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DICEA DICATA DICAR
Sapienza, Università di
Roma
Università degli Studi
di Brescia
Università degli Studi
di Catania
SiCon 2015 Workshop su: Siti Contaminati. Esperienze negli
interventi di risanamento
Taormina
5-7 Febbraio 2015
Piante erbacee a radicazione profonda per il contrasto dell’erosione ed il
ripristino ambientale di siti contaminati
Nicola Era, Tiziana Verrascina, Marcello Zarotti Prati Armati srl
Via del Cavaliere, 18 - 20090 Opera (MI) - Italia info@pratiarmati.it
“Piante erbacee a radicazione profonda per il contrasto dell’erosione ed il
ripristino ambientale di siti contaminati”
Era, Verrascina, Zarotti 1
Piante erbacee a radicazione profonda per il
contrasto dell’erosione ed il ripristino ambientale
di siti contaminati Nicola Era, Tiziana Verrascina, Marcello Zarotti
Prati Armati srl
Sommario. Il contrasto dell’erosione ed il ripristino ambientale
di siti contaminati, come vecchie discariche ormai in disuso,
cave, miniere dismesse, risultano spesso essere difficoltosi,
soprattutto perché le specie erbacee tradizionalmente utilizzate a
questo scopo non riescono a vegetarvi e quindi a sviluppare una
densa copertura vegetale. Nel corso degli anni sono state
sviluppate diverse tecniche per il contrasto dell’erosione, la
protezione del suolo e rinaturalizzazione. Tra queste vi è una
tecnologia innovativa che utilizza esclusivamente piante erbacee
perenni naturali a radicazione profonda (prati armati), aventi una
particolare fisiologia vegetale che consente di operare in zone
dove le condizioni climatiche e la contaminazione del suolo
erano fino a pochi anni fa considerate proibitive per lo sviluppo
della vegetazione: terreni aridi, rocce alterate o fratturate, terreni
trattati con aggiunta di calce fino al 5% in peso, suoli inquinati
da rifiuti, idrocarburi e metalli pesanti in concentrazioni fino a 10
volte superiori ai limiti massimi ammessi dalla legge. L’utilizzo
di queste piante consente il contrasto dell’erosione idrica ed
eolica, la riduzione del dilavamento di inquinanti e
dell’infiltrazione, con conseguente riduzione produzione di
percolato nelle discariche.
1 I FENOMENI EROSIVI E IL RIPRISTINO AMBIENTALE
I fenomeni erosivi sul territorio italiano sono molto diffusi e strettamente
legati alle condizioni climatiche caratteristiche delle nostre latitudini,
dove le precipitazioni pluviometeoriche rappresentano l’agente più
incisivo (erosione idrica). L'intensità dell’azione erosiva dipende da vari
fattori, quali: intensità e durata delle precipitazioni, lunghezza e
inclinazione del pendio, permeabilità del terreno e grado di saturazione,
presenza di vegetazione, erodibilità intrinseca del terreno. L'intensa
erosione impedisce la formazione di humus nel terreno ed accelera il
dilavamento dei nutrienti, rendendo così molto difficoltosa la crescita di
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2 Era, Verrascina, Zarotti
vegetazione. Alcune specie pioniere, particolarmente frugali, riescono a
volte ad attecchire sui nudi pendii erosi, ma spesso per sradicarle è
sufficiente un evento meteorico più intenso del solito.
Studi recenti hanno evidenziato invece la capacità di alcune specie
erbacee perenni a radicazione profonda e con una particolare fisiologia
vegetale (prati armati) di riuscire a vegetare anche in condizioni
pedoclimatiche proibitive in cui le specie vegetali usualmente impiegate
per interventi di inerbimento non riescono a vegetare, riuscendo così a
contrastare efficacemente i fenomeni erosivi. Queste piante si
comportano infatti da organismi pionieri vegetando anche su terreni
sterili e contaminati ove sviluppano una densa copertura vegetale e
migliorano la fertilità e la struttura del terreno. Lo rendono così più adatto
alla colonizzazione di specie vegetali più esigenti (come quelle arbustive
ed arboree) ed accelerano quindi il processo di rinaturalizzazione e
ripristino ambientale.
2 PROVE DI GERMINAZIONE E DI APPROFONDIMENTO RADICALE IN
SITI CONTAMINATI DA METALLI PESANTI
Per testare la capacità delle piante erbacee a radicazione profonda tipo
prati armati di vegetare anche in terreni contaminati sono state effettuate
prove di germinazione su materiali delle discariche minerarie del distretto
di Montevecchio in Sardegna, ove sono stati abbancati sterili di
tracciamento e residui di coltivazione di minerali come galena (solfuro di
piombo), blenda o sfalerite (solfuro di zinco). L’analisi degli inquinanti è
stata condotta mediante spettrometria ottica di emissione al plasma ICP-
OES (Inductively Coupled Plasma - Optical Emission Spectrometer). I
principali inquinanti rilevati sono stati arsenico, cadmio, cobalto, cromo,
rame, mercurio, nichel, piombo, antimonio, selenio, zinco in
concentrazioni anche di dieci volte superiori ai limiti massimi di legge.
Parametri determinati sul campione tq
Data inizio analisi
Unità di misura
Valori trovati Valori
di riferimento
As 01/06/10 mg/kg 544,4 50
Cd 01/06/10 mg/kg 140,3 15
Pb 01/06/10 mg/kg 9263,0 1000
Zn 01/06/10 mg/kg 20216,5 1500
Tabella 1. Contenuto di inquinanti in uno dei campioni di terreno contaminato
da metalli pesanti utilizzati per le prove di germinazione dei prati armati
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2.1 Prove di germinazione in siti contaminati da metalli pesanti
Per effettuare i test di germinazione di alcune specie erbacee a
radicazione profonda tipo prati armati sono stati utilizzati 7 campioni di
terreno assimilabile per caratteristiche a 7 diverse discariche dello stesso
distretto minerario. E’ stata testata la germinabilità di 9 specie diverse di
piante erbacee a radicazione profonda messe a germinare su ognuno dei 7
campioni, utilizzando vasi del diametro di 16 cm, uno per ogni specie, per
un totale di 63 vasi. I vasi sono stati sottoposti a cicli irrigui tali da
simulare eventi piovosi. Ad un mese dalla semina sono stati evidenziati i
seguenti risultati: delle 9 specie erbacee testate, almeno 4 sono state in
grado di germinare in tutti i campioni di terreno, sviluppando
contestualmente un apparato radicale su tutto il volume di terreno
contenuto in ogni singolo vaso. La stessa sperimentazione ha messo in
luce quali tra le specie erbacee testate avevano dimostrato di potersi
adattare a condizioni critiche, e di poter essere utilizzate per il trattamento
di siti contaminati da metalli pesanti. A questa prima fase di prove di
germinazione, ha fatto seguito una seconda fase di sperimentazione sulla
capacità di approfondimento radicale.
Figura 1. Risultati ad un mese dalla semina: prove di germinazione e
sviluppo dell’apparato radicale all’interno dei vasi di prova
2.2 Prove di radicazione in siti contaminati da metalli pesanti
Tra i vasi delle specie erbacee a radicazione profonda che erano riuscite a
germinare su suoli contaminati, ne sono stati prelevati 4, uno per ogni
specie. Ciascun vaso è stato trapiantato in un tubo in plexiglass
trasparente di lunghezza pari a 2 m e con diametro di 20 cm contenente lo
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4 Era, Verrascina, Zarotti
stesso tipo di terreno contaminato che era presente nel vaso. I tubi di
prova sono stati dotati di impianto di irrigazione a goccia. Grazie alla
trasparenza del materiale di cui erano costituiti i tubi di prova, è stato
possibile monitorare nel tempo l’accrescimento radicale delle 4 specie
erbacee. A circa un anno dalla semina è stato evidenziato come
l’accrescimento radicale è stato intenso nella totalità delle specie testate e
nel 50% dei casi è stato superato un metro di profondità radicale,
arrivando in una specie a superare 1,80 m di profondità radicale. Le prove
di approfondimento radicale hanno quindi dimostrato che le essenze
erbacee testate non solo sono in grado di germinare su suoli contaminati
da metalli pesanti ma riescono a vegetarvi vigorosamente e ad accrescere
in profondità l’apparato radicale.
Figura 2. Tubo di prova utilizzato per le prove di radicazione e particolare
dell’apparato radicale dei prati armati
3. PROVE DI GERMINAZIONE SUI FANGHI ROSSI
Per testare la capacità delle piante erbacee a radicazione profonda di
vegetare anche in terreni fortemente contaminati quali i cosiddetti “fanghi
rossi”, sono stati effettuati dei test di germinazione su scarti di
lavorazioni dei minerali nell’impianto elettrolitico di Monteponi in
Sardegna. I fanghi rossi veri e propri sono localizzati in terrazzi e
ricoprono una superficie di circa 7 ettari. Sono da decenni una fonte di
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Era, Verrascina, Zarotti 5
intenso inquinamento dovuto sia a processi di ruscellamento e
infiltrazione delle acque meteoriche sia alla dispersione aerea delle
polveri inquinanti dovuta alla deflazione eolica. In questa zona sono stati
inoltre depositati materiali di varia provenienza quali residui di fonderia,
di trattamento gravimetrico e di lisciviazione, e di laveria magnetica,
scorie mineralizzate Waeltz e residui di scavo. In quest’area sono stati
prelevati dei campioni per mezzo di pozzetti e sondaggi. Su tutti i
campioni prelevati sono stati determinati i parametri pH, Fe2O3, As, Cd,
Crtot, Cu, Hg, Mn, Ni, Pb, Stot, Sb, Se, SO4, Zn, fluoruri e cianuri liberi.
Figura 3. Ubicazione dei sondaggi di fanghi rossi. Nel cerchio giallo i siti
di prelievo dei campioni utilizzati per i test di germinazione
Tabella 2. Determinazioni analitiche (mg/kg) nei campioni di fanghi rossi
utilizzati per effettuare le prove di germinazione
Tra i campioni di terreno analizzati ne sono stati selezionati 5 tra i più
rappresentativi per l’intera area e maggiormente contaminati e sono stati
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6 Era, Verrascina, Zarotti
mescolati al fine di ottenere un terreno che avesse delle caratteristiche
omogenee e medie, rappresentative dell’intera area. Il miscuglio di fanghi
rossi così ottenuto è stato utilizzato per effettuare dei test qualitativi di
germinazione per valutare la capacità delle singole specie di prati armati
di germinare e accrescersi su tali substrati contaminati. Con il miscuglio
di fanghi rossi sono stati riempiti 14 vasi di 10 cm di diametro e in
ognuno è stata seminata una singola specie di prati armati. I vasi sono
stati posti in serra riscaldata e illuminata (visto il periodo invernale non
adatto alla germinazione naturale) e sottoposti a cicli irrigui in modo tale
da simulare eventi piovosi. Ad un mese dalla semina, delle 14 specie
erbacee testate, almeno 7 sono state in grado di germinare ed accrescersi,
di cui 4 in modo più vigoroso, sviluppando contestualmente un apparato
radicale su tutto il volume di terreno contenuto in ogni singolo vaso. La
sperimentazione ha evidenziato quali tra le specie testate sono in grado di
adattarsi a condizioni critiche e di poter quindi essere utilizzate per il
trattamento antierosivo, la rinaturalizzazione ed il ripristino ambientale di
siti contaminati assimilabili ai fanghi rossi.
Figura 4. Test di germinazione sui fanghi rossi prima della semina e dopo
un mese dalla semina di prati armati
4. TEST DI GERMINAZIONE SU SUOLI INQUINATI DA IDROCARBURI
Per testare la capacità delle piante erbacee perenni a radicazione profonda
tipo prati armati di vegetare anche in terreni fortemente contaminati da
idrocarburi sono stati effettuate delle prove di germinazione di tipo
qualitativo su campioni prelevati nei pressi di un impianto petrolchimico
in Sardegna. L’analisi chimica dei campioni di terreno analizzati ha
rivelato la presenza di idrocarburi totali pari a 4.150 ppm, mentre i valori
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limite di legge sono pari a 1.000 ppm. Con il terreno prelevato sono stati
riempiti 12 vasi del diametro di 10 cm e in ogni vaso è stata seminata una
singola specie di prati armati. I vasi sono stati posti in serra riscaldata e
illuminata (visto il periodo invernale non adatto alla germinazione
naturale) e sottoposti a cicli irrigui in modo tale da simulare eventi
piovosi. Dopo 20 giorni dalla semina, delle 12 specie erbacee testate,
almeno 4 sono state in grado di germinare ed accrescersi in modo
vigoroso, sviluppando contestualmente un apparato radicale su tutto il
volume di terreno contenuto in ogni singolo vaso. La sperimentazione ha
evidenziato quali tra le specie erbacee a radicazione profonda testate
possono essere utilizzate per il trattamento antierosivo, ed il ripristino
ambientale di siti contaminati da idrocarburi.
Figura 5. Test di germinazione su suoli inquinati da idrocarburi prima
della semina e dopo 20 giorni dalla semina di prati armati
5. APPLICAZIONI DELLE PIANTE ERBACEE A RADICAZIONE
PROFONDA: RINATURALIZZAZIONE, IMPERMEABILIZZAZIONE E
CONTRASTO DELL’EROSIONE IN CAVE, MINIERE, DISCARICHE
Il campo di applicazione delle piante erbacee a radicazione profonda è
molto vasto: rilevati e scarpate stradali e ferroviarie, arginature, cave,
miniere, discariche, aree a mare, protezione spondale di fiumi, torrenti,
canali artificiali. Nel caso di siti contaminati e vecchie discariche, in
particolare:
si ottiene in tempi brevi la copertura e la protezione dei versanti
dall’erosione idrica grazie allo sviluppo di una fitta coltre vegetale;
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vengono fortemente attenuati i processi di lisciviazione e infiltrazione
degli inquinanti negli strati sottostanti del terreno e in falda;
si riduce la deflazione eolica che genera nubi di polveri inquinanti in
quanto la coltre vegetale limita la mobilitazione delle polveri stesse;
si riduce fortemente la produzione di percolato nelle discariche, grazie
all’intensa capacità traspirativa di queste piante ed all’elevata riduzione
delle infiltrazioni di acque meteoriche dovuta all’impermeabilizzazione
del versante che si ottiene in quanto una frazione rilevante delle acque
meteoriche ruscella al di sopra della coltre erbacea allettata;
viene ridotto il trascinamento a valle dei rifiuti affioranti, che vengono
inglobati nella copertura vegetale;
vengono immobilizzati i rifiuti all’interno della coltre vegetale che
vengono quindi isolati dall’ambiente esterno migliorando così
l’impatto visivo dell’area trattata.
5.1 Rinaturalizzazione di una cava dismessa a Catania
Un esempio di intervento di rinaturalizzazione di una cava
dismessa mediante l’impiego di specie erbacee a radicazione
profonda è quello realizzato in Sicilia, nei pressi di Catania, in
un’area attualmente utilizzata per attività industriali di
trasformazione dei rifiuti. A distanza di pochi mesi dall’intervento,
le specie erbacee impiantate hanno completamente rinaturalizzato il
versante, bloccando contestualmente l’erosione.
Figura 6. La cava dismessa nei pressi di Catania. Situazione prima e
dopo l’intervento di rinaturalizzazione con i prati armati
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5.2 Rinaturalizzazione della discarica di Casteldaccia (PA)
Le discariche a pendio sono accumuli di rifiuti scaricati abusivamente in
vallate o a ridosso di pendii. I rifiuti di vario genere, natura e dimensioni,
quali rifiuti speciali, scarti dell’edilizia, terreni di scavo o inquinati, RSU,
etc., si sono accumulati negli anni con spessori anche di decine di metri.
Vista l’età che spesso hanno queste discariche abusive e considerando le
vecchie pratiche di coltivazione, la produzione di biogas è quasi nulla,
mentre è ancora attiva quella di percolato. Il ripristino ambientale di tali
siti è tecnicamente complesso e costoso sia da un punto di vista
economico, sia energetico. Non essendo possibile un ripristino completo,
si propende per la messa in sicurezza d’emergenza che ha alcuni mirati
obiettivi: impedire l’apporto di nuovo materiale, isolare i rifuti
dall’ambiente circostante, diminuire la produzione di percolato, mitigarne
l’impatto visivo. Le soluzioni più utilizzate per la messa in sicurezza di
discariche a pendio finora sono state:
- soluzione minerale che prevede la copertura della discarica
mediante una struttura multistrato con uno spessore complessivo di
circa 3 m costituita, dal basso, verso l’alto da almeno 5 strati separati
tra loro da geotessile non tessuto: strato di regolarizzazione spesso
circa 20 cm per permettere la corretta messa in opera degli strati
sovrastanti; strato drenante di materiale arido con spessore di almeno
0.5 m, strato di argilla con spessore di almeno 0.5 m; strato drenante
di materiale arido con spessore di almeno 0.5 m; strato superficiale di
terreno vegetale spesso almeno 1 m per favorire la rinaturalizzazione
e la protezione dall’erosione;
- Soluzione con geosintetici che prevede la copertura della discarica
mediante una struttura bistrato con uno spessore complessivo molto
inferiore, di circa 1 m costituita, dal basso, verso l’alto da almeno 2
strati: strato di regolarizzazione generalmente spesso 20 cm per
permettere la corretta messa in opera degli strati sovrastanti e strato
superficiale di terreno vegetale spesso almeno 1 m per favorire la
rinaturalizzazione e la protezione dall’erosione, con i due strati
separati da un manto in HDPE spesso 2 mm incluso tra 2 strati di
geocomposito drenante.
A queste si è affiancata negli ultimi anni la soluzione vegetale che
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10 Era, Verrascina, Zarotti
impiega esclusivamente piante erbacee perenni a radicazione profonda
per realizzare sulla discarica una fitta coltre erbacea direttamente sulla
discarica tal quale, senza ulteriori trattamenti e senza apporre alcuno altro
strato di rivestimento, quindi con uno spessore di materiali di riporto
praticamente nullo. Il trattamento di discariche dismesse con piante
erbacee a radicazione profonda non sostituisce gli interventi di bonifica,
ma può fornire una soluzione rapida ed economica per la messa in
sicurezza d’emergenza delle discariche a pendio. Tali interventi (cfr.
D.M. 471/99) rientrano nella categoria delle tecniche “in situ”, senza cioè
movimentazione o rimozione del suolo inquinato e dei rifiuti. Benché la
soluzione vegetale con l’impiego di piante erbacee perenni a radicazione
profonda tipo prati armati non sostituisca gli interventi di bonifica, può
fornire una soluzione concreta all’esigenza della messa in sicurezza in
situazioni di emergenza, dove la rapidità dei tempi d’esecuzione associata
ad una soluzione naturale ed economica, può essere considerata la più
utile in condizioni di somma urgenza e in assenza di risorse finanziare.
Per la messa in sicurezza di emergenza, infatti, non sono realizzabili le
coperture impermeabili comunemente adottate (soluzione minerale o con
geosintetici), vista l’impossibilità tecnica di posarle in opera a regola
d’arte in condizioni di forte pendenza. Un tipico esempio di messa in
sicurezza d’emergenza mediante piante erbacee perenni a radicazione
profonda è l’intervento eseguito in Sicilia presso la discarica di
Casteldaccia (PA). A distanza di pochi mesi dall’intervento le specie
erbacee seminate hanno coperto il versante, bloccando l’erosione idrica
ed eolica, diminuendo l’infiltrazione e rinaturalizzando il versante
nonostante le condizioni pedoclimatiche sfavorevoli all’attecchimento.
Figura 7. La discarica di Casteldaccia (PA). Particolare prima
dell’intervento e dopo 2 anni dalla semina
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Figura 8. Situazione della discarica prima dell’intervento e dopo 1 anno
dalla semina
5.2.1 Analisi energetica e di inquinamento per la
sistemazione della discarica a pendio di Casteldaccia (PA)
Il Politecnico di Milano, Facoltà di Ingegneria Industriale, ha
recentemente condotto uno studio dal titolo “Analisi del ciclo di vita delle
principali tecnologie di protezione superficiale dei versanti” volto a
quantificare il consumo di risorse naturali, intese come materie prime,
associato alla produzione di materiali e tecnologie per la protezione
superficiale dei versanti. Sono stati presi in esame vari casi di studio, tra
cui uno riferito proprio alla discarica a pendio di Casteldaccia, di cui si
riportano di seguito i risultati. La superficie di riferimento è stata di
10.000 m2. Sono state confrontate le richieste energetiche (espresse in
GJ1) e l’inquinamento prodotto (CO2, CO, NOx, SOx e pm), ipotizzando
la sistemazione della discarica con le tre soluzioni seguenti:
• soluzione minerale;
• soluzione con geocomposito;
• soluzione con piante a radicazione profonda tipo prati armati (piante
R.P.), che è la soluzione poi realmente adottata per la sistemazione della
discarica.
Lo studio ha chiaramente messo in evidenza, quanto sia i fabbisogni
energetici, sia le emissioni di inquinanti (CO2, CO, NOx, SOx e pm)
1 A titolo di esempio si ricordi che 1.000 GJ corrispondono all’energia contenuta in 25 t di petrolio.
“Piante erbacee a radicazione profonda per il contrasto dell’erosione ed il
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relativi alla soluzione con piante a radicazione profonda (piante R.P.)
siano nettamente inferiori a quelle di alcune tipiche tecniche di
sistemazione della discariche (soluzione con geocomposito e soluzione
minerale).
Confronto fabbisogni energetici Confronto emissioni di CO2
Geocomposito Piante R.P. Minerale Geocomposito Piante R.P. Minerale
Tabella 3. Confronto tra fabbisogni energetici ed emissioni di CO2 delle
diverse soluzioni
Confronto emissioni di CO Confronto emissioni di NOx
Geocomposito Piante R.P. Minerale Geocomposito Piante R.P. Minerale
Tabella 4. Confronto tra emissioni di CO e di NOx delle diverse soluzioni
Confronto emissioni di SOx Confronto emissioni di pm
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Geocomposito Piante R.P. Minerale Geocomposito Piante R.P. Minerale
Tabella 5. Confronto tra emissioni di SOx e pm delle diverse soluzioni
BIBLIOGRAFIA
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