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La storia di Salvador Allende. Dal sogno socialista al golpe militare dell'11 settembre 1973.
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INDICE
Cap. 1 La situazione prima del golpe 1.1 La guerra fredda in America Latina pag. 5 1.2 La Alianza para el progreso e la sua efficacia in Cile pag. 8
Cap. 2 Il protagonista
2.1 Le origini pag. 14
2.2 La formazione politica pag. 20
Cap. 3 La quarta candidatura di Allende
3.1 Storia di un sabotaggio pag. 29
3.2 La vittoria di Allende pag. 32
Cap. 4 I mille giorni di Allende
4.1 Il primo tentativo di golpe pag. 39
1
4.2 I caratteri della reforma agraria pag. 44
4.3 Le elezioni del 1971 e i rapporti con la DC pag. 48
4.4 Le nazionalizzazioni e l’offensiva dell’opposizione pag. 54
4.5 Il ruolo delle multinazionali e la crisi economica pag. 62
4.6 Il “Paro de octubre” e la partecipazione del generale
Prats al governo pag. 68
4.7 L’ultima fase pag. 73
Cap. 5 Il golpe e l’intervento americano
5.1 Preparazione del golpe pag. 85
5.2 L’11 settembre e la morte di Allende pag. 89
Cap. 6 Ripercussioni in Italia
6.1 Reazioni politiche e prime forme di aiuto pag. 100
6.2 Il golpe cileno e il compromesso storico pag. 106
Bibliografia pag. 116
2
“In questo momento critico, in questo batter di palpebre dell’agonia, sappiamo che entrerà la luce definitiva
attraverso gli occhi socchiusi. Ci capiremo tutti.
Andremo avanti insieme. E questa speranza è irrevocabile”.
Pablo Neruda
3
CAPITOLO 1
LA SITUAZIONE PRIMA DEL GOLPE
4
1.1 LA GUERRA FREDDA IN AMERICA LATINA
Per comprendere le complesse realtà da cui nacquero e
si svilupparono negli anni Settanta le diverse
“concezioni” rivoluzionarie latinoamericane, occorre
soffermarsi sul contesto politico,economico e sociale
di allora.
La premessa iniziale è la constatazione della totale
egemonia degli Stati Uniti sul continente, attraverso
strumenti e dispositivi militari finalizzati al
coordinamento degli eserciti latinoamericani sotto la
direzione del Pentagono, utilizzando il Trattato
Interamericano di Assistenza Reciproca (TIAR), che
costituì il quadro di riferimento entro il quale si
sviluppò successivamente l’ingerenza ideologica,
politica e militare degli Stati Uniti, impegnati a
contrastare e combattere la “penetrazione comunista”
nel subcontinente latinoamericano. Il primo atto di
ingerenza avvenne nel giugno ‘54 quando
l’amministrazione del presidente Dwight Eisenhower,
5
dopo aver dichiarato che il governo costituzionale
del Presidente Jacopo Arbenz era un “regime di
terrore di stampo comunista” (quando in realtà
l’unione Sovietica non manteneva nemmeno relazioni
diplomatiche con il Guatemala) perché il governo,
appoggiato in parlamento anche dai pochissimi deputati
comunisti (quattro) del Partito Guatelmateco del
Lavoro, aveva avviato una timida riforma agraria che
andava però ad intaccare gli interessi della United
Fruit Company, organizzò meticolosamente il colpo di
Stato per destituire Arbenz ed insediare Castello
Armas.
All’inizio degli anni Sessanta la politica di “difesa”
dell’emisfero venne riveduta, ampliata e rielaborata,
soprattutto perché ora si doveva affrontare una
minaccia proveniente dall’interno dei paesi, cioè lo
scoppio di tentativi insurrezionali capaci di
sovvertire l’ordine politico-economico vigente. La
popolazione latinoamericana, che viveva in uno stato
6
di miseria cronica, stava finalmente prendendo
coscienza dei fattori causali di questa povertà
estrema che si materializzava in una diffusa ambizione
di mutamento.
1.2 LA ALIANZA PARA EL PROGRESO E LA SUA EFFICACIA IN CILE
7
Gli Stati Uniti, dal canto loro, consapevoli che una
situazione di degenza e povertà delle popolazioni
sarebbe stata il preludio dell’avanzamento e
rafforzamento dei partiti di sinistra, adottarono una
strategia economica denominata “Alianza para el
progresso”.
L’Alianza para el progresso fu lanciata da j.F.
Kennedy il 17 agosto 1961 alla conferenza di Punta del
Este (Uruguay), sottoscritta da tutti i membri
dell’OEA, eccetto Cuba1.
In sostanza l’Alianza, fondata per impedire la
“esportazione della rivoluzione cubana”, consisteva in
una concessione di crediti ai paesi dell’America
Latina per promuovere riforme agrarie e fiscali e
compensare la diminuzione dei prezzi dello scambio
commerciale e dei miglioramenti sociali in genere. Il
presidente statunitense comprendeva la necessità di
privilegiare i settori borghesi progressisti e, non a
1 R. Betancourt, Hacia America Latina democratica e integrada, Taurus Ediciones, Madrid, 1969, pp.67-69.
8
caso, fu il governo cileno democratico-cristiano di
Eduardo Frei a ricevere il maggior aiuto.
Il programma di Eduardo Frei, “La revoluciòn en
libertad”, era praticamente l’espressione cilena
dell’Alianza para el progreso e mirava ad affrontare i
problemi cruciali della modernizzazione della
agricoltura, dell’espansione mineraria, della
educazione, della giustizia sociale e della sovranità
nazionale. Il programma freista si presentava come
l’antidoto all’avvento delle Sinistre, riunite nel
Frente de Acciòn Popular (F.R.A.P.) guidato da
Salvador Allende.
La denominazione “La revoluciòn en libertad” di Frei
conteneva di per se già un accusa: che la rivoluzione
allendista avrebbe messo in gioco le libertà dei
cittadini. Nei fatti la revoluciòn en libertad venne a
scontrarsi con la realtà di un paese fortemente
contraddittorio fra sviluppo e arretratezza che
necessitava di un rilancio della propria economia.
9
Il presidente Frei avviò una serie di timide riforme
(come quella agraria che all’inizio ebbe il pieno
appoggio dei comunisti e dei socialisti) che non
raggiunsero però le mete indicate inizialmente, a
causa anche, del peggioramento degli indici economici,
in particolare quello dell’inflazione che alienò alla
DC l’appoggio delle classi medie e scatenò una ondata
di occupazioni di terreni periferici e di qualche
fabbrica con conseguenti scioperi e violenti scontri
di piazza2.
Uno dei temi centrali della politica economica cilena
era sicuramente la Riforma Agraria. Si pensi che ben
il 98% della proprietà agricola era in mano ad appena
il 2% della popolazione, concentrazione che
comportava che grandi estensioni terriere rimanessero
inattive e la produzione molto bassa.
La Ley de Reforma Agraria del 1967, che rappresentava
l’arma più riformista del governo Frei, in realtà
2 Cfr., R. Pizarro, Le contraddizioni del capitale straniero, Ediciones Era, Messico 1980, pp.281-290.
10
limitava la proprietà ad un massimo di 80 ettari di
terra irrigata preservando quindi un numero
sostanziale di grandi proprietari terrieri.
Per quanto riguarda le espropriazioni, su un totale di
260 mila proprietari agricoli esistenti in Cile, i
piani della riforma prevedevano l’espropriazione di
non più di 4500 proprietari. Il che significava che
più del 98% dei proprietari non sarebbero stati
interessati dalle decisioni governative. Inoltre la
legge non era imperativa, cioè non obbligava il
governo ad eseguire gli espropri, ma gli riconosceva
la facoltà di procedere qualora lo avesse ritenuto
opportuno.
Inoltre i finanziamenti ricevuti dall’Alianza non
furono affatto investiti in infrastrutture pubbliche e
in servizi sociali, e non vennero utilizzati per
progetti di salute pubblica o per tutelare gli operai
dall’impennata dell’inflazione. Si evince quindi il
11
fallimento del programma freista, complementare a
quello dell’Aleanza para el Progresso.
12
CAPITOLO 2
IL PROTAGONISTA
2.1 LE ORIGINI
13
La famiglia di Allende non apparteneva propriamente
alla «borghesia ricca», ma a quella agiata delle
professioni liberali. Gli Allende erano convinti che
in Cile solo le professione liberali, in particolare
l’avvocatura e la medicina, permettessero di vivere
con decoro e indipendenza senza sfruttare il lavoro
d’altri e senza piegarsi di fronte ai potenti.
Il padre di Allende era notaio e avvocato, il nonno e
il bisnonno materno e diversi zii erano medici. La
famiglia aveva tradizioni patriottiche, radicali e
massoniche. Il bisnonno paterno Ramón Allende Garcés e
i fratelli Gregorio e José Maria avevano preso parte
alla guerra per l’indipendenza del Cile: Ramón e José
Maria combatterono nel distaccamento degli Ussari
della Morte, al comando del patriota Manuel Rodríguez
Erdoiza (1786-1818), Gregorio comandava uno squadrone
della guardia personale del generale Bernardo
O’Higgins (1778-1842), principale protagonista
dell’indipendenza e primo capo del nuovo Stato.
14
Quando, nel 1823, O’Higgins fu costretto ad andare in
esilio, Gregorio Allende Garcés lo accompagnò e restò
con il «Padre della Patria» per otto anni, prima di
tornare in Cile. La bisnonna era figlia di Vicente
Padín, decano della Facoltà di Medicina
dell’Università del Cile di Santiago e fondatore
dell’Ospedale di San Vicente3.
Il nonno Ramón Allende Padín (1845-1885) fu un famoso
medico e autore di importanti pubblicazioni
scientifiche. Nella sua breve vita ricoprì vari
incarichi, fra i quali quello di capo dei Servizi
medici dell’esercito durante la Guerra del Pacifico
con la Bolivia e il Perù (1879-1883), quello di
presidente del Consiglio di sanità e poi del Consiglio
di istruzione pubblica. Fu inoltre deputato del
Partito radicale per otto anni e senatore per quattro,
capo della Loggia massonica «Giustizia e Libertà»;
noto anticlericale furibondo (venne scomunicato),
3 Carlos Jorquera, El chico Allende, Ediciones BAT, 1990, pp. 65-68..
15
organizzatore di scuole laiche (fondò la scuola“Blas
Cuevas”), editore e giornalista dei periodici “Guía
para el Pueblo” e Deber.
Per le sue posizioni nella storia del Cile è ricordato
come «El Rojo Allende» (Allende il rosso).
Alla sua morte prematura il funerale fu quasi una
manifestazione politica con grande partecipazione di
gente; l’orazione funebre fu tenuta dal leader
radicale Enrique Mac-Iver Rodríguez (1845-1922) e fra
coloro che portavano il feretro a spalla vi erano due
futuri presidenti del Cile: José Manuel Balmaceda e
Ramón Barros Luco (1835-1919).
Del nonno e della tradizione familiare Salvador
Allende dice nell’intervista concessa a Régis Debray:
«Io ho una tradizione massonica. Mio nonno, il dottore
Allende Padín, è stato serenissimo Gran maestro
dell’Ordine massonico nel secolo scorso, quando essere
massone significava lottare. Le Logge massoniche, le
Logge Lautarine sono state il pilastro
16
dell’indipendenza e della lotta contro la Spagna
[...]. Allora, puoi capire benissimo come, per
tradizione familiare, e inoltre perché la Massoneria
ha lottato per princìpi fondamentali come la libertà,
l’uguaglianza e la fraternità, uno possa avere tali
legami [...]. Secondo una definizione ortodossa, la
mia origine è borghese, ma devo aggiungere che la mia
famiglia non è mai stata legata ai settori
economicamente potenti della borghesia, perché i miei
avi paterni hanno esercitato professioni cosiddette
liberali e altrettanto hanno fatto quelli materni
[...]. Tutti i miei zii e mio padre hanno militato nel
Partito radicale, quando essere radicali implicava
indiscutibilmente avere assunto una posizione
avanzata. Mio nonno ha fondato la prima scuola laica
del Cile ed è stato chiamato, per la sua posizione,
“Allende il rosso”»4. La famiglia Allende ebbe
relazioni d’amicizia e rapporti politici e di
4 Osvaldo Puccio, Un cuarto de siglo con Allende, Editorial Emisiòn, 1985, p.104.
17
fratellanza massonica con altri esponenti di primo
piano della storia del Cile. Lo zio paterno Ramón
Allende Castro fu per alcuni anni sindaco di Santiago
nel secondo decennio del Novecento; il piccolo
Allende, detto familiarmente «Chicho», poté conoscere,
perché frequentati dal padre Salvador Allende Castro e
dalla madre Laura Gossens Uribe, i futuri presidenti
Carlos Ibáñez del Campo (1877-1960), Arturo Alessandri
Palma (1868-1950) e il figlio Jorge Alessandri
Rodríguez (1896-1986), anch’egli futuro presidente e
avversario politico di Allende.
L’intrecciarsi di relazioni familiari e di amicizia è
importante nella storia cilena perché costituisce un
processo di integrazione delle élite sociali e
politiche e permette di comprendere le dinamiche che
intercorrono fra i gruppi dirigenti e l’attività,
spesso silenziosa e nascosta, di mediazione e di
trasformazione nei rapporti che influenzano
18
direttamente e indirettamente gli uomini che
controllano lo Stato e la vita politica pubblica.
Da questo punto di vista la famiglia Allende, pur non
essendo né per potere economico né per influenza
sociale fra le primissime del Cile, ha però dato al
proprio paese, con continuità, per ormai quasi due
secoli, uomini e donne che hanno svolto ruoli politici
e professionali di primo piano e che sono uniti con
vincoli di parentela ad altre famiglie di analoga
importanza nella storia del Cile.
2.2 LA FORMAZIONE POLITICA
La vita politica di Salvador Allende comincia nel 1926
quando decide di iscriversi alla facoltà di medicina
all’università del Cile: studiava e faceva attività
19
politica, fu presidente del comitato studentesco,
vicepresidente della Federazione degli studenti e
perfino membro del Consiglio universitario.
La crisi mondiale del 1929 colpì il Cile con forza.
Dal nord al sud, migliaia di disoccupati e di affamati
invasero la capitale. La dittatura di Ibànez rispose
con la repressione. Quando gli studenti occuparono
l’edificio centrale dell’Università del Cile, Allende
era in prima fila e finì per essere arrestato insieme
a centinaia di lavoratori e di studenti; il suo
attivismo politico fu punito con l’espulsione quando
gli mancavano solo due mesi per laurearsi5. I meriti
acquisiti come studente fecero tornare l’università
sulla sua decisione, così Allende poté terminare gli
studi.
A 29 anni vinse trionfalmente le sue prime elezioni
politiche giungendo in Parlamento come deputato di
Valparaiso e Quillota; si lanciò poi a capofitto
5 La Naciòn, Santiago del Cile, 7 settembre 1970.
20
nella campagna presidenziale del radicale Pedro
Aguirre Cerda, che si insediò alla Moneda nel 1938
alla guida di un governo di fronte popolare.
Anni di speranza in Cile mentre l’Europa affondava
nella seconda guerra mondiale. Allende abbandonò il
Parlamento per diventare il più giovane ministro della
sanità della storia cilena, aveva solo 30 anni6.
Come ministro s’impegnò per fare approvare la
riforma dell’assistenza sociale, il nuovo statuto
medico, i consigli scolastici e le leggi che
tutelavano la maternità e l’infanzia.
L’unità della sinistra durò poco. La crisi scoppiò al
tezo anno di governo di Aguirre Cerda, e fu un momento
di cui l’ex dittatore, generale Ibànez, approfittò per
compiere una nuova rivolta che passò alla storia come
l’ “areostazo”, dal nome del generale Ariosto Herrela
alla guida dei ribelli.
6 Cfr., Monica Gonzàlez, La Conjura,, Ediciones B, Cile, 2000, pp. 23-29.
21
Allende, senza pensarci un istante, si recò alla
Moneda per riconfermare la sua lealtà al Presidente, e
si trovava lì quando al Presidente giunse l’offerta di
fuggire a Valparaiso, con l’appoggio della Marina.
“Il presidente della Repubblica non si sottomette a un
ribelle”, rispose Aguirre Cerda. “Di qui non mi
tireranno fuori se non morto. Il mio dovere è di
morire difendendo il mandato affidatomi dal popolo”.
La cospirazione fallì, ma le parole del capo di
governo rimasero impresse a fuoco nella memoria di
Allende7.
Nelle successive elezioni presidenziali, l’unità della
sinistra era già spaccata. Alla Moneda giunse il
radicale Gabriel Gonzàlez Videla. Era l’inizio della
guerra fredda tra Stati Uniti e Unione Sovietica. Il
Cile cedette alle pressioni di Washington promulgando
la “legge di difesa permanente della democrazia”. I
7 Cfr., ibidem.
22
comunisti furono dichiarati fuorilegge, si ordinarono
arresti e si aprirono campi di prigionia.
Allende si batté tenacemente per la sua abrogazione
ed espresse la sua solidarietà ai carcerati nei luoghi
di detenzione.
E giunse l’anno 1952. Il dittatore Ibànez si trasformò
in candidato democratico e promise di far piazza
pulita dei politicanti. Al generale “della scopa”, lo
chiamarono così perché prometteva pulizia, si oppose,
per la sinistra, il senatore Allende con il debole
appoggio di un settore del Partito socialista e dei
comunisti che prese il nome di Fronte del Popolo. Fu
la sua prima candidatura presidenziale.
La sconfitta però fu impressionante: giunse quarto su
quattro candidati. Il risultato negativo non riuscì a
minare comunque l’entusiasmo di Allende, che invece
interpretava i 52 mila voti ricevuti come una vittoria
delle coscienze pulite.
23
Solo nel 1957 gli sforzi di Allende raggiunsero la
meta: l’unità socialista e la nascita del FRAP (Fronte
di azione popolare), con il quale affrontò le sue
seconde elezioni presidenziali nel 1958. Arrivò
secondo, con 354 mila voti: in sei anni aveva
conquistato più di 300 mila voti8.
Il dato importante è che perse solo per 30 mila voti
contro il candidato della destra Jorge Alessandri.
Di fatto, Allende fu sul punto di vincere e la cosa
non sfuggì a Washington, e all’interno della
Democrazia Cristiana e della destra cilena.
Sei anni dopo Allende era, per la terza volta,
candidato alla presidenza del suo Paese, contrapposto
ora al democristiano Frei Montalva.
Si trattava questa volta di un duello politico impari,
Frei poteva infatti disporre dell’aiuto e del sostegno
economico di Washington e della CIA.
8 M. Castells, La lucha de clases en Chile, cit., pp. 368-369..
24
L’obiettivo degli Stati Uniti era chiaro: impedire la
vittoria del candidato Allende. Lo dice con estrema
chiarezza, un memorandum top-secret inviato dal
segretario di Stato Dean Rusk alla Casa Bianca in data
14 agosto 1964: “Stiamo facendo il massimo sforzo
clandestino per ridurre la possibilità che il Cile sia
il primo Paese americano a eleggere come presidente un
marxista dichiarato”9.
Il risultato fu una campagna milionaria con striscioni
e manifesti in tutto il Cile, con una presenza
fortissima nelle radio e sui giornali di tutto il
Paese, nel libro paga della CIA c’erano 26
commentatori politici.
Questa campagna incluse, nella fase finale,
un’operazione di terrore con foto di carri armati
sovietici che, s’insinuava, avrebbero occupato il Cile
se avesse vinto Allende10.
9 Henry Kissinger, Gli anni della Casa Bianca, SugarCo, Milano 1980, p.65.10 Christopher Hitchens, Processo a Henry Kissinger, Fazi, Roma, 2003, p. 43.
25
Il rapporto del Senato americano dice che questo
intervento fu visto dalla Casa Bianca come qualcosa di
logico e di coerente con la sua politica estera
dell’Alleanza per il Progresso, perché in quel
contesto il Partito della Democrazia Cristiana (Pdc) e
il suo leader parevano fatti su misura per l’Alleanza.
In questo modo la CIA aveva già costruito la sua rete
di collaboratori cileni nella seconda metà degli anni
Sessanta. Una rete che si dimostrò d’importanza chiave
per le successive “operazioni clandestine” che avevano
nel mirino un solo uomo: Salvador Allende Gossens.
Prevedibilmente le elezioni del 1964 costituirono una
schiacciante sconfitta per Allende, il quale però non
si scoraggiò e anzi continuò a lavorare per il suo
obiettivo: riunificate la sinistra.
Nel 1969 Allende riuscì finalmente nel suo intento: la
costituzione dell’Unidad Popular, un alleanza di
sinistra, che lavorava già in vista delle elezioni
politiche del 1970.
26
Per la quarta volta il candidato presidenziale della
sinistra, ora unita, fu Salvador Allende. Il Cile di
queste elezioni però, non era più quello del 1964. Le
organizzazioni popolari e i sindacati si erano
moltiplicati nelle città e nelle campagne. Tanto che
il Pdc al governo scelse come candidato presidenziale
uno dei suoi leader più progressisti, Radomiro Tomic,
che presentava un programma che, nella sostanza, era
molto simile a quello di Allende.
CAPITOLO 3
27
LA QUARTA CANDIDATURA DI ALLENDE
3.1 STORIA DI UN SABOTAGGIO
1970, fine gennaio. A 61 anni, Salvador Allende iniziò
la sua quarta campagna elettorale per la presidenza
del Cile.
Contemporaneamente a Washington, tutte le analisi dei
servizi segreti portavano alla stessa conclusione: non
serviva a nulla appoggiare economicamente la campagna
del candidato della destra Alessandri. La forza
elettorale della sinistra, calcolando anche i
28
progressisti che avrebbero votato per Tomic, era
talmente grande che non restava altra strada se non il
sabotaggio.
Così, il 25 marzo 1970, si riunì a Washington il
Comitato Quaranta e approvò un primo stanziamento di
125 mila dollari per operazioni di sabotaggio contro
Allende11.
Il Comitato Quaranta fu chiamato così durante il
governo Nixon e ne facevano parte il presidente del
Comando congiunto dei capi di Stato maggiore, il
sottosegretario alla Difesa, il sottosegretario di
Stato per gli Affari Politici e il direttore della
CIA. Il Comitato era poi presieduto da Henry
Kissinger, consigliere del presidente per la sicurezza
nazionale.
Lo scopo fondamentale di questo comitato era di
approvare ed esercitare il controllo politico sulle
azioni clandestine all’estero.
11 Newton Carlos, Camelot, una guerra americana, Editora Objetiva, Brasil, 1991, p. 43.
29
Dalla visione del rapporto Church12 si scopre che la
CIA acquistò una stazione radio, finanziò il giornale
“El Mercurio”, appoggiò un’associazione di
imprenditori.
Il Paese fu poi tappezzato dall’immagine di Jorge
Alessandri, salvatore della patria in pericolo, in
contrapposizione all’altro “salvatore” che minacciava
di distruggerla.
A un mese dall’elezione il Comitato decise di
intensificare il sabotaggio: la CIA lavorò con tutti i
mezzi di comunicazione possibili e finanziò gruppi
femminili e fronti civici di destra. Oltre all’enorme
campagna propagandistica, tentò di spaccare il Partito
radicale, formazione politica non marxista.
Il rapporto Church mise in luce che la CIA si servì
anche di propaganda nera, cioè materiale che veniva
12 In seguito alle denunce su quanto stava avvenendo in Cile, il Senato americano costituì una commissione di indagine, presieduta dal senatore Frank Church e composta da 11 senatori. Il rapporto finale fu pubblicato nel 1975 con il titolo “Azioni clandestine in Cile 1963-1973”.
30
attribuito falsamente a un gruppo per provocare
divisioni tra comunisti e socialisti. C’erano persino
squadre che scrivevano sui muri e una campagna di
manifesti con carri armati sovietici che entravano a
Santiago. Si annunciava la fine della religione
cattolica, la fine della vita familiare e persino
della patria13.
3.2 LA VITTORIA DI ALLENDE
Alle 2.50 del 5 settembre 1970 un terremoto politico
investe l'America latina. Lo spoglio delle schede è
finito: Salvador Allende, medico, socialista,
candidato di Unidad Popular, al suo quarto tentativo,
ha conquistato la maggioranza relativa alle elezioni
presidenziali cilene. Su quello strano paese, lungo
più di 4 mila chilometri ma largo non più di 200, si
accendono i riflettori del mondo. Per la prima volta
un marxista può diventare capo di un governo
13 Ibidem
31
nell'emisfero Ovest grazie a una vittoria elettorale e
non a una insurrezione armata. Da Roma e da Parigi,
capitali del marxismo occidentale, arrivano a Santiago
del Cile legioni di giornalisti, analisti politici,
semplici militanti ansiosi di capire come reagirà il
laboratorio all'inedita formula cilena14.
E l'attenzione è tanto più giustificata se si guarda
alle ambizioni di Salvador Allende Gossens, 61
anni, marxista e massone, dal '52 ostinatamente
impegnato a cercare una "via cilena" al socialismo
democratica e pacifica, ma non per questo meno
radicale.
Santiago: al termine della campagna
elettorale, i militanti di Unidad
Popular scendono nelle strade
per sostenere il blocco delle sinistre.
14 E. Taviani, Politica a memoria d’uomo, Il Mulino, Bologna, 2002, pp. 17-19.
32
Fonte: www.ossimoro.it
Nonostante la fortissima interferenza di Washington,
Salvador Allende fu il primo tra i candidati per le
elezioni presidenziali contro quello presentato dalla
Democrazia Cristiana, Radomiro Tomic, e quello della
destra, Jorge Alessandri.
Candidato Voti %
Allende 1.066.372 36,29%
Alessandri 1.050.863 35,76%
Tomic 821.350 27,95%
Totale 2.943.561 Fonte: PDBA
33
Il successo giungeva grazie ad un mutamento della
società cilena, dovuto alla nuova politica degli
eterogenei partiti della sinistra che avevano saputo
trovare, al di là delle divisioni tattiche e
ideologiche, l’unità su una strategia socialista.
La notte del 4 settembre la storia cilena cambiò
radicalmente direzione.
Da un balcone della sede della
Federazione degli studenti del
Cile, Allende affermò che la
«vittoria apre un cammino
nuovo per la patria, di cui
il principale attore è il
popolo del Cile». «Io», prosegue Allende, «chiedo che
il popolo comprenda che sono solamente un uomo, con
tutte le debolezze e i difetti che ha un uomo, che
accetto questo trionfo che non ha nulla di personale e
che devo all’unità dei partiti popolari, delle forze
34
sociali che sono state con noi»15. Allende sa che le
sue parole sono ascoltate da tutto il Cile e soppesate
una a una dagli osservatori nazionali ed esteri. Mai
prima di allora una elezione presidenziale cilena è
stata tanto seguita in tutto il mondo16.
In realtà, vinte le elezioni si aprì un periodo di
forti tensioni, poiché, come prevedeva la Costituzione
(art.64), qualora nessun candidato avesse raggiunto la
maggioranza assoluta dei suffragi diveniva necessario
il voto del Congreso Pleno (cioè le Camere riunite)
che avrebbe eletto scegliendo tra i candidati che
avevano ottenuto le due più alte maggioranze relative.
Ecco quindi che sul piano politico si cercò di trovare
un compromesso tra le diverse correnti interne alla DC
cha avvertì chiaramente l’importanza della sua scelta:
in Parlamento tutto dipendeva dal suo voto, visto che
i partiti della Unidad Popolar da soli non
raggiungevano nemmeno la maggioranza semplice.15 S. Allende, Primer mensaje del Presidente Allende, OIR, Santiago de Chile, 1971, p. 102.16 Luciano Aguzzi, Salvador Allende. L'uomo, il leader, il mito. Ediesse 2003, p. 109.
35
Dalla Junta Nacional, il 22 settembre si dichiarò il
sostegno ad Allende a condizione che venisse
introdotto nella Costituzione lo “Statuto delle
garanzie democratiche”. In altre parole si chiedeva ad
Allende che il suo governo rispettasse il pluralismo
politico, la neutralità delle Forze Armate, la libertà
d’insegnamento e altro; nonostante qualche timida
opposizione del Partito Socialista, si comprese che
questo patto non comprometteva assolutamente il
programma politico dell’Unidad Popular, semmai lo
riconfermava.
Così il 24 ottobre 1970 il Parlamento approvò la
vittoria di Allende con ampio margine: 153 voti contro
i 35 per Alessandri e 7 astensioni17.
17 Ibidem
36
CAPITOLO 4
I MILLE GIORNI DI ALLENDE
37
4.1 IL PRIMO TENTATIVO DI GOLPE
Nel lasso di tempo che separò l’elezione popolare(4
settembre) dall’investitura solenne del Congresso (24
ottobre) vennero progettati dal Dipartimento di Stato
e dalla CIA due tentativi per evitare che Allende
venisse costituzionalmente eletto e insediato
presidente della Repubblica del Cile.
Il Presidente Nixon mise in campo due squadre per
raggiungere l’obiettivo: una guidata dall’ambasciatore
Korry che riceveva istruzioni dal Dipartimento di
Stato (piano chiamato Track One) e l’altra comandata
da Richard Helms, direttore della CIA (Track Two).
Nel quadro dell’operazione Track One, per impedire ad
Allende di assumere il potere, la CIA e l’Ambasciata
38
statunitense tentarono di influenzare il voto di
nomina del Congresso tramite il golpe parlamentario18.
Dato che allora non esisteva il meccanismo della
seconda tornata elettorale, la soluzione era che il
Congresso non ratificasse l’elezione a maggioranza
relativa del candidato Allende, in modo da rompere la
tradizione repubblicana ed eleggere il candidato della
destra, Jorge Alessandri. Una volta eletto e insediato
alla Moneda, Alessandri si sarebbe dimesso con un
gesto patriottico per non creare una crisi politica;
si sarebbero annunciate nuove elezioni e il
democristiano Frei Montalva avrebbe potuto tornare
alla Moneda sommando i voti del Pdc e della destra.
Questa manovra fu chiamata il “gambetto Frei”. Nel
gioco degli scacchi, gambetto è la tattica di
sacrificare uno o due pezzi all’inizio per guadagnare
poi una posizione favorevole.
18 Churc Report. Covert action in Chile 1963-1973, p. 45.
39
Il Rapporto Church appurò che il Comitato Quaranta
approvò l’utilizzo di 250 mila dollari per il
“gambetto Frei”. Obiettivo ufficiale: comprare voti a
favore di Alessandri.
La cosa risultò rapidamente irrealizzabile e i 250
mila dollari non si spesero mai. Nonostante gli
sforzi, Frei si rifiutò di interferire con il processo
costituzionale e la manovra della rielezione andò a
rotoli.
Abortito il “gambetto Frei” tornò a riunirsi il
Comitato Quaranta, il quale approvò il taglio di tutti
i crediti, suggerì di fare pressioni sulle imprese
perché limitassero gli investimenti in Cile e di
contattare altri Paesi perché agissero nello stesso
modo. Si scatenò, così, un’ondata di panico
finanziario di grosse proporzioni.
Di natura più invadente fu l’operazione denominata
Track Two, che invece aveva lo scopo di fomentare un
colpo di Stato tramite la collaborazione delle Forze
40
Armate cilene per impedire ad Allende di assumere la
presidenza19. Si contattarono tre diversi gruppi
eversivi che fecero sapere che qualsiasi golpe doveva
essere preceduto dal rapimento del Comandante in capo
dell’esercito, il generale Renè Schneider. Ai cileni
che erano favorevoli ad un colpo di Stato, fu
assicurato un appoggio deciso del governo degli Stati
Uniti, sia prima che dopo il golpe.
La CIA contattò il generale a riposo Roberto Viaux
fornendogli del materiale bellico20. Si decise di
portare a termine l’azione il 22 ottobre, ma durante
il tentato sequestro il generale Schneider venne
ferito gravemente e l’operazione Track Two fallì anche
per la forte reazione che ebbe in Cile questo
assassinio politico.
Il giorno seguente l’elezione di Allende, morì
Schneider, il quale, nominato dopo la crisi
dell’ottobre 1969, avrebbe rappresentato una pedina 19 Church Report. Covert action in Chile 1963-1973, cit.20 G. Vicario, Militari e politica in America Latina, cit., p. 60
41
fondamentale per il futuro governo Allende in quanto
aveva da sempre ribadito la sua fedeltà alla
Costituzione cilena.
Se la personalità e il comportamento di Schneider
fossero stati diversi, sicuramente il governo di
Unidad Popular sarebbe stato sconfitto militarmente
ancor prima di nascere, e un regime autoritario si
sarebbe instaurato in Cile fin dall’ottobre del 1970.
L’eliminazione di Schneider avrebbe necessariamente
condotto ad uno sbandamento istituzionale del Paese e
anche delle stesse Forze Armate, invece venne nominato
il generale Carlos Prats, amico di Schneider e
ufficiale rispettoso dei principi costituzionali
il quale chiarì immediatamente che avrebbe mantenuto
inflessibilmente la stessa linea del suo predecessore.
42
4.2 I CARATTERI DELLA REFORMA AGRARIA
Quando Unidad Popular assunse il governo del Paese
Allende trovò un Cile condizionato da una grave crisi
congiunturale e strutturale. Si trattava degli effetti
di un’alta concentrazione monopolistica e di
un’economia agraria ancora fondata sul latifondo21. Nel
1970 il 50% della popolazione (proletari e poveri)
usufruiva appena del 16,1% del reddito nazionale; il
45% della popolazione (ovvero la classe media)
disponeva del 53% e il 5% (classe ricca) godeva del
restante 30% del reddito nazionale.
Il sistema economico-finanziario del Cile era in crisi
e necessitava di interventi radicali. Per questo
l’obbiettivo primario del Presidente Allende si
identificava necessariamente nel rilancio
dell’economia nazionale, ma una simile inversione di
21 Cfr. N. Restivo, Chile. La crisis de 1973 y los ciclos economicos, cit., p.82
43
tendenza poteva avvenire solo attraverso un
appropriamento delle ricchezze naturali e finanziarie
del paese. Innanzitutto della principale risorsa di
cui avrebbe potuto e dovuto disporre: il rame.
In breve, le basi della strategia centrale della UP,
che nel dicembre del ’70 firmò un accordo con la
Central Unica de Trabajadores de Chile (CUT),
consistevano in profonde modificazioni della proprietà
agraria, bancaria, mineraria e industriale, insieme
alla partecipazione attiva dei lavoratori.
Una delle colonne portanti del rinnovamento della
società cilena fu il Plan 71, che fissava
rigorosamente le tappe della transizione economica e
presentava le prime 40 misure da assumere nel breve
periodo22. Si trattava dell’applicazione del programma
presentato da Unidad Popular durante la campagna
elettorale. Tra gli obiettivi, il Plan prevedeva il
miglioramento delle condizioni di vita del popolo
22 L. Corvalàn, Il governo di Salvador Allende, cit., p. 191.
44
attraverso la costruzione di case popolari,
l’espansione dei servizi educativi e di salute
pubblica, attraverso investimenti per la creazione e
il potenziamento di reti di protezione sociale.
Altro obiettivo indicato nel Plan era l’ampliamento e
l’accelerazione della Riforma Agraria che
prevedeva l’espropriazione, solo nel 1971, di almeno
1000 latifondi.
Nello specifico, la riforma fissava la “immediata
assegnazione alla coltivazione agricola delle
terre abbandonate o mal sfruttate, di proprietà dello
Stato”, ed ancora, prevedeva l’organizzazione delle
terre sotto forma di cooperativa. In altre parole,
dell’espropriazione avrebbero beneficiato 30 mila
famiglie, al fine di assorbire la mano d’opera
disoccupata,meccanizzare l’agricoltura, razionalizzare
le colture e intensificare la produzione23.
23 Ibidem
45
Nonostante le difficoltà che rallentarono
l’operatività della riforma, il governo autorizzò
l’espropriazione, tra la fine del dicembre 1970 e
l’agosto del ’71, nel quadro della legge del 1967, di
1300 nuovi latifondi per una estensione complessiva di
2.500.000 ettari, pari al 30% del totale della
superficie agraria del paese24. Complessivamente, se si
analizzano i risultati raggiunti nel triennio 1970-73,
quella cilena, anche per il buon livello di
partecipazione contadina, è stata la riforma più
incisiva di tutta l’America Latina, nonostante i
limiti che ancora si presentavano soprattutto nelle
aree più rurali del paese e le enormi difficoltà
politico-economiche che ha dovuto fronteggiare il
governo della Unidad Popular.
24 J. Chonchol, La riforma agraria e l’esperienza cilena, in L. Basso, R. Rossanda e altri; L’esperienza cilena. Il dibattito sulla transizione , Il Saggiatore , Milano 1974, p.191
46
4.3 LE ELEZIONI DEL 1971 E I RAPPORTI CON LA DC
Malgrado l’immediato impatto economico negativo
seguito alla vittoria dell’UP, si verificò una
maggiore partecipazione popolare al progetto di
decollo dell’economia nazionale. La CUT registrò un
aumento degli iscritti da 700 mila ad 1 milione, la
crescita del prodotto nazionale raggiunse la cifra
dell’8%, e questo innalzamento era combinato, nei
primi mesi dell’71, con un aumento del volume della
produzione industriale pari al 14%.
Sul fronte governativo, la rapidità con la quale si
attuò nei primi mesi una politica di accentuata
redistribuzione dei redditi riuscì ad aumentare
quantitativamente l’appoggio popolare ai partiti di
sinistra, come dimostrò la vittoria elettorale di UP
alle municipali dell’aprile 1971, nelle quali la
47
coalizione registrò un aumento di dieci punti
percentuali rispetto alle precedenti presidenziali.
Per quanto riguardava i rapporti con l’opposizione,
all’interno della DC, esistevano settori che
continuavano ad essere concilianti con l’Unidad
Popular, come dimostra il clima politico dei primi
mesi del 1971 che fu caratterizzato da uno stabile
assetto politico-istituzionale che rifletteva una
certa relazione di coesistenza tra i diversi
antagonismi della DC e il blocco sociale rappresentato
da UP25.
In Parlamento, la Democrazia Cristiana, guidata dalla
corrente moderata che si identificava nel presidente
del partito Renàn Fuentealba e in Radomiro Tomic,
uomini disponibili al dialogo, svolgeva un ruolo di
opposizione corretta e democratica, respingendo le
richieste del Partido Nacional di bloccare
sistematicamente l’operato dell’Esecutivo al fine di 25 Cfr., F. Bertolini, F. Hermans, C. Corghi, La DC in Cile. L’ideologia democristiana e l’Internazionale DC, cit., p.117.
48
provocare la crisi totale delle istituzioni
rappresentative.
Purtroppo, questo confronto a distanza tra opposizione
ed Esecutivo terminò con il cambiamento radicale
nell’orientamento politico della DC. Una forte ed
irreversibile incrinatura politico-istituzionale si
ebbe successivamente all’omicidio di Edmundo Pèrez
Zujovic (8 giugno 1971), ex ministro degli Interni del
governo Frei.
Il Cile ricadeva così in un clima di tensione politica
e sociale che aveva già conosciuto pochi mesi prima
con l’omicidio del generale Schneider26.
Nei giorni seguenti gli attentatori si rivelarono
appartenere al VOP (Vanguardia Organizada del Pueblo),
un gruppo di estrema sinistra i cui militanti,
paradossalmente, erano stati poche settimane prima
amnistiati da Allende. Con questo violento atto si
produsse il definitivo sfaldamento del rapporto tra
26 Cfr., S. Bruna, La legalidad vencida, Santiago de Chile, 1980, cit., p. 115.
49
l’Unidad Popular e la DC che iniziò un progressivo
avvicinamento verso le posizioni reazionarie del
Partido Nacional per impostare un’azione comune contro
l’esecutivo.
L’Unidad Popular, accusata da Frei di “creare una
situazione di odio e violenza”27, condannò
categoricamente l’omicidio, e il Presidente Allende
comprese subito il significato politico
dell’assassinio e, parlando al paese, denunciò
l’azione di elementi cospirativi che operavano per
impedire al popolo di portare avanti, per la via
democratica, quei cambiamenti sociali destinati a
togliere il nostro paese dall’attuale stato di
arretratezza”28.
Sebbene questa crisi fu superata in breve tempo, sfumò
la possibilità di raggiungere un accordo tra il
governo e la DC; infatti nell’orizzonte politico si
registrò il rientro di Frei che si impadronì 27 L. Corvalàn, El gobierno de Salvador Allende, cit., p.192.28 Cfr., R. Sandri, Salvador Allende. La via cilena al socialismo, Editori Riuniti, Roma 1972, p.319.
50
nuovamente della leadership della DC, spostando il
baricentro del partito a destra e dichiarando guerra
frontale al governo.
Nonostante questa contrapposizione politica, il
Congresso Nazionale si ritrovò compatto nel voto
unanime al progetto di riforma costituzionale
riguardante la nazionalizzazione delle due più grandi
miniere del paese (Chuquicamata e El Teniente).
Il 1971 terminò con la visita di Fidel Castro, che,
assieme all’omicidio di Pèrez Zujovic, rappresentarono
due momenti congiunturali per comprendere la dinamica
disgregatrice dell’anno seguente.
Era il suo primo viaggio in un paese latinoamericano
dopo che gli Stati Uniti avevano imposto l’embargo
all’isola caraibica (1962). La presenza di Castro nel
paese simboleggiava l’inizio della fine del “cordone
sanitario” contro Cuba e l’incontro dei due diversi
processi “rivoluzionari” più avanzati del continente.
Durante le tre settimane di permanenza Castro percorse
51
tutto il Cile, incontrò rappresentanze universitarie,
popolazioni operaie, visitò centri di produzione.
Centinaia di migliaia di persone si mobilitarono per
vederlo o per ascoltarlo29. Di contro, la destra
assistette irritata a simili manifestazioni di giubilo
e fece esplodere la sua offensiva pochi giorni prima
della partenza di Castro.
I disordini che seguirono furono contenuti
dall’esercito comandato dal generale Augusto Pinochet:
in pochi minuti il centro della capitale divenne lo
scenario di violenti scontri causati dall’attivismo
terrorista dei gruppi sovversivi dell’estrema destra.
4.4 LE NAZIONALIZZAZIONI E L’OFFENSIVA DELL’OPPOSIZIONE
29 F. Castro, La rivoluzione e l’America Latina, Editori Riuniti, Roma 1972, p.143.
52
La Gran Minerìa del Cobre (GMC), settore costituito
dai giacimenti di El Teniente, Chuquicamata,
Potrerillos, El Salvador e Exòticat, era il fulcro
dell’impiego e del controllo di capitali stranieri ed
occupava un ruolo centrale nell’economia del paese in
quanto, nel 1970, le esportazioni di rame
rappresentavano circa l’81% della media annuale e ben
l’80% della produzione minerale era sotto il controllo
di imprese straniere (soprattutto per mezzo delle
multinazionali statunitensi Anaconda e Kennecott).
Nonostante l’importanza strategica della GMC il Cile
non aveva avuto, dal 1952 al 1971, un’indipendente e
stabile politica del rame30.
Durante il governo Frei, per effetto della
nacionalizaciòn pactada, le imprese minerarie
vendevano al Cile i suoi stessi giacimenti di rame,
parte inalienabile del patrimonio nazionale. Con
questo accordo non solo le imprese statunitensi non 30 Cfr. P. Garcia, La polìtica econòmica del gobiernoPopular, in Sociedad y Desarollo, Universidad de Chile, Santiago de Chile, 1972, pp.147-154.
53
aumentarono la produzione, ma non investirono
nell’economia cilena e, come se non bastasse, lo Stato
cileno dovette farsi carico di quei debiti che
raggiungevano l’enorme cifra di oltre 722 milioni di
dollari. E’ evidente che il tracollo della finanza non
nasceva nel 1970-’71 come conseguenza della politica
economica di Unidad Popular, ma risaliva alla
“cilenizzazione” del rame.
L’approvazione all’unanimità, nel luglio 1971, della
riforma costituzionale che introduceva nel sistema
giuridico cileno il concetto della nazionalizzazione,
andava a modificare l’articolo 10, n.10 della
Costituzione relativo al diritto di proprietà ed
integrava una disposizione transitoria che sanciva la
possibilità di nazionalizzare ricchezze o risorse
naturali del paese31 per finalità di utilità pubblica o
per interesse nazionale. Si capisce che l’aspetto
indubbiamente più rivoluzionario della nuova politica
31 E. Novoa Monreal, La batalla por el cobre, cit., pp. 418-424.
54
economica del governo, contenuta nel Plan 71, era
rappresentato dalla nazionalizzazione della GMC. La
riforma, che avviava il paese verso la sua definitiva
indipendenza economica, stabiliva il dominio assoluto,
esclusivo, inalienabile e imprescrittibile dello Stato
su tutti i giacimenti e le miniere, di modo che i
privati avrebbero avuto su di essi soltanto il diritto
di concessione.
Ovviamente si fissavano l’ammontare e le forme di
pagamento degli indennizzi nel caso di espropri,
aggiungendo il principio del profitto eccessivo (o
arricchimento ingiusto) e, su quella base giuridica,
negava l’indennizzo alle multinazionali straniere.
La nuova norma costituzionale prevedeva inoltre,che
non venissero colpite quelle imprese del rame in cui i
profitti non superavano il ragionevole limite del 12%
annuo. Questo atto non rappresentava quindi
un’aggressione al governo nordamericano, né impediva
l’acquisto di rame agli acquirenti statunitensi o
55
europei, ma permetteva ai cileni di controllare la
produzione fissandone i livelli.
Una diversa linea politico-giuridica fu seguita,
invece, per le nazionalizzazioni delle grandi imprese
industriali, il cui progetto contemplava la
collocazione delle stesse in tre distinte aree di
proprietà: statale, mista e privata32.
Occorre distinguere le nazionalizzazioni delle miniere
da quelle delle industrie, sia per la diversa
composizione sociale della massa lavoratrice, sia per
le distinte esigenze e caratteristiche dei due rami
industriali. Inoltre, si deve tener conto che con
l’acquisizione delle fabbriche da parte dello Stato,
il potere di pianificazione economica e di gestione
aziendale il più delle volte rientrava nelle
competenze di amministratori che non erano
professionalmente preparati a svolgere tali mansioni,
fino ad allora esercitate da manager stranieri.
32 S. Bitar, Transiciòn, socialismo y democraci. La experiencia chilena, Santiago de Chile, 1974, cit., pp. 36-56.
56
Occorre chiarire che le norme che regolavano la
nazionalizzazione della GMC si adeguavano pienamente
ai precetti del diritto internazionale allora in
vigore. Allende infatti, si rifaceva alla risoluzione
1803 del 14 dicembre 1962 dell’Assemblea Generale
dell’ONU che affermava il diritto sovrano di ogni
paese di disporre liberamente delle proprie risorse
naturali, riconoscendo “il diritto dei popoli e delle
nazioni alla sovranità sulle proprie ricchezze e
risorse naturali”33.
La nazionalizzazione fu, probabilmente, il momento di
maggior prestigio del governo di Allende e,
sicuramente, può essere registrato come l’ultimo atto
di collaborazione tra la coalizione governativa e la
DC. L’anno che stava terminando aveva visto, in
generale, il riconoscimento della legittimità del
governo da parte del maggior partito del paese che
33 E. Vargas C., La nacionalizaciòn del cobre y el Derecho internacional, in R. Ffrench-Davis, E. Tironi, cit., p. 56.
57
adottò una strategia di opposizione indiretta in modo
tale da favorire il progetto riformista allendista34.
L’elemento dunque, più significativo della violenta
manifestazione di Santiago del dicembre ’71 non fu
tanto il carattere degli incidenti, quanto il contesto
politico nel quale si produssero. Era ormai chiaro
che, dopo un anno di governo di Unidad Popular, la DC
non seguisse più gli orientamenti del suo settore
progressista a causa della supremazia, alla guida del
partito, dei conservatori. Dal punto di vista della
tattica politica questo slittamento a destra condusse
al conflitto aperto con l’Esecutivo che si protrarrà
fino al settembre del 1973.
Al conflitto parlamentare si aggiunse, nel gennaio
1972, un evento elettorale dal significato politico
particolare. Il 16 del mese si dovevano tenere le
elezioni supplementari per eleggere un senatore nella
provincia di Colchagua e un deputato in quella di
34 J. E. Garces, Allende y la experiencia cilena. Las armas de la politica, Santiago de Chile, 1977, cit., p.177.
58
Linares. Per la prima volta nella sua storia la Dc
accettò di non presentare un proprio candidato a
Linares per riversare tutti i suoi voti in favore del
candidato del Partido Nacional, in cambio del medesimo
sostegno per quello DC a Colchagua. Il risultato delle
elezioni penalizzò l’UP rispetto alle municipali del
’71 soprattutto nelle zone rurali, a causa della
richiesta di radicalizzare la riforma agraria, e
sigillò la ritrovata alleanza DC-PN.
Come primo atto della mobilitazione anti-governativa,
fu redatto, da parte di gruppi anti-comunisti, legali
e extra-legali, il cosiddetto “piano dei 60 giorni”
che dava l’avvio ad una furibonda campagna
internazionale mirante a presentare un’immagine di
caos e di disorganizzazione, di repressione e di
totalitarismo regnante nel paese.
59
4.5 IL RUOLO DELLE MULTINAZIONALI E LA CRISI ECONOMICA
Contro la rigorosa politica del governo venne attuata
l’arma del boicottaggio economico da parte delle
frange estremiste interne e da parte del governo
statunitense35. Infatti dopo che Allende fu costretto a
sospendere la convertibilità della moneta e tutte le
35 Cfr., Philip Agee, Agente della Cia, Editori Riuniti, Roma, 1975, p. 32.
60
operazioni in valuta estera (9 dicembre 1971) a causa
dell’aggravarsi delle misure di rappresaglia economica
dei monopoli statunitensi, arrivò la notizia che il 2
gennaio 1972 gli USA avevano dichiarato ufficialmente
che nessun paese che aveva nazionalizzato proprietà di
cittadini americani avrebbe ancora ottenuto prestiti
dal governo di Washington.
E’ evidente che la morsa in cui si venne a trovare
l’Unidad Popular avrebbe prodotto il forte
rallentamento dell’economia cilena. All’inizio del
1972 si registrarono i primi sintomi della recessione
dovuta allo scatenarsi dell’inflazione, determinata
dallo squilibrio tra l’aumentato potere d’acquisto
delle masse e la ridotta offerta di beni del mercato,
causata da una produzione industriale non ancora
pienamente decollata per lo scontro tra Esecutivo e
opposizione.
Si registrò inoltre, l’interruzione , dai primi giorni
del governo di Unidad Popular, dei prestiti forniti da
61
diversi organismi finanziari quali la Banca Mondiale,
il Banco Interamericano de Dasarrollo (BID), l’Agencia
Internacional para el Desarrollo (AID), i cui crediti
caddero da 230 milioni di dollari annui a 27 milioni.
Addirittura, nel febbraio 1972, i paesi capitalistici
di tutto il mondo, il cosiddetto club di Parigi,
iniziarono a rivendicare i loro crediti al Cile, la
maggior parte dei quali erano prestiti internazionali
concessi alle compagnie americane del rame ma
garantiti dal governo cileno di Frei36. Si aggiunga
che, come altri paesi latino americani, il Cile, per
ragioni tecnologiche, doveva effettuare consistenti
acquisti di beni capitali negli USA e in Europa.
Questa asfissia finanziaria si tradusse, date le
caratteristiche di dipendenza dell’economia cilena, in
una severa limitazione delle possibilità di
rifornimento di attrezzature, pezzi di ricambio,
prodotti alimentari, medicine. Piegato economicamente,
36 Cfr., Ibidem, p. 30.
62
il Cile dovette subire oltre al blocco finanziario
anche l’aperta aggressione delle multinazionali.
Il caso più eclatante riguardava la multinazionale
statunitense delle telecomunicazioni ITT. Mentre il
governo cileno negoziava con la multinazionale per
acquistare la maggioranza del pacchetto societario, la
compagnia telefonica ordiva un golpe con la
collaborazione del governo Nixon, per provocare la
caduta di Allende37.
Il piano di azione era stato presentato al governo
nordamericano già nel settembre 1971, ma l’attuazione
era prevista entro l’aprile 1972. Il “Plan de 18
puntos para derrocar a Allende antes de abril de
1972”38 si dispiegava in due distinti livelli: una
sovversione interna e una forte pressione politico-
finanziaria esterna. Questo progetto può essere
considerato come la prima vera teorizzazione golpista
che impegnava l’impianto istituzionale, economico-37 Churc Report. Covert action in Chile 1963-19738 Cfr., J. E. Garces, Allende y la Experiencia chilena, cit., pp. 254-256
63
finanziario e politico del paese in una strisciante e
subdola opposizione legale ed extra legale.
Ad aggravare questa situazione di caos contribuirono
gli articoli del “El Mercurio”, principale giornale
del Paese e il più potente canale di propaganda contro
Allende. La CIA spese più di un milione e mezzo di
dollari per appoggiare “El Mercurio”, consapevole che
il giornale costituiva l’attore più importante sullo
scenario del complotto per minare la democrazia cilena
e per eliminare Allende.
Un altro fattore chiave di destabilizzazione fu
l’azione terroristica di estrema destra. Già nel 1970
era sorto il movimento Patria y Libertad con un logo
che assomigliava alla svastica nazista. La CIA gli
consegnò quell’ anno una prima tranche di 38 mila e
500 dollari, a sostegno delle sue azioni sovversive.
Per completare questa analisi bisogna dire che anche
una parte della sinistra cilena vide indebolito il suo
animo democratico: per molti alla violenza reazionaria
64
bisognava rispondere con la violenza rivoluzionaria.
Esattamente quello che voleva la CIA. In questo clima
si cominciarono a creare le condizioni per temere una
guerra civile39.
Fu lo stesso Kissinger a proporre di appoggiare
l’estrema sinistra per acuire il conflitto e
distruggere l’immagine moderata di Salvador Allende.
E’ possibile che la CIA abbia operato infiltrandosi
nel Movimento della sinistra rivoluzionaria (MIR) o
nel settore più estremista del Partito socialista, che
era il partito di Allende.
39 Cfr., Philip Agee, Agente della Cia, Editori Riuniti, Roma, 1975, p. 44.
65
4.6 IL “PARO DE OCTUBRE” E LA PARTECIPAZIONE DEL
GENERALE PRATS AL GOVERNO
La crisi politica e sociale esplose in occasione del
“paro de octubre”, il primo sciopero nazionale dei
camionisti privati organizzati dalle opposizioni per
protestare contro la creazione di un’impresa statale
di trasporti in una provincia fra le più arretrate e
povere del paese, Aysèn; a ciò si aggiungeva l’aspetto
politico-propagandistico di chi vedeva nello sciopero
la possibilità di rovesciare il governo.
66
Manifestanti contro
Allende durante il
“Paro de octubre”.
Fonte: www.ossimoro.it
Il paro provocò la sapiente paralisi, manovrata anche
dall’intervento straniero, degli autotreni, autobus e
taxi. Per un mese numerose attività essenziali alla
vita della nazione furono paralizzate o ridotte.
Il Presidente Allende decretò lo stato di emergenza a
Santiago e in altre province, denunciando
l’opposizione che istigava allo scontro armato.
In una situazione come quella offerta dallo sciopero,
il Partido Nacional svolgeva intanto la sua
tradizionale funzione sovversiva. Senza esitazioni
67
cercò in quei giorni d’ottobre, in collaborazione con
la DC, lo scontro risolutivo con Unidad Popular. In
quest’ottica deve essere interpretato l’ennesimo
attacco che i due partiti lanciarono contro il
governo, promuovendo in Parlamento una procedura di
accusa costituzionale contro quattro ministri. Nella
mozione DC-PN si affermava che il governo aveva
violato ripetutamente la Costituzione, compromettendo
la sicurezza nazionale e la pace sociale40.
Questa situazione costrinse Allende a formare un nuovo
governo (2 novembre 1972)con il coinvolgimento di tre
comandanti delle Forze Armate, quali il generale
Carlos Prats al Ministero degli Interni, l’ammiraglio
Ismael Huerta ai Lavori Pubblici e il generale Claudio
Sepùlveda dell’aviazione alle Miniere.
Ricalcolando i rapporti di forza, alla Camera la
coalizione anti-Allende poteva contare su 98 deputati
contro 52 di UP, mentre al Senato vi erano 34 senatori 40 Cfr., J. Larraìn, Orientaciones y actividades de la Confederacìon democratica de Partidos durante la crisis de octubre 1972, CEREN, cit., pp. 229-249
68
contro i 16 di UP. Confrontando quindi con la
maggioranza parlamentare che votò per l’elezione di
Allende (settembre 1970), risulta che si era
verificato un ribaltone verso destra nel corso del
biennio 1970-’72.
Circa il coinvolgimento delle Forze Armate da parte
del Presidente Allende, occorre interrogarsi
sull’opportunità di assegnare ai generali degli
incarichi governativi in un momento particolarmente
delicato della storia cilena.
Nella situazione di un paese diviso, sottoposto a due
potenti ed opposte spinte, i militari si presentavano
come una forza che si proponeva obiettivi unificatori
proprio perché garanti della sicurezza nazionale e
della solidità dello Stato. Vi era la profonda ed
errata convinzione, sia nel Presidente che in alcuni
settori della UP, del costituzionalismo e della
professionalità delle Forze Armate, che risaliva
evidentemente all’atteggiamento dell’ottobre 1970 che
69
aveva permesso il costituzionale insediamento di
Allende.
Lo sciopero terminò dopo 25 giorni (6 novembre 1972),
senza riuscire nell’intento di destituire il governo.
La prova di forza delle opposizioni era fallita41.
41 J. E. Garcès, Desarollo politico y desarollo economico. Los casos de Chile y Colombia, Editorial Andrès Bello, Santiago de Chile, 1972, p. 301.
70
4.7 L’ULTIMA FASE
I militari al governo garantirono il normale e
democratico svolgimento della delicata e violenta
campagna elettorale. Nonostante l’acuta recessione che
colpiva il paese e l’aggressiva propaganda
dell’opposizione, le elezioni politiche del 4 marzo
1973 registrarono uno straordinario e oggettivamente
inaspettato successo della Unidad Popular. La
coalizione governativa vide aumentare i suoi consensi
dal 36,2% (1970) ad un sorprendente 43,4%42. Si
trattava di una scottante sconfitta per la destra che
aveva puntato tutto su queste elezioni, dopo
l’insuccesso del paro, per deporre legalmente Allende
secondo il dettato della Costituzione che prevedeva la
possibilità di destituire il Presidente della
Repubblica con il numero minimo di due terzi dei
membri del Parlamento.
42 Cfr., L. Corvalàn, op. cit., p. 79.
71
Il successo non aveva però mutato il quadro politico
generale: il Cile era ancora un paese diviso in due,
che aveva avuto bisogno dei militari per non spaccarsi
del tutto.
L’opposizione continuava infatti a lavorare per
destabilizzare il Paese, organizzando ancora una
volta, con l’aiuto economico della Casa Bianca e della
CIA, lo sciopero dei minatori di El Teniente43.
I comitati che dirigevano l’agitazione avevano
organizzato una marcia degli scioperi su Santiago, e
per i gruppi eversivi questa era l’occasione per
portare fino alle più gravi conseguenze il clima di
tensione esistente. I partiti di sinistra chiamarono
ad una contromanifestazione nelle strade del centro,
in particolare a circondare La Moneda verso la quale
intendeva dirigersi la colonna degli scioperanti. In
città si poté evitare lo scontro tra polizia e
43 Cfr., S. Bruna, op. cit., pp. 32-43.
72
manifestanti, cosa che non accadde alle porte di
Santiago.
Sebbene i temuti scontri non ebbero l’effetto
desiderato, gli oppositori del governo si servirono
dello sciopero per dimostrare all’Esecutivo lo
sgretolamento totale dell’unità dei lavoratori.
Sul piano politico, a metà maggio 1973, il presidente
della DC, Fuentealba, era stato messo in minoranza da
Aylwin, esponente della destra molto vicina a Frei. La
nuova linea politica democristiana fu immediatamente
improntata all’intransigenza.
Negli stessi giorni (precisamente 28 maggio), come ha
rivelato il generale Pinochet in un’intervista
rilasciata a Los Angeles Times (29 dicembre 1973),
alcuni settori delle Forze Armate decisero di
organizzare un colpo di Stato, che invece si terrà a
giugno, approfittando del fatto che il capo di Stato
maggiore Pinochet sostituiva provvisoriamente il
generale Prats, impegnato in un viaggio ufficiale in
73
Europa, mentre Allende si trovava a Buenos Aires per
l’insediamento del presidente peronista Hèctor
Càmpora.
La mattina del 29 giugno 1973 gli ufficiale del
Reggimento blindato n. 2 Tacna, capeggiati dal
colonnello Roberto Super, guidarono otto carri armati
in un attacco a La Moneda e al Ministero della
Difesa44. Il tancazo, (dal nome dei carri armati
utilizzati) sebbene terminò in poche ore con la resa
di una parte degli ufficiali ammutinati nelle mani del
generale Prats, vide cadere, nella sparatoria del
centro di Santiago, ventidue persone tra civili e
militari. Con questo episodio la secolare democrazia
cilena era stata ferita a morte.
Dalla direzione della DC mancò un’effettiva condanna
del tentativo di golpe, e alla richiesta di Allende
di approvare in Parlamento l’instaurazione dello stato
di assedio in modo da fornire i mezzi adeguati alla
44 Nathaniel Davis, The last two years of Salvador Allende, Plaza y Janes Editores, 1986, p.34.
74
gravità della situazione per colpire la cospirazione
fascista, Aylwin rispose negativamente adducendo che
non si poteva avere fiducia nel governo popolare e
nell’uso che avrebbe fatto di quei nuovi poteri.
Alla fine di luglio ci fu la seconda ondata del paro,
simile a quello dell’ottobre ’72; questa volta però
partecipavano non solo i proprietari privati degli
automezzi, ma anche il personale dei trasporti
pubblici. Allende, per ristabilire l’ordine sociale,
si vide costretto a richiamare i militari al governo.
La compartecipazione dei militari al governo
rappresentò un’operazione inevitabile in quelle
circostanze, ma certamente utile solo in quanto fosse
stata premessa di un rilancio, dopo le elezioni di
marzo, di uno sforzo complessivo di recupero verso le
classi medie o sul filo del programma di Unidad
Popular, che invece non si seppe o non si poté più
realizzare.
75
A partire dal mese di luglio si erano intensificati
gli affannosi tentativi di raggiungere un accordo tra
i democratici e il governo per far rientrare la crisi
politico-sociale negli argini della sicurezza
collettiva45. Allende sapeva che, come soluzione della
crisi, gli restavano solo tre vie: 1)lo scontro aperto
e deliberato tra le forze della sinistra e quelle
dell’opposizione; 2)il dialogo con la DC per trovare
un consenso democratico; 3)il plebiscito.
Il Presidente decise di servirsi della seconda via: il
dialogo con gli elementi moderati dell’opposizione.
Il 25 luglio il governo propose dunque, alla DC, un
piano di otto punti come base di un accordo, in
maniera da impedire il crollo del sistema politico-
istituzionale. La proposta inizialmente venne accolta
dalla sinistra della DC. Nei giorni seguenti tuttavia,
anche sotto le pressioni statunitensi, Aylwin condusse
alla rottura dei rapporti.45 .G. Vicario, Una famiglia piccola piccola prigionira del golpe, in M. Chierici ( a cura di), Allende. L’altro 11 settembre / 30 anni fa, supplemento de L’Unità, Roma 2003, pp. 120-123.
76
Il punto di non ritorno si verificò il 22 agosto,
quando la Camera dei Deputati raggiunse con i voti
della maggioritaria opposizione un accordo politico
destinato a giudicare l’operato politico del governo:
ovvero l’accusa costituzionale che dichiarò
illegittimo l’Esecutivo. In sostanza si accusava il
governo di aver violato “abitualmente le garanzie che
la Costituzione assicura a tutti gli abitanti delle
Repubblica” e di aver distrutto gli elementi
fondamentali della istituzionalità e dello Stato di
Diritto”46
Tra gli altri particolari il governo venne accusato
di:
governare per decreto, impedendo così il
funzionamento del normale sistema legislativo;
rifiutarsi di attuare le decisioni giudiziarie
contro i suoi sostenitori e "non eseguire le
46 Septiembre. La historia escrita. 30 anos del golpe, supplemento de La Naciòn, cit., pp.22-24
77
sentenze e le risoluzioni giudiziarie che
contravvengono ai suoi obbiettivi";
ignorare i decreti dell'indipendente Ufficio del
Controllore Generale;
varie offese riferite ai media, tra cui usurpare
il controllo della rete televisiva nazionale e
"applicare... pressioni economiche contro quegli
organi di informazione che non appoggiano
incondizionatamente il governo...";
permettere ai suoi sostenitori di radunarsi anche
quando armati, impedendo al tempo stesso i raduni
legali dei suoi oppositori;
"...aver appoggiato più di 1.500 'espropri'
illegali di fattorie...";
repressione illegale dello sciopero di El
Teniente;
limitazione illegale dell'emigrazione.
In altre parole un’istituzione politica dello Stato
disconosceva l’altra. Il Presidente Allende reagì con
78
forza alle accuse infondate che l’opposizioni gli
attribuiva, affermando che “la maggioranza
parlamentare pretende di mandare in rovina la base
istituzionale dello Stato e del governo repubblicano,
democratico e governativo. La risoluzione approvata
nega la sostanza della Costituzione tutta”47.
In effetti il presidente aveva ragione, anzitutto
perché in nessun atto del governo si era mai
constatata una violazione della Costituzione, al
contrario, invece, era incostituzionale il voto del
Parlamento che affermava questa presunta violazione da
parte del Presidente. La Costituzione cilena non
prevedeva questo tipo di voto. In realtà l’opposizione
mai raggiunse la maggioranza qualificata, ed è chiaro
che la DC e il PN espressero questo voto per dare una
parvenza di legittimità all’atto più incostituzionale
che potesse sussistere: il colpo di Stato militare.
47 J. E. Garces, Democrazia e controrivoluzione in Cile. Un’ analisi del governo di Allende fino al colpo di stato,
Il Saggiatore, Milano, 1977. p.425
79
Un altro duro colpo alla democrazia ci fu il giorno
seguente con le dimissioni del generale Carlos Prats
da Ministro della Difesa e da Comandante in capo
dell’Esercito48. Questo atto rappresentava l’ultima
manifestazione di sconfitta dell’arma della politica,
ed era l’epilogo di un’astuta manovra della destra. Il
generale si rese conto che ormai non aveva più il
comando reale sulle Forze Armate. Al suo posto veniva
nominato, anche su indicazione dello stesso Prats, il
generale Augusto Pinochet.
C’è da dire che quando il Presidente Allende firmò il
decreto di nomina di Pinochet, né lui, né i partiti
dell’Unidad Popular diedero importanza al lontano
episodio di Pisagua (1948), dove il capitano Pinochet
aveva minacciato con le armi il senatore Allende e una
delegazione di parlamentari di sinistra.
L’ultimo, estremo tentativo di evitare il colpo di
Stato che “appariva imminente” e superare la crisi fu
48 L. Corvalàn, op. cit., p. 163.
80
l’iniziativa proposta da Allende del plebiscito che
permettesse di uscire dallo scontro maggioranza
parlamentare-governo. Ma, prima che Allende lo potesse
presentare in Parlamento, sopravvenne il golpe.
81
CAPITOLO 5
IL GOLPE E L’INTERVENTO AMERICANO
5.1 PREPARAZIONE DEL GOLPE
Si dice che fu esattamente il giorno delle ultime
elezioni, il 4 marzo 1973, che l’operazione congiunta
di Nixon e Kissinger entrò nel rettilineo finale per
82
giungere al traguardo. La Casa Bianca decise che c’era
una sola opzione: il colpo di Stato.
Per provocare il golpe militare, durante i tre anni
del governo del presidente Allende, il Comitato
Quaranta approvò più di 7 milioni di dollari di
finanziamento clandestino a gruppi d’opposizione in
Cile49.
Il Cile fu sottoposto poi ad una stretta economica-
finanziaria mai realizzata prima, questo perché vi era
consapevolezza dell’impossibilità di provocare
un’azione militare vincente senza esercitare pressioni
in campo economico. Ecco i dati dell’epoca:
49 Churc Report. Covert action in Chile 1963-197
1969 ($) 1971 ($)
Aiuto Usa al Cile 35 mln 1,5 mln
Crediti di Eximbanc 234,6 mln 0
Prestiti del Bid 45,6 mln 2,1 mln
Crediti commerciali 300 mln 3 mln
Totale 615,2 mln 6,6 mln
83
L’unica voce in attivo erano gli aiuti militari,
ovviamente a favore dell’opposizione golpista. Gli
aiuti si abbassarono all’inizio (solo 5,7 milioni di
dollari nel 1971) per poi salire a 12,3 milioni e 15
milioni rispettivamente nel 1972 e 1973. Aumentarono
pure le quote per addestrare il personale militare
cileno a Fort Gulick, a Panama50.
Si trattava di una politica, quella statunitense
contro Allende, totalmente diversa ed opposta rispetto
a quella applicata precedentemente nei confronti di
Castro. Le circostanze interne del paese e il
fallimento dell’azione diretta contro Cuba, influirono
perché in Cile non si seguisse il modello di
intervento utilizzo contro Castro, non tanto per
motivi morali o di correttezza democratica, ma perché
l’aggressione contro il regime cubano non aveva 50 Thomas Powers, The man who kept the secrets: Richard Helms and the CIA, Pocket Books, New York, 1981, p. 55.
84
raggiunto i suoi obiettivi. Il consigliere principale
di Kissinger, Arnold Nachmanoff, descriveva la
politica statunitense contro Allende come “silenciosa
pero poderosa”51.
Vediamo ora gli ultimi preparativi per il golpe. Nelle
tre Armi (Esercito, Marina e Carabinieri) si potevano
distinguere due cospirazioni politiche di base: una
che proveniva dal settore freista della Democrazia
Cristiana, l’altra, espressa dal Partito Nazionale.
Secondo Frei si trattava di preparare un piano inteso
a portare gli alti comandi sulla via del golpe,
facendo propaganda golpista all’interno delle caserme
in maniera da allargare la frattura apertasi col
settore influenzato da Prats e qualificato come leale
e moderato.
Su un altro fronte, l’intesa del Partido Nacional con
il corpo degli ufficiali era molto più stretta di
quella del freismo. Coincideva fondamentalmente con la
51 Ibidem, pp. 77-82.
85
posizione di Patria y Libertad, che consisteva nel
rovesciamento del governo Allende con la forza. Le vie
per conseguirlo erano tre: l’offensiva da parte di
gruppi corporativi e terroristi, intesi a provocare il
caos; l’offensiva istituzionale; l’individuazione
delle zone dove esisteva un rapporto di forze
favorevoli alle Forze Armate.
5.2 L’11 SETTEMBRE E LA MORTE DI ALLENDE
Occorre fare una premessa per comprendere il
significato geo-politico del golpe dell’11 settembre
1973. Nella storia dei colpi di Stato in America
Latina non si era mai visto tanto accanimento nei
86
confronti del Capo di Stato, non era mai accaduto che
l’aviazione bombardasse ripetutamente il palazzo
presidenziale. Si trattava evidentemente di un
segnale, un monito per gli altri governi democratici e
progressisti latinoamericani a non seguire la politica
allendista52.
Il golpe, previsto inizialmente per il 14, venne
anticipato per timore di una divisione all’interno
delle Forze Armate in seguito alla proclamazione da
parte di Allende del plebiscito che colse di sorpresa
i generali golpisti.
L’11 settembre 1973 Esercito, Marina e Aviazione
attaccarono Santiago, Valparaiso e le principali città
del paese, occupando i luoghi strategici o di
particolare rilievo politico. Si trattò di
un’operazione schiacciante e fulminea contro la quale
la resistenza organizzata fu minima.
52 Cfr., Thomas Powers, op. cit., pp 49-65
87
Efficace strumento si rivelò il fantomatico “Plan Z”53.
Questo consisteva in un falsa notizia divulgata dai
generali golpisti in merito ad un complotto delle
sinistre: una sorta di autogolpe. I propagandisti
della dittatura sostennero che un commando di Unidad
Popular era pronto ad aprire il fuoco il 19 settembre
sugli ufficiali concentrati nel grande parco di
Santiago per festeggiare l’anniversario della
Indipendenza; da lì, la decisione del colpo di Stato
e, successivamente, anche la fucilazione dei militanti
dei partiti di sinistra accusati di un loro
coinvolgimento nel complotto.
Alle 6.30 Allende ricevette la notizia della
sollevazione della Marina a Valparaiso,
contemporaneamente cercò di rintracciare i Comandanti
in capo delle Armi, ma inutilmente. Allende decise
allora, di recarsi a La Moneda per avere il polso
53 Cfr., Christoper Hitchens, op. cit., pp. 32-45
88
della situazione ed ebbe notizia che i Carabineros e
l’Esercito avevano tradito.
Ultima foto di Allende
mentre si dirige verso
La Moneda.
Fonte: www.rassegna.it
Alle 7.55 prese il microfono di Radio Corporaciòn e,
annunciando la ribellione in corso, chiese alla
popolazione di mantenere “calma e serenità”.
Gesti e parole del Presidente, in quei primi momenti
del golpe militare, dimostravano la sua ingenuità.
Pensava che l’esercito stesse dalla sua parte e che
avrebbe soffocato la rivolta della Marina. Non sapeva
89
nulla del quartier militar golpista situato nel
comando di Penalolèn, alle falde della Cordigliera
delle Ande, a circa mille metri di altitudine da dove
si dominava tutta Santiago. Lì stava già Pinochet,
muovendo le sue pedine sul tavolo della guerra.
Il senso di lealtà e di fedeltà al suo popolo,
convinse Allende a rimanere al suo posto, a La Moneda,
rifiutando seccamente l’offerta del generale
dell’aviazione von Schowen, di un aeroplano che lo
portasse in esilio fuori dal Paese.
Alle 9,10 si rivolse al popolo per l’ultima volta,
prima che ogni collegamento radio venisse interrotto.
«Pagherò con la vita la mia lealtà al popolo. E vi
dico che ho la certezza che il seme che abbiamo
gettato nelle coscienze onorate di migliaia e migliaia
di cileni, non potrà essere estirpato definitivamente.
Il popolo deve difendersi, ma non sacrificarsi».
Chiude con fervore: «Viva il Cile! Viva il popolo!
Viva i lavoratori! Queste sono le mie ultime parole e
90
io ho la certezza che il mio sacrificio non sarà vano,
io ho la certezza che, per lo meno, sarà una lezione
morale che condannerà la fellonia, la vigliaccheria e
il tradimento»54.
Alle 11.52 iniziò il bombardamento su La Moneda ed il
Presidente Allende ordinò ai suoi collaboratori e alle
donne di lasciare il palazzo per raccontare al mondo
ciò che era realmente accaduto.
Bombardamento a
La Moneda.
54 Manica Gonzakes, op.cit., p.88.
91
Fonte: www.rassegna.it
Alle 13.20 si raggiunse l’accordo per una tregua, si
formò una lunga fila dei sopravvissuti all’attacco.
Si aprì la porta di calle Morandè 80 e la fila di
civili indifesi cominciò a uscire. Davanti, un manico
di scopa con sopra il camice bianco del dottor Guijòn
come bandiera. Mani in alto, al muro, al muro! Le
grida dei soldati si udivano fino al secondo piano.
In mezzo alla confusione e agli spari, al fumo e alle
grida, nessuno vide il Presidente mentre faceva i
pochi passi che lo separavano dal salone
dell’Indipendenza.
Nessuno lo vide sedersi alla poltrona di velluto rosso
e imbracciare il mitra. Nessuno sentì lo sparo.
92
«Il Presidente è morto!»55.
La frase fu ripetuta in una tragica catena giù per le
scale, mentre i prigionieri della Moneda iniziavano un
percorso che avrebbe portato la maggior parte di loro
alla morte.
Dal giorno seguente si insidiò la giunta militare
composta da Augusto Pinochet, Presidente; Josè Merino
Castro, Comandante dell’Armata; Gustavo Leigh Guzman,
Comandnte in capo della Forza Aerea; Cèsar Mendoza
Duràn, Direttore generale dei Carabineros. La giunta
dichiarò lo Stato d’emergenza e sospese tutte le
garanzie costituzionali, sciolse il Congresso e i
partiti politici. Iniziò immediatamente una politica
repressiva nei confronti dei dirigenti dei partiti di
sinistra, dei militanti o anche solo dei
simpatizzanti.
55 P. Verdugo, Golpe in diretta, Edizioni Unicopoli, Milano, 1999, pp. 45-46
93
Primi arresti da parte
dell’esercito golpista.
Fonte: www.ossimoro.it
LE TORTURE E LA BARBARIE.
Nello stadio di Santiagovengono imprigionati nonsolo tutti gli esponenti della sinistra:sindacalisti, socialisti, comunisti esinistra rivoluzionaria,
94
ma anche rappresentanti studenteschi,insegnanti, semplici operai.Subiranno torture e a migliaia saranno uccisi.
Fonte: www.ossimoro.it
Mentre nelle strade di Santiago cadevano centinaia di
lavoratori e di studenti, la Democrazia Cristiana di
Frei e Aylwin appoggiava il colpo di Stato.
Per quanto riguarda l’atteggiamento della
amministrazione statunitense dopo il golpe, il
rappresentante degli USA all’ONU, John Scali, smentì
che gli Stati Uniti fossero in qualsiasi modo
coinvolti nella destituzione del Presidente Allende.
La CIA interruppe ogni ulteriore finanziamento alle
attività segrete, ma continuò a garantire l’appoggio a
quegli organi di stampa impegnati a creare un’immagine
positiva della giunta militare nonostante fosse a
95
conoscenza, sin dal 15 settembre 1973, delle
violazioni dei diritti umani da parte dei golpisti56.
56 Cfr., P. Verdugo, op. cit., p.58.
96
CAP. 6
LE RIPERCUSSIONI IN ITALIA DEL GOLPE CILENO
6.1 REAZIONI POLITICHE E PRIME FORME DI AIUTO
A partire dalla fine degli anni Sessanta si
intensificarono i contatti tra il PCI e una parte
della sinistra italiana, con i partiti della sinistra
97
cilena, per trasformarsi in un confronto politico
costante durante il triennio della Unidad Popular. Vi
fu un dibattito, in particolar modo all’interno del
PCI, sulla possibilità di delineare, anche in Italia,
un progetto politico-programmatico tra le forze della
sinistra capace di modificare l’impianto politico-
economico dello Stato. Si capisce che la notizia del
violento golpe scosse coloro che erano stati attenti
al progetto politico allendista e dal giorno seguente
quasi tutte le forze politiche parlamentari espressero
la loro preoccupazione per i tragici avvenimenti57.
La posizione del governo venne espressa ufficialmente
dal Ministro degli Affari Esteri, Aldo Moro: “Il
governo italiano ha appreso con profondo rammarico che
il governo costituzionale del Cile è stato rovesciato
da un colpo di Stato e che, nel corso dei tragici
eventi svoltisi ieri a Santiago, il Presidente
Salvador Allende ha trovato la morte. Il governo
57 Cfr., L. Longo, Situazione internazionale e coesistenza pacifica, Editori Riuniti, Roma, 1977, pp. 245-258
98
condanna nel modo più fermo la violenza nella
politica”58.
E’ pur vero, però, che la maggioranza della Democrazia
Cristiana attribuì le responsabilità della crisi
economica e sociale del Cile alla superficialità, alla
confusione e alla politica rovinosa del governo di
Unidad Popular.
La strumentalizzazione ad uso interno di questi
giudizi mirava a provare l’inattualità della via
democratica al socialismo e la non credibilità delle
scelte democratiche del PCI. Complessivamente, la DC
italiana condannò subito la violenza golpista in
quanto atto anti-democratico, senza approfondire però
le specifiche responsabilità politiche.
Per il Partito Comunista si espresse l’onorevole
Giuliano Pajetta, secondo il quale i fatti cileni
insegnavano che le riforme dovevano trovare il
sostegno di tutte le forze sociali che vi erano
58 A. Coppola, Il Cile, la DC e noi, in Rinascita, n.37, cit., p. 9
99
interessate. Appena saputo del golpe si riunì la
Direzione del partito che emanò un comunicato di
aperta e totale condanna, criticando anche la
posizione della DC italiana che non aveva sentito il
dovere politico di prendere apertamente posizione
contro la linea nefasta dei dirigenti di destra della
DC cilena.
Berlinguer non rilasciò dichiarazioni pubbliche, ma fu
tutto rinviato all’incontro di Parigi con il
segretario del PCF, Georges Marchais. I due diffusero
un appello congiunto che invitava le autorità
politiche e morali di ogni parte del mondo ad
intervenire perché si fermasse il terrore sanguinario
che si stava abbattendo sul Cile59.
Il 26 settembre nel dibattito che si tenne alla Camera
sui fatti cileni anche il Presidente della Camera,
Sandro Pertini, commemorò la figura di Allende come
59 G. Fiori, Vita di Enrico Berlinguer, Laterza, Roma-Bari 200, pp. 158-160
100
quella di “un socialista che aspirava al socialismo
dal volto umano”.
A livello europeo si registrarono le condanne del
golpe da parte dell’Internazionale Socialista e del
Parlamento Europeo, mentre L’Unione Sovietica e la
Repubblica Democratica Tedesca ruppero le relazioni
diplomatiche con la giunta militare cilena60.
Alla notizia del golpe centinaia furono poi le
dimostrazioni di massa che investirono l’Italia, da
Genova a Roma, da Mantova a Firenze, alle quali
seguirono le deliberazioni dei consigli comunali e
regionali. In brevissimo tempo nacque la Fondazione
Lelio e Lisli Basso-ISSOCO, che divenne il centro di
denuncia internazionale delle violazioni gravi,
ripetute e sistematiche dei diritti umani perpetrate
nei confronti del popolo cileno. Pochi giorni dopo
arrivarono i primi due esuli, Ampuero Diaz e Viera-
Gallo, che ricoprirono incarichi nella neonata
60 Risoluzione sul colpo di Stato militare in Cile, Gazzetta Ufficiale, C 95 del 10 novembre 1973.
101
Fondazione, in special modo nelle preparazione della
prima sessione del “Tribunale Russel II per la
repressione in Brasile, Cile e America Latina”61.
Riuscita a lasciare il Cile, Hortensia Bussi, vedova
del Presidente Allende, chiese a Basso di estendere il
Tribunale al caso cileno.
Nacque così il Tribunale Russel II, la cui
presentazione ufficiale avvenne il 6 novembre 1973 a
Bruxelles ed il 10 fu organizzata una manifestazione
nazionale di protesta che aveva visto per la prima
volta l’unione delle grandi organizzazioni sindacali,
cristiana e socialista.
Numerosissimi furono coloro, soprattutto familiari o
compagni di detenuti politici, che dall’America Latina
si rivolsero alla Fondazione per ottenere notizie o un
salvacondotto per l’Europa.
Fu costituita inoltre l’Associazione Nazionale Italia-
Cile Salvador Allende, che ha rappresentato un momento
61 P. Bufalini, F. Di Giulio, I comunisti italiani e il Cile, Editori Riuniti, Roma 1973, pp. 112-113
102
unico ed irripetibile di aggregazione delle forze
politiche italiane, le cui attività erano dirette per
lo più dal Partito Comunista Italiano.
Il compito dell’associazione era quello di sostenere
politicamente la lotta dei democratici cileni e,
concretamente, di procurare posti di lavoro,
ospitalità, aiuti di vario genere agli esuli;
mantenendo viva, attraverso centinaia di
manifestazioni e iniziative di vario genere, la
solidarietà della maggioranza degli italiani per la
causa della democrazia in Cile62.
6.2 IL GOLPE CILENO E IL COMPROMESSO STORICO
Oltre alle reazioni e alla mobilitazione degli
italiani, il colpo di Stato contro Allende ebbe
profonde ripercussione sugli assetti della politica
italiana.
62 Cfr., Le reazioni in Italia, in Il Manifesto, 14 settembre 1973
103
Il 28 settembre e il 12 ottobre del 1973, l’allora
segretario del PCI, Enrico Berlinguer, scrisse su
“Rinascita” due articoli che avranno un’eco
grandissima e sviluppi altalenanti per cinque anni.
Berlinguer rifletté sulla situazione italiana
all’indomani del golpe cileno del generale Pinochet, e
indicò esplicitamente “la prospettiva politica di una
collaborazione e di una intesa delle forze popolari
d’ispirazione comunista e socialista con le forze
popolari d’ispirazione cattolica”63. Era l’inizio della
strategia del “compromesso storico”.
Il punto di partenza del ragionamento di Berlinguer
era rappresentato dalla necessità di impedire che si
ripetesse in Italia quanto era appena accaduto in Cile
dove il governo democratico e socialista di Salvador
Allende era stato rovesciato con le armi. Anche in
63 Cfr., G. Fiori, op. cit.
104
Italia, secondo Berlinguer, vi era il costante
pericolo di “spaccare in due il paese”64.
La preoccupazione fondamentale espressa da Berlinguer
nel 1973 era quella di dar vita ad una costruzione
politica che rendesse impraticabile uno “scontro
frontale” tra conservatori e moderati in forme tali da
favorire una saldatura tra le forze “che si situano
dal centro all’estrema destra”.
«Sappiamo», affermò il segretario del PCI, «come
mostra ancora una volta la tragica esperienza cilena,
che questa reazione antidemocratica tende a farsi più
violenta e feroce quando le forze popolari cominciano
a conquistare le leve fondamentali del potere nello
Stato e nella società»65.
Una tendenza di questo genere si era manifestata anche
in Italia a partire dal 1969, quando all’attivismo
studentesco e operaio si contrapposero la strategia
64 P. Folena, I ragazzi di Berlinguer. Viaggio nella cultura politica di una generazione, Baldini Castaldi Dalai, Milano, 2004, p. 170.65 Ibidem, p. 174.
105
della tensione, la mobilitazione dell’estrema destra,
il deterioramento della situazione economica. Insomma,
le forze reazionarie stavano cercando anche in Italia
di creare “un clima di esasperata tensione” che
aprisse la strada ad un governo autoritario o
perlomeno ad una svolta durevole a destra.
Da parte della Democrazia Cristiana non vi era una
posizione univoca rispetto alla proposta di
Berlinguer. A parte la netta contrapposizione espressa
da Fanfani, sia Flaminio Piccoli che Arnaldo Forlani,
oltre alle sinistre democristiane, manifestarono la
necessità di un confronto senza preclusioni.
I socialisti invece, accolsero la proposta con
scetticismo e prudenza, temevano infatti di essere
schiacciati nell’incontro tra due organizzazioni
politiche molto più consistenti, rappresentative di
vasti e consolidati interessi.
In un paese che usciva dal biennio caldo 1968-’69, in
piena “strategia della tensione”, nel quadro di una
106
forte recessione economica, ed in presenza di una
profonda crisi del sistema politico, Berlinguer era
convinto che la sua strategia rappresentasse l’unica
strada per evitare il collasso politico-economico ed
un drammatico epilogo alla cilena. In questo contesto
assunse enorme spicco la sfida lanciata da Berlinguer
alla DC, al PSI e ai partiti democratici. Fu questa
responsabile linea politica che indusse Moro ad
esprimere una “doverosa attenzione al Partito
Comunista nel quale scorgeva, ora, un valido ed
importante interlocutore nel suo ruolo di
opposizione66.
E’ in questo contesto che si colloca la complessa
evoluzione del PCI nel suo rapporto con i cattolici.
Enrico Berlinguer riuscì a superare definitivamente
ogni residua contrapposizione tra laicismo e
clericalismo, la cui piattaforma politica intendeva
avviare la ricerca di un patto democratico entro il 66 A. Girelli, Moro tra Nenni e Craxi. Cronaca di un dialogo tra il 1959 e il 1978, FrancoAngeli, Milano 1991, p. 86.
107
quale potesse essere garantito in futuro l’avvento al
governo della sinistra, attraverso un’alleanza tra
forze democratiche, cattoliche e laiche.
Per quanto riguardava il terreno delle conquiste
economiche e sociali, Berlinguer era convinto che,
quanto più profonde fossero state le trasformazioni
che si volevano introdurre, tanto più ampio dovesse
essere lo schieramento sociale e politico a
sostenerle.
Dall’altra parte, Moro, contrariamente a gran parte
della democrazia cristiana, aveva lentamente aperto al
PCI, proponendo un eventuale allargamento dell’area di
maggioranza, ma non anche il coinvolgimento diretto
dei comunisti al governo.
La politica di cauto avvicinamento tra la corrente
morotea e il PCI berlingueriano conobbe un impulso con
le elezioni del 20 giugno 1976. La DC registrò un
rispettabile 38,7% ed il PCI un’ulteriore e
inarrestabile avanzata attestandosi a quota 34,45%, un
108
risultato tre volte superiore a quello dei socialisti
(9,6%)67.
Questo suffragio rappresentò un passaggio fondamentale
della storia repubblicana, in quanto dimostrava la
reale forza sociale del PCI che era riuscito a
convogliare nuove speranze e reali aspettative nelle
propria strategia del compromesso storico.
Il Partito Socialista invece, dopo le elezioni, vide
l’ascesa di Bettino Craxi, che abbandonò
immediatamente l’indirizzo del suo predecessore, di
convergenza con i comunisti, espresso fino a poche
settimane prima del voto.
Il 10 agosto Berlinguer annunciò l’astensione dei
comunisti dal nuovo governo monocolore Andreotti. Il
segretario aveva scelto di non entrare nel governo pur
facendo parte della maggioranza per evitare il crollo
istituzionale, il ”vuoto di potere” temuto da Aldo
Moro che avrebbe necessariamente significato elezioni
67 F. De Felice, L’Italia repubblicana, Nazione e sviluppo. Nazione e crisi., Einaudi, Torino, 2003, p. 197.
109
anticipate68. Il PCI rimaneva escluso dal governo, ma
la sua astensione era determinante, e soprattutto era
la prima volta, dall’imposizione della conventio ad
excludendum, che i comunisti entravano nelle
istituzioni con la Presidenza del Senato affidata a
Ingrao e sette presidenze delle commissioni
parlamentari.
L’equilibrio politico di agosto era assai lontano
dalla proposta berlingueriana del compromesso storico,
che non si esauriva con l’ingresso nella maggioranza
di governo.
Nell’ultimo incontro segreto di Berlinguer e Moro si
doveva decidere se ultimare il passaggio dalla
“democrazia difficile” alla “democrazia compiuta”.
Dagli appunti riservati redatti da Antonio Tatò,
risulta che il 31 gennaio 1978, la DC e il PCI avevano
raggiunto l’accordo sui principali punti
programmatici. Sebbene ormai il Partito Comunista
68 Ibidem
110
avesse conquistato la legittimazione democratica per
governare, Moro doveva affrontare la gran parte del
suo partito. Il punto di arrivo delle riflessioni di
Moro sul Partito Comunista fu l’ultimo discorso ai
gruppi parlamentari DC del 28 febbraio, considerato il
suo testamento politico.
Per fronteggiare l’”emergenza reale”, cioè
l’aggravarsi della crisi economica sociale, Moro
sostenne la necessità di proseguire il dialogo
costruttivo con i comunisti, di “trovare un’area di
concordia, un’area di intesa tale da consentire di
gestire il Paese, finché durano le condizioni
difficili alle quali la storia di questi anni ci ha
portati”. Sottolineando che si trattava di un
“passaggio difficile”, lo statista democristiano
auspicò una “convergenza sul programma” non più basata
sulle astensioni ma sulle adesioni dei comunisti al
governo. In altre parole, far coincidere, per la prima
volta nella storia repubblicana, l’area di legittimità
111
costituzionale, l’area di maggioranza e l’area di
governo.
Proprio quando il disegno di Berlinguer sembrò essere
a portata di mano, lo statista democristiano fu rapito
(16 marzo 1978) da un commando delle Brigate Rosse e
la sua scorta barbaramente uccisa.
Condannando fermamente l’episodio del sequestro Moro,
la mattina del 16 marzo Berlinguer garantì “la volontà
e l’impegno fermissimi nella salvaguardia del regime
democratico”69.
Fino al 9 maggio, quando venne fatto trovare il
cadavere del Presidente Moro in Via Castani, tutte le
forze politiche e l’Italia intera furono impegnate ad
evitare il collasso del paese. Indubbiamente vi era un
disegno strategico teso ad impedire l’incontro
politico tra il PCI e la DC che forse avrebbe potuto
sfociare nel compromesso storico.
69 E. Berlinguer, Sul rapimento di Aldo Moro e l’uccisione degli agenti della sua scorta e per la fiducia al IV governo Andreotti, in M. L. Righi, Enrico berlinguer. Discorsi parlamentari, Camera dei Deputati, Roma, 2001, pp 181-182.
112
Non c’è dubbio che l’assassinio politico di Moro segnò
la fine del compimento del compromesso storico, come
dimostrarono il nuovo corso socialista e la chiusura
conservatrice della Democrazia Cristiana.
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