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Opinione: Più innovatori e meno caste

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Page 1: Opinione: Più innovatori e meno caste

ilFRIULI BUSINESS 53 f e b b ra i o 2 0 1 2

Un tema a me caro è la creazione di nuove im-prese innovative come

chiave per la ripresa e per uno sviluppo virtuoso dell’econo-mia del Paese. Le norme in-trodotte dal governo Monti a vantaggio di imprese costituite da giovani sotto i 35 anni van-no proprio in questa direzione. Ho già sottolineato come le nuove tecnologie digitali del Cloud, (‘Nuvola’ come la chia-miamo in Italia), possano esse-re il catalizzatore di un nuovo ‘rinascimento industriale’, basato su un’economia più leg-gera, più di bit che di atomi, in sintonia con l’ineludibile trend verso la smaterializzazione. Il potenziale di questo approccio è altissimo, ma non è sufficien-te da solo a garantire una nuo-va era di sviluppo del Paese.

carenza di capitali

Innanzitutto, va spezzato il circolo vizioso della carenza di capitali, oggi più che mai sentita. Soprattutto nei primi anni di vita, le start-up sono spesso costrette a spendere molte energie per attuare una tattica di sopravvivenza, fatta di progetti e consulenze spot che, però, generano prezio-si flussi di cassa, in parallelo alla vera strategia di svilup-po dell’idea innovativa. Ecco perché per avviare un nuovo rinascimento industriale è necessario rafforzare l’ecosi-stema dei finanziatori, che in

Più innovatori e meno castedi roberto siagri ri, ma pochi innovatori, molti

ricercatori, ma poche start-up che riescano a diventare azien-de leader. A parole difendiamo a spada tratta la ricerca di base, ci lamentiamo che si spende poco in ricerca, ma perdiamo di vista il problema reale. La ri-cerca, se non è accompagnata da un atteggiamento di fiducia nel futuro e da una classe di in-novatori (si badi bene: innova-tori, non inventori) serve ben poco. Non è di ricerca che ab-biamo bisogno oggi, ma di più visione strategica, più concor-renza e più fiducia nel futuro. Il primo passo è la definizione dei settori strategici: senza una direttrice di sviluppo, nessun tipo di finanziamento è effi-cace, perché finisce per essere erogato a pioggia disperden-dosi in mille rivoli, a volte ad-dirittura incompatibili tra loro.

meno sussidi, più incentivi

Poi, i fondi per la ricerca non dovrebbero essere utilizzati esclusivamente sotto forma di finanziamenti agevolati o a fondo perduto, che sono più di sussidio che di incentivo. Sa-rebbe, invece, auspicabile che questi fondi servissero, in larga parte, per l’acquisto di prototi-pi e prodotti innovativi, verso cui finalmente anche la Co-munità Europea si sta indiriz-zando con le nuove linee guida sul ‘pre-commercial procu-rement’, ovvero sull’acquisto di prototipi pre-serie. Ecco perché, secondo me, piuttosto che pensare ad altre leggi sulla

finanza agevolata bisognereb-be, per esempio, pensare di rifinanziare gli enti che già ab-biamo come, Infn, Cnr, Infm, Iit, Asi e assicurarsi che con nuovi fondi questi enti asse-gnino più ordini per la realiz-zazione e fornitura di apparati alle start-up e alle Pmi. In altre parole, vanno creati i cosiddet-ti ‘campioni nazionali’. Chiun-que abbia un po’ di esperienza di vendita sa che una referenza ha un grosso valore e aiutare le imprese innovative signifi-ca anche aiutarle ad avere nel proprio Paese delle referenze da poter spendere per inne-scare un circolo virtuoso sia in patria, ma soprattutto all’este-ro. Alcuni potrebbero vedere in questo una sorta di ‘doping imprenditoriale’, ma il punto è che si è sempre prodighi ad aiutare le grandi imprese solo perché detengono tanti posti di lavoro, ma poco si fa per il successo delle aziende che quei posti di lavoro li potrebbe-ro generare se attraversassero la ‘valle della morte’ che ogni iniziativa industriale si trova di fronte nei primi anni di vita o durante le fasi di forte innova-zione. Parafrasando Baumol, Litan e Schramm nel libro, che consiglio di leggere, “Ca-pitalismo buono, capitalismo cattivo. L’imprenditorialità e i suoi nemici”, mentre le grandi imprese si difendono bene da sole, il pubblico che ha a cuore la crescita dovrebbe favorire e salvaguardare l’imprendito-rialità produttiva creatrice di innovazioni.

ordine di apparizione nella vita di un’impresa sono i busi-ness angel, i venture capitali-st, i private equity e il mercato regolamentato. Anche questo non basta: l’innovazione, in-fatti, è un aspetto prettamente socio-economico e che attec-chisce solo in un Paese che ha, per l’appunto, una vivace dinamica sociale ed economi-ca, con tanti ascensori sociali e meno caste, dove merito e concorrenza siano ben evi-denti e con giovani convinti di avere nelle loro mani il futuro. Insomma, un Paese aperto al cambiamento in tutti i sensi e che, soprattutto, abbia una visione positiva della figura dell’imprenditore e dell’impre-sa. Ebbene, l’Italia di oggi non è questo tipo di Paese; non a caso contiamo molti invento-

Vanno definiti i settori strategici: senza una linea di sviluppo, nessun finanziamento può essere efficace

Rinascimento industRiale Serve un PaeSe in cui merito e concorrenza Siano ben evidenti e in cui i giovani Siano convinti di avere nelle loro mani il futuro: cioè, un PaeSe aPerto al cambiamento

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