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Manuale Vendita Agente Immobiliare
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VENDITA EFFICACE(applicata alle trattative immobiliari)
1. LA NECESSITA’ DI RECUPERARE FIDUCIA.
1.1. Premessa
Scopo di questo lavoro è quello di voler dare un contributo, per
quanto modesto, a tutti coloro che esercitano la professione nel campo delle
intermediazioni immobiliari, mediante l’utilizzo di tecniche innovative
introdotte dalla PNL (Programmazione Neurolinguistica), le quali
consentono essenzialmente, una volta acquisite e messe in pratica, di
modificare il proprio atteggiamento sia mentale che comportamentale.
Tali tecniche rappresentano un’efficace strumento di lavoro per chi
opera nel settore della vendita e soprattutto per chi, come l’Agente
immobiliare, ha necessità di trovare la fiducia del cliente, dal momento che
cinque anni di tendenza positiva continua del mercato immobiliare (marzo
98) hanno immesso sul mercato delle intermediazioni immobiliari, attirati
probabilmente dai facili guadagni, una miriade di operatori incompetenti e
spesso temerari, i quali innumerevoli volte hanno operato con disinvoltura e
senza riguardo alcuno della deontologia professionale necessaria, creando
quindi nel cliente disappunto e sfiducia e mettendo a dura prova la
credibilità stessa della figura professionale (L.39/89).
Le difficoltà oggettive con cui ci si sta scontrando quotidianamente
(le elevate aspettative dal punto di vista del realizzo economico da parte dei
proprietari, la elevata presenza di concorrenti – spesso abusivi -, le
incertezze sulla ripresa economica e quindi una paura all’indebitamento),
stanno configurando uno scenario di rallentamento del mercato immobiliare
e quindi un minore numero di transazioni in attesa di un abbassamento dei
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prezzi, pertanto una quantità minore di transazioni effettuate da operatori del
settore con conseguente calo di guadagni.
Coloro che si sono accostati alla professione di agente immobiliare
allettati da potenziali facili guadagni, sicuri che l’unica arte nella vendita è
quella di “saper convincere gli altri”, ma privi di qualunque esperienza nel
settore e della gestione del rapporto con il cliente soprattutto in fasi critiche
(valutazione dell’immobile, richiesta provvigionale, tempistica della
vendibilità …. ecc. ..) si sono ritrovati a falsare le aspettative, a dover fare i
conti con errori di valutazione, generando diffidenza e sfiducia nei loro
interlocutori (clienti), con una conseguente generalizzazione (le agenzie
sono tutte uguali), e con un forte ridimensionamento della credibilità degli
operatori onesti e professionali.
Non può dirsi altrettanto per coloro che hanno puntato a mantenere
alto il loro livello di professionalità sperimentando, fin dall’inizio, doti quali
la flessibilità, la correttezza, la trasparenza, che hanno consentito di
instaurare un rapporto solido con il cliente, improntato alla soddisfazione
reciproca ed alla fiducia.
Ed è proprio dalla consapevolezza di interpretare al meglio il ruolo
di consulente che deriva, per il professionista agente immobiliare, la
capacità di resistere a momenti meno favorevoli come quelli che
sicuramente stanno per venirci incontro (si ipotizza una inversione di
tendenza delle transazioni immobiliari, ciclicità del mercato del mattone).
E’ qui che occorre sfoderare le proprie capacità relazionali, affiancare il
cliente, dialogare con lui, infondergli sicurezza sulla nostra professionalità,
conquistarlo con fiducia, dimostrare di condividere le sue ansie e le sue
aspettative sul nostro operato, essere sempre presenti in un rapporto
complesso che va al di là del semplice incasso della provvigione.
1.2. Il cliente nella compravendita immobiliare
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Il rapporto “agente immobiliare-cliente”,ha una natura complessa,
pertanto mi sembra opportuno dedicare qualche rigo ad una migliore
identificazione dei “clienti” del settore immobiliare, quelli che in gergo
generalmente vengono definiti clienti sono spesso o quasi esclusivamente
quelli che acquistano un prodotto un servizio o una consulenza. Nel campo
delle intermediazioni immobiliari i clienti sono di due categorie ovvero il
“cliente venditore” ed il “cliente acquirente” necessari entrambi affinché
possa concretizzarsi la vendita immobiliare.
Ciò che distingue l’agente immobiliare da un qualunque altro
venditore, è che qui il rapporto non si concretizza con il trattare con una sola
persona, ovvero non si tratta di vendere una casa ad un cliente, ma si tratta
in primis di vendere delle buone ragioni e dei buoni servizi ad un “cliente
venditore” che ti affiderà la sua casa da vendere, e poi il rapporto con un
secondo “cliente acquirente” che avendo gradito il “prodotto casa” che gli è
stato proposto e contemporaneamente è stato conquistato dal “servizio-
fiducia-professionalità” del consulente-agente, decide di comprare, a questo
punto si concretizza la conclusione di una compravendita immobiliare.
Le fasi della vendita immobiliare, condotta da un agente
professionista, possono schematicamente essere sintetizzate come segue:
Cliente Venditore
1) ottenimento di un appuntamento per la valutazione economica, della
casa del “cliente venditore”; (spesso non è esplicitamente richiesta
dal cliente ma è proposta gratuitamente dall’A.I., quindi una
“vendita” di consulenza che deve concretizzarsi);
2) focalizzare gli obiettivi del cliente, individuare un giusto prezzo di
realizzo, descrivere “vendere” i servizi forniti e cercare
assolutamente di ottenere il mandato ovvero chiudere la VENDITA
con il “cliente venditore”;
Cliente Acquirente
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3) ottenimento di un appuntamento per proporre la casa acquisita,
spesso il “cliente acquirente” tende a fare a meno del servizio offerto
dall’ A.I. (lo ritiene costoso e avvolte superfluo);
4) focalizzare se gli obiettivi del cliente siano più o meno centrati,
individuare un giusto prezzo di offerta (verosimilmente vicino a
quello richiesto), descrivere “vendere” i servizi forniti affinché si
ottenga una proposta, ovvero chiedere l’impegno a sottoscrivere un’
ACQUSITO con il “cliente venditore”
Trattativa cliente acquirente – cliente venditore
5) focalizzare se gli obiettivi dei due clienti siano più o meno vicini
quindi centrati, individuare una serie di aggiustamenti che possano
soddisfare entrambi e chiudere la vendita.
E’ durante l’intero percorso sopra descritto che ogni sforzo deve
mirare alla costituzione di un rapporto efficace, i cui contenuti saranno
approfonditi nei successivi capitoli.
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2. PERCHE’ LA PNL NELLA VENDITA
2.1. Cenni sulla Programmazione Neuro-Linguistica
Negli ultimi anni abbiamo assistito ad una vera e propria evoluzione
del concetto di vendita: lo stereotipo del venditore-abile manipolatore, intento
esclusivamente ad influenzare e convincere il cliente, cede il passo alla figura
del venditore-consulente, conscio innanzitutto di dover modificare il proprio
metodo d’interazione con la controparte.
Oggi sia i consumatori che gli acquirenti/risparmiatori sono
cambiati, sono sempre più sofisticati, l’evoluzione del prodotto/servizio va di
pari passo con l’evoluzione del cliente,
donde la necessità di essere sempre più accorti, più profondi, di spostare la
vendita da quello
che era un copione ripetitivo, stancante per il cliente e faticoso per il
venditore, ad una vera e propria “capacità di ascolto” verso il potenziale
cliente.
E’ doveroso, ai fini del raggiungimento del successo, abbandonare
l’ottica di breve termine, finalizzata a soddisfare i bisogni del venditore, e
ragionare in termini di soddisfazione nel lungo periodo, utilizzando una serie
di tecniche volte non solo a migliorare la capacità di influenzamento, ma a
conquistare soprattutto la fiducia del cliente.
Di qui l’importanza di introdurre nella vendita la PNL, una neuro-
scienza che, indagando sui diversi livelli di comportamento e di
comunicazione interpersonali, ha individuato alcuni “presupposti”dei quali ,
sebbene non ne sia stata affermata la veridicità assoluta o l’universalità,
l’utilizzo nell’esperienza quotidiana ha consentito di ottimizzare i rapporti con
gli altri in termini di soddisfazione, efficacia e valorizzazione.
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La PNL nasce nei primi anni Settanta, grazie alla collaborazione di
Richard Bandler, studioso di psicologia all’Università di Santa Cruz in
California, e Jhon Grinder, ricercatore presso il dipartimento di linguistica. I
due studiosi approfondirono le strategie usate da tre famosi terapeuti del
momento (Fritz Perls, psicologo ed ideatore della terapia gestaltica, Virginia
Satir, specializzata in terapia della famiglia e Milton Erickson, famoso
ipnoterapeuta), e notarono che, sebbene lavorassero in campi diversi, si
servivano di una fraseologia molto simile che permetteva loro di raggiungere
risultati immediati.
Dalla codificazione di tali strategie, come pure dal significativo
contributo dell’antropologo inglese Gregory Batenson, naque un modello
innovativo utilizzato sia in campo personale che professionale.
Solo più tardi, nel 1976, questo modello prenderà il nome di
Programmazione Neuro Linguistica,
dove PROGRAMMAZIONE sta a significare la possibilità di organizzare le
idee e pianificare le proprie azioni per il raggiungimento degli obiettivi,
NEURO attiene alla sfera dei nostri processi neurologici per il reperimento
delle informazioni dal mondo esterno, LINGUISTICA riguarda lo studio
dell’utilizzo del linguaggio e dei vari canali di comunicazione.
3. CREARE IL RAPPORTO EFFICACE
3.1. Principi base della PNL
Poiché l’ambito di applicazione della PNL che ci interessa in questa
sede è la vendita, andremo ad approfondire le tecniche da utilizzare per
stabilire un rapporto efficace tra venditore/consulente immobiliare e cliente.
Prima di procedere, è opportuno accennare brevemente alcuni
principi base della PNL.
Uno dei pilastri fondamentali su cui essa poggia è la “flessibilità”.
Essere flessibili vuol dire scegliere tra più azioni, più scelte abbiamo a
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disposizione, maggiori saranno le probabilità di successo, più siamo pronti a
modificare ciò che facciamo, più facilmente raggiungeremo l’obiettivo.
Flessibilità significa anche assumere il punto di vista altrui ed
abbandonare il proprio. La PNL riconosce tre principali punti di vista
(sviluppati soprattutto da Jhon Grinder sugli studi di Gregory Bateson): la
prima posizione, che è la nostra realtà, ciò che pensiamo e crediamo; la
seconda posizione, che è l’assunzione del punto di vista altrui, come pensa e
sente l’altra persona; la terza posizione riguarda la capacità di assumere un
punto di vista esterno e distaccato. Attribuire valore ai diversi modi di valutare
uno stesso evento, costituisce un punto chiave della PNL e prende il nome di
“descrizione multipla”.
E’ facile intuire quanto sia importante essere flessibili nella vendita,
spostarsi da un punto di vista all’altro aggiunge ricchezza e creatività al
rapporto, rende più disponibili, allenta le difese e le rigidità altrui, genera un
clima di empatia che migliora la comunicazione fino ad arrivare all’obiettivo
prefissato.
Come si diventa flessibili? Con l’allenamento e la pratica,
sforzandosi di abbracciare le idee altrui nella consapevolezza che,
immedesimandosi nell’altro, comunque non si perde la propria identità.
Un altro caposaldo della PNL è la “congruenza”, un concetto che
non può prescindere dal successo personale o dalla realizzazione di se stessi.
Essere congruenti nella vita vuol dire che ci deve essere un perfetto
accordo tra ciò che sentiamo dentro, ciò che vogliamo veramente e le nostre
azioni. Dobbiamo mettere a fuoco i nostri valori, le nostre priorità, ed
allineare gli uni e le altre al nostro modo di agire, diversamente non siamo
credibili e le incongruenze che ne derivano potrebbero fiaccarci, dissipare la
nostra energia e generare conflitti interiori che si riflettono, inesorabilmente,
nel comportamento.
Nella vendita dobbiamo trasferire congruenza per essere convincenti,
ciò vuol dire in PNL che il linguaggio del corpo, il tono della voce e le parole,
devono trasmettere il medesimo messaggio: un gesto inappropriato o
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un’alterazione della voce, potrebbero compromettere la trattativa, in quanto
tradiscono un’insicurezza ed un’emozione immediatamente captate dal
cliente.
3.2. La mappa non è il territorio
Prima di sfoderare l’arte della persuasione, poiché siamo flessibili e
vogliamo essere congruenti, andremo a focalizzare la nostra
attenzione sulla ”mappa” del potenziale cliente.
“La mappa non è il territorio”: presupposto fondamentale della
PNL , quello che riassume in assoluto la soggettività di ogni essere umano.
Il mondo che ci circonda (il territorio) è talmente vario e complesso
da prestarsi ad una infinità di interpretazioni (mappe). Ognuno di noi vive una
sua realtà filtrata dalle proprie esperienze, dalla propria cultura, i propri
interessi, il modo di essere , le proprie impressioni.
Il filtro più potente sono i nostri sensi (naso, orecchie, bocca…),
definiti da Aldous Huxley come “le porte della percezione”, attraverso cui
decodifichiamo il mondo dandocene una rappresentazione interna, una mappa
personalissima.
3.3. I sistemi rappresentazionali
Nella PNL i sistemi attraverso cui percepiamo e decodifichiamo i
vari stimoli esterni, sono detti “rappresentazionali” e si indicano con la sigla
“V.A.K.”, che sta per Visivo (relativo al mondo delle immagini), Auditivo
(concerne l’elaborazione di suoni, voci, ecc.), Cinestesico (racchiude le nostre
sensazioni tattili e fisiche in generale). Infine c’è il sistema olfattivo-gustativo
(O/G), considerato marginale.
Ogni persona ha un sistema rappresentazionale primario
(prevalente sugli altri): il venditore dovrà cercare di individuarlo per avere una
serie di informazioni utili al fine di formulare la propria offerta nel modo più
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interessante per il cliente. Come fare? Ascoltando il linguaggio
dell’interlocutore, tenendo presente che ciascun S.R. predilige determinati
predicati, un certo tono di voce, una particolare postura.
Inoltre il linguaggio può essere organizzato in “chunks” più o meno
grandi, altro potente filtro della comunicazione. Il termine “chunk”, adottato
dallo psicologo americano Miller, indica un “pezzo di informazione”:
ciascuno utilizza, nel dialogare, diversi livelli di approfondimento nella
descrizione di un evento o di qualcosa.
Nell’esperienza di ogni venditore ci saranno clienti con “chunks
piccoli”, orientati cioè al dettaglio, i quali durante la conversazione descrivono
minuziosamente ciò che hanno fatto, visto, sentito, e chiedono all’altro di
essere altrettanto preciso e dare più informazioni possibili.
Viceversa ci saranno clienti con “chunks grandi” che parlano per
linee generali, fanno descrizioni di massima e dimostrano insofferenza se il
venditore si dilunga sui particolari. La comunicazione tra chunks diversi è
faticosa: quando un piccolo ed un grande chunk si incontrano, il grande si
annoia ed il piccolo non comprende.
Massima attenzione dunque all’ascolto del cliente: nell’esporre le
sue esigenze o il suo problema, egli utilizzerà il tipo di chunk che più gli si
addice, lo stesso che vorrebbe l’altro utilizzasse nell’esporre. Possiamo
riassumere questo concetto affermando che ” ognuno parla come vorrebbe
ascoltare ”.
3.4. Non si può non comunicare
A proposito di linguaggio, un’altro importante postulato della PNL è
“non si può non comunicare”: con questa affermazione Paul Watzlawick,
studioso del Mental Research Institute di Palo Alto in California, ha posto le
basi della moderna teoria della comunicazione: tutti assumiamo un qualche
comportamento, non esiste il “non comportamento”, e qualunque
comportamento è comunicazione.
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In ogni comunicazione c’è una componente di contenuto (il
“verbale”), ed una di relazione (il “paraverbale” e il “non verbale”). Alcuni
studiosi hanno appurato che generalmente nei primi minuti di conoscenza noi
percepiamo dal nostro interlocutore (e lui da noi) il 55% dei messaggi
provenienti dal “non verbale” (linguaggio del corpo, gestualità, postura,
mimica facciale ecc.), il 38% dei messaggi provenienti dal “paraverbale”
(tono, ritmo e pause della voce), il 7% dei messaggi provenienti dal
“verbale”(l’informazione).
Queste percentuali ovviamente possono cambiare a seconda del
contesto in cui ci troviamo.
In ogni caso in una relazione efficace, la comunicazione non verbale
e paraverbale hanno un peso non trascurabile. Si tratta di forme di
comunicazione immediata, spesso
assolutamente inconscia, ricca di espressività, è il “come” diciamo le cose
piuttosto di “cosa” diciamo. E’ una forma personalissima di linguaggio che
offre moltissime informazioni sulla mappa del soggetto che ci sta di fronte.
In quanto forma personalissima di linguaggio, i numerosi segnali con
cui si manifesta possono essere di difficile interpretazione. Ad esempio
un’espressione di incredulità può essere confusa con una di curiosità, un gesto
che sta per “ho capito”, potrebbe essere letto come “non mi interessa”.
Di qui la necessità per il venditore, per il quale è fondamentale
utilizzare tutti gli indicatori per orientare la comunicazione, di ricorrere ad una
strategia che consenta di associare a ciascuna espressione il relativo
significato: assumere il medesimo “non verbale” del cliente e verificare
eventuali cambiamenti nel proprio stato d’animo o eventuali intuizioni, può
essere di grande aiuto.
Esempio: se il cliente incrocia le braccia e guarda verso l’alto,
facendo noi lo stesso, potremmo percepire che non è disinteressato, ma che
sta semplicemente cercando di “visualizzare” ciò che gli stiamo proponendo.
Tale strategia in PNL prende il nome di “ricalco”, ed è una delle
tecniche più efficaci usate per influenzare il comportamento.
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3.5. Il ricalco
Il ricalco può definirsi come la“flessibilità” di andare incontro
all’altro nel suo modello del mondo, rispecchiare il linguaggio del corpo, il
tono di voce e le parole, rispettandone valori e credenze.
Ricalcare una persona significa stabilire con lei delle affinità, sia a
livello cosciente sia, cosa ancor più importante, inconsciamente. Nella misura
in cui ci adeguiamo al linguaggio verbale e non verbale di un altro, noi
ricalchiamo la sua esperienza. Se, ad esempio, “rispecchiamo” il
comportamento di chi è arrabbiato o turbato, noi riconosciamo ciò che per lui
è importante, cosicché non dovrà insistere sulla validità della sua esperienza e
si renderà maggiormente disponibile.
Nella vita di tutti i giorni ricalchiamo inconsapevolmente le persone
in modo del tutto naturale: qualunque rapporto umano, profondo o superficiale
che sia, implica un ricalco.
Nella vendita, creare un rapporto efficace dipende dalla nostra abilità
di ricalco nei confronti del potenziale cliente: immedesimarsi, capire come
pensa, come agisce, come
utilizza le informazioni, ci condurrà con successo al nostro obiettivo.
Spesso il venditore non chiude la trattativa in quanto utilizza nella
comunicazione il suo schema , anziché quello dell’acquirente, applicando
tecniche di coercizione che suscitano una risposta di lotta o di fuga. Il
venditore di successo non forza, non intimidisce, bensì “danza” con il cliente,
entra nel suo ritmo ai vari livelli di comunicazione. In questo modo si crea un
rapporto “empatico”, di identificazione emotiva, basato sulla fiducia
reciproca, da cui scaturisce feeling ovvero condivisione di emozioni e
sensazioni.
Tra i vari schemi di ricalco, particolarmente efficace è il “ricalco
emotivo”, che equivale al rispetto del sentimento. Ricalcare emotivamente
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qualcuno significa “riconosco il tuo stato d’animo”, “ti capisco”, “ti accetto”,
“ti rispetto”, “mi fido di te”, “io sono come te”. E’ sorprendente in questi casi
notare come l’interlocutore si apre rivelando confidenze che non avrebbe mai
rivelato in altre circostanze: questo permette di tarare l’approccio di vendita
per meglio soddisfare i bisogni e le aspettative del cliente, il quale di
conseguenza accetterà più facilmente la nostra proposta.
Nel caso di “ricalco della postura” (linguaggio del corpo), si parla
di “mirroring” o rispecchiamento. Qui la dimensione del rapporto consiste
dapprima in un ricalco consapevole dell’altro poi, con la pratica, si farà un
ricalco molto naturale fino al punto di ritrovarsi in una perfetta armonia fisica.
Come già accennato in precedenza, il ricalco della postura ci evita di cadere in
errore nella lettura del “non verbale” del cliente: infatti se non è possibile
“leggere” un determinato gesto o una certa smorfia, è possibile però provare
ad interpretarne il messaggio.
Un altro livello di ricalco che aiuta a stabilire un rapporto efficace, è
il ricalco del tono e del ritmo della voce. Sappiamo che sono aspetti che si
riferiscono al “come” esponiamo un concetto: abbiamo già detto che ognuno
di noi parla nello stesso modo con cui ci piace ascoltare gli altri, di
conseguenza ricalcare l’inflessione, la velocità, il tono ed il ritmo della voce,
che non significa ovviamente scimmiottare chi ci sta di fronte, può facilitare il
livello di comunicazione.
Fondamentale, inoltre, è il ricalco dei valori e delle credenze (delle
quali ci occuperemo in seguito). Esso implica innanzitutto saperli riconoscere,
prenderli in considerazione e prestare la massima attenzione nel non
calpestarli.
Nella vendita questo può essere a volte difficile: spesso infatti ci
ritroviamo ad interagire con persone talmente diverse da noi, al punto da
interrogarci se vogliamo veramente, e se ne vale la pena, dividere rapporti
d’affari con tali persone.
In situazioni di differenza di valori o di opinione diventa
fondamentale, più che in qualsiasi altro schema di ricalco, evitare l’uso di
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parole quali “però” o “ma”, in quanto negano completamente tutto ciò che è
stato affermato prima. Ad esempio, se sto vendendo un appartamento ad un
piano alto senza ascensore e dico “….capisco che lei vuole la comodità “ma”
in questo stabile si spende poco di spese condominiali per questo motivo….”,
io sminuisco irreparabilmente il punto di vista del cliente e riaffermo il mio,
entro in contrapposizione, genero incomprensione e diffidenza da parte del
cliente.
Si può esprimere comunque disapprovazione e far passare il
messaggio in maniera “soft” , ricorrendo alla congiunzione “e”. L’esempio di
prima diventerebbe “…capisco che ecc. ecc. , e proprio per questo che
l’acquisto di questo appartamento a condizioni che le faranno risparmiare
sulle spese di gestione potrebbe soddisfare le sue esigenze …...”.
Dunque il miglior modo per mantenere un rapporto al livello di
valori è “non muovere eccezioni” o, comunque, saperle gestire in modo da
non perdere mai il proprio punto di vista.
Un altro elemento che esula dal ricalco, ma che consente di lavorare
in armonia e stabilire un rapporto molto forte, è la “condivisione di
interessi”: quando ognuno di noi và a visitare l’abitazione del cliente per
farne una valutazione, e ci mettiamo ad osservare i vari dettagli (i quadri alle
pareti, le bacheche contenenti le medaglie della pesca, quelle delle bocce, il
tipo di arredamento, i vari oggetti, ecc…), ci permette di commentare con
particolare attenzione, ad esempio, un determinato hobby oppure di
condividere una certa abitudine. Ma se ci limitiamo semplicemente a fare
elogi e complimenti, come raccomandano le classiche strategie di vendita,
daremo probabilmente l’impressione dello stereotipo del venditore che cerca
di ingraziarsi il cliente, rischiando di ricevere risposte meccaniche ed
altrettanto stereotipate.
Sarà molto più efficace sviluppare l’abitudine di notare i vari
elementi che caratterizzano lo stile di vita del cliente, per poterli poi inserire
nelle varie domande e considerazioni che andremo a fare nell’ambito della
conversazione.
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3.6. La guida
Una volta stabilito un ricalco efficace, possiamo garbatamente
cominciare a guidare il cliente nella nuova esperienza, ovvero verso il nostro
obiettivo.
Una volta che ci siamo adeguati al modello del mondo che ha il cliente,
dobbiamo, come prima mossa efficace, cambiare il ricalco; se si è stabilito
un rapport abbastanza forte, il cliente ci seguirà in modo del tutto
inconsapevole e naturale.
4. EFFETTUARE LA TRATTATIVA
4.1. Identificazione dei bisogni
Cosa cerca il cliente? Qual è la molla che lo motiva all’acquisto di
qualcosa? Secondo lo psicologo americano Abraham Maslow , le persone si
muovono spinte dalla necessità o possibilità di soddisfare un bisogno.
Egli ha sviluppato un modello, detto “piramide di Maslow”, in base
al quale ha
evidenziato come l’uomo sia portato a soddisfare innanzitutto i bisogni
fisiologici, o bisogni primari (mangiare, bere ecc…), dopodiché cercherà di
soddisfare il bisogno di sicurezza (possedere una casa , trovare un lavoro),
vorrà quindi realizzare il bisogno di appartenenza ad un gruppo (la famiglia,
un ‘organizzazione sociale), infine si adopererà per sentirsi stimato, per
autoaffermarsi, per crescere.
Quindi diventa fondamentale durante la trattativa, dopo aver
“ascoltato” il cliente ricorrendo alle varie tecniche finora esposte e dopo
averne “decodificato” il comportamento, passare ad effettuare una serie di
domande dirette del tipo “chi”, “che cosa”, “come” ecc., volte ad
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individuare i bisogni del potenziale cliente: è la fase in cui il venditore
diventa un vero e proprio psicologo e consulente.
Se il venditore è un agente immobiliare, trattandosi nella fattispecie
di proporre una casa, farà leva assolutamente sul bisogno di sicurezza
descrivendo, ad esempio, come una casa oltre ad essere un ottimo
investimento con obiettivo di crescita del capitale, è anche un bene rifugio,
un bene primario, facendo leva sulla copertura della spesa proporrà la stipula
di un mutuo e di una polizza vita che ne garantirà la sicurezza dei propri
cari.
4.2. Identificazione degli schemi personali d’acquisto
E’ interessante mettere a fuoco alcuni di quelli che sono i principali
schemi abituali di acquisto delle persone, indicandone le strategie che ogni
venditore può mettere in atto per ciascuno di essi, sempre con lo scopo di
indirizzare la trattativa verso il proprio obiettivo.
Faccio dapprima una breve premessa: le nostre menti hanno dei
collegamenti estremamente sofisticati, con dei funzionamenti, di contro,
abbastanza semplici.
Da alcune ricerche effettuate nel 1950 dallo psicologo George
A.Miller, professore all’università di Harvard, è stato riconosciuto che le
persone possono prestare attenzione, a livello consapevole e in un certo arco
di tempo, fino a un numero massimo di variabili, che si colloca tra 5 e 9. Se
le variabili sono molte di più, noi le raggruppiamo in “pezzi di
informazioni” in modo da non superare i 9 pezzi (es. un numero telefonico
di 10 cifre, lo spezzettiamo in gruppi di due o tre cifre).
In altre parole noi tendiamo a schematizzare per facilitare la nostra
memoria. Quando diciamo che siamo esseri abitudinari, vogliamo dire che
siamo esseri che utilizzano schemi, poiché le abitudini sono costituite da
schemi e sono quindi prevedibili.
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In questa sede ci interessa sottolineare che il cliente utilizzerà uno
“schema d’acquisto” basato soprattutto sul modo con cui seleziona
mentalmente le informazioni. Se prendiamo l’esempio del famoso
“bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto”, alcuni selezionano e focalizzano
ciò che manca (bicchiere mezzo vuoto), altri ciò che è presente (bicchiere
mezzo pieno): la selezione mentale indica cioè il “come” viene organizzata
in schemi l’informazione disponibile.
Se un venditore è abile nel riconoscere lo schema mentale del
potenziale acquirente, sarà in grado di individuare i passaggi necessari
perché il cliente prenda una decisione, proporrà una soluzione in linea con lo
schema abituale del cliente, rafforzandone automaticamente il rapporto.
Ci sono diverse classificazioni di persone a seconda dei modi
utilizzati nella selezione mentale dell’informazione.
Nella vendita spesso troviamo individui che hanno la tendenza alla
“risposta polare”, reagiscono cioè esattamente nel modo opposto alla
reazione che noi cerchiamo di influenzare (es. se il venditore sostiene che
una certa soluzione è troppo cara, la reazione immediata sarà che il costo
non è un problema..). La strategia vincente sarà offrire loro una soluzione
opposta a quella che ci interessa.
Ci sono poi persone i cui schemi si basano su “assicurazioni del
passato” o sulle “possibilità del futuro”: i primi sono orientati verso scelte
già “provate nel passato”, i secondi badano di più alle “possibilità ancora da
provare”: nella vendita del prodotto casa sarà cura del consulente
immobiliare proporre, per esempio, nel primo caso un immobile con
capacità di rendita certa, perché in zone dove gli affitti sono molto richiesti,
mentre nel secondo caso si spingerà l’offerta verso una casa con possibilità
di incremento di valore percentuale più alto, facendo leva sul fatto che si
tratta di una nuova zona residenziale in via di maturazione sotto l’aspetto dei
valori immobiliari, ma con più alte possibilità di guadagno.
Inoltre può essere importante individuare se il potenziale cliente fa
parte di quelle persone maggiormente motivate a muoversi “lontano da” un
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determinato problema, o a muoversi “verso” il conseguimento di un
obiettivo. In quest’ultimo caso, un approccio su come evitare un possibile
problema sarà percepito in termini negativi, sarà opportuno invece discutere
in termini di come puntare dritti all’obiettivo. Viceversa, ovviamente, nel
primo caso.
4.3. Tecniche di persuasione: il Milton Model
Poiché siamo stati flessibili, abbiamo raccolto informazioni
prestando ascolto alle varie forme di linguaggio, abbiamo effettuato il
ricalco, abbiamo identificato i bisogni ed individuato i criteri su cui si
basano le decisioni di acquisto, abbiamo dunque stabilito un rapporto
efficace, possiamo passare all’obiettivo “vendita”, utilizzando alcuni fattori
di persuasione che ci consentono di guidare il cliente verso la chiusura della
trattativa (incarico di vendita e proposta d’acquisto).
Ogni venditore può avere ovviamente le sue tecniche di persuasione,
a seconda dell’abilità, o meno, nell’arte del convincimento. Ma esistono
delle tecniche cosiddette di “persuasione occulta”, che vale la pena di
considerare.
A ognuno di noi sarà capitato di osservare l’estensione del mare, ma
nessuno forse ha mai riflettuto sulla grandiosità che si estende al di sotto:
“ciò che è visibile in superficie può essere stupefacente, ma ciò che accade
in profondità, è ancora più importante e significativo” ed è su questo che
andremo a far leva.
Metaforicamente parlando vuol dire che dobbiamo accedere alle
risorse inconsce, all’emisfero irrazionale (la profondita’), usando un
linguaggio complesso che consente di distrarre la mente conscia, l’emisfero
razionale (la superficie): la PNL chiama questo tipo di linguaggio “Milton
Model”.
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Il Milton Model ha avuto origine dal modellamento che Bandler e
Grinder hanno svolto sull’uso vago del linguaggio, in cui era maestro Milton
Erickson.
Quest’ultimo è stato uno dei più famosi ipnoteraupeti del secolo
scorso. Egli sosteneva che ciò di cui ha bisogno un paziente per risolvere un
problema che non riesce a risolvere consapevolmente, si trova a livello
inconscio. Per cui dapprima effettuava il ricalco della persona, poi
descriveva l’esperienza sensoriale in corso usando un linguaggio vago e
generico, aperto a diverse interpretazioni, in modo da guidare l’individuo ad
addentrarsi nella propria realtà interiore.
Il M.M. è un modello di ambiguità linguistica, è, in pratica, un modo
di elaborare enunciati ricchi di cancellazioni, deformazioni e
generalizzazioni.
In quanto strumento di “ambiguità linguistica” è molto usato, ad
esempio, nella pubblicità, in politica, o nella elaborazione dell’oroscopo. In
questi casi infatti ci si rivolge ad una pluralità di individui, occorre pertanto
ricalcare più “mappe”, suggestionare e compiacere tutti, donde l’uso di un
linguaggio deliberatamente vago, indefinito, una struttura superficiale alla
quale ognuno darà un senso per andare poi in profondità.
Prima di esaminare l’applicazione del M.M. nella vendita , è bene
chiarire alcuni concetti.
Secondo la PNL, nell’uso del linguaggio verbale noi cancelliamo,
deformiamo e generalizziamo la nostra esperienza , cioè confondiamo le
parole con cui codifichiamo un’esperienza, con l’esperienza stessa, e
permettiamo loro di guidare le nostre azioni.
In realtà è possibile “far scorrere indietro” il linguaggio per risalire
all’esperienza, ricorrendo a tre modelli fondamentali. Con il metamodello
passiamo dalle parole alle esperienze che ne costituiscono il fondamento
utilizzando domande specifiche che consentono di attuare il processo a
ritroso (il passaggio dal generale al particolare è definito “chunk down”).
Con il Milton Model utilizziamo invece un linguaggio condiscendente e
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vago che consente ad ognuno di ricercare il significato più consono alla
propria esperienza
(il passaggio dal particolare al generale viene definito processo di “chunk
up”). Parliamo infine di “chunk laterale” quando paragoniamo
un’esperienza ad un’altra: è il caso delle metafore, similitudini, racconti.
Come applicare il Milton Model in una situazione di vendita?
Ricalcando e guidando l’esperienza osservabile e, soprattutto, inosservabile.
Si tratta di “incorporare delle suggestioni” nel modo di presentare un
prodotto o un servizio, in modo da influenzare la mente del potenziale
cliente e facilitare il processo di decisione.
Molto utile ed efficace si rivela il M.M. nell’ambito della categoria
delle “distorsioni”. Ad esempio nella lettura del pensiero (sono certo
che…, vi starete chiedendo se..ecc., dove presumo di sapere qualcosa),
nell’usare un presupposto mediante l’utilizzo di avverbi o aggettivi (…
quando pensa di…..?, ..è sempre interessato a….?, qui sposto l’attenzione
cosciente.). Ancora si può introdurre una causativa implicita (..mentre ti
ascolto potresti.., intanto che osservi scoprirai..) oppure una suggestione
causa-effetto (…se decidi di….vedrai che..), un’equivalenza complessa
(…comprare oggi questa casa…vuol dire sicurezza domani…).
Efficace è l’uso di domande effettuate mediante il ricorso a due o più
scelte alternative (preferisce incontrarci alle 15,00 o alle 18,00?… dispone
già della cifra o ricorre ad un mutuo…. preferisce avere assegni di piccolo
taglio o uno unico…. ). Un’attenzione speciale meritano “le domande e i
comandi nascosti (o incastrati)”: si tratta di domande o comandi racchiusi
all’interno di un contesto più ampio, in genere un’affermazione. Esempio:
“…potete fare un ottimo affare se decidete a breve…”, “…si deve capire
l’importanza di …”, “…mi chiedo quale sia il giusto prezzo …”ecc…
Il potere di questi “suggerimenti nascosti” consiste nel penetrare a
livello inconscio in modo invisibile, le persone rispondono alla domanda o
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al comando al di sotto del livello di consapevolezza, per cui si può guidare
dolcemente l’altra persona nella direzione che si vuole.
Il tono della voce e l’enfasi che diamo alla domanda o al comando,
sono molto importanti: è un buona idea, ad esempio, marcare il nome della
persona cui ci rivolgiamo. Infatti il proprio nome è il suono più dolce nel
nostro vocabolario: quando lo sentiamo pronunciare, ascoltiamo più
attentamente.
Anche le metafore posso essere estremamente coinvolgenti,
metafore, storie ed analogie, sono strumenti assai potenti nell’ambito della
trattativa, in quanto penetrano vividamente nell’immaginazione del cliente e
nel suo sistema di valori, consentono di operare collegamenti creativi tra due
eventi o esperienze, suscitando una suggestione indiretta che lascia passare
il messaggio in una forma “soft”, accettata inconsapevolmente
dall’interlocutore.
5. LA GESTIONE DELLE OBIEZIONI
5.1. L’ascolto attivo
E’ normale che nel corso della trattativa nascano delle obiezioni da
parte dei clienti, di fronte alle quali è opportuno rimanere aperti e costruttivi,
cercando di gestirle nel miglior modo possibile.
Quando viene avanzata un’obiezione, una strategia importante che ci
consente di mantenere alto il livello di comunicazione, è “l’ascolto attivo”:
se non ascolto non recepisco, “ascoltare” è un atto volontario, a differenza
del “sentire” che è involontario.
Il termine è sorto intorno agli anni Cinquanta, quando lo psicologo
Carl Rogers scrisse un articolo nel quale identificava quella che può essere
considerata la più grande barriera nella comunicazione efficace, e cioè la
tendenza a ”valutare” le idee di un’altra persona.
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“Ascoltare attivamente” significa invece non giudicare, guardare
con estrema attenzione l’interlocutore, non interromperlo, creare empatia
parlando con il corpo, con i gesti, capire come l’altro si sente, raggiungere la
sua struttura di riferimento riguardo a ciò di cui parla.
A tal fine può essere utile, di tanto in tanto, ripetere ciò che il cliente
ha detto per verificare di aver capito: in questo modo si sentirà più coinvolto
ed aggiungerà, ad esempio, altri particolari alla sua obiezione, consentendo
di raccogliere ulteriori informazioni.
In pratica con l’ascolto attivo “ricalchiamo” il cliente, impariamo a
vedere, ascoltare e sentire come lui vede, ascolta e sente.
A questo punto sarà più facile capire la natura delle obiezioni, e cioè
se si tratta di semplici richieste o di “false obiezioni”. Dietro una richiesta si
nasconde in genere la necessità di ulteriori informazioni (…può elencarmi le
caratteristiche…?.), oppure il bisogno di essere rassicurati (…forse questo
investimento non è adatto alle mie risorse non rientra nel mio budget…), o il
bisogno di autoaffermazione (… so quanto andrò a spendere con tutto quello
che c’è dietro…). Dietro le “false obiezioni” si nascondono, invece, le
credenze.
5.2. Le credenze
Le credenze riguardano il mondo delle idee, sono ciò che pensiamo
riguardo a qualcosa, rappresentano le nostre più profonde convinzioni.
Si formano accidentalmente nel corso della vita, a seconda del
significato che attribuiamo alle nostre esperienze, nascono durante
l’infanzia, in famiglia, a scuola , quando modelliamo(imitiamo) persone per
noi significative come i genitori, oppure in seguito ad un trauma o
turbamento.
Dalle credenze deriva il nostro comportamento, non vanno confuse
con i “fatti”, il fatto è un evento accaduto, una credenza è una
generalizzazione su qualcosa che potrebbe accadere. Alcune si basano su
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fatti legati, ad esempio, al mondo della fisica (il fuoco scotta, per cui
eviteremo di camminarci sopra), altre si traducono nella definizione
linguistica di una parte della nostra percezione del mondo, si definiscono
come “ciò che si ritiene vero o falso” e sono quelle che interessano la PNL.
Si parla di “credenze potenzianti”, quando sono di supporto (es. …
se mi alleno posso vincere.. ….se ci parlo con convinzione posso
farcela…..), e di “credenze limitanti” quando arrecano danno ( es. …non
sono portato per la vendita, quindi non chiuderò mai un contratto..): forse
entrambe le categorie danno, in qualche modo, senso e coerenza alle nostre
esperienze.
Come riconoscerle? Esse attengono alla “struttura superficiale” del
linguaggio, al modo con cui ci esprimiamo, possiamo quindi riconoscerle
ponendo attenzione all’uso di determinate locuzioni verbali, usate molto
frequentemente in modo inconsapevole dalla maggioranza delle persone.
Per poter raggiungere il nostro obiettivo, noi dobbiamo recuperare,
come già sappiamo, la “struttura profonda”, che rappresenta la più
completa rappresentazione linguistica che si possa avere di un pensiero,
come il pensiero dovrebbe essere elaborato, quello che davvero si vorrebbe
dire.
Uno strumento assai efficace a tal proposito sono le “domande
metamodello”, strumento base della PNL. Si tratta di domande specifiche
che consentono di esplorare la mappa del cliente, di raggiungere la “struttura
profonda” dell’obiezione, di raccogliere nuove informazioni guidando
l’interlocutore verso il recupero di “risorse”, ossia di quegli aspetti
dell’esperienza che sono stati cancellati, generalizzati o distorti.
5.3. Il metamodello
Il metamodello (dal greco “meta”=”oltre”, andare “oltre il
modello”), concetto sviluppato in PNL da Bandler e Grinder nel 1975, non è
altro che l’insieme di “domande chiave”, cui abbiamo poc’anzi fatto
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riferimento, che consentono di passare dalle parole alle specifiche
esperienze personali, mediante un processo a ritroso.
E’ un modello di “precisione linguistica” perfettamente speculare,
come accennato in precedenza, al Milton Model, strumento di “ambiguità
linguistica”: l’uno e l’altro vengono utilizzati per focalizzare l’esperienza ,
al di là delle parole.
Spesso accade, quando ascoltiamo un persona, che per indagare sul
significato nascosto di ciò che sta dicendo, usiamo il “Perché?”. Questo tipo
di richiesta può costituire una potenziale barriera per una comunicazione
efficace, ad esempio domande del tipo ”perché non mangi?”, “perché sei
arrabbiato?”, “perché l’hai fatto?”, soprattutto se accompagnate da un certo
tono , possono essere intimidatorie e generare un comportamento difensivo,
oltre che “aprire” una serie infinita di risposte.
Diverso è un approccio del tipo “..riguardo a cosa…?”, “..in che
senso ?”, “..cosa ti impedisce di...?”, “..cosa succederebbe se…?”,
domande specifiche che “chiudono”, portano l’ interlocutore a ripensare
alla propria esperienza e ad esprimere con maggior precisione ciò che vuole
dire.
Il genere di domanda da porre dipenderà se, dal contesto
dell’obiezione, evidenziamo una cancellazione, una generalizzazione o una
deformazione, i tre meccanismi, più volte citati, che traducono l’esperienza
in linguaggio.
Nella cancellazione viene omesso inconsapevolmente qualcosa. Tra
le forme linguistiche che la caratterizzano ci sono“nomi e verbi non
specifici” (es. “..è stato bello”, “..sono arrabbiato”ecc., la domanda è “..cosa
specificamente è stato…?”., o “…chi specificamente ..?”), i “paragoni”(
“questo appartamento è troppo caro…”, domanda metamodello “…troppo
caro rispetto a cosa….?”), i “giudizi” (“..sicuramente è la soluzione
migliore….”, domanda “….chi dice che……?”).
Le generalizzazioni limitano e semplificano la nostra visione del
mondo, per esempio: “… siete tutti uguali voi delle agenzie immobiliari ....
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”, “…mi capita sempre di dimenticare…”, “…non riuscirò mai a comprare
una casa…”, ecc.., le parole “tutti, mai, sempre”, si definiscono
“quantificatori universali” in quanto non ammettono eccezioni, la
domanda sarà “…proprio tutti..?, ..proprio mai..?). Gli “operatori modali”
sono invece i vari “devo, non devo, non posso, bisogna, ecc “, qui
vengono cancellate le cause che obbligano o impediscono. Esempio: “..devo
assolutamente superare l’esame..”, “…non posso permettermi una
vacanza…”, la domanda per recuperare l’informazione sarà: “..cosa
succederebbe se..?”, oppure “..cosa ti impedisce di…?”.
Le distorsioni sono forse le più frequenti, meritano un cenno la
“lettura del pensiero”(“..so che sei triste perché…”, “..so che in questo
momento vorresti partire, ma..”, domanda metamodello.. “..come sai
che..?”), “l’equivalenza complessa”(..es. “…fare sport significa essere
sani..”, “..non mi ascolti quindi non ti interessa…”, domanda “..come questo
significa quello?..”), la locuzione “causa-effetto”(“…se studi, sarai
promosso”…, “..se mangi, cresci..”, domanda “..come questo causa
quello?..”)
Il metamodello ci consente di “ristrutturare” l’obiezione, cioè la
credenza della persona che abbiamo di fronte. Ristrutturare significa
cambiare prospettiva, proporre un nuovo punto di vista dal quale analizzare
la medesima situazione.
La ristrutturazione si basa su due presupposti fondamentali. Il
primo è che in ogni comportamento c’è l’intenzione di ottenere qualcosa di
positivo per sé: in questa ottica non esiste la persona cattiva o stupida,
semplicemente ognuno farà la scelta migliore tra quelle a disposizione. Il
secondo presupposto è che esistono sempre modi alternativi per ottenere ciò
che si vuole, basta cercare.
Quindi ciò che un bravo consulente o, nella fattispecie, un
consulente-agente immobiliare dovrebbe fare nel ristrutturare l’obiezione, è
cercare di capire cosa vuole ottenere il cliente e guidarlo nel cercare, se è il
caso, le diverse soluzioni alternative. E’ curioso osservare come molto
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spesso, in caso di ristrutturazione ben riuscita, le persone rimangono
attonite, si accorgono di essere cambiate, si sentono in qualche modo
diverse, ma non riescono a mettere a fuoco come è successo e perché.
6. CHIUSURA DELLA TRATTATIVA
6.1. Il “feedback”
Come possiamo verificare se il cambiamento ingenerato nell’
interlocutore, per mezzo delle tecniche finora esposte, sia quello desiderato?
E cioè come capire se stiamo andando verso la giusta direzione? Rivolgendo
la massima attenzione alla “risposta” del potenziale cliente.
“Il risultato conta più dell’intenzione”, pilastro base della PNL che
ci insegna come il significato della comunicazione sta innanzitutto nella
risposta che si riceve, risposta che può ovviamente, e il più delle volte,
essere diversa da ciò che intendevamo. Questo non vuol dire aver fallito, in
PNL vige il principio che non esiste fallimento, ma solo responsi, feedback.
“Feedback” vuol dire letteralmente “retroazione”, “risposta” che un
individuo dà ad una domanda o ad un comportamento.
Se recepiamo un comportamento di “resistenza” da parte del nostro
cliente, il problema è nostro, siamo noi i responsabili della nostra
comunicazione, il cliente “resiste” a qualcosa che abbiamo detto o fatto. Di
qui la necessità di osservare attentamente i “risultati” che man mano si
riscontrano nel corso della conversazione, per essere pronti a cambiare
strategia o “linguaggio” con la massima flessibilità.
E’ chiaro che se abbiamo ricalcato efficacemente l’altra persona e,
come accennato in precedenza, ristrutturato una credenza in modo efficace,
incontreremo resistenze minime, o addirittura nulle, per cui potremo
“guidare” il cliente verso la chiusura della trattativa.
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6.2. Conclusioni
Il momento della chiusura è, in realtà, quello che genera più ansia al
venditore. E’ il momento della resa dei conti, il momento della verifica del
nostro operato: un “feedback” diverso da quello atteso potrebbe mettere in
discussione tutta la nostra abilità , intaccare la nostra autostima in senso
negativo e, se rimaniamo rigidi, potremmo addirittura identificare una “non
chiusura” con un vero e proprio fallimento. Poiché sappiamo che non esiste
fallimento ma solo “risultati”, dovremo per così dire “aggiustare il tiro” al
fine di evitare risposte inaspettate.
Innanzitutto è fondamentale fissare bene in mente che la vendita non
è una scienza, non è matematica, sarebbe ingenuo pensare che tutte le
strategie fin qui ampiamente trattate, possano condurre sicuramente alla
chiusura di un contratto: è opportuno probabilmente paragonarle ad
un’insieme di ingredienti che, se ben dosati, consentono di raggiungere un
risultato eccellente. Il suggerimento è di “assaggiarne” uno alla volta:
quando avremo fatto nostro il “sapore” di ciascuno (con la pratica, pratica,
pratica!), passeremo all’ingrediente successivo.
Possiamo semmai affermare che la vendita è un’arte e la chiusura
costituisce, probabilmente, la parte più creativa, meno razionale dell’intero
processo. E’ la fase in cui ciascun venditore, soprattutto in caso di difficoltà,
deve dare maggior spazio alla fantasia inventando qualcosa di nuovo, può ad
esempio “metacomunicare” rompendo gli schemi e proponendosi in modo
del tutto diverso da come si è proposto fino a quel momento, in modo da
“dribblare” eventuali nuove resistenze e guidare nuovamente il cliente verso
la tanto sospirata chiusura.
Poiché le persone sono diverse, ognuna ha la propria identità, la
propria mappa, le proprie credenze, i propri bisogni, le proprie motivazioni,
possiamo decisamente concludere affermando che ogni trattativa è un
evento unico ed irripetibile così come ogni rapporto, qualunque ne sia la
natura, ha la sua storia.
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