UN CUORE IN AFRICA

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un viaggio fotografico attraverso le realtà del Burkina Faso, uno dei 5 paesi più poveri del mondo in compagnia di Corrado Salmè e del gruppo missionario Cuore Africa fondato dal pastore evangelista che opera in Burkina per portare soccorso ai poveri con viveri, medicine, abiti e attrezzature per il pompaggio dell'acqua dal sottosuolo.

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IL CUORE IN

AFRICABURKINA FASO

IL CUORE IN

AFRICAviaggio fotogra!co sulle strade percorse dal gruppo missionario

“CUOREAFRICA”

DIEGO SANTANGELO

IL CUORE IN

AFRICAviaggio fotogra!co sulle strade percorse dal gruppo missionario

“CUOREAFRICA”

DIEGO SANTANGELO

I canali d i scorr imento che percorrono tutta la capitale Ouagadougou a margine delle strade. Un fetore insostenibile dovuto al r istagno dei liquami, un vivaio per le zanzare portatr ici della malar ia, coltura di malattie infettive. I l governo sta chiudendone alcuni con mattoni che livellano il p iano stradale ma la creazione di un vero sistema fognar io sommerso è assolutamente improbabile.Questa donna si sta r iposando immergendo i suoi piedi nelle acque nere del canale

Nel giugno 2009 ho avuto la possibilità di seguire Corrado Salmè in uno dei suoi viaggi missionari in Burkina Faso.L’esito di questo viaggio è riportato qui

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Anche io ho “la mia Africa”. Esistono libri impressionanti sull’Africa, per la qualità delle immagini e la rilevanza giornalistica dei reportage. Alcuni fra questi, alla maestria del fotografo sommano l’importanza di aver raccontato, nei tempi veloci della cronaca, avvenimenti che hanno sconvolto quel continente misterioso, a tratti spaventoso per l’immaginario collettivo occidentale, come ad esempio la mai dimenticata tragedia razziale del Rwanda. Africa anche dei tour operator, i quali celano agli sguardi dei turisti le realtà di un “backstage” impresentabile anche ai palati più incolti di cose “terzomondiste”. Un paese dai colori e gli odori “forti”, enorme continente che sembra non terminare mai, esteso fino allo scontro con gli oceani e i deserti che lo circondano e forse lo rinchiudono nella tragicità di un destino che, a chi guarda da lontano, potrebbe sembrare ineluttabile. Si fa presto a fare vuota retorica.

Il destino dell’Africa, dal quale escludo naturalmente il mondo e la fascia dei paesi islamici che aggiungono oppressione ad oppressioni, è segnato dalla drammaticità degli eventi che ne fanno la storia, forse la più tormentata del pianeta, il posto dove l’alternanza fra sopraffazione e devastazione trova pace solo nell’assenza di energia, grandi siccità e carestie che la colpiscono violentemente quasi a chiedere il conto per le violenze inaudite di cui si macchia il paese. In questo ruolo di assassini non solo tanta gente nativa, anche tanta Europa e America, Cina e Giappone, Russia e via così. Chiunque abbia trovato modo di succhiare la linfa vitale di questi popoli straniti dalla miseria è chiamato in causa. Popoli e genti che a momenti ti ricordano l’esistenza innocente dell’antilope, subito dopo il morso velenoso dell’aspide o la voracità della iena. Pronti a succhiarti via non solo il sangue ma anche il midollo, per dirla con Orazio, uomo autentico e amico di missione. Io credo che Orazio intenda dire pressappoco questo: – Quando sai che quello potrebbe essere il tuo ultimo pasto allora ti soffermerai più a lungo sulla preda –, mutuando la sua saggezza dai detti e proverbi comuni a tutta la vastissima cultura/pensiero/religione africana, mondo intriso di una spiritualità inquietante che attribuisce ad ogni cosa visibile una vita e una anima, quasi fosse il continente in cui ogni spirito di pietre, rettili, uccelli, di ogni antenato, di ogni coniuge o figlio estinto, si contrapponga allo Spirito del Dio creatore per affermare la propria confusa parziale verità. Paese di possessioni e di esorcismi.

In questo luogo dello spazio e dello spirito guardavo attonito la grande povertà che mi si dipanava dinanzi in tutte le sue sfaccettature più buie. Mi sono sorpreso a pensare al mio biglietto di ritorno che mi dava lo spiraglio, la via di uscita da quello che mi sembrava a tratti un inferno materializzato in terra. Loro no, quel biglietto di fuga non lo avranno mai. La loro casa-baracca, il loro posto, quello dal quale non vorrebbero mai andar via. A guardare bene, oltre il naaso, ti rendi conto di quanto più vero, più equilibrato del nostro posto in cui ci muoviamo sicuri, quasi che la morte non ci attenda più, quasi credessimo che è un’affare lontano dalle nostre vite delle quali sprechiamo il tempo migliore.Quel continente che in alcuni momenti ti stordisce, nel bene e nel male, ha dei risvolti meravigliosi, autentici, ricchi dell’umanità più arcaica e pura, manifestazioni di vita che impregna i sensi in modo indelebile.L’Africa non ti lascia indifferente. O ci muori o ci stai con tutte e due i piedi e per morire

intendo metaforicamente “fallire” in ciò che ti sei prefisso di essere o avresti intenzione di fare.La via di uscita è sedersi ad aspettare, immobili nel grande caldo, nell’aridità che non da scampo, che salta agli occhi con gli effetti devastanti di una siccità che nel 1975 arrivò agli occhi del mondo con immagini deliranti, immagini di morte. Corpi vivi rinsecchiti dalla fame e dalla sete, involucri/bambini dalle enormi pance rigonfie, le costole a fior di pelle, gli occhi fuori dalle orbite, sguardi persi nel nulla del grande niente. Nudi e dispersi fra dune di sabbia che avanzava su distese di terra già spaccata, corpi in movimento alla ricerca silenziosa di aiuto, già cadaveri viventi, contratti nello spasimo della morte senza il sollievo di una goccia d’acqua sulle labbra prima di esalare l’ultimo respiro liberatorio. I margini del Sahel, il grande deserto che avanza inesorabile sono qui, in Burkina Faso, già Alto Volta. Il girone dei dannati è qui... se non fosse che nulla ha potuto contro la vita che persiste e si aggrappa tenace ad ogni goccia d’acqua succhiata in superficie dalle profondità di quel suolo rinsecchito e duro.

Da parte mia devo rendere il giusto peso al meraviglioso lavoro di reportage svolto dal grande fotografo Sebastiao Salgado che racconta fra le tante inverosimili tragedie anche quella della siccità del Sahel con immagini di una durezza spietata, immagini che non lasciarono scampo al mondo scioccato il quale fu mosso a compassione inventando una prima corsa ai soccorsi umanitari. Come lui sicuramente tanti altri ai quali rendo omaggio idealmente. A distanza di oltre trent’anni non si capisce bene a cosa sia servito lo sforzo, se abbia mai risolto almeno le necessità primarie di quella popolazione, la gente burkinabe che sopravvive nello stesso paese fra le solite contraddizioni e l’enorme peso di dover pompare acqua dal sottosuolo. Percorrendo così tempi e distanze destinati all’unica occupazione degna di essere presa in considerazione: un bidone pieno d’ACQUA.

Tutto il resto passa in secondo piano e probabilmente mentre oggi provo a disegnare un ritratto di questo paese, passando nei posti con lo sguardo di chi ha ormai digerito la durezza di quelle scene di morte solo grazie ad uno stomaco indurito dal rilascio di immagini violente delle nostre televisioni, guardo a questa gente con maggiore rispetto. Sono loro grato di avermi re-istruito sul valore vero della vita, di avermi mostrato il giusto peso delle cose che mutano semplicemente perché la prospettiva da cui le guardi è un’altra. Da questo lato, dal sud della terra, il “miglio” che noi diamo ai nostri canarini rinchiusi nelle gabbiette è l’unico nutrimento essenziale per sopravvivere e restare in piedi. Così si può continuare a guardare quella terra che dietro un’apparente aridità cela il tesoro rigoglioso di vite preziose, senza per questo averla in odio per la sua durezza, per la sua maestosa potenza distruttrice che sta assediando l’uomo.Questo lavoro non ha la pretesa di essere annoverato fra i grandi reportage. Nasce con l’intendo di provvedere alla raccolta di fondi per l’organizzazione CUORE AFRICA, impegnata attivamente nella realizzazione di progetti di sostegno e aiuto allo sviluppo per le popolazioni del Burkina.L’intero ricavato di ogni copia venduta va integralmente alla O.N.G. CUORE AFRICA.A questa associazione viene devoluto l’intero prezzo di copertina del libro.

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ACQUAÈ forse un’ovvietà iniziare parlando dell’acqua, come se non ci fosse altro da raccontare, ma tant’è, l’acqua è vita, inutile ripeterlo. Quando però la vedi

per quello che non dovrebbe essere, cioè acqua piovana, pozzanghera, fango argilloso, raccolta di ogni putridume, non puoi fare altro che fissare tutta la

tua attenzione sull’elemento alla base di ogni forma di vita.

Osservi i bambini che si lavano le mani in quell’acqua poco prima di mettersi a mangiare dalla pentola la polenta di farina di miglio cotta con quella stessa

acqua. Allora un pensiero ti assale violentemente e sai che è come giocare alla roulette russa, avanti, sotto a chi tocca, alla favola degli anticorpi non

possiamo crederci, certo una resistenza speciale la svilupperanno pure, ma la domanda da mille punti è: e oggi a chi toccherà? chi si porta a casa la

dissenteria? o sarà l’epatite, il colera, i vermi, le ....

Un istituto di Palermo che ha analizzato campioni d’acqua prelevata da un pozzo in Burkina, una volta superati i 90 ceppi batterici ha desistito dal

continuare dichiarando di non essere più in grado di contare la presenza, la quantità e la differenza di microrganismi presenti in un solo sorso d’acqua.

Vale a dire che quando un burkinabè si sveglia prega pressappoco così:

Ogni giorno di vita che tu oh Dio mi aggiungi è un dono o un miracolo. Se fosse per l’acqua che bevo dovrei essere già morto, ma la tua misericordia mi

guarisce. Amen

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LAVORO

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CIBO

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BAMBINI

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GIOCARE

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POSSESSIONE

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Marco 9:20Glielo condussero; e come vide Gesù, subito lo spirito cominciò a contorcere il ragazzo con le convulsioni; e, caduto a terra, si

rotolava schiumando.

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Marco 5:1-101 Giunsero all'altra riva del mare, nel paese dei Geraseni. 2 Appena Gesù fu smontato dalla barca, gli venne subito

incontro dai sepolcri un uomo posseduto da uno spirito immondo, 3 il quale aveva nei sepolcri la sua dimora; nessuno poteva più tenerlo legato neppure con una catena. 4 Poiché spesso era stato legato con ceppi e con catene, ma le

catene erano state da lui rotte, e i ceppi spezzati, e nessuno aveva la forza di domarlo. 5 Di continuo, notte e giorno, andava tra i sepolcri e su per i monti, urlando e percotendosi con delle pietre. 6 Quando vide Gesù da lontano, corse, gli si prostrò davanti 7 e a gran voce disse: «Che c'è fra me e te, Gesù, Figlio del Dio altissimo? Io ti scongiuro, in nome di Dio, di non tormentarmi». 8 Gesù, infatti, gli diceva: «Spirito immondo, esci da quest'uomo!» 9 Gesù gli domandò: «Qual

è il tuo nome?» Egli rispose: «Il mio nome è Legione perché siamo molti». 10 E lo pregava con insistenza che non li mandasse via dal paese.

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VECCHI

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TESTO

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CUOREAFRICA

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Non ho mai visto prima qualcuno pregare con tanta serietà, con tanta decisione e sicuramente con tanta incrollabile, certa, sicura fede come

questi bambini raccolti in chiesa per la serata dedicata a loro. Mauris dapibus tortor id sem auctor mattis. Sed mattis enim velit, non posuere

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Il boccone migliore è una testa di pesce da dividere fra circa 12 bocche. Alla fine non la toccano aspettando che il più piccolo fra di loro la

mangi. Non tutti riescono in questo esercizio di amore fraterno, di corresponsabilità sociale. All’improvviso è ressa, alcuni bambini hanno

troppa fame, si avventano sui diaconi che distribuiscono la mensa. È caos. Morbi quis nisl nisl. Mauris dapibus tortor id sem auctor

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