Zanzotto Poesie Mss

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in copertina: A.Zanzotto

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Andrea Zanzotto

Poesie Scelte

a cura di MSS

a-versi in-versi

Indice

• Introduzione

•Caso Vocativo•Esistere Psichicamente•Fiume all’Alba•Quanto a Lungo•L’Oltraggio• Il Cielo è Limpido•Al Mondo•La Perfezione della Neve•Senza Titolo• Irrtum•Sylva•Perché Cresca•Stracaganasse o castagne secche•Lattiginoso

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Introduzione

Zanzotto è uno dei massimi esponenti della poesia del nove-cento, così come Ungaretti assiste alle Guerre Mondiali, espe-rienza che segna profondamente la sua poetica così com’era successo al poeta milanese. Zanzotto definisce la sua poetica come “mancamento radiale”, ovvero una poesia in cui il sog-getto è collocato nel punto centrale di una continua sfasa-tura che coinvolge l’assetto del mondo, così come in Lacan ritroviamo la tematica della propria soggettività e la questio-ne dell’Altro, una problematica che lo porta progressivamen-te alla disgregazione della realtà e dell’Io, operata attraverso l’arbitrarietà stessa del linguaggio, il significante non è colle-gato più al significato, ma è esso stesso produttore di senso.La realtà disgregata è un reale insopportabile, una pulsione continua verso il paradosso, quasi a dire che l linguaggio è per l’essere l’unico vero trauma. L’Io perde la sua centralità,e viene soppiantato dal linguaggio, denso di significanti, che non essendo collegati ad un senso, non fanno altro che svi-luppare questa vacuità all’infinito:

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Mi sono messo di mezzo a questo movimento-mancamento ra-dialeahi il primo brivido del salire, del capire,partono in ordine, sfidano: ecco tutto

Questa vertigine produce orrore e al contempo un principio di resistenza tramite la scrittura, l’ego di cui Zanzotto parla qui per lui è un sogno. Il suo io è andato in frantumi e vi ri-mane solo un mancamento:

— Io — in tremiti continui, — io — dispersoe presente: mai giunge l’ora tuamai suona il cielo del tuo vero nascere

Assistiamo così a un tentativo costante da parte del poeta d’inventarsi contro il rapporto della lingua che rende folli vari modi per ristabilire un Altro (dell’etica e della storia, se non della letteratura) a lui necessario, e costantementevediamo il poeta lottare per tentare di legare insieme l’insieme sparpa-gliato: che si tratti di una poesia che sia soprattutto scrittura, che si tratti di una poesia che usi una lingua non-lingua com’è il dialetto, e che si tenti l’avventura di un al di là dell’idioma — ricordo il titolo del suo “Alto, altro linguaggio, fuori idio-ma?” — per approdare a un tentativo di nodo tramite la sua poesie.

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Caso Vocativo

O mie mozzi trastullipensieri in cui mi credo e vedo,ingordo vocativodecerebrato anelito.Come lordo e infecondoavvolge un cieloarmonie di recise ariste, venedubitanti di rivi,e qui derubagià le lampade ai deschisostituisce il bene.Come i cavi s'ingranano a crinalii crinali a tranelli a gru ad antennee ottuso mostroin un prima eterno capovoltoil futuro diviene.Il suono, il movimentol'amore s'ammollisce in bavain fisima, gettatatorcia il sole mi sfugge.Io parlo in questalingua che passerà.

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Esistere Psichicamente

Da questa artificiosa terra-carne esili acuminati sensi e sussulti e silenzi, da questa bava di vicende soli che urtarono fili di cigliaariste appena sfrangiate pei colli da questo lungo attimoinghiottito da nevi, inghiottito dal vento, da tutto questo che non fu primavera non luglio non autunno ma solo egro spiraglio ma solo psiche, da tutto questo che non è nulla ed è tutto ciò ch'io sono: tale la verità geme a se stessa,si vuole pomo che gonfia ed infradicia.Chiarore acido che tessi i bruciori d'inferno degli atomi e il conato torbido d'alghe e vermi,chiarore uovo che nel morente muco fai parole e amori.

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Fiume all’Alba

Fiume all'albaacqua infeconda tenebrosa e lievenon rapirmi la vistanon le cose che temoe per cui vivo Acqua inconsistente acqua incompiutache odori di larva e trapassiche odori di menta e già t'ignoroacqua lucciola inquieta ai miei piedi da digitate loggeda fiori troppo amati ti disancorit'inclini e volioltre il Montello e di caro acerbo voltoperch'io dispero della primavera.

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Quanto a lungo

Quanto a lungo tra il grano e tra il ventodi quelle soffittepiù alte, più estese che il cielo,quanto a lungo vi ho lasciatemie scritture, miei rischi appassiti.Con l'angelo e con la chimeracon l'antico strumentocol diario e col drammache giocano le nottia vicenda col solevi ho lasciate lassù perché salvastedalle ustioni della luceil mio tetto incertoi comignoli disorientatile terrazze ove cammina impazzita la grandine:voi, ombra unica dell'inverno,ombra tra i demoni del ghiaccio.Tarme e farfalle dannosetopi e talpe scendendo al letargovi appresero e vi affinarono,su voi sagittario e capricornoinclinarono le fredde lance

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e l'acquario temperò nei suoi silenzinelle sue trasparenzeun anno stillante di sangue, una miaperdita inesplicabileGià per voi con tinte sublimidi fresche antenne e tettis'alzano intorno i giorni nuovi,già alcuno s'alza e scuotele muffe e le nevi dei mari;e se a voi salgo per cornici e cordeverso il prisma che vi discerneverso l'aurora che v'ospita,il mio cuore trafitto dal futuronon cura i lampi e le cateneche ancora premono i confini.

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L’Oltraggio

Salti saltabecchi friggendo puro-puranel vuoto spinto outrèti fai più in làintangibile-tutto sommato-tutto sommatotuttosei più in làti vedo nel fondo della mia serachiusascurati identifico tra i non sic i sighti disidentificosolo no solo si solopiena di punte immite frigidati fai più in làe sprofondi e strafai in te sempre più in tefotti il campodecidi versonel tuo sprofondibrilli feroce inconsutile nonnullal'esplodente l'eclatante e non si sentenulla non si senteno sei saltata più in làricca saltabeccante là

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Il Cielo è Limpido

Il cielo è limpido sino adessere sconosciutoTutto è intossicato dal soleIo tossisco sotto questo, in questobrusire di entificazionie sono distratto dalla violenzadi un freddoche pure non fa nulla di male

Adocchio solitudinigià mie ora di se stesseunicamenteTutti i rimproveri pare si calminoriverberandoTutto è distrazione eforse meno, unpoco meno del previsto, pena

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Al Mondo

Mondo, sii, e buono;esisti buonamente,fa’ che, cerca di, tendi a, dimmi tutto,ed ecco che io ribaltavo eludevoe ogni inclusione era fattivanon meno che ogni esclusione;su bravo, esisti,non accartocciarti in te stesso in me stesso.

Io pensavo che il mondo così concepitocon questo super-cadere super-morireil mondo così fatturatofosse soltanto un io male sbozzolatofossi io indigesto male fantasticantemale fantasticato mal pagatoe non tu, bello, non tu «santo» e «santificato»un po’ più in là, da lato, da lato.

Fa’ di (ex-de-ob etc.)-sisteree oltre tutte le preposizioni note e ignote,abbi qualche chance,

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fa’ buonamente un po’;il congegno abbia gioco.

Su, bello, su.

Su, münchhausen.

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La Perfezione della Neve

Quante perfezioni, quantequante totalità. Pungendo aggiunge.E poi astrazioni astrificazioni formulazione d’astriassideramento, attraverso sidera e coelosassideramenti assimilazioni –nel perfezionato procedereipiù in là del grande abbaglio, del pieno e del vuoto,ricercherei procedimentirisaltando, evitandodubbiose tenebrose; saprei direi.Ma come ci soffolce, quanta è l’ubertà nivalecome vale: a valle del mattino a vallea monte della luce plurifonte.Mi sono messo di mezzo a questo movimento-mancamento radialeahi il primo brivido del salire, del capire,partono in ordine, sfidano: ecco tutto.E la tua consolazione insolazione e la mia, fruttodi quest’inverno, allenate, alleate,sui vertici vitrei del sempre, sui margini nevatidel mai-mai-non-lasciai-andare,e la stella che brucia nel suo riccio

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e la castagna tratta dal ghiaccioe ‒ tutto ‒ e tutto-eros, tutto-lib. libertà nel laccionell’abbraccio mi sta: ci sta,ci sta all’invito, sta nel programma, nella faccenda.Un sorriso, vero? E la vi(ta) (id-vid)quella di cui non si può nulla, non ipotizzare,sulla soglia si fa (accarezzare?).Evoè lungo i ghiacci e le colture dei colorie i rassicurati lavori degli ori.Pronto. A chi parlo? Riallacciare.E sono pronto, in fase d’immortale,per uno sketch-ide della neve, per uno sguizzo.Pronto.Alla, della perfetta.

«È tutto, potete andare.»

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Senza Titolo

Finalità, e facile non-essere,accarezzante, ma da tanto lontanocirconfuse foschie da foschie là doveconfida l’ora,e muovonsi passi ancorache di noi, rinvenendoci, annunciano –movimenti verso la più increata soave vaghezzapuro guardare per non vedere, e addolcirsidi questo non vedere. Ogni promessaogni vigoreha dato, ha dato. Principii, colme persuasioni.Alimenti. Foschiali deludimenti, foschie.Decisioni lievissime di viea sé intente –pietà in se stesse accedono, grata famiglia

Quale amore più grande che questa clemenza ?Quale più latteo (foschie) coincidere in possibileSogno e ricordo, in latitanza ?Quali fasi di calma e calma, più che speranzeo amori troppo in attoai gesti minimi

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trasformati in veridiche, libere sostanze ?

E pur questa è – ma perché ? – un’offertafino all’estremo convinta nel formare formareun’idea dell’offertaE dunque attesa si fa si fa, scintillando, invisibile

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Irrtum

Onnipotente e pur lieveluce che in te ti celebrie consumandoti vai celebrando le ombre-orme che generisempre più vulnerate, vulnerantiLuce di non-tramonto, che pur si vuolelà oltre la più intensa idea di tramontoQuale vecchiezza o quale infinita maturitàdi viola e rosso in folle recenti e trapassatecostrette da divietiall’irtezza più acre

Siamo qui, uni ad uni, a farvi accederein festa, dettami-noi dei colori, dettami deisovraesposti cieli e, nel giù, violate vite dell’ombrae compatto fiorire, e opposto, nel limpido-cupo-tuffo

Onnipresenze e molteplicitàinvasibili, invasamento che in sési assorda e ammutina in evidentevenir meno di ogni evidenza, aggrumarsid’ogni più scabra, urticante evidenza.Dove in-essere, luogo al più alto

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luogo al farsi luogo da luogo,protervie, spenti abbagli, riscattanti abbagli,fissioni in miriadi, devozioni ?O lama d’occhiaiache in sérientra e si retroespande nelrigore, nel purissimo scostruiresingole, adatte, animose tenebre ?

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Sylva

Finita, ieri, il mio cuore ti disse. E ancora inizio non avevie ancora mai nell’inizio non sei e sempre sei l’annuncio dell’inizio.Intatta, vigoreggiante pietra.Mondi, furore nitido, piaghe innumeri eccelse.Corpi e occhi in scrigni e culle, corpicandidi, celluledi attive nevi, mobili corpi tenerezza alla mano, terrore all’anima, fucate fosforescenze su tormenti e faglie. Ioio vi richiamo, io sono.

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(Perché) (Cresca)

Perché cresca l’oscuro perché sia giusto l’oscuroperché, ad uno ad uno, degli alberie dei rameggiare e fogliare di scurovenga più scuro perché tutto di noi venga a scuro figliarecosì che dare ed avere più scuroalbero ad uniche radici si renda - sorgi nella morsura scuro tra gli alberi - sorgidal non arborescente per troppa fittezza notturno incombere, fumo d’ incombere: vieni, chine giàsalite su chine, l’oscuro,vieni, fronde cadute salite su fronde, l’oscuro,succhiaci assai nel bene oscuro nel cedere oscuro,per rifarti nel gioco istante ad istantedi fogliame oscuro in oscuro figliame Cresci improvviso tu: l’oscuro gli oscuri: e non ci sia d’altro che bocca accidentata peggio meglio che voglia di consustanziazionevoglia di salvazione - bocca a bocca - d’oscuro Lingua saggi aggredisca s’invischi in oscuro

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noi e noi lingue-oscuro Perchécresca, perchés’avveri senza avventarsima placandosi nell’avverarsi, l’oscuro, Ogni no di alberi no di sentierino del torto tubero no delle noccheno di curve di scivolii lesti d’erbePerchécresca e si riabbia, si distolga in spazi in strazi in paci in armi tese all’oscuro - mano intesa all’oscuro, mano alla bella oscura,dita di mano mai stanche di pervincolarsi intingersi addirsi all’oscuro -Lingue sempre al troppo, al dolcissimo soverchiod’oscuro agglutinate, due che bolle di due -clamore, alberi, intorno all’oscuroclamore susùfino a disdirsi in oscurofino al pacifico, gridato innesto, nel te, nell’io, nell’oscuro Innesto e ritorni di favore, fòmite oscurooh tu, di oscuro in oscuro innestato, tuprotratta detratta di foglia in foglia/oscurodi felce in felce lodata nel grezzo nel rifinito d’oscuroMa vedi e non puoi vedere quanto èd’oscuro qui dentro

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hai bevuto lingua e molto piùe sentieri e muschi intrusima ti assicuri ti accingi ti disaccorgiti stratifichi, lene, benedetta, all’oscuroNon-memoria, millenni e miglia, stivate nel fornicesono un dito dell’oscuro, levalo dalla bocca, rendilo noccarovina e ripara l’oscuro, cosìsaràfurto e futuroTroppo dell’inguine, del ventre, di ghiande e glandoles’inguina in oscuro, genera generi, íntride glie Precipitare fuori bacio, scoagularsi, venire a portatad’ognìpossibile oscuro Possibili alberi, alberi a se stessi oscuri mai sazi mai di accedere a frotte a disorientarsi a orientare, lievito intollerabileLimo d’oscuro che dolce fòrnica pascolanei forníci dove s’aggruma di fughe (l’oscuro)E pluralitàinnumerabile di modalitàdell’oscuro, secarsi in innumerevoli - non due d’oscuro sessi Qui in feccia, all’ oscuro, immanereLàin volta, all’oscuro, esalarsiPossibile, alberi - Possibile, oscuri, oscuro.

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Oscuro ha sé, sessuata, umiltà,tracotanza, pietà

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Stracaganasse o castagne secche

Sembra che scrampandoti e annaspando tu nascada quanto di più selvatico qui si armadi scagliee il tuo sguardo di terranon pesca né estraealtro che guasti frustoli, pattume di tuberi, da terra -e lo stesso tuo orticiattolo clandestino (rubato al bosco)ha del deforme, come la tuacorporatura che sfregia le superne norme:bisnènt, me parènt : volutamente sbagliandol’arguzia arcadica ti avrebbe individuatocome Satiro che va per Ninfe e adorabilmentedi cipria ti avrebbe sepolto e così soffiato-sù alla vignastellare dove regna Ciprigna e l’amorosa folladi degusta-pollini e spossa-midolla.A questo mio bisavolo-me ed a meprima che arrivi il guardianoa strapparci di bocca la lurida cibariaa impedirci il raspare e il rosicchiaretra i piedi sporchi della Grande Terrasia concesso ancora qualche scasso o scrostatura

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(cíonpo gobo zhòt zhabòt zhalèchbisnènt-mi bísnènt me parènt);ma arriverà una domenica gran sagradi paese a rasobosco, martellata di campanetempestata di castagne secche e ci saràqualcuno a imbrogliarci col gioco detto «Bèpo e la Jèja»ma noi lo insaccheremo con le nostre trovate grifagnee poi ci metteremo a tavola di fronte a unasfarinata, magra di vitamine, a un pasto di stracaganasse;davanti ad un bicchiere di vin piccolo guardandoci l’un l’altro come sacre immagini attenderemo il sàtorie allora il bosco tutto con le unghie rotte e le gengive scottepotremo insieme rovistare e rapinare Ma senza dargli rovinanemmeno in una stilla, in una trina

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Lattiginoso

Lattiginoso e mielato brucoche avesti un’intervista specialeuno scoop - oggetto il Della Casa -ripugni ripungi tuttoa tutti e tu a tuttoNella sempre rinviata essenzaappena mimetizzato tubo digerentela sigla del tuo grifo onnipresentesmorfie-volti di smorfiaammicchi di ripicca uncinae atterrisce dal giùdella ruinadonde tubo per tubo èvenutala grifitàdel grifoche èpoi la voltitàdel voltosecondo quello schemache si ècoerentemente svoltoe finalmente ègiunto al sodonel cranio nettato allo shampoo, residuato,fuori da ogni modoe maglia d’alimentazionee catena di sant’Antonioe battaglia - sputatosputato fuori dalla brodaglia

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Bah, qualcosa d’altro che te cranietàvoltitàda te grifo per grifo, bruchio per bruchio, squisc a squisc,si scrampi fin lassùsui trampoli e sulle liane piùeteree del boscofino alle sue piùalte e ridenti raggiere di piovaalle sue piùfini lettere algebriche ed algoritmiin provasempre più sbilanciati in avanti in fuorie senza pudori: frangersídi cartilagini in iridi di ritmiire viticci spire-nero autoscattodi spore sopori

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