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Dott. PhD GIOVANNI TILOCCA – Geologo - N° 224 Ordine dei Geologi della Sardegna Dottore di Ricerca in Scienze della Terra CF: TLC GNN58 M17B354S 07100 Sassari - Via C. Floris, 2 PI: 01819860907 cell.: 3476841401- fax 079 –4361649 Pag. 1 di 66
Comune di Santa Teresa Gallura (SS) - Adeguamento PUC al PAI Studio di compatibilità geologica e geotecnica
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STUDIO DI COMPATIBILITÀ GEOLOGICA E GEOTECNICA
PREMESSA Studio di compatibilità geologica e geotecnica (SCGG) e studio di compatibilità idraulica sono prescritti
dall’Art. 8 comma 2 delle Norme di Attuazione (NdA) del Piano di Assetto Idrogeologico della Sardegna
(P.A.I.), indipendentemente dall’esistenza di aree perimetrate dal PAI, in sede di adozione di nuovi
strumenti urbanistici anche di livello attuativo e di varianti generali agli strumenti urbanistici vigenti. In
questi casi, la noorma dispone che i Comuni assumano e valutino le indicazioni di detti studi,
appositamente predisposti in osservanza degli articoli 24 e 25 delle stesse Norme, riferiti a tutto il
territorio comunale o alle sole aree interessate dagli atti proposti all’adozione.
lI presente elaborato, riferisce dello studio condotto sull’intero territorio di Santa Teresa Gallura nel
corso del 2012, integrato da varie esperienze di lavoro precedenti. Attraverso le due relazioni, quella
geologica e quella geotecnica, prescritte dall’Allegato F delle NdA PAI, fra loro reciprocamente coerenti,
lo scrivente ha il compito di riscontrare prima e, nel qual caso, poi dimostrare, nei termini precisati più
avanti, la compatibilità geologica e geotecnica della proposta di nuovo P.U.C., con le previsioni del P.A.I.. Al di là dei contenuti normalmente previsti per le due relazioni ai sensi di legge, è evidente
che la peculiarità dello Studio debba vertere soprattutto, su quanto attiene alla pericolosità geomorfologica del territorio, con riferimento alle attuali condizioni ex ante ed a quelle ex post. Per tale
ragione in sede di elaborato geotecnico si procederà anche ad opportune verifiche di stabilità su
luoghi/versanti presi a campione (che, cioè costituiscano sintesi di problematiche rilevabili) per tentare
di quantificare sul piano geotecnico la eventuale pericolosità di frana o di dimostrarne l’assenza.
La caratterizzazione degli aspetti geomorfologici del territorio, comprendenti quelli idrogeomorfologici e
più in generale le dinamiche erosive, costituiscono, pertanto, l’ambito tematico sul quale prevarranno
attenzione e discussione nel corso della stesura dell’intero elaborato. Lo studio termina, quindi, con uno
specifico giudizio (o verifica) di compatibilità delle previsioni e degli indirizzi del Piano comunale.
RELAZIONE GEOLOGICA
1. INTRODUZIONE: OBIETTIVI E CONTENUTI DELLA RELAZIONE La presente Relazione Geologica si rende necessaria nell’ambito della documentazione richiesta dal
Comune di Santa Teresa Gallura (OT) per soddisfare le procedure istruttorie in capo all’Agenzia del Distretto Idrografico della R.A.S. nell’ambito del nuovo Piano Urbanistico Comunale (Fig. 1).
Essa, allo scopo, costituisce parte integrante dello Studio di compatibilità geologica e geotecnica
richiesto ai sensi del comma 2 dell’art. 8 delle NdA P.A.I.- R.A.S..
Ai sensi dell’Art. 25 delle NdA del P.A.I., lo Studio di compatibilità geologica e geotecnica, fra le altre cose:
valuta il progetto con riferimento alla finalità, agli effetti ambientali;
analizza le relazioni tra le trasformazioni del territorio derivanti dalla realizzazione dell’intervento proposto e le condizioni dei dissesti attivi o potenziali dell’area interessata;
verifica e dimostra la coerenza del progetto con le previsioni e le norme del P.A.I.;
Dott. PhD GIOVANNI TILOCCA – Geologo - N° 224 Ordine dei Geologi della Sardegna Dottore di Ricerca in Scienze della Terra CF: TLC GNN58 M17B354S 07100 Sassari - Via C. Floris, 2 PI: 01819860907 cell.: 3476841401- fax 079 –4361649 Pag. 2 di 66
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prevede adeguate misure di mitigazione e compensazione all’eventuale incremento del pericolo e del rischio sostenibile associato agli interventi in progetto.
Ai sensi dell’Allegato F delle NdA del P.A.I., lo Studio di compatibilità geologica e geotecnica deve
ricomprendere la relazione geologica e la relazione geotecnica sull’intervento (in questo caso: il
Piano) proposto, rispetto al quale, inoltre, la compatibilità stessa:
a) è verificata in funzione dei dissesti in atto o potenziali che definiscono la pericolosità dell’area interessata in relazione alle destinazioni e alle trasformazioni d’uso del suolo collegate alla realizzazione dell’intervento stesso;
b) è valutata anche in base agli effetti sull'ambiente, tenendo conto della dinamica evolutiva dei dissesti
che interessano il contesto territoriale coinvolto in funzione delle condizioni al contorno.
La relazione presente espone la sintesi dello Studio Geologico, così come definito dalle Istruzioni per
l’applicazione delle Norme Tecniche1 per le costruzioni, di cui al D.M. 14-01-2008. Quest’ultimo, riconoscendo l’obbligo della Relazione Geologica per tutte le opere (quindi non solo quelle di cui alle sezioni E, F, G, H, I, L, M e O del D.M. 11-3-19882), indipendentemente dalle varie situazioni di vincolo
territoriale o ambientale introduce il concetto di Modello Geologico del sito che consiste nella
ricostruzione dei caratteri litologici, stratigrafici, strutturali, idrogeologici, geomorfologici e, più in
generale, di pericolosità geologica del territorio. In funzione del tipo di opera o di intervento e della
complessità del contesto geologico, specifiche indagini saranno finalizzate alla documentata
ricostruzione del modello geologico. Esso deve essere sviluppato in modo da costituire utile elemento di
riferimento per il progettista per inquadrare i problemi geotecnici e per definire il programma delle
indagini geotecniche.
Stante la concettualizzazione sopra riportata, la Relazione Geologica (coerentemente con quella
Geotecnica), ha il compito di verificare, nei termini sopra precisati, la compatibilità geologica (e
1 deve essere esteso ad una zona significativamente estesa, in relazione al tipo di opera e al contesto geologico in cui questa si
colloca. I metodi e le tecniche di studio, l’approfondimento e il dettaglio delle analisi e delle indagini devono essere commisurati alla complessità geologica del sito, alle finalità progettuali e alle peculiarità dello scenario territoriale ed ambientale in cui si opera. La studio geologico deve definire, con preciso riferimento al progetto, i lineamenti geomorfologici della zona nonché gli eventuali processi morfologici ed i dissesti in atto o potenziali e la loro tendenza evolutiva, la successione litostratigrafica locale, con la descrizione della natura e della distribuzione spaziale dei litotipi, del loro stato di alterazione e fratturazione e della loro degradabilità; inoltre, deve illustrare i caratteri geostrutturali generali, la geometria e le caratteristiche delle superfici di discontinuità e fornire lo schema della circolazione idrica superficiale e sotterranea. Il piano delle indagini specifiche sui terreni e sulle rocce nel sito di interesse deve essere definito ed attuato sulla base dell’inquadramento geologico della zona e in funzione dei dati che è necessario acquisire per pervenire ad una ricostruzione geologica di dettaglio che possa risultare adeguata ed utile per la caratterizzazione e la modellazione geotecnica del sottosuolo. Nella descrizione dei caratteri geologici del sito devono essere definite le caratteristiche intrinseche delle singole unità litologiche (terreni o rocce) con particolare riguardo ad eventuali disomogeneità, discontinuità, stati di alterazione e fattori che possano indurre anisotropia delle proprietà fisiche dei materiali. Nelle unità litologiche costituite da alternanze di materiali diversi devono essere descritte le caratteristiche dei singoli litotipi e quantificati gli spessori e la successione delle alternanze. Alla scala dell’ammasso roccioso, che in molti casi è costituito dall’insieme di più unità litologiche, devono essere evidenziate le differenze di caratteristiche fra le diverse unità e devono essere descritte in dettaglio le discontinuità, quali contatti stratigrafici e/o tettonici, piani di stratificazione, fratture, faglie con relativa fascia di frizione, cavità per dissoluzione. La Relazione Geologica sarà corredata da elaborati grafici (carte e sezioni geologiche, planimetrie e profili per rappresentare in dettaglio aspetti significativi o specifici tematismi, ecc) in scala adeguata al dettaglio degli studi eseguiti e dalla documentazione delle indagini appositamente effettuate e di quelle derivate dalla letteratura tecnico-scientifica o da precedenti lavori. I risultati delle indagini e degli studi effettuati devono essere esposti in modo esteso ed esauriente e commentati con riferimento al quadro geologico generale della zona presa in considerazione,sottolineando eventuali incertezze nella ricostruzione geologica che possano risultare significative ai fini dello sviluppo del progetto. 2 Rispettivamente: E: Manufatti di materiali sciolti; F:Gallerie e manufatti sotterranei; G:Stabilità dei pendii naturali e dei fronti di
scavo; H:Fattibilità geotecnica di opere su grandi aree; I:Discariche e colmate; L:Emungimenti da falde idriche; M:Consolidamento dei terreni; O: Ancoraggi.
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geotecnica) del Piano Urbanistico, con le previsioni del P.A.I.. Il presente elaborato verte pertanto
sull’analisi geologica latu sensu del Piano. In ordine ai contenuti previsti dalle NdA per lo SCGG, è
evidente che l’oggetto principale dello stesso, debba consistere nell’esame dello strumento di
pianificazione comunale in rapporto alla pericolosità geomorfologica, sia quella effettivamente già
evidenziata dal PAI nel contesto comunale che quella che verrà documentata ai sensi dell’art. 25 delle NdA. Su questo tema pertanto prevarranno le attenzioni tecniche e la discussione nel corso della
stesura dell’intero elaborato. L’analisi geologica latu sensu è qui intesa, infatti, come insieme degli
approfondimenti e delle verifiche di ordine qualitativo e quantitativo, delle problematiche geolitologiche,
idrogeologiche, geomorfologiche, sedimentologiche e geologico applicative, inerenti i luoghi e, in
rapporto con essi, sugli interventi urbanistici previsti e prevedibili.
In sintesi, la relazione affronterà i seguenti aspetti:
A) L’elaborazione del Modello Geologico; B) La definizione delle criticità geomorfologiche, comprendenti quelle eventualmente in essere
nello stato di fatto (SdF) e quelle che le scelte di piano determineranno o potranno determinare,
sulle varie superfici di intervento;
C) La eventuale definizione degli interventi di mitigazione delle criticità ai sensi del PAI, laddove il
piano preveda interventi in aree di pericolo.
Nell’ambito del punto B di cui sopra, saranno distinte le problematiche idro-geomorfologiche da quelle
più “canonicamente” geomorfologiche, ferma restando la loro convergenza nell’ambito dei fenomeni
erosivi e dei dissesti superficiali che sempre più vengono reperiti. ad esempio, in aree di versante
disseminate di cantieri, spesso nei compendi d’insediamento turistico
Si sottolinea a questo riguardo che:,
l’espressione Pericolosità da frana verrà utilizzata solo e se ne saranno individuate le
condizioni e, in ogni caso, con netta distinzione dall’espressione Pericolosità geomorfologica; l’espressione Pericolosità geomorfologica verrà privilegiata nel corso della stesura testuale;
nelle conclusioni potrà farsi uso dell’espressione Pericolosità Idrogeologica, alla luce di
eventuali particolarità dei contenuti inseriti.
2. MATERIALI E METODI L’indagine si è basata sulle tre seguenti fasi tecniche: Raccolta d’informazioni bibliografiche, ivi compresi dati ed elaborati reperibili sia presso
l’Amministrazione Comunale (Lavori Pubblici), da fonti private o in disponibilità dello scrivente.
Ricognizioni sul posto tese ad accertare ed interpretare:
a) la natura dei luoghi e la localizzazione del sito d’intervento in rapporto alle principali opere di urbanizzazione,
b) lo sviluppo nello spazio delle formazioni geologiche e degli specifici termini litologici,
c) la loro variabilità verticale e laterale,
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Fig. 1- Inquadramento corografico del territorio di Santa Teresa Gallura (Inviluppo stralci ridotti F°411 –Santa Teresa di Gallura e F°427-Luogosanto originariamente in scala 1:50.000)
d) la natura e la geometria dei rapporti stratigrafici, ove decifrabili e/o leggibili al di sotto o in
corrispondenza delle opere di urbanizzazione ed il loro inquadramento a scala minore nel
contesto di area,
e) i principali elementi litotecnici dei terreni di fondazione,
f) lo stato delle alterazioni chimico-mineralogiche dei materiali costituenti il sostrato di fondazione
degli edifici,
g) lo stato, la geometria, l’origine e le tendenze evolutive delle eventuali deformazioni meccaniche
riscontrabili sugli ammassi,
h) le eventuali dinamiche evolutive del versante, ivi comprese quelle di origine antropica;
Analisi geologica da foto aeree.
Nel corso delle svariate ricognizioni svolte nel corso dei vari studi condotti sul territorio sono state
assunte specifiche misure geotecniche speditive (Test Penetrometro Tascabile; Martello di Schmidt) ai
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fini della caratterizzazione geomeccanica speditiva ,a partire dalla valutazione della Resistenza alla
compressione uniassiale (cfr. Relazione Geotecnica-Prove sclerometriche).
Sono state altresì sfruttate le informazioni geologiche, geomorfologiche, geognostiche e geotecniche e
le conclusioni di precedenti indagini curate dallo scrivente per
Interventi di consolidamento sulla falesia retrostante la spiaggia di Rena Bianca e di sistemazione
idraulica del Riu Lucianeddi (2008),
Piano di lottizzazione del comparto C3.6.2 in località Porto Pozzo (2012),
Lavori di ripristino viabilità di collegamento “La Filetta-Porto Quadro” (2013).
La documentazione cartografica allegata al presente Studio è redatta secondo le indicazioni tecniche
contenute nelle Linee Guida PAI-RAS (2005) e nelle Linee Guida per l’adeguamento del P.U.C. al P.P.R. e al P.A.I. (Riordino delle conoscenze- assetto ambientale), del Luglio 2008, ivi comprese quelle
per il trattamento dei dati e le elaborazioni G.I.S.
3. FONTI BIBLIOGRAFICHE E CARTOGRAFICHE CONSULTATE Sono state consultate le seguenti fonti bibliografiche principali:
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Descrittive Carta Geologica d’Italia Vol. LX, pp.283. [10] Charrier G. (1958): Gli scisti cristallini della Sardegna settentrionale- studio geologico e
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[43] Tilocca (2008): Studio di compatibilità geologica e geotecnica relativa al progetto “Interventi di
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3.1 RICERCA CARTOGRAFICA
Si è stabilito di assumere informazioni d’ordine topografico e geotematico che supportassero l’indagine e che consentissero, fra le altre cose, confronti territoriali diacronici.
Ciò ha condotto alla consultazione e/o all’acquisizione delle seguenti cartografie (in formato cartaceo o digitale):
■ A.P.A.T. - R.A.S. (2005): I.F.F.I. (Inventario dei Fenomeni Franosi in Italia)-Regione Sardegna. DVD
+ brochure pp.38.
■ Archivio di Stato di Sassari (1849): Cessato Catasto De Candia. Tav. in scala 1:25.000.
■ Archivio di Stato di Sassari (1849): Serie Terreni.
■ Dore M., Tilocca G., Deroma M. (2001): Carta inventario dei fenomeni franosi e Alluvionali nella
Provincia di Sassari in scala 1:170.000. Dipartimento d’Ingegneria del Territorio-Facoltà di Agraria,
Università di Sassari.
■ Madrau S., Deroma M., Baldaccini P., Carboni M. (2001): Carta Ecopedologica della Sardegna in
scala 1:250.000. D.I.T. – Università Sassari.
■ P.A.I.-R.A.S. (2005): Piano di Assetto Idrogeologico-Sub-Bacino 4-Liscia (Cartografia Cartografia
degli Hi, Ri, Hg e Rg) - Scala 1:10.000, Norme di Attuazione, Linee Guida e Relazione
generale.Assessorato dei LL. PP. –R.A.S..
■ R.A.S.- Assessorato EE. LL. FF. UU. (1998-2002): Carta Tecnica Regionale in scala 1:10.000.
■ R.A.S.- Assessorato EE. LL. FF. UU. (2006): DB10K-Carta Tecnica Regionale in scala 1:10.000.
■ R.A.S.- Assessorato EE. LL. FF. UU.. (1998-2002): Carta dell’Uso del Suolo in scala 1:25.000. Corine Land Cover.
■ R.A.S.- Assessorato degli EE. LL. FF. UU.- R.A.S. (2009): Carta Geologica di base della Sardegna
in scala 1:25.000.
■ Servizio Geologico Nazionale & R.A.S. (1996): Carta Geologica della Sardegna in scala 1:200.000.
L. A. C. – Firenze.
■ Stazione Sperimentale del Sughero-Tempio (1988): Carta Forestale della Sardegna, in scala
1:100.000.
■ Università di Sassari & Cas.Mez. (1979-1980): Atlante idrogeologico della Sardegna in scala
1:100.000. F° 182 Olbia. Progetto speciale n.25. Casilina Stampa Stabilimento Litocartografico-
Roma.
■ De Muro S., Fanzutti G.P. Camin M., (2000): Carta geomorfologica terra-mare del settore compreso
tra Punta Don Diego e la penisola di Coluccia. Sardegna Nord-Orientale, Italia. Scala 1:10.000.
Cagliari.
3.2 RICERCA DOCUMENTARISTICA E ALTRE FONTI TECNICHE
In questo caso, lo scopo è stato quello, in primo luogo, di reperire quante più informazioni possibili su
eventi critici che abbiano riguardato il territorio di Santa Teresa Gallura; in secondo luogo, mettere a
disposizione tutte le restanti fonti tecnico-normative aventi implicazioni sui temi di rilevanza geologica.
Si è pertanto fatto riferimento, specificamente, a:
Dott. PhD GIOVANNI TILOCCA – Geologo - N° 224 Ordine dei Geologi della Sardegna Dottore di Ricerca in Scienze della Terra CF: TLC GNN58 M17B354S 07100 Sassari - Via C. Floris, 2 PI: 01819860907 cell.: 3476841401- fax 079 –4361649 Pag. 9 di 66
Comune di Santa Teresa Gallura (SS) - Adeguamento PUC al PAI Studio di compatibilità geologica e geotecnica
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■ Linee Guida per l’adeguamento del P.U.C. al P.P.R. e al P.A.I. (Riordino delle conoscenze- assetto
ambientale), Luglio 2008.
■ il repertorio A.V.I. (Aree Vulnerate in Italia) del C.N.R.-G.N.D.C.I. (Consiglio Nazionale delle
Ricerche-Gruppo per la Difesa dalle Catastrofi Idrogeologiche).
■ l’archivio dei quotidiani regionali conservato in microfilm presso la Biblioteca Universitaria del
Ministero dei Beni Culturali di Sassari, al fine di acquisire ulteriori informazioni anche su eventi
idrogeologici minori, a partire dagli anni ’20. ■ la consultazione presso il Dipartimento d’Ingegneria del Territorio, presso la facoltà di Agraria
dell’Università di Sassari, del materiale bibliografico storico, ivi giacente.
■ Relazione Geologica e Relazione Geotecnica e integrazioni varie relative al Progetto definitivo-
esecutivo denominato Interventi di consolidamento sulla falesia retrostante la spiaggia di Rena
Bianca e di sistemazione idraulica del Riu Lucianeddi. (a firma del Dott. Geol. G. Tilocca; 2007 e
2008)
■ Relazione Geologica relativa al Progetto esecutivo denominato - Lavori di ripristino viabilità di
collegamento “La Filetta-Porto Quadro” (a firma del Dott. Geol. G. Tilocca; 2013).
■ Relazione Geologica relativa al Progetto di Ampliamento dell’area cantieristica del porto di S.
Teresa (a firma del Dott. Geol. G. Poggi; Progetto esecutivo; 2002).
■ http://kharita.rm.ingv.it/ per l’inquadramento della sismicità del territorio. ■ "Programma speciale SCAI" Unità operativa 2.28 Università degli Studi di Cagliari Dipartimento di
Ingegneria del Territorio Responsabile: Prof. Ing. Giulio Barbieri (1993) - CNR Gruppo Nazionale
per la difesa dalle catastrofi idrogeologiche Linea: previsione e prevenzione di eventi franosi a
grande rischio.
■ AA.VV. (1999-2004): Atlante delle Spiagge della Sardegna. F° 168-La Maddalena. C.N.R.-
M.U.R.S.T- R.A.S..
■ Consorzio di Bonifica della Gallura (2007) - Caratterizzazione granulometrica dell’alveo del Riu Liscia e discussione dei dati analitici. In Progetto definitivo per: Intervento di messa in sicurezza
idraulica del Riu Liscia (a cura di G. Tilocca et al.)
3.3 RICERCA FOTOGRAFICA
■ Ortofoto varie annate in http:// www.sardegnaterritorio/webgis
3.4 ANALISI FOTOGEOLOGICA L’Analisi fotogeologica si è articolata sulla consultazione:
■ delle coperture in formato digitale delle ortofoto b/n e colori fornite dalla R.A.S (1998-2006) sul sito
www.sardegnaterritorio/webgis. (Sardegna foto aeree);
■ delle coperture in formato cartaceo delle foto a colori in scala 1:10.000 (Compagnia Generale delle
Riprese Aeree-Parma-E.R.S.A.T.1977), conservate presso la Facoltà di Agraria di Sassari;
■ della banca dati associata ai siti Google Earth, Sardegna 3D, Atlante Italiano.
■ delle riprese aeree di cui al portale Sardegna 2D della R.A.S..
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4. RIFERIMENTI NORMATIVI E TECNICI 4.1 NORMATIVA TECNICA NAZIONALE La presente relazione viene redatta ai sensi delle seguenti norme nazionali:
Legge 2 febbraio 1964 n. 74 – Provvedimenti per le costruzioni con particolari prescrizioni per le
zone sismiche (art. 1).
D.M. LL.PP. 11 marzo 1988 – Norme Tecniche riguardanti le indagini sui terreni e sulle rocce, sulla
stabilità dei pendii naturali e delle scarpate, i criteri generali e le prescrizioni per la progettazione,
l’esecuzione e il collaudo delle opere di sostegno delle terre e delle opere di fondazione. Circolare LL.PP. 24 settembre1988 n. 30483 – Istruzioni riguardanti le indagini sui terreni e sulle
rocce, sulla stabilità dei pendii naturali e delle scarpate, i criteri generali e le prescrizioni per la
progettazione, l’esecuzione e il collaudo delle opere di sostegno delle terre e delle opere di fondazione.
D.Lgs n. 163/2006
D.P.R. n. 207/2010, - Regolamento di esecuzione ed attuazione del decreto legislativo 12 aprile
2006, n. 163, recante «Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione
delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE»
D.M. 14/01/2008 - Norme Tecniche per le Costruzioni (NTC ‘08). D.M. LL.PP. 12/12/1985 – Norme Tecniche per le Tubazioni (Caratterizzazione geologica e
geotecnica dei terreni interessati dal tracciato delle tubazioni, documentata dai risultati di indagini
da condursi nel rispetto della vigente normativa riguardante le indagini sui terreni e sulle rocce ed i
criteri generali e le prescrizioni per la progettazione l'esecuzione ed il collaudo delle opere di
sostegno delle terre e delle opere di fondazione);
D.M. 161/2012 (Regolamento recante la disciplina dell'utilizzazione delle terre e rocce da scavo)
per il Piano di Utilizzo del materiale da scavo.
D.P.R. n. 207/2010, - Regolamento di esecuzione ed attuazione del decreto legislativo 12 aprile
2006, n. 163, recante «Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione
delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE»
4.2 NORMATIVA REGIONALE 1. Norme di Attuazione del PAI-RAS (2005) e ss.mm.ii..
2. Direttiva per la manutenzione degli alvei e la gestione dei sedimenti in attuazione degli artt. 13 e 15
delle n. d. a. del Piano Stralcio per l’Assetto Idrogeologico della Sardegna (PAI) (con All. 1 e All.
2)3.
3. L.R. n.9/2006.
4. Autorità di Bacino Regionale (2013): Linee guida per la sistemazione e manutenzione dei versanti -
articoli n. 18 e n. 19 delle Norme di Attuazione del Piano Stralcio per l’Assetto Idrogeologico (P.A.I.) della Regione Autonoma della Sardegna. Regione Autonoma della Sardegna, Pagg. 152.
5. Linee Guida del PAI
3 Approvato. dal Comitato Istituzionale dell'Autorità di Bacino della Sardegna con Deliberazione n. 22 del 01.08.2012.
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5. FINALITA’ DEL PIANO Il Piano Urbanistico di Santa Teresa Gallura (OT), è illustrato nelle carte della zonizzazione, a cui si
rimanda per ogni dettaglio.
L’esame generale rivela con una certa chiarezza l’obiettivo di tutela delle aree interne collinari con la
conservazione degli usi agricoli, limitando le Nuove Aree Turistiche F4 al solo Settore SW di San
Pasquale nella Zonizzazione Sud e a n. 7 Nuove Aree Turistiche F nella Zonizzazione Nord: n.1
Capizza di Vacca; n.1 Est di Boncammino; n.1 Stazzo La Testa; n.2 tra Torre Vecchia e La
Ficaccia; n.1 Porto Pozzo lato SW; n.1 limite SW area Urbana Santa Teresa Gallura.
In generale le Zone Omogene E ad Uso Agricolo, prevalgono di gran lunga sulle restanti. Le Zone
Omogenee F per insediamento Turistico sono più importanti per numero ed estensione nella
Zonizzazione Nord, nella quale spiccano per estensione quelle di Ruoni-Capizza di Vacca e di Santa
Reparata. Il Settore fra Monte Bandera e Capo Testa, quello a SW di Torre Vecchia e dell’Isola di
Culuccia, nonché l’area circostante la fonte storica di Boncammino e parte del sistema retrodunale del
Liscia, costituiscono assai condivisibilmente Zone Omogenee H di Salvaguardia Ambientale.
6. LOCALIZZAZIONE
L’area d’indagine è relativa all’intero territorio comunale, ivi comprese le aree più interne e cacuminali
(cfr. Sarra di Pauloni etc.) e quelle costiere, tanto in falesia (cfr. Capo Testa, Rena Bianca) quanto in
spiaggia (Santa Reparata Liscia; Rena Bianca; La Marmorata etc.). Tutti i principali transetti territoriali,
fatta salvo l’isola (Penisola) di Coluccia, sono stati perlustrati de visu, ossia direttamente. L’analisi indiretta complementare tramite foto aeree ha colmato le lacune derivanti da inaccessibilità.
L’indagine ha potuto contare inoltre su precedenti esperienze (cfr. Cap, 2) relative a precedenti studi per
progetti (Rena Bianca e La Filetta) o per Studi di compatibilità e più in generale nel corso di esperienze
dirette e rilievi a partire dal 1998. Una certa taratura dello studio, in particolare per quel che concerne la
perimetrazione del Pericolo Geomorfologico, deriva dall’osservazione delle conseguenze dell’evento intenso del 4/09/2012. 7. INQUADRAMENTO GENERALE Il territorio del Comune di Santa Teresa Gallura costituisce il lembo più settentrionale della Sardegna ed
il più vicino all’isola di Corsica con la cui porzione più meridionale condivide non pochi elementi di
similitudine fisiografica e geomorfologica. Il mare lo circonda su tre lati e, per tale ragione lo sviluppo del
perimetro costiero prevale sulle connessioni lungo la terra emersa. Tuttavia appare del tutto evidente
quanto conti nella fisiografia della costa, in particolare la sua frastagliatezza, la stretta pertinenza di un
ambiente orograficamente collinare ma clivometricamente simile a quello montano e morfologicamente
del tutto condizionato dai sistemi di fratture, originati tanto nell’ambito delle cinematiche di raffreddamento del batolite granitico che ne costituisce l’impalcatura preponderante quanto in quelle
tettoniche delle fasi cinematiche post erciniche.
Il territorio è “centrato” sull’insediamento di Santa Teresa Gallura localizzato in posizione del tutto
eccentrica, a cui si raccordano numerosi insediamenti minori, alcuni con una storia insediativa, altri
totalmente originati nell’ambito delle dinamiche edificatorie legate al turismo balneare e quindi per lo più
ricadenti lungo il periplo costiero. Per tale ragione le parti interne appaiono ancora relativamente intonse
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sia sul piano paesaggistico e comunque a scarsa presenza demografica, quantunque si evidenzino
palesi eccezioni laddove i rilievi guadagnino spazi panoramici da offrire al mercato delle residenze.
Fig. 2- Inquadramento territoriale del comune di Santa Teresa Gallura su Ortofoto
8. MODELLO GEOLOGICO “La modellazione geologica del sito consiste nella ricostruzione dei caratteri litologici, stratigrafici,
strutturali, idrogeologici, geomorfologici e, più in generale, di pericolosità geologica del territorio” (e non del sito di intervento - cfr § 6.2.1 NTC 08). Quindi, poiché “una completa o esaustiva definizione del
modello geologico, tende ad analizzare tutti gli aspetti utili alla caratterizzazione del sito (partendo da un
ambito morfologico più esteso - territorio) ai fini della definizione degli scenari di pericolosità
geologica” (Linee Guida NTC-Gruppo Interregionale Geologi, 2010), si ritiene necessario, di seguito,
fornire un sintetico inquadramento orografico, morfologico e geoidrologico regionale, nel quale sono
compendiate, peraltro, numerose se delle caratteristiche geomorfologiche che più in dettaglio si
riscontano nelle porzioni del territorio comunale in studio. 8.1 INQUADRAMENTO MORFO-OROGRAFICO E GEO-IDROLOGICO DELLA GALLURA COSTIERA Il territorio in studio ricade nella cosiddetta “Bassa Gallura”, termine col quale s’intende sostanzialmente quella parte della Gallura più a contatto con la fascia costiera. Al suo interno, fatti salvi gli elementi
altimetrici e tenendo conto delle conseguenze paesaggistiche derivanti dai deficit pluviometrici annuali,
si riscontra tuttavia l’intera gamma dei tratti salienti dell’intera Regione Gallurese. Tali elementi sono di
seguito riassunti:
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A) il ben noto sostrato geo-litologico, dove prevalgono le unità magmatiche erciniche, del cosiddetto
Complesso Magmatico Intrusivo, attraversate dai cosiddetti “cortei”, deteriorate in varie litofacies e
contrassegnate, in particolare, da diffuse, ampie e talora potenti coltri di sabbioni di alterazione
(“Graniti Arenizzati”), associate con più frequenza ai litotipi monzonitici e granodioritici. Subordinate
e assai più localizzate, risultano le migmatiti di età incerta (pre-paleozoiche?) e le circoscritte
coperture tardo o post-paleozoiche presenti solo nella Gallura Occidentale, in forma di espansioni
ignimbritiche permiane (Trinità d’Agultu-Bortigiadas; Punta Salici , 911 m);
B) L’estrema rarità di coperture sedimentarie antiche. Quelle del Secondario (conglomerati, calcari e
dolomie del Giurassico) sono localizzate (Capo Figari e Tavolara), come pure quelle (calcareniti) del
Terziario (Capo Testa). Al contrario, quelle quaternarie, sebbene in genere poco potenti (ad
eccezione delle aree vallive e deltaiche dei più importanti fiumi, il Liscia, il Padrogiano, il San
Giovanni e il Vignola) sono piuttosto diffuse. Si tratta di corpi continentali in prevalenza detritici che
per la gran parte si riscontrano nelle rare e limitate aree alluvionali, in particolare costiere, dei corsi
d’acqua principali dove possono dare luogo a terrazzamenti e, talora, nei bacini in tramontani.
Sono presenti ai margini o in aree tettonicamente vincolate (Riu Vignola; Fiume Liscia; Riu Lu
Banconi; Riu Surrau; Riu San Giovanni; Riu Padrogiano). Molto rilevanti per quanto residuali,
infine, le eolianiti fossili, di norma strettamente associate a falesie costiere attuali (Costa Paradiso;
Capo Testa; Rena Bianca) e solo nel territorio di Santa Teresa Gallura, in grado di spingersi per
chilometri all’interno (Piana di Boncammino);
C) la strutturazione a pilastri che pur differenziandosi da quella a Gradini dell’Alta Gallura ne costituisce la prosecuzione e l’espressione morfologica, nel caso in questione, verso Nord). Essa
suggerisce di un controllo dell’evoluzione geomorfologica a partire dalle direttrici tettoniche
erciniche, qui presenti con fratture e corridoi di fratture circa N-S (N15°-20°) e coniugate circa E-W
(N280°-300°), riattivate nelle ere successive (Cenozoico, in particolare Miocene e Pliocene) e
attualmente evidenziate da versanti e incisioni ripide nelle aste torrentizie che spesso si presentano
con dislivelli e quote ricorrenti fino ai limiti delle piane (cfr. [16], [20],[27], [46]);
D) i gradienti geomorfologici molto pronunciati anche in prossimità dell’area costiera (particolare
questo che conferisce una notevole valenza paesistica ed un potenziale valore turistico- insediativo
a determinati contesti e che rende questi luoghi particolarmente appetibili e “vulnerabili” sul medio-
lungo periodo alle esigenze degli insediamenti);
E) i reticoli di fratturazioni e fessurazioni che, come eredità dell’impostazione ercinica, hanno
interessato il sostrato cristallino, riattivandosi in più tappe secondo i lineamenti tettonici principali e
hanno morfologicamente guidato dinamiche geomorfologiche (erosioni, idrografie, aggetti costieri),
sino all’Olocene (cfr. risalita eustatica e idrografia);
F) la presenza di forme del rilievo residuali (Tor, Inselberg), associate a vaste e diffuse plaghe di
blanda franosità di crollo relitta (derivante dalla sequenza Corestones, Boulders, Tor, [illustrata nel
cap. 8], della letteratura tematica anglosassone), particolarmente evidenti nelle aree cacuminali di
cresta (a prescindere dall’altitudine) e sugli altopiani collinari interni del territorio di Santa Teresa
Gallura; ai bordi delle superfici di cui al punto B) si possono spesso riscontrare aree orientate
contrassegnate da ulteriori tipologie di rilievi residuali denominate Serre o Sarre;
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G) la estrema diffusione, di rocce granitoidi variamente soggette a stati di alterazione, in primis per
la fratturazione, discontinue per potenza variabile, passanti da ammassi di rocce integre fino ad
ammassi arenizzati (arenizzazione vera e propria), entro i volumi di Monzograniti e di
Granodioriti;
H) i reticoli idrografici, con pattern da dendritici-subdentritici ad angolari impostatisi per buona
parte sul precedente reticolo di fratturazione e con regime idrologico torrentizio, con aste
monocursali per lo più confinate) e molto segmentate che non possono disporre di aree
schiettamente alluvionali costiere. Uniche reali eccezioni nel contesto di Santa Teresa Gallura si
rinvengono sull’asta terminale del Fiume Liscia, fiume di grande rilevanza idrica e sedimentologica
(oltre che drenante un bacino con spartiacque sino al Limbara) e su quella del Riu Lu Banconi
I) il recapito solido alle foci che, contrariamente a quanto in passato ritenuto dal mondo tecnico,
essendo assoggettato ai particolari fattori idrologici, clivometrici e geolitologici della regione, può
avere carattere parossistico e certamente costituisce uno degli elementi di maggiore specificità
dell’assetto fisico ed ambientale delle aste fluviali principali e non e delle foci ricadenti nel comune
di Santa Teresa Gallura (Fiume Liscia; Riu Banconi; Riu Val di Mela; Riu Carone; Riu
Muzzeddu; Riu de La Filetta);
J) il profilo costiero originato dalla sommersione post glaciale (Risalita Versiliana o Flandriana Auct.
di testate montane di valli idrografiche di origine strutturale, approfonditesi durante il ritiro eustatico
nel Pleistocene superiore (Costa a Rias), di cui le Rade di Porto Pozzo, di Lungoni e del Liscia
costituiscono esempi piuttosto rilevanti nell’intero panorama sardo, in particolare il sistema Porto
Pozzo-Liscia (cfr. Studio di Compatibilità idraulica e PSFF-Subbacino 4 Riu Banconi-Fiume Liscia).
Tale profilo produce celle sedimentarie così contenute da non consentire, il più delle volte, la
formazione dei tipici aggetti deltaici delle foci (fanno eccezione, pur con assetti atipici, Liscia e
Padrogiano).
8.2 INQUADRAMENTO GEOMORFOLOGICO REGIONALE DELLA GALLURA Il pilastro tettonico ad oriente del Logudoro, di natura prevalentemente cristallina e tendenzialmente
impermeabile, coincide, nella sua parte settentrionale, con la Gallura. Qui le successive ridefinizioni
tettoniche, posteriori alla surrezione relativa del Massiccio del Limbara (1358 m) sui bacini circostanti,
hanno determinato, a partire dalle vette e in direzione N-S, un andamento del rilievo a gradinata
asimmetrica, più acclive verso S (settore di Berchidda) che verso N (settore di Tempio). Pertanto, da
monte a valle, si avvicendano altopiani denudati a quote ricorrenti, con dislivelli in media di circa 200 m;
non di rado vi si localizzano le cosiddette Serre che stanno ad indicare situazioni con profilo montuoso
accidentato, per lo più collinari ma ad elevata energia di rilievo, ovvero con differenziali clivo metrici
particolarmente alti). I differenziali morfologici più accentuati si osservano verso Ovest sul bordo
tettonico fra Fossa terziaria logudorese (solco vallivo a valle del lago del Coghinas) e Pilastro gallurese
o fra questo ed i sub bacini periferici al Logudoro che dividono il Pilastro in prismi (es.: Corridoio - o
Soglia di Monti, a seconda di quale sia la sezione di riferimento). In ogni caso, benché il profilo
altimetrico decresca verso NNE, in tutta la regione gallurese, compreso il suo settore costiero, si
conservano gradienti morfologici estremamente elevati, fin quasi a lambire la linea di costa.
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Le piane alluvionali costiere sono rare e di esiguo sviluppo in quanto, per ragioni strutturali (le vicine
strutture del margine tirrenico, ancora attive simicamente, hanno indotto una piattaforma stretta ed
incisa da canyon) e per l’evidente eredità dei movimenti glacio-eustatici (l’attuale livello marino si considera stazionante da non più di 3-4 ka), scontano la loro giovane età geologica per cui, il loro
colmamento deve considerarsi un processo in corso per progradazione ed aggradazione dei sedimenti
(onlap costiero).
Questa configurazione, che interessa peraltro, dove più dove meno, tutta la Sardegna Orientale, deve
ritenersi di estrema rilevanza idrologica, in quanto condiziona sia i deflussi liquidi in termini di portate
(scarsa permeabilità, configurazione tettonicamente guidata dei bacini ed energia del rilievo), e velocità
dei corsi d’acqua che scorrono su tali contesti che quelli solidi (condizione erosiva dei rilievi fino al limite
quasi costiero).
Riassumendo essa trova una spiegazione parziale nei seguenti fenomeni regionali:
1. il cosiddetto ringiovanimento tettonico pliocenico1, connesso con la contemporanea definizione e il
successivo approfondimento del Mar Tirreno;
2. il postulato basculamento quaternario verso NE dei prismi strutturali ( o di una parte di essi) in cui è
ritenuto essersi frammentato l’Horst orientale. Tali fenomeni hanno prodotto, su di un sostrato poco
permeabile una rete idrografica principale (escludendo il Coghinas: Riu Vignola, Riu Liscia, Riu San
Giovanni, Riu Padrogiano, Riu San Teodoro, Riu Budoni) ad elevata densità di drenaggio, defluente
verso N ed E, caratterizzata da:
□ spartiacque molto definiti su livelli altimetrici in gran parte prossimi o superiori ai 1000m
contrassegnati anche da cornici rocciose verticali;
□ bacini idrografici principali a forti gradienti, in condizioni di prevalente erosione nel bilancio
geomorfologico, fin quasi alla linea di costa,
□ prolungati tratti a valli incassate anche nelle reti minori,
□ un settore litoraneo dominato da coste di sommersione a Rias, ovvero valli fluviali affogate
dalla risalita olocenica del livello del mare e alimentate da contributi solidi talora importanti,
□ corpi alluvionali interposti fra area montana e linea di costa, attualmente reincisi.
3. Il glacio-eustatismo pleistocenico.
8.3 ASSETTO GEO-IDROLOGICO REGIONALE La relativa varietà degli assetti idrologici e geo-idrologici sintetizzabili testimonia di quanto segue:
1) bacini idrografici poco permeabili o impermeabili per via primaria ma resi più o meno permeabili
dalla fratturazione, fatte salvo le limitate aree costiere alluvionali ove il sostrato cristallino è
localmente ricoperto da sedimenti detritici dell’Olocene ma anche del Pleistocene (“Alluvioni”) che si raccordano a esigue falde detritiche e dove subentrano anche gli effetti dell’arenizzazione sulle masse granitoidi (Monzograniti e Granodioriti prevaalentemente);
1 L’attuale attività geodinamica sul lato orientale del Tirreno è responsabile della sismicità residua e relativamente maggiore della Sardegna Nord-Orientale,
rispetto al resto della Sardegna (cfr. Geologia).
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2) bacini idrografici geometricamente, altimetricamente e clivometricamente condizionati dalla
frammentazione tettonica;
3) bacini idrografici che si sviluppano per lo più su superfici e su alvei ad elevata pendenza, con
gradienti morfologici elevati ripetuti data la configurazione a gradinata e, dunque, ad alta energia
di rilievo;
4) bacini idrografici con profilo di equilibrio instabile;
5) bacini idrografici soggetti per la gran parte, laddove persistono sia le coltri arenizzate che i pur
circoscritti depositi di versante, a fenomeni di erosione a monte (ovvero fino a tratti contigui alla
costa) e trasporto quasi fino al mare; eventualità questa, sia ben chiaro, non connessa ai deflussi
ordinari ma che si esplica solo concomitantemente ad eventi intensi, si concentra lungo le sponde
ed è funzione dell’articolazione litologica, del livello di alterazione del sostrato roccioso nonché delle portate sviluppabili, ovvero dell’importanza del bacino idrografico;
6) assenza o limitatezza di aree di transizione all’ambiente marittimo-litorale, come spazi a
disposizione per i processi il cui bilancio genera sedimentazione e colmamento alle foci sempre a
delta (ma i delta sono sovente mascherati in quanto costretti all’interno di Rias), per sensibile
caduta di pendenza, velocità ed energia cinetica. A scala locale, vi rientrano tutti i punti della rete
idrografica contrassegnati da riduzione repentina del gradienti, da aumento della scabrezza e non
di rado da una certa incongruità degli interventi artificiali;
7) possibilità di sviluppo di falde libere sia negli acquiferi fratturati del complesso intrusivo che in quelli
porosi delle coltri di arenizzazione. In queste ultime e falde sono libere a bassa soggiacenza
mentre son più profonde e con portate migliori nel primo caso. Le portate delle numerose sorgenti
e dei pozzi sono in genere soggette a regimi stagionali;
8) possibilità di sviluppo di falde a bassa soggiacenza nelle unità arenacee del Pleistocene superiore.
8.4 INQUADRAMENTO GEOLOGICO REGIONALE DEL TERRITORIO DI SANTA TERESA GALLURA Il territorio di Santa Teresa Gallura fa parte della Gallura costiera o “Bassa Gallura”, regione come detto
a sostrato geolitologico cristallino, prevalentemente ma non esclusivamente magmatico. Condizione
litostratigrafica tanto distintiva quanto estremamente localizzata è rappresentata dalla presenza di
coperture Calcarenitiche Terziarie del Miocene inferiore (Capo Testa). Non mancano, tuttavia, ampie
sedimentazioni detritiche ora pleistoceniche, ora oloceniche, quasi sempre impostate su circoscritte
morfostrutture vallive. Fra queste la più menzionabile è l’estesa coltre in sedimenti di origine eolica del Pleistocene sup. che da Rena Bianca si spinge fino all’interno (Piana di Boncammino), dando luogo
ad uno acquifero storicamente sfruttato dalla comunità [34].
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Fig. 3 - Stralcio ridotto della carta topografica I.G.M.I. 1884 (correzioni 1895).
Il sostrato cristallino è interessato da un’evidente reticolo di fratturazioni a carattere regionale,
d’impostazione ercinica e ridefinizione verosimilmente terziaria. In vari settori i sistemi di discontinuità sono così pervasivi da condizionare in modo inequivocabile il paesaggio, sia interno (Saltara, Pauloni;
Caresi; Monte Maltinu; Capizza di Vacca) che costiero (Capo Testa; Lu Brandali; Monte Cintu). Di
esse quelle ad andamento NNE-SSW appaiono senza dubbio quelle di maggior evidenza e
condizionamento morfologico. Lungo tali strutture si definiscono infatti alcuni dei principali assi
idrografici. La Ria di Longone (con la sub articolazione ortogonale del Riu di La Filetta) ne costituisce
un chiaro esempio, così come la stessa Ria di Porto Pozzo, prosecuzione a mare della valle del Riu Lu
Banconi (Riu di Lu Puzzu). Decisamente più articolato ma rispondente a medesime variabili, il contesto
della foce del Fiume Liscia, dai cui recapiti solidi dipende senza ombra di dubbio la morfodinamica
progradante di parte della Spiaggia di Culuccia4.
Con riferimento qui alla cartografia geologica ufficiale statale in scala 1:100.000 (Fig. 6), le più diffuse
masse intrusive del basamento (da Capo Testa a Serra di Pauloni), vengono descritte come Graniti
biotitici, localmente passanti a Granodioriti, in genere a grana eterogenea con prevalenza di componenti
a dimensioni medio grossolane per lo più rosati e, più raramente, grigi, talora contenenti scie ricche in
biotite ed inclusi di varia natura (γ). Sono ad esse subordinati i Graniti porfirici con massa di fondo a
grana media o medio-piccola sulla quale spiccano grossi cristalli di feldspato roseo o bianco, talora
disorientati, localmente contenenti scie ricche in biotite chiazze e vene pegmatiti che ed inclusi di varia
4 Si noti che sulla cartografia di Fig.4 e in quelle allegate agli studi in Letteratura ufficiale [13] il ben noto caso di progradazione della parte
più occidentale della spiaggia del Liscia (Culuccia), il più rilevante ed esplicito nel contesto sardo, viene indicato del tutto erroneamente in arretramento!
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natura (γP) e Graniti minuti o a grana media, rosei o raramente grigi, a sola biotite o a due miche,
spesso a tendenza aplitica, localmente un po’ porfirici, in masse a contorni per lo più sfumati (γ1).
Fig.4 - Riduzione del F° 168 [tratta da Atlante delle Spiagge della Sardegna]. Le frecce rosse identificano tendenze di pro gradazione (avanzamento linea di costa) e di retrocessione, contraddette nel caso dell’Istmo di Culuccia.
Fig.5 -Stralcio ingrandito della Carta geologica in scala 1:200.000 [9]
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Fig. 6 - Stralcio dalla carta geologica in scala 1:100.000 del S.G.I. (F°167-168)
La Carta Geologica di base della Sardegna in scala 1:25.000. definisce gran parte dei Granitoidi del
territorio, Monzograniti e Granodioriti, attribuendoli a Unità Intrusive del Carbonifero superiore-
Permiano. Ugualmente fa Carta Geologica d’Italia 1.50.000 F°427 Santa Teresa Gallura (Bozza).
A prescindere dalle cartografie ufficiali, di solito deficitarie nella rappresentazione litologica utile alla
Pianificazione ed alle applicazioni progettuali, appare rilevante in ogni contesto la presenza di svariate
manifestazioni del fenomeno di arenizzazione sulle masse precedenti. Tali varianti litologiche dei corpi
granitoidi sono indicate sulla legenda del F°427 come Graniti alterati, mantelli eluviali dei corpi granitici
e relative facies arcosiche (γdt) oppure come Graniti porfirici con massa di fondo a grana media o
medio-piccola, sulla quale spiccano grossi cristalli di feldspato roseo o bianco talora disorientati (γp).
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I riscontri sul terreno confermano che, stante l’assetto e il condizionamento strutturale a cui si è fatto cenno, proprio dalla giustapposizione fra masse integre, ancorché fratturate e masse alterate fino
all’arenizzazione, si delinei l’articolazione morfologica in rilievi e depressioni. Nella realtà, il rapporto fra masse rocciose e arenizzate è decisamente più complesso e spazialmente meno definito e definibile
(ragione questa che ha reso e rende assai complicata e lontana la possibilità di una compiuta
cartografia delle arenizzazioni). Infatti le masse intrusive si presentano ora decisamente rocciose,
andando a costituire i rilievi e le alture più pronunciate in altezza o morfologicamente più evidenti, anche
a quote assai basse, ora più o meno accentuatamente alterate.
Di solito gli alti e i bassi traducono questa giustapposizione in quanto solitamente le alture rocciose più
o meno circoscritte (Tor e Inselberg), morfologicamente connotate per asprezza, coincidono con gli
ammassi più integri, mentre i versanti degradanti verso il basso altimetrico sottolineano dei vari stadi di
degradazione dell’ammasso. Di queste litofacies si dirà meglio in seguito, dal momento che
condizionano non poco l’analisi della Pericolosità Geomorfologica. Tuttavia può sottolinearsi che
l’alterazione deriva dai processi fisici e chimico-mineralogici (in primis l’idrolisi dei silicati), che si innescano come conseguenza dello stato di fratturazione e di fessurazione della massa originaria,
spesso contrassegnata da persistenti e strette famiglie di discontinuità in grado di isolare giunti di ogni
dimensione, da un lato, ma di rendere permeabili altri volumi dall’altro.
I rilievi originari hanno quindi subito una particolare morfogenesi per tutto il corso del Pleistocene e
soprattutto del Pleistocene superiore. Di conseguenza, sono stati sottoposti a processi erosivi
estremamente spinti a carico e discapito di tutti gli elementi clastici (Ghiaie, sabbie, massi e blocchi) che
si generano con l’alterazione delle masse intrusive (Corestones e Boulders; cfr. par. “Litologia”). Le masse rocciose in evidenza, isolate o più spesso, lungo le creste, devono potersi considerare, dunque,
porzioni esumate, in quanto più integre e dunque resistenti, di originari ammassi ben più ampi e anche
più pronunciati che sono andati soggetti a progressiva alterazione fisica e chimica (Arenizzazione) e
successiva erosione dei prodotti arenizzati. Ciò del resto è stato e continua ad essere il meccanismo
basilare del recapito costiero dei sedimenti.
La struttura orografica, di modesta altitudine, è centrata sulla presenza di masse intrusive e filoniane di
età permo-carbonifera, messesi in posto con l’orogenesi ercinica e venute a giorno nelle successive ere, a causa degli effetti combinati di fasi tettoniche e fasi morfodinamiche generate da queste o
connesse con i ritiri quaternari del livello marino.
In tal senso rivestono particolare importanza:
le ridefinizioni tettoniche del terziario, responsabili del ringiovanimento della originaria struttura di
frammentazione, secondo un assetto a gradinate, in cui prevalgono le direttrici regionali principali
N60° che, nella bassa Gallura, ruotano verso quelle circa NNE-SSW (ne sono un esempio la valle
del Liscia e quella del Riu Lu Banconi, così come tutti i principali assi vallivi o in cui spiccano
sedimenti Pleistocenici) e del postulato basculamento post Pliocenico della regione verso N;
l’ultima glaciazione del Pleistocene superiore, responsabile del ritiro eustatico a -130 m s.l.m.
attuale e, dunque, di inasprimenti di energia del rilievo e degli effetti geomorfologici e
sedimentologici delle morfodinamiche a ciò legate. A tale situazione geomorfologica viene fatta
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risalire l’accentuazione della dinamica gravitativa ed erosiva a monte, quindi la sovra escavazione
dei compluvi e l’erosione regressiva delle testate idrografica.
Nello specifico contesto della Gallura le coperture sedimentarie sono modeste per estensione e volumi
e di solito limitate ai terreni alluvionali e detritici del Pleistocene e dell’Olocene. Nel caso di Santa Teresa Gallura, occorre evidenziare l’anomalia della presenza di un limitato bacino di sedimenti miocenici del Burdigaliano a Calcari Bioclastici talora silicoclastici [8], ben esposti in falesia
per circa 1,5 Km che apparentano il territorio di Lungoni a quello di Bonifacio in Corsica, più che al resto
della Sardegna.
8.5 INQUADRAMENTO GEOMORFOLOGICO DEL TERRITORIO DI SANTA TERESA GALLURA Il territorio costiero si delinea ora nel sistema collinare roccioso, tettonicamente condizionato, con
falesie e ripe frastagliate, ora fra questo sistema collinare e le fasce planari pedemontane. Solo a SE si
sviluppa nella piana alluvionale pre deltaica del vasto apparato del Riu Liscia, sul lato occidentale di
questo.
Tutto il territorio comunale in ogni caso appare contrassegnato da una fitta articolazione di rilievi rocciosi
cristallini, spesso a carattere residuale nel contesto geomorfologico. Si tratta cioè di rilievi che
costituiscono la parte preservata di una lunga fase esumazione del sostrato roccioso, fase che almeno
durante il Quaternario, possiamo ritenere aver avuto il suo acme col ritiro eustatico corrispondente al
Last Glacial Maximum o Ultimo Massimo Glaciale (o LGM) circa 20 Ky nel Pleistocene superiore (cfr.
Fig.8).
In tal senso si tratta di rilievi che in quell’epoca erano più elevati sul l.m.m. di almeno 130 m e pertanto costituivano le testate meno periferiche ma in forte dinamica erosiva, di un sistema idrografico più
esteso verso valle che oggi si presenta sia “affogato” (“coste di sommersione a Rias”) posteriormente alla risalita eustatica del mare post glaciale che “inghiottito” dalle risultanze sedimentarie di questa. Le orografie più importanti del rilievo nel territorio sono le seguenti:
Monte Pauloni 362 m
Monte Furro 326m (342m poco verso Est).
Is.ma De Li Murticci 306m
Monte de Lu Nibbaru 292mt
Monte Puntareddu 266m
Stazzo Lu Rinagiolu 244m
Stazzo Li Mizzane 244m
Monte Ombroso 221m
P.ta San Pasquale 216m
Monte Greddula 185m
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Fig. 7(a +b): Legenda Carta Geologica d’Italia (C.G.I.-F°167-168 - Isola Rossa La Maddalena)
Fig. 7a - Coperture recenti
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Fig. 7b – Legenda del Basamento paleozoico
Sono presenti due importanti struttura a tombolo noti localmente come “Istmi”: l’istmo di Capo Testa
l’istmo di Culuccia
Quello di Coluccia è totalmente dipendente dalla morfodinamica dei sedimenti fluviali recapitati dal Liscia e dal
Riu Banconi (+Riu Val di Mela e Riu Caroni). In particolare la parte orientale dell’istmo (coincidente con la
parte più occidentale della spiaggia del Liscia) costituisce uno dei casi più importanti in Sardegna di spiaggia
progradante, ovvero di linea di costa in avanzamento (con formazione di arenile in s.s.), con un incremento
negli ultimi 60 anni di almeno. 40 m. Cosa, questa, che attesta del formidabile ruolo sedimentologico del Riu
Carana-Liscia. Si noti che questo aspetto non viene minimamente menzionato nella letteratura ufficiale e in qualche misura invece accredita quanto è dato riscontrare dagli esiti cartografici del Piano Stralcio delle fasce Fluviali (PSFF).
Riassumendo, i connotati geomorfologici più importanti ai fini della discussione sulla pericolosità idrogeologica
naturale sono i seguenti:
Bassa permeabilità del Basamento geolitologico;
Presenza di una fisiografia a blocchi e in parte a gradoni che rende ricorrenti fino al settore costiero
alti gradienti clivo metrici;
Immaturità e persistente condizione “erosiva” del rilievo;
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Esiguo sviluppo o assenza delle pianure alluvionali, in ogni caso d’impostazione tettonica;
Aste vallive fluviali impostate lungo direttrici tettoniche con corsi d’acqua incassati e per lo più confinati;
Presenza di un diffuso stato di alterazione delle matrici rocciose granitoidl in particolare di quelle
granodioritiche e monzogranitiche che si spinge fino all’arenizzazione in senso stretto, talora profonda,
talora meno, che rende suscettibile all’erosione il sostrato granitoide e che alimenta il trasporto solido;
Diffusione di coperture detritiche, regolite e, in taluni settori, di frane di crollo antiche che assicurano
disponibilità di carichi solidi ai deflussi idrici;
Elevata energia del rilievo in rapporto alle altimetrie.
Tali condizioni, se sottovalutate, come sovente in passato, conducono ad una sostanziale replica degli
equivoci che per lungo tempo hanno fatto ritenere tutta la Gallura un’area piuttosto immune da dissesti idrogeologici, da fenomeni erosivi e dalla possibilità concreta di generare trasporto solido con le reti
idrografiche. Tale equivoco è stato ripetutamente contraddetto dai fatti negli ultimi 15-20 anni. L’assetto descritto rende particolarmente vulnerabile la Bassa Gallura e, in generale, tutti suoi settori con differenziali
clivo metrici, alle criticità idrogeologiche ed al pericolo idraulico. Se si considera, in più, l’esposizione di alcuni bacini alle perturbazioni metereologiche da Sud, si comprende anche la ricorrenza cronologica dei fenomeni
alluvionali associati a piovosità intensa. Fra questi, negli ultimi 60 anni, debbono rammentarsi in particolare
quelli del 1951;1964; 1976; 1989; 1998; 2004; 2005; 2008; 2009; 2012 e 2013.
I restanti ulteriori elementi sono quelli idrografici. La densità di drenaggio del territorio collinare è
particolarmente evidente. Particolare risalto assume il sistema focivo Liscia-Lu Banconi etc messo in luce
peraltro dalla traccia della Fascia C geomorfologica del PSFF (Piano Stralcio delle Fasce Fluviali) –RAS..
La sintesi dei principali elementi è contenuta nella Carta Geomorfologica allegata, redatta secondo le
indicazioni delle Linee Guida regionali. Ai fini della valutazione della pericolosità ha assunto particolare
rilevanza la presenza delle cosiddette “Città di Roccia” a cui sono stati associati i rilievi e i complessi di rilievi residuali.
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Fig.8 - Stima dei Livelli Relativi del mare fra Pleistocene medio e Olocene, basata sullo studio di coralli ed altre evidenze5.
Ulteriori elementi geomorfologici di dettaglio del territorio sono contenuti negli Allegati tematici alla presente
Relazione Geologica, ivi compreso l’Allegato fotografico.
8.6 CIRCOLAZIONE IDRICA SUPERFICIALE E SOTTERRANEA La rete idrografica asseconda la geometria strutturale determinata dal reticolo di fratturazione. Alcune delle
aste principali sono dislocate lungo faglie (o corridoi di faglie) di rilievo regionale (p.e.: Fiume Liscia e Riu
Banconi) altre lungo segmenti subordinati (Ad es.: Riu Cantaru a Sud; Riu di Lu Calone ad Est).
Il principale corso d’acqua che interessa il territorio comunale di Santa Teresa Gallura è il Liscia, il quale,
sebbene costituisca un tratto di confine col comune di Palau, alla foce dà luogo col Riu Lu Banconi ad Ovest
ad uno dei più suggestivi esempi di ambiente costiero nell’isola di Sardegna, probabilmente il più articolato per
5 Tratto da: Waelbroeck C.,, Labeyrie L., Michel E., Duplessy J.C., McManus J.F., Lambeck K., Balbon E. & Labracherie M. (2002):
Sea-level and deep water temperature changes derived from benthic foraminifera isotopic records. Quaternary Science Reviews, v. 21, pag. 295–305. Modificato e adattato da G.T. a beneficio della comprensione
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quanto attiene all’assetto del sistema delle dune in rapporto alla foci presenti. Gli altri corsi d’acqua sono i seguenti:
Riu Cantaru con foce a Rena Majore in comune di Aglientu, Riu Lu Banconi (o Riu di Lu Puzzu); con
affluente in Sx: Riu di Li Munticcioni (nasce a Est di M.te Pauloni; ulteriori rami più settentrionali prendono
forma fra Monfradinacciu e La Vigna), scorre totalmente all’interno del territorio comunale di STG; Riu Val di Mela scorre per intero nel territorio comunale di STG, è orientato circa W-E e nasce presso Funtana
Casteddu (177m); Riu Lu Calone Con foce a Nord di quella del Riu di Val di Mela, scorre in. una sorta di
piana “in tramontana” tettonicamente impostata su di un’asta dislocata NW-SE.
Nel corso dei rilievi sono state rinvenute aree con tracce significative di fenomeni erosivi o di ruscellamento sia
in aree agricole che presso insediamenti. Può essere presente il dilavamento diffuso.
L’idrologia testimonia di piovosità inferiori alla media sarda. Le criticità che contraddistinguono la rete idrografica sono legate tuttavia alle piovosità sugli spartiacque
montani e sono direttamente connesse a insufficienze delle opere di attraversamento, a cattiva manutenzione
degli alvei e a edificazione in stretta pertinenza, o da queste indotte (cfr. evento critico di Settembre 2012).
Esse appaiono ulteriormente sollecitate negli ultimi decenni dall’incremento degli eventi intensi su scala regionale a cui non è stato fatto seguire l’aggiornamento delle curve di possibilità pluviometrica, poste a base
della valutazione delle portate. Il più rilevante di tali eventi negli ultimi 20 anni risale al Dicembre 1998, ma va
detto che anche nel corso del presente anno si sono avute portate molto rilevanti..
L’attivazione dei cantieri edilizi ai margini di un centro abitato lungo pendii di una certa pendenza può non
fornire piena garanzia idrogeologica; ciò deve essere controbilanciato da contromisure miranti al controllo dei
dilavamenti e di prevenzione dei fenomeni di ruscellamento. Parimenti anche le bitumazioni della viabilità al
servizio dei lotti edificati su detti versanti, in carenza o mancanza di idonei ed efficienti sistemi di drenaggio e
raccolta, hanno sempre l’effetto di concentrare i flussi idrici ovvero di amplificare ulteriormente e in modo
anomalo la tendenza naturale alla concentrazione, in quanto sottraggono aree all’eventuale erosione da dilavamento ma inducono concentrazione e accelerazione del drenaggio su altre.
La condizione del versante anche a valle dell’edificazione può tuttavia ritenersi assai meno vulnerabile del
caso prospettato, data l’assenza di un bacino a monte e la pendenza complessivamente bassa
Rispetto alla circolazione delle acque sotterranee è noto che le masse granitoidi siano impermeabili solo in
assenza di fratture e fessure e di fenomeni di arenizzazione). L’impermeabilità in senso stretto può quindi interessare solo ammassi a modesto sviluppo e quindi porzioni limitate. Di norma la presenza di un
reticolo/campo di fratture innesca il circuito idrico che può essere più o meno consistente in ragione della
maggiore o minore intensità della fratturazione (minore o maggiore spaziatura) la quale come visto è alla base
dell’arenizzazione. Quest’ultima determinando a sua volta porosità, incide sulla permeabilità. Alcuni autori
parlando di interconnessione fra acquiferi fratturati e porosi definiscono la falda pseudo-freatica (cfr. [2]). In
ogni caso, questa concomitanza di fenomeni è alla base della formazione dei circuiti idrici locali tanto modesti
quanto variabili in portata.
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Fig.9- Ingrandimento particolari idrografici carta storica IGMI 1895. Riu Lu Banconi-Lu Puzzu
8.7 SISMICITÀ
L’intero territorio della Sardegna risulta essere inserito nella Zona 4 della riclassificazione sismica nazionale
operata attraverso l’O.P.C.M. 3274/03 (si veda anche la Deliberazione G.R. 15/31 del 30.3.2004). In tale
sfondo non sono state elaborate ulteriori suddivisioni o zonazioni da parte della R.A.S., né sono stati forniti
contributi o articolazioni inerenti le palesi differenze territoriali riscontrabili nella sia pure debole pericolosità
sismica. E’ noto, infatti, che il territorio Nord Orientale e Meridionale della Sardegna possano risentire, sia pure
debolmente (M.C.S.= 4-5), della sismicità delle strutture tettoniche attive sia del Margine Ligure (o in generale
del Mediterraneo occidentale) che di quello tirrenico occidentale e del Canale di Sardegna.
Taluni degli epicentri sismici sono posizionati alcune miglia a Est e Sud Est del Golfo di Olbia, altri sono stati
riscontrati nella parte settentrionale del mediterraneo centrale ad W della Corsica, altri nel Canale di
Sardegna.
Con riferimento a tutto il 2012, gli eventi più recentemente registrati ed avvertiti sono stati quelli del:
26/4/2000, con magnitudo Md = 4,8-4,1 della scala Richter all’epicentro sulla verticale delle strutture tirreniche (alcune miglia ad Est di Posada);
03/03/2001 (4.2 gradi Richter) con epicentro nello stesso settore;
21/04/2001 (3.5 gradi Richter) con epicentro nello stesso settore;
10/02/2002 (3.1 gradi Richter) con epicentro nello stesso settore;
20/10/2003 (3.1 gradi Richter) con epicentro nello stesso settore;
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Comune di Santa Teresa Gallura (OT) - Piano di lottizzazione del comparto C3.6.2 in località Porto Pozzo.
28
12/12/2004 (4.2 gradi Richter) con epicentro nello stesso settore;
18/12/2004 (4.3 gradi Richter) con epicentro nello stesso settore;
15/10/2008 non classificato, più debole e avvertito nel medesimo settore geografico;
09/11/2010 (magnitudo Md = 3,3 gradi Richter) con epicentro nel Mediterraneo Occidentale al
Largo della Corsica; avvertito nel Sassarese
28/07/2011 (magnitudo Md = 5,2 gradi Richter) con epicentro nel Mediterraneo Occidentale al Largo
della Corsica; avvertito nel Sassarese
04/03/2012 (magnitudo Md = 4.6 gradi Richter) con epicentro nel Mediterraneo Occidentale al
Largo della Corsica; avvertito nel Sassarese.
La Fig. 10 riporta la zonizzazione macrosismica assegnata alla Sardegna in conseguenza del sisma del
26/4/2000, segnalato come quello a maggior magnitudo fra i più recenti e avvertito in una vasta area della
Gallura, soprattutto a Olbia, Loiri-Porto San Paolo, San Teodoro e Budoni. A tale riguardo, appare
interessante, ai fini della presente relazione, evidenziare come nella banca dati dell’I.N.G.V. del C.N.R. risultino i seguenti riscontri, relativamente alla scossa sismica:
Olbia Generalmente avvertita. scene di panico tra i turisti che si trovavano in una piazza. Vibrazione di pavimenti; tintinnio di pentole e bicchieri; oscillazione di lampadari; porte e finestre si sono chiuse/aperte; divani e poltrone si sono spostati. La popolazione si è riversata nelle strade. Leggere crepe e filature sono segnalate nei tramezzi di alcuni edifici. Qualche pezzo di intonaco è caduto, qualche vaso rotto e una credenza rovesciata.
Posada Generalmente avvertito; molta gente ha preferito uscire in strada, i vetri delle finestre, i letti e le scrivanie hanno tremato.
(si noti che normalmente a Md=4,8 corrispondono effetti sull’epicentro pari a M.C.S. = 7-8; la localizzazione
dell’epicentro a circa 25 Km dalla costa spiega, però, l’attenuazione dei fenomeni avvertiti in questo caso).
Molto rilevante, a fini statistici e storici, è stato anche il sisma del 13 /11/1948 (area ipocentrale Mar di
Sardegna, Io = 6.0 e MCS = 4.3), oggetto di studi speditivi da parte del G.N.D.T. (1994; Fig. 11 e Tab. 1) che
hanno portato alla compilazione della successiva tabella delle intensità (Tab. 1; si ricorda che la soglia del
danno è quella di Io > 5-6).
Sulla base degli allegato all’ O.P.C.M. n. 3274/03 e s.m.i., poiché appartenente alla Zona 4, il territorio è classificato come sismico e risulta con accelerazione sismica orizzontale ag/g ≤ 0,05 , con probabilità di
superamento pari al 10% in 50 anni. Il dato va tuttavia rielaborato e ricalibrato in base ad una specifica micro
zonazione (cfr. DM 14 gennaio 2008: “Norme Tecniche per le costruzioni” - NTC ‘08). L’attribuzione alla Zona sismica 4 può consentire, alla luce delle NTC/2008, la conservazione delle
convenzionali procedure di verifica geotecnica, in considerazione delle caratteristiche delle costruzioni in
progetto.
Lat Long.
Profondità (km)
Data UTC e ora Magnitudo
Provincia evento
Località
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29
40.956
10.216
5.67 26/04/00
13:28
4.1 SOTTOMARINO Tirreno centrale
40.831
10.414
24.59 27/06/00
04:07
4.1 SOTTOMARINO Tirreno centrale
40.866
10.084
11.05 03/03/01
01:54
4.2 SOTTOMARINO Tirreno centrale
41.092
10.19
33.47 21/04/01
17:31
3.5 SOTTOMARINO Tirreno centrale
40.957
10.277
10.0 10/02/02
16:21
3.1 SOTTOMARINO Tirreno centrale
41.711
9.198
8.4 20/10/03
21:23
3.1 SOTTOMARINO Corsica
40.830
10.160
10.0 12/12/04
11:52
4.2 SOTTOMARINO Tirreno centrale
40.898
10.168
10.0 18/12/04
09:12
4.3 SOTTOMARINO Tirreno centrale
Tab.1- Elaborazione su dati provenienti da: http://kharita.rm.ingv.it/Gmaps/reg/
Fig. 10 - Localizzazione eventi sismici con effetti rilevati nella Sardegna NE (da http://kharita.rm.ingv.it/) dal 2000 in poi.
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Fig.11 - intensità macrosismica regionale conseguente al sisma del 26 Aprile 2000
8.8 CARTA GEOLITOLOGICA DEL PUC Nella carta geolitologica, coerentemente con la Legenda di cui alle LL. GG. per l’Adeguamento del PUC al PPR (corrispondente alla Leggenda della Carta Geologica di Base in scala 1.25.000), vengono riconosciuti
n.20 voci distintive. Esse sono attribuite rispettivamente a:
1. Depositi Quaternari (n.7)
2. Successione Vulcano-sedimentaria Oligo-Miocenica (1)
3. Complesso intrusivo e filoniano Tardo Paleozoico (10)
4. Basamento Metamorfico Paleozoico e PrePaleozoico (2)
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Fig.12 - Stralcio Legenda Carta Geolitologica: Depositi Quaternari
Il territorio di STG è di gran lunga espresso nel Complesso Intrusivo Tardo Paleozoico (Carbonifero
superiore-Permiano). Questo viene suddiviso in primo luogo per Unità Intrusive (U.I.); fra esse si distinguono,
in particolare per diffusione areale, i Monzograniti (CP9) della U.I. delle Bocche di Bonifacio e i
Monzograniti (CP16) dell’U.I. di Arzachena che costituiscono l’ossatura portante del territorio. Più limitati ma
importanti settorialmente, i Leucograniti (CP7) e le Granodioriti Monzogranitiche (CP10) dell’U.I. delle Bocche di Bonifacio. Nella porzione orientale del territorio, fra la foce del Liscia e l’isola di Culuccia prevalgono, invece,
Granodioriti Microgranulari dell’U.I. di Barrabisa, peraltro rinvenibili anche in loc. Cicceddu a SW. I cortei
filoniani, di varia composizione, sono ben rilevabili nell’Isola di Culuccia, fra Porto Quadro e La Marmorata, ma
sono presenti anche nelle aree interne (a Ovest di Sarra di Curichena, a La Ficaccia, Stazzo Giambedda). Fra
Pultiddolu, Monte Biancu e Stazzo Ciuchesu, sono invece dislocati gran parte delle Migmatiti (Diatessiti [PP1]
e Ortogneiss [PC1]).
Vale la pena evidenziare che il rilevamento geologico di campagna e in foto aerea hanno tenuto a porre in
evidenza e, quindi ad incrementare rispetto a quanto non sia di solito fatto, il reperimento delle aree a forte
presenza di Granitoidi alterati ed arenizzati. A tale riguardo si sottolinea come non sia affatto agevole agire in
totale assenza di parametri ufficiali riconosciuti come elementi di discriminazione delle varie litofacies alterate.
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A tale scopo, pertanto, previe ricognizioni sui luoghi al fine di tarare le lifacies in fotorestituzione, si è attinto
alle informazioni della Carta Uso del Suolo (UDS) concernenti alle aree delle lavorazioni agricole e, in genere
si sono considerati gli ampi bassi morfologici come segni inequivocabili di arenizzazione. L’insieme di tali aree è stato aggregato alla voce in legenda “Depositi eluvio-colluviali dell’Olocene”. Si tratta nel nostro caso, quindi, non solo di coltri eluviali ma di un largo spettro di litofacies, intese come stadi di alterazione (eluviale o meno),
secondo il modello illustrato nel paragrafo 8.11.1.
Fig. 13 - Stralcio Legenda Carta Geolitologica: Successione miocenica; Complesso intrusivo Permo-Carbonifero; Basamento Migmatitico
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Fig. 14 -Stralcio Carta Geo-litologica (senza Topografia) Settore Nord
8.9 TETTONICA DEL SETTORE INDAGATO
Tutto il territorio manifesta gli effetti tettonici riconducibili a scala regionale al trend ercinico riattivato nelle fasi
successive, in particolare quelle terziarie. Gli ammassi intrusivi locali sono contrassegnati da tali elementi
tettonici per lo più coincidenti con reticoli di direzione N15°-20° e loro coniugate circa E-W. Il risultato sono
vistosi reticoli di fratturazione locali che isolano prismi di dimensioni da subchilometriche a decametriche, fino
a ripercuotersi nell’intima struttura degli ammassi stessi. L’evoluzione geomorfologica, come visto, esalta in genere questi elementi, determinando l’assetto delle forme e del paesaggio roccioso in quanto il denudamento
beneficia della frammentazione e dell’alterazione che si generano ed è guidato dalle geometrie. Pertanto indirettamente è la stessa rocciosità del territorio una conseguenza della struttura tettonica.
Di ciò quindi risentono anche i patterns idrografici che possono essere Subangolari (Verstappen, 1983)
Spesso numerosi rilievi collinari non sono altro che macrodiedri prodottisi dall’incrocio dei suddetti sistemi di fatturazione. Le valli del Riu di Lu Puzzu, Fiume Liscia e le Rias che le sottendono sono tutte impostate su
faglie o corridoio di fratture dislocate secondo i trend principali. A scala metrica e deca metrica, tali geometrie
condizionano l’assetto litologico (cfr. Figg.23-25)
8.10 PRINCIPALI LITOSTRATIGRAFIE DEI SETTORI D’ INDAGINE Nella stragrande maggioranza dei casi la sezione litostratigrafica tipo è sintetizzata nello schema seguente
(dall’alto verso il basso):
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Litologia Descrizione Età
Alluvioni attuali possono essere assenti
Sedimenti sciolti, ciottoli, ghiaie e sabbie Olocene-attuale
AlluvioniTerrazzate possono essere assenti
Conglomerati continentali poligenici cementati, prevalentemente a ciottoli di granitoidi a matrice sabbiosa e siltosa (discontinui. 3-5 m),
Acquifere
Quaternario (Pleistocene sup.)
Quaternario (Pleistocene sup.)
γ Adt
γ Af
γ B
Substrato a Monzograniti, γ) (oppure Leucograniti/Granodioriti) Differenziati per alterazione (γAdt: Arenizzati) o fratturazione (γ Af Fratturati) [OL3 della Carta Geolitologica allegata allo SCGG ] (γB) Prodotti integri e differenziazioni filoniane (profondità indefinita) [CP vari della Carta Geolitologica allegata allo SCGG]
Carbonifero-Permiano
Fig. 15 - Schema Litostratigrafico dei settori interni del territorio di STG (i simboli in grassetto sono quelli della Carta geologica d’Italia)
Le alluvioni attuali sono quelle dei fondovalle; le terrazzate sono quelle che connotano il piano su cui si
estende la fascia di massima esondazione catastrofica (Fascia C) del P.S.F.F; la sigla γ Adt indica il sostrato a
Monzograniti inequigranulari; γ Af indica i differenziati per alterazione tratte dalla legenda della Carta
Geologica d’Italia.
Altre litostratigrafia tipo sono presentate di seguito
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SETTORE DI CALA SPINOSA-CAPO TESTA
Litologia Età
Arenarie quarzoso-feldspatiche cementate a stratificazioni incrociate, lapidee (3-6m). [7]
QUATERNARIO (Pleistocene sup.)
Sabbie fini siltose, livelli ghiaiosi, a matrice carbonatica con strati discontinui di argille marnose. Giaciture in banchi, compatte all’interno ed allentate e disgregabili in superficie (5-8 m).
Acquifere
QUATERNARIO (Pleistocene sup.)
Conglomerati continentali poligenici, prevalentemente a ciottoli di granitoidi a matrice sabbiosa e siltosa (0,5-1,5 m), discontinui.
QUATERNARIO (Pleistocene sup.)
Calcareniti silicoclastiche e bioclastiche stratificate (10-15 m)
TERZIARIO Miocene inferiore (Burdigaliano)
γ AI
γ AII
γ B
Substrato a Granitoidi (Monzograniti, γ) Differenziati per alterazione (γ AI: Arenizzati) o fratturazione (γ AII Fratturati)
[1]
(γ B) Prodotti integri e/o differenziazioni filoniane (profondità indefinita)
PALEOZOICO Carbonifero sup.-Permiano
Fig. 16 - Schema litostratigrafico semplificato dell’area di Capo Testa
Questa sezione è significativa ai fini dello Studio della Peicolosità Geomorfologica
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SETTORE RENA BIANCA (E DA REANA BIANCA A BONCAMMINO)
Litologia Litotecnica Resistenza alla compressione monoassiale Mpa
Età
Sabbie quarzose di spiaggia attuale
Incoerenti Olocene-attuale
Arenarie quarzoso-feldspatiche* cementate a stratificazioni incrociate, lapidee (3-5 m).
Roccia debole (qc< 25 Mpa)
Quaternario (Pleistocene)
Arenarie fini siltose, livelli ghiaiosi, a matrice carbonatica con strati discontinui di argille marnose. Giaciture in banchi, compatte all’interno ed allentate e disgregabili in superficie (5-8 m).
Presenza di falda
Roccia estremamente debole (qc = 0,25-1 Mpa); intaccata con l’unghia del pollice
Quaternario (Pleistocene)
Conglomerati continentali poligenici, prevalentemente a ciottoli di granitoidi a matrice sabbiosa e siltosa (0,5-1,5 m), discontinui.
Roccia debole (qc < 25 Mpa)
Quaternario (Pleistocene)
γ AI
γ AII
γ B
Substrato a Granitoidi (Monzograniti, γ)
Differenziati per alterazione (γ AI: Arenizzati) o
fratturazione (γ AII Fratturati)
(γ B) Prodotti integri e/o differenziazioni filoniane
(profondità indefinita)
Roccia debole
γ AI qc < 25 Mpa; R. mediamente resistente
γ AII
25< qc <50 Mpa
γ A
γ B
Roccia molto resistente
(qc=100-150 Mpa)
Carbonifero Permiano
Fig. 17 - Litostratigrafia settore di Rena Bianca e da Rena Bianca a Boncammino (ed elementi litotecnici)
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Litologia Età
Materiali di riporto (spessore variabile da 2m a 4m) Attuale
Conglomerati e ghiaie alluvionali e depositi detritici al piede del versante (2-3m)
Tardo Olocene - attuale
γ AI
γ AII
γ B
Substrato in Roccia granititoidi (Monzograniti) Differenziati per alterazione (γ AI - Arenizzati) o fratturazione (γ AII - Fratturati) (γ B) Roccia granitoide non alterata o poco alterata
Carbonifero- Permico
Fig. 18 – Litostratigrafia dell’area di La Filetta-Torre Vecchia (Est Ria di Lungoni)
Fig. 19 - Profilo geolitoogico trasversale della valle del Riu di La Filetta in corrispondenza dell’opera collassata
8.11 LITOLOGIA La Litologia è riassunta nella Carta Geolotologica in scala 1;10.000.
Depositi artificiali
Alluvioni attuali- subatt.
attuali-subattuali
Monzograniti Carbonifero-Permico
25m
5 m
Legenda
Arenizzati Quota + 8 m
Sud
Nord
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8.11.1 Principali rocce del complesso intrusivo I Monzograniti hanno colore rosato, grana da fine a grossolana e tessitura inequigranulare, con abbondanza di
Kfeldspato e presenza, subordinata o meno, e in ogni caso, variabile, di biotite. Manifestano una certa
tendenza all’alterazione pervasiva per arenizzazione, con fenomeni diffusi ed evidenti di disgregazione nei
bassi morfologici e nelle radure pedemontane.
Fig.20- particolari tessiturali di un masso di Monzogranito.
Le Granodioriti sono caratterizzate da grane da media a grossa, da presenza di K-feldspato e Biotite ed hanno
colore più grigiastro.
Gli ammassi si trovano spesso in stati fratturati, molto fratturati e di alterazione tali da generare per l’appunto
la condizione di arenizzazione diffusa e pervasiva. Questa è riconoscibile sia per la colorazione bruno-
rossastra che si determina per ossidazione (“Ferrettizzazione”) nell’ammasso che per la modificazione delle tessiture. Complessivamente si tratta di un lento processo sul posto (eluviale) di degradazione fisico-chimica
noto come arenizzazione: che si compie a partire sempre da corpi di natura litoide per sfruttamento del
sistema dei giunti da parte dei processi atmosferici e può essere schematizzato negli stadi evolutivi illustrati
nel paragrafo successivo.
Di norma e in condizioni a secco, sono formati da materiali addensati.
GLI STADI DEL PROCESSO DI ARENIZZAZIONE DEGLI AMMASSI DI ROCCE GRANITOIDI ED I PROCESSI ASSOCIATI
Di seguito si illustrano in termini schematici le varie fasi che compongono il processo di degrado fisico-chimico
di un ammasso roccioso granitoide primigenio a partire dal contatto pervasivo attraverso il sistema dei giunti
con gli agenti esogeni col, e noto come arenizzazione:
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I) Fasi predisponenti di Tettonizzazione che sovrimpongono alle discontinuità associate alla sequenza di
raffreddamento dei corpi magmatici, ulteriori sistemi di discontinuità strutturali variamente ma non
casualmente orientati in funzione delle cinematiche;
II) L’ammasso roccioso subisce una deformazione rigida con rottura in segmenti e prismi secondo più ordini di giunti, con caratteri geometrici, di pervasività e spaziatura disomogenei ma, di norma definiti
da una rete di discontinuità il cui inviluppo è sede preferenziale di inneschi dei comportamenti di cui ai
successivi punti;
III) Sviluppo di progressiva permeabilità per fessurazione;
IV) Penetrazione di acque. Contatto con acque d’infiltrazione superficiale, a partire dai livelli meno profondi;
V) Degrado ed alterazioni superficiali sulla componente dei minerali silicati per idrolisi e ossidazione;
VI) Incremento della infiltrazione e della circolazione d’acqua; VII) Ulteriore approfondimento di fenomeni di alterazione per idrolisi, a partire dai costituenti basici
silicatici e da quelli feldspatici (2NaAlSi3O8), più rapidi se in ambiente morfoclimatico caldo-umido;
VIII) Prosecuzione dell’alterazione e innesco di un più generale e pervasivo fenomeno di Arenizzazione
dalla superficie esterna verso l’interno (Fig. 25), con contemporanei fenomeni di ferrettizzazione per
ossidazione del Fe2+ della biotite in Fe3+ e formazione di goethite;
IX) Estensione ed approfondimento dell’arenizzazione con efficacia diversa a seconda delle geometrie,
della persistenza dei piani di taglio, dei tipi petrografici interessati, degli afflussi pluviometrici, della
temperatura e delle sue variazioni;
X) Formazione di Corestones nel regolite (Fig. 21), a partire dai prismi fratturati in più ordini di giunti; si
tratta di litofacies ad alterazione evoluta non completa o ad uno stadio intermedio che dà luogo ad un
ammasso suddiviso in affioramento in prismi di dimensioni varie a sezione da romboidale a
quadrangolare, con vertici arrotondati secondo una geometria a graticcio, con elementi più o meno
integri separati o contornati da superfici arenizzate;
XI) Progressiva rimozione/erosione (o distacco) del sabbione di arenizzazione contornante i blocchi integri
ed accumulo successivo di massi, blocchi o clasti di materiale roccioso sui bordi (Formazione di
Boulders; “Pietre Ballerine” Auct.); XII) Asportazione totale del contorno arenizzato e totale esumazione delle parti integre;
XIII) Generazione di Rilievi residuali con tipiche morfologie (Tor in primo luogo; Inselberg
subordinatamente; es: Pulchiana presso Aggius; Pedres presso Olbia);
XIV) Eventuale rimodellamento dei rilievi residuali, con formazione al loro piede di accumuli di frana per
crollo di blocchi ciclopici; tali frane si stabilizzano in funzione delle dimensioni dei massi, dell’acclività originaria del versante e della colonizzazione vegetale, ma porzioni di essa possono dare luogo per
tempi di ritorno centenari a distacchi limitati in funzione del progressivo degrado fisico. (le condizioni
più suggestive e rappresentative di tali processi si rilevano nel settore più meridionale ed interno del
territorio di Santa Teresa Gallura, nella Sarra di Pauloni).
XV) Ulteriore processi di modellamento superficiale (Tafoni o Conchi, etc).
XVI) Processi erosivi accelerati su versanti in caso di denudamento o a seguito di lavorazioni agronomiche
a rittochino o simili.
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Resta il fatto che il prodotto finale dell’alterazione e dell’arenizzazione, più simile ad un’arenaria grossolana pseudocoerente che alla roccia cristallina originaria, dà luogo ad un mantello superficiale qua e là ferrettizzato,
potente da pochi decimetri fino anche a 5-10m che, per quanto detto, può fungere da acquifero di modesta
capacità ed ospitare una falda libera con portate, comunque, sempre molto limitate (tendenti ad abbassarsi o
a cessare nel periodo estivo), in ogni caso sostenute dal sistema di fratturazione della massa granitica
sottostante o circostante.
Fig. 21 -Tipica sequenza di alterazione dei graniti [35]
Da notare che l’azione del vento (deflazione) nella modellazione (ablazione) dell’ammasso granitoide (e in genere di tutti gli ammassi rocciosi), per quanto evocata con ricorrenza, non sussiste affatto in realtà. Si tratta
di un tipico messaggio superficiale assiomatico della retorica pubblicitaria a cui neppure il marketing territoriale
istituzionale è riuscito a sottrarsi ed è da considerarsi un equivoco concettuale fuorviante. Essa va considerata
solo come vettore di trasferimento dell’umidità dell’aria e degli aerosol salini in caso di vicinanza del mare.
Resta il fatto che il prodotto finale dell’arenizzazione, più simile ad un sabbione semicoerente che alla roccia cristallina originaria, dà luogo ad un mantello superficiale qua e là ferrettizzato, potente da pochi decimetri fino
anche a 5-10m che, per quanto detto, può fungere da acquifero di modesta capacità ed ospitare una falda
libera con portate, sempre molto limitate, tendenti ad abbassarsi nel periodo estivo ma non ad esaurirsi, in
quanto sostenuta dal sistema di fratturazione della massa granitica sottostante o circostante.
Quest’ultimo elemento, come vedremo, meglio è alla base della variegata presenza di fosse freatiche nel territorio di Santa Teresa Gallura. Tuttavia deve sottolinearsi come dall’erodibilità delle masse arenizzate possano dipendere alcuni equilibri geomorfologici e paesaggistici. Essa infatti è la condizione predisponente,
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ovvero alla base, del recapito solido dei torrenti attivi sulle coste, lungo le quali i sistemi di spiagge sono
largamente condizionati dal ripascimento naturale fluviale, sia in termini volumetrici che cromatici.
Fig.22- Rappresentazione schematica del processo di arenizzazione di un ammasso granitico [36]
Fig. 23- Arenizzazione su trincea stradale. presso Porto Pozzo per San Pasquale
Fig. 24 - Stato fratturazione delle masse intrusive strada San Pasquale Riu Lu Banconi
Va detto che nella realtà non sempre è possibile distinguere una vera discontinuità spaziale nella distribuzione
del processo di alterazione chiamato arenizzazione, per cui può passarsi dal caso di ammasso molto
disgregato a quello di incipiente arenizzazione a quello di arenizzazione spinta, senza vere e proprie soluzioni
di continuità ma con progressivi mutamenti del quadro litotecnico e tessiturale. Come detto, tuttavia, le alture
traducono di norma casi di maggiore qualità lapidea mentre i bassi morfologici ed i versanti in genere
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ospitano con più ricorrenza tutta la casistica dell’alterazione, fino a dare luogo ai noti “manti eluviali” Auct.. Ciò è tanto più vero quando le alture (Tor) si manifestano in ambito pianeggiante.
Fig.25 – Stato pervasivo di arenizzazione lungo le strutture conservate di fratturazione e fessurazione, con associato cuneo di distacco decimetrico
La litologia arenizzata, allo stato asciutto si può presentare nella peggiore condizione di alterazione, come una
terra granulare compatta di colore bruno-verdastro. La condizione di compattezza è mutevole e comunque in
funzione dello stadio di evoluzione del processo alterante e dello stato di saturazione. Di norma anche in
asciutto sono comunque tali da non generare rimbalzi con prove sclerometri che (< 10). Sul piano litotecnico si
tratta infatti di Materiale granulare cementato o molto addensato a grana prevalentemente grossolana. Lo
stato litotecnico diviene ancora più scadente comunque durante l’esposizione a piogge prolungate per
saturazione idrica dei pori e delle piogge intense (per asportazione meccanica delle superfici imbibite e totale
perdita di coesione).
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Fig.26- Sezione lito-stratigrafica schematica rappresentativa di numerose condizioni nelle aree collinari interne o meno. (scala altezze accentuata)
8.11.2 CALCARI BIOCLASTICI DEL BURDIGALIANO Si rinvengono a partire dall’Ismo di Capo testa al di sotto della spiaggia attuale, dove costituiscono il basamento in piattaforma di abrasione. Sono ben stratificati, in strati decimetrici sub orizzontali ed ondulati per eredità dell’ambiente sedimentario. In falesia sono esposti in bancate plurimetriche che sostengono pareti verticali ma che in caso di profilo aggettante danno luogo a collassi per crollo da taglio puro o crollo e ribaltamento.
Fig. 27 -Banchi di Calcari bioclastici-Fronte SE falesia Santa Reparata
Coltre arenizzata Monzoniti da discontinuamente alterate, per fitta e pervasiva fessurazione, a decisamente arenizzate Spessore Variabile (1-4m)
Rocce lapidee Monzoniti fratturate poco alterate
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8.11.3 ARENARIE EOLICHE PLEISTOCENICHE Sono diffuse nel periplo costiero, assai spesso in forma relitta a causa dei processi di arretramento che
subiscono in ragione dell’esposizione ai Fetch ondosi. Si riscontrano infatti sempre in dissesto per frana di
crollo di grossi blocchi, per lo più aggettanti. In caso di saturazione possono dare luogo a smottamenti.
Fig. 28 - Sacche di Arenarie presso Cala Spinosa
Fig. 29 - Superficie prisma aggettante instabile di Arenaria pleistocenica a Cala Spinosa (faro)
Fig. 30 -Dissesto Falesia in Eolianiti pleistoceniche presso faro capo Testa
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Affioramenti molto importanti di tali litologie si rinvengono a Capo Testa (Cala Spinosa e Faro), Rena Bianca.
Qui nel 2009 è stato realizzato un intervento di consolidamento comprendente riprofilatura della parete,
riduzione delle pendenze della falesia tramite fresatura dell’aggetto (riducendo al massimo i volumi al fine di garantire compatibilità paesistica), nonchédrenaggio e rinverdimento del settore a monte. Da 4 anni non si
hanno riscontri delle frane che in passato si verificavano presso che ogni stagione invernale.
Data la particolare vulnerabilità di dette litologie non di rado comprendenti bancate siltose alla base delle
falesie, e di esposizione ad evoluzioni fisiche e geomorfologiche, le condizioni di pericolosità di tali contesti
permangono sul lungo periodo, ancorché riducibili nel breve e nel medio periodo.
9 IL PIANO DI ASSETTO IDROGEOLOGICO P.A.I. Nel territorio di Santa Teresa Gallura il P.A.I. della RAS (2005) riconosce pericolosità geomorfologica solo
limitatamente all’area costiera di Rena Bianca e del promontorio latitante ad Ovest. Nel caso della spiaggia di
Rena Bianca la perimetrazione in realtà concerneva la localizzazione dell’evento di frana su eolianiti fossili pleistoceniche segnalato nel 1997 nel repertorio del GG. CC. di Sassari e non considerava ulteriori elementi di
predisposizione della falesia stessa.
Per quanto atteneva al promontorio si segnalava in tal modo la presenza di aree con fenomenologie più o
meno relitte o per meglio dire stabilizzate naturalmente e cronologicamente antiche, arealmente diffuse, le
quali sono state oggetto di parziali inserimenti nella cartografia del Sub bacino -Liscia6.
Fig. 31 - Legenda Pericolosità geologica PAI
6 Va detto che originariamente talune porzioni più interne erano state ritenute, come altre, perimetrabili. Ciò in quanto vi si rinvennero vaste superfici contrassegnate da
una franosità areale assai diffusa a carattere relitto, caratterizzata da blocchi ciclopici talvolta sparpagliati, talaltra concentrati lungo originari tratti compluviali dei versanti. A tale condizione di dissesto fu proposto in origine di attribuire un livello di pericolosità Hg2, in quanto non riattivabile per via naturale nelle attuali condizioni morfodinamiche. Poiché la perimetrazione, stanti vastità e diffusione di tali fenomeni nel Sub bacino 4-Liscia, fu eseguita in scala 1:25.000 non fu dato corso alla proposta parte della RAS che preferì introdurre di essa solo quelle porzioni che fossero ubicate in corrispondenza di tavole già regolarmente rilevate e con perimetrazioni in scala 1:10.000.
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9.1 ADEGUAMENTO ALL’ART. 8 COMMA 5 DELLE NTA DEL PAI Nell’adeguamento del PUC al PAI, in ottemperanza all’art. 8 comma 5 delle NdA del PAI è prevista la necessità di riconoscere e perimetrale alla scala dello strumento urbanistico le aree di pericolosità definite ai sensi dell’art. 26 delle NdA del PAI (Aree a significativa pericolosità idraulica o geomorfologica non direttamente perimetrate dal PAI).
9.2 I.F.F.I. E PAI L’I.F.F.I. (Inventario dei Fenomeni Franosi in Italia - Sardegna dell’APAT-RAS (2005) nel territorio di Santa
Teresa Gallura riscontra col codice ID0900010700 la sola frana areale di Rena Bianca si riscontra la frana
PAI).
9.3 VINCOLO IIDROGEOLOGICO E PAI Oltre quelle storicamente vincolate, in base alla Deliberazione N. 37/15 del 30.7.2009 della G.R , il C. F. V. A.
ha esteso il vincolo idrogeologico di cui al Regio Decreto Legge 30.12.1923, n. 3267 e al R.D. 1126/1926
Regolamento per l’esecuzione del 3267/1923, alle aree delimitate dal PAI come aree di pericolosità da frana ai
sensi della deliberazione della Giunta regionale n. 54/33 del 30 dicembre 2004 e s.m.i..
9.4 PERIMETRAZIONE DELLA PERICOLOSITA’ GEOMORFOLOGICA SECONDO IL PAI 9.4.1 GENERALITÀ
La Pericolosità geomorfologica (Hg) (detta anche Pericolosità di frana) è la probabilità che un fenomeno gravitativo o di
versante di determinata intensità, si verifichi per una data area in un dato periodo di tempo (Varnes D.J.: Landslide
hazard zonation-a review of principles and practice. IAEG Comm. on Landslides, UNESCO, 1984).
Gli Elementi a rischio (E) sono le persone, i beni, i servizi e le attività economiche in genere che possono essere colpiti
da eventi calamitosi, in questo caso di frana (DPCM 29-9-1998).
Il Rischio (Rg = Rischio di frana) esprime la probabilità che si produca un certo danno (alle persone ed ai beni) al
verificarsi di un certo evento di frana; esso dipende dal “danno potenziale” (D = V x E, in cui V costituente il grado di
perdita su di un certo elemento, è esprimibile in una scala di valori da 0 a 1 (nel PAI RAS è adottato V = 1, per cui si ha
D=E), rispettivamente: Nessuna Perdita e Perdita Totale) e dalla probabilità di evento H del fenomeno.
Date queste condizioni il Rischio può dunque esprimersi nel modo seguente, secondo la relazione:
R = H x E x V [1] ovvero R = H x D
nota come equazione del rischio.
La previsione del Rischio di frana prevede la soluzione di tale equazione mediante la valutazione delle diverse
componenti come illustrato al paragrafo successivo.
9.4.2 SINTESI DELLA METODOLOGIA SECONDO IL PIANO STRALCIO DI ASSETTO IDROGEOLOGICO
Il P.A.I. della R.A.S. non perimetra superfici di pericolosità e di rischio geomorfologico nell’area indagata. L’art. 8 comma 5 delle NdA dispone che negli atti di adeguamento dei piani urbanistici comunali al PAI siano delimitate puntualmente
alla scala 1: 2.000 le aree a significativa pericolosità idraulica o geomorfologica non direttamente perimetrate dal PAI.
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Nel P.A.I., la pericolosità di frana (Carta di pericolosità di frana) è stata ricavata seguendo la metodologia illustrata dalle
sue Linee Guida, derivata da un’impostazione semplificata della geomorfologica quantitativa, basata su di un processo concettuale parametrico di overlay mapping riportato dal diagramma di flusso in Fig. 32.
Allo scopo occorre elaborare le seguenti cartografie propedeutiche:
Carta delle Pendenze (P)
Carta della Litologia (GL)
Carta dell’Uso del Suolo (UDS)
dalle quali si perviene alla elaborazione della Carta dell’instabilità potenziale dei versanti in cui, ai singoli elementi di
ciascun tematismo (classi) viene attribuito un peso-indice in funzione del “ruolo esercitato nella produzione del dissesto”. Con la sovrapposizione dei tematismi si ottiene la somma algebrica dei pesi, mediante i quali si stabiliscono le Classi
d’instabilità potenziale della relativa carta.
Fig.32 - Diagramma di flusso relativo alla elaborazione della Carta di Pericolosità Geologica o da frana (da Linee Guida P.A.I.-R.A.S., 2000)
L’incrocio fra la Carta dell’instabilità potenziale dei versanti e la Carta dei fenomeni franosi (Carta geomorfologica) ha
come risultato la Carta della pericolosità di frana, a cui sono associati classi o livelli di pericolosità Hg, secondo la
tabella seguente:
Class
e Intensità Valor
e Descrizione
Relazione Generale P.A.I., 2005 LL. GG. P.A.I., 2000
Hg1 Moderat
a 0,25
Aree con pericolosità moderata e con pendenze comprese tra il 20% ed il 35% con copertura boschiva limitata o assente; aree con copertura boschiva con pendenze < 35%
I fenomeni franosi presenti o potenziali sono marginali
Hg2 Media 0,50
Aree con pericolosità media con fenomeni di dilavamento diffusi, frane di crollo e/o scivolamento non attive e/o stabilizzate, con copertura boschiva rada o assente e con pendenze comprese fra 35 e 50 %, falesie lungo le coste
Zone in cui sono presenti solo frane stabilizzate non più riattivabili nelle condizioni climatiche attuali a meno di interventi antropici (assetti di equilibrio raggiunti naturalmente o mediante interventi di consolidamento) zone in cui esistono condizioni geologiche e
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morfologiche sfavorevoli alla stabilità dei versanti ma prive al momento di indicazioni morfologiche di movimenti gravitativi
Hg3 Elevata 0,75
Aree con pericolosità elevata con pendenze > 50% ma con copertura boschiva rada o assente; frane di crollo e/o di scorrimento quiescenti, fenomeni di erosione delle incisioni vallive. Fronti di scavo instabili lungo le strade; aree nelle quali sono in attività o sono state svolte in passato attività minerarie che hanno dato luogo a discariche di inerti, cave a cielo aperto, cavità sotterranee con rischio di collasso del terreno e/o subsidenza (i siti minerari dismessi inseriti nella carta di pericolosità di frana); aree interessate in passato da eventi franosi nei quali sono stati eseguiti interventi di messa in sicurezza
Zone in cui sono presenti frane quiescenti per la cui riattivazione ci si aspettano presumibilmente tempi pluriennali o pluridecennali; zone di possibile espansione areale delle frane attualmente quiescenti; zone in cui sono presenti indizi geomorfologici di instabilità dei versanti e in cui si possono verificare frane di neoformazione presumibilmente in un intervallo di tempo pluriennale o pluridecennale
Hg4 Molto
elevata 1
Aree con pericolosità molto elevate con manifesti fenomeni di instabilità attivi o segnalati nel progetto AVI o dagli enti Locali interpellati o rilevate direttamente dal gruppo di lavoro
Zone in cui sono presenti frane attive, continue o stagionali; zone in cui è prevista l’espansione areale di una frana attiva; zone in cui sono presenti evidenze geomorfologiche di movimenti incipienti
Tab. 2 - Pericolosità di frana (Hg) (tratta dalla Relazione Generale del P.A.I.) e nelle LL. GG. P.A.I., 2000
Va aggiunto che la relazione generale del PAI contempla anche la Classe Hg0 definendola come Class
e Intensità Valor
e Descrizione
Hg0 Nulla 0,0 Aree non soggette a fenomeni franosi con pericolosità assente e con pendenze < 20%
Tab.3
In definitiva con riferimento all’Unità Fisiografica individuata, sono stati vengono conseguiti i seguenti risultati cartografici:
n.1 Carta Geolitologica alla scala 1:10.000
n.1 Carta delle Pendenze alla scala 1:10.000
n.1 Carta dell’Uso del Suolo alla scala 1:10.000
n.1 Carta dell’Instabilità potenziale alla scala 1:10.000
n.1 Carta Geomorfologica alla scala 1:10.000
n.1 Carta della Pericolosità Geomorfologica alla scala 1:10.000
Operando l’incrocio fra la pericolosità Hg e gli elementi a rischio E (= D), con relativo prodotto numerico secondo la relazione [1], si otterrà la Carta del Rischio geomorfologico o di frana, secondo la seguente matrice:
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Tab.4 - Matrice del rischio geologico coi risultati numerici a giustificazione delle attribuzione alle varie classi (Rg = E * V * Hg; V=1 quindi: Rg = E x Hg)
che esprime, a sua volta, il risultato dell’applicazione della Equazione del Rischio, ovvero del prodotto di
sovrapposizione dei due livelli informativi, gli Hg e gli E. Questi ultimi vengono definiti secondo i parametri seguenti:
CLASSE DESCRIZIONE PESO
E1 Aree escluse dalle definizioni E2, E3 ed E4; Zona boschiva; Zone di protezione ambientale con vincolo estensivo (p.e. vincolo Galasso).
0,25
E2 Zona agricola generica; Infrastrutture puntuali per le telecomunicazioni; Zone di protezione ambientale con vincolo specifico ma non puntuale (p.e. parchi, riserve…).
0,50
E3
Infrastrutture pubbliche (altre infrastrutture viarie a fondo artificiale, ferrovie, oleodotti, elettrodotti, acquedotti, bacini artificiali); Zone per impianti tecnologici e discariche di R.S.U. ed assimilabili, zone di cava e zone minerarie attive e non, discariche minerarie di residui di trattamento, zona discarica per inerti; Beni naturali protetti e non, beni archeologici; Zona agricola irrigua o ad alta produttività, colture strategiche e colture protette; Specchi d’acqua con aree di acquacoltura intensiva ed estensiva; Zona di protezione ambientale puntuale (monumenti naturali e assimilabili).
0,75
E4
Centri urbani ed aree urbanizzate con continuità; nuclei rurali minori di particolare pregio; zone di completamento; zone di espansione; grandi insediamenti industriali e commerciali; servizi pubblici prevalentemente con fabbricati di rilevante interesse sociale; aree con limitata presenza di persone; aree extraurbane poco abitate; edifici sparsi; nuclei urbani non densamente popolati; aree sedi di significative attività produttive (insediamenti artigianali, industriali, commerciali minori); Zona discarica rifiuti speciali o tossico nocivi; Zona impianti industriali ad elevato rischio potenziale; Aree di intensa frequentazione turistica (zone residenziali estive, alberghiere; zone campeggi e villaggi turistici, spiagge e siti balneari, centri visita etc.); Beni architettonici, storici e artistici; Infrastrutture pubbliche strategiche (strade statali); Porti vari, aeroporti, stazioni.
1
Tab. 5- Elementi a rischio (E). In grassetto quelli individuati nell’area indagata
Elementi a rischio
Pericolosità Geologica Hg1 Hg2 Hg3 Hg4
E1 E1 x Hg1 = Rg1 = 0,25 x 0,25 =
0,0625
E1 x Hg2 = Rg1 = 0,25 x 0,50 =
0,125
E1 x Hg3 = Rg1 = 0,25 x 0,75 =
0,1875
E1 x Hg4 = Rg1 = 0,25 x 1 =
0,25
E2
E2 x Hg1 = Rg1 = 0,50 x 0,25 =
0,125
E2 x Hg2 = Rg1 = 0,50 x 0,50 =
0,25
E2 x Hg3 = Rg2 = 0,50 x 0,75 =
0,375
E2 x Hg4 = Rg2 = 0,50 x 1 =
0,50
E3 E3 x Hg1 = Rg1 = 0,75 x 0,25 =
0,1875
E3 x Hg2 = Rg2 = 0,75 x 0,50 =
0,375
E3 x Hg3 = Rg3 = 0,75 x 0,75 =
0,5625
E3 x Hg4 = Rg3 = 0,75 x 1 =
0,75
E4 E4 x Hg1 = Rg1
= 1 x 0,25 = 0,25
E4 x Hg2 = Rg2 = 1 x 0,50 =
0,50
E4 x Hg3 = Rg3 = 1 x 0,75 =
0,75
E4 x Hg4 = Rg4 = 1 x 1 =
1
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Con Rg avente le seguenti caratteristiche:
CLASSE INTENSITÀ’ VALORE DESCRIZIONE DEGLI EFFETTI
Rg1 Moderato ≤ 0,25 Aree con danni sociali, economici e al patrimonio ambientale marginali
Rg2 Medio ≤ 0,50 Aree con possibili danni minori agli edifici, alle infrastrutture e al patrimonio ambientale che non pregiudicano l’incolumità del personale, l’agibilità degli edifici e la funzionalità delle attività economiche
Rg3 Elevato ≤ 0,75 Aree con possibili problemi per l’incolumità delle persone, danni funzionali agli edifici e alle infrastrutture con conseguente inagibilità degli stessi, la interruzione di funzionalità delle attività socio-economiche e danni rilevanti al patrimonio ambientale
Rg4 Molto
elevato ≤ 1
Aree con possibili perdite di vite umane e lesioni gravi alle persone, danni gravi agli edifici, alle infrastrutture e al patrimonio ambientale, la distruzione delle attività socio-economiche
Tab. 6- Descrizione delle classi di del rischio geomorfologico e loro classificazione
Poiché nella metodologia P.A.I. si è ammesso che V (Vulnerabilità), cioè il grado di perdita del bene, sia uguale ad 1,
corrispondente alla perdita totale, la relazione del rischio R = H x E x V diviene:
Rg = Hg x E x 1
ovvero
Rg = Hg x E
(cfr. Tab. 4).
9..4.3 PERICOLOSITÀ GEOMORFOLOGICA VIGENTE NEL PAI
Il P.A.I.-R.A.S. descrive la pericolosità e i rischi idrogeologici del territorio della Gallura per la gran parte
all’interno della perimetrazione del Sub-Bacino 4-Liscia. Tuttavia ulteriori elementi informativi sono ricompresi
all’interno del Sub-Bacino 3-Coghinas-Mannu-Temo. Il Comune di Santa Teresa Gallura rientra per intero nel
Sub bacino 4-Liscia. La pericolosità è riportata in Tavola 14/18 e i codici rappresentativi sono B4FR018 . in
corrispondenza dei siti di frana (Falesia Rena Bianca e promontori ad Ovest e ad Est di questa) inventariati
durante lo studio P.A.I..
Esaminando, peraltro, la pericolosità del Sub Bacino 4 si deduce come in esso la metodologia fin qui descritta
per la sua determinazione sia stata in verità ben poco seguita.
L’autore di tali scelte fu lo scrivente che ritenne all’epoca di ovviare agli inconvenienti metodologici accennati,
limitandosi a perimetrare aree con fenomeni accertati, in atto, quiescenti o sospesi e a rilevare (e valutare
come Hg2) alla scala 1:25.000 la pericolosità associata alle forme residuali come sede di franosità relitta o
naturalmente stabilizzata. Una tale soluzione derivava anche dal fatto che la pericolosità associata a fenomeni
così diffusi (di tale tipologia si parla infatti in Relazione generale) è a sua volta così estesa arealmente da
poter essere perimetrabile e rappresentata alla scala 1:10.000 solo mediante diverse decine di tavole di
pericolo.
Nella stesura ufficiale del P.A.I. del sub Bacino 4, tuttavia si prescrisse di non tenere conto di tale franosità
diffusa arealmente rilevata nel corso dello studio P.A.I. alla scala 1:25.000, se non nelle tavole di riscontro di
criticità puntuali ad Hg più elevato. Tale franosità, che caratterizza molti e vasti tratti di versanti soprattutto in
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granitoidi del complesso intrusivo, nella stesura della cartografia originale era stata riferita al più alla
pericolosità Hg2 (e quindi a rischi massimi Rg2; cfr. Tab. 4). In conseguenza di ciò, nel P.A.I. ufficiale vigente,
come su accennato, è rimasta testimonianza estremamente parziale della pericolosità ad essa associata solo
nelle tavole in cui fossero già stati riconosciuti più elevati nonché arealmente assai più ristretti livelli di Hg.
Quindi, così come per l’intera Gallura, anche le criticità geomorfologiche del comune di Santa Teresa Gallura,
per quanto né diffuse né di vaste dimensioni e magnitudo, risultano decisamente sottodimensionate nel P.A.I.
in rapporto al reale assetto geomorfologico del territorio. Nello specifico, dall’esame della tav. Hg 14/18 del sub
Bacino 4 Liscia, non può non essere messo in evidenza (Fig. 33) che pur dovendosi, nella realtà, far
proseguire la pericolosità Hg2 (ed i connessi rischi) oltre il margine della tavola di riferimento, secondo la
perimetrazione ufficiale P.A.I., essa viene ad interrompersi ex abrupto lungo gli stessi margini, dando luogo ad
una evidente paradosso geomorfologico, con conseguente sottostima della criticità stessa, sia a scala
comunale che di bacino.
Fig. 33- Riduzione Tav. Hg 14/18 del Sub Bacino 4 Liscia. La Pericolosità s’interrompe con la Tavola. In realtà la prosecuzione ad Est ed a Ovest delle pericolosità qui evidenziate non sono mai state ufficializzate dalla R.A.S..
Come dimostrano le cartografie, il lavoro svolto ai fini P.U.C. sovverte il carente quadro di assetto fin qui
definito dalla R.A.S. e fornisce al Comune di Santa Teresa Gallura, per la prima volta la rappresentazione di
un assetto geomorfologico in grado di orientare con più raziocinio le scelte urbanistiche dell’Amministrazione.
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9.5 INTERVENTI REALIZZATI
Si riscontra che con fondi Por misura 1.3 2000-2006 erogati dalla R.A.S (Assessorato Difesa dell’Ambiente.) è stato finanziato in area P.A.I. a partire dal 2005 un: “Intervento di consolidamento sulla falesia retrostante la spiaggia di Rena Bianca e di sistemazione idraulica
del Riu Lucianeddi”(2008).
L’intervento è stato ultimato nel 2009. 9.6 CARTOGRAFIA DELLA PERICOLOSITÀ GEOMORFOLOGICA NON DIRETTAMENTE PERIMETRATA DAL P.A.I. (EX
ART. 26 N.T.A. DEL P.A.I.). AREE A SIGNIFICATIVA PERICOLOSITÀ GEOMORFOLOGICA
9.6.1 CARENZE E DEBOLEZZE DELLA METODOLOGIA UFFICIALE E CORRETTIVI APPORTATI
A) Nella metodologia P.A.I. si distingue solo fra pericolo idraulico e pericolo geomorfologico, assimilato
erroneamente a pericolo di frana. Pericolo geomorfologico e pericolo di frana non sono sinonimi e non
sussiste l’esplicito riferimento al pericolo dell’erosione costituente particolare e diffusa casistica di pericolo
geomorfologico, intermedio fra idraulico e di frana. Si rileva, in particolare nel contesto geolitologico
(soprattutto nel complesso intrusivo dove gli stadi di arenizzazione sono sempre piuttosto diffusi) e d’uso del territorio in questione, come il fenomeno appaia sempre piuttosto latente7 nelle masse granodioritiche e
monzogranitiche, senza contare che la presenza di compluvi a pendenza elevata, con o senza ulteriori effetti
negativi dovuti all’antropizzazione (esempio: realizzazione di viabilità rurale o al servizio di lottizzazioni, escavi per sottostrutture), può indurre, anche in tempi rapidi, manifestazioni gravitative come le colate di detrito e
canali di ruscellamento, cioè fenomeni che si sommano a quelli idraulici durante gli eventi intensi (es.: 4
Settembre 2012 nel territorio di STG) Ma proprio poiché il P.A.I. della R.A.S. non ha formalizzato la specifica
pericolosità dei dissesti erosivi in s.s., non ha, purtroppo, inteso farne uno specifico oggetto di distinzione
nelle problematiche dell’assetto geomorfologico8, . Quindi la perimetrazione del pericolo erosivo non è stata
introdotta nel P.A.I. della Sardegna (e ciò malgrado in questi anni si sia spesso parlato di desertificazione).
Alcuni esempi in tal senso sono stati riscontrati nel corso dell’ultimo evento intenso del 4 Settembre 2012, in particolare nelle aree insediate a scopi turistici (valle dell’Erica; etc.) e possono essere riscontrabili, nel
territorio di Santa Teresa Gallura negli sterrati delle aree interne, rispetto allo spartiacque principale, spesso in
concomitanza e in conseguenza di varie forma di antropizzazione (sterrati, scavi, cantieri). sovente incisi con
solchi di ruscellamento.
Tale forma di dissesto idrogeologico, poiché dunque non può essere ignorata ai fini della materia qui trattata,
deve essere fatta rientrare a pieno titolo nell’ambito dei dissesti geomorfologici di versante, ovvero di processi
geomorfologici potenzialmente pericolosi. Ciò anche alla luce del fatto che i dissesti erosivi, nello specifico
ambiente litologico di Santa Teresa, in particolare al cospetto di aree a granitoidi alterati e arenizzati, sono
potenzialmente in grado di generare effetti gravitativi collaterali più “ordinari”, quali limitati crolli e colate di detrito, in particolare. Nell’elaborazione del modello di calcolo dell’Instabilità Potenziale, si è pertanto tenuto conto di tale suscettività, prendendo in considerazione le coltri eluviali (riconosciute anche in base alla
presenza di aree agricole coltivate in quanto arenizzate). Di conseguenza, lo studio della pericolosità
7 La sua difficile rappresentazione cartografica giustifica l’assenza al momento, su scala regionale, di un qualsiasi tentativo di rilievo geolitologico delle arenizzazioni, tal
che il modo migliore di assumerne l’estensione parrebbe quello di estrapolarla dalla presenza di sugherete che di solito approfittano delle masse arenizzate dei granitoidi per insediarsi. 8 Fino al paradossale punto che in passato il Genio Civile di SS bollò come “priva di pre-requisiti tecnici” la prima proposta di perimetrazione in Hg1 e Hg2 di Pittulongu
(Olbia) la quale faceva esplicito riferimento a tali dissesti idrogeologici e non alle frane in S.S. all’interno di aree a pendenze medio basse caratterizzate da escavi abbandonati, colmamenti, accumuli provvisori, abbancamenti, cantieri, vie senza drenaggi, ruscellamenti, dilavamenti etc,,
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geomorfologica significativa del territorio di Santa Teresa Gallura, mette in evidenza nella gran parte delle
casistiche Hg1 e Hg2 questa particolare forma d’instabilità superficiale che, nei risultati grafici interessa, con Pericolosità basse e medie, talune aree ove si manifestano gli stadi dell’arenizzazione delle litologie granitoidi.
Si noti che, sempre fra i processi erosivi, il P.A.I. non contempla neppure quelli legati all’arretramento della linea di costa nel caso di costa sabbiosa (“erosione delle spiagge”), benché anche in questo caso si tratti a pieno titolo di una fattispecie di dissesto geomorfologico, peraltro connessa in modo sostanziale sia coi
processi di versante che con le dinamiche alluvionali alla base del trasporto solido nei corsi d’acqua. B) Un ulteriore specifico elemento di debolezza insito nella metodologia di valutazione della Pericolosità
prescritta dalle Linee Guida per l’adeguamento ambientale è rappresentato dalla necessità di far interagire strati informativi rilevati e realizzati a scale diverse, senza contare i limiti e le approssimazioni intrinseche
dell’elaborazione dello stesso DEM utilizzato nella creazione della Carta delle Pendenze. Si noti che, peraltro,
tale limite è strutturale nella valutazione dei CN nell’analisi idraulica. C) Passando all’esame dei risultati dell’applicazione del metodo, si rimarca ancora una volta che l’applicazione sic et simpliciter di quanto suggerito nelle suddette Linee Guida P.A.I. secondo il diagramma di
flusso in Fig. 32, conduce, nei calcoli della matrice che determinano il riconoscimento dell’Instabilità
Potenziale, ad un’esasperata sopravvalutazione della componente geolitologica, a tutto svantaggio della
contestualizzazione.
In conseguenza di ciò ad una prima versione derivata dall’applicazione tal quale delle Linee Guida P.A.I., i risultati sono stati tali da far degenerare in eccesso lo sviluppo dell’instabilità potenziale, a tal punto che si determinava (cioè veniva generata dal modello e, quindi, perimetrata) instabilità potenziale (limitata). persino
sulle spiagge dei litorali marittimi (ovvero in condizioni di 0 m sul livello del mare, di pendenza 0% o comunque
assai < 10% e, quindi, in assenza totale di “versante” e di una qualunque significativa azione gravitativa in
grado di sollecitare le litologie nostrane e lungo gli alvei delle esigue piane costiere.
Questa condizione è apparsa, dunque, palesemente decontestualizzata e, dati gli effetti teorici degenerativi
sullo sviluppo cartografico di Hg, inaccettabilmente penalizzante.
In sostanza, in conseguenza di una applicazione fedele del metodo, senza correttivi o vincoli aggiuntivi sul
modello, cioè esattamente come stabilito dalla R.A.S nelle Linee Guida per l’Adeguamento dei P.U.C. al P.A.I., nei risultati cartografici si genera una distribuzione di livelli d’instabilità geomorfologica (da bassa a
massima) e di rapportabile Pericolo non suffragata da alcun riscontro (né attuale né a carattere storico). Ciò
accade in particolare in quei luoghi, ove affiorino litologie sedimentarie di carattere detritico (anche di genesi
eluviale), soprattutto se abbinati ad usi del suolo arativo o a roccia nuda, anche in condizioni di pendenza nulla
o bassa. Si determina altresì una specifica diffusione di Instabilità bassa nelle superfici del tutto prive di
elementi significativi di dissesto. In questi casi i risultati cartografici della sopravvalutazione delle instabilità
potenziali contraddicono pesantemente lo stato di fatto, soprattutto in termini di livello di classificazione.
Ciò considerato, appare evidente che la sopravvalutazione consegue soprattutto dal fatto che le LL. GG. P.A.I.
costituiscono (per le esigenze del P.A.I. esposte nel paragrafo “Carta dell’Instabilità potenziale dei versanti” delle stesse Linee Guida, rispetto alle quali l’introduzione della stessa metodologia P.A.I. alla scala comunale
dello strumento urbanistico, appare nei fatti una palese contraddizione delle stesse raccomandazioni delle
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Linee Guida di cui al medesimo paragrafo) un’esasperata semplificazione di un metodo originario [cfr. Amadesi & Vianello, 1978] tarato in ambito appenninico (quindi geolitologicamente assai diverso dall’ambito Gallurese), priva di elementi di verifica sulle litologie sarde. I pesi che vengono suggeriti, sono infatti presi in
prestito da litologie di altri contesti, senza alcuna verifica su quelle sarde. Ciò appare palesemente non
compatibile con lo sforzo di rendere la valutazione della Pericolosità Geomorfologica un risultato di natura
scientifica9
E’ stato quindi deciso di fissare progressive condizioni di modello più restrittive che consentissero di pervenire a risultati di maggior realismo se confrontati con i risultati del lavoro sul campo. Allo scopo, tramite
assegnazione di specifiche prescrizioni al calcolo del Sistema Geografico, si è scelto di vincolare ulteriormente
l’attribuzione dei pesi litologici al fattore pendenza del versante cosa, questa, che nella metodologia esposta in
[Amadesi & Vianello, 1978] veniva determinata in modo più particolareggiato, attribuendo pesi diversi alle
litologie in funzione delle pendenze e delle giaciture.
Tab.7 -Significato dei livelli di pericolosità P.A.I.. secondo le indicazioni della Relazione generale P.A.I.
Quindi, proprio alla luce della particolare influenza dei sopra richiamati fattori, sia in assoluto che nei riguardi
specifici della precarietà degli ammassi rocciosi granitoidi residuali, ovvero a blocchi pervasivamente fratturati
(bassi RQD) ed a spaziature sovente da strette a moderate e con aperture allentate, la metodologia a cui il
modello informatico si é rifatta, ha posto come pregiudiziali a base di calcolo, 5 ulteriori condizioni restrittive
rispetto alla semplificazione delle LL. GG. P.A.I. che sono illustrate in Fig.21.
9 Si noti che oltre a non essere stato testato sulla litologia della Sardegna, come detto in Premessa, non esiste neppure un’applicazione del metodo scientificamente
tarata sulle condizioni geolitologiche dell’isola e quindi, questa impostazione, al momento, è sottratta a qualunque impiego che non sia del tutto sperimentale e si connota chiaramente come empirica
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Infatti, rispetto alle indicazioni derivanti dalle LL. GG. – P.A.I. e dalle LL. GG. per l’adeguamento del P.U.C (Luglio 2008), ai fini dell’elaborazione del risultato, sono state introdotte modifiche concettuali e tabellari tese a
ridurre gli effetti algebrici di un metodo che come visto si è rivelato alquanto suscettibile di banalizzazioni del
contesto fisico anche perché in verità, non del tutto in linea con le fonti scientifiche di ispirazione [1].
In particolare, sono state introdotte modifiche relative sia ai pesi che alle modalità di incrocio dei dati. Nello
specifico al modello di tipo algebrico con tre variabili indipendenti è stato sostituita un’analisi mediante modello ad una sola variabile indipendente (la pendenza) e le restanti due (Uso del suolo e Geo-Litologia)
dipendenti dalla prima. In tal modo i pesi delle due classi dipendenti si ripartiscono in modo diverso in funzione
dell’acclività.
Sono state inoltre meglio ripartite le classi di pendenza, secondo lo schema che segue (si noti che 50%
corrisponde ad un angolo di circa 27° e 275% corrisponde a circa 70°) al fine d’introdurre uno sfondo di
carattere geotecnico e geomeccanico nella distribuzione dei relativi pesi.
Il modello di calcolo, facendo riferimento ad una diversa matrice di valori che lega litologia e uso del suolo ai
valori di acclività, ha introdotto dunque ulteriori elementi di condizionamento che rendono l’analisi automatica
più contestuale. In più, con riferimento al riscontro in situ o foto aerea di fenomeni franosi diffusi, alle
segnalazioni contenute nella Carta Geomorfologica (I fase ) e al materiale I.F.F.I., si è passati alla validazione dei risultati della cartografia, ivi comprese le correzioni introdotte nei progressivi livelli di applicazioni dei
vincoli correttivi, con un approccio, come detto, in back analysis.
I livelli correttivi progressivamente introdotti nella determinazione dell’Instabilità Potenziale sono stati i
seguenti:
9.6.2 PERIMETRAZIONE AREE A SIGNIFICATIVA PERICOLOSITÀ GEOMORFOLOGICA
Con riferimento alle Norme di Attuazione del P.A.I. si richiama di seguito, quanto in parte già esposto nella
Premessa.
Ai sensi dell’ Art. 26 –
1. Possiedono significativa pericolosità idraulica le seguenti tipologie di aree idrografiche appartenenti al
bacino idrografico unico della Regione Sardegna:
a. reticolo minore gravante sui centri edificati;
b. foci fluviali;
c. aree lagunari e stagni.
2. Possiedono significativa pericolosità geomorfologica le seguenti tipologie di aree di versante appartenenti al
bacino idrografico unico della Regione Sardegna :
a. aree a franosità diffusa, in cui ogni singolo evento risulta difficilmente cartografabile alla scala del
P.A.I.;
b. aree costiere a falesia;
c. aree interessate da fenomeni di subsidenza.
3. Per le tipologie di aree indicate nei commi 1 e 2 le prescrizioni applicabili valgono all'interno di porzioni di
territorio delimitate dalla pianificazione comunale di adeguamento al P.A.I., ai sensi dell’articolo 8, comma 5. Il
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programma triennale di attuazione stabilisce per tutte le aree indicate nel commi 1 e 2 interventi di
sistemazione e manutenzione della rete idrografica, dei versanti e di regimazione del deflusso idrico
superficiale.
4. Alle aree elencate nei precedenti commi 1 e 2, dopo la delimitazione da parte della pianificazione comunale
di adeguamento al P.A.I., si applicano le prescrizioni individuate dalla stessa pianificazione comunale di
adeguamento al P.A.I. tra quelle per le aree di pericolosità idrogeologica molto elevata, elevata e media.
Ai sensi dell’ Art. 8 comma 5:
In applicazione dell’articolo 26, comma 3, delle presenti norme, negli atti di adeguamento dei piani urbanistici comunali al P.A.I. sono delimitate puntualmente alla scala 1: 2.000 le aree a significativa pericolosità idraulica
o geomorfologica non direttamente perimetrate dal P.A.I..
Le Linee Guida per l’adeguamento P.U.C. a P.P.R. e P.A.I., sull’assetto ambientale a pag. 229 stabiliscono
inoltre che:
“Ai sensi dell’Art. 8, comma 12, N.T.A. P.A.I. nelle aree perimetrate dal P.A.I. come aree di pericolosità da frana di qualunque classe gli strumenti di pianificazione possono istituire fasce speciali di tutela regolandone
l’uso in funzione delle rispettive competenze. In particolare i Comuni potranno definire una Buffer-zone che
individuerà la fascia di ulteriore interessamento del processo franoso per effetto di rotolamenti, colate di fango,
caduta massi, etc.” 9.6.3 CARTA DELL’ INSTABILITA’ POTENZIALE
Nella elaborazione del modello concettuale associato all’Overlay Mapping necessario all’elaborazione della Carta dell’Instabilità Potenziale, ai fini della sua determinazione, è stato necessario ricorrere ai correttivi di cui si è accennato,
a partire dai dati dei tematismi Pendenza e UDS, secondo lo schema di Tab.20:
N. CASISTICA DELLE CONDIZIONI DI
CORREZIONE ACCLIVITA’ SINTASSI DEL SISTEMA
1 (P) con peso < -3 (cioè -4 e -5)
> 275% (70° circa)
Assegna direttamente il valore di instabilità potenziale massima
(Σ pesi = -3)
2 P con peso < -2 (cioè -3)
compresa fra (>) pendenza 50° e (<) 275%
Computa il peso relativo al valore dell’acclività + ½ valore litologia + valore Uso del Suolo
3 P con peso < -1 (cioè -2)
compresa tra (>) 35% e (<) pendenza 50°
Computa “valore acclività + valore litologia + valore uso del suolo” (conserva la matrice convenzionale)
4 di P con peso < 3 e > -1
compresa tra (>) 0% e (<) 35% e uso del
suolo < 0
Computa la somma di +7 (parametro da attribuirsi alla Instabilità
potenziale limitata e e classe d’instabilità 2) ed il peso relativo alla litologia
5 P con peso < 3 e > -1
compresa tra (>) 0% e (<) 35%
e uso del suolo >=0
Assegna il valore + 11
(situazione potenzialmente stabile e classe d’instabilità 1)
Tab.8 – Correttivi alle classi di instabilità potenziale dei versanti.
Tali correttivi forniscono la possibilità di rendere il risultato consuntivo dell’elaborazione più attinente al contesto senza,
cioè, incorrere in incongrue sovrastime. L’obiettivo è dunque quello di fornire una perimetrazione delle classi di pericolo
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quanto più possibile rappresentativa dello stato oggettivo. L’oggettività dell’elaborato cede pur sempre di qualche frazione nell’analisi delle criticità geomorfologiche che sopravvivono sulla superficie Di queste si è più volte detto e
ripetuto, mettendo in particolare l’accento sul fatto che i miglioramenti in chiave geomorfologica hanno come effetto collaterale principale l’impermeabilizzazione e la canalizzazione degli eventuali flussi idrici. Si è posta dunque la
necessità di affrontare la questione in chiave idrologica per non incrementare il fattore di sicurezza della valutazione in
chiave geomorfologica. Poiché le istanze dello scrivente geologo sono state recepite in quanto allo studio idrologico
sono state aggiunte nuove aree in base alle proposte derivanti dalla preliminare analisi geomorfologica.
I risultati dell’applicazione ponderata del metodo di overlay mapping della
Carta Geolitologica,
Carta delle Pendenze e
Carta dell’Uso del Suolo
sul territorio di Santa Teresa Gallura sono riassunti nell’Allegata Carta dell’Instabilità Potenziale.
A-CARTA GEO-LITOLOGICA E RELATIVI PESI
Della cartografia in sé si è già discusso. Si sottolinea nuovamente l’importanza nella sua stesura
dell’identificazione delle aree arenizzate, ricondotte all’interno della denominazione di Coltri Eluviali. La carta mostra, di conseguenza, la loro larga diffusione, quindi importanza areale ai fini dell’elaborazione dell’instabilità Potenziale. A ciascuno di essi è stato assegnata un’impedenza con riferimento ai pesi suggeriti dalle LL. GG. P.A.I.. Tuttavia, poiché nella metodologia P.A.I. i pesi da assegnare alle litologie non fanno riferimento alle giaciture
ed allo stato geo-meccanico degli ammassi, né sono fornite in termini specifici e locali, essendo come detto
totalmente svincolate da una letteratura scientifica regionale, peraltro inesistente, è stato necessario integrare
le conoscenze della suddetta cartografia, con le ricognizioni geomorfologiche. L’assegnazione dei pesi è stata soggettivamente attuata a vantaggio della sicurezza, come da tabella sottostante, riformulando quella
suggerita dalle LL. GG. PAI..
DESCRIZIONE LITOLOGIA PESO
Detrito di falda, coni detritici e conoidi di deiezione 1
Depositi lagunari, lacustri e palustri 3
Alluvioni ghiaiose recenti ed attuali degli alvei fluviali 1
Alluvioni ghiaiose, antiche e terrazzate 4
Alluvioni prevalentemente sabbiose 5
Depositi alluvionali prevalentemente limoso-argillosi 5
Depositi argillosi 2
Sabbie eoliche 1
Sabbie, anche grossolane con livelli ghiaiosi ed intercalazioni di arenarie 3
Arenarie, arenarie conglomeratiche 5
Calcari, calcari marnosi 6
Gneiss con elevata densità di giunti di fratturazione (Diatessiti) 5
Gneiss massicci e con giunti di fratturazione radi 8
Graniti, granodioriti alterati con potenti coperture di sabbioni arcosici 2
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Depositi antropici 1
Depositi antichi di spiaggia 4
Filoni di varia natura 7
Brecce intrusive 6
Depositi di spiaggia. Sabbie e ghiaie 1
Litofacies nelle Metatessiti di Punta della Volpe. Anfiboliti e noduli calc-silicatici. 4
Ortogneiss di Golfo Aranci 7
Graniti, granodioriti massicci privi di copertura ed alterazione (leucograniti) 7
Graniti, granodioriti massicci privi di copertura ed alterazione (Granodioriti e sieniti) 7
Graniti, granodioriti massicci privi di copertura ed alterazione (Monzograniti) 6
Graniti, granodioriti massicci privi di copertura ed alterazione (unità intrusive indistinte) 7
Tab.9 - Pesi assegnati alle litologie
B-CARTA DELLE PENDENZE E RELATIVI PESI
La carta è stata ricavata dall’analisi in ambiente GIS della cartografia comunale più aggiornata. Vi si riscontra che:
Fig. 34 – Legenda Carta delle pendenze
C-CARTA DELL’USO DEL SUOLO E RELATIVI PESI
Nell’ambito del P.U.C. è stata messa a punto una carta originale dell’Uso del Suolo alla scala 1:10.000 di tutto il territorio
comunale. La carta è stata ricavata in ambiente GIS dall’analisi della dotazione ortofotografica più aggiornata e dai
riscontri di taratura in campagna. Le classi individuate in carta sono classificate secondo i pesi riportati nella Tab.12. Ad
esse è stata assegnato il valore d’impedenza secondo la tabella corrispondente delle Linee Guida PAI.
Pendenza % % %
Peso
0-10 +2
10-20 +1
20-35 0
35-50 -1
50-100 -2
100-275 -3
<275 -4
Tab.10 - Correttivi dello studio
Tab.11 - Pendenze e pesi secondo le LL. GG. PAI
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Sigla Classe uso del suolo III livello Corine Land Cover Impedenza Peso 111 Tessuto urbano continuo mediocre 0 112 Tessuto urbano discontinuo mediocre 0 121 Aree industriali e commerciali mediocre mediocre 0 122 Reti stradali e ferroviarie e spazi accessori minima -1 123 Aree portuali mediocre 0 124 Aeroporti mediocre 0 131 Aree estrattive nulla -2 132 Discariche e depositi di rottami nulla -2 133 Aree in costruzione nulla -2 141 Aree verdi urbane buona 1 142 Aree ricreative sportive e archeologiche mediocre 0 143 Cimiteri mediocre 0 211 Seminativi in aree non irrigue nulla -2 212 Seminativi in aree irrigue mediocre 0 221 Vigneti nulla -2 222 Frutteti mediocre 0 223 Oliveti minima -1 231 Prati stabili mediocre 0 241 Colture temporanee associate a colture permanenti minima -1 242 Sistemi colturali particellari complessi minima -1 243 Aree prevalentemente occupate da colture agrarie nulla -2 244 Aree agroforestali minima -1 311 Boschi di latifoglie massima 2 312 Boschi di conifere massima 2 313 Boschi misti massima 2 321 Aree a pascolo naturale e prateria d’alta quota mediocre 0 322 Brughiere e cespuglieti buona 1 323 Aree a vegetazione sclerofilla mediocre 0 324 Aree vegetazione boschiva e arbustiva in evoluzione buona 1 331 Spiagge, dune, sabbie nulla -2 332 Rocce nude, falesie, rupi e affioramenti nulla -2 333 Aree con vegetazione rada minima -1 411 Paludi nulla -2 421 Paludi salmastre nulla -2 511 Corsi d’acqua, canali e idrovie nulla -2 512 Bacini d’acqua nulla -2 521 Lagune, laghi e stagni costieri nulla -2 522 Estuari e delta nulla -2 523 Mari nulla -2
Tab. 12- Classi UDS e Impedenze secondo il PAI
Stralcii del risultato finale sono esposti a titolo esemplificativo in Fig. 35 e 36, dove le aree a Verde più scuro
sono quelle Potenzialmente stabili e quelle a Verde più chiaro sono a Instabilità Potenziale limitata; mentre
quelle rossicce (Fig. 36) sono a instabilità Potenziale forte e massima secondo le indicazioni della Tab. 13 li.
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Fig. 35 -Stralcio Carta Instabilità Potenziale (Capo Testa-Centro Urbano –Ruoni)
Tab. 13 –Classi d’instabilità PAI
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Fig. 36 –Ingrandimento Fig. 35 con maggiore evidenza delle Classi d’instabilità potenziale più alte
9.7 CARTA DELLA PERICOLOSITÀ GEOMORFOLOGICA
Si ottiene secondo la Fig. 32 con la sovrapposizione della Carta della Franosità a quella dell’Instabilità Potenziale (gli altri strati non sono analiticamente configurati quindi sono omessi). Nel nostro caso si ricorre
alla Carta Geomorfologica del PUC in luogo di quella della Franosità.
In Fig. 37 sono riportati i simboli impiegati per gli elementi Puntuali, Lineari e Areali. Fra esssi spiccano per
rilevanza ai fini del successivo sviluppo della cartografia del Pericolo Geomorfologico le “Città di Roccia” (Gs12 e Sigla O sulle campiture in Carta) e i “Corpi di frana di crollo” in nero sulla Fig. 39(VG07).
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Fig. 37 -Legenda Carta Geomorfologica
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Fig. 38 -Stralcio carta Geomorfologica (Capo Testa-Centro Urbano –Ruoni)
Oltre i 4 livelli standard di Pericolosità geomorfologica, la Carta della pericolosità elaborata nel corso dello
Studio per l’Adeguamento del PUC a l PAI contiene anche la voce:
Aree studiate prive di pericolosità da Frana.Aree non soggette a fenomeni franosi con pericolosità assente e con
pendenze < 20%, (la cosiddetta Hg0).
Per i dettagli si vada alla Cartografia consegnata alla scala 1:10.000. I risultati della Pericolosità appaiono
realistici.
1. In primo luogo non vengono penalizzate le aree pianeggianti a sedimenti sciolti.
2. Non sono pericolose le spiagge e le valli alluvionali, salvo segmenti terrazzati erodibili.
3. I risultati risentono dell’elaborazione in ambiente GIS per via della frammentazione residua,.
4. A valle, comunque è stato operato di un lavoro di “omogeneizzazione”. 5. La squadratura di numerose superfici deriva dall’influenza della Carta UDS per l’affinamento degli
elementi litologici relativi alle aree arenizzate.
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Fig. 39 - Ingrandimento della Fig. 38
6. Si evidenzia che i pericoli geomorfologici sono più elevati al cospetto delle aree più rocciose.
7. Le aree prive di Pericolosità Geomorfologica sono molto diffuse e spesso corrispondono anche a quelle
insediate a scopi turistici (Porto Pozzo; Ruoni; Capizza di Vacca; Terra Vecchia; La Marmorata;
Conca Verde; Valle dell’Erica; Capo Testa; San Pasquale; Pultiddolu). Ai bordi di ognuna di queste
località è comunque presente Hg1 che è senz’altro preponderante invece a Marazzino. In tal caso, la
disciplina urbanistica è piuttosto limitata ma le NTA consentono d’introdurre limitazioni nei regolamenti edilizi. Si consiglia quindi l’amministrazione di avvalersi in tali casi dei contenuti di cui all’Art.34 delle
NTA del PAI.
8. A Val di Mela si passa da Hg1 a Hg2 in breve spazio, mentre a Caresi si passa lungo la strada vicinale
da Hg1 a Hg4.
9. A Stazzu Maltinu sussistono Hg1, Hg2 e Hg4. 10. Gli Hg4 sono localizzati su falesie già instabili (Capo Testa; Cala Spinosa; Santa Reparata; Lato
Ovest Ria di Lungoni; Punta Falcone) e gravate da accumuli di frane al piede, negli ambiti cacuminali
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o in stretta pertinenza delle aree interessate da rilievi residuali connessi con la evoluzione degli ammassi
a Granitoidi.
11. Il caso di Sarra di Pauloni-Saltara (nel settore più meridionale), appare il più interessante e, a parere di
chi scrive, può ricondursi ad una condizione di Geosito, alla luce delle caratteristiche complessive, così
particolari al pari, se non più di Capo Testa, quanto ad elementi paesistici di rilievo.
12. Aree in Hg2 soprattutto e più limitatamente in Hg4 sono presenti nella parte centrale del territorio, con medesime caratteristiche geo-strutturali di Sarra di Pauloni, ovvero fra M.te Maltinu, Caresi e Funtana La Fica. L’Hg2 è altresì rilevante nel settore di Santa Reparata, a ridosso di Lu Brandali, lungo la strada provinciale per Capo Testa e lungo il settore costiero fra Rena Bianca e l’Istmo di Capo Testa.
13. Nel settore Sud del Territorio appare variegata l’area compresa fra Sabetta e M.te Puntareddu, con
Hg1 prevalente su Hg2 e Hg4 piuttosto compenetrati.
14. 15. Le aree in Hg3 sono estremamente rare e circoscritte.
10. CONCLUSIONI Di norma le pericolosità più evidenti e più elevate coinvolgono Zone Agricole o Zone di Salvaguardia. Si tratta
di Hg1 e Hg2 in prevalenza e, in subordine di Hg4; queste ultime di solito, quando non in ambito strettamente
costiero, individuano settori di cresta dei rilievi o di versanti in stretta pertinenza di questi.
Mettendo da parte le Zone di Salvaguardia resta da analizzare il caso delle Zone Turistiche. Quelle di nuova
espansione appaiono gravate nella peggiore delle ipotesi da pericolosità Hg1, al contrario di quelle esistenti
dove (ad es. Santa Reparata) però, essendo i volumi a disposizione esauriti, evidentemente la questione non
comporta alcuna complicazione. Nelle aree Hg1, soprattutto in quanto legate ad insediamenti esistenti e a maggior ragione per i Nuovi , si invita
caldamente l’Amministrazione di avvalersi concretamente dei contenuti di cui all’Art.34 delle NTA del PAI.
8. COMPATIBILITA’ GEOLOGICA Alla luce delle conclusioni dello studio Geologico e Geomorfologico, visti in particolare l’indagine
geomorfologica e la valutazione della Pericolosità non perimetrata dal PAI, può concludersi che, nel
complesso, le previsioni del nuovo P.U.C. così come ricavabile dalle Carte della Zonizzazione, possono considerarsi compatibili con le previsioni del P.A.I. dal punto di vista Geologico e Geomorfologico.
Ciò in quanto:
◘ non possono peggiorare le condizioni di equilibrio statico dei versanti e di stabilità dei suoli, poiché non
attuano trasformazioni del territorio non compatibili con essi;
◘ non aumentano il livello di pericolosità geomorfologica così come qualitativamente valutata da questo
stesso studio, né in loco né sul versante;
◘ non compromettono la riduzione o l’eliminazione di eventuali cause di pericolosità o di danno potenziale
eventualmente presenti in aree di pericolosità perimetrata ad essa prossime;
◘ non inducono e non incrementano condizioni di rischio specifico da frana;
◘ garantiscono la soddisfazione di condizioni di piena sicurezza durante l’apertura del cantiere, in quanto non sussistono fattori predisponenti alla determinazione neppure temporanea di un significativo aumento
del livello di rischio o del grado di esposizione al rischio esistente.
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Va da sé, tuttavia, che le condizioni geolitologiche (arenizzazioni delle zone interne e assetti fratturati degli
ammassi rocciosi) e clivometriche riscontrate in diverse porzioni territoriali, ancorché con pericoli molto bassi o
attualmente prive di pericoli, sono tali da esporre viabilità e pertinenze degli insediamenti a condizioni di
dissesto erosivo, soprattutto in concomitanza di eventi intensi (come ad es. l’evento del 4/09/2012). E’ inoltre scontato che, nel breve e nel medio periodo, scorrette lavorazioni agricole possano peggiorare l’instabilità di luoghi oggi stabili. A tale riguardo, viste anche le implicazioni di ciò in campo idraulico, data l’abbondanza attuale del recapito solido nei corsi d’acqua, attestata anche dalle condizioni ostruttive di taluni tratti urbani (ad
es, Riu Muzzeddu, tratto focivo periportuale) ed extraurbani, è bene che l’Amministrazione provveda ad organizzare e predisporre periodici controlli sulle aree più esposte, sulla viabilità e presso i punti critici della
rete idrografica, al solo scopo di non sollecitare le pericolosità potenziali messe in evidenza dallo studio stesso
e provvedere a periodiche manutenzioni secondo le indicazioni impartite dalle Direttive per la Manutenzioni
degli alvei e la Gestione dei sedimenti (RAS 2012) e le LL.GG. per la Sistemazione e Manutenzione dei
Versanti (RAS 2013)Parimenti, se non già predisposto, dovrà tenere conto di quanto in questa sede scritto e
cartografato, ai fini del Piano di Emergenza di Protezione Civile idrogeologica.
Dott. Geol. Giovanni TILOCCA
Sassari, 09/12/ 2013
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