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Sezione pre-protostorica
Chiave di lettura
La sezione pre- protostorica del Museo Archeologico Provinciale di Potenza include una
scelta di reperti ascrivibli ad un arco crono - culturale compreso tra il Paleolitico e il Bronzo
Finale (550.000 / 500.000 anni fa circa – 1.100/1.000 a. C.), provenienti dall’area del
Bacino di Atella -Vitalba, da Filiano – Tuppo dei Sassi, dalle Grotte in località La Calda di
Latronico e da Oliveto Lucano.
Il percorso espositivo è organizzato (sulla base del progetto della Cooperativa
archeologica “Archè”, che operò all’interno del Museo negli anni Novanta), secondo un
criterio topo-cronologico ed articolato in tematiche o sezioni “trasversali” alla dimensione
spazio-temporale, che consentono, non soltanto di percepire e leggere i reperti in senso
diacronico o geografico, ma di coglierne anche le tipizzazioni culturali e i processi di
evoluzione tecnologica, strettamente legati a quelli antropologici e naturalistico-ambientali
Le tre tematiche, definite come antropico-naturalistica, spirituale e tecnologica,
forniscono all’osservatore un’ulteriore chiave interpretativa del cammino dell’uomo
preistorico e delle sue relazioni con l’habitat, evidenziando le associazioni tra manufatti e
attività legate alla sussistenza, tra tecniche e forme sempre più organizzate di
sfruttamento dell’ambiente e di definizione dei ruoli all’interno dei gruppi (sia per il
procacciamento delle risorse che per la loro conservazione), tra tipi di materiali e sistemi
di scambio (anche di idee), tra contesti e manifestazioni cultuali, rituali e artistiche.
a) Sezione antropico-naturalistica (vetrine n. 1, 2)
Le testimonianze antropico-naturalistiche di questa sezione pongono in evidenza le
associazioni tra le attività dei gruppi umani della facies culturale del Paleolitico Inferiore e
gli elementi caratterizzanti di specifici contesti ambientali ascrivibili al Pleistocene Medio
(Bacino di Atella, ,Terranera di Venosa). Tali elementi sono riscontrabili nei resti fossili
esposti di elefante, ippopotamo, iena, orso, rinoceronte,cavallo, che fanno ipotizzare
uno scenario naturalistico molto diverso da quello attuale, dominato dalle glaciazioni
pleistoceniche e dagli interglaciali e caratterizzato da vari fenomeni (incremento rilevante
dell’attività eruttiva del Vulture, costituzione dell’antico bacino lacustre di Atella, suo
successivo svuotamento, massicce migrazioni di grossi mammiferi).
In questo contesto si colloca l’Homo Erectus una forma di ominide in grado di fabbricare
strumenti litici molto semplici e al quale si riferiscono i reperti esposti. Le sue interazioni
con l’habitat sono legate, essenzialmente, alla sopravvivenza e alla ricerca di sistemi per
procacciarsi cibo. L’economia di sussistenza, pertanto, si basa sulle attività di caccia lungo
le rive del paleolago, dove, secondo quanto attestano le evidenze archeologiche, i grossi
mammiferi si recano in branchi per abbeverarsi. Una probabile strategia di caccia è quella
di spingere il capo del branco isolato verso l’interno del lago, nel quale resta impantanato
senza possibilità di uscirne, con una successiva e conseguente morte per sfinimento nel
tentativo di liberarsi dal fango.
Gli strumenti litici associati ai resti di animali cacciati con una certa frequenza sono le
amigdale, a forma di mandorla, usate come armi da lancio, ma sono presenti anche
grattatoi e altri attrezzi utilizzati per la macellazione. Le tecniche o industrie, che
scandiscono la facies culturale del Paleolitico Inferiore sono la Acheulana, consistente in
una lavorazione su ciottolo spesso con ritocchi sommari anche su entrambe le facce
(bifacciali) e la Clactoniana con una produzione su scheggia.
Sezione spirituale (vetrina n. 3)
I reperti esposti in questa sezione, ascrivibili alle facies culturali del Paleolitico Medio,
Paleolitico Superiore e Mesolitico nell’area del Bacino di Atella-Vitalba, lasciano percepire
un’evidente evoluzione tecnologica e tipologico-funzionale.
Si arricchisce, infatti, il ventaglio delle classi di manufatti litici e di altri materiali come
l’osso e il legno, ma si amplia anche l’orizzonte dei loro ambiti di utilizzo, che non sono più
soltanto i contesti legati al soddisfacimento dei bisogni primari, bensì anche quelli
appartenenti alle sfere dell’affettività e della creatività, che si esprimono attraverso le
manifestazioni di culto per i defunti, quelle artistiche delle pitture rupestri e quelle, infine,
collegate ai riti magico-religiosi.
L’Homo Neanderthalensis, l’Homo Sapiens e l’Homo Sapiens Sapiens sono i
protagonisti del Paleolitico Medio, Superiore e Mesolitico, individui in grado di realizzare
strumenti più complessi, efficaci e diversificati attraverso tecniche di lavorazione meditate
e non più spontanee e casuali, che discriminano orizzonti cronologici nell’ambito delle
stesse facies culturali di appartenenza. ll repertorio litico esposto include bifacciali, punte,
raschiatoi, bulini, becchi, grattatoi, semilune, dorsi, denticolati, realizzati con tecniche
perfezionate (Levallois, industria su lama, microbulino), caratterizzanti l’industria
musteriana del Paleolitico Medio, la castelperroniana e l’aurignaziana del Paleolitico
Superiore, quella dei microliti e dei geometrici del Mesolitico. Gli uomini possiedono un
elevato psichismo e sono alla continua ricerca del rafforzamento dei legami affettivi tra
individui, comunità e ambiente circostante, del quale percepiscono la ciclicità, il dinamismo
(espresso nelle pitture rupestri). Si identificano con i codici di relazione del gruppo di
appartenenza e sono radicati alla continuità e ripetitività di comportamenti socialmente
approvati, tramandati e diffusi anche ritualmente, necessari allo svolgimento di azioni
individuali sincronizzate con le azioni comuni, al fine di garantire la sopravvivenza del
gruppo stesso, rinnovando un rapporto di armonia e magico- propiziatorio con la natura.
Sezione tecnologica (vetrine n. 4, 5,6)
Attraverso i reperti di questa sezione (provenienti dal complesso delle Grotte di Latronico,
e da Oliveto Lucano) si illustrano l’evoluzione tecnologica e culturale del Neolitico,
dell’Eneolitico e del Bronzo, sebbene risultino delle lacune, dal punto di vista dei materiali,
che non consentono una percezione totale di continuità tra tutte le fasi.
Questi orizzonti culturali appaiono caratterizzati dalla “specializzazione tecnologica” e “del
lavoro” oltre che dall’innovazione, ossia dalla capacità di sperimentare nuovi materiali e
nuove tecniche, ma, soprattutto, di teorizzare, formalizzare e definire delle regole di
produzione; gli individui dotati di queste particolari abilità cominciano ad avere un ruolo
sociale distinto. Nascono gli artigiani, dapprima itineranti, in seguito stabili nell’ambito
della comunità di appartenenza, ma sempre proiettati verso altre aree geografiche per
ricercare nuovi materiali, confrontarsi, scambiarsi idee. Questo dinamismo si riflette anche
nell’economia, nell’arte, nel rituale funerario, nell’organizzazione insediamentale e sociale
delle comunità neolitiche e delle età dei metalli.
La caratterizzazione tecnologica del Neolitico è data dall’introduzione delle lavorazione
della ceramica (con decorazione impressa e quella dello stile Serra d’Alto e Diana), della
pietra levigata e dell’ossidiana, con una produzione sempre più diversificata di oggetti di
uso quotidiano, personale e di prestigio.
Con l’Eneolitico (nel corso del quale continua la lavorazione della pietra levigata) e il
Bronzo la specializzazione emergente è la metallurgia, consentendo agli artigiani di
occupare un posto ben definito nella società. La nuova tecnologia, infatti, richiede alti livelli
di padronanza tecnica per la realizzazione delle leghe, le cui composizioni variano a
seconda delle classi di oggetti. Anche la ceramica subisce un’evoluzione tecnologica con
l’introduzione del tornio, che consente una sorta di produzione in serie. Gli esemplari
esposti (Eneolitico, Bronzo Medio, Bronzo Finale) presentano caratteristiche (in forma e
decorazione) tipiche delle facies culturali di appartenenza.
La preistoria e la protostoria in Basilicata.doc
Pre-protohistoric section
How to read it
The pre-protohistoric section includes a selection of archaeological finds that can be ascribed to a chrono-cuktural period extended from Paleolithic to Late Bronze Age (550.000/500.000 years ago- 1.100/1.000 B. C.) coming from the Atella-Vitalba area, Filiano-Tuppo dei Sassi, from the La Calda Caves near Latronico and Oliveto Lucano.The exhibition is based upon the project by Archè, an archaeological association who worked in this Museum in the nineties, and follows a topo-chronological criterion structured into cross themes or sections which not only enable to chronologically and spatially sense and read the finds, but also to catch their cultural standardizations and their technological evolutionary processes, closely related to the anthropological and naturalistic – environmental ones. The three main themes, anthropic-naturalistic, spiritual and technological, give the observer a further key to understand the journey of prehistoric men and their relationship with the habitat, emphasizing the link between artefacts and subsistence activities, between techniques and more and more structured envinonment exploitation and group role definition forms (in order to either procure food or to preserve it), between materials and trade systems, between envinonment and workship.
Anthropic-naturalistic section (showcases 1 and 2)
The anthropic-naturalistic evidences highlight the links between Lower Paleolithic human activities and Middle Pleistocene specific contexts (Atella area, Terranera di Venosa). We can see these connections in the elephant, hyppopotamus, hyaena, bear, rhinoceros and those fossils on display, evidences which let us imagine a naturalistic scenery ruled by Pleistocene glaciations and other phenomena such as a remarkable increasing of Vulture’s eruptive activity, the setting up of Atella’s ancient lake basin, its subsequent draining and furthermore massive migrations of big mammals. This is the environment the Homo Erectus lived in. He was able to produce very simple stone instruments and he basically had to survive and earn a living by hunting along the shores of the ancient lake where, as testified by archaeological evidences, large mammals would go in droves in order to drink. It’s likely that Homo Erectus used to push the herd-chief in the middle of the lake, in which he would get trapped and die by exhaustion trying to break free of the mud. Stone tools frequentely found and linked with remains of hunted animals are hand-axes (amygdales), almond-shaped tools used as throwing weapons, but there are also endscrapers (grattoirs) and other tools for slaughter. Two different techniques or industries are typical of Lower Paleolithic: the Acheulan, which consists in manufacturing thick stones with clumsy retouches on both faces (biface) and the Clactonian, an industry of flake tool manufacture.
Spiritual section (showcase 3)
The archaeological finds on display, that can be ascribed to Middle Paleolithic, Upper Paleolithic and Mesolithic in the Atella-Vitalba Basin area, document a clear technological, typological and functional development. The range of artfacts and materials gets richer and includes bone and wood. The range of uses gets richer as well because they don’t have to satisfy just primary needs anymore, but also affective and inventiveness necessities, whose main expressions are the cult of the dead, rock painting and magical-religious rites.
Homo Neanderthalensis, Homo Sapiens, Homo Sapiens Sapiens are Middle Paleolithic, Upper Paleolithic and Mesolithic’s leading actors, able to produce more elaborate, effective instruments. Manufactures cease to be random and spontaneous and become pondered. We can see bifaces, pints, scrapers, burins, beaks, enscrapers or grattoirs, denticulate tools manufactured with specialized techniques (Levallois, blade technology, microburin) typical of Middle Paleolithic Mousterian industry, Upper Paleolithic Castelperronian and Aurignazian industries, and the Mesolithic microlith and geometric industry. At the moment, men have a high psychism and are always in search of stronger bonds of affection, connections between individuals, but also between the community and the surrounding environment. They begin to perceive the cyclicity of nature and its dynamism, which they express in rock painting. Furthermore, they reproduce the cyclicity of natural phenomena in their everyday life with repetitive behaviours and socially sanctioned activities that were ritually handed down. their main purpose was to synchronize individual actions to the community ones in order to ensure survival to the group by renewing a harmonic and magical-propitiatory link to the nature.
Technology section (showcase 4,5,6)
These finds (which come from the Latronico Caves complex and Oliveto Lucano) illustrate
technological and cultural advances from Neolithic, Eneolithic and Bronza Age, although the
current and Bronze Age, although the current exhibition presents some lacks of materials – metals
are quite absent – which don’t allow the visitor to perceive the continuity of the stages. The main
features of these cultural horizons are technological specialization and work, namely the skill to
experiment with new materials and techniques and, most of all, the ability to theorize and set
manufacture rules; such skillful men start to gain a socially distinguished role: it’s the rise of
craftsmen. In the beginning they used to move from village to village, later on they became steady,
though always in search of new materials, ideas and techniques somewhere else. Economy,
funeral rites, settlement organization and social structures during Neolithic and Metal Age reflect
this sort of dynamism as well. Neolithic’s most important technological advances are introduction of
pottery (either with imprinted decoration or in Serra d’Alto and Diana style) and manufacturing of
polished stone and obsidian. Stone tools become more and more diversified and include everyday
use, body care and precious instruments. Eneolithic (in which people keep manufacturing stone
tools) and Bronze Age’s main specialization is metallurgy. The new technology requires high levels
of mastery of making alloys, whose composition depends on the artifact types. The artisan who
own the ability of making different alloys hold a position of prestige in their society. Pottery evolves
very much thanks to rhe introduction of potter’s wheel, which permits a kind of mass production.
The specimens on display (from Eneolithic, Middle and Late Bronze) show shape and decoration
features that are typical of their cultural forms.
Il Paleolitico in Basilicata
Lo sviluppo dell’umanità ha avuto luogo nel Quaternario, l’era geologica più
recente, della durata di circa 3 milioni di anni e suddivisa in due periodi:
Pleistocene e Olocene. Il Pleistocene è un lungo periodo geoclimatico
caratterizzato dalle grandi glaciazioni e relativi interglaciali (Donau, Günz,
Mindel, Riss e Würm) e termina 10.000 anni fa circa con la fine dell’ultima
glaciazione. I cambiamenti climatici avvenuti durante il Pleistocene comportano
radicali trasformazioni del paesaggio, della fauna, della flora e, di conseguenza
della vita dell’uomo, che in quest’era vive di caccia e di raccolta. Gli aspetti
cono-culturali del Pleistocene sono il Paleolitico (suddiviso in inferiore, medio e
superiore) e il Mesolitico, durante i quali l’economia di sussistenza si basa
esclusivamente su uno sfruttamento non sistematico delle risorse ambientali,
legato ai cicli stagionali. Ciò determina il tipo di insediamento in caverne, grotte,
ripari sotto roccia, capanne all’aperto e un nomadismo stagionale legato allo
spostamento dei branchi di animali. In Basilicata il Paleolitico inferiore è
caratterizzato dai laghi pleistocenici di Venosa Notarchirico e del bacino del
Mercure. Da questi siti provengono resti di Elephas antiquus, Hippopotamus
amphibius, Equus stenonis, Equus asinus. Il Paleolitico medio è ben
documentato dalle industrie musteriane di tecnica levalloisiana (punte e
raschiatoi) e da industrie musteriane di tipo a denticolati.
Il bacino di Atella
Il Bacino di Atella si estende dalle falde meridionali del Vulture (ad una
altitudine di m. 1326 s.l.m.) fin sotto Castel Lagopesole: il territorio rappresenta
il fondo di un antico lago pleistocenico formatosi in seguito allo sbarramento del
corso del torrente Stroppito-Atella avvenuto alla fine dell’Era Terziaria, in diretta
connessione con l’attività del vulcano Vulture, i cui ultimi eventi parossistici
avrebbero comportato, inoltre, lo svuotamento dell’antico invaso lacustre. La
vita del lago è compresa tra i 740.000 e i 540.000 anni fa, un periodo che va
dalla fine dell’interglaciale Gunz–Mindel fino alla seconda metà della successiva
glaciazione di Mindel. Al momento della sua massima estensione il lago era
lungo 15 km. e largo 6,5 km. L’antropizzazione dell’area era intensa, come
testimoniano diversi documenti preistorici: i più antichi risalgono ad una fase in
cui lo stabilizzarsi del livello delle acque del bacino lacustre favorì
l’insediamento umano e l’arricchimento della vita vegetale e animale. Infatti,
circa 550-500.000 anni fa, gruppi umani vivevano di caccia lungo le rive del
paleolago: le loro prede erano l’elefante antico, il bisonte, l’uro ed il cervo. Gli
archeologi hanno individuato due insediamenti acheulani molto particolari: il
primo, sito in località Masseria Palladino (Filiano), ha restituito numerosi
chopper e bifacciali in quarzite, raschiatoi, grattatoi, bulini, denticolati e punte in
selce, per un totale di circa cinquecento oggetti; il secondo sito, prossimo al
moderno cimitero di Atella, è caratterizzato da strumenti dello stesso tipo, con la
sola differenza che chopper e bifacciali sono ricavati da porosi blocchi di
radiolarite. Sono stati inoltre rinvenuti una difesa di Palaeoloxodon antiquus (un
esemplare di elefante), un molare attribuibile ad un altro individuo, impronte di
zampe di un elefante che, con ogni probabilità, deve essersi impantanato non
lontano dalla riva del lago. L’Homo erectus esercitava la caccia collettiva ai
grandi mammiferi (uri, bisonti, elefanti e rinoceronti) lungo le rive del lago, dove
gli animali si recavano per abbeverarsi. Una delle probabili strategie di caccia
utilizzate era quella di far isolare il capo dal branco, per poi spingerlo con urla,
lancio di amigdale (e forse fuochi) all’interno del lago. In tal modo i grandi
pachidermi si impantanavano nel fango lacustre dove, una volta imprigionati,
non avrebbero più avuto la possibilità di uscire. La morte sarebbe sopraggiunta
per sfinimento nel giro di pochi giorni. Lo conferma la gran quantità di resti ossei
di elefante e di bue primigenio rinvenuta sul sito. Il ritrovamento di schegge,
denticolati e nuclei attesta l’uso di tali utensili taglienti per la macellazione della
carcassa. La presenza dell’homo erectus è documentabile fino a circa 150.000-
100.000 anni fa, anche se si conosce ben poco della sua tarda attività nel
Bacino di Atella, poiché gli insediamenti o i luoghi di sosta sono andati distrutti
dalla continua frequentazione dell’uomo. Intorno agli 80-60.000 anni fa,
compare l’uomo di Neanderthal, che ha lasciato solo alcune testimonianze della
sua presenza, riconducibili a pochi utensili in pietra. Successivamente (32.000-
30.000 anni fa), il passaggio dell’homo sapiens è attestato da tipici manufatti
litici utilizzati principalmente nelle battute di caccia. Seguirà un vuoto di
presenze umane, interrotto dall’arrivo di alcuni gruppi di cacciatori mesolitici
circa 9.000 anni fa, in un periodo culturale chiamato Castelnoviano. Attribuibile
ai cacciatori mesolitici è una testimonianza unica tra le manifestazioni artistiche
di tale periodo: si tratta di pitture rupestri scoperte dal direttore del Museo
Provinciale Francesco Ranaldi negli anni ’60 in un riparo sotto roccia in
contrada Tuppo dei Sassi (Serra Pisconi – Forenza).
Paleolitico – L’industria litica
L’intensa attività dell’uomo preistorico è rappresentata soprattutto dai suoi
manufatti litici. Durante il Paleolitico inferiore è documentata l’associazione di
strumenti litici bifacciali e su scheggia: i primi erano usate come arma
immanicata per la caccia, i secondi per scarnificare e tagliare. L’industria litica
utilizzata è l’acheulana antica: le amigdale, utilizzate per la caccia, erano
realizzate scheggiando la radiolarite, una materia prima leggera e porosa.
L’utensile si presenta a forma di mandorla – da cui il nome amigdala – e viene
ricavato dalla roccia asportando delle schegge dal perimetro di un ciottolo. La
forma leggermente curva ne facilitava il lancio. La radiolarite è un materiale
estremamente leggero, facile da trasportare e con una lunga capacità di gittata.
Inoltre, la foggia appiattita e la rotazione impartitale durante il lancio favorivano
sicuramente l’aumento della portata ed una traiettoria più precisa. Accanto alle
amigdale sono state spesso ritrovate piccole schegge di selce che si pensa
servissero per smembrare e tagliare le carcasse degli animali. In particolare, da
grosse schegge ottenute con tecnica clactoniana (industria litica del Paleolitico
inferiore antico caratterizzata da strumenti su grandi schegge e su ciottolo)
venivano poi ricavate con la medesima tecnica schegge più piccole ma molto
più taglienti.
Il Mesolitico in Basilicata
Alla fine del Pleistocene (10.000 anni fa) una serie di importanti innovazioni e
schemi culturali nuovi interrompono la monotonia delle età paleolitiche. Le
evidenze archeologiche di quest’epoca attestano chiaramente un incipiente
processo di sedentarizzazione, l’ampliamento della gamma delle risorse
alimentari, un sensibile aumento demografico e l’insorgere di una crisi
alimentare. Rispetto al Paleolitco superiore si registra un mutamento climatico
che si orienta sempre di più verso le condizioni attuali. Le culture, che si
frazionano differenziandosi in più facies, sono caratterizzate da una maggiore
rapidità e fermento e si adattano più tempestivamente ad un ambiente in rapido
mutamento: sebbene le nuove condizioni climatiche favoriscano la fauna e la
flora, si assiste ad una grave crisi economica e venatoria, al consequenziale
passaggio dalla caccia-raccolta alla sola raccolta e all’insorgere di stress
nutrizionali. L’uomo tende a cibarsi di vegetali e molluschi, trascura pertanto la
caccia e sosta sempre più a lungo in determinati territori: tale sedentarismo,
riducendo gli spostamenti, induce alla conservazione dei semi vegetali
commestibili e porta gradualmente a un diverso processo di sfruttamento delle
risorse ambientali. Le nuove esigenze economiche influenzano anche la
fabbricazione degli strumenti litici: l’esigenza di cavare le radici dal terreno
comporta lo sviluppo di grattatoi, la caccia ai volatili richiede punte di freccia a
tagliente e le valve delle conchiglie vengono schiuse per mezzo di becchi
acuminati. Gli insediamenti di Tuppo dei Sassi e del bacino di Atella attestano la
presenza della facies mesolitica castelnoviana.
Riparo Ranaldi (Tuppo dei Sassi): le pitture rupestri
La contrada Tuppo dei Sassi prende il nome da un rilievo di 880 mt. circa, che
si erge nell’area boscosa di Forenza. In questo sito, tra il 1962 e il 1965, il
direttore Francesco Ranaldi individuò delle pitture rupestri all’interno di un riparo
sotto roccia - oggi conosciuto come Riparo Ranaldi - formato da uno sperone in
arenaria calcarea idrosolubile molto fessurata. Pertanto, gli agenti atmosferici,
chimici e meccanici hanno molto danneggiato le pitture, determinandone
variazioni cromatiche nero-rossicce. dovute ad ossidazione.
Le pitture sono state realizzate in ocra rossa applicata direttamente e coprono
una superficie a forma di parallelogramma (altezza cm. 52; larghezza cm. 46).
Si articolano in un complesso centrale ed in uno secondario, che fu
probabilmente eseguito in un secondo momento allo scopo di integrare la
rappresentazione originaria. Si tratta di disegni vagamente pettiniformi, punti e
linee che sembrano ricondursi alla rappresentazione zoomorfa centrale.
L’interpretazione della raffigurazione non è unanime: alcuni ritengono si tratti di
una scena di caccia che si discosta dai contenuti espressivi dell’arte paleolitica
per la presenza di figure lobate che rappresenterebbero l’uomo –
nell’iconografia paleolitica predomina, invece, l’animale. Secondo questa scuola
di pensiero, le pitture si riferirebbero al momento in cui le comunità mesolitiche
cominciano a vivere di agricoltura e addomesticano diverse specie animali
(bovidi, cervi, canidi). Nel 1990 l’archeologo Edoardo Borzatti von Löwenstern
ha dato una diversa interpretazione delle pitture di Riparo Ranaldi: gli animali
sarebbero tutti dei cervi e le figure lobate costituirebbero rappresentazioni di
vegetali. Secondo lo studioso, si è voluto rappresentare un bosco popolato da
cervi ritratti nell’atteggiamento tipico del maschio adulto, che ha l’abitudine di
scortecciare la chioma di una quercia, a dimostrazione del possesso del
territorio. Il verismo della raffigurazione lascia ipotizzare una datazione
prossima alla fine del tardo Paleolitico o al Mesolitico, in connessione con
l’industria mesolitica di facies castelnoviana (strumenti geometrici, strumenti a
dorso, rari raschiatoi e grattatoi e micro bulini databili tra il 7000 e il 6000 a.C.)
emersa dal sedimento del riparo. Le pitture rupestri di Tuppo dei Sassi
costituiscono un unicum tra le manifestazioni artistiche del periodo. Se nel
Paleolitico la manifestazione artistica ha una funzione magico-propiziatoria che
richiede grande fedeltà nella resa pittorica, nel Mesolitico l’intento dell’artista
diventa narrativo e commemorativo, come dimostra la scelta di superfici ubicate
in luoghi di passaggio molto frequentati, destinati ad essere visti.
Mesolitico – L’industria litica
La materia prima utilizzata è la selce, prevalentemente chiara negli strati più
bassi e scura in quelli alti. Il materiale della zona non è mai di buona qualità: si
tratta infatti di piccoli ciottoli raccolti nei greti dei torrenti. Le caratteristiche
fondamentali di tale industra mesolitica sono la frequente presenza di aspetti
geometrici e l’esasperato microlitismo degli strumenti. Il repertorio risulta
piuttosto povero: oltre ai cosiddetti “geometrici” a forma di triangoli, rombi,
trapezi, di piccole dimensioni e immanicati l’uno sull’altro, vi sono schegge e
lame ritoccate, bulini, dorsi, e troncature. Tali strumenti sono utilizzati come
armi da caccia, arpioni da pesca, come utensili per incidere legno e pelli
animali, o graffire disegni sulla roccia. L’enorme quantità di scarto di
lavorazione indica che la selce è stata lavorata sul posto, utilizzato
probabilmente per brevi soste di caccia.
Il Neolitico, l’Eneolitico e l’Età del Bronzo in Basilicata
Il Neolitico (10.000-8.000 anni fa) vede una vera e propria rivoluzione in tutti gli
ambiti dell’attività umana. L’economia diventa produttiva ed interviene
attivamente sulla natura, modificandola in modo spesso radicale. L’uomo si
insedia stabilmente nei pressi delle aree coltivate e abbandona le grotte,
destinate a pratiche cultuali e funerarie.Grazie alla capacità di controllare
l’utilizzo del fuoco, nasce la tecnologia di lavorazione della ceramica che, da
questo momento in poi, è per la ricerca archeologica il “fossile guida”. In
Basilicata l’introduzione dell’agricoltura comporta lo sviluppo di ampie comunità
di villaggio organizzate in gruppi di capanne circondati da fossati, come
testimoniano i siti di Murgia Timone, Tirlecchia, Guadone, Rendina.
Fondamentali per la conoscenza del Neolitico lucano sono, inoltre, le grotte di
Latronico. Verso la fine del III millennio a.C. l’arrivo di nuove genti, che
probabilmente discendono dagli antichi pastori iranici, interrompe bruscamente
la vita degli agricoltori-allevatori neolitici e inaugura la Prima Età dei Metalli,
l’Eneolitico (2700 - 1800 a.C.). Ne è la prova la mutazione dei riti funerari, più
complessi rispetto alle semplici inumazioni neolitiche: compaiono, infatti, tombe
a grotticella con deposizioni anche plurime, sepolture monumentali che indicano
un’organizzazione sociale di tipo patriarcale. Gli eneolitici sono in grado di
lavorare il rame e si insediano principalmente nei pressi di giacimenti minerari,
hanno rapporti commerciali con le altre popolazioni del Mediterraneo, sono
aperti agli influssi e alle mode esterni, si impongono spesso bruscamente al
sostrato neolitico. La loro organizzazione militaresca, fortemente gerarchizzata,
è testimoniata da corredi tombali straordinariamente ricchi di armi di pietra e di
rame, strumenti necessari al controllo delle greggi e alla conquista violenta del
territorio. Ancora una volta le grotte di Latronico offrono preziosi elementi per la
conoscenza della Basilicata eneolitica. Durante l’Età del Bronzo (1800-1000
a.C.) la Basilicata conosce un notevole sviluppo: le comunità protostoriche si
trasformano profondamente e cominciano a formarsi le varie etnie italiche.
Sono pochi i siti lucani in cui la documentazione archeologica abbraccia l’intera
età del Bronzo. Alcune evidenze provenienti dalle grotte di Latronico si
riferiscono ad un momento piuttosto evoluto del Bronzo Medio e, insieme ai siti
di Toppo Daguzzo, Rendina e Matera, testimoniano la frequentazione di grotte
o strutture ipogeiche (pozzetti con offerte votive) appositamente costruite per
motivi cultuali. Si tratta di monumenti non funerari, luoghi separati e segreti
destinati a pratiche rituali cui partecipa la comunità intera o parte di essa. La
società si è, infatti, stratificata e le élites emergenti sono caratterizzate da
sepolture monumentali familiari, come attestano gli ipogei funerari di Toppo
Daguzzo. La fase finale della Media età del Bronzo coincide con la cosiddetta
“cultura appenninica”, un panorama di grande omogeneità culturale
contraddistinto da una ceramica ad impasto nero e di forma semplice e da
un’attività pastorale con transumanze stagionali affiancata dall’agricoltura. In
questa fase i complessi delle grotte 1 e 2 di Latronico conoscono un nuovo
sviluppo. Durante il Bronzo recente, accanto alla ceramica decorata a intaglio e
ad incisione (ciotole con anse e manici elaborati e arricchiti di appendici
plastiche), compare in molti siti, soprattutto costieri (Termitito, S. Vito), la
ceramica micenea del Tardo Elladico IIIB e IIIC. Durante il Bronzo finale o
Protovillanoviano (1200-1000 a.C.) i nuovi apporti etnico-culturali introducono
forme e ornati vascolari originali come i vasi biconici e le ciotole con orlo
rientrante, decorate a costolature e solcature. Si pratica l’incinerazione, con la
deposizione delle ceneri all’interno di urne biconiche coperte da una ciotola
capovolta. I siti sulla costa ionica producono ceramiche di tipo “protogeometrico
iapigio”, con motivi attinti al repertorio miceneo (angoli inscritti, fasce alternate a
file di punti, ceramica a tenda).
Le Grotte di Latronico
Situate nell’alta valle del Sinni, le Grotte di Latronico costituiscono una delle più
interessanti documentazioni che riguardano la preistoria recente dell’Italia
meridionale. Le ricerche archeologiche nel territorio di Latronico iniziarono nel
1912 con Vittorio Di Cicco, allora direttore del Museo provinciale di Potenza Il
complesso delle grotte comprende tre cavità (L1, L2, L3) contenenti
un’articolata stratificazione che attesta un periodo di frequentazione che va
dalla fine del Paleolitico sino all’età del Bronzo. Di Cicco estrasse dalla Grotta
Grande (L1) una quantità di materiale preistorico tale da colmare ben
diciassette casse: si tratta di reperti attribuibili sia al Neolitico che al tardo
Neolitico della cultura di Diana. Successivamente, nel 1920, il paletnologo Ugo
Rellini, scavando nelle grotte L2 e L3, portò alla luce ulteriori testimonianze
(ciotole decorate con i classici motivi appenninici a fasce, scodelle
troncoconiche e vasetti ancora ripieni di frutta e di semi, utilizzati dagli antichi
ospiti di quelle caverne per scopi propiziatori) che lo studioso esaminò, catalogò
e ricondusse all’Età del Bronzo, e precisamente al periodo di massimo sviluppo
della cultura appenninica. Di Cicco trovò, inoltre, diversi corredi funerari nelle
cosiddette “grotticelle sepolcrali”: si tratta di luoghi già pronti per la sepoltura
dall’evidente valore simbolico-sacrale. Probabilmente, l’uomo associava alla
forma delle grotte quella del grembo materno e il concetto di ventre della Terra.
Una prima frequentazione dei ripari sotto grotta risale al Mesolitico (12.000 anni
fa), come attesta il ritrovamento nella grotta n. 3, al di sotto degli strati neolitici,
di un’industria microlitica a trapezi e lamelle denticolate, oltre a numerosissimi
resti di molluschi terresti, e di grandi mammiferi.
Gli abitanti della grotta n. 3 praticano un’economia basata da un lato sulla
caccia ai grandi mammiferi, dall’altro su un’intensa attività di raccolta di
molluschi. I livelli cronologicamente riferibili al Neolitico inferiore hanno restituito
ceramiche decorate ad impressione databili verso la fine del V millennio a.C.,
strumenti litici in selce e ossidiana, ma anche oggetti legati all’agricoltura e
all’allevamento animale come frammenti di macine, elementi di falcetto, accette
ed asce in pietra levigat. Risulta pertanto evidente che i gruppi umani stanziati a
Latronico mutano la loro organizzazione sociale ed economica in risposta alle
nuove condizioni climatiche subentrate dopo la glaciazione di Würm: lo stile di
vita si fa sedentario e non più nomade, si praticano l’agricoltura e la pastorizia,
si produce ceramica e si commercia l’ossidiana. Una ulteriore evoluzione
avviene nella seconda metà del IV millennio a.C., con la diffusione della cultura
detta di Serra d’Alto (collina nei dintorni di Matera). Le raffinate ceramiche, fatte
al tornio lento e dipinte di bruno con motivi complessi, si diffondono nel
territorio: i livelli medi della grotta n. 3 restituiscono ceramiche di questo tipo. La
successiva semplificazione del repertorio decorativo attestata dai depositi del
Neolitico inferiore nella grotta n. 2, si deve, invece, alla diffusione della cultura
di Diana (contrada di Lipari). Le evidenze archeologiche riferibili all’Eneolitico
sono particolarmente ricche a Latronico: le ceramiche della cosiddetta cultura di
Laterza recano fasce di punti impressi, fasce orizzontali e a zig-zag, triangoli,
losanghe. In questa fase le grotte maggiori costituiscono dimore di gruppi,
mentre quelle minori sono adibite ad un uso funerario. Inoltre si registra
un’evoluzione cultuale e funeraria: ai vecchi culti neolitici della fertilità della terra
si affiancano quelli rivolti alla sfera celeste, e alle sepolture individuali
subentrano quelle collettive, che riflettono la struttura patriarcale dei gruppi
nomadi organizzati in “clan”. Alle personalità di spicco vengono dedicate
sepolture singole monumentali.
Con l’età del Bronzo e il fiorire della cultura appenninica, si assiste ad una
omogeneizzazione delle attività, che si manifesta nella maggiore stabilità degli
insediamenti umani e anche nella semplificazione delle forme ceramiche. Se la
grotta n. 3 sembra essere poco frequentata in questo periodo, le altre due sono
sempre più utilizzate, come dimostra la gran quantità di frammenti rinvenuti,
provenienti da ciotole carenate con manici sormontanti, connesse con la
lavorazione del latte. L’economia pastorale vive una fase ottimale, favorita da
un clima più umido e fresco. La frequentazione delle grotte di Latronico sembra
esaurirsi prima del Bronzo recente (1300-1200 a.C.).
The Paleolithic in Basilicata
The development of mankind took place in the Quaternary, the most recent geological era,
lasting about 3 million years and divided into two periods: the Pleistocene and Holocene. The
Pleistocene is a long geoclimatic period characterized by major glaciations and their
interglacials (Donau, Günz, Mindel, Riss and Würm) and finishing about 10,000 years ago at
the end of the last glaciation. The climate changes during the Pleistocene cause radical
transformations in the landscape, fauna, flora, and consequently in the way of life: men now
lives on hunting and gathering (hunter-gatherer society). The chrono-cultural features of
Pleistocene are the Paleolothic (Lower, Middle, Upper) and the Mesolithic, during which the
subsistence economy is based exclusively on a unsystematic seasonal exploitation of
environmental resources. Therefore men install themselves in caverns, caves, rock shelters,
outdoor huts and usually change place (nomadic way of life) seasonally in chase of herds. In
Basilicata the Lower Paleolithic is characterized by the Pleistocene lakes of Venosa
Notarchirico and Mercure basin. Remains of Elephas antiquus, Hippopotamus amphibius,
stenonis Equus, Equus asinus have been found in these sites. The Middle Paleolithic is well
attested by levallois technique Mousterian industries (points and scrapers) and denticulate
Mousterian industries.
The Atella basin
It extends from the Southern slope of Vulture (at an altitude of 1326 meters above sea level)
to Castel Lagopesole: the area is the bottom of an ancient Pleistocene lake formed after the
weir of the stream Stroppito-Atella at end of the Tertiary Era, in direct connection with Vulture
eruptive activity. Its latest paroxysmal events have led to the emptying of the ancient lake as
well. The life of the lake lasts from 740,000 years ago to 540,000 years ago, that i sto say a
period from the end of the Gunz-Mindel interglacial to the second half the Mindel glaciation.
At the time of its greatest extent, the lake was 15 km long and 6.5 km wide. The human
presence was intense, as evidenced by several prehistoric documents: the oldest date back
to a stage where the lake water level stabilization encouraged human settlement and caused
the enrichment of flora and fauna. Indeed, about 550-500,000 years ago, human groups lived
on hunting along the banks of the lake: their prey were ancient elephant, bison, aurochs and
deer. Archaeologists have identified two very peculiar Acheulean settlements: the first one,
placed by Masseria Palladino (Filiano), has yielded numerous quartzite bifaces and
choppers, scrapers, grattoirs, chisels, drills and denticulate flint, for an amount of about five
hundred items; the second site, nearby the modern cemetery of Atella, features similar items,
with the only difference that choppers and bifaces are made of porous radiolarite. Other
findings are a defense of Palaeoloxodon antiquus (a type of ancient elephant), one molar
attributed to another individual, footprints of an elephant that probably got stuck not far from
the lake. The homo erectus practised collective hunting for large mammals (aurochs, bison,
elephant and rhino) along the shores of the lake, where the animals went to drink. One of the
most likely hunting strategies was to isolate the herd-chief, then push it in the middle of the
lake by screaming, launching amygdales (almond-shaped throwing weapons) and possibly
with torchs. So the great pachyderms would get stuck in the mud where, once imprisoned,
they would not have the opportunity to exit. Death would come by exhaustion within a few
days. This is confirmed by the abundance of bone remains of an elephant and a primeval ox
found on the site. The discovery of flakes, denticulate tools and cores certifies the use of
such cutting tools for slaughtering the carcass. The presence of homo erectus can be
attested until about 150,000 to 100,000 years ago, even though very little is known about of
his later activities on the Atella basin, because settlements and resting places have certainly
been destroyed by the continued human attendance. Around 80-60000 years ago, homo
Neanderthalensis attended the lake, leaving only a few traces of his presence, some stone
tools. Then (32,000 to 30,000 years ago), the passage of homo sapiens is documented by
typical stone tools, used primarily in hunting; then follows a void of human presence,
interrupted by several groups of Mesolithic hunters around 9000 years ago, in a cultural
period called Castelnovian. A unique evidence of the artistic events occurring in that period is
attributable to Mesolithic hunters: the cave paintings in a rock shelter discovered by the
Museum’s director Francesco Rinaldi in the 60’s in the district of Tuppo Sassi (Serra Pisconi
- Forenza).
Paleolithic - The lithic industry
The intense human activities is represented mainly by its stone tools. In Lower Paleolithic is
well documented the association of bifacial stone tools and flake tools: the first were used as
a weapon for hunting, the second for scraping and cutting. The lithic industry is the ancient
Acheulean: the amygdales, used for hunting, were made by chipping cores of radiolarite, a
lightweight, porous material. The tool shows up almond-shaped - hence the name amygdala
– and is derived from a core by removing the splinters from its perimeter. The slightly curved
shape makes it easy to be launched. The radiolarite is a lightweight material that can be
easily carried and has a long throw-range. In addition, the flattened shape and the rotation
given to it during the launch certainly increased the range and made the trajectory more
accurate. Next to these tools have often been found small chert flints that probably served to
dismember and cut the carcasses of animals. From large flints obtained using Clactonian
industry (ancient Lower Paleolithic flint tool manufacture) smaller but much sharper chips
were then derived using the same technique.
The Mesolithic in Basilicata
At the end of Pleistocene (10,000 years ago) a number of important innovations and new
cultural patterns interrupt the monotony of the paleolithic age. The archaeological evidence
from this period clearly show an incipient sedentariness, a wider range of food resources, a
significant population growth and the beginning of a food crisis. There is a climate change
which is increasingly oriented toward current conditions. Cultures, which split up into several
differing facies, are more quick and lively and adapt more rapidly to an environmentin
constant change: although the new climatic conditions favour fauna and flora, there’s a
serious economic and hunting crisis, and consequently the hunter-gatherer societies, which
from this moment on can just collect their food, start to suffer from nutrition stress. Man tends
to feed on plants and shellfish, thus neglecting the hunt and stay even longer in certain
areas: this sedentary way of life, that reduces travel, induces the storage of edible plant
seeds and gradually leads to a different exploitation of environmental resources. The new
economy also affects the manufacture of stone tools: the need to extract the roots from the
soil causes the development of grattoirs (scratchers), the hunt for birds requires sharp
arrowheads and the valves of the shells need to be opened by pointed beaks. The
settlements of Tuppo dei Sassi and Atella basin attest the attendance of the Mesolithic
Castelnovian cultural facies.
Ranaldi Shelter (Tuppo dei Sassi): cave paintings
The Tuppo dei Sassi district is named after a relief of about 880 meters, which stands in the
wood of Forenza. On this site, between 1962 and 1965, the director Francesco Ranaldi
spotted the cave paintings in a rock shelter - also known as Ranaldi shelter - which consists
of a water-soluble calcareous sandstone spur, much fissured. Therefore, weather, chemical
and mechanic factors have severely damaged the paintings, determining black-reddish color
variations, due to oxidation.
The paintings were made of red ocher applied directly over a parallelogram-shaped surface
(height cm. 52, width cm. 46). They are divided into a central complex and a secondary one
that was probably made at a later time, in order to supplement the original representation.
The painting features vaguely comb-shaped drawings, dots and lines that seem subsumed
under the central zoomorphic representation. The interpretation of the drawing is not
unanimous: some scholars believe that it is a hunting scene that differs from the expressive
content of the Paleolithic drawings for the presence of lobed shapes that should represent
human beings, while Paleolithic iconography is characterized exclusively by animals.
According to this school of thought, the paintings relate to the age when Mesolithic
communities begin to live on agriculture and domesticate animals (cattle, deer, canids). In
1990 the archaeologist Edoardo Borzatti von Löwenstern gave a different interpretation of
the Ranaldi shelter paintings: the animals would all be deer and the lobed figures would
represent plants. According to the scholar, the unknown painter wanted to represent a forest
inhabited by deer, portraited in the typical attitude adult male, that has the habit of skinning
the foliage of an oak, in order to demonstrate its possession of the territory. The realism of
the representation suggests a datation close to the end of Late Paleolithic or to the
Mesolithic, in conjunction with the Castelnovian Mesolithic industry (geometrics, backed
tools, rare scrapers and scratchers and microburins dated between 7000 and 6000 BC)
emerged from the sediment of the shelter. The cave paintings of Tuppo dei Sassi are unique
among the artworks of the period. If the Paleolithic art event has a magic-propitiatory
purpose that implies great fidelity in drawing, during the Mesolithic the artist’s intent becomes
narrative and commemorative, as demonstrated by the choice of highly frequented places,
destined to be seen.
Mesolithic - The lithic industry
The raw material is flintstone, mostly clear in the lower layers and dark in the higher. The
stone from this area is never high quality: in fact it is collected in small pebbles on the stream
gravel. The key features of this industry are the frequent presence of Mesolithic geometric
aspects and the abundance of excessively microlithic tools. The repertoire is rather poor: in
addition to the so-called "geometrics" (small triangles, rhombi, trapeziums, socketed one in
another) there are flints and retouched blades, burins, backed tools and segments. These
instruments are used as hunting weapons, fishing harpoons, as tools for engraving wood and
animal skin, or scratching drawings on the rock. The huge amount of waste suggests that the
flintstone was processed on the site, which was probably used for short hunt stops.
The Neolithic, Copper Age and Bronze Age in Basilicata
The Neolithic (10000-8000 years ago) saw a revolution in all spheres of human life. The
economy becomes productive and actively intervenes on nature, changing it often radically.
Men settle permanently nearby cultivated areas and leave the caves, destined to house
funerary and cult practice. Thanks to the ability to control fire, the technology of ceramics
comes to life. From this moment on, pottery is the main fossil for the archaeological research.
In Basilicata, the introduction of agriculture causes the development of large village
communities organized into groups of huts surrounded by ditches, as evidenced by the sites
of Murgia Timone, Tirlecchia, Guadone, Rendina. To understand the Neolithic in Basilicata
the caves of Latronico are very significant. Towards the end of the III millennium BC, the
arrival of fresh troops, which probably are descendants of ancient Iranian shepherds,
abruptly interrupts the lives of Neolithic farmer-hunters and ushers in the First Age of Metals,
the Copper Age (2700 - 1800 BC). This is testified by the mutation of funeral rites, more
complex than the simple Neolithic burials: in fact, the first cave-tombs with multiple graves
appear and, furthermore, monumental tombs suggest a patriarchal organization. The Copper
Age men are able to process copper and settle mainly near mineral deposits; they have
commercial relations with other Mediterranean populations, are much open to external
influences and trends and often impose fiercely on the Neolithic substratum. Their militaristic
organization, strongly hierarchical, is evidenced by extraordinarily rich tombs full of stone and
copper weapons, tools needed to both monitor the flock, and to crudely and violently conquer
the territory. Once again the Latronico caves provide precious evidence of that. During the
Bronze Age (1800-1000 BC) Basilicata experiences a remarkable development: the
protohistoric communities change deeply and various Italic ethnic groups arise. There are
few sites in Basilicata whose archaeological records cover the whole Bronze Age. Some
evidence from the caves of Latronico refer to a quite evolved period of Middle Bronze Age
and, along with Toppo Daguzzo, Rendina and Matera, testify the attendance of caves or
hypogean structures (small wells filled with votive offerings) purpose-designed for worship.
These places are not funerary monuments, but sites destined to separate and secret ritual
practice involving either the whole community or part of it. The society is already stratified
and the élites are characterized by monumental family tombs, as shown by the hypogea of
Toppo Daguzzo. The final phase of Middle Bronze Age coincides with the so-called
“Apennine culture”, a scenery of great cultural homogeneity marked by a black simple pottery
and a pastoral activity with seasonal transhumance, coupled by agriculture. In this stage, the
complexes of caves No 1 and No 2 in Latronico experience a new development. During the
late Bronze Age, next to the ceramics decorated by carving and engraving (bowls with
elaborate handles, enriched by plastic appendices), the Mycenaean pottery of Late Helladic
IIIB and IIIC appears in many places, mainly coastal (Termitito, S. Vito). During the Late
Bronze Age or Proto-Villanovan (1200-1000 BC) new ethnic and cultural contributions
introduce special shapes and decorations, such as the biconical vases and bowls with
receding edge, decorated with ridges and grooves. Incineration is practiced, with the
deposition of ashes in biconical urns covered by an upside-down bowl. Sites on the Ionian
coast produce Protogeometric-Iapygian pottery, with patterns drawn on the Mycenaean
repertoire (inscribed angles, bands alternating dotted lines, “curtain” pottery).
Latronico caves
Situated in the high valley of river Sinni, Latronico caves are one of the most interesting
documents related to the recent Prehistory of southern Italy. Archaeological research in the
territory of Latronico began in 1912 with Vittorio Di Cicco, then director of the Provincial
Museum of Potenza. The complex of caves includes three cavities (L1, L2, L3) containing a
comprehensive stratification which attests a period of attendance ranging from the end of
Paleolithic to the Bronze Age. Di Cicco took from the Big Cave (L1) so huge an amount of
prehistoric materials to fill seventeen chests: these findings are attributable both to the Late
Neolithic and to Neolithic culture of Diana. Later on, in 1920, palethnologist Ugo Rellini,
digging caves L2 and L3, brought to light additional evidence (bowls decorated with typical
Apennine band patterns, truncated cone bowls and jars still filled with fruit and seeds, used
by the ancient guests of those caves for propitiatory purposes) which the scholar examined,
catalogued and dated back to the Bronze Age, namely the period of Apennine culture’s
highest development. Di Cicco found also several burial kits within the so-called " burial little
caves ": places that were ready for burial and had an unmistakable symbolic-sacred value.
Probably, the man used to couple the shape of motherly womb and the idea of belly of the
Earth with the shape of the caves. A first attendance of the cave-shelters dates to the
Mesolithic period (12000 years ago), as attested by the discovery - in the cave No 3 - below
Neolithic layers, of a microlithic industry consisting of denticulate blades and trapeziums, as
well as numerous remains of terrestrial molluscs and large mammals.
The inhabitants of the cave No 3 practise an economy based on hunting for large mammals
on the one hand, and on intensive shellfish gathering on the other. Levels chronologically
related to the Lower Neolithic have yielded pottery decorated with impression dating to the
late V millennium BC, flint and obsydian tools, but also items related to agriculture and
animal breeding such as fragments of millstones, sickle elements, polished stone axes and
hatchets. Therefore it is clear that the groups settled in Latronico change their social and
economic organization in response to the new climatic conditions occurred after the Würm
glaciation: the way of life becomes more sedentary than nomadic, agriculture and sheep
farming are usually practised, ceramics is produced, obsydian is sold. A further development
occurs during the second half of the IV millennium BC, with the spreading of the so-called
Serra d'Alto cultural system (named after a hill near Matera). The refined ceramics, shaped
on a slow potter’s wheel, painted brown with complex patterns, spread in the area: the
medium levels of cave No 3 return this kind of ceramics. The subsequent simplification of the
decorative repertoire that is well attested by Lower Neolithic deposits in cave No 2 must,
instead, testify the presence of the Diana cultural facies (Diana is a district of Lipari). The
archaeological evidence related to Copper Age are particularly rich in Latronico: the pottery
of the so-called Laterza culture, is decorated with bands of imprinted dots, horizontal and
zigzag bands, triangles, lozenges. At this stage, the major caves house groups of people,
while the minor are used for burials. In addition, there is an evolution of worship and funerary
cults: alongside old Neolithic Earth fertility cults, appear those aimed at heaven, individual
tombs take the place of collective burials, mirroring the patriarchal structure of nomadic
groups organized into "clans". Individual burial monuments are dedicated to prominent
personalities. By the Bronze Age and the flourishing of Apennine cultural system, there is a
homogenization of activities, manifested in the increased stability of human settlements and
also by the simplification of ceramic forms. If the cave No 3 seems to be less popular in this
period, the other two are increasingly used, as evidenced by the large number of fragments
found, which come from carinated bowls with upraised handles, associated with the
processing of milk. The economy is going through a very productive pastoral stage,
supported by a more humid and fresh climate. The attendance of the caves seems to end
before the Late Bronze Age (1300-1200 BC).
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