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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TRIESTE
Facoltà di Scienze Politiche
Corso di Laurea in Scienze Politiche
Tesi di laureain
Geografia Politica
L’EUROPA DEI CITTADINI E
L’INTEGRAZIONE DELLA BOSNIA E ERZEGOVINA:
IL CASO DI BIHAĆ
ANNO ACCADEMICO 2004/2005
Laureando:Daniele Magrin
Relatrice:Chiar.ma Prof.ssa Maria Paola
PagniniCorrelatore:
Dott. Ivan MatejakDott. Annalisa Barzi
Indice
Introduzione……………………………………………………………...pag.8
CAPITOLO I:
Accenni storici introduttivi alla realtà dell’area di Bihać nel suo
contesto storico e regionale……………………………………………...pag.12
1.1 Bihać, breve excursus sulle sue origini storiche (1260-1981)……..….pag. 13
1.2 Situazione della BiH dalla Seconda Guerra mondiale agli
anni Novanta…………………………………………………………...….....pag.16
1.3 Origine e scoppio del conflitto……………………………………….……pag.231.3.1 Dalla guerra in Slovenia a quella in Croazia, accenni storici,
militari……………………………………………………………….…………..pag.23
1.3.2 La guerra in Croazia………………………………………………..……pag.26
1.3.3 Origini del conflitto bosniaco……………………………….……..……pag.321.4.1 La guerra a Bihać, 1992 – 1995…………………………………...……pag.35
1.4.2 La situazione nell’immediato dopo guerra………………………..…..pag.40
CAPITOLO II:
La BiH e l’integrazione in UE: riforme costituzionali e obiettivi per
l’accettazione……………………………………………………………..pag.42
2.1 Problematica di una costituzione che non appartiene
ai cittadini……………………………………………………………………..pag.42
2.2 Caratteristiche tecniche di Dayton………………………………………..pag.46
2.3 La divisione etno-territoriale………………………………………………pag.52
2.4.1 Bilancio del ruolo dell’Alto Rappresentante…………………….…….pag.54
2.4.2 Quali freni alla maturazione delle istituzioni della BiH?……….…..pag.55
2.5 Dayton: perché non è stata ancora modificato……………………..…..pag.57
2.6 L’Europa e la BiH (1995-1999)……………………………………...……pag.58
2.6.1 Il PSESE..…………………………………………………………………….pag.592.6.2 Dal PSA a Salonicco…………………………………………………….....pag.60
2.7 L’integrazione della BiH in UE, le tappe fondamentali dello
sviluppo politico del 2005 e del 2006………………………………………pag.65
2.7.1 Reazioni internazionali e delle istituzioni della
BiH ai primi segnali positivi……………………………………………..….pag.67
2.7.2 Intervento della diplomazia statunitense e
proposte costituzionali: l’USIP………………………………………...…pag.69
2.7.3 Le reazioni dei partiti alle proposte di revisione
costituzionale…………………………………………………………...……pag.71
2.7.4 Incontri di gennaio…………………………………………………………pag.73
2.7.5 Intervento dell’Europarlamento………………………………………….pag.74
2.7.6 Il verdetto della Commissione di Venezia……………………………….pag.76
2.7.7 Dalla risoluzione del Senato degli Stati Uniti
agli scontri fra partiti……………………………………………………….pag.78
2.7.8 Aprile, il voto viene rinviato……………………………………………….pag.82
2.8 Le riforme: una questione aperta anche dopo
il voto di maggio?…………………………………………………………..…pag.84
CAPITOLO III:
Bihać e il Cantone Una – Sana, indicatori generali:………………….....pag.86
3.1 Indicatori generali socio economici: USC e Bihać……………………….pag.87
3.1.1 Terreni coltivabili e foreste…………………………………………….…pag.91
3.1.2 Risorse minerarie………………………………………………………..…pag.92
3.2 Popolazione dell’USC………………………………………………….…….pag.93
3.2.1 Livello demografico della popolazione………………………………….pag.94
3.2.2 Le etnie nell’USC in percentuale………………………………………...pag.94
3.2.3 Popolazione per età a Bihac e nell’USC……………………………....pag.95
3.2.4 Incremento naturale della popolazione:
Bihac e USC…………………………………………………………….…..pag.97
3.3 Applicazione delle leggi sulla proprietà nell’USC……………………...pag.98
3.4 Mercato del lavoro, occupazione e disoccupazione…………..………...pag.98
3.4.1 Occupazione………………………………………………………………..pag. 99
3.4.2 Occupati per settore………………………………………………………pag.100
3.4.3 Occupazione per attività dal 1999 al 2002…………………………….pag.1013.4.4 Occupazione per fasce d’età………………………………………….….pag.102
3.4.5 Tasso di disoccupazione…………………………………………….……pag.103
3.4.6 Disoccupazione per sesso ed età a Bihac e nell’USC………………...pag.103
3.5 Infrastrutture……………………………………………………………..…..pag.103
3.5.1 Caratteristiche del traffico………………………………………….…...pag.103
3.5.2 Traffico stradale e strade…………………………………………..…….pag.104
3.5.3 Ferrovie…………………………………………………………….……….pag.104
3.5.4 Traffico aereo……………………………………………………..…….…pag.105
3.6 Sistema educativo……………………………………………………………pag.105
3.6.1. Scuola primaria e secondaria………………………………………......pag.105
3.6.2 Livello di istruzione universitaria…………………………………….…pag. 106
3.7 Settore sociale…………………………………………………………….….pag. 108
3.7.1 Istituzioni sanitarie……………………………………………………..…pag. 108
3.7.2 Welfare sociale………………………………………………………...…..pag. 109
3.8 Cultura…………………………………………………………………...……pag. 110
3.9 Privatizzazioni………………………………………………………………..pag. 110
3.9.1 Privatizzazioni in BiH……………………………..………………….…..pag. 110
3.9.2 Le privatizzazioni nell’USC………………………………………………pag. 112
3.10 Economia……………………………………………………………………pag. 114
3.10.1 Produzione agricola……………………………………….……….…...pag. 114
3.10.2 Allevamento di bestiame………………………………………………...pag. 114
3.10.3 Edilizia……………………………………………………….……………pag. 115
3.10.4 Costruzione edifici abitabili…………………………………………….pag. 115
3.10.5 Export/Import……………………………………………..…….………..pag. 116
3.10.6 Turismo e ristorazione……………….………………………………....pag. 117
3.10.7 Turisti e numero di notti trascorse per tipo di offerta alberghiera……………………………………………………pag. 1183.10.8 Industria…………………………………………………………………..pag. 119
CAPITOLO IV:
Analisi sull’opinione pubblica di Bihać riferita ai temi dell’integrazione UE,
revisioni costituzionali e percezione del territorio di appartenenza.
4.1 Introduzione alla ricerca svolta………………………………………..…..pag. 124
4.1.1 Il questionario……………………………………….……………..…..… pag. 127
4.2 Analisi delle risposte alle domande del gruppo a)…………………..….pag. 130
4.3 Analisi delle risposte alle domande del gruppo b)……….………….….pag. 131
4.4 Analisi delle risposte alle domande del gruppo c)…………………..…pag. 136
4.5 Analisi delle risposte alle domande del gruppo d)…………………...…pag. 141
4.6 Analisi delle risposte alle domande del gruppo e)……….…...……...…pag.141
4.7 Analisi delle risposte alle domande del gruppo f)………...…….…....…pag. 142
4.8 Analisi delle risposte alle domande del gruppo g)……………………...pag. 144
4.9 Analisi delle risposte alle domande del gruppo h)……….…….….…....pag. 147
4.10 Analisi delle risposte alle domande del gruppo i)…….…….….……...pag. 150
4.11 Intervista a Svetlana Broz…………………………………….….…….….pag. 155
CAPITOLO V:
Analisi comparativa sull’opinione pubblica di Mostar e Banja Luka riferita ai
temi dell’integrazione UE, revisioni costituzionali e percezione del territorio di
appartenenza.
5.1 Introduzione alla ricerca……………………….…….…..……..…….……pag. 158
5.1.1 Il questionario……………………………………...………….....…...…..pag. 160
5.2 Analisi delle risposte alle domande del gruppo a)……………..…....….pag. 161
5.3 Analisi delle risposte alle domande del gruppo b)…………….…..…….pag. 163
5.4 Analisi delle risposte alle domande del gruppo c)………………….…..pag. 169
5.5 Analisi delle risposte alle domande del gruppo d)………..…... ..…..….pag. 174
5.6 Analisi delle risposte alle domande del gruppo e)……….....…..…….. pag. 175
5.7 Analisi delle risposte alle domande del gruppo f)…….……..…. .. ..…. pag. 177
5.8 Analisi delle risposte alle domande del gruppo g)…….……..……........pag. 178
5.9 Analisi delle risposte alle domande del gruppo h)………….…..……....pag. 181
5.10 Analisi delle risposte alle domande del gruppo i)…….…….….….…..pag. 187
5.10.1 Liberi commenti degli intervistati alle domande
del gruppo i…………………………………………..….….....….……..…pag. 190
5.10.2 Riscontro di alcuni dati dalle interviste
con gli operatori di ONG……………………..….….....…….….…...…pag.191
Conclusioni……………………………………………………………….pag.193
APPENDICE:
Il questionario……………………………………………………...…….pag.197
Schema per le interviste…………………………………………………pag.202
Interviste integrali:Intervista a Edin Kulenović………………………………………….…..pag.204Intervista al Prof. Dr. Sc. Mithad Kozličić………………………….…..pag.208Intervista a Svetlana Broz…………………………………………….…pag.210
Ringraziamenti…………………………………………………………..pag.214
Bibliografia………………………………………………………………pag.215
Introduzione
Nel 1991 scoppiò la guerra in Slovenia e in Croazia, nel 1992 quella in
Bosnia. Le cause e le caratteristiche di questa nuova ferita apertasi nei Balcani,
non furono subito chiare agli occhi dell’Occidente. Si trattava di una guerra
civile? L’esercito federale agli ordini di Belgrado era legittimato all’intervento in
Slovenia, Croazia e Bosnia? Lo scoppio della guerra, le crudeltà commesse e gli
assassinii perpetrati erano colpe da attribuire a tutti gli attori in campo oppure era
un piano ben orchestrato dall’alto, un incendio scoppiato perché qualcuno aveva
dato fuoco a tutta la benzina che già bagnava tutta la ex – Jugoslavia? Furono
domande che trovarono le risposte sbagliate per troppo tempo tra le potenze
occidentali, le quali non interpretarono in maniera corretta i segnali che
lanciavano le popolazioni balcaniche in conflitto tra di loro. I già vecchi schemi
della guerra fredda e la nebulosa conoscenza dei popoli jugoslavi rendevano
inefficacie ogni analisi e ogni giudizio sugli avvenimenti in corso. Questi errori
segnarono il destino di queste popolazioni negli anni della guerra e per il resto del
loro già incerto futuro.
La BiH è stata per secoli un miscuglio di etnie, un simbolo, negli anni del
titoismo, della convivenza, della artificiale fratellanza comunista. Ma è stata da
sempre anche terreno di incontro e di scontro di mondi diversi: cattolici, ortodossi,
ebrei e musulmani si sono combattuti, hanno commerciato e spesso hanno formato
delle famiglie miste. Di questi avvenimenti in BiH c’è una traccia indelebile e
fortissima, ma chi volle la guerra nel ’92 cercò di farla sparire per sempre.
Utilizzò in modo sistematico e scientifico tutti i mezzi bellici a sua disposizione
per eliminare non un esercito nemico, ma la popolazione assieme ai segni visibili
della sua secolare presenza. La “pulizia etnica” fu questo, quindi. Cancellazione
delle persone, distruzione delle loro case e annientamento dei simboli che la
contraddistingueva, come le moschee, i ponti costruiti dai loro avi, le chiese e i
palazzi storici. La propaganda serba aveva annunciato, sfruttando lo storico
risentimento del suo popolo, l’eterno sacrificato e sconfitto, che dovunque ci fosse
stata una sola tomba serba, là sarebbe stata Serbia. E il progetto era questo:
formare la Grande Serbia senza i non – serbi al proprio interno. Dall’altra parte, i
croati, avevano mire simili in BiH, cioè allargare i propri confini e far abbracciare
alla Croazia i molti territori confinanti in cui c’era presenza croata. Tutto questo
aveva significato l’espulsione di chi abitava di diritto in quei territori e molto
spesso la sua eliminazione fisica. Quando finalmente i massacri ebbero fine e si
giunse alla pace, i mediatori si trovarono di fronte all’impossibilità di ripristinare
la situazione precedente al conflitto. Al di là dei giochi diplomatici, attraverso i
quali si cercava il dialogo tra Milosevic, Tudjman e Izetbegović, cosa
inammissibile se non assecondando le rispettive seti di conquista, il problema era
anche il dato di fatto che sarebbe stato impossibile tracciare dei confini netti che
separassero le diverse etnie. L’accordo fu trovato sul presupposto di una BiH
divisa sì, ma in modo artificiale. E in gran parte sulla base dei risultati ottenuti
dagli aggressori attraverso la pulizia etnica e i massacri di cui si erano infangati1.
Comprendere la BiH di oggi, fare delle speculazioni sul suo futuro e sulla
presenza futura delle organizzazioni internazionali sul suo suolo, è impossibile
senza analizzare in che modo è mutato il suo territorio dopo la guerra, ma
soprattutto come la gente lo “percepisce”. Parliamo dei confini visibili, ma anche
di quelli invisibili. La “percezione del territorio” da parte degli abitanti di questo
paese, diventa uno dei nodi principali da sciogliere entro breve. E’ un aspetto
essenziale per molti motivi.
In particolare, con l’inizio delle trattative di novembre tra BiH e Comunità
Europea per l’adesione del paese balcanico al mercato comune, si è palesata
sempre di più l’esigenza di comprendere davvero “cosa ne pensino i cittadini della
BiH”.
La BiH sembra essere troppo distante da noi. Dal punto di vista geografico
e culturale. Eppure è a poche ore di auto dai nostri confini. E la sua storia è legata
intimamente alla nostra. Le zone più vicine a noi un tempo furono il baluardo
della difesa cristiana contro l’Impero ottomano quando esso era quasi giunto alle
porte di Vienna. Ci si riferisce in particolare al Cantone Una Sana, il cui
capoluogo è Bihać, il quale è molto interessante per l’argomento qui trattato.
L’area di Bihać è tanto bella dal punto di vista naturalistico, quanto ricca di
risorse e potenziali sia umani che turistici. Purtroppo è rimasta, allo stesso tempo,
una zona abbastanza isolata per quanto riguarda gli aiuti economici e di
promozione sociale.
1 Il tema verrà approfondito nel Cap. I, par. 1.3
La situazione del Cantone di Bihać2 è indicativa per molti aspetti interessanti. Le
sue peculiarità la rendono unica nel contesto della guerra degli anni Novanta3, ma
allo stesso tempo ci può aiutare come indicatore della situazione generale della
BiH, in relazione al futuro ingresso nella UE.
L’Europa richiede alcuni pilastri su cui discutere l’adesione di un nuovo
paese. Il nuovo interlocutore, oltre ei parametri economici ed istituzionali, deve
garantire una solida comunità di base. Non si può guardare ad un’”Europa dei
cittadini” senza una comunità solida e priva di frizioni interne, capace di guardare
all’Unione europea in maniera matura ed indipendente. Queste basi, come si
cercherà di dimostrare, sono tutt’altro che solide in un paese come la BiH. A
dispetto dell’enorme potenziale di una zona come quella di Bihać, non c’è un
sufficiente sviluppo economico (e nemmeno un piano adeguato di sviluppo). Ci si
domanderà, quindi, se a dispetto di questo fattore esiste invece un sentimento di
appartenenza che sembra essere assente in zone come Mostar e Banja Luka.
Le trattative con la UE ispirano grande fiducia nelle istituzioni bosniache.
Esse ritengono che si possano risolvere alcune delle più gravi realtà del loro
paese. Disoccupazione, eccessiva burocrazia, l’assurda e straripante ingerenza
straniera data dai cosiddetti “poteri di Bonn”. Mentre ci si dimentica nodi spinosi
rappresentati dalla Republika Srpska4 e da una base civile ormai allo stremo. Qual
è, dunque, il livello della classe politica della BiH che sta affrontando temi di
vitale importanza per il proprio paese?
Forse la direzione presa con le trattative è quella errata. Forse, in contrasto
con la grandiosità di un progetto come quello europeo, la BiH ha la necessità di
ripartire dal “basso”, dalla gente. La loro opinione, in un momento così delicato, è
quella che conta di più. Non si vuole condurre un’indagine ad ampia scala, ma
questa ricerca può fornire dei dati molto interessanti. Lo scollamento tra società
civile e istituzioni, la situazione economica della popolazione e, soprattutto, la
“percezione del territorio”: come entrare in una Comunità sopranazionale se non
ci si sente di appartenere nemmeno al proprio stato?
2 Cantone Una – Sana 3 Cfr. Cap. I, par.1.4.1 dove verrà approfondita la peculiarità citata e le vicende di Fikret Abdić4 D’ora in poi, nel testo, RS
Infatti una questione che va risolta al meglio è quella dell’identità, è capire chi
siano veramente i bosniaci e chi, tra serbi, croati e musulmani, si senta davvero
“bosanac”5. Senza questo sentimento civico e di appartenenza, mancherà sempre
alla BiH un’identità che prima esisteva nella Bosnia jugoslava. La guerra è stata
un mostro che ha sconvolto quegli equilibri consolidati e ha distrutto le basi per la
BiH attuale in previsione dell’entrata in Europa in un futuro che può anche non
essere molto prossimo. Quale BiH dei cittadini si appresta ad entrare nella UE dei
cittadini?
CAPITOLO I
5 “Bosanac” è il termine con il quale si indica il cittadino della BiH, indipendentemente dalla propria appartenenza etnica.
Accenni storici introduttivi alla realtà dell’area di Bihać nel suo contesto
storico e regionale.
Un capitolo dedicato a brevi accenni storici è parso doveroso per calibrare
e contestualizzare la situazione attuale di Bihać, inserendola nel giusto quadro
storico che ha coinvolto la città e la BiH almeno dalla Seconda Guerra mondiale
ad oggi. E’ inevitabile, parlando della BiH odierna, non affrontare le vicende
dell’ultima guerra, quella degli anni Novanta. Ed essa è incomprensibile se non
affrontata nella giusta direzione.
Alcune frasi degli intervistati della ricerca6 sono state ritenute
particolarmente interessanti, tanto da dover approfondire le responsabilità di
questa guerra così drammatica, per rivalutare l’”aspetto etnico” della guerra del
1992-1995, così tanto discusso e così tanto lontano dalla realtà. La
differenziazione etnica sembra dover dirigere ancora oggi la vita quotidiana e la
vita politica dei cittadini della BiH, eppure, come si cercherà di riassumere il più
brevemente possibile in questa sede, è stata fin dalle sue origini un elemento
artificiale ed imposto dall’esterno, al pari dell’aggressione fisica e psicologica del
popolo di questo paese. Da una frase di un’intervistata:
“Prima della guerra non ci importava sapere chi fosse che cosa. Musulmani, serbi, croati, eravamo tutti uguali. Capitava che ci si riunisse tutti a festeggiare il Natale cattolico, o quello Ortodosso oppure la fine del Ramadam musulmano. Erano solo modi per partecipare ad una festa in più, non per additare un nemico.”
Un professore universitario7 di storia fa notare:
“E’ facile capire chi ha portato la guerra in BiH e a Bihać. Andate a vedere le case distrutte, i segni delle esplosioni e delle pallottole: hanno tutti un’unica direzione, sono dirette dal lato delle postazioni prima dove stazionava l’esercito federale in mano ai serbi e poi l’esercito in mano ad Abdić .”
La BiH si appresta a compiere alcune scelte fondamentali per il suo futuro,
forse dimenticando il suo passato? Queste scelte dovrebbero essere compiute in
6 Cfr. Cap. IV, introduzione alla ricerca, Cap.V e Appendice7 Cfr. Cap. IV, introduzione alla ricerca
totale autonomia per dimostrare la presunta maturità della classe politica della
BiH dopo undici anni dalla fine della guerra. E dovrebbero essere indirizzate
verso la rivalutazione delle Entità e delle divisioni etniche.
1.1 Bihać, breve excursus sulle sue origini storiche (1260-1981).
La valle di Bihać venne abitata già nella preistoria grazie alla sua
conveniente posizione geografica e alla su favorevoli condizioni climatiche.
Tracce della presenza umana in questa area sono presenti nel Paleolitico e in
particolare sono stati rinvenuti numerosi reperti del Bronzo e dell’Età del ferro. L’
ambiente climatico e buone condizioni agricole, grazie all’abbondanza di acqua,
offrivano le migliori opportunità perché l’uomo colonizzasse questi luoghi già
dalla preistoria.
E’ provata la presenza delle tribù degli Iapodi in quest’area a partire dall’8
sec. a.C.; essi popolarono le regioni dell’odierna Lika, Gorski Kotar e parte della
Slovenia.
Alla fine del sesto secolo e all’inizio del settimo, gli Slavi e gli Avari del
nord iniziarono a invadere e a stanziarsi nell’area della odierna Bosnia –
Erzegovina. Gli Avari lasciarono presto questa regione dando inizio all’epoca del
periodo slavo all’inizio del settimo secolo8.
Le prime tracce scritte di una città nella valle della Una risalgono al
tredicesimo secolo. Solo nell’area della Municipalità di Bihać, sono riscontrabili i
resti di undici città medievali, e nella zona del Cantone Una – Sana ne sono state
rinvenute ben 36.
Bihać, la città medievale più importante della valle della Una, viene
menzionata la prima volta il 26 febbraio 1260, in una lettera del re di Croazia –
Ungheria Bela IV come proprietà della chiesa croata di Topusko.
Nel 1262, Bihać venne dichiarata “città libera della corona” con il pieno
diritto di indipendenza, svincolata dai doveri feudali.
Un documento del 1271 conferma che Bihać ebbe i tutti i vantaggi di una
municipalità libera.
8 MAHMUTOVIĆ D. “Stari Bihać (1260-1940)”, Bihać: Graficar, 2001 pp.280,281
Secondo le fonti storiche, la vista di Bihać nel Tredicesimo secolo
appariva così: il nucleo più antico della città era composto da una torre circolare
nelle vicinanze della quale c’era una chiesa, conventi e delle case. E’ risaputo che
in quel periodo esistevano sette chiese a Bihać, la più grande delle quali era
S.Antun, quella che oggi è la moschea Fethija9.
Da documenti successivi si può notare che Bihać era ben fortificata, con le
sue doppie mura, con le sue torri quadrate e circolari e con la sua zona difensiva
di acqua sotto le mura esterne.
Nel 1434 il re croato – ungherese Sigismondo, donò la città alla famiglia di
nobili croati Frankopan, i quali la dominarono fino all’inizio del sedicesimo
secolo.
Dopo Ferdinando d’Asburgo venne eletto il re croato all’assemblea riunita
nel 1527 a Cetin (l’odierna Cetingrad) e Bihać cadde nuovamente sotto la
giurisdizione della corona. Il governatore del re pose un Capitano nella fortezza di
Bihać, il quale allo stesso tempo comandava la guarnigione di stanza a Ripač.
Dall’inizio del sedicesimo secolo, Bihać fu costantemente sotto assedio per
mano dell’impero ottomano. A causa del crescente pericolo costituito dagli
Ottomani, le altre città nei dintorni di Bihać (Ripač, Solokolac, Izačić e
Brekovica) furono fortificate ulteriormente e le loro guarnigioni furono
significativamente rinforzate.
Bihać resistette all’attacco musulmano per più di cento anni, ma alla fine
fu occupata nel 1592, dopo dieci giorni di sanguinoso assedio. L’esercito
ottomano in quel periodo era guidato dal famoso condottiero Hasan – pasha
Predojević. Come segno della vittoria, egli convertì la chiesa di S. Antun di Bihać
in una moschea che rinominò Fethija, che significa “conquistata” in turco. Dal
1592 Bihać divenne la più importante roccaforte dell’impero ottomano in questa
parte della Bosnia e un importante punto di partenza nella loro ulteriore conquista
dell’Occidente facendo diventare la città il centro del Sangiaccato.
La fortezza di Bihać fu ricostruita e ingrandita durante la seconda metà del
diciottesimo secolo: a quell’epoca esistevano quattro torri e nove “tabija – s”10. Da
9 Ibidem, p. 28110 Fortificazioni lungo le mura della città dove venivano collocati i cannoni.
un documento preso dagli archivi militari di Vienna, Bihać era conosciuta come la
fortezza più esterna di quella parte di Bosnia.
Secondo un rapporto del 1785, esistevano una trentina di cannoni piazzati
nella fortezza di Bihać, mentre la guarnigione militare era composta da settecento
unità.
Nel 1878 la popolazione di Bihać, assieme alle popolazioni circostanti la
città, offrirono una tenace resistenza all’attacco austro – ungarico. Solamente
dopo venti giorni di fiera battaglia, l’esercito austro – ungarico riuscì a battere la
difesa della città11.
Durante il periodo austro – ungarico, Bihać fu il centro del suo distretto.
All’epoca la Bosnia – Erzegovina venne divisa in sei distretti (regioni): Sarajevo,
Banja Luka, Tuzla, Mostar, Travnik e Bihać12.
Per migliorare la struttura della città e ampliarla, tra il 1890 e il 1891, le
autorità austro – ungariche demolirono le mura di difesa della città, salvo una
piccola porzione che si è conservata fino ai giorni nostri. Oggi i resti della Bihać
medievale sono unici: la moschea di Fethija (l’antica chiesa di S.Antun), la Torre
del Capitano, una parte della fortificazione della città, il fossato (il quale, assieme
alle acque della Una, creava una zona di difesa attorno alla città) e i resti delle
catacombe della città.
Durante il Regno dei serbi, croati e sloveni, il periodo tra le due guerre
mondiali, Bihać fu anche uno dei sei distretti della Bosnia – Erzegovina e visse
alcuni dei suoi momenti di massima fioritura.
Nel periodo tra le due guerre mondiali Bihać non registra cambiamenti
vitali dal punto di vista amministrativo, mantenne le funzioni della Bosnia
occidentali. Ma le conseguenze della prima guerra mondiale si erano riflesse
negativamente sullo sviluppo della città. Negli anni Quaranta Bihać si ritrovò
nell’abisso della Seconda Guerra Mondiale e venne occupata dai tedeschi.
Durante la guerra la città si trovava in una posizione importante e per la sua
liberazione l’esercito di Tito condusse un’operazione di successo tra il 2 e il 4
novembre. Dopo aver preso la città le forze di occupazione popolare compirono
alcuni omicidi di domobranci e ustascia e di alcuni civili. Nel 1944 durante la
11 Dal 7 al 19 settembre 1878.12 Ibidem.
Pasqua cattolica gli inglesi bombardano la città distruggendo anche la chiesa di
S.Antonio da Padova e causando molte vittime civili.
Quando la regione di Bihać venne conquistata dai partigiani13, vi venne
fondato l’AVNOJ14. Diventò così la capitale della cosiddetta “Repubblica di
Bihać”. Dopo una serie di pesanti bombardamenti, i tedeschi la rioccuparono nel
gennaio del 1943 e questa volta la città
rimase nella NDH fino al 28 marzo 1945. Dopo la Seconda Guerra mondiale, i
primi passi dello sviluppo economico vennero compiuti nell’agricoltura e nel
ripristino delle scuole e dell’istruzione. La popolazione cominciò ad aumentare
nelle aree urbane proprio nella fase successiva la guerra.
Alcuni dati dai censimenti del 1961 e del 1971 e del 1981: nel 1961 Bihać
ha 15700 abitanti, il comune più di 45mila. Dato del ’71: la città conta 24060
abitanti, il comune 58000; 1980: Bihać ha 41000 abitanti, il comune 6500015.
1.2 Situazione della BiH dalla Seconda Guerra mondiale agli anni Novanta.
Nel corso della seconda Guerra Mondiale le tensioni tra le diverse nazioni
jugoslave si acuirono e dimostrarono tutta la loro ferocia. «Quando nell’aprile del
1941 le truppe tedesche, italiane, ungheresi e bulgare attaccarono la (Jugoslavia),
(essa) crollò come un castello di carta, diventando facile preda degli assalitori. La
Slovenia fu spartita tra Germania, Italia e Ungheria; la Croazia, promossa a stato
indipendente, fu assegnata assieme alla Bosnia – Erzegovina agli ustascia di Ante
Pavelić; la Serbia divenne un protettorato tedesco, ma dovette cedere il Kosovo
all’Italia, buona parte della Macedonia alla Bulgaria e buona parte della
Vojvodina all’Ungheria. La Jugoslavia cessò in pratica di esistere, frazionandosi
in una serie di territori soggetti a diversi regimi di occupazione, che avrebbero
conosciuto, nel corso dei successivi quattro anni, vicende politiche e militari del
tutto autonome. Quella più drammatica ebbe luogo nello Stato indipendente
croato, dove gli ustascia cercarono di sbarazzarsi della consistente minoranza
13 MALCOLM N. 1997, Soria della Bosnia, Milano, Ed. Bompiani.14 PIRJEVEC J., 1993, Il giorno di S.Vito, Nuova Eri.: La sigla AVNOJ si riferisce all’assemblea antifascista riunitasi il 26 e 27 novembre 1942 a Bihać.15 Fonte: Wikipedia.
serba, applicando nei suoi confronti una politica di terrore fatta di espulsioni di
massa, massacri, conversioni forzate dall’ortodossia al cattolicesimo16».
«Contro le forze di occupazione e i loro collaboratori locali, si levarono in
armi nell’estate del 1941 due gruppi distinti, i cetnici di Draža Mihailović e i
partigiani di Tito, profondamente diversi per ideologia, finalità politiche e tattica
militare, nonché per diffusione sul territorio. I cetnici erano un fenomeno
prettamente serbo; il loro leader, un ufficiale dell’esercito jugoslavo, riconosceva
il governo e il giovane re Pietro Karadjordjević in esilio a Londra, e sosteneva
l’opportunità di non impegnarsi in scontri immediati con gli occupanti, in attesa
degli alleati occidentali17».
«Tito, invece, non solo era deciso a combattero contro tedeschi, italiani e i
loro fiancheggiatori per appoggiare l’Unione Sovietica nella sua lotta contro il
nazifascismo, senza badare ai costi umani che ciò avrebbe comportato, ma si
proponeva una rivoluzione di tipo bolscevico che portasse al potere il Partito
comunista, di cui era il segretario generale. Questa differenza d’impostazione rese
impossibile qualsiasi accordo tra cetnici e partigiani, sfociando ben presto in
un’aperta ostilità, dalle conseguenze particolarmente tragiche in Bosnia –
Erzegovina, sconvolta da una vera e propria lotta di tutti contro tutti. Alla violenza
degli ustascia contro la loro etnia, i cetnici risposero infatti con uguale violenza,
considerando nemici mortali oltre ai croati anche i musulmani, che trovandosi
nella morsa delle diverse forze ostili si schieravano ora con i partigiani, ora con i
croati e persino con i tedeschi, mai con i serbi. Come conseguenza di tale
oscillazione di fronti, i musulmani pagarono al Moloch della guerra il tributo di
sangue più alto fra tutti i popoli jugoslavi, lamentando alla fine del secondo
conflitto mondiale ben 180 000 vittime18».
In questo caos generale ne uscì vincitore Tito e il suo partito comunista
grazie alla sua vasta diffusione nel paese e grazie all’appoggio inglese. Churchill,
infatti, credeva nella capacità militari e politiche di Tito, anche se lo guardava con
diffidenza, credeva di poterlo controllare attraverso i suoi contatti con la borghesia
jugoslava. Ma queste previsioni si rivelarono errate e il partito comunista dimostrò
16 Ibidem, PIRJEVEC J., Le guerre jugoslave 1991 – 1999, Einaudi Tascabili. P. 17.17 Ibidem.18 Ibidem, pp. 17 – 18.
da subito la volontà di trattenere presso di sé il potere e la guida dello stato
imponendo un «rapido processo di trasformazione socialista della società
jugoslava” con “nazionalizzazioni dell’economia, sanguinose repressioni contro
ogni possibile oppositore, da una ricostruzione impetuosa quanto irrazionale, da
un’industrializzazione coatta».
In base agli accordi presi fin da prima della guerra all’interno del
Comintern, la nuova Jugoslavia fu creata su basi federali e Tito la ridisegnò in
alcuni casi guardando ai vecchi confini storici delle Repubbliche, in altri in base
alla partecipazione più o meno attiva nella resistenza delle diverse etnie. Non fu
un problema la Slovenia, la quale aveva già un territorio e un’etnia ben definiti.
Non fu così per la Croazia e tanto meno per Serbia e Bosnia. In Croazia si volle
premiare la minoranza serba, la quale aveva dato un apporto fondamentale nella
guerra di liberazione a differenza dei loro connazionali in Serbia, i quali, invece,
furono penalizzati subendo la perdita di alcune zone che si erano conquistati con
le guerre balcaniche o con la diplomazia, se non addirittura in alcuni casi si erano
annessi con il consenso degli interessati. La Serbia perse così la Vojvodina,
promossa a Regione autonoma così come il Kosovo; Macedonia e Montenegro,
subirono la stessa sorte e acquistarono il titolo di Repubbliche autonome. Tutto
questo fu per i serbi il segnale che Tito avrebbe voluto “una Serbia debole per una
Jugoslavia forte” poiché limitare Belgrado sarebbe stato l’unico modo per riuscire
a guidare e a tener unito un paese con così troppe contraddizioni e contrasti etnici.
«Nel contesto della ristrutturazione federale del paese, il caso più difficile
era quello della Bosnia – Erzegovina. In considerazione della sua complessità
etnica e della necessità di conservare un equilibrio tra le diverse nazionalità che ne
facevano parte, la costituzione del ’46 la proclamò una delle sei Repubbliche della
Federazione, richiamandola in vita entro le sue frontiere storiche. Questa
soluzione non piacque né ai serbi né ai croati, convinti ognuno per proprio conto
della legittimità delle proprie aspirazioni su parte o sull’intera regione. Anche dai
musulmani fu giudicata insoddisfacente, dato che non li riconosceva quale gruppo
etnico autonomo, ma soltanto quale comunità religiosa o al massimo culturale.
Essi furono colpiti inoltre dalla decisione del vertice del partito di non garantire
un’autonomia alla regione del Sangiaccato, provincia bosniaca fino al 1878,
abitata in prevalenza da musulmani, come promesso durante la guerra di
liberazione, ma di dividerla tra Serbia e Montenegro. Anche in Bosnia –
Erzegovina il rigido dominio del PCJ non permise a questi sentimenti di
frustrazione di venire espressi, creando così una malsana coesistenza tra etnie,
mascherata più o meno abilmente dall’ideologia ufficiale di fratellanza e unità19».
Tralasciando le tante considerazioni storico – politiche sul regime
comunista jugoslavo, basti ricordare che questi operò un radicale cambiamento
per la società del paese. In Jugoslavia, da sempre terra contadina, si formarono
vaste masse operaie che si inurbarono in breve e si assistette alla maturazione di
grandi centri industriali. Il centralismo del governo comunista e la necessità di
mantenere unito un paese di recente formazione e di così gravi problematiche
etniche, fu un punto molto spinoso per la gestione di Tito. Questi, con il controllo
dell’Armata popolare, riuscì tuttavia a mantenere il potere e seppe rinnovare
abilmente i vertici dello stato e degli apparati di sicurezza, nonché diede ascolto di
tanto in tanto alle richieste delle varie etnie di essere maggiormente riconosciute
come autonome. Tuttavia Tito provocò spesso il malcontento serbo e croato, i
quali aspiravano entrambi all’egemonia politica e culturale in Jugoslavia.
L’ondata di liberalizzazione che si sparse nel paese dopo la caduta di Ranković, fu
un’occasione propizia per le etnie maggiormente scontente di far valere le proprie
istanze. Infatti, dopo le richieste di emancipazione di macedoni e musulmani, i
croati si fecero avanti per ottenere maggior autonomia linguistica e culturale,
mentre i serbi, spaventati dalle richieste croate che ritenevano di stampo fascista,
dimostrarono ampiamente il loro malcontento. Nervosismo che aumentò ancora di
più dopo che ebbero visto come il regime aveva dato ascolto alle varie richieste di
emancipazione. Venne concesso ai macedoni la formazione di una Chiesa
autocefala indipendente da quella serba, mentre per i musulmani bosniaci venne
fatto ancora di più. «Dopo averli perseguitati a lungo – nel periodo successivo al
’45 ben 700 moschee erano state distrutte, decine di intellettuali osservanti uccisi
– decise di riconoscerli come una delle nazionalità costituenti della Bosnia –
Erzegovina». «Il problema di come chiamare i membri della nuova nazione –
bošnjaci o musulmani – fu risolto in maniera sbrigativa, scegliendo la seconda
19 Ibidem
possibilità, per non dare adito al sospetto che fossero più bosniaci degli stessi
bosniaci croati e serbi20».
«Questa politica suscitò tra i serbi, che dopo la guerra avevano avuto in
Bosnia – Erzegovina un peso politico dominante, notevole nervosismo, soprattutto
quando furono costretti a scoprire di non essere più l’etnia maggioritaria. Secondo
il censimento organizzato dalle autorità asburgiche nel 1910, la popolazione della
Bosnia – Erzegovina era costituita da 825 418 (43,49 per cento) serbo
ortodossi,612 137 (32,25 per cento) musulmani, 436 061 (22,87 per cento)
cattolici. Tale rapporto rimase sostanzialmente invariato fino allo scoppio della
seconda Guerra mondiale, per cambiare nel periodo successivo in seguito
all’esplosione demografica musulmana. Ciò non fu a lungo evidente, dato che i
musulmani non figuravano in quanto tali in nessun atto ufficiale. Nel primo
censimento, quello del 1951, organizzato dalla Jugoslavia socialista, avevano
avuto la possibilità di dichiararsi di nazionalità serba, croata o “non definita”; nel
successivo, quello del 1961, era stato loro concesso di aggiungere alle tre
menzionate anche la nazionalità “jugoslava”(il che convinse molti ad optare per
questa soluzione facendo crescere in modo notevole il numero degli appartenenti
a tale gruppo etnico fasullo). Col censimento del ’71 giunse l’ora della verità: si
scoprì finalmente che i musulmani erano il gruppo maggioritario in Bosnia –
Erzegovina e che, sommando loro anche gli “jugoslavi”, raggiungevano la
maggioranza assoluta21».
La morte del maresciallo Tito il 4 maggio 1980, e i problemi serbi in
Kosovo, furono degli avvenimenti che ebbero forti eco anche in Bosnia e
cominciarono a sconvolgere l’intera Jugoslavia, ormai preda di toni sempre più
aspri tra le varie etnie.
Fu in questo periodo che cominciarono ad emergere i protagonisti delle
guerre degli anni ’90, come Izetbegovič, Šešelj, Milošević e Tudjman, i quali
iniziarono la loro vera e propria ascesa politica con i toni politici e propagandistici
che risuoneranno prima e durante tutto il conflitto.
Negli anni ’80 la Bosnia risentì drammaticamente degli scontri avvenuti in
Kosovo e, nonostante le misure repressive imposte dal suo presidente, un uomo
20 Ibidem21 Ibidem
fidato di Tito, ciò non bastò “a placare l’opinione pubblica serba”. «Vojislav
Šešelj, in uno scritto non pubblicato propose la divisione della Repubblica tra
Serbia e Croazia, arrivando a definire i musulmani “una nazione inventata”22».
Nonostante le misure repressive avessero colpito anche lui i conseguenza delle
sue tesi, «nella realtà si era messo in moto un meccanismo impazzito in cui
l’aggressivo nazionalismo serbo alimentava le voglie indipendentiste di croati e
degli sloveni, che a loro volta davano nuovo alimento alle paure dei serbi di
vedere il proprio popolo smembrato in tre indipendenti entità statali: 6 200 000
nella madrepatria, 1 300 000 in Bosnia – Erzegovina e 600 000 in Croazia».
Lo stesso Izetbegovič, appena giunto al potere, non fece nulla per
tranquillizzare la situazione e il malcontento dei serbi di Bosnia. Anzi, «prese una
serie di misure miranti a diminuirne il peso (sproporzionato) nella vita pubblica e
nell’amministrazione, dando il via a un’ondata di licenziamenti e atti
discriminatori. Né si limitò a questo: nella nuova costituzione, approvata nel
dicembre del 1990, all’etnia serba – 600 000 persone circa pari al 12,2 per cento
della popolazione – veniva tolto lo status di nazione costituente della Repubblica,
relegandola a livello di una qualsiasi minoranza etnica23».
Intanto in Croazia e in Serbia si stavano affermando le personalità
rispettivamente di Tudjman e Milošević, i quali, nel corso degli anni ’80 e ’90,
avevano portato avanti con successo le loro politiche miranti all’indipendenza, e
all’allargamento dei propri confini. Il croato aveva fatto leva sul forte
nazionalismo del suo popolo rispolverando persino le vecchie insegne del regime
ustascia e aveva fatto iniziare un segreto traffico di armi per organizzare un
esercito indipendente dall’Armata popolare. Traffico che avrebbe coinvolto anche
le regioni della Bosnia – Erzegovina popolate da croati. Milošević non era stato da
meno. Aveva raggiunto i vertici del potere facendosi portavoce del malcontento
serbo a partire dal Kosovo per poi abbracciare la causa nazionalista dei suoi
connazionali in Croazia e in Bosnia – Erzegovina. Il 28 dicembre del 1990 egli
era riuscito, dopo aver recitato a lungo la parte del salvatore della patria, a
truccare le elezioni e a impossessarsi della presidenza della Serbia.
22 Da uno scritto non pubblicato, ripreso da Pirjevec ne “Le guerre jugoslave 1991-1999”23 Ibidem, p. 28
«Nello stesso periodo si tennero le elezioni anche in Bosnia – Erzegovina,
la cui popolazione, secondo il censimento organizzato un mese più tardi, era
composta da un 44 per cento di musulmani, 31 per cento di serbi e 17 per cento di
croati. Essi erano sparsi in maniera irregolare in tutto il territorio della
Repubblica, che era simile a un mosaico etnico, nell’ambito del quale sembrava
impossibile tracciare linee divisorie coerenti. I serbi erano insediati nel 94,5 per
cento del territorio, i musulmani nel 94 per cento e i croati nel 70 per cento24».
Nonostante ben pochi dichiarassero esplicitamente di desiderare una
Bosnia divisa, alle elezioni vinsero i partiti nazionalisti ottenendo in tre il 70 per
cento dei voti totali, e che rispecchiavano fedelmente la composizione etnica della
Repubblica.
Le tensioni in tutta la Jugoslavia erano ormai al culmine e le parti in causa
non fecero quasi nulla per sedare i toni e per trovare una soluzione che potesse
soddisfare la sete di nazionalismo che ormai oscurava i popoli jugoslavi.
Nemmeno la proposta di «salvare il salvabile trasformando la Federazione in una
Confederazione di stati indipendenti» da parte dei presidenti di Croazia, Slovenia,
Bosnia – Erzegovina e Montenegro, ebbero successo. Infatti ben altre erano le
aspirazioni della Serbia e in seguito della Croazia. E’ assolutamente emblematico
questo passo del discorso che tenne Milošević il 10 gennaio 1991: «Se la
Jugoslavia dovesse diventare una Confederazione di Stati indipendenti, la Serbia
chiederà dei territori dalle Repubbliche confinanti affinché tutti gli otto milioni e
mezzo di serbi possano vivere nello stesso stato».
1.3 Origine e scoppio del conflitto.
1.3.1 Dalla guerra in Slovenia a quella in Croazia, accenni storici, militari.24 Cfr. Pirjevec, “Le guerre jugoslave” p. 33
Il 25 giugno 1991, i Parlamenti di Slovenia e Croazia dichiararono la
propria indipendenza, ma i due atti avevano una valenza differente: i croati fecero
una dichiarazione di principio, mentre gli sloveni autorizzarono l’esecutivo a
passare ai fatti. Il piano sloveno era di proclamare l’indipendenza effettiva la sera
del 26 giugno, dopo essersi assicurati il controllo delle frontiere nella giornata del
25.
Nonostante una fuga di notizie che venne raccolta dal console italiano e
subito comunicata a Belgrado, gli sloveni riuscirono a chiudere le frontiere senza
spargimenti di sangue e a cambiare i vessilli federali con quelli
nazionali.Compirono quegli atti, quindi, che avrebbero potuto spianare la strada
ad una vera e propria secessione, conseguenza logica di una serie di operazioni
che la Slovenia aveva iniziato già da qualche anno. Ma la Slovenia, alla pari della
Croazia, era anche disposta a creare una comunità di stati indipendenti e sovrani a
patto che fossero rispettati i principi di democrazia, libero mercato e proprietà
privata; consapevoli che la legge internazionale non accettava di buon grado gli
atti di secessione, essi ponevano l’accento non tanto sul concetto stesso di
secessione, quanto sull’autodeterminazione, poiché questa era una possibilità già
prevista dalla costituzione jugoslava del 1974.
Il Parlamento federale, come contromossa, si riunì immediatamente con i
soli delegati serbi, in quanto quelli sloveni e croati se ne erano già astenuti, e
dichiarò illegittima l’indipendenza slovena, consapevole del fatto che la
separazione di una sola delle Repubbliche avrebbe spianato la strada anche alle
altre, rovinando per sempre il sogno della Grande Serbia. Inoltre, in quella seduta,
decisero le contromisure necessarie per ripristinare lo status quo.
Proprio come conseguenza alle parole del ministro della difesa Veljko
Kadijević, il quale aveva annunciato la guerra civile e un bagno di sangue se le
frontiere federali si fossero trasformate in frontiere di Stato, il governo decise di
riprendere il controllo dei confini.
Venne così attuato il piano “Baluardo”, già ideato a partire dalla metà del
1990 per ripristinare l’”ordine” del vecchio regime socialista jugoslavo e vennero
inviate la truppe federali di stanza in Croazia e mobilitarono le caserme slovene.
Lo scontro tra sloveni, dotati solo di armi leggere, e l’esercito federale
sembrava destinato ad esaurirsi in breve tempo. I federali avrebbero dovuto
impedire il consolidamento delle frontiere slovene e croate, bloccare la marina
slovena a Capodistria e interrompere le comunicazioni aeroportuali. Ma per
l’esercito federale emersero da subito dei gravi problemi organizzativi e non solo:
per esempio, l’azzardata mossa di occupare per prime le frontiere con l’Italia
mandarono a monte l’effetto sorpresa. Inoltre, gran parte dei ranghi militari di
origine slovena che facevano parte dell’esercito federale, dimostrarono di non
voler tradire la propria patria e rifiutarono di collaborare con l’esercito jugoslavo.
Tra il 27 e il 28 giugno la Difesa Territoriale slovena25 oppose una valida
resistenza alle Truppe federali dimostrando quanto ormai fossero obsolete. La
Difesa territoriale riuscì a occupare la frontiera di Gorizia, a opporsi alle truppe
che provenivano dalla Croazia, fece abbattere un paio di elicotteri nemici e si
impossessò di alcuni depositi militari dell’Armata popolare. Questa, dal canto suo,
oltre ad essere militarmente impreparata alla guerra moderna, subì numerosissime
diserzioni sia tra la truppa che tra gli alti vertici vicini alla causa slovena.
L’eco degli scontri in Slovenia non tardò a raggiungere anche il resto
dell’Europa e il problema venne ben presto affrontato dalle diplomazie
internazionali. Queste intervennero abbastanza blandamente e dimostrarono
quanto l’ottica occidentale fosse ancora limitata per realizzare un’analisi corretta
del problema. Ciò fu aggravato dal riaffermarsi delle vecchie alleanze tra gli stati
europei e dalla loro visione ancora troppo ancorata alla guerra fredda. Inoltre,
secondo l’opinione degli analisti, il defilarsi degli Stati Uniti accollò alle
diplomazie europee un compito diplomatico troppo gravoso per la loro
inesperienza. L’unico beneficio che ne trasse la causa slovena, fu che Belgrado
non la riteneva così importante da dover rischiare uno scontro diplomatico e delle
pressioni dal resto dell’Europa. Infatti, l’internazionalizzazione del problema
jugoslavo e gli evidenti problemi del suo esercito, portarono i vertici serbi a
ripensare da subito alle finalità e all’importanza del loro intervento. Ritenendo la
Slovenia un problema minore e volendo ridisegnare la Jugoslavia secondo criteri
militarmente ed etnicamente più difendibili, Borisav Jović (rappresentante serbo
25 Organizzata e armata negli ultimi anni anche grazie a J. Janša e addestrata dagli stessi comandi militari federali.
alla Presidenza) si oppose a Kadijević e lo costrinse a operare il ritiro dell’esercito
dal territorio sloveno26.
«Il 3 luglio 1991, le unità blindate dell’Armata popolare cominciarono a
ritirarsi dalla Slovenia verso Varaždin e Fiume, mentre una brigata motorizzata,
che all’alba dello stesso giorno era partita da Belgrado verso occidente, non si
diresse, come si paventò in un primo momento, verso la Slovenia, ma si fermò in
Croazia orientale, per assolvere ad altri e, dal punto di vista serbo, ben più
importanti compiti». Ciò significava che le mire di Belgrado si erano ormai dirette
verso la Repubblica confinante. Infatti, come sottolinea Pirjevec: « Il giorno
successivo, giovedì 4 luglio, gli sloveni riuscirono a riprendere il controllo di tutti
i passi frontalieri, rafforzando nello stesso tempo le proprie posizioni nell’area
sudorientale, consci che la tempesta si stava spostando ormai verso la Croazia27».
La diplomazia europea, intanto, continuava il suo inesorabile operato: il 5
luglio, i ministri degli Esteri dei Dodici si riunirono all’Aja in una seduta
straordinaria durante la quale, a causa delle già menzionate divergenze tra i
politici e per i loro diversi punti di vista sul caso jugoslavo, venne votato
l’embargo sulle importazioni di armi per tutta la Jugoslavia. Ciò ebbe come
conseguenza l’indebolimento di Croazia, Slovenia e Bosnia – Erzegovina rispetto
all’Armata popolare controllata dai Serbi, poiché l’esercito jugoslavo deteneva
tutto l’arsenale militare federale. Era l’inizio della fine per la Croazia, ma
soprattutto per la Bosnia, quasi a coronare l’inefficiente opera diplomatica della
Comunità europea.
Le trattative tra i Dodici e la Presidenza jugoslava portarono a un risultato
ambiguo ma importante per la Slovenia. Essa si impegnava a non continuare la
messa in atto dell’indipendenza per un periodo di alcuni mesi, in cambio la
Presidenza avrebbe fatto ritirare le proprie truppe e la Slovenia avrebbe avuto la
possibilità di instaurare un regime democratico basato su regole europee. Ciò
avrebbe permesso all’Armata popolare di salvare la faccia senza far rinunciare
alla Slovenia la propria indipendenza. In questo senso fu emblematica una frase di
Kadijević: « Ma perché farlo? Perché in Slovenia dovrebbero morire soldati e
26 Avvenne il 30 giugno, in una seduta del Consiglio federale per la difesa della Costituzione.27 Ibidem
ufficiali, se dagli sloveni sono ritenuti stranieri e occupatori?28». E questa sarà la
chiave di lettura del successivo conflitto in Croazia: questa Repubblica non
beneficerà dello stesso trattamento della Slovenia perché in Croazia vi erano
migliaia di Serbi. E Belgrado li avrebbe usati per accendere il conflitto e come
scusa per iniziare la seconda guerra.
1.3.2 La guerra in Croazia.
Dopo la Slovenia, l’interesse di Belgrado si spostò verso la Croazia. Militarmente
l’Armata popolare godeva dei rinforzi giunti dopo il ritiro dalla Slovenia, inoltre,
nel corso degli ultimi anni, la Serbia aveva portato avanti una politica mediatica
che aveva avuto l’obiettivo di fomentare la popolazione serba di Croazia contro i
croati stessi. Infatti i serbi erano stati bersaglio quotidiano della propaganda
belgradese che li aveva convinti di essere in grave pericolo. Questo, secondo i
serbi, sarebbe avvenuto poiché il governo Tudjman, filo ustaša, avrebbe presto
compiuto una feroce pulizia etnica entro il proprio territorio. A detta di Belgrado,
quindi, l’intervento dell’Armata popolare a difesa della propria gente sarebbe
stato inevitabile e assolutamente legittimo. Come descrive Pirjevec29: « Il piano
che il generale Kadijević e i suoi collaboratori avevano in mente di attuare per
tracciare la nuova frontiera occidentale della “Jugoslavia monca”, come si diceva,
era articolato in due fasi. La prima prevedeva una serie di sommosse popolari e di
incidenti più o meno pilotati, al fine di provocare la reazione degli ustascia e
offrire all’Armata popolare la scusa per intervenire a difesa dell’”inerme popolo
serbo”. La seconda, l’isolamento della Croazia dall’aria e dal mare, l’occupazione
delle aree “serbe”, il mantenimento di forti guarnigioni sparse nella Repubblica, al
fine di paralizzarla e frazionarla in quattro settori. Contemporaneamente le unità
blindate più forti avrebbero dovuto occupare la Slavonia orientale che confinava
con la Serbia, per muoversi in seguito verso occidente, unirsi alle truppe presenti
nella Slavonia occidentale e dirigersi su Zagabria e Varaždin. Altre unità
avrebbero dovuto nello stesso tempo bloccare Dubrovnik da terra, irrompere in
Erzegovina nella valle della Neretva e congiungersi con quelle in marcia su
28 “Delo”, 8.7.199129 Cfr. Op. Cit. PIRJEVEC, “Le guerre jugoslave, 1991 – 1999”
Spalato. Raggiunti questi obiettivi, l’Armata popolare avrebbe stabilito la nuova
frontiera della Krajina serba in Croazia, ritirandovi le truppe rimaste nei diversi
presidi e guarnigioni. In tal modo il 62 per cento della Repubblica sarebbe finito
in mano ai serbi, incuranti del fatto che più dell’80 per cento della popolazione
locale fosse composto da croati, ungheresi e altri gruppi estranei alla loro etnia».
La particolarità della guerra in Croazia, a differenza di quella in Slovenia,
fu che gli scontri e le rivendicazioni di indipendenza iniziarono dai serbi stessi,
proprio nei territori nei quali essi risultavano in maggioranza. Il loro timore,
fomentato ad arte dai media serbi, di ritrovarsi schiacciati da un governo ostile, fu
sufficiente ad accendere in breve una serie di focolai che sarebbero divampati in
tutto il paese. E soprattutto avrebbero dato il “la” all’Armata popolare per
compiere una serie di attacchi anche a quelle zone in cui i serbi erano
numericamente in equilibrio o in minoranza con le altre etnie.
E’ in Croazia che iniziò la vera “guerra della gente”, quella che avrebbe
ben presto coinvolto non più solo gli eserciti o le forze di polizia, ma tutto la
popolazione civile della ex – Jugoslavia. Furono dei civili serbi, aiutati dalle locali
forze politiche e di polizia, a compiere la rivolta di Knin, a isolarla e a proclamare
un referendum che annettesse la Krajina alla Serbia. Episodi simili, in tutta la
Croazia, resero la situazione ben presto incontrollabile e drammatica. Marco
Ventura scrive: «A fine giugno, Zagabria si ritrova con il territorio amputato dal
“popolo delle barricate”, spezzato nella vie di comunicazione principali dai posti
di blocco delle “province autonome serbe” costituiti spesso solo da un paio di
tronchi, un bidone di benzina, una bandiera jugoslava accanto alla croce cetnica
con le quattro esse cirilliche (“C”) che stanno per Samo sloga Srbina spasava
(solo l’unità salverà i serbi). (…) Dalla Lika alla Krajina, dalla Banija al Kordun
fino alla Slavonia, lo schema è ovunque lo stesso. Laddove i serbi sono la
maggioranza, o una consistente minoranza, soprattutto nell’entroterra dalmata,
nella Baijna a sud di Zagabria e in settori della Slavonia orientale e occidentale,
l’espulsione dai ranghi dei poliziotti e funzionari croati avviene in una notte. Mine
e bombe fanno saltare negozi e case croati».
Inoltre, il ruolo dell’Armata popolare, fu da subito ambiguo. Se in
apparenza avrebbe dovuto controllare e sedare gli scontri tra minoranze serbe e
polizia croata, già dalle prime azioni fu chiaro che in realtà avrebbe appoggiato
per tutto il conflitto solo i serbi. Per fare ciò, come sottolinea Pirjevec, l’Armata
popolare ebbe bisogno di appoggiarsi non solo alla popolazione serba locale, ma
anche ad alcuni gruppi paramilitari, i quali si sarebbero resi tristemente famosi nel
corso della guerra: «(…) i militi della Difesa territoriale legata al Partito socialista
di Milošević, le Tigri, benedette dalla Chiesa ortodossa serba, la Guardia
nazionale di Vuk Drašković, il Corpo d’armata di Avala, costituito dal Partito
radicale di Vojislav Šešelj, nonché altre formazioni cetniche: le Aquile bianche,
quelle azzurre, le unità di Dušan il Forte ecc»30.
Per tutto il luglio e l’agosto del 1991, la Croazia fu teatro di numerosi
scontri e aggressioni da parte delle formazioni paramilitari, aiutate di tanto in
tanto dall’Armata popolare. Nonostante le forze croate fossero più numerose,
l’ago della bilancia pendeva spesso a favore degli insorti. Ciò si può spiegare
anche con la politica difensivista di Tudjman, il quale sperava di presentare la
Croazia come vittima di un’aggressione e quindi di ricevere il sostegno da parte
delle potenze occidentali. L’escalation militare avvenne il 24 agosto, quando
l’Armata popolare rispose all’abbattimento di due aerei con un massiccio attacco
alla città di Vukovar, la quale dovette sopravvivere a tre mesi di assedio.
Nonostante la conferenza dell’Aja avesse espresso la volontà da parte della
potenze europee a trattare con i serbi per risolvere la situazione croata, accaddero
alcuni avvenimenti che mostrarono al mondo quali fossero i reali piani di
Belgrado. Pirjevec riporta così quei fatti: «L’incidente più gravido di sinistri
presagi ebbe luogo sulla frontiera croato – erzegovese, dove il 12 settembre la
cittadina di Trebinje cadde in mano ai serbi, che estendevano così per la prima
volta le azioni belliche al territorio della vicina Repubblica. I diciotto comuni
della regione costituirono il 16 settembre, sul modello di quanto già fatto in
Croazia, una “Regione autonoma della Krajina bosniaca” che si proclamò “parte
indivisibile della Jugoslavia federale”. Durante il successivo autunno altre tre
“Regioni autonome” controllate dai nazionalisti serbi sorsero in Bosnia centrale e
settentrionale, senza che le autorità di Sarajevo fossero in grado di reagire. Le loro
unità di polizia ebbero nei mesi successivi frequenti occasioni di scoprire camion
30 MARZO MAGNO A. (a cura di), 2005, “La guerra dei dieci anni, Jugoslavia 1991 – 2001”, Milano: Net, pp.76,77.
pieni di armi, che venivano trasportate nei villaggi serbi, ma si rivelarono
impotenti a intervenire per bloccare tale traffico organizzato dall’Armata
popolare».
A settembre i serbi misero in atto un ulteriore tassello per compiere il
piano RAM (cornice) e isolare la Croazia per realizzare la “Grande Serbia”.
Infatti, tra il 4 e il 12 settembre occuparono alcune zone cruciali: «a nord, presso
Okučani e Nova Gradiška, l’autostrada Zagabria – Belgrado; a sud, presso Zara, il
ponte di Maslenica»31. Ciò aveva significato un taglio netto a tutte le vie di
comunicazione croate e all’isolamento di Zagabria. A questo punto la Croazia era
chiamata a una politica più decisionista e a prendere dei provvedimenti più
efficaci che avrebbero previsto la requisizione di armi dalle caserme federali e allo
scontro armato. A causa dell’iniziale tentennamento di Tudjman, ciò fu messo in
atto dalla Guardia nazionale in maniera autonoma, quindi fu seguita
dall’autorizzazione del Governo. Accanto alla Guardia nazionale, la quale si stava
ormai organizzando in un vero e proprio esercito, si affiancarono, come era
avvenuto per i serbi, anche delle formazioni paramilitari. Queste, esattamente
come quelle serbe, si macchiarono ben presto di numerose atrocità. Un vero e
proprio Stato maggiore croato venne creato da Tudjman il 21 settembre, in
conseguenza del bombardamento di Selenico da parte dei serbi i quali non
avevano accettato l’invito a cessare il fuoco da parte della diplomazia europea.
Contro il blocco delle caserme federali messo in atto dai croati, l’Armata
popolare riprese l’offensiva nella Slavonia occidentale, contro Dubrovnik32, Zara,
Selenico, Spalato e altre città dalmate. Vukovar era circondata da seicento
carroarmati e migliaia di soldati nemici, mentre centinaia di villaggi, porti e
monumenti in tutta la Croazia furono distrutti. Il 7 ottobre l’Armata popolare era
ormai a 35 chilometri da Zagabria, e persino il palazzo presidenziale fu colpito dai
caccia serbi. Tudjman e Mesič si salvarono fortunosamente, ma questo segnò
l’inizio di una massiccia offensiva contro la capitale croata. Questa fu salvata
dall’intervento della Comunità europea, la quale ordinò il cessate il fuoco alle
truppe serbe. Ma fu anche l’ennesimo segnale dell’incapacità di riconoscere quale
fosse il vero piano di Belgrado. Infatti: «L’incapacità di comprendere il piano dei
31 Ibidem32 Fu colpita dalle bombe al fosforo.
serbi fu fatale a Vukovar: le forze croate stavano infatti per liberarla dall’assedio
quando, il 13 ottobre, giunse il perentorio ordine di Tudjman di fermare l’azione.
A suo dire, ciò era chiesto da Van den Broek33 in nome della Comunità
europea(…). Così fu fatto, permettendo all’Armata poplare di sfruttare
l’interruzione dei combattimenti per chiudere un’altra volta il cerchio intorno alla
città. Intanto, truppe allontanate dalle caserme in Croazia furono dirottate verso la
Bosnia, la Krajina e la Slavonia, dove furono rafforzate con unità fatte affluire
dalla Macedonia e riservisti serbo – montenegrini. Era ormai palese che,
nonostante le gravi perdite umane e materiali, l’offensiva sarebbe continuata
implacabile per conquistare più terra possibile e costringere alla fuga altre
migliaia di persone e fede sbagliate34».
La caduta di Vukovar, il 18 novembre, era costata la morte di circa 4000
civili e violente ripercussioni sui difensori croati e serbi della città e sulla
popolazione civile che erano stati catturati, tra i quali ci furono centinaia di morti,
di scomparse e internamenti in campi militari in Serbia. Tatticamente, una volta
conquistata la città, era stato un grosso successo per i serbi i quali si erano
assicurati il controllo sulla parte del Danubio al confine con la madrepatria, e la
possibilità di sferrare un nuovo attacco a Osijek e Vinkovci.
Ma la strenua resistenza croata e i problemi interni alla Serbia permisero al
governo croato di sferrare la controffensiva denominata Orkan ’91, «riuscendo
così a conquistare il 60 per cento circa della Slavonia occidentale».
La diplomazia occidentale, intanto, si stava affannando a trovare una
soluzione al conflitto. Un buono spiraglio si aprì con la Risoluzione 721 e Cyrus
Vance riuscì ad ottenere dei discreti successi. Nonostante «il 6 dicembre i serbi
avessero ripreso ad attaccare Dubrovnik dalle alture circostanti a colpi di missili e
mortai, uccidendovi ben 28 persone e danneggiando palazzi antichi e alberghi, l’8
dicembre (Vance) fu in grado di annunciare che fra Zagabria e Belgrado era stato
raggiunto un accordo di massima sul cessate il fuoco, il cui controllo sarebbe stato
garantito dalle truppe dell’ONU ».
33 Ministro degli esteri olandesi prima e poi Commissario per le relazioni internazionali dell’Unione europea.34 Ibidem
Al contrario di quanto si auspicava l’Europa, per tutto il mese di dicembre
ci furono dei violenti scontri in tutta la Croazia causati da entrambi le parti in
lotta, al fine di «raggiungere, prima del riconoscimento internazionale della
Croazia, le posizioni più favorevoli possibili» e quindi di conquistare più terreno
possibile da poter rivendicare successivamente. I serbi cercarono di prendere
Osijek e Karlovac per interrompere la comunicazioni tra Zagabria e la Dalmazia,
ma non riuscirono pienamente nel loro intento a causa della posizione numerica
ormai inferiore dell’Armata popolare rispetto all’esercito croato.
Il 2 gennaio 1992, con la Risoluzione 724, Cyrus Vance35 ottenne il cessate
il fuoco incondizionato e completo da parte del ministro della difesa croato Gojko
Šušak e da parte del generale Andrija Rašeta36. Il piano di Vance prevedeva lo
scioglimento di tutte le unità militari e paramilitari, l’embargo sulle armi e alcuni
protettorati dell’ONU laddove i serbi erano una minoranza significativa.
L’accordo era sembrato un ottimo passo in avanti per la fine delle ostilità in
Croazia e inoltre il riconoscimento, da parte di Belgrado, della propria sconfitta
militare. Ma la realtà sarebbe stata diversa, gli scontri, ben presto, sarebbero giunti
anche nella vicina Bosnia e avrebbero coinvolto nuovamente anche i croati.
Intanto la Croazia (la quale avrebbe presto ottenuto anche il riconoscimento
formale) contava i danni subiti dalla guerra e «il cui bilancio era anche più tragico
della seconda Guerra mondiale: circa 20 000 morti (per lo più civili), 55 000 feriti,
3000 dispersi e 600 000 fuggiaschi, danni materiali diretti e indiretti per 23 – 30
miliardi di dollari»37.
1.3.3 Origini del conflitto bosniaco.
35 Emissario dell’ONU.36 Rappresentante dell’Armata popolare.37 Ibidem, p. 109
Ben prima degli attacchi in Slovenia e in Croazia, i serbi avevano dato il
via a una serie di eventi che avrebbero poi portato la guerra anche in Bosnia.
Secondo l’opinione generale di numerosi autori, la Bosnia si presentava,
prima dello scoppio del conflitto, come un paese in cui le diverse etnie vivevano
molto armoniosamente. Visitando la Bosnia prima degli anni ’90, nulla avrebbe
fatto presagire le atrocità che poi furono commesse durante la guerra. E’ idea
comune38 che gli scontri interetnici non siano stati la naturale conseguenza di odi
covati dalla popolazione per centinaia di anni (come era sembrato all’opinione
pubblica non jugoslava per molto tempo), ma che siano stati esasperati
“artificiosamente” dai mass media serbi. Questi, infatti, avrebbero fomentato, così
come era avvenuto in Croazia, ataviche e insensate paure nei propri correligionari
intimandoli a difendersi da una minaccia esterna inesistente. In Croazia i serbi
avevano vissuto nel timore di un ritorno fascista di stampo ustascia, in Bosnia
erano stati atterriti dalla stampa e dalle Tv locali e nazionali, i quali raccontavano
il paese come se fosse stato già in mano agli integralisti islamici. Questi, secondo i
racconti che circolavano in quel periodo anche tra la popolazione, avrebbero avuto
già pronte prima della guerra le liste dei serbi da uccidere. Storicamente tutte le
rivolte che erano avvenute nel corso dei secoli passati erano state causate da
problemi economici e sociali tra i contadini e i signori feudali. Successivamente, i
rari scontri interetnici, si erano sempre appoggiati all’esterno. Erano cioè il
prodotto dell’influenza che esercitavano Croazia, Serbia e Impero Ottomano per il
controllo della regione, fomentando rivolte tra le etnie che facevano riferimento ai
rispettivi regni. Non c’è quasi traccia, nel corso della storia bosniaca, di eventi che
possano giustificare la ferocia con cui venne portato avanti il conflitto degli anni
novanta.
Ma in un clima così esasperato e irrazionale, come quello creatosi negli
anni immediatamente precedenti l’inizio degli scontri, il gioco di Belgrado aveva
trovato terreno fertile. Seminando odio e terrore tra i serbi di Bosnia, per l’Armata
popolare fu facile raccogliere l’alleato più prezioso: gli abitanti stessi dei territori
che avrebbero voluto conquistare. L’esercito federale in realtà avrebbe dovuto
ricoprire il ruolo di arbitro e paciere tra gli insorti serbi e le formazioni regolari
38 Malcolm, Pirjevec
bosniache, ma nella pratica si servì di questo pretesto per intervenire attivamente.
Per Milošević fu l’occasione per annettere alla Serbia una vasta fetta di Bosnia:
che fosse abitata da serbi o meno, era di poca importanza.
La stessa accusa di integralismo fatta ai musulmani da parte dei serbi fu
l’ennesima esagerazione propagandistica. Sia Malcolm che Pirjevec sostengono
che non v’era traccia di prove reali che confermassero la volontà dei musulmani
bosniaci di iniziare la jihad nel paese. Nemmeno a livello politico, sempre
secondo i due storici, venivano usati toni ,nella pratica e nei discorsi, che
potessero ventilare una minaccia fondamentalista. Lo stesso Izetbegović, il quale
si presentava alle elezioni del 1990 come l’unico non titoista tra i politici eletti del
paese, dichiarava che una società musulmana sarebbe stata improponibile a meno
che i musulmani non fossero stati la maggioranza. «Senza questa maggioranza,
l’ordine islamico si riduce a un mero potere (poiché manca il secondo elemento, la
società islamica) e può trasformarsi in tirannide». Quindi anche Izetbegović
ammetteva l’impossibilità di creare uno stato musulmano in Bosnia. E le elezioni
del dicembre del 1990 gli diedero ragione. Numericamente i musulmani erano la
maggioranza, ma egli creò un governo di unità nazionale, comprendendovi tutti e
tre i principali partiti. Questi erano stati eletti su base etnica e rispecchiavano
numericamente la popolazione del paese: «il partito di Izetbegović guadagnò 86
seggi sui 240 dell’assemblea e altri musulmani, compreso l’MBO di
Zulfikarpašić, ne guadagnarono 13. Il partito serbo, l’SDS, guidato dallo
psichiatra di Sarajevo (di origine montenegrina) Radovan Karadžić conquistò 72
voti, (…) il croato HDZ conquistò 44 seggi. Nel complesso vi furono 99
musulmani, 85 serbi, 49 croati e 7 “jugoslavi”. Queste percentuali (41%
musulmani, 35% serbi e 20% croati) corrispondevano all’incirca a quelle della
popolazione nel suo complesso (44%, 31% e 17%, rispettivamente)»39.
Mentre erano in corso gli scontri nella vicina Repubblica di Croazia, il
governo bosniaco aveva mantenuto un atteggiamento di neutralità, mediando tra
Belgrado e Zagabria e nella speranza che la tempesta non colpisse anche il proprio
territorio. Al contrario di quello che si augurava Izetbegović, il piano serbo di
colpire la Bosnia – Erzegovina aveva avuto pienamente inizio da parte dei
39 Ibidem
separatisti serbo – bosniaci già a partire dai primi mesi del 1991. Questi avevano
istituito numerose “Regioni autonome” « sotto il proprio esclusivo controllo,
organizzate in base a criteri etnici e insieme strategici». Inoltre, in quel periodo e
fino allo scoppio del conflitto, giunsero dalla Croazia e dalla Serbia le prime
truppe paramilitari che infoltirono le fila delle milizie locali e dei riservisti
montenegrini e serbi già presenti.
L’esito degli scontri in Croazia e la controffensiva che Milošević stava
operando contro Vukovar, spinsero Izetbegović a richiedere l’indipendenza della
Bosnia per cercare di sottrarsi alle mire di Belgrado. Ciò fu accolto di buon grado
dalla diplomazia europea, ma la situazione interna del paese, descritta sopra, era
una polveriera pronta ad esplodere alla prima occasione. Infatti la componente
serba della popolazione e del parlamento bosniaco, ormai preda della martellante
propaganda nazionalista, dimostrò tutta la propria contrarietà all’indipendenza
della Bosnia dalla Jugoslavia, accendendo i toni dello scontro politico e
continuando a proclamare nuove “Regioni autonome” 40.
I serbi non erano, però, gli unici a portare avanti politiche simili. Anche i
croati, a testa dei quali c’era Mate Boban, presidente dell’Unione democratica
croata, si armavano e aspiravano (segretamente) alla costituzione di una Croazia «
nelle sue frontiere etniche e storiche». « Pubblicamente ci si accontentò di
proclamare il 18 novembre un’ ”Unione croata Herceg – Bosna”, estesa a 38
comuni, che avrebbe costituito una realtà regionale politica, culturale ed
economica, disposta a riconoscere le autorità democraticamente elette della
Bosnia – Erzegovina, “ma solo fino a quando la Repubblica avrebbe mantenuto la
sua indipendenza dalla Jugoslavia passata e futura». Nonostante lo scontro bellico
e politico che avevano messo in conflitto Tudjman e Milošević, questi erano
accomunati dallo stesso tipo di nazionalismo ed entrambi aspiravano ad una sola
cosa: « come disse Dimitrij Rupel, il ministro degli Esteri sloveno, (…) essi erano
paragonabili a gemelli siamesi con due teste, ma un cuore solo, cioè la Bosnia –
40 Pirjevec: «Il frazionamento della Repubblica ebbe, all’inizio di novembre, un’ulteriore
accelerazione con la costituzione di due nuove “Regioni autonome” che raggiunsero così il
numero di cinque. Esse inglobavano 50 su 109 comuni bosniaco – erzegovesi, sebbene solo 20
fossero a maggioranza serba».
Erzegovina »41. Quindi, in questa fase di preparazione alla spartizione della
Bosnia, non operarono solamente gli indipendentisti serbi, ma anche quelli croati ,
pienamente appoggiati dal Governo di Zagabria.
1.4.1 La guerra a Bihać, 1992 – 1995.
I fatti sopra descritti sono il contesto all’interno del quale si inseriscono le
vicende belliche della zona di Bihać, pur rappresentando un elemento di assoluta
originalità nel quadro della guerra in BiH. Infatti Bihać è l’unico esempio in cui
non ci furono scontri tra le diverse etnie nel corso dell’intera guerra, bensì venne
messa in atto un’aspra contesa tra le leadership bosniache. La popolazione fu
costretta a prendere parte e a combattere in una lotta civile tra musulmani. In
questa sede si tenterà di delineare brevemente i principali aspetti della
particolarità della guerra nella “sacca di Bihać”42, fornendo alcuni dati cronologici
e bellici importanti e soprattutto descrivendo il coinvolgimento di Fikret Abdić43 e
della rovina dell’Agrokomerc44. Infatti questi due elementi sono i meno conosciuti
della guerra del 1992 – 1995 e sono essenziali per comprendere Bihać.
La posizione militare della “sacca di Bihać” era particolarmente
importante: i suoi confini internazionali erano rappresentati dalla Croazia, mentre
il fiume Una divideva la regione in una parte est e in una parte sud. Ciò avrebbe
permesso a chi si fosse assicurato il dominio della sacca, il controllo delle strade e
delle ferrovie che collegavano Banja Luka a nord-est e Knin a sud. Inoltre,
eliminando queste vie di comunicazione, la città sarebbe stata divisa in due,
impedendole qualsiasi comunicazione.
Il governo locale, nell’area della “sacca”, era diretto attorno alle quattro
principali città (Velika Kladuša, Cazin, Bosanska Krupa e la stessa Bihać) e l’area
amministrativa era chiamata Opstina. Prima della guerra vi erano 250.000
abitanti45, con un numero significativo sia di serbi che di croati oltre, ovviamente,
la maggioranza musulmana. Quando nel 1992 iniziò la guerra l’intera popolazione 41 Pirjevec42 “Bihać poket”43 Affarista e uomo politico locale molto importante. 44 Impresa agro alimentare.45 Brendan O’Shea, “Crisis at Bihać, Bosnia’s Bloody Battlefield”, Sutton Publishing Limited, 1998 Bridgend
appariva ben integrata, anche nei confronti dei serbi che abitavano nelle aree
esterne della zona di Bihać. Ciò, almeno fino al 21 aprile 1992, quando essi
sferrarono un massiccio attacco dal fiume Una seguendo gli eventi che stavano
travolgendo l’intera BiH.
Il leader serbi cercarono di dividere il Comune di Bihać in tre parti,
ciascuna delle quali, nelle loro intenzioni, sarebbe diventata parte di una entità. I
membri della SDA e HDZ si opposero fermamente a un simile progetto e per due
mesi i croati e i musulmani, facendo blocco contro l’aggressione, cercarono di
mantenere un certo status quo. La guarnigione della ex JNA mettendosi a servizio
del nazionalismo serbo venne coinvolta anch’essa nei preparativi dell’assedio di
Bihać46: smobilitarono i soldati di nazionalità musulmana e croata, sciolsero la
difesa territoriale e organizzarono i piani per l’operazione. Tutti gli armamenti
della difesa territoriale furono consegnati all’esercito federale e portati a Bosanski
Petrovac. Dopo tutti i preparativi, il giorno 12 giugno 1992, l’esercito attaccò
Bihać. La reazione della città non tardò molto a giungere, ma per potersi opporre
all’aggressione era necessario creare un centro di comando unico. Secondo la
Costituzione e il Piano di Difesa da un potenziale attacco nemico, fu necessario
organizzare un distretto militare e un parlamento del distretto di Bihać con tutti i
segretariati per la guerra.
A giugno vennero formate le brigate, che riuscirono a rispondere alla forza
dell’aggressore. Il nucleo della resistenza militare era composto in due unità, una
bosniaca e una fanteria croata, mentre nel luglio dello stesso anno venne formata
la prima brigata di fanteria di Bihać che prenderà il nome di “501”47. Il 29 luglio
1992 viene costituito il comando operativo Una – Sana e il 4 agosto venne
formato il gruppo di aviazione di Bihać. Vennero perfezionati anche il quadro
ufficiali attraverso dei corsi di perfezionamento. La costituzione del V corpo
d’armata, il 21 ottobre 1992, venne indetta dal comando presidenziale48.
Fu in questo momento che Fikret Abdić iniziò la sua nuova ascesa politica,
contrattando con le parti in lotta per ottenere mano libera sulla “sacca di Bihać”.
Viaggiando tra Zagabria, Sarajevo e le zone occupate dai serbi, egli riuscì a
46 Il quale durò ben 1201 giorni.47 In seguito ne venne costituita una seconda, la “502”.48 Ibidem.
ottenere il via libera alle proprie manovre militari e politiche. Ciò gli fu permesso
sia grazie alla dichiarazione di voler abbracciare il piano Vance – Owen49, sia
grazie ai redditizi scambi con serbi e croati. Questi scambi furono confermati dal
fatto che egli in più occasioni ebbe la possibilità di muovere attacchi a Bihać
spostandosi liberamente anche nelle aree controllate dalle altri parti in campo.
Inoltre Abdić riuscì a sottrarre nel 1993 alcune forze dal Corpo d’Armata
musulmano, parte della polizia e due brigate.
Gli eventi bellici di Bihać sono strettamente collegati con la storia di Fikret
Abdić (detto Babo50), padrone dell’Agrokomerc, la più grande impresa agro –
alimentare della Bosnia. La storia dell’Agrokomerc e di Abdić sono indispensabili
per comprendere la situazione attuale della zona di Bihać. Poiché ciò che ora è
diventata lo deve agli eventi drammatici causati dalla scalata al potere di Babo,
agli scandali legati all’Agrokomerc. Essi possono far capire la vera dimensione
del conflitto e l’assurda pretesa che ciò che avvenne fu uno “scontro etnico”.
Fihret Abdić sarebbe diventato il presidente della Bosnia se non avesse
rinunciato a favore del suo avversario Alija Izetbegović. Era uno dei personaggi
più potenti ma anche più discussi del paese, ma nonostante ciò era riuscito a
mantenere la propria credibilità, scansando persino le accuse mossegli durante
alcuni processi.
La guerra gli offrì l’opportunità di rinsaldare il proprio potere e di ottenere quello
che le prime elezioni libere della storia della Bosnia – Erzegovina non gli avevano
concesso: la presidenza di una nazione. Egli, infatti, si mosse ben presto per
abbracciare l’idea proposta dal piano della Comunità internazionale denominato
Vance – Owen (sulla regionalizzazione), organizzando il proprio esercito privato
e movendosi per la secessione dell’area di Kladuša. Per far ciò aveva concordato
una tregua segreta con i serbo – bosniaci e con i serbo – croati, affinché
allentassero la morsa attorno cui lo stringevano. Inoltre indisse un referendum nel
settembre del 1993 tra la popolazione, la quale, con una schiacciante vittoria
(attorno all’ 80%) gli attestò la propria fiducia approvando la proclamazione della
"Provincia Autonoma della Bosnia Occidentale"51. Una così larga maggioranza di 49 Regionalizzazione del paese.50Significa semplicemente “babbo”: così era stato affettuosamente soprannominato dai suoi operai. In seguito il nomignolo fu molto spesso utilizzato anche da parte dei mass media e dai politici.51 Proclamata ufficialmente il 22 ottobre.
voti favorevoli era stata permessa anche dal malcontento popolare verso il
generale delle forze di Bihać, attorno al quale si diceva che fosse un integralista
religioso del Sangiaccato. Abdić non ebbe difficoltà a sfruttare questo argomento
a proprio favore e ciò segnò il cambio di rotta di Babo: dopo un anno di lotta
accanto ai musulmani, ora era guerra tra bosniaci e bosniaci52. La guerra si inasprì
a partire da quel momento, vennero raggiunte vette di orrore che non s’erano viste
nemmeno durante l’assedio serbo. Il fronte vide contrapporsi membri delle stesse
famiglie, la popolazione civile venne coinvolta in maniera ancor più cruenta.
Abdić deteneva tutta la maggior ricchezza del paese, le fonti di reddito e di
sopravvivenza di una realtà chiusa ed isolata. Grazie agli investimenti e alle
fattorie-fabbriche di Babo, una regione interna e insignificante, diviene un centro
di irradiazione di benessere economico. L'associazione fra benessere e Babo è
normalmente presente nella mente di tutti. A Velika Kladuša viveva una
popolazione di commercianti. Persone, pragmatiche con una visione laica della
religione53.
Pochi giorni dopo il 27 settembre 1993, il momento in cui Abdić aveva
fondato la “Zapadna Bosna” (Regione autonoma della Bosnia occidentale), arrivò
la risposta di Izetbegović il quale attaccò con il V Corpo d’armata dell’esercito
bosniaco i ribelli della Cazinka Kraijna denominatisi “Esercito di difesa
popolare”. L’esercito dei governativi di Sarajevo fu respinto per la tenacia dei
ribelli, aiutati ed armati da serbi ma anche da croati. In particolare, questi ultimi
erano ai ferri corti con i musulmani a Mostar e speravano in una scissione
all’interno della leadership di Sarajevo. Le manovre di Abdić per ammorbidire le
posizioni di Izetbegović non sortirono l’effetto sperato, poiché mentre Babo
firmava trattati di alleanza a Zagabria e a Belgrado, gli uomini rimasti fedeli alla
presidenza davano ulteriore impulso al nazionalismo islamico. Per quasi un anno
la nuova regione autonoma diventò un fiorente centro per il contrabbando, porto
franco per ogni traffico illecito di materiali civili e bellici.
Il predominio di Abdić venne intaccato il 7 e il 9 luglio 1994, quando il V
corpo d'armata bosniaco-musulmano attaccò la sacca di Bihać e in particolare
Velika Kladuša, generando molti morti e la fuga di decine di migliaia di persone.
52 Da specificare: vi si intendano i musulmani.53 Valentina Pellizzer di Oneworld South East Europe.
Questo attacco venne causato, in particolare, dall’azione di Velika Kladuša diretta
a interrompere, in combutta con i serbi della Kraijna, gli aiuti umanitari dell’ONU
in direzione di Bihać, ultima roccaforte in mano a Izetbegović54. La V Divisione,
una volta messa in grado di sferrare l'attacco dalla Bosnia nord occidentale contro
la "Provincia Autonoma della Bosnia occidentale", dopo giorni di duri scontri
riuscì a sconfiggerla il 21 agosto. Dopo la conquista di Velika Kladuša da parte
della V Divisione la città venne isolata per tre giorni ermeticamente, prima che ad
osservatori stranieri venisse finalmente consentito l'accesso. Forse per questo le
notizie di esecuzioni di soldati nemici catturati, gli stupri e l'uccisione di bambini
davanti agli occhi delle madri (così come hanno raccontato alcuni fuggiaschi) non
erano mai giunte alla luce. L'offensiva aveva provocato un esodo di massa senza
precedenti nella guerra civile jugoslava: nel giro di pochi giorni circa 50.000
persone erano fuggite dalla Bosnia in Krajina, dove da allora sono costretti a
sopravvivere in condizioni pietose in due campi profughi a Turanj e a Batnoga.
Nel novembre del 1994 una controffensiva serba, alla quale si
unirono i miliziani fedeli ad Abdić (tra le 3.000 e le 7.000 unità)55, chiuse a
tenaglia le forze del V Corpo bosniaco, riportando in vita la Regione autonoma e
richiudendo Bihać ancora una volta nel territorio dell’enclave. Il 9 febbraio 1995,
dopo mesi di eccidi tra musulmani che causarono vittime sia tra i militari che tra i
civili, inizia contro la “sacca di Bihać” un’offensiva massiccia dei serbo bosniaci
con l’uso di carri armati, cannoni, elicotteri ed aerei provenienti dall’aeroporto di
Banja Luka ed Ubdina. A questa operazione parteciparono anche i seguaci della
Zapadna Bosna i quali si scontrarono violentemente contro il V Corpo d’armata
che tentava disperatamente di spezzare uno degli assedi peggiori della storia della
guerra bosniaca.
Poco tempo prima dell’operazione “Oluja”56, i serbi tentarono nel luglio
del 1995 un’avanzata chiamata “terra bruciata”.
E’ nell’agosto del 1995 che le sorti della guerra vengono rovesciate. I
maggiori alleati di Abdić, i serbi della Kraijna, subirono una sconfitta
inimmaginabile e abbandonarono i propri territori sotto l’offensiva dell’esercito 54 Ibidem55 Ibidem.56 “Operazione Tempesta”, la controffensiva croata attraverso la quale vennero sferrati attacchi massicci contro l’esercito serbo a fianco dei musulmani, salvo alcune eccezioni.
croato facendo mancare ad Abdić il sostegno necessario e aprendo la strada alla
riconquista croata. L'8 agosto 1995 la "gente di Fikret Abdić" lasciava Velika
Kladuša: sono i giorni dell'operazione Tempesta con la quale l'esercito croato,
riconquistò la Krajina. Sotto Vojinic, a soli 23 chilometri (Kupljensko) da Velika
Kladuša, in Krajina, confine dentro il confine, striscia di tradizione serba in
Croazia appena cancellata dall'Oluja, si fermarono i trattori, le automobili, i
camion di questi bosniaci secessionisti. Il 10 agosto, dopo una settimana di
scontri, l’esercito di Izetbegović riconquistò gli ottomila metri quadrati di
territorio della repubblica ribelle e inizia un nuovo esodo, questa volta quello della
gente di Babo, più di 40.000 persone che cercarono rifugio in una Croazia vicina,
ma restia ad accettarli57.
1.4.2 La situazione nell’immediato dopo guerra
Circa 11.000 rifugiati, rientrarono nei mesi di dicembre '95 e gennaio '96, a
maggio '96 ne erano rimasti circa 4500 ad attendere le elezioni. Gli ultimi a
lasciare il campo, spostato in una zona più sicura, i fedelissimi a cui Abdić aveva
promesso che non sarebbero tornati a Kladuša.
Dopo la sconfitta, inflitta nel 1995 dall'esercito bosniaco alle sue milizie,
alleate delle forze serbe e anche di quelle croate, Abdić si era rifugiato in Croazia,
a Fiume, avendo ottenuto nel frattempo la cittadinanza croata, e sotto la
protezione dell'allora governo del presidente Franjo Tudjman. Nel 1996 le autorità
bosniache formalizzarono per Abdić un atto d'accusa per crimini di guerra ai
danni di oltre cinque mila detenuti nei campi intorno a Velika Kladuša chiedendo
l'estradizione alla Croazia. Nonostante il Tribunale penale internazionale dell'Aja
avesse autorizzato le autorita' bosniache a giudicare Abdić e un mandato di cattura
internazionale emesso dall'Interpol, la Croazia non consegnò immediatamente. A
seguito dell'accordo bilaterale sulle procedure in materia penale le autorità
bosniache hanno rinunciato alla richiesta di estradizione ed hanno inoltrato la
documentazione relativa alla procura di Fiume, in base alla quale Abdić è stato
incriminato. Il procuratore Drago Marincel ha dichiarato che Abdić è ritenuto
57 Valentina Pellizzer di Oneworld South East Europe.
responsabile della morte di 121 civili e 3 prigionieri di guerra, e di torture e
maltrattamenti di oltre 400 civili.58
CAPITOLO II
La BiH e l’integrazione in UE: riforme costituzionali e obiettivi per
l’accettazione.58 Nel 2001 Abdić è stato processato e condannato in Croazia a 20 anni per la morte di civili e il loro internamento in quanto oppositori della sua Regione Autonoma. Velika Kladuša fa parte di un cantone in crisi l'Una-Sana a rigida e guida SDA. L'Agrokomerc, la grande fabbrica alimentare che ha fatto la fortuna di Abdić aspetta sovvenzioni statali, di tanto in tanto articoli sui giornali ricordano il tradimento di Abdić, il suo collaborazionismo con i nemici (sia Serbi che Croati), la presenza degli Scorpioni il corpo paramilitare serbo a Velika Kladuša durante la guerra.
“In questi giorni viviamo, volenti o nolenti, nel passato e del passato. Nella testa
passano le immagini del novembre 1995, giorni che sono stati da una parte fatali
ma anche migliori per tutti noi. Dayton ha portato la pace, ci dicono oggi
giustificando l’esistenza di uno stato che non lo è. Dayton ha posto fine alla
guerra, cercando di convincerci ogni volta che pensiamo sarebbe stato meglio,
dieci anni fa, partire con le valige in mano per altri luoghi”59.
25 novembre 2005, decimo anniversario dell’accordo di pace di Dayton si
apre un nuovo capitolo per la BiH: l’inizio delle trattative per il futuro ingresso
del paese balcanico nella UE. Come ora riepilogheremo, il percorso della BiH per
raggiungere questo risultato è stato lungo e forse le trattative sono iniziate troppo
presto.
Punto di partenza naturale per ricostruire il percorso che ha portato la Bosnia
verso Bruxelles è Dayton.
2.1 Problematica di una costituzione che non appartiene ai cittadini.
Dayton ha sicuramente fatto cessare la guerra, ma non è stata capace di
creare uno stato unitario, premessa essenziale per l’integrazione europea. La
Bosnia è ancora troppo simile a Dayton piuttosto che ad un qualunque stato
europeo. Come sottolinea Vedran Džihić, Dayton
« ha creato un Paese diviso e soltanto l’illusione di uno stato con una
struttura democratica interna che in verità è solo apparenza»60.
Ciò che preme sottolineare è il fatto che con la creazione delle entità non
solo si sono riconosciuti i successi militari di chi aveva voluto la guerra e che pur
l’aveva persa. Soprattutto si è ottenuta l’identificazione dei cittadini dal punto di
vista etnico, principio che domina in tutto l’apparato statale, costituendo uno dei
59 Senka Kurtovic, direttore di “Oslobodjenje”.60 Vedran Džihić, “La Bosnia e l’Erzegovina da Dayton a Bruxelles, dove e perché ci siamo fermati”, tratto da www.osservatoriobalcani.org 18.05.2005 in traduzione di Ivana Telebak
principali ostacoli per lo sviluppo del Paese. « Allo stesso tempo», continua
Vedran Džihić,
« ci rendiamo troppo poco conto che le riforme e la strada verso
l’Europa non significano la perdita dell’identità nazionale di un popolo, ma
significano un passo importante dall’esclusivismo etnico verso un principio
civile, inclusivo e liberale, verso una “identità bosniaca” comune, necessario per
poter raggiungere gli scopi comuni e la “auto responsabilità” civile »61.
Ed è questa “identità bosniaca” il vero nodo da sciogliere. Scorrendo le
parole utilizzate nelle costituzioni di RS e FbiH, nate dagli accordi di Dayton,
emerge chiaramente che un’”identità bosniaca” non viene presa in considerazione
nemmeno su questi due documenti così importanti. Già il preambolo della
costituzione della Federazione è illuminante:
“Bosniacs, Croats and Serbs as constituent peoples, along with Others,
and citizens of the Federation of Bosnia and Herzegovina, which is a constitutive
part of the sovereign state of Bosnia and Herzegovina, determined to ensure full
national equality, democratic relations and the highest standards of human rights
and freedoms, hereby pass the Constitution of the Bosnia and Herzegovina”62.
Originariamente il testo prevedeva:
“Peoples and citizens of the Federation of Bosnia and Herzegovina”.
E’ chiara l’intenzione di sottolineare la componente etnica fin dalla costituzione,
eleggendola a “popolo costituente”.
La costituzione della RS è ancora più esplicita nel rimarcare la componente
etnica e nel far coincidere etnia, nazionalità e cittadinanza, in un crescendo di
dichiarazioni di appartenenza mai riferite alla BiH:
61 Ibidem.62 “Constitution of the Federation of Bosnia and Herzegovina”, visionabile dal sito www.ohr.int
“ Starting from the natural, inalienable and untrasferable right of the Serb people
to self-determination on the basis of which that people, as any other free and
sovereign people, independently decides on its political and State status (…)”63.
Dopo questa dichiarazione del diritto del “popolo serbo” di auto-determinarsi,
viene rimarcato ancor di più, se possibile, che l’identità degli abitanti della Srpska
non deve essere riferita allo stato e alle tradizioni bosniache, bensì alla Serbia
stessa:
“Recognizing the natural and democratic right, will and determination on the
Serb people from the Republic of Srpska to link its State completely and tightly
with other States of the Serb people”64.
Perché è necessario “rispettare la secolare lotta del popolo serbo per la propria
libertà e l’indipendenza del proprio stato”:
“Respecting the centuries-long struggle of the Serb people for freedom and State
independence”.
Infine, così come abbiamo rilevato nella costituzione della FBiH:
“Republic of Srpska shall be the State of Serb people and of all its citizens”65.
La Corte Costituzionale, interpellata nel febbraio del 1998 dal Presidente
Alija Izetbegović in merito alla conformità delle Costituzioni delle due Entità con
quella della BiH, emise in quella data una decisione riguardante lo spazio dei tre
popoli costitutivi della BiH (croati, musulmani e serbi) all’interno delle due
Entità. In particolare, oggetto della vertenza erano alcune clausole della
63 Costituzione della RS, visionabile dal sito www.vladars.net e dal sito www.ohr.int64 Ibidem65 Ibidem
Costituzione della RS66 e della FBiH67, ritenute non conformi al preambolo della
Costituzione della BiH il quale garantiva lo status di “popolo costitutivo” del
paese a tutte e tre le comunità. Si accusava, in altre parole, la RS di non garantire
questo status alla popolazione musulmana e croata e, viceversa, la FBiH di non
tutelare quella serba.
Dopo questi cambiamenti costituzionali, era parso che la BiH potesse
giungere alle modifiche costituzionali senza dover rivedere completamente la
Costituzione stessa. Anche L’UE si era espressa in maniera positiva, sottolineando
il fatto che attraverso queste modifiche orizzontali non fosse negata la possibilità
di integrazione alla BiH nonostante le sue gravi condizioni istituzionali dettate da
Dayton:
“[…] La complessità della struttura attuale dell’Accordo di Dayton potrebbe disturbare iprogressi della BiH. Il sistema che è stato creato a Dayton è stato da più parti criticato, sia all’interno che all’esterno della BiH. Da un punto di vista dell’integrazione europea, è difficile poter ammettere che l’ordine costituzionale attuale sia ottimale. In ogni caso, l’articolo 10 della Costituzione autorizza l’adozione di emendamenti. In realtà, alcuni sostengono che la BiH abbia già cominciato a risolvere i suoi problemi invocando la clausola costituzionale dei popoli costituenti e procedendo alla riforma delle imposizioni indirette e della difesa. Queste riforme sembrano indicare che per avanzare il paese ha bisogno di passare attraverso queste riforme di tipo progressivo e orizzontale. Ad ogni modo, la Costituzione non rappresenta un ostacolo insormontabile per la riforma e l’integrazione europea del paese”68.
Sebbene le notizie che si susseguono in questi ultimi anni, mesi e giorni
enfatizzino costantemente il valore dell’Europa per le prospettive della Bosnia e
facciano apparire ogni singola decisione e riforma come un evento epocale, ci
appare subito evidente quale sia il principale freno che rallenta la corsa della
Bosnia verso Bruxelles. Le dichiarazioni del governo bosniaco fanno sembrare
l’integrazione come un fatto ormai imminente e già deciso. Ma, approfondendo i
fatti, ci si accorge che lo scollamento tra le parole e la situazione reale è davvero
ampio. Dayton ha di fatto congelato la situazione della Bosnia: la struttura 66 Preambolo e art.167 Art.. 1.168 EC, 2003b
istituzionale prevede che il potere decisionale sia prerogativa più delle due Entità
che del governo centrale, retto da una presidenza tripartita, da un parlamento e da
un consiglio dei ministri tutti rigorosamente ed etnicamente frazionati. Ad
aggravare la situazione e a bloccare la maturazione dello stato bosniaco è la
presenza di un Alto Rappresentante69, non eletto dal popolo, col potere di prendere
decisioni e di sospendere senza possibilità di appello, grazie ai poteri di Bonn,
politici e funzionari locali.
L’amministrazione pubblica inefficiente ed economicamente insostenibile,
l’assenza di una comune visione politica ostacolata dall’esistenza delle entità e
dall’esagerata burocratizzazione dovuta ai troppi livelli amministrativi
(innumerevoli presidenti, ministri con i loro vice a livello delle istituzioni statali,
entità, cantoni e municipalità, la presenza dell’OHR70), rendono enorme la
distanza tra politica e cittadino, tra Bosnia ed Europa.
2.2 Caratteristiche tecniche di Dayton.
Il 21 novembre 1995 fu siglato a Dayton (Ohio) l’Accordo di Pace che
metteva fine alla guerra nella ex – Jugoslavia. Venne firmato dai rappresentanti di
Croazia, Repubblica Federale di Jugoslavia71 e BiH a Parigi il 14 dicembre dello
stesso anno.
Tale accordo, composto da un corpo di tre parti principali (un accordo-quadro
contenente i
principi generali; undici annessi riguardanti le modalità di instaurazione della pace
e della
ricostruzione dello Stato bosniaco; un accordo sulla firma e l’entrata in vigore)
può essere diviso in due materie principali: aspetti militari72 e aspetti civili o state
building 73.
In particolare, gli Annessi riguardanti gli aspetti civili, regolamentano
principalmente: le elezioni, la Costituzione della BiH, l’arbitrato, la tutela dei
diritti umani, il ritorno dei profughi e dei rifugiati, la Commissione per la 69 D’ora in poi “HR”70 “Office of High Rappresentant”71 RFY72 Annesso 1-A e Annesso 1-B73 Annessi 3-11
salvaguardia dei monumenti nazionali, le imprese pubbliche, il ruolo dell’Alto
rappresentante e il mantenimento dell’ordine.
Dayton ha così sancito, tra gli altri aspetti regolamentati, anche la
costituzione futura della BiH. Questo elemento non solo è un aspetto decisamente
singolare in ambito del diritto internazionale, ma anche delinea chiaramente
quanto la attuale costituzione sia più il risultato del lavoro a tavolino di esperti
giuristi, piuttosto che la chiara ed espressa volontà del popolo bosniaco. Inoltre è
chiaro che, ancorando la costituzione al DPA74, si sia creata una situazione di
stallo che non permette modifiche costituzionali significative nel corso della fase
di implementazione.
Il DPA assegnò il 49% di territorio bosniaco all’Entità della RS e il
restante 51% alla Federazione Croato – Musulmana75. Nonostante la Costituzione
sancisca che la BiH sia una Repubblica Federale, la ripartizione di poteri tra Stato
unitario (il quale dovrebbe garantire costituzionalmente l’unità della BiH) e le
Entità (a cui si deve aggiungere il distretto di Brčko76) altera fortemente la
componente unitaria. Al potere centrale sono infatti affidate competenze che si
restringono alle sfere della politica estera, del commercio estero, della politica
monetaria, del movimento della popolazione, della politica doganale e al settore
delle comunicazioni e dei trasporti.
Nonostante nel corso degli ultimi anni siano state effettuate alcune modifiche (tra
cui spicca la creazione di un esercito nazionale e una forza di polizia comune) e
nonostante le proposte di revisione costituzionale si susseguono di giorno in
giorno, i limiti dello stato centrale sono enormi. Un esempio eclatante è
sicuramente rappresentato dalla possibilità di richiedere la doppia cittadinanza,
una statale e una per Entità. Componente che viene rimarcata ancora di più
dall’obbligo per i cittadini di dichiarare la propria etnia sui documenti ufficiali.
A livello burocratico la componente etnica è ancor più rimarcata. Un
esempio di ciò è l’adozione di un meccanismo di bloccaggio dell’attività
74 Dayton Peace Agreement75 D’ora in poi FBiH76 La situazione particolare di Brcko è data dal fatto che il distretto forma un corridoio di collegamento che da continuità alla RS. Divenne linea di fronte durante la guerra tra le forze croato musulmane e serbe, il suo status venne deciso dalla Comunità internazionale in quanto le parti non trovarono un accordo in sede di trattative. Il tribunale presieduto da Owen la dichiarò zona neutra nel marzo 1999.
decisionale a livello nazionale volto a tutelare “gli interessi vitali” delle tre
comunità; e la dipendenza finanziaria delle istituzioni centrali dai contributi
concessi dalle Entità. Le competenze residuali, poi, sono ad esclusivo
appannaggio delle Entità, fattore questo che permette un controllo ancora più
diretto da parte delle Entità sulla vita quotidiana dei cittadini.
In realtà, anche nella sfera della politica estera il governo centrale è soggetto a
pesanti
limitazioni: da una parte, infatti, il ruolo che la comunità internazionale è
chiamata a svolgere nella vita del paese (e i successivi incarichi ad essa attribuiti
durante la fase di implementazione) riducono fortemente l’autonomia del governo
di Sarajevo; dall’altra, il diritto costituzionalmente garantito alle Entità di stabilire
“relazioni speciali” con gli Stati vicini, ovvero Serbia e Croazia.
Sono ben quattordici i livelli di governo in BiH: il governo nazionale, i due
governi delle Entità, quello creato per l’amministrazione del distretto di Brčko e,
infine, i dieci governi cantonali all’interno della FBiH. E’ in virtù di una tale
divisione del territorio e di una tale ripartizione delle competenze che la BiH può
essere oggi considerata come uno degli Stati più decentralizzati al mondo.
Secondo l’Annesso-4 del DPA,lo Stato centrale può contare sull’esistenza di tre
istituzioni comuni: la Presidenza, il Parlamento, la Corte Costituzionale.
All’articolo V la Costituzione della BiH prevede una Presidenza tricefala, eletta
direttamente dalla popolazione e basata sul principio dell’equa rappresentatività
delle tre comunità del paese.
Spetta unicamente ai cittadini della RS il diritto di eleggere il rappresentante serbo
alla Presidenza e a quelli della FBiH di fare altrettanto con i rappresentanti croato
e musulmano. I tre membri a rotazione dirigono i lavori della presidenza per otto
mesi.
Come già accennato le competenze ad essa conferite sono assai limitate e
circoscritte alla: gestione della politica estera (con tutte le limitazioni già viste in
precedenza); proposta del budget annuale, che deve poi essere approvato dal
Parlamento; funzione di rappresentanza presso gli organismi internazionali.
La Presidenza non ha diritto a nessuna ingerenza nella politica e nel
funzionamento delle istituzioni delle Entità. Anche per la Presidenza la
Costituzione prevede un meccanismo di difesa degli interessi comunitari dei
popoli costitutivi.
Ogni membro della Presidenza può, infatti, denunciare come lesiva degli interessi
vitali dell’entità in cui è stato eletto una decisione adottata dall’organo in
questione.
All’articolo IV la Costituzione definisce la BiH come una democrazia
parlamentare il cui
potere legislativo è affidato ad un Parlamento nazionale. Il Parlamento è composto
da due camere: una Camera dei Popoli della Repubblica di BiH e una Camera dei
Rappresentanti. Fanno parte della prima Camera i delegati serbi, croati e bosniaci
eletti dai rappresentanti dei Parlamenti delle rispettive Entità, e della seconda i
deputati che risultano eletti direttamente per due terzi dagli elettori della FBiH e
per un terzo da quelli della RS. La Camera dei Popoli conta quindici membri.
Il Parlamento ha il compito di:
1) stabilire il proprio budget e quello delle altre istituzioni comuni della BiH;
2) implementare le decisioni della Presidenza;
3) ratificare i trattati internazionali.
Le Entità possono concordare nuove funzioni da assegnare all’assemblea
parlamentare.
L’articolo VI della Costituzione disciplina invece la composizione e il
funzionamento della
Corte Costituzionale. La Corte è un organo composto da nove membri, di cui
quattro scelti dalla Camera dei Rappresentanti della FBiH, due dall’Assemblea
Nazionale della RS e tre dal Presidente della Corte Europea dei Diritti Umani. Le
decisioni della corte sono prese a maggioranza semplice ed essa deve argomentare
e pubblicare quanto stabilito.
La Corte Costituzionale ha il compito di dirimere le dispute tra le Entità, tra le
istituzioni
comuni e una o entrambe le Entità e tra le diverse istituzioni comuni. Hanno
diritto di rivolgersi alla Corte Costituzionale: i tre membri della Presidenza; il
Presidente del Consiglio; i Presidenti e i vicepresidenti delle Camere; un quarto
dei membri di una delle due camere; un quarto dei membri delle camere dei
parlamenti delle Entità. La Corte Costituzionale è anche l’ultima istanza di
appello e si esprime sulla compatibilità delle leggi con la Costituzione e con le
convenzioni internazionali
sottoscritte dalla BiH.
Le costituzioni della RS e della FbiH sono state adottate in aggiunta alla
costituzione della BiH (Annesso-4 del DPA) con l’obiettivo di fornire i principi
guida per l’attività delle istituzioni delle rispettive Entità.
Dai preamboli già citati delle due costituzioni è possibile rilevare come la
natura di questi due documenti sia profondamente diversa. Il fatto che la
Costituzione della FBiH sia sorta nel 1994, in occasione della fine dei
combattimenti tra le milizie croate e quelle musulmane e della firma dell’accordo
di Washington, concluso sotto la pressione americana, hanno reso inevitabile
l’influenza della comunità internazionale nella redazione di quel testo. Non a
caso, i principi della Costituzione della FBiH assomigliano molto a quelli
contenuti nella Costituzione della BiH decisa a Dayton e all’interno della
Costituzione della FbiH.
La Costituzione della RS sottolinea principi guida quali, innanzitutto, il diritto
all’autodeterminazione dei popoli, e, quindi, il diritto del popolo serbo alla libertà,
all’unità e al progresso economico, sociale e culturale.
Sia la RS che la FBiH dispongono di un proprio Parlamento, di un governo, di una
Presidenza, di una Corte Costituzionale e di una Corte Suprema. A ciò deve poi
aggiungersi la presenza di livelli di governo all’interno di ogni Entità. Ma le
costituzioni della RS e della FBiH differiscono profondamente non solo nei loro
principi generali, ma anche nella struttura dell’amministrazione del territorio,
rispettivamente centralizzata e federale.
La RS prevede costituzionalmente una divisione interna in municipalità che fanno
della stessa una realtà altamente centralizzata. In linea generale, la sovranità è
prerogativa saldamente legata al centro non spettando alle municipalità che un
semplice dovere di implementare le politiche provenienti dal governo dell’Entità.
Le municipalità devono, tuttavia, anche: assicurare la manutenzione degli
immobili e delle infrastrutture; stabilire piani di sviluppo, varare i piani regolatori;
e promuovere iniziative a favore dei cittadini in ambito culturale, sanitario,
economico, sociale ed ambientale.
Alle istituzioni centrali spettano invece i compiti più rilevanti, ovvero: la
salvaguardia
dell’ordine costituzionale e dell’unità territoriale; la difesa dei cittadini; la
salvaguardia dei diritti umani; la gestione dei rapporti con i serbi non facenti parte
della RS; la tutela dei diritti di proprietà;la disciplina legale delle imprese e delle
organizzazioni; la gestione del sistema bancario; la tassazione; la gestione dello
sviluppo economico; la gestione dei servizi pubblici; l’educazione; la protezione
dell’ambiente e delle risorse culturali.
La Costituzione della RS stabilisce, inoltre, che sia il governo della RS a stabilire
le risorse da destinare alle municipalità per svolgere le loro attività: praticamente
le municipalità dipendono, quindi, dal finanziamento proveniente da Banja Luka.
Contrariamente a quello della RS, l’ordinamento della FBiH tende dar maggior
importanza alle autonomie locali. La FBiH è caratterizzata, infatti, da un alto tasso
di decentralizzazione interna dovuta alla divisione della Federazione stessa in
dieci Cantoni77: cinque a maggioranza musulmana, tre a maggioranza croata e due
misti.
La Costituzione della FBiH prevede che questi due ultimi due cantoni,
Srednja Bosna che ha come capoluogo Travnik e Hercegovina-Neretva che ha in
Mostar il suo centro principale, siano amministrati secondo uno statuto speciale.
In ragione della loro composizione etnica, la Costituzione federale prevede che le
questioni considerate di vitale importanza per una o per entrambe le nazionalità
siano decise con particolari procedure che garantiscano l’accordo della
maggioranza dei delegati di ciascuna nazionalità; esiste, inoltre, per le due
comunità la possibilità di impugnare le decisioni di fronte alla Corte
Costituzionale cantonale. In questi due cantoni a statuto speciale, vi è una forte
decentralizzazione del potere a favore delle municipalità, dal momento che, a
77 Una-Sana (Bihać), Bosanska Posavina (Odzak), Tuzla (Tuzla), Zenica-Doboj (Doboj/Zenica), Gorazde-Podrinje (Gorazde), Srednja/Centralna Bosna (Travnik), Hercegovina-Neretva (Mostar), Zapadna Hercegovina (Siroki Brijeg), Sarajevo (Sarajevo), Herceg-Bosna (Livno/Tomislavgrad/Kupres) (Tra parentesi il capoluogo).
livello comunale, è in molti casi più facile stabilire la maggioranza numerica di
una delle due comunità.
La divisione dei poteri tra governo centrale e cantoni prevista dalla
Costituzione della FBiH78 fa sì che alle realtà locali siano lasciati sia incarichi
amministrativi sia ampi spazi di sovranità politica. Le istituzioni federali sono
competenti in materia di: difesa e operazioni di polizia, cittadinanza, politiche
economiche e finanziarie, telecomunicazioni, tassazione e mantenimento delle
infrastrutture federali.
In questi cantoni a statuto speciale, esiste, oltre alla figura del Presidente
cantonale, anche quella del vicepresidente, il quale deve appartenere ad una
nazionalità diversa da quella del presidente. Entrambi eletti dalla maggioranza dei
delegati del loro gruppo etnico di appartenenza, Presidente e vice hanno un
mandato di due anni durante i quali devono alternarsi alla massima carica. Il
governo cantonale viene formato, secondo il principio dell’equa rappresentanza
delle due comunità, dal Presidente con il consenso del suo vice e l’approvazione
parlamentare a maggioranza qualificata dei due terzi.
Le competenze cantonali riguardano invece: la gestione dei corpi di polizia
cantonale, l’educazione, l’edilizia e l’utilizzo degli spazi cantonali, i servizi
pubblici la promozione delle attività economiche, le politiche energetiche, lo
sviluppo delle risorse turistiche.
2.3 La divisione etno-territoriale.
Una Inter-Entity Boundary Line (IEBL) separa le due entità. Essa coincide
essenzialmente con la linea del fronte che separava le forze serbe da quelle croate
musulmane nel 1995, quando iniziarono le trattative di Dayton.
La BiH è da ritenersi uno stato unitario, ma è stata disegnata fin dall’inizio
attraverso una linea divisoria che separa di fatto lo stato in due. Una parte
pressoché omogenea dal punto di vista etnico (la Repubblica Srpska), l’altra parte
non etnicamente omogenea che prevede la convivenza di due etnie (FBiH) quella
croato-bosniaca e quella musulmana.
78 Ibidem
La IEBL, in pratica, istituzionalizza e “territorializza” i risultati della pulizia
etnica perpetrata dalla componente serba del paese e ne premia i risultati. Essa è
un vero e proprio unicum nel diritto internazionale in materia di demarcazione di
confini. Non può essere considerata né un vero e proprio confine territoriale, ma
nemmeno un semplice confine amministrativo. Inoltre rimarca l’aspetto etnico,
rendendo difficile il processo di normalizzazione del paese e ostacolandone la
convivenza pacifica delle etnie. Come già accennato a inizio capitolo, i principio
della divisione secondo criteri di appartenenza etnica trova conferma nella
ripartizione delle competenze tra governo centrale ed Entità, dal momento che
quest'ultime sono state dotate ciascuna di ampi poteri politici e amministrativi79.
Ora è ancora più chiaro quanto detto a inizio capitolo. Dayton ha creato,
innegabilmente, uno stato che de jure è da ritenersi unitario, ma de facto è diviso
in due a causa dell’esistenza di ciò che viene definito “uno stato nello stato”, cioè
la RS. Anche se gli Accordi di pace non vollero premiare la riconquista croata
(operata attraverso Oluja), la forte omogeneità etnica che esiste e separa i vari
cantoni della FBiH crea un confine invisibile anche tra musulmani e croati dal
punto di vista amministrativo.
La considerazione principale che si può trarre dal testo dell’accordo di
pace è che Dayton ha avuto un chiaro intento politico, volto a premiare la
politiche nazionalistiche che avevano fatto deflagrare il conflitto. L’ambiguità del
sistema statale bosniaco, l’assenza di elementi di centralizzazione solitamente
presenti in uno stato normale, indica la volontà di mantenere la divisione etnica
del paese, privandolo della componente unitaria e della possibilità di creare al
proprio interno una forte e compatta comunità di cittadini. Il compito di ricreare il
comune senso di appartenenza allo BiH appare ancora più arduo se si considera la
scomposizione etnica delle istituzioni, dividendo la gestione del territorio secondo
logiche di appartenenza comunitaria.
2.4.1 Bilancio del ruolo dell’Alto Rappresentante.
79 TESI DI LAUREA IN SCIENZE DIPLOMATICHE, GRADARI F. “La Bosnia Erzegovina dopo l’accordo di pace di Dayton: tra divisione interna e integrazione europea.” Gorizia, Anno Accademico 2003/2004.
Come è stato già accennato, operare una sostanziale modifica al DPA e
una revisione formale dello stesso appare molto difficile. Ma nonostante negli
ultimi anni ci siano state delle spinte riformatrici, esse non sono state il prodotto
della classe politica del paese, bensì il risultato delle pressioni degli attori
internazionali e in primis dell’AR.
La divisione interna del paese, l’enorme burocratizzazione della Bosnia e
la sua decentralizzazione, hanno di fatto cristallizzato la situazione politica
interna. La mancanza di legittimazione della classe politica bosniaca, dovuta, tra
le altre cose, al consolidamento di legami di tipo comunitario più che nazionale,
ha frenato in tutti questi anni i dialogo tra entità. Solo esso avrebbe consentito di
spianare la strada verso delle riforme costituzionali che fossero espressione non
della volontà della Comunità internazionale, bensì del popolo bosniaco.
Dayton è stata fin dall’inizio, dimostrando ben presto tutti i limiti che un
accordo simile poteva portare in seno, una creatura della comunità internazionale.
Essa, negli anni successivi agli accordi di pace, si è presa la responsabilità di far
fronte anche alla politica interna della Bosnia, agendo in prima persona, tra le
altre cose, alla formazione delle riforme del paese. Questo ha significato andar
ben oltre il ruolo di supervisore e garante della messa in atto dell’accordo stesso
inizialmente previsto. In particolare, con l’attribuzione all’AR dei cosiddetti Bonn
powers (1997), la comunità internazionale ha assegnato una serie di poteri
straordinari e mal normati ad un funzionario straniero.
Come scrive M.Moratti:
“Chi viene rimosso dall’Alto Rappresentante non ha infatti diritto ad essere ascoltato, non ha diritto a fare appello, inoltre la rimozione è perpetua, salvo perdono o riabilitazione. Ma il tutto si esegue al di fuori di procedure compatibili con la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (art.6), che si applica direttamente in Bosnia Erzegovina.80”
L’utilizzazione dei Bonn Powers da parte dell’Alto Rappresentante è stata in
questi anni80 M.Moratti: “La Bosnia è un protettorato?”. Tratto da www.osservatoriobalcani.org, dicembre 2004.
sempre maggiore. In particolare, con la nomina a capo dell’OHR di Lord Paddy
Ashdown81, si è registrato un aumento considerevole degli allontanamenti per
decreto.
Nonostante siano molti i tentativi di definire la BiH come un
“protettorato”, la sua specificità non permette di annoverarla nell’ambito dei
protettorati. Si ritiene, piuttosto, che il ruolo dell’AR e dei poteri conferitigli dalla
comunità internazionale, siano l’ennesima particolarità tutta bosniaca, che si
avvicina quasi all’antico visir ottomano82. I poteri dell’AR, quindi, sono molto
meno estesi rispetto ai poteri che avremmo in presenza di un protettorato. Ma la
cosa da notare e da evidenziare è l’effetto di deresponsabilizzazione ottenuto
dall’investitura di tale carica e dalle ingerenze che automaticamente essa ha
prodotto. L’attivismo dell’AR ha impedito la naturale maturazione della classe
politica bosniaca, frenandone lo sviluppo e non agevolando il dialogo civile.
2.4.2 Quali freni alla maturazione delle istituzioni della BiH?
Ai problemi rilevati sopra, l’ingerenza massiccia di un funzionario
straniero quale è l’AR e la scarsa maturazione della classe politica bosniaca, va
aggiunta la bassa partecipazione dei cittadini alla vita politica del paese. E’ un
dato che va valutato accuratamente e che viene confermato dai risultati dalle
elezioni dell’autunno 2004: più del 50% della popolazione si astenne. Questa
percentuale, che di anno in anno aumenta, include al suo interno soprattutto i
giovani elettori: la maggioranza degli elettori, secondo le ultime analisi, è di
un’età compresa tra i 45 e i 55 anni83.
Questi dati significativi evidenziano ancora una volta che la guerra del
1992-1995 ha avuto ripercussioni di lunga durata sulla vita sociale del paese. Ma
non si può ricondurre tutto alle vicende belliche e alle lacerazioni che esse hanno
portato. E’ da ritenersi che il DPA, così come venne formulato e così come
attualmente viene gestito, sia stato incapace di gestire la vita autonoma di un
paese che vorrebbe ritornare alla normalità. La frammentazione del paese in due
81 200282 Gojko Beric, “No man’s land” 24 febbraio 2005.83 Gradari, ibidem
Entità e in un corpo istituzionale estremamente complesso e inefficiente, rendono
la distanza tra cittadino e politica ancor più inaccessibile. Ed è questa distanza
quasi incolmabile a impedire la tradizionale pressione della società civile dal
basso verso l’alto delle istituzioni.
Come evidenzia Nikola Kovač, membro dell’Associazione BiH2005:
“Dal punto di vista dell'organizzazione territoriale, del funzionamento delle istituzioni comuni, della politica elettorale e dei quadri, la Bosnia Erzegovina oggi si trova dalla parte diametralmente opposta al sistema dei diritti istituzionali e dei principi politici dello stato dei cittadini.84”
In particolare, riferendosi al diritto elettorale che verrà evidenziato nel
corso della ricerca riportata nei capitoli IV e V:
“I diritti elettorali dei cittadini della BiH non sono definiti in accordo coi principi dell'equità e della costitutività dei tre popoli, ma secondo l'appartenenza territoriale dei cittadini. Questa illogicità della legge elettorale è maggiore quanto più comprende la frattura del corpo elettorale, la divisione del territorio statale e l'agevolazione dei principi etnici a scapito di quelli civili.”85
Si deve sottolineare che il diritto elettorale è limitato, in contrasto con ogni
principio democratico e con la Costituzione europea, nella sua fase passiva: infatti
non è possibile eleggere alle cariche più importanti candidati di minoranze che
non appartengono alle etnie musulmana, serba e croata.
2.5 Dayton: perché non è stata ancora modificata.
84 Nikola Kovač, frammento della relazione preparata per la conferenza internazionale di Ginevra "Dieci anni da Dayton e oltre"85 Ibidem
Alla base dell’impossibilità di modificare Dayton ci sono alcune motivazioni
tecniche e politiche.
Dal punto di vista tecnico la difficile realizzazione (o impossibilità, almeno fino
ad ora) è dovuta al procedimento previsto dalla costituzione per le modifiche.
Questo perché:
“può essere emendata solo attraverso una decisione dell’Assemblea Parlamentare con voto favorevole dei due terzi dei presenti e votanti alla Camera dei Rappresentanti”86.
Appare chiaro che nel contesto attuale, in cui manca totalmente la comune volontà
di modifiche di tale portata, è davvero impensabile un accordo politico in tal
senso.
Un’altra causa della situazione di stallo che vive l’assetto costituzionale
del paese, poiché la costituzione della BiH è stata inserita nel DPA (Annesso-4), è
rappresentata dalla visione che le parti in causa hanno di Dayton. Esso, a loro
parere, garantisce il giusto equilibrio rappresentativo tra le forze politiche e tra le
tre etnie principali. Ogni modificazione della costituzione verrebbe quindi vista
come un pericolo per questo equilibrio. Dayton, una volta di più, appare nella sua
vera forma: non ha rappresentato e non rappresenta tutt’oggi la volontà politica di
unificare il paese. Sembra aver sigillato per sempre le divisioni nate durante la
guerra.
Inoltre bisogna aggiungere un altro fattore molto importante. Sebbene nel
corso degli ultimi anni la situazione si sia modificata dopo la morte di Tudjman e
il cambio di regime di Belgrado, Serbia e Croazia rappresentano ancora gli stati di
riferimento per i serbi e i croati della BiH.
Questo episodio mette in luce un altro aspetto interessante relativo al
quadro delle riforme in BiH: il mutamento all’interno del contesto bosniaco di un
fattore esterno, seppur importante come in questo caso, non è una condizione
sufficiente al superamento dell’attuale condizione d’impasse data la mancanza di
legittimazione interna di cui soffre la Stato bosniaco.
. Infine, un ulteriore ostacolo alla modifica del DPA è dato
dall’atteggiamento adottato dagli attori internazionali a questo riguardo. I timori 86 Annesso – 4 DPA, 1995.
che una ridiscussione dello statuto della BiH potesse acuire nuovamente le
contrapposizioni etniche hanno fatto sempre dichiarare alla comunità
internazionale, soprattutto nella persona dell’Alto Rappresentante, la sua fedeltà ai
principi del DPA. Essa ha preferito, quindi, lasciare formalmente inalterato il
quadro daytoniano e arginarne le disfunzioni attraverso la conduzione di un
graduale processo di riforme volto a rafforzare lo Stato centrale.
2.6 L’Europa e la BiH (1995-1999)
Complessivamente nel periodo compreso tra il 1991 e il 2000 l’UE fornì alla BiH
un’assistenza economica pari a 2.165,978 milioni di euro87. I principali obiettivi
dell’assistenza europea possono riassumersi nel: sostegno al consolidamento del
processo di pace e alla cooperazione tra le due Entità, riconciliazione etnica e
rientro dei rifugiati e degli sfollati, creazione di istituzioni funzionanti e
democratiche, creazione delle basi per realizzare una crescita e uno sviluppo
economico sostenibile, avvicinamento della BiH agli standard e alle norme
comunitarie.
Lo sforzo economico e della EU nei confronti della BiH si concentrò
essenzialmente nella ricostruzione del paese. Le spinte riformiste furono studiate e
operarono soprattutto per fornire alla BiH gli strumenti per adeguarsi agli standard
degli altri paese dell’Unione e in particolare su tre aspetti88: 1. creazione di un
mercato interno integrato e strutturalmente in linea con l’acquis comunitario; 2.
supporto alla creazione di un’economia di mercato e di un settore privato
funzionante; 3. tentativo di alleviare, attraverso iniziative di sviluppo locale, i
costi sociali che scaturivano dal rientro dei rifugiati e dall’attuazione delle
riforme.
Ma l’approccio non coordinato degli interventi della UE incontrò molti problemi
e fu la causa del rallentamento dello sviluppo del paese nel senso inteso dalla
Comunità europea.
2.6.1 Il PSESE
87 EC, 2001a88 Gradari, Ibidem.
Il PSESE fu ideato dalla UE in conseguenza della sempre più emergente
necessità di operare un intervento che fosse finalmente coordinato nelle azioni di
ricostruzione del paese. In BiH operavano tutta una serie di organizzazioni
internazionali, tutte con i propri progetti e scollegate tra di loro: UE, ONU,
NATO, OSCE nonché le istituzioni finanziarie mondiali (FMI, BM, ecc.) ed
europee (BERD). Ad esse andava poi aggiunta la cooperazione bilaterale fornita
dai singoli paesi e l’attività svolta dalle ONG.
“La molteplicità degli strumenti adottati e la diversità degl’obiettivi perseguiti faceva sì che la presenza della comunità internazionale fosse sì consistente ma anche caotica.”89
La maggior preoccupazione della UE emerse quando ci si rese conto
dell’impossibilità di implementazione del DPA in una situazione di tale caos di
interventi. Ciò avrebbe significato che ben presto la UE si sarebbe ritrovata a
dover fronteggiare il problema bosniaco in totale solitudine, essendo chiaro che il
problema dell’instabilità del paese sarebbe diventata sempre più prerogativa
europea.
Per raggiungere questi obiettivi e per sopperire alle mancanze delle azioni
precedenti, la UE si fece promotrice, grazie soprattutto all’attivismo del Ministro
degl’Esteri tedesco, Joschka Fischer, del PSESE.
Il PSESE,adottato a Colonia il 10 giugno 1999 in concomitanza con i
lavori del Consiglio Europeo, fu sottoscritto da: gli Stati membri della UE; la CE;
la BEI; gli stati della regione e confinanti (Albania, BiH, Bulgaria, Croazia,
FYROM, Ungheria, Romania, Slovenia, Turchia), i Paesi del G8 (Stati Uniti,
Canada, Giappone, Russia), diverse organizzazioni internazionali (ONU,
UNHCR, OSCE, Consiglio d’Europa, NATO, UEO), le più importanti istituzioni
finanziarie (FMI, BM, BERD), e diverse organizzazioni regionali.
Gli oltre 40 firmatari contrassero l’impegno politico di: “sostenere i Paesi
dell’Europa Sud-Orientale nei loro sforzi di sviluppare la pace, la democrazia, il
rispetto dei diritti umani e la prosperità economica, allo scopo di raggiungere la
stabilità nell’intera regione”.
89 Gradari, Ibidem.
Tale impegno prevedeva i seguenti tre punti90:
1. democratizzazione e il rispetto dei diritti umani
2. ricostruzione economica, lo sviluppo e la cooperazione
3. sicurezza
Il PSESE rappresentò un notevole salto di qualità nel dialogo tra l’UE e il sud-est
europeo, ma la sua attività non fu esente da critiche. Critiche che prendevano di
mira la gestione dei finanziamenti previsti e promessi e, soprattutto, la
sproporzione esistente tra l’impegno dedicato alla ricostruzione e gli sforzi
prodigati negli altri settori, in particolare in quello della democratizzazione e dei
diritti umani.
Inoltre, tenendo presente che l’attività del PSESE era soprattutto a base regionale,
l’approccio adottato era insufficiente a garantire una risposta precisa al problema
dell’integrità della Bosnia.
2.6.2 Dal PSA a Salonicco
I paese definiti Balcani occidentali (Albania, Croazia, BiH, RSM e
FYROM) videro una nuova e più chiara prospettiva di collaborazione con la UE
grazie al PSA.
Non solo esso avrebbe permesso di sviluppare nuove e più solide relazioni
bilaterali con la UE, ma avrebbe messo in condizioni i paesi firmatari di iniziare
un percorso serio verso una futura integrazione nella UE. Un altro passo in avanti
per lo sviluppo di questi paesi e della BiH in particolare, era l’approccio
modellato sulle esigenze dei singoli firmatari.
I nuovi strumenti di cooperazione messi a disposizione dall’UE all’interno del
PSA avrebbero riguardato i seguenti settori:
1- assistenza al processo di ritorno dei profughi e rifugiati
90 Polara T., «I Paesi balcanici e l’Unione Europea: a che punto è l’integrazione?». 2001. Tratto
da www.osservatoriobalcani.org
2- assistenza finanziaria ed economica, attraverso programmi specifici di
finanziamento
della bilancia dei pagamenti e del bilancio dello Stato;
3- liberalizzazione asimmetrica del commercio, attraverso l’estensione ad altre
merci delle misure preferenziali autonome già precedentemente adottate
dall’Unione;
4- cooperazione nel settore giudiziario e amministrativo;
5- assistenza alla democratizzazione del sistema politico e della società civile;
6- sviluppo del dialogo politico
L’adempimento degli obblighi stabiliti di volta in volta per i paesi
coinvolti era la condizione essenziale per il rispetto del PSA e per l’avanzamento
dei paesi coinvolti nel processo di integrazione europea. In particolare, viene loro
richiesto che lo sviluppo politico, istituzionale ed economico che essi stanno
portando avanti, rispetti i valori e dei modelli che sottostanno al funzionamento
dell’UE, ovvero il rispetto dei diritti umani e dei principi democratici nonché del
libero mercato.
“Il PSA dei Balcani occidentali rappresentava una forma di integrazione nuova e diversa rispetto a quanto l’UE aveva portato avanti con i paesi dell’Europa orientale. Sebbene il PSA costituisse indubbiamente un rafforzamento della cooperazione esistente, esso non rendeva tuttavia palese l’obiettivo finale di quest’ultima, lasciando così in sospeso la risposta alla domanda sulla possibilità di ingresso in Europa per gli stati di quell’area. Quella che mancava era pertanto una presa di posizione chiara che esprimesse la volontà politica e l’impegno dell’Unione in favore di una futura partecipazione dei paesi PSA alle strutture comunitarie. Del resto, non si vedeva come l’UE potesse sperare nella piena partecipazione dei paesi interessati senza che essa aggiungesse una reale prospettiva di ingresso nel luogo periodo.”91
Tale ambiguità venne in parte superata dal Consiglio Europeo (riunitosi a
Feira nel giugno del 2000) che si dichiarò più apertamente disponibile ad un
futuro ingresso nella UE per Albania, Croazia, BiH, RSM e FYROM.
Questa presa di posizione venne confermata ancora una volta a Zagabria nel
novembre dello stesso anno in occasione del Summit UE-Balcani, nel corso del
91 Gradari, ibidem.
quale venne in qualche modo istituzionalizzato quanto dichiarato a Feira. Inoltre i
paesi coinvolti si presero l’impegno di adottare tutte le misure per la possibile
integrazione e per rispettare i termini fissati nell’accordo. Attraverso la creazione
del PSA e la promessa di un possibile ingresso in Europa, l’UE creò quindi nel
1999-2000 il quadro politico e gli obiettivi di lungo termine per la cooperazione
con i Balcani occidentali.
L’UE adottò, quindi, un nuovo Regolamento92, che andava ad unificare il quadro
normativo dell'assistenza ai paesi PSA. Tale regolamento istituì il Programma
CARDS per l’assistenza alla ricostruzione, allo sviluppo e alla stabilizzazione dei
Balcani occidentali. Da quel momento, CARDS sarebbe diventato il principale
supporto finanziario ai paesi PSA andando a sostituire tutti i precedenti strumenti
utilizzati dall’UE.
Il programma CARDS aveva l’intento di introdurre un approccio strategico
all’assistenza
fornita ai paesi PSA: man mano che un singolo paese progredisce nel PSA,
l’assistenza viene concentrata sul supporto alle riforme necessarie in quella fase.
Per consentire tale flessibilità, l’assistenza diviene oggetto di un Quadro strategico
per il periodo 2000-2006, di una programmazione triennale e di una
programmazione annuale, esaminati da un Comitato di gestione; ciò consente
inoltre di inserire l'assistenza comunitaria in una prospettiva a medio termine,
coordinandola con gli aiuti forniti dagli Stati membri.
Gli obiettivi del Programma CARDS erano (e sono) fondamentalmente quattro:
1. completare le opere di ricostruzione, stabilizzazione democratica,
riconciliazione e il processo di ritorno di profughi e rifugiati;
2. favorire lo sviluppo istituzionale dei paesi interessati attraverso
l’armonizzazione dei loro sistemi statali con gli standards e le norme
europee;
3. favorire lo sviluppo economico e sociale attraverso il ricorso a riforme
strutturali;
92 2666/2000/CE
4. promuovere una più stretta cooperazione sia a livello regionale tra i paesi
PSA sia tra essi e i paesi membri e i candidati all’UE.
L’ottenimento di finanziamenti sotto il programma CARDS è sottoposto al
rispetto di tre
condizioni riguardanti:
• Il PSA. Sono le condizioni stabilite nel 1997 dal Consiglio Europeo per
l’intera regione e corrispondenti al: rispetto delle regole democratiche;
l’impegno nell’intraprendere le riforme economiche; lo sviluppo di buone
relazioni con i paesi vicini; e il rispetto degl’accordi internazionali
(collaborazione con il TPIJ);
• L’esecuzione del programma stesso, qualora vengano richieste dall’UE
ai paesi destinatari specifiche riforme per poter adattare le loro strutture
all’adozione di regolamenti di settore;
• Il progetto, quando è richiesto agli Stati di raggiungere obiettivi
immediati per potere dare realizzazione al progetto in questione.
Se il programma CARDS rappresenta ancora oggi lo strumento principale
dell’assistenza
finanziaria dell’UE ai paesi PSA va ricordata comunque l’esistenza di altre due
forme di aiuto:
1) il supporto macrofinanziario, cominciato nel 1992 e assicurato dalle
istituzioni finanziarie comunitarie;
2) il sistema di preferenze commerciali che garantisce oggi l’accesso gratuito al
mercato europeo per il 95% dei prodotti della regione.
Salonicco ha segnato un’importante occasione per la BiH per vedere rilanciate le
sue chances d’integrazione europea. In particolare, erano quattro gli obiettivi dal
cui
raggiungimento o meno sarebbe stato possibile valutare la riuscita del vertice per
la delegazione bosniaca93. Innanzitutto, la BiH voleva sentirsi confermato lo
status di potenziale candidata ottenuto a Zagabria (2000). La lentezza con la quale
il paese aveva risposto alle richieste contenute nella Road Map poteva essere un
fattore sufficiente per far ricredere più di un paese membro sull’opportunità e la
convenienza per l’Unione di proseguire il processo d’integrazione europea del
paese.
Oltre ad una dichiarazione di principio, la BiH necessitava anche di
concessioni pratiche in grado di dimostrare l’interesse reale di Bruxelles e di
facilitarne l’avanzamento nel PSA. Da questo punto di vista una delle richieste più
pressanti era quella della liberalizzazione da parte degli stati membri dell’Unione
del regime di passaporti per i cittadini bosniaci. La BiH contava, inoltre, di poter
ricevere nuovi finanziamenti rispetto a quelli già esistenti. Essi avrebbero potuto
prendere la forma o di un aumento del finanziamento previsto sotto il programma
CARDS o quella dell’apertura ai paesi PSA dei fondi strutturali attribuiti ai paesi
candidati. Il quarto obiettivo riguardava, infine, la possibilità di poter beneficiare
della vasta esperienza accumulata dall’UE attraverso l’allargamento all’Europa
orientale.
Confrontando le aspettative bosniache con le decisioni finali prese a
Salonicco si può affermare che le prime siano state solo parzialmente soddisfatte,
ma che da quel vertice siano comunque arrivati segnali positivi per il paese. Da un
lato, infatti, la BiH si è vista confermare lo status di potenziale candidato
all’adesione e attribuire un finanziamento supplementare all’interno del
programma CARDS. Dall’altro, nessuna innovazione è stata prevista in materia di
visti per i cittadini bosniaci. Con riguardo a quest’ultimo aspetto, si può dire che il
timore di dover fronteggiare flussi migratori eccessivi, nonché la paura che dalla
BiH possano espandersi sul suolo europeo le reti criminali e terroriste esistenti nel
paese ha avuto ancora una volta ragione sulla possibilità di offrire a questo paese
un chiaro segnale della volontà da parte dei quindici d’integrarlo nelle strutture
dell’Unione. Ma bisogna ulteriormente sottolineare quanto l’impossibilità di
93 Thessaloniki Agenda, 2003.
ottenere in tempi brevi e senza complicazioni i visti sia un’ulteriore
discriminazione tra etnie.
2.7 L’integrazione della BiH in UE, le tappe fondamentali dello sviluppo
politico del 2005 e del 2006.
Il graduale avvicinamento94 di una possibile integrazione in UE diventò
sempre più concreto con il 2005 e in seguito all’operato del Directorate for
European Integration95. Esso si allacciò ai programmi CARDS e diresse le
politiche necessarie alla preparazione della BiH verso una possibile integrazione.
Le aree prioritarie del programma erano sedici e si rivolgevano ai seguenti
importanti punti riassunti di seguito96:
• Adeguamento alle obbligazioni internazionali;
• Maggiore governabilità del paese e miglioramento della pubblica
amministrazione;
• Integrazione europea;
• Miglioramento del sistema giudiziario, rispetto dei diritti dell’uomo e lotta
al crimine, in particolare a quello organizzato;
• Regolamentazione delle migrazioni;
• Riforma fiscale;
• Budget statale;
• Ufficio Statistico affidabile;
• Politiche del commercio e creazione di un mercato comune al paese;
• Mercato energetico unificato;
• Riforma del sistema radio-televisivo.
Il 3 ottobre 2005 la Croazia ricevette il via libera da Bruxelles per l'inizio dei
negoziati di adesione. Lo stesso giorno, l'Unione Europea aveva anche deciso di
94 Cfr. www.ohr.int e www.europa.eu.int/comm/external_relations/see/bosnie_herze/index.htm95 D’ora in poi DEI96 DEI, CFT meeting in Sarajevo, 10 – 11 March 2005.
firmare gli accordi di stabilizzazione e associazione con la SCG97, nonostante
fosse incerta la stessa sopravvivenza dello stato con Serbia e Montenegro unite
come unico stato. La BiH98 era rimasta fuori da questi accordi, segnando una
momentanea sconfitta per le leadership locali e suscitando numerose polemiche
all’interno di esse. In particolare l’SDA accusò la RS di essere la principale causa
di tale esclusione, in quanto essa aveva bloccato la riforma che avrebbe unificato
le due polizie della BiH99. Questa riforma sembrava essere di vitale importanze
per il cammino del paese verso l’Europa.
La stampa locale si chiese a più riprese quali fossero le motivazioni e i criteri
secondo i quali la SCG fosse stata ammessa ai negoziati, mentre la BiH ne era
rimasta esclusa. In particolare veniva evidenziato il fatto che la SCG aveva vita
incerta come stato unitario, aveva due forze di polizia distinte esattamente come la
BiH e inoltre possedeva persino due valute distinte (l'Euro in Montenegro e il
dinaro in Serbia).
Il regime di semi protettorato della Bosnia ed Erzegovina è ancora una
volta l'aspetto chiave100 e la comunità internazionale in Bosnia ed Erzegovina
divenne la forza motrice dietro la riforma della polizia. L'Alto Rappresentante
Paddy Ashdown, il capo della Delegazione della Commissione Europea Michael
Humphreys e l'Ambasciatore inglese Matthew Rycroft101 avevano svolto un
rilevante lavoro di convincimento sulle autorità della RS affinché esse operassero
la riforma. Inoltre, ai funzionari citati, si aggiunse ben presto Douglas
McElhaney102. Attraverso il loro lavoro, la pressione internazionale ebbe
successo: l'Assemblea Nazionale della RS, la stessa assemblea che poche
settimane prima aveva bocciato la riforma della polizia, diede il proprio assenso
alla proposta presentata dal Presidente della RS, Dragan Cavic: 55 voti a favore, 5
contro, 15 gli astenuti.
97 Serbia e Montenegro.98 Assieme in quell’occasione alla Bielorussia.99 M.Moratti, “Bosnia – UE:una settimana di passione…”. Tratto da www.osservatoriobalcani.org 10.10.2005100 Ibidem.101 “HM Ambassador Rycroft's speech at the Conference on BiH Social Policy”, tratto da www.britishambassy.gov.uk 31.01.2006102 Ambasciatore statunitense in BiH.
2.7.1 Reazioni internazionali e delle istituzioni della BiH ai primi segnali
positivi.
La firma dell'accordo venne sentita da molti come un decisivo passo in
avanti verso l'Europa e in particolare Javier Solana e Olli Rehn103 approvarono con
soddisfazione la decisione della RS.
A quel punto era quasi certo che la BiH avesse finalmente soddisfatto i
criteri per la conclusione dell'Accordo di Stabilizzazione e Associazione.
L'Ambasciatore inglese Matthew Rycroft dichiarò che i negoziati per l'Accordo di
Stabilizzazione e Associazione sarebbero potuti iniziare persino entro l’anno.
Attorno al 20 ottobre iniziò a Ginevra una conferenza promossa
dall’”Associazione Bosnia Erzegovina 2005”. Proprio in quest’occasione venne
annunciata ufficialmente la realistica e concreta possibilità per la BiH di iniziare i
negoziati che l’avrebbero portata all’ingresso nella UE: sia Paddy Ashdown, sia
Olli Rehn ribadirono questo concetto.
Wolfgang Petritsch, aprendo il convegno annunciò la transizione
"irreversibile" della Bosnia verso l'Europa dopo la conclusione positiva dei punti
ancora aperti nel negoziato preliminare ad un Accordo di Stabilizzazione e
Associazione (SAA), la questione della riforma della polizia e del sistema
radiotelevisivo.
La Conferenza citata fu un vero passo in avanti per la BiH, anche se Rehn
e il Ministro degli Affari Esteri della Svizzera Micheline Calmy-Rey avevano
mosso alcuni dubbi e posto alcuni paletti importanti:
"Dayton ha avuto il merito fondamentale di porre termine alla guerra, ma quell'Accordo, e in particolare l'Annesso 4, cioè la Costituzione, non costituisce più un quadro adeguato per costruire un futuro prosperoso per la Bosnia Erzegovina"104.
"Perché la Bosnia Erzegovina possa continuare sul percorso europeo è necessario tuttavia un quadro costituzionale compatibile con l'Europa. L'attuale quadro istituzionale bosniaco non è funzionale, come sottolineato sia dalla Commissione sui Balcani che dalla Commissione di Venezia. Non si tratta di dibattere la abolizione delle entità ma semplicemente di rendere lo Stato più 103 Commissario della UE all’allargamento.104 A. Rossini, “Dieci anni di Dayton e oltre”, tratto da www.osservatoriobalcani.org, 20.10.2005
funzionale [...] 10 anni dopo Dayton, la Bosnia Erzegovina deve muoversi dalla costruzione della pace alla costruzione dello Stato".
Rehn puntualizzò anche che:
"Il ruolo dell'Ufficio dell'Alto Rappresentante e in particolare i 'Bonn powers' sono problematici. La Commissione non può iniziare a negoziare un SAA in queste condizioni"105.
In un’intervista di alcuni giorni dopo a “Osservatorio sui Balcani”,
Wolfgang Petritsch fece alcune dichiarazioni molto interessanti, che ripresero le
parole di Terzić relative alla necessità percepita dalla BiH di eliminare la figura
dell’OHR e conseguentemente di una maturazione politica ed istituzionale:
“C’è un ampio consenso sul fatto che le cose dovrebbero essere prese in mano dai Bosniaci in prima persona. Questa è precisamente l’idea che sta alla base di questa conferenza. Come sappiamo, non è facile perché c’è una enorme sindrome da dipendenza a causa del massiccio intervento della comunità internazionale. Il che era necessario nell’immediato dopoguerra, per porre fine al conflitto e per aiutare a costruire le istituzioni statali di base, indispensabili ad ogni moderno Paese europeo; ma ora bisogna attuare il trasferimento dei poteri e delle responsabilità, altro tema centrale di questa conferenza”106.
Inoltre puntualizzò che la società civile avrebbe dovuto ricoprire un
importante ruolo mobilitando l’opinione pubblica e creando una nuova coscienza
che portasse riforme e cambiamenti importanti. Allo stesso tempo egli rimarcò
l’opinione (molto diffusa) che le riforme costituzionali non fossero una priorità (a
differenza dello snellimento burocratico) per rendere efficiente il dialogo tra UE e
BiH e che la vera priorità fosse dunque adeguare il paese agli standard economici
europei. Ciò avrebbe consentito anche la formazione di un comune sentimento di
appartenenza allo stato.
Sempre verso la fine di ottobre fu annunciato da Osman Topčagić
(responsabile della Direzione per l’integrazione europea della Bosnia Erzegovina)
e da Adnan Terzić, (premier della BiH) che il Consiglio dell’Unione Europea
avrebbe deciso la firma dell’SAA per il 12 di dicembre. Dopo questo importante
105 Ibidem.106 A. Rossini, “Wolfang Petritsch: la Bosnia dalla dipendenza alla sovranità“ tratto da www.osservatoriobalcani.org, 25.10.2005
appuntamento ci sarebbe stata una formale apertura dei negoziati e la consegna
del testo dell’accordo. Inoltre, venne annunciato che diverse settimane dopo
l’apertura formale ci sarebbero state delle sessioni di lavoro, come promesso dalla
Commissione: 3 sessioni ufficiali e 4 sessioni tecniche, con intervalli di alcune
settimane tra ciascuna di esse. La stima della durata dei negoziati prevedeva che
essi avrebbero ricoperto un periodo dai sei ai dodici mesi.
I due politici menzionati, inoltre, puntualizzarono che i settori più
difficoltosi per la raggiunta dell’accordo sarebbero stati:
• La riduzione dei dazi doganali per le merci provenienti dalla UE;
• La rinuncia dell’esistente scambio asimmetrico di merci da parte
dell’UE senza la quale risulterebbe impossibile l’esportazioni di
merci della BiH verso la UE senza dazi;
• Fornire la BiH delle strutture amministrative adeguate;
• Revisione della struttura costituzionale;
Relativamente a quest’ultimo punto Terzić si dimostrò particolarmente sensibile,
osservando che senza le riforme costituzionali sarebbe stato impossibile
l’adesione della BiH alla UE, ma allo stesso tempo sottolineò che il momento non
era il più favorevole per iniziare una discussione relativa alle riforme. Secondo il
premier della BiH il punto principale delle riforme doveva essere l’adeguamento
alle altre costituzioni europee, vista anche l’incompatibilità di Dayton con la
Costituzione europea. Ma lo spazio creato dalle riforme operate fino a quel punto
doveva essere, a suo parere, la base su cui lavorare in quel preciso momento.
2.7.2 Intervento della diplomazia statunitense e proposte costituzionali: l’USIP.
E’ a novembre che intervenne, per la prima volta dopo l’apertura della UE
sull’integrazione della BiH, la diplomazia americana sulla questione delle riforme
costituzionali. Per la precisione, fu lo United States Institute for Peace (USIP) ad
annunciare il 10 novembre di aver preparato una nuova versione della costituzione
bosniaca. La bozza redatta era stata preparata nel corso degli ultimi sette mesi e
sembrava godere dell’avvallo anche della stessa UE, ma nonostante circolassero
alcune notizie sulle proposte già da diverso tempo, nessuno sembrava conoscere
effettivamente i contenuti del lavoro dello UISP. Alcuni giorni dopo, il 12 e il 13
novembre, i leader degli otto principali partiti si erano riuniti a Bruxelles per
discutere assieme all’UE e all’USIP i cambiamenti costituzionali. Inoltre, il 22
novembre si recarono a Washington, dove, nel corso della commemorazione del
decennale di Dayton, si sarebbero dovuti impegnare a modificare la costituzione.
Nonostante le previsioni dei diplomatici statunitensi fossero positive, la due giorni
di Bruxelles non ebbe i risultati sperati.
La proposta di costituzione era stata studiata in particolare da Don Hays107.
La bozza di nuova costituzione prevedeva108:
• un presidente unico, con due vicepresidenti;
• un consiglio dei ministri o governo (la bozza di testo ha lasciato questo
punto insoluto);
• un parlamento bicamerale.
Il testo poneva l’enfasi sui diritti individuali dei cittadini, anziché sui diritti
collettivi dei diversi popoli costituenti come previsto a Dayton. Come confermato
da Olli Rehn alla stampa, la bozza non prevedeva cambiamenti alla struttura del
paese e alle due entità. Secondo “The Guardian”, il giornale che per primo aveva
dato l’annuncio, la bozza di costituzione preparata dall’USIP non menzionava i
Cantoni, che finora avevano composto la Federazione di Bosnia ed Erzegovina ed
erano il risultato dell’accordo di Washington che nel 1994 terminò la guerra tra
croati e bosgnacchi.
Era chiara la volontà di eliminare il sistema tricefalo della presidenza, ma
ponendo ben due vicepresidenti eletti su base etnica di fatto non si sarebbe giunti
a questo scopo.
107 Fino a marzo del 2005 aveva ricoperto la carica di Principal Deputy High Representative, uno dei vice dell’Alto Rappresentante Paddy Ashdown108 M. Moratti, “Bosnia Erzegovina: è arrivato lo zio d’America” tratto da www.osservatoriobalcani.org, 15.11.2005
2.7.3 Le reazioni dei partiti alle proposte di revisione costituzionale.
Ma come già menzionato, l’incontro di Bruxelles non fu positivo. Infatti i
leader convocati espressero tutti i loro dubbi sulla difficoltà a raggiungere un
compromesso. Ivanić, del PDP (Partito del Progresso Democratico, partito molto
vicino alle idee del SDS attualmente al governo), sostenne fin da subito che non
avrebbe firmato nessun accordo sotto la pressione americana e che parte del suo
partito non c’era la minima intenzione di approvare un sistema costituzionale che
non prevedesse l’esistenza della presidenza collegiale con gli attuali tre membri.
La stessa idea fu espressa anche da Dragan Cavic, il Presidente della RS. Queste
posizioni rappresentavano la comune opinione dei partiti serbi le quali si erano
cristallizzate fin dal periodo del conflitto degli anni Novanta. Inoltre, il momento
non era molto favorevole per l’opinione pubblica serba, la quale era stata scossa
non solo dalle possibili modifiche costituzionali, ma anche dalle discussioni
relative allo status del Kosovo. L’HDZ, da parte sua, mise in chiaro che non
avrebbe appoggiato nessun accordo costituzionale che andasse a modificare la
presidenza se non vi fosse stato prima un cambiamento importante nell’assetto
interno del paese, con chiara allusione all’esistenza delle entità e al sogno croato
di creare la terza entità con l’Herceg Bosna. L’SDA avrebbe voluto eliminare le
entità per raggiungere finalmente, dopo dieci anni dalla fine del conflitto, l’unità
del paese.
I giorni di lavoro finali a Bruxelles registrarono un discreto cambiamento
di linea da parte di Ivanić, ma cominciarono a delinearsi la condotta politica e le
posizioni attorno alle quali le discussioni tra i partiti sarebbero andate avanti nei
mesi successivi. Infatti Ivanić espresse la volontà della RS di armonizzare la
Costituzione con la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, ma allo stesso
tempo puntualizzò che i tempi non erano ancora maturi per cambiamenti
sostanziali. Ciò rappresentava il timore di Ivanić stesso e della RS che la
Federazione stesse utilizzando le riforme per preparare la strada all’eliminazione
della RS. Questo provocò la reazione di Sulejman Tihić (membro bosgnacco della
presidenza) il quale sottolineò la mancanza di una reale volontà da parte della RS
di attuare le riforme: essa, secondo Tihić, avrebbe voluto solamente dei
“cambiamenti cosmetici” della costituzione vigente109. Nonostante tutte queste
polemiche, che come citato avrebbero avuto seguito e si sarebbero inasprite con
nuovi protagonisti, si raggiunsero i seguenti accordi:
• La futura Camera dei Rappresentanti avrebbe avuto 84 membri;
• La Camera dei Popoli 30;
• Il numero dei ministri nel consiglio dei Ministri sarebbe stato aumentato
con la creazione di nuovi ministeri, tra i quali il ministro dell’Agricoltura.
Il blocco venne attuato sulla presidenza e sul parlamento: mentre i partiti
della Federazione avrebbero voluto l’elezione diretta del presidente, i partiti della
Republika Srpska espressero la loro volontà sull’elezione del Presidente da parte
delle entità. Era quindi il nodo delle entità a bloccare (anche se a momenti alterni)
le discussioni di revisione. Olli Rehn era stato costretto a puntualizzare che le
riforme non avrebbero sicuramente intaccato le entità, facendosi portavoce del
comune pensiero della Comunità Internazionale. Inoltre intervennero Stjepan
Mesić e Boris Tadić110 a stemperare gli animi e a comunicare il pensiero di
Croazia e Serbia, naturali interlocutori dei croati e serbi di BiH. La Croazia
espresse la propria contrarietà per il bene della BiH rispetto alla creazione di una
terza entità. La Serbia, allo stesso modo, dichiarò che modifiche costituzionali che
abolissero le entità sarebbero state inopportune, ma ben accette se rappresentative
della volontà di tutte le parti in campo.
Imposte le opinioni sopra descritte, i partiti furono in grado di presentare
una dichiarazione finale al Segretario di Stato americano Condoleeza Rice. Il testo
della dichiarazione finale impegnava i membri dei principali partiti bosniaci
(venne firmata da tutti e otto i membri dei maggiori partiti) a rafforzare le
istituzioni centrali dello stato e a renderle compatibili con quelle degli altri paesi
della comunità euroatlantica. Inoltre si impegnavano a migliorare il governo del
paese, il parlamento e la presidenza. Aver ottenuto una mera dichiarazione di
109 Sembra che a Washington egli si fosse persino allontanato dalla riunione in segno di protesta contro le posizioni dei partiti serbi.
110 M. Moratti, “Americani, Bosniaci, Europei” tratto da www.osservatoriobalcani.org 23.11.2005
impegno da parte dei partiti, a detta di Christophe Solioz111, fu una grosso
insuccesso. In ogni caso, il termine per l’adozione delle riforme fu fissato per
marzo 2006, in previsione delle elezioni di ottobre affinché ci fosse il tempo
necessario per lavorare alle riforme e alle eventuali modifiche prima della
scadenza elettorale.
Attorno a queste discussioni costituzionali, il 21 novembre i ministri degli
esteri dell’Unione Europea avevano autorizzato la Commissione Europea ad
iniziare i negoziati per l’Accordo di Stabilizzazione e Associazione “il prima
possibile”. Inoltre il Commissario per l’allargamento dell’Unione Europea giunse
a Sarajevo il 25 Novembre112 per l’apertura ufficiale dei negoziati e
l’ambasciatore inglese Rycroft, a nome della presidenza europea dell’Unione
dichiarò in quei giorni che la velocità dei negoziati sarebbe dipesa dall’attuazione
delle riforme in Bosnia ed Erzegovina, tra le quali la riforma della polizia, la
riforma del sistema televisivo e la piena cooperazione con il tribunale dell’Aja.
2.7.4 Incontri di gennaio.
A metà gennaio ci fu una momentanea interruzione nelle trattative tra i
partiti per le riforme costituzionali. Questo stacco venne poi interrotto e le
trattative si ripresero.
Il 25 gennaio 2006 iniziò il primo incontro ufficiale dei negoziati tra BiH e
UE per l’ASA, primo passo importante per l’adesione piena del paese balcanico.
In quell’occasione Igor Davidović, a capo del team di negoziatori della BiH,
annunciò di augurarsi di completare la strada verso l’adesione entro otto anni.
Questa prima fase dei lavori si sarebbe dovuta concludere entro un anno, almeno a
detta di Reinhard Priebe, a capo dei negoziatori della UE. L’incontro di gennaio,
invece, sarebbe stato seguito da uno successivo sei mesi più tardi. Il passo
richiesto alla BiH in questa prima occasione da parte di Bruxelles sarebbe stato il
passaggio di competenze delle due entità alle istituzioni centrali di Sarajevo.
111 Christophe Solioz è Direttore esecutivo dell’Associazione Bosnia Erzegovina 2005, ha recentemente pubblicato “Turning-Points in Post-War Bosnia” (Baden-Baden: Nomos, 2005). Dal gennaio 2006 l’Associazione ha continuato il proprio lavoro sotto la sigla del Center For European Integration Strategies (CEIS)112 Festa nazionale della BiH
Obiettivo ostacolato, come detto, dalle prese di posizione dei partiti della BiH, ma
assolutamente decisivo. Proprio per il ruolo fondamentale che avrebbe giocato la
riforma costituzionale, l’AR dichiarò che sarebbe stato necessario sfruttare
“l’opportunità aperta da questi negoziati prima che le porte dell’Europa si
chiudano”. Ciò sembrò a molti un ultimatum ed era in contrasto con le
dichiarazioni riportate mesi prima in occasione degli incontri di Washington e
Bruxelles quando era stato sottolineato il fatto che l’ingerenza internazionale non
avrebbe dovuto spingere le autorità della BiH, ma agevolare come mero mediatore
i processi politici di riforma.
Il 31 gennaio ci fu una nuova svolta per il paese, con il passaggio delle
consegne tra il vecchio AR Paddy Ashdown e il nuovo, Christian Schwarz –
Schilling. Fin dalla cerimonia ufficiale furono chiari alcuni cambiamenti di
gestione dell’operato dell’OHR, in linea con le recenti prospettive della BiH di
ingresso nella UE. Infatti venne chiarito dagli analisti che probabilmente Schilling
sarebbe stato l’ultimo AR della BiH e in particolare egli dichiarò di voler far uso
dei poteri di Bonn nella maniera più limitata possibile113.
2.7.5 Intervento dell’Europarlamento.
Il 16 febbraio giunse una nuova richiesta di riforme costituzionali in BiH,
questa volta da parte dell’Europarlamento di Strasburgo nella cui occasione
confermò anche l’agenda di Salonicco e le prospettive europeiste dei Balcani.
Nella risoluzione ufficiale, l’Europarlamento chiedeva a Sarajevo di modificare la
propria Costituzione per sancire così la fine della transizione e gettare le basi per
la futura integrazione nella UE, superando le divisioni etniche e riconoscendo «i
diritti individuali piuttosto che i diritti collettivi» e il trasferimento di competenze
nei settori della giustizia, della difesa e della polizia supportato da adeguate
risorse finanziarie e che combini democrazia ed efficienza con rappresentanza e
multietnicità. Ciò stava a significare l’ufficiale presa di posizione della UE
rispetto alla questione delle riforme, ritenute assolutamente indispensabili per il
proseguo delle trattative. Infatti, l'aula si ritenne che con l'attuale assetto
113 “Bosnia Erzegovina: nuovo Alto rappresentante assume incarico”, tratto da www.osservatoriobalcani.org, 31.01.2006
istituzionale la BiH non avrebbe potuto raggiungere la necessaria incorporazione
dell'acquis dell'Unione europea e l'integrazione nell'UE. Secondo Doris Pack
(Ppe), deputata tedesca nonché Presidente della delegazione per i rapporti con
l'Europa sud-orientale, molti degli obiettivi stabiliti per il raggiungimento dello
status di membro per la BiH non sarebbero stati così proibitivi. Individuate le
difficoltà incontrate nel processo di riforma, la deputata sottolineò i progressi
raggiunti dal Paese negli ultimi anni:
"ora ci sono un [unico] ministero dell'Interno e della Difesa. La riforma della polizia è in corso di applicazione e dall'inizio dell'anno è in vigore una singola aliquota Iva. Il tasso di criminalità è tra i più bassi d'Europa, mentre l'efficacia della polizia è superiore a quella di molti Stati membri".
Venne ribadito anche l’impegno che la BiH avrebbe dovuto mantenere
rispetto alla cattura dei principali criminali di guerra. Barroso, nella visita a
Sarajevo che condusse in quei giorni, sottolineò che:
«Noi vi offriamo una strada europea, ma su questa strada, di piena adesione all’UE, non ci devono essere ostacoli».
Questo per ribadire il concetto che l’adesione non sarebbe stata così
scontata a meno di un impegno serio rispetto le riforme interne.
Inoltre, per rinnovare l’impegno alle revisioni costituzionali, i dirigenti di
cinque delle otto forze politiche firmatarie si incontrarono il 19 febbraio presso la
residenza dell’ambasciatore statunitense in Bosnia, discutendo dell’elezione del
Presidente e sulla composizione delle due nuove Camere. Questo episodio
rappresentò l’ulteriore conferma dell’interesse degli USA a condurre le trattative
tra i partiti della BiH e a traghettarli verso la proposta formulata mesi prima
dall’USIP. Inoltre vide tagliar fuori dalle discussioni alcuni partiti che non si
presentarono all’incontro.
A febbraio l’HDZ interruppe nuovamente gli accordi costituzionali
facendo venire meno la propria firma. La questione davanti alla quale si erano
imposti di fermare l’accordo riguardava l’elezione diretta del presidente delle
Repubblica perché con questa modalità sarebbe venuta loro meno la sicurezza di
un loro rappresentante. Inoltre fecero notare che una costituzione basata ancora
una volta sulle entità le avrebbe congelate definitivamente, rendendo quasi
impossibile la loro impugnazione. Alla base di questa polemica c’era l’essenza
stessa degli accordi e della costituzione di Dayton: essa, non essendo mai stata
approvata in parlamento, avrebbe opposto poca resistenza ad una sua potenziale
modifica. Negli stessi giorni Haris Silajdžić114, da poco rientrato in politica
proprio per offrire il proprio contributo alle revisioni costituzionali, aveva inviato
all’ambasciatore americano una propria proposta di costituzione facendo le veci
del suo partito, l’SBiH115.
2.7.6 Il verdetto della Commissione di Venezia.
Il 2 marzo venne coinvolta dal Presidente della BiH Sulejman Tihić la
Commissione di Venezia affinché essa esprimesse una propria opinione riguardo a
tre proposte sull’elezione del presidente del paese. Questo fu necessario in quanto
le discussioni tra i partiti stavano mettendo in stallo una situazione che avrebbe
dovuto concludersi entro tempi brevi, viste le imminenti elezioni di ottobre e i
lunghi tempi tecnici per la messa in atto delle riforme. La Commissione,
nonostante il parere fosse stato espresso già il 7 marzo, discusse nella sessione
plenaria del 17 e del 18 marzo le tre proposte (I, II e III), i cui contenuti erano
rispettivamente116:
a) Mantenimento delle regole attuali riguardo all’elezione e alla
composizione della Presidenza, con un bosgnacco e un croato eletti
nella Federazione e un serbo eletto nel territorio della RS.
b) Mantenimento delle regole riguardanti la provenienza dei candidati
(due dalla Federazione e uno dalla RS), ma senza far cenno
114 Ex dirigente dell’SDA, ministro degli esteri di Izetbegović. Fu uno dei firmatari di Dayton, di cui rinnega la positività sottolineando il fatto che furono costretti a firmare. Ora fondatore della SBiH, si ritirò momentaneamente dalla scena politica dopo l’elezione mancata alla Presidenza della Repubblica nel 2002.115 Stranka za BiH.116 Tratto da: www.coe.int
all’appartenenza etnica. Rotazione della Presidenza ogni sedici
mesi;
c) Complicata procedura di elezione indiretta della Presidenza (un
presidente e due vicepresidenti).
L’opinione della Commissione, relativamente a ciascuna proposta fu:
a) Gravi incompatibilità con il Protocollo 12 della Convenzione
Europea per i Diritti dell’Uomo poiché verrebbero esclusi alla
candidatura alla Presidenza i cittadini non appartenenti alle etnie
citate (bosgnacchi, croati e serbi). La proposta venne rigettata;
b) Rispetto all’idea di una Presidenza collettiva venne rilevato che
questa soluzione appariva più razionale. Ma fu notato la mancanza
di una chiara composizione multi etnica, necessaria per rendere
rappresentate entrambe le entità. Con l’assetto statale della BiH
invariato non sarebbe stato possibile venire meno al principio della
rappresentatività etnica. Inoltre questo avrebbe potuto significare
l’elezione alla Presidenza di due membri bosgnacchi in
Federazione. Ciò sarebbe potuto essere risolto vietando l’elezione
di due membri alla Presidenza appartenenti alla stessa etnia. Ma
ugualmente questo avrebbe rappresentato un problema qualora
fosse capitato che un candidato con un numero maggiore di voti
avesse dovuto rinunciare in favore di un altro con meno voti ma di
un’altra etnia.
c) Anche in questo caso la Commissione marcò la propria preferenza
per un singolo Presidente, con poteri limitati ed eletto
indirettamente. Ciò avrebbe permesso il mantenimento della
rappresentatività etnica pur non coinvolgendo direttamente gli
elettori, i quali avrebbero forse evitato di votare per i
rappresentanti della stessa etnia. Nonostante l’apparente preferenza
della Commissione verso questa particolare proposta, vennero
comunque mossi dei seri dubbi circa la complicata procedura di
elezione del Presidente e rispetto al vago ruolo dei vicepresidenti.
Inoltre la proposta III avrebbe assegnato un ruolo davvero
importante alla Camera dei Popoli, organo rispetto il quale la
Commissione si era già espressa preferendone l’abolizione.
L’opinione finale della Commissione fu la seguente:
“ The best solution therefore would be to concentrate executive power within the Council of Ministers as a collegiate body in which all constituent peoples are represented. Then a single President as Head of State should be acceptable. Having regard to the multi-ethnic character of the country, an indirect election of the President by the Parliamentary Assembly with a majority ensuring that the President enjoys wide confidence within all peoples would seem preferable to direct elections. Rules on rotation providing that a newly elected President may not belong to the same constituent people as his predecessor may be added117.”
Inoltre essa ribadì il proprio favore verso la decisione della BiH di
procedere alle revisioni costituzionali, ma bocciò radicalmente la prima proposta
di revisione. Nonostante avesse trovato degli spunti interessanti anche per le
proposte II e III, espresse il proprio parere negativo qualora la BiH avesse optato
per una di queste due.
2.7.7 Dalla risoluzione del Senato degli Stati Uniti agli scontri fra partiti.
Il 15 marzo, tra il parere della Commissione di Venezia e l’Assemblea
plenaria del 17 e 18, l’Ambasciata USA a Sarajevo annunciò che il Congresso
degli Stati Uniti aveva emesso una risoluzione che esprimeva il parere del Senato
circa l’opportunità per la BiH di intraprendere la strada delle riforme per la
creazione di uno stato più funzionale. Essa faceva notare che i leader della BiH si
erano già accordati per riforme significanti rispetto al budget, ai servizi di
intelligence, alla lotta alla criminalità, al ministero della giustizia e al settore della
difesa. Inoltre ribadiva la firma dell’accordo di Washington del novembre 2005118,
117 Ibidem118 Riguardanti le proposte dell’USIP
le scadenze di aprile per gli accordi costituzionali e la necessità per la BiH di
ottenere l’ingresso in UE e nella NATO. La risoluzione dichiarava che tutte le
parti in gioco nella politica della BiH stavano lavorando congiuntamente per le
riforme , per ottenere i giusti compromessi allo scopo di rispettare le scadenze
concordate e per fornire del necessario supporto l’ICTY.
Nonostante fosse stata raggiunta la firma dei sette principali partiti 19
marzo e nonostante anche l’HDZ avesse firmato, fu proprio in questo mese che le
discussioni fra partiti e dentro i partiti della BiH si fecero più aspre, serbando
numerosi colpi di scena anche con l’ingresso di nuovi attori. I partiti si resero
sempre più divisi e ambivalenti rispetto alle proposte che arrivavano da
Washington e rispetto ai moniti della Commissione di Venezia. In seguito ad una
nuova riunione fra i partiti per le riforme costituzionali, due partiti croati (HDZ e
HNZ) affermarono la loro volontà di non firmare ritornando sulla richiesta di
poter scegliere un rappresentante croato per la Presidenza della Repubblica. Ciò
significò che le trattative si sarebbero ben presto arenate, poiché l’accordo fino a
quel momento raggiunto prevedeva proprio l’eliminazione della tripartizione alla
Presidenza. Mancavano sia i voti dei croati, sia la SBiH di Silajdžić119. A questo
punto sembrava profilarsi quasi una sorta di asse serbo – bosniaco, contro le
aspirazioni di una terza entità croata. I partiti croati, infatti, avevano più volte
criticato le proposte di riforma perché se esse avrebbero dovuto prevedere
nuovamente le entità, da parte loro avrebbero desiderato la formazione della terza
entità. L’eliminazione delle entità, invece, era un’aspirazione soprattutto dei
partiti bosgnacchi, i quali, però, si dovettero accontentare della promessa che
l’eliminazione sarebbe stata presa in considerazione soltanto in una seconda fase.
In questo momento di assenza di dialogo tra partiti e di toni molto accesi,
Muhamed Šaćirbegović120 aveva persino annunciato che avrebbe ritirato la sua
firma da Dayton. Il 22 marzo Milorad Dodik minacciò di boicottare la nuova
direzione della polizia se non si fosse fatto come aveva proposto il partito serbo.
Sempre negli stessi giorni, a ribadire i toni di questo infuocato periodo, la SDS
dichiarò di voler vedere annullato il processo intentatole dallo stato per corruzione
119 Uscita già da qualche settimana compiendo le critiche già menzionate simili a quelle compiute da Tihić.120 Ex ministro degli esteri di Silajdžić.
insieme ai 1,7 milioni di marchi che avrebbe dovuto versare, come contropartita al
voto favorevole in parlamento. Il 21 marzo, invece, Haris Silajdžić aveva espresso
la propria idea, in netto contrasto con la politica fin lì operata dai principali partiti
e in linea con la ricerca che verrà riportata nei capitoli successivi:
“Ma chi chiede alcunché ai cittadini? Nessuna ha visto neanche un sondaggio d’opinione nel quale i cittadini esprimano le proprie convinzioni. Perché fuggiamo dal referendum? Che i cittadini dicano ciò che pensano e quale costituzione desiderano. Dunque, i cittadini sono esclusi, cosa che rappresenta un’umiliazione per tutti noi.121”
Verso fine marzo cinque deputati dell’HDZ uscirono dal proprio gruppo
parlamentare in protesta contro la riforma ottenendo persino la benedizione del
clero cattolico sia bosniaco che della Croazia. Il 29 marzo, durante la Conferenza
episcopale riunita Croazia – Bosnia a Sarajevo, L’arcivescovo Vinko Puljić122
confermò che i vescovi della BiH avrebbero sostenuto solamente i cambiamenti
costituzionali che avrebbero assicurato la parità di diritti del popolo croato. Inoltre
il cardinale zagabrese Josip Bozanić, espresse il pieno sostegno dei vescovi di
Croazia all’arcivescovo Puljić. Egli, poi, affermò che i cambiamenti proposti
avrebbero legalizzato una situazione ingiusta, il cui fondamento era l’esistenza
delle due entità, all’interno delle quali i croati non godevano di diritti pieni.
L’arcivescovo aveva anche attaccato la Comunità Internazionale, affermando che
essa si sarebbe “lavata le mani” dell’accordo di Dayton da essa stessa creato. E
Dayton, a detta del prelato, sarebbe stato l’unico passo logico per annullare le
ingiustizie presenti, sottolineando anche il fatto che in BiH dalla fine della guerra
sarebbe stata dimezzata la presenza croata sul suolo del paese.
Intanto le richieste e gli appelli dei vescovi cattolici rimanevano
inascoltate e sia la UE, sia gli USA spingevano nuovamente affinché fossero
approvate le riforme. Tihić, in un’intervista al quotidiano “Dnavni Avaz”, riferì
che le spinte internazionali si stavano facendo sempre più pesanti.
Ormai i partiti si erano divisi in due fronde. Da una parte il cosiddetto
“blocco patriottico” rappresentato dai tre partiti Stranka za BiH, SDU e BOSS,
121 Da un’intervista tratta dal sito di Nezavisne Novine, www.nezavisne.com, 21.03.2006
122 Dell’arcidiocesi di Vhrbosna.
dall’altro i partiti che avevano firmato l’accordo (ovviamente tranne quei politici
che si erano discostati dal proprio gruppo) e cioè SDA e Partito
Socialdemocratico, i maggiori partiti della RS e l’HDZ. Il leader di quest’ultimo,
come citato, era però quasi rimasto isolato. La parte di partiti avversi alle riforme,
in particolare, usarono toni molto duri sostenendo che con il nuovo meccanismo
sarebbero bastate quattro persone per bloccare tutto l’apparato statale. Per
contrastare questo presunto blocco istituzionale, l’SBiH aveva riproposto la
propria costituzione, che avrebbe previsto l’eliminazione delle entità su base
etnica a favore di regioni su base geografica e funzionale. Questo in linea con il
suo fondatore, Silajdžić, il quale da firmatario di Dayton in veste di ministro degli
esteri di Izetbegović, era diventato strenue difensore della “Bosnia dei cittadini”,
ovvero alla riforma totale di Dayton stessa. Ma il punto più contestato, la
minaccia più sbandierata dall’SBiH era rappresentata dall’ipotetica possibilità
della BiH di dissolversi proprio in conseguenza agli accordi di Dayton e al
“trasferimento di sovranità da stato centrale a entità”123. Inoltre emerse che fu il
capo della comunità islamica bosniaca, il reisu-l-ulema Mustafa efendi Cerić124, a
spingere affinché Silajdžić proponesse una nuova proposta di riforma
costituzionale. Nel frattempo i toni dei rappresentanti religiosi cattolici e
musulmani venivano smorzati o dalle rispettive componenti politiche, oppure da
altri elementi religiosi, come nel caso del Rijaset della comunità islamica che, pur
utilizzando espressioni ambigue, esortava a lavorare tutti insieme per una
costituzione migliore. In un’intervista, il presidente dell’HDZ Dragan Covic125,
propose persino la terza entità in maniera palese, nel tentativo di riunificate il
partito e i deputati in contrasto con lui (a Mostar, gli ex combattenti dell’HVO
avevano annunciato la fondazione di un partito proprio).
123 Tratto da www.avaz.ba, 22.03.2006124 Ibidem125 Ibidem
2.7.8 Aprile, il voto viene rinviato.
A causa delle condizioni sopra descritte, il voto che avrebbe dovuto
confermare gli accordi costituzionali venne posticipato al 4 maggio (invece che il
4 aprile come previsto già da tempo) in quanto sembrava sempre più difficile
poter raggiungere un accordo nei tempi prestabiliti e di ottenere una maggioranza
che appariva sempre più vacillante.
Il mese di aprile fu aperto con una notizia che ancora una volta andava a
mettere in dubbio i risultati di Dayton: i simboli, le bandiere e gli inni di RS e
FBiH erano stati dichiarati incostituzionali in quanto discriminatori nei confronti
delle minoranze etniche presenti sui rispettivi territori: cioè bosgnacchi e croati in
RS e serbi in FBih. Ciò avrebbe fatto presagire a molti la possibilità che ben
presto la Corte Costituzionale126 si sarebbe potuta esprimere anche riguardo al
nome stesso della RS.
Inoltre ci fu un mezzo scandalo a causa di un articolo del settimanale
“Fokus” di Banja Luka in cui si affermava che Silajdžić sarebbe stato dichiarato
dagli USA come “personaggio non gradito” a causa di suoi presunti contatti
pericolosi. A causa di ciò, sempre secondo il settimanale, gli sarebbe stato negato
il visto d’ingresso negli USA. La notizia venne immediatamente smentita
dall’interessato, ma delineò bene il livello di scontro politico a cui ormai si era
arrivati proprio a pochi giorni dalle scadenze per la commissione incaricata di
formulare il testo degli emendamenti alle riforme.
Il 7 aprile, poi, avvenne un fatto eclatante: fu ufficializzato lo “scisma” del
principale partito croato, l’HDZ rinominato HDZ1990 per sottolineare il ritorno
alle origini. Ancora una volta, questo evento era il risultato delle discussioni
attorno alle riforme costituzionali attorno le quali si stava rimodellando anche il
pensiero del nuovo HDZ. Infatti da quel momento fu un solo rappresentante del
partito a parlare di terza entità, isolato dall’opinione ormai prevalente che le entità
dovessero essere eliminate.
126 M. Moratti, “Bosnia Erzegovina: prove di normalità” tratto da www.osservatoriobalcani.org, 05.04.06
L’11 aprile il quotidiano bosniaco “Avaz”127 riportò le parole di una lettera
di Condoleeza Rice ai partiti firmatari. Ella si augurava nuovamente che i partiti
della BiH rispettassero “le promesse fatte a Washington”. Questo augurio, insieme
alle dichiarazioni di Douglas McElhaney il quale si aspettava l’appoggio del
parlamento della BiH alle riforme, furono contrastate dal parlamento stesso. Lo
stesso Mirsad Cerman, presidente della commissione parlamentare incaricata di
relazionare sugli emendamenti proposti, dichiarò di non escludere un parere
negativo della commissione stessa (che si sarebbe dovuta riunire il 18 aprile) a
causa della mancanza di un numero significativo di deputati favorevoli (cinque
membri si erano già espressi contrari). Nuovi emendamenti, poi, vennero proposti
in seguito, durante un’assemblea parlamentare aperta anche alla società civile
nella quale era spiccata l’assenza dei rappresentanti della presidenza.
Un nuovo colpo assestato alla diplomazia internazionale fu la
constatazione che centinaia di milioni di marchi provenienti dall’IVA (introdotta
proprio nel 2006) erano stati bloccati128 su conti comuni. Infatti la RS aveva
operato un drastico ostruzionismo sull’aggiornamento dei coefficienti (operato da
un’istituzione comune), fino a quel momento favorevoli a loro, assolutamente
sfavorevoli alla FBiH. Successe esattamente come nella vicenda della riforma
della polizia. La RS utilizzò anche in questo caso il proprio “veto” come
strumento politico per perseguire i propri fini.
E’ attorno alla cosiddetta “seconda fase”, prevista dai fautori della riforma
dopo le elezioni di ottobre, che l’8 aprile era intervenuto il Presidente
dimissionario della Camera dei Rappresentanti di BiH Špirić, quasi a confermare i
sospetti sopra esposti. Infatti egli dichiarò129 che se ci fosse stata in programma
l’eventuale eliminazione delle entità, i partiti serbi, facendosi portavoce dei timori
dei loro elettori, avrebbero sicuramente votato contro. Questo perché
l’eliminazione delle entità o la riduzione dei loro poteri non sarebbe mai potuta
essere la chiave per la prosperità del paese.
127 Ibidem128 Fu il direttore inglese della Direzione delle imposte dirette (con sede a Banja Luka) Jolly Dixon a bloccare i conti. I politici della RS tentarono di rimuoverlo senza successo. Per questo da essi venne accusato di abuso di potere.129 “Nezavisne Novine”, 08.04.06
2.8 Le riforme: una questione aperta anche dopo il voto di maggio?
Al momento della redazione del presente lavoro, si stava attendendo a
breve la votazione di maggio delle riforme.130. Compiere una previsione sull’esito
delle stesso sarebbe molto difficile e non rientra negli scopi della presente ricerca.
Tuttavia, nel riportare le dinamiche politiche createsi nel corso degli ultimi mesi
tra BiH, UE e diplomazia statunitense, si sono delineati alcuni punti chiave che è
bene ribadire. Essi confermano una volta di più il caos che regna all’interno delle
istituzioni della BiH e tra le varie diplomazie, spesso in difficoltà nel comprendere
le complessità del paese. Innanzi tutto bisogna sottolineare le polemiche interne
alla BiH, nella quale persistono ancora, a distanza di undici anni, le barriere
ideologiche createsi con il conflitto degli anni Novanta. Queste impediscono il
dialogo, spesso anche all’interno degli stessi partiti. Ci si domanda quanto siano
rappresentative della reale volontà dei cittadini della BiH o, piuttosto, quanto esse
nuocciano alla stessa maturazione civile della società del paese. Proprio perché,
salvo rari casi in cui si è invocata una soluzione simile131, nessuno ha mai operato
una seria attività di sondaggio per indagare la volontà dell’opinione pubblica, pare
che le istituzioni portino avanti un discorso politico autoreferenziale e tema il
responso di un eventuale referendum132. La propaganda che aveva preceduto la
guerra e di cui è stato riportato nel capitolo I133, aveva creato quasi dal nulla falsi
timori che poi si sarebbero rivelati sconvolgenti per il paese: essa sembra
riproporsi nello scontro politico, con toni più pacati e con allarmismi di molto
inferiori, ma ugualmente nocivi per un paese che aspiri all’ingresso in UE. Lo
scollamento tra i reali problemi, le reali intenzioni dei cittadini e le proposte che
vengono portate avanti dalla classe politica, appare sempre più ampio.
La Comunità internazionale, impersonata dalla UE, dall’operato
dell’ambasciatore statunitense e dal ruolo dell’AR, pare molto in difficoltà.
Sembra lavorare assiduamente per le riforme costituzionali e per permettere alla
BiH di compiere il proprio ingresso nella UE. Ma allo stesso tempo si ritrova a
fare i conti con un bilancio forse non troppo positivo di dieci anni di diplomazia 130 Mancavano solamente due settimane al voto.131 Cfr p.73132 Ibidem133 Cfr Cap. I, par. 1.3.3
nel paese balcanico, ritrovandosi di fronte gli errori di una Dayton che viene
nuovamente riproposta seppur in maniera differente. Infatti le riforme
costituzionali sviluppate dalla diplomazia USA, assomigliano molto all’attuale
struttura che il DPA assegnò alla BiH nel 1995.
Di fronte a questo scenario non ci si dovrebbe domandare solamente quale
potrebbe essere l’esito della votazione attorno le riforme. Piuttosto bisognerebbe
interrogarsi sull’opportunità di condurre delle trattative così importanti in così
breve tempo e proprio in un momento ancora poco favorevole per la BiH,
accelerando un processo che forse richiederebbe un’attenzione diversa da parte
della Comunità internazionale.
CAPITOLO IIIBihać e il Cantone Una – Sana, indicatori generali
Per compiere un’attenta analisi della attuale situazione della città di Bihać è
necessario operare uno studio che contestualizzi il soggetto della ricerca
all’interno della regione in cui opera. E’ quindi opportuno fornire i dati non solo
della città di Bihać, ma di tutto il Cantone Una – Sana134. L’economia della città è
strettamente legata alle condizioni cantonali e non è possibile descrivere la
situazione socio- economica di Bihać e prevederne le future potenzialità di ripresa
senza i dati socio economici del Cantone intero. Infatti, per compiere questa parte
descrittiva, ci si è avvalsi di due testi: la strategia cantonale135 e uno più specifico
sulla città di Bihać136. I dati più recenti reperiti risalgono al 2003, ma danno
un’idea molto realistica anche dell’attuale situazione. La crisi economica
successiva alla guerra e la mancata ripresa hanno avuto tre cause principali, oltre
ovviamente ai danni diretti del conflitto:
a) Crisi di un soggetto economicamente forte come l’Agrokomerc, il quale
garantiva occupazione per migliaia di lavoratori;
b) Privatizzazioni mal gestite;
c) Distribuzione delle risorse tra livello centrale e locale come già visto nel
capitolo precedente.
E’ chiaro, quindi, che questi due elementi vanno visti in un’ottica più ampia della
singola città di Bihać.
Iniziamo questo capitolo citando rapidamente alcuni dati relativi ai danni bellici.
Punto di partenza fondamentale per comprendere la situazione attuale della città
di Bihać.
I danni provocati dalla guerra sono tuttora di grave entità soprattutto per
l’apparato industriale e per le zone rurali che circondano la città, il fronte era
134 D’ora in poi USC135 “Socio – Economic analysis of the Una Sana Canton” Economical Institute of Bihać University, Bihać May 2004.136 Luca Lanzoni, Laura Stefani “Bihać e il fiume. Città e ambiente nella ricostruzione della Bosnia”, Ed. Opus 2002.
attorno a Bihać137. Ciò ha significato che gli edifici distrutti si sono concentrati
nella aree di campagna (circa l’80% di edifici danneggiati e in alcuni casi dei
villaggi sono stati completamente rasi al suolo), mentre la città ha subito danni
solamente al 10% degli edifici138.
Mancano dati specifici anche per gli edifici pubblici danneggiati. Uno dei
principali di cui si è a conoscenza è quello che riguarda gli edifici educativi andati
persi dopo la guerra: da un totale di 243 unità, sono passati a 63 unità dello stato
attuale.
Per quanto riguarda le unità residenziali, sono state ripristinate 1384 edifici,
collocati soprattutto nelle aree rurali (solo 157 a Bihać). Inoltre sono stati
ripristinati 12 edifici scolastici e le strutture ospedaliere e assistenziali139.
La città ha sofferto le distruzioni del conflitto in maggior parte nelle sue zone
esterne, conservando così buona parte del suo centro storico originario. Il rilancio
della città dal punto di vista abitativo e culturale potrebbe avvenire in maniera
piuttosto semplice proprio per questo. Infatti sono allo studio del Comune alcuni
interventi che valorizzino il centro storico.
3.1 Indicatori generali socio economici: USC e Bihać.
I’USC è uno dei dieci cantoni della Federazione della BiH. E’ stato costituito il 27
maggio 1995 e possiede una propria Costituzione, poteri legislativi, giuridici ed
esecutivi con una certa indipendenza nel processo decisionale.
In accordo con la sua posizione geografica, l’area dell’USC presenta un’economia
regionale omogenea che differisce dalle altre regioni della BiH. Essa confina a
sud e a sud – est con la repubblica di Croazia. La sua posizione geografica è molto
favorevole perché copre l’area nella direzione di due corridoi principali
dell’Europa orientale – Mediterraneo – Medio Oriente, ma essa confina
principalmente con la Croazia.
Il porto più vicino è quello di Rijeka, il quale è situato a 200 chilometri da Bihać,
la capitale del cantone, mentre l’aeroporto più prossimo è a Zagabria, a 165
137 Cfr Cap. I, par. 1.4.1138 Ibidem139 Ibidem
chilometri di distanza. Il traffico stradale e ferroviario si sta sviluppando
rapidamente nel Cantone Una-Sana.
L’area del Cantone possiede un importante patrimonio naturalistico che è
caratterizzato per la sua originalità, varietà e spettacolarità. Questo patrimonio è
costituito essenzialmente dalle acque e dalle foreste. Inoltre è ricca di un gran
numero di minerali, terme e acque termali. Le più famose sono quelle della
località di Tomina Ilidža vicino a Sanski Most e Gata vicino a Bihać.
Le caratteristiche di queste acque non sono ancora state adeguatamente studiate
dal punto di vista idrologico, geologico, fisico – chimico, batteriologico ed
energetico, quindi un loro utilizzo appropriato risulta molto complesso.
Grande risorsa del Cantone sono le foreste sub –mediterranee e continentali, di
eccezionale bellezza e con un alto livello di conservazione.
La superficie totale dell’USC è di 4.125 m2 il quale rappresenta il 15,80 %
dell’intera superficie della FBiH e l’ 8,06 % dell’intera superficie della BiH.
La posizione economico – geografica della USC è sicuramente una delle più
avvantaggiate dell’intera BiH. Essa gravita attorno ad alcuni dei maggiori centri
più sviluppati dell’Europa, come Zagabria, Rijeka, Ljubljana, Triste, Venezia,
Graz, Salisburgo, ecc.. Questa posizione favorevole può diventare una incredibile
opportunità e può fornire alla BiH un “ponte” che colleghi il paese all’economia
dell’Europa occidentale. Il Cantone dovrebbe quindi puntare e capitalizzare le
proprie risorse verso questa opportunità.
L’USC è territorialmente e politicamente diviso in otto municipalità140. Dopo la
guerra e con gli Accordi di Dayton, il Cantone ha subito alcune variazioni nei suoi
confini. Per esempio, alcune municipalità sono state private di porzioni più o
meno consistenti del proprio territorio141.
Secondo il censimento del 1991 nel Cantone US, la percentuale di
Bosniaco/Musulmani era del 69,4%, i Croati erano il 3,2%, i Serbi il 23,7%,
mentre le altre etnie presenti rappresentavano il 3,7% del totale.
140 Bihać, Sanski Most, Cazin, Ključ, Velika Kladuša, Bosanska Krupa, Bužim, Bosanski Petrovac. La capitale del Cantone è Bihać con 53.000 abitanti.141 L’attuale Bosanska Krupa è il 60% del totale del territorio sotto la sua amministrazione prima della guerra, il 30% di esso, ora, appartiene alla municipalità di Bužim e il 10% all’Entità dei serbi. La municipalità di Sanski Most è l’80% della superficie pre-bellica, Bosanski Petrovac e Ključ il 90%, mentre Drvar solo il 26%.
Le stime del 2002, in assenza di un censimento ufficiale del paese, hanno
calcolato che l’USC ha 307.124 abitanti, approssimativamente con questa
struttura d’età142:
- 0-14 anni ............................24,3%
- 15-64 anni ..........................65,3%
- 65+ anni .............................11,0%
Questi parametri confermano che la composizione della popolazione nel Cantone
è molto favorevole. Il numero di abitanti per m2 è 73,74, mentre nella
Federazione di BiH è 88,89. Questo dato conferma che la popolazione per m2
nell’USC è minore di 15,24 abitanti per m2 rispetto alla popolazione della FBiH.
I gruppi religiosi sono composti dalla Chiesa Ortodossa, da quella Cattolica e dal
gruppo musulmano. Questo rappresenta numericamente il gruppo predominante.
A causa del ritorno dei rifugiati e degli scampati alla guerra, l’USC è diventato un
cantone multietnico.
PRINCIPALI INDICATORI SOCIO-ECONOMICI DELLA USC E DELLA FBiHINDICATORI Federazione USCArea in km 2 26.110,5 4.125,0
Numero totale di abitanti
presenti (stimati al
31/12/03)
2.323.339 304.181 (13,09
%)
Numero di abitanti per km2 88,98 73,74GDP in 000 KM nel 2003 7.846.000 742.340
GDP pro capite in KM (2002
per numero totale di abitanti)
2.805,0 2.694,0
Percentuale di occupati
rispetto al totale della
popolazione
16,67 9,96 %
Tasso di disoccupazione (nel
2003)
43,42 % 49,04 %
Stipendio medio netto mensile
in KM ( nel 2003)
524,18 505,03
Paniere di base in KM (nel
2003)
457,93 447,51
Stipendio medio netto in
proporzione al paniere di base
114,47 % 112,85 %
142 Ibidem
Export in 000 KM (nel 2003) 1.812.939 97.410
Import in 000 KM (nel 2003) 5.769.645 342.877Import - Export 31,42 % 28,4 %
Numero di operatori d’affari
registrati al
31/12/02
29.710 3.441
Media delle persone occupate
(nel 2003)
387.381 31.492
Numero di disoccupati 297.328 30.312
Tabella 2.Principali indicatori socio-economici nell’ USCe nella FbiH143
Ia media degli occupati nella FBiH era 387.381 nel 2003, mentre nell’USC era di
31.492 . Prima dell’ultima guerra solo la municipalità di Bihać aveva avuto
21.000 occupati. Il numero dei disoccupati nella FBiH era di 297.328 nel 2003,
mentre nell’USC era di 30.312.
Il tasso di disoccupazione nella FBiH era del 43,42% nel 2002 e raggiunge
il tasso del 49,04% nell’USC. E’ un dato davvero preoccupante a causa del suo
valore estremamente elevato.
Un altissimo tasso di disoccupazione è presente nell’USC e non è presente
un’assunzione di base per un’occupazione più alta e più produttiva.
I bassi salari, in percentuale più bassi nel cantone rispetto alla Federazione,
comportano numerosi disagi per la popolazione. In particolare, riguardo al così
detto “paniere”, la vita sembra avere un costo eccessivo per una famiglia che
abbia quattro o più componenti.
Il valore dei beni esportati nell’anno 2003 era di 1.812.939.000,-KM nella FBiH,
mentre nell’USC era di 97.410.000,-KM144.
143 USC Strategija.144 Prima dell’ultima guerra solol’«Agrokomerc» di Velika Kladuša aveva avuto un valore annuale di esportazioni di 72.000.000,-USD o il «Kombiteks» di Bihać aveva ottenuto esportazioni per un totale di 40.000.000,-KM.
3.1.1 Terreni coltivabili e foreste.
Terreni in km2N°: Municipalità Suolo
coltivabile
Campi
arati
Totale Foreste Terre e
foreste
Area della
Municipalità1 Bihać 104.89 38.62 143.51 526 669.51 9002 Sanski Most 239.58 72.71 312.29 383 695.29 7813 Cazin 164.55 133.64 298.19 101 399.19 3564 Velika
Kladuša
149.92 120.64 270.56 93 363.56 331
5 Ključ 84.36 8.32 92.68 208 300.68 3586 Bosanski
Petrovac
83.5 2.4 85.9 401 486.9 709
7 Bosanska
Krupa
168.85 91.9 260.75 270 530.75 561
8 Bužim 51.16 49.25 100.41 47 147.41 129USC in totale: 1046.81 517.48 1564.29 2029 3593.29 4125
Tabella 3.
L’industria del legname è sempre stata una delle maggiori attività
nell’USC. In relazione al territorio della BiH le foreste della USC rappresentano il
9% del totale145 della foreste fornendo al Cantone le basi per un’eccellente
industria del legname e per l’industria chimica.
L’USC possiede foreste con legno di ottima qualità con riserve di legname per
ettaro decisamente superiori alla media del resto del paese. Sfortunatamente la
situazione dell’industria del legno versa in gravi condizioni, sia nella USC, sia nel
resto della BiH e questa branca dell’industria sta attraversando un periodo molto
serio.
Il totale delle risorse forestali sono rappresentate da 149.772 ettari pubblici e
41.108 ettari di suolo privato. Prima della guerra l’industria del legno era la più
rilevante e redditizia attività della BiH. In totale rappresentava il 30%
dell’economia di tutta la BiH e il 17% del totale del Cantone. Le distruzioni della
guerra hanno danneggiato e devastato la maggior parte della capacità produttiva,
le strutture e i raccordi commerciali sono stati danneggiati gravemente o distrutti
irrimediabilmente. Ciò ha rappresentato un passo indietro nei termini di
modernizzazione dell’industria e un rallentamento per quanto riguarda le
145 Ibidem
privatizzazioni. Le ditte già privatizzate non hanno avuto la possibilità di
svilupparsi e di crescere. Infatti la maggior parte delle industrie privatizzate sono
rimaste di piccole dimensioni, incapaci di sviluppare la lavorazione di prodotti
finiti e costrette a limitarsi al taglio del legname e all’esportazione di prodotti
semi – lavorati. La guerra ha rallentato e ha spezzato sul nascere la capacità
produttiva di un’industria così promettente e così redditizia anche perché ha
comportato la perdita di tecnologia e di lavoro specializzato. La sfida per il
Cantone, ora, è rappresentata dal potenziamento di tutte le piccole industrie del
legname che ora sono piccole imprese e manifatture private e spesso a direzione
famigliare
L’USC possiede 1.564,29 km2 di terreni coltivabili e 517,48 km2 di campi arati.
Ma il territorio non è ricco di grano. Le cifre sono di 23-30 centesimo per ettaro146.
La produzione in cui la USC ha un vero vantaggio riguarda la produzioni di
ortaggi, piccoli frutti e la produzioni di latticini.
3.1.2 Risorse minerarie.
Municipalità
Minerali Luogo Deposito/Quantità
Bihać Bauxite Pritoka-Tihotina-
Trovrh, Skočaj
in fase di accertamento
Bihaćite (pietre
decorative)
Maskara, Ružica Produzione stimata
10000 m3 /
Annodolomite Gata 516.000 m3dolomite Dobrenica 2.628.000 m3dolomite Palež 263.000 m3dolomite Lipa sconosciutacalcare Pritoka In fase di esplorazionegesso Zona: Bihać-Kulen
Vakuf-Martin Brod
Deposito di Breščić /
7.045.000 t
Tabella 4.
146 In Slavonia e in Vojvodina sono attorno agli 80-100.
Il Cantone US gode di una rilevante produzione e ricchezza di materiali minerari.
Sia per l’edilizia, sia per quanto riguarda i materiali minerari decorativi. La stessa
Bihać, nella zona del suo comune, può trarre ottimi profitti dallo sfruttamento
minerario.
Purtroppo lo sfruttamento minerario a larga scala rimane per il momento solo una
importante potenzialità. Infatti vi sono ancora molti problemi da risolvere, primo
fra tutti quello delle licenze e delle concessioni. La Strategia Cantonale qui presa
in esame, si augura di poter raggiungere la piena produttività nel lungo periodo,
quindi non immediatamente. Anche perché alcuni giacimenti esistenti dovrebbero
sorgere nella zona del futuro Parco della Una. Ciò implicherebbe compiere una
scelta tra la produzione mineraria e la valorizzazione naturale del territorio, con il
conseguente potenziale sviluppo turistico.
3.2 Popolazione dell’USC.
L’USC segue il percorso della situazione dell’intera BiH, dal medioevo (da citare
l’Impero Ottomano e la diffusione dell’Islam in tutta quest’area), ed è determinata
dalle tre etnie principali le quali sono prima di tutto da distinguersi su base
religiosa: i bosniaci – musulmani, i serbi – ortodossi e i croato – cattolici. In
riguardo alle enormi somiglianze in termini di lingua, cultura e storia, queste
categorie etniche sono iniziate a sorgere a partire dalla fondazione e
dall’espansione delle dottrine nazionalistiche. Queste causarono, dopo la
dissoluzione della Jugoslavia, la recente guerra del 1992 – 1996. Le conseguenze
di questa guerra hanno ovviamente comportato delle variazioni demografiche
significative. Questi cambiamenti sono avvenuti ovviamente anche nell’USC,
come dimostrato nella tabella qui di seguito.
3.2.1 Livello demografico della popolazione
Municipalità/Cantone 1991 2001 2002 2003USC 371705 305905 307124 304181Bihać 70732 60325 60511 60707
Sanski Most 56407 64469 64527 60537Cazin 63409 60387 60772 61094
Velika Kladuša 52908 49317 49580 49841Ključ 37391 15984 16027 16020
Bosanski Petrovac 15621 8251 8213 8151Bosanska Krupa 58320 29299 29423 29580
Bužim 16917 17873 18071 18251
Tabella 5147.
Nel periodo dal 1991 fino al 2003148, vi sono stati alcuni importanti cambiamenti
nella zona dell’USC. Nel 1991 c’erano 371.705 abitanti, nel 2001 si erano ridotti
a 305.905, nel 2003 erano passati a 304.181. Vi è stato, quindi, un calo
demografico dal 1991 al 2003 di 67.524 abitanti. I più grandi cambiamenti si
possono riscontrare nelle zone di Ključ,
Bosanska Krupa e Bosanski Petrovac. La municipalità di Bihać, così come le altre
più grandi, non hanno subito variazioni così rilevanti (seppur il calo demografico
sia vistoso anche in questi comuni) per alcuni aspetti rilevanti: in primo luogo non
ci sono stati i cambi di confine conseguenti alla guerra (e ciò ha comportato un
importante calo demografico) che invece vengono rilevati nelle altre municipalità
già citate in precedenza. In secondo luogo le città più grandi, in seguito alla
guerra, sono state il centro dell’immigrazione interna dalle campagne.
3.2.2 Le etnie nell’USC in percentuale
Nel periodo 1991 – 2002, ci sono stati alcuni importanti e significativi
cambiamenti nella struttura della popolazione dell’USC. Confrontando le cifre del
1991 con quelle del 2002, c’è stato un aumento di popolazione bosgnacca, la
quale è passata da 265.639 a 290.018 persone, mentre il numero dei croati è calato
da 7.403 a 5.596 persone. La popolazione serba è a sua volta scesa, passando da
147 USC Strategija.148 Ultimi dati demografici disponibili
85.228 a 10.262 persone. Le statistiche dello stesso periodo, fanno notare che è
notevole anche il decremento di quella parte della popolazione che viene definita
sotto la categoria “altri”: da 13.435 a 1.248 persone. In percentuale, nel 1991 i
bosgnacchi erano il 71,47% della popolazione, i serbi il 22,93% mentre i croati e
gli “altri” erano il 3,61%149.
Queste percentuali sono notevolmente cambiate, come si può vedere dai dati del
2002. I Bosgnacchi erano il 94,43%, i serbi il 3,34%, i croati l’1,83% e gli “altri”
lo 0,41% dell’intera popolazione.
Questo è il risultato sia della pulizia etnica, sia delle migrazioni interne post
belliche, conseguenza della costruzione di una BiH non unita. Infatti150, solo il
ritorno della popolazione alle proprie case e ai loro possedimenti pre-bellici sarà
possibile creare una BiH unita e matura per l’integrazione in EU.
3.2.3 Popolazione per età a Bihać e nell’USC
Fas
ce
d’et
à
0-7 8-15 16-65 >65
Fas
ce
per
sess
o
M F Tot M F Tot M F Tot M F T
o
t
US
C:
31482 29787 6126
9
16624 15807 3243
1
120419 11105
0
23146
9
12104 17133 2
9
2
3
7Bih
ać
5701 5592 1129
3
2891 2746 5637 24183 24019 48202 2393 3537 5
9
3
0Tabella 6151.
149 Ibidem150 Ibidem151 USC Strategija.
La tabella 6 mostra la composizione della popolazione del Cantone per fasce
d’età confrontandola con la composizione di Bihać. La composizione per fasce
d’età è determinata dalle colonne a) da 0 a 7 anni, b) da 8 a 15 anni, c) da 16 a 65
anni e d) oltre i 65 anni.
Ciò significa che 61.269 (18%) persone della USC hanno tra 0 e 7 anni, 32.431
(9%9) sono tra 8 e 15 anni, 231.469 (65%) sono nella fascia d’età compresa tra i
16 e i 65 e 29.237 (8%) persone hanno più di 65 anni. Inoltre si rileva che 173.659
(49%) sono di sesso femminile, mentre 180.747 (51%) sono i maschi152.
Inoltre bisogna fare alcune precisazioni. La popolazione, nonostante
l’elevato numero di vittime civili (3500) nel corso del conflitto, ha avuto un
incremento di cittadini bosgnacchi. Ciò è dovuto principalmente alla forte
immigrazione interna dalla RS153, ma soprattutto per l’immigrazione interna al
Cantone. Delle 6832 persone insediatesi a Bihać dopo la guerra il 55% è
rappresentato dai movimenti interni al Cantone, il restante dalla RS. La comunità
serba è stata la più colpita nella municipalità. Dai 12.689 cittadini presenti
all’inizio del conflitto, sono passati a 1.050 persone. Il Displaced Person status154
ha calcolato che la popolazione di Bihać è passata da 70.886 persone (cifre del
censimento del 1991) a 53.614 nel 2000, con un saldo negativo del 24%.
E’ importante sottolineare che gli spostamenti di popolazione interni alla
municipalità e al Cantone sono stati migrazioni dai centri rurali alla città,
soprattutto per cause economiche. Inoltre non è possibile calcolare per mancanza
di dati le variazioni demografiche causate dalle variazioni confinarie della
municipalità. In particolare ciò riguarda il paese di Martin Brod e alcune aree che
facevano parte della municipalità di Drvar.
Principali parametri demografici della municipalità di Bihać e dell’USC: 1991 Densità della pop.
(abit./km2)Insediamenti Famiglie Persone per
famiglia
1991 2002
Bihać 49 18909 3.7 78.59 67.23USC 249 87801 4.03 86.01 74.45
Tabella 7.
152 Le stime demografiche di Bihać prevedono che tra il 2000 e il 2020 ci sarà un aumento di popolazione che farà passare gli attuali 50.000 abitanti a 70.000.153 In particolare da Prijedor e da Banja Luka.154 DPs
3.2.4 Incremento naturale della popolazione: Bihać e USC
1991 1996 2001Nati Morti Increment
o naturale
Nati Morti Incremento
naturale
Nati Morti Increment
o naturaleBiha
ć
1188 538 650 1049 439 610 788 417 371
US
C
5993 2746 3247 4746 1663 3083 3497 1941 1556
Tabella 8.
Oltre alle nascite e alle morti, c’è un altro fattore importante che va sottolineato
per comprendere l’andamento della popolazione nell’USC: le migrazioni. Come
per tutta la BiH, anche l’USC ha sofferto di questo fattore particolarmente
nell’ultimo decennio. Esistono due tipi di migrazioni che vanno evidenziate: le
migrazioni in seguito alla guerra e caratterizzate dal fattore etnico, quindi la
categoria degli espulsi e dei dispersi in guerra. Inoltre esiste un secondo tipo di
migrazione, avvenuta nel dopo guerra, legata soprattutto alla qualità della vita. I
bassi standard di questa hanno causato l’esodo più rilevante nell’ambito delle
migrazioni. La maggior parte delle persone che decidono e che hanno deciso di
emigrare all’estero appartengono alle classi più istruite e ciò rende ancora più
drammatico questo fenomeno.
3.3 Applicazione delle leggi sulla proprietà nell’USC
TotaleRichieste Decisioni Risoluzioni Tasso di
richieste eseguite
in %Bihać 2512 2510 1919 76,39USC 11155 10952 9845 88,26
Tabella 9.
Il diritto alla proprietà, essendo alla base di ogni società democratica, è stato una
delle priorità del dopo guerra in tutta la BiH. Questo perché la guerra del 1992-
1995 ha violato, tra le altre cose, anche questo diritto fondamentale. La tabella
mostra i risultati ottenuti in questo campo. Anche se il lavoro è ancora in fase di
ultimazione, sembra che esso ben presto potrà essere completato.
3.4 Mercato del lavoro, occupazione e disoccupazione.
In BiH, le seguenti attività sono di competenza dello stato e delle agenzie
istituzionali di impiego: conseguimento degli indicatori, regolazione dei traffici,
registrazione degli impieghi, assistenza per i disoccupati, eventuali corsi di
professionalizzazione. Il sistema delle agenzie di assunzione è gestito a livello
delle entità. Nella Federazione il sistema prevede che a livello superiore vengano
prese le decisioni e venga stabilito il funzionamento delle agenzie.
L’amministrazione e la gestione di esse è sussidiariamente devoluto ai cantoni e
alle municipalità. Non esiste un’istituzione simile a livello della BiH, ennesima
prova delle divisioni interne del paese.
Le statistiche155 ci dicono che nell’USC c’era il 41,1%156 di persone
disoccupate157 rispetto alla popolazione attiva. Le donne rappresentano il 46,3%
del totale dei disoccupati. Più del 30% dei disoccupati sono invalidi di guerra,
mentre le famiglie di militari morti durante il conflitto e di veterani, rappresentano
155 Dati aggiornati al giugno 2002, USC Strategija.156 In FB&H 42%, nella RS 39%.157 Registrate all’Ufficio di Collocamento.
il 4%. Circa il 34% della popolazione158 credono che la disoccupazione sia il
principale problema del paese.
La crescita della disoccupazione è il risultato prevedibile della guerra e della
errata gestione delle privatizzazioni. La disoccupazione è la principale causa di
povertà del paese ed è maggiormente diffuso tra i giovani e i rifugiati. Le persone
con un livello di istruzione inferiore hanno minori possibilità di essere assunte. Il
raggiungimento di un pieno sviluppo del paese passa soprattutto per alcuni punti
fondamentali. Essi sono: evitare la dispersione all’estero delle persone con un
livello di educazione superiore, recupero dell’economia, stabilizzazione dei
problemi legati alla proprietà e la stabilità del paese. Più di 92.000 giovani ha
lasciato il paese nel periodo compreso tra il 1996 e il 2001 e moltissimi giovani
sono in attesa del visto per emigrare all’estero. Sfortunatamente non esiste ancora
una strategia precisa per limitare questo fenomeno.
3.4.1 Occupazione.
Occupazione per municipalità dell’USC nel 2002Municipalità Occupati % dal totale della
popolazione
% dalla popolazione
attivaBihać 10132 16,74 25,71
Bosanska Krupa 2204 7,49 11,61Bosanski Petrovac 1116 13,59 20,64
Bužim 880 4,87 7,90Cazin 4872 8,02 12,50Ključ 1646 10,27 16,90
Sanski Most 4707 7,29 10,27Velika Kladuša 5625 11,35 18,02
USC 2002 31182 10,15 15,54USC 2003 31492 10,35 14,86
Federazione BiH nel
2003
387381 16,67 23,68
Tabella 10.
La tabella 10159 mostra il tasso di occupazione per municipalità nel 2002. Il totale
degli occupati nell’USC era di 31.182, mentre nella Federazione era 394.132.
Bihać vanta il più alto tasso di occupazione dell’USC, cioè 10.132 o il 23,49% del
158 38,6% nella FB&H e 26,7% nella RS.159 Ibidem
totale degli occupati nel Cantone. Rispetto alla popolazione attiva gli occupati di
Bihać rappresentano il 16,74% e il 25,71% della popolazione attiva. Questi
indicatori ci rendono l’idea della situazione post bellica del mercato del lavoro di
Bihać e della sua situazione attuale a livello industriale se messi a confronto con i
dati precdenti la guerra. Basti pensare che prima del conflitto a Bihać le persone
occupate erano 21.000, la maggioranza delle quali era impiegata nel settore
economico e il resto nell’amministrazione pubblica. La situazione è ancora
peggiore nelle altre municipalità del Cantone.
Nell’USC gli occupati erano nel 2000 33.276, nel 2001 31.633, nel 2002 31.182 e
nel 2003 31.492.
3.4.2 Occupati per settore.
MunicipalitàSettore Bihać Bos.
Krupa
Bos.
Petrovac
Cazin Ključ S.
Most
Velika
Kladuša
Buži
m
A Agricoltura,
Legname,cacci
a
129 216 136 57 57 112 0 28
B Itticoltura 23 0 0 0 0 0 0 0C Minerario 0 13 0 19 2 47 4 44D Settore
industriale
1954 579 441 1577 407 679 3610 252
E Energia el., gas
e
acquedotti
383 110 55 52 71 246 141 33
F Edilizia 551 141 10 429 121 375 179 31G Commercio,
riparazioni
auto,
Oggetti per le
famiglie
1251 106 55 298 187 223 114 31
H Ristorazione 97 0 36 64 6 22 0 0I Traffico, servizi
e connessioni
778 116 18 127 61 75 41 30
J Interazioni
finanziarie
323 10 5 34 14 47 32 10
K Servizi di
Business
45 2 10 33 6 26 14 2
L Settore
pubblico
1052 135 72 212 116 199 152 73
M Istruzione 825 284 94 632 181 434 511 204N Sanità 1227 146 47 218 99 246 180 92O Altri servizi 171 14 5 122 26 16 2 7X Non definiti 1323 332 132 998 291 1960 645 43
TOTALE: 10132 2204 1116 4872 1645 4707 5625 880
Tabella 11.
Il numero maggiore degli occupati nell’USC è rilevato nel settore industriale
(9.600). Questo è da ritenersi un fattore positivo per la ripresa economica.
Seguendo il numero degli occupati per settore, troviamo il commercio con 2.264
occupati, l’edilizia con 1.837 occupati e la pubblica amministrazione con 2.011
occupati.
MunicipalitàSettore Bihać
Primario 152Secondario 2337Terziario 6320
Non-assegnato 1323Totale: 10132
Tabella 12.
Bihać è al secondo posto nel Cantone per gli occupati nel settore secondiario
(2.337). Al primo posto degli occupati in questo settore c’è Velika Kladuša
(3.755) e al terzo Cazin (1.663). Nel terziario Bihać è al primo posto per numero
di persone impiegate (6.320), seguito da Cazin (2.169) e Sanski Most (1.663).
3.4.3 Occupazione per attività dal 1999 al 2002.
Un piccolo incremento dell’occupazione è accertato nei settori agricoli, forestali,
della caccia e nei loro sottosettori dal 1999 al 2001. Anche se questi settori sono
una delle principali attività a Bihać e in tutto il Cantone US e nonostante ci siano
le potenzialità per incrementare ulteriormente i posti di lavoro, l’aumento
occupazionale registrato e citato non è pienamente soddisfacente. Infatti la
differenza tra gli occupati nei sottosettori ittici, minerari, industriali, energetici
non è significativa.
Inoltre è da segnalare una diminuzione degli impiegati nel settore edilizio160 che
rappresenta un fattore d’allarme per tutto il Cantone. La spiegazione di tale
fenomeno è da ricercarsi nella maggior facilità nell’immediato dopo guerra di
reperire le risorse per la ricostruzione, soprattutto grazie ai finanziamenti esteri.
La flessione occupazionale è quindi da ricercarsi nel cessazione di tali
finanziamenti o nella loro abbondante diminuzione.
Una flessione simile è riscontrata anche nel commercio. Dai 3.857 occupati in
tale settore nel 2001 in tutto l’USC, sono passati a 2.265 nel 2002. Stesso discorso
anche nel settore della ristorazione161.
3.4.4 Occupazione per fasce d’età.
2000 2001 2002Municipalità18-
30
31-50 >51 Totale 18-
30
31-50 >51 Totale 18-30 31-50 >51 Totale
Bihać 932 2836 215 3983 1273 3210 764 5247 1731 3678 874 6283USC 9209 12577 2073 23859 9594 12964 2545 25103 10677 14050 2787 27514
Tabella 13.
Per comprendere l’andamento futuro occupazionale sia di Bihać, sia dell’USC è
necessario valutare gli indicatori162 per fascia d’età dei disoccupati. La tabella
indica secondo tre fasce principali il numero dei disoccupati negli anni dal 2000 al
2002.
Nel primo anno preso in considerazione, il numero totale dei disoccupati è, nella
prima fascia di 932 a Bihać e 9209 (39%) nell’USC, nella seconda categoria sono
2836 a Bihać e 12577 (53%) nel Cantone, nella terza categoria ritroviamo 215 a
Bihać e 2.073 (8%) nel Cantone.
Nel 2002, rispetto al totale cantonale dei disoccupati, c’erano 1731 disoccupati a
Bihać e 10.677 (39%) nel Cantone per quanto riguarda la fascia d’età 18-30, 3678
160 557 di meno tra il 2002 e il 2001.161 Da 1.612 a 225.162 Ibidem
disoccupati a Bihać e 14.050 (51%) nell’USC per la fascia d’età 31-50, 874 a
Bihać e 2.787 (10%) nel Cantone per la fascia di persone sopra i cinquanta anni.
I dati rilevano un aspetto importante e poco rassicurante per il futuro della città e
del Cantone: le due fasce d’età con il tasso di disoccupazione più elevato sono le
due più giovani (18-30 e 31-50). Ciò è da spiegarsi con l’emigrazione massiccia
delle persone più giovani verso l’estero.
3.4.5 Tasso di disoccupazione.
Anni 2000 2001 2002Tasso di disoccupazione 41,76 44,25 46,88
Tabella 14.
3.4.6 Disoccupazione per sesso ed età a Bihać e nell’USC.
14-18 19-50 >51Municipalità Mas Fem Tot Mas Fem Tot Mas Fem TotBihać 1 2 3 2458 2951 5409 474 400 874USC 21 32 53 10248 9055 19303 1425 775 2200
Tabella 15163.
Il numero maggiore di disoccupati nell’USC e a Bihać si ritrovano nella fascia
d’età dei 19-50 (rispettivamente 5409 e 9055). A livello cantonale, in questo
gruppo di persone, le donne sono il 47%, gli uomini il 57%.
Per quanto riguarda il tasso di specializzazione e di istruzione dei lavoratori, il
livello più elevato nel Cantone si riscontra proprio a Bihać.
3.5 Infrastrutture.
3.5.1 Caratteristiche del traffico.
L’USC è in una posizione molto favorevole dal punto di vista geografico perché è
collocato in uno dei corridoi più importanti nell’asse Europa occidentale –
163 Ibidem
Mediterraneo – Medio Oriente. Questa posizione dovrebbe favorire di molto lo
sviluppo dei commerci e delle comunicazioni. Anche perché mette in
comunicazione non solo la Croazia e gli altri paesi dell’Europa Occidentale, ma
anche la parte restante dei paesi dell’Europa meridionale. Inoltre collega la
capitale della BiH con le altri parti della BiH attraverso i 330 chilometri di
ferrovia.
3.5.2 Traffico stradale e strade.
Esistono tre tipi di strade nel cantone: locali (all’interno delle municipalità),
regionale (collegano le varie municipalità) e le strade principali. Purtroppo,
nonostante la posizione favorevole del Cantone dovrebbe essere uno stimolo alla
costruzione di infrastrutture adeguate al potenziale traffico commerciale, non
esistono ancora le condizioni per la costruzioni di autostrade. A questo proposito,
però, la Federazione ha in programma in un prossimo futuro, la messa in opera
delle prime autostrade del Cantone per collegarlo al futuro “Corridoio 5C”,
attraverso le municipalità di Velika Kladuša -Bihać – Sanski Most – Jajce –
Travnik.
3.5.3 Ferrovie.
La ferrovia della Una è una delle più importanti vie per il trasporto di merci e
passeggeri durante il periodo prebellico, connettendo da nord a sud la Bosnia con
la regione adriatica e la parte nord occidentale della Bosnia con la regione della
Sava. Inoltre era uno snodo cruciale nelle comunicazioni interne con le
repubbliche della ex – Jugoslavia e del resto dell’Europa in generale.
E’ inutile sottolineare quanto importante potrebbe essere il ripristino di questa
rete ferroviaria per il rilancia di Bihać, del Cantone e di tutta la BiH.
La rete ferroviaria è stata seriamente danneggiata durante la guerra. Inoltre il
traffico di merci e di passeggeri è notevolmente diminuito negli ultimi anni. Da
sottolineare il fatto che non esiste, al momento attuale, una comunicazione diretta
tra Bihać e il mare. Esso dista poche ore dalla città, un tempo era considerato un
viaggio da farsi in giornata ed era normale visitare le coste dalmate in velocità.
Oggi, a causa del problema dei visti e per le peggiorate condizioni economiche dei
cittadini, operare un viaggio simile appare assolutamente proibitivo. Sia per la
distanza da dover percorrere in mancanza di un tragitto diretto, sia per le difficoltà
ad ottenere i visti.
Uno dei problemi principali, ostacolo al ripristino della rete ferroviaria, è
rappresentato non solo dalla mancanza di finanziamenti, ma anche
dall’opposizione delle compagnie di trasporto che operano su gomma. Esse
vedono la ferrovia come un pericoloso concorrente che metterebbe a repentaglio
la loro egemonia in questo tipo di mercato.
3.5.4 Traffico aereo.
Nel USC non esiste un aeroporto civile in funzione. Il più vicino è in Croazia.
All’inizio della guerra vi era un aeroporto militare nei pressi di Bihać ma situato
nella municipalità di Cazin. Esso, per la sua importanza strategica, era stato
minato, rendendolo ancora oggi inservibile. Ma è in progetto (i cui termini non
sono noti) la costruzione di un aeroporto civile nei pressi di Bihać. Esso
diventerebbe l’aeroporto regionale e verrebbe collocato nella valle della Una, tra
Bihać e Golubić.
peak /off peak
3.6 Sistema educativo.
3.6.1 Scuola primaria e secondaria.
Il processo di transizione della BiH prevede anche una riforma urgente sul
sistema educativo. Il sistema prevede una scuola primaria obbligatoria e una
secondaria superiore facoltativa. Le istituzioni scolastiche sono amministrate
direttamente dal Cantone.
Numero di scuole primarie e secondarie a Bihać e nel Cantone USC.
Municipalità Scuole primarie Numero di locali
scolastici
Scuole superiori Numero di locali
scolasticiBihać 8 30 6 6USC: 45 158 20 20
Tabella 16164.
L’educazione elementare è obbligatoria per i bambini dai 7 ai 15 anni. Accanto
alla scuola primaria regolare nel Cantone ci sono tre scuole speciale per bambini
problematici e una scuola di musica.
Nell’USC ci sono 45 scuole primarie e 20 superiori e un College “turco –
bosniaco” il quale ha anche un dormitorio per gli allievi. Le scuole superiori si
trovano soprattutto nei centri urbani principali e solitamente ogni istituto è
organizzato in un solo edificio. A differenza delle superiori, le elementari sono
distribuite in più edifici. La dispersione scolastica è molto elevata, soprattutto per
l’assenza dell’obbligatorietà delle superiori. Infatti, mentre il 98% del totale dei
ragazzi tra i 9 e i 15 anni di tutta la BiH frequentano le elementari, solo il 57% dei
ragazzi tra i 15 e i 19 anni frequenta le superiori. Un altro fattore che determina
questa dispersione così ampia è di ragione economica. Infatti la spesa per
mantenere gli studi per le famiglie dei ragazzi che vivono nei villaggi non è nelle
condizioni di finanziare un corso di studi di 5 anni e gli spostamenti dal luogo di
residenza agli edifici scolastici, spesso situati troppo lontano da casa. Si è tentato
di risolvere questo problema con la disponibilità di dormitori per gli studenti, ma i
costi rimangono elevati per molte famiglie anche per la mancanza di
finanziamenti e borse di studio.
3.6.2 Livello di istruzione universitaria.
Prima della guerra esistevano nel Cantone due facoltà, entrambe a Bihać:
Economia e Ingegneria meccanica. Dopo la guerra si è sentito il bisogno di
incentivare il sistema universitario e di creare nuove facoltà, soprattutto per
aumentare il livello di tecnici specializzati e di personale istruito.
164 Ibidem
Università di Bihać:Università di Bihać
Facoltà Scuole superioriFacoltà tecnica Scuola superiore di medicina
Facoltà di Economia Accademia islamica di pedagogiaGiurisprudenza
Ingegneria biochimicaFacoltà di pedagogia
Tabella 17.
Nell’anno accademico 2003/2004 nelle scuole superiori e nell’università c’erano
3769 studenti in totale a Bihać, il 57,6% del totale erano ragazze. Nel 2001/2003
gli studenti e gli insegnanti erano (vedi pagina seguente):
Anno: 2001 2002 2003Numero delle
istituzioni scolastiche
superiori e
universitarie
7 7 7
Totale degli studenti
ammessi
3 600 3 930 3 769
Totale delle femmine 1 996 2 147 2 172Professori e associati 64 68 80
Tabella 18165.
La maggior parte delle facoltà sono ad indirizzo scientifico, poiché la ricerca
appare uno dei principali trampolini di lancio per l’economia cantonale. Infatti
accanto all’istruzione scientifica, viene data grossa rilevanza alla ricerca e alla
pratica. E’ allo studio una riforma che permetta all’università della BiH di
adeguarsi agli standard europei di istruzione, anche perché i problemi attuali delle
facoltà del paese sono i seguenti: mancanza di edifici scolastici e attrezzature per
l’insegnamento e la ricerca, età elevata del corpo insegnanti e mancanza di
finanziamenti. Questo ultimo punto è di particolare interesse, soprattutto nei
165 Ibidem
riguardi dei tempi di passaggio dei finanziamenti dal livello centrale a quello
periferico. Uno snellimento simile consentirebbe la miglior gestione delle risorse.
A Bihać, per esempio, si è stati costretti a ingaggiare una serie di referenti esterni
complicando le procedure di pagamento dei servizi e rendendo questi ultimi
troppo costosi.
Inoltre, un altro grosso problema ad ogni livello scolastico, sono le paghe degli
insegnanti. I salari, solitamente, hanno due mesi di ritardo e sono davvero molto
bassi.
Il problema dell’elevata età del corpo docenti potrebbe essere risolto solamente
incentivando l’insegnamento dei professori più giovani e agevolando l’ingresso di
nuovi insegnanti.
3.7 Settore sociale.
3.7.1 Istituzioni sanitarie.
L’assistenza sanitaria nell’USC è basata su tre livelli. Uno primario, offerto dal
Centro di salute con dipartimenti specialistici e regionali, uno secondario e uno
terziario offerto dall’Ospedale cantonale «Dr.Irfan Ljubijankić». La capacità
dell’Ospedale cantonale è di circa 600 letti166, mentre il fabbisogno medio
giornaliero è di circa il 17% di meno (500 letti). Il “piano strategico dello sviluppo
sanitario” del Ministero della Salute prevede la riduzione progressiva dei posti
letto per ospedale, in modo tale da ridurre le permanenze nelle strutture sanitarie,
per incentivare la diagnostica e per devolvere il più possibile il lavoro ai medici di
base e all’assistenza domiciliare. Ciò è stato parzialmente realizzato nel Cantone e
in particolare nelle strutture assistenziali di Bihać167.
L’Ospedale cantonale è pubblico, ma esistono numerosi centri privati che si
affiancano al pubblico: in particolare cliniche private, dentistiche e ginecologiche.
Le istituzioni sanitarie lavorano in condizioni davvero difficili, soprattutto a
causa delle attrezzature datate e per le condizioni di lavoro a volte pessime.
166 80% della potenziale capacità.167 Policlinico di Bihać.
Nella zona di Bihać, in particolare nella municipalità di Gata, si trova una
struttura che offre servizi di riabilitazione e la cui capacità è di cento posti letto.
Un altro problema da rilevare è la difficoltà da parte dei cittadini di acquistare
medicinali. Nonostante il Ministero preveda una lista di medicinali essenziali
gratuiti, molti cittadini sono sempre più spesso costretti ad acquistare medicinali
nelle farmacie private. Il numero di queste aumenta sempre più velocemente e i
loro costi si ripercuotono soprattutto sulle fasce meno abbienti della popolazione,
come i pensionati. Essi, a causa delle pensioni molto basse, non sempre sono nelle
condizioni di poter acquistare medicinali essenziali.
3.7.2 Welfare sociale.
L’assistenza sociale rappresenta un aspetto fondamentale per le problematiche
della BiH e del Cantone. Infatti, oltre alla normale attività che lo stato sociale
deve affrontare, esistono due emergenze che il Cantone deve risolvere e che sono
specificità della BiH: la debolezza economica di una vasta fascia della
popolazione e le conseguenze psicologiche e fisiche della guerra su molti
cittadini. Esiste una rete di sostegno economico e psicologico per le vittime di
guerra, per i famigliari di soldati caduti nel conflitto e per le vittime di crimini di
guerra.
Questa assistenza è organizzata a livello delle municipalità, come nel resto della
BiH. Purtroppo questo tipo di interventi sono ancora lontani dalla realtà delle cose
e non riescono sia per la mancanza di fondi, sia per l’assenza di strumenti efficaci,
a operare efficacemente.
Accanto alle problematiche citate, su cui intervengono i centri municipali, esiste
un’assistenza anche per persone con disturbi mentali, affiancati nella cura dai
dipartimenti ospedalieri. Anche queste strutture operano in condizioni davvero
difficili a causa della mancanza di risorse finanziarie.
Bisogna menzionare l’incremento delle ONG in questo settore, a rimarcare il
fatto che a livello cantonale e a livello statale, il welfare sociale versa davvero in
condizioni difficili168.
168 Ibidem
3.8 Cultura.
Come tutta la BiH, anche le attività culturali dell’USC sono molto rare e poco
incentivate. Le ragioni principali di questo deficit sono: mancanza di risorse
finanziarie, basso standard di vita, mancanza di strutture statali che incentivino e
promuovano le attività e le manifestazioni culturali. Per esempio, a Bihać, centro
universitario importante, non esiste un teatro e il cinema è stato aperto appena nel
marzo di quest’anno. La situazione è più o meno la stessa in tutte le municipalità
del Cantone. Le rare manifestazioni culturali sono organizzate in improvvisati
teatri mobili. Una delle principali manifestazioni esistenti è l’ “estate di Bihać”,
un festival teatrale che ha luogo ogni estate e chiama a raccolta numerosi artisti
sia del Cantone, sia della BiH, ma anche da altri paesi esteri.
La mancanza di attività culturali può essere una delle spiegazioni della diffusione
dell’alcolismo e dell’uso di droghe da parte dei giovani del Cantone, in quanto la
gioventù locale si sente “soffocata” in un ambiente chiuso, privo di stimoli e che
offre scarse opportunità per la vita futura. Proprio per venire incontro a questa
emergenza sociale e culturale, alcune organizzazioni non governative di giovani
hanno messo in piedi il «Dom mladih»169 per attività culturali e non dirette ad un
pubblico giovanile.
3.9 Privatizzazioni.
3.9.1 Privatizzazioni in BiH.
Le privatizzazioni, fino a questo momento, si sono dimostrate un processo molto
lento nella BiH. Negli ultimi cinque anni, il numero delle compagnie privatizzate
è davvero insignificante e gli effetti di questo processo sono molto modesti. In
questi anni sono state privatizzate solamente 906 compagnie su di un totale di
1239, cioè il 62,48%. Utilizzando il metodo delle “piccole privatizzazioni” si ha
avuto un totale di 237 compagnie, 250 con il metodo degli appalti mentre 752
compagnie sono state privatizzate interamente o parzialmente attraverso il
169 Centro giovani.
processo della registrazione pubblica. Negli ultimi cinque anni questa fase ha
incluso il 35% del capitale statale. E’ evidente che le privatizzazioni sono
avvenute senza un preciso piano statale. L’insuccesso è dovuto, anche e
soprattutto, a causa delle misure insufficienti ad operarlo e a causa
dell’impreparazione delle compagnie partecipanti. Le capacità insufficienti di tali
soggetti170, hanno determinato una assoluta incapacità competitiva e l’assenza di
compagnie che potessero fungere da partner nel processo privatizzante.
Per quanto riguarda le privatizzazioni di grandi imprese ci sono 134 compagnie
con un capitale statale di 473.066.330 euro e nelle piccole imprese privatizzate si
trovano 55 imprese con un capitale statale di 16.044.165 euro. Il fatto
incoraggiante è la determinazione nello stimolare le la competitività delle imprese
attraverso:
- ristrutturazione delle imprese che lo richiedono;
- riprogrammazione o parziale revisione dei debiti verso le istituzioni statali;
- completa capitalizzazione delle compagnie prima della capitalizzazione
nel caso in cui esistesse l’interesse nel farlo;
- riprogrammazione delle obbligazioni verso le istituzioni statali.
Un obiettivo fondamentale del processo è di rendere le imprese della BiH
competitive anche a livello internazionale. Senza questo punto sarebbe
impossibile sopravvivere alla competitività straniera e le imprese perderebbero
inevitabilmente mercato.
Infatti, per quanto riguarda le imprese che sono passate recentemente sotto
un’economia di mercato, gli obiettivi primari dovrebbero essere incrementare la
competitività. Soprattutto perché, visto che l’entrata nell’economia di mercato è
piuttosto recente, vi sono alcune emergenze da sanare, a livello istituzionale e a
livello di gestione. Per quanto riguarda quest’ultima, è necessario intervenire su:
surplus di manodopera, tecnologia obsoleta, mancanza di “turnover” del capitale,
mancanza di liquidità, aumento di flessibilità. In BiH le grandi imprese hanno un
notevole vantaggio numerico rispetto alle piccole, un numero che supera di molto
170 Eccessivi indebitamenti, elevato numero di occupati, tecnologie insufficienti e obsolete, Cfr USC Strategija.
la media dei paesi dell’Unione Europea. Affinché avvengano i processi di
modernizzazione e di adattamento all’economia di mercato sopra citati per
adeguarsi alla competitività europea, queste compagnie devono essere
profondamente ristrutturate. Anche per rendere più efficiente il processo di
privatizzazione e per snellire l’elevata concentrazione che deriva dalla
sproporzione tra piccole e grandi imprese. Vanno applicati quindi dei modelli
adeguati alla ristrutturazione necessaria ed essi si possono classificare in due
gruppi. Il primo si riferisce allo sviluppo delle imprese nella direzione
dell’autonomia, attraverso le seguenti fasi:
• aspetto tecnologico ed economico;
• sviluppo delle infrastrutture comuni;
Il secondo gruppo di modelli è orientato verso l’identificazione del numero delle
grandi imprese della BiH che necessitano di una ristrutturazione.
Questi processi sono molto lunghi e costosi. Vanno affrontati in
coordinazione tra livello statale e locale, senza il supporto del Governo sarebbe
impossibile171 condurre lo sviluppo di piccole, medie e grandi imprese e renderle
competitive a livello internazionale.
3.9.2 Le privatizzazioni nell’USC.
Nel periodo dal 2000, quando il primo contratto che stabiliva la vendita di
capitali statali attraverso gli appalti e accordi diretti nelle grandi privatizzazioni fu
firmato appena alla fine del 2003, tutte le compagnie furono vendute dichiarando
che solo un contratto era stato rotto, così i dati espressi di seguito sono stati
sviluppati solo sulle compagnie vendute. Gli effetti globali delle vendite sono
visibili nella seguente tabella.
171 Come dimostrato dall’attuale situazione delle privatizzazioni.
Numero Anno di
vendita
Numero di
imprese
vendute
Ammontare
di capitale
offerto
Prezzo stabilito e realizzato
Cash Vaucher Total1. 2000 7 29.440.955 2.247.757 19.820.546 22.068.3032. 2001 9 31.169.963 2.632.538 15.991.608 18.624.1463. 2002 18 83.606.161 7.163.007 40.794.705 47.957.7124. 2003 6 57.509.688 404.727 2.266.660 2.671.387
Totale: 40 201.726.767 12.448.029 78.873.519 91.321.548Tabella 19172. - in KM -
I mesi dal gennaio al dicembre del 2003 sono stati un periodo di stagnazione
nella vendita di capitale statale soprattutto nell’USC. Nei primi dieci mesi furono
siglati sette contratti di vendita per le seguenti compagnie: D.D. «Saniteks»
Velika Kladuša, GP «Izgradnja» Bihać, Doo «Kombiteks» Bihać, MDD «Medic»
Cazin, D.D. «Krupatrans» Bosanska Krupa, Doo «Bihaćit» Bihać e D.D.
«Sloboda» Sanski Most.
I compratori della D.D. «Krupatrans» non furono in grado di pagare l’acquisto
nei tempi previsti e ciò implicò la rottura del contratto.
Le obbligazioni accettate dai privati nei confronti dello stato dopo le
privatizzazioni sono state principalmente le due seguenti:
1. Assunzioni: mantenimento dei 3.935 posti di lavoro già esistenti e
creazione di 1.748 nuovi posti di lavoro. Ciò significa che si dovrebbe dare
lavoro a 5.683 persone. Mediamente un contratto ha la durata di tre anni,
cosicché il numero dei lavoratori è inizialmente di 3.835 e 5.683 alla fine.
Fino al 2003 è stato raggiunto l’81% di posti di lavoro concordati, ma il
dato era aggiornato fino alla metà della durata dei contratti. Ciò significa
che il numero dei posti di lavoro potrebbe essere aumentato.
2. Investimenti: i compratori, nel loro piano, avevano suggerito di investire a
livello di ristrutturazioni, modernizzazione del processo produttivo con
l’obiettivo di essere in grado di affrontare un mercato moderno.
L’ammontare concordato degli investimenti è stato di 115.455.280,00 KM
e al 31/12/2003 erano stati investiti 60.982.483,00 KM.
172 Ibidem
3.10 Economia.
3.10.1 Produzione agricola.
2002 Terre coltivateCampi
coltivati
Totale Grano Impianti
industriali
Coltivazione
industriale
Cereali Altro Incolti Campi
arabili
non
sfruttati
USC 107.561 51.170 27.669 20 8.717 14.764 33 1.981 54.377Bihać 11.622 3.226 1.654 - 796 866 3 - 8.393
Tabella 20.
L’USC possiede 107.561 ettari di terra coltivabile. Nel 2002 aveva il 48% di
terreni coltivati, mentre il 52% era incolto. Sempre nello stesso anno le
municipalità con la maggior percentuale di terreni coltivati erano Bužim (88%) e
Cazin (81%). Il fabbisogno del Cantone di vegetali è superiore alle sue possibilità
produttive: nel 2002 le importazioni di generi alimentari era stato di 36.238.000,-
KM.
Le condizioni climatiche nel Cantone sono favorevoli per la coltivazioni di
prugne, mele, ciliegie e pere. Queste coltivazioni rappresentano il 96% della
produzione totale di frutta.
3.10.2 Allevamento di bestiame.
L’USC è una zona con una lunga tradizione dell’allevamento del bestiame.
Tra il 1998 e il 2002 c’era stato un modestissimo incremento nell’allevamento
(del 7%). L’aumento del numero dei capi di bestiame più elevato si è registrato
nel numero di pecore (42%). La produzione di latte ha avuto sorti oscillanti. Dopo
un leggere aumento tra il 1998 e il 2002, ha avuto un’inflessione negli anni
seguenti, per poi riprendersi leggermente.
I dati rilevati173 fanno ritenere alcune considerazioni importanti che dovrebbero
stimolare la ripresa economica e bisogna tener conto di alcuni particolari:
173 USC Strategija.
1. L’USC ha le potenzialità per raggiungere l’autonomia nella produzione
agricola e nell’allevamento rispetto al proprio fabbisogno,
2. Una parte significante delle terre coltivabili è ancora ricoperta di mine anti
uomo;
3. Questa condizione delle terre coltivabili ha un effetto estremamente
negativo sulla produzione. L’incremento demografico fa pensare che
bisognerà risolvere questo aspetto entro breve in quanto ben presto ci
saranno solamente 0,17 ettari pro capite.
4. La guerra ha prodotto gravi danni all’agricoltura: gli effetti diretti sono
stimabili attorno ai 4,5 miliardi di dollari, mentre gli effetti indiretti sono
tuttora indeterminabili. Per rimuovere le mine sono necessari 7,5 miliardi
di dollari.
5. E’ allo studio la possibile applicazione di coltivazioni di agricoltura
biologica per limitare l’utilizzo di pesticidi e fertilizzanti;
3.10.3 Edilizia.
L’edilizia rappresenta un importantissimo bacino di lavoro per il Cantone,
soprattutto dal punto di vista delle assunzioni. Nel 1991 i lavoratori nel campo
edilizio erano il 7,3% di tutti gli occupati della BiH. Sempre nello stesso anno,
nell’USC questi lavoratori rappresentavano il 6,4% del totale degli occupati del
Cantone, mentre nel 2002 la loro percentuale era cresciuta al 7%. E’ da notare che
la percentuale è sicuramente incrementata, ma il numero di lavoratori era
diminuito174. Ciò è dovuto, ovviamente, alla forte disoccupazione che regna in
tutto il paese.
3.10.4 Costruzione edifici abitabili.
Appartamenti finiti Numero di app. Finiti per categoriaNumero Sup. tot.
Per mq
Sup.
media in
m per
App. a
una
stanza
App. a
due
stanze
App. a
tre
stanze
App. a
tre o più
stanze
Numero
di app.
non
174 Da 4.117 a 2.177.
appart. conclusiTotale 52 3.315 63,8 20 23 9 - 63
Bihać 1 64 64,0 - 1 - - -Sanski
Most
22 1.593 72,4 9 9 4 - 63
Velika
Kladuša
28 1.586 56,6 11 12 5 - -
Bužim 1 72 72,0 - 1 - - -
Tabella 21.
Nel 2002 nel Cantone c’erano solamente 52 appartamenti finiti con una media di
63,8 m2. Ben 63 erano gli appartamenti non completati. Il numero maggiore di
costruzioni finite si era registrato a Velika Kladuša (28) e a Sanski Most (22). A
Bihać la situazione è a rilento, ma registra una delle maggiori ditte di costruzioni.
Infatti le principali del Cantone sono: la «Rad» Cazin, la «Grupex» Velika
Kladuša e la «Izgradnja» Bihać.
3.10.5 Export/Import.
Export in 000 KM Import in 000 KMArea 2000 2001 2002 2000 2001 2002
F BiH 1.429.561 1.644.576 1.513.957 4.852.232 5.382.633 5.609.956USC 70.228 67.815 65.416 272.849 285.378 286.196
Tabella 22175.
Il livello di sviluppo economico e il livello di qualità della vita della popolazione
dell’USC determina il livello di scambi commerciali. Ed essi sono ad un livello
molto basso, determinando di conseguenza un livello molto basso a livello
commerciale. Questo spiega il dislivello enorme tra importazioni ed esportazioni.
La BiH e il Cantone importano grossi quantitativi di merci ed esportano verso i
paesi occidentali grandi porzioni di forza lavoro. Inoltre esiste un grosso problema
a livello di competitività tra Federazione e RS, il cui settore economico è
rappresentato soprattutto dal lavoro sommerso.
175 Ibidem
3.10.6 Turismo e ristorazione.
Sicuramente il turismo rappresenta una delle attività più redditizie nel campo
economico. In Unione Europea questa attività rappresenta il 5,5% della
produzione economica e realizza il 30% delle esportazioni nei servizi di questa
area. Questo settore è in continua crescita e i turisti sono sempre in aumento.
Il piano strategico dell’USC ha valutato che anche il Cantone dovrebbe puntare in
un prossimo futuro sul turismo, in maniera massiccia e in modo tale da rivalutare
il patrimonio naturalistico e culturale della regione. Il progetto adottato
dell’USC176 tenta di risolvere alcuni problemi oggettivi e soggettivi della crisi
turistica della BiH che coinvolgono anche il Cantone. La soluzione di essi è la
chiave per il rilancio del Cantone. Alcuni di questi problemi sono sicuramente le
cause del conflitto degli anni Novanta che hanno danneggiato in maniera
massiccia le attrattive della zona e hanno avuto come conseguenza l’attuale
instabilità politica che sicuramente non favorisce lo sviluppo del turismo. Il
settore, infatti, è da ritenersi in fortissima crisi. Non esistono strutture per un
turismo di massa e non esistono ancora le figure professionali che possano
occuparsi di questa particolare attività.
Eppure il Cantone è in una posizione geografica davvero favorevole per
accogliere turisti dall’Europa occidentale. Dall’Italia dista solamente poche ore di
viaggio, è incuneato nella Repubblica di Croazia, vicino all’Adriatico e al fiume
Sava, servita dai porti di Spalato, Zara, Sebenico e Fiume.
Si possono quindi giungere ad alcune considerazioni:
- E’ in una posizione geostrategica fortunata;
- Le sue acque offrono un potenziale turistico da non sottovalutare;
- Lo sviluppo turistico passa sicuramente attraverso la rivalutazione delle
bellezze naturalistiche del Cantone;
- Il clima continentale è favorevole;
- Esiste una notevole ricchezza naturalistica e di biodiversità;
- La possibile creazione del Parco Naturale della Una offrirebbe
un’attrazione in più al Cantone.
176 “Il turismo come futuro dell’USC”, USC Strategija.
Solo la promozione dei seguenti settori potrebbe aiutare lo sviluppo turistico:
- Alberghiero: hotel, bed and breakfast, ostelli;
- Servizi di ristorazione;
- Turismo legato all’acqua (per es. canoing e rafting, attività turistiche già in
qualche modo avviate)
- Pesca;
- Turismo legato alla caccia;
- Escursionismo;
- Turismo culturale;
- Personale professionistico addetto al turismo.
3.10.7 Turisti e numero di notti trascorse per tipo di offerta alberghiera.
T u r i s t i Numero di notti passateTotale BiH Stranieri Totale BiH Stranieri
2000 18.903 14.563 4.340 30.770 24.143 6.627Hotel 17.721 13.660 4.061 28.569 22.434 6.135Motel 400 340 60 742 634 108
Pensioni e ostelli 293 175 118 466 228 238
Altro 489 388 101 993 847 146
2001 15.531 11.842 3.689 22.494 17.165 5.329Hotel 14.662 11.173 3.489 20.867 15.906 4.961
Motel 136 124 12 331 313 18Altro 733 545 188 1.296 946 350
2002 14.063 10.682 3.381 22.147 17.411 4.736Hotel 13.417 10.122 3.295 21.234 16.623 4.611Altro 646 560 86 913 788 125
Tabella 23.
3.10.8 Industria.
L’industria è uno dei settori di maggior importanza per la strategia di sviluppo
dell’USC. Lo schema qua di seguito vuole mostrare le più importanti attività del
settore industriale. Prima della guerra l’USC aveva una produzione industriale
notevole, sia nel terziario, sia nelle infrastrutture; la produzione si aggirava
attorno ai 3.900 marchi lordi pro capite e il numero degli occupati era 64.257.
Attività Struttura
2002
1999 2000 2001 20021998 1999 2000 2001
TOTALE INDUSTRIA 100,00 111,7 104,7 107,8 133,2MINERARIA 3,00 110,7 84,9 60,7 173,9
Estrazione carbone e torba - 85,1 10,8 - -Estrazione altri minerali 3,00 180,4 175,4 65,2 173,9
PROCESSI INDUSTRIALI 79,90 122,6 106,1 107,4 131,7Produzione alimentari 20,90 129,0 89,1 93,1 128,6
Produzione tessile 5,49 115,6 112,7 119,1 104,6Abbigliamento 3,50 50,3 156,1 139,3 67,3
Lavorazione del legno 21,74 115,9 124,6 74,6 128,8Produzione di cellulosa e
lavorazione di essa
0,11 77,7 73,9 92,6 103,3
Attività di pubblicazione e
stampa
0,32 101,4 39,8 113,7 73,8
Prodotti chimici 2,26 107,5 70,3 82,2 251,0Produzione plastiche 7,06 88,6 109,1 131,2 183,4
Altri prodotti non minerali 11,25 142,8 33,7 99,9 136,5Metallo 0,31 166,3 168,1 521,5 54,5
Produzione metalli, tranne
macchinari ed equipaggiamenti
1,97 94,4 147,0 131,0 57,5
Produzione macchinari 7,45 104,0 167,1 106,7 153,3Produzione di macchinari
elettrici
0,22 56,8 31,0 733,3 74,2
Produzione di motori di veicoli 0,27 5,8 - - -Produzioni industriali 5,31 94,0 25,8 162,2 472,9
ELETTRICITA’, GAS,
FORNITURE D’ACQUA
17,10 92,9 83,4 146,9 106,3
Forniture di gas, elettricità e
acqua calda
3,75 92,9 83,4 146,9 104,4
Raccolta e purificazione
dell’acqua
13,35 - - - 106,8
Tabella 24, Indici per la produzione industriale nell’USC177
177 Ibidem
Per i principali settori industriali possiamo riassumere le seguenti compagnie o
luoghi di attività che hanno operato prima e dopo la guerra:
1. Area mineraria:
- Estrazione di carbone nell’area di Kamengrad;
- Estrazione di bauxite nell’area di Bosanska Krupa e Sanski Most;
- Estrazione di manganese nella zona di Bužim;
- Estrazione di gesso nell’area di Kulen-Vakuf;
- Fabbricazione di mattoni a Cazin e Sanski Most;
- Produzione di calcestruzzi a Bihać, Cazin e Velika Kladuša;
2. Industria tessile:
COMPAGNIE PRODUZIONE (IN DM
DEL 1991)
DIPENDENTI1991 1996
«KOMBITEKS» BIHAĆ 100,000,000 3,200 275«SANITEX» V.
KLADUŠA
103,000,000 1,885 267
«CAZINKA» CAZIN 7,000,000 415 82«AMRATEX» B. KRUPA 10,000,000 500 202«BUTEX» BUŽIM 2,000,000 196 10«ACTEX» V. KLADUŠA 1,100,000 172 55«NOVITET» BOS.
PETROVAC
17,500,000 613 80
«SANA» SANSKI MOST 6,000,000 400 35«BORAC» B. PALANKA 8,000,000 450 600TVORNICA ĆILIMA
KLJUČ
20,000,000 500 5
T O T A LE : 274,600,000 8,431 1,017
Tabella 25.
- Sezione tessile «Kombiteks» a Bihać;
- Industria chimico – tessile «Sanitex» a Velika Kladuša;
- DD «Sana» Bosanski Novi;
- «Borac» di Travnik;
- Fabbrica di tappeti di Ključ;
-
Vi sono alcune industrie private e a direzione mista:
- Eurotriko d.o.o. Cazin;
- Studio moda d.o.o. Bihać;
- Saniteks d.d. Velika Kladuša;
- TK Bosna d.o.o. Sanski Most;
- Butex d.o.o. Bužim;
- Fis-Trade d.o.o. Sanski Most;
- Lenotex d.o.o. Velika Kladuša;
3. Industria del legno, prima della guerra:
- Otoka: produzione e fornitura di fogli;
- Bužim: forniture di legname;
- Jasenica: pezzi di forniture di rivestimenti di PVC;
- Cazin: diverse produzioni di legname;
- Bihać: forniture di prodotti derivanti dal legname come prodotti per
l’ufficio;
- Sanski Most, Bosanski Petrovac, Krnjeuša, Ključ, Sanica:segherie per
forniture di prodotti derivanti dal legno per uffici, serramenti, pannelli etc.
4. Industria alimentare.
Le principali ditte di prodotti alimentari nel Cantone Una – Sana sono:
- «Agrokomerc» Velika Kladuša;
- «Žitoprerada» Bihać;
- «Megle» Bihać;
- «Jezerka» Bosanska Krupa;
- «Zlatna dolina» Sanski Most;
- «RIZ-Krajina» Bihać.
L’industria alimentare ha grandi potenziali, soprattutto se si pensa alla produzione
antecedente la guerra. Ma le vicende belliche e i fatti collegati all’Agrokomerc e
a Abdić sono la causa principale dell’attuale mancata ripresa economica. Infatti la
produzione, attualmente, si attesta all’11% delle capacità cantonali in questo
campo. Inoltre, le privatizzazioni poco coordinate e mal amministrate di cui già
menzionato, hanno fatto fermare la produzione di aziende come la «Žitoprerada»
di Bihać.
5. Industria metallurgica.
Le principali fabbriche del settore sono:
- «Krajinametal» Bihać;
- «TŽP-Tvornica žičanih proizvoda» Cazin;
- «TPM» Bosanska Krupa;
- «Limometal» Cazin;
- «Metalix» Sanski Most;
- «Borikmo» Bosanska Krupa;
- «Metal Rad» Sanski Most;
- «Panorama-Inžinjering» Bihać;
- «Vuković-Inžinjering» Bihać;
- «Fabrika spojnica» Sanski Most;
- «Famos-Fabrika spojnica» Sanski Most;
- «Una-Metal» Bosanska Krupa.
6. Industria chimica.
Le seguenti industrie sono le maggiori nell’USC:
- «Saniteks» Velika Kladuša;
- «Polietilenka» Bihać;
- «Medic» Cazin;
- «Bosnaplast» Bosanski Petrovac;
- «Splonum» Sanski Most;
- «Ignit» Velika Kladuša;
- «DKS Loversan» Cazin;
- «Styrotherm» Cazin;
- «Riplast» Velika Kladuša.
Questo tipo di industria si risolleverebbe se venissero investite le giuste risorse
in infrastrutture e ricerca. Si pensa in particolare all’università di Bihać e al
potenziale che essa potrebbe riservare all’industria in termini di ricerca.
7. Industria elettrica.
Nel 1991 c’erano ben 1470 lavoratori in questo settore. Ora si sono ridotti a
320. Essi lavorano nelle due compagnie elettriche di Bihać.
8. Industria dei materiali per costruzioni.
La parte riguardante le risorse minerarie del Cantone ha già evidenziato i
materiali estratti nella regione. I principali, utilizzati nell’industria ora presa in
esame, possono essere riassunti in:
- gesso;
- argilla;
- pietre per ornamenti architettonici e costruzioni chiamata «Bihaćit».
I principali produttori di materiali per costruzioni sono:
- Grupex d.d. Velika Kladuša;
- Kamen d.o.o. Bihać;
- Krajinaputevi Bihać;
- Klostermeier Majdan d.o.o. Bosanska Krupa;
- Splonum d.d. Sanski Most;
- TOP Cazin;
- Izgradnja d.d;
I problemi principali che questa industrie devono affrontare sono:
a) Danni derivanti dalla guerra;
b) Pessima condotta delle privatizzazioni in questo settore;
c) Mancanza di capitali per finanziare il processo di produzione;
d) Tecnologia obsoleta.
CAPITOLO IV
Analisi sull’opinione pubblica di Bihać riferita ai temi dell’integrazione UE, revisioni costituzionali e percezione del territorio di appartenenza.
4.1 Introduzione alla ricerca svolta.
Lo studio effettuato e riportato in questo capitolo178 ha lo scopo di
verificare sul campo alcuni temi proposti e incontrati precedentemente. Infatti si è
sentita la necessità di approfondire le tematiche discusse tramite la ricerca
bibliografica (e la ricerca giornalistica sui temi più attuali) perché è sembrato
opportuno non lasciare aperte le questioni riscontrate.
In particolare il tema dell’integrazione della BiH nell’UE con le
conseguenti necessarie riforme costituzionali è il nodo cruciale che potrebbe
segnare in positivo o in negativo il futuro del paese. Sia il futuro più remoto179, sia
la più immediata quotidianità dei cittadini della BiH. Il dato più interessante da
cui poi è scaturita la ricerca è senza dubbio l’assenza di una discussione
parlamentare mirata a proporre e a trovare un comune accordo sulle riforme
costituzionali. Ci si è quindi resi conto che il cittadino della BiH non è stato
minimamente coinvolto nel processo politico in corso: sia a livello
dell’informazione, sia a livello di legittimità parlamentare. Sempre più spesso
sentiamo parlare di “Europa dei cittadini”180, la Costituzione europea ha fissato
alcuni punti fondamentali per la costruzione di un’Unione che vada al di là delle
priorità economiche. Essa dovrebbe quindi garantire alcuni diritti fondamentali, al
cui centro c’è il cittadino181. Questi, in una prospettiva simile, è reso protagonista
e partecipe della vita politica sia per il proprio stato, sia per l’UE. In un contesto
simile è stato d’obbligo compiere quello che le istituzioni della BiH e la C.I. non
178 Al pari di quello successivo in cui vengono analizzati gli stessi indicatori per le città di Mostar e Banja Luka179 La possibile integrazione molto probabilmente non potrà avvenire prima del 2014180 Cfr. www.europa.eu.int181 Ibidem
hanno posto come priorità182: interpellare i cittadini coinvolti, dar loro voce e
capire cosa ne pensino degli argomenti proposti.
Lo studio si è avvalso di due metodi di lavoro indirizzati a due tipologie
diverse di cittadini. Inoltre, è bene sottolinearlo, non si ha avuto l’intento di
sostituirsi ad un ipotetico istituto di sondaggi e quindi di ricoprire un numero
elevato di interviste. Il campione utilizzato è stato scelto in base alle finalità della
ricerca183, in base alle possibilità del ricercatore che qui scrive e attraverso un
lavoro preliminare di composizione del questionario e del campione stesso.
Il lavoro sul campo è stato effettuato in due momenti diversi nel corso dei
mesi di febbraio e marzo 2006. La prima permanenza a Bihać della durata di otto
giorni, si è resa necessaria per verificare il campione scelto e per somministrare la
prima versione del questionario ad un piccolo gruppo di persone, con lo scopo di
accertarsi della validità, della recepibilità e della funzionalità delle domande
proposte. Inoltre ci si è avvalsi dell’aiuto di un referente italiano sul campo (Paola
Lucchesi) per creare la rete di contatti necessaria alla seconda parte del lavoro e
per ottenere un buon numero di intervistati. La seconda visita nella città di Bihać
della durata di due settimane, ha avuto lo scopo di somministrare i questionari alle
persone contattate nel corso della prima missione. Inoltre, nelle ultime giornate,
sono state raggiunte le città di Mostar e di Banja Luka allo scopo di ottenere un
piccolo campione di risposte che offrissero una sorta di “contraltare” ai risultati
ottenuti a Bihać e per verificare la particolarità di questa città rispetto alle altre
due zone topiche della BiH.
La rete di contatti per somministrare i questionari è stata ottenuta tramite le
conoscenze nelle tre città visitate. Il punto di partenza di Bihać è stata la società
“Smargdna Dolina” e in particolare nella persona di Paola Lucchesi, la quale è
stata di supporto anche per la fase di traduzione. Gli intervistati sono stati scelti, in
base al campione deciso, con un sistema a “cascata”. Inizialmente attraverso le
conoscenze dirette di Paola Lucchesi e poi a seguire le persone indicateci dai
primi intervistati. Inoltre si è fatto affidamento ad alcune istituzioni e luoghi
pubblici, quali:
182 Cfr Cap. II, Par. 2.7183 Cfr introduzione.
• l’Università di Bihać;
• il “Mladih Dom” (Centro Giovani);
• l’Istituto di previdenza sociale;
• il Comune;
• alcuni esercizi pubblici (cinque bar, il cinema, tre ristoranti, alcuni negozi
e un’assicurazione)
• infine, si è intervenuti nel corso di un’assemblea dedicata ai disoccupati.
Si è cercato di coprire due fasce d’età principali: una tra i 18 e i 25 anni e una tra
i 26 e i 60. Queste due fasce sono state scelte per esigenze di sintesi allo scopo di
creare un campione completo. Secondo lo stesso principio, guardando ai dati
demografici e occupazionali della Municipalità184, si è voluto ottenere un
campione che comprendesse studenti, lavoratori e cittadini in cerca di impiego.
Oltre alla parte dedicata ai questionari, il lavoro sperimentale è stato effettuato
tramite alcune interviste185 più corpose che coinvolgessero alcuni personaggi che
fossero di rilievo all’interno della comunità di Bihać e alcuni “stakeholders”186.
Per questo sono stati intervistati:
• il consigliere del Presidente cantonale187;
• un professore di storia universitario188;
• una professoressa di educazione artistica delle superiori189;
• un imprenditore190.
184 Cfr. Cap. III, Par. 3.2185 Cfr Appendice186 Personale qualificato, intendendosi persone che hanno cognizione di causa sul tema proposto, dovuta al loro lavoro e/o alla loro formazione intellettuale.187 Edin Kulenovic.188 Mithad Kozlicic.189 Per motivi di riservatezza richiestoci dall’interessata, non ne riportiamo il nome.190 Per motivi di riservatezza richiestoci dall’interessato, non ne riportiamo il nome.
Inoltre si è intervenuti durante le due conferenze dedicate al tema del
“coraggio civico” organizzate da Svetlana Broz191 la quale si è resa disponibile a
rispondere ad alcune domande inerenti la ricerca. E’ parso molto interessante
soprattutto per il suo particolare punto di vista rispetto ai temi da noi affrontati.
Grazie al suo lavoro, che si svolge in tutta la BiH con lo scopo di stimolare la
cittadinanza all’impegno civico, la Broz ha offerto una visione globale riguardo a
questo tema.
4.1.1 Il questionario
Come riassunto di seguito, il questionario192 è stato impostato in maniera tale da essere il più sintetico possibile per portare l’intervistato a riflettere su alcuni temi cruciali. Infatti, come determinato nella prima missione esplorativa sul campo, è stato necessario:
a) ridurre il numero delle domande; b) porre il questionario “in forma chiusa” (tranne che per alcune domande)
per: c) semplificare il lavoro di compilazione;d) evitare un’eccessiva dispersione delle risposte;e) chiarire il più possibile il tipo di risposta richiesta;f) rendere le domande comprensibili sia dal punto di vista del linguaggio
utilizzato, sia per i temi trattati.
Partendo dalla possibilità di integrazione della BiH in UE, vengono sollevate
alcune problematiche legate ad essa. Innanzi tutto esiste il problema della
legittimità della costituzione della BiH193. Le spinte riformiste dovrebbero essere
dirette nel senso contrario, invece, l’assenza di dialogo politico istituzionale
citato, evidenzia il fatto che il cittadino viene nuovamente relegato ad un ruolo del
tutto marginale.
191 Nipote di Jozip Broz, il maresciallo Tito. Medico chirurgo, si è dedicata nel corso della guerra in Bosnia alla cura delle vittime pur essendo belgradese. Negli ultimi anni ha svolto un’intensa attività (pubblicazioni, conferenze, ecc.) per far conoscere al mondo le sorti delle vittime di guerra. Inoltre è fondatrice del “GARIWOSA” (Gardens of the Righteous World Wide Sarajevo), associazione che vuole promuovere in BiH, soprattutto tra i giovani, il “senso civico”. Vive da qualche anno a Sarajevo, per dimostrare il suo amore e il suo senso di appartenenza al paese.192 Cfr Appendice.193 Cfr Cap. II, Par. 2.1 e Par. 2.2
Se davvero la politica della BiH è matura per compiere il passo delle
riforme, ci si è chiesti il motivo per cui il popolo non sia stato interpellato
attraverso un referendum. Proprio per la mancanza di legittimità che accusano le
istituzioni della BiH, non ci sarebbe stato momento migliore per coinvolgere e
stimolare il cittadino.
Abbiamo visto194 che la BiH ha la priorità, datale tanto dall’UE quanto
dall’esigenza di riprendersi economicamente, di snellire a livello burocratico tutto
l’apparato statale e costituzionale. La struttura imposta dagli accordi di Dayton ha
però rimarcato e istituzionalizzato le fratture etniche della guerra degli anni
Novanta, frenando e congelando alcune situazioni che hanno fino a questo punto
impedito la formazione di un sentimento nazionale e di cittadinanza comune a
tutte le tre principali etnie. E’ per questo che si è voluto porre al centro del
questionario la cruciale domanda “Lei si definirebbe bosanac?” . “Bosanac” è il
termine che in lingua bosniaca indica il cittadino della BiH indifferentemente
dalla sua appartenenza etnica.
Infine si è indagato il gradimento del territorio vissuto, in particolare
rispetto ad alcuni temi cruciali come le opportunità di lavoro, le opportunità
personali future, la qualità della vita. Indici essenziali per fotografare la situazione
reale in cui vivono i cittadini della BiH e in cui si dovrebbero inserire integrazione
europea e riforme costituzionali.
Il questionario, sinteticamente, era così strutturato:
a) Grado di informazione dell’intervistato rispetto ai temi dell’integrazione in
UE;
b) Percezione dei possibili vantaggi e dei possibili svantaggi derivanti
dall’integrazione;
c) Informazione e gradimento rispetto ai referendum promossi in alcuni stati
europei (per la ratifica della costituzione europea e per l’integrazione) e
rispetto alla possibilità di indire referendum simili anche in BiH;
194 Cfr Cap. II, Par. 2.4
d) Conoscenza della problematica legata all’incompatibilità della
Costituzione di Dayton e alle riforme costituzionali;
e) Livello di informazione rispetto alle vicende politiche legate alle riforme
costituzionali;
f) Conoscenza del coinvolgimento della diplomazia statunitense nelle
riforme costituzionali;
g) Gradimento di potenziali riforme costituzionali e nodo delle Entità;
h) Cittadinanza e BiH;
i) Percezione del territorio (inteso come Municipalità e Cantone).
I soggetti coinvolti (metà uomini e metà donne) sono stati:
• 52 soggetti di prima fascia (18 – 25 anni); di questi solo due erano
lavoratori, 15 disoccupati e i restanti 35 erano studenti;
• 52 soggetti di seconda fascia (26 – 60); di questi 30 erano i
disoccupati e 22 gli occupati;
Questi 104 soggetti intervistati si sono dichiarati delle seguenti nazionalità:
• 29 soggetti di etnia musulmana (indicata spesso con modalità
differenti, “bosnjak”195, “musliman”196);
• 13 soggetti “bosanac”;
• 10 soggetti serbi;
195 Termine che in italiano è stato tradotto in “bosgnacco”. Esso è in voga soprattutto dal periodo post bellico e rimarca la componente politica dell’appartenenza etnica più che la componente religiosa.196 Termine che indica solo la componente religiosa di appartenenza.
• 6 soggetti croati.
Tutti gli intervistati hanno dichiarato di essere residenti a Bihać, ma alcuni di loro
hanno specificato di essere originari di alcune cittadine differenti:
• 4 Sanski Most;
• 1 Cazin;
• 1 Prijedor.
4.2 Analisi delle risposte alle domande del gruppo a)
La prima domanda del questionario era mirata allo scopo di comprendere
quale fosse il grado di informazione degli intervistati rispetto al processo di
integrazione in UE. L’obiettivo non era di eliminare i soggetti non informati delle
questioni sollevate e quindi di fare riferimento soltanto a cittadini che fossero
pienamente consci dei temi proposti. Si è voluto evidenziare un dato importante,
cioè che il cittadino medio non si sente sufficientemente informato dai politici e
dai media della BiH sul processo di integrazione. E ciò nonostante si fosse
riscontrato nel corso della ricerca un elevato grado di disponibilità a rispondere
alle domande del questionario. E’ sembrato che i temi suggeriti alla popolazione
di Bihać fossero di estremo interesse per la maggioranza di essa, nonostante la
politica fosse sentita in generale come un elemento di antagonismo.
La percentuale degli intervistati che non si è sentita sufficientemente informata
rispetto ai temi dell’integrazione della BiH è stata:
Ha avuto sufficiente inform azione sul processo di integrazione in EU?
24%
76%
SI
NO
Grafico 1.
E’ evidente la prevalenza (76% degli intervistati contro il 24%) che si
dichiarano non informati sufficientemente riguardo al tema proposto.
Analizzando le risposte, emerge che la disinformazione e l’informazione
degli intervistati sono distribuite abbastanza omogeneamente tra le due fasce d’età
e tra lavoratori, disoccupati e studenti. Ciò significa che chi si dichiara
disinformato (a parte una leggera maggior tendenza tra i giovani rispetto agli
adulti) appartiene a tutte le fasce d’età.
4.3 Analisi delle risposte alle domande del gruppo b)
Le domande 2 e 3 del questionario sono state poste in maniera tale da verificare
due ipotesi importanti:
a) I cittadini di Bihać, vivendo in un territorio che è particolarmente
predisposto (per ragioni geografiche e culturali) all’apertura verso
l’esterno, sentono che l’ingresso in UE sia un’opportunità e non
un’imposizione. Ciò avviene nonostante si dichiarino disinformati rispetto
al problema e nonostante percepiscano in maniera negativa la propria
classe politica (come emerge da alcune interviste).
b) L’apertura economica e sociale che deriverebbe dall’ingresso in UE
sarebbe sentita dai cittadini di Bihać come un fattore estremamente
positivo per se stessi e per la BiH intera.
Per verificare la prima ipotesi è stata posta la seguente domanda con la seguente
percentuale di risposte:
L'ingresso in EU per la BiH è un'opportunità o un'im posizione?
68%
32%
OpportunitàImposizione
Grafico 2.
Mentre la seconda ipotesi è stata controllata attraverso la seguente domanda:
La BiH può trarre profitto dall'ingresso in EU?
91%
9%
SINO
Grafico 3.
Il 68% degli intervistati ha dichiarato che l’ingresso in UE è sentito come
un’opportunità, più che un’imposizione. Appare chiaro che per i cittadini di Bihać
l’ingresso della BiH in UE potrebbe essere un vantaggio. E infatti, come
evidenziato dal Grafico 3, la percentuale delle persone intervistate che
percepiscono l’ingresso come un “profitto” è del 91%.
La minoranza che si è espressa diffidente verso le modalità operate dalla
classe politica nazionale è abbastanza significativa: ben il 32% degli intervistati
ha dichiarato che l’ingresso in UE è un’”imposizione”. Ciò è sicuramente
derivante dalla scarsa informazione data. Infatti, secondo Edin Kulenović,
Consigliere della Presidenza cantonale:
L’opinione pubblica non è ancora formata, è difficile valutare quali possano essere gli aspetti positivi o negativi. Anche perché il salto da fare è davvero grande: dopo il processo di disintegrazione della Jugoslavia, ora bisogna pensare ad un processo di integrazione. Comunque, anche se è difficile al momento distinguere se ci potranno essere più aspetti positivi o più negativi, la mia impressione è che potremmo ottenere molti vantaggi. Anche perché l’isolamento non è mai cosa buona. L’integrazione dovrebbe aiutare a risolvere molti dei problemi interni della BiH, i rapporti di amicizia e di unione.Ma l’errore principale della classe dirigente della BiH è stato allontanare i cittadini dalla politica.
Inoltre, l’imprenditore intervistato, sottolinea che:
Non posso indicare con precisione se l’ingresso in UE sia un’opportunità o un’imposizione. Io sento che entrambe le opzioni siano corrette. L’opportunità è data dal fatto che la BiH ha bisogno dell’UE. Ma allo stesso tempo un eventuale ingresso in UE sarebbe un’imposizione, perché le istituzioni non sono mai state così lontane dal cittadino come in questo caso.
Sul disinteresse dei cittadini verso la politica si ritornerà in seguito197, ma
appare chiaro un dato: i cittadini della BiH non hanno avuto basi sufficienti per
valutare i possibili svantaggi e vantaggi che deriverebbero dall’integrazione. E ciò
in contrasto, come sarà visto più avanti198, con la necessità di far sentire la propria
opinione nel merito dei temi proposti. Ma la peculiarità di Bihać è proprio questa
necessità all’apertura verso l’esterno. Come citato nel Cap. III199, Bihać è sempre
stata uno snodo essenziale nel traffico commerciale della ex – Jugoslavia proprio
grazie alla sua favorevole posizione geografica. Ciò era valido anche per le
persone, le quali si trovavano nella condizione di poter raggiungere in tempi brevi
sia mete commerciali, sia turistiche. Era considerato normale recarsi sulle coste
croate o a Trieste. Dopo la guerra, invece, questa libertà di movimento è venuta
meno. La questione dei visti, la difficoltà ad ottenerli, ha avuto una conseguenza
davvero disastrosa, in particolare sulle persone di una cittadina come Bihać: la
“porta della Bosnia sull’Occidente” si è improvvisamente chiusa. L’UE viene
dunque vista come la possibilità per riaprire questa porta. Come sottolinea la
professoressa delle superiori intervistata:
Ci vedono tutti come terroristi. Il regime dei visti ha istituzionalizzato questo pregiudizio, sorto perché durante la guerra qualche terrorista, un numero davvero insignificante rispetto all’intera popolazione, era entrato davvero in BiH. Soprattutto noi adulti, noi che abbiamo vissuto gli anni precedenti la guerra, ci sentiamo chiusi in prigione a casa nostra. Forse sarebbe un bene entrare in UE anche per eliminare questa sensazione di soffocamento.
197 Cfr Par. 4.6198 Cfr Par. 4.6199 Cfr Par. 3.1
Sono stati proposti agli intervistati alcuni possibili vantaggi e alcuni
possibili svantaggi che potrebbero sorgere dall’integrazione della BiH nell’UE. La
lista scelta è breve e si è volutamente soffermata solamente sui temi principali.
L’intervistato aveva il compito di assegnare un voto da 1 (min.) a 5 (max.) al tema
proposto. I risultati sono stati i seguenti:
4,053,6
3,93,47
3,76 3,843,36
00,5
11,5
22,5
33,5
44,5
1
Possibli vantaggi dall'integrazioneLibertà circolazione
Accesso ai fondi europei
Nuovi posti di lavoro
Sviluppo infras trutture
Nuove industrie
Accesso al mercato europeoper beni BiHLotta alla crim inalità
Grafico 4.
Risulta evidente che il tema della libertà di circolazione di persone, beni,
servizi e capitali sia il più sentito in quanto l’elemento che ha ottenuto i voti più
elevati. Gli altri temi hanno avuto tutti più o meno lo stesso giudizio da parte degli
intervistati. Osservando i singoli questionari si nota che i giudizi si sono attestati
in maniera piuttosto uniforme. Sono pochi i questionari che evidenziano votazioni
molto al di sopra o molto al di sotto della media.
I possibili svantaggi hanno ottenuto le seguenti votazioni:
3,05 3 2,952,52
0
0,5
1
1,5
2
2,5
3
3,5
1
Possibili svantaggi integrazione UE
Aumento delle im port asvantaggio della produzionenazionale
Aumento delle indus tries traniere in BiH
Chiusura delle aziende chenon possono rispettarestandard UE
Perdita tradizioni e cultura BiH
Grafico 5.
“Aumento delle import”, “aumento delle industrie straniere” e “chiusura
delle aziende” sono i due svantaggi più sentiti tra la popolazione di Bihać. Le
votazioni sono state o molto alte o relativamente basse, ma nel complesso hanno
delineato quali siano i principali timori dei cittadini. Ciò è da spiegarsi con il
confronto tra l’economia europea e l’economia locale, la quale versa, come si è
visto, in condizioni davvero preoccupanti. Di ciò ne parla il Consigliere200
intervistato:
In Bosnia e a Bihać c’è un’enorme burocrazia, ma pochissime fabbriche. Bihać aveva diverse fabbriche, ora non più perché la privatizzazione ha distrutto un sistema che prima funzionava. E in più sono state privatizzate dandole praticamente in regalo agli acquirenti. E questi non sono stati nemmeno in grado di amministrarle. Accade spessissimo che le privatizzazioni vengano sciolte dai tribunali per fatti illeciti o per fallimenti. Secondo me sono tutti fatti strettamente collegati alla costituzione di Dayton, sono conseguenze dirette.
200 Cfr nota 187 a inizio Capitolo IV.
Mentre la professoressa spiega201:
Sarebbe bene entrare in UE, ma la nostra produzione nazionale ne risentirà di sicuro. Durante la guerra le fabbriche si erano fermate e molte erano state distrutte. Così si sono moltiplicate in BiH le industrie straniere. L’aspetto più preoccupante di questo è che i lavoratori non hanno i diritti garantiti. Ma nemmeno i produttori e gli imprenditori locali potrebbero rispettare gli standard lavorativi (non solo produttivi) europei. Sarebbe bene che fossero rispettati per la qualità della produzione e per i diritti dei lavoratori, ma è utopistico pretendere ciò dalla BiH per le condizioni in cui versa.
La questione degli standard europei da rispettare è percepita come una
minaccia all’ulteriore incremento della disoccupazione e delle fabbriche straniere
in BiH. Infatti l’imprenditore202 intervistato teme che:
Se dovessi rispettare gli standard europei sarei costretto a cessare immediatamente la mia attività. Non dispongo delle risorse finanziarie necessarie per adeguarmi.
Svetlana Broz conclude:
Se la Bosnia fosse accettata(in UE)… ovviamente, si tratterebbe di tutta una serie di elementi ben noti, a partire dall'eliminazione del regime dei visti che abbiamo oggi e quindi avremmo liberta' di movimento in Europa e nel mondo, avremmo un flusso di merci, una prosperita' economica… Ma prima di tutto dovremmo soddisfare le condizioni poste dall'EU e gia' questo presuppone una nuova qualita' di questa societa'
4.4 Analisi delle risposte alle domande del gruppo c)
Nel Cap. II203 si era sottolineato quanto la scarsa partecipazione elettorale
dei cittadini della BiH renda fragili la legittimità della politica del paese. Al
Consigliere del Presidente cantonale era stato quindi domandato:
Secondo Lei c’è il rischio che vengano eletti soprattutto i partiti nazionalisti, a causa di questa scarsa partecipazione elettorale? La diserzione alle urne può essere considerata il fallimento della politica bosniaca?
201 Cfr nota 189 a inizio Capitolo IV.202 Cfr nota 190 a inizio Capitolo IV.203 Cfr Cap. II, Par. 2.4.2
Egli aveva emblematicamente risposto:
Nel nostro paese tutte le cose, anche quelle che apparentemente sono le più scontate e ovvie, diventano un problema. Chi va al potere deve affrontare i problemi di uno stato povero, appena uscito da una guerra drammatica, dove la criminalità è una piaga seria. E queste cose non sono ancora mai state risolte da nessuno. Il popolo guarda ai risultati e vota di conseguenza. Guardano al posto di lavoro, all’enorme disoccupazione che ci affligge (sono rari i casi di famiglie bosniache in cui lavori più di una persona). I problemi della gente comune sono la causa principale per cui la gente si allontana dalla politica. Questa è la ragione per cui il 50% dei bosniaci non va più a votare, perché non credono più a nessuno. Non è un’opzione politica, è la conseguenza della disoccupazione e di tutti gli altri grandi problemi. I cittadini si sentono traditi e imbrogliati da questa classe dirigente. Al centro dello stato ci dovrebbe essere il cittadino, indifferentemente dalla sua nazionalità. Lo stato deve rispondere alla sue esigenze, le divisioni in classi sociali vanno superate. Il numero dei politici deve essere assolutamente ridotto e dovrebbero ricominciare a parlare di cittadino e non per divisioni etniche.
Inoltre spiega così la scarsa partecipazione politica dei cittadini:
Spesso ho l’impressione che le cose stiano andando alla deriva, non riesco a capire chi possa avere la forza e il potere di dirigere e influenzare in maniera giusta le sorti del paese. Il cittadino dovrebbe essere al centro dello stato, solo così potremmo costruire una nuova costituzione che sia anche moderna e al passo con i tempi. Ma purtroppo è la nostra stessa storia a bloccarci. Un altro punto importante è il numero troppo elevato di partiti che secondo me confondono il cittadino e rallentano il progresso del paese. Dovrebbero restare solo i partiti più forti. Un’altra grossa piaga della società civile è la scarsissima partecipazione elettorale: siamo arrivati al punto che più della metà degli elettori non si reca alle urne.
La distanza tra politica e cittadino ha due principali cause molto precise.
Da una parte i cittadini si sentono delusi dalla propria classe dirigente, la quale è
stata incapace di risolvere le emergenze nazionali, rappresentate in primis dalla
tragica situazione occupazionale. Dall’altra la politica ha senza dubbio allontanato
i cittadini e l’esempio dei recenti avvenimenti politici descritti ne è un esempio
eclatante. Ma nonostante questo, per riprendere quanto detto in precedenza in
questo capitolo, forse i cittadini vorrebbero sentirsi protagonisti e partecipare al
processo decisionale almeno nel merito di questioni così cruciali per il paese.
Dovrebbe essere prioritario, per le istituzioni della BiH, capire l’opinione del
popolo. Perché, come sottolinea la Broz:
Non sono stati fatti sondaggi. Sappiamo cosa pensano i politici ma non sappiamo cosa pensa la gente: e questa e' un'altra cosa, e' diverso.
A Bihać, il risultato del questionario riguardo alle domande inerenti al
referendum è stato il seguente:
E' inform ato del fatto che m olti stati europei hanno indetto referendum inerenti la UE?
60%
36%
4%
SI
NO
NON SO
Grafico 6.
Se ci fosse un referendum per l'ingresso della BiH nella UE, le i andrebbe a votare?
87%
13%
SI
NO
Grafico 7.
Crede che il popolo della BiH debba essere interpellato attraverso un referendum per
argom enti im portanti quali l'ingresso in UE e le riform e costituzionali?
81%
14% 5%SI
NO
NON SO
Grafico 8.
Com e crede che voterebbe il popolo della BiH sull'ingresso nella UE?
90%
8% 2%
Favorevole
Contrario
Non so
Grafico 9.
Una buona maggioranza di intervistati è a conoscenza dei referendum promossi in
diversi stati europei inerenti temi dell’UE. E una netta maggioranza (87%) si è
dimostrata assolutamente interessata ad esprimersi in un referendum riguardante il
possibile ingresso della BiH in UE. E’ stata registrata una percentuale
decisamente significativa anche riguardo alla domanda: “crede che il popolo
della BiH debba essere interpellato attraverso un referendum per argomenti
importanti quali l’ingresso della UE e le riforme costituzionali?”. Ben l’81% ha
risposto positivamente.
Inoltre, altro dato significativo e da confrontarsi nel Capitolo successivo
con i dati di Banja Luka e Mostar, il 90% degli intervistati è convinto che la BiH
voterebbe compatta a favore dell’ingresso in UE.
La domanda successiva ha letteralmente spiazzato gli interlocutori, sia
deludendone le aspettative rispetto ad un possibile referendum, sia a livello di
informazione personale (vedi pag. seguente):
La Costituzione della BiH (Dayton) prevede la possibilità di indire re ferendum ?
12%10%
78%
SI
NO
Non so
Grafico 10.
Solo il 10% degli intervistati si è dimostrato a conoscenza dell’impossibilità di
indire referendum in BiH. La maggioranza (78%) non era informata del fatto che
è impossibile, secondo la attuale versione costituzionale del paese, indire
referendum. Il 12% ha invece risposto affermativamente alla domanda posta.
Il Consigliere del Presidente cantonale giustifica con le seguenti parole la
scelta costituzionale di non indire referendum, anche se:
I partiti stanno trattando per rivedere la costituzione di Dayton204. Tra le altre cose per introdurre un sistema di democrazia diretta. Questo è ostacolato, per il momento, dalla struttura anglosassone della attuale costituzione, perché il sistema di democrazia indiretta in Bosnia è stato introdotto dall’ingerenza internazionale. Ingerenza che tocca il suo apice con l’Alto Rappresentante, le cui dichiarazioni diventano forza di legge. E questo avviene, a causa dell’Annesso IV di Dayton, senza che il Parlamento abbia lo spazio di decidere in merito alle dichiarazioni dell’HR, non può proporre modifiche e nemmeno emendare.
Anche il professore universitario è dello stesso avviso, ma fornisce un dato
in più. Come riscontrato in altre interviste la Costituzione di Dayton rimane un
documento lontano dai cittadini, i quali la percepiscono come un oggetto estraneo.
E soprattutto non la conoscono:
Non ho letto Dayton, ma evidentemente la nostra costituzione è basata sul modello americano.
Il Consigliere del Presidente cantonale aveva accennato al ruolo che la politica
dovrebbe avere nei confronti dei cittadini per riavvicinarli alle vicende
istituzionali del paese. E’ stato domandato a Svetlana Broz cosa potrebbero,
invece, fare gli intellettuali per dare il loro contributo a questo problema:
In queste societa' molto spesso gli intellettuali, se hanno avuto un ruolo, lo hanno avuto piu' negativo che positivo. Hanno avuto un ruolo negativo nella dissoluzione della Jugoslavia e spesso continuano ad averlo oggi, invece di prendere un ruolo guida della societa' che per definizione dovrebbe essere il loro. Gli intellettuali hanno un grande impegno e una grande responsabilita'. Ma temo che molto pochi di loro rispettino questo impegno, e questa responsabilita'. Per dire la verita', mi hanno delusa.
204 Cfr Capitolo II, Par. 2.7
4.5 Analisi delle risposte alle domande del gruppo d)
Le risposte in percentuale alla seguente domanda sono state:
Sapeva che la costituzione di Dayton non è com patibile con quella dell'UE e che per questo la BiH non può accedere all'integrazione senza una
riform a costituzionale?
45%
51%
4%SI
NO
Non so
Grafico 11.
L’informazione degli intervistati si è dimostrata buona per il 45% di essi,
mentre il 51% ha dichiarato di non essere a conoscenza del problema e il 4% non
ha saputo fornire una risposta.
4.6 Analisi delle risposte alle domande del gruppo e)
Si ritiene che le prossime risposte siano emblematiche nel tratteggiare la
problematica dell’allontanamento del cittadino dalla politica e della responsabilità
che in ciò hanno le istituzioni della BiH. Infatti:
Sta seguendo le proposte di riform a costituzionale delle quali s i s ta discutendo in questi giorni?
37%
63%
SINO
Grafico 12.
E' a conoscenza del fatto che sono i partiti m aggiori che stanno disutendo "privatam ente" di queste
questioni senza una discussione parlam entare?
50%45%
5%SI
NO
Non so
Grafico 13.
La maggioranza (63%) ha dichiarato di non seguire le vicende politiche che
riguardano le riforme costituzionali, mentre solo il 37% ne è a conoscenza. Ma
una buona parte degli intervistati, ben il 50%, è informato del fatto che sono i
partiti maggiori a discutere “privatamente e senza una discussione parlamentare”
di queste questioni. Ciò significa che da un lato la politica della BiH ha fallito
ancora una volta nel non coinvolgere il cittadino in una fase così delicata per il
paese, dall’altro i cittadini non provano interesse nell’informarsi proprio per
l’atteggiamento tenuto dai principali partiti in questa occasione.
4.7 Analisi delle risposte alle domande del gruppo f)
Legata alle due domande precedenti, la seguente è stata posta per
comprendere quanto sia gradito l’intervento della diplomazia statunitense205
riguardo alle riforme costituzionali. Infatti come ci suggerisce il Consigliere del
Presidente cantonale:
La missione di mediazione degli Usa non è più tale, ormai è da considerarsi un’ingerenza diretta negli affari interni di un paese sovrano.
E ancora:
Un altro aspetto importante è valutare quali siano i veri interessi degli Stati Uniti nei confronti della EU, perché la pressione che stanno mettendo ai nostri politici va al di là della naturale propensione di uno stato a perseguire i propri interessi 205 Cfr Cap. II, Par. 2.7.2
e i propri fini. Ripeto: gli Usa, nei confronti della Bosnia, stanno compiendo una vera e propria ingerenza nei nostri affari interni.
Era necessario, ai fini della ricerca, approfondire questo tema e
comprendere quanti cittadini giudichino positivo questo intervento e quanto,
invece, lo reputino l’ennesima prova dell’immaturità vera o presunta della vita
politica della BiH.
Essi hanno risposto nel modo seguente:
Secondo Lei è corretto che siano le autorità statunitensi a spingere e a mediare affinchè la BiH
operi una riforma costituzionale?
42%
54%
4%
SINONon so
Grafico 14.
Oltre ad un 4% che non è stato in grado di esprimersi, l’opinione pubblica
si divide sostanzialmente a metà. Una relativa maggioranza (54%) considera
negativo questo intervento, mentre il 42% lo approva.
E’ stato preso come esempio esplicativo dell’ultima opinione, la seguente
frase registrata durante l’intervista al professore universitario, il quale ci è
sembrato riportare un sentimento comune:
La mia opinione è che deve essere la Comunità internazionale a risolvere tutti questi problemi. Sono stati loro, anche se riconosco che Dayton ha saputo fermare la guerra, a creare il caos del dopoguerra bosniaco.
Questa visione è la conferma di una politica nazionale cha ha vissuto
troppo a lungo all’ombra di quella della C.I., in una sorta di assistenzialismo che
si è riflesso anche nell’opinione pubblica. Una buona parte di essa è giunta alla
conclusione che il caos istituzionale che regna nel paese sia il risultato della
politica internazionale e che debba essere proprio quest’ultima a dover risolvere i
problemi più spinosi della BiH.
L’altra opinione opposta ha la medesima origine, ma in qualche modo
reagisce a questo sentimento espresso poco fa. Infatti, come afferma la
professoressa delle superiori:
La BiH non ha niente da invidiare a nessuno. Siamo una nazione con un grande passato e presente culturale, dovremmo imparare non solo ad essere orgogliosi di esso, ma anche a sfruttarlo per cominciare a camminare con le nostre gambe. Dovremmo emanciparci dall’assistenza internazionale e statunitense.
4.8 Analisi delle risposte alle domande del gruppo g)
Ci si è chiesto quale potrebbe essere la reazione dei cittadini di Bihać alle
potenziali riforme costituzionali. Per ottenere questo risultato sono state
inizialmente poste due domande cruciali, una che sondasse l’opinione relativa alla
rappresentatività della Costituzione di Dayton, l’altra riguardante il referendum
del 1992. Quest’ultima ha avuto lo scopo di confermare la seguente ipotesi: la
costituzione di Dayton non aveva tenuto conto della volontà espressa dai cittadini
della BiH (in questo caso particolare di Bihać) espressa attraverso uno strumento
costituzionale legittimo quale il referendum del 1992. Una volta di più si è voluti
sottolineare come Dayton abbia premiato la situazione politica voluta dalla
fazione che aveva deciso e provocato la guerra degli anni novanta. Ciò va preso in
considerazione soprattutto rispetto alla possibilità di compiere delle riforme
costituzionali. Non tenere nuovamente conto della volontà dei cittadini della BiH
sarebbe ripetere gli errori commessi nel redigere la costituzione di Dayton.
Come previsto in ipotesi, la percentuale alla prima domanda è stata:
Secondo Lei la costituzione di Dayton è rappresentativa della volontà della popolazione della
BiH?
12%
84%
4%
SINONon so
Grafico 15.
Mentre riguardo al referendum del 1992 sono state registrate le seguenti
risposte:
Com e ha votato al referendum sull'indipendenza del 1992?
48%
4%
48%
Favorevole
Non desiderorispondere
Non ero ancoramaggiorenne
Grafico 16.
L’84% degli intervistati ha dichiarato che la Costituzione attualmente in
vigore in BiH non è rappresentativa della volontà della popolazione della BiH.
Riguardo al referendum del 1992 il 48% degli intervistati ha per ovvi motivi d’età
dichiarato di non aver votato. Il 4% non ha desiderato rispondere alla domanda206.
Quest’ultima era stata inserita per motivi di riservatezza dell’intervistato nei
confronti di un tema così delicato.
Le percentuali date indicano che le persone intervistate (con diritto di voto
nel 1992) hanno votato a favore dell’indipendenza indipendentemente dall’etnia
di appartenenza.
Sono stati proposti alcuni potenziali cambiamenti costituzionali che sono
sembrati i più problematici e che necessitano di una risposta istituzionale più
immediata207. Essi sono:
1) Eliminazione delle Entità;
2) Snellimento dell’apparato burocratico;
206 Infatti, tra le opzioni di risposta erano state inserite oltre alle voci “a favore dell’indipendenza” e “contro l’indipendenza” anche le risposte “non ho votato” e “non desidero rispondere”.207 Sono stati scelti in base alle proposte realmente emerse nel corso delle discussioni nel merito delle riforme e in base alle esigenze costituzionali emerse nel corso delle presente trattazione al Cap. II.
3) Eliminazione del sistema che prevede la divisione
obbligatoria della Presidenza della Repubblica e della
Camera dei Popoli fra i tre popoli costituenti;
4) Possibilità di candidarsi alla Presidenza della BiH anche
per gli appartenenti alle minoranze;
5) Possibilità di indire referendum per permettere ai cittadini
della BiH di esprimere la propria opinione sui temi più
importanti;
6) Altro.
Le risposte in percentuale sono state:
0%20%40%60%80%
100%
1 2 3 4 5 6
Quali cose andrebbero cam biate nell'attuale ordinam ento costituzionale?
NON SONOSI
Grafico 17.
Con qualche leggera differenza (le risposte che hanno ottenuto la maggioranza di
sì sono state quelle alle domande 2 e 4), tutti e cinque i quesiti hanno visto la
maggioranza favorevole.
La professoressa sottolinea il fatto che:
L’eliminazione delle Entità non dovrebbe essere un fattore di ulteriore divisione etnica. Essa riguarda lo snellimento burocratico, fatto che va assolutamente preso in considerazione perché non c’è motivo di continuare a vivere in un paese che vuole stare diviso. Ed è questo mostro burocratico uno dei principali motivi della nostra arretratezza economica.
In particolare, sul sistema dei Cantoni e delle Entità, Svetlana Broz spiega:
Personalmente ritengo che quattordici governi in un paese di quattro milioni di persone siano un assurdo, neanche la Svizzera potrebbe sostenere il peso di una struttura simile. I cantoni, come le entita', sono superflui per questo stato. Ciò sarebbe un grande aiuto per i comuni, quindi anche per Bihać.
4.9 Analisi delle risposte alle domande del gruppo h)
La frase della Broz introduce questa nuova parte del questionario, forse la
più cruciale. L’esistenza delle Entità, la divisione etnica del paese, sono davvero
delle esigenze percepite allo stesso modo a Bihać e nella BiH?
Se s i votasse oggi ad un referendum sull'e lim inazione delle Entità, quale pensa che sarebbe la risposta della m aggioranza
dei cittadini della BiH?
70%6%
24%Favorevole
Contrario
Non so
Grafico 18.
La risposta a questa domanda ha delineato non tanto l’opinione di tutta la
BiH, quanto la percezione dei cittadini di Bihać che hanno nei confronti del
proprio paese. Inoltre esprime la volontà dei bisčani208 rispetto ad una proposta
simile. Infatti il 70% degli intervistati hanno risposto che sicuramente la
maggioranza dei cittadini della BiH voterebbe a favore dell’abolizione delle
Entità, il 24% non ha saputo offrire una risposta e il 6% si è dichiarato pessimista.
Come sarà fatto notare209, la percezione rispetto allo stesso tema è differente a
Mostar e differisce ancor di più a Banja Luka. Ciò è sicuramente legato al fatto
che le Entità sono l’istituzionalizzazione delle separazioni etniche volute in primis
dai serbi ma anche, in parte, dai croati per ottenere una sorta di indipendenza e di
riconoscimento che li ricongiungesse a Serbia e Croazia. Ma è anche un aspetto
208 Vengono così chiamati gli abitanti di Bihać209 Cfr Cap. V, Par. 5.9
della presenza o assenza del sentimento comune nazionale. Esso, come citato in
apertura di capitolo, è misurabile attraverso la domanda: “ Lei si definirebbe
bosanac?”.
Lei s i definirebbe "bosanac"?
92%
6% 2%
SINONon so
Grafico 19.
La maggioranza degli intervistati, il 92% ha risposto in maniera
affermativa. Questo al di là delle appartenenze etniche. Infatti nel 6% che ha
risposto negativamente è stata constatata la presenza di un solo serbo, un croato e
alcuni musulmani. Il 2% che non ha saputo rispondere aveva giustificato la scelta
spiegando che non conosceva il termine.
Il Consigliere del Presidente cantonale ha invece risposto così:
Sentirsi “bosanac” sarebbe l’ideale…Un serbo di Bosnia deve capire una volta per tutte che il suo stato è la Bosnia. Un croato di Bosnia deve capire una volta per tutte che il suo stato è la Bosnia. I bosniaci l’ hanno capito perché non hanno nessun altro stato di riferimento. Finché non avverrà questo, la Bosnia non sarà mai uno stato tranquillo e maturo. Faccio un esempio dell’assenza di sentimento nazionale di questo stato: nell’ultima partita i calcio tra BiH e Serbia, il pubblico della RS ha fatto il tifo per la Serbia e Montenegro!
Ma sono convinto del motto “Audiatur et altera pars”. Bisogna tener conto anche delle opinione della Rs, bisognerebbe ascoltare anche la loro voce e aprire un dialogo costruttivo.
Mentre il professore universitario si è espresso con queste parole:
Sarebbe l’ideale dire di sentirsi “bosanac”. Ma Le faccio un esempio: tre anni fa è stata condotta una ricerca per capire quanti cittadini della Federazione si fossero dichiarati disponibili a iscriversi all’università di Banja Luka. Il 90% degli intervistati ha risposto di negativamente. E il motivo è facile da capire. In quella università viene insegnato che tutti gli abitanti della Bosnia sono in realtà serbi. Serbi convertiti, ma pur sempre tutti serbi.
La creazione delle Entità è stato un prodotto malsano di Dayton. Perché essa è stata capace di fermare la guerra, ma non aveva la capacità di gestire la pace. Se oggi, in Bosnia, esistono università simili è colpa della gestione della Comunità internazionale e di come ha investito male le sue risorse. A questo punto dovrebbero essere gli intellettuali a stranieri a risollevare la situazione e a educare le persone. Perché tutti i “cervelli” bosniaci se ne sono fuggiti all’estero. Io, per esempio, ho delle difficoltà enormi a stampare i miei libri. A Bihać, che comunque è una grossa e importante città, non esiste nemmeno una libreria. Se non teniamo conto di quella islamica…
La professoressa delle superiori:
Sì, al cento per cento.
Inoltre, riguardo all’eliminazione delle Entità, il Consigliere ha spiegato:
Io sono per l’integrità della Bosnia. Tutti i bosniaci sono per la Bosnia unita. “Non abbiamo un altro stato” ti dicono tutti loro. I serbi vogliono staccarsi e unirsi alla SiCG, magari dando in cambio il Kosovo. Infatti la RS sembra quasi uno stato autonomo. Si comporta come tale, anche se non lo dovrebbe fare. Anche i croati vogliono il loro stato. E’ la realizzazione del piano di Tudjman e Milošević per dissolvere la Bosnia e spartirsela. Ma il tempo sarà a favore della coesione, anche grazie alla comunità internazionale.
E’ stato domandato, inoltre, cosa significhi per un abitante di Bihać essere
cittadino della BiH oggi, permettendo di dare più risposte:
0
20
40
60
1
Cosa significa per Lei essere un cittadino della BiH oggi?Vivere in uno s tato unitario,forte senso di appartenenza
Vivere in uno s tato chegiustamente riconosce ledifferenze etniche
Vivere in uno s tato che sentocome m io ma che non potràm ai essere unitario
Vivere in uno s tato che nonsento m io
Non so
Grafico 20.
60 persone hanno risposto che sentono di vivere in uno stato unitario e
dichiarano di possedere un forte senso di appartenenza. 18 intervistati hanno
risposto che il riconoscimento delle differenze etniche è importante. Mentre 21
persone hanno sottolineato il fatto che la BiH è percepita da loro come il proprio
stato, ma non potrà mai aspirare all’unità reale a cause delle divisioni etniche. Una
sola persona ha risposto che la BiH non è il suo stato.
Sono state messe in relazione alcune parole chiave: “Unione Europea” e
“uniti nella diversità”. Lo spunto di questo quesito è stata l’osservazione del fatto
che l’inno della BiH è privo di parole proprio per ragioni legate alle etnie. L’inno
della UE ha ispirato la seguente domanda per testare la percezione che gli
intervistati potevano avere rispetto alla capacità unificatrice dell’UE:
Lei crede che lo s logan dell'Unione Europea "uniti ne lla diversità" possa essere l'"inno" della BiH?
64%
29%
7%
SINONon so
Grafico 21.
Il 64% ha dimostrato il desiderio di una BiH finalmente unita forse grazie anche
all’ingresso in UE. Il 23%, un dato abbastanza significativo, si è espresso
contrario o per lo meno scettico verso una prospettiva simile.
4.10 Analisi delle risposte alle domande del gruppo i)
I problemi che stanno alla base dello scarso coinvolgimento dei cittadini
verso la vita politica, sono sicuramente da ricercarsi nella qualità della vita di essi,
nelle loro scarse prospettive future, nella difficoltà a trovare un impiego. Tutto ciò
li allontana inevitabilmente da una politica che non ha mai saputo venire a capo di
questi gravi problemi.
Il Consigliere del Presidente cantonale riassume così alcuni dei principali
problemi suggerendone una soluzione:
Un grosso problema è costituito dal passaggio, drammatico, da un sistema socialista al sistema capitalistico. Questo ha prodotto la concentrazione delle risorse finanziarie e del potere politico nelle mani di pochi. Ci sono troppi bosniaci che non hanno le risorse per tenere il passo a questa corsa al capitale e sarà sempre più spesso necessario ricorrere alle sovvenzioni sociali. Le risorse su cui puntare dovrebbero essere il turismo e il legname.
I cittadini di Bihać intervistati hanno così espresso la loro opinione rispetto
ad alcuni punti che riguardano la loro città. La forma del quesito dava la
possibilità di assegnare un punteggio (da 1 min. a 5 max.) a ciascun tema
suggerito:
1,76 1,71
2,04 1,97 2,04
2,45
1,9
1,4
0
0,5
1
1,5
2
2,5
1
Gradimento città
Servizi
Opportunità di lavoro
Is truzione e cultura
Associazioni
Tempo libero
Negozi e centri com mercialiVita sociale
Poss ibilità personali future
Grafico 22.
I voti riportati dal Grafico 22 esprimono la media dei voti assegnati dal
campione preso in esame. Non è difficile osservare che i valori sono molto bassi.
Infatti la media più alta è di soli 2,45 punti (Negozi e centri commerciali), mentre
la media più bassa è registrata alla voce “possibilità personali future”. L’opinione
dei cittadini intervistati rispetto ai “servizi”, “opportunità di lavoro” e “vita
sociale” è decisamente negativa con votazioni medie tra 1,76 punti e 1,9 punti.
Mentre “istruzione e cultura”, “associazioni” e “tempo libero” si aggirano attorno
ai due punti di media. Ciò conferma l’ipotesi che la percezione del proprio
territorio da parte degli intervistati è abbastanza negativa per le cause economiche
e sociali menzionate. Per questo motivo è stato interessante domandare alle
persone se, avendone la possibilità, vorrebbero allontanarsi dalla propria città
(all’estero oppure in qualche altra città della BiH).
Se ne avesse la possibilità, Lei si allontanerebbe dalla Sua città per andare a vivere altrove?
52%
48% NOSI
Grafico 23.
Gli intervistati, nonostante avessero unanimemente concordato un voto
complessivo negativo al proprio territorio, in questo caso si sono divisi a metà. Da
questa osservazione sembrerebbe che l’attaccamento alla propria terra sia ben più
forte di quanto ipotizzato. Infatti ci si sarebbe aspettati che le gravi difficoltà in
cui versano i cittadini di Bihać, fossero tali da far sperare la netta maggioranza di
loro nell’emigrazione per ricercare un lavoro e nuove opportunità di vita. Invece
ciò è valido solo per taluni intervistati, per la metà di loro. Le motivazioni fornite
da chi ha dichiarato di desiderare l’emigrazione sono state le seguenti:
Se sì, per quale motivo? (possibilità di marcare più di una risposta)
56%
44%Motivazionieconomiche
Qualità della vita
Grafico 24.
Inoltre si registra la percentuale di risposte rispetto alla meta preferita di
emigrazione:
Dove desidererebbe em igrare?
10%
90%
All'interno della BiH
Estero
Grafico 25.
Con una netta prevalenza (90%) gli intervistati che desidererebbero emigrare, lo
farebbero all’estero. La professoressa spiega così la motivazione per cui lei
vorrebbe andare a vivere al di fuori della BiH:
Il mio paese, da dopo la guerra, è rimasto in mano a chi si arricchisce con proventi illeciti. Sono essi, come ho detto prima, a rendere la BiH un paese arretrato e ad alimentare il pregiudizio che ci vede tutti terroristi. Andrei a vivere all’estero, anche se amo la mia patria e non vorrei mai lasciarla, perché la situazione attuale mi ha estremamente amareggiata e mi fa male sapere che ci ritengono un paese di gente povera, economicamente e culturalmente. Ci vogliono piccoli passi per sistemare le cose in BiH e io non so se vivrò tanto a lungo per poterli vedere realizzati.
E’ stato chiesto agli intervistati quali fossero secondo loro le principali differenze
tra prima e dopo la guerra, con l’intento di chiarirci le motivazione, o per lo meno
la percezione del problema per la gente, che possano spigare una qualità della vita
così bassa. E per comprendere quale sia la radice della diffusa depressione che
colpisce molte persone a livello personale e sociale. Spesso è questa depressione
che fa scaturire quel diffuso senso di impotenza tra i cittadini della BiH. Essi,
come è stato valutato dai questionari, dai colloqui con le persone citate e grazie
all’intervento alle due conferenze di Svetlana Broz, non sanno come reagire ad
una vita difficile, alle istituzioni assenti, alla corruzione imperante e al timore di
una nuova aggressione, simile a quella degli anni novanta.
L’imprenditore ha ricostruito la situazione economica antecedente la guerra. Il
capitolo III210 mostrava quale fosse la situazione industriale attuale dell’USC e di
Bihać e si era notata così la differenza occupazionale in più settori produttivi nelle
zone della città e del Cantone. La situazione economica è sicuramente importante
per comprendere le problematiche sopra citate. L’imprenditore ha vissuto questo
rapido e drammatico cambiamento ed è stato in grado di fornire qualche dato. Le
cifre sono indicative, ma sono assolutamente reali come verificato dai dati della
strategia cantonale. L’intervistato ci dice:
Due sono i principali cambiamenti che gravano tutt’oggi sulle spalle di noi cittadini di Bihać e della BiH: il passaggio dal socialismo ad un capitalismo non maturo e le conseguenti privatizzazioni selvagge211 e spesso condotte in maniera illecita. Il passaggio dal socialismo al capitalismo ha privato i cittadini della base assistenziale e sociale. Essa, soprattutto in un momento di forte crisi come questo, avrebbe sicuramente aiutato moltissime famiglie in difficoltà. La disoccupazione è a livelli drammatici, gli stipendi sono bassissimi. Un insegnante guadagna qualcosa come 200 euro al mese. Un capofamiglia non è più in grado di tirar su tre figli senza problemi come poteva fare prima della guerra. Invece, un dipendente statale negli anni novanta aveva i seguenti privilegi:
• Assicurazione sanitaria;• Colonia aziendale gratuita;• Cure termali;• La casa era gratuita oppure veniva sovvenzionata tramite contributi
statali;• Tredicesima;• Una pensione arrivava a 1000 marchi, ora è di soli 120 marchi
Le industrie prima della guerra erano le seguenti con il seguente numero di dipendenti:
• Kombitex (industria tessile): 3000 dip.• Ferriera: 2000 dip.• Energoinvest (generatori industriali che esportava in Medio Oriente)• Politilenka (imballaggi di plastica): 2000 dip.• Gorenje: 1000 dip.• Žito Prerada (farine): 2000 dip.• Šipat (mobili, segherie): 3000 dip.• Bihać Trgovine: 500 dip.• Latterie (ora Megle): 800 dip.• Una Trans: 500 dip.
210 Cfr. Cap. III, Par. 3.10.8211 Cfr. Cap. III, Par. 3.9
• Ferrovie: 200 – 300 dip.• Krajna Tuteli (società che gestiva le strade): 300 dip.• Izgradnia: 1000 dip.• HR: da 12.000 dip. a 400 dipendenti attuali
Mancano 20.000 posti di lavoro rispetto al periodo antecedente la guerra.
4.11 Intervista a Svetlana Broz.
L’intervista212 a Svetlana Broz ha permesso di concentrare alcune domande sulle
questioni ora sollevate. Inoltre si riportano alcuni commenti espressi durante gli
interventi della Broz all’Università di Bihać e al Municipio della città. Il pubblico,
in prevalenza composto da giovani, aveva sollevato le seguenti importanti
questioni:
“ Non possiamo reagire alla corruzione dei politici. Anche nella nostra Università la corruzione è diffusa e inevitabile. Siamo soli e ci manca un personalità forte che ci guidi”
(Studentessa universitaria)
“Noi tutti, o quasi, aspettiamo di laurearci e di andarcene dalla BiH per trovare un lavoro all’estero”
(Studente universitario)
“Non ha senso andare a votare, tanto non cambia nulla”(Opinione registrata da più ragazzi universitari)
“Da giovani non aspettavamo che fossero gli altri a dirci cosa fare. Voi dovete reagire e combattere affinché il vostro paese si risollevi. Non posso pensare che voi tutti pensiate di fuggire all’estero una volta laureati. Il futuro di questo paese è nelle vostre mani.
(Pensionato di Bihać)
Sono solo piccole osservazioni, ma fanno riflettere:
a) I giovani risentono molto dell’autorità si sentono spesso impotenti rispetto
ad essa;
212 Cfr. Appendice.
b) Si sentono impotenti anche rispetto ai possibili cambiamenti che
andrebbero operati nel paese;
c) La qualità della vita per un giovane è assolutamente mal sopportata;
Sono state poste le seguenti domande a Svetlana Broz:
1) Bihać si trova in una situazione strategica favorevole,
eppure la ripresa e' in ritardo. Lei riesce a percepire una
particolarità nella situazione di questa città rispetto al
resto della Bosnia?
2) Pensa che per una normalizzazione della situazione, per
una maturazione del paese, e' sufficiente concentrarsi
sull'aspetto economico del risanamento oppure va
intrapreso un lavoro che stimoli maggiormente il
sentimento civico?
3) Pensa dunque sia più saggio passare per l'economia, che
l'altra via sia più difficile?
4) Secondo alcuni cittadini di qua, Bihać prima della guerra,
proprio per essere un luogo di frontiera, aveva un piu'
altro grado di tolleranza, abituato al fatto di essere un
territorio misto, nel quale nessuno faceva caso
all'appartenenza etnica o religiosa. Secondo lei e' cosi', o
e' solo un'opinione locale? O e' possibile che un luogo di
frontiera come questo si trasformi in un esempio positivo
in questo senso?
Le sue risposte sono state:
1) Le mie impressioni sono sul pubblico, che e' un pubblico di studenti e alunni delle medie, con i loro problemi particolari, tuttora insoluti, e ce ne sono tanti. Tutta la societa' della Bosnia Erzegovina e' afflitta da una quantita' di problemi. Non sono sicura che Bihać sia posizionato in modo tale da avere grandi risorse per un buono sviluppo, ma attualmente ha delle persone nuove nell'amministrazione che si battono per migliorare le cose. Questa e' l'impressione che ricavo dalla mia presenza qui oggi.
2) Penso che lo sviluppo dell'economia sia l'elemento piu' importante, anche se non l'unico importante. Ma e' prioritario. Quando avete un tasso di disoccupazione al sessanta per cento, c'e' una grande insoddisfazione in tutti i campi e allora si sviluppa e la questione etnica e quella religiosa ed ogni altra. Se avessimo una buona base economica e le persone avessero un lavoro, diventerebbe meno importante per loro a quale gruppo etnico o religioso appartengono. Diventerebbero cittadini, e non membri dell'uno o dell'altro gruppo etnico o religioso. Avremmo una vera societa'.
3) Certo. L'altra via e' piu' difficile, non ci si riesce, la gente e' sfinita, affamata, ha troppo tempo a disposizione che non e' riempito dal lavoro, non hanno la possibilita' di mantenersi, e quindi quel tempo viene usato per sfinirsi ancora piu' in confronti negativi. Se avessimo uno sviluppo economico sarebbe piu' facile anche sviluppare i rapporti all'interno della societa', rapporti che devono essere risanata, fra i vari gruppi etnici e religiosi.
4) Vi diro' la mia impressione. Io sono stata qui a Bihać un anno fa, nel dicembre 2004 per la promozione del mio primo libro. Questa sala era piena di cittadini di Bihać. Si sentiva una terribile tensione e paura, una sensazione addirittura fisica, strana, come se quelle persone fossero spaventate solo per il fatto di trovarsi qui. Paura che qualcuno non irrompesse nella sala per lanciare una bomba o qualcosa del genere..
Per il Suo nome?
Per il mio cognome, si'. Oggi questa paura non c'era. Significa che nonostante tutto in quest'anno e pochi mesi qualcosa e' cambiato. In meglio. All'epoca era stato appena eletto un nuovo sindaco, da un mese o due. Quindi Bihać e' riuscito a fare un passo avanti da quando si e' scelto un sindaco nuovo, giovane, un segnale per me che questa citta' ha un potenziale, una capacita' di lottare per conquistarsi un futuro migliore. Un sindaco giovane, che ha ottenuto un master in America ed e' rientrato nella sua citta' natale per candidarsi, dimostra che anche i giovani in questo paese hanno delle prospettive, e che i cittadini desiderano votare per loro. Il sindaco di Bihać ha dimostrato questo fatto.
CAPITOLO V
Analisi comparativa sull’opinione pubblica di Mostar e Banja Luka riferita ai temi dell’integrazione UE, revisioni costituzionali e percezione del territorio di
appartenenza.
5.1 Introduzione alla ricerca:
Nell’elaborazione dei dati dei questionari di Bihać213 abbiamo notato
alcuni particolari interessanti che a nostro giudizio rendono la sua zona
particolarmente aperta ai temi proposti. Inoltre le interviste operate hanno
stimolato ad indagare più approfonditamente per rilevare se davvero Bihać
possiede una qualche peculiarità rispetto ad altre zone della BiH. E’ stato quindi
deciso di confrontare i dati della prima inchiesta con quelli di altre due città che
fossero particolarmente significative: Mostar, capitale dell’Erzegovina, e Banja
Luka, capitale della RS.
L’integrazione in UE della BiH è senza dubbio, come dimostrato214, legata
alle riforme costituzionali. Esse dovrebbero essere dirette in due direzioni:
• Snellimento burocratico per modernizzare il paese;
• Formazione di un apparato statale alla cui base non ci sia più la
differenziazione etnica.
Il secondo punto, il più difficile da realizzare e allo stesso tempo il meno discusso,
è strettamente legato al primo. La modernizzazione del paese non può prescindere
da riforme indirizzate alla formazione di uno stato unitario e non più
perennemente tripartito. Nella prima inchiesta si è notato come la necessità di
operare entrambe le vie sia non soltanto accettata dai cittadini di Bihać, ma sia
soprattutto auspicata. Croati e serbi di questa città, hanno risposto in maniera
simile (con qualche rara eccezione) ai cittadini di etnia musulmana. E, fatto
ancora più notevole, molti di essi hanno affermato di sentirsi “bosanac” lasciando
213 Cfr. Cap. IV214 Cfr. Cap. II, Par. 2.7
presumere di considerarsi sì appartenenti ad una etnia, ma soprattutto di essere
appartenenti allo stato di BiH. Infatti un ragazzo serbo215 di Bihać ha detto:
“Io sono serbo, ma sono anche bosanac. Il fatto di essere serbo non esclude il fatto di appartenere alla BiH. Molti serbi, invece, si sentono appartenere soltanto alla RS se non, in molti casi, persino alla Serbia. Molti croati si sentono appartenere soltanto all’Erzegovina se non, in molti casi, persino alla Croazia.”
Come già riportato nel capitolo precedente216, anche il Consigliere del
Presidente del Cantone Una – Sana aveva evidenziato questo fatto. Allora ci si
chiede:
• la possibile integrazione in UE è ugualmente auspicata anche in RS e in
Erzegovina?
• Se la risposta dovesse risultare affermativa, come verrebbero giudicate le
necessarie riforme costituzionali menzionate?
• Esiste un sentimento civico pari a quello registrato a Bihać? Quale “BiH
dei cittadini” si appresta a fare il suo ingresso nell’”UE dei cittadini”?
Per rilevare questi dati si sono prese in considerazione due direzioni. Da
una parte è stato proposto ad un piccolo campione di cittadini di Mostar e
Banja Luka lo stesso questionario utilizzato a Bihać. Dall’altra sono state
condotte delle interviste ad alcuni operatori di ONG italiani a Mostar217 e un
professore italiano dell’Università di Banja Luka218. Questo ha consentito di
ottenere una visione esterna e globale delle problematiche sollevate e di
evitare di compiere lo stesso lavoro compiuto in USC. Infatti, per motivi di
tempo e economici, la stessa ricerca sarebbe risultata impossibile: la rete di
contatti creata a Bihać per ottenere un numero significativo di dati aveva
richiesto molte settimane di lavoro ed è stata realizzata anche grazie ai contatti
215 Anonimo che ha lasciato un commento libero sul questionario. Modalità non prevista dal ricercatore alla domanda “Ti senti bosanac?”, ma ritenuta ugualmente interessante.216 Cfr Cap. IV, Par. 4.9217 Tommaso Vaccarezza e un operatore rimasto anonimo. Non avendo parlato a nome delle ONG di appartenenza, ma a titolo personale in base all’esperienza sul campo, hanno preferito che i nomi delle ONG fossero omessi. 218 Danilo Capasso, Professore dell’Università di Banja Luka e dell’Associazione Marco Polo.
italiani sul campo. A Mostar e a Banja Luka non è stato possibile ricreare le
stesse condizioni lavorative.
Il campione utilizzato a Mostar e Banja Luka ha coinvolto 50 persone
per città. Esse sono state ricercate principalmente tra gli studenti universitari e
tra alcuni adulti in contatto con le ONG (a Mostar) e con gli insegnanti
dell’Università (a Banja Luka). Sono stati presi in considerazione gli studenti
universitari per due motivi: uno pratico di reperibilità degli intervistati, uno
sulla base della cautela richiesta nell’affrontare temi simili219. Inoltre, i dati
rilevati presso gli studenti di Bihać e la partecipazione alle conferenza di
Svetlana Broz220, hanno suggerito di confrontare proprio questa parte di
campione perché decisamente interessante. I giovani sono i più esposti ai
rischi del nazionalismo e alle conseguenze di un paese con un alto tasso di
disoccupazione, ma allo stesso tempo sono il più ricco potenziale per la BiH.
5.1.1 Il questionario
Si riporta di seguito, per semplificare la lettura, lo schema generale che
riassume le domande dei questionari:
j) Grado di informazione dell’intervistato rispetto ai temi dell’integrazione in
UE;
k) Percezione dei possibili vantaggi e dei possibili svantaggi derivanti
dall’integrazione;
l) Informazione e gradimento rispetto ai referendum promossi in alcuni stati
europei (per la ratifica della costituzione europea e per l’integrazione) e
rispetto alla possibilità di indire referendum simili anche in BiH;
m)Conoscenza della problematica legata all’incompatibilità della
Costituzione di Dayton e alle riforme costituzionali;219 Era stato sconsigliato, infatti, di operare con la libertà con cui era stato svolto il lavoro a Bihać. Nel proporre tali temi, bisognava porre attenzione alla sensibilità dei nostri interlocutori. Sono passati undici anni dalla fine della guerra, ma alcune ferite, alcuni orgogli nazionalistici, sono tuttora vivi.
220 Cfr Cap IV, par. 4.11
n) Livello di informazione rispetto alle vicende politiche legate alle riforme
costituzionali;
o) Conoscenza del coinvolgimento della diplomazia statunitense nelle
riforme costituzionali;
p) Gradimento di potenziali riforme costituzionali e nodo delle Entità;
q) Cittadinanza e BiH;
r) Percezione del territorio (inteso come Municipalità e Cantone).
Il campione rilevato è stato diviso così (fasce d’età):
(Mostar, 50 intervistati)
• 28 soggetti di prima fascia (18 – 25 anni); di questi 2 erano
lavoratori, 8 disoccupati e i restanti 10 erano studenti;
• 22 soggetti di seconda fascia (26 – 60); di questi 5 erano i
disoccupati, 16 gli occupati e 1 “studente”;
(Banja Luka, 50 intervistati)
• 29 soggetti di prima fascia (18 – 25 anni); di questi 2 erano
disoccupati e i restanti 27 erano studenti;
• 21 soggetti di seconda fascia (26 – 60); di questi 8 erano i
disoccupati e 13 gli occupati;
(Etnia):
(Mostar)
• 6 musulmani;
• 2 “bosanac”;
• 42 croati;
(Banja Luka)
• 1 musulmano;
• 1 croato;
• 48 serbi;
Bisogna poi sottolineare che sei intervistati di Banja Luka hanno specificato di
essere originari di città diverse, ma sono recentemente emigrati nella capitali della
RS. Le città indicate sono:
- Drventa;
- Doboj;
- Novi Grad;
- Gradisca;
- Bosanski Brod.
Tutti gli intervistati di Mostar sono originari della città.
5.2 Analisi delle risposte alle domande del gruppo a)
Il livello di informazione dei cittadini rispetto ai temi dell’integrazione
della BiH in UE è abbastanza simile in tutte e tre le città. Bihać aveva registrato
un 76% alla risposta “No” e il restante 26% aveva dichiarato di essere
sufficientemente informato riguardo al processo. I risultati di Mostar (1) e Banja
Luka (2) sono stati rispettivamente i seguenti:
(1)
Ha avuto sufficiente inform azione sul processo di integrazione in UE?
21%
79%
SI
NO
Grafico 26a.
(2)
Ha avuto una sufficiente inform azione sul processo di integrazione UE?
13%
87%
SI
NO
Grafico 26b.
Come evidenziato nei grafici 26a e 26b, Banja Luka accusa una maggiore
disinformazione. Rispetto a Bihać221 registra l’11% di risposte in più negative e
rispetto a Mostar l’8% in più. Non è rilevante questo differenza in quanto gli
intervistati di Banja Luka sono in prevalenza giovani. Nel Cap. IV si era già
notato che tra i giovani esisteva una certa prevalenza di disinformazione222.
Questo dato porta a pensare che la spiegazione di una tale differenza di
percentuale tra Banja Luka con Mostar e Bihać sia la medesima.
5.3 Analisi delle risposte alle domande del gruppo b)
Rispetto alle due ipotesi formulate nel Cap. IV nei confronti delle due
domande successive, sono stati posti gli stessi quesiti per verificare che:
a) Il processo politico che sta conducendo la BiH in UE è mal visto a Mostar
e ancor di più a Banja Luka. Ciò perché:
- Non esiste la stessa predisposizione all’apertura verso l’esterno
come a Bihać;
- Esiste una maggiore diffidenza verso un processo che potrebbe
portare a significativi cambiamenti nell’attuale sistema
costituzionale e nell’equilibrio fragile delle etnie.
221 Cfr Grafico 1.222 Cfr p. 4.2
b) Mostar e Banja Luka non percepiscono allo stesso modo di una zona come
Bihać i possibili vantaggi di un ipotetico ingresso in UE perché essi
soffrono in maniera minore l’isolamento registrato nel capoluogo dell’Una
– Sana.
Verificando l’ipotesi (a) abbiamo registrato le seguenti percentuali di risposta:
(Mostar)
L'ingresso nella UE per la BiH è un'opportunità o un'im posizione?
52%48% Opportunità
Imposizione
Grafico 27a.
(Banja Luka)
L'ingresso della BiH nella UE è un'opportunità o un'im posizione?
18%
82%
Opportunità
Imposizione
Grafico 27b.
I dati di Mostar e Banja Luka sono molto differenti da quelli di Bihać223:
quest’ultima aveva confermato le ipotesi, facendo registrare una netta
maggioranza di persone (68%) che dichiaravano di sentire l’integrazione come
un’opportunità. Il 32%, invece, percepiva l’ingresso in UE come un’imposizione.
Il dato era parso significativo ed era stato opportunamente commentato, 223 Cfr Grafico 2.
evidenziando che il 32% degli intervistati rappresentava in ogni modo una
percentuale di cittadini elevata. Probabilmente questa percentuale diffidava
dell’operato della propria classe politica.
Banja Luka rovescia completamente questa tendenza tutto sommato
abbastanza positiva in termini di percentuale, con una nettissima maggioranza:
sono 82% le persone che dichiarano di sentire l’integrazione come
un’imposizione. Mostar si colloca a metà tra le tendenze delle due città, con il
48% alla voce “imposizione” e il 52% alla voce “opportunità”.
Nelle due ultime città, alla domanda “La BiH può trarre profitto
dall’integrazione?” queste sono le percentuali (v. pag. seguente):
(Mostar)
La BiH può trarre profitto dall'ingresso nella UE?
79%
21%
SINO
Grafico 28a.
(Banja Luka)
La BiH può trarre profitto dall'ingresso nella UE?
61%
39%SI
NO
Grafico 28b.
Anche in questo caso il campione di Banja Luka e Mostar differisce in senso
negativo rispetto a quello di Bihać224. Qui solo il 9% degli intervistati aveva
espresso il proprio scetticismo rispetto all’integrazione affermando che la BiH non
potrebbe trarvi vantaggio. A Mostar questa parte degli intervistati sono più del
doppio (21%), a Banja Luka arrivano al 39%. Come mostrerà l’analisi di altri dati,
una possibile spiegazione può essere ricercata nel timore che l’UE e le riforme
costituzionali necessarie alla BiH vadano a ledere l’autonomia e la divisione
etnica garantite dall’esistenza delle Entità. E’ evidente, inoltre che non esiste, nei
due centri presi in esame, la caratteristica predisposizione verso l’esterno di
Bihać. Questa chiusura potrebbe essere confermata proprio dalle risposte che ora
saranno riportate.
Rispetto alle votazioni inerenti alcuni possibili vantaggi e svantaggi
derivanti dall’integrazione in UE, il campione in Erzegovina e in RS ha risposto
nella seguente maniera assegnando un voto da 1 (min.) a 5 (max.):
(Mostar)
3,96
3,06 2,933,38
2,93 3 3,13
0
0,5
1
1,5
2
2,5
3
3,5
4
1
Possibili vantaggi dall'integrazione in UELibertà circolazione
Accesso ai fondi europei
Nuovi posti di lavoro
Sviluppo infrastrutture
Nuove industrie
Accesso al mercato europeoper beni BiH
Lotta alla criminalità
Grafico 29a.
224 Cfr. Grafico 3.
(Banja Luka)
2,274796748
1,57398374
2,7013550142,673170732
3,3490514913,625474255
2,626558266
0
0,5
1
1,5
2
2,5
3
3,5
4
1
Possibili vantaggi da integrazione in UELibertà circolazione
Accesso ai fondi europei
Nuovi posti di lavoro
Sviluppo infrastrutture
Nuove industrie
Accesso al mercato europeoper beni BiH
Lotta alla criminalità
Grafico 29b.
Tra Banja Luka e Mostar esiste una importante differenza nel valutare la
maggior possibilità di movimento. Ciò è maggiormente sentito a Mostar, mentre a
Banja Luka riceve il secondo voto più basso225.
Il tema meno sentito per il campione di Banja Luka è il potenziale accesso
ai fondi europei, mentre quello per Mostar sono i possibili nuovi posti di lavoro e
la creazione di nuove industrie. La stessa Mostar, però, ha una media di voti
piuttosto omogenea che delinea un certo scetticismo nei confronti delle
potenzialità dell’ingresso della BiH in UE. Infatti si è riscontrato che la varianza
dei voti espressi è molto bassa. Essi si attestano quasi tutti attorno ai tre punti con
pochi voti molto bassi o molto alti.
Banja Luka fa notare che l’aspetto che ritiene più importante è l’”accesso
al mercato europeo per i beni della BiH”. Gli altri giudizi (“sviluppo nuove
infrastrutture”, “nuovi posti di lavoro” e “lotta alla criminalità”) sono tutti ad un
livello medio – basso, facendo ritenere che anche in questo caso non ci sia troppa
convinzione nelle possibilità di un futuro della BiH in UE.
A differenza dei risultati fin qui riportati, in cui Mostar si collocava in una
posizione quasi centrale tra i risultati di Banja Luka (i più negativi) e quelli di
Bihać (i più positivi nei confronti dei risultati dell’integrazione), ora il maggior 225 Il voto più alto di Bihać si registra proprio riguardo alla libertà di movimento, a ribadire una volta in più quanto questo elemento sia peculiare per il capoluogo dell’Una – Sana.
pessimismo è registrato nel capoluogo dell’Erzegovina rispetto alle altre due città.
Riguardo ai possibili svantaggi derivanti dall’integrazione hanno così risposto,
assegnando un voto da 1 (min.) a 5 (max.):
(Mostar) Grafico 30a.
3,63,65
3,6
3,31
3,1
3,2
3,3
3,4
3,5
3,6
3,7
1
Possibili svantaggi dall'integrazione in UE
Aumento delle import asvantaggio della produzionenazionale
Aumento delle industriestraniere in BiH
Chiusura delle aziende che nonpossono rispettare standard UE
Perdita tradizioni e cultura BiH
(Banja Luka) Grafico 30b.
2,308084914
1,535632184
2,7501915712,813793103
0
0,5
1
1,5
2
2,5
3
1
Possibili svantaggi da integrazione in UE
Aumento delle import asvantaggio della produzionenazionale
Aumento delle industriestraniere in BiH
Chiusura delle aziende che nonpossono rispettare standard UE
Perdita tradizioni e cultura BiH
I voti più alti, anche rispetto Bihać, sono stati assegnati a Mostar. In questa
città il voto più basso (perdita tradizioni e cultura della BiH) è persino superiore al
voto medio più alto di Bihać. Banja Luka, al contrario, ritiene che i possibili
svantaggi sono da considerarsi poco rilevanti, tanto da dare votazioni molto basse.
Interessante è il fatto che in quest’ultima città la preoccupazione maggiore sembra
essere la “perdita della cultura e delle tradizioni della BiH”. La spiegazione
sembrerebbe risiedere nel forte senso di appartenenza dei cittadini della RS
rispetto alla proprio gruppo etnico.
5.4 Analisi delle risposte alle domande del gruppo c)
Molte differenze e caso interessanti sono stati registrati anche per questo
gruppo di domande relative ai referendum. L’informazione dei due campioni è
molto diversa:
(Mostar)
E' inform ato del fatto che m olti stati hanno indetto referendum inerenti la UE?
83%
17%
SI
NO
Grafico 31a.
(Banja Luka)
E' inform ato del fatto che m olti stati hanno indetto referendum inerenti la UE?
36%
64%
SI
NO
Grafico 31b.
L’83% degli intervistati di Mostar si è dichiarato informato rispetto a questi temi,
mentre solo il 36% del campione di Banja Luka ha dimostrato di conoscere
l’argomento citato226.
(Mostar)
Se ci fosse un referendum per l'ingresso della BiH nella UE, Le i andrebbe a votare?
79%
21%
SI
NO
Grafico 32a.
(Banja Luka)
Se ci fosse un referendum sull'ingresso della BiH nella UE, Le i andrebbe a votare?
69%
29%2%
SINONon so
Grafico 32b.
In questo caso Bihać227 aveva dimostrato un intenso interesse nei confronti
di una possibile partecipazione elettorale referendaria per approvare o respingere
l’ingresso della BiH in UE con l’87% di risposte affermative al quesito qui
proposto. Con una percentuale di poco inferiore (79%) anche gli intervistati di
Mostar hanno suggerito con le loro risposte che lo strumento referendario
potrebbe essere gradito in BiH rispetto a temi così importanti. La percentuale di
risposte affermative subisce un significativo ribasso nella città di Banja Luka. Gli
226 A Bihać gli informati erano il 60%.227 Cfr Grafico 7.
intervistati si sono divisi in questa maniera: il 69% andrebbe a votare, il 29% no e
il 2% ha dichiarato di non sapere quale opzione scegliere.
Questo ci suggerisce un maggior coinvolgimento civico a Bihać e a
Mostar, un certo disinteresse a Banja Luka.
Ma la seguente domanda è in controtendenza con le percentuale citate
sopra, confermando, al contrario, una forte necessità dei cittadini della BiH di
essere interpellati rispetto a temi fondamentali quali l’integrazione del paese in
UE e il tema delle riforme costituzionali. E’ proprio quest’ultimo, a nostro
giudizio, la parola chiave che ha fatto spostare l’interesse di alcuni intervistati
verso la consultazione referendaria. A differenza delle riforme costituzionali, il
tema dell’UE è meno sentito e poco discusso a livello di RS.
(Mostar)
Crede che i cittadini de lla BiH debbano essere interpellati attraverso un referendum per argom enti
im portanti quali l'ingresso nella UE e le riform e costituzionali?
79%
14% 7%SI
NO
NON SO
Grafico 33a.
(Banja Luka)
Crede che il popolo della BiH debba essere interpellato per argom enti im portanti quali l'ingresso della BiH nella UE e le
riform e costituzionali?
87%
11% 2%SI
NO
NON SO
Grafico 33b.
Maggior ottimismo a Mostar piuttosto che a Banja Luka sul possibile esito
di un referendum inerente l’integrazione in UE:
(Mostar)
Com e crede che voterebbe il popolo della BiH sull'ingresso in UE?
79%
21%
Favorevole
Contrario
Grafico 34a.
(Banja Luka)
Com e crede che voterebbe il popolo della BiH sull'ingresso nella UE?
59%
39%
2%
FavorevoleContrarioNon so
Grafico 34b.
Questi dati confermano l’atteggiamento maggiormente diffidente del
campione di Banja Luka rispetto ai possibili vantaggi dell’integrazione. Infatti il
90% degli intervistati di Bihać avevano presupposto che la BiH sarebbe
favorevole all’ingresso in UE. Con una maggioranza non così ampia ma
ugualmente molto significativa (79%) anche a Mostar gli intervistati si sono
dimostrati ottimisti. Nel capoluogo della RS solo il 59% degli interlocutori ha
espresso un giudizio positivo sull’esito del referendum, il 39% ha optato per la
possibilità “contrario”. Essi, valutando la tendenza generale delle risposte di Banja
Luka sulla UE, sottolineano la grande indifferenza rispetto al prospettarsi della
candidatura della BiH per l’ingresso in UE.
Si era notato quanto fosse auspicato lo strumento referendario da ciascuno
dei tre campioni in esame, anche se è stato rilevato che con tutta probabilità in RS
e in Erzegovina è più sentito l’argomento delle riforme costituzionali. Come a
Bihać, anche a Mostar e a Banja Luka, si rileva stupore e mancanza di
informazione alla domanda in cui si chiedeva se la Costituzione della BiH
(Dayton) prevedesse la possibilità di referendum. Infatti:
(Mostar)
La costituzione della BiH (Dayton) prevede la possibilità di indire referendum ?
21%
7%
72%
SI
NO
Non so
Grafico 35a.
(Banja Luka)
La costituzione della BiH (Dayton) prevede la possiblità di indire referendum ?
7% 9%
84%
SI
NO
Non so
Grafico 35b.
Il 72% a Mostar e l’84% a Banja Luka non hanno saputo rispondere.
Percentuali simili tra le due città (7% nella prima e 9% nella seconda) hanno
risposto di “no”. Il 21% degli intervistati di Mostar ha risposto “sì” dimostrando
di non conoscere la propria costituzione ma probabilmente di auspicarsi di poter
utilizzare lo strumento referendario. A Banja Luka solo il 7% ha risposto “sì”. A
Bihać le risposte erano state abbastanza simili, con differenze irrilevanti. Esse
erano state, rispettivamente: 78% “non so”, 10% “no”, 12% “sì”.
Quest’ultima domanda porta quindi inevitabilmente a sondare l’opinione
pubblica sulla loro conoscenza e sui loro giudizi inerenti le problematiche legate
all’incompatibilità della Costituzione della BiH con gli standard europei e la
problematica delle riforme costituzionali.
5.5 Analisi delle risposte alle domande del gruppo d)
Si rilevano i seguenti dati:
(Mostar)
Sapeva che la costituzione di Dayton non è com patibile con quella de lla UE e per questo la BiH
non può accedere all'integrazione senza le riform e costituzionali?
38%
62%
SI
NO
Grafico 36a.
(Banja Luka)
Sapeva che la costituzione della BiH non è com patibile con quella della EU e per questo non può
accedere all'integrazione senza una riform a costituzionale?
29%
71%
SI
NO
Grafico 36b.
L’informazione degli intervistati si è dimostrata inferiore a quella registrata a
Bihać (51% “no”, 45% “sì”, 4% “non so”): a Mostar la maggioranza dei “no”
supera Bihać di diversi punti (62% della prima contro 51% della seconda). A
Banja Luka l’informazione degli intervistati si è dimostrata ancora inferiore: il
71% ha risposto “no”. Eppure, in questo caso, a Bihać l’informazione tra gli
studenti228 era simile a quella delle persone adulte.
5.6 Analisi delle risposte alle domande del gruppo e)
L’allontanamento del cittadino dalla politica registrato a Bihać è ancora
più significativo a Banja Luka, leggermente inferiore a Mostar. Infatti:
(Mostar)
Sta seguendo le proposte di riform a costituzionale delle quali s i s ta discutendo in questi giorni?
49%
48%
3%
SINONon so
Grafico 37a.
(Banja Luka)
Sta seguendo le proposte di r iform a costituzionale delle quali s i sta discutendo in questi giorni?
31%
69%
SI
NO
Grafico 37b.
228 Cioè la categoria che è maggiormente rappresentata nel campione di Mostar e Banja Luka.
Le persone che non stanno seguendo le proposte di riforma costituzionale
sono il 48% a Mostar e il 69% a Banja Luka. Ulteriore conferma che, nonostante
il tema sia particolarmente sentito in entrambe le città, la politica ha commesso il
grave errore di non coinvolgere i cittadini.
Ciò forse anche per il fatto che sono i partiti maggiori a discutere delle riforme
senza una discussione parlamentare. I cittadini interpellati dimostrano un’elevata
conoscenza di questo fatto a Mostar, mentre a Banja Luka si dividono all’incirca a
metà:
(Mostar)
E' a conoscenza del fatto che sono i partiti m aggiori a discutere "privatam ente" di queste questioni
senza una discussione parlam entare?
84%
16%
SI
NO
Grafico 38a.
(Banja Luka)
E' a conoscenza del fatto che i partiti m aggiori stanno discutendo "privatam ente" delle riform e
senza una discussione parlam entare?
44%
56%
SI
NO
Grafico 38b.
5.7 Analisi delle risposte alle domande del gruppo f)
Come la domanda precedente, anche la prossima ha avuto lo scopo di
testare il gradimento dei cittadini rispetto alla condotta della politica. In questo
caso si fa riferimento alla politica internazionale e al coinvolgimento della
diplomazia statunitense:
(Mostar)
Secondo Lei è corretto che siano le autorità statunitensi a spingere e am ediare affinchè si
operino le riform e costituzionali?
24%
69%
7%
SI
NO
Non so
Grafico 39a.
(Banja Luka)
Secondo Lei è corretto che siano le autorità s tatunitensi a spingere e a m ediare affinchè la BiH operi una riform a
costituzionale?
11%
89%
SINO
Grafico 39b
.
E’ in RS che si registra la percentuale più elevata (89%) di risposte
negative a questo quesito. La stessa risposta è stata data a Mostar nella
percentuale del 69%. Esse sono nettamente più alte delle percentuali di risposte
negative registrate a Bihać229. Le ragioni di questa città sono note. La volontà di
autonomia più volte evidenziata del capoluogo della RS e di Mostar sono una
delle spiegazioni che possono giustificare tale risultato. Inoltre è un ulteriore 229 54% No, 42% sì, 4% Non so. Cfr Grafico 14.
prova del fallimento della politica della BiH, la quale ha evidentemente ottenuto il
risultato di apparire non indipendente nelle scelte più importanti per il proprio
paese.
5.8 Analisi delle risposte alle domande del gruppo g)
Il problema delle Entità è il nodo più spinoso delle questioni che
riguardano le riforme costituzionali. Come nel caso di Bihać, sono state sottoposte
alcune domande inerenti questo tema. Esse partono con la questione della
rappresentatività della costituzione per i cittadini della BiH. Di seguito si
evidenziano alcuni dati inerenti il referendum del 1992. Infine è stata testata la
reazione del campione verso alcuni esempi di riforme costituzionali:
(Mostar)
Secondo Lei la costituzione di Dayton è rappresentativa della volontà del popolo della BiH?
3%
94%
3%
SI
NO
Non so
Grafico 40a.
(Banja Luka)
Secondo Lei la costituzione di Dayton è rappresentativa della volontà della popolazione della BiH?
9%
91%
SI
NO
Grafico 40b.
La maggioranza dei cittadini ha espresso il proprio giudizio negativo nei
confronti della rappresentatività della loro Costituzione indipendentemente dalla
loro provenienza geografica.
(Mostar)
Com e ha votato al re ferendum sull'indipendenza del 1992?
10%0%
87%
3%
Favorevole
Contrario
Non ero ancoramaggiorenne
Non desiderorispondere
Grafico 41a.
(Banja Luka)
Com e ha votato al referendum sull'indipendenza del 1992?
2% 9%
85%
4%FavorevoleContrarioNon ero ancora maggiorenneNon desidero rispondere
Grafico 41b.
La giovane età degli intervistati non ha permesso di raccogliere dati
significativi riguardo alla modalità di voto del campione. Ma è interessante
comunque far notare che la maggioranza dei voti contrari al referendum del 1992
è stata ottenuta a Banja Luka.
Ecco alcuni potenziali cambiamenti costituzionali, proposti agli
intervistati, che sono sembrati i più problematici e che necessitano di una risposta
istituzionale più immediata. Essi sono:
1) Eliminazione delle Entità;
2) Snellimento dell’apparato burocratico;
3) Eliminazione del sistema che prevede la divisione
obbligatoria della Presidenza della Repubblica e della
Camera dei Popoli fra i tre popoli costituenti;
4) Possibilità di candidarsi alla Presidenza della BiH anche
per gli appartenenti alle minoranze;
5) Possibilità di indire referendum per permettere ai cittadini
della BiH di esprimere la propria opinione sui temi più
importanti;
6) Altro.
(Mostar)
0%
50%
100%
1 2 3 4 5
Quali cose andrebbero cam biate ne ll'attuale ordinam ento costituzionale?
NON SO
NO
SI
Grafico 42a.
(Banja Luka)
0%
50%
100%
1 2 3 4 5 6
Quali cose andrebbero cam biate ne ll'attuale ordinam ento costituzionale?
NON SO
NO
SI
Grafico 42b.
I risultati hanno confermato le aspettative: a Banja Luka il tema più
osteggiato è stato decisamente l’”eliminazione delle Entità”. Anche i punti 3 e 4
che prevedevano l’eliminazione del sistema tripartito e la possibilità di
candidature importanti anche per le minoranze hanno ottenuto una rilevante
percentuale di risposte negative.
Mostar ha invece dimostrato una netta prevalenza dei “sì” rispetto a tutti i
temi proposti. Solamente la possibilità di eliminare il sistema tripartito spaventa
una buona percentuale degli intervistati erzegovesi. Questo fa capire la diversità di
Bihać rispetto a Mostar e a Banja Luka: non esiste nel capoluogo del USC il
timore di vedersi togliere rappresentanza etnica o privilegi derivanti dall’esistenza
dell’Entità della RS o della FBiH230.
Il campione si è espresso con un “plebiscito” a favore dello “snellimento
burocratico” e della possibilità di “indire referendum” ribadendo ancora una volta
la necessità dei cittadini della BiH di partecipare in maniera più attiva attraverso il
voto referendario.
5.9 Analisi delle risposte alle domande del gruppo h)
E’ il gruppo di domande sicuramente più significativo per comprendere la
spaccatura del paese e la mancanza di un sentimento comune di cittadinanza. Le
osservazioni fin qui riportate hanno diretto verso un’ultima serie di questioni. Esse
230 Cfr Grafico 17.
hanno suscitato nei confronti degli intervistati vivaci osservazioni che sono state
riportate molto spesso nei questionari stessi. Le domande hanno avuto un
crescendo di risposte molto diverse da quelle di Bihać, ma omogenee all’interno
delle città studiate:
(Mostar)
Se s i votasse oggi ad un referendum sull'e lim inazione delle Entità, quale pensa che
sarebbe la risposta della m aggioranza dei cittadini de lla BiH?
49%
10%
41% Favorevole
Contrario
Non so
Grafico 43a.
(Banja Luka)
Se s i votasse oggi ad un referendum sull'e lim inazione delle Entità, quale pensa sarebbe la
risposta della m aggioranza dei cittadini della BiH?
2%
76%
22%FavorevoleContrarioNon so
Grafico 43b.
A Bihać, le risposte che presupponevano un risultato favorevole ad un
simile referendum erano state il 70%231. Solo il 24% si era ritenuto convinto del
contrario. Mostar registra un 49% di “favorevoli”, un 41% di “non so”; Banja
Luka, a confermare il fatto che in RS la maggioranza dei cittadini non si vorrebbe
mai auspicare l’eliminazione delle Entità, il 76% ha marcato la voce “contrario”,
il 22% “non so” e soltanto il 2% ha dichiarato che la BiH voterebbe compatta a
favore dell’eliminazione.231 Cfr Grafico 18.
Alla domanda cruciale del questionario il campione si è espresso nel modo
seguente:
(Mostar)
Lei si definirebbe "bosanac"?
41%
59%
SI
NO
Grafico 44a.
(Banja Luka)
Lei si definirebbe "bosanac"?
20%
78%
2%
SI
NO
Non so
Grafico 44b.
Tenendo conto che soltanto una percentuale esigua degli intervistati del
campione di queste due città apparteneva a etnie diverse da quella croata per
Mostar e serba per Banja Luka, si possono compiere le seguenti osservazioni:
a) Il 59% degli intervistati di Mostar ha dichiarato di non sentirsi “bosanac”;
b) Il 78% degli intervistati di Banja Luka ha dichiarato di non sentirsi
“bosanac”;
c) Esiste comunque una percentuale di intervistati che, pur appartenendo
all’etnie maggioritarie del campione già citate, dichiara un’appartenenza
che si spinge oltre il sentimento etnico stesso;
d) I commenti riportati sui questionari fanno supporre che il sentimento
etnico, per chi lo dichiara prevalere su quello nazionale, è molto forte:
• Due cittadini di Banja Luka ci hanno specificato di sentirsi
appartenere alla Serbia;
• Il 62% degli intervistati di Banja Luka ha scritto, a fianco alla
domanda in questione, di essere appartenenti alla RS e non alla
BiH;
• Tre ragazzi di Mostar hanno sentito l’esigenza di scrivere che
“Mostar è Croazia”;
• Tutti i cittadini di Mostar, tranne chi si dichiarava di un’etnia
differente dalla croata e due eccezioni, ha scritto di sentirsi
appartenente solamente alla Erzegovina;
• Ci è stato lasciato un commento più lungo nel quale veniva
criticato aspramente il nostro questionario, affermando che:
“La domanda “Lei si definirebbe bosanac?” è l’ennesima dimostrazione dell’ignoranza occidentale. Noi siamo erzegovesi e non potremo mai sentirci bosanac.”
(Studente universitario di Mostar)
Mostar, in ogni caso, si dimostra molto più simile a Bihać che a Banja Luka
per le seguenti risposte date. Esse riguardano delle affermazioni formulate per
evidenziare un ipotetico ulteriore contrasto tra senso civico di uno stato unitario e
senso di appartenenza alla componente etnica predominante (vedi pagina
seguente):
(Mostar)
10
5
10
15
20
Cosa significa per Lei essere cittadino della BiH oggi?
Vivere in uno stato unitario,forte senso di appartenenza
Vivere in uno stato chegiustamente riconosce ledifferenze etniche
Vivere in uno stato che sentocome mio ma che non potrà maiessere unitario
Vivere in uno stato che nonsento mio
Grafico 45a.
(Banja Luka)
1
0
5
10
15
20
25
Cosa significa per Lei essere un cittadino della BiH oggi?
Vivere in uno stato unitario,forte senso di appartenenza
Vivere in uno stato chegiustamente riconosce ledifferenze etniche
Vivere in uno stato che sentocome mio ma che non potrà maiessere unitario
Vivere in uno stato che nonsento mio
Grafico 45b.
La domanda prevedeva la possibilità di marcare più risposte. A Bihać232 si
era notata la netta prevalenza della prima opzione, seguita dalla seconda e dalla
terza, ma in maniera nettamente inferiore. Anche Mostar registra una netta
prevalenza della prima risposta, seguita dalla seconda e dalle terza. Esse
sottolineano il fatto che comunque la BiH è vista positivamente dal nostro
campione, ma fanno notare che probabilmente ciò è valido in quanto lo stato
“riconosce giustamente le diversità etniche” anche se “purtroppo è diviso”.
Il dato più interessante di Banja Luka è sicuramente la non accettazione di
uno stato che viene percepito come estraneo. Questo si nota dalla netta prevalenza
di marcature all’ultima affermazione della domanda posta. Infatti, lo slogan
dell’UE non viene gradito a Banja Luka e (con una percentuale inferiore) a
Mostar proprio perché il significato di “uniti nella diversità” non appartiene
ancora al comune senso civico degli intervistati:
(Mostar)
Lei crede che lo s logan dell'UE "uniti nelle diversità" potrebbe essere l'"inno" della BiH?
45%
55%
SI
NO
Grafico 46a.
(Banja Luka)
Lei crede che lo slogan dell'UE "uniti ne lle divers ità" potrebbe essere l'"inno" della BiH?
20%
78%
2%
SI
NO
Non so
Grafico 46b.
232 Cfr Grafico 20.
5.10Analisi delle risposte alle domande del gruppo i)
Anche in questo caso sono state sottoposte alcune domande inerenti il
gradimento della propria città e la possibilità di emigrazione a Mostar e a Banja
Luka (voti da 1 a 5):
(Mostar)
1,81,5
1,96
2,41 2,55
3,37
2,62
2,14
0
0,5
1
1,5
2
2,5
3
3,5
1
Gradimento città
Servizi
Opportunità di lavoro
Istruzione e cultura
Associazioni
Tempo libero
Negozi e centri commerciali
Vita sociale
Possibilità personali future
Grafico 47a.
(Banja Luka)
2,296836209
1,596825397
2,6074074072,40952381
3,110052913,506878307
2,699470899
1,988359788
0
0,5
1
1,5
2
2,5
3
3,5
4
1
Gradimento città
Servizi
Opportunità di lavoro
Istruzione e cultura
Associazioni
Tempo libero
Negozi e centri commerciali
Vita sociale
Possibilità personali future
Grafico 47b.
In entrambe le città il voto più alto viene assegnato alla voce “negozi e
centri commerciali”, il più basso a “opportunità di lavoro”. Le votazioni medie più
alte sono state assegnate a Banja Luka, mentre il giudizio degli intervistati di
Mostar sulla propria città è simile a quello di Bihać, anche se le medie restano in
ogni caso leggermente superiori. Questa differenza di gradimento potrebbe far
pensare che la vivibilità delle due città dell’Erzegovina e della RS sia percepita in
maniera più positiva e che quindi, opportunità di lavoro a parte, gli intervistati
possano desiderare in minor numero rispetto a Bihać l’emigrazione.
(Mostar)
Se ne avesse la possibilità, Le i si allontanerebbe dalla Sua città per andare a vivere altrove?
55%
45% Si
No
Grafico 48a.
(Banja Luka)
Se ne avesse la possibilità Le i s i allontanerebbe dalla Sua città per andare a vivere altrove?
68%
32%Sì
No
Grafico 48b.
(Mostar)
Se sì, per quale m otivo?
38%
43%
19% Motivazionieconomiche
Qualità della vita
Altro
Grafico 49a.
(Banja Luka)
Se s ì, per quale m otivo?
46%
39%
15% Motivazionieconomiche
Qualità della vita
Altro
Grafico 49b.
(Mostar)
Dove vorrebbe em igrare?
87%
13%
Estero
In BiH
Grafico 50a.
(Banja Luka)
Dove desidererebbe em igrare?
67%
33%Estero
Non so
Grafico 50b.
5.10.1 Liberi commenti degli intervistati alle domande del gruppo i.
In questa parte del questionario era stato lasciato uno spazio per gli
intervistati da dedicare a qualche loro libera osservazione sulla principale
differenza tra prima e dopo la guerra. Si sono raccolte alcune frasi significative,
alcune positive (che ci fanno riflettere sulle spaccature interne al paese), altre più
negative e drastiche nel loro giudizio. Si riportano alcune delle frasi nei seguenti
box:
“ La principale differenza è che ora abbiamo una nazione senza cervello. La colpa è di tutti, ma viene rinfacciata solo a noi serbi.”
(Studente, Banja Luka)
“Abbiamo perso la pace, nel vero senso della parola. E il nostro principale problema è trovare un lavoro.”
(Donna, Mostar)
“I nostri problemi maggiori sono: l’emigrazione interna ed esterna della popolazione, la divisione etnica, la situazione economica. Prima non si dava tanta importanza all’appartenenza etnica, avevamo il passaporto rosso e potevamo andare dovunque.”
(Studente, Banja Luka)
“Prima avevamo il comunismo, ora c’è il capitalismo. Esso ha portato corruzione e ha eliminato la giusta eguaglianza che avevamo prima. Esiste tra moltissime persone una certa nostalgia per Tito.”
(Studente, Mostar)
“Penso che la situazione sia peggiorata drasticamente, c’è più disoccupazione e molte persone hanno perso la voglia di vivere, sono deluse. Prima della guerra c’era sicurezza economica e sociale.”
(Uomo, Banja Luka)
“Le divisioni etniche sono cementate dalle decisioni politiche e nazionali. Sono cambiati gli standard di vita, c’è troppa criminalità, pochi valori morali e troppi pochi posti di lavoro.”
(Studentessa, Mostar)
“Era meglio durante la guerra perché potevamo combattere i musulmani.”(Uomo, Mostar)
E’ notevole l’impressione che emerge da questi commenti. Le stesse
persone che nel questionario avevano dichiarato di osteggiare le riforme
costituzionali che eliminerebbero le divisioni etniche e di non provare un
sentimento di unità nazionale, in questa sede spiegano quanto sia sentita
drammaticamente la perdita dell’”uguaglianza”, della “libertà di circolazione” e
quanto siano mal viste le divisioni etniche (salvo l’ultima frase, un’eccezione).
5.10.2 Riscontro di alcuni dati dalle interviste con gli operatori di ONG.
Un’operatrice233 di Mostar di ONG ha spiegato il seguente suo punto di vista:
“Non posso affermare di sentirmi bosanac, sono e sempre sarò erzegovese. Qua a Mostar tutti i croati vi risponderanno in questo modo. Non so se si arriverà mai all’unità di fatto e de iure del paese, ma posso dirvi una cosa: noi vogliamo mantenere la nostra autonomia pur necessitando dello snellimento burocratico auspicato nelle riforme. E vorremmo che la RS cessasse di avere tutta l’autonomia di cui ha goduto finora. Perché noi viviamo in un paese che non solo ci impedisce di spostarci liberamente all’estero, ci sentiamo in gabbia anche a casa nostra. Se dovessi andare in RS o a Bihać non mi sentirei a casa mia.”
Il professore234 italiano dell’università di Banja Luka ha confermato che
anche nella capitale della RS il problema è lo stesso. E conferma una certa
233 Sempre per motivi di riservatezza, legati ai rapporti di lavoro con la cittadinanza, e per non farsi portavoce dell’opinione della propria ONG, il nome non compare.234 Cfr. nota 217.
somiglianza di problematiche anche nei confronti di Bihać concordando con
un’affermazione della Broz:
“Non esiste una volontà reale di unificare il paese e di oltrepassare le differenziazioni etniche. Qua esiste una grossa paura: di essere aggrediti nuovamente, di perdere la sicurezza già scarsa che deriva dalla rappresentazione politica per etnia. Le persone non sanno come reagire, soffrono molto l’autorità. E’ un dato che osservo quotidianamente tra i miei studenti ed è il prodotto di un ambiente sociale sorto dalla guerra. Credo che solamente lo sviluppo economico possa risolvere queste gravi ferite e una situazione in stallo da più di dieci anni. Le persone non sentirebbero più la necessità di barricarsi e irrigidirsi dietro l’etnia come pretesto per ottenere un’effimera sicurezza. Questa sicurezza viene meno dal momento in cui i problemi economici schiacciano la vita di ogni giorno dei cittadini. Tanto da farle sentire in pericolo addirittura spostandosi all’interno del proprio paese nelle zone con prevalenza etnica opposta alla propria.”
A Mostar due operatori235 italiani di ONG hanno confermato i dati qua
sopra citati rispetto ai cittadini. In particolare essi hanno sottolineato i seguenti
aspetti di seguito riassunti:
• Senso di insicurezza;
• Sentimento di inferiorità rispetto all’autorità;
• Congelamento delle differenziazioni etniche;
• Lontananza dalla politica;
235 Cfr, nota 216.
Conclusioni.
Un’”Europa dei cittadini”: è questo il sogno a cui aspira la UE per il suo
futuro. Potrebbe apparire ancora lontano per gli stati già membri dell’Unione;
sicuramente dovrebbe essere questo il “biglietto da visita” con cui l’Europa si
presenta al momento di iniziare il dialogo con un potenziale nuovo membro.
“L’Europa, prima che dai governi e dagli stati, è composta dalle città e
dalle comunità locali. Sono questi i primi luoghi dove si sviluppa la politica e il
bene comune.236”
Se città e comunità locali sono i nuclei della futura Europa, i cittadini ne
rappresentano le cellule essenziali. Attorno ad essi e da essi dovrebbe svilupparsi
anche in BiH una politica in linea con i principi di diritto europei.
La guerra del 1992 – 1995 operò il tentativo perfettamente riuscito di
cancellare il senso di cittadinanza comune della popolazione della BiH. Il DPA ne
sigillò i risultati, forse per far terminare il più presto possibile la guerra più
sanguinosa su territorio europeo dalla fine della Seconda Guerra mondiale,
sicuramente impedendo uno sviluppo pieno al paese, almeno fino alle sue
eventuali modifiche. Il paese che ha iniziato il dialogo con la UE per il suo
possibile ingresso nell’Unione, è una BiH divisa, perennemente tripartita,
soffocata da una politica ancora troppo spesso legata ai linguaggi e ai timori sorti
durante la guerra, una politica lontana dai cittadini. Forse è proprio questo il
maggior insuccesso della diplomazia internazionale e della politica interna al
paese, nel mancato tentativo di sostenere la BiH nel processo di maturazione
istituzionale e civile. Allora qual’è la “BiH dei cittadini” che si appresta ad
entrare nella “UE dei cittadini”? L’unico dato certo, relativamente a questo
problema, era la sempre più scarsa partecipazione al voto di cui sta soffrendo la
BiH.
Lo scopo del presente lavoro, dunque, è stato proprio questo: operare una
ricerca relativa all’opinione dei cittadini della BiH sui temi che più premono al
236 Documento finale de “Danubio, l’Europa s’incontra”, 12 – 21.09.2003. Tratto da: www.osservatoriobalcani.org del 5.11.2003
paese per il proprio futuro. In particolare, il potenziale ingresso nella UE, le
conseguenti riforme costituzionali e l’operato dei partiti della BiH.
Come si è visto, la Comunità internazionale (UE e diplomazia statunitense
in primis) non è stata in grado, nel corso dei primi mesi di vera trattativa per
l’adesione, di sviluppare proposte diverse che non congelassero ulteriormente il
DPA. Le riforme sono un passo importantissimo, di certo graduale, per consentire
la normalizzazione del paese e per metterlo nelle condizioni di adeguarsi agli
standard europei. L’USIP aveva presentato una proposta di riforma costituzionale
che non avrebbe cambiato di molto l’assetto attuale, ma lo avrebbe sicuramente
reso ancor più immodificabile. Inoltre, le incessanti pressioni da parte di UE e
diplomazia internazionale verso soluzioni che venivano o rigettate subito o
stravolte in seguito dagli attori della BiH, hanno dimostrato una volta in più la
loro difficoltà di orientamento all’interno delle dinamiche balcaniche.
Molti partiti della BiH, d’altro canto, non sono stati in grado di spostarsi
dalle posizioni del dogma della tripartizione su cui di fatto sono arroccati dagli
anni Novanta. Vengono proposte e riproposte soluzioni che persino la
Commissione di Venezia ha rigettato facendone notare le incongruenze o, ancor
peggio, i forti contrasti con la Convenzione europea per i Diritti dell’Uomo.
La netta accelerazione che negli ultimi mesi ha avuto il dialogo tra BiH e
UE, soprattutto attorno alle riforme costituzionali, ha decisamente fatto passare in
secondo piano il cittadino. La Comunità internazionale avrebbe dovuto dirigere le
trattative verso un’altra direzione, non solo per la comprovata immaturità delle
istituzioni politiche del paese, ma soprattutto per l’incredibile importanza che la
revisione della Costituzione ha per lo sviluppo di un qualsiasi stato (ancor più se
parliamo di BiH). Lo spunto dei referendum, compiuti o in programma in molti
paesi, non avrebbe dovuto far temere l’utilizzo di uno strumento simile anche in
BiH. Eppure solamente Silajdžić237 (forse per opportunità politica o forse no, ma
poco importa), aveva promosso tale idea.
La ricerca effettuata in questa sede, per confrontare le ipotesi di lavoro con
la realtà della BiH, ha preso in considerazione in particolare Bihać. La città si è
dimostrata particolarmente sensibile ai temi proposti, confermando la sua naturale
237 Cfr. Pag. 73
aspirazione ad essere luogo di confine. E’ proprio questo uno dei motivi per cui
Bihać ha fornito dei risultati ai questionari differenti da Mostar e Banja Luka.
Inoltre, come constatato nel Cap. I, le vicende storiche ad essa connesse, seppur
avendole riservato un doloroso passato bellico, hanno evitato i contrasti etnici
ancora presenti nelle altre due città.
Le potenzialità di Bihać, assieme a quelle del Cantone di cui è capoluogo,
sono davvero interessanti, sia dal punto delle risorse naturali ed economiche, sia
dal punto di vista dell’ humus civico. Eppure soffre ancora, alla pari del resto del
paese, delle conseguenze della guerra. Ciò, come è stato spiegato dalle persone
intervistate, per la generale situazione di stallo nella gestione delle risorse
economiche. Questo fa sì che i problemi quotidiani del comune cittadino, in
generale siano gli stessi del resto del paese: Bihać, quindi, ha rappresentato da un
lato una specificità nella percezione della politica e delle esigenze riformatrici
della costituzione, dall’altro ha fornito un campione abbastanza omogeneo delle
problematiche socio – economiche della BiH.
In tutte e tre le città si è potuto riscontrare la forte lontananza del cittadino
dalla politica: la spiegazione è la delusione comune verso le istituzioni, lo
scollamento tra reali problemi delle persone e soluzioni politiche intraprese. E’ un
dato confermato dalla generale disinformazione sui processi politici in corso. Ma
la forte diserzione alle urne presente in BiH, non da motivo di credere che il
cittadino sia completamente disinteressato. Anzi: riguardo ai temi
dell’integrazione e delle riforme costituzionali, in tutte e tre le città (seppur con
risultati diversi nello specifico delle riforme da effettuare) gli intervistati hanno
espresso un forte desiderio di essere interpellati in un eventuale referendum. Ciò
dimostra una volta di più il fallimento di una politica distante dai cittadini, i quali,
come emerge dai dati raccolti, sentono l’esigenza di essere protagonisti delle sorti
del proprio paese. Infatti, da un lato (Banja Luka e Mostar) il coinvolgimento
della diplomazia statunitense viene visto come un’ingerenza, dall’altro (Bihać) è
percepito quasi con arrendevolezza, a dimostrare l’abitudine imposta dalla politica
internazionale prima e da quella nazionale poi, di non poter decidere liberamente
delle proprie sorti. Il dato è confermato anche dalle impressioni emerse
dall’intervista a Svetlana Broz e dalle frasi registrate dal pubblico giovanile di
Bihać. Fatto che poi è stato ripreso da Danilo Capasso: soprattutto i giovani
risentono dell’autorità, non sono ancora in grado di reagire ad un clima di torpore
civile che attanaglia in molte forme il paese.
Quale BiH verrebbe decisa in un potenziale referendum costituzionale?
Bihać ha dimostrato un più deciso sentimento di appartenenza, la volontà di una
BiH finalmente unita. Ciò per omogeneità etnica (il maggior sentimento di
appartenenza alla BiH è naturalmente più solido nei musulmani, i quali non hanno
“una patria di riserva”) e per la già citata maggior apertura della città e dei suoi
cittadini. Mostar e Banja Luka, invece, rappresentano la vera sfida per la politica.
Nel processo di avvicinamento al cittadino, essa dovrebbe finalmente discostarsi
dalle istanze etniche e avvicinare le due città ad una maggiore convivenza civile,
priorità per un paese che apre i negoziati di adesione con la UE.
Si ritiene che il risultato delle votazioni parlamentari delle riforme
costituzionali, qualunque sia l’ esito, non sarà positivo date le premesse di un
dialogo politico spesso difficile, spessissimo assente. E, soprattutto, le vicende dei
primi mesi di negoziati hanno dimostrato tutta la debolezza della base su cui si
poggia la BiH di oggi. Base che dovrebbe essere rappresentata dai cittadini della
Bosnia - Erzegovina, mentre in realtà è un’artificiosa costituzione in inglese
firmata a Dayton, Ohio. Forse è proprio per questo che i traguardi economici e
fiscali fissati come obiettivo dalla UE per l’adesione dovrebbero portare alcuni
miglioramenti nel paese, ma non dovrebbero rivelarsi sufficienti alla costituzione
di uno stato finalmente autonomo e fondato sul concetto di “cittadino”.
APPENDICEQuestionario:
INTERVISTATO• Età;• Etnia;• Comune di residenza;•
LA BiH DA DAYTON ALL’EUROPA: IL PUNTO CHIAVE E’ LA COSTITUZIONE
1) C’è stata e c’è sufficiente informazione sul processo di ingresso nell’Unione Europea?
SI NO
2) Lei sente che l’ingresso nella UE è un’opportunità o un’imposizione dall’alto?
Opportunità Imposizione
3) La BiH può trarre vantaggio dall’ingresso nell’Unione Europea?
SI NO
4) Possibili vantaggi (dare un voto da 1 a 5)
1. Libertà di circolazione di persone, beni, servizi e capitali.
2. Accesso ai fondi europei
3. Nuovi posti di lavoro; 4. Sviluppo infrastrutture; 5. Creazione nuove industrie; 6. Accesso al mercato europeo per merci e servizi bosniaci
7. Lotta alla criminalità organizzata; 8. Altro;
5) Possibili svantaggi 1. Aumento delle importazioni a svantaggio della produzione
nazionale;
2. Aumento delle industrie straniere in territorio bosniaco;
3. Chiusura di aziende che non potrebbero rispettare gli standard europei;
4. Perdita delle tradizioni e della cultura bosniaca;
6) E’ informato del fatto che molti stati europei hanno indetto referendum? (alcuni per approvare l’ingresso in Europa, altri per approvare la costituzione europea)
SI NO
7) Se ci fosse un referendum simile anche per la BiH, Lei andrebbe a votare
SI NO
8) Crede che si deva interpellare il popolo attraverso il referendum per questioni importanti quali l’ingresso in UE e le riforme costituzionali?
SI NO
9) Come crede che voterebbe il popolo bosniaco sull’ingresso nell’Unione Europea?
FAVOREVOLE CONTRARIO
10) La costituzione della BiH (quella di Dayton) prevede la possibilità di indire referendum?
SI NO NON SO
11) Sapeva che la costituzione di Dayton non è compatibile con quella dell’Unione Europea, e che per questo la BiH non può entrare in EU senza una riforma costituzionale?
SI NO
12) Sta seguendo le proposte di riforma costituzionale delle quali si discute in questi giorni in BiH?
SI NO
13) E’ a conoscenza del fatto che sono i partiti maggiori che stanno discutendo “privatamente” di queste questioni , senza una discussione parlamentare?
SI NO
14) Secondo Lei è corretto che siano le autorità statunitensi a spingere e a mediare affinché la BiH operi una riforma costituzionale?
SI NO
15) Secondo Lei la costituzione di Dayton è rappresentativa della volontà della popolazione della BiH?
SI NO
16) Come ha votato al referendum sull’indipendenza del 1992?
A favore dell’indipendenza Contro Non desidero rispondere
Non ho votato
17) Quali cose andrebbero cambiate nell’attuale ordinamento istituzionale?
a. Eliminare le Entità: SI NO
b. Snellimento dell’apparato burocratico: SI NO
c. Eliminazione del sistema che prevede la divisione obbligatoria della presidenza della repubblica ed della Camera dei Popoli fra i tre popoli costituenti: SI NO
d. Possibilità di candidarsi alla presidenza della BiH anche per gli appartenenti alle altre minoranze:
SI NOe. Possibilità di indire referendum per permettere ai cittadini
della BiH di esprimere la propria opinione sui temi più importanti: SI NO
f. ALTRO
18) Se si votasse oggi ad un referendum sull’eliminazione delle entità, quale pensa sarebbe la risposta della maggioranza assoluta dei cittadini, su tutto il territorio della BiH?
A FAVORE CONTRO Non so
DI CHE STATO LEI SI SENTE CITTADINO?
19) Lei si definirebbe “bosanac”?
20) Cosa significa per Lei essere un cittadino della BiH oggi?
g. Vivere in uno stato unitario: avere un forte senso di appartenenza ad esso;
h. Vivere in uno stato che giustamente riconosce le diversità
etniche presenti nel paese;
i. Vivere in uno stato che sento come mio, ma che non potrà mai essere uno stato unitario a causa dei problemi etnici;
j. Vivere in uno stato che non sento come mio; (Se Lei non si sente un cittadino della Bosnia, di quale stato si sente cittadino?)
21) Lei crede che lo slogan dell’Unione Europea “uniti nelle diversità”
potrebbe essere l’”inno” della BiH?
CITTA’ – TERRITORIO
22) Gradimento della proprio città e del proprio territorio (dare in voto da 1 a 5):
k. Servizi: ospedali, pubblica amministrazione; luoghi di culto; infrastrutture;
l. Opportunità di lavoro;
m. Istruzione e cultura: scuole pubbliche, università, scuole
private, biblioteche, teatri,
n. Associazioni;
o. Tempo libero: sport, cinema, bar, attività ricreative;
p. Negozi e centri commerciali
q. Vita sociale;
r. Possibilità personali future;
25) Se ne avesse la possibilità, Lei si allontanerebbe dalla sua città per
andare a vivere altrove?
26) Perché desidera andarsene?
s. Motivazioni economiche
t. Qualità della vita
u. Altro
27) Se sì, dove?
v. All’interno della BiH;
w. Estero;
SCHEMA PER LE INTERVISTE238
• Bihać sembra essere in una posizione geografica piuttosto
favorevole per la ripresa economica e sociale. Eppure stenta più del
dovuto. Uno dei motivi principali può essere rappresentato dal
rapporto con il Cantone e quindi dalla gestione delle risorse?
• Nel caso in cui venissero eliminati i cantoni, quale sarebbe la sorte
dei comuni? Ci potrebbe essere una più equa ridistribuzione delle
risorse e un dialogo più efficiente con il centro?
• Questo potrebbe dare nuovo impulso alla posizione strategica di
Bihać?
• Lo snellimento burocratico dello stato è una delle priorità per
l’ingresso della BiH in EU. Secondo Lei, per raggiungere la piena
efficienza, bisognerebbe eliminare le entità anche se la EU non lo
richiede espressamente?
• Quali vantaggi potrebbe portare alla Bosnia l’ingresso nell’EU?
• La gente di qui dice che Bihać e’ sempre stata più tollerante, più
abituata a considerare la diversità (etnico – religiosa - culturale
etc.) come un fatto normale del quotidiano: e’ vero? C’e’ una
differenza a questo proposito fra prima della guerra e dopo la
guerra?
• Se ci fosse un referendum per eliminare le entità come potrebbero
votare i cittadini di Mostar o Banja Luka?
• E’ possibile (non è possibile), quindi, intravedere finalmente una
“Bosnia dei cittadini”?
• Affinché la BiH si “normalizzi” e raggiunga la sua piena
maturazione in vista dell’ingresso nella “EU dei cittadini” è
sufficiente puntare solo sul fattore economico?
238 Lo schema è stato, come poi verrà detto in seguito, utilizzato in base all’interlocutore.
• Secondo Lei perché le maggiori pressioni per le riforme giungono
più dagli Stati Uniti che non dalla EU?
• Cosa potete fare voi politici per riavvicinare i cittadini alla vita
politica e alla partecipazione elettorale? Quale può essere stato il
principale errore da parte di voi politici nei confronti dei cittadini e
del loro allontanamento dalla politica?
• E’ costituzionalmente possibile indire referendum in BiH?
• Se la risposta è no, perché?
• Un referendum sulle riforme costituzionali e sull’ingresso in EU
potrebbe aiutare i cittadini della BiH a riavvicinarsi alla politica?
• In che modo crede che Bihać possa rappresentare un’eccezione in
un paese in cui manca ancora un sentimento comune di
cittadinanza?
Sezione dedicata alle interviste239 integrali240 condotte nel corso della ricerca.
Intervista a Edin Kulenović(Consigliere del presidente del cantone Una – Sana)
DOMANDA: Questione referendum, base giuridica?
RISPOSTA: Anche se il referendum è uno strumento di democrazia diretta, in
molti stati la volontà popolare è trasferita ai suoi rappresentanti. Per esempio,
nell’ultima tornata elettorale il sindaco, che prima era eletto dal consiglio
comunale, è stato eletto dal popolo.
Nel mondo la democrazia diretta è versata sui suoi rappresentanti.
Sarebbe l’ideale poter coinvolgere il popolo sulle questioni più importanti, ma
non è possibile. Questo perché il sistema di democrazia indiretta in Bosnia è stato
introdotto dall’ingerenza internazionale. Ingerenza che tocca il suo apice con
l’Alto Rappresentante, le cui dichiarazioni diventano forza di legge. E questo
avviene, a causa dell’Annesso IV di Dayton, senza che il Parlamento abbia lo
spazio di decidere in merito alle dichiarazioni dell’ HR, non può proporre
modifiche e nemmeno emendare.
D: E’ possibile indire referendum in BiH?
R: I partiti stanno trattando per rivedere la costituzione di Dayton. Tra le altre
cose per introdurre un sistema di democrazia diretta. Questo è ostacolato, per il
momento, dalla struttura anglosassone della attuale costituzione di Dayton.
239 Le interviste si riferiscono a Edin Kulenović, Mithad Kozličić e Svetlana Broz, in quanto interviste più corpose. Le altre due sono state già riportate integralmente nel corso della trattazione.
240 Le domande riportate nella pagina precedente erano state selezionate in base
all’interlocutore cui ci si trovava di fronte. Agli intervistati sono state poste domande comuni e
domande cui solamente alcuni di essi potevano rispondere con competenza a causa del proprio
lavoro e delle proprie conoscenze. Inoltre era stato opportuno approfondire alcuni temi emersi
solamente nel corso delle interviste.
Inoltre, una riforma che bisogna affrontare, riguarda il sistema statale
assolutamente troppo costoso e troppo strutturato: governo, cantoni, Brčko,
numero enorme di funzionari e ministri.
D: Come giudica il fatto che le maggiori pressioni per le riforme e per l’ingresso
in EU giungano dagli Stati Uniti e non dalla stessa Europa?
R: La missione di mediazione degli Usa non è più tale, ormai è da considerarsi
un’ingerenza diretta negli affari interni di un paese sovrano.
D: Secondo Lei, i cittadini bosniaci come percepiscono la vita politica?
R: Spesso ho l’impressione che le cose stiano andando alla deriva, non riesco a
capire chi possa avere la forza e il potere di dirigere e influenzare in maniera
giusta le sorti del paese. Il cittadino dovrebbe essere al centro dello stato, solo così
potremmo costruire una nuova costituzione che sia anche moderna e al passo con i
tempi. Ma purtroppo è la nostra stessa storia a bloccarci.
Un altro punto importante è il numero troppo elevato di partiti che secondo me
confondono il cittadino e rallentano il progresso del paese. Dovrebbero restare
solo i partiti più forti.
Un’altra grossa piaga della società civile è la scarsissima partecipazione
elettorale: siamo arrivati al punto che più della metà degli elettori non si reca alle
urne.
D: Secondo Lei c’è il rischio che vengano eletti soprattutto i partiti nazionalisti, a
causa di questa scarsa partecipazione elettorale? La diserzione alle urne può
essere considerata il fallimento della politica bosniaca?
R: Nel nostro paese tutte le cose, anche quelle che apparentemente sono le più
scontate e ovvie, diventano un problema. Chi va al potere deve affrontare i
problemi di uno stato povero, appena uscito da una guerra drammatica, dove la
criminalità è una piaga seria. E queste cose non sono ancora mai state risolte da
nessuno. Il popolo guarda ai risultati e vota di conseguenza. Guardano al posto di
lavoro, all’enorme disoccupazione che ci affligge (sono rari i casi di famiglie
bosniache in cui lavori più di una persona). I problemi della gente comune sono la
causa principale per cui la gente si allontana dalla politica. Questa è la ragione per
cui il 50% dei bosniaci non va più a votare, perché non credono più a nessuno.
Non è un’opzione politica, è la conseguenza della disoccupazione e di tutti gli altri
grandi problemi. I cittadini si sentono traditi e imbrogliati da questa classe
dirigente.
Un altro grosso problema è che in Bosnia e a Bihać c’è un’enorme burocrazia, ma
pochissime fabbriche. Bihać aveva diverse fabbriche, ora non più perché la
privatizzazione ha distrutto un sistema che prima funzionava. E in più sono state
privatizzate dandole praticamente in regalo agli acquirenti. E questi non sono stati
nemmeno in grado di amministrarle. Accade spessissimo che le privatizzazioni
vengano sciolte dai tribunali per fatti illeciti o per fallimenti. Secondo me sono
tutti fatti strettamente collegati alla costituzione di Dayton, sono conseguenze
dirette.
Al centro dello stato ci dovrebbe essere il cittadino, indifferentemente
dalla sua nazionalità. Lo stato deve rispondere alla sue esigenze, le divisioni in
classi sociali vano superate. Il numero dei politici deve essere assolutamente
ridotto e dovrebbero ricominciare a parlare di cittadino e non per divisioni
etniche.
Altro problema è il passaggio, drammatico, da un sistema socialista al
sistema capitalistico. Questo ha prodotto la concentrazione delle risorse
finanziarie e del potere politico nelle mani di pochi. Ci sono troppi bosniaci che
non hanno le risorse per tenere il passo a questa corsa al capitale e sarà sempre più
spesso necessario ricorrere alle sovvenzioni sociali.
Le risorse su cui puntare dovrebbero essere il turismo e il legname.
D: Quali vantaggi potrebbe arrecare alla Bosnia l’ingresso nella comunità
europea?
R: L’opinione pubblica non è ancora formata, è difficile valutare quali possano
essere gli aspetti positivi o negativi. Anche perché il salto da fare è davvero
grande: dopo il processo di disintegrazione della Jugoslavia, ora bisogna pensare
ad un processo di integrazione. Anche nei confronti degli altri stati della ex
Jugoslavia il rapporto deve cambiare. Siamo vicini di casa e sarà inevitabile che i
rapporti si intensifichino. Bisogna tenerne conto al di là delle divisioni passate. Il
fattore economico potrebbe dare anche una spinta sociale in questo senso. Verso
l’Europa abbiamo cose da offrire, ma anche delle cose di cui abbiamo bisogno.
Per questa cosa, in particolare, non dobbiamo tirarci indietro. Per il bene dei nostri
cittadini.
Un altro aspetto importante è valutare quali siano i veri interessi degli Stati
Uniti nei confronti della EU, perché la pressione che stanno mettendo ai nostri
politici va al di là della naturale propensione di uno stato a perseguire i propri
interessi e i propri fini. Ripeto: gli Usa, nei confronti della Bosnia, stanno
compiendo una vera e propria ingerenza nei nostri affari interni.
Comunque, anche se è difficile al momento distinguere se ci potranno
essere più aspetti positivi o più negativi, la mia impressione è che potremmo
ottenere molti vantaggi. Anche perché l’isolamento non è mai cosa buona.
L’integrazione dovrebbe aiutare a risolvere molti dei problemi interni della BiH, i
rapporti di amicizia e di unione.
D: Lei può dire di sentirsi “bosanac”?
R: Sentirsi “bosanac” sarebbe l’ideale…
Un serbo di Bosnia deve capire una volta per tutte che il suo stato è la Bosnia. Un
croato di Bosnia deve capire una volta per tutte che il suo stato è la Bosnia. I
bosniaci l’ hanno capito perché non hanno nessun altro stato di riferimento.
Finché non avverrà questo, la Bosnia non sarà mai uno stato tranquillo e maturo.
Faccio un esempio dell’assenza di sentimento nazionale di questo stato:
nell’ultima partita i calcio tra BiH e Serbia, il pubblico della RS ha fatto il tifo per
la Serbia e Montenegro!
Sono convinto del motto “Audiatur et altera pars”. Bisogna tener conto anche
delle opinione della RS, bisognerebbe ascoltare anche la loro voce e aprire un
dialogo costruttivo.
D: Lei è per una Bosnia unita, oppure crede che le Entità siano la soluzione
migliore?
R: Io sono per l’integrità della Bosnia. Tutti i bosniaci sono per la Bosnia unita.
“Non abbiamo un altro stato” ti dicono tutti loro. I serbi vogliono staccarsi e unirsi
alla SiCG, magari dando in scambio il Kosovo. Infatti la RS sembra quasi uno
stato autonomo. Si comporta come tale, anche se non lo dovrebbe fare. Anche i
croati vogliono il loro stato. E’ la realizzazione del piano di Tudjman e Milošević
per dissolvere la Bosnia e spartirsela. Ma il tempo sarà a favore della coesione,
anche grazie alla comunità internazionale.
Intervista al Prof. Dr. Sc. Mithad Kozličić
DOMANDA: Lei può dire di sentirsi un “bosanac”?
RISPOSTA: Sarebbe l’ideale dire di sentirsi “bosanac”. Ma Le faccio un
esempio: tre anni fa è stata condotta una ricerca per capire quanti cittadini della
Federazione si fossero dichiarati disponibili a iscriversi all’università di Banja
Luka. Il 90% degli intervistati ha risposto di negativamente. E il motivo è facile
da capire. In quella università viene insegnato che tutti gli abitanti della Bosnia
sono in realtà serbi. Serbi convertiti, ma pur sempre tutti serbi.
La creazione delle Entità è stato un prodotto malsano di Dayton. Perché essa è
stata capace di fermare la guerra, ma non aveva la capacità di gestire la pace. Se
oggi, in Bosnia, esistono università simili è colpa della gestione della Comunità
internazionale e di come ha investito male le sue risorse. A questo punto
dovrebbero essere gli intellettuali a stranieri a risollevare la situazione e a educare
le persone. Perché tutti i “cervelli” bosniaci se ne sono fuggiti all’estero. Io, per
esempio, ho delle difficoltà enormi a stampare i miei libri. A Bihać, che
comunque è una grossa e importante città, non esiste nemmeno una libreria. Se
non teniamo conto di quella islamica…
D: Secondo Lei la società civile può contribuire a risollevare la Bosnia?
R: La situazione è che ancora al giorno d’oggi vincono i partiti nazionalisti. Chi
grida più forte e chi ha la capacità di sbandierare simboli di appartenenza, facendo
sentire la gente parte di una comunità (che non è sicuramente la Bosnia…), allora
vince. La Comunità internazionale dovrebbe essere capace di investire i propri
soldi sui singoli politici, non sui partiti. Così facendo si eviterebbe di dare una
mano ai partiti più estremisti. Per esempio il nazionalismo croato è ancora molto
forte ed esiste un legame ancora stretto tra Croazia e i partiti bosniaci di stampo
croato.
Inoltre esiste un grave problema all’interno della società civile: la percezione che
gli abitanti delle città hanno verso gli immigrati dalle campagne. E’ uno scontro
molto sentito ed è un elemento che contribuisce a scollare la società.
La mia opinione è che deve essere la Comunità internazionale a risolvere tutti
questi problemi. Sono stati loro, anche se riconosco che Dayton ha saputo fermare
la guerra, a creare il caos del dopoguerra bosniaco.
D: Secondo Lei è possibile indire referendum in Bosnia?
R: Sì.
D: Leggendo l’Annesso IV di Dayton scopriamo che in realtà non è previsto
l’utilizzo dello strumento referendario in Bosnia…
R: Non ho letto Dayton, ma evidentemente la nostra costituzione è basata sul
modello americano.
Intervista a Svetlana Broz
DOMANDA: Bihać si trova in una situazione strategica favorevole, eppure la
ripresa e' in ritardo. Lei riesce a percepire una particolarita' nella situazione di
questa citta' rispetto al resto della Bosnia?
RISPOSTA: Sono stata molto poco in giro per la citta', per tutta la giornata ho
tenuto delle lezioni, quindi le mie impressioni sono sul pubblico, che e' un
pubblico di studenti e alunni delle medie, con i loro problemi particolari, tuttora
insoluti, e ce ne sono tanti. Tutta la societa' della Bosnia Erzegovina e' afflitta da
una quantita' di problemi. Non sono sicura che Bihać sia posizionato in modo tale
da avere grandi risorse per un buono sviluppo, in un certo senso e' in una zona
marginale dello stato, in senso geografico, e per questo ha anche piu' problemi,
rispetto ad altre zone. No, non credo si trovi in una posizione favorevole, ma
attualmente ha delle persone nuove nell'amministrazione che si battono per
migliorare le cose. Questa e' l'impressione che ricavo dalla mia presenza qui oggi.
D: Migliorerebbe la situazione se si eliminassero i cantoni?
R: Si', personalmente ritengo che quattordici governi in un paese di quattro
milioni di persone siano un assurdo, neanche la Svizzera potrebbe sostenere il
peso di una struttura simile. I cantoni, come le entita', sono superflui per questo
stato.
D: I comuni verrebbero a trovarsi in una situazione migliore, aumenterebbe la
loro importanza?
R: Certo, sarebbe un grande aiuto per i comuni, quindi anche per Bihać.
D: Quale sarebbe il più grande vantaggio dell'ingresso della Bosnia nell'EU per i
cittadini?
R: SE la Bosnia fosse accettata… Ovviamente, si tratterebbe di tutta una serie di
elementi ben noti, a partire dall'eliminazione del regime dei visti che abbiamo
oggi e quindi avremmo liberta' di movimento in Europa e nel mondo, avremmo un
flusso di merci, una prosperita' economica… Ma prima di tutto dovremmo
soddisfare le condizioni poste dall'EU e gia' questo presuppone una nuova qualita'
di questa societa'.
D: Pensa che sarebbe possibile organizzare un referendum per l'eliminazione
delle entità? Secondo lei la volontà espressa dai cittadini di Bihać sarebbe
diversa da quelli di Mostar o Banja Luka?
R: E' una domanda difficile, e una previsione difficile: non abbiamo elementi sui
quali basarla. Sulla base di come si esprimono i politici al potere in queste diverse
parti della Bosnia, si puo' ipotizzare che i risultati sarebbero diversi. Ma questo si
riferisce ai politici e alla loro retorica. Quel che pensa il popolo, non lo sappiamo.
Quindi non posso fare una previsione del genere, non sarebbe serio.
INTERVISTATORE: Per questo stiamo facendo questo sondaggio: nessuno
finora ha fatto un sondaggio per conoscere l'opinione del popolo.
R: No, non sono stati fatti sondaggi. Sappiamo cosa pensano i politici ma non
sappiamo cosa pensa la gente: e questa e' un'altra cosa, e' diverso.
D: Pensa che per una normalizzazione della situazione, per una maturazione del
paese, e' sufficiente concentrarsi sull'aspetto economico del risanamento?
R: Penso che lo sviluppo dell'economia sia l'elemento piu' importante, anche se
non l'unico importante. Ma e' prioritario. Quando avete un tasso di disoccupazione
al sessanta per cento, c'e' una grande insoddisfazione in tutti i campi e allora si
sviluppa e la questione etnica e quella religiosa ed ogni altra. Se avessimo una
buona base economica e le persone avessero un lavoro, diventerebbe meno
importante per loro a quale gruppo etnico o religioso appartengono.
Diventerebbero cittadini, e non membri dell'uno o dell'altro gruppo etnico o
religioso. Avremmo una vera societa'.
D: Pensa dunque sia più saggio passare per l'economia, che l'altra via sia piu'
difficile?
R: Certo. L'altra via e' piu' difficile, nopn ci si riesce, la gente e' sfinita, affamata,
ha troppo tempo a disposizione che non e' riempito dal lavoro, non hanno la
possibilita' di mantenersi, e quindi quel tempo viene usato per sfinirsi ancora piu'
in confronti negativi. Se avessimo uno sviluppo economico sarebbe piu' facile
anche sviluppare i rapporti all'interno della societa', rapporti che devono essere
risanata, fra i vari gruppi etnici e religiosi.
D: Cosa possono fare gli intellettuali per riavvicinare i cittadini alla politica?
R: In queste societa' molto spesso gli intellettuali, se hanno avuto un ruolo, lo
hanno avuto piu' negativo che positivo. Hanno avuto un ruolo negativo nella
dissoluzione della Jugoslavia e spesso continuano ad averlo oggi, invece di
prendere un ruolo guida della societa' che per definizione dovrebbe essere il loro.
Gli intellettuali hanno un grande impegno e una grande responsabilita'. Ma temo
che molto pochi di loro rispettino questo impegno, e questa responsabilita'. Per
dire la verita', mi hanno delusa.
D: Secondo alcuni cittadini di qua, Bihać prima della guerra, proprio per essere
un luogo di frontiera, aveva un piu' altro grado di tolleranza, abituato al fatto di
essere un territorio misto, nel quale nessuno faceva caso all'appartenenza etnica
o religiosa. Secondo lei e' cosi', o e' solo un'opinione locale? O e' possibile che
un luogo di frontiera come questo si trasformi in un esempio positivo in questo
senso?
R: Vi diro' la mia impressione. Io sono stata qui a Bihać un anno fa, nel dicembre
2004 per la promozione del mio primo libro. Questa sala era piena di cittadini di
Bihać. Si sentiva una terribile tensione e paura, una sensazione addirittura fisica,
strana, come se quelle persone fossero spaventate solo per il fatto di trovarsi qui.
Paura che qualcuno non irrompesse nella sala per lanciare una bomba o qualcosa
del genere..
D: Per il Suo nome?
R:Per il mio cognome, si'. Oggi questa paura non c'era. Significa che nonostante
tutto in quest'anno e pochi mesi qualcosa e' cambiato. In meglio. All'epoca era
stato appena eletto un nuovo sindaco, da un mese o due. Quindi Bihać e' riuscito a
fare un passo avanti da quando si e' scelto un sindaco nuovo, giovane, un segnale
per me che questa citta' ha un potenziale, una capacita' di lottare per conquistarsi
un futuro migliore. Un sindaco giovane, che ha ottenuto un master in America ed
e' rientrato nella sua citta' natale per candidarsi, dimostra che anche i giovani in
questo paese hanno delle prospettive, e che i cittadinio desiderano votare per loro.
Il sindaco di Bihać ha dimostrato questo fatto.
RINGRAZIAMENTI:
► Paola Lucchesi: senza la quale sarebbe stato difficile addentrarsi nella
Bosnia più vera, senza la quale moltissimo del lavoro fatto non sarebbe
stato possibile. Grazie per le traduzioni, per le moltissime persone che mi
hai fatto incontrare, per i tuoi punti di vista, per l’ospitalità, per il tempo
che mi hai dedicato, per il tuo amore per la Bosnia e per la Una. Un
inaspettato regalo di questo bellissimo paese, una grande amica. Ti auguro
di cuore di poter realizzare tutti i tuoi meravigliosi progetti!!
► Miča: un altro grande incontro. Grazie per la tua generosità e l’aiuto
con gli “anketa”, per la compagnia nel viaggio Bihać – Mostar – Banja
Luka, per le lezioni improvvisate di bosniaco. Grazie per non avermi fatto
sentire l’”ennesimo straniero in Bosnia”, ma un nuovo amico…
► Le persone di Bihać e in particolare Dragica e Velko: grazie a tutti voi
per l’ospitalità nella vostra città, per l’aiuto che mi avete dato nel
rispondere con pazienza e interesse alle mie domande. Mi auguro che il
mio lavoro abbia davvero fatto sentire la vostra voce.
► Marta, Max e Alex: grazie per avermi ospitato nella vostra casa di
Bihać per due settimane e per avermi fatto divertire!
► Tommaso, Daria e tutti gli amici di Mostar: grazie per il vostro
contributo.
► Alice, Federica e Danilo: grazie per la vostra generosità e per l’aiuto a
Banja Luka!
► I ragazzi della Facoltà di lingue dell’Università di Banja Luka: un
sentito ringraziamento per aver scritto i commenti dei questionari in
italiano…!
► Il Cantone US:per aver fornito molti dei dati statistici per la mia ricerca.
► Jelena e Giulio: grazie per alcune delle traduzioni.
► Massimo Moratti: grazie per gli spunti iniziali e per avermi messo in
contatto con Paola!
► Adriana: per aver sempre creduto nel mio lavoro…ed essere sempre
qua con me.
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