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A Settimanale di cultura rurale Agr coltore T c nese i i i ANNO 145 - NUMERO 40 - 4 OTTOBRE 2013

Tartufi e tartufai del Ticino, agricoltore ticinese 40, 4 ottobre 2013

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“Il più delle volte il tartufo che troviamo nel nostro piatto proviene dall’Italia,dalla Francia o dalla Spagna, tuttavia negli ultimi anni quello svizzero sta conquistando terreno e quello ticinese è da poco al centro di un’associazione che intende promuoverlo e valorizzarlo.”

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ASettimanale di cultura rurale

Agr coltore T c neseii i

ANNO 145 - NUMERO 40 - 4 OTTOBRE 2013

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ià da qualche settimana gli appassio-nati fongiatt percorrono i nostriboschi alla ricerca dei loro beniamini,nella speranza di portare a casa uncestino colmo di porcini, chiodini e

altre prelibatezze. Tra gli addetti a questa praticavi è anche Fabio Marzoli, la cui specialità a talunipotrebbe sembrare un po’ atipica per la regione incui ci troviamo. Infatti, se dovessimo incontrarlonei nostri boschi quello che ci sorprenderebbe èche a fiutare le sue “prede” vi sono Lara e Scheba,due bellissimi cani addestrati per scovare lui: il pre-giato e ambito tartufo (Tuber spp). Tuttavia FabioMarzoli non è l’unico cavatore attivo nel nostroCantone, sono circa una quindicina le persone checon lui condividono lo statuto di tartufaio. “Senzadimenticare, aggiunge Marzoli, che la passioneper il diamante nero è anche comune ad altriimportanti attori della filiera: dall’allevatoreall’addestratore di cani, passando dai commercian-ti e dai ristoratori, fino all’ultimo anello della cate-na, rappresentato dai consumatori e buongustai.” Contrariamente alle apparenze, non si tratta di

una novità, bensì di una tradizione che da secoli èancorata alla nostra società. Di nuovo c’è però chelo scorso settembre 2012, grazie alla passione di

Fabio Marzoli, titolare della Tartufi Marzoli diVacallo, e alla volontà di François Parvex, capo pro-getto per la Consulenza regionale e comunale delSerec a Taverne, è stata fondata l’As so cia zionesvizzera italiana del tartufo che “si è così aggiuntaalle altre due associazioni rossocrociate, quellaromanda e quella svizzera tedesca, con le quali hacompletato la Federazione svizzera del tartufo edella tartuficoltura. Quest’ultima attiva in senoall’organizzazione europea”, spiega con orgoglioMarzoli in veste di Presidente. L’obiettivo dell’asso-ciazione è di valorizzare la produzione locale deltartufo e di mettere in rete i diversi attori coinvol-ti. Un compito che Francois Parvex, segretario dellastessa, conosce bene in quanto ha collaborato allacreazione e alla valorizzazione della filiera del tar-tufo nel Canton Vaud, dove in pochi anni sonostati raggiunti grandi traguardi. A condurre il pro-getto vodese al successo vi è la figura di FrankSiffert, fondatore del Mercato dei tartufi svizzeridi Bonvillars, un evento che in breve tempo ha atti-rato più di 4mila visitatori. “Nel Canton Vaud ilmercato è in pieno fermento: si moltiplicano icavatori così come le persone interessate a mette-re a dimora delle piante già micorrizate, riportaParvex. Noi vogliamo prendere esempio da questoprogetto, poiché crediamo che anche in Ticino vi

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Che cos’è il tartufo? “I funghi superiori o macromiceti, ormai lo sanno tutti, altro non sono che il‘corpo fruttifero’ o carpoforo di un organismo complesso la cui parte vegetativaè, nella stragrande maggioranza dei casi, sepolta nel terreno, nella cortecciadegli alberi o in altri substrati. Tali funghi possono crescere, svilupparsi e matu-rare le spore, fondamentali per la riproduzione della specie, sia sopra che sottola superficie del terreno. Nel primo caso si parla di miceti epigei, nel secondo dimiceti ipogei e fra questi ultimi troviamo appunto i tartufi.”

(Tratto da Funghi ipogei: Tartufi del Canton Ticino)

“Il più delle volte il tartufo che troviamo nel nostro piatto proviene dall’Italia,dalla Francia o dalla Spagna, tuttavia negli ultimianni quello svizzero sta conquistandoterreno e quelloticinese è da pocoal centro di un’associazione che intende promuoverlo e valorizzarlo.”

Testo: Muriel Hendrichs

Fotografie e immagini: Fabio Marzoli e Centro nazionale studi tartufo (IT)

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Immagine tratta dall’opera dicarlo Vittadini Monographiatuberacearum redatta nel 1831(immagine sopra).

Fabio Marzoli con le sue complicidi ricerca: Sheba, a sinistra,e Lara, a destra (foto sopra).

sia il potenziale per sviluppare e strutturare almeglio questa filiera.” Per conoscere meglio que-sta realtà Parvez e Marzoli vi invitano a partecipa-re alla prima assemblea dell’associazione che siterrà sabato 12 ottobre alle 17 a Lattecaldo(Morbio Superiore) nella sala riunioni del l'Az ien daforestale regionale della Valle di Muggio. Nel frattempo, per capire cosa significa partire

alla ricerca di queste piccole “gemme preziose”,che eccezionalmente possono raggiunge un pesodi 200-300 grammi (contro i 20-30 grammi inmedia), abbiamo posto alcune domande al presi-dente Fabio Marzoli. In particolare ci premeva fareluce sulla realtà propria al territorio ticinese.In merito al potenziale dei nostri boschi Marzoli

ci informa che si riescono a raccogliere all’incirca 2-3 etti a uscita e che il raccolto della stagione dipen-de dalla frequenza con cui si pratica l’attività. “Lastagione inizia a settembre e prosegue fino a gen-naio-febbraio, finché le nevicate lo consentono.Secondo la propria volontà si esce anche una o duevolte a settimana.” I luoghi in cui si cerca non soloscelti a caso, difatti la condizione sine qua non perlo sviluppo del tartufo è che il suolo sia calcareo.“Per il Ticino l’area di maggiore interesse è quellameridionale che comprende il Mendrisiotto e alcu-ne note montagne come il Bré, il San Giorgio o il

Monte Generoso”. Nel Sopraceneri questa prero-gativa è soddisfatta solo in alcuni luoghi sporadici.Oltre alla qualità del suolo, è importante osserva-re la vegetazione in quanto il tartufo vive in sim-biosi con alcune piante arboree e arbustive, senzale quali sarebbe impossibile produrre il preziosocorpo fruttifero. “Il legame con la pianta, che èvitale per il tartufo come per tutti i funghi sim-bionti, ha un nome: micorriza. Il micelio, che è l’ap-parato vegetativo dal quale nascono i tartufi,forma con le radichette della pianta ospite delleminuscole masse, le micorrize, attraverso le quali sisvolgono i reciprochi e complessi scambi alimenta-ri” (A. Auguardi et all). Non tutte le piante sonoperò in grado di accogliere il nostro ospite che ge -ne ral mente ha un’intesa particolare con il noccio-lo, il tiglio, il pioppo, la quercia e altre latifoglie. Siccome la diversità del genere Tuber spp. è

molto ampia, abbiamo chiesto a Fabio Marzoli dielencarci quali sono le specie che si possono incon-trare nel nostro territorio: “In Ticino, benché inpassato sembrerebbe fosse possibile imbattersi neltartufo bianco, ora si trova esclusivamente quellonero che è rappresentato dalle seguenti specie:‘Tuber aestivum’, ‘T. melanosporum’, T. me -senterico’ e, soprattutto, il ‘T. uncinato’ noto anchecome Tartufo di Borgogna”. In commercio, oltre a

Scheba è un cane addestrato alriconoscimento dell’aroma del tartufo (foto sopra).

Fabio e il suo raccolto di Tuberaestivum: una delle 4 specieesistenti in Ticino (foto grande).

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queste specie, se ne trovano altre quattro: dueneri, ovvero il Tuber brumale e il T. macrosporum,e due bianchi, T. magnatum e il T. borchi. Tuttavia,benché siano otto le specie che coprono la grandefetta del mercato, quelle censite sono più di cento!“Dal punto di vista gastronomico, puntualizza ilnostro esperto, trionfa il Tartufo bianco d’Alba ‘T.magnatum Pico’ e il Périgord nero francese ‘T.melanosporum’, a seconda che ci si trovi nell’uno onell’altro Paese di origine”. A questo punto è leci-to chiedersi come avviene l’identificazione e lavalutazione dei tartufi. Ebbene sì, osservando ledimensioni del corpo fruttifero, nonché le suecaratteristiche morfologiche e organolettiche,ovvero l’insieme delle caratteristiche fisico-chimi-che percepite dagli organi di senso (odore, sapore,eccetera). “Più il tartufo è grande, maggiore sarà ilsuo costo: più per il pregio legato alla rarità, chenon per la qualità. Spesso è meglio trovarne 4-5piccoli, tra cui vi sono più ‘chance’ di scovarne unoparticolarmente buono, che non raccoglierne unogrande di scarsa qualità.” Per tradizione si cerca il tartufo nei boschi, tutta-

via da un paio d’anni è anche possibile coltivarlomettendo a dimora degli alberi micorrizati, nellecui radici sono state inoculate le spore del fungo.A questo proposito segnaliamo che l’Uf ficio fede-rale dell’agricoltura ha riconosciuto la cultura delTartufo di Borgogna in Svizzera e accorda delle

sovvenzioni alle tartufaie. Un ettaro, in condizioniottimali, può produrre 40 chilogrammi di tartufo,per un valore di 16mila Franchi. Sia che si opti per la ricerca nel bosco, sia che si

scelga la coltivazione di piante micorrizate, il ricor-so a un cane, addestrato a riconoscere l’odore deltartufo, è imprescindibile. “La razza comunemen-te im pie gata è il Lagotto romagnolo, tuttavia altrerazze o persino i bastardini si prestano a essereeducati a questo scopo”. L’ad des tra mento e la par-ticolare relazione che si instaura tra il cercatore e ilcane saranno l’oggetto di un prossimo articolo. Una volta raccolto, il tartufo ha una conservazio-

ne limitata. Per preservarne la qualità e il saporeoccorre avvolgerlo in una carta assorbente, che vacambiata ogni giorno, e riporlo nella parte menofredda del frigo. In questo modo il tartufo biancosi conserva 5-6 giorni, mentre quello nero anchedieci. In alternativa, si può riporre i tartufi in barat-toli di vetro con del riso, ma secondo alcuni esper-ti questa usanza li fa seccare troppo. “Un’altrasoluzione è di amalgamare il fungo, in polvere o afette, a del burro che potrà così essere aggiuntoalle pietanze ogni qualvolta lo si desidera”. Prima di concludere ricordiamo che in Ticino,

così come nel resto della Svizzera, la raccolta deltartufo non è ancora legiferata e pertanto vige ilbuon senso: una regola importante è di non lascia-re mai aperta la buca.

Da sinistra: due coltelli artigianaliper pulire i tartufi dalla terra, dueaffettatartufi, una spazzola perpulire i tartufi (foto sopra).

Il Tartufo è un fungo ipogeo chesvolge l’intero ciclo sotto terra(foto sinistra: tuber.it).

La gleba è la trama fertile dove sisviluppano le spore; il peridio èl’involucro (foto destra: tuber.it).

FontiAuguadri, Lucchini,Riva, Testa (1991)Funghi ipogei, Tartufidel Cantone Ticino,SMCB, Chiasso.

Centro nazionale studitartufi (Alba)www.tuber.it

EventiAssemblea Associazione svizzeraitaliana dei tartufisabato 12 ottobrealle 17 all’AFOR diLattecaldo

Mercato dei tartufi svizzerisabato 26 ottobre a Bonvillars (VD)www.trouffesuisse.ch

InformazioniFrançois Parvex078 654 48 62