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associazione management club Le risorse dei territori italiani, le sfide del Mondo Nuovo generare classe dirigente quinto rapporto prefazione di Emma Marcegaglia 5 LUISS Guido Carli LIBERA UNIVERSITÀ INTERNAZIONALE DEGLI STUDI SOCIALI

Rapporto Classe Dirigente 2011

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  • 1. LUISS GuidoCarliLIBERA UNIVERSIT INTERNAZIONALE DEGLI STUDI SOCIALIassociazionemanagementclub 5prefazione diEmma Marcegaglia quinto rapporto generare classe dirigente Le risorse dei territori italiani, le sfide del Mondo Nuovo

2. ISBN: 978-88-6105-061-7 2011 LUISS University Press - Pola s.r.l. a socio unicoViale Pola, 12 - 00198 RomaTel.: 06/85225229Fax: 06/85225236www.luissuniversitypress.ite-mail: [email protected] edizione: aprile 2011Stampa: Rubbettino Industrie Grafiche ed EditorialiViale Rosario Rubbettino, 8 - 88049 Soveria Mannelli (Cz)www.rubbettino.itTutti i diritti sono riservati.Lelaborazione dei testi, anche se curati con scrupolosa attenzione, non pu comportare specificheresponsabilit per involontari errori, inesattezze; pertanto, lutente tenuto a controllare lesattezza e lacompletezza del materiale utilizzato. LEditore non si assume alcuna responsabilit per danni diretti oindiretti. 3. LUISS GuidoCarliLIBERA UNIVERSIT INTERNAZIONALE DEGLI STUDI SOCIALIassociazionemanagementclub 5prefazione diEmma Marcegaglia quinto rapporto generare classe dirigente Le risorse dei territori italiani, le sde del Mondo Nuovo 4. Responsabili del ProgettoPier Luigi Celli, Direttore Generale Universit LUISS Guido CarliMassimo Egidi, Rettore Universit LUISS Guido CarliPietro Fiorentino, Direttore Associazione Management ClubGruppo di lavoro che ha curato il RapportoStefano Manzocchi, Universit LUISS Guido Carli (Coordinatore Scientifico)Marcella Corsi, Universit La Sapienza di RomaNadio Delai, ErmeneiaCorinne Deloy, Science Po - ParigiGiorgio Di Giorgio, Universit LUISS Guido CarliCecilia Jona Lasinio, Universit LUISS Guido CarliMarc Lazar, Universit LUISS Guido Carli e Science Po - ParigiGiorgio Neglia, Associazione Management Club 5. presentazioneCon questo Rapporto 2011, lAssociazione Management Club (AMC) si conferma lasede stabile di analisi e confronto nella quale i soci fondatori, Fondirigenti e Luiss, uni-tamente ai soci promotori Confindustria e Federmanager, hanno fatto confluire le pro-prie attivit di studio e ricerca sulla classe dirigente, che hanno dato origine alle prece-denti edizioni dellindagine.Nel quarto Rapporto si riscontrava la necessit di andare oltre il disorientamento dellelite, puntando verso la ricostruzione del capitale di fiducia con la popolazione e ilsistema economico. Con il quinto Rapporto abbiamo inteso focalizzarci sul tema dellagenerazione della classe dirigente a livello locale, pur in unottica di comparazione inter-nazionale, convinti del fatto che questa fiducia possa e debba trovare la propria linfanelle forze vitali che provengono dalle realt produttive, sociali e culturali che da sem-pre rappresentano la vera ricchezza dei nostri territori. Elemento questultimo che cipare quanto mai opportuno sottolineare anche e soprattutto in occasione delle cele-brazioni dei 150 anni dellUnit dItalia.La riflessione sul ruolo delle classi dirigenti (pubbliche e private) di grande attualitin un momento ove necessario ripartire dai fondamentali per delineare la roadmapda seguire nel prossimo futuro. Mai come in queste delicate fasi della nostra storia, siavverte come fondamentale limpegno di tutti a rispondere con efficacia alle sfide dellacomplessit.Per la nostra ruling class emergono quindi ruoli, obiettivi e visioni sempre pi sfidanti(nuove forme di rappresentanza, maggiore attenzione alla formazione, necessit dimigliorare il raccordo tra gli attori sociali), che richiedono rinnovate capacit di inter-mediare tra le risorse esistenti, spesso poco valorizzate, e le opportunit, soventenon colte, componendo i diversi interessi nellottica del raggiungimento del benecomune.Nelle giovani generazioni del nostro Paese, ma anche nei lavoratori con maggioreesperienza lavorativa, presente un enorme serbatoio di professionalit, unito a unalto potenziale di creativit e spirito di intrapresa, che non riescono a trovare occasionie modalit per esprimersi e concretizzarsi al meglio. In tal senso, una delle prime 6. responsabilit delle lite proprio quella di individuare i canali attraverso i quali valo-rizzare questo patrimonio di competenze.Se vero che le competenze sono le fonti primarie dellinnovazione e delle idee dibusiness espresse dai territori, altrettanto vero che il knowledge si produce e si sedi-menta non solo nelle scuole, nelle universit, nei centri di ricerca, ma anche nelleimprese e nelle organizzazioni (con linnovazione implicita), e che per generare svi-luppo e benessere la conoscenza ha bisogno di essere inserita in un adeguato conte-sto di regole e infrastrutture (materiali e immateriali).Per questo la nostra classe dirigente chiamata a favorire la creazione di un ecosi-stema in grado di garantire i necessari processi di accumulazione e moltiplicazionedella conoscenza per massimizzarne gli effetti positivi sulleconomia ed il tessuto socia-le di riferimento. Pertanto, sono necessari meccanismi che consentano di fissare obiet-tivi sfidanti, premiare merito e competenze, senza dimenticare socialit e pari oppor-tunit.Consapevole di tali priorit, in questa delicata fase della nostra storia, AMC si proponedi far s che le cose accadano, facilitando e rendendo operativi in tempi certi e brevi iprocessi di innovazione, agendo come polo di attrazione, attraversato dai contributi ditalenti e intelligenze di diversa estrazione motivati a migliorare rendimenti e qualitdella nostra macchina produttiva.Nella speranza che tutti voi che vi apprestate a leggere questo Rapporto non ci faccia-te mancare commenti e contributi, vi auguro buona lettura.Renato Cuselli Presidente Associazione Management Club6 5 RAPPORTO SULLA CLASSE DIRIGENTE/2011 7. indicePrefazione di Emma Marcegaglia 11IntroduzioneI territori italiani e il mondo nuovo,di Stefano Manzocchi 13Parte primaLe classi dirigenti locali e il passaggio oltre la crisiLe classi dirigenti locali e il passaggio oltre la crisi,di Nadio Delai 39La proiezione locale dei paradigmi del 201039La percezione di un impatto forte della crisi ma con segnalidi miglioramento 42Una reazione allentata della classe dirigente e della popolazione46Una triplice debolezza delle lite locali52Una consapevolezza da investire sul futuro 60Una strategia di integrazione a pi livelli70Parte secondaLa dimensione europea e le sfide per le classi dirigentiCapitolo 1Diffidenza e paura: la politica in europa, dopo la crisi,di Marc Lazar con la collaborazione di Corinne Deloy 77Una destra amministratrice e una sinistra priva di progetti81Il futuro del Welfare state e la minaccia del populismo94I rischi della surplace della politica europea106 INDICE7 8. Capitolo 2Qualcosa cambiato? finanza ed economia nel 2011 e oltre,di Giorgio Di Giorgio109 Fuori equilibrio, prima e dopo la crisi 114 Priorit: pi occupazione 119 Linee guida per le nuove classi dirigenti globali 120 UnItalia ancora a rilento122Capitolo 3Il capitale immateriale e i territori italiani,di Cecilia Jona-Lasinio131 Un nuovo motore della crescita133 Produttivit, conoscenza, nuovi modelli di business: il ruolo della classe dirigente 146 Infrastrutture immateriali, territorio e produttivit 152 Bibliografia157Parte terzaGiovani e donne, energie per il paese nel 150 dellunitCapitolo 1Innovazione e mondo giovanile,a cura dei ricercatori di AMC - Associazione Management Club 161Le competenze e il ruolo della classe dirigente sul territorio 161Dare spazio ai giovani e alle idee 165Le parole chiave dello sviluppo178Formarsi e formare 192Capitolo 2Un barometro sulla presenza femminile nella classe dirigente,di Marcella Corsi199Pi istruite, poco valorizzate sul lavoro202I ritardi della politica 205Un mondo dellimpresa ancora al maschile 209PostfazioneLa leadership necessaria, per una buona classe dirigentedi Sergio Fabbrini 217AllegatiLanalisi dei casi locali,di Nadio Delai 22185 RAPPORTO SULLA CLASSE DIRIGENTE/2011 9. Il caso di Torino 223Il caso di Varese 273Il caso di Treviso315Il caso di Reggio Emilia361Il caso di Ancona 405Il caso di Lecce451La metodologia utilizzata 493Il profilo degli autori 499 INDICE9 10. prefazioneClasse Dirigente una locuzione impegnativa. Contiene in s lidea di un insieme, diun ruolo e un destino comuni; e la tensione di un movimento, una guida, un esitoauspicato. Le classi dirigenti, europee ed italiane, stentano talvolta a tenere assieme idue elementi, in questi anni complessi e spesso difficili. Le crisi non mancano davve-ro nellarena globale: questo Rapporto Generare Classe Dirigente stato chiuso intempo per registrare - ad esempio - le sommosse e i conflitti in Nord Africa, ma nongli sconvolgimenti originati in Giappone. Ma crisi significa momento che separa unamaniera di essere nuova e diversa, dallaltra precedente. La sua etimologia suggerisceun aspetto vitale, la separazione tra un momento antico e uno nuovo, e anche unadimensione di scelta connessa con levoluzione, la crescita. La crisi, dunque, pereccellenza il tempo delle classi dirigenti; in assenza di crisi, basta unordinaria ammini-strazione.Quel che emerge dal V Rapporto curato da AMC insieme a LUISS e Fondirigenti, chele nostre classi dirigenti, anche quelle locali su cui ci si sofferma in particolare, stenta-no ancora a svolgere appieno il loro ruolo. Certo, il disorientamento nasce anche dallarapidit e dallintensit dei mutamenti, da quellirrompere del Mondo Nuovo con cuisi devono confrontare. Nasce dalla minaccia dei populismi che si radicano estesa-mente e da una riforma del Welfare ormai inderogabile ma onerosa in termini di con-senso immediato. Ma si avverte, tra le pagine del Rapporto, anche una certa pigriziadei ceti dirigenti nel distaccarsi dai modelli interpretativi e operativi del passato, spessoormai insufficienti o addirittura fuorvianti. Come si avverte la riluttanza a cooperare trasegmenti diversi di classe dirigente per finalit condivise - anche a costo di rinunciarea quote di potere o prestigio, che si rivelano presto comunque effimere. Manca infine,ed grave, anche nella spesso decantata Provincia italiana, la consapevolezza e lim-pegno costante nel generare nuova classe dirigente, un compito primario di chi svolgeruoli di responsabilit in qualunque ambito sociale.I territori italiani dispongono di molte risorse. Dalla capacit di reazione rispetto a situa-zioni molto difficili; al patrimonio della produzione locale rispetto alla rendita, che hacostituito un elemento di resistenza del Paese nella crisi economica globale; alla tenu- PREFAZIONE 11 11. ta del tessuto sociale, con un livello di coesione che in molti contesti locali rappresen-ta a tutti gli effetti una risorsa competitiva del sistema. Ma queste risorse vanno ri-orien-tate verso le sfide che il Mondo Nuovo pone, e in questo c del lavoro ancora da com-piere da parte delle nostre classi dirigenti.Non esistono risposte facili, n pigramente riproducibili da una realt locale alle altre.Ma risposte possibili esistono, ed anche se ciascuna di esse non esaustiva, insiemepossono costruire un ponte tra le risorse dei territori le opportunit della scena globa-le. Alcune indicazioni si trovano nelle pagine del Rapporto. Nuove modalit di aggre-gazione e rappresentanza, a fronte di una eccessiva frammentazione delle classi diri-genti. Nuove forme di relazione tra le nostre grandi banche e le imprese, specie quel-le piccole e medie, senza sempre cercare di sostenersi sulla spalla del sistema pubbli-co. Nuovi manager cosmopoliti, ma al tempo stesso esperti delle potenzialit produt-tive italiane e delle opportunit mondiali. Nuove forme di finanza che prevedano rischie vantaggi esplicitamente partecipati e suddivisi tra imprese, banche, grandi investitorie famiglie, per rendere dinamico uno dei nostri punti di forza, la notevole ricchezza pri-vata a fronte del debito pubblico. Se le ricchezze italiane guarderanno sempre pi allarendita rispetto allinnovazione, oppure se saranno sempre pi investite allestero inve-ce che sui nostri territori, i patrimoni degli italiani si ridimensioneranno in tempi brevi,come ci segnalano gli studi della Banca dItalia.Per il nostro Paese, pi che per altri, il Mondo Nuovo pone sfide assai difficili, mentreci cimentiamo nella riscoperta dellidentit nazionale nel 150 dellUnit. dunqueassai positivo che oggi, nel dibattito pubblico italiano, abbia finalmente conquistatospazio lesigenza di declinare le classi dirigenti al femminile, e in senso giovanile. Si trat-ta di risorse spesso poco valorizzate, ma che dimostrano una straordinaria capacit pro-gettuale quando si aprono loro spazi, come il Rapporto testimonia. Auguriamoci chealle parole seguano presto comportamenti conseguenti, pur nel rispetto di diverseopzioni pragmatiche che nel tempo andranno sottoposte al riscontro empirico dei risul-tati. Di certo, gli universi giovanile e femminile italiani racchiudono un patrimonio dienergie ed intelligenze vitali: una componente decisiva del futuro dellItalia. Emma Marcegaglia12 5 RAPPORTO SULLA CLASSE DIRIGENTE/2011 12. introduzione: i territori italianie il mondo nuovodi Stefano Manzocchi1 Ma credo che fosse piacere di Dio nostra tornata, accioch si potessero sapere le cose che sono per lo mondo.Marco PoloUn Mondo Nuovo si va rivelando dopo la grande crisi del 2008-9, un mondo che dadecenni si andava preparando ma che la tempesta finanziaria e la recessione hannoreso immanente. LOccidente si confronta con societ e culture diverse e davvero com-petitive, e il fardello delluomo bianco di cui parlava Kipling, limperativo di organizzareil mondo secondo principi e costumi atlantici, al tempo stesso meno verosimile emeno cogente, anche se i valori europei di libert, democrazia e partecipazione si diffon-dono in altre aree del pianeta. Le classi dirigenti occidentali sono di fronte a tre compi-ti: devono fare esperienza e intelligenza di questo Mondo Nuovo; ne devono farepedagogia presso gli attori sociali e le pubbliche opinioni; e devono praticare una maieu-tica delle risorse e delle opportunit che consenta di riscrivere le aspettative sociali inmodo progressivo, non regressivo. In altri termini, le classi dirigenti devono evitare dipiangersi addosso, e investire le risorse che esistono sui territori (europei, italiani) inmodo innovativo, per catturare le opportunit del Mondo Nuovo, al tempo stesso pre-servando e alimentando la coesione sociale e le forme partecipative che costituisconoun patrimonio non secondario delle provincie europee. Vasto programma, in effetti, maormai indispensabile. Si tratta, a ben vedere, di tradurre in esercizio di ruolo dirigente laprofezia di Lord Dahrendorf, quando invocava pi innovazione sociale ed economica pernon mettere a dura prova quellequilibrio tra benessere, coesione e libert politica sem-1. Ordinario di Economia Internazionale Universit LUISS Guido Carli. Ringrazio Andrea Gavosto, Direttore della Fondazione Agnelli, per il contributo sul tema della scuo- la; Zeno Rotondi, Responsabile dellUfficio Studi Unicredit per lItalia, per il contributo sul tema delle banche; Stefano Zapponini, Presidente della Piccola Industria di Confindustria Roma e Marcello Messori, Universit di Roma - Tor Vergata. Resto naturalmente lunico responsabile per le opinioni qui espresse. I dati e le informazioni utilizzati sono quelli disponibili all8 marzo 2011. INTRODUZIONE13 13. pre pi difficile da mantenere nelle nazioni occidentali. La compressione e la ridefinizio-ne delle classi medio-alte assottiglia le lite; la frammentazione degli interessi e dei rife-rimenti culturali rende pi difficile la costruzione e lesercizio della leadership (si veda lapostfazione di Sergio Fabbrini a questo volume). Ancor pi, quindi, diviene necessario erilevante ripensare il ruolo delle classi dirigenti che innervano tutte le sfere delle nostresociet, dallimpresa al lavoro, alla pubblica amministrazione, alle professioni, alla cultu-ra e alla scienza, al mondo dellinformazione, alla politica. Lapertura al Mondo Nuovo cisembra il principale tratto distintivo che dovrebbe caratterizzare questo ripensamento:classi dirigenti pi cosmopolite, meno inclini al provincialismo, pronte a replicare espe-rienze lontane di successo e non solo quelle consolidate sul territorio dappartenenza.Questo ancor pi vero per il nostro Paese, che al contempo si cimenta anche nellariscoperta dellidentit nazionale nel 150 dellUnit. Il Mondo Nuovo pone in modoinderogabile alle classi dirigenti italiane, nazionali e locali, una questione di dimensionee coesione degli attori sociali, che devono confrontarsi con protagonisti globali di dimen-sioni continentali. Questo si innesta in nodi antichi e complessi del nostro Paese, dove idivari territoriali inducono a posizioni federaliste che reclamano una presa di responsa-bilit a livello locale, mentre la frammentazione dellazione collettiva non solo conducea duplicazioni e sprechi, ma peggio ancora riduce la massa critica e la rapidit di rea-zione dei nostri attori sociali in un mondo che sempre pi vasto e veloce.Il Rapporto Generare Classe Dirigente 2011 prosegue nellindagine avviata con leprecedenti edizioni, e in particolare quella condotta nel pieno della recente crisi finan-ziaria e pubblicata lo scorso anno, ma adotta una diversa prospettiva. In primo pianoponiamo infatti la relazione tra le classi dirigenti dei territori italiani e lirrompere delMondo Nuovo. Indaghiamo la loro consapevolezza dei mutamenti intercorsi su scalaglobale; la loro rappresentazione dellimpatto che la crisi e il cambiamento hanno suiprocessi economici e sociali, a livello nazionale e locale; lelaborazione del rapporto trale risorse, e le carenze, dei territori dappartenenza e le opportunit che il MondoNuovo offre. Infine, la loro valutazione circa ladeguatezza delle stesse classi dirigentilocali, dei processi cognitivi e delle routine decisionali e gestionali adottate, rispetto alletrasformazioni in atto. La prima parte del Rapporto dedicata a questa indagine, cherivela vizi antichi delle classi dirigenti locali, quali la scarsa predisposizione a muoversisecondo logiche coordinate dei diversi attori; lattitudine a replicare spesso le soleesperienze riuscite di un passato circoscritto, senza esplorare il diverso e pi lontano;oppure il vizio di cercare carenze e difetti nellombelico del vicino, soprattutto dellam-ministratore pubblico, senza guardare nel proprio. Nella seconda parte del volume tor-nano invece le comparazioni internazionali, che costituivano il cuore del Rapporto2010, con capitoli sullo stato della politica europea; delleconomia e della finanza glo-bali; del posizionamento delle nazioni e regioni rispetto al ruolo del capitale immate-riale cos vitale nella Societ della conoscenza. La terza parte raccoglie infine espe-rienze e riflessioni che emergono dagli universi giovanile e femminile italiani, assaipenalizzati in termini di occupazione, redditi, carriere, ma latori di patrimoni di energiee intelligenze indispensabili per il futuro del nostro Paese.14 5 RAPPORTO SULLA CLASSE DIRIGENTE/2011 14. Le suggestioni principali che emergono dal Rapporto 2011 si possono cos riassumere:- Il nesso globale - locale un precipitato delle tensioni della realt italiana in que-sto primo scorcio di XXI secolo. Le filiere produttive originarie dei nostri territorisono ancora oggetto di studio anche allestero, ma vanno ripensate e rivitalizza-te alla luce di mercati sempre pi lontani e complessi. La crisi finanziaria, prima,lo spostamento del baricentro economico verso lAsia e le recenti tensioni nelmondo arabo, dopo, hanno sollevato una nebbia cognitiva per le nostre impre-se rispetto a opportunit e rischi. Quella nebbia si di conseguenza proiettataanche su altri attori economici delle comunit locali, e infine sul complesso deltessuto sociale. A fronte di una carenza storica di infrastrutture materiali deinostri territori, emerge con sempre maggior chiarezza un deficit di infrastruttureimmateriali, e i due si alimentano fra loro. Si cercano nuove risposte di aggre-gazione (i nuovi soggetti della rappresentanza, le reti, le missioni di sistema, lerivisitazioni dei distretti), ma emergono sovente una rappresentazione inade-guata del Mondo Nuovo e una eccessiva frammentazione delle classi dirigenti,che tendono a replicare in modo quasi involontario soprattutto modelli e strate-gie del passato.- Dalle indagini svolte sui territori italiani, emerge una triplice debolezza delle classidirigenti locali. La prima quella di una risposta alla crisi non sempre adeguata,spesso confusa e in ordine sparso. La seconda una eccessiva autoreferenzialitlocale, nonch una riconosciuta difficolt, pi volte ricordata, di praticare la coope-razione tra segmenti diversi di classe dirigente per i comuni obiettivi del territorio.La terza che non si persegue con chiarezza e con limpegno necessario lobbligoprimario della classe dirigente, quello di generare nuova classe dirigente, con ilcorollario della ben nota riluttanza a promuovere effettivamente i giovani talentipresenti sul territorio.- Ma oltre i limiti e le debolezze, i territori italiani conservano grandi patrimoni di risor-se. Primo, una capacit di reazione alla crisi da parte del tessuto imprenditoriale,che ha dimostrato concretezza e tenacia, pur attraversando talvolta situazioni anchemolto difficili non solo a causa della nebbia cognitiva di cui sopra, ma anche del-lincapacit sistemica di sviluppare sul territorio i modelli di coordinamento pi ade-guati. Secondo, il valore della produzione locale rispetto alla rendita, che ha costi-tuito almeno fino al 2010 un elemento di tenuta della ricchezza delle famiglie edelle imprese, nonch delloccupazione, in molti contesti locali. Terzo, la capacit diresistenza del tessuto sociale, con comunit abituate ad assorbire le difficolt econ un livello di coesione che diventa a tutti gli effetti una risorsa competitiva delsistema.- Incrociando i dati delle regioni italiane su dotazione di infrastrutture ICT, lavoro spe-cializzato e performance produttiva, emerge chiaramente come uno dei problemiprincipali a livello territoriale la carenza di lavoro specializzato. Una buona dota-zione di capitale umano un requisito-chiave per utilizzare le nuove tecnologie inmodo adeguato, specie nelle regioni maggiormente dotate di infrastrutture infor- INTRODUZIONE 15 15. matiche, che sono poi quelle in cui si registrato il maggior rallentamento nella cre- scita nel periodo 2005-2009. Per ricominciare a crescere leconomia italiana ha bisogno di una classe dirigente decisa a compiere uno sforzo evolutivo, che si impegni cio a sostenere le imprese e i lavoratori per stare al passo con le altre economie avanzate anche attraverso efficaci programmi di supporto alla creazione di conoscenza, il capitale intangibile per eccellenza. I dati recenti sul calo delle iscri- zioni universitarie devono costituire un campanello dallarme cui reagire subito, per invertire una tendenza che pregiudicherebbe il futuro del Paese.-La migliore qualit della finanza privata italiana - spesso evocata per esorcizzare le- levato debito pubblico - e lorientamento relativo della nostra economia verso il reale, non riescono a congiungersi in una dinamica virtuosa che rafforzi e stimoli le imprese, allargando i loro orizzonti. Gli estesi patrimoni privati sono un mixed blessing, una medaglia dalle due facce, da una parte fungono da ammortizzatore economico e sociale, ma dallaltra sono un incentivo a privilegiare la rendita rispet- to al rischio dellinnovazione, la conservazione rispetto alla mobilit. Di debito si pu morire (Grecia e Irlanda docent), ma di patrimonio si pu languire. Occorre mobi- lizzare quei patrimoni, con nuove forme di finanza che prevedano rischi e vantag- gi esplicitamente partecipati e suddivisi tra imprese, banche, grandi investitori e famiglie. Occorre pi finanza per lo sviluppo, senza le distorsione del sistema pub- blico, con manager cosmopoliti, ma al tempo stesso esperti delle potenzialit pro- duttive italiane.-Per quanto concerne lo sviluppo economico, da cui quello sociale non pu pre- scindere, e pur con le debite differenze tra i territori, ormai insostenibile la frattu- ra tra un Paese dove si risponde solo delle procedure formali, sostanzialmente chiu- so verso lesterno se non per i richiami e gli obblighi che lUnione Europa ci impo- ne, solo marginalmente toccato dalla concorrenza; e un Paese dove si risponde dei risultati, aperto verso lestero e sottoposto alla pressione della concorrenza interna- zionale. Oltre alle richieste di sempre, pi controlli efficaci e non formalistici, meno carte da presentare e tempi certi per le risposte, dalla giustizia civile, ai pagamenti, alla concessione di autorizzazioni e permessi, un contributo allefficienza della Pub- blica Amministrazione potrebbe aversi da una maggiore mobilit (anche limitata localmente, ma estesa a amministrazioni di natura diversa - centrale/locale). Ogni mutamento che favorisca la crescita dimensionale delle imprese, ogni decisione che consenta lattrazione di investimenti dallestero o limiti la fuga di nostre impre- se e capitali va presa presto.-Su scala europea, fenomeni non marginali di populismo di destra e di sinistra testi- moniano le difficolt delle lite tradizionali, liberaldemocratiche o socialdemocrati- che, nellinterpretare il Mondo Nuovo e nel fornire unofferta politica che non tra- scuri la sfiducia e la paura diffuse nelle pubbliche opinioni, ma esercitando una maieutica innovativa delle risorse e delle opportunit sociali. Su scala globale, il governo delleconomia risente dellirrompere dei nuovi attori (la Cina appena diventata la seconda potenza del pianeta) ma le lezioni della crisi non sembrano165 RAPPORTO SULLA CLASSE DIRIGENTE/2011 16. aver generato tutte le soluzioni auspicabili, sia sul versante delle regole e delle isti-tuzioni di controllo della finanza (emblematico il caso europeo, con tre nuove auto-rit i cui poteri e indipendenza sono ancora oggetto di controversie), sia sul ver-sante della coerenza tra le due Europa, quella germanica che appare in buonasalute e quella mediterranea che si dibatte tra molte crisi.- La recessione ha acuito lo stallo della politica che in Europa esisteva gi da diversianni. Se la destra pare farcela pi che la sinistra, linsieme delle classi dirigenti fati-ca a colmare il divario fra il mondo della politica e la societ europea che, impau-rita e angosciata per il proprio futuro, cerca pi che mai forme di protezione. Ineffetti, gli Europei si chiedono che fine far il Welfare state, al quale sono sempremolto affezionati, mentre sono in larga parte attratti dai populisti che sono in pienaascesa. quindi imperiosa e urgente la necessit per i responsabili politici, in ognipaese e livello di governo, di inventare nuove narrative per combattere le tenta-zioni attuali al ripiegamento conservatore e allo sconforto.- La crisi attuale non impedisce che riforme anche dure, ma progettate per il futuro,si possano realizzare nel Welfare, nel fisco, nellistruzione, nella P.A., come testi-monia il caso inglese. Il pericolo che si intravede per le societ europee non tantoche linnovazione metta a dura prova la coesione sociale (anche se le recenti vicen-de nelle relazioni industriali italiane si possono leggere in questottica), ma che lascarsit dinnovazione spinga verso un lento sgretolamento del tessuto sociale e aduna disaffezione verso la partecipazione (alla scuola, al mercato del lavoro, alla poli-tica, ecc). Sotto questo profilo, incoraggiante che emergano nuove visioni pressole classi dirigenti italiane, sulle forme di rappresentanza, sullattenzione alla forma-zione anche se quello della scuola resta un nodo in gran parte irrisolto, sul raccor-do tra attori sociali senza sempre invocare lo Stato.- Gli universi giovanile e femminile italiani, assai penalizzati in termini di occupazio-ne, redditi, carriere, racchiudono patrimoni di energie e intelligenze indispensabiliper il futuro del Paese. Si tratta di risorse spesso poco valorizzate, ma che dimo-strano una straordinaria capacit progettuale quando si apre loro la possibilit didimostrare le loro doti. dunque un segnale assai positivo che oggi, nel dibattitopubblico italiano, abbia finalmente conquistato spazio lesigenza di declinare le clas-si dirigenti al femminile, e in senso giovanile. Naturalmente, occorre augurarsi chealle parole seguano presto comportamenti conseguenti, pur nel rispetto di diverseopzioni pragmatiche.- Dare spazio ai giovani significa in concreto supportare e finanziare nuove idee dibusiness, e favorire lincontro tra ricerca e impresa: il Rapporto d conto di moltenovit interessanti in questambito Per quanto concerne la classe dirigente femmi-nile, nonostante questa dimostri regolarmente di raggiungere leccellenza sia inambito scientifico sia nel mondo imprenditoriale, le sue energie devono ancora pie-namente dispiegarsi nel nostro Paese, e non sempre le lite locali danno buonesempio, anche rispetto al livello centrale.INTRODUZIONE 17 17. Irrompe un Mondo NuovoIl nuovo irrompe nelle societ e nelle economie europee, come eredit della crisi pipesante degli ultimi 60 anni, in conseguenza delle trasformazioni negli equilibri dellaricchezza e del potere mondiale, come esito dei mutamenti del capitalismo globale. Sipu quindi sostenere che il nuovo sia in parte inevitabile e irreversibile, e che lop-zione principale per le classi dirigenti europee sia tra subirlo, oppure interpretarlo con-trapponendovi la discontinuit nei progetti e nella gestione. Le cure tradizionali, insom-ma, come il protezionismo, rischiano di peggiorare il male, mentre lomeopatia dellin-novazione di fronte al cambiamento potrebbe condurre ad esiti migliori.Quale comprensione le classi dirigenti hanno dello stato attuale delleconomia globa-le, e in particolare europea? Quali attitudini, strategie e politiche sono prioritarie oggi?Mentre lOccidente si interroga - e a ragione - su questo, la crisi ha rivelato una geo-grafia economica e politica che si andava preparando da anni. Nuovi paesi un tempoclassificati come emergenti, India, Cina, Brasile tornano o cominciano a imporsi comeprotagonisti globali, e sempre pi si affermeranno in quella direzione (si veda la distri-buzione del Pil mondiale dal 1820 al 2020: grafico 1). Mentre i valori europei di liberte democrazia fanno breccia in altre aree del pianeta, che sembravano finora imper-meabili a essi, il mutamento epocale in atto mette alla prova la relazione tra coesionesociale e crescita economica, come era stata intesa dal dopoguerra nella tradizioneoccidentale, pur con le differenze tra le varianti liberaldemocratica e socialdemocratica.Non solo opportunit, ma rischi e sfide non mancano nel mondo Nuovo, come testi-moniano ad esempio i recenti avvenimenti in Nord Africa (basti pensare agli scenariche si aprirebbero se le rivolte popolari dalle sponde del Mediterraneo si estendesse-ro allArabia Saudita).Nel contempo, la Grande Crisi del 2008-9 ha lasciato pesanti eredit alle classi diri-genti occidentali, in particolare a quelle europee, sotto il profilo economico, sociale epolitico (si veda la passata edizione del Rapporto, dedicata a questo tema). Negli ulti-mi mesi del 2010, i differenziali di rendimento richiesti per lacquisto di titoli di Statodei paesi dellarea dellEuro pi esposti, sul piano del debito pubblico ed estero, hannoraggiunto e spesso superato i 5 punti percentuali rispetto ai titoli tedeschi di pari dura-ta. La conseguenza il rischio concreto di un onere finanziario crescente per i gover-ni, e il pericolo di cadere in un avvitamento dovuto a maggior deficit, pi alto debito,pi elevata spesa per interessi, ancor maggior deficit. Laumento dei differenziali di inte-resse, trainato prevalentemente dal crescente onere per lassunzione di rischi deidefault, ha risentito anche della preferenza dei risparmiatori per i pi sicuri titoli tede-schi, i cui rendimenti si sono ridotti in modo preoccupante, contribuendo in Germaniaa innescare dubbi relativamente allopportunit di continuare lavventura comune euro-pea. Si tratta di una pericolosa sfida per lEuro e in prospettiva per lintera costruzioneeuropea, minacciata simultaneamente da rischi di rottura sia sul fronte dei paesi pideboli sia su quello del paese economicamente pi significativo (si veda il capitolo diGiorgio Di Giorgio nella parte seconda del volume).185 RAPPORTO SULLA CLASSE DIRIGENTE/2011 18. In % del Pil mondiale 1820 1900 Altri Cina Altri CinaGiappone USAGiapponeUSAIndiaIndia EuropaEuropa 1950 2020Cina Altri Cina AltriUSAGiappone USA GiapponeIndia India EuropaEuropaPer ovviare a tali difficolt, lUnione Europea ha predisposto un Fondo per la stabilitfinanziaria, come strumento di aiuto ai governi nazionali in difficolt: uno strumentoutile in questa fase in cui i debiti pubblici, e non pi o non solo quelli privati, costitui-scono un pericolo per ledificio europeo. Nonostante le recenti difficolt, rimane arduopensare allEuropa solo come alla somma dei suoi paesi. Le scelte nazionali rimango-no fonti essenziali delle politiche europee, ma quasi impossibile trascurare larchitet-tura istituzionale dellUE e, al suo interno, la gestione della valuta unica da parte dellaBanca centrale europea. La crisi ha tuttavia condotto le lite culturali e politiche euro-pee, da una parte, a ripiegarsi sulla dimensione nazionale pressate dai fenomeni dipopulismo; e dallaltra a occuparsi delle emergenze fiscali continentali ma sempre inunottica difensiva e di breve periodo, senza lafflato che le questioni in campo avreb- INTRODUZIONE19 19. bero richiesto. forse inevitabile in una congiuntura cos difficile, e non la prima voltache si assiste a questa surplace nellUnione Europea, ma oggi pi che in passato leleadership in Francia e Germania appaiono incerte e quasi tentennanti, stentano adaggregare consenso e non riescono ad assumere un ruolo propulsivo nellarea. La con-seguenza un inevitabile, ennesimo ritardo dellEuropa nellassumere a pieno quelruolo di attore globale che - ad esempio - le crisi nella sponda Sud del Mediterraneoe le connesse ondate migratorie reclamerebbero.Il Mondo Nuovo che emerge dalla crisi comporta importanti cambiamenti nelle istitu-zioni del governo mondiale, con il graduale ma progressivo abbandono della scenada parte del G8 a favore del G20, che resta per unassemblea molto ampia ed ete-rogenea, sulla cui efficacia nella gestione del coordinamento delle politiche economi-che, ambientali, sociali ancora lecito nutrire dubbi. Si affaccia tuttavia sulla scena inter-nazionale una nuova classe dirigente mondiale, portatrice di istanze diverse, e allaguida di paesi il cui percorso di sviluppo, seppur impetuoso, non esente da rischi efragilit. Pi realisticamente, si va affermando in molte sfere della politica globale, unG2 costituito dagli Stati Uniti, la grande potenza debitrice, e la Cina, la grande potenzacreditrice. Ancora, la frammentazione dellEuropa a costar cara alle lite del VecchioContinente nellarena globale: si tratta forse del prezzo da pagare per il rispetto di spe-cificit e sensibilit nazionali, o addirittura regionali che tuttora, e forse ancor pi oggi,si dimostrano essere la vera cifra dellEuropa. Potremo permettercelo in futuro?Lascesa dei populismi in Europa occidentale, di destra come di sinistra, e le difficoltdelle lite politiche di fronte a una revisione del Welfare state che appare inderogabi-le con linvecchiamento delle popolazioni europee, oppure di fronte alla gestione delleemergenze migratorie, testimoniano le difficolt delle leadership nei principali Paesi (siveda il capitolo di Marc Lazar nella seconda parte del volume). A fronte del disincantoe del distacco crescente delle opinioni pubbliche rispetto alla politica, solo in pochi casisembra emergere una nuova offerta credibile e coerente (in Gran Bretagna, forse,con la Big Society dei Tories di Cameron).La crisi finanziaria sembrava aver suscitato nel mondo della finanza un impulso di revisio-ne profonda dei meccanismi di gestione e di remunerazione del management, e di risco-perta del legame con la sfera della produzione e degli obiettivi di medio termine: a distan-za di due anni, molte aspettative sembrano ridimensionate, anche se qualche abbozzo diriforma regolamentare si va lentamente concretizzando. La riforma globale della regola-mentazione e della vigilanza sul sistema finanziario ancora la prima sfida per la pi ampiaclasse dirigente mondiale affermatasi con il passaggio al G20. Su scala globale, laltra prio-rit del 2011 e degli anni prossimi loccupazione, che richiede ovunque politiche attivebasate anche sulla qualificazione professionale (si veda il capitolo 2 della Parte seconda).dove il capitale immateriale conta sempre piNel Mondo Nuovo, la relazione tra dinamiche globali e dimensione locale diviene altempo stesso pi rilevante e pi fluida. Antiche categorie, dai distretti alla delocaliz-20 5 RAPPORTO SULLA CLASSE DIRIGENTE/2011 20. zazione diventano obsolete nel momento in cui la produzione viene organizzata suscala continentale o globale dalle imprese multinazionali, non necessariamente grandima anche medio-piccole, e nel caso in cui i destini dei lavoratori in luoghi lontani delpianeta si intrecciano, con relazioni che di volta in volta sono a somma zero o positivain termini di potere dacquisto e di benessere, a seconda delle tecnologie, dei merca-ti e delle competenze prevalenti. Sempre pi rilevanti appaiono non solo le infrastrut-ture materiali disponibili sui territori, ma i saperi affermati e aggiornati nel mondo delleimprese, le conoscenze generate e accumulate attraverso la ricerca, listruzione, la pro-gettazione, la comunicazione.Le terapie del passato appaiono insufficienti, talvolta del tutto fuorvianti. Le politicheindustriali tradizionali mostrano la corda; i tentativi di grandi riforme fiscali si scontranocon gli interessi avversi e con il calo dei consensi; la passivit e lattendismo delle litepolitiche cozzano con la rapidit del cambiamento. Ci nonostante, le nostre classi diri-genti tendono spesso a riproporre le soluzioni consuete, anche a livello locale, mentresperimentano poco strategie che si sono dimostrate di successo, ma in contesti diver-si o lontani. Non solo manca sovente unofferta di nuovo da parte delle classi diri-genti politiche: anche la domanda di maggior responsabilit e visione del futuro cheproviene dalla societ civile spesso formulata confusamente, con priorit poco chia-re e talvolta contraddittorie (si veda il caso del ritardo delle classi dirigenti italiane nel-lelaborare una visione almeno in parte condivisa della funzione della scuola oggi -Riquadro 1). Riquadro 1 La scuola, fucina del capitale immateriale, e i ritardi delle classi dirigenti italiane A differenza di quello che accade in altri paesi europei, in Italia listruzione, e in particolare la scuola, stentano ad assumere un ruolo centrale nel dibattito pubblico. Manca soprattutto una visione - se non condivisa, almeno in fase di elaborazione - della funzione della scuola e del- luniversit, nei tre tradizionali obiettivi che vengono dati loro in una societ moderna: garan- tire la competitivit delleconomia, fungere da strumento di mobilit sociale e selezionare la classe dirigente. Anche se il rapporto di questanno non approfondisce questo tema, utile soffermarsi su alcuni aspetti, anche perch su questo si esercitata una azione riformatrice negli ultimi anni. Vi ormai unampia evidenza che il sistema di istruzione italiano stia fallen- do su tutti e tre gli obiettivi appena menzionati. I confronti internazionali ci segnalano infatti che il livello medio di competenze dei nostri quindicenni - intese come capacit di applicare le conoscenze apprese a scuola a problemi della vita quotidiana - sia fra i pi bassi nel nove- ro dei paesi avanzati, sia pure con enormi differenze fra Nord e Sud: difficilmente, quindi, lI- talia potr contare nei prossimi decenni su una qualit del proprio capitale umano allaltezza delle sfide poste dalleconomia internazionale. Analogamente, sta venendo meno la funzione di ascensore sociale, prevista dalla nostra Costituzione, che la scuola assolve in tutti i paesi avanzati e che da noi ha assolto per grandi gruppi sociali nellimmediato dopoguerra: il retro- terra sociale e culturale infatti un fattore determinante di tutto il percorso formativo e, in par- INTRODUZIONE21 21. ticolare, della scelta dellindirizzo di studio nella scuola secondaria, con una chiara gerarchiasociale fra licei, istituti tecnici e istituti e scuole professionali, che si riverbera nella prosecuzio-ne alluniversit. Infine il luogo storicamente deputato, da Gentile in poi, alla formazione dellelite - il liceo classico - ormai datato, legato a concezioni superate, come quella delle dueculture, e lontano dallesigenza di aprire le giovani menti al metodo scientifico e allinvestiga-zione rigorosa dei fenomeni naturali e sociali e, allo stesso tempo, di fornire unapprofonditaconoscenza della lingua inglese. Da questo punto di vista, la recente riforma dellistruzionesecondaria stata unoccasione mancata: limpianto del liceo classico non ha infatti subtomodifiche di rilievo, mentre per quello scientifico stata introdotta lopzione delle scienzeapplicate, senza linsegnamento del latino, colmando finalmente una lacuna del nostro ordi-namento rispetto ai paesi pi avanzati. probabile che nei prossimi decenni il liceo classicodiventi una scelta di nicchia, come accaduto in Francia, mentre la formazione della classedirigente si affidi sempre pi agli studi scientifici.Se la scuola italiana ha deficienze cos marcate, perch non si trovano i rimedi? In realt, negliultimi anni passi avanti sono stati compiuti. Gli esiti insoddisfacenti dei test PISA dellOcsehanno costretto lopinione pubblica, gli organi dirigenti della scuola e gli stessi insegnanti aprendere atto che la scuola italiana non un mondo perfetto, tuttal pi penalizzato dai taglidi risorse da parte del Governo, ma sostanzialmente tetragono alle influenze esterne e nonassoggettabile a valutazioni sul suo operato. Da noi i raffronti internazionali hanno avviato conmolto ritardo, rispetto a paesi come la Germania e gli Stati Uniti, una profonda riflessione sulfunzionamento della scuola, ma alcuni punti fermi sembrano ormai acquisiti: gli apprendi-menti devono essere valutati almeno allinizio e alla fine di ogni ciclo scolastico per misurarei progressi compiuti dagli studenti; gli istituti scolastici e gli insegnanti migliori devono esserepremiati; i criteri di reclutamento e di progressione di carriera dei docenti non possono limi-tarsi alla sola anzianit; sostegno didattico, orientamento e borse di studio devono far partedel bagaglio di strumenti necessario ad aumentare lequit del nostro sistema scolastico; vareso effettivo il passaggio delle competenze dal centro (Miur) agli istituti scolastici autonomi.Queste linee di riforma sono condivise in misura crescente, anche dagli stessi insegnanti,eppure la scuola entra solo episodicamente nel dibattito pubblico, spesso a seguito di eventidi cronaca legati al bullismo o alle occupazioni, e raramente come occasione di analisi dei pro-blemi e di discussione delle soluzioni.Se si torna indietro ai programmi elettorali dei due principali partiti alle elezioni politiche del2008, si pu notare come alla scuola e alluniversit fossero riservate solo citazioni di manie-ra, lontane dal cuore dellazione politica. Da allora la situazione non cambiata granch. Per-ch questa sostanziale indifferenza a uno dei temi centrali per il futuro del Paese? Se la per-cezione dei limiti e della necessit di cambiamento del nostro sistema di istruzione ormaidiffusa, per i motivi che abbiamo visto, la societ italiana, e in particolare la sua classe dirigente,non ancora riuscita a superare la contrapposizione fra i diversi gruppi portatori di interessee ad elaborare unidea condivisa della scuola che vorrebbe. Con il rischio, evidente, che alcu-ni segmenti fuggano verso soluzioni particolaristiche (come le scuole private straniere per labuona borghesia delle grandi citt) o localistiche (la scuola a base regionale).Listruzione tecnica, ad esempio, ovviamente importante per le imprese italiane, soprattuttopiccole, ma forse meno determinante nei prossimi decenni di quanto si possa immaginare.Un trend comune a tutti i paesi avanzati infatti linnalzamento dei livelli di istruzione verso la22 5 RAPPORTO SULLA CLASSE DIRIGENTE/2011 22. formazione terziaria; inoltre, le analisi confermano come la presenza di laureati in azienda favorisca linnovazione tecnologica e linternazionalizzazione. Di conseguenza, la vera scom- messa per il sistema delle imprese negli anni a venire sar quello di garantirsi persone dota- te di ottime lauree e di una buona conoscenza della lingua inglese, piuttosto che manodope- ra tecnica. Dal canto loro, le organizzazioni sindacali, pur mostrando particolare sensibilit ai temi delluguaglianza delle opportunit di accesso allistruzione, risultano ancora prigioniere degli interessi di corporazione, per cui la priorit garantire lassunzione a tempo indetermi- nato di tutti i precari, anche quando noto che in Italia il rapporto fra insegnanti e alunni nettamente superiore a quello degli altri paesi dellOcse, senza che questo determini appren- dimenti superiori alla media. Ancora: al momento della riforma universitaria che ha condotto alle lauree triennali, molti ordini professionali hanno condizionato lingresso al possesso di una laurea magistrale quinquennale, in modo da restringere laccesso alla professione, anzich cogliere loccasione per favorire un allargamento della propria base intellettuale (e ridurre i futuri deficit previdenziali!). Questi esempi dimostrano come in Italia manchi un progetto nazionale sullistruzione, come quello che si cerca di delineare negli Stati Uniti e nei grandi paesi europei, declinato in obiet- tivi quantitativi, come ad esempio il completamento dellistruzione terziaria per almeno il 60% della generazione compresa fra 20 e 29 anni (attualmente siamo al 14,6%). Progetto che non pu prescindere dalla ricerca di efficacia ed equit negli apprendimenti a tutti i livelli; ma che soprattutto allarghi i confini angusti della nostra classe dirigente e favorisca la mobilit sociale.Per quanto concerne leconomia e la societ italiana, un fenomeno evidente che laproduttivit e loccupazione si sono mosse in direzioni opposte, nel nostro Paese, negliultimi decenni. Moderata crescita della produttivit (anche se inferiore ai partner euro-pei) con elevata disoccupazione negli anni 90; disoccupazione meno elevata ma pro-duttivit stagnante nel decennio scorso. Dopo la crisi, il rischio concreto che la disoc-cupazione rimanga alta con una bassa crescita della produttivit aggregata. Questo per-ch alle dismissioni di mano dopera nei settori pi esposti alla concorrenza, oltre alrecupero nel perimetro aziendale delle funzioni prima esternalizzate, non corrispondeun recupero di produttivit nei comparti dei servizi tradizionali e pi al riparo della con-correnza. Per ricomporre una dinamica virtuosa produttivit-occupazione occorre spo-stare risorse verso gli impieghi pi promettenti. Se la conservazione dellesistente impe-dir ai germogli di innovazione di attecchire nella nostra economia e societ, saremocondannati a una difesa protezionistica a oltranza.Proprio per questo, oggi urgente per il nostro Paese confrontarsi con una mutazionedella natura del capitale nelle societ contemporanee, che sempre pi diviene risorsaimmateriale. Quali processi e quali ritardi caratterizzano laccumulazione e la diffusio-ne del capitale nellasociet della conoscenza in Italia rispetto allEuropa? Come pos-sibile quantificare il capitale immateriale, e i suoi effetti sul benessere sociale? E comele classi dirigenti italiane, al centro e in periferia, hanno compreso e si stanno attrez-zando per questa mutazione? Un capitolo del Rapporto di questanno, a cura di Ceci-lia Jona Lasinio, dedicato a questo aspetto. INTRODUZIONE23 23. Nel complesso, in Italia, solo una riduzione graduale di spesa corrente potrebbe con-sentire di aumentare gli investimenti pubblici in infrastrutture materiali e immateriali,entrambe voci su cui molti Paesi avanzati stanno puntando anche in presenza di taglidi bilancio in altri capitoli di spesa, come avviene in Gran Bretagna. Ma con risorse scar-se, per evitare sprechi e nuove rendite, i fondi disponibili andrebbero dedicate a veraricerca e innovazione, e non al finanziamento surrettizio di attivit gi avviate o di inno-vazione incrementale (come stato spesso anche in recenti piani pubblici). Il rischiodi qualche fallimento da mettere nel conto, se si vuole qualche vera apertura inno-vativa. Ma per fare vera innovazione industriale, occorre vera valutazione, con i carat-teri di imparzialit, competenza, responsabilit. Questo in Italia sembra arduo, con esitideleteri per il nostro Paese. Da noi si fa infatti poca ricerca e molta consulenza: assairilevante in questo senso studiare la composizione del capitale immateriale. Non solo- come ci si attenderebbe - per lItalia pesa meno linvestimento in software rispetto aPaesi quali la Finlandia, ma questa componente ha subto una contrazione a differen-za di quanto accaduto ad esempio in Germania, mentre rimane assai bassa la nostraspesa per R&S rispetto ai partner europei.Nel decennio passato, lapporto del capitale immateriale alla crescita e alla produttivit stato quasi impercettibile nel nostro Paese, in parte perch gli investimenti sono statiinsufficienti, in parte perch la qualit del capitale intangibile accumulato stata spes-so bassa, con poche ricadute sullinnovazione e molte rendite percepite sotto forma diconsulenze, perizie, presunta formazione. Si tratta di un campanello dallarme per glianni a venire, cui le classi dirigenti italiane devono porre grande ascolto e attenzione,pena la marginalit di interi territori del nostro Paese non solo sotto il profilo delle infra-strutture fisiche, ma anche del sempre pi decisivo capitale immateriale.Il nesso globale-localeAncor pi oggi, la questione della dotazione di infrastrutture materiali e di capitaleintangibile va declinata su base territoriale. La politica industriale in Italia sempre piin capo alle Regioni, e le caratteristiche del territorio si affermano sempre pi comevariabili-chiave per comprendere la produttivit e la redditivit delle imprese. Una mag-gior dotazione infrastrutturale favorisce labbattimento di una serie di costi: non solo icosti di trasporto e di comunicazione, ma anche i costi di transazione e di accesso aiservizi ad alto valore aggiunto, e attraverso questi canali consente un incremento dellaproduttivit. Oltre alle infrastrutture di trasporto e di ICT, anche il tasso di criminalit equello di imprenditorialit hanno effetti sulla produttivit media delle imprese, natural-mente con segni opposti.Nonostante si sostenga a volte che listruzione non pi un requisito per la buonaoccupazione nellera delle tecnologie dellinformazione, la letteratura economicamostra come lassociazione tra il capitale umano e la dotazione di infrastrutture ICT una determinante chiave dello sviluppo nei paesi avanzati. Le regioni europee chedispongono della quota pi elevata di lavoratori specializzati crescono pi velocemen-24 5 RAPPORTO SULLA CLASSE DIRIGENTE/2011 24. te delle altre, poich si facilita la diffusione di conoscenza allinterno della regione e losviluppo di nuove occasioni di lavoro e dimpresa. Una buona dotazione di capitaleumano un elemento sostanziale per utilizzare le infrastrutture tecnologiche in modoadeguato (si veda il capitolo 3 della parte seconda).Lefficienza relativa dei servizi, sia quelli scambiati sul mercato, sia quelli forniti dallePubbliche Amministrazioni, mostra una dispersione sui nostri territori non pi sosteni-bile. Il Mondo Nuovo rende sempre meno sostenibile lo iato tra un Paese dove sirisponde solo delle procedure formali, solo marginalmente toccato dalla concorrenza,e un Paese dove si risponde dei risultati, sottoposto alla pressione della concorrenzainternazionale. Uno Stato efficiente, una Pubblica Amministrazione al servizio degliutenti e non dei formalismi, servizi pubblici e privati sottoposti al vaglio della valutazio-ne e della concorrenza non sono pi auspicabili, sono inderogabili. Mentre le impresedi grandi dimensioni e le multinazionali possono in parte eludere costi e inefficienzedi alcuni attori protetti, sia a livello nazionale sia a quello territoriale, le imprese pic-cole e medie, e le micro imprese, non riescono a schermarsi dallimpatto delle inef-ficienze esterne.Anche per quanto concerne la proiezione internazionale delle imprese italiane dopo lacrisi, i modelli del passato che le classi dirigenti tendono spesso a riprodurre non sem-pre appaiono adeguati al Mondo Nuovo. Ad esempio, da ripensare il modello dellepiccole imprese che seguono o affiancano le grandi industrie allestero, anche perchqueste ultime trovano ormai nei mercati emergenti fornitori e servizi locali con rappor-ti qualit-prezzo spesso vantaggiosi. Gi prima della grande crisi del 2008-9, lexportera stata lunica componente dinamica della domanda aggregata italiana, e anche oggidai clienti esteri giunge quel delta in pi di crescita per la nostra economia. Tra il 2004e il 2007, le imprese italiane, comprese le piccole manifatture pi produttive e inno-vative, si erano mosse sui mercati internazionali sia sul cosiddetto margine estensivo(un maggior numero di imprese coinvolte negli scambi, di beni, servizi, tecnologie,investimenti), sia sul margine intensivo (aumento dei mercati esteri coperti in mediada ogni impresa, passati da 5 a 6; aumento dei prodotti venduti su ogni singolo mer-cato). Anche il peso dei mercati emergenti sul complesso dellexport italiano era signi-ficativamente cresciuto, al contrario di quanto spesso si ritiene, anche se meno che peraltri Paesi (la Germania anzitutto).La crisi ha interrotto questa dinamica virtuosa, ed anzi molte imprese industriali sisono chieste se la scelta di internazionalizzarsi fosse stata prudente, vista la cadutadellexport e le oscillazioni dei prezzi e dei cambi cui sono state esposte nel 2009. Ilrisultato che i due margini si sono contratti nellultimo biennio: meno impresecoinvolte con lestero; meno prodotti venduti e meno mercati serviti, da ciascunaimpresa in media. La caduta dellexport ha colpito in proporzione pi le imprese digrandi dimensioni che quelle piccole, e anche la diminuzione del numero di merca-ti serviti in media da ciascuna impresa sintomo della maggior difficolt relativa dellegrandi imprese, associate di solito a una maggiore diversificazione dei mercati disbocco. INTRODUZIONE25 25. in un mondo che richiede nuovi modelli di impresa e di sistema-PaeseDopo la crisi, il mondo cambiato, e i modelli di business e di ricerca di opportu-nit di prima rischiano di non funzionare pi. Il pericolo per le nostre imprese indu-striali, quelle che sono costrette a innovare perch pi esposte comunque allaconcorrenza estera, di cogliere in ritardo la ripresa ove essa si va consolidando, enel frattempo di subirla, quella concorrenza, sul mercato italiano. infatti un erroreritenere che il concetto di competitivit internazionale che utilizziamo per spiegarelapprezzamento che le merci prodotte in Italia riscuotono presso i clienti, riguardisolo le quote o la crescita delle vendite allestero, come spesso si sostiene enfatiz-zando solo la dinamica dellexport e trascurando quella dellimport. Gli sviluppi sulmercato italiano sono altrettanto significativi, e questo segna una differenza crucia-le tra le imprese manifatturiere e molte delle imprese del terziario. Queste ultime,dalle banche alla sanit alla pubblica amministrazione, sono almeno in parte pro-tette dalla concorrenza estera mentre per lindustria innovare e internazionalizzarsinon solo unopzione per presenziare i mercati stranieri, ma una necessit per con-quistare e mantenere i clienti italiani. E mai come in questa congiuntura, decisivala velocit con cui le imprese reagiscono agli impulsi dei mercati, per catturare efidelizzare i potenziali acquirenti che si muovono in base a nuovi modelli di spesa,con una maggiore parsimonia rispetto al boom globale del 2006-7, ma ancora piattenzione a qualit e affidabilit delle merci, ed ai servizi pi o meno innovativi daaffiancare ai beni.Esempi della reazione innovatrice del mondo imprenditoriale italiano di fronte alla crisinon mancano. Le imprese alimentari hanno avviato da qualche anno il processo dicostituzione della Piattaforma Tecnologica Nazionale Italian Food for Life, cui parteci-pano i principali attori della filiera agro-alimentare, della ricerca e delle istituzioni. Lo-biettivo di incentivare la ricerca e linnovazione tecnologica a livello nazionale, inmodo da rafforzare le basi scientifiche e tecnologiche dellindustria alimentare, favo-rendo lo sviluppo e la competitivit, proprio e in primo luogo delle piccole imprese. NelBiotech per la Salute, un comparto con circa 200 aziende in Italia - molte delle qualiPmi - si investe in media il 19% del fatturato in R&S, con una pipeline di Ricerca concentinaia di prodotti in sviluppo. Il successo, per queste imprese, nasce dalla capacitdi entrare in un rete internazionale, dinamico, agile e composto da numerosi attori, cia-scuno con competenze di eccellenza in una specifica operazione e in grado di rilan-ciare nel continuo la propria leadership sulla frontiera dellinnovazione. A fronte di que-sti casi virtuosi, e di molti altri ancora, c tuttavia una parte rilevante della classe diri-gente imprenditoriale che stenta a re-interpretare lintreccio tra risorse e opportunit nelMondo Nuovo del dopo-crisi (si veda il Riquadro 2 sulle filiere globali), e che non sem-pre riesce a dialogare in modo costruttivo con gli altri segmenti di classe dirigente sulterritorio.Col mutare del modello di impresa, sempre meno chiusa, cambia anche, rispetto apochi anni fa, il modo con cui i Sistemi-Paese si muovono nellarena globale, con i26 5 RAPPORTO SULLA CLASSE DIRIGENTE/2011 26. governi nazionali in testa. La crescita dellAsia tutta, emergente e non, continua ad esse-re trainata dallexport, e i governi di quei paesi continuano a favorire le imprese espor-tatrici. Anche gli Stati Uniti stanno chiaramente dicendo al mondo, con tutta una seriedi provvedimenti e di annunci dellamministrazione Obama, di non voler pi svolgereil ruolo di compratori di ultima istanza del pianeta. La recente National Export Initia-tive americana prevede di stanziare 140 milioni di dollari solo per assumere esperti cheassistano le Pmi USA sui mercati esteri, con una vero e proprio scouting delle oppor-tunit e delle risorse. Il nostro maggior concorrente europeo, la Germania, da parte sua,investe grandi risorse nella sua politica e diplomazia commerciale. Rispetto agli StatiUniti, la Germania ha un modello pi centralizzato, che ruota attorno al BMWI, il Mini-stero Federale dellEconomia e della Tecnologia. Da notare che, in entrambi i casi, par-liamo di due Stati federali. Il BMWI dichiara di avere, tra i suoi obbiettivi, proprio il soste-gno allinternazionalizzazione delle Pmi, che sono meno numerose che negli Stati Unitie in Italia, e soprattutto pi grandi che nel nostro Paese (sono medie, pi che piccoleimprese, col nostro metro nazionale). Il punto davvero interessante che il modellotedesco, una volta stabilita la regia centrale del BMWI, fa ampio ricorso alla sussidia-riet: un fulcro del sistema sono le Camere di commercio allestero - che hanno unruolo molto incisivo - e che sono finanziate per solo un quarto dal governo, mentre peril resto si auto-finanziano con gli associati. C poi una rete di export business angelche hanno esperienza e conoscenze nei diversi mercati, e vengono attivati a secondadelle necessit.Vincolato com dai saldi di finanza pubblica, dalleredit di sprechi e duplicazioni dellenostre diplomazie economiche pseudo-federaliste, e con una riforma sempre pen-dente ma non ancora realizzata degli enti per linternazionalizzazione, lItalia rischia ildestino del vaso di coccio tra quelli di ferro, ovvero di lasciare le imprese a loro stessenellarena globale. Servono non solo e forse non tanto lo Stato nelle sue articolazioni,ma un sistema di intermediazione di attori del privato capaci di rispondere alle nuovedomande di coordinamento e di infrastrutture immateriali. Chi pu svolgere - adesempio - una intelligence per lexport delle piccole imprese industriali sono le nostrebanche presenti nei mercati emergenti, e alle prese con una dichiarata ridefinizione delloro business verso leconomia dei territori e della produzione. Non si tratta solo diassecondare lexport con nuove linee di credito e prodotti finanziari innovativi (qui lebanche si stanno gi muovendo: si vedano alcune proposte formulate nel Riquadro 2),ma di stimolare lexport dei Piccoli coordinando le conoscenze che le banche gihanno delle imprese clienti e dei mercati esteri, con un investimento in termini di valu-tazione dei progetti industriali. Si tratterebbe sia di un ripensamento del ruolo di seg-menti importanti delle nostre classi dirigenti (il ceto bancario, quello imprenditoriale);sia di un esempio virtuoso di sussidiariet orizzontale in una societ che troppo spes-so attribuisce solo alla P.A. i suoi limiti; sia di un caso di coordinamento efficace inambiti locali dove spesso si pecca per eccesso di solipsismo (si veda la parte prima delrapporto a cura di Nadio Delai). INTRODUZIONE 27 27. Riquadro 2Filiere globali e reti di impresa: nuovi modelli di relazioni banca-impresa per il MondoNuovoOltre a determinare lirrompere nei mercati europei di nuovi concorrenti localizzati in paesi abasso costo del lavoro, la globalizzazione ha prodotto leffetto di sviluppare nuovi circuiti diconoscenza a livello mondiale. Le dinamiche in atto nelle filiere globali impongono ai distrettila difficile sfida di far convivere gli storici vantaggi del radicamento locale con lesigenza di mag-giore apertura ai mercati internazionali e ai nuovi circuiti di approvvigionamento dei fattori pro-duttivi e della produzione. Tali circuiti implicano la trasformazione delle tradizionali reti locali inreti transnazionali, attraverso un ripensamento dei modelli di business consolidati e delle tra-dizionali catene del valore. Quindi, il binomio locale/globale e i nuovi circuiti della conoscen-za rendono obsoleta la forma tradizionale dei distretti industriali italiani, che si sono sviluppa-ti essenzialmente come reti contestuali chiuse. La relativa chiusura di questi sistemi verso le-sterno ha costituito in passato un punto di forza, in quanto ha contribuito a rafforzarne la coe-sione interna e lidentit collettiva, con il consolidamento del cosiddetto capitale sociale. Oggi,per, questo carattere di quasi autoreferenzialit appare rischioso. Infatti, le tradizionali eco-nomie esterne, che in passato hanno consentito a tante piccole e piccolissime imprese disuperare i limiti derivanti dalla piccola dimensione, consentono sempre meno di colmare i gapdi competenze aziendali che oggi si manifestano. I processi di aggiustamento dei distretti nonsono omogenei e sono condizionati allapertura verso lesterno soprattutto delle impresedistrettuali pi dinamiche, che hanno scoperto come le opportunit legate alla collaborazionecon partner anche molto lontani possano essere pi vantaggiose rispetto alle relazioni conpartner interni al distretto. Nei distretti dove levoluzione sopra descritta meno radicata e dif-fusa si registrano sempre pi evidenti segnali di crisi, in termini di calo dei volumi di produ-zione ed export.I messaggi-chiave per le Pmi che emergono dal mutato contesto competitivo e dallevoluzio-ne dei modelli di sviluppo territoriale sono i seguenti: a) dai mercati esteri giunge la spinta perle imprese italiane per ridefinire le proprie strategie competitive; b) le filiere globali impongo-no un ripensamento dei modelli di business e delle catene del valore tradizionali; c) le reti diimpresa possono in alcuni casi costituire unalternativa valida rispetto allapproccio autonomoai mercati esteri.Cosa potrebbero fare le banche per sostenere le imprese in questa delicata fase di transizio-ne? Per la ripresa del ciclo economico, fornire nuovi strumenti di offerta bancaria, con unaserie di prodotti disegnati specificatamente per accompagnare le aziende nella fase di ripresa:ad esempio, prestiti con caratteristiche di grande flessibilit in termini di durata e pre-ammor-tamento, destinati alla ristrutturazione di immobili, o allacquisto di impianti o macchinarinecessari allo svolgimento dellattivit aziendale; oppure prestiti per sostenere lassunzione dinuovi dipendenti e/o il riassorbimento dalla cassa integrazione; infine, linee di fido a breve ter-mine per smobilizzo crediti commerciali finalizzate ad anticipare gli incassi di crediti e contrat-ti legati a rapporti con la pubblica amministrazione, con adempimenti molto semplificati perle imprese creditrici.Per la competitivit e innovazione, le banche potrebbero offrire assistenza alle aziende cheintendono riattivare investimenti produttivi: ad esempio, mutui finalizzati per investimenti volti28 5 RAPPORTO SULLA CLASSE DIRIGENTE/2011 28. allarricchimento del contenuto tecnologico di prodotti, processi e/o servizi dellimpresa richie- dente e/o al miglioramento dellorganizzazione e della sua struttura aziendale; finanziamento di progetti di Ricerca & Sviluppo destinati alla realizzazione di nuovi prodotti, processi produt- tivi e servizi tecnologicamente innovativi per il cliente; infine, finanziamenti destinati agli start- up con la finalit di supportare le iniziali necessit di liquidit di finanziamento del circolante e sostenere gli investimenti necessari allavviamento. Per le reti di impresa e la formazione, in collaborazione con le Associazioni di Categoria, le banche dovrebbero organizzare percorsi di costruzione o rafforzamento di reti, e percorsi desti- nati a giovani e neolaureati per fornire loro le informazioni di base che occorrono a chi voglia attivare unesperienza imprenditoriale.Le classi dirigenti locali e il Mondo NuovoCome si vanno rapportando le Classi dirigenti locali al dopo-crisi e al Mondo Nuovoche ne esce? Quali rappresentazioni forniscono delle trasformazioni in corso, dellerisorse e dei modelli adottati nei territori ove operano, e della loro stessa adeguatezzacome dirigenti? E come vengono affrontati i temi della atavica frammentazione delleClassi dirigenti italiane, nonch del loro aggiornamento, apertura verso lestero, svec-chiamento? Sono questi gli argomenti della Parte prima del Rapporto a cura di NadioDelai, che si fonda sullindagine sul campo svolta questanno in sei territori, per lo pidi tipo intermedio, ovvero di dimensioni non troppo grandi seppur significative in ter-mini sociali ed economici. In ogni realt locale, da Torino a Lecce, passando per Vare-se, Treviso, Reggio Emilia, Ancona, si effettuato un Focus Group con i rappresentan-ti delle Classi dirigenti (si veda il Riquadro 3 per una estrema sintesi delle principali sen-sibilit e strategie emerse da questi incontri svolti sui territori). Si predisposto inoltreun apposito questionario, articolato attorno ai temi dellimpatto della crisi sul territorio,delle risorse presenti sullo stesso, della rilevanza nel dibattito pubblico locale dellargo-mento Classe dirigente, della consapevolezza delle sfide che il Mondo Nuovo pone.Il questionario stato somministrato a circa 200 rappresentanti delle Classi dirigentilocali. I risultati di questo esercizio sono contenuti sotto forma di casi di studio negliAllegati del presente volume, e sintetizzati nel capitolo 1.La crisi stata ormai largamente incorporata nellimmaginario sociale delle comunitlocali italiane (con qualche difficolt di rappresentazione che ancora emerge, ad esem-pio, dal Focus Group di Ancona), ma le classi dirigenti hanno ancora difficolt a gesti-re lera delle aspettative decrescenti (Krugman). La domanda principale che le classidirigenti locali debbono porsi, infatti, come gestire in modo progressivo e non regres-sivo, il ridimensionamento delle aspettative sociali, ovvero come evitare di piangersiaddosso e investire le risorse che esistono sui territori in modo innovativo, per cattura-re le opportunit del Mondo Nuovo, preservando e alimentando la coesione sociale ele forme partecipative che costituiscono un patrimonio non secondario della provin-cia italiana. Naturalmente la domanda non ammette risposte facili, n pigramente INTRODUZIONE 29 29. riproducibili da una realt locale alle altre. Al tempo stesso, parziali, possibili risposteesistono, e si trovano anche nelle pagine di questo Rapporto. Ad esempio, occorremobilizzare gli estesi patrimoni privati presenti sui territori italiani, con nuove forme difinanza che prevedano rischi e vantaggi esplicitamente partecipati e suddivisi tra impre-se, banche, grandi investitori e famiglie, per rendere davvero efficace uno dei nostripunti di forza, ovvero una notevole - anche se purtroppo sempre pi concentrata - ric-chezza privata a fronte del debito pubblico. Se queste ricchezze privilegiassero semprepi la rendita rispetto al rischio dellinnovazione, la conservazione rispetto alla mobilit;oppure se venissero sempre pi investite allestero, i patrimoni dei territori italianisarebbero destinati a scemare in tempi brevi, come gi segnalano da qualche tempole statistiche della Banca dItalia. Oppure occorre che banche e Pmi trovino nuoveforme di relazione, senza sempre la spalla del sistema pubblico, con manager cosmo-politi, ma al tempo stesso esperti delle potenzialit produttive italiane e delle opportu-nit del Mondo Nuovo. Nuovi ruoli per le classi dirigenti vanno presto generati, e inalcuni contesti locali potrebbe essere una nuova generazione di classe dirigente adassumerli (si veda il caso di Reggio Emilia, nel Riquadro 3).Le tre debolezze delle classi dirigenti locali, gi menzionate allinizio di questa Introdu-zione, accomunano i territori italiani da Nord a Sud, con la specificit che nel Setten-trione emerge una maggior sensibilit rispetto allelaborazione di risposte condivise ecoordinate. Troppo spesso infatti le iniziative di aggregazione scontano grandi limiti diduplicazioni e di conflittualit tra i diversi attori. Lassenza storica di un player di grandidimensioni che agisca da catalizzatore amplifica sovente la frammentazione dellazio-ne sociale (non a caso la performance di Torino sembra migliore sotto questo aspet-to: si veda il Capitolo 1). In generale, non si pu sostenere che le classi dirigenti loca-li garantiscano prestazioni migliori di quelle centrali ma un vantaggio che permane suiterritori la maggior vicinanza dei cittadini alle classi dirigenti che agisce da pungolo.A fronte di storiche debolezze, acuite dalla crisi, i territori italiani dispongono di risorsenotevoli per affrontare le sfide del Mondo Nuovo: dalla capacit riconosciuta di reazio-ne alla crisi da parte del tessuto di impresa che ha mostrato spirito di concretezza, purattraversando di recente situazioni anche molto dure; al valore, altrettanto riconosciu-to, della produzione locale, che ha costituito almeno fino al 2010 un elemento di tenu-ta della ricchezza delle famiglie e delle imprese, nonch delloccupazione, in molti con-testi; alla tenuta del tessuto sociale, con comunit abituate ad assorbire le difficolt econ un livello di coesione che diventa a tutti gli effetti una risorsa competitiva del siste-ma. Si tratta, da parte delle classi dirigenti locali, di disimparare parte del vecchio, efare esperienza e pedagogia del Mondo Nuovo, per costruire ponti tra quelle risorse ele opportunit che emergono.30 5 RAPPORTO SULLA CLASSE DIRIGENTE/2011 30. Riquadro 3La principale suggestione Le principali iniziative delle Classi che proviene dai Focus Group svoltidirigenti dei territori in tema di contrastocon le Classi dirigenti dei territori della crisi e rilancio nel Mondo NuovoTorino Si organizzano numerose occasioni di dibattito - Integrazione delle PMI operanti sul territorio informali (come quello stimolato dei Giovani - Collegamenti tra universit e imprese per posiziona- Imprenditori) ma occorre lavorare pi intensa-re gli studenti migliori mente affinch queste sfocino in effettive pro- - Forti investimenti nei settori produttivi ad alto tasso poste condivise tecnologico, meno colpiti dalla crisiCastellanza (VA) Gli imprenditori si confrontano di continuo sul - Diversificazione della filiera produttiva per diminui- tema, ma la classe politica sembra voler resta- re la concorrenza interna re ai margini del dibattito. Il livello di autocri- - Accordi con le banche per facilitare laccesso al cre- tica di chi dirige le aziende piuttosto elevato.dito Si dimostra una disposizione piuttosto favore-- Riduzione dei tavoli di concertazione, troppo nume- vole a un ricambio della classe dirigente non rosi e poco rappresentativi brusco, su base meritocratica - Forti investimenti nei settori tecnologicamente pi avanzatiMogliano VenetoIl dibattito si sviluppa sia allinterno della clas- - Allearsi, per superare i particolarismi e salvare le(TV) se dirigente che allesterno. La cittadinanza quitante realt produttive, importanti ma spesso trop- , infatti, particolarmente attiva e attenta aipo piccole per sopravvivere da sole alla competizio- principali temi dellagenda pubblica e privata ne dei mercati internazionaliReggio EmiliaLa discussione sul tema bloccata dalle forti - Numerose iniziative promosse dal sistema politico ricadute della crisi, che inducono a concentrar- locale per offrire aiuto a chi ha perso il lavoro si sullemergenza occupazionale, rinviando - Rafforzamento del campo dazione del terzo settore ogni discussione di ampio respiro sulla classe in ambiti prima quasi del tutto coperti dal gover- dirigente. In generale si riconosce comunque no locale che lattuale classe dirigente non sar in grado - Primi timidi tentativi di collegare il mondo dellim- di sopravvivere nel Mondo Nuovo del dopo-crisi presa a quello delluniversit e della ricercaAncona Emerge un profondo senso di smarrimento e - La classe dirigente locale sta attraversando ancora la crisi didentit, dopo gli anni ruggenti della fase dellindividuazione chiara dei problemi-chiave, Terza Italia e del modello marchigiano prima di cercare conseguenti possibili soluzioniLecceNonostante la crisi didentit affligga la classe - Ripartire dalle risorse paesaggistiche e tradizionali dirigente, nelle nuove generazioni a capo della del territorio, arricchendole con linnovazione e la politica e delle imprese c fermento e tensio- ricerca, per vincere le partite del Mondo Nuovo ne verso il futuroINTRODUZIONE 31 31. Classe dirigente declinata al femminile e al giovanile: lavori in corsoGli universi giovanile e femminile italiani, assai penalizzati in termini di occupazione,redditi, carriere, racchiudono patrimoni di energie e intelligenze indispensabili per ilfuturo del nostro Paese. Si tratta di risorse spesso poco valorizzate, ma che dimostra-no una straordinaria capacit progettuale, quando si apra loro la possibilit di dimo-strare le loro qualit. dunque un segnale assai positivo che oggi, nel dibattito pubbli-co italiano, abbia finalmente conquistato spazio lesigenza di declinare le classi dirigential femminile, e in senso giovanile. Naturalmente, occorre augurarsi che alle paroleseguano presto comportamenti conseguenti, pur nel rispetto di diverse opzioni prag-matiche che vanno sottoposte al vaglio empirico dei risultati nel tempo.Nel Capitolo della Terza Parte del Rapporto, a cura dellAssociazione Management Club,vengono identificate alcune priorit dazione, le parole chiave dello sviluppo, che trac-ciano i contorni di una possibile strategia delle classi dirigenti per la promozione deltalento giovanile. Dare spazio ai giovani nelleconomia, significa supportare e finanzia-re idee di business, favorire lincontro tra ricerca e impresa, e promuovere idee origi-nali (come ha fatto ad es. Premio Nazionale per lInnovazione). Unaltra opportunitofferta ai giovani viene dal mondo della finanza e in particolare dal venture capital che,seppur scarso nel nostro Paese, offre talvolta qualche concreta possibilit di finanzia-mento delle idee imprenditoriali dinnovazione. Non mancano poi progetti volti a pro-muovere idee che mettano al centro il cittadino nel rispetto dei principi di sostenibilitsociale, ambientale ed economica (es. Italia Camp). Qualcosa, dunque, si muove: alcu-ni di questi progetti, particolarmente interessanti, sono brevemente descritti a mo diesempio nel Riquadro 4. Riquadro 4 Un piccolo campionario di progetti di nuova imprenditorialit e di innovazione realizzati da giovani in Italia AMOLAB - Vincitore PNI - Premio nazionale innovazione 2010 Liniziativa AMOLAB nasce da giovani ricercatori del CNR di Lecce con giovani imprenditori nel settore biomedicale. AMOLAB intende aumentare la confidenza in sala parto durante il trava- glio, attraverso lo sviluppo e commercializzazione di un dispositivo medicale ad ultrasuoni in grado di misurare tutti gli indicatori di avanzamento di un parto in modo automatico, oggetti- vo, non-invasivo, e quindi indipendente dalla sensibilit delloperatore. Il dispositivo, frutto di un brevetto nazionale e uno internazionale, in fase avanzata di sviluppo avendo gi com- pletato la definizione della tecnologia, la validazione clinica con prove strumentali ed essendo il prodotto gi in forma prototipale. IPAD LAB - PNI 2010 IPADLAB si focalizza sullo sviluppo e lapplicazione di tecniche avanzate di diagnostica bio- molecolare. Il vantaggio dellanalisi del materiale genetico (DNA/RNA) rispetto a tecnolo-325 RAPPORTO SULLA CLASSE DIRIGENTE/2011 32. gie convenzionali (saggi biologici ed immunologici), in termini di sensibilit, specificit,disegno razionale, versatilit e potenziale di sviluppo, giustifica questa scelta strategica. Laminiaturizzazione e lautomazione applicabili alle analisi molecolari consentono ad IPAD-LAB di raggiungere economie significative e alti volumi di analisi effettuabili in tempi bre-vissimi, a prezzi competitivi rispetto ai metodi tradizionali. IPADLAB, tramite un network diunit di supporto delocalizzate (pre-lab units), pu quindi svolgere le analisi su scala glo-bale, divenendo punto di riferimento per lagevolazione dei flussi di import-export in campoagricolo.ROADRUNNERFOOT - Italian Business Angels NetworkLa Roadrunnerfoot Engineering s.r.l. nasce su iniziativa di Daniele Bonacini, (ingegnere mec-canico e atleta paraolimpiaco di Atene 2004, in quanto amputato) come spin off dellex - Poli-tecnico Innovazione di Milano. La Roadrunnerfoot la prima azienda italiana che progetta, pro-duce e vende ausili per disabili tra cui soprattutto componenti per protesi ortopediche. Grazieal supporto di IBAN ha trovato il proprio Businnes Angel che ha apportato capitale e compe-tenze nella gestione economico-finanziaria dellazienda. Ci ha permesso alla societ di avvia-re la produzione e di poter contare, per il lato amministrativo, sulle competenze finanziarie diun manager dalla lunga esperienza.CALLIMACO - Italian Business Angels NetworkCallimaco una startup nel settore delle biotecnologie che, sulla base di un nuovo tipo dialgoritmo (BaseRank), ha sviluppato alcuni prodotti bioinformatici capaci di rivoluzionare ilmercato della ricerca medico-scientifica. La soluzione bioinfomatica, messa a punto da duericercatori dellUniversit di Pisa, permette infatti un drastico abbattimento dei tempi e dei costidi ricerca per le analisi dei geni effettuate per mezzo di microarrays Affymetrix Gene Chip (latecnologia pi avanzata per esaminare il profilo despressione di un gene o per identificareanche tutto il patrimonio genetico di un organismo), e conduce quindi a una efficacia ancorasconosciuta nelle analisi di laboratorio indirizzate a studi e ricerche nella biogenetica, settoredeterminante negli anni a venire.HYBIOFLEX - ItaliacampProduzione flessibile di idrogeno da biomassa per la generazione di energia elettrica e caloresu piccola scala a bassissimo impatto ambientale e alta efficienza. Lidea proposta si collocanella cornice di unattivit di ricerca mirata alla diffusione del modello di sviluppo sostenibilelegato al concetto di ciclo chiuso, nel quale le risorse non siano consumate, ma vengano uti-lizzate e riutilizzate nel tempo. Liniziativa si propone di sviluppare piccoli impianti di gassifica-zione di biomassa accoppiati a sistemi di produzione di potenza elettrica, permettendo un uti-lizzo efficace di quelle biomasse definite da filiera corta, il cui punto di reperimento vicinoal punto di utilizzo energetico.ASTA PER LA LOCALIZZAZIONE - ItaliacampLIdea propone un nuovo approccio amministrativo nella localizzazione delle grandi infrastrut-ture. Si propone ladozione di un modello procedimentale che sia in grado di convogliare inun unico modello le positivit dei regimi attualmente esistenti, ossia quello accentrato dellin-INTRODUZIONE 33 33. tesa debole o forte e quello decentrato con autolimite. A tal fine, vengono ripartiti in maniera pi netta i poteri di iniziativa e le responsabilit tra centro e periferia; viene individuato il prin- cipio generale della equa ripartizione del carico infrastrutturale tra i diversi territori e infine, per favorire la partecipazione dal basso, si propone la creazione di mercati artificiali delle localiz- zazioni, nella duplice forma di: gare per le compensazioni fra comunit oppure meccanismi di incentivi/sanzioni a territori allinterno di macro-regioni.Il contributo femminile al reddito familiare stato essenziale per il benessere relativodella famiglia, durante questa Grande Crisi, e ha costituito un indispensabile ammortiz-zatore, anche se solo parziale, contro la perdita di reddito causata dallaumento delladisoccupazione maschile. Il persistere di differenziali salariali di genere nonch il pre-ponderante peso delle donne nelle forme di lavoro discontinuo e/o sommerso, sonosempre pi immotivati in termini di merito, poich sin dai banchi di scuola le donnedimostrano di essere pi studiose e preparate. AllUniversit, da qualche anno, le stu-dentesse italiane hanno recuperato lo svantaggio formativo nel settore delle nuove tec-nologie e delle scienze. La notevole domanda di figure professionali legate ai settoriscientifico-tecnologici ha determinato, infatti, un sensibile incremento di presenze fem-minili allinterno di corsi di laurea tradizionalmente maschili, come Ingegneria, Econo-mia e Matematica (si veda il capitolo di Marcella Corsi nella terza parte del Rapporto).Ma quando ci si trasferisce nel mondo del lavoro, le cose vanno diversamente. Lasce-sa alle posizioni di vertice appare ancora lenta, mentre persiste una marcata differen-za salariale: i dati pi recenti dellUnione europea mostrano che le donne guadagnanoin media il 18% in meno degli uomini, un divario che resiste nonostante gli sforzi fattiper eliminarlo. Nonostante persistano queste differenze, la maggiore istruzione fem-minile si accompagna progressivamente a livelli di impiego pi alti. Nel nostro Paese,i divari di genere nel reddito sono meno forti rispetto ad altri paesi europei, ma siaccompagnano a un tasso di occupazione femminile tra i pi bassi, al 45,8% secon-do gli ultimi dati Eurostat, nonostante laumento delloccupazione delle donne che siera riscontrato prima della crisi. E ben poco consola sapere che - in proporzione - menodonne che uomini hanno perso il lavoro negli ultimi tempi.La partecipazione delle donne alla classe dirigente politica europea mostra che i paesipi avanzati hanno performance uguali o in alcuni casi peggiori degli altri. In termini diparlamenti nazionali, lItalia, con il suo 20% non lontana dalla media europea, seb-bene ci siano paesi come quelli nordici o, in misura per inferiore, la Spagna e la Ger-mania, che hanno raggiunto livelli di rappresentanza femminile pi vicini alla soglia cri-tica fissata dalla Commissione europea al 25%. a livello di rappresentanza legislati-va regionale che la situazione peggiora: lItalia risulta avere un deficit di presenza fem-minile nelle assemblee regionali (12%), sebbene riprenda quota con riferimento agliesecutivi (si veda il capitolo di Marcella Corsi). Le energie e le risorse di una classe diri-gente femminile devono ancora pienamente dispiegarsi nel nostro Paese, e non sem-pre le lite sui territori danno il buon esempio, anche rispetto al livello centrale.34 5 RAPPORTO SULLA CLASSE DIRIGENTE/2011 34. Ma la politica non veste la maglia nera: nei settori economico-finanziari i dati dellaCommissione europea sono ben pi sconfortanti. Nellinsieme dei paesi dellUnioneeuropea, nelle principali aziende quotate in borsa sono solo il 3% le donne tra i pre-sidenti dei consigli di amministrazione o gli amministratori delegati (stessa percentua-le in Italia). Guardando oltre, il nostro Paese ventinovesimo (su 33 paesi censiti) pernumero di donne presenti nei consigli damministrazione (con il 5% degli ammini-stratori, contro una media UE 27 del 12%), seguita solo da Malta, Cipro, Lussembur-go e Portogallo. Nonostante siano alla guida di imprese pi piccole, che negli ultimianni hanno avuto in media risultati peggiori rispetto alle societ maggiori, le aziendeguidate dalle donne hanno accresciuto pi velocemente i ricavi, generato pi marginilordi, chiuso pi frequentemente lesercizio in utile, e non denotano un livello dirischiosit superiore rispetto a quello delle aziende a guida maschile. Tutto indica chesia giunto davvero tempo che il fattore D sia valorizzato per quel che merita nellanostra societ: ne guadagnerebbe lItalia, prima che le italiane. INTRODUZIONE35 35. le classi dirigenti localie il passaggio oltre la crisi 36. le classi dirigenti locali e il passaggio oltre la crisidi Nadio DelaiLa proiezione locale dei paradigmi del 2010A conclusione del precedente Rapporto1 si erano individuati alcuni paradigmi interpre-tativi che si riteneva potessero essere iscritti dufficio allinterno dellAgenda Pubblica deidiversi Paesi, Italia compresa.Naturalmente levoluzione della crisi, dei processi e dei soggetti in gioco, nonch lenovit che via via si sono imposte sul piano esterno come pure su quello internohanno complicato ulteriormente il quadro. Come conseguenza si sono aggiunti pro-blemi nuovi (come ad esempio i recenti sommovimenti nel bacino del Mediterraneo)o si sono consolidati problemi gi sul tappeto (come la crisi fiscale di alcuni Stati, laripresa troppo lenta delleconomia almeno dellEuropa, laumento della disoccupazio-ne, in particolare quella giovanile, ma non solo, e cos via).Tra i tanti, possibili, punti di attenzione che il presente Rapporto dedica al tema speci-fico della classe dirigente ormai da qualche tempo, si voluto questa volta porre lat-tenzione sui territori del nostro Paese, sulla parallela evoluzione della crisi e sulle atti-tudini delle classi dirigenti locali rispetto al Mondo Nuovo.Questa scelta si basa su una molteplicit di ragioni che possono essere riportatesostanzialmente allesigenza:- di riprendere il filo del ragionamento nazionale dei primi tre Rapporti, dopo le- splorazione delle modalit con le quali le diverse classi dirigenti europee hanno affrontato la crisi;- di riconoscere che anche sul tema della classe dirigente, larticolazione localistica del nostro Paese ha un peso determinante e impone altrettanti ambiti di esercizio, attraverso cui le lite dei diversi territori affrontano lattuale fase economica e indi- viduano le risposte necessarie rispetto a essa;1. Cfr. Generare Classe Dirigente - Un capitale di fiducia da ricostruire per le lite europee, 4 Rap- porto, 2010, pag. 31. PARTE PRIMA LE CLASSI DIRIGENTI LOCALI E IL PASSAGGIO OLTRE LA CRISI 39 37. -di verificare come tali realt locali abbiano incorporato le nuove esigenze che si sono formate e che si stanno formando sia sul piano dellinterpretazione sia sul piano dellimpegno nel trovare una strada di uscita che ci conduca verso un dopo- crisi meno incerto e pi solido;-di completare un ragionamento che era stato condotto in precedenza a livello nazionale sulle caratteristiche e sulle inadeguatezze della classe dirigente, poich lesperienza di chi lavora sul campo mostra come molte delle dinamiche trattate nel primo, nel secondo come pure nel terzo Rapporto, trovino altrettanti riscontri puntuali nel dibattito, nei comportamenti e nelle proposte che emergono dai sin- goli territori;-di misurare quanto e come i paradigmi maggiormente significativi individuati lo scorso anno, siano percepiti dalle lite locali e soprattutto come siano fatti propri, anzi usati come una vera e propria leva interpretativa e strategica nei confronti delle trasformazioni che la crisi in corso finisce col generare.Si ricorda a questultimo proposito come si sia colto nel Rapporto 2010 una sorta dicore interpretativo che ruotava attorno alle conseguenze derivanti dal ritorno al centrodellimportanza delleconomia reale, frutto dello sgonfiamento della bolla finanziaria ditre anni fa e del manifestarsi degli effetti negativi conseguenti.Il che ha per messo bruscamente allordine del giorno tre paradigmi almeno, rispet- to ai sei a suo tempo individuati e cio:1) linadeguatezza di strategie e di comportamenti, basati su una pi o meno velata replica del modello, gi conosciuto e praticato in passato, a partire dal modo di fare impresa, ma estendibile al modo di fare istituzione o soggetto di rappresen- tanza: rivalutare leconomia reale implica non certo ritornare a quello che gi si faceva prima, bens compiere un salto di specie, una vera e propria mutazione del modo di essere e di operare;2) linadeguatezza di continuare a battere esclusivamente la strada gi percorsa della soggettivit spinta (diventata spesso soggettivismo) da parte dei diversi protagoni- sti che per tradizione, siano essi imprenditori, soggetti pubblici o soggetti associati- vi, stentano ad abbandonare larea confinata che corrisponde alla loro capacit di controllo individuale: passare a uno stadio pi elevato de