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Introduzione al libro Gesta dei Re e degli Eroi Danesi - Sassone Grammatico (Ludovica Koch)
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Prefazione / IntroduzioneDall'INTRODUZIONE, di Ludovica
Koch
Fin dalle prime pagine, il Sassone "Grammatico" - il Latinista
Sassone - progetta un attacco alla storia tutt'altro che latino.
Non deve nulla n a Livio n a Tacito, infatti, la strategia obliqua
che sceglie di parlare dei tempi parlando invece dell'acqua.
Neppure a Beda, che come Sassone si propone di raccontare le
peripezie di una patria insulare battuta dal vento e dal mare,
scavata da fiordi e solcata da rapide, viene l'idea di lasciare
irrompere in ogni capitolo grandi masse acquatiche: a rappresentare
il corso selvaggio e pericoloso delle vicende ricordate - e pi
delle taciute - che spetta allo storico disciplinare e
raffrenare.
L'invenzione dunque nuova, e la sua forza metaforica
impressionante. Bench costituisca una tappa d'obbligo per tutte le
storie medievali, il colpo d'occhio, nel Prologo, sulla carta
geografica - una carta, dobbiamo immaginare, non troppo dissimile
da quella anglosassone che, intorno al Mille, mostra una
cosmografia ancora largamente mitologica e leggendaria: con le
terre d'Oriente girate verso settentrione e una cintura oceanica a
circondare le tre grandi masse del mondo conosciuto - si rivela
subito uno dei vertici emotivi del libro. A dominare la percezione
del Settentrione sta, infatti, il mobile, immane e lunatico Oceano:
"che, con bracci di mare curvi e tortuosi, in certi tratti crea dei
fiordi, in altri si estende in ampiezza formando un golfo pi ampio,
e da quindi origine a un gran numero di isole".
Le terre abitate e in primo luogo la Danimarca - il centro delle
"Gesta" - appaiono una sorta di relitti del mare che le circonda,
"scolpiti dalle onde", frammentati e divisi a capriccio dai
tortuosi tratti di mare. Il violento riflusso delle correnti
apporta, qua e l, ricchi branchi di pesce, o indifferentemente
devasta terre coltivate a gran fatica. Ma soprattutto nella lunare
e remota Islanda che si celebrano i supremi giochi dell'acqua. L
scaturiscono sorgenti pietrificanti e velenose, e misteriosi,
improvvisi getti spumeggiami che l'istante dopo si nascondono nelle
profondit della terra. Ma soprattutto trionfa il ghiaccio, che d
all'isola il nome. A perdita d'occhio verso il Nord si stende
infatti una gelida distesa oceanica: che si chiama Ginnungagap come
l'Abisso stesso che precedette la creazione del mondo, e dunque
immaginata come minacciosa immanenza del Caos originario. Di l
giunge galleggiando, "in periodi rigorosamente prestabiliti",
un'enorme massa scintillante a infrangersi contro la costa rocciosa
e frastagliata: e subito "si odono risuonare sulla scogliera come
delle voci fragorose provenienti dalle profondit marine, e il
frastuono di moltissime strane grida".
Dalle rumorose acque d'Islanda, solide o fumanti, viene appunto la
materia di Sassone, la memoria del passato. In mezzo alle sorgenti
arroventate, accanto ai ghiacci che gridano vive infatti una
popolazione che "compensa la scarsit di risorse materiali con
l'attivit intellettuale" e delle menti ha fatto "forzieri ricolmi
di un patrimonio di notizie storiche". Notizie assenti dalle fonti
scritte d'Europa - che si limitano a citare, in margine, un paio di
nomi di re danesi -, e capaci di popolare i vuoti della "barbara"
preistoria con una tradizione dinastica ricca e colorata.
La storia di Skjldr, per esempio, il primo sovrano legislatore,
sbarcato fortunosamente bambino (con un fascio di spighe in mano,
racconta il Beowulf) da un paese misterioso e fatto re dai Danesi.
O la mirabile vicenda di astuzia e di melanconia che conduce il
principe iuto Amleto a vendicarsi dello zio fratricida. O ancora,
il ricordo della tragica coppia d'amanti Hagbardr e Signe: figli di
due re nemici fra loro e riuniti - come Giulietta e Romeo - solo
dalla morte violenta. L'avventurosa carriera vichinga di Hrlfr
kraki, "la Pertica", nato - come Sigurdr - da un incesto e da
quell'incesto predestinato a una vita d'eccezione; famoso per aver
seminato d'oro le campagne svedesi e per la memorabile difesa
dentro a un castello in fiamme, a gara di valore con i suoi
campioni. Lo scontro, veramente epico, fra un re svedese e un re
danese a Brvellir, con il tumultuoso concorso di flotte e di
celebri guerrieri da tutta la Scandinavia. E la leggenda
dell'ultimo grande principe vichingo, Ragnarr "brachepelose", che
uccise ragazzo due serpi sterminatrici e in una fossa di serpi fu
mandato a morire, ripetendo l'archetipo eroico di Gunnarr e
"saziando i serpenti con lo stesso cuore che aveva mostrato
impavido davanti a ogni pericolo ".
Di queste storie islandesi non scritte, desultorie e apparentemente
casuali come i geyser, irregolarmente fluenti in versi e in prosa
per tutto l'antico Settentrione, Sassone si propone di materiare
una storia dinastica capace di scorrere nello stesso letto per
duemila anni (l'et di Roma) senza disseccarsi, e senza giungere
ancora alla foce. (E tuttavia, nessuno come gli storici di origine
germanica, orientali da secoli a una rappresentazione pessimistica
della storia, sente fortemente il tema - agostiniano - della
decrepitudine del mondo: che vive, dolorosamente, fino in fondo la
sua sesta e ultima et. "Il mondo ha fretta, - ammonisce il
predicatore anglosassone Wulfstan, - e corre alla sua fine". "Il
mondo, - ricorda Ottone di Frisinga, - sta per tirare l'ultimo
respiro").
Di nuovo come un geyser, la sorgente di quella storia sprofonda nei
baratri di roccia e di tenebra dove si aggiravano minacciosi gli
stessi giganti senza volto che hanno disseminato l'Europa - non c'
dubbio - di immani monumenti megalitici. "Che un tempo il suolo
della Danimarca venisse coltivato da una razza di giganti lo
testimoniano gli immensi macigni in prossimit dei sepolcri e dei
tumuli dei nostri antenati. Se qualcuno dubita che la cosa sia
opera di una forza sovrumana, guardi all'altezza di certi tumuli
sepolcrali e dica, se lo sa, chi potrebbe aver trasportato sulle
loro cime rocce cosi grandi".
La fine dell'et dei giganti coincide con l'inizio, bizzarro e
remotissimo, della storia umana; e tuttavia, finita veramente
quell'et non mai, come mai ha veramente lasciato la terra il Caos
originario. Non riesce a passare: si solo spostata - all'irruzione
del Cristianesimo, del latino e delle historiae - come il Caos dal
tempo allo spazio. Vivono ancora, i giganti sopravvissuti al
Diluvio, ma molto pi a nord, nel "deserto roccioso e inaccessibile"
della Norvegia settentrionale che prende, ancora oggi, il nome da
loro (Jotunheimen). E il paesaggio segnato un tempo dalla loro
mostruosa presenza minerale ha poi ricevuto altre impronte,
biologiche e culturali. Trasformazioni e riordinamenti che
testimoniano, invece, le cose e i fatti degli uomini.
Qui una cerchia di macigni imponenti documenta l'antico rito di
eleggere il re augurando al suo governo la stabilit stessa della
roccia; li una serie di alti tumuli resta a testimoniare la strage
di mi. Due colline fatte di ciottoli, ognuno gettato da un diverso
soldato, provano la sterminata estensione dei due eserciti, danese
e norvegese, che li sono venuti a scontrarsi. Nello Sjaelland, una
parete di roccia reca ancora l'incavo del corpo di Starcathero, che
vi si sarebbe appoggiato dopo uno scontro ancora pi cruento del
solito: sventrato e quasi morente, ma ancora tanto padrone di s da
rifiutare il soccorso di chiunque non fosse socialmente e
moralmente degno di aiutarlo.
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