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STORIA ROMANA – A a.a. 2018-‐2019
Introduzione alla storia di Roma Handout n.3
(D. Nonnis, con integrazioni di M. Maiuro)
III – Da Pompeo ad Augusto
Le imprese di Pompeo Magno 1, Vell. Pat., II, 31 Converterat Cn. Pompei persona totum in se terrarum orbem et per omnia maior civi habebatur. Qui cum consul perquam laudabiliter iurasset se in nullam provinciam ex eo magistratu iturum idque servasset, post biennium A. Gabinius tribunus legem tulit, ut cum belli more, non latrociniorum, orbem classibus iam, non furtivis expeditionibus piratae terrerent quasdamque etiam Italiae urbes diripuissent, Cn. Pompeius ad eos opprimendos mitteretur essetque ei imperium aequum in omnibus provinciis cum proconsulibus usque ad quinquagesimum miliarium a mari. Quo scito paene totius terrarum orbis imperium uni viro deferebatur; sed tamen idem hoc ante septennium in M. Antonii praetura decretum erat. Sed interdum persona ut exemplo nocet, ita invidiam auget aut levat: in Antonio homines aequo animo passi erant; raro enim invidetur eorum honoribus, quorum vis non timetur: contra in iis homines extraordinaria reformidant, qui ea suo arbitrio aut deposituri aut retenturi videntur et modum in voluntate habent. Dissuadebant optimates, sed consilia impetu victa sunt. La persona di Gneo Pompeo aveva volto a sé il mondo intero, e in ogni cosa era considerata superiore per la sua potenza. Nonostante come console (70 a.C.) avesse lodevolmente giurato che in seguito non si sarebbe recato in nessuna provincia e avesse anche tenuto fede alla parola, dopo due anni il tribuno della plebe Aulo Gabinio propose una legge (67 a.C.): siccome i pirati seminavano ovunque il terrore con le loro flotte, non con scorrerie ma con vere e proprie azioni di guerra, e avevano devastato anche alcune città italiche, si inviasse Gneo Pompeo a combatterli, con un imperium uguale a quello dei proconsoli in ogni provincia (in cui si fosse trovato a dover combattere i pirati) e fino a cinquanta miglia nell’interno. Con questa legge si consegnava quasi tutto il mondo all’imperium di un solo uomo, ma tuttavia lo stesso era decretato sette anni prima per il pretore Marco Antonio. Ma a volte la singola personalità, come nuoce per l’esempio, così fa nascere o sopisce l’invidia. Si era disposti ad accettare senza turbamento la missione di Antonio, raramente infatti si invidiano i poteri conferiti a uomini la cui potenza non desta timore, mentre sono temuti poteri straordinari affidati a uomini che sono ritenuti capaci di deporli o conservarli a loro arbitrio, e hanno come solo limite la loro volontà. Gli ottimati cercavano di non far passare la legge, ma il loro parere fu travolto dall’impeto. [Antologia delle fonti, I.2.20, T97] 2. AE 1990, 940 (Ilion –Troade, 64 a.C.) ὁ δῆμος κα[ὶ οἱ ν]έοι / [Γναῖον Πο]μπήιον, Γναίου [ὑ]ιόν, Μάγνον, τὸ τρίτον / [αὐτοκράτ]ορα, τὸν πατρώνα καὶ εὐεργέτην τῆς πόλεως / [εὐσεβεία]ς ἕνεκεν τῆς πρὸς τὴν θεὸν τὴν οὖσαν αὐτῶι / [-‐-‐-‐]ν καὶ εὐνοίας τῆς πρὸς τὸν δῆμον ἀπολύσαντα / [τοὺς ἀ]νθρώπους ἀπό τε τῶν βαρβαρικῶν πολέμων / [καὶ τῶν π]ιρατικῶν κινδύνων ἀποκαθεστάκοτα δὲ / [εἰρ]ήνην καὶ τὴν ἀσφάλειαν καὶ κατὰ γῆν καὶ κατὰ θάλασσαν. Il popolo e i nèoi (hanno innalzato la statua di) Gneo Pompeo Magno, figlio di Gneo, generale in capo per la terza volta, patrono e benefattore della loro città per la sua devozione nei confronti della dea che è qui… e la sua benevolenza verso il popolo, lui che ha liberato gli uomini dalla guerre contro i barbari e dai pericoli suscitati dai pirati e ha ristabilito la pace e la sicurezza sulla terra e sul mare. 3. Plut., Pomp., 30, 1-‐2
Quando fu annunciato a Roma che la guerra contro i Pirati era conclusa e che Pompeo, libero da impegni trascorreva il tempo a visitare le città, uno dei tribuni della plebe, un certo Manilio, presentò una proposta di legge (66 a.C.), sulla base della quale Pompeo, prendendo sotto la sua giurisdizione tutto il territorio e le forze militari di cui (Lucio Licinio) Lucullo aveva il comando e aggiungendovi la Bitinia, che era sottoposta a Glabrione, doveva muovere guerra ai re Mitridate [re del Ponto] e Tigrane [re dell’Armenia], con la flotta e il dominio del mare secondo le condizioni alle quali le aveva inizialmente ricevute. Questo insomma significava che l’impero romano era nelle mani di uno solo. [Antologia delle fonti, I.2.20, T100] 4. Plin., Nat. Hist., VII, 27, 95-‐99 (95) Verum ad decus imperii Romani, non solum ad viri unius, pertinet victoriarum Pompei Magni titulos omnes triumphosque hoc in loco nuncupari, aequato non modo Alexandri Magni rerum fulgore, sed etiam Herculis prope ac Liberi patris. (96) igitur Sicilia recuperata, unde primum Sullanus in rei publicae causa exoriens auspicatus est, Africa vero tota subacta et in dicionem redacta Magnique nomine in spolium inde capto, eques Romanus, id quod antea nemo, curru triumphali revectus et statim ad solis occasum transgressus, excitatis in Pyrenaeo tropaeis, oppida DCCCLXXVI ab Alpibus ad fines Hispaniae ulterioris in dicionem redacta victoriae suae adscripsit et maiore animo Sertorium tacuit, belloque civili, quod omnia externa conciebat, extincto iterum triumphales currus eques R. induxit, totiens imperator ante quam miles. (97) postea ad tota maria et deinde solis ortus missus hos retulit patriae titulos more sacris certaminibus vincentium — neque enim ipsi coronantur, sed patrias suas coronant —, hos ergo honores urbi tribuit in delubro Minervae, quod ex manubiis dicabat: CN·∙POMPEIVS MAGNVS IMPERATOR BELLO XXX ANNORVM CONFECTO FVSIS FVGATIS OCCISIS IN DEDITIONEM ACCEPTIS HOMINVM CENTIENS VICIENS SEMEL LXXXIII DEPRESSIS AVT CAPTIS NAVIBVS DCCCXLVI OPPIDIS CASTELLIS MDXXXVIII IN FIDEM RECEPTIS TERRIS A MAEOTIS AD RVBRVM MARE SVBACTIS VOTVM MERITO MINERVAE. (98) Hoc est breviarium eius ab oriente. triumphi vero, quem duxit a. d. III kal. Oct. M. Pisone M. Messala cos., praefatio haec fuit: CVM ORAM MARITIMAM PRAEDONIBVS LIBERASSET ET IMPERIVM MARIS POPVLO ROMANO RESTITVISSET EX ASIA PONTO ARMENIA PAPHLAGONIA CAPPADOCIA CILICIA SYRIA SCYTHIS IVDAEIS ALBANIS HIBERIA INSVLA CRETA BASTERNIS ET SVPER HAEC DE REGE MITHRIDATE ATQVE TIGRANE TRIVMPHAVIT. (99) Summa summarum in illa gloria fuit (ut ipse in contione dixit, cum de rebus suis dissereret) Asiam ultimam provinciarum accepisse eandemque mediam patriae reddidisse. si quis e contrario simili modo velit percensere Caesaris res, qui maior ille apparuit, totum profecto terrarum orbem enumeret, quod infinitum esse conveniet. Inserire a questo punto la menzione completa delle imprese vittoriose di Pompeo Magno torna ad onore non di un uomo solo, ma di tutto l’impero romano; egli uguagliò lo splendore delle imprese non soltanto di Alessandro Magno, ma quasi anche di Ercole e di Liber Pater. Dopo aver dunque riconquistato la Sicilia [82 a.C.] – da dove, come seguace di Silla, inaugurò il suo sorgere sulla scena politica romana – e dopo aver sottomesso e assoggettato l’intera Africa, da cui riportò come bottino il nome di Magno, lui un cavaliere romano (fatto senza precedenti), tornò in patria su un carro trionfale [81 a.C.] e subito ripartì per l’Occidente dove, innalzando trofei sui Pirenei, vi ascrisse a merito della sua vittoria l’avere sottomesso 876 città, dalle Alpi ai confini della Spagna Ulteriore; e, con grande generosità, non fece menzione di Sertorio. In seguito, dopo aver sedato la guerra civile, che era stata la causa di tutte le guerre esterne, per la seconda volta – lui, un cavaliere romano – condusse a Roma il carro trionfale, ancora una volta generale prima di essere soldato [trionfo del 71 a.C.]. Poi, inviato in tutti i mari [67 a.C.] e quindi in Oriente, riportò questi titoli d’onore alla sua patria, secondo l’uso dei vincitori nei giochi sacri (non sono infatti i vincitori ad essere incoronati, ma sono essi che incoronano la propria patria; questi onori, dicevo, tributò alla sua città nel tempio di Minerva, che dedicò con i proventi del bottino [62 a.C.]: Il generale Gneo Pompeo Magno, condotta a termine una guerra durata 30 anni, dopo avere vinto, messo in fuga, ucciso, sottomesso 12.183.000 uomini, affondato o catturato 846 navi, assoggettato 1538 città e roccheforti, conquistato le terre dalla Meotide [Mar d’Azov] al Mar Rosso, scioglie doverosamente il suo voto a Minerva. Questo è il sommario delle sue imprese in Oriente. Ecco invece la formula iniziale del trionfo che celebrò il 29 settembre dell’anno del consolato di Marco Pisone e Marco Messalla [61 a.C.]: avendo liberato le coste dai pirati e avendo restituito il dominio del mare al popolo romano, ha trionfato su Asia, Ponto, Armenia, Paflagonia, Cappadocia, Cilicia, Siria, Sciti, Giudei, Albani, Iberia, sull’isola di Creta, sui Bastarni e, inoltre, sul re Mitridate e su Tigrane. Il culmine massimo, in una così grande gloria, fu (come disse lui stesso in
assemblea, nel discorso che tenne sulle sue imprese) quello di aver ricevuto l’Asia come provincia di frontiera e di averla restituita alla patria come una provincia interna. Se qualcuno per contro volesse passare in rassegna allo stesso modo le imprese di Cesare, che si dimostrò superiore a Pompeo, dovrebbe di certo elencare il mondo intero, e si converrà che non si finirebbe più. *cfr. Cic., Phil., II, 68 s. e SHA, Gord., 3 (domus rostrata di Pompeo, su cui F. Marucci, in Erga – Logoi, 3,1, 2015, pp. 133-‐166) La congiura di Catilina 5a. CIL, VI 40897 (Roma, 63 a.C. [?]) Casius Longinu(s) quei Catilinae {su} / sufragatur.
5b. CIL, VI 40904 (Roma, 63 a.C. [?]) M(arcus) Cato quei petit tribunu plebei.
6. CIL, XIV 4707 = AE 1997, 253 = AE 2008, 278, cfr. F. Zevi, in Epigrafia latina. Ostia: cento iscrizioni in contesto, Roma 2010, pp. 95-‐97, nr. 8 (Ostia, porta Romana, 63-‐58 a.C.) [Se]n[at]u[s P]opulu[sque R]o[manus] / Co[loniae] O[stie]nsium m[u]ro[s et portas dedit]. / M. [Tull]iu[s] Ci[ce]ro c[o(n)s(ul)] fec[it locavit]que. / [P. Clodi]us P[u]lcher tr(ibunus) p[l(ebis) consu]mmav[it et prob]av[it]. / [Portam vetus]tate [c]orrupta[m -‐-‐-‐]re a[-‐-‐-‐ru-‐-‐-‐]. Il “primo triumvirato”
7. Plut., Caes., 13, 3-‐6 Cesare subito ordì un piano che ingannò tutti tranne Catone: la riconciliazione tra Pompeo e Crasso, che detenevano il massimo potere in città. Cesare li fece riavvicinare, fece diventare amici i vecchi nemici, e attirò su di sé il potere che derivava da entrambi. Con un gesto che si diceva magnanimo, trasformò la costituzione senza che nessuno se ne accorgesse. Difatti non fu la discordia tra Cesare e Pompeo a provocare le guerre civili, come credono i più, ma piuttosto la loro concordia, poiché in un primo tempo si coalizzarono per distruggere l’aristocrazia, poi allo stesso modo furono in lotta l’uno contro l’altro. 8. Plut., Cato minor, 41, 1-‐3 In seguito a questi avvenimenti Pompeo e Crasso si incontrarono con Cesare che aveva attraversato le Alpi e decisero di trovare insieme il modo perché essi potessero ottenere un secondo consolato. Una volta assunta la carica, avrebbero fatto votare per Cesare un altro periodo di comando della stessa durata dell’attuale [ovvero 5 anni], per sé le più grandi delle province e risorse in denaro ed armati. Questo atto altro non era se non una cospirazione per spartirsi i poteri e distruggere l’ordinamento dello stato. In quel tempo molti uomini dabbene si davano da fare per porre la propria candidatura, ma quando videro che Pompeo e Crasso si accingevano a presentare la loro, si ritirarono. [Antologia delle fonti, I.2.20, T101] 9. Ascon., In Milonianam, p. 14 Clark Inter haec cum crebresceret rumor Cn. Pompeium creari dictatorem oportere neque aliter mala civitatis sedari posse, visum est optimatibus tutius esse eum consulem sine collega creari, et cum tractata ea res esset in senatu, facto in M. Bibuli sententiam S.C. Pompeius ab interrege Servio Sulpicio V Kal. Mart. mense intercalario consul creatus est statimque consulatum iniit. Nel frattempo, poiché si andava diffondendo la voce che fosse opportuno nominare Gneo Pompeo dittatore e che in nessun altro modo potessero essere placate le sciagure della città, agli ottimati sembrò più sicuro nominarlo console senza collega. Il senato discusse la questione e redatta una delibera dietro mozione di M. Bibulo, Pompeo fu nominato console dall’interrex Servio Sulpicio, il quinto giorno prima delle calende di marzo, nel mese intercalare e all’istante prese possesso del consolato. 10. CIL, I2 2965 (Roma, 52 a.C.) Sex. Aemilius Sex. l. / Baro, / frumentar(ius), / in ignem inlatus est / prid(ie) Non(as) Quinct(iles) / Cn. Pompeio co(n)s(ule) tert(ium).
Cesare: alcuni riferimenti cronologici 101 a.C.: nascita di C. Iulius Caesar (suo zio, per parte materna, era Gaio Mario) 84 a.C.: matrimonio con Cornelia, figlia di Cinna (cos. 86 a.C.); diviene flamen Dialis 73 a.C.: cooptazione nel collegio dei pontifices 69 a.C.: quaestor (in Spagna) 65 a.C.: aedilis curulis 63 a.C.: pontifex maximus 62 a.C.: scandalo della Bona Dea: presenza di P. Clodio ai misteri della Bona Dea; ripudio
della seconda moglie (Pompea); praetor 60 a.C.: “primo triumvirato” 59 a.C.: consul per la prima volta; veterani di Pompeo stanziati a Capua; matrimonio con
Calpurnia 58 a.C.: inizio delle campagne militari in Gallia; P. Clodius Pulcher tribunus plebis 56 a.C.: accordo di Lucca 55 a.C: secondo consolato di Pompeo e di Crasso; proroga del proconsolato di Cesare in
Gallia 54 a.C.: morte di Giulia, figlia di Cesare e moglie di Pompeo 53 a.C.: battaglia di Carrhae 52 a.C: assassinio di P. Clodio; Pompeo consul sine collega; assedio di Alesia e resa di
Vercingetorige 50 a.C.: Gallia pacificata; Cesare rientra in Italia
49 a.C. : 11-12 gennaio, passaggio del Rubicone; fuga di Pompeo, consoli e senatori (in Epiro); legge con la quale si concede la cittadinanza romana agli abitanti della Gallia Cisalpina; sconfitta dei Pompeiani in Spagna (Ilerda); ottobre: Cesare dictator (per un anno) e consul iterum
48 a.C.: 9 agosto, battaglia di Farsalo (Epiro); fuga e morte di Pompeo in Egitto; Cesare si lega a Cleopatra
47-46 a.C.: campagna d’Africa; aprile 46, battaglia di Tapso e suicidio di Catone 46 a.C.: rientro a Roma; seconda dittatura; trionfi “sulla Gallia, sull’Egitto, sul Ponto,
sull’Africa per aver sconfitto il re Giuba”; riforma del calendario 46-45 a.C.: a Roma consul sine conlega; campagna contro in pompeiani in Spagna; vittoria a
Munda sui figli di Pompeo 45 a.C.: rientro a Roma e trionfo per le vittorie in Spagna; adozione del nipote Gaio Ottavio
(nominato suo erede) 44 a.C.: Cesare è dictator perpetuus; gli è concesso di farsi chiamare imperator; 15 febbraio
(festa dei Lupercalia), il console Marco Antonio gli offre il diadema, rifiutato da Cesare; 15 marzo, assassinio di Cesare
11. CIL, XIV 4531 (Fasti Ostienses, aa. 49-44 a.C.) (49 a.C.) Pompeiu[s urbem reliquit]; / [i]nterregnum. (48 a.C.) / [C.] Caesar, [P. Servilius] (scil. consules) / Pompeius Al[exandriae occisus]; / habitatio po[pulo remissa]; / [II]viri M. Acil[ius, ---]; / (47 a.C.) [Q.] Fufius, [P. Vatinius] (scil. consules) / [I]Iviri Q. Vitell[ius, ----]; / (46 a.C.) C. Caesar, [M. Aemilius] (scil. consules); / annus or[dinatione Caesaris] / mutatus; aed[es Veneris Genetricis] / dedicata; ep[ulum et congiarium dat(um)]; / naumachia [---]; / IIvir(i) A. Vitelli[us, ---]; / (45 a.C.) Q. Fabius, [C. Trebonius] (scil. consules); / suffect(us) [C. Caninius]; / IIvir(i) Q. Vitelli[us, ---] / (44 a.C.) C. Caesar, [M. Antonius] (scil. consules); / suffect(us) P. [Cornelius]; / Caesar pare[ns patriae occisus]; / populo legav[it viritim ((sestertios)) CCC et] / hortos tr[ans Tiberim] 12. F. Zevi, in ZPE, 197, 2016, pp. 287-309, fr. B (Fasti Privernates, fine 45 a.C. –inizio del 43 a.C.) [---] eodem anno / [Q. Fabi]us Maximus, C. Trebon[ius] / [in mag(istratu)] mort(uus est), in e(ius) l(ocum) f(actus) e(st) / C. Caninius Rebilus (45 a.C.) / C. Iulius Caesar IV dict(ator) abdic(avit) ut perpet(uo?) [dict(ator) fieret(?)] / M. Aemilius Lepid(us) II mag(ister) eq(uitum) abd(icavit) ut perpet(uo?) [mag(ister) eq(uitum) fieret(?)] / quoad dict(ator) Caesar esset / C. Iulius Caesar desig(natus) in perpet(uum) dicta(tor) / M. Aemilius Lepidus [---] / M. Valerius Mes[sal(la) mag(ister) eq(uitum) desig(natus) ut cum Lepidus] / paludatus [exisset iniret] / Cn. Domitius Ca[lvinu]s [designatus ut] / insequenti a[nno] m[ag(ister) eq(uitum)] / futurus es[set] / C. Iulius Caesar V M. Anton[ius] / in e(ius) l(ocum) f(actus) e(st) / P. Cornelius Dolabel(la) (44 a.C.) / C. Vibius Pansa in mag(istratu) [mort(uus est) (43 a.C.) // 13. Cass. Dio, 41, 36, 1-2 (49 a.C.) Mentre Cesare marciava ancora verso Roma, Marco Emilio Lepido, colui che poi fu triumviro, in qualità di pretore propose al popolo di nominarlo dittatore e subito dopo proclamò la nomina, diversamente da quanto prevedeva la tradizione. Cesare, appena entrato in città, assunse la carica, ma non compì da dittatore alcun atto che potesse suscitare timore, anzi richiamò tutti gli esiliati, eccetto Milone. Elesse anche i magistrati per il nuovo anno. 14. App., Bell. Civ., II, 102 (425) Si narra che, fatto il censimento dei cittadini (46 a.C.), si trovò che essi erano ridotti alla metà di quanti erano prima della guerra; a tali termini aveva ridotto l’Urbe l’amore di contesa di questi due uomini. 15. Suet., Divus Iulius, 40-42,3 (46-45 a.C.) 40. (1) Conversus hinc ad ordinandum rei publice statum fastos correxit iam pridem vitio pontificum per intercalandi licentiam adeo turbatos, ut neque messium feriae aestate neque vindemiarum autumno conpeterent; annumque ad cursum solis accommodavit, ut trecentorum sexaginta quinque dierum esset et intercalario mense sublato unus dies quarto quoque anno intercalaretur. (2) Quo autem magis in posterum ex Kalendis Ianuariis novis temporum ratio congrueret, inter Novembrem ac Decembrem mensem interiecit duos alios; fuitque is annus, quo haec constituebantur, quindecim mensium cum intercalario, qui ex consuetudine in eum annum inciderat.
41. (1) Senatum supplevit, patricios adlegit, praetorum aedilium quaestorum, minorum etiam magistratuum numerum ampliavit; nudatos opere censorio aut sententia iudicum de ambitu condemnatos restituit. (2) Comitia cum populo partitus est, ut exceptis consulatus conpetitoribus de cetero numero candidatorum pro parte dimidia quos populus vellet pronuntiarentur, pro parte altera quos ipse dedisset. Et edebat per libellos circum tribum missos scripturas brevi: "Caesar dictator illi tribui. Commendo vobis illum et illum, ut vestro suffragio suam dignitatem teneant." Admisit ad honores et proscriptorum liberos. Iudicia ad duo genera iudicum redegit, equestris ordinis ac senatorii; tribunos aerarios, quod erat tertium, sustulit. (3) Recensum populi nec more nec loco solito, sed vicatim per dominos insularum egit atque ex viginti trecentisque milibus accipientium frumentum e publico ad centum quinquaginta retraxit; ac ne qui novi coetus recensionis causa moveri quandoque possent, instituit, quotannis in demortuorum locum ex iis, qui recensi non essent, subsortitio a praetore fieret. 42. (1) Octoginta autem ciuium milibus in transmarinas colonias distributis, ut exhaustae quoque urbis frequentia suppeteret, sanxit, ne quis ciuis maior annis uiginti minorue decem†, qui sacramento non teneretur, plus triennio continuo Italia abesset, neu qui senatoris filius nisi contubernalis aut comes magistratus peregre proficisceretur; neue ii, qui pecuariam facerent, minus tertia parte puberum ingenuorum inter pastores haberent. Omnisque medicinam Romae professos et liberalium artium doctores, quo libentius et ipsi urbem in colerent et ceteri adpeterent, ciuitate donauit. (2) De pecuniis mutuis disiecta nouarum tabularum expectatione, quae crebro mouebatur, decreuit tandem, ut debitores creditoribus satis facerent per aestimationem possessionum, quanti quasque ante ciuile bellum comparassent, deducto summae aeris alieni, si quid usurae nomine numeratum aut perscriptum fuisset; qua condicione quarta pars fere crediti deperibat. 40. Voltosi poi a riordinare lo Stato, riformò il calendari, già da tempo talmente sconvolto per colpa della libertà presa dai pontefici nell’inserire giorni intercalari, che le feste della mietitura non corrispondevano più all’estate né quelle della vendemmia all’autunno; e accordò l’anno al corso del Sole, cosicché fosse di 365 giorni e, tolto il mese intercalare, fosse intercalato un solo giorno ogni 4 anni. Poiché nel tempo a venire, a partire dalle successive calende di gennaio, il conto del tempo fosse più esatto, tra novembre e dicembre aggiunse altri due mesi; e l’anno in cui furono presi quei provvedimenti fu di 15 mesi, con il mese intercalare che per consuetudine era caduto in quell’anno. 41. Completò il Senato, creò (nuovi) patrizi, ampliò il numero dei pretori, edili, questori e anche dei magistrati minori; reintegrò quelli che erano stati privati del proprio rango ad opera dei censori o erano stati condannati per broglio da una sentenza dei giudici. Divise le elezioni dei magistrati con il popolo, di modo che, eccetto i candidati al consolato, per quanto riguardava il restante numero venissero nominati per metà candidati voluti dal popolo, per l’altra metà indicati da lui. E li rendeva noti attraverso libelli fatti circolare nelle tribù con brevi scritti: “Cesare dittatore a tale tribù: vi raccomando questo e quello, perché rivestano la loro carica con il vostro voto”. Ammise alle magistrature anche i figli dei proscritti. Ricondusse i processi a due categorie di giudici, di ordine equestre e senatorio; soppresse i tribuni dell’erario, che erano la terza. Registrò il popolo non alla solita maniera né al posto solito, ma per quartieri e per tramite dei proprietari di case; così il numero dei beneficiari delle distribuzioni pubbliche di grano fu ridotto da trecentoventimila a centocinquantamila; e per evitare che in futuro la compilazione di queste liste divenisse motivo di nuovi disordini, stabilì che ogni anno il pretore rimpiazzasse i beneficiari morti nel frattempo, sorteggiando tra coloro che non erano registrarti. Inviò ottantamila cittadini nelle colonie oltremare e, per rimediare al conseguente calo di popolazione nell’Urbe, stabilì che nessun cittadino tra i venti e i <sessanta> anni stesse fuori dall’Italia per più di tre anni di seguito, ad eccezione di chi serviva nell’esercito, che nessun figlio di senatore intraprendesse viaggi all’estero, se non al seguito di un magistrato (come suo ufficiale o funzionario), che gli allevatori di bestiame impiegassero tra i propri pastori almeno un terzo di adulti di condizione libera. Diede la cittadinanza a tutti coloro che esercitavano la medicina e insegnavano le arti liberali a Roma, in modo che un tale favore rendesse loro più gradito il soggiorno nell’Urbe e ne attirasse altri. Quanto ai debiti, invece di abolirli come si continuava a richiedere, stabilì che i debitori soddisfacessero i creditori in base alla stima dei propri beni e al valore che questi beni avevano prima della guerra civile; e che dal totale dovuto si deducessero tutti gli eventuali interessi già versati o in contanti o con documenti scritti: questo provvedimento ridusse i debiti di circa un quarto. [Cfr. Antologia delle fonti, I.2.20, T103] 16. Tabula Heracleensis (CIL, I2 593 = ILS 6085 = Roman Statutes [1996] I, nr. 24), ll. 142-151
quae municipia coloniae praefecturae c(iuium) R(omanorum) in Italia sunt erunt, quei in eis municipieis colon<i>eis praefectureis maximum mag(istratum) maxim<a>mue potestatem ibei habebit tum, cum censor aliusue quis mag(istratus) Romae populi censum aget, is diebus (sexaginta) proxumeis, quibus sciet Romae c<e>nsum populi agi, omnium municip{i}um colonorum suorum queique eius praefecturae erunt, q(uei) c(iues) R(omanei) erunt, censum ag<i>to; eorumque nomina praenomina patres aut patronos tribus cognomina et quot annos quisque eorum habe<bi>t et rationem pecuniae ex formula census, quae Romae ab eo, qui tum censum populi acturus erit, proposita erit, a<b> ieis iurateis accipito; eaque omnia in tabulas publicas sui municipi referunda curato; eosque libros per legatos, quos maior pars decurionum conscriptorum ad eam rem legarei mittei censuerint tum cum ea{s} res consul{er}etur, ad eos quei Romae c<e>nsum agent mittito. Colui che ha la carica suprema o la massima autorità nei municipi nelle colonie e nelle prefetture di cittadini romani esistenti in Italia nel momento in cui a Roma il censore o un altro magistrato svolge il censimento del popolo, costui deve svolgere il censimento dei cittadini romani presenti in tutti quei suddetti municipi, colonie o prefetture, entro sessanta giorni dacché sa che a Roma si svolge il censimento. Deve raccogliere da loro la dichiarazione giurata di prenome, gentilizio, genitori o patroni, tribù, cognome, età e patrimonio secondo la formula del censimento indetta da colui che svolge il censimento a Roma. Deve far registrare tutti questi dati nell’archivio della propria comunità. Deve inviare i registri a coloro che svolgono il censimento a Roma per mezzo di funzionari appositamente scelti dalla maggioranza dei decurioni locali con una delibera specifica. 17. Cass. Dio, 42, 20, 3-4 Ottenne di essere console per cinque anni di seguito e di essere nominato dittatore non per sei mesi, ma per un anno intero. Ebbe anche, praticamente per tutta la vita, quelle distinzioni proprie dei tribuni, ovvero il diritto di sedersi sui loro stessi sedili e di essere considerato in ogni circostanza come i tribuni: prerogativa che non era mai stata riconosciuta a nessuno. Furono riservate a lui tutte le elezioni dei magistrati, eccetto quelle di pertinenza della plebe: per questo, posticipate sino al suo ritorno, essere furono indette alla fine dell’anno. Quanto alla scelta dei magistrati da inviare nei paesi soggetti, vollero sicuramente decidere essi stessi riguardo ai proconsoli; riguardo invece ai pretori, stabilirono di riconoscere a Cesare la facoltà della scelta senza sorteggio 18. Suet.,Divus Iulius, 76 (1) Praegravant tamen cetera facta dictaque eius, ut et abusus dominatione et iure caesus existimetur. Non enim honores modo nimios recepit: continuum consulatum, perpetuam dictaturam praefecturamque morum, insuper praenomen Imperatoris, cognomen Patris patriae, statuam inter reges, suggestum in orchestra; sed et ampliora etiam humano fastigio decerni sibi passus est: sedem auream in curia et pro tribunali, tensam et ferculum circensi pompa, templa, aras, simulacra iuxta deos, pulvinar, flaminem, lupercos, appellationem mensis e suo nomine; ac nullos non honores ad libidinem cepit et dedit. (2) Tertium et quartum consulatum titulo tenus gessit contentus dictaturae potestate decretae cum consulatibus simul atque utroque anno binos consules substituit sibi in ternos novissimos menses, ita ut medio tempore comitia nulla habuerit praeter tribunorum et aedilium plebis praefectosque pro praetoribus constituerit, qui apsente se res urbanas administrarent. Pridie autem Kalendas Ianuarias repentina consulis morte cessantem honorem in paucas horas petenti dedit. (3) Eadem licentia spreto patrio more magistratus in pluris annos ordinavit, decem praetoriis viris consularia ornamenta tribuit, civitate donatos et quosdam e semibarbaris Gallorum recepit in curiam. Tuttavia pesano di più altre sue azioni e parole, da cui si può trarre la conclusione che egli abbia abusato del potere e sia stato giustamente ucciso. Infatti non solo accettò onori eccessivi, come il consolato senza interruzione, la dittatura perpetua e la sovrintendenza sui costumi, in più il prenome di Imperatore, e ancora il titolo di padre della patria, una statua tra quelle dei re, un seggio sopraelevato nell’orchestra; ma consentì anche che gli fossero decretati onori maggiori di quelli concessi alla condizione umana: un seggio d’oro nella curia e davanti alla tribuna un carro e una portantina durante la pompa circense, templi, altari, statue vicino a quelle degli dei, il pulvinare, un flamine, luperci, un mese chiamato con il suo nome; non ci fu onore che non prese e concesse a piacimento. Resse il terzo e quarto consolato soltanto di nome, accontentandosi del potere dittatoriale decretatogli insieme ai consolati, e in entrambi gli anni sostituì se stesso con due consoli per gli ultimi tre mesi, cosicché nel frattempo non si tenne alcun comizio, tranne quelli per i tribuni e gli edili della plebe, e inoltre nominò dei prefetti con funzione di pretori, che si occupassero dell’amministrazione cittadina in sua assenza. Il giorno prima delle calende di gennaio, a causa della repentina morte del console, diede a uno che la
domandava la carica che sarebbe terminata nel giro di poche ore. Con la stessa libertà, disprezzando il costume patrio, nominò i magistrati per più anni a venire, attribuì gli ornamenti consolari a 10 ex-pretori, accolse nella Curia persone cui aveva donato la cittadinanza ed anche alcuni Galli semibarbari. [Antologia delle fonti, I.2.20, T102] 19. Liv., Periochae, l. 116 (45 a.C.) Caesar ex Hispania quintum triumphum egit. (44 a.C.) Et cum plurimi maximique honores a senatu decreti essent (inter quos ut parens patriae appellaretur et sacrosanctus ac dictator in perpetuum esset) invidiae adversus eum causam praestiterunt, quod senatui deferenti hos honores, cum ante aedem Veneris Genetricis sederet, non adsurrexit, et quod a M. Antonio cos., collega suo, inter lupercos currente diadema capiti suo impositum in sella reposuit, et quod Epidio Marullo et Caesetio Flavo trib. pl., invidiam ei tamquam regnum adfectanti [moventibus potestas] abrogata est. Ex his causis conspiratione in eum facta, cuius capita fuerunt M. Brutus et C. Cassius et ex Caesaris partibus Dec. Brutus et C. Trebonius, in Pompei curia occisus est XXIII vulneribus occupatumque ab interfectoribus eius Capitolium. Oblivione deinde caedis eius a senatu decreta, obsidibus Antoni et Lepidi de liberis acceptis coniurati a Capitolio descenderunt. Testamento Caesaris heres ex parte dimidia institutus est C. Octavius, sororis nepos, et in nomen adoptatus est. Caesaris corpus cum in campum Martium ferretur, a plebe ante rostra crematum est. Dictaturae honos in perpetuum sublatus est. 20. CIL, I2 2972 (Minturnae, 44-42 a.C.) Deivo Iulio / iussu populi Romani / e lege Rufrena Dalla morte di Cesare ad Azio: coordinate cronologiche 43 a.C.: guerra di Modena; agosto: Ottaviano eletto console; novembre, costituzione del
secondo triumvirato (lex Titia); cesaricidi dichiarati nemici pubblici (lex Pedia); uccisione di Cicerone
42 a.C.: battaglia di Filippi 41-40: guerra di Perugia 40 a.C.: trattato di Brindisi 39 a.C.: accordo di Capo Miseno 38 a.C.: Ottaviano sposa Livia 37 a.C.: trattato di Taranto, rinnovo del triumvirato 36 a.C. settembre, vittoria navale su Sesto Pompeo a Nauloco; Ottaviano investito della
sacrosanctitas tribunizia 33 a.C. secondo consolato di Ottaviano 32 a.C. giuramento dell’Italia e delle province occidentali 31 a.C. terzo consolato di Ottaviano; battaglia di Azio (2 settembre) 30 a.C. quarto consolato di Ottaviano; guerra alessandrina (1 agosto, presa di Alessandria);
morte di Antonio e Cleopatra 29 a.C. quinto consolato di Ottaviano; triplice trionfo (vittoria su Dalmati e Pannoni, vittorie
sul mare, conquista dell’Egitto) 21. CIL, VI 40899 = ILLRP 419 (Roma) A. Hirtius / A.f. 22. App., Bell. Civ., 4, 2-3 Prese posto per primo, al centro, Cesare, in virtù della sua carica di console. L’incontro durò due giorni, dall’alba al tramonto, e queste furono le decisioni assunte: Cesare deponeva il consolato a favore di Ventidio (Basso) che l’avrebbe sostituito per il resto dell’anno; per ricostruire lo stato e farlo uscire dalle guerre civili si istituiva una magistratura con potere analogo a quello dei consoli, da attribuire per cinque anni a Lepido, Antonio e Cesare. Fu stabilito di introdurre questa nuova titolatura, invece del termine dittatura, forse per rispetto della legge di Antonio che vietava che continuasse ad esistere un dittatore. I triumviri dovevano subito nominare i magistrati annuali della città per i cinque anni successivi e ripartirsi gli incarichi in provincia: Antonio assumeva il governo dell’intera Gallia a esclusione della zona vicina ai Pirenei, denominata Gallia antica; di questa e della contigua Spagna assumeva il governo Lepido; a Cesare toccavano l’Africa, la Sardegna, la Sicilia e tutte le isole vicine. In tal modo i tre si divisero l’impero di Roma, rimandando nel tempo soltanto l’assegnazione delle
zone al di là dell’Adriatico su cui esercitavano ancora il loro potere Bruto e Cassio; però stabilirono che Antonio e Cesare muovessero loro guerra. [Antologia delle fonti, I.2.20, T104] 23. Cass. Dio, XLVIII, 13, 6 Gli abitanti di Nursia vennero ad un accordo per non subire danni; ma poiché, quando si trovarono a seppellire quanti erano caduti in battaglia contro Ottaviano, posero sulle loro tombe l’iscrizione che essi erano morti lottando per la libertà, essi furono condannati a pagare una penale così alta da essere costretti ad abbandonare la città e tutto il territorio circostante 24. AE 1996, 534; cfr. S. Panciera, Epigrafi, epigrafia, epigrafisti, Roma 2006, pp. 965-976 (Nursia, 42-41 a.C.) [Colonia Concor]dia Ant(onia) Ult[rix Nursia] / [--- i]n quo oper[e ---] 25. CIL, XI 6721, 13 = ILLRP 1111 = L. Benedetti, Glandes Perusinae. Revisione e aggiornamenti, Roma 2012, p. 74, nr. 33 (Perusia, 41-40 a.C.) L(uci) Antoni, calve / peristi; //C(ai) Caesarus / victoria 26. ILLRP 418 (Tergeste, 33 a.C.) [Imp(erator) Caesar] co(n)s(ul) desig(natus) tert(ium), / [IIIvir r(ei) p(ublicae)] c(onstituendae) iter(um), / murum turresque fecit. 27. Res gestae Divi Augusti, 25, 1-2 (1) Mare pacavi a praedonib[u]s. Eo bello servorum, qui fugerant a dominis suis et arma contra rem publicam ceperant, triginta fere millia capta dominis ad supplicium sumendum tradidi. (2) Iuravit in mea verba tota Italia sponte sua et me be[lli] quo vici ad Actium, ducem depoposcit. Iuraverunt in eadem ver[ba provi]nciae Galliae Hispaniae Africa Sicilia Sardinia Cfr. 27, 3: …et antea Siciliam et Sardiniam occupatas bello servili reciperavi. 28. AE 1937 = AE 1977, 778 = AE 1992, 1534 = AE 1999, 1448 (Nicopolis, Epiro) [Nep]tuno [et Ma]rt[i Imp(erator) Caesa]r Div[i Iuli] f(ilius) vict[oriam ma]rit[imam consecutus bell]o quod pro [re pu]blic[a] ges[si]t in hac region[e c]astra [ex] quibu[s ad hostem in]seq[uendum egr]essu[s est spoli]is [ornat]a [dedicavit cons]ul [quintum i]mperat[or se]ptimum pace [---] parta terra [marique]
L’età augustea: alcuni riferimenti cronologici 31 a.C. battaglia di Azio 31-23 a.C. Ottaviano nominato console ogni anno 30 a.C. resa di Alessandria, suicidio di Antonio e Cleopatra 29 a.C. chiusura delle porte del tempio di Ianus (11 genn.); triplice trionfo di Ottaviano (13-
15 agosto) 28 a.C. sesto consolato di Ottaviano, insieme ad Agrippa cos. iterum; censimento e lectio
senatus; dedica del tempio di Apollo sul Palatino (9 ottobre) 27 a.C. Agrippa cos. tertium; poteri di governo attribuiti ad Ottaviano su diverse province per
10 anni (13 genn.); conferimento del titolo di Augustus (16 genn.) 26 a.C. Messalla Corvino primo praefectus Urbi; suicidio di Cornelio Gallo, primo
praefectus Alexandreae et Aegypti 26-24 a.C. campagna di Augusto in Spagna 25 a.C. seconda chiusura del tempio di Ianus; Marcello (figlio di Ottavia) sposa Giulia (figlia
di Augusto) 23 a.C. Augusto rinuncia al consolato; conferimento della tribunizia potestas a vita (giugno);
morte di Marcello 22-19 a.C. Augusto in Oriente 22 a.C. Augusto accetta la cura annonae; Agrippa sposa Giulia 20 a.C. Tiberio in Oriente, restituzione delle insegne romane perdute a Carre 18-17 a.C. leges Iuliae; istituzione dei praefecti frumenti dandi (18 a.C.) 17 a.C. adozione di Gaio e Lucio Cesare da parte di Augusto; ludi saeculares (maggio-
giugno) 16-13 a.C. Augusto in Gallia; campagne alpine di Tiberio e Druso; sottomissione di Norico,
Rezia e Vindelicia; nascita di Germanico (15 a.C.) 14 a.C. nascita di Agrippina (maggiore) 13 a.C. primo consolato di Tiberio; il senato delibera la costruzione dell’ara Pacis 12 a.C. Augusto pontefice massimo; morte di Agrippa 11 a.C. Tiberio sposa Giulia 12-9 a.C. campagna di Druso in Germania e di Tiberio in Pannonia 9 a.C. dedica dell’ara Pacis (30 genn.); morte di Druso 8 a.C. morte di Orazio e di Mecenate 6 a.C. Tiberio riceve al potestà tribunizia per cinque anni, ma si ritira a Rodi 4 a.C. Gaio Cesare console 2 a.C.: Augusto console per la tredicesima volta; Pater patriae (2 febbr.); inaugurazione del
foro di Augusto e del tempio di Marte Ultore (12 maggio); esilio di Giulia a Ventotene
2 d.C. morte di Lucio Cesare (a Marsiglia); rientro di Tiberio da Rodi 4 d.C. morte di Gaio Cesare (Licia); adozione di Tiberio da parte di Augusto; Tiberio riceve
la potestà tribunizia per 10 anni 5 d.C. campagna di Tiberio in Germania; lex Valeria Cornelia 6 d.C. istituzione dell’aerarium militare; istituzione del corpo dei vigiles (e del praefectus
vigilum) 6-9 d.C. rivolta in Illirico e Pannonia 9 d.C. esilio di Giulia minore; sconfitta di Teutoburgo 12 d.C. trionfo pannonico di Tiberio 13 d.C. rinnovo della tribunicia potestas di Tiberio 14 d.C. morte di Augusto a Nola (19 agosto); divinizzazione di Augusto (17 sett.); Tiberio
riconosciuto suo successore
La “restaurazione” della Repubblica e i poteri di Augusto
29. Tac., Hist., I, 1-2 Initium mihi operis Servius Galba iterum Titus Vinius consules erunt. Post conditam urbem octingentos et viginti prioris aevi annos multi auctores rettulerunt, dum res populi Romani memorabantur pari eloquentia ac libertate: postquam bellatum apud Actium atque omnem potentiam ad unum conferri pacis interfuit, magna illa ingenia cessere; simul veritas pluribus modis infracta, primum inscitia rei publicae ut alienae, mox libidine adsentandi aut cursus odio adversus dominantes…
Inizierò la mia opera dall’anno in cui erano consoli Servio Galba, per la seconda volta, e Tito Vinio (genn. 69 d.C.). Molti autori hanno narrato i precedenti ottocentoventi anni intercorsi dalla fondazione della città, quando le vicende del popolo romano venivano ricordate con eloquenza pari alla libertà: dopo la battaglia di Azio, fu invece necessario, per il bene della pace, attribuire tutto il potere a un uomo solo, allora vennero meno anche i grandi talenti letterari. E allora la verità fu offesa in vari modi: prima di tutto per ignoranza degli avvenimenti pubblici, come se fossero sentiti ormai estranei, e poi anche per desiderio smodato di adulazione, o al contrario per odio verso chi comandava. [Antologia delle fonti, II.2.1.1, T4] 30. Tac., Ann., III, 28,2 Sexto demum consulatu Caesar Augustus, potentiae securus, quae triumviratu iusserat abolevit deditque iura, quis pace et principe uteremur. Nel suo sesto consolato (28 a.C.), infine, Cesare Augusto, sicuro del suo potere, abolì le disposizioni emanate durante il triumvirato e diede norme da utilizzare in pace e sotto un principe. [Antologia delle fonti, II.I,1.1, T2]
31. J.W. Rich – J.H.C. Williams, in The Numismatic Chronicle, 159, 1999, pp. 169-213 (aureus acquistato dal British Museum); cfr. D. Mantovani, in Athenaeum, 96,1, 2008, pp. 5-54; A. Dalla Rosa, in Viri militares, Trieste 2015, pp. 171-200
Recto: ((testa di Ottaviano coronata d’alloro)): Imp(erator) Caesar Divi f(ilius) co(n)s(ul) VI Verso: ((Ottaviano togato, seduto su sella curulis, con un volumen nella destra)): Leges et iura p(opul-) Roman(-) restituit [Antologia delle fonti, II.I.1.1, T3] 32. Aug., Res gestae divi Augusti, cap. 34 In consulatu sexto et septimo, postquam bella civilia exstinxeram, per consensum universorum potens rerum omnium, rem publicam ex mea potestate in senatus populique Romani arbitrium transtuli. Quo pro merito meo senatus consulto Augustus appellatus sum et laureis postes aedium mearum vestiti publice coronaque civica super ianuam meam fixa est et clupeus aureus in curia Iulia positus, quem mihi senatum populumque Romanum dare virtutis clementiaeque et iustitiae et pietatis caussa testatum est per eius clupei inscriptionem. Post id tempus auctoritate omnibus praestiti, potestatis autem nihilo amplius habui quam ceteri qui mihi quoque in magistratu conlegae fuerunt. Durante il mio sesto e settimo consolato [28-27 a.C.], dopo aver posto termine alle guerre civili, avendo il potere su tutto per consenso universale, rimisi la repubblica dalla mia potestà al controllo del senato e del popolo romano. Per questo mio merito, fui chiamato Augusto dietro parere del senato e, per pubblica decisione, lo stipite della mia casa fu ornato di alloro e sopra la mia porta fu appesa una corona civica; nella curia Giulia fu posto uno scudo d’oro, la cui iscrizione attestava che il senato e il popolo di Roma me lo concedevano in riconoscimento del mio valore, della mia clemenza, della mia giustizia e della mia devozione. Da quel momento fui superiore a tutti per autorevolezza, ma non ebbi maggior potere degli altri che mi furono colleghi in ogni magistratura [Antologia delle fonti, II.I.1.1, T4] Res gestae divi Augusti, cap. 25,2 (coniuratio Italiae)
Iuravit in mea verba tota Italia sponte sua (32 a.C.) et me be[lli], quo vici ad Actium ducem deposcit. Iuraverunt in eadem ver[ba provi]nciae Gallliae Hispaniae Africa Sicilia Sardinia 33. Inscr. It., XIII,2, pp. 113 e 396 ss. (A. Degrassi); cfr. E. Todisco, in Epigrafia e territorio. Politica e società, VIII, Bari 2007, pp. 341-358 (Fasti Praenestini, 13 gennaio)
a) Corona querc[ea, uti super ianuam domus Imp(eratoris) Caesaris] / Augusti poner[etur, senatus decrevit, quod rem publicam] / p(opulo) R(omano) rest[it]u[it] (integrazioni Mommsen/Degrassi 1963)
b) Corona querc[ea a senatu, uti super ianuam Imp(eratoris) Caesaris / Augusti poner[etur, decreta quod cives servavit, re publica] / p(opuli) R(omani) rest[itut]a (integrazioni Todisco 2007)
c) Corona querc[ea, uti super ianuam domus Imp(eratoris) Caesaris] / Augusti poner[etur, senatus decrevit, quod iura] / p(opuli) R(omani) rest[it]u[it] (integrazioni Scheid 2007)
34. Suet., Aug., 27,5 (23 a.C.) Tribuniciam potestatem perpetuam recepit, in qua semel atque iterum per singula lustra collegam sibi cooptavit. Recepit et morum legumque regimen aeque perpetuum, quo iure, quamquam sine censurae honore, censum tamen populi ter egit; primum ac tertium cum collega, medium solus. Ottenne la potestà tribunizia a vita, in cui due volte si associò un collega per cinque anni rispettivamente. Ottenne anche il controllo dei costumi e delle leggi, sempre a vita. In virtù di tale potere, pur non essendo censore, fece tre volte il censimento della popolazione, la prima (28 a.C.) e la terza (14 d.C.) con un collega, la seconda da solo (8 a.C.). [Antologia delle fonti, II.I.1.1, T6] 35. Cass. Dio, LIII, 33, 5-6 (23 a.C.) Il senato decretò ad Augusto il tribunato a vita e gli concesse l’autorità di portare davanti a qualsiasi seduta senatoria qualunque questione egli desiderasse, anche quando non fosse in carica come console; inoltre gli permise di assumere l’imperium proconsulare a vita, di modo che non dovesse deporlo ogni volta che entrava nel pomerio per poi riassumerlo nuovamente, ed infine gli attribuì anche un potere sulle province superiore a quello dei magistrati ordinari di stanza in quelle regioni. Dal quel momento in poi, sia Augusto, sia gli imperatori che gli succedettero godettero, per una sorta di autorità garantita dalla legge, di esercitare il potere tribunizio insieme agli altri poteri: infatti il titolo di tribuno in sé non venne assunto né da Augusto, né da nessun altro imperatore. [Antologia delle fonti, II.I.1.1, T5] 36. Res gestae divi Augusti, capp. 5-6 [5] Dictaturam et apsenti et praesenti mihi delatam et a populo et a senatu, M. Marcello et L. Arruntio consulibus [22 a.C.] non accepi. Non recusavi in summa frumenti penuria curationem annonae, quam ita administravi, ut intra paucos dies metu et periclo praesenti populum universum liberarem impensa et cura mea. Consulatum quoque tum annuum et perpetuum mihi delatum non recepi. [6] Consulibus M. Vinicio et Q. Lucretio [19 a.C.] et postea P. Lentulo et Cn. Lentulo [18 a.C.] et tertium Paullo Fabio Maximo et Q. Tuberone [11 a.C.] senatu populoque Romano consentientibus ut curator legum et morum summa potestate solus crearer, nullum magistratum contra morem maiorum delatum recepi. Quae tum per me geri senatus voluit, per tribuniciam potestatem perfeci, cuius potestatis conlegam et ipse ultro quinquiens a senatu depoposci et accepi. [Antologia delle fonti, II.I.1.1, T9-T10] Indicazioni bibliografiche A. Fraschetti, Augusto, Roma – Bari 1998 W. Eck, Augusto e il suo tempo, Bologna 2000 L. Canfora, Augusto figlio di Dio, Roma – Bari 2015 A. Marcone, Augusto, Roma 2015
Res gestae divi Augusti (edizioni e traduzioni) Res gestae divi Augusti, texte établi et traduit par J. Scheid, Paris 2007 Res gestae divi Augusti, text, translation and commentary by A. Cooley, Cambridge 2009 Augusto, Res Gestae. I miei atti, a cura di P. Arena, Bari 2014 (praescriptio) Rerum gestarum divi Augusti, quibus orbem terra[rum] imperio populi Rom(ani) subirci, et impensarum, quas in rem publicam populumque Romanum fecit, incisarum in duabus ahenei pilis, quae su[n]t Romae positae, exemplar sub[i]ectum. Ordine contenutistico: 1) honores (capp. 1-14); 2) impensae (capp. 15-24); 3) res gestae (capp. 25-33) Copie note: volumen allegato al testamento di Augusto (intitolato Index rerum a se gestarum: Suet., Aug., 101,4); tavole bronzee da collocare davanti al Mausoleo di Augusto (su due stele ai lati della porta di entrata); Ankara (tempio di Augusto e Roma: copia in lingua latina e traduzione in greco); Antiochia di Pisidia (frammenti di copia in latino); Apollonia di Pisidia (frammenti della traduzione greca); Sardi (frammento della traduzione greca)
39. Tessera Paemeiobrigenis (F. Costabile, O. Licandro, Tessera Paemeiobrigensis. Un nuovo editto di Augusto dalla “Transduriana provincia” e l’imperium proconsolare del princeps, Roma 2000)
Imp(erator) Caesar diui filius) Aug(ustus) trib(unicia) pot(estate) VIIII et proco(n)s(ul) dicit:
Castellanos Paemeiobrigenses ex gente Susarrorum desciscentibus
5 ceteris permanisse in officio cog- noui ex omnibus legatis meis, qui Transdurianae prouinciae prae- fuerunt, itaque eos uniuersos im-
munitate perpetua dono; quosq(ue) 10 agros et quibus finibus possede-
runt Lucio Sestio Quirinale leg(ato) meo eam prouinciam optinente{m} eos agros sine controuersia possi-
dere iubeo. 15 Castellanis Paemeiobrigensibus ex
gente Susarrorum, quibus ante ea<m> immunitatem omnium rerum dede-
ram, eorum loco restituo castellanos Allobrigiaecinos ex gente Gigurro-
20 rum uolente ipsa ciuitate, eosque castellanos Allobrigiaecinos om-
ni munere fungi iubeo cum Susarris.
Actum Narbone Martio, 25 XVI et XV K(alendas) Martias, M(arco) Druso Li-
bone Lucio (Calpurnio Pisone co(n)s(ulibus).
L'Imperatore Cesare Augusto figlio del Divino, nel nono anno della potestà tribunizia ed essendo proconsole, dice: “Ho appreso da tutti i miei legati, che hanno governato la provincia Transduriana, che gli abitanti del castellum di Paemeióbriga, appartenenti alla gens dei Susarri, mentre gli altri si ribellavano, hanno perseverato nel loro dovere. Pertanto concedo a tutti loro l'esenzione perpetua (dai tributi) ed ordino, per tramite di Lucio Sestio Quirinale, mio legato reggente di quella provincia, che ciascun territorio e secondo i confini entro cui lo hanno posseduto, quel territorio lo posseggano senza contestazione alcuna. Per tramite degli abitanti del castellum di Paemeióbriga, appartenenti alla gens dei Susarri, ai quali ho prima dato quell'esenzione da tutti i tributi, integro (= sostituisco) nella loro posizione (contributiva) gli abitanti del castellum di Allobrigiaecium. Appartenenti alla gens dei Gigurri, visto che lo vuole la stessa comunità (degli Allobrigiaecini), ed ordino che quegli abitanti del castellum di Allobrigiaecium adempiano ad ogni obbligo contributivo insieme ai Susarri”. Redatto a Narbo Martius, il XVI e XV giorno prima delle Kalende di marzo, sotto il consolato di M. Druso Libone e Lucio Calpurnio Pisone (14 e 15 febbraio 15 a.C.)
[Antologia delle fonti, II.I.1, T8]
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