina, che contiene più pasta e meno frutta e quella sudtirolese che utilizza,
invece, una grande quantità di frutta.
Il ritrovamento della ricetta di questo dolce su un antico manoscritto fa risalire le
sue origine fin dal ‘700. Una delle tante leggende della tradizione racconta che
lo zelten veniva preparato il 21 dicembre, vigilia di San Tommaso, da tutta la
famiglia, in particolare dalle giovani donne che vi si dedicavano con grande
dedizione, perché il dolce veniva poi donato al futuro fidanzato o sposo.
Usualmente, in ogni casa se ne preparava uno da consumare in famiglia e altri,
di dimensioni più piccole, da regalare. Dove assaggiarlo:
panificio Bernard, Pozza di Fassa (TN)
Cenni sull’origine del piatto
CARATTERISTICHE ENOGASTRONOMICHE E PRODOTTI TIPICI
Le caratteristiche gastronomiche del Trentino Alto Adige sono il risultato del
delizioso connubio tra la cucina veneta, di tradizione tipicamente italiana, e
quella viennese. L’icona gastronomica è rappresentata dallo speck, ma la
regione offre un vasto catalogo di carni salate, affumicate e stagionate, come la
carne fumada di Siror, ; tra i presidi slow food, troneggiano le ciuighe del
Banale, salame tipico composto da carne suina mescolata con rape e la
mortandela della Valle di Non (da non confondere con la mortadella),
rinomatissima quella di Smarano dove ha sede la storica macelleria salumeria
dei Fratelli Corrà, che lavorano da oltre un secolo carni pregiate e salumi
trentini.
I canederli, fortemente ispirati ai knoedel mitteleuropei, serviti conditi con burro,
speck, oppure in brodo e insaporiti con grana del trentino, sono i protagonisti
incontrastati dei primi piatti; diffusissimi anche gli strangolapreti, una versione
locale degli strozzapreti toscani, importati durante il famoso Concilio di Trento,
che prevedono - come i canederli - l’utilizzo di pane raffermo. Particolarissimi,
anche se molto lontani dalla tradizione gastronomica italiana, sono i cianucei,
ravioli ripieni di marmellata, saltati in padella con burro e pane.
Le vallate lussureggianti e i verdi pascoli del Trentino Alto Adige distesi fino
alle cime più alte delle Dolomiti sostengono una produzione casearia di
altissima qualità: latte, lavorato ancora oggi con le stesse tecniche millenarie
di una volta, burro, yogurt e, soprattutto, formaggi. Il tagliere della regione è
ricchissimo, oltre al classico Dolomiti della Val di Fiemme, si spazia dal
puzzone di Moena, tipico della Val di Fassa, al casolet della Val di Sole, fino al
vezzena della regione di Trento; tra i formaggi freschi spicca la poina, una
specie di ricotta, talvolta salata e affumicata.
Il Grana Padano del Trentino, chiamato Trentingrana, rientra nella
denominazione Grana Padano DOP. Provengono invece dall’arco alpino
tirolese il classicissimo Tirolese e il GrauKaese (formaggio grigio), che si
gusta condito con aceto, oppure olio ed erbe aromatiche; questo formaggio è
il protagonista di una nota ricetta del Cucchiaio d’Argento che lo interpreta
servendolo con cipolla fresca, olio e aceto.
OGGETTO
TRENTINO ALTO ADIGE E LE ALPI
La “Val da la trisa”, così è chiamata in dialetto la Val
Rendena. La “trisa” è l'utensile di legno che da secoli
accompagna la preparazione della polenta (praticamente
l'unico cibo che ha sfamato per secoli gli abitanti della valle)
dando, poco a poco, con il suo rimestare, consistenza alla
farina dorata che ribolle nel paiolo.
DA NON PERDERE
Palazzo Roccabruna, Casa dei prodotti trentini. A due passi da Piazza Duomo,
nel centro storico della citta' di Trento, sorge Palazzo Roccabruna, Dimora
nobiliare della seconda metà del Cinquecento.
Sede dell’Enoteca provinciale del Trentino, luogo dedicato ad eventi
enogastronomici e culturali destinati alla valorizzazione del territorio, della sua
storia e dei suoi prodotti il palazzo e' stato restaurato e portato a nuovo
splendore dalla Camera di Commercio di Trento.
I locali dell’Enoteca e la collezione storica con oltre 600 bottiglie che raccontano
le vicende della vitivinicoltura trentina trovano spazio nelle sale del piano terra.
Ogni settimana sono in degustazioni oltre 100 etichette locali abbinate a salumi
e formaggi trentini. Al piano nobile fra affreschi e soffitti in legno del
Cinquecento vengono allestite nel corso dell’anno mostre di carattere storico,
etnografico, artistico in tema con l’attività del Palazzo. Nell’antica scuderia una
moderna cucina didattica, attrezzata per corsi di formazione rivolti a chef locali e
consumatori, ospita in occasione degli eventi enogastronomici ristoranti trentini
per proporre originali interpretazioni dei piatti della cucina tradizionale.
Appuntamenti settimanali dedicati ai vini e ai prodotti del territorio nonché
gemellaggi con analoghe strutture presenti in altre regioni italiane vengono
promossi ed organizzati dall'Enoteca.
PALAZZO DI ROCCABRUNA
EVENTI ENOGASTRONOMICI, SAGRE E FIERE
Festa dello speck val di Tunes in aprile,
Sagra della Ciuga San Lorenzo in Banale
Oro della Val di Non Castel Casez
Festa della mela in fiore Caldonazzo
ALTRI EVENTI
Festa del Fieno
ITINERARI (IN) CONSUETI
TRENTINO ALTO ADIGE E LE ALPI
Fra le regioni italiane il Trentino Alto Adige e' quella più nota per la bellezza
delle sue montagne.
Al confine con l' Austria e la Svizzera il suo territorio si estende dal gruppo
dell’Adamello-Brenta e dalle cime dell’Ortles e del Cevedale ai rilievi più
suggestivi d’Europa: le Dolomiti di Val di Fassa, del Brenta, di Val Gardena,
di Val di Fiemme e Pale di San Martino.
Una natura autentica e incontaminata che vanta una straordinaria varietà di
paesaggi: maestose vette, boschi, ampie vallate, corsi d’acqua, laghi,
l’incantevole gioco di luci tra le guglie delle Dolomiti, i campanili svettanti di
pittoreschi paesini.
All'avanguardia nel turismo invernale, la regione offre un immenso
comprensorio sciistico con centinaia di chilometri di piste : Madonna di
Campiglio, Canazei, Moena, San Martino di Castrozza sono le mete più
rinomate, godibili anche d'estate.
Caratteristico è il panorama del lago di Garda che nel territorio trentino si
restringe e appare come un fiordo chiuso tra alte montagne.
Il Trentino Alto Adige custodisce anche un notevole patrimonio culturale:
testimonianze preistoriche, incantevoli castelli, santuari e città di rilievo storico
e artistico di una terra punto di incontro tra il mondo nordico e latino.
Merano, Lèvico Terme, Peio, Rabbi e Comano Terme, sono solo alcune tra
le tante localita' termali che offrono cure e trattamenti.
Sviluppato su quattro livelli, dodicimila metri quadrati di cui seimila per le
esposizioni, il Mart e' un museo che vanta una collezione d'arte molto ricca : dal
Futurismo alla Pop Art, passando per l'Arte Povera ed il Realismo, fino ai
linguaggi della contemporaneità.
Incastonato tra due palazzi settecenteschi e a due passi dal centro storico di
Rovereto sorge la sede principale del Museo - La Casa Museo Depero,
concepita dall'artista che ne curo' gli arredi.
L'altra sede del Mart - Palazzo delle Albere - si trova invece a Trento ed ospita la
collezione permanente sull' 800.
11mila metri quadrati di superficie su sette piani densi di innovazione, il MUSE è
un viaggio nelle tematiche ambientali su una struttura con involucro altamente
coibentato, trigenerazione e fotovoltaico, tutto all'insegna dell'eco-sostenibilita'.
Progettato da Renzo Piano nell’ambito della riconversione dell’area ex
Michelin nel nuovo quartiere Le Albere, il nuovo Museo delle Scienze è già
divenuto l'emblema della citta'di Trento e del territorio.
Attraverso il percorso simbolico che collega i cinque piani della struttura, dall’alto
dell’ultimo piano, occupato dai ghiacciai perenni, fino alle profondità marine ai
piani interrati dove si libra lo scheletro fluttuante di una balena, il Muse celebra le
biodiversità' del pianeta.
.A fondovalle per esempio il visitatore si sentira' come immerso in una vera e
propria foresta pluviale con tanto di piante e vegetazione preservate dal clima
caldo-umido di una serra a vetri.
Conoscer il Trentino significa anche esplorar i territori delle Malghe - rustiche
costruzioni di pietre e di legno per i pastori - la cui storia viene ricostruita dal
Museo Della Malga a Caderzone ( TN )
Nelle tre sale sono ordinati gli oggetti con una precisa logica di lettura: la prima è
dedicata al pascolo, alla mungitura, al casello; la seconda alla casara ed ai
prodotti finiti della trasformazione del latte, la terza alla quotidianità
dell'uomo. Oggi le malghe
trentine sono oltre 350 con una superficie di pascolo di circa 40.000 ettari; circa
trecento di esse producono latte e un centinaio lo trasformano con tecniche e
metodologie produttive ancora improntate all’artigianalità. Sono circa 20.000 i
quintali di latte prodotto. " Albe in malga " e' un iniziativa grazie alla quale tutti i
sabati di luglio e di agosto si potra' vivere per qualche ora le esperienze di chi
vive l’alpeggio. Una guida o un accompagnatore esperto delle zone ci scortera'
alle prime luci dell'alba in un eccezionale contesto bucolico per partecipare alla
mungitura e alla caseificazione.
UMBRIA
• 100 g di patate
• 100 g di sedano
• 100 g di carote
• 100 g di fagioli
• 100 g di lenticchie
• 100 g di granoturco
• 100 g di ceci
• 100 g di grano
• 100 g di orzo
• 100 g di farro
• 100 g di cicerchie
• 1 cipolla piccola
• Olio extravergine di oliva
• 5-6 dadolini di pane fritto per porzione
• Sale
L’IMBRECCIATA
Mettere a bagno separatamente tutti i legumi e i cereali alla sera e quindi, al
mattino seguente, cuocerli, sempre separatamente, rispettando i diversi tempi di
cottura
In un tegame ben capiente far appassire la cipolla, affettata molto sottile,
nell'olio e in un po' di acqua di cottura dei legumi e aggiungere quindi prima il
sedano e le carote e, quando questi sono giunti a metà cottura, le patate.
A cottura delle verdure quasi ultimata aggiungere tutti i legumi e i cereali e
terminare di cuocerli nella loro acqua di cottura.
L'imbrecciata va servita ben calda con l'aggiunta di crostini di pane appena fritti
e un cucchiaio di olio extravergine di oliva.
Preparazione
Ingredienti per 4 persone:
Il Borghetto Borgo Garibaldi 8, Deruta (PG)
DOVE ASSAGGIARLA
CARATTERISTICHE ENOGASTRONOMICHE E PRODOTTI TIPICI
L'Umbria, il cuore verde d'Italia, si rivela essere una regione assai gratificante
anche per il buongustaio. La cucina umbra è fatta di cose semplici, tradizionali,
molto radicate alle ottime materie prime locali.
L'olio extravergine d'oliva, tanto per dire, può vantare un'importanza produttiva e
qualitativa di tutto rispetto: in questa piccola regione ci sono 27.000 ettari di
oliveti, 250 frantoi, una produzione media collocabile intorno ai 90.000 quintali
annui d'olio di cui 8.000 certificati con la DOP Umbria.
Norcia (Perugia) è città famosissima a livello mangereccio. Anzitutto per il
tartufo nero, appunto, di Norcia: profumato e intrigante, più che a crudo (uso per
cui sono perfetti i tartufi bianchi) è ideale da impiegare in cottura, in preparazioni
anche complesse.
Fa parte del comprensorio di Norcia anche l'altipiano di Castelluccio, da cui
originano le lenticchie di Castelluccio IGP, tra le più famose d'Italia, di piccola
dimensione e dalla buccia sottile.
Terzo famoso prodotto della cittadina è il Prosciutto di Norcia IGP, un prosciutto
crudo che si giova della stagionatura nel particolare microclima della Valnerina.
L'ultimo grande prodotto legato a Norcia è il formaggio pecorino: in Umbria,
come nella vicina Toscana, la cultura del latte di pecora è radicata da secoli.
Altri salumi umbri interessanti? La Barbozza (o, al maschile, Barbozzo) è il
guanciale del suino, debitamente stagionato. Il Mazzafegato, o Ammazzafegato,
è una salsiccia che, come intuibile dal nome, contiene forte percentuale di
fegato suino: è tipica della Valtiberina.
Quanto al bere, in Umbria sono molto noti i bianchi di Orvieto, seppure anche i
rossi, specie nella zona di Torgiano, possano offrire bottiglie interessanti.
L’OGGETTO
ZAPPELLO
Risale al 1900 e si usava per zappare nell’orto e per i tartufi.
Si inseriva il manico e si usava da entrambe le parti: la parte larga serviva per
svolgere il lavoro piu in fretta, ma con meno precisione, con la parte piu stretta
poi si rifiniva il lavoro.
ITINERARI (IN) CONSUETI
L'Umbria è piuttosto piccola, però è bella, verde e ricca di bellezze
paesaggistiche. Se volessimo visitarne la parte meridionale, cominceremmo
probabilmente da Todi. In questa cittadina, possiamo ammirare uno dei più
grandi monumenti mai concepiti nel Rinascimento: il tempio di Santa Maria della
Consolazione. Attribuita al Bramante, questa chiesa a pianta centrale è una
bianca mole dove le spinte e le controspinte dell'architettura creano un insieme
di rara armonia. Potete anche farvi una buona bevuta: la cantina Tudernum
propone vini dall'eccellente rapporto qualità-prezzo. Scendendo verso Terni
lungo la superstrada, potete fare una piccola deviazione per vedere
Acquasparta e il suo Palazzo Cesi, dai magnifici loggiati. Nella stagione giusta,
la cittadina è vivificata da un famoso Carnevale.
Arriviamo poi a Terni, capoluogo di provincia, città dalle ricche vestigia
medievali, ma anche interessante centro di archeologia industriale: addirittura le
famose cascate delle Marmore, le più alte d'Europa, sono imbrigliate in un
complesso sistema per lo sfruttamento idroelettrico, tale per cui la cascata è
visibile alla massima portata per circa due ore al giorno. Per mangiare, conviene
fermarsi alla Trattoria Lillero: piatto del desiderio, l'agnello fritto.
Non lontano da Terni, c'è Narni: un gioiello di cittadina, rimasta quasi del tutto
intoccata nella sua purezza medievale. Ogni primavera, la città si anima per la
tradizionale Corsa all'Anello, un'antica competizione le cui origini si perdono
nell'antichità: a margine della corsa, rievocazioni d'ogni genere. In città, provate
la porchetta e i salumi della macelleria Cecchetti, e per pranzare, il ristorante
Gattamelata.
L'UMBRIA MENO CONOSCIUTA
DA NON PERDERE
L'altopiano di Castelluccio
A pochi chilometri da Norcia, sembra di essere in un altro mondo. Qui vengono
alla luce le celeberrime lenticchie, oggi ricercate in tutta Italia.
EVENTI ENOGASTRONOMICI, SAGRE E FIERE
Eurochocolate, Perugia, in ottobre
Dolcemente Bastia, Bastia Umbra (PG), in aprile
Il mercato delle Gaite, Bevagna (PG), dieci giorni in giugno
Sagra del porchetto di San Liberato, Narni (TR), dieci giorni in giugno
Sagra degli gnocchi di Case Nuove, Perugia, ultima settimana di giugno
Sagra dell'oca di Corbara, Orvieto (TR), da fine giugno alla prima settimana
di luglio
Sagra del castrato, Calvi nell'Umbria (TR), primo weekend di luglio
Sagra della pappardella finocchietana, Stroncone (TR), prima settimana di
luglio
Sagra della lepre di Dunarobba, Avigliano Umbro (TR), da metà a fine luglio
ALTRI EVENTI
Festival Internazionale del Giornalismo, Perugia, in aprile
VALDAOSTA
4 porzioni di filetto
1 carota
1 cipolla
1 gambo di sedano
Burro
Vino rosso
Sale
Pepe
FILETTO A LA “CARBONADE”
Bollire il vino con tutti gli ingredienti, ridurlo a una salsa morbida e trasparente.
Saltare in padella il filetto con rosmarino, aglio, sale e pepe, unire la salsa al
vino.
Lasciare per un attimo che la carne di impregni della salsa al vino, dopo averla
separata dalla salsa mantecate la medesima con dadini di burro.
Adagiare sul piatto un disco di polenta leggermente più largo del filetto stesso
(la polenta naturalmente preparata in anticipo), adagiarvi sopra il filetto, ricoprire
il tutto con la salsa al vino rosso e sulla parte superiore della carne aggiungere
una crema di cipolla frullata.
Preparazione
Ingredienti per 4 persone:
“La carbonade” è un piatto molto antico, originario delle Alpi occidentali e molto
diffuso anche nel sud est della Francia; originariamente veniva preparata
utilizzando carne bovina salata, oggi quasi introvabile. Tipica della Valle d’Aosta,
è una ricetta comune anche nella cucina fiamminga e non è dato sapere quale
delle due tradizioni culinarie può vantarne la paternità. Con tutta probabilità, lo
scambio gastronomico si è verificato durante le lunghe soste a cui erano
costretti i viaggiatori per transitare dal Gran San Bernardo che, un tempo,
metteva in comunicazione l’Italia al nord Europa.
CENNI SULL’ORIGINE DEL PIATTO
La Clusaz
DOVE ASSAGGIARLA
EVENTI ENOGASTRONOMICI, SAGRE E FIERE
E’ inutile soffermarsi sulla maestosità delle Montagne della Valle d’Aosta, che
accoglie la cime più alte dell’intero arco alpino. Meta privilegiata degli amanti
dell’escursionismo, del trekking e degli sport invernali, riesce a deliziare e
sorprendere il visitatore con i suoi borghi rurali, le antiche miniere
abbandonate e geositi suggestivi e di grande interesse.
L’orrido e le terme di Pré-Saint-Didier:
Uno spettacolo grandioso ed emozionate è quello offerto dall’“orrido” di Pré-
Saint-Didier (Valle Valdigne): una cascata di selvaggia bellezza, ripida e
incastonata tra pareti di roccia, strette, anguste e quasi verticali. Una vera e
propria celebrazione della forza della natura. A piedi dello strapiombo, in una
grotta, sgorgano le acque dalle proprietà rilassanti, ricostituenti e
antireumatiche, che vanno ad alimentare le vicine terme. Il centro termale,
aperto nel 1838 e meta privilegiata della famiglia reale, è un luogo ricco di
storia e di nobile eleganza. La sua riapertura, dopo trent’anni di inattività,
costituisce senz’altro un importante elemento di valore aggiunto per
l’attrazione turistica dell’area. San Marcel :
Borghi rurali, Archeologia industriale e natura incontaminata
Una vecchia mulattiera lastricata si inerpica in secolari boschi di castagni e
collega villaggi collinari che conservano intatte le caratteristiche tipiche degli
antichi borghi rurali. In particolare, negli abitati di Enchasaz e Seissogne è
possibile ammirare abitazioni in pietra, mulini e granai, anche risalenti al 1400.
Gli appassionati di archeologia industriale non possono non concedersi una
visita alle miniere abbandonate di pirite e manganese; gallerie, forni, depositi
di scorie e baracche dei minatori, benché danneggiate, evidenziano elementi
di grande suggestione. Stupefacente il contrasto tra le strutture dismesse,
orgogliose superstiti dell’eterna faida tra l’uomo e la natura, e l’incredibile e
selvaggia bellezza del paesaggio della valle.
EVENTI ENOGASTRONOMICI, SAGRE E FIERE
La comba di Vertosan: la ”bataille des reines”, alpeggi e sapori
tradizonali
La lussureggiante valle di Vertosan, nel Comune di Avise, è una meta ideale
per gli amanti dell’escursionismo e della mountain bike; salendo alla Court de
Bard, un promontorio affacciato sulla valle, è possibile bearsi di una veduta
superlativa del Monte Bianco e delle valli del Gran Paradiso. La zona,
prettamente agricola, è ricca di alpeggi nascosti tra i boschi di larici, ed è
teatro di una delle più tradizionali “bataille des reines” (battaglia delle regine)
tornei di lotta tra femmine adulte di razza bovina, volti a stabilire la superiorità
gerarchica nell’ambito della mandria.
Per rendere anche “gustosa” una già memorabile escursione, è immancabile
una sosta a “lo Grand Baou”, a Jovençan, trattoria con cucina tipica
valdostana, dove è possibile assaggiare piatti di antica tradizione, realizzati
con i prodotti della valle (aperto solo a luglio e agosto).
L’OGGETTO
Vino rosso caldo e spezie si miscelano nella " Grolla" - il caratteristico
contenitore di legno della Val d'Aosta - e a tutti si augura < salu e que bien vo
fasse > letteralmente < salute e che vi faccia del bene! > In particolare e' in
occasione della Festa di S.Orso, in gennaio, che la Grolla viene utilizzata per
offrire da bere e scambiarsi questo augurio. Da non confondersi con la Coppa
dell'Amicizia, di forma più panciuta, impiegata per il caffè ( con grappa )
valdostano. La Grolla e' invece un calice per vino con coperchio divenuto col
tempo anche soprammobile o portagioie.
Grolla
ITINERARI (IN) CONSUETI
IL FORTE DI BARD
Localizzato nell’omonimo paese di Bard, il complesso è uno dei migliori e
meglio conservati esempi di fortezza di sbarramento di primo ottocento.
Oggetto di una importante opera di recupero e valorizzazione, il forte è stato
riaperto al pubblico nel 2006. Nel rispetto della tradizione e del contesto
naturalistico in cui è inserito, il forte è divenuto un importante centro di
promozione della cultura alpina, il cui centro è rappresentato dal museo
multimediale e interattivo delle Alpi. Oggi, il forte di Bard è considerato il
nuovo polo culturale delle Alpi occidentali e ospita eventi, manifestazioni e
mostre permanenti e temporanee.
CARATTERISTICHE ENOGASTRONOMICHE E PRODOTTI TIPICI
La cultura enogastronomica della Valle d’Aosta è fortemente influenzata
dall’utilizzo esclusivo di prodotti locali, dovuto ai limitatissimi scambi con
l’esterno. A differenza delle altre regioni italiane, che risentono dell’influenza
delle reciproche culture gastronomiche, la cucina valdostana ha, di contro,
grande affinità con le tradizioni culinarie delle regioni transalpine confinanti:
Savoia, Alta Savoia e Vallese.
I prodotti agroalimentari della tradizione locale sono rappresentati dai cereali di
montagna, dalle verdure (rape, patate, cipolle e porri) da mele, pere e
castagne, oltre che dalla carne bovina, suina (rinomatissimo il lardo d’Arnad) e
dalla selvaggina. La carne viene impiegata prevalentemente per “umidi”,
preparati con sughi elaborati, arricchiti di panna e formaggi; notevole la scelta di
salumi e insaccati, assolutamente da assaggiare il prosciutto di Bosses.
Irrinunciabile è anche la polenta, che accompagna sempre i primi piatti. La
produzione casearia è piuttosto varia, sopratutto per quanto riguarda i formaggi
a pasta morbida, tra cui la fontina, protagonista dei pochi piatti che hanno
superato i confini regionali: la fonduta, fontina sciolta con latte, burro e tuorli
d’uovo e la polenta concia.
Totalmente assente è la coltivazione del frumento, tanto è vero che si utilizza il
pane di segale e la pasta non compare del tutto nei menù tradizionali; anche
l’olio extravergine di oliva è scarsamente utilizzato ed è sostituito, nella
preparazione delle pietanze, dal burro o da altri grassi, sia di origine vegetale,
che animale. Anche le zuppe sono molto diffuse, tra tutte, quelle di più antica
tradizione sono la zuppa di Valpelline e la seupetta de Cogne.
La presenza della Alpi che proteggono la regione dalle correnti fredde e umide
provenienti da nord e da ovest ha, già dai tempi dei romani, contribuito a creare
condizioni favorevoli per la coltivazione della vite. La possibilità di effettuare
coltivazione ad altitudini e pendenze diverse, ha inoltre consentito ai “vignerons”
locali, di utilizzare una svariata quantità di vitigni e di produrre vini di ottima
qualità, sia rossi, che bianchi. Tra i più noti, e tra i primi ad ottenere la
denominazione di origine controllata: l’Enfer e il Donnas, ma è possibile anche
degustare Muller Thrugau, Pinot Grigio e Chardonnay di grande pregio. Di pari
passo con quella del vino, naturalmente di grande qualità, anche la produzione
di grappa.
EVENTI ENOGASTRONOMICI, SAGRE E FIERE
Saint Nicolas - Festa di San Nicola
Nus - Festival du Vin de Nus
Verres (AO) - Folklore ed enogastronomia a Verres
Gressoney Saint Jean - Festa di San Giovanni -
Fenis - Sagra della Frutta
Avise - Sagra della Fiocca
Roisan - Sagra del Gran Combin
Courmayeur - Festa di San Pantaleone -
Arnad - Veillà en Veulla -
Sain Nicolas - Festa della Selvaggina
Champorcher - Festa del Pane Nero
Avise - Betaille de Reines -
Saint Oyen - Sagra del Jambon alla Brace - 1° settimana di Agosto
Gaby - Sagra della Polenta
Valtournenche - Festa delle Stelle
Rhemes Saint Georges - Fiha di Sangliè
Allein - Festa di Trifolle
Arnad - Sagra del Lardo
Aosta - Foire d'Etz
Neus - Notte delle Tradizioni
Oyace - Sagra della Fontina
Quart - Formage Festival del Castello di Quart
Chambave - Sagra dell'Uva
Etroubles - Sagra della Fontina
Gressan - Festa delle Mele
Donnas - Sagra dell'Uva
Lillianes - Castagnata -
Fenis - Castagna -
Arnad - Sagra della Castagna
Antey Saint Andrè - Festa delle Mele
Chatillon - Festa della Castagna, Concorso Gastronomico e Sagra dell'Uva
Perloz - Bataille des Chevres
Saint-Vincent - Sagra dell'Uva
Morgex - Castagnata -
Courmayeur - Festa di Capodanno
VENETO
• 500 g di fegato di vitello
• 2 cipolle bianche
• 40 g di burro
• ½ bicchiere d'olio di oliva
• Prezzemolo
• Sale
• Pepe
FEGATO ALLA VENEZIANA
Tagliare il fegato a listarelle. Far scaldare in padella l'olio e il burro, versarvi le
cipolle ridotte a fettine sottili e far imbiondire lentamente.
Aggiungere il fegato e cuocere per pochi minuti a fuoco alto. Aggiustare di sale
e di pepe e cospargere con un trito di prezzemolo.
Accompagnare con polenta.
Preparazione
Ingredienti per 4 persone:
CARATTERISTICHE ENOGASTRONOMICHE E PRODOTTI TIPICI
Impossibile tentare una panoramica gastronomica del Veneto, senza
sottolineare come questa regione sia una delle maggiori produttrici di vino in
Italia. A parte una numerosa quantità di vino di basso prezzo, il Veneto brilla
anzitutto per i vini del Veronese: il Valpolicella e il suo “fratello maggiore”,
l'Amarone, per i rossi, e il Soave per i bianchi. Altra produzione di rinomanza
internazionale è quella del Prosecco, che ha i suoi due poli produttivi più antichi
nella zona di Conegliano e Valdobbiadene, nonché in quella, meno nota, di
Asolo. Vini di tutti i tipi sono poi prodotti sui Monti Berici (Vicenza) e sui Colli
Euganei (Padova), dove tuttora nascono dei Cabernet di grande autenticità.
Tutti si prestano agli accostamenti con la ricca e varia cucina veneta, che vede
la convivenza di ricette montanare (Belluno), baccalà (Vicenza e Venezia),
tradizioni marinare (Venezia), bolliti misti (Verona).
Il Veneto, in ogni caso, è pure famoso per i salumi. La Sopressa, o Soppressa,
non ha bisogno di presentazioni: un salame a grana grossa e di grosso
diametro, che resta morbido per lungo tempo, e dunque può affrontare
stagionature anche lunghe. In quasi tutto il territorio della regione si può trovare
la Soppressa, ma probabilmente quella più famosa e celebrata è la Soprèssa
vicentina. E' degno di nota pure un prosciutto crudo: quello cosiddetto Veneto
Berico Euganeo, il cui nucleo di produzione più illustre è a Montagnana
(Padova), pur essendo diffuso in tutta la zona. Occorre anche citare una
tradizione caratteristica: quella dei salumi equini (bresaola, salame, carne
secca, sfilacci), che è tuttora radicata in alcuni centri della bassa padovana e
non solo.
Sul terreno dei formaggi, il Veneto può farsi vanto dell'Asiago, il più importante
cacio vicentino, che nasce in due versioni: l'Asiago cosiddetto “pressato”, che è
più fresco e morbido, e l'Asiago “d'allevo”, che è a pasta semicotta e può venir
stagionato con successo. Quest'ultimo può recare la menzione “Prodotto della
montagna”, qualora sia fatto in montagna.
Permane una suggestiva produzione di malga, nella zona originaria
dell'Altopiano dei Sette Comuni, la cui produzione di Asiago Stravecchio
(minimo 18 mesi di maturazione) è supportata da Slow Food.
Altro formaggio fondamentale è il Monte Veronese, pure lui beneficiario della
DOP: anche il Monte Veronese distingue inoltre una produzione di pianura e
una più o meno di malga.
Impossibile tentare una panoramica gastronomica del Veneto, senza
sottolineare come questa regione sia una delle maggiori produttrici di vino in
Italia. A parte una numerosa quantità di vino di basso prezzo, il Veneto brilla
anzitutto per i vini del Veronese: il Valpolicella e il suo “fratello maggiore”,
l'Amarone, per i rossi, e il Soave per i bianchi. Altra produzione di rinomanza
internazionale è quella del Prosecco, che ha i suoi due poli produttivi più antichi
nella zona di Conegliano e Valdobbiadene, nonché in quella, meno nota, di
Asolo. Vini di tutti i tipi sono poi prodotti sui Monti Berici (Vicenza) e sui Colli
Euganei (Padova), dove tuttora nascono dei Cabernet di grande autenticità.
Tutti si prestano agli accostamenti con la ricca e varia cucina veneta, che vede
la convivenza di ricette montanare (Belluno), baccalà (Vicenza e Venezia),
tradizioni marinare (Venezia), bolliti misti (Verona).
Il Veneto, in ogni caso, è pure famoso per i salumi. La Sopressa, o Soppressa,
non ha bisogno di presentazioni: un salame a grana grossa e di grosso
diametro, che resta morbido per lungo tempo, e dunque può affrontare
stagionature anche lunghe. In quasi tutto il territorio della regione si può trovare
la Soppressa, ma probabilmente quella più famosa e celebrata è la Soprèssa
vicentina. E' degno di nota pure un prosciutto crudo: quello cosiddetto Veneto
Berico Euganeo, il cui nucleo di produzione più illustre è a Montagnana
(Padova), pur essendo diffuso in tutta la zona. Occorre anche citare una
tradizione caratteristica: quella dei salumi equini (bresaola, salame, carne
secca, sfilacci), che è tuttora radicata in alcuni centri della bassa padovana e
non solo.
Sul terreno dei formaggi, il Veneto può farsi vanto dell'Asiago, il più importante
cacio vicentino, che nasce in due versioni: l'Asiago cosiddetto “pressato”, che è
più fresco e morbido, e l'Asiago “d'allevo”, che è a pasta semicotta e può venir
stagionato con successo. Quest'ultimo può recare la menzione “Prodotto della
montagna”, qualora sia fatto in montagna. Permane una suggestiva produzione
di malga, nella zona originaria dell'Altopiano dei Sette Comuni, la cui
produzione di Asiago Stravecchio (minimo 18 mesi di maturazione) è supportata
da Slow Food.
Altro formaggio fondamentale è il Monte Veronese, pure lui beneficiario della
DOP: anche il Monte Veronese distingue inoltre una produzione di pianura e
una più o meno di malga.
L’OGGETTO
MOSTATRICE
Sull'arte di fare il vino tutti gli scrittori hanno sempre raccomandato di
ammostare bene le uve - Se ne rende migliore la qualita' e ne guadagna il
colore, partendo dal principio che se la parte interna della buccia non viene
prima lacerata, non si separera' del tutto poi nella fermentazione.
ITINERARI (IN) CONSUETI
I dintorni di Verona consentono di fare buone passeggiate, assaporando buoni
vini e nutrendo l'occhio e lo spirito con le opere d'arte. Per esempio, a San
Pietro in Cariano occorrerà far visita alla pieve di San Floriano, una bella chiesa
romanica medievale, che seppur rimaneggiata nei secoli mantiene intatto il suo
fascino, specialmente nel notevole campanile dalla forma squadrata e solida. Lì
vicino, a Negrar, uno dei centri più importanti della Valpolicella, abbiamo ben
due esempi di dimore gentilizie venete: anzitutto villa Bertoldi, di origine quattro-
cinquecentesca, ampliata nel Settecento, caratterizzata dalla tipica facciata
“rustica” a portico che spesso si rinviene nel veronese. Poi, la villa Pojega,
caratterizzata da un maestoso giardino botanico: il complesso è di proprietà
dell'azienda vinicola Guerrieri Rizzardi, che vi organizza pure assaggi e
degustazioni. In effetti, la Valpolicella è celebre in tutto il mondo per la
produzione vinicola: dalle uve corvina, rondinella e molinara, tradizionali in
zona, nasce anzitutto il Valpolicella, vino rosso secco da tutto pasto. Il “fratello
maggiore”, l'Amarone, si ottiene con l'appassimento delle medesime uve, e
negli esempi migliori è un vino importante, di stoffa aristocratica, da abbinare a
cacciagione e grandi piatti di carne. L'ultimo membro della famiglia è il Recioto,
vino dal residuo zuccherino più o meno pronunciato, perfetto da fine pasto. In
zona, deviando un po' sui monti Lessini, è pure possibile approvvigionarsi di
eccellenti salumi: a Sant'Anna di Alfaedo, Corrado Benedetti è uno dei migliori
affinatori della zona, ed è celeberrimo per la classica Sopressa veneta, di
grossa dimensione.
VERONA, VILLE E VINI
Proseguendo verso ovest, ci si può fermare a Grezzana, dove villa Allegri
Arvedi è un altro grandioso esempio di villa patrizia locale, notevole per il
giardino all'italiana, la svettante facciata e gli affreschi settecenteschi del
Dorigny, a soggetto allegorico e mitologico. Andando ancora avanti, e deviando
verso sud, a Roncà troviamo qualcosa di buono da gustare. Anzitutto il Durello,
vino spumante da vitigno autoctono, fresco e beverino: in paese, tra i produttori,
c'è Corte Moschina. Poi, ancora formaggi e salumi con La Casara Roncolato,
condotta dal simpaticissimo Gianni: formaggi prodotti in proprio, oppure raccolti
nelle malghe dei monti Lessini (ad esempio, il Monte Veronese, stagionato
personalmente), e ancora salumi da sogno, come uno Speck fatto come una
volta, a partire da maiali locali. In paese, per chi fosse interessato, c'è pure un
Museo Geo-Paleontologico imperniato su una raccolta di fossili.
Entrando in provincia di Vicenza, facciamo subito la conoscenza col connubio di
industria e agricoltura che caratterizza la zona. Le coltivazioni sono sempre
fiorenti, ma assistiamo a uno sviluppo dell'industria della concia (valle del
Chiampo) e soprattutto di quella tessile (Valdagno, Schio). Quest'ultima
consente interessanti approfondimenti per il turista curioso di archeologia
industriale: ad esempio, il lanificio Conte, di Schio, o il lanificio Marzotto, di
Valdagno. Sempre a Valdagno, merita una deviazione il Museo delle macchine
tessili. Ma la zona ha grandi attrattive anche per l'esperto di arte “tradizionale”:
se proprio non si vuole deviare a sud per vedere Vicenza e le sue architetture
palladiane, si può puntare su Lugo di Vicenza per dare un'occhiata (anzi, di più)
a villa Godi Malinverni, anch'essa opera di Andrea Palladio, impreziosita da
stupendi affreschi allegorici (così piaceva ai patrizi veneti) di Gualtiero
Padovano e Giambattista Zelotti. Un po' prima, a Caldogno, il paese di Roberto
Baggio, avrete magari dato uno sguardo a villa Caldogno, anch'essa palladiana,
meno appariscente ma ugualmente bellissima. Per bere e mangiare, nessun
problema: siamo nei dintorni di Breganze, altro centro tessile famoso anche per
i vini locali a base di cabernet e soprattutto di vespaiolo, un'uva bianca che pare
piaccia molto alle vespe per la sua dolcezza. Dal vespaiolo, oltre al bianco
omonimo, si ottiene, per appassimento, uno dei vini dolci più buoni d'Italia: il
Torcolato di Breganze. Si può citare qualche produttore: Maculan (famosissimo
anche per il rosso Fratta); la Cantina Bartolomeo di Breganze; Firmino Miotti. In
paese, per chi volesse gustare la cucina locale, c'è la trattoria Al Torresan,
semplice e verace, ove gustare appunto il “toresan”, il particolare piccione allo
spiedo, tipico di queste parti. Imperdibile pure la visita ad Arzignano, ove c'è
Damini Macelleria & Affini, una boutique del gusto che in Veneto ha pochi eguali
per assortimento e qualità.Ma ora occorre procedere, perché siamo a pochi
passi da Marostica. Il gastronomo già sussulta: Marostica è celebre per le
ciliegie. Eppure Marostica non è solo questo: è una cittadina fortificata fin
dall'epoca romana. Nella piazza degli Scacchi, ancora oggi, si disputano
suggestive partite con pedine “umane”, ossia viventi: un'esperienza da non
mancare.
VICENZA, ARCHEOLOGIA INDUSTRIALE
DA NON PERDERE
Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi
La natura a portata di mano sulle montagne più belle del mondo. Paesaggi da
sogno e natura incontaminata che affascina.
EVENTI ENOGASTRONOMICI, SAGRE E FIERE
Vinitaly, a Verona, in aprile,
Vinnatur Villa Favorita, mostra di vini naturali, a Cerea (VR), in aprile
Vino in Villa, Festival del Prosecco, a Susegana (TV), in maggio
Salumi in Villa, a Mogliano Veneto (TV), in ottobre
Festa del melone, a S. Margherita d'Adige (PD), prima settimana di luglio
Festa della tagliata, a Grumolo delle Abbadesse (VI), prima settimana di
luglio
La Grande Festa del Vino, a Mirano (VE), seconda domenica di settembre
Magnalonga settembrina, a Negrar (VR), seconda domenica di settembre
Festa regionale della polenta, a Villadadige (RO), ultima settimana di
settembre
ALTRI EVENTI
Mostra internazionale di arte cinematografica, a Venezia, dal 28 agosto al 7
settembre 2013
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