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    Maria Sciolis e Graziella Ponis

    PLOSTINEUNESPERIENZA DI SCUOLA E DI VITAGennaiofebbraio 1986

    con una breve introduzione e alcune note diGianluigi Secco

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    INDICE

    - Introduzioni pag. 03- Nota sulla trascrizione pag. 06- Larrivo pag. 08- Il nonno pag. 08

    - Le donne e i giovani pag. 10- I soprannomi pag. 12- Kuhenovo selo, poi Plostine pag. 14- La gnapa pag. 19- I mattoni pag. 19- Canzoni:

    Al marsolin de i fori pag. 20La bela Imbruneta pag. 21La bela Violeta pag. 21Bandiera pag. 22

    - Le feste da ballo pag. 23

    - La Tv di Capodistria pag. 24- La neve pag. 27- Campo del Capitano pag. 28- La recita pag. 29- La sagra di Obre pag. 30- La fiera di Gaj pag. 31- Lambulatorio pag. 32- I giovani e la primavera pag. 33- El fil pag. 34- La sagra de maio pag. 34- I cognomi pag. 35- La collaborazione

    tra la CI diPlotine-Plostinecon lUIIF e lUPT pag. 36

    - I cibi pag. 37- Lultimo di carnevale pag. 39- La famiglia

    e gli amici dellingegner Menegon pag. 41- La Commissione scolastica dellUIIF pag. 44- A Plotine-Plostine pag. 45

    Glossario pag. 50

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    QUANTO PICCOLO IL MONDOintroduzione al volume

    Da anni ho lopportunit e la volonta di girare per il mondo in cerca di cose sconosciute ma anchedi memorie perdute ancora superstiti nelle numerosissime schiere dei discendenti dei nostri emigrati

    ovunque nel mondo. In questo peregrinare, ho incontrato per la prima volta alcune comunit italianedella Slavonia e della Moslavina (in particolare Plostine, Kutina e Ceglenica) una decina di anni orsono, sollecitato dal rifermentare del dialogo tra i bellunesi e i loro parenti italo-croati a causa delletristi vicende della guerra interna allex Jugoslavia che proprio in quelle zone visse un tragicoconfronto e che acu la sensibilit e disponibilit di supporto verso coloro che pi si sentivanoinsicuri. La vicenda della nostra emigrazione in quelle zone era peraltro gi stata riportata alla lucein precedenza grazie alla solerzia dellAssociazione Bellunesi nel mondo e a un bel volume suPlostine scritto da Giuseppe De Vecchi nel 1987, illustrato da straordinarie immagini fotografiche1.Cos raggiunsi le menzionate regioni raccogliendo parecchie testimonianze in video sulle diverseesperienze di quelle Comunit che peraltro apparivano coese e abbastanza ben organizzate2.Successivamente la presenza di paesani di ritorno dallAlta Croazia, specie quella giovanile, si

    fatta abbastanza consistente, cos da rendere familiare, da noi, la vicenda in un pi ampio sensolocale. Questa saga trov eco anche in una tesi di Mariantonia Brustolin successivamente edita involume nel 19973.Con queste premesse, si pu capire come abbia ritenuto fatale lessere venuto in possesso, tramitelamico Vlado Benussi, rovignese, del diario manoscritto di Maria Sciolis e Graziella Ponis sullaloro esperienza scolastica fatta a Plostine nel 1986.Del loro diario mi ha colpito particolarmente la ricchezza del rapporto con la gente di Plostine e laritualit dei molti eventi tradizionali che, nella loro essenza di segno e significato, punteggiavanoquesta ricchezza. Perci mi sono rivolto alle Autrici pregandole di consentire la pubblicazione dellaloro straordinaria esperienza da porre in sinergia con un multimediale che raccoglie ed esemplificain viva voce quanto da esse narrato. Ci che esse hanno scritto, io ho infatti registrato4 senza sapere

    luno dellaltre. Queste testimonianze incrociate assumono cos una veste pi consistente e dannomodo di meglio valutare lessenza, la persistenza e limportanza dei valori tradizionali nelleComunit paesane rurali degli italiani in Alta Croazia. Non solo: molte riflessioni ci vengonosuggerite in relazione al nuovo mondo che appare ormai immerso in una globalizzazionegaloppante. Le esperienze marginali di queste nostre genti, caratterizzate dalla lentezza-saggezzadel loro aprirsi al mondo del consumo scriteriato e dalla diffidenza di lasciare il mondo dei

    patriarchi e della famiglia per quello dei single e della prioritaria personale indipendenza, sembracontinuamente sollecitarci a non trascurare le nostre radici. lo stesso grido che le Autricisembrano rccogliere e lanciare come sintesi della loro straordinaria esperienza che attraverso le loro

    parole, mi auguro raggiunga i nostri lettore.

    Settembre 2005Gianluigi Secco

    1 Giuseppe De Vecchi, Plostine, Belluno, Quaderni della Cassa di Risparmio di Verona, Vicenza e Belluno, GraficheAZ Verona, 1987.2Come compagno di viaggio ebbi lamico giornalista Ivano Pocchiesa che pure collabor alle attivit fatte nel corsodella visita. Il mio intento era allora ricavare del materiale sulle tradizioni popolari da utilizzare nella trasmissionetelevisiva A marenda coi Belumat che,dall89 (pur iniziata con nome diverso), porta sugli schermi triveneti (Antennatre), per tutto linverno, una rubrica televisiva incentrata sulla cultura popolare (nGS).3 Mariantonia Brustolin,Italiani o Croati: storia di una migrazione, Rasai (BL), Tipolitografia DBS, 1997 (nGS).4 Si tratta di una quarantina di canti popolari tra sacri e profani, di orazioni e interviste sulle vicende personali e sulletradizioni popolari registrati sia in audio che in video. Molti di questi, come pure il presente diario, sono visibili ininternet al sito www.soraimar.it, nellArchivio SORAIMARC della cultura tradizionale, ricercando, nella voceLocalit e digitando Plostine (o Croazia o Celenica) (nGS).

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    introduzione al CD allegato

    I proprietari dei beni nobili di Lipik o Torany, entrambi appartenenti al distretto di Pakraz, siposero d'accordo allo scopo di dividere i loro due beni in piccole frazioni di circa 8-10 jugeri persingole famiglie, e ci per il motivo di popolare quei dintorni scarsi di abitanti. Ogni famiglia purndere utilissima la sua frazione di terreno non solo per s medesima, ma ben anche per i

    successivi acquirenti.I due beni sopra accennati sono situati in 6 comuni locali, rispettivamente steurali completamentecommassati e riportati nelle mappe catastali e nei libri tavolari, per cui ogni compratore ottieneuna carta parziale del suo possesso che pu far riportare nel libro fondiario in base al suo"contratto di compr.ita.Siccome il regio governo ungherese pone molto interesse ad aumentare la popolazione del paese,egli per ci che i terreni divisi in tal modo, qualora 50 simili possessori formino un nuovovillaggio, godono i1 favore della totale esenzione dalle imposte per 15 anni sui terreni boschiviridotti a campi, mentre tutti i fondi gi coltivati godono per sei anni l' esenzione dalle imposte. Gliattuali proprietari sono intenzionati di formare villaggi del tutto nuovi, popolati da quella genteitaliana si favorevolmente nota per la sua laboriosit, ed offrono quindi la seguento descrjzione dei

    menzionati loro beni. Tutti i terreni, campi e praterie, nonch i boschi, lo belle pianure e leondulanti e graziose colline, situate sotto un angolo di 18 gradi, sono coltivabili con grandeprofitto pei migliori vini, ottime frutta di ogni qualit, frumento, grano turco, fieno, trifoglio, rapeed ogni altra qualit d erbaggi, ed i raccolti di questi campi offrono tanto pi buoni guadagni

    perch trovano sollecito smercio nei prossimi mercati. Rinomatissimo , nella Slavonia,l'allevamento degli animali suini, per l'abbondanza delle ghiande che danno loro un ottimo pasto,nonch per i boschi che, ad eccezione di quasi due mesi soltanto, offrono, con tempi regolari, imigliori pascoli agli animali cornuti, alle pecore, ed anche per l'allevamento dei cavalli. Siccome

    sta molto a cuore dei proprietari che i Villaggi siano piantati regolarmente e bene e checorrispondano a tutte le condizioni richieste dalla pratica costruzione e che servano allacolonizzazione agraria, cos verr assegnato ai medesimi gratuitamento tutto il legname da

    costruzione dai vicini boschi di quercia, e sar pur facile listituire ovunque delle fornaci per lafabbrica dei mattoni, come pure ritirare dalla prossima citt di Pakraz le necessarie pietre performarne colla massima facilit la calcina.I primi compratori ricevono le particelle di 8-10 jugeri di terreno, consistente in bosco, campi epraterie a 40 fior. il jugero con 1600 klafter [ ] di misura ed il compratore dovr pagare, a contodel prezzo dacquisto di fior. 320 per 8 Jugeri, soltanto fior. 100, mentre pu rimanere debitore delresto del prezzo dacquisto di fior. 220, da pagarsi in 5 eguali rate con interesse del 6%. Affinch

    sia corrisposto razionalmente a tutti i bisogni dei nuovi villaggi da impiantarsi, nostro desiderioche oltre ad agricoltori vi concorrano pi artieri e professionisti di ogni genere, e ci nelvicendevole interesse di tutti, tanto pi che gli artieri e professionisti su menzionati possono trovarenel paese stesso molteplici occupazioni benissimo rimunerate. Gli operai maggiormente desiderati

    sono: muratori, falegnami, legnajoli, fabbri, magnani, fabbricatori di carri, sellaj, bottaj, sarti,calzolaj, mugnaj, nonch fabbricatori di mattoni e di calcina e servi per i molini. Ognuno che

    s'insinua in qualit di compratore deve munirsi di passaporto e sar nostra cura, qualora sidispongano a venire in queste parti parecchie famiglie, di procuraro loro delle considerevoli

    facilitazioni sulle strade ferrate austriache, come pure ogni possibile istruzione e delucidazione perfacilitare ad esse la propria impresa, che non pu a meno di riuscire utile e proficua a tutti ipartecipanti. La prossima (pi vicina) stazione ferroviaria Sissek. Sar opportuno di servirsi delseguente indirizzo: Gutbesitz Lipik, Badeort in Slavonien. Vi pure col ufficio postale ed ufficiotelegrafico.Gutbesitz Lipik u. Torany, il 26 dicembre 1879.

    Fhilip Stein Josef Reiser

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    Il documento sopra riportato la lettera con cui i proprietari di questi terreni in Slavonia avviaronola campagna di popolamento di quei territori con la trasformazione di parte di essi da bosco aterreno agricolo. Laffare, ancorch economico, aveva risvolti politici tesi a inserire in quella fasciaterritoriale, appartenente allora allImpero Austro-ungarico, popolazioni centro europee (con gliItaliani anche Cechi e Ungheresi) a frenare la costante spinta verso nord e nord-est di altra gente

    provenienti dai Balcani. Le condizioni, sulla carta assai appetibili, mossero parecchie famiglie

    nostrane a migrare in quelle terre, quasi esse fossero una alternativa alla parallela offertaproveniente dalle Americhe. Non a caso, tra gli italiani-croati se ne trovano alcuni i cui avi fecero ladoppia esperienza. Resta il fatto che in pochi anni la memoria della loro partenza fu quasi del tuttodimenticata; come fossero stati assorbiti da quella stessa terra che, con grandi fatiche, essi avevanonel frattempo comperata e resa produttiva, almeno per le necessit di sopravvivenza. Gi, perch ilmestiere di contadino, con poca terra e senza i moderni mezzi ausiliari - buono solo per nonmorir di fame e non si corre tanto lontani. Tuttavia esso consent uno sviluppo sociale abbastanzaarmonico basato sulla tradizione della famiglia patriarcale sostenuto fortemente dalla componentedi solidariet etnica. Il paese di Plostine forse quello pi emblematico di questo fenomeno anchese ve ne sono altri, in zona, che vantano similare storia, con legami spesso diretti per via di

    parentele o discendenze. Per maggiori ragguagli sul tema si consultino i volumi di G. De Vecchi,

    Plostina, Belluno 1987 e Mariantonia Brustolin, Taliani o Croati, Belluno 1997, oltre beninteso,questo CD ed il libro elettronico che contiene. Noi, infatti, abbiamo deciso di raccontare la storia diPlostina attraverso alcuni dei suoi protagonisti, abitanti in quel luogo della nascita o pervenuti al

    paese per eventi straordinari come nel caso delle due maestre istriane Graziella Ponis e MariaSciolis che raccontano la loro esperienza in uno straordinario Diario. I canti e le interviste da meraccolte (1987-2005) si integrano perfettamente con il vissuto di tutti questi attori consentendo,credo, di fissare una storia del paese essenziale ma veritiera, soprattutto piena di umanit e di unasaggezza che potrebbe ancora insegnare tanto al forsennato modo di vivere delloccidente moderno.Peccato solo che i giovani non siano rimasti attaccati alla terra e risultino a loro volta, quasi tutti,emigrati altrove e, molti, tornati ai paesi degli avi. Plostine oggi un borgo di mattoni, di vecchie di campi tanto faticati e sempre pi incolti : tuttatera par gnnt, come mi diceva la Maria.

    Gianluigi Secco, settembre 2005

    Il documento, firmato il 26 dicembre 1879. Da Fhilip Stein e Josef Reiser, conservato pressolArchivio Statale di Zagabria(H.D.A.- U.O.I.V., SVEI. 11-2-K.BR.5746/1880- BROJ 27204/1880, KUT.388)

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    VALORI FONETICIper la parte in talian

    Per quanto riguarda la grafia dei testi, si deciso di tentare una minima uniformazione chetiene conto anche delle esigenze della messa in internet.

    o Per le vocali, si sono distinte laoe lae, aperte e chiuse, rispettivamente con l'accento

    grave (,) e acuto (, ) solo nei casi ritenuti pi evidenti e discosti dalla parlatacomune.o Per le consonanti si distinta las ()sonora o dolce, come in rosa, adottando il

    segno per distinguerla dallassorda, come in morso, rappresentata con la sdelcarattere normale

    o Con sc si voluto indicare la pronuncia di s sorda seguita dalla c palatale; adesempio, mascio, per maschio; viscio, per vischio.

    o Non si sono raddoppiate le consonanti se non quando supposte realmentepronunciate, anche nelle versioni italianizzate.

    o Si anche deciso anche di non utilizzare i segni dapostrofo o altra elisione cheappesantivano molto limmagine recando pi confusione che aiuto alla lettura.

    o Non si usato il segno h ad inizio o fine parola, se non quando il suono corrisponderealmente ad una aspirazione.

    NOTEo Le note integrative curate da Gianluigi Secco sono indicate con (nGS)

    o NellArchivio Soraimarc al sito www.soraimar.it , ci sono molti documenti in audioe video su Plostine con interviste e canti (cerca per localitPlostine).

    http://www.soraimar.it/
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    Maria Sciolis e Graziella Ponis

    PLOSTINEUNESPERIENZA DI SCUOLA E DI VITA

    Gennaiofebbraio 1986

    Nella Croazia nord-orientale, tra i fiumi Sava e Drava, ai confini proprio con lUngheria, si estendela Slavonia, spesso definita granaio della Croazia. La regione interessante trovandosi a far da

    ponte tra la Slovenia e la Voivodina, confinando a sud con la Bosnia e a nord con lUngheria.Forse etnicamente riflette ci che era limpero Austro-Ungarico: un corollario multicolore di popoli,lingue, religioni. Numerosi sono i gruppi etnici che vivendo l hanno mantenuto, integra per quanto

    possibile, la propria lingua e le proprie tradizioni: Cechi, Boemi, Ungheresi, Tedeschi, Italiani.Gli Italiani, Taliani vivono soprattutto nel paese di Plotine-Plostine, situato tra le cittadine diPakrac e Lipik. Questanno, grazie allimportante collaborazione di due enti, lUIIF5e lUPT6, conlaComunit degli Italiani di Plotine-Plostinee il Comune di Pakrac dal 18 gennaio al 15 febbraio. stato possibile realizzare il primo corso di lingua italiana. Il mese trascorso con i nostriconnazionali estato particolarmente significativo sia dal punto di vista umano sia per la riccaesperienza pedagogico didattica.Riportiamo qui i nostri ricordi, emozioni ed esperienze, per condividerli e al fine di rendere

    partecipi, a chi ci vorr prestare un po di attenzione, di quella realta che si chiamaPlotine-Plostine. Ringraziamo tutti coloro che hanno contribuito a rendere operante il primo corso,sperando profondamente che questa non sia unesperienza isolata, ma che la collaborazione abbiauna continuit anche in vista delle giovani generazioni.

    Maria Sciolis e Graziella PonisOttobre 1986

    5UIIF Unione degli Italiani dellIstria e di Fiume.6UPT Universita Popolare di Trieste.

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    Larrivo

    La prima impressione? Non la ricordo, poich molteplici furono le sensazioni immediate.Il viaggio era arrivato alla fine: chiusa lultima portiera del furgoncino dellUPT mentre il professorSattler ci rivolgeva dei cenni di saluto con la mano, e Giuricin, il segretario dellUIIF, ci stavadicendo ancora qualche cosa, il signor Machnich suon il clacson. Soltanto allora ci rendemmo

    conto che eravamo l e che l ci saremmo rimaste, nel bene o nel male, un mese, 30 lunghi giorni.Dalle quindici, ora dellarrivo, alle venti, ne erano passate delle ore! ma tanta era la confusionenella mia mente che non avevo capito nulla di quella gente, di quella famiglia e di quella tabella bi-lingue, ad indicare il nome del paese, l in Slavonia,!Una ventina di giorni prima non conoscevamo neppure lesistenza di Plotine-Plostine.Cera stato un bando di concorso al quale avevamo aderito: lidea ci piacque subito.Fui felice nel sapere che saremmo state in due. Graziella Ponis di Capodistria non la conoscevo,anzi avevo unpo di timore, paura quasi di vivere assieme, in simbiosi, per trenta giorni; ma gi aFiume, lotto gennaio, capii che Graziella ed io saremmo divenute amiche e gli amici possonosuperare qualsiasi difficolt.Ci eravamo prefisse di tenere un diario dettagliato degli avvenimenti ma, se la cosa stata possibile

    per i primi quattro giorni, in seguito... siamo vissute a Plotine-Plostine, abbiamo cercato di viverecome quei nostri connazionali per capirli, imparare e svolgere il nostro compito di insegnanti.Il vivere in famiglia ci ha senza dubbio facilitato il lavoro.

    Il nonno

    Ammiro questa gente rude, semplice, schietta e tanto umana. Lottuagenario (86 anni) nonnoSilvestro ha allietato parecchie ore con i suoi racconti interrotti da brevi conati di tosse o dai suoi:No me pense, porco mostro, no me ricorde p, se demntega7, oppure: Eco, s, ma no mericorde, no me sovin.8La mamma di nonno Silvestro era giunta su quelle rive(pendii) della Slavonia, nellaPiccola Italia,(cos Plotine-Plostine veniva chiamata dagli altri abitanti di quei luoghi), verso la fine del 1800, da

    Progna(Provagna), quando il bano Dragutin, conte Khuen Hedervary, aveva lanciato un appelload una dozzina di famiglie del Bellunese, affinch andassero a lavorare le sue terre incolte. Le

    prime famiglie erano arrivate con lacorsa(treno) fino a Sisak, altre in seguito facendo il viaggio apiedi e portando tutti i propri averi in spalla, nelle gerle.Nonno Silvestro parco quando parla di s, e delinea pressappoco cos la sua storia:Tut canbia! Di ani de militar... serv kralj Petar9 e lAustria Ugarska10; son stat aValjevo... artilieria. De militar son torn nel vintidi. Me son spo nel 1923. La dona, la mia Eva,la nata qua, in questa caa. Ernsi tuti in familia, su de Ernesto, rente la scola. Nel vintisincue l

    mort me pare: iernsi in diciasete in famiglia; mort me pare, el timon no l p. Iernsi in tre fratelispoati e due sorele. Nel vintiquatro l era nato el me fio p vechio, Ernesto. La me fmena la avevai frateli in America, l era el tempo che el Canada ciameva omi per lavorare. Semo in sete del

    paee andati.

    7Non ricordo, porco mostro, non ricordo pi, si dimentica (nGS).8 Ecco, so ma non rammento, non mi sovviene. (nGS).9 Voce serbo-croata, re Pietro.10 Voce serbo-croata, Ungheria.

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    Un mio cugn me mand i soldi; lu l and in America da giovane, 17-18 ani e l era gran rico.El cogn l m scrit: Non st and su le farme11 quando barcar de l bastimento! Son and aWindsor arente Detroit. L l era due, tre familie de i nostri. L stat el secondo giorno el telefon e l venuto a trovarme. Mee de marso, lavoro no l era: ci, ciapa, vivi fin che te ciaperlavoro! Era italiani tuti richi... I Merli i aveva bastimenti si, camini. L era una contrada tutade fameie taliane.. i lavoranti ne le firme12, tuti, era taliani...

    ciap lavoro soto la firma taliana Colauti: due frateli, tuti de la provincia de Udine, furlani,brava iente! I lavori p sfadigoi i Englei no li faeva... tuti i lavori pi sfadigoi e pericoloi cheera, a far asfaltirar13 le strade provinciali, tneli, fabricati e fornai tute a machina... Toni Colautie so fradel Ioani. Ioani l aveva 50 ani e l era de spoarse e i lo ciameva Zincuantin!14

    Le ultime parole sono accompagnate da un sorriso e da un breve silenzio. A casa torn pi volte neitre anni e mezzo, perch l cera la sua fmenaed un figlio ad attenderlo. Quando infine decise cheera tempo di ristabilirsi a Plotine-Plostine aveva due figli, un po di denaro e una tosse che lotormenta ancora.

    Il viaggio di ritorno lo fece con la nave: America - Le Havre e poi con la corsa. Con il gruzzolo

    guadagnato oltremare ...avemo cronp qua i caamenti e la tera. Vegnesti de l Canada, unacamera l era tut... con el fio pi vecio e Olga. El fradel de mia molie che viveva qui, no l se catea.Dice: Scolta cogn, votu cronpare da mi che vende? L, l me mare che la vol ben a Eva e quandoche la more te resta tut parla co la mlie. L stata contenta, la mama: (l av) gran piacer chevegnn qua. L era el 1930...15

    Spero mi scuser il poeta se gli combino un pasticcio:E quando tacque si lasci pensosodi pensieri pi forti e pi soavi...... Sentia nellanimo la dolcezza amarade canti uditi da fanciullo: il core,che da voce domestica glimpara,

    ce li ripete i giorni del dolore:un pensiero mesto della madre cara,un desiderio di pace e damore...(G. Giusti)

    11Voce dallinglese,farm, dialettizzata infarme, azienda agricola(nGS)12 Voce corrente tedesca per azienda(nGS).13 Daasfaltar, sfaltar, dialettale di asfaltare, leggermente storpiato.14Tutto cambia! Due anni da militare... ho servito Re Pietro e lAustriaUngheria; sono stato a Valjevo... in artiglieria.Da militare son tornato nel ventidue. Mi sono sposato nel 1923. La mia donna, Eva, nata qua, in questa casa. Eravamo

    tutti in famiglia, su da Ernesto, vicino alla scuola. Nel venticinque morto mio padre; eravamo in diciassette infamiglia. Morto mio padre, ci macato il timone, la guida. Eravamo in tre fratelli sposati e due sorelle. Nel ventiquattroera nato mio figlio, il pi vecchio, Ernesto. Mia moglie aveva i fratelli in America; allora il Canada richiedeva uominida lavoro. Siamo partiti in sette dal paese.Un mio cognato mi ha mandato i soldi; lui era andato in America da giovane, a 17-18 ani ed era diventato ben ricco. Miha scritto: non impiegatevi nelle farmequando sbarcherete dal bastimento! Sono andato a Windsor, vicino a Detroit. Lcerano due, tre famiglie dei nostri. Il secondo giorno (mio cognato) mi ha telefonato ed venuto a trovarmi. Nel mesedi marzo non cera lavoro: tieni, prendi e campa fino a che non troverai da lavorare! - mi disse-.Quegli Italiani erataliani, tuti ormai ben sistemati: I Merli avevano propri bastimenti e camion. Cera una contrada tutta composta difamiglie taliane. I lavoranti nelle fabbriche erano tutti italiani. Ho preso lavoro presso una ditta italiana, la Colautti;era di due fratelli della provincia di Udine, friulani, brava gente. I lavori pi faticosi gli Inglesi non li facevano, tutti ilavori pi faticosi e pericolosi come asfaltare le strade provinciali, fare gallerie, case, fornaci usando i macchinari ...Toni Colautti e suo fratello Giovanni. Giovanni aveva 50 ani, era scapolo e lo chiamavano Zincuantin! (nGS)..15 Qua abbiamo comperato le case e la terra. Arrivati dal Canada avevamo una sola camera dove far stare anche il figliomaggiore e Olga. Il fratello di mia moglie, che viveva qui ma non si trovava bene, dice: ascolta cognato mio, vuoicomprare da me che vendo? L c mia madre che vuole bene a Eva e, quando morir, vi rester tutto; parla con tuamoglie. Lei rimasta contenta e sua mamma ha avuto un gran piacere che si sia venuti qua. Era il 1930... (nGS).

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    Le donne e i giovaniGli uomini, soprattutto destate, lavoravano nelle fornaci, allora si faceva ancora tutto a mano,mentre le donne erano dedite al lavoro nei campi:arar, sapar... Le donne qui sono veramentespeciali. Ripensando a Doda, provo vergogna, ora che sera e mi sento stanca. Non so se quelladonna andasse a dormire. Ci svegliava alle sette e mezzo; alle otto la colazione era gi fumante intavola: caff, latte, t, cacao; il salame tagliato ben disposto con il formaggio e lo speck; accanto il

    miele, il burro fresco e la marmellata di prugne; la gnapa (parola tipica per indicare a Plotine-Plostine la grappa di prugne16) e i bicchierini; il caff turco che, con il suo aroma, ci svegliava.Doda aveva gi munto, sciolto il vitello di neanche due mesi e fatto fuoco in cucina.

    Noi andavamo a scuola e a mezzogiorno aveva gi fatto il formaggio, ipant(dolci), preparato ilpranzo, riordinato la casa, lavato e stirato, badato aiporsi(maiali).Stevo Arland, il marito, era sempregodibile(allegro) e pronto, come suo figlio Zlatko, a condurci aPakrac o Lipik per telefonare a casa o semplicemente per farci fare un giro per la citt, per i negozi.Grazie a Zlatko abbiamo conosciuto il modo di vivere dei giovani e siamo entrate in altre case.Anche qui si avverte il problema della disoccupazione giovanile. I giovani, imparato il mestiere,trovano difficilmente un impiego a Pakrac o a Lipik. Sarebbero disposti a fare i pendolari, essendole due cittadine a pochi chilometri dal paese invece, per ragioni di lavoro, devono andare a Kutina e

    non di rado a Zagabria; in tal modo si sradicano dalla propria famiglia e i loro figli trapianteranno leproprie radici altrove.

    Dopo un lungo silenzio nonno Silvestro mi dice quasi sottovoce:Senpro meno! Quanti toi, toe, quante famie, cae vode! I veci i morti, i giovani i pa lmondo.17

    I giovani, almeno quelli con i quali abbiamo parlato, sebbene siano andati a scuola e conseguito undiploma di meccanico o fabbro, amano la terra e non vorrebbero andarsene, per non vogliononeanche sottostare alle disposizioni dei padri che sono ancora abili e non hanno bisogno di giovani

    braccia forti, possedendo tutti le macchine necessarie.Il nonno continua cos con le sue meditazioni a voce alta:I giovani non rispeta p i veci. Mi grasie a Dio non pi lamentarme; i me vol ben, no poso dir...(Se) l na vechieta sola o un vecio solo, cosa (l) fa? Me pense la note. Bruta! L bruta...

    Ehl era bel el nostro paee: alegria, ogni Domenica l era na festa de balo. Ogni matrimonioaveva sincue, sie fi(g)li. Anci un o nesun. Quante cae morte! La veceta... e gotovo18. Sra la

    porta.19

    16 La sgnapa si faceva un tempo, come in Italia, dalla vinaccia duva dato che a Postine si produceva il vino. Poi, unatassa messa per ogni piede di vite scoraggi la coltivazione che pressoch si perse. La grappa fu perci fatta coi frutti di

    prugna (allusanza croata) o di susina (mol de sriaode franza, susina gialla) (nGS).17Sempre meno! Quanti ragazzi, ragazze quante famiglie, quante case vuote! I vecchi sono morti e i giovani sono

    per il mondo! (nGS).18 Voce serbo-croata che significa finito, chiuso.19I giovani non rispettano pi i vecchi. Io, grazie a Dio non posso lamentarmi; mi vogliono bene; non posso dire di no

    Ma se si tratta di una vecchina sola, di un vecchio solo, che si fa? Penso perfino di notte! Brutta, la situazione brutta!Il nostro paese era bello, pieno di allegria; ogni domenica cera una festa da ballo! Da ogni matrimonio nascevanocinque, sei figli! Oggi, uno o nessuno. Quante case morte; I vecchi e poi finita, si chiude la porta. (nGS).

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    Ritorno con la mente a Plostine a quella sera in cui dopo cena Doda andava alrosariper una vegliafunebre. Ci verrei anchio, possibile?. Ci avviammo. Lunica strada del paese era totalmente

    buia, ma non dovevamo andare lontano. Titubante, davanti alla porta illuminata dallinterno chedava sul cortile, ero incerta sullentrare. Cera molta gente e non volevo essere inopportuna, maDoda mi incoraggi. Entrammo. Nella cucina delle panchette ospitavano i vicini, nella stanza asinistra i parenti. Ci offrirono subito del caff e della grappa con dei biscotti. La gente parlava,

    ricordava, sospirava: avevano da poco finito di recitare la corona.Mi stavo chiedendo dove fosse la morta, quando Doda mi chiese se volevo vederla. Acconsentii conun cenno. La porta a destra dava su unaltra stanzetta, entrammo e ci chiudemmo la porta allespalle. Mi guardai attorno, pochi mobili coperti da lenzuola, specchio coperto e, davanti a noi, postasu delle sedie la bara, aperta, coperta da un drappo nero. Sembrava non contenere nulla, guardaimeglio, al centro il drappo era un po rialzato: sotto le nocche ossute delle mani congiunte in unaeterna preghiera. Doveva essere minuta se tutto il resto non trapelava.Doda si avvicin per alzare il lembo, la guardammo, era una donna anziana, consunta, ma il suoaspetto era sereno. La ricopr. Cera una candela accesa sul tavolo, a quella le donne facevanoattenzione: spesso durante la veglia avrebbero aperto la porta per controllare20.

    Non difficile provocare incendi e quella casa ne aveva di morti legati al fuoco la stessa, che si era

    gravemente bruciata nel sonno, viveva sola e quando l avevano portata allospedale le ustioni eranotalmente gravi che non erano riusciti a salvarla.Lindomani volli partecipare alla procesion(funerale), anche se alle quattro dovevo essere in classe.Era gioved 23 gennaio, il sole schiariva latmosfera ma faceva freddo, soffiava il vento.Mentre attendevo nel cortile, delle donne mi offersero una candela. Laccesi anchio, tentando dinon farla spegnere; la fiammella lottava contro il vento che spesso vinceva, non era facileconservare quellanima.Ghirlande ornate di fazzoletti bianchi erano poste sulla parete esterna della casa. Davanti alcancelletto aperto, un carro funebre, trainato da un trattore, aspettava la bara. Dallaltra parte alcunedonne attrassero la mia attenzione. Le osservai a lungo, sembravano limmagine della Piet, vestitedi nero, senza et. Le mani incrociate mi ricordarono i quadri naif, quelle erano mani vere, rosse,grandi, forti. Chine, le donne sembravano reggersi lun laltra, mentre i piedi, chiusi in scarpe

    pesanti, affondavano nella mota. Alle tre usc il prete, i parenti e poi il feretro che, preceduto dallabanda, incominci la sua ultima salita. Lentamente il corteo attravers il paese. Giunto alle ultimecase, il vento riprese a soffiare forte e freddo nella pianura aperta. Continuai ancora fino alla svoltache a novanta gradi gira a destra per salire verso il cimitero: il mio impegno non mi permetteva di

    proseguire oltre quel giorno, tornai velocemente in paese e poi su, fino a scuola.

    Avevo preso freddo e venerd ho un calo di voce. Sabato non sto bene, ma vado ugualmente a farelezione e quando torno a casa la mia temperatura salita a 39. Addio lezioni del pomeriggio! Sudomolto. Maria, con vero cameratismo, si offre di unire per quel pomeriggio i due gruppi di adulti, le

    toe e i toat. Sono preoccupatissima: che sono venuta a fare se non sono capace di andare ascuola!Alla sera, finite le lezioni, alcune allieve, fra cui la dotora,vengono a trovarmi: mi commuovono leloro premure; lei mi somministra antibiotici e pasticche contro la febbre.

    Notte agitata, sudo; il mattino Maria va a Zagabria e io sto a letto tutto il giorno. La febbre scende erisale, ma gli antipiretici servono e luned mattina posso essere, con mio grande sollievo, in classe.

    20Nella tradizione popolare la fiammella stessa rappresenta lanima o meglio la sua vitalit. In questo senso la candelaaccesa in presenza del morto rappresenta la sua sopravvivenza spirituale. Conseguentemente di fondamentaleimportanza che non si spenga durante la veglia.

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    El nostro paee l era bon21. Me ricorde me pare e me mare i dieva: chi vol na bona saca22, (lacie) vanti de l so bosco. Ancoi non se domanda p, el mondo l vegnest cuita!Il conflitto, lo scontro generazionale vivo, lho avvertito qui come a Zagabria e Rovigno.I giovani a casa ci tornano spesso, per trascorrervi le vacanze, stare con i vecchi, mangiare una

    pietanza; per gi i loro figli, nati per lo pi da matrimoni misti, non conoscono n la lingua, n leusanze dei genitori e i nonni, per comunicare con i nipoti, usano la lingua di Zagabria, Varadin,

    Zenica, lingua imparata alla radio, attraverso la TV e i quotidiani.C chi si arrende e scappa e chi attende con pazienza. I giovani che non lavorano in fabbrica e nonstudiano, aiutano i genitori: preparano i sepet23 di mgnole (pannocchie sgranate), la legna e ilcarbone sufficienti per la giornata, sbrigano dei lavori nelle stalle, aiutano i padri nelle riparazioni,sintendono un po di tutto; ma non sono lavori gratificanti, sono compiti che possono essere svoltitranquillamente dalle donne. Molti giovani dicono di odiare questi lavori, ma di amare invece la

    primavera perch si esce e si va con il trattore tutto il giorno nei campi.Poi c tempo per il riposo e per la televisione: non dimentichiamo che questa una stagione morta.Di sabato c sempre qualche zabava24. Si balla fino alle due, alle tre e poi gli amici si ritrovano acasa delluno o dellaltro; si mangia un po de salame de caval, si beve un bicchiere di gnapa ealla fine ognuno ritorna nella propria casa.

    I soprannomiProprio come a Rovigno, anche qui la gente si riconosce grazie al soprannome. Alcuni, moltovecchi, si tramandano di generazione in generazione quale preziosa eredit: Sartor, Cecarela,

    Fiscal, Burie, Conte; altri sono propri di ogni singola persona: Coca, Barbeta, Cercil, Sinpli,Drakuli, Babiko...Per alcuni di questi soprannomi possibile risalire alletimologia e alla loro origine.Racconta nonno Silvestro:Me ricorde che era un vecio, qua, boemo, che l andava con un saco su la schiena con ivestimenti non so dove el (li) prendeva... in fabbriche tuta roba a metro e l vendeva.

    L andava per le cae, e l sigheva: Babiko, babiko25, trebate26tamparie27...28

    Ed io:E cosa el sigava ancora?Eh, de tut29

    Temo daverlo interrotto con la mia domanda, ma dopo un po il nonno continua, come se nullafosse stato, con i suoi ricordi:L era senpo con la facia rosa, che i dieva che l andava a spacar la iasa. I lo ciameva: Babiko,

    babiko! E mia sucera... quando che mio filio Stevo el era picolo, Stevo el era senpro con la faciarosa... Te se un Babiko, te se come el vecio Babiko. E cos i lo ciama anche ancoi Babiko!

    El confinante qua oltre, Orlando, al me ciama al Capelon. I Bruneta l i Sarte e Gazda30!31

    21 Il nostro paese era valente. Mi ricordo che mio padre e mia madre dicevano:chi vol na bona saca vanti de l so bosco.

    Oggi non si domanda pi; il mondo cambiato cos! (nGS).22 Lasaca la ritorta, solitamente di nocciolo o salice. Luso delle ritorte in legno (ad uso di legaccio) era comune edindispensabile in campagna tanto che questi arbusti erano piantati in capo ai campi e, specialmente, lungo i fossati.Venivano ben tenuti e curati per dare getti adeguati e ottimi ai diversi usi. La frase, che si traduce chi vuole una buonaritorta la colga davanti al proprio bosco equivale allaltro: moglie e buoi dei paesi tuoi.23 Canestri, voce serbo-croata, anche koara,canestro piatto da legare anche sul basto.24 Voce serbo-croata, festa da ballo, festa, divertimento, passatempo, svago.25 Dababa, voce serbo-croata, vecchia, nonna, donna. Forse lappellativo che usava il vecchio boemo doveva essere undiminutivo, nonnina o pi semplicemente, donne!26 Voce serbo-croata,trebatebisogno di... abbisognare di...27 Voce serbo-croata,tamparjia, stoffe colorate, non tessute in casa. Le donne di Plotine tessevano invece le stoffe peri propri abiti e lenzuola.28Ricordo che qua, cera un vecchio boemo che se ne andava con un sacco sulla schiena pieno di vestiti che non so

    dove prendesse forse in fabbrica; tutta roba che vendeva a metro. Andava per le case annunziandosi al grido diBabiko, babiko, trebate tamparie...29E cosa gridava, ancora? Eh, di tutto30 Voce serbo-croata, padrone.

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    In un paese di poche anime, dove non ci sono tanti cognomi e i nomi pi o meno erano e sono glistessi, il soprannome quasi indispensabile; ma i soprannomi parlano anche dellindole pi

    profonda della gente, dei caratteri e dei loro atteggiamenti.Ad esempio il soprannome Barbi, mi spiega Doda con molta semplicit, significava barbuti evenne attribuito ad una famiglia del paese, forse perch tutti gli uomini di quella famiglia portavanouna folta barba. Si deve forse agli abiti troppo curati delle donne di una famiglia il soprannome

    Capte. Brie vuol dire tuoni, ed in una cultura rurale si sa quanta paura possano incutere itemporali estivi, e quindi si volle identificare quella famiglia con il cupo rimbombo scoppiato acielo sereno, perch particolarmente brutti, tanto da far paura!In questo mondo contadino, dove la cultura era tramandata oralmente, il soprannome rimanemonumento imperituro dello spirito e dellanimo della gente, alla stregua, quasi, dei miti e delleleggende. Bellissimo un altro soprannome, Barbeta, che unisce in s il termine dialettale barba(zio) pi il suffisso italiano di genere femminile: -eta. Con questo soprannome si voleva connotareuno zio giovane, difatti il signorBarbeta, Ivan Tome, pi giovane di alcuni suoi nipoti.IBrunetafurono dettiSarte, perch sembra che il capostipite della famiglia facesse di professione ilsarto, sartr, e si ritrov in una situazione di privilegio rispetto agli altri emigranti, cucendodirettamente i vestiti per il bano. Questi, distribuendo le terre, fece opera di nepotismo: mentre

    agli altri veniva dato un appezzamento qua e uno l, al Bruneta fu dato un unico vasto podere. OgginessunBruneta sarto, per sono ancora avvantaggiati rispetto agli altri: chi contadino sa quantosia importante avere della buona terra, che non sia divisa, spezzettata. Forse da qui il soprannome

    pi recente di Gazda, cio padrone. Anche nonno Silvestro ha il suo bel soprannome:Drakuli, cheper non ha niente a che fare con il celeberrimo conte della Transilvania.Era tempo de la prima guera, il padre e i fratelli del nonno erano partiti per la guerra, mentre lui,grazie ad una molba32 fatta in comune, ebbe il permesso di non andare al fronte e rimase a casa.Ma a Pakrac cera un ufficiale,Drakuli appunto, per il quale bisognava lavorare,menaghe de tut, edal cognome dellufficiale si fa presto a passare al soprannome.

    31 Aveva sempre la faccia rossa; dicevano che fosse per via che andava a ro mpere il ghiaccio e lo chiamavano:Babiko, Babiko! E mia suocera, quando mio figlio Stevo era piccolo, siccome Stevo aveva sempre la faccia rossa gli

    diceva: sei un Babik, sei come il vecchio Babiko. Cos ancora oggi lo chiamano Babiko! Il nostro confinante,Orlando, mi chiamavaal Capelon. I Bruneta sono iSarte e Gazda!

    32 Voce serbo-croata, domanda, richiesta, petizione.

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    Kuhenovo selo, poi Plotine

    semplice parlare con gli abitanti di Plotine-Plostine: li incontri cordiali lungo lapostale(strada)che divide il paese in due. Un insediamento tipico, come ce ne sono tanti in Slavonia: la strada e ailati le case a un piano o a due piani, tutte di mattoni, alcune intonacate di bianco, altre rossiccecome i mattoni. Ogni casa recintata, oggi quasi tutti i sono di ferro, una volta erano di legno, ci

    sono dueziee(entrate, cancelli), una pi piccola per le persone e una grande per le automobili e itrattori. Laia quasi sempre di forma quadrangolare, con delle costruzioni sui tre lati. Le case, perlo piu rettangolari, sono parallele alla strada. La via, un po pi alta rispetto al livello delle case,

    presenta ai due lati un fossato. La porta dentrata delle case solitamente di lato, bisogna salirealcuni gradini per entrare; solo la scuola, la chiesa, il negozio ed il Dom33hanno lentrata che ddirettamente sulla strada.Adiacenti alla casa ci sono degli ambienti di servizio o di sfogo: cantine, una seconda cucina dove sicaglia il latte, la rimessa per la legna o la caldaia se c il riscaldamento centrale. Parallelamentealla casa ci sono le stalle con le mucche, che devono essere di razza pezzata (quelle nere non sonoviste di buon occhio) ed ilscius(il porcile), quindi la rimessa per i trattori. Sullaltro lato ci sono imagazzini, dove si conserva el sorch(granturco), lambiente per asciugare il salame di cavallo e il

    garage. Dietro alla rimessa, alle stalle ed al solaio c il posto per lo stallatico, conservato quindilontano dalla casa. L ci sono degli altri ripostigli per i macchinari agricoli e per le mognole e lospazio dove razzolano liberamente oche e galline. Alcune aie sono ricoperte di mattoni, altre sonoin terra battuta.

    Nel cortile di ogni casa c il pozzo con il secchio, anche se in molte case, oggi, per attingerelacqua, sufficiente girare un rubinetto grazie allimpiego delle pompe idrovore. Accanto al pozzoc il forno. Molte sono le donne che fanno ancora il pane in casa e dal forno, fatto di mattoni aduna sola bocca, escono delle pagnotte rotonde e saporite. Si accende il fuoco e mentre i mattoni siriscaldano per bene, quando il pane lievitato, si pulisce il forno dalla cenere e dalle brunse(brace)che si mettonoin desparte(allimboccatura del forno). Il pane cuoce grazie al calore rilasciato daimattoni precedentemente riscaldati.Entrando in paese dalla parte di Obre, la tabella che lo indica a destra in un campo disrch. Asinistra, sulla facciata della prima casa con il numero dispari, si distingue chiaramente unincudine,a significare che l abitava il maniscalco. La casa sembra disabitata.La strada prosegue con una leggera salita. A destra, la scuola: un edificio a due piani, tinto di

    giallo. A pianterreno, unaula, lunica che si usa nel corso dellanno scolastico. A Plotine- Plostine,come nei paesi vicini, le classi sono accorpate (questanno c la III e la IV), poich i giovaniabbandonano il paese per la citt. La maestra, la signora Straga, arriva ogni giorno da Pakrac.Le aule sono spaziose con tre grandi vetrate. Nella classe in cui c abitualmente lezione ci s onomolti gerani e due meravigliose piante di limoni gialli. Una volta la scuola ospitava gli alunni dalla

    prima alla quarta elementare. Accanto alla scuola c una piccola costruzione, la casa dove un

    tempo abitava il maestro.La scuola, la chiesa e il Domsono stati costruiti con il lavoro volontario di tutta la popolazione.Un po pi avanti, a sinistra, la chiesetta con un piccolo campanile. Vi si accede attraverso un vialedi ippocastani. Esternamente sembra la casina delle fate, fatta con lo zucchero filato e dentro, unavolta che entrammo Graziella, io e il campanaro, sembrava gi piena. Dietro la chiesa non potevamancare il campetto di calcio. Qui il parroco ci arriva di tanto in tanto e, se chiamato,straordinariamente per i bisogni dei suoi parrocchiani.Poco dopo, a destra, lunico negozio del paese. Appartiene alla catena Budunost, e vi si pucomprare dalla carta da lettere al lucido per scarpe, dal pane alla candeggina, alle sigarette. Vi si

    pu anche imbucare la propria corrispondenza, trovandosi l lunica cassetta per le lettere, oaffidarla al commesso, signor Gostin Manarin, confidando nella sua buona volont.

    33 Voce croata, casa, per estensione casa di cultura.

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    Quando il Manarin sprovvisto di francobolli, li compera dal postino che arriva un giorno s e ungiorno no, luned, mercoled, venerd, a consegnare e ritirare la posta, e il signor Gostin, per non farattendere i suoi clienti, si prodiga anche in queste piccole gentilezze. ovvio che i telegrammi

    possono giungere a destinazione anche il martedi e il gioved; i pacchi invece bisogna andarli aprendere a Badljevina, Baldovina, come la chiamano i nostri connazionali, dove c la posta.I giorni di posta tutti gli abitanti, e di conseguenza anche noi per un mese, stanno con lorecchio

    teso perch il postino, fermo sulla sua moto, sta in strada davanti alla casa e chiama di volta involta: Arland, Bruneta, Burigo... e si scende a ritirare la missiva, la pensione e i giornali.Qui non ci sono edicole dove poter acquistare quotidiani, cartoline, sigarette o francobolli.

    Il Manarin una figura a parte. Agostin Manarin, Gooper gli amici, della classe 43 (26 agosto), il solo commesso del negozio. La bottega un locale spazioso con unampia vetrata, dove siaffiggono gli avvisi per le feste da ballo e per il kino34, le proiezioni cinematografiche.I film sono frutto della recente collaborazione fra la Comunit degli Italianidi Plotine-Plostine,lUPT e lUIIF. Il segretario della stessa, il cinque di ogni mese, si reca a Fiume nella sededellUIIF per cambiare le pellicole da far vedere ai suoi compaesani. Quando il tempo lo permetteviaggia in macchina; dinverno, con la neve, preferisce il treno: Plotine-Plostine Kutina in

    macchina, Kutina Fiume in treno: cambio a Zagabria.AncheGoonel suo negozio ha due bellissime piante di limoni. Una parte del locale dominata daun spolr35 sempre attorniato dagli innumerevoli amici del Manarin. Egli, bisogna confessarlo,

    poche volte d il resto, per innumerevoli sono state le occasioni in cui arrivato in classe, nelgruppo pomeridiano, portandomi delle caramelle; inoltre, tutte le lettere che ho scritto nel mese di

    permanenza a Plostine, me le ha date lui, non volendo mai essere pagato.A volteGooveniva a scuola tutto agghindato, a significare che lindomani non sarebbe venuto alezione, perch gli impegni di lavoro lo chiamavano a qualche riunione a Pakrac.Rientrando da scuola a mezzogiorno inoltrato era l, sulla porta del suo regno, a darci il buon giornoe a invitarci a casa sua. Un giorno, dopo lennesimo invito, decisi finalmente di accettare. Mi disse:Profesora, la spetemo davanti la ziesa de caa mea a le tre!Bon, pulito, sior Gostin, a le tre.36Subito dopo provai qualche indugio al pensiero di presentarmi con Graziella in casa destranei. A

    pranzo ne parlai conDoda. Poche parole per capire che sarebbe stato sconveniente rimangiarsi lapromessa fatta. Cos mi feci accompagnare da Drago che nipote del Manarin.Arrivammo con un po di ritardo. La cucina era calda ed accogliente. Sul divano era seduta unavecchina; accanto ai fornelli cera una donna, a capotavola Gostino con un bicchiere di birra. Midisse che si doveva riscaldare, poich fino a pochi minuti prima era stato fuori, come daccordo, e ciaveva aspettato, e per dire il vero faceva freddo. Ci present scherzosamente la donna con:Questa l mea sorela!37

    Ben presto capii che non era affatto sua consanguinea, ma semplicemente la moglie.

    Drago raggiunse i giovani in unaltra stanza.Appena entrata in casa Manarin mi accorsi con piacere che, il signorGoo,non ci aveva invitateper pura cortesia, e unaltra volta mi lasciai sorprendere e commuovere dallaffettuosit di quellagente che dice pane al pane e vino al vino, e quando ti chiama a casa sua non ti offre soltanto unaseggiola, ma un calore che ti porti dentro anche quando parti, e fa s che desideri tornarci.

    34 Cinematografo.35 un termine di derivazione tedesca che individua la stufa a legna, termine utilizzato ancor oggi nella parte

    settentrionale della Provincia di Belluno, specie nellAgordino.36Maestra, laspettiamo davanti al cancello di casa mia alle tre! Va bene, signor Agostino, alle tre.37 Questa mia sorella!

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    Dopo le presentazioni la tavola fu imbandita con caff, birra, coca cola, gnapa e panet. Il tempostringeva. Alle sedici si doveva essere in classe. Salutammo, promettendo che saremmo ritornate.Ringraziai mentalmente Doda.Proseguendo per la postale, alla drita (destra), quasi a met paese c il Dom, la casa dellaComunit degli Italianidi Plotine-Plostine, che non ho capito bene se si chiamaBellunooLibert.Il Dom ha due entrate, una laterale che porta nellufficio del segretario e la principale, tre gradini

    che immettono in una specie di anticamera impiegata per pi usi: sala per le proiezioni, quando cil kino, bar quando ci sono le zabave. Poi si entra in una sala molto pi grande, qui si balla e sifanno i banchetti quando ci sono i matrimoni. Le tavole del palco di quella sala sono state calcateanche da noi, allievi ed insegnanti, quando abbiamo presentato un bozzetto a fine corso.Accanto al Dom c un altro ambiente pubblico, unangusta osteria con il signor Pjerobon: un

    bancone bar, alcuni tavoli con le rispettive seggiole e un piccolo televisore. Da questa sala si accedealla kuglana38 che, come ci ha detto Toni con orgoglio, stata tirata su grazie al lavoro volontariodi giovani e meno giovani. La sera nel bar si danno tacito convegno gli uomini per una partita acarte, per scambiare quattro chiacchiere, per incontrarsi.

    Nellosteria ci sono stata in tutto due volte: la prima per curiosare, quando il luogo era ancorasemideserto, la seconda una domenica sera, portata da Zlatko, per incontrare gli amici e accordarci

    per la sagra di Obre. Gli uomini e i toatli conoscevo tutti, perch miei scolari e loro genitori,eppure, lo confesso, unicamente l mi sono sentita un pesce fuor dacqua, sebbene tutti fosserogentili: ci fu chi ci offr una sedia, chi da bere, chi ci intrattenne chiacchierando e chi tent di farsmettere la partita; eppure mi sono sentita come chi viola un luogo proibito.In quellambiente Graziella ed io eravamo infatti le uniche toate.Per arrivare alla fine del paese, lastrada prende unultima impennata. Si arriva al numero 95. lacasa di Bruno Nora ed lultima sulla sinistra con a fianco la tabella bilingue.Qui lo sguardo pu spaziare: terra coltivata, un torrente, il cimitero in cima alla collina sulla destra e

    pi in l Kapetanovo polje ossia Campo del Capitano.

    La gente di Plostine cordiale cordiale, disponibile a scambiare quattro chiacchiere ma, quando hovoluto saperne di pi sulla loro storia, su quando i loro antenati emigrarono in Slavonia, sul perche da dove venivano, beh, ci furono diverse discrepanze tra la versione delluno e dellaltro. Ne fuisorpresa, si trattava s e no di cento anni di storia, possibile che se ne fosse perso cos presto ilricordo? Ma neanche dopo una settimana di permanenza nellaPiccola Italia, fui in grado di chiarireda sola le mie perplessit.Mi ero resa conto che qui fortissima la cultura del lavoro, tutto ruota attorno alla terra e al lavoronei campi. Oggi in quasi ogni casa ci sono quelle comodit che spesso possono far invidia agliabitanti delle grandi citt. C la corrente elettrica e ovviamente la radio, la televizjia39 in bianco enero e sempre pi spesso a colori, il biler in bagno e in cucina, el friider40 e almeno duehladnjae41, un frigorifero speciale per il latte e il riscaldamento centrale a legna, che qui non

    manca, ma nella caldaia si buttano anche le mgnole(tutoli di pannocchia) e le ossa essiccate deicavalli: niente va sprecato, ci sono infiniti modi per riutilizzare, riciclare un po tutto, come appuntoil fuoco e iporsi.Le cucine sono arredate con bei mobiletti componibili, c lo scalda-acqua, il lavello e la correnteindustriale. Di solito i pavimenti non sono di piastrelle, ma di legno ricoperti di tappeti comperati ointrecciati dalle donne. Poi c il salotto-soggiorno. I mobili sono massicci, di legno, con lineemorbide e rassicuranti. Illustro(la luce) non manca, le finestre spesso occupano unintera parete efra i vetridoppi svernano gerani, sempreverdi, ciclamini, mentre le tendine riparano lintimit dellacasa da eventuali sguardi indiscreti.

    38 Bocciodromo.39 Televisione.40 Frigorifero.41 Da hladnjaa, voce croata, frigorifero.

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    Quasi tutti sono agricoltori. Quando ho visto una parte delle macchine agricole che essi posseggonomi sono sentita male, pensando alla situazione di mio padre, povero contadino istriano. Gli Arlandhanno un trattore che una bellezza: dentro tutto tappezzato, chiuso, ovviamente con ilriscaldamento e la radio; possiedono anche una macchina per piantar le patate, ma la macchina chemi ha maggiormente colpita stata unaltra.Quando ero piccola, qualche volta aiutavo i miei genitori a girare con il rastrello il fieno tagliato da

    poco perch si asciugasse bene. La sera rincasavo sfatta dalla fatica e con le mani piene di vesciche.Ora vedo che gli Arland questo duro lavoro lo fanno a macchina!Anche chi impiegato nelle industrie del legno di Pakrac e a Lipik, dove c una vetreria e lafamosa acqua mineraleLipiki studenac, ha il suo appezzamento di terra e la stalla ben fornita.

    Oggi a Plostine si sta economicamente bene e c pi tempo per lelevamento culturale, per glistudi, i viaggi e per riscoprire la propria storia, le proprie origini. Ma non stato sempre cos.Una testimonianza di come stanno cambiando le cose la si pu avere facendo un giro per i cimiteri.

    Ne ho visti due: quello di Obre e quello di Kapetanovo polje-Campo del Capitano.Di primo acchito mi sembrato di essere nell'antica Etruria.Il cimitero non situato nel paese, come ad esempio a Valle o Gimino, ma in un luogo alquanto

    distante, su un alto colle. Pure il paesaggio simile a quello della Toscana: dolci colli coltivati. Cisono ancora i resti delle prime sepolture: un tumulo di terra con una croce di legno marcio e tarlato.Ultimamente si ricorda il proprio defunto diversamente, con tombe di marmo e iscrizioni in ottone.Cambiato laffetto per coloro che non ci sono pi? No! Ora si sta economicamente meglio, si hannodenari da spendere, non si deve pi risparmiare su tutto per comperare un pezzo di terra, deglianimali o il trattore, e quindi nasce il culto, la moda quasi del sepolcro fatto bene; anche se lamoreo il ricordo per coloro che non ci sono pi identico oggi come 50-80 anni fa.Gli abitanti di Plotine-Plostine e di Kapetanovo polje-Campo del Capitano hanno in comune ilcimitero, ma a delimitare le due aree c un cippo di pietra.

    Nella parte superiore del cimitero, al di l della cappella, si vedono lapidi in pietra: il vecchiocimitero tedesco. A Campo del Capitano prima della seconda guerra mondiale la popolazione era

    prevalentemente tedesca. Oggi mista, ci sono pochi Tedeschi, Taliani e Bacani (croati). Nelcimitero di Obre accanto alle croci cattoliche ci sono quelle greco-ortodosse. Mi ha colpito il fattoche su una fossa ci fossero due croci, una cattolica ed una greco-ortodossa. Sulle croci non sileggono pi le iscrizioni, probabilmente marito e moglie: lei era forse talianae luigreco(serbo).Ogni qual volta penso ad un cimitero vedo delle corsie, con tombe ordinate, in fila, una dietroallaltra e cipressi.

    Nei due cimiteri che ho visitato non cos. N cipressi, n alte mura a recintarli con le sepolture inlibero disordine. Le ghirlande che si fanno per il defunto non si depongono tutte sulla fossa, ma una

    parte trova posto nella cappella: e sostituiranno poi quelle gi sfiorite.

    Nessuno fino ad oggi ha avuto tempo di occuparsi di scrivere la storia dei padri, ma i giovanivogliono conoscere, cercano di recuperare le poche cose rimaste anche se il rapporto con i genitorinon sempre dei pi facili. Secondo gli anziani occuparsi di ci equivale a perdere tempo, parlaredi cose vecchie e risapute. Sembra ridicolo perdere in tal modo energie preziose.Drago e Livio mi hanno lasciato un prezioso appunto sulla nascita del paese.

    Il primo italiano a venire in Slavonia fu Giuseppe Nora nel 1878. Originario di Dogna, nei pressi diLongarone conobbe, in treno, il bano forse ambedue si recavano ad una fiera di cavalli, che gli

    propose di condurre un gruppo di persone in Slavonia. Non dimentichiamoci che allora sia laSlavonia che il Veneto erano state soggette allImpero Austro-ungarico42.Erano anni di crisi, i paesi attorno a Belluno erano stati colpiti da alluvioni e da incendi, cera

    carestia. Tra il 1880 e il 1881 arrivarono le prime famiglie: Nora, Burigo, Bortoluzzi, Savi...

    42Nel 1878 il Veneto feceva gia parte del Regno di Italia

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    Alcune fecero il viaggio in treno, fino a Sisak e poi proseguirono a piedi. Dove oggi si trova il paesecera un bosco immenso.Ad ogni famiglia furono distribuiti otto iugeri di terra (un iugero equivale a circa 2400 mq), chedoveva essere disboscata. Contemporaneamente lavoravano la terra dei kulak (grandi proprietari),abitatando in capanne sotterranee. In seguito arrivarono altre famiglie, il viaggio a piedi dur circaun mese e mezzo. Il paese che stava sorgendo fu chiamato Kuhenovo selo cio villaggio di Kuhen

    in onore del bano. Il conte Dragutin, banodella Croazia dal 1883 al 1903, si serv dei mezzi piilleciti per i suoi brogli politici. Il suo regime fomento lodio nazionale tra la borghesia serba equella croata, per concesse delle terre agli esuli bellunesi e ad altre genti.Due paesi sorti vicino a Kuhenovo selo ricordano ancora oggi, nella toponomastica, il conte:Banovac, del bano, appartenente al bano e Kapetanevo poljie, Campo del Capitano; il conteaveva appunto il grado di capitano. Ho conosciuto Plostine e i suoi abitanti forse nella stagione pibrutta dellanno, eppure sia luna che glialtri mi sono sembrati meravigliosi.Le prime giornate furono fredde ma piene di sole, poi una settimana con nibie(nebbie) e pioggia edinfine diba (gioved) notte, il sei febbraio cominci a nevicare, pertanto lasciammoPlotine-Plostine sotto un purissimo caldo manto di neve.Dopo la seconda guerra mondiale il paese ha cambiato nome. Sebbene in Slavonia il terreno non sia

    completamente pianeggiante, Plotine deve forse il suo nome al vocabolo croato-serbo pleha chesignifica superficie, piano; quindi la traduzione di Plotine potrebbe essere: pianeggiante, pianoro,

    pianura. Attorno al paese ci sono dellerive(colli), ogni pezzo di terra rispettato. Si vedono campiarati e le zolle proteggono i semi gettati dalluomo: grano, granturco, patate...Quel paesaggio ordinato, calmo, dolce ebbe il potere di farmi sentire, forse per la prima volta,serena e in pace con me stessa.

    Non vorrei farne un ritratto troppo idilliaco, perch a me i campi ed i frutteti parlavano di fatica, disudore, di paura della grandine, della siccit, del gelo ed era un linguaggio che capivo molto bene.

    LagnapaA causa del clima freddo si mangiano cibi pi ricchi di calorie, pi forti, ben conditi e si possono

    bere tranquillamente un paio di bicchierini dignapa.Lagnapa lacquavite locale che pu essere di prugne, ljvovica,oppure de zarpa ed infinedecartufola, detta anche iovka.Che cosa fosse lalivovica43, grappa di prugne, mi era perfettamente chiaro, ma delle altre due nonavevo mai sentito parlare. Chiesi spiegazioni.Lagnapa de zarpa pi o meno la nostra grappa istriana, fatta con la vinaccia.La cosa si fece pi complicata quando dovettero spiegarmi che cosa fosse la cartfola44. Zlatko capche lunica soluzione era farmi toccare con mano. Prendemmo unsepet, una zappa e andammo nelcampo dove cerano le cartufole. Dal terreno sbucavano dei fusti grigio-neri, ebbi limpressione sitrattasse di granturco, ormai secco e privo di foglie. Scendemmo nel campo, la terra era gelata.

    Toccai alcune piante che si lacerarono subito, sembravano fracide. Zlatko zappando attorno aglisteli estrasse lecartfole, che sono in effetti dei tuberi, come le patate, delle quali hanno il colore. Inautunno si rimuovono soltanto quei tuberi che servono per fare lacquavite, gli altri si lasciano sottoterra; anche se gelano, non si rovinano. Lacartfolaviene data anche agli animali. Questi ne sonotalmente ghiotti, che per evitare che si ingozzino, bisogna affettarle.I primi a coltivare le patate in zona sembrano essere stati i tedeschi di Kapetanovo polje-Campo delCapitano, infatti il termine patata si traduce, nella loro lingua,kartoffeln.

    43 livain croato significa prugna. In dialettotaliansi dice localmente anchegnapa de fiespe. (nGS)44 Lecartfolein oggetto sono forse deitopinambur(elianto, girasole tuberoso,Heliantus tuberosus).(nGS)

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    I mattoni

    Nel campo vidi un ammasso di mattoni e sapendo che gli abitanti di Plotine-Plostine erano degliabili fabbricatori di mattoni azzardai: Quella unaforns(fornace)?Il ragazzo, con un sorriso e un cenno del capo, mi fece capire che avevo preso un granchio. Non erauna fornace, ma semplicemente un cumulo di mattoni ammucchiati lasciati l dal padre e mai

    utilizzati. Avevo gli stivali con i tacchi piuttosto alti, il terreno era scivoloso e per aiutarmi a noncadere mi prese per mano dicendomi:Quela s l na fornas! Pareva un edificio, per non cerano n porte n finestre: era largo circa 2.50 m, alto pi o menodue con la parte superiore spiovente a mo di tetto.Su un lato cerano originariamente delle aperture, cementate in seguito.I mattoni si possono fare con qualsiasi tipo di terra, perci si sceglie quella che per la coltivazionenon rende. Si scava la terra, si fa un impasto con lacqua, facendo attenzione che limpasto non siatroppo molle, perch altrimenti i mattoni non prendono la forma voluta e si rompono; n troppoduro, perch altrimenti non si riesce ad amalgamare la terra.Una volta i mattoni si tagliavano a mano, oggi esiste una macchina con una specie di imbuto nel

    quale si versa limpasto che scende ed arriva sopra ad un nastro. Qui la macchina ha come duebracci posti uno su laltro, uno il nastro e sull' altro sono posti due o tre coltelli, equidistanti traloro: premendo i due bracci si ottengono due o tre mattoni perfettamente uguali. Ora basterebbelasciarli asciugare, ma si otterrebbe un mattone crudo di scarsa qualit, che si sgretola facilmente.Ecco allora che si prepara lafornas.Si dispongono orizzontalmente una o due file di mattoni, che costituiscono la base della fornace.Quindi c tutto un sistema di cunicoli, bisogna lasciare lo spazio perch qui verranno posti ilcarbone o la legna. Il fuoco dovr ardere per alcuni giorni molto lentamente. Su un lato dellafornace si lasciano delle aperture, perch una volta ultimata la fornace unpiciolobcia(ragazzino)entrer carponi nei cunicoli, accender il fuoco e sempre carponi allindietro ne uscir. Quando ilfuoco arder vivacemente, gli uomini vi inseriranno dei tronchi e chiuderanno lapertura. Ilcontrollo dovr essere costante, perch il fuoco si potrebbe spegnere o, se troppo forte, spaccare imattoni.Ovviamente non tutti i mattoni di una fornace sono di prima qualit ma solo quelli cotti al puntogiusto. Zlatko mi fece vedere alcuni mattoni della fornace: alcuni erano belli lisci, altri rugosi di uncolore tra il rosso e il grigio, chiedendomi quali fossero secondo me migliori. Sbagliai, indicandoconvinta quelli levigati e di colore uniforme. Li prese in mano e sotto i suoi pollici cominciarono asgretolarsi, mentre quelli grigiastri non subirono alcuna alterazione, anche se sbattuti gli uni suglialtri.Fino ad alcuni anni fa quasi ogni casa, ogni famiglia di Plotine-Plostine aveva le proprie fornaci e imattoni li vendevano anche in altri paesi. Oggi, per chi si occupa di tale attivit ci sono delle forti

    tasse cos la tradizione sta morendo o si fanno solo per i fabbisogni familiari.Una volta a causa del lavoro delle fornaci, in un determinato periodo dell'anno, nel paeserimanevano soltanto le donne e i vecchi, mentre gli uomini o erano fuori casa per parecchi giornioppure rincasavano tardi, a sera inoltrata.Mi piace pensare che le donne durante il giorno, tra una faccenda e laltra, cantassero aspettando glisposi. Le canzoni si tramandano oralmente, non esiste infati un gruppo folcloristico, per cui sonolasciate solo alla memoria dei nostri connazionali.

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    AL MARSOLIN (MACIOLIN) DEI FIORI

    Al marsolin (maciolin) dei fioriche vien de la montagnae varda ben che no se bagnache e volio di ringalar.

    Se l di ringalare,perch l n bel masetoe volio darlio (drghelo) al mio marito (moreto)e stasera quando (l) vien.

    Stasera quando vienesarai na bruta serae perch sabato di seranon l vegn da me.

    No l vegn da me,l ndat de la Roinaoi Jijota45poverinae (che) su l leto (a) sospirar.

    Sul leto dei suspiri,sul leto dei lamenti;e coa dir la jentee coa dir di me.

    Dier che son malatadier che son tradita:son malata, son tradita,son tradita de l amor.

    45 Gigiotta, da Luigia.

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    Mentre i giovani sulle fornaci, tra un mattone e laltro, solevano cantare:

    LA BELA IMBRUNETA (La bella Brunetta)46

    Andove vast oi bela Imbruneta?(Dove vatu bela Bruneta?)

    co soleta per la cit?*Io vago de la fontanadove la mama me mand.

    Frmete, frmete bela Imbruneta (Bruneta)finch la aqua se sciarir.

    Non poso mi fermameperch la mama me mand.

    Cento ducati (io) ti darasolo na note dormir con te.

    O mama, mama cara miamama il cavalier mi domand

    Cento ducati al mi dariasolo na note dormir con me.

    Prndili, prndili cara fiola (bela Bruneta)(che) i te va ben per maridar.

    Oppure:

    LA BELA VIOLETA47

    La bela Violeta la va la vala va del campo la se risognavache li so Gin Gin che la remerimerava.

    Coa remire Gingin di amor?Mi te remire perch tu sei belama l se te vole vegnire con mi a la guera48.

    No no la guera no voi vegnir, no voi vegnirno voi vegnere con te a la guera

    perch se mangia mal e si dorme par tera.

    No no per tera no dormirai no dormiraiti dormirai su n leto di fioricon quatro bersalieri che te rescasori49.

    O sonatori son, sone, son, son,songhe pure una bela marciatache la bela Violeta l andata in armata.

    46 Il titolo convenzionale della ballata, secondo Nigra (77) La bevanda sonnifera(nGS).47 Il titolo convenzionale della ballata, secondo Nigra (108) La Lionetta(nGS).48 A Plostine si pronunciagvera, per linfluenza croata.49 Strorpiatura diconsli, ti consolino (nGS).

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    Altre canzonitalianeche ho sentito cantare sia dagli anziani che dai giovani sono queste: la prima una versione adattata di Bandiera rossa, con alcuni versi che differiscono da quelli che siamoabituati a sentire tramite letere di Radio Capodistria:

    BANDIERA ROSSA

    Avanti popolo a la riscssabandiera rossa, bandiera rossa.

    Bandiera rossa color de l vin vien cua Nineta che te dar un bain!50

    Avanti popolo che siemo in tantieviva avanti, eviva avanti (inanti)!

    Bandiera rossa del trionfere viva la republica e la libert.

    I giovani amano soprattutto lestorie(canzoni) popolari. Per loro mi sono messa ad ascoltarle, forseper la prima volta con interesse, accorgendomi con sorpresa che sono ingenue e semplici, ma allostesso tempo vive reali. Non c la chitarra elettrica o la batteria a spaccare i timpani, ma nelle

    parole, tante storie, una quasi per ogni circostanza. Spesso trasmesse attraverso la radio, al figlioche fa il soldato. Tutte belle ed ognuna, in determinate situazioni, puo strapparmi una lacrima.

    50 La strofa fa riferimento ad un altro canto presente in paese, noto come l ombrelin.

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    La festa da ballo

    A Plostine non ci sono discoteche, ma i giovani si divertono ugualmente. Il sabato c semprequalchezabava, festa di ballo a Plotine-Plostine o nei paesi vicini. La musica non il prodotto didischi ultimo grido, ma opera di complessini che suonano e vengono ingaggiati ora in un paese, oranellaltro. I giovani che organizzano la festa cercano che il complesso offra delle buone garanzie,

    che abbia cio un repertorio vasto, godibile, che serva insomma da richiamo per i giovani dei paesivicini. Si balla al ritmo del valzer, della polca, della mazurca e tutti sanno ballare molto bene.Accade anche che due comari, senza alcun impaccio, si mettano a ballare assieme.Il complesso di tanto in tanto fa delle brevi pause e i giovani allora si ritrovano tra amici: si chiac-chiera, ci si scambia una sigaretta, si va al bar, si intrecciano nuove amicizie.Latmosfera comincia a riscaldarsi dopo le nove, le dieci. Di solito i primi ad arrivare sono gliuomini sposati che, furtivamente, si fanno un giro di valzer e poi tornano a casa perch le fmeneraramente li seguono alle feste da ballo; ci vanno solo in occasioni speciali, come ad esempio allaserata in cui presentammo la recita seguita, ovviamente, dal ballo.Letoearrivano a gruppi e rincaseranno assieme, alla stessa ora, nello stesso paese.Quando singaggia un gruppo si specifica lora di inizio, ma non quella in cui le danze avranno

    termine poich regola che il complesso suoni fino a quando ci sono delle persone, e alle volte si vaavanti fino alle cinque, sei del mattino.

    Non so ballare, non mi piace ballare eppure sono andata a tre zabave. Quanto avrei voluto trovareun po' di coraggio e buttarmi nella mischia, accettando gli inviti espliciti, i mezzi sorrisi, i cenni delcapo! Una smorfia era il mio diniego.Guardando i giovaniballare a Obre e a Plostine, ricordai altri giovani.Lavoravo da poco ed ero in gita in Dalmazia. La discoteca di Dubrovnik (Ragusa) era piena digente, la pista gremita, il bar affollato, neanche un posto libero a sedere. I dischi sul piattorombavano martellando cervello e tempie, le luci psichedeliche accecavano i miei occhi stanchi perlora e il fumo. Mi sentivo come se fossi stata la pi vecchia in quella discoteca ed avevo appena24-25 anni. I giovani accaldati, arruffati, seduti ubriachi ciondolavano un po dappertutto. Stavoseduta in un posto da dove potevo o mi illudevo di tenere docchio la situazione. Quella gioventdrogata di confusione nauseante ed uguale, amante delle luci al neon mi faceva paura e tenerezza. Siilludevano di essere grandi, di divertirsi, ma di tanto in tanto mi cercavano, stavano male, avevanoesagerato. Questi giovani, invece, non ballavano ammucchiati, non seguivano il ritmo incalzante deidischi, falsa illusione della moda. Era bello vedere Livio, Zlatko, Doda, Graziella, Zdenko e Damircon le loro mogli... Avrei voluto saper ballare, saper ballare bene come loro. Era tardi, non eroresponsabile di ragazzi di scuola eppure non mi annoiavo, non avevo sonno, n voglia di stendere lemie stanche membra. Lorchestra suonava dei bei motivi orecchiabili, la luce era normale, le

    persone erano stanche, n fingevano falsa allegria. Potevo conversare tranquillamente e sebbenenon avessi pi n 24 n 25 anni non ero, n mi sentivo, la pi vecchia tra gli astanti. Conobbi il

    signor Brisinello originario di Udine e mi raccont la sua storia, del suo amore per la caccia e diquando ne aveva ottenuta la licenza; rividi suo figlio Kreo, parlai con Bruno Nora famosoapicoltore di Plostine, alunno regolare per una settimana, costretto poi marinare le lezioni perimpegni fortuiti di lavoro. Mi sentivo bene anche tra quei ballerini provetti, perch vedevo faccesane, gioiose, piene di vera allegria.

    Quando non ci sono feste da ballo nei paesi vicini, i giovani vanno a Lipik. Lalbergo termale molto bello. Bisogna dare atto allintelligenza degli architetti del luogo che hanno saputoamalgamare la parte vecchia con quella moderna. Qui ci sono alcune discoteche e un salone stileimpero, dove si pu ballare al suono di unorchestrina o ascoltare la canzonettista. Non di rado si fauna puntata fino a Daruvar, dove arrivano spesso dei gruppi nazionali rock che vanno per la

    maggiore.

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    La TV di Capodistria

    Rientrando a casa la sera, dopo le lezioni, osserviamo il cielo camminando lungo la strada: meraviglioso nellinfinit delle stelle.Poi venne la televisione: Silvio Stani e tre tecnici, dal 30 gennaio al primo febbraio.La TV di Koper-Capodistria film il paese, la scuola, la gente e volle si organizzasse il carnevale

    per registrare. La gente di Plostine, sabato primo febbraio, mise in piedi un carnevale su misura.Lequipe della TV che pernottava in albergo a Lipik, era sempre dagli Arland.Venerd sera, rientrando da scuola, avvertii unatmosfera particolare in casa. Da noi cera ancheVlasta, la sorella maggiore di Zlatko e la figlioletta Nataa. Ero sulla porta e stavo togliendo mi glistivali quando Doda, gioviale, minform che mi aveva preparato il vestito per le maschere. Io inmaschera non ci sono mai andata da piccola, figuriamoci ora! Tuttavia latmosfera dei preparativimi contagi, non so, forse volli esserne coinvolta. Zlatko indossata una tuta da lavoro molto ampia,si era fatto un pancione finto con due piumini, un naso rosso fatto con una pallina da ping-pong eora, davanti allo specchio grande della camera da letto dei suoi genitori, stava cercando il foulardgiusto per trasformarlo in papillon.Mi tolsi sciarpa, guanti e cappotto e mi parve giusto, dopo aver riso fino alle lacrime, aiutarlo nella

    vestizione. Ero con la guela (ago) e filo in mano e assieme a sua madre gli appuntavo pezzi distoffa colorata sulla tuta. Poi fu il mio turno. Mi misero in testa un enorme cappello, era quello difeltro del nonno che reggeva un grande cerchio di cartone con vecchie tendine a mo di velo. Quindialtre tende, uno spago e un foulard diventarono ben presto il mio vestito. Strano, con quegli stracciaddosso mi sentii diversa, s, sarei uscita in strada per la TV. Era ormai deciso: in maschera ciandavo anchio.Il mattino di sabato andai a scuola, ma una biondasquawindiana il signor Ia ci rimand tutti acasa, infatti lappuntamento era per le 10 davanti al Dom.Il cielo era grigio, si sentiva la pioggia nellaria. Zlatko ed io ci vestimmo aiutati dalleimpareggiabili Doda e Graziella.Ora bisognava uscire! Il Dom era vicino, cerano altre maschere per la strada. Mi accorsi che,grazie al mio cappello, la gente non mi riconosceva, perci mi sentii rincuorata.Intanto aveva cominciato a piovere, era una pioggia fine, uggiosa. Peccato che quelli della TV nonfossero arrivati alcuni giorni prima, quando cera il sole e i colori e le ombre avevano aspettidiversi.Al Domarrivarono pian piano tutti: Mario Arland, venuto a casa da Kutina per il fine settimana,vestito da arabo; Beri e Mario Burigo da zingari; Toni Bortoluzzi in groppa al suo cavallo;Leonardo e Gordan con un somarello; il signor Pero peranza da Obre con un superbo vestito dabacano; Ia, lasquawindiana; Drago Brunetta da servetta; Lionella Straga con la fisarmonica ...Al segnale di Toni-Gazdauscimmo dal Dom e scendemmo verso lultima casa del paese. La genteche sapeva di quel carnevale fuori stagione ci attendeva davanti ai propri portoni e sulle finestre

    delle case. Doveva essere una messa in scena per la televisione, ma tutti presero la parte molto sulserio. Nella prima casa ci offrirono della gnapa, che dividemmo ben presto tra di noi, poiarrivarono le prime uova che finirono nel cestino con i fiocchi che mi aveva dato Doda51.Ia, la squaw, mi invitava a seguirlo per la raccolta nelle case, ma era troppo presto, ero ancoraimmersa nelle mie paure ed inibizioni. Quindi di tanto in tanto sentivo: Maria, ciapa!Circa a met paese, finalmente non ebbi pi alcuna remora, mi sentivo di diritto parte di quelcarnevale, di quella gente. Quando vedevo delle persone mi avvicinavo, mostravo la cesta quasi

    pienade vovi e de pichet de salame. Di solito non ero riconosciuta, allora le donne tiravano su ilvelo del cappello e rimanevano sorprese, ridevano riconoscendo in me una delle profesore. Mifacevano aspettare parlando, ponendomi delle domande, mentre una rientrava prendendo ancoradelle uova o un altro pezzo di salame, perch ci che avevano gi preparato sembrava loro poca

    cosa.

    51 La questua uno degli atti tipici di tutti i carnevali arcaici.

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    Quelli della TV, forse non attendendosi tanta partecipazione, si erano portati al livello della scuola.Stavo facendo la mia bella raccolta, quando la moglie dello zio Ernesto mi riconobbe, cos dovettiabbandonare la compagnia ed entrare in casa. Mangiai un pezzo di ottima pizza, la innaffiai con un

    bicchiere di tudum52, presi in mano alcuni dolci e raggiunsi lallegra brigata che mi attendeva. Fuiinvitata in unaltra casa, quella della vecchia zia di Ia, la squaw. Uscendo vidi che avevano

    preparato un carro, ci avevano attaccato il cavallo di zio Ernesto e volevano andare fino al negozio

    di Obre. Consegnammo ad una donna la nostra raccolta e mandammo a casa i bambini, perch sulcarro era pericoloso e non ci sarebbe stato posto per tutti. Si part. Piovigginava sempre, ma io eroprotetta dal mio cappello; gli altri, dai loro vestiti. Durante il breve tragitto saltarono fuori come perincanto bottiglie di grappa e di vino e alcuni pichetdi salame. Dovetti bere un po da tutti i fiaschi,

    perch rifiutare, mi dissero, significava far andare a male la gnapao il tudum di chi ce li avevagentilmente donati. Qualcuno si meravigli vedendomi gustare il salamede caval, poich quasi tuttiin paese sapevano che non lo mangiavo. Ed era vero. I primi dieci giorni non ero riuscita, non so pi

    per quale stupido motivo, ad assaggiare quella loro specialit, ma il gioved precedente Stevo miaveva portato nella stanza in cui si asciugava il salame. Lambiente era vuoto, piuttosto ampio e

    basso; dal soffitto pendeva una tale quantit di salami, da farlo sembrare decorato a cassettoni.Lodore era profumo ed ebbi la tentazione di addentarne un pezzo. Quella sera a cena mangiai con

    piacere il salame rifiutato per dieci giorni.Ad Obre scendemmo tutti ed entrammo nel negozio dove Zlatko Straga lavorava. Beri suon lafisarmonica e dopo un po ripartimmo. Si scese davanti alla casa di Ernesto. Era gi luna. Lallegra

    brigata si stava pian piano disgregando. Eravamo in pochi: Ia, Drago, Beri, Mario Arland, MarioBurigo, Zlatko ed io. Facemmo ancora una tappa a casa di Burigo. In cucina era caldo, mi tolsifinalmente il cappello, mi offrirono una seggiola e un bicchiere. La stanza era piccola ma ci fu posto

    per tutti. Ero seduta vicino alspolered una vecchiaSinger53. Qui sentii, per la prima volta, la storianota comeEl vintisie de luio54. Erano ormai le quattordici, bisognava rientrare: alle sedici dovevoessere in classe.A casa cerano tutti, anche quelli della TV. Mi tolsi i drappi e i ragazzi fecero ala attorno al nonnoche si inform sullesito della giornata.Ah le maschere! Na volta le cantava de tute le sort de storie: no i saveva le storie croate55.I ragazzi chiesero quali canzoni fossero:... e, porco mostro, non me ricorde p, se dementega. Ma i canteva e i ciapeva un vovo 56.Drago e Livio, nella loro ricerca, mi hanno scritto questa canzone, forse la cantava anche nonnoSilvestro quando da giovane andava in carnevale:

    52 Vino di vite selvatica.53 Una macchina da cucire tra le pi note54 In Veneto nota comeIl 29 luglio.55Ah le maschere! Una volta cantavano un mucchio di cose e non sapevano quelle croate.56E porco mostro, ora non ricordo pi, si dimentica. Ma cantavano e prendevano in dono un uovo. Si alludeallusanza tipica della questua di carnevale (nGS).

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    VEGNER QUESTO CARNAVAL57

    Vegner questo carnavalvoi trovame una moroame par di rimposibile (imposibile)di poder di ritrovar: (de poderla ritrovar)

    vest di Capucinoio vorei andar.

    Vesti di capucinlongo pet (a)la porta- Oi si, oi s, oi sno steme balordirche g la filia in letola mi voli morir. -

    E se la vol morir

    e biogna confesarla- Ma voi che siete un frateun frate un padre confesorintrete te la stanciae confesela voi. -

    El prim peic (peccato)che g dimandato- E quanti amanti av? -- Ghi n centoeventitree al me primo amor vicino di me. -

    Uscire per il paese vestita in maschera fu per me un'esperienza singolare. Eravamo sporchi, con lescarpe inzaccherate, bagnati, facevamo confusione: eppure la gente ci invitava ad entrare nelle

    proprie case e nessuno ci chiuse la porta, nessuno ci fece andar via a mani vuote.Pensai alla gente della mia citt, a me stessa, a Rovigno! Quante volte ero rimasta infastidita perlarrivo di qualche ragazzotto vestito in maschera che aveva suonato alluscio di casa mia. Quantevolte avevo detto, stufa di quella intrusione: vattene, non ti do niente!Quel Sabato invece stata una giornata memorabile: sono vissuta quasi al di fuori di me, presa dallasituazione, al contempo succube e protagonista.

    Nel pomeriggio ho tentato di fare lezione e per unora andato tutto secondo il programma; dopo,arrivati Beri, Ia, Berto e la fisarmonica. Abbiamo concluso la giornata suonando e cantando, coninvidia delle signore che al piano di sopra continuavano diligentemente a studiare.Cos ho provato un altro dispiacere: se non fossi stonata come sono, avrei potuto organizzare uncoro, aiutarli in tal senso, invece non osavo cantare.Gli uomini intanto videro passare tre donne. Mi spiegarono trattarsi delle pi belle voci femminilidel paese: uscirono e le invitarono ad entrare. Si trattava di Maria Straga della signora Zandona diCampo del Capitano e di un'altra di cui purtroppo non ricordo il nome. Si fermarono una ventina diminuti e cantarono assieme ai miei allievi. A dirigere naturalmente cera il signor Ia. Lafisarmonica era passata intanto dalle mani di Beri a quelle dellingegnere Albert Menegon e infine aquelle pi esperte del signor Ivica Zandona.

    57 Il canto assai noto anche in Veneto con diversi titoli. Rientra nel novero delle ballate del Nigra (97) col titolo deLamante confessore(nGS). NellArchivio Soraimarc al sito www.soraimar.it, ci sono molti altri documenti sui canti,anche su questo (cerca per localitPlostinein categoriacanti popolariin CANTARE).

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    La neve

    La notte di diba sei febbraio nevic, aprendo la finestra non potei trattenere un'esclamazioneinfantile: La neveee!Graziella mi guard sorridendo: cos in pigiama stavo aprendo la porta per andare sul terrazzo.

    Doda era gi affaccendata sullaia e rispose alla mia sorpresa:E quanta che ghe n vegner ancora!58

    Laia, la strada, gli alberi e le case avevano un altro aspetto. Avevo temuto la neve, avevodesiderato che non nevicasse, ma ora quel soffice manto bianco non mi faceva pi paura.Ci accorgemmo che l il tempo aveva altre dimensioni e la neve che cadeva in silenzio attenuava lenostre ansie; tra otto giorni appena quella realt quotidiana sarebbe stata un ricordo. Graziella aCapodistria, io a Rovigno, fagocitate da una serie inderogabile e pressante di impegni, avremmoripreso a correre come folli inseguendo trasparenti illusioni, immemori di noi stesse e dei nostriaffetti pi profondi.Era inverno, nevicava e la gente imitava e rispettava quella natura soffice e sonnacchiosa; e i fiocchiche scendevano, sembravano invitare al riposo, prima della primavera.

    Il grande noce in cortile portava sui rami nodosi nastri ricamati di neve, non sembrava appesantito,anzi avevo la sensazione che quei rami nudi, ricoperti di neve, protesi verso il cielo, fossero in

    perfetta armonia con la grande Madre. Guardarlo mi dava serenit, mi sentivo appagata e parteanchio di quella natura: integra, non deturpata, n offesa: mi sentivo bene!Avvertii in me una smania di uscire, di camminare sulla neve, di annusarla e toccarla.Avevo vissuto la neve a Zagabria e sul Platak, ma qui non era la stessa cosa. A Zagabria la nevediventa ben presto fanghiglia e impedisce il corso normale delle cose, sul Platak qualche cosa diartificioso. Qui era parte integrante del paese in questa stagione. I ragazzini, tornando da scuola,giocavano con le slitte lasciandosi andare gi per la discesa; le automobili, lautobus e i nostrialunni di Pakrac e Lipik continuarono normalmente il solito corso.

    Andemo fin d de l paee, a l torente?59

    E Graziella e Zlatko furono d' accordo. Invitammo Livio nella nostra passeggiata.La neve era soffice, faceva freddo ma camminare era piacevole. Del torrente non c'era pi alcunatraccia; decidemmo dandare a piedi fino a Campo del Capitano.Procedevamo piano perch i ragazzi ci raccontavano del paese, del cimitero che si vedeva sullacollina, di una spaventosa disgrazia accaduta in un campo l vicino lanno prima.A met strada non ne potevamo pi. A quel punto era lo stesso: proseguire o tornare indietro.Livio disse che tanto valeva proseguire e che giunti al paese ci avrebbe offerto qualche cosa dicaldo allosteria. Ero un po preoccupata perch sapevo che anche lui, come del resto noi, era

    sprovvisto di liquidi, ma sapevo anche che non sarebbe valso a nulla discutere.

    58 E quanta ne verr ancora! 59 Andiamo fino in fondo al paese, al torrente?

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    Campo del Capitano

    un paese forse un po' pi grande di Plotine-Plostine. Dopo una breve salita sembra venirciincontro la chiesetta quasi una casina di fate, tanto piccola e graziosa, e il campanile.Con lo sguardo cercvo disperatamente losteria, ma vedevo soltanto case, una di seguito allaltra.Avevo freddo, non avevo preso i guanti e le dita non le sentivo pi; per fortuna che, prima di uscire,

    Doda mi aveva dato un berretto di lana.Non esistevano osterie, Livio ci port a casa di suo zio. Ancora una volta provai quell'imbarazzo,credo proprio, di chi non abituato ad essere ospitale. Lo zio di Livio stava spaccando della legna.Appena ci scorse interruppe il lavoro e, senza che noi si dicesse niente, ci fece entrare. Le

    presentazioni non furono necessarie. Luomo sapeva che noi eravamo due professoresse dell'Istria.Ci togliemmo gli stivali pieni di neve e ci infilammo le savate. In ogni casa vicino alla portadentrata ci sono delle ciabatte fatte, per lo pi, dalle donne stesse. Entrando in casa ci si toglie lescarpe inzaccherate, piene di neve o fango, e si infilano le comode calzature domestiche.La cucina era calda; si stava bene in quel tepore vicino al fuoco. Lo zio port una bocaladi tudumche mise subito sul fuoco; poi ne pos unaltra sulla tavola e ci riemp i bicchieri dignapa. Intantoche il vino si stava riscaldando, pian piano incominciavamo a recuperare le energie perdute e lo zio

    ci raccont di s.Aveva sposato una tedesca, la cui madre era del posto. Dopo la seconda guerra mondiale i suoigenitori erano andati in Germania e la ragazza era rimasta qui, con la nonna materna. Dopo ilmatrimonio lo zio prefer andare per il mondo a far fortuna. Lavor in Svizzera per pi di venti annie le figlie prima che lui rientrasse definitivamente a casa, lo raggiunsero. Ora ambedue sono sposatee vivono in Svizzera. Una sposata con un indiano, laltra con uno svizzero. Di tanto in tantovengono a trovare i genitori. I due sposi, in quella casa, ora che c il bagno e tante altre comodit,sono soli. Il signor Zandona, essendo in pensione, preferisce vivere e morire tra la sua gente.Soltanto l sapeva chi era in realt. Ha comprato un podere: ara la sua terra, la semina, le vuole

    bene. Ogni uomo ha bisogno di sentirsi padrone di un pezzetto di terra.Era piacevole parlare con quella persona tanto cordiale e ospitale, ma era gi luna e sapevamo cheDoda ci attendeva per il pranzo. Ringraziammo e salutammo e lui ci disse:Vegn ancora, per de bon, vign ancora, quando che sar la me fmena 60.Il ritorno fu uno scherzo, paragonato allandata; la strada era in discesa e alle due eravamo a casa.

    60 Venite ancora, ma davvero, venite ancora che troverete anche mia moglie.

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    La recita

    Intanto era scaturita lidea di preparare un bozzetto da eseguire lultimo giorno presso la sala dellaComunit degli Italiani. Non ci furono problemi di alcuna sorta.Inventammo una storia ispirata ovviamente al primo corso di italiano a Plostine e per semplificarele cose dividemmo la storia in tre scene ben distinte.

    Nella prima i protagonisti erano degli amici che sincontravano casualmente per strada e parlavanodel corso di italiano, cantavano e venivano ripresi dai figli che li invitavano ad andare a casa perfare i compiti e dalle mogli che si lamentavano perch stavano trascurando i lavori da quandoavevano incominciato ad andare a scuola.La seconda era sostenuta completamente daipcioi, dai piccoli.I bambini facevano bella mostra delle filastrocche e degli indovinelli imparati a memoriacoinvolgendo un po anche i loro amici e parenti che li stavano guardando,