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MAGAZINE n.240 / 21 22 MARZO 2021 Datacenter OVH distrutto: il cloud è veramente sicuro? 06 34 34 Fujifilm X-E4 Mirrorless per tutti Xiaomi Mi 11 5G Quasi perfetto IN PROVA IN QUESTO NUMERO Find X3 Pro, primo contatto Oppo mantiene le promesse? Il nuovo top di gamma Oppo è un concentrato di innovazione. Abbiamo analizzato tutti i punti di forza, dal miliardo di colori alle foto a 10 bit 11 Netflix blocca condivisione account Per ora è un test, ma in futuro? La nuova versione dell’app, che blocca la condivisione dell’account tra amici e conoscenti, è già stata distribuita ad alcuni utenti in alcuni Paesi, ma non è detto che non venga estesa altrove Galaxy A52 e A72: hanno tutto, al giusto prezzo Attacco cinese ai server Exchange Attacco cinese ai server Exchange È gravissimo ma ne parlano in pochi È gravissimo ma ne parlano in pochi Un attacco hacker cinese, sfruttando vulnerabilità di Exchange, ha colpito migliaia di aziende italiane. È una bomba a orologeria, ma tutti fanno finta di niente Radio-microfono Sony Gioia per videomaker 30 30 IP Cam EZVIZ C8C Sorveglianza a 360° Shopping extra UE: sui marketplace cinesi si pagherà di più 18 17 38 38 40 40 26 26 Sonos Roam, Wi-Fi Sonos Roam, Wi-Fi e multiroom ma e multiroom ma anche super-portatile anche super-portatile 43 43 Nuovi TV LG 2021, modelli e prezzi. Il 77” scende a 3.899 euro 02 Dacia Spring Dacia Spring La spacca-mercato La spacca-mercato elettrica a 9.460 elettrica a 9.460 15 08

08 Attacco cinese ai server Exchange È gravissimo ma ne

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Page 1: 08 Attacco cinese ai server Exchange È gravissimo ma ne

MAGAZINEn.240 / 2122 MARZO 2021

Datacenter OVH distrutto: il cloud è veramente sicuro? 06

3434

Fujifilm X-E4 Mirrorless per tutti

Xiaomi Mi 11 5G Quasi perfetto

IN PROVA IN QUESTO NUMERO

Find X3 Pro, primo contatto Oppo mantiene le promesse?Il nuovo top di gamma Oppo è un concentrato di innovazione. Abbiamo analizzato tutti i punti di forza, dal miliardo di colori alle foto a 10 bit11

Netflix blocca condivisione accountPer ora è un test, ma in futuro?La nuova versione dell’app, che blocca la condivisione dell’account tra amici e conoscenti, è già stata distribuita ad alcuni utenti in alcuni Paesi, ma non è detto che non venga estesa altrove

Galaxy A52 e A72: hanno tutto, al giusto prezzo

Attacco cinese ai server Exchange Attacco cinese ai server Exchange È gravissimo ma ne parlano in pochiÈ gravissimo ma ne parlano in pochi Un attacco hacker cinese, sfruttando vulnerabilità di Exchange, ha colpito migliaia di aziende italiane. È una bomba a orologeria, ma tutti fanno finta di niente

Radio-microfono Sony Gioia per videomaker

3030

IP Cam EZVIZ C8C Sorveglianza a 360°

Shopping extra UE: sui marketplace cinesi si pagherà di più 18

17

3838 4040

2626

Sonos Roam, Wi-Fi Sonos Roam, Wi-Fi e multiroom ma e multiroom ma anche super-portatile anche super-portatile 4343

Nuovi TV LG 2021, modelli e prezzi. Il 77” scende a 3.899 euro

02

Dacia Spring Dacia Spring La spacca-mercato La spacca-mercato elettrica a 9.460 elettrica a 9.460 €€

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torna al sommario 2

MAGAZINEn.240 / 2122 MARZO 2021

di Roberto PEZZALI

Sta succedendo qualcosa di terribile, eppure nes-

suno in Italia ne parla. Ad inizio gennaio un grup-

po hacker cinese, sfruttando una falla zero day di

Exchange, ha iniziato ad infettare server di posta in tutto

il mondo e quando Microsoft ha scoperto la cosa, rila-

sciando la patch, l’attacco si è fatto ancora più aggres-

sivo, aumentando come intensità ora dopo ora. L’Italia,

secondo i primi dati raccolti, sarebbe uno dei paesi più

colpiti dopo Stati Uniti e Turchia, con una serie di con-

seguenze che ancora non possono essere calcolate. Il

bersaglio più grande dovrebbe essere Wind Tre: la com-

pagnia di telecomunicazioni lo scorso weekend avuto

diversi problemi sulla rete interna, con limitato accesso

ad alcune app, e la causa sarebbe proprio questa.

Da noi contattata la scorsa settimana Wind Tre ha nega-

to che si sia trattato di un attacco informatico, “normale

manutenzione” ci è stato detto, eppure anche secondo Bloomberg, che avrebbe visionato un memorandum

interno, l’infrastruttura informatica di Wind Tre sarebbe

stata toccata dagli hacker e non si può sapere, ad oggi,

con quali conseguenze. Si tratta, lo specifichiamo, di una

pura questione di rete aziendale, che non ha nulla a che

fare con la rete di telecomunicazioni e i dati dei clienti

o dei servizi ad essi associati. L’attacco messo a pun-

to dai cinesi è uno dei più devastanti degli ultimi anni,

tanto grave che negli Stati Uniti se ne sta interessando

direttamente il presidente Biden: le conseguenze per

molte aziende americane (e non) potrebbero essere

drammatiche.

Gli attacchi iniziano a gennaio. E proseguono indisturbatiIl 5 gennaio del 2021 un ricercatore di DevCore, su Twit-ter, scrive di aver segnalato ad un vendor quello che

può essere considerato uno dei bug si sicurezza più

devastanti che siano mai stati trovati. Il vendor è Micro-

soft, e i bug segnalati si riferiscono a due falle “zero day”,

quindi sconosciute, legate ai server di posta Exchange.

In totale le vulnerabilità sono quattro, e Microsoft le chiu-

de d’urgenza con una patch cumulativa il 2 marzo del

2021. Due mesi dopo.

Microsoft, nel report relativo al problema, aggiun-

ge che secondo l’analisi questi exploit sono stati usati

solo per alcuni attacchi sporadici. Solo più tardi, men-

tre cercava di capire come era possible che qualcuno

sia riuscito a ottenere l’accesso completo ad un server

Exchange, si è resa conto che la cosa era ben più grave.

Le indagini hanno portato ad un gruppo di hacker cinesi

legati al Governo, Hafnium, un team organizzato di altis-

simo livello che prende di mira obiettivi strategici. Utiliz-

zando decine di server privati virtuali ubicati in America,

per non destare sospetti legati ad IP cinesi, gli hacker

MERCATO Un gruppo di hacker cinesi, sfruttando vulnerabilità di Exchange, sta installando da mesi backdoor sui server aziendali

Attacco cinese ha toccato migliaia di aziende italiane Può causare danni enormi ma ne parlano in pochiL’attacco è uno dei più devastanti degli ultimi anni, eppure tutti fanno finta di niente. Italia tra le più colpite dopo USA e Turchia TIM è intervenuta subito, ma ha riscontrato tracce di possibili accessi non autorizzati. Appaiono anche i primi ransomware

segue a pagina 03

hanno iniziato a colpire una serie di aziende in tutto il

mondo, ma soprattutto in Usa: università, aziende di ri-

cerca, enti governativi.

Quando tutto esce allo scoperto gli attacchi si intensificanoQuando i problemi sono stati individuati, e Microsoft ha

iniziato a lavorare alle patch correttive, gli attacchi del

gruppo cinese si sono intensificati. Prima si attaccavano

solo obiettivi mirati, poi, utilizzando una botnet, hanno

iniziato ad attaccare ogni server esposto sulla rete uti-

lizzando la Outlook Web Authentication page, ovvero

la pagina web dalla quale un dipendente di una azien-

da può collegarsi per leggere la sua posta su server

Exchange.

L’esperto di cybersicurezza Brian Krebs, insieme ad

alte organizzazioni, ha iniziato a delineare il perimetro dell’attacco: in pochi giorni si è passati dai 30.000 ser-

ver compromessi ai 150.000 server compromessi in tutti

il mondo. Palo Alto Networks, effettuando una scansio-

ne a tappeto sulla rete, ha stimato che ancora oggi ci

possano essere circa 125.000 server in tutto il mondo

vulnerabili perché ancora le patch di Microsoft non sono

state applicate. Come ricordano in molti, in ambito en-

terprise applicare una patch non è come aggiornare il

sistema di un telefono: in molti casi, quando vengono

usate soluzioni personalizzate con plug-in esterni, prima

di effettuare un aggiornamento ad un componente criti-

co vengono fatti diversi test.

L’attacco si è così propagato in tutto il mondo e vista la

gravità della cosa il neo-presidente americano Biden

ha istituito una task force per capire i legami e i colle-

gamenti con la Cina e intervenire per proteggere le

aziende americane. Sembra infatti che da marzo, quan-

do Microsoft ha rilasciato le patch, al gruppo Hafnium si

siano affiancati anche altri gruppi di hacker cinesi. Sulla

questione sta indagando anche l'FBI.

Una bomba a orologeria: tutti i rischiAbbiamo parlato di attacco, ma molti esperti hanno par-

lato di una vera bomba a orologeria che deve ancora

esplodere e per capire il motivo si deve analizzare quel-

le che sono le singole conseguenze di ogni attacco. Sui

server colpiti sono state installate una o più backdoor

che permettono ai malintenzionati il controllo totale del

server, dalla lettura delle email dell’intera rete aziendale

all’accesso di computer sulla stessa rete del server.

Secondo molti esperti quella a cui abbiamo assistito è

solo la fase uno: si è piantato un seme, e ora si aspetta

che germogli per tornare a raccogliere il frutto. I malin-

tenzionati potrebbero infatti accedere ai server attaccati,

avendo installato una backdoor di accesso, per termina-

re l’attacco. L’ipotesi più probabile è il furto di dati per

alcune aziende specifiche, quelle di importanza strate-

gica, accompagnato dall'installazione di ransomware

o di strumenti per il mining di criptovalute per tutti gli

altri server. Nel primo caso si tratterebbe di un attacco

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torna al sommario 3

MAGAZINEn.240 / 2122 MARZO 2021

manuale, nel secondo caso di un attacco a tappeto, per

guadagnare soldi con il riscatto o con la vendita delle

valute minate.

Alcuni server analizzati, colpiti dall'attacco, avevano più

di tre backdoor installate, e la bonifica ha richiesto giorni.

Dall’analisi dei log di traffico ricevuti da molti ISP ameri-

cani, e da coloro che avevano senza saperlo affittato i

server americani ai cinesi per gli attacchi, alcune agen-

zie di cybersecurity sono riuscite a risalire agli indirizzi IP

dei server attaccati e stanno avvisando tutti: "fate subi-

to un backup e tenetelo scollegato dalla rete”. Il rischio

che, da un momento all’altro, l’intera rete aziendale pos-

sa essere criptata da un ransomware è altissimo.

L’Italia era ed è una delle più colpiteVenerdì, secondo i dati di CheckPoint Security, l’Italia

risultava uno dei paesi più colpiti dall’attacco. "Check

Point Research sta notando centinaia di tentativi di sfrut-

tamento contro organizzazioni sparse in tutto il mondo;

tentativi collegati alle quattro vulnerabilità zero-day che

attualmente colpiscono Microsoft Exchange Server. CPR

ha osservato che, solo nelle ultime 24 ore, il numero di

tentativi è raddoppiato ogni due o tre ore. Nel caso in cui

un’organizzazione con Microsoft Exchange Server non

abbia patchato la versione all’ultima disponibile è da

considerarsi una realtà a rischio. I server compromessi

potrebbero consentire a un aggressore non autorizzato

di estrarre e-mail aziendali ed eseguire codice danno-

so all'interno dell’organizzazione con accessi e privilegi

elevati. Il Paese più attaccato è stato la Turchia (19% di

tutti i tentativi di sfruttamento), seguita dagli Stati Uniti

(18%). Al terzo posto, con una percentuale del 10% c’è

l’Italia. Il settore industriale più bersagliato è stato quello

governativo/militare (17%), seguito dal settore manifattu-

riero (14%) e poi da quello bancario (11%)”.

Nel weekend gli attacchi si sono moltiplicati e l’Italia è

scivolata all’undicesimo posto: non sono diminuite le

aziende colpite, sono aumentati i server attaccati.

WindTre nega tutto. Ma diverse fonti ci confermano l’attaccoLo scorso weekend (7 marzo) Wind Tre avuto diversi pro-

blemi sulla rete interna e diverse app non funzionavano,

come i client dei negozi. Lunedì mattina diverse fonti ci

hanno segnalato che l’azienda ha dovuto fronteggiare

un problema di cyber security eppure Wind Tre, da noi

contattata, ha detto che non è successo nulla e che si è

trattata di una operazione di manutenzione dei server.

Venerdì Bloomberg ha pubblicato una news riportando

l'attacco, dopo aver visionato un memo interno dove

l'amministratore delegato di Wind Tre, Jeff Hedberg,

spiegava ai dipendenti per quale motivo non si riusciva

ad accedere ad alcuni documenti sulla rete interna. "Tut-

ti voi avete letto delle minacce su larga scala ai sistemi

informatici che coinvolgono più di 250.000 aziende e

organizzazioni pubbliche in tutto il mondo. In questo

contesto, circa 40 computer della nostra azienda han-

no subito interruzioni, disservizi e di conseguenza alcuni

documenti archiviati nel sistema di file sharing dell'a-

zienda non sono al momento disponibili”.

Cosa può succedere adessoLe quattro falle di Exchange hanno conseguenze ad

oggi incalcolabili. L'impatto sarà maggiore, secondo i

consulenti Usa che stanno seguendo la cosa per la Casa

Bianca, del già terribile hack di SolarWind.

Il problema vero è che siamo solo alla prima fase, e tan-

tissime aziende ignorano tutt’ora quello che sta succe-

dendo e non hanno ancora applicato le adeguate cor-

rezioni. Molte aziende, inoltre, sono state colpite e non

se ne rendono conto: da un giorno con l’altro potreb-

bero trovarsi con l’intera rete criptata. Sebbene l’Italia

sia stata fino a venerdì il terzo paese più attaccato ad

oggi, fatta eccezione per l’indiscrezione di Bloomberg

legata a Wind Tre, di questo gravissimo attacco nessuno

dice nulla. Negli Stati Uniti se ne sta occupando l'FBI e

c'è una task force attiva del Governo: la sicurezza del-

le aziende del Paese è a rischio. Da noi sembra che la

cosa stia passando in sordina, e venga tenuta un po' na-

scosta, forse anche per le implicazioni legate al GDPR.

Una intrusione simile, in un server di posta, dovrebbe

essere segnalata istantaneamente al Garante e proprio

per questo abbiamo chiesto all’ufficio stampa se, negli

ultimi giorni, c’è stato un aumento delle segnalazioni per

data-breach e siamo in attesa di una risposta.

TIM Business colpita avvisa i clienti: “Possibili accessi non autorizzati alle mail”TIM Business ha avvisato i suoi clienti che i loro server

di posta, che usavano Microsoft Exchange come mail

server, sono stati probabilmente compromessi. Nel mes-

saggio inviato ai clienti TIM Business spiega che non ap-

pena Microsoft ha rilasciato le patch correttive il 3 marzo

sono state subito installate su tutti i server, e sono anche

state fatte tutte le verifiche del caso, come suggerito da

Microsoft, per verificare che sui server non fossero state

installate “shell” per accesso remoto in una fase succes-

siva. Tuttavia le indagini sono ancora in corso, e sono già

La situazione venerdì 12 marzo. La situazione al 15 marzo.

stati riscontrati possibili accessi non autorizzati ad alcuni

server di posta. In attesa che vengano completate le ve-

rifiche per capire se c’è stata una effettiva compromis-

sione del sistema, con eventuale furto di dati, TIM sug-

gerisce di cambiare le password. TIM, è bene ricordarlo,

non ha nessuna colpa in tutto questo: gli hacker hanno

sfruttato quattro vulnerabilità zero-day di Microsoft e

hanno attaccato a tappeto tutti i server esposti in rete.

Nel messaggio inviato ai clienti TIM Business spiega che

non appena Microsoft ha rilasciato le patch correttive il 3

marzo sono state subito installate su tutti i server, e sono

anche state fatte tutte le verifiche del caso, come sugge-

rito da Microsoft, per verificare che sui server non fosse-

ro state installate “shell” per accesso remoto in una fase

successiva. Tuttavia le indagini sono ancora in corso, e

sono già stati riscontrati possibili accessi non autorizzati

ad alcuni server di posta. In attesa che vengano com-

pletate le verifiche per capire se c’è stata una effettiva

compromissione del sistema, con eventuale furto di dati,

TIM suggerisce di cambiare le password.

TIM va elogiata per il modo in cui ha gestito la cosa, in

piena trasparenza verso i suoi clienti. È lecito aspettarsi

che anche altre aziende possano fare comunicazioni si-

mili: l’attacco non ha risparmiato praticamente nessuno

e nessuno era immune. Le correzioni hanno richiesto un

mese per essere distribuite e di certo i cinesi non han-

no aspettato, anzi, hanno intensificato l’azione. Stanno

emergendo ulteriori dettagli, tutti preoccupanti: molti

altri gruppi hacker stanno sfruttando le web-shell cari-

cate da chi ha effettuato il primo attacco. Kryptos Logic

segnala di aver trovato traccia di quasi 7000 web-shell

pubblicamente esposte su web, web-shell che altri

gruppi stanno usando per caricare randomware. Il pri-

mo di questi, identificato da Sophos, è stato sopranno-

minato DearCry ed assomiglia molto a Wannacry come

struttura, noto ransomware usato negli scorsi anni. Nulla

di eccessivamente sofisticato, non fa nulla per nascon-

dersi, tuttavia secondo Sophos è stato modificato per

rendere i file praticamente irrecuperabili. Prima di can-

cellare il documento originale e dopo aver chiuso la co-

pia criptata, sovrascrive il documento originale.

MERCATO

Attacco cinese ad Exchangesegue Da pagina 02

Page 4: 08 Attacco cinese ai server Exchange È gravissimo ma ne

torna al sommario 4

MAGAZINEn.240 / 2122 MARZO 2021

Immuni, il Garante chiude il bug più grande. Ora è pronta a funzionare davveroIl Garante per la privacy ha dato il via libera alle modifiche della piattaforma Immuni: ora ognuno potrà segnalare in autonomia la positività, evitando il vero problema dell’app: la gestione umana da parte della Sanità di Roberto PEZZALI

Immuni ha funzionato poco e male in Italia. La colpa, lo abbiamo sem-pre detto, è il modo in cui Immuni è stata gestita dalla Sanità Italiana. La procedura attuale prevede che chi risulta positivo al tampone, per caricare i dati sui server, deve se-gnalare la positività ad un opera-tore della ASL che deve assisterlo sbloccando dalla piattaforma il ca-ricamento dei dati, per evitare che il sistema possa essere inquinato con dati falsi e mantenere la pri-vacy. Questa procedura si è scon-trata con una gestione da parte delle ASL caotica e disorganizzata. Adesso cambia tutto: come riporta il sito del garante ora “Chi risulta positivo può interagire direttamen-te con il sistema di allerta Covid-19 inserendo, nell’apposita sezione dell’app Immuni, il codice CUN (codice univoco nazionale attribui-to dal Sistema TS ai referti dei test diagnostici per SARS-CoV-2) asso-ciato a un proprio referto con esito positivo unitamente alle ultime 8 cifre della propria tessera sanita-ria”. Ora Immuni si sgancia total-mente dalla sanità e viaggia con le proprie gambe, come in altri Paesi.

di Massimiliano DI MARCO

Il futuro del programma di cashback di

Stato per com’è impostato ora è incer-

to. Da alcune settimane, la politica sta

valutando se proseguire con l’iniziativa e

se farlo alle stesse condizioni con cui è

partito ufficialmente lo scorso 1 gennaio,

dopo un primo mese di sperimentazione a dicembre. Tali eventuali riconsidera-

zioni sono il risultato di comportamenti

anomali legati alle transazioni valide per il

“super premio” semestrale di 1.500 euro:

tante transazioni sono artificiose, soltanto

per accumulare molte transazioni e quin-

di scalare la classifica generale. Soltan-

to i primi 100 mila utenti per quantità di

transazioni fatte hanno diritto a ricevere

un bonus di 1.500 euro per ciascuno dei

due semestri del 2021. Secondo alcuni

esponenti politici, la misura è inefficace e

i 3 miliardi previsti per il 2022 potrebbero

essere dirottati per altre misure nella lot-

ta alla povertà.

Castelli: “Non si parla di farlo saltare”Riguardo al futuro del cashback di Stato,

la viceministra all’Economia, Laura Ca-

stelli, in un’intervista rilasciata al program-

ma “24 Mattino” di Radio 24 lo scorso 3

marzo, ha detto che “non si parla di farlo

saltare”. Ha aggiunto che “penso che sia

una misura che non è semplicemente di

lotta all’evasione”, bensì che serva “per

cambiare il modo dei cittadini di utilizza-

re il proprio denaro”, pur riconoscendo

che l’iniziativa del cashback di Stato im-

pegna molte risorse. La sottosegretaria

all’Economia, Maria Cecilia Guerra, du-

rante un’interrogazione alla commissio-

ne Finanze della Camera ha specificato

che Pago PA sta facendo delle verifiche

sulle operazioni anomale, che sono quin-

di “passibili di esclusione dall’ambito di

applicazione del programma”. Comples-

sivamente, per sostenere il cashback di

Stato sono stati stanziati 1,75 miliardi di

euro per il 2021 e 3 miliardi per il 2022.

Inoltre, per tutto il 2021 è previsto un cre-

dito d’imposta del 30% sulle commissioni

pagate dai commercianti per le transazio-

ni elettroniche. Secondo il centro studi e

ricerche Itinerari Previdenziali, metà delle

transazioni coinvolte nel programma di

cashback già venivano effettuate tramite

strumenti elettronici: secondo i detrattori,

ciò implica che l’iniziativa non stia in real-

tà avendo gli effetti previsti.

Italia Viva contraria: “Misura costosa e inefficace”Secondo la valutazione della Guardia di

Finanza, esposta dal generale Giusep-pe Zafarana alle commissioni Finanza

della Camera e del Senato, il cashback

potrebbe essere concentrato sulle “ca-

tegorie a maggiore rischio di evasione

fiscale rispetto alle altre”. Zafarana ha

però sottolineato che è “prematuro”

fare valutazioni più articolate sull’effi-

cacia della misura. I deputati di Italia

Viva Camillo D’Alessandro e Gianfranco

Librandi hanno definito il cashback di Stato una “misura costosa e inefficien-

te” chiedendo di eliminarlo del tutto e di

puntare invece sull’abbassamento delle

commissioni bancarie e l’incentivazione

delle transazioni digitali “anche nelle pic-

cole attività”.

Cashback di Stato chiuso già a luglio: la proposta del sottosegretario dall'EconomiaChiudere il programma del cashback di

Stato già dopo il primo semestre, ossia

a luglio. Sarà questa la proposta che il

sottosegretario all'Economia, Claudio

Durigon, presenterà come parte delle

discussioni legate al prossimo "decreto

sostegni". In un'intervista concessa al

Messaggero, Dorigon ha detto che in

settimana si terrà un consiglio dei mini-

stri per lo stanziamento dei 32 miliardi di

euro previsti da tale decreto.

Riguardo al programma di cashback, in

fase di rivalutazione, Durigon ha detto

che "la mia proposta è di terminare la mi-

sura a luglio. Potremmo risparmiare 2,5-3

miliardi di euro che potremmo lasciare al

Parlamento per rafforzare le risposte alle

categorie in crisi nel decreto sostegni".

La misura del cashback è stata fortemen-

te supportata dal precedente governo,

guidato da Giuseppe Conte. Il mese spe-

rimentale di dicembre ha coinvolto 5,87

milioni di persone per un totale di 222,6

milioni di euro che sono stati rimborsati

a oltre tre milioni di utenti. Oggi tale ini-

ziativa è vista con dubbio: secondo alcuni

deputati e senatori, i miliardi di euro pre-

visti potrebbero essere usati, come ha

sottolineato Durigon, per altri progetti per

la lotta alla povertà o all'evasione fiscale.

MERCATO Per la viceministra Castelli, “non si parla di farlo saltare”ma non si escludono modifiche

Politica divisa sul futuro del cashback di StatoSotto la lente di Pago PA le transazioni anomale per scalare la classifica del “super premio”

Huawei non è più la numero uno in Cina. Ora cede il posto a OppoLe mosse dell’amministrazione Tru-mp hanno fatto succedere l'impossi-bile, ovvero far perdere a Huawei la prima posizione nella classifica dei marchi più venduti in patria. Huawei è stata negli ultimi anni l’azienda numero uno in Cina, ma ha perso parte di quel vantaggio ed è ora al secondo posto, insieme a Vivo: la quota di mercato per entrambe è al 20%. Davanti c’è Oppo, al 21%, die-tro Xiaomi ad Apple al 16%. Huawei perde quota di trimestre in trimestre, ed entro la fine del 2021 potrebbe trovarsi ancora più indietro. Le cause sono legate all’incapacità di produr-re telefoni e alla vendita, necessaria, di Honor. Due fattori che sono diretta conseguenza dei provvedimenti dell’amministrazione USA. Huawei ha accumulato processori a partire da gennaio 2020, ma quando le scorte stavano per finire si è concen-trata sui prodotti ad alto margine di guadagno come le serie P e Mate: meno pezzi venduti ma un minore impatto sul conto economico.

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MAGAZINEn.240 / 2122 MARZO 2021

di Paolo CENTOFANTI

Infratel Italia ha pubblicato lo stato di

avanzamento lavori del piano nazio-

nale per la banda ultralarga (piano

BUL). Secondo i nuovi dati sono ora ol-

tre 1900 i comuni aperti alla commercia-

lizzazione, cioè disponibili agli operatori

che possono offrire servizi di connetti-

vità ai cittadini sfruttando la rete realiz-

zata con investimento pubblico. Il piano

BUL, ricordiamo, prevede la copertura

in FTTH e FWA delle aree a fallimento

di mercato, tramite intervento diretto di

Infratel Italia o in concessione tramite

Open Fiber vincitore dei bandi in diver-

se regioni italiane. Come ci hanno fatto

notare diversi lettori, però, la lista dei comuni comprende città e paesi in cui

i lavori di Open Fiber o sono ancora in

corso o, in diversi casi, nemmeno ini-

ziati. Un veloce incrocio dei dati con il

portale ufficiale del progetto, sembre-

rebbe confermare i dubbi dei lettori.

Perché i numeri non tornanoAbbiamo interpellato sulla questione

MERCATO Il nuovo aggiornamento sullo stato di avanzamento del piano banda ultralarga

Piano BUL: 1900 i comuni completati finora Nel numero, quelli con parziale copertura FWANei 1900 comuni però, si parla di rete FTTH: diversi sono solo in parte toccati da copertura FWA

Infratel Italia che ha puntualizzato come

la discrepanza sia dovuta al fatto che

tra i 1900 comuni aperti alla commer-

cializzazione siano inclusi anche quelli

raggiunti unicamente da servizi Fixed

Wireless Access di paesi vicini:

"la discrepanza è dovuta a due fatto-

ri: siamo in emergenza, per cui Open

Fiber può commercializzare non solo

i comuni collaudati, ma anche quelli

dove i lavori sono chiusi ma il collau-

do non è ancora avvenuto. Le antenne

FWA wireless possono essere inoltre

residenti su altri comuni, per cui l’an-

tenna FWA nel comune x può abilitare

Unità Immobiliari nei comuni X, Y, e Z,

che quindi sono aperti alla commer-

cializzazione." La lista include anche

comuni in cui solo alcune unità immo-

biliari sono effettivamente raggiunte

dalla rete BUL wireless. Se dunque il

vostro comune rientra nell'elenco, ma

sul sito di Open Fiber non risulta co-

pertura presso il vostro civico o sul sito

Banda Ultralarga non c'è evidenza di

completamento dei lavori, il motivo è

questo. Purtroppo, come ci conferma

Infratel Italia, al momento queste unità

immobiliari non sono segnalate sul por-

tale del progetto.

Aruba lancia la sua offerta in fibra ottica (FTTH). Accordo con Open FiberAnche Aruba si è inserita nel mercato delle offerte di rete fissa in fibra ottica FTTH per aziende e privati. La società ha annunciato l'accordo raggiunto con Open Fiber, società che vende la sua infrastruttura all'ingrosso ad altri operatori. La promessa è di una velocità in download fino a 1 Gigabit/sec e di 300 Megabit/sec in upload. L'offerta per i privati di Aruba (chiamata Fibra Aruba) costa 26,47 euro al mese con attivazione inclusa (240 euro spalmati in 24 mesi): non è previsto un router e non è inclusa un'utenza telefonica per effettuare e ricevere chiamate. Gli utenti possono chiedere di avere un router a noleggio al costo di 2,20 euro al mese: un Fritzbox 7530. È prevista una seconda offerta, Fibra Aruba Extra, che costa 29,89 euro al mese e prevede uno sconto dell'80% su altri prodotti di Aruba e la priorità per l'assistenza. Il router non è incluso.

Estratto dai quotidiani onlinewww.DDAY.it

Registrazione Tribunale di Milanon. 416 del 28 settembre 2009

e

www.DMOVE.itRegistrazione Tribunale di Milano

n. 308 del’8 novembre 2017

direttore responsabileGianfranco Giardina

editingMaria Chiara Candiago

EditoreScripta Manent Servizi Editoriali srl

via Gallarate, 76 - 20151 MilanoP.I. 11967100154

Per [email protected]

Per la pubblicità[email protected]

MAGAZINE

MAGAZINE

di Roberto PEZZALI

La legge è chiarissima: “dal 1 gennaio

2017 tutti i TV e i decoder venduti in

Italia dovranno avere a bordo HEVC

e DVB-T2” eppure, dopo 4 anni, c’è an-

cora chi sta vendendo online TV assolu-

tamente fuorilegge. È il caso di un mar-

ketplace di ePrice, Paba, che ha tutt’ora

in catalogo e segna come disponibile

un TV Polaroid TQL24F4 che è privo di

tuner DVB-T2 e di decoder HEVC.

La segnalazione ci arriva da un nostro

lettore, che ha acquistato il TV senza

badare troppo alle caratteristiche, con-

sapevole che ormai la legge obbliga

tutti a vendere solo televisori a norma, e

si è reso conto solo dopo che il prodotto

non era conforme alla normativa vigen-

te. Il venditore si è giustificato dicendo

che il TV in questione viene venduto

come monitor e ha proposto un deco-

der aggiuntivo, ma ovviamente è una

giustificazione che non regge: si tratta

di una vendita illegale. TV come il Pola-

roid TQL24F4 non possono più esSere

venduti nel nostro paese, e ci stupiamo

che ancora ci sia chi provi a venderli

sfruttando un nome importante, come

ePrice, e passando per i marketplace.

ePrice non è direttamente responsa-

bile del comporta-

mento dei venditori

del marketplace, ma

nonostante questo ha

messo a punto un Pro-

gramma di Protezione

Clienti che permette

loro di intervenire nel

caso in cui qualcuno si

trovi in difficoltà con i

venditori. In questo caso è stato effet-

tuato il recesso, ma sarebbe bene che

ePrice controllasse anche la merce in

vendita: TV come il Polaroid TQL24F4

non possono più essere venduti, ma al

momento il TV in questione è ancora in

vendita in una pagina con logo “ePrice”,

e qualche altro incauto acquirente po-

trebbe spendere soldi per un TV che è

ormai obsoleto.

MERCATO Un marketplace di ePrice, Paba, vende un tv privo di tuner DVB-T2 e di decoder HEVC

Marketplace, c’è ancora chi vende TV senza DVB-T2 A 4 anni dalla legge, c’è ancora chi vende online TV del tutto illegali e vuole avere ragione

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MAGAZINEn.240 / 2122 MARZO 2021

di Roberto PEZZALI

Una scena da incubo: da una parte un intero edi-

ficio in fiamme, centinaia di migliaia di server

distrutti, dall’altra il pensiero che in quei server

tenevano in piedi centinaia di migliaia di servizi, e il

loro spegnimento porterà a molte attività un danno

economico notevole. Quello che tutti si stanno chie-

dendo è come sia possibile che un datacenter possa

andare a fuoco, con tutte le precauzioni che vengono

prese nei datacenter proprio per evitare che succeda,

ma è successo e ormai c’è ben poco da fare: l’elenco

dei siti italiani che non funzionano è lunghissimo, e

presto si potrà iniziare a fare la conta dei danni. For-

tunatamente nessuno è rimasto ferito: chi gestiva il

datacenter è riuscito a mettersi in salvo dopo aver

chiamato i vigili del fuoco che hanno lavorato tutta la

notte per domare la colonna di fumo che ha segnato

l’alba di Strasburgo.

OVH a Strasburgo aveva quattro grosse strutture con

all’interno i server: SBG1, SBG2 SBG3 e SBG4. L’in-

cendio è divampato all’interno di SBG2 che è andato

totalmente distrutto, e ha toccato anche SBG1 che

sembra aver subito danni importanti. SBG3 e SBG4

al momento non sembrano interessati, tuttavia è stata

tolta la corrente all’intera area pertanto anche coloro

che avevano un sito o un servizio all’interno di SBG3/4

non possono comunque accedere ai loro dati. OVH

ha già attivato un recovery plan, e sta cercando di

capire se si riuscirà a riattivare almeno le macchine

presenti nei due edifici che non sono stati toccati dal-

le fiamme. L’evento deve far riflettere. Con i sistemi

di soppressione degli incendi presenti nei datacenter

di oggi non dovrebbe mai accadere una cosa simile

e proprio per questo motivo si tende a credere che

i dati nel cloud siano sicuri. E che esista un backup.

Nel caso di OVH i dati “nel cloud” erano semplice-

mente su un server a Strasburgo, e molti facevano

affidamento sul servizio di backup fornito dallo stesso

OVH che al momento, per molti, risulta inservibile. Il

rischio che questo incendio abbia fatto perdere dati

a tantissime aziende che non avevano allestito, fidan-

dosi del cloud, un piano di emergenza è altissimo. Per

molte realtà della new economy l’attività è legata ai

dati che hanno, al loro servizio, allo storico: un danno

simile può portare al fallimento.

Perché può succedere L’ipotesi che un intero datacenter nel 2021 possa an-

dare a fuoco è un qualcosa che nessuno prende in

considerazione, e molti lo reputano impossibile. Ep-

pure, nonostante sia difficile che accada, può anche

succedere e Cristiano Zanforlin, Chief Commercial Of-

ficer di Mix Milano con una lunga esperienza di oltre

MERCATO Incendio in uno dei più grandi datacenter europei: un’intera ala di OVH è stata devastata, i dati sul server andati in fumo

Datacenter OVH di Strasburgo distrutto per incendioPerché succede e perché i dati sono persi per sempreChi non aveva previsto un disaster recovery plan ha quasi sicuramente perso tutto. Può succedere, vediamo perché Con un lungo report dettagliato, OVH ha spiegato cosa è successo. I più colpiti sono stati i private virtual server o VPS

segue a pagina 07

20 anni in diversi datacenter italiani, ci ha spiegato

perché quello che molti ieri hanno ritenuto impossibi-

le, un intero datacenter devastato dalle fiamme, è in

realtà qualcosa che viene spesso calcolato.

“I datacenter sono progettati seguendo le direttive di

affidabilità e tolleranza che vengono dettate da chi li

commissiona. All’interno del piano di progettazione ci

sono specifiche che riguardano livelli di ridondanza e

affidabilità, e il datacenter viene progettato seguen-

do queste indicazioni che non sono uguali. Non tutti

i datacenter sono costruiti allo stesso modo” spiega

Zanforlin. Scopriamo così che mentre in passato c’è

stata la corsa ai datacenter iper protetti, con il mas-

simo livello di sicurezza e resistenti anche all’errore

umano, oggi non è più così. La tendenza dei grandi

provider è di avere tanti datacenter delocalizzati con

un livello di protezione più bassa: si preferisce ave-

re tanti nodi che costano meno come manutenzione,

costruzione e gestione piuttosto che avere un unico

datacenter costruito con specifiche militari.

Il datacenter di OVH non solo era costruito con que-

sto principio ma era anche un datacenter molto par-

ticolare, perché realizzato in una struttura a contai-

ner di metallo impilati. Zanforlin ci spiega che oggi i

container vengono usati dai datacenter come moduli

aggiuntivi di emergenza per gruppi di continuità o per

operazioni temporanee, sono blocchi già pronti, ma

questo per OVH è diventata la normalità.

Inoltre, OVH essendo una piattaforma commercia-

le, gestisce all’interno dei container server ad altis-

sima densità: ogni singolo armadio ha una potenza

di calcolo enorme e densità, quindi tanta potenza,

vuol dire anche tanta energia che non vede l’ora di

sprigionarsi. Le fotografie che abbiamo visto, con il

metallo deformato dalle fiamme, spiegano i motivi di

una propagazione così rapida dell’incendio: basta che

uno dei container nella parte bassa prenda fuoco per

trasformare in poche ore i piani superiori in un incen-

dio difficile da domare.

Nei datacenter italiani è difficile che questo possa ac-

cadere, perché sono costruiti in cemento e le pareti

sono in grado di resistere per oltre due ore al fuoco

senza deformarsi. Inoltre, spiega Zanforlin, oggi i da-

tacenter moderni vengono costruiti a compartimenti

stagni, tante piccole scatole a tenuta stagna che sono

in grado di auto-isolarsi nel caso di incendio. Chi ge-

stisce un datacenter è consapevole che un incendio

possa divampare in una di queste scatole, ed è di-

sposto a perdere interamente quello che c’è dentro,

server e dati. Nessuno però è disposto a perdere la

struttura: può accadere il singolo evento, ma la strut-

tura impedisce che si diffonda a catena.

Ogni proprietario di datacenter sceglie cosa ritiene

accettabile perdere, e in quel caso calcola anche

come gestire i dati di quello che c’è all’interno dell’a-

rea che verrà distrutta. Non possiamo sapere se OVH

aveva calcolato come possibile la perdita di un singo-

lo container o di un intero building, quello che sappia-

mo è che un building e parte di un secondo building

sono andati distrutti dalle fiamme. I datacenter, spiega

Zanforlin, sono ovviamente protetti da un sistema anti

Page 7: 08 Attacco cinese ai server Exchange È gravissimo ma ne

torna al sommario 7

MAGAZINEn.240 / 2122 MARZO 2021

MERCATO

OVH e il datacenter in fiammesegue Da pagina 06

incendio ma come sempre bisogna vedere se ha fun-

zionato come dovrebbe e in che modalità. Nel 2019,

qualcuno sicuramente lo ricorderà, è andato a fuoco

interamente il datacenter di Sky a Roma: i sistemi anti

incendio sono partiti all’istante, tuttavia il fumo denso

successivo allo spegnimento delle fiamme ha portato

ad un danneggiamento di tutti gli apparati presenti

nell’edificio, anche di quelli che non erano stati toc-

cati dalle fiamme. Spegnere non sempre è la scelta

migliore, spesso si preferisce isolare e lasciare che

il fuoco distrugga tutto in un ambiente circostanziato.

Per questo motivo oggi esistono diverse linee di pen-

siero su come si deve domare il fuoco all’interno di un

datacenter: gli operatori anglosassoni prediligono lo

spegnimento ad acqua, con i classici ugelli che spruz-

zano acqua o nebulizzano vapore. Preferiscono perde-

re tutto quello che viene annaffiato, ma non vogliono

avere dubbi sul fatto che l’incendio sia completamente

domato. In italia e in tanti paesi europei si preferisce

usare sistemi a gas inerte, che riducono la quantità

d’ossigeno e vanno ad estinguere la fiamma. Questi si-

stemi tuttavia possono intervenire ad ambiente chiuso,

e se il sistema antincendio rivela che una porta è aper-

ta o una finestra è stata lasciata leggermente socchiu-

sa il sistema potrebbe non partire perché l’ambiente

non è compartimentato.

La scelta del sistema anti incendio dipende anche dai

costi: con le nuove normative sulla sicurezza alcuni si-

stemi molto efficaci richiedono una continua manuten-

zione e i costi si alzano. La scelta, spesso, è quella di

sacrificare tutto, perché risulta più conveniente. I dati,

tanto, sono teoricamente salvi altrove. Teoricamente,

perché non sempre è così: dipende dai singoli clienti e

dai contratti che vengono fatti.

Zanforlin, che segue la parte commerciale e le rela-

zioni con i clienti al Mix, ci spiega che l’ipotesi che un

datacenter vada a fuoco è assolutamente calcolata

e che quando un grosso cliente si siede a negoziare

un contratto non vuole nemmeno sapere quali sono

le precauzioni anti-incendio, vuole solo sapere quali

sono i piani di recupero. Il famoso recovery plan, ov-

vero quanto tempo serve, se si scatena un incendio,

per tornare alla normalità con tutti i dati al loro posto.

Bisogna considerare tuttavia differenti situazioni. Ci

sono casi dove c’è ridondanza totale, ed è il caso ad

esempio di un provider: se va a fuoco il datacenter di

un provider ai clienti la connettività viene fornita da un

altro nodo. La stessa cosa vale per la posta elettronica

e per i servizi associati. Il secondo caso è quello dei

datacenter per terzi, soluzioni come OVH che affitta-

no quelle che vengono chiamati “private cloud” ma in

realtà non sono altro che macchine virtuali installate

su un server installato in un container. Si stima che ieri

più di un milione di siti e servizi siano stati impattati dal

catastrofico evento di Strasburgo, e la maggior parte

di questi erano aziende, startup, siti personali e appli-

cazioni gestite in questo modo. Molti clienti di OVH,

stando a quello che si può leggere su Twitter, erano

convinti che OVH stesso, come servizio, prevedesse

di fatto un recovery plan per i clienti, ovvero che esista

da qualche parte una copia dei dati presenti sui server

andati a fuoco. Non è così: i server sono come fogli di

carta, una volta bruciati tutto quello che c’era scritto è

andato perso per sempre. Spettava al cliente fare la

fotocopia, oppure pagare per farla.

Ecco cosa si è salvato e cosa noSpento l’incendio, inizia la conta del danni. Dopo giorni

di lavoro interrotto OVH ha publicato un lungo e det-

tagliato report di tutto quello che si può salvare nel datacenter in fiamme e di quello che invece risulta perso per sempre, fatta eccezione ovviamente per

quegli utenti che hanno pensato di tenere copie di

backup esterne all’infrastruttura. Le cause dell’incen-

dio non sono ancora note, tuttavia Octave Claba, CEO

di OVH, ha detto che due pompieri con la camera ter-

mica hanno identificato una sorta di focolaio in pros-

simità di due UPS, gruppi di continuità, e uno dei due

era stato riparato la mattina stessa. Se fosse accertata

come causa dell’incendio l’esplosione di un gruppo

di continuità non sarebbe un bel problema, almeno a

livello d’immagine: solitamente i gruppi di continuità

sono elementi che vengono tenuti ben separati dai

server, proprio perché rappresentano elementi critici.

Non sappiamo come fosse strutturato il datacenter a

container di OVH, ma da quanto raccontato dal CEO

gli UPS erano nei container sotto i server.

I danni sono ingenti, e purtroppo i più colpiti sono

proprio i virtual private server, o VPS, quelle macchine

virtuali remote dal costo variabile tra i 10 e i 100 euro

al mese scelti solitamente dalle piccole medie impre-

se per i loro business. Nel lungo report che OVH ha

pubblicato quasi tutti i VPS, con l’aggiunta anche dei

loro servizi VPS Additional Storage, quindi lo spazio

aggiuntivo, sono andati persi e con loro perso anche

il backup. Si sono salvati solo coloro che avevano pa-

gato il servizio FTP Backup: questo veniva fatto sul da-

tacenter di Roubaix, quindi su un datacenter esterno.

Persi anche tantissimi servizi di backup: nelle stanze

andate a fuoco c’erano tantissimi server che gesti-

vano proprio il backup di tante soluzione enterprise,

come i server Managed Veeam Backup: questi sono

persi per sempre ma fortunatamente le macchine del-

le quali facevano il backup non hanno subito danni.

In molti casi si sono persi i backup ma non i server

principali. Colpiti irrimediabilmente anche molti servizi

NAS, alcune istanze cloud affittate a ore per calcoli di

ogni tipo e gli snapshot delle macchine virtuali. Sulla

pagina predisposta da OVH si può controllare lo stato

di ogni servizio.

Page 8: 08 Attacco cinese ai server Exchange È gravissimo ma ne

torna al sommario 8

MAGAZINEn.240 / 2122 MARZO 2021

di Roberto PEZZALI

Per molti negozi, soprattutto cinesi, che vendono in

Europa è finita l’era dei super sconti e dei prez-

zi bassi: il nuovo regolamento Europeo stabilisce

nuove regole, che diventeranno ancora più stringenti a

partire da luglio.

Una decisione, quella dell’Europa, sacrosanta: oggi i mi-

lioni di pacchi che arrivano dalla Cina acquistati dai con-

sumatori europei, dall’elettronica ai vestiti, rappresenta-

no una perdita enorme in termini di iva non dichiarata

e di dazi doganali non versati. Nell’ultimo anno, con la

pandemia e il boom del dropshipping, questa problema-

tica si è allargata a dismisura: sono tanti i negozi europei

che fanno da vetrina per una spedizione che parte di-

rettamente dalla Cina e, dopo qualche settimana, arriva

in Italia. Le nuove normative vogliono evitare una delle

pratiche più fastidiose: la dichiarazione di un valore della

merce falsa, molto più bassa dell’originale.

Fino ad oggi infatti, per alleggerire il carico delle dogane

e di chi deve gestire le spedizioni, è prevista una totale

esenzione per IVA e dazi di tutti i prodotti con un prezzo

inferiore ai 22 euro.

Questo ha portato molti venditori a dichiarare valori del-

la merce fasulli, indicare sulle confezioni “gift” oppure

“sample”, a trovare ogni stratagemma possibile per por-

tare il prezzo di un prodotto sotto i 22 euro.

In tutti questi anni pochissime spedizioni sono state

trattenute per accertamenti, e così tanta merce è stata

sdoganata senza controlli ed è arrivata nelle case degli

acquirenti anche se avrebbe dovuto pagare dazi di im-

portazione, IVA e magari subire anche qualche controllo

contro la falsificazione.

Inutile dire che questa pratica viene usata anche in

ambito business: sono tante le aziende che sono state

pizzicate, negli ultimi anni, per aver chiesto al fornitore

extra-UE di indicare un valore falso o fittizio sulla bolla

doganale. Spesso, si richiesta della dogana, basta una

autodichiarazione. L’Europa ha detto basta, e ha rivisto

interamente il processo di sdoganamento delle merci:

oltre alle imposte non versate e al danno economico,

c’è anche una questione enorme di concorrenza. I ne-

gozi europei, che pagano tutte le tasse e che vendono

prodotti che hanno dovuto in qualche modo importare,

quindi soggetti a dazi, non riescono più a competere con

molti negozi che lavorano in dropshipping e con i negozi

che vendono e spediscono dalla Cina.

Le normative messe in atto sono due e riguardano due

regolamenti separati dell’Unione Europea: il primo è in

vigore a partire dal 15 marzo 2021, il secondo doveva

entrare in vigore a inizio gennaio ma è stato rinviato al 1

luglio 2021. Vediamo cosa cambia.

Tracciamento capillare di tutte le merciLa prima fase di questo nuovo programma europeo di

gestione delle importazioni, partito ieri, si chiama Import

MERCATO Dal 15 marzo sono in vigore una serie di norme più stringenti che regolano gli acquisti extra UE. Una decisone sacrosanta

Shopping extra UE, nuove norme contro evasione daziSui marketplace cinesi da adesso si pagherà di piùNel mirino del regolamento, i grossi store cinesi che per evitare di pagare i dazi dichiarano il falso, e il boom del dropshipping

Control System 2, ICS2. E’ una piattaforma condivisa

dell’Unione Europea che permette di tracciare in modo

capillare tutte le merci in arrivo grazie alla collaborazio-

ne di tutte le dogane. Queste potranno identificare in

modo preciso la merce in transito, controllando anche i

vari flussi da parte dei magazzini e dai negozi stranieri.

L’obiettivo di questa prima fase è eliminare del tutto le

dichiarazioni imprecise e fuorvianti sulle merci: fino ad

oggi moltissime spedizioni sono state inviate in Europa

con la scritta “regalo”, “sample commerciale”, “parti di

ricambio” oppure “demo”, e proprio per questo motivo

non veniva indicato alcun prezzo di acquisto ma solo un

valore fittizio.

Nell’ambito dell’ICS2 uno spedizioniere non può più ac-

cettare un pacco se questo non è provvisto di un codice

HS specifico che indica la tipologia di merce inserita

(l’elenco è condiviso tra tutte le dogane del mondo) e di

una dichiarazione di importazione (Entry Summary De-

claration). Questo vuol dire che ogni prodotto che esce

dalla Cina o da un qualsiasi paese extra UE diretto in

Europa dovrà avere sopra il codice HS e dovrà essere

corredato da una descrizione specifica. Dovendo spe-

cificare un codice che identifica uno specifico prodotto

o più prodotti inclusi nel pacco ogni spedizione avrà un

contesto, non sarà più un generico “sample”. I dati incro-

ciati del sistema permetteranno poi di identificare even-

tuali falle: da un venditore ci si aspetta solitamente la

stessa categoria di merce, se su 10.000 spedizioni che

rientrano nella categoria elettronica ne spunta una che

rientra in un’altra categoria quella farà suonare un cam-

panello d’allarme e quindi un controllo. Nella prima fase,

saranno interessati solo gli operatori postali europei e i

corrieri. Tuttavia, molti pacchi arrivano con spedizione

postale classica proprio per facilitare l’importazione: dal

primo marzo del 2023 questo sistema verrà esteso an-

che a tutti gli operatori postali. Poste Italiane, per smista-

re un pacco extra UE, sarà collegata al sistema ICS2 e

dovrà verificare la presenza del codice HS. Molti negozi

cinesi nell’ultimo periodo hanno poi pensato di sfrutta-

re magazzini europei per facilitare il transito delle merci

intra-UE, questo ad un costo leggermente più alto: si

occupano loro dello sdoganamento, poi vendono all’in-

terno dell’Europa senza controlli. Dal primo marzo 2024

questo sistema verrà adeguato anche alle spedizioni via

mare e tramite ferrovia: così facendo si andranno a bloc-

care i rifornimenti dei magazzini europei, spesso gestiti

con sdoganamento “facile”.

Dal primo luglio basta soglia dei 22 euroLa vera rivoluzione che tocca però tutti coloro che

comprano al di fuori dall’Europa scatta dal 1 luglio di

quest’anno: sparisce infatti l’esenzione di dazi e IVA

per merci di valore inferiore ai 22 euro, quella che ha

permesso in questi anni una evasione di miliardi di

euro. La soglia “tax free”, ovvero l’esenzione dai dazi

di importazione, ci sarà solo per le merci che hanno un

valore dichiarato inferiore ai 150 euro ma in ogni caso

si dovranno comunque pagare sia l’IVA che le tasse di

importazione.

Questa cosa avrà un impatto enorme sul fronte consu-

mer, e lo si può capire con un esempio pratico.

Un utente italiano decide di acquistare sul marketplace

di Amazon un prodotto da 100 euro venduto da un ne-

goziante cinese tramite la piattaforma. Il prodotto viene

spedito direttamente dalla Cina. Amazon non gestisce

la spedizione ma è il venditore: c’è una transazione da

venditore cinese ad Amazon e una da Amazon al con-

sumatore finale. Nella transazione da Amazon al vendi-

tore finale Amazon dovrà versare l’IVA tramite il sistema

IOSS e quindi dovrà far pagare al cliente questa IVA.

Come stanno facendo molti markeplace nel mondo, ad

esempio eBay, è probabile che gli oneri legati all’IVA e

alle eventuali tasse di importazione vengano fatte paga-

re direttamente dal portale in fase di acquisto, inserite

nel prezzo del prodotto. Il costo di molti oggetti comprati

direttamente extra-UE potrebbe quindi lievitare, proprio

perché la piattaforma che li vende è poi tenuta a versare

l’IVA e altre eventuali tasse che fino ad oggi, o perché il

valore dichiarato era inferiore ai 22 euro o perché si è

fatto ricorso a diversi trucchi non sono mai state versate.

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MAGAZINEn.240 / 2122 MARZO 2021

di Massimiliano DI MARCO

Come si può dimostrare di possedere la copia ori-

ginale di un'opera digitale, che sia un'immagine,

un video oppure un tweet? La risposta a questa

domanda, per ora, sono i Non Fungible Token (NFT),

termine che in questi giorni è di grandissima moda. Di

cosa si tratta? Gli NFT possono essere definiti come un

certificato digitale che attesta la proprietà di un dato

bene o servizio attraverso l'utilizzo della tecnologia

blockchain. Vengono definiti "non fungibili" poiché sono

dei "gettoni" unici e non interscambiali tra di loro, come

può invece accadere per le banconote, per esempio,

o appunto le criptomonete come i Bitcoin o Ether: non

c'è distinzione tra un bitcoin e l'altro, così come tra una

moneta da un euro e un'altra se non chi la possiede. Un

quadro originale non è fungibile: un utente può scatta-

re una foto di un ritratto, ma ciò non significa che ne

ha l'originale; è una riproduzione, al massimo, che non

ha il valore dell'opera originale. Tante persone hanno

in casa riproduzioni di opere famose. Lo stesso accade

nel mondo digitale, ma in maniera molto più diffusa e

confusa: come dimostrare tra due immagini JPEG qual è

quella originale? Sono identiche: la certificazione trami-

te blockchain è una possibile soluzione. La definizione

di NFT come certificato di proprietà non è univocamen-

te accettata e non spiega perfettamente cos'è un NFT:

secondo altri, è più facile pensare agli NFT come ad un

bene autografato dal suo autore. Infatti, l'autore di un

NFT può continuare a guadagnare da tale contenuto an-

che se è stato venduto. Tecnicamente un NFT è un bloc-

co di dati registrato sulla blockchain, un file crittografato

contenente dei metadati che permettono di identificare

il proprietario e che descrivono il "bene" legato all'N-

FT. Fino ad una certa dimensione, i metadati possono

contenere il file digitale stesso, che in questo caso può

essere salvato sulla blockchain, ma possono essere an-

che salvati su un server esterno. La blockchain permet-

te di monitorare eventuali futuri acquisiti legati ad uno

specifico NFT, tracciando i passaggi di proprietà e quin-

di di retribuire il suo autore originale anche in futuro. Gli

NFT più diffusi vengono pagati in Ether, la criptovaluta

basata sulla blockchain di Ethereum.

MERCATO Gli NFT (Non Fungible Token) sono un fenomeno che risale al 2017, ma il giro d'affari è cresciuto fortemente solo negli ultimi mesi

NFT e criptoarte. Moda o futuro della proprietà?Un'opera di "Beeple" è stata battuta all'asta da Christie's per 69 milioni di dollari. Ma di cosa si tratta? Ecco cosa c'è da sapere

Criptogattini, canzoni e tweet: tutto può essere messo in venditaTutto può diventare un NFT? Di fatto, sì, esattamente

come chiunque può dipingere un quadro e provare a

venderlo; o realizzare un brano musicale o un videogio-

co e metterlo in vendita: sarà il "mercato" - inteso come

la disponibilità di qualcuno ad acquistare qualcosa che

qualcun altro ha voluto mettere in vendita - a decide-

re se tale opera avrà un valore o no. Allo stesso modo,

chiunque può generare un NFT e provare a venderlo.

Il limite è che l'autore del NFT deve poter dimostrare

la proprietà del contenuto: non si può creare un NFT

di qualsiasi cosa che non può essere posseduta, per

esempio. Online è possibile acquistare NFT di vario ge-

nere: criptogattini, criptopunk, ritratti di nudo generati dall'Intelligenza Artificiale, figurine digitali dei calcia-tori e animaletti virtuali con cui sfidare altri giocatori. In alcuni casi si parla di collezionismo come accade per

oggetti come francobolli, monete o auto storiche; in altri,

è la popolarità dell'autore (un eccentrico miliardario, per

esempio, o un rapper) che stabilisce la rilevanza econo-

mica del NFT che viene messo all'asta.

Gli NFT non sono un fenomeno nuovo - i "criptogattini"

che hanno dato origine al fenomeno degli NFT risalgono

al 2017, per esempio - ma negli ultimi mesi si sono am-

piamente diffusi. Gli esempi recenti sono variegati:

• la popolare GIF del "nyan cat" è stata venduta lo

scorso febbraio per 587 mila dollari;

• un NBA Top Shot, una sorta di figurina digitale

che propone una giocata spettacolare di un ce-

stista della lega nordamericana con le statistiche

della partita in cui è avvenuta, può valere fino a

208 mila dollari;

• un'opera digitale di Mike "Beeple" Winkelmann

(una raccolta di 5.000 contenuti caricati in altret-

tanto giorni) è stata recentemente battuta da Chri-

stie's, la più grande casa d'aste al mondo, per 69 milioni di dollari;

• Il gruppo musicale Kings of Leon ha venduto mol-

te copie dell'album "NFT Yourself", che include un

vinile in edizione limitata, un artwork e l'edizione

digitale, per un totale di 2 milioni di dollari;

• il co-fondatore di Twitter Jack Dorsey sta venden-do il suo primo tweet e la migliore offerta è di 2,5

milioni di dollari. L'asta verrà chiusa il 21 marzo e la

cifra raggiunta verrà convertita in Bitcoin e donata

in beneficienza.

A oggi, secondo le stime di Crypto Slam, sono stati

venduti NBA Top Shot per 371 milioni di dollari e "cripto-

punk" per 155 milioni di dollari. La particolarità è che chi

compra l'NFT, che viene firmato digitalmente dall'autore

del bene che viene certificato, spesso non ha la reale

proprietà "fisica". Nel caso del tweet di Dorsey, il co-fon-

datore di Twitter potrebbe cancellarlo e chi comprerà

l'NFT non potrà farci niente.

Gli NFT sono una bolla finanziaria?L'intero mercato degli NFT sta correndo velocemente. E

quando un mercato cresce rapidamente e le ragioni di

tale corsa sembrano immotivate, inizia a circolare una

domanda: è una bolla finanziaria? È stata una bolla fi-

nanziaria la prima era del web (la "bolla delle dot-com"):

tra il 1995 e il 2000, la speculazione attorno alle prime

aziende operative su Internet fu eccessiva rispetto alle

possibilità del loro giro d'affari e ai profitti che avrebbero

potuto registrare; e a un certo punto, il mercato è crolla-

to perdendo gran parte del valore che aveva accumula-

to negli anni precedenti e diverse aziende sono fallite.

La GIF del Nyan Cat è stata venduta per 587 mila dollariLo stesso Beeple, l'autore dell'opera venduta per 69 mi-

lioni di dollari, ha detto alla BBC che "penso che ci sarà

una bolla, a essere onesti. E penso che potremmo esse-

re in quella bolla proprio ora". Susanna Streeter, analista

di mercato e investimenti di Hargreaves Lansdown, ha

sottolineato che "al momento alcune persone stanno

comprando questo tipo di asset per un guadagno spe-

culativo nel breve termine, con l'aspettativa che potran-

no solcare l'onda con prezzi più alti". Secondo Streeter,

però, la frenesia attorno agli NFT potrebbe crollare da

un momento all'altro, il che lascerebbe gli attuali proprie-

tari in cerca di un guadagno veloce con "un asset che

non vale più niente".

I Kings of Leon hanno proposto un'edizione limi-tata in vinile di un loro album come NFT: saranno prodotte tante copie quanti NFT.

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torna al sommario 10

MAGAZINEn.240 / 2122 MARZO 2021

di Pasquale AGIZZA

Oppo ha annunciato la nuova gam-

ma di smartphone Find X3, terza

incarnazione della fortunata serie

del produttore cinese. La gamma Find X3

sarà declinata in tre modelli: il modello di

punta X3 Pro, X3 Neo e il modello Lite.

Tutti e tre modelli saranno compatibili con

le reti 5G di nuova generazione.

Oppo Find X3 Pro, con processore Snapdragon 888 e 12 GB di RAMPartiamo proprio dal modello Pro che,

come lascia intendere il nome, è il mo-

dello di punta della gamma X3. A bor-

do troviamo il processore Qualcomm

Snapdragon 888, coadiuvato da ben 12

GB di memoria RAM e 256GB di spazio

di archiviazione.

Il display è un OLED da 6,7 pollici con

risoluzione QHD+ 3126 x 1440. La fre-

quenza di aggiornamento è adattiva,

fino ad un massimo di 120 Hz. Supporto

alla profondità colore 10-bit, certifica-

zione HDR10+ e rivestimento Gorilla

Glass 5 sono le altre caratteristiche

del display. Per quel che riguarda il

comparto foto sono quattro le fotoca-

mere posteriori, con la particolarità di

un doppio sensore da 50MP Sony, uno

con ottica grandangolare e l’altro con

ottica angolare. Completano il quadro

un sensore da 13 MP con zoom ottico

2X e un sensore da 5 MP con ottica

macro. Fotocamera anteriore da 32 MP.

Batteria da 4.500 mAh con ricarica ve-

loce a 65 W con cavo e 30 W wireless,

connettività 5G e WiFi 6 e doppio al-

loggiamento SIM più eSIM completano

la dotazione tecnica. Prezzo consiglia-

to di 1.149,99 euro, due le colorazioni

disponibili.

OPPO Find X3 Neo sarà proposto in una fascia di prezzo più alta di X2L’OPPO Find X3 Neo è diretto succes-

sore dell’apprezzato Find X2. Rispetto

al modello precedente si posiziona in

una fascia di prezzo superiore, grazie

anche al processore Snapdragon 865.

Memoria RAM da 8 o 12 GB a seconda

del modello, 128 GB o 256 GB di spazio

di archiviazione. Il display è un OLED

da 6,55 pollici con risoluzione 2400

x 1080. Frequenza di aggiornamento

da 90 Hz, supporto all’HDR10+ e rive-

stimento Gorilla Glass completano le

caratteristiche dello schermo. Anche

in questo caso il comparto fotografico

conta di quattro sensori: il principale è

da 50 MP, con una grandangolare da

16 MP, un tele da 13 MP e un sensore

macro da 2 MP. Anche qui fotocamera

anteriore da 32 MP. X3 Neo utilizza la

stessa batteria da 4.500 mAh di X3 Pro,

ma a differenza del modello superiore

non prevede la ricarica wireless. Resta

disponibile la ricarica veloce cablata

da 65 W. Doppia SIM, ma rispetto al

modello superiore si perde anche l’e-

SIM. Prezzo a partire da 799,99 euro.

OPPO Find X3 Lite, costa 499,99 euro con processore Snapdragon 765GChiudiamo la panoramica sulla nuova

gamma X3 con il modello Lite. A bordo

lo Snapdragon 765G, con 8 GB di RAM

e 128 GB di spazio di archiviazione.

Il display è un OLED da 6,44 pollici con

risoluzione FHD+, refresh adattivo fino

a 90 Hz e supporto all’HDR10+. Il rivesti-

mento in questo caso è un Gorilla Glass

3. Comparto fotografico che conta di un

sensore principale da 64 MP, una gran-

dangolare da 8 MP, un sensore macro

da 2 MP e un sensore di profondità da

2 MP. Fotocamera anteriore da 32 MP.

La batteria è un’unità da 4.300 mAh di

capacità. Completano il quadro connetti-

vità 5G, Wi-Fi 5, NFC e jack audio. OPPO

Find X3 Lite sarà proposto ad un prezzo

di 499,99 euro.

MOBILE La gamma X3 di Oppo sarà declinata in tre modelli: il modello di punta sarà l’X3 Pro

I nuovi Find X3 di Oppo: tre modelli 5G Il Find X3 Pro ha due sensori da 50 MPTutti i modelli, X3 Pro, X3 Neo e il Lite saranno compatibili con le reti 5G di nuova generazione

Bloomberg è sicuro: iPad Pro con schermi Mini LED e Thunderbolt già ad aprileInteressante indiscrezione sui nuovi modelli Pro di iPad: utilizzeranno schermi Mini LED (ma forse solo quello da 12,9), avranno la Thunderbolt e un processore alla pari dell’M1 montato sui nuovi Mac

di Pasquale AGIZZA

Due nuovi iPad Pro, potentissimi e con un display tutto nuovo. Ma an-che un nuovo iPad Mini e l’aggior-namento dell’iPad versione base. Bloomberg ha lanciato un’impor-tante indiscrezione sugli aggiorna-menti futuri del tablet di Apple, con i nuovi Pro che sarebbero pronti già ad aprile.La parte più interessante riguarda l’utilizzo di un display mini LED che, secondo l'indiscrezione ri-lanciata da Bloomberg, equipag-geranno i nuovi iPad Pro. Fra le caratteristiche più importanti della nuova tipologia di display avremo contrasto e luminosità molto più alti rispetto agli schermi LCD tra-dizionali. Non è ancora chiaro se entrambi i modelli Pro utilizzeran-no schermi mini LED o se saranno destinati solo al nuovo iPad Pro da 12,9". Altra aggiunta interessante è quella della porta Thunderbolt, che consentirà di collegare con facilità monitor e supporti di me-moria esterni, oltre a garantire una velocità di trasferimento dati molto più alta. Infine, dovrebbe arrivare, a settembre, una nuova versione di iPad Mini con uno schermo un po' più grande di quello attuale.

Page 11: 08 Attacco cinese ai server Exchange È gravissimo ma ne

torna al sommario 11

MAGAZINEn.240 / 2122 MARZO 2021

di Roberto PEZZALI

Nel lontano 2018 Oppo, fresca di sbarco in Euro-

pa, presentò al Louvre il primo Find X. Era uno

smartphone coraggioso, la ricerca dell’innova-

zione senza compromessi, il primo smartphone con la

fotocamera a scomparsa motorizzata. Oppo chiedeva

ai tempi 999 euro, una cifra che ci sembrava esagera-

ta per un marchio all’epoca sconosciuto, ma ad Oppo

non interessava: l’obiettivo non era vendere il Find X,

ma dimostrare che oltre alla già nota ed apprezzata

Huawei c’era anche un’altra azienda cinese che sape-

va spingere forte sull’innovazione.

Lo scorso anno è arrivato Find X2 Pro, meno sofisti-

cato ma altrettanto innovativo: è stato il primo smar-

tphone ad introdurre una serie di novità come il primo

sensore Sony 2x2 On-Chip Lens, il dual ISO e lo scatto

RAW a 12 bit. Oppo chiedeva 1.199 euro, prezzo pre-

mium più che adeguato a quello che offriva però la

concorrenza: Find X2 Pro era ed è tutt’ora uno smar-

tphone eccellente, ben costruito e curato in tutti i suoi

aspetti, dall’hardware al software. Anche in quel caso

ad Oppo non interessavano i numeri, interessava solo

dimostrare che oltre a Samsung, a Huawei e ad Ap-

ple c’è anche lei e non è da meno rispetto ai marchi

spesso predi come riferimento per quanto riguarda

innovazione e qualità.

Find X3 Pro ha tutto quello che serve per essere definito topIl nuovo Find X3 Pro è un po’ la conclusione del per-

corso: Oppo presenta uno smartphone di fascia alta

che integra design, innovazione, cura nei dettagli ma

anche tanta personalità. Il prezzo resta alto, 1.149 euro,

ma è anche giusto così: costa come costano tutti gli

altri smartphone nella stessa categoria.

Find X3 Pro sulla carta è uno smartphone pensato

espressamente per la produzione di video e foto.

Oppo lo ha presentato usando il payoff “riscopri il

colore”, e il riferimento va al Full Path Color Manage-

ment, ovvero alla capacità di scattare una fotografia a

10 bit arrivando a riprodurla a 10 bit, 1024 sfumature

per canale, un miliardo di colori. Per fare questo Oppo

ha ovviamente curato tutti gli aspetti, dalla cattura alla

riproduzione: fotocamere e display sono il fiore all’oc-

chiello del telefono.

Il display è un OLED da 6.7” QHD+ (3216x1440) con

525 ppi di definizione, 5.000.000:1 di contrasto, re-

fresh rate dinamico variabile da 5 Hz a 120 Hz e una

luminosità di picco di 1.300 nits. Siamo davanti ad

un pannello LTPO (Low-temperature Polycrystalline

Silicon and Oxide) a 10 bit reali, un miliardo di colori,

al contrario di quello del Find X2 Pro che veniva di-

chiarato 10 bit ma in realtà era da 8 bit con 2 bit di

dithering. Oppo è talmente fiduciosa della qualità del-

MOBILE Il top di gamma Oppo è un concentrato di innovazione: schermo e fotocamere rivoluzionarie e design particolare

Oppo Find X3 Pro, le nostre prime impressioni Innovativo, completo, in una parola: esageratoUn prodotto eccellente con un prezzo elevato, 1.149 euro, ma è il primo vero competitor del Samsung Galaxy S21 Ultra

lo schermo OLED che non solo parla di spazio colo-

re DCI P3 ma dice che addirittura copre parte dello

spazio Rec.2020. Non possiamo ancora mostrare le

misurazioni che abbiamo fatto in laboratorio, per em-

bargo, ma possiamo dire che quello che Oppo pro-

mette non è molto distante dalla realtà, lo schermo

è davvero eccellente come resa. Non solo: Oppo ha

ancora pensato a tutte quelle persone che hanno leg-

gere deviazioni nella percezione cromatica, e per farlo

ha inserito nello smartphone il test Munsell 100 per la

calibrazione della tinta: ad ogni persona viene chiesto

di riordinare una serie di tonalità per ogni colore e il si-

stema applicherà una correzione automatica per i casi

di leggero daltonismo. L’obiettivo di Oppo è assicurar-

si che la visione sullo schermo coincida esattamente

con il materiale sorgente, sia che si tratti di materiale

catturato dalla fotocamera sia che si tratti di contenuti

che arrivano dalle app di streaming. La gestione, forse

esagerata se applicata ad uno smartphone, è assolu-

tamente lodevole perché l’intera catena di produzio-

ne dei contenuti si basa proprio sul rispetto degli spa-

zi colore dalla sorgente al display che deve riprodurli.

Rispettare gli standard è importante.

Uno schermo da 1 miliardo di colori con una fotocamera capace di catturarliIl full-path 10-bit Colour Management System richie-

de oltre ad un display capace di mostrare contenuti

a 10 bit anche una fotocamera capace di catturarli e

un sistema in grado di gestirli. Oppo ha costruito il

suo CMS sopra quello molto più debole di Android: la

camera scatta a 10 bit in formato HEIF, salva in HEIF

e mantiene lo spazio colore quando la foto viene ri-

prodotta sullo schermo del telefono o esportata per

l’editing su un notebook esterno.

Questa funzione dev’essere attivata a mano dall’u-

tente perché potrebbe creare problemi nel caso in

cui le foto vengano condivise tramite i servizi di mes-

saggistica e visualizzate su dispositivi incompatibili.

Oppo ha usato una coppia di sensori identici per la

camera principale e per la super grandangolare, due

sensori Sony realizzati appositamente per Oppo e

OnePlus. Stiamo parlando degli IMX766, 1/1.56” con

pixel da 1.0μm, che diventano da 2.0μm quando viene

attivata la modalità binning e il sensore scatta a 12.5

megapixel. Il sensore è simile a quello usato sul Find

X2 Pro, tecnologia 2×2 OCL per la messa a fuoco in

ogni direzione e possibilità di modalità dual iso per

scatti ad alta dinamica.

Il sensore dispone di convertitore a 12 bit, quindi può

scattare RAW a 12 bit, e Oppo ha pensato di introdur-

re oltre alla modalità RAW classica anche la modalità

RAW+ che assomiglia al ProRAW di Apple: è un pro-

cessed RAW che viene ricavato usando la modalità

dual iso, quindi da più pose. Un RAW che arriva dal

processore, caratterizzato da una gamma dinamica

più ampia e quindi più gestibile.

L’utilizzo dello stesso identico sensore per super wide

e wide permette a Oppo di mantenere anche una cer-

ta uniformità per quanto riguarda il bilanciamento del

segue a pagina 12

Page 12: 08 Attacco cinese ai server Exchange È gravissimo ma ne

torna al sommario 12

MAGAZINEn.240 / 2122 MARZO 2021

MOBILE

Oppo Find X3 Prosegue Da pagina 11

bianco e la resa cromatica, anche se ovviamente i due

sensori dispongono di obiettivi differenti.

Sul super wide viene usata una lente F2.2 free form

per assicurare una focale di circa 16 mm, sul wide

viene usato un obiettivo stabilizzato F1.8 equivalente

a 26 mm. Sparisce il tele a periscopio, presente sul

modello dello scorso anno per lasciare spazio ad un

più sfruttabile 52 mm da 13 megapixel, un obiettivo

2x. Tramite il machine learning Oppo lo spinge fino

a 5x in modalità ibrida e a 20x in modalità digitale.

C’è una quarta lente, che serve davvero a poco ma

che è diventata la nostra preferita in quanto unica nel

suo genere: è da 3 megapixel ed è un microscopio.

Non una macro, quella si può fare con il super wide

ad una distanza di 4 cm circa ma un vero e proprio

microscopio 60x con tanto di anello luminoso attorno

alla lente. Oppo ha pensato davvero a tutto, toccando

anche l’eccesso a tratti: si possono ovviamente regi-

strare video 4K usando diversi profili colore e anche

in HDR, ma si può anche registrare video LOG. Do-

vrebbe essere un vero video Log, con tutta la dinami-

ca del sensore da gestire poi in fase di post produzio-

ne: nella recensione vi diremo se è esattamente così.

40 ore di lavorazione per il vetro sagomatoIl design è come sempre soggettivo, ma non possia-

mo dire che Oppo non abbia fatto un lavoro davvero

eccellente: il vetro posteriore satinato è ha una parti-

colare curvatura che nasconde lo spessore del blocco

fotocamere, inserite in un contrasto lucido / satinato.

Nella parte più sottile lo spessore è di 8.26 mm, con

un peso contenuto di 193 grammi. Da un 6.7” non ci si

può aspettare ovviamente un telefono piccolo e com-

patto, quindi anche il Find X3 Pro rientra nella catego-

ria “padelle” difficili da usare con una mano. Ormai ci

siamo abituati, ma sarebbe vedere qualche flagship

Android da 5.5" o 5.8". Oppo ha raccontato che per

la lavorazione del vetro satinato servono oltre 40 ore,

e che grazie ad un passaggio in una fornace ad al-

tissima temperatura questo vetro è robustissimo, ma

quello che forse più interessa agli utenti è sapere che

la scocca oltre ad essere robusta è anche protetta

contro schizzi e immersioni grazie alla certificazione

IP68. Non c'è garanzia, ma sono comunque stati fatti

dei test per verificare la tenuta.

Lo schermo è leggermente curvo ai bordi, e questa è

forse l’unico elemento che avremmo cambiato in un

design comunque ben riuscito. All’interno trova spa-

zio lo Snapdragon 888 con 12 GB di RAM e 256 GB

di storage, la porta USB è la 3.1 e c’è il supporto dual

SIM. La batteria è da 4.500 mAh, con ricarica da 65

watt a filo e da 30 watt wireless. Il caricatore è nella

confezione.

Un vero top di gamma. Prezzo alto, ma costa e vale quanto il Galaxy S21 UltraFind X3 Pro, a 1.149 euro, è un vero top di gamma con

un prezzo che è adeguato a quello che offre. Possia-

mo discutere per ore se quello che offre è in realtà

quello che serve davvero agli utenti. Gli smartphone

oggi finiscono tra le mani delle stesse persone che

guardano un film sul TV usando la modalità dinamica

del televisore, snaturando l'immagine, utenti che non

hanno la minima idea del fatto che il colore sia una

scienza e che esiste la color correction.

Oppo porta su uno smartphone concetti che appar-

tengono ad un pubblico davvero di nicchia, dalla

ripresa Log ai RAW a 12 bit: qualcuno sicuramente

apprezzerà lo sforzo fatto, pochi altri smartphone sul

mercato offrono lo stesso, ma per la maggior parte

delle persone tutto quello che Oppo ha messo sul

Find X3 Pro resterà inutilizzato o incompreso.

Questo vale non solo per Oppo, ma per tanti smar-

tphone di oggi: l’esperienza di base è la stessa, ed è

quella in questo caso data dall’ottima ColorOS.

Chi sceglie oggi il Find X3 Pro si trova comunque tra

le mani uno degli smartphone più innovativi sul mer-

cato, costruito alla perfezione e davvero curato in

ogni suo aspetto. Il primo vero competitor del Galaxy

S21 Ultra per questo inizio di 2021.

Il microscopio permette di scattare fotografie da 3 megapixel di dettagli microscopici, come la struttura dei pixel di uno schermo. Qui sopra, un paio di esempi.

L'anello attorno alla lente "microscopio" illumi-na la zona.

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MAGAZINEn.240 / 2122 MARZO 2021

di Roberto PEZZALI

Nel nuovo Oppo c’è tanto, forse troppo, e alcu-

ne funzioni aggiunte al nuovo top di gamma

possono, per chi conosce a fondo certi principi

dell'immagine, apparire anche sospette.

Oppo, ma non è stata la prima, ha portato su uno

smartphone molte tecnologie che appartengono ad

altri mondi, anche elementi che onestamente su uno

smartphone servono davvero a poco soprattutto se

non vengono inseriti in un ecosistema capace di ge-

stirli. Lunar Animation è uno studio inglese molto fa-

moso, con all’attivo decine di lavori con Disney: Lunar

ci ha raccontato come il passaggio dagli iMac ai nuovi

Mac Pro ha cambiato il loro modo di lavorare, e ci han-

no spiazzato quando hanno detto che il wide color,

ovvero il P3, è qualcosa che raramente viene chiesto

loro anche in ambito professionale. Solitamente lavo-

rano in sRGB. Oppo ha costruito l’intera campagna di

marketing del Find X3 Pro sul miliardo di colori, su

un workflow a 10 bit, su un Wide Color che oggi non

esiste neppure all’interno di molte aziende che lavo-

rano con un workflow video professionale di altissimo

livello. Ci siamo così chiesti: quello che dice Oppo è

solo fumo o c'è anche arrosto?

In attesa della recensione, abbiamo sottoposto il Find

X3 Pro alla "macchina della verità": volevamo vedere

se le promesse di Oppo sono mantenute o se dietro

i molti annunci roboanti si nasconde un qualcosa di

assolutamente "standard".

MOBILE Abbiamo analizzato tutti i punti di forza del Find X3 Pro, che Oppo ha usato per spingere il suo nuovo top di gamma

Oppo Find X3 Pro, la macchina della verità Dai 10 bit all'HDR, Oppo mantiene le promesse?Dal miliardo di colori alle foto a 10 bit, al Wide Color, abbiamo analizzato punto per punto come si comporta Oppo Find X3 Pro

Schermo a 10 bit da un miliardo di coloriLo schermo usato dal Find X3 Pro è effettivamente un

OLED a 10 bit. Visualizzando patch con sweep di satu-

razione si nota la totale assenza di banding, e ci trovia-

mo davanti ad un pannello eccellente nella resa. Non

è luminosissimo, 480 nits in SDR e 503 in HDR, ma è

davvero accurato come calibrazione cromatica sia nella

modalità sRGB sia nella modalità cinema P3. La coper-

tura dello spazio colore P3 (1931xy) è pari al 92,1%. Qui

sotto i grafici, con un errore bassissimo, tra i più bassi

mai registrati.

Schermo con refresh rate variabile da 5 Hz a 120 HzIl pannello oltre ad essere a 10 bit è sicuramente un

pannello a refresh variabile, ma questo pannello vie-

ne usato quasi sempre in un range che varia da 60 a

120 Hz. Le modalità di refresh, nelle due risoluzioni di

rendering selezionabili ovvero 2412 x 1080 e 3216 x

1440 (FHD+ e QHD+) sono fissate a 60 Hz, 72 Hz, 90

Hz e 120 Hz. C’è una modalità a bassissimo refresh, che

viene usata solo con l’Always on Display attivo: sono i

famosi 5 Hz pubblicizzati, usati a bassa luminosità e con

immagini quasi statiche per non far percepire il flicker

che un refresh così basso non riuscirebbe a nasconde-

re. Se teniamo una pagina fissa, o se guardiamo una

foto, lo smartphone va a 60 Hz. In ogni altro caso, du-

rante l’uso normale, lo schermo usa sempre i 120 Hz

o i 60 Hz, sporadicamente gli altri intervalli intermedi.

Niente che non facciano anche gli altri smartphone con

refresh rate variabile, niente di "straordinario".

Fotografie a 10 bit con un miliardo di coloriLe fotografie, se scattate in modalità standard, sono dei

semplici Jpeg a 8 bit sRGB, ma se si sceglie di scattare

in HEIF viene abbinato lo spazio colore P3, che viene

riconosciuto ovviamente anche da Photoshop e da tutti

i normali software di fotoritocco. Il wide color quindi c'è.

Se si seleziona invece “colore a 10 bit”, opzione ma-

nuale, le fotografie vengono teoricamente salvate a 10

bit. Diciamo teoricamente perché al momento l’unico

applicativo che riconosce la fotografia come a 10 bit è

la libreria MediaInfo. Per tutti i software di fotoritocco,

da Photoshop a Lightroom passando per Pixelmator,

Darkroom, la foto viene riconosciuta sempre e solo

come una foto a 8 bit per canale. Abbiamo chiesto

informazioni a Oppo che ci ha risposto: “Per creare il

primo telefono con un supporto end-to-end a 10 bit (ri-

segue a pagina 14

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torna al sommario 14

MAGAZINEn.240 / 2122 MARZO 2021

presa, memorizzazione, visualizzazione) abbiamo prima

ristrutturato il framework di decodifica, e poi modificato

il decoder nativo per sviluppare una soluzione di deco-

difica compatibile con le immagini a 10 bit. Dopo la de-

codifica, abbiamo modificato i dati di memorizzazione a

livello di base per creare una nuova struttura per salva-

re il file. Abbiamo anche preso un approccio diverso a

livello di rendering, lasciando da parte il renderer nativo

di Android. In questo momento stiamo lavorando con i

partner del settore per garantire un più ampio supporto

di strumenti nei flussi di lavoro della fotografia." La fra-

se più importante è ovviamente l’ultima: al momento,

che scatti a 8 bit o a 10 bit cambia ben poco, perché i

software non riconoscono i 10 bit.

I RAW sono a 12 bit, ma anche qui il discorso è lo stesso

che abbiamo fatto con altri smartphone: i “bit” servono

per memorizzare più informazioni, ma il sensore piccolo

di uno smartphone raccoglie ben poche informazioni

rispetto al sensore di una full frame e ha una gamma

molto ridotta. Possono essere anche 16 bit, ma non si

potrà mai avere il range di lavoro che si ha invece la-

vorando il RAW di una camera con sensore più grande.

Possibilità di registrare video LogTra le modalità di registrazione video c’è una modalità

“Movie” che permette di registrare un filmato in formato

2.35:1 senza correzione della curva di gamma.

Ci troviamo davanti ad una scena totalmente slavata,

alla quale va applicata poi una LUT correttiva in fase di

post produzione con un software come Lumetri. Oppo

al momento non mette a disposizione una LUT, e abbia-

mo usato alcune LUT classiche disponibili per applicare

un piccolo grading alla clip.

Ci troviamo davanti ad una gestione un po’ limitata e

anche criticabile per certi aspetti: Oppo fa registrare in

2.35:1, tipico formato cinematografico, ma la clip è a 30

fps con frame rate variabile, e l’unica buona notizia è

che siamo di fronte comunque ad un HEVC a 10 bit. Se

deve essere cinema, almeno che sia a 24p o che ci fac-

cia scegliere: invece è tutto fisso, 30p e 2:35:1 con ban-

de nere. E' bene ricordare che il formato Log viene usa-

to in ambito professionale per permettere di registrare

una gamma dinamica ampia all’intero di un file "relativa-

mente piccolo", gamma dinamica da sfruttare poi in fase

di post produzione. Il sensore di uno smartphone però

non ha gli stop di dinamica di una videocamera classica,

e basta giocare con il file “Log” per rendersi conto di

quanto sia povero di dettagli, e di come sia comunque

difficile recuperare alte o basse luci.

Registrazione video HDR Rec.2020Sempre all’interno della modalità di registrazione “mo-

vie” è possibile attivare la cattura HDR. In questa moda-

lità il file registrato è sempre un HEVC a 10 bit, ma ha

un profilo colore Rec.2020. La clip, importata in modo

corretto su una sequenza di Premiere, è effettivamente

un file HDR a 10 bit HLG, e ha una luminosità massima

che passa (e non di poco) i 1000 nits. Resta lo stesso

discorso fatto anche per l’iPhone con Dolby Vision: con

un sensore così piccolo non è possibile avere tutta la

dinamica di un vero file HDR, tuttavia l’elevata lumino-

sità del master e lo spazio colore esteso può far la dif-

ferenza se viene riprodotto il file su un TV HDR o su un

display HDR. Ovviamente dev’essere rispettato tutto il

workflow di lavorazione, e non è cosa da poco.

Lo schermo è eccezionale, il resto è tanto marketingOppo Find X3 ha tante novità, alcune già viste su altri

smartphone altre inedite. Di tutto questo, l’unica cosa

La scena originale registrata dal telefono. Lavorare sul file Log dell'Oppo Find X3 Pro è tutt'altro che semplice.

MOBILE

Find X3 Pro, la macchina della veritàsegue Da pagina 13

che resta è uno schermo effettivamente eccellente

come resa: preciso, luminoso, accurato e fedele. Tut-

to il resto, incluso il miliardo di colori, è effettivamente

presente ma in una implementazione “smartphone”,

ovvero molto light.

Oppo non imbroglia, quello che è stato annunciato ef-

fettivamente c’è, ma le funzioni aggiunte, che arrivano

dal mondo “pro”, difficilmente saranno sfruttabili pro-

prio per i limiti dei piccoli sensori degli smartphone o

per l’implementazione molto “proprietaria”.

Insomma, la sostanza c’è, perché alla fine è un ottimo

telefono, ma c’è anche tanto marketing.

La foto è visibilmente sovraesposta perché è il frame di una clip Hybrid Log Gamma. A schermo si vede correttamente. Sotto i livelli, si passano i 1000 nits.

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torna al sommario 15

MAGAZINEn.240 / 2122 MARZO 2021

di Roberto PEZZALI

Se la serie S di Samsung serve a mostrare i mu-

scoli, la serie A è quella che serve ad aumentare

il fatturato. La famosa fascia media, quella che si

vende, quella che deve piacere ed essere completa,

con un giusto rapporto tra qualità, prezzo e prestazioni.

Samsung ha annunciato i nuovi modelli della serie A

2021, il Galaxy A52, il Galaxy A52 5G e il Galaxy A72,

con un prezzo che va dai 499,90€ del Galaxy A72 ai

379,90€ del Galaxy A52, passando per i 459,90€ che

servono per portare a casa la versione 5G di quest’ul-

timo. La serie Galaxy A è una serie “furba”: Samsung

risparmia dove può permettersi di farlo e mette sul piat-

to alcune cose che non sarebbero affatto scontate su

questa fascia di prezzo. C’è ad esempio la certificazione

IP67, che offre una maggiore sicurezza all’utente nei

danni da acqua e c’è anche il jack audio, non tutti coloro

che acquistano un telefono di fascia media si sono già

dotati di cuffie true wireless.

Samsung ha anche messo nella scatola il caricabatterie

che ha tolto invece sulla serie flagship: l’azienda, in otti-

ca green, ha dichiarato che a tendere il caricatore sarà

rimosso da tutti i modelli ma in questa categoria ritiene

che il caricatore serva ancora. Criticabile tuttavia la scel-

ta di dare un caricatore con connettore USB classico: il

modello nella scatola è il TA200, 15 watt di ricarica mas-

sima ma connettore “vecchio” di tipo A. In ottica “green”

un caricatore type C sarebbe stato decisamente più uni-

versale e sfruttabile.

I tre modelli sono abbastanza simili, e condividono la

linea di design già lanciata da S21, anche se ormai il de-

sign di un telefono è dettato soprattutto dal blocco di

fotocamere. La differenza risiede nei dettagli, con l’A72

che ha un display da 6.7” contro i 6.5” dei due modelli

A52.

Gli schermi sono tutti identici sotto il profilo tecnolo-

gico: FullHD+, Super AMOLED e possibilità di refresh

rate elevato, ma solo nel caso dell’A52 5G si arriva a

120 Hz di refresh grazie ad un processore Snapdragon

leggermente più potente: usa il Qualcomm Snapdra-

MOBILE Samsung annuncia i nuovi modelli di fascia media: jack audio, processori Qualcomm, grande batteria e protezione IP67

Galaxy A52 e A72: hanno tutto, al giusto prezzoSamsung ha messo sul piatto alcune caratteristiche che non sarebbero affatto scontate su questa fascia di prezzo

gon 750G al posto del 720G. Per tutti i modelli trovia-

mo 6 GB di RAM, 128 GB di storage espandibile usan-

do il classico slot ibrido.

La ricarica rapida arriva per tutti a 25 watt, ma non con il

caricatore nella confezione: bisogna comprare un ca-

ricatore power delivery più potente. La batteria è da

4500 mAh per i due A52 e di 5000 mAh per l’A72, che

avendo uno schermo più grande può ospitare anche

una cella più capiente.

Dove forse si possono trovare le differenze maggiori è

sulle fotocamere, e Samsung per differenziare i diversi

modelli è stata forse un po’ troppo furba.

La principale è identica e usa un sensore Samsung da

64 megapixel stabilizzato ottico, con un obiettivo F1.8 e

pixel da 0,8 μm. Identica anche la ultra wide, 12 mega-

pixel a fuoco fisso con obiettivo F2.2 e pixel da 1,12μm

così come è identica la fotocamera macro a fuoco fis-

so da 5 megapixel, F2.4 e pixel da 1,12μm. Samsung

avrebbe potuto benissimo usare il super wide per fare

la macro, mettendo un super wide con autofocus: il

risultato sarebbe stato migliore ma avrebbe dovuto

“rinunciare” ad una fotocamera, cosa che forse non

piaceva al reparto marketing.

Lo stesso reparto che per far arrivare a 4 il numero di

fotocamere sugli A52 ha chiesto di inserire un inutile

sensore di profondità a fuoco fisso da 5 megapixel,

F2.4 e pixel da 1,12μm, in pratica lo stesso sensore usa-

to per il macro ma con davanti una lente diversa.

Sull’A72 il sensore sparisce e lascia il posto ad un

tele 3x da 8 megapixel, stabilizzato, F2.4 con pixel da

1,0μm. Il tele sarebbe stato ben più utile sia del macro

sia del sensore di profondità, e questo modo di orga-

nizzare le specifiche per non creare modelli troppo

simili inizia a diventare un po’ stucchevole.

Le prime impressioni, avendo tra le mani il Samsung

A52, sono decisamente buone: ci piace tantissimo lo

schermo piatto e la simmetria delle cornici, e non ci

dispiace nemmeno il fatto che sia tutto in plastica, dalla

cornice alla scocca posteriore. Il feeling è molto buo-

no, e l’uso della plastica permette di avere un robusto

retro satinato di un colore molto giovane che non si ri-

uscirebbe ad ottenere facilmente con il vetro. Il Galaxy

S52 sembra un telefono che può essere usato senza

troppi problemi anche senza cornice, il tipo di costru-

zione lo mette al riparo anche da eventuali cadute, con

il vetro frontale ben protetto.

La serie A di Samsung va ovviamente oltre le pure spe-

cifiche. Se prendiamo la scheda tecnica, e confrontia-

mo quello che offre Samsung con quello che offrono

molti produttori cinesi, l’azienda coreana parte in netto

svantaggio: a 450 euro si portano a casa oggi telefoni

che sono oggettivamente migliori sulla carta.

Tuttavia Samsung mette sul piatto quello che è forse

l’unico ecosistema rodato e funzionante nel mondo

mobile oltre a quello di Apple, con la promessa recen-

te di fino a 4 anni di aggiornamenti per quanto riguarda

la sicurezza e di tre anni per il sistema operativo. C’è

SmartThings Find, per sfruttare gli smartTag e localiz-

zare gli oggetti, ci sono le Galaxy Buds perfettamente

integrate con Buds Together per l’ascolto in coppia, c’è

Quick Share per la condivisione, anche privata, verso

altri dispositivi Galaxy oltre ovviamente a Knox, per la

sicurezza dei dati sul dispositivo.

Tutte cose che spesso non vengono considerate, ma

anche contribuiscono al piacere e alla tranquillità d’u-

tilizzo. Con un po' di sconto, e le giuste promozioni, la

serie A sarà un successo, soprattutto il modello 5G che

ad oggi sembra il più bilanciato.

Page 16: 08 Attacco cinese ai server Exchange È gravissimo ma ne

torna al sommario 16

MAGAZINEn.240 / 2122 MARZO 2021

di Pasquale AGIZZA

La carenza di semiconduttori sta col-

pendo con forza anche il mercato

degli smartphone e potrebbe perdu-

rare per tutto il 2021. A dirlo è Cristiano

Amon, presidente di Qualcomm dal 2018

e futuro amministratore delegato della

società. In un’intervista a CNET, l’esperto

dirigente americano formatosi in Brasile,

tratteggia un quadro dalle tinte fosche

per i prossimi mesi: “La carenza di se-

miconduttori ha un impatto su tutto e,

ovviamente, sta impattando anche sulla

produzione di smartphone”.

Secondo quanto dichiarato dal dirigen-

te, le motivazioni che hanno portato a

questa carenza così forte nel settore

smartphone sono essenzialmente due,

collegate l’una all’altra. Il primo motivo

è che dopo il forte calo di domanda e il

blocco della produzione nei primi mesi

della pandemia, la successiva ripresa del

mercato è stata troppo veloce: le catene

MOBILE Il futuro CEO di Qualcomm ha disegnato un quadro a tinte fosche dei prossimi mesi

Qualcomm: la crisi dei chip durerà per tutto il 2021La crisi dei semiconduttori potrebbe perdurare per tutto il 2021. Fra le cause anche il ban di Huawei

di approvvigionamento non sono riuscite

a fronteggiare la rinnovata domanda.

C’è stata, subito dopo la fase critica della

pandemia in Cina, una richiesta troppo

elevata di componenti elettronici e dun-

que di chip mentre le fonderie, che era-

no state ferme nei mesi precedenti, non

avevano grandi scorte. Collegata a una

domanda troppo alta c’è un’altra vicenda

che ha contribuito a creare questa situa-

zione, e cioè il ban, con relativo crollo sul

mercato, di Huawei. Secondo il dirigente,

infatti, molti concorrenti hanno visto la

possibilità di riempire il vuoto lasciato sul

mercato dal produttore cinese, intensi-

ficando la domanda di chip e mettendo

ancora più sotto pressione le già provate

catene di approvvigionamento. Una tem-

pesta perfetta che si è abbattuta sul mer-

cato dei semiconduttori e che potrebbe

andare avanti per tutto l’anno, visto che

gli enormi sforzi di TSMC e Samsung per

l’apertura di nuovi impianti produttivi non

daranno frutti prima di 18-24 mesi.

Chrome 89 occupa meno RAM per singola scheda e diventa più efficienteDalla versione 89, già disponibile, Chrome recupera fino a 100 MB di RAM per scheda liberando la memoria dai contenuti che in quel momento non sono sullo schermo. Incrementi prestazionali anche per utenti macOS di Sergio DONATO

Chrome promette che dalla ver-sione 89, già disponibile, occu-perà meno RAM per ogni scheda aperta, diventando quindi meno assetato di memoria e più efficien-te. Tendenzialmente il browser di Google ha in effetti quasi sempre usato più memoria rispetto ai suoi rivali, ma molto dipende anche dalle estensioni che gli si caricano sulle spalle. Con un post nel blog di Chromium, il product manager di Chrome ha parlato in modo specifico del risparmio di memo-ria per ogni tab aperta. Chrome 89 permette risparmi significativi di memoria su Windows, fino al 22% per il processo del browser, l'8% per il renderer e il 3% per l’oc-cupazione della GPU. Google ha anche migliorato la reattività del browser fino al 9%.Usando il gestore della memoria avanzato, PartitionAlloc, ora Chro-me recupera fino a 100 MB per scheda, che equivale a più del 20% per alcuni siti tra i più popo-lari. Per riuscirci libera la memoria che la scheda in primo piano non sta utilizzando attivamente, come per esempio le immagini di gran-di dimensioni che non sono più a schermo perché l’utente ha fatto scorrere la pagina web.

di Pasquale AGIZZA

Cambio di passo in casa Huawei,

in particolare per quel che riguar-

da lo sfruttamento di tecnologia

brevettata nel campo delle reti 5G. L’a-

zienda cinese ha deciso, infatti, che tutti i

produttori che sfruttano la sua tecnologia

dovranno versare una royalty per ogni te-

lefono prodotto.

L’azienda cinese ha dichiarato che la

royalty “sarà ragionevole e con un tetto

massimo di 2,50 dollari” e colpirà tutti gli

smartphone in grado di connettersi alla

rete 5G. Per capire meglio le richieste di

Huawei bisogna introdurre il concetto di

brevetto SEP, cioè un brevetto talmente

essenziale in determinati ambiti tecnolo-

gici (ma non solo) da costituire l’impre-

scindibile base di partenza per lo svilup-

po di qualsiasi prodotto basato su quella

determinata tecnologia. Nel caso della

telefonia mobile, le case produttrici di cel-

MOBILE Huawei ha deciso di monetizzare la cessione della licenza d'uso dei suoi brevetti SEP per 5G

Il 5G è il cavallo di Troia di Huawei I produttori di smartphone pagheranno brevettoPuò farlo, a patto che le richieste economiche siano eque, ragionevoli e non discriminatorie

lulari devono necessariamente utilizzare

delle tecnologie coperte da brevetti SEP

per collegarsi alle reti telefoniche, nel

nostro caso alle reti 5G. L’azienda che

possiede una tecnologia coperta da un

brevetto SEP è obbligata però ad offrir-

la in licenza ai concorrenti, a condizioni

eque, ragionevoli e non discriminatorie

(FRAND). Huawei è l’azienda che, al mon-

do, detiene più brevetti nel campo delle

reti di nuova generazione (si parla di oltre

3mila brevetti), e una cospicua parte di

questi ricadono nella definizione di bre-

vetto SEP. Finora il gigante della telefonia

cinese non aveva chiesto royalty per lo

sfruttamento di detti brevetti, ma come

visto in precedenza, potrà richiedere un

pagamento agli altri produttori a patto

che la richiesta economica sia equa, ra-

gionevole e non discriminatoria. Con lo

sfruttamento economico dei brevetti SEP,

Huawei sembra intenzionata a cercare

altre vie per risollevare una situazione

economica sempre più difficile.

Page 17: 08 Attacco cinese ai server Exchange È gravissimo ma ne

torna al sommario 17

MAGAZINEn.240 / 2122 MARZO 2021

di Gaetano MERO

Disney+ ha superato la cifra record

di 100 milioni di abbonati. Ad an-

nunciarlo è stato Bob Chapek,

amministratore delegato del gruppo, nel

corso dell’ultima assemblea dedicata agli

azionisti della società. La piattaforma è

riuscita a raggiungere una cospicua fet-

ta di pubblico a soli 16 mesi dal debutto,

avvenuto il 12 novembre 2019 negli Stati

Uniti e a marzo dell’anno successivo an-

che in Europa. Per dare un riferimento,

Netflix ha impiegato - in un momento in

cui lo streaming di film e serie TV non era

popolare quanto lo è oggi - dieci anni per

arrivare a superare i 100 milioni di abbo-

nati. Oggi, Netflix ne conta 200 milioni.

Il principale punto di forza di Disney+ è

rappresentato dai sei universi che costi-

tuiscono l’offerta di intrattenimento, in cui

compaiono i brand Disney, Pixar, Marvel,

Star Wars, National Geographic e l’ultimo

arrivato Star. Tra i maggiori successi della

piattaforma figurano la serie The Manda-

lorian, parte dell’universo Star Wars, i due

lungometraggi Onward e Soul prodotti

dagli studi Pixar e il live action di Mulan.

Disney+ ha dato inoltre il via alla quarta

fase dell’MCU attraverso la serie Wanda-

Vision, e proseguirà con il racconto del

nuovo scenario Marvel con The Falcon

and The Winter Soldier dal 19 marzo. Lo

streaming rappresenta ormai un canale

ufficiale per la distribuzione dei nuovi ti-

toli del gruppo a causa della pandemia

globale. E continuerà ad esserlo anche

una volta superate le attuali difficoltà, ha

spiegato Chapek in un incontro con gli

investitori, al fine di assecondare le abitu-

dini ormai acquisite dai consumatori. Tra

i titoli annunciati da Disney, che potreb-

bero essere rilasciati in contemporanea

nelle sale e in versione streaming, sono

presenti Black Widow, il live action Cru-

delia e l’ultima fatica Pixar dal titolo Luca.

ENTERTAINMENT A dichiararlo è Bob Chapek, attuale amministratore delegato del gruppo

Disney+, raggiunti 100 milioni di abbonati in 16 mesiIl punto di forza di Disney+ sono i 6 universi che costituiscono la sua offerta di intrattenimento

Addio a Lou Ottens: negli anni 60 inventò la musicassettaÈ morto Lou Ottens, l'ingegnere olandese che inventò la musicassetta rivoluzionando il settore dell'ascolto domestico. Nel '79, assieme a un team di ricercatori, Ottens contribuì inoltre allo sviluppo del CD di Gaetano MERO

È scomparso all’età di 94 anni Lou Ottens, ingegnere olandese che nel 1963 inventò la musicassetta. Un formato che ha rivoluzionato il modo di fruire la musica diventan-do un simbolo di libertà per milioni di giovani nei trent’anni successivi. Lou Ottens fu assunto nello stabili-mento Philips di Hasselt nel 1952 e presentò un primo prototipo di cassetta a nastro nel 1962. Circa un anno dopo Philips registrò il brevetto mostrando la prima au-dio cassetta all’IFA di Berlino del '63. Maneggevolezza, semplicità di utilizzo e costi più bassi rispetto ai formati disponibili all’epoca ne permisero una diffusione presso-ché immediata. “Ottens convinse i dirigenti Philips a condividere il brevetto in modo gratuito con altre società concorrenti, tra cui Sony” si apprende dal documentario Cassette: A Documentary Mixtape di Zack Taylor. In questo modo il formato divenne uno standard che ogni produttore avrebbe potuto sfruttare, garantendone la diffusio-ne a livello globale. Ottens ricoprì poi il ruolo di direttore tecnico del-la divisione audio Philips e sul fini-re degli anni 70 contribuì, assieme ad una squadra di ingegneri, allo sviluppo del Compact Disc (CD), che nella seconda metà degli anni 90 decretò il rapido declino della musicassetta.

di Roberto PEZZALI

Netflix sta sperimentando una nuova

funzione che bloccherà la condivi-

sione degli account sui dispositivi

che non si trovano all’interno dello stes-

so nucleo famigliare. La nuova versio-

ne dell’app, che blocca la condivisione

dell’account tra amici e conoscenti, è già

stata distribuita ad alcuni utenti : per chi

chi usa un account condiviso, l’app chie-

de all’utente di creare un suo account

perché si è accorta che il dispositivo non

appartiene al titolare dell’account princi-

pale. Netflix ha confermato l’aggiunta del-

la temutissima funzione, spiegando che si

tratta al momento di una sperimentazio-

ne che interessa alcuni account in alcuni

paesi e che questo test potrebbe essere

esteso anche in altre zone del mondo,

potrebbe essere abbandonato come po-

trebbe diventare una regola: la condivi-

sione degli account, fino ad ora tollerata,

ENTERTAINMENT Netflix sta introducendo una nuova funzione temuta, il blocco della condivisione

Netflix testa il blocco condivisione account Per ora è un test, ma potrebbe essere estesoAl momento, il test interessa alcuni account di alcuni Paesi ma potrebbe essere esteso altrove

non sarà più concessa. Al momento, per

continuare la visione, il sistema chiede la

verifica dell’identità, inviando una mail al

titolare dell’account stesso: senza una

conferma la visione sarà interrotta. È pos-

sibile anche decidere di confermarlo più

tardi, e in quel caso verrà concesso un

breve periodo di visione salvo poi bloc-

care tutto. La mossa è duplice: da una

parte Netflix vuole bloccare una pratica

che porta un danno economico, e dall’al-

tra vuole aiutare gli utenti nel gestire al

meglio la sicurezza del proprio account.

Sempre più spesso capita infatti che per-

sone diano l’account all’amico, che lo

cede ad un terzo: senza saperlo il titolare

di un account pagato fornisce, a sua insa-

puta, il servizio ad un numero imprecisato

di persone, e gli vengono continuamente

notificati accessi da posizioni diverse.

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torna al sommario 18

MAGAZINEn.240 / 2122 MARZO 2021

di P. CENTOFANTI e R. PEZZALI

LG ha presentato la nuova gamma di TV per l'italia

per questo 2021. Dopo l'anteprima del CES 2021

abbiamo così un quadro più completo della com-

posizione del nuovo listino, quest'anno ancora più ricco

grazie all'introduzione di una nuova serie entry level per

i modelli basati su tecnologia OLED, la serie A1, e con

l'arrivo dei primi TV con retroilluminazione mini LED, con

tre nuove serie a brand QNED (acronimo infelice che LG

ha confermato di voler utilizzare nonostante l'ambiguità

del suo significato). E poi c'è sempre la gamma di TV

LCD NanoCell, che quest'anno comprende ben 8 serie

con pannello 4K e due serie 8K. Tutte le serie sono con-

traddistinte da alcuni tratti comuni, come il debutto della

nuova versione della piattaforma WebOS, 6.0, che pone

un maggiore accento sulla raccomandazione dei con-

tenuti, e un nuovo telecomando, sempre con funzione

di puntatore, ma con una ergonomia completamente

rivista e per certi versi più tradizionale. Debuttano anche

i nuovi processori a7 Gen4 AI e a9 Gen4 AI, con nuovi

algoritmi di miglioramento video e audio basati su deep

learning, oltre a caratteristiche ormai consolidate come il

Filmmaker Mode, il supporto per le tecnologie Dolby Vi-

sion e Atmos su buona parte della gamma, compatibilità

con AirPlay 2 ed HomeKit, Assistente Google e Amazon

Alexa, e la nuova suite di controlli Game Optimizer di-

sponibili con l'utilizzo di console di videogiochi.

Nella gamma OLED spiccano i nuovi OLED EVO G1 e l'entry level A1Per il 2021 LG ha allargato la gamma OLED su due fronti:

da una parte arriva la nuova serie A1 che rappresenta

il nuovo entry level posizionandosi sotto la serie B1,

dall'altra introducendo il nuovo taglio da 83 pollici con

risoluzione 4K, che va ad affiancarsi al 48 pollici intro-

TV E VIDEO LG ha ufficialmente annunciato l'intera nuova line up di televisori per il mercato italiano. Scopriamo tutte le novità

Nuova gamma di TV LG 2021: NanoCell, OLED e QNED Tutti i prezzi di OLED e LCD. Il 77” scende a 3.899 euroAbbiamo ora una visione completa di tutte le nuove serie. Tra le novità, gli entry level OLED serie A1 e anche i QNED Mini LED Ufficializzati tutti i prezzi dei TV del 2021. Scende il prezzo del 77", che a meno di 4.000 € inizia a diventare super interessante

dotto nel 2020. E così quest'anno LG offre un totale di

17 modelli OLED divisi in 5 serie. Partendo dalla serie A1

a salire fino alla nuova Z1, viene introdotta una caratte-

ristica distintiva. La serie A1, disponibile in tagli da 48,

55, 65 e 77 pollici è dunque quella base ed è contrad-

distinta da pannello OLED a 50/60 Hz e dall'assenza di

alcune funzioni riservate ai modelli superiori. In partico-

lare, gli ingressi supportano solo la funzione eARC delle

specifiche HDMI 2.1 e i modelli A1 sono gli unici OLED

di quest'anno a non supportare alcuna tecnologia di

Variable Refresh Rate. Il processore è però l'a7 AI 4K

di quarta generazione e ci sono il supporto per Dolby

Vision IQ, Dolby Atmos, la nuova versione della piatta-

forma WebOS e la nuova funzione Game Optimizer. Di-

verso infine il piedistallo, che è costituito dai due piedini

laterali simili a quelli utilizzati sulla gamma LCD. Con la

serie B1 il pannello passa a 100/120 Hz e il supporto alle

specifiche HDMI 2.1 si fa più completo con compatibilità

con VRR, Nvidia G-Sync e AMD FreeSync Premium. In

questo caso i tagli sono quelli classici, 55, 65 e 77 pollici.

Come per lo scorso anno, LG punta forte sulla serie C1,

che sostituisce il best seller CX del 2020. In questa serie

ci sarà la maggiore scelta di tagli, con disponibilità di tut-

te le diagonali da 48 fino a 83 pollici. Inoltre con la serie

C1 cambia il processore video, con l'utilizzo del nuovo

a9 di quarta generazione.

Il piatto forte è naturalmente costituito dalla serie G1,

che LG definisce OLED Evo perché sfoggia un pannello

OLED di nuova generazione di LG Display con più alta

luminosità, grazie all'utilizzo di un nuovo stack emissi-

vo su cui torneremo nei prossimi giorni. Le differenze

rispetto alla serie C1 sono quindi proprio nel pannello,

che sarà disponibile solo nei tagli da 55, 65 e 77 pollici,

e nel design che contraddistingue la serie Gallery a cui

quest'anno si aggiunge anche la possibilità di optare ol-

tre che per l'installazione a parete anche per un nuovo

stand da pavimento.

Infine, il top di gamma è costituito dalla serie Z1, con cui

il pannello passa da 4K a 8K. I tagli rimangono quelli di

questo formato, 77 e 88 pollici ma per gestire la mag-

giore risoluzione viene utilizzato il nuovo processore a9

Gen4 AI 8K. La serie Z1 ha le stesse funzionalità delle

serie B1, C1 e G1, ma si distingue per un'altra caratteristi-

ca, la piena banda HDMI 2.1 per poter gestire la compa-

tibilità con segnali 8K fino a 60 Hz. I nuovi modelli OLED

arriveranno nei negozi a cominciare da aprile, fatta ec-

cezione per il nuovo taglio da 83 pollici.

QNED Mini LED, l'86 pollici avrà dimming a 2400 zoneL'altra grossa novità per il 2021 riguarda l'arrivo dei primi

segue a pagina 19

SERIE B1

SERIE A1

Page 19: 08 Attacco cinese ai server Exchange È gravissimo ma ne

torna al sommario 19

MAGAZINEn.240 / 2122 MARZO 2021

modelli di TV LCD con retroilluminazione Mini LED e che

LG come è noto ha deciso di chiamare QNED, acronimo

che starebbe per Quantum Nanocell miniLED, a indicare

l'integrazione della retroilluminazione Mini LED con un

nuovo pannello LCD con Quantum Dots e una nuova

tecnologia che chiamano NanoCell+. Anche su questo

avremo maggiori dettagli la prossima settimana e ci

torneremo. Per il momento LG è scesa nei dettagli so-

prattutto per quanto riguarda il modello più grande, l'86

pollici che avrà una retroilluminazione con oltre 28000

mini LED e 2400 zone di local dimming per un contrasto

senza precedenti per un LCD e una luminosità di picco

di fino a 3000 nits.

LG ha annunciato tre serie per il mercato italiano

QNED91 con risoluzione 4K e QNED96 e QNED99 con

pannello 8K. La serie QNED91 sarà disponibile nei tagli

da 65, 75 e 86 pollici e avrà il processore a7 di quarta

generazione, la nuova versione di WebOS, Dolby Vision

IQ, Dolby Atmos, Filmmaker Mode, Game Optimizer,

nuovo telecomando, ingressi HDMI 2.1 per compatibilità

con segnali 4K a 120 Hz e VRR (ma non Nvidia G-Sync o

AMD FreeSync). I modelli 8K monteranno invece il nuo-

vo processore a9 Gen4 AI 8K, ma stando alla scheda

tecnica se avranno comunque compatibili con segnali

8K a 60 Hz, perderanno completamente la funzione

VRR. Le due serie QNED96 e QNED99 si distinguono

sempre stando alla scheda tecnica per i tagli disponibili,

con l'86 pollici che si aggiunge al 65 e 75 pollici solo per

la serie superiore, e per la sezione audio, con un sistema

a 2.2 canali per il QNED96 e a 4.2 canali per il QNED99.

I primi modelli di TV QNED Mini LED arriveranno indica-

tivamente tra maggio e giugno.

Tutto il resto è NanoCellE poi c'è tutta la gamma di TV LCD NanoCell che si

compone di tantissimi modelli per un totale di 10 serie

diverse. Le serie base si chiamano NANO75, NANO77,

NANO79, che utilizzano il processore Quad Core Pro-

cessor 4K, non hanno local dimming o ingressi HDMI 2.1

(fatta eccezione per la funzione eARC), Dolby Atmos e

Dolby Vision IQ, ma possono contare su tutte le funzio-

nalità della piattaforma WebOS. I tagli, a seconda della

serie, vanno da 43 pollici fino a 86 pollici. Un gradino più

in alto ci sono le serie NANO80 e NANO 81, disponibili

in tagli da 50, 55, 65 e 75 pollici, che guadagnano la fun-

zione di local dimming. Le cose si fanno più interessanti

con le serie NANO86 e NANO88. Il processore diventa

il nuovo a7 di quarta generazione, e questi televisori ol-

tre a offrire le funzioni basate su intelligenza artificiale

sono dotate di supporto per Dolby Vision e Dolby At-

mos, e hanno ingressi HDMI 2.1 con supporto per VRR

e AMD FreeSync e segnali 4K a 120 Hz. I tagli saranno

50, 55, 65, 75 e 86 pollici per i NANO86, mentre la se-

rie NANO88 non avrà il modello da 86 pollici. Il nuovo

top di gamma LCD 4K è costituito dalla serie NANO91,

l'unica all'interno della gamma NanoCell di quest'anno

ad avere retroilluminazione di tipo full array local dim-

ming e che monterà comunque sempre il processore a7

Gen4. Sarà disponibile in tagli da 55, 65, 75 e 86 pollici.

Il processore più potente l'a9 Gen4, sarà montato unica-

mente sui modelli 8K, i NANO95 e NANO96 entrambi

in tagli da 55, 65 e 75 pollici con retroilluminazione full

array local dimming e che si differenziano tra loro so-

stanzialmente per la sola base.

SERIE QNED91

TV E VIDEO

TV LG 2021segue Da pagina 18

SERIE Z1

TV LG 2021, tutti i prezzi di OLED e LCD. Il 77” scende a 3.899 euroLG ha annunciato i prezzi per il mercato italiano delle

nuove gamme di TV OLED e NanoCell 2021. Si parte da

26.999 euro con l’OLED 8K da 88”, e si arriva ai 1.499

euro del modello entry level A1 da 48”. Scende il prezzo

del 77”: il Gallery G1 da 77” costa 4.999 euro di listino,

prezzo ottimo se si considera che questo TV usa un

pannello nuovo. Il B1, sempre da 77”, costerà solo 3.999

euro che diventano 3.899 nella versione A1, la più sem-

plice. L’inedita versione da 83 pollici debutterà sul mer-

cato a un prezzo consigliato al pubblico di 7.999 euro.

All’interno della gamma di TV con tecnologia NanoCell,

la serie NANO96 con risoluzione 8K sarà disponibile in

tre polliciaggi: la versione da 75 pollici a un prezzo consi-

gliato al pubblico di 3.499 euro, la versione da 65 pollici

a 2.499 euro e la versione da 55 pollici a 1.799 euro. Il

modello più economico, il 43” NANO75, sarà disponibile

ad un prezzo consigliato al pubblico di 699 euro. A que-

sto link il listino completo.

SERIE G1

SERIE NANO86

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torna al sommario 20

MAGAZINEn.240 / 2122 MARZO 2021

di Paolo CENTOFANTI

Ad aprile arriveranno nei negozi

nuove serie di TV Sony. Oltre alla

già annunciata serie A90J, il nuovo

top di gamma OLED Bravia XR, saranno

infatti disponibili anche i modelli del-

le serie A80J e X80J. I televisori A80J

(immagine di apertura) sono sempre in

tecnologia OLED e fanno parte della

gamma Bravia XR, con l’omonimo pro-

cessore video “cognitivo”. Questa serie

sarà disponibile nei classici tagli da 55,

65 e 75 pollici e condivide con il top di

gamma il supporto alle specifiche HDMI

2.1 per gli ingressi video, con compatibi-

lità con segnali 4K a 120 Hz, funzionalità

di processing video XR (upscaling, mo-

tion clarity, triluminos pro), l’esclusivo si-

stema audio Acoustic Surface e offrirà il

l’accesso al servizio di streaming ad alta

qualità Bravia Core. La differenziazione

maggiore rispetto alla serie A90J è costi-

tuita dal pannello OLED stesso che non

TV E VIDEO Il nuovo top di gamma di Sony, l’OLED A90J, non è il solo che arriverà nei negozi ad aprile

Nuovi TV Sony OLED A80J ed entry level LCD X80J Ad aprile nei negozi, oltre al top di gammaTutte le nuove serie TV saranno dotate di Google TV e del supporto per Dolby Vision e Atmos

sarà ad alta luminosità come quello del

top di gamma. Parallelamente, Sony ha

annunciato un altro entry level, in questo

caso con riferimento alla gamma di tele-

visori LCD retroilluminati a LED. Si tratta

delle serie X80J, con tagli da 43, 50, 55

e 65 pollici, a cui si aggiunge la sigla

X81J per il modello da 75 pollici. Cam-

bia in questo caso il processore, non più

l’XR ma il buon vecchio X1 con tecnolo-

gia di upscaling dell’immagine 4K X-Re-

ality Pro. Come per i modelli OLED, an-

che questa serie offre Google TV come

piattaforma smart ed è compatibile con

contenuti Dolby Vision per il video HDR

e Dolby Atmos per l’audio multicanale.

Tutti i modelli sono inoltre compatibili

con l’assistente vocale Amazon Alexa,

oltre naturalmente ad Assistente Goo-

gle, nonché con HomeKit ed AirPlay 2

di Apple. Non ancora annunciati i prezzi

per il mercato italiano.

Il controller per il visore VR per PS5 impara da Oculus Quest: sferico e più ergonomicoSony ha svelato il design dei controller per il nuovo visore di realtà virtuale di PS5. Hanno una forma sferica e, secondo la società, più ergonomica di Massimiliano DI MARCO

Via i PlayStation Move: i controller del nuovo visore VR di PS5 ricor-dano quelli di Oculus Quest, nono-stante ci siano rilevanti differenze. Sony ha descritto le principali ca-ratteristiche dei nuovi controller che, come aveva anticipato, sono basati sulle peculiarità del Dual-Sense, il controller per PS5. Sony ha specificato di aver realizzato il nuovo controller "da zero" e che presto lo distribuirà agli sviluppato-ri. La società ha chiarito che i con-troller saranno rilevati dal visore VR attraverso un anello nella parte inferiore dell'accessorio.Presenti, quindi, i grilletti adattivi (la cui resistenza può essere gradua-ta per offrire un'immedesimazione maggiore) e il feedback aptico. La forma dei due controller è sferica. Il controller destro ha i tasti croce e cerchio oltre a R1, R2 e una levet-ta analogica. In modo speculare, il controller sinistro integra i tasti quadrato, triangolo, L1, L2, Options e una levetta analogica.Inoltre, Sony ha previsto un si-stema di rilevamento tattile per rilevare le dita "senza esercitare alcuna pressione nelle aree in cui posizioni il pollice, l'indice o le dita centrali". Sony non ha fornito det-tagli né sulla commercializzazione del visore di realtà virtuale per PS5 né il prezzo del prodotto.

di Paolo CENTOFANTI

Arriverà presto un nuovo bollino Tivù

pensato per i decoder per digitale

terrestre con funzionalità base ma

compatibili con il nuovo sistema trasmis-

sivo DVB-T2, che entrerà in funzione

con lo switch-off definitivo del DVB-T. Si

chiamerà Bollino tivù zapper e verrà ap-

plicato su quei prodotti che rispetteranno

i requisiti tecnici contenuti nelle nuove

specifiche HD Z-BOOK DTT Platform,

pubblicate congiuntamente da HD Forum

Italia e Tivù. Le nuove specifiche pongo-

no i seguenti requisiti che dovranno esse-

re rispettati dai decoder DTT per essere

pronti allo switch-off italiano:

• supporto per le trasmissioni DVB-T e

DVB-T2;

• supporto per le codifiche H.264 e

H.265/HEVC con profilo Main 10;

TV E VIDEO HD Forum Italia e Tivù annunciano l'HD Z-BOOK DTT Platform con le specifiche da rispettare

Arriva il Bollino tivù zapper per decoder DTT Distinguerà quelli pronti per lo switch-off Il nuovo bollino Tivù identificherà i prodotti compatibili con il nuovo sistema trasmissivo DVB-T2

• uso corretto dei descrittori LCN tra-

smessi dalle emittenti;

• resistenza alle interferenze LTE nelle

bande 800 MHz e 700 MHz.

Scopo della nuova certificazione è "offrire

una garanzia di qualità di prestazioni tec-

niche a tutte le emittenti televisive nazio-

nali e locali, e assicurare ai consumatori

l’acquisto di un decoder con funzionalità

tecniche per una buona fruizione del se-

gnale televisivo di nuova generazione",

hanno dichiarato le due associazioni. Ri-

cordiamo che il prossimo switch-off è, al

momento, programmato in due tappe. Il

1 settembre 2021 si spegneranno le tra-

smissioni in MPEG-2 con il passaggio

alla codifica H.264 per tutti i canali te-

levisivi. Dal 30 giugno 2022 avverrà il

passaggio da DVB-T a DVB-T2 e il cam-

bio di codifica da H.264 ad HEVC.

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torna al sommario 21

MAGAZINEn.240 / 2122 MARZO 2021

di Sergio DONATO

L’Italia si dice pronta ad avere la sua

Hydrogen Valley. Il progetto è stato

ideato da ENEA e viene al mondo -

grazie a un investimento di 14 milioni di

euro - per diventare il primo incubatore

tecnologico italiano per lo sviluppo della

filiera dell’idrogeno. I soldi arrivano da

Mission Innovation, un’iniziativa presa

da 24 Paesi del mondo e della Commis-

sione europea che intende raddoppiare

gli investimenti pubblici in ricerca, svilup-

po e installazione nel campo dell’energia

pulita.

Un valle dell'idrogeno tutta per l'ItaliaLa Hydrogen Valley italiana diventerà

quindi il luogo dove sviluppare la filiera

nazionale per la produzione, il traspor-

to, l’accumulo e l’utilizzo dell’idrogeno

come vettore energetico, puntando sulla

ricerca di tecnologie, sui servizi e sulle

infrastrutture. A ospitare la Hydrogen

Valley sarà il Centro Ricerche ENEA

Casaccia, nei pressi di Roma, che vedrà

la realizzazione di infrastrutture hi-tech

volte alla sperimentazione su tutta la

filiera dell’idrogeno che si ripercuoterà

positivamente nell’industria, nella mobi-

lità e nella generazione di energia e nel

residenziale.

Tra le nuove sperimentazioni di tecnolo-

gie sono previste l’utilizzo dei rifiuti (bio-

masse residuali) e l’impiego del calore

SCIENZA E FUTURO Sarà nel Centro ENEA Casaccia e conterà su un investimento iniziale di 14 milioni €

L’Italia avrà la sua Hydrogen ValleyIl progetto ENEA per la ricerca sull’idrogenoAnche Bosch ha deciso di portare le sue soluzioni e applicazioni industriali legate all'idrogeno

rinnovabile a media-alta temperatura

prodotto da impianti solari a concentra-

zione. L’incubatore potrà usare idroge-

no puro e in miscela con gas naturale

per la produzione di energia elettrica.

Saranno quindi messe a punto miscele

idrogeno-metano da immettere nella

rete interna di distribuzione del gas e

sarà costruito un “idrogenodotto” locale

dedicato al trasporto di idrogeno puro in

pressione, da utilizzare a seconda della

domanda delle utenze. Nella Hydrogen

Valley verrà studiato anche il power-to-

gas, un processo che, attraverso l’elet-

trolisi, consente di produrre idrogeno

dall’energia elettrica generata da fonti

rinnovabili. L’idrogeno così prodotto può

essere convertito in metano o essere

immesso nella rete interna del gas natu-

rale. La ricerca nel settore industriale ve-

drà la Hydrogen Valley impegnata nella

realizzazione di progetti per la decarbo-

nizzazione dell’industria, in particolare

quella ad alta intensità energetica, ma

anche dei trasporti pesanti su gomma

e ferroviari alimentati ancora a diesel.

Idrogeno significa infatti anche mobilità.

Il progetto ENEA prevede anche la rea-

lizzazione di una stazione di rifornimento

per veicoli a idrogeno, come i mezzi per

la movimentazione delle merci, bus e

automobili, in uso all’interno del Centro

Ricerche ENEA.

Anche Bosch è attratta dall'idrogeno italianoIl segnale che l’idrogeno è un settore in

crescita nella nostra Penisola arriva an-

che dalla decisione di Bosch di diventare

partner di H2IT, l’Associazione Italiana

Idrogeno e Celle a Combustibile, che si

prefigge l’obiettivo di promuovere il pro-

gresso delle conoscenze e lo studio delle

tecnologie e i sistemi per la produzione e

l’utilizzazione dell’idrogeno. Bosch arriva

nell’idrogeno italiano attraverso la società

consociata Bosch Rexroth, specializzata

in prodotti per gli automatismi industriali

e in particolare nei sistemi idraulici, negli

azionamenti elettrici e nelle tecniche di

montaggio.

Bosch Rexroth intende quindi portare le

proprie tecnologie per la produzione di

“idrogeno verde”, ovvero prodotto da

fonti rinnovabili come l’eolico e il solare,

e le applicazioni idrauliche usate nelle

stazioni di rifornimento a idrogeno, dove

i suoi sistemi vengono utilizzati per l’azio-

namento di compressori idraulici a più

stadi che portano la pressione del gas al

livello necessario per il rifornimento trami-

te il distributore.

La previsione di Zuckerberg: entro il 2030 addio alle riunioni di lavoro in presenza, grazie alla realtà virtualeIn un’intervista a The Informer, Zuckerberg si è focalizzato su tutti i vantaggi derivanti da un uso sempre più intenso delle tecnologie di realtà virtuale di Pasquale AGIZZA

Entro il 2030 le riunioni di lavoro saranno completamente virtuali,e grazie all’uso di visori AR o VR sarà come essere insieme di per-sona. Si potrà discutere e lavorare come se fossimo fisicamente pre-senti, pur essendo ognuno a casa propria. È questa la visione del futuro di Mark Zuckerberg, che ha concesso un’intervista al sito The Information focalizzata sulla VR.“Il campo di applicazione della realtà virtuale è immenso, ci sono tantissimi casi d’uso. Invece di chiamare qualcuno o chiuderti in riunione, ad esempio, ti basterà schioccare le dita e 'teletraspor-tarti'. Sarai subito seduto lì, sul suo divano, come se fossi fisicamente presente”. Zuckerberg ha dichia-rato di immaginare un futuro fatto di visori VR che ricalchino la forma dei comuni occhiali, con lenti tra-sparenti e che lascino al PC tutto il processo di elaborazione.“Grazie alle tecnologie di AR e VR, i lavoratori potranno decidere di vivere dove vogliono. Potranno vi-vere in zone periferiche o zone più economiche e 'teletrasportarsi' a lavoro in pochi secondi”. La nuova realtà farebbe bene anche all’am-biente: “Le persone viaggeranno molto meno in futuro, e in modo più efficiente."

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torna al sommario 22

MAGAZINEn.240 / 2122 MARZO 2021

di Roberto PEZZALI

Anticipati durante l’edizione vir-

tuale del CES di Las Vegas i nuo-

vi processori Intel desktop, quel-

li che si scontrano direttamente con la

serie Ryzen 5000 di AMD, sono stati

ufficializzati oggi dall'azienda di Santa

Clara. Conosciuta fino ad oggi con il

nome in codice usato da Intel durante lo

sviluppo, Rocket Lake-S, la nuova fami-

glia di processori si rivolge soprattutto

ad una utenza gaming, e in quest’ottica

dev’essere letta la scelta di Intel di pun-

tare soprattutto sulle prestazioni single

core piuttosto che aumentare a dismi-

sura il numero dei core facilitando così

operazioni come l’encoding video.

Rispetto alla controparte AMD, che pun-

ta molto sul numero di core, il modello

di punta della nuova linea di processo-

ri, il Core i9-11900K, ha solo 8 core e

16 thread, con una velocità di punta in

modalità boost che arriva a 5.3 GHz.

Filosofie differenti, prestazioni e target

differenti.

Qualcuno potrebbe chiedersi per qua-

le motivo si passa da un processore a

10 core e 20 thread, il Core i9-10900K

dell’attuale generazione, ad un 8 core

e 16 thread, e il motivo è legato all’ar-

chitettura.

I processori desktop di 11esima genera-

zione sfruttano infatti la “nuova” archi-

tettura Cypress Cove, che sostituisce

SkyLake. Abbiamo messo la parola

nuova tra le virgolette perché in realtà

Cypress Cove è un adattamento a 14

nanometri dell’architettura Sunny Cove

a 10 nanometri che Intel ha usato sui

processi per notebook dello scorso

anno.

Intel ha scelto di tenere il processor

produttivo a 14 nanometri e ha dovuto

PC Intel riparte dai 14 nanometri. Focus sui videogiochi, meno core ma frequenza di clock più alta

Intel Rocket Lake-S: nuovi processori desktop Modelli disponibili, prezzi e caratteristicheL'architettura è tutta nuova, nonostante la dimensione dei nodi, e le prestazioni sembrano notevoli

riadattare un progetto di core a 10 na-

nometri scalandolo sui 14: per motivi di

spazio ha dovuto ridurre il numero di

core. L’uso dei 14 nanometri garantisce

secondo Intel su questo tipo di pro-

cessore una migliore tenuta termica, il

raggiungimento di frequenze di clock

più alte e anche un numero maggiore

di istruzioni processabili dalla CPU per

ogni ciclo di clock, valore che aumenta

del 19%.

Intel ha migliorato anche la GPU: ha

usato sulla undicesima generazione la

sua recente architettura Xe già usata

sui processori per notebook Tiger Lake

e ha incrementato le Execution Unit da

24 a 32 EU. L’aumento della potenza

grafica è quantificabile in un 50% circa.

Non mancano una serie di controller

aggiuntivi, moduli di codifica e decodi-

fica per togliere al processore l’onere

di alcune operazione che sarebbero

dispendiose in termini di risorse. Oltre

al supporto alle DDR4-3200, alle 20 li-

nee PCIe 4.0, a Intel Quick Sync Video

troviamo anche un decoder HEVC a

10bit, un decoder AV1 a 12bit e un en-

coder hardware HEVC. Per la gestione

del display c’è il supporto a HDMI 2.0,

mentre per le periferiche trovano spa-

zio il controller per Thunderbolt 4 e per

il Wi-Fi 6E.

Intel ha ovviamente fornito alcuni ben-

chmark e rispetto al Core i9-10900K

dello scorso anno il nuovo i9-11900K

offre un guadagno sui giochi provati

(Gears 5, Grid 2019, Microsoft Flight

Simulator e Total War) quantificabile in

una forbice da 8 a 14%.

Sugli stessi giochi il miglioramento ri-

spetto ai processori della concorren-

za AMD Ryzen 9 5900X varia dal 3%

all’11%. Tutti i test sono stati fatti però a

1080p.

La disponibilità è prevista tra un paio di

settimane.

Schede Nvidia introvabili fino a dopo l'estate, e i prezzi schizzano alle stelleLe ultime indiscrezioni dalla supply chain parlano di produzione a tappo. Intanto i produttori OEM alzano i prezzi di listino: la RTX 3080 parte da oltre 1100€ di Paolo CENTOFANTI

Secondo l'ultimo report di Digiti-mes, che cita fonti anonime della supply chain, la produzione di GPU Nvidia rimarrà limitata almeno fino al terzo trimestre del 2021.La ra-gione è dovuta a problemi di pro-duzione nelle fonderie Samsung dove vengono realizzati i chip a 8 nm, con una percentuale di pro-cessori difettosi consistente, o tale da non permettere a Nvidia di sod-disfare l'incredibile domanda ali-mentata da contraccolpi della pan-demia e boom delle criptovalute. E così, i prezzi delle schede grafiche continuano a salire. Ma attenzione, non parliamo del mercato secon-dario, ma dei prezzi suggeriti al pubblico applicati dagli stessi pro-duttori. Se prendiamo la scheda RTX 3080, ad esempio, dopo aver debuttato con la founder edition di Nvidia a 720 euro, con le versioni custom dei vari produttori a partire da poco più di 800 euro, oggi vie-ne proposta ad un prezzo di listino di oltre 1100 euro. Se prendiamo Asus, le varie versioni di RTX 3080 hanno un prezzo che va dai 1124 euro del modello base a 1416 euro della top di gamma, quasi il doppio della founder edition. Questo è il motivo per cui chi ha prenotato da settimane, se non mesi, una nuo-va scheda grafica vede il prezzo richiesto lievitare rispetto al valore iniziale quando il prodotto è final-mente disponibile.

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MAGAZINEn.240 / 2122 MARZO 2021

di Roberto PEZZALI

La partnership tra Huawei e Leica ha

fatto scuola. Vivo ha scelto Zeiss,

OnePlus ora sceglie Hasselblad,

lo storico marchio di Göteborg che ha

messo la firma su quelle che possono

essere definite le fotografie più famose

al mondo, inclusi i primi passi dell’uomo

sulla luna. Una partnership triennale,

che vedrà il debutto il 23 marzo sul-

la nuova serie OnePlus 9 con il nome

“Hasselblad Camera for Mobile” e che

ha portato OnePlus a investire per i

prossimi tre anni 150 milioni di euro.

L’obiettivo è ovviamente quello di mi-

gliorare la resa del sistema fotografico

sugli smartphone, ma crediamo sia inu-

tile aggiungere che l’operazione ha una

forte valenza commerciale e promozio-

nale: il marchio Hasselblad aiuta a ven-

dere. Hasselblad ha esperienza nella

creazione di fotocamere medio formato

ed è abituata a lavorare su immagini di

tutt’altro tipo, non certo sui sensori de-

gli smartphone, anche se negli ultimi

anni, quando è stata acquisita da DJI

(DJI possiede il 70% di Hasselblad), si

è messa a lavorare anche su sistemi di

piccole dimensioni come quelli montati

sui droni del produttore cinese.

La partnership, da quanto lascia inten-

dere l’annuncio, sarà inizialmente lega-

ta al software: OnePlus 9, come molti

altri smartphone, continuerà ad utiliz-

zare infatti Sony come sensore, per la

precisione il nuovo Sony IMX789.

“Il primo, e più impegnativo risultato dal

punto di vista tecnico di questa collabo-

razione è senza dubbio la calibrazio-

ne avanzata del colore. Sviluppata a

quattro mani da OnePlus e Hasselblad

grazie a mesi di studio e verifiche ap-

profondite, la Natural Color Calibration

with Hasselblad mira a portare colori

più precisi e naturali alle foto scattate

con le fotocamere dei flagship One-

Plus. Si tratta di un nuovo standard di

OnePlus per la calibrazione del colo-

re che sarà previsto nelle fotocamere

dei suoi futuri smartphone. La nuova

Hasselblad Pro Mode porta per la pri-

ma volta la calibrazione del sensore di

Hasselblad, leader nella sua categoria,

su uno smartphone, ottenendo un co-

lore incredibilmente preciso e naturale

per una solida base per il post-editing.

Hasselblad Pro Mode è stata rinnovata

con una nuova interfaccia utente ba-

sata sul software di elaborazione delle

immagini di Hasselblad per dare agli

utenti un autentico look and feel Has-

selblad. Inoltre, consente una quantità

di controllo senza precedenti per i foto-

grafi professionisti, con la possibilità di

regolare ISO, messa a fuoco, tempi di

esposizione, bilanciamento del bianco

e altro ancora. Infine, gli utenti posso-

no anche utilizzare il formato RAW a 12

bit per un colore ancora più ricco e una

gamma dinamica più elevata.”

L’annuncio, come si è potuto leggere

sopra, spiega quello che verrà fatto:

sensori calibrati e migliore ottimizzazio-

ne del colore. Una buona cosa, anche

perché oggi difficilmente i sensori mul-

tipli montati su uno smartphone hanno

una resa cromatica simile e soprattutto

si tende ad alterare quella che è la cro-

mia naturale per creare una fotografia

che possa essere più accattivante agli

occhi di chi non ha una buona sensibi-

lità fotografica. Tutte cose che si pote-

vano fare anche senza Hasselblad, ma

il nome come abbiamo detto aiuta: la

fotocamera è ancora (per poco a nostro

avviso) uno dei parametri di scelta di un

telefono.

Nei prossimi mesi la partnership tra

OnePlus e Hasselblad porterà anche a

qualche innovazione hardware: arriverà

una fotocamera panoramica con un

campo visivo di 140 gradi, verrà intro-

dotta una nuova tecnologia denominata

T-lens per una messa a fuoco fulminea

nella fotocamera frontale e, già sulla serie

OnePlus 9, sarà usata una lente a forma

libera, free-form, per eliminare la distor-

sione dei bordi nelle foto ultra-wide.

FOTOGRAFIA il famoso produttore di fotocamere medio formato, di proprietà della cinese DJI

OnePlus sceglie Hasselblad e inizia da OnePlus 9 Così migliorerà la fotocamera degli smartphoneHasselblad lavorerà con OnePlus per migliorare le fotocamere dei prossimi smartphone

Nikon Z9, la nuova ammiraglia mirrorless full frame che registra in 8KNon molti i dettagli sulla top di gamma full frame per i professionisti. Sensore e processore sono nuovi. Registra in 8K, avrà il grip verticale integrato e un EVF ad altissima risoluzione di Sergio DONATO

Come da tradizione Nikon, l’an-nuncio di una nuova fotocamera spesso non si addentra nei det-tagli. Secondo Nikon Rumors il sensore potrebbe essere tra i 50 MP e i 60 MP di risoluzione. Non è escluso che possa trattarsi del sensore di derivazione Sony da 50 MP montato sulla A1. La Z9 avrà integrata nel corpo macchina l’impugnatura verticale. La raffica di scatto sarà di 20 fps, con tempi del “nero” assenti per il mirino elet-tronico che potrebbe avere una ri-soluzione compresa tra i 5,76 MP e i 9 MP a 120 Hz di frequenza di aggiornamento. Ci sarà il supporto al 16-bit RAW, la modalità Multishot e l’autofocus migliorerà complessi-vamente, anche nel tracciamento dei soggetti. Il nuovo processore EXPEED concorrerà all’aumento delle prestazioni ed è stato svilup-pato specificamente per suppor-tare la registrazione video in 8K, che sarà a 30p, mentre il 4K potrà scegliere tra 120p, 60p e 30p. La sensibilità andrà dai 64 ai 25.600 ISO e saranno presenti i profili Hi1 e Hi2. Z9 farà affidamento su una elevata gamma dinamica. Nikon Z9 potrebbe costare tra i 6.000 e i 7.000 dollari, nel corso del 2021.

Sony FE 50 mm F1.2 GM, l’obiettivo G Master che mancavaLa linea degli obiettivi G Master compie cinque anni e Sony ha voluto regalarle un’ottica tutta nuova, una “classica” tra le focali fotografiche che inspiegabilmente mancava tra le dodici lenti G Master nate a partire dal 2016: Sony ha presentato l’obiettivo FE 50 mm F1.2 GM. Se si guarda a tutti i G Master prima di questo, la focale da 50 mm veniva toccata solo dallo zoom standard FE 24-70 mm F2.8 GM. Sony deve avere pensato che i 50 mm avevano finalmente bisogno di un obiettivo prime tutto loro, a cui riservare anche un’apertura di f/1.2, la prima in assoluto nella linea G Master. L’o-biettivo si compone di 10 gruppi per un totale di 14 elementi, con 3 lenti asferiche XA (Extreme Aspherical) e si fa forte dell’Internal Focusing. Per la messa a fuoco il FE 50 mm F1.2 GM sfoggia quatto motori lineari X. i videomaker apprezzeranno anche la scelta di poter avere un comando continuo dell’apertura dell’obiettivo, quindi senza “clic”, che altrimenti è previsto per ogni terzo di stop.

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MAGAZINEn.240 / 2122 MARZO 2021

Xbox Game Pass su PC, il 19 marzo arrivano i giochi di Electronic Arts. Tutto compreso nel prezzoDal 18 marzo EA Play debutta anche in versione PC. Per gli utenti Xbox Game Pass Ultimate e Game Pass PC è tutto compreso nel prezzo di Pasquale AGIZZA

EA Play sbarca anche su PC per i membri di Xbox Game Pass Ulti-mate e Xbox Game Pass per PC. Dal 18 marzo 2021, gli iscritti ai servizi potranno infatti usufruire di tutto il catalogo EA Play anche su desktop. I giocatori potranno sce-gliere fra oltre 60 giochi, da instal-lare sul PC, comprensivi di alcuni dei più importanti titoli Electronic Arts, tra cui la serie The Sims, Batt-lefield, la serie Madden NFL e FIFA 20. Gli iscritti potranno poi giocare al titolo Star Wars: Squadrons, sia su PC che su console, aggiunto di recente alla lista dei giochi dispo-nibili. L’abbonamento ad EA Play dà diritto anche ad un accesso di dieci ore ai titoli più recenti di Electronic Arts, compreso FIFA 21.EA Play per PC sarà compreso, senza costi extra, sia all’interno della sottoscrizione Xbox Game Pass Ultimate (che comprende sia i giochi per PC che quelli per conso-le a 12,99€ al mese) sia all’interno della sottoscrizione Xbox Game Pass per PC (che comprende solo i giochi Game Pass per PC e costa 9,99€ al mese), in maniera similare a quanto già succede per la versio-ne console. Restano valide le due precedenti formule di abbonamen-to, un pagamento mensile di 3,99€ per la versione base e 14,99€ al mese per la versione Pro.

di Massimiliano DI MARCO

Sia la Securities and Exchange

Commission degli Stati Uniti sia

la Commissione Europea hanno

approvato l’acquisizione di Zenimax Me-

dia da parte di Microsoft. L’accordo vale

7,5 miliardi di dollari e include molti studi

di sviluppo. Fra i più importanti ci sono

Bethesda Game Studios (autore della se-

rie The Elder Scrolls), Tango Gameworks

(Evil Within), Arkane Studios (Dishonored,

Prey) e id Software (Doom). E adesso

cosa accadrà?

Ora che le autorità hanno dato il loro

benestare all’acquisizione, annunciata a

settembre 2020, le due società posso-

no procedere con l’effettiva inclusione di

Zenimax e dei suoi studi - per un totale

di 2.300 persone - nell’ecosistema dei

Microsoft Studios, cioè gli studi interni di

Microsoft per lo sviluppo di videogiochi

per Xbox e PC. Quando venne annuncia-

to l’accordo, Microsoft non fornì dettagli

rispetto a come gestirà la transizione.

Molte delle serie videoludiche coinvolte,

infatti, sono multipiattaforma, ossia sono

uscite su console e PC. Il fatto che Zeni-

max sia stata acquisita da Microsoft - che

produce le console Xbox - ha portato a

chiedersi se l’intenzione della società sia

quella di far diventare tutte quelle serie

(da Fallout a Doom, da The Elder Scrol-

ls al prossimo Starfield) delle produzioni

esclusive per Xbox e PC, evitando Play-

Station e le console Nintendo.

Commentando l’acquisizione, il numero

uno della divisione Xbox, Phil Spencer,

disse che la società valuterà “caso per

caso” se pubblicare un gioco in esclusiva

o se farlo anche sulle altre piattaforme. Il

direttore finanziario di Xbox, Tim Stuart,

specificò che “non abbiamo intenzione di

prendere e togliere i contenuti di Bethe-

sda da Sony o Nintendo o qualcosa del

genere”, lasciando intendere che nel bre-

ve termine cambierà poco o nulla.

In particolare, Stuart sottolineò che Mi-

crosoft intende fare in modo che i futuri

contenuti di Bethesda e delle altre so-

cietà acquisite siano “migliori” sulle sue

piattaforme: una dichiarazione che può

voler dire tante cose. Xbox Series X è

sulla carta più potente di PlayStation 5:

ciò potrebbe essere uno dei fattori che

li rende “migliori”. Oppure, su Xbox e PC

Windows è disponibile l’abbonamento

Game Pass: il “miglioramento”, in questo

caso, sarebbe la facilità di accesso a tanti

GAMING Approvata l’acquisizione di Zenimax Media da parte di Microsoft per 7,5 miliardi di dollari

Cosa farà Microsoft con i giochi Bethesda?Il catalogo di prodotti Bethesda all’interno del Game Pass raggiungerà i 20 giochi, ecco quali sono

contenuti di qualità delle case di Zenimax

Media, disponibili anche su smartphone

grazie al cloud.

Sicuramente, Microsoft vuole aumentare

l’appetibilità del servizio Game Pass. A

oggi conta 15 milioni di abbonati (i dati più

recenti sono di settembre 2020) e viene

ritenuto il valore aggiunto dell’ecosiste-

ma Xbox: i giochi di prime parti (cioè quel-

li prodotti dagli studi di Microsoft) sono

disponibili nel catalogo già dal primo gior-

no; quindi, gli utenti già abbonati non de-

vono pagare nulla di più. Esattamente ciò

che accade per il catalogo dei servizi di

streaming di musica, film e serie TV: chi si

abbona continua ad avere un catalogo in

crescita, senza pagare sovrapprezzi. Mi-

crosoft sta adottando lo stesso approccio

per i videogiochi e per ora Game Pass è

il tentativo più riuscito nell’industria di su-

perare le tradizionali modalità di acquisto.

Per quel che riguarda il trattamento delle

proprietà intellettuali degli studi sotto l’ala

di Zenimax Media, un’idea dell’approc-

cio di Microsoft la può fornire Minecraft.

Il gioco venne aggiunto al portafoglio di

Microsoft quando la società acquisì il suo

sviluppatore, Mojang. Da allora, però, Mi-

necraft non solo è rimasto sulle piattafor-

me in cui, al momento dell’acquisizione,

era stato pubblicato; è stato distribuito

anche su altri sistemi operativi e dispositi-

vi. Minecraft potrebbe essere considera-

to, però, un progetto eccezionale: sareb-

be stato controproducente per Microsoft

vincolare il gioco - nel tempo divenuto an-

che strumento didattico - alle piattaforme

Xbox e Windows.

Ecco i giochi Bethesda che arrivano su Game PassL’acquisizione di Bethesda da parte di

Microsoft avrà, come primo vantaggio,

l’arrivo di un buon numero di produzio-

ni dello studio all’interno di Xbox Game

Pass. Dal 12 marzo, entreranno a far parte

del catalogo alcuni dei giochi più iconici

del produttore. Parliamo, ad esempio, di

tutti i capitoli classici di Doom, con il primo

capitolo del 1993 e Doom II, 3 e 64 che

si aggiungeranno al già presente Doom

Eternal. Spazio anche a tutti i capitoli mo-

derni della saga Wolfenstein.

Con le ultime aggiunte, il catalogo di pro-

dotti Bethesda all’interno del Game Pass

raggiungerà i venti giochi. Erano già pre-

senti, infatti, alcuni giochi di grande impat-

to come la saga The Elder Scrolls, Fallout

e Prey. Ecco la lista completa dei giochi:

• Dishonored Definitive Edition

• Dishonored 2

• Doom (1993)

• Doom II

• Doom 3

• Doom 64

• Doom Eternal

• The Elder Scrolls III: Morrowind

• The Elder Scrolls IV: Oblivion

• The Elder Scrolls V: Skyrim Special

Edition

• The Elder Scrolls Online

• The Evil Within

• Fallout 4

• Fallout 76

• Fallout: New Vegas

• Prey

• Rage 2

• Wolfenstein: The New Order

• Wolfenstein: The Old Blood

• Wolfenstein: Youngblood

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Marco, 55 anni, cliente Vodafone Business.

“E dove la trovo un’altra rete così?”

Rete mobile datinumero 1 in Italia.

Vodafone è la migliore Rete dati d’Italia secondo il report pubblicato dalla società indipendente nPerf il 26 gennaio 2021. I risultati si basano su 484.836 test effettuati tra il 1 gennaio ed il 31 dicembre 2020 sulle reti mobili in Italia. Il report e la descrizione della metodologia sono disponibili su nPerf.com/it/awards/it/2020/mobile/italy/

I nostri clienti parlano per noi: siamo la

ILIAD

67 332 VODAFONE

61 882 TIM

60 469

56 874

WINDTRE

PUNTEGGIO MEDIO

DEI TEST EFFETTUATI per tutte le tecnologie mobili (da 2G a 5G)

Verif icato da

Page 26: 08 Attacco cinese ai server Exchange È gravissimo ma ne

torna al sommario 26

MAGAZINEn.240 / 2122 MARZO 2021

di Gianfranco GIARDINA

Prendete una Sonos Move, lo speaker Sonos a

batteria. Migliorate il software per garantire un

passaggio dal funzionamento in Wi-Fi a quello

Bluetooth assolutamente fluido e naturale. Condensa-

telo in dimensioni e pesi molto più contenute e porta-

tili. E infine dimezzate il prezzo. È questa la ricetta di

Sonos Roam, il componente dell’ecosistema Sonos più

piccolo ed economico, pensato come speaker mobile,

sia all’interno della casa che in mobilità. Certamente il

più versatile, come il nome “Roam” (girovagare) fa ben

immaginare.

Un Move più evoluto ma più piccolo, finalmente portatileIl Sonos Roam si presenta come un prisma a base

triangolare smussata che segue gli stilemi estetici degli

ultimi prodotti Sonos: ci si scorge facilmente un po’ di

Move e un po’ di Arc. Le caratteristiche fisiche ne fanno

un prodotto veramente portatile, molto di più di quanto

non fosse Move, con i suoi 24 centimetri e un peso

da 3kg. Roam pesa circa 430 grammi e ha dimensioni

di 17 x 6 x 6 cm: occupa poco spazio su una mensola

quando è a casa, appoggiato sulla base piccola (6 x 6);

è stabile anche su appoggi sconnessi nelle situazioni

outdoor, se risposto sul lato lungo.

Le finiture disponibili sono due, bianco e nero. O me-

glio -Sonos ci tiene molto alla nomenclatura esatta

- Lunar White e Shadow Black. All’interno del piccolo

Roam due altoparlanti biamplificati (un mid-woofer e un

tweeter): Sonos nel materiale stampa parla di “brilliant

sound”: buona parte della sfida è tutta lì. Ovviamente

non si può parlare di driver di dimensione generosa e

la resa la potremo verificare solo con una prova, non

appena lo speaker sarà disponibile. Ovviamente si trat-

HI-FI E HOME CINEMA ll più piccolo ed economico tra gli speaker Sonos, Roam, è un “cilindretto” sonoro portatile, tutta potenza e batteria

Musica ovunque: arriva in aprile Sonos Roam Wi-Fi e multiroom ma anche super-portatileQuando è in casa, è un Sonos a tutti gli effetti, fuori casa diventa uno speaker Bluetooth. Il passaggio tra le modalità è trasparente

ta di un apparecchio che funziona a batteria: l’accumu-

latore agli ioni di litio integrato assicura circa 10 ore di

playback continuo o addirittura 10 giorni di stand-by. Il

caricamento può avvenire in diversi modi: o via cavo

USB-C, con l’alimentatore in dotazione; o, molto più

sensatamente, senza filo a induzione. Non c’è però la

basetta per la carica wireless in dotazione. Quest’ulti-

ma modalità può essere attivata molto semplice con

una qualsiasi superficie di ricarica Qi come quelle pen-

sate per gli smartphone: basta appoggiare al centro il

Roam e parte la ricarica. Meglio ancora è ricorrere alla

basetta originale, disponibile però come opzione, che

oltre ad essere come forma e materiali coordinata con

lo speaker, è anche magnetica e si comporta in ma-

niera simile al MagSafe di Apple. Siamo anche con la

Roam nel mondo degli speaker portatili di Sonos inau-

gurato dalla Move. E come per la Move, anche la Roam

è pronta a sopportare acqua, liquidi e polvere. Infatti

l’apparecchio ha la certificazione IP67 che lo definisce

resistente alla sabbia, anche sottile, e all’immersione in

acqua, anche se per durate contenute (fino a 1 metro

per massimo 30 minuti). Ovviamente nessuno pensa

di sotterrarlo in spiaggia o di lanciarlo in mare ma, per

fare un esempio, se dovesse scivolare in piscina (ed

essere ripescato velocemente) o cadere sulla neve o

nella sabbia, non dovrebbe accadergli nulla.

DNA Sonos al 100%. Ma non a tutti saranno chiare le differenze con uno speaker BTDal punto di vista funzionale, Roam è a tutti gli effetti

uno speaker dell’ecosistema Sonos, uno degli aspet-

ti non facili da spiegare di questo prodotto: a occhio

sembra un comune speaker Bluetooth. L’utente Sonos

non avrà problemi a capire di cosa si tratta; per chi

invece non ha esperienza dell’ecosistema multiroom

della casa americana, lo sforzo di astrazione richiesto

per capire la vera essenza di questo prodotto è certa-

mente maggiore. In pratica la piccola Roam, quando

è in casa, è uno speaker Wi-Fi (lavora sia a 2,4 che

5 GHz) che può suonare in unione o anche indipen-

dentemente dalle altre casse Sonos, rispondendo al

controllo dell’app Sonos e anche di quella Spotify (gra-

zie a Spotify Connect). Non solo: grazie ai microfoni

differenziali a lunga gittata integrati, Roam è in grado

di funzionare, come gli altri speaker Sonos di ultima

generazione, da smart-speaker sia con Alexa che con

Google Assistant.

Quando invece si è fuori casa - e la portabilità estrema

di Roam ne fa uno scenario tutt’altro che occasiona-

le - lo speaker funziona via Bluetooth 5, compatibile

anche con AirPlay2. La cosa interessante, che biso-

gnerà valutare in una prova pratica, è l’aspetto legato

alla continuità dell’esperienza nel passaggio da casa

a fuori casa e ritorno: secondo Sonos, contrariamente

a quanto accade per esempio con Move, il passaggio

segue a pagina 27

Page 27: 08 Attacco cinese ai server Exchange È gravissimo ma ne

torna al sommario 27

MAGAZINEn.240 / 2122 MARZO 2021

HI-FI E HOME CINEMA

Sonos Roamsegue Da pagina 26

da una modalità all’altra è praticamente automatico e

privo di ogni “preoccupazione” per l’utente.

In pratica quando si esce di casa, Roam riconosce au-

tomaticamente la “lontananza” dalla Wi-Fi domestica e

si collega automaticamente allo smartphone via Blue-

tooth (ovviamente sulla base di un precedente pairing),

proseguendo se possibile la riproduzione musicale.

Sì, perché se la musica arriva, come sempre più fre-

quentemente accade, da una piattaforma di streaming

come Spotify, potrà proseguire attraverso lo smartpho-

ne e il traffico dati; se invece si ascoltava dal media

server di casa, ovviamente sarà impossibile proseguire

fuori con la stessa musica.

La bella sorpresa si ha poi al rientro: non appena si tor-

na a casa, tenendo premuto per due secondi il tasto

centrale si attiva la cosiddetta funzione Sound Swap

grazie alla quale la musica in riproduzione sul Roam

viene trasferita - ci hanno assicurato, in meno di un se-

condo - verso lo speaker Sonos “fisso” più vicino. La

stessa funzione può essere usata anche per “preleva-

re” la musica dallo speaker fisso e portarla sul piccolo

Roam poco prima di uscire. Tra l’altro - ma vogliamo

provarlo prima di esprimerci - dovrebbe superarsi an-

che il limite di non poter usare l’app Sonos lontano dalla

Wi-Fi: infatti Roam si dovrebbe poter comandare anche

tramite app Sonos anche nei momenti in cui è collegata

via Bluetooth, il che farebbe bene al successo dell’ini-

ziativa Sonos Radio in cui la società si sta impegnando

da qualche mese. Ma questi sono dettagli che andran-

no verificati durante la prova di Roam, che speriamo di

poter fare al più presto.

Roam continua ad autocalibrarsi man mano che cambiano le condizioniChi ha letto la nostra recensione della Sonos Arc ri-

coderà il sistema di autocalibrazione implementato su

quello speaker: ogni volta che lo si mette in posizione,

dopo qualche secondo di “riflessione”, lo speaker inizia

ad ascoltare il suo stesso suono, desumendo così qual-

che caratteristica acustica dell’ambiente. E di conse-

guenza applica una profilazione acustica (denominata

Automatic Truplay) che corregge il suono per adattarsi

alle condizioni di lavoro. Lo stesso sistema è implemen-

tato anche su Roam, con l’aggiunta di capire anche,

grazie a un sensore di posizione, se sta lavorando in

verticale o in orizzontale. Inoltre, come i comuni spea-

ker Sonos, due Roam possono essere unite in una cop-

pia stereo ed utilizzate come diffusori surround, anche

se Sonos sconsiglia quest’ultimo impiego proprio per

la natura “mobile” della Roam: se viene spostata, addio

effetto surround…

Sonos Roam sarà disponibile a partire dal 20 di aprile

in oltre 30 paesi tra cui l’Italia. Il prezzo previsto è di 179

euro, mentre per avere anche la basetta di ricarica ori-

ginale, con la stessa forma e gli stessi materiali di Roam,

sarà necessario sborsare altri 49 euro.

di Pasquale AGIZZA

Seicento Watt di potenza, audio sur-

round a 5.1 canali e speaker poste-

riori wireless. Sono queste le ca-

ratteristiche principali di Sony HT-S40R,

il nuovo impianto audio presentato dal

produttore giapponese.

Il sistema HT-S40R è composto da

soundbar frontale, subwoofer e diffusori

surround senza fili. Il sistema è dotato

di un ingresso audio analogico (stereo

mini), una USB Tipo A e un ingresso au-

dio ottico. C’è anche una HDMI ARC e la

connessione Bluetooth per collegare lo

smartphone. Gli speaker posteriori di HT-

S40R, soundbar e sub sono interconnessi

da un amplificatore centrale in modalità

wireless, in modo da non dover utilizzare

nessun collegamento fisico trai vari dif-

fusori fatta eccezione naturalmente per

l'alimentazione di ciascuna unità. Chi uti-

lizza l’impianto audio in abbinamento ad

un televisore Sony Bravia che supporta la

connessione wireless, inoltre, potrà invia-

re l’audio direttamente al sistema Home

Theatre. Il sistema di speaker prevede 4

differenti modalità sonore (Cinema, Mu-

sic, Standard e Auto Sound) da scegliere

in base al contenuto. Sarà possibile, inol-

tre, usufruire anche delle modalità Night

e Voice. La nota negativa arriva con le co-

difiche supportate dal sistema: gli ingressi

digitali sono infatti compatibili unicamen-

te con Dolby Digital base o audio PCM a

due canali, troppo poco di questi tempi.

La soundbar è sottile e compatta, e come

gli speaker posteriori, può essere mon-

tata a parete. Discreto il sub mentre la

possibilità di utilizzare l'amplificatore in

modalità wireless rende molto più facile

il posizionamento. Disponibile in Italia da

maggio 2021, non ancora comunicato il

prezzo della soluzione audio.

HI-FI E HOME CINEMA Il produttore giapponese ha svelato il nuovo impianto audio ad alte prestazioni

HT-S40R, l’impianto audio 5.1 di Sony Speaker wireless e 600W di potenzaPunti di forza, i 600 Watt di potenza, audio surround a 5.1 canali e speaker posteriori wireless

HI-FI E HOME CINEMA

Anche Loewe e Hisense abbracciano la tecnologia audio wireless DTS Play-FiI prossimi televisori Loewe e Hisense supporteranno la tecnologia audio wireless DTS Play-Fi. L’annuncio è delle scorse ore, con i primi prodotti compatibili che potrebbero arrivare già nei prossimi mesi. La tecnologia DTS Play-Fi riproduce in streaming un audio di alta qualità, perfettamen-te sincronizzato tra altoparlanti, TV e soundbar compatibili. Permette quindi di realizzare con semplicità sistemi audio multi-room capaci di diffondere la musica in ogni ambien-te, mettendo in comunicazione tutti i prodotti che ne sono provvisti. Oltre a Loewe e Hisense, anche Sharp do-vrebbe integrare presto la tecnologia DTS Play-Fi nei suoi prodotti.

Page 28: 08 Attacco cinese ai server Exchange È gravissimo ma ne

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MAGAZINEn.240 / 2122 MARZO 2021

di Gianfranco GIARDINA

Il fenomeno social del 2021 è stato certamente

Clubhouse: se ne è parlato molto e molto si è parlato

dentro Clubhouse. Una specie di talk-social, in cui di

fatto vengono realizzati e diffusi una sorta di podcast

cooperativi in diretta, in cui anche i follower hanno

diritto di parola (se abilitati dall'amministratore della

stanza). Un esempio che per ora è limitato alla po-

polazione degli iPhone ma che tanti altri social stanno

implementando, sull'onda della fiammata di successo

di Clubhouse. SI tratta di qualcosa che tutto sommato

assomiglia alla radio, soprattutto nelle sue interpreta-

zioni più parlate; e non a caso i protagonisti del mon-

do della radio ci si sono buttati. Ma è altrettanto vero

che, in questa fase pionieristica, Clubhouse appaia

fin troppo parlata, o meglio esclusivamente parlata.

E qualche volta anche decisamente noiosa. Basta

guardare al feroce turnover di ascoltatori nelle stanze

per capirlo: in pochi minuti entrano decine di persone

e ne escono altrettante, segno di un "retention" non

propriamente esemplare. La radio, quella di successo,

insegna che invece il ritmo e l'estetica sonora conta,

come conta anche la qualità della voce, soprattutto se

si vuole tenere il proprio pubblico per tanto tempo con

sé. Da questo punto di vista, non c'è dubbio che chi

vorrà avere successo su questo social e sugli altri si-

mili che stanno per nascere, anche dopo le prime fasi

pionieristiche, dovrà passare a strategie produttive

più sofisticate, un po' come quelle che già usano i mi-

gliori podcaster. Per questo abbiamo voluto fare una

prova con la console di maggior successo tra i creatori

di podcast: si tratta di RodeCaster Pro di Rode (distri-

buito da MidiMusic di Torino), uno strumento che na-

sce per la produzione di contenuti audio, tipicamente

i podcast o comunque trasmissioni radio. Ma che può

essere usata con successo anche per realizzare delle

stanze Clubhouse di qualità e partecipare con piglio

professionale ai nuovi social che fanno uso di voce e

suono. Oltre che, perché no, offrire alle videoconfe-

renze e ai webinar una creatività sul fronte audio del

tutto inedita oggi.

SOCIAL MEDIA E WEB RodeCaster Pro di Rode è la console ideale per chi produce amatorialmente o professionalmente podcast

Con RodeCaster Pro anche Clubhouse è meno noioso Funziona anche per i vocali Whatsapp e audio-tweetPuò diventare anche uno strumento utile per interfacciarsi in maniera qualitativa con le app di social audio attuali e future

Il RodeCaster Pro, come un mixer, più di un mixerIl RoadCester Pro è una console che esteticamente

assomiglia a un piccolo mixer. E in effetti fa da mixer

tra diverse sorgenti: 4 ingressi microfonici, un ingres-

so telefonico a filo, un ingresso Bluetooth e uno USB.

In realtà, a ben vedere, gli ultimi tre (telefonico a filo,

Bluetooth e USB) sono bidirezionali, sono anche usci-

te, utili per esempio per collegare un interlocutore

telefonico (facendogli sentire cosa stiamo dicendo) o

per lanciare da PC delle clip musicali.

Come dicevamo lo scopo per cui nasce questa conso-

le è quello di realizzare podcast: quindi il tipico scena-

rio è avere alcune voci in locale, collegate ai quattro

ingressi microfonici e in ascolto attraverso le quattro

uscite cuffia a volumi indipendenti (una delle quali

doppiata sul frontale).

Altri ospiti possono essere collegati al telefono, via

cavo o via Bluetooth. Al PC, collegabile via USB, si

aggiunge anche una memoria interna che può conte-

nere alcune "cue", quindi alcune clip audio correlate a

dei tasti colorati programmabili, così da poter lanciare

facilmente un tappeto sonoro, una sigla, uno stacco,

gli applausi e qualsiasi altro effetto vada a comporre

l'estetica audio del proprio podcast o comunque del

contenuto che si vuole realizzare. I tasti fisici sono

otto, che sono organizzabili su tre banchi, per un tota-

le di 24 locazioni di memoria programmabili attraverso

una semplice app per PC.

Il podcast può essere registrato in diversi modi: o di-

rettamente sulla console, grazie al grande tasto "rec"

e alla possibilità di inserire una scheda microSD come

supporto di memoria; oppure direttamente su PC,

attraverso l'interfaccia USB: il RodeCaster Pro viene

visto come una duplice scheda audio, una stereo con

il downmix degli ingressi e una multicanale con tutti

i canali separati, utile se si intende remixare succes-

sivamente il contenuto. Allo stesso modo è possibile

utilizzare la console come base per uno streaming

audio live, usando ovviamente il PC per l'applicazio-

ne di streaming prescelta. Insomma un apparecchio

davvero versatile per chi ha in animo di realizzare pro-

duzioni audio, soprattutto se parlate.

Ogni canale dispone di un'ampia serie di controlli, at-

tivabili e regolabili attraverso il display touch di bor-

do. I quattro principali offrono una preimpostazione

di equalizzazione per diversi tipi di microfoni (tra cui

ovviamente le famiglie Rode), un filtro passa-alto, un

noise gate, un de-essere, un compressore e un filtro

Aphex per aumentare la presenza. (1) Gli altri canali

hanno dei preset che ottimizzano il canale per l'im-

piego per la voce o per la musica e che gestiscono

il guadagno (2). Il master ha, infine, un compressore

finale in grado di trattare il segnale in uscita, così da

ottimizzare la resa anche su device di riproduzio-

ne non propriamente esemplari. Insomma, c'è tutto

quanto serve per una produzione che forse non sarà

professionale al 100%, ma il cui risultato finale ci si av-

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MAGAZINEn.240 / 2122 MARZO 2021

vicina decisamente, con almeno un paio di vantaggi:

il RodeCaster Pro è terribilmente facile da utilizzare,

al contrario della stragrande maggioranza dei mixer/

console digitali in commercio. E poi il prezzo della so-

luzione è eccellente: 599 euro di listino, che spesso si

avvicinano molto ai 500 euro sul mercato.

Oltre i podcast: perfetto anche per produrre per smartphoneOra che, come abbiamo detto, iniziano a diffondersi i

social audio (c'è da scommettere che Clubhouse sia

solo il primo esempio di una lunga serie), il RodeCa-

ster Pro può essere utilizzato anche per proporsi su

questi strumenti con un taglio finalmente più profes-

sionale. Il primo modo che potrebbe venire in mente

per aderire a Clubhouse attraverso questa console

è utilizzare il collegamento Bluetooth (3): il telefono

si collega alla console trattandola a livello software

come se fosse un device vivavoce; il segnale in in-

gresso entra nella console, quello in uscita verso il te-

lefono è il master, privato ovviamente del ritorno, cosa

che sarebbe assai fastidiosa. Ma c'è un piccolo pro-

blema: se il Bluetooth va benissimo per portare nella

console una conversazione in banda telefonica, che

notoriamente è tagliata in frequen-

za, non è così adatta per mandare

il proprio segnale verso l'app che si

sta usando. Infatti il ritorno microfo-

nico Bluetooth è limitato in frequen-

za, per carenza di banda, alla sola

banda voce telefonica, quella che

normalmente serve. Ma Clubhouse,

come altre app di audio-video live

streaming/conferencing, utilizza una

banda più ampia e la voce e soprat-

tutto eventuale musica risulterebbe

inevitabilmente tagliata.

Per risolvere questo problema, è

meglio affidarsi al caro e vecchio

cavo, grazie all'ingresso-uscita TRRS

presente sul RodeCaster Pro: si trat-

ta del classico minijack a quattro

poli, tipico degli auricolari a filo, che

abbiamo comprato a parte perché

non compreso nella confezione (4).

Questo collegamento permette di

far entrare nella console un segna-

le stereo proveniente dal telefono e

rimandare l'output della console at-

traverso quello che sarebbe normal-

mente appannaggio del microfono.

Il risultato è ottimo: collegando un

iPhone a questo ingresso, con l'a-

dattatore da minijack a lightning, si

ottiene il collegamento sperato ed è

possibile partecipare ad una stanza

di Clubhouse non solo con la pro-

pria voce ma anche con l'ausilio di

stacchi e basi e, perché no, lanciando anche qualche

spezzone musicale. E con il vantaggio, non da poco,

di poter registrare la stanza Clubhouse che si è orga-

nizzata (lasciamo ai giuristi eventuali dubbi sulla licei-

tà dell'operazione sul fronte della privacy): così i con-

tenuti di Clubhouse finalmente non "evaporano" più.

Non solo Clubhouse: perfetto per i tweet audio ma anche i vocali di WhatsappLa qualità paga sempre. Anche quando si utilizzano

social e comunicazioni vocali di qualsiasi tipo. Per

esempio, da qualche settimana Twitter sta distribuen-

do alla base utenti la possibilità di fare tweet vocali.

Ne abbiamo subito approfittato, ovviamente una "pro-

SOCIAL MEDIA E WEB

RodeCaster Prosegue Da pagina 28

duzione" un po' particolare, diremmo "cult".

Ma lo stesso stratagemma può essere usato per man-

dare dei vocali decisamente originali su Whatsapp.

O addirittura per parlare al telefono in modo partico-

larmente "sofisticato" o semplicemente per registrare

una telefonata, fatta anche attraverso cellulare (sem-

pre privacy permettendo). Ovviamente si tratta di at-

tività finalizzate alla produzione audio e non certo un

passatempo, visto che comunque serve un hardware,

questo RodeCast Pro, che qualche centinaio di euro li

costa. Ma di fatto, anche per facilità e imediatezza di

utilizzo, è una soluzione che può risolvere molti pro-

blemi a chi, per lavoro e per svago, vuole produrre

podcast e partecipare ai nuovi social vocali con un

piglio professionale.

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MAGAZINEn.240 / 2122 MARZO 2021

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di Roberto PEZZALI

Quello che abbiamo davanti è forse lo smartpho-

ne meno “Xiaomi” tra tutti gli smartphone del

produttore cinese visti nell’ultimo periodo. La

regola del “provo a darti tutto quello che posso a poco”

si infrange di fronte ad un prezzo che è comunque pre-

mium, 799 euro, ma soprattutto ad uno smartphone

che, anche scorrendo la scheda tecnica, non sembra

darti affatto tutto quello che può. Purtroppo quando si

usa un processore come lo Snapdragon 888, potente

ma costoso, si riducono i margini per poter inserire in

uno smartphone tutto quello che inizialmente si pen-

sava di mettere. Da una Xiaomi a 799 euro nessuno si

aspetterebbe “solo” 128 GB di storage (la versione 256

GB costa 899), soprattutto quando la memoria non è

espandibile, così come nessuno si aspetterebbe una

fotocamera basata sullo stesso sensore già visto sui

modelli dello scorso anno e su molti modelli più econo-

mici, supportato da un solo obiettivo super wide e da un

macro da 5 megapixel che, come tutti gli altri obiettivi

macro, sembra tanto un obiettivo di contorno. Dov’è il

tele? Non c'è, lo zoom è totalmente digitale. Ci sareb-

bero anche altri elementi criticabili per un prodotto “pre-

mium”: una porta USB solo USB 2.0, l’assenza di jack

audio e l’assenza di una qualsiasi certificazione water-

proof, ma manteniamo lo stesso metro di giudizio usato

per gli altri smartphone e non ne facciamo un dramma.

Siamo più combattuti invece sul waterproof. Il Mi 11 5G

nella parte alta ha una ghiera di sfogo per facilitare la

dissipazione del calore, ed è difficile pensare che, nel

caso di caduta accidentale in acqua, quella ghiera non

possa rappresentare un punto di ingresso per liquidi. A

tutto questo aggiungiamo anche un sistema operativo

basato su Android 11 ma non perfetto nella sua persona-

lizzazione: funziona tutto bene, sia chiaro, ma riteniamo

il software e tutto quello che ruota attorno all’esperienza

e all’integrazione più importante del “pezzo di ferro”. E

proprio da software vogliamo partire perché è l’unico

punto che deve ancora essere raffinato per raggiungere

il livello del resto.

TEST Uno smartphone bello, concreto e capace di fare ottime foto. Per la perfezione serve solo una maggior cura nel software

Xiaomi Mi 11 5G in prova. Tanti pregi e pochi difettiLa MIUI 12 di piccole imperfezioni ne ha tante. Sparisce la convenienza Xiaomi: a 800 euro ci si poteva aspettare di più

Xiaomi Mi 11 5GUN OTTIMO TELEFONO CHE MERITEREBBE PIÙ CURA NEI DETTAGLI 799,00 €

Il Mi 11 5G Xiaomi è un ottimo telefono, concreto e ben costruito, ma Xiaomi ha a nostro avviso perso una occasione: far vedere a tutti che poteva fare un ulteriore passo in avanti. L’azienda cinese da anni dimostra di saper produrre e progettare ottimi smartphone e ormai ha raggiunto un livello costruttivo pari a quello di Samsung. Quello che manca a Xiaomi però è uno sforzo lato software, quello che oggi in un mondo di smartphone tutti uguali può fare la differenza. Oggi chi realizza smartphone Android può scegliere la comodità di avere una inter-faccia quasi stock, con aggiornamenti velocissimi ma senza identità, oppure una interfaccia pesantemente personalizzata. Xiaomi ha scelto quella che è in assoluto la strada più difficile, perché per seguire nel migliore dei modi questa strada serve uno sforzo immane in termini di risorse dedicate allo sviluppo a al test. La MIUI 12 di piccole imperfezioni ne ha tante, basta usarla un po’ per rendersene conto: si tratta quasi sempre di piccoli glitch grafici, di qualcosa che la prima volta non funziona come dovrebbe, di qualche lato che è meno curato di altri, tutte cose che si possono ovviamente risolvere ma che in questi anni Xiaomi si è sempre portata dietro, di aggiornamento in aggiornamento. Sempre in ambito software, quindi legato all’esperienza utente, ci sono tanti aspetti migliorabili: la gestione del risparmio energetico impatta sulla consegna delle notifiche, e tutto il lavoro fatto sulla parte fotografica, inclusi i nuovi filtri cinema, può essere portato ad un livello superiore. Non ha senso, ad esempio, che il divertente effetto “clona” funzioni solo in orizzontale e non in verticale, sembra solo una funzione implementata “a metà”. Soprattutto se si pensa che certi giochetti sono più una cosa da “social”, e la loro fruizione in verticale doveva essere una priorità. Dopo aver avuto tra le mani per un mese questo Xiaomi Mi 11 5G facciamo fatica a capire, soprattutto se guardiamo al resto della gamma Xiaomi, quale dovrebbe essere l’elemento che ci porta a spendere 799 euro per portarselo a casa. Ha tutto, è completissimo, ma lo sono anche tanti altri smartphone Xiaomi: cos’ha il Mi 11 in più di così irrinunciabile? La domanda che vorremmo fare a Xiaomi è quale sarebbe stato il prezzo del Mi 11 5G se avesse avuto all’interno lo Snapdragon 865 al posto dell’888. Noi abbiamo un’idea: 599 euro nella versione da 128 GB e 649 euro nella versione da 256 GB, un risparmio notevole per rinunciare ad un processore che, all’atto pratico, non cambia assoluta-mente nulla per chi lo usa. Anzi, in qualche occasione scalda pure troppo. Una nota finale: come sempre esistono due tipi di utenti per uno smartphone, e DDay si rivolge ad un pubblico più tecnico, appassionato e con certe esigenze che molti altri consumatori non hanno. Questa recensione è inquadrata per un utente molto esigente e attento. Il Mi 11 5G, come ogni smartphone prodotto oggi, resta comunque un prodotto di assoluta qualità che difficilmente chi lo compra, senza troppo badare al processore o ai megapixel, potrà criticare. Al massimo si potrà arrabbiare per qualche traduzione non precisissima, ma a questo si può porre facilmente rimedio.

Qualità Longevità Design Semplicità D-Factor Prezzo

9 8 8 8 9 78.3COSA CI PIACE COSA NON CI PIACEQualità costruttivaOttime prestazioni della fotocameraPrestazioni generali

Ricezione solo modestaScarsa attenzione ai dettagli nella MIUIManca la proverbiale super-convenienza Xiaomi

lab

video

MIUI 12, buono, ma resta la sensazione di una betaOggi gran parte dell’esperienza di utilizzo di un telefono

è data dal software che c’è a bordo, e nel caso del Mi 11

5G il software è la MIUI 12 basata su Android 11. L’aspet-

to che più ci tocca è il feeling “always beta” della MIUI

12. Chi usa il telefono in modo poco attento difficilmen-

te incontrerà bug e problemi: l’unica cosa a cui andrà

incontro l’utente tipo è il classico rallentamento della

consegna delle notifiche in coda per alcune app poco

diffuse dovuto ad un sistema di risparmio energia un

po’ troppo aggressivo. La cosa non riguarda alcune app

come Facebook o Whatsapp, che sono state messe in

"whitelist". Chi invece si serve di funzioni avanzate, come

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MAGAZINEn.240 / 2122 MARZO 2021

segue a pagina 32

TEST

Xiaomi Mi 11 5Gsegue Da pagina 30

clicca per ingrandire

La rimozione della persona fatta dal Galaxy S21 Ultra con la funzione "beta".

ad esempio la possibilità di aprire le app in finestra, si

troverà davanti a tanti piccoli bug o glitch. Sono presenti

soprattutto sulle app di sistema Xiaomi, sono presenti

nei menu, dove non sempre le traduzioni in italiano sono

chiare, sono presenti nei vari aspetti delle MIUI, come ad

esempio i Super Wallpaper. L'esempio qui sotto: la scritta

tocca il bordo, non è bellissima da vedere.

L’impressione generale è quella di poco testing e poca

attenzione, soprattutto sulla localizzazione. C’è poi la

tendenza di inserire tutto, ma in modo incompleto, una

sorta di “Se questa cosa funziona allora mettiamola”

dove viene però gestita una sola situazione e le altre

vengono un po’ abbandonate a se stesse. Possiamo

fare un paio di esempi legati all’ambito fotografico, dove

troviamo ad esempio la funzione che permette di to-

gliere un elemento indesiderato o una persona da una

foto. Samsung, sapendo che ancora non è perfetta, l’ha

messa come funzione “lab” che chi vuole può provare.

Xiaomi l'ha inserita nell'editor come se fosse già una fun-

zione perfettamente funzionante eppure è tutt’altro che

perfetta: rimuove senza problemi un soggetto da uno

sfondo uniforme, ma pasticcia con ogni altro tipo di sfon-

do e in situazioni più difficili. Funziona, perché funziona,

ma sembra una implementazione un po’ frettolosa e in

molti casi è decisamente peggiore dell’implementazione

beta di Samsung. Lo mostriamo nelle foto 1 e 2: si vede

chiaramente che è un fotoritocco posticcio.

Si può poi parlare dei filtri video, che funzionano in alcuni

casi specifici e in altri no: il verticale non è supportato.

Chi sviluppa software è ben consapevole che quando si

aggiunge qualcosa si devono considerare anche tutte le

possibili eccezioni e tutti i casi d’uso. Nel caso della MIUI

sembra che Xiaomi si sia accontentata dell’apparenza di

un buon funzionamento superficiale senza andare a ge-

stire ogni singola eccezione. Poca cura, ma forse anche

poche risorse su quell’aspetto che invece dovrebbe rap-

presentare il punto più importante oggi in un prodotto.

Qualità e feeling ottimi. Taglia grande, peso medioQuelli che un tempo erano considerati materiali pre-

mium ora sono la normalità. Vetro e alluminio sono la

base di ogni smartphone moderno, anche di quelli di

fascia media, ed è sempre più difficile usare l’aspetto

costruttivo per definire uno smartphone.

Il Mi 11 5G può vantare cornici sottili, un bordo legger-

mente curvo, un retro satinato e una bella cornice lu-

cida in tinta ma non c’è nessun elemento che ci faccia

La rimozione fatta dallo Xiaomi Mi 11 5G

21

pensare “Questo è costruito meglio degli altri”. Robusto,

solido, ma perfettamente allineato con quella che è la

nuova normalità. Per compensare un frontale anonimo,

ormai sono tutti uguali, Xiaomi ha cercato il ricamo sul

retro: le fotocamere sono inserite in un blocco multistra-

to che regala un po’ di carattere e aiuta a mimetizzare lo

spessore della fotocamera da 108 megapixel, che senza

questo blocco avrebbe una sporgenza eccessiva, supe-

riore ai 2 mm.

Il bordo stondato aiuta nel grip, ma il retro satinato è pa-

recchio scivoloso oltre ad avere un trattamento che non

riesce a respingere del tutto le impronte: restano ben

visibili sulla superficie. Ci sono due aspetti di un design

comunque riuscito che non ci convincono a pieno: il pri-

mo è la classica curvatura del schermo che crea un fa-

stidioso effetto al bordo, presente in tutti gli smartphone

curvi, e il secondo è una corsa dello schermo che non

segue la curva della cornice. Avremmo preferito un an-

golo meno stondato, più armonioso. Lo schermo OLED

è da 6.8” ed è grosso, inutile negarlo: non è un telefono

per tutti, anche se ormai agli schermi grandi ci abbiamo

fatto l’abitudine. Ed è proprio allo schermo che andremo

ora a guardare, perché secondo Xiaomi lo schermo del

Mi 11 Pro è eccezionale.

Un ottimo schermo, ma non è perfettoLo schermo da 6.81” del Mi 11 5G è sicuramente un ot-

timo schermo OLED. La risoluzione è quasi esagerata,

3200x1440 pixel equivalenti a 515 ppi con un rappor-

to di forma di 20:9, ma siamo davanti ad uno schermo

edge quindi curvo ai bordi: la percezione resta quello di

uno schermo 21:9 lungo e stretto.

Protetto da Gorilla Victus, l’ultima generazione di vetri

resistenti Corning, lo schermo secondo le dichiarazioni

di Xiaomi dovrebbe avere una copertura dello spazio

colore DCI-P3 del 100%, 10 bit di profondità, una cali-

brazione accuratissima con ΔE≈ 0.41 e una luminosità

massima di 1500 nits. Secondo le nostre misure in labo-

ratorio la copertura P3 (1931xy) arriva al 95,75% mentre

la luminosità massima tocca i 1230 nits con una finestra

piccolissima. Probabile che per raggiungere i 1500 nits

serva una finestra ancora più piccola di quella che riu-

sciamo a misurare. L’errore è contenuto ma non basso

come dice Xiaomi, e soprattutto è bene usare le impo-

stazioni automatiche perché in sRGB non è affatto così

preciso. Abbiamo voluto provare anche l’HDR, Xiaomi

parla di HDR10+, usando il player integrato e alcuni se-

gnali test HDR caricati sullo smartphone e dobbiamo

segnalare il fatto che il tone mapping del telefono non

guarda affatto i metadati, le patch che abbiamo usato

erano con mastering a 1000 nits ma il player le ha por-

tate a 1200 nits.

Lo schermo è a 10 bit, ma non sono 10 bit reali: sono

i classici 8 bit con 2 bit di dithering. Siamo comunque

davanti ad uno schermo offre prestazioni che vanno

oltre quelle che sono le normali esigenze dell’utilizzato-

re di uno smartphone. Come sempre ci sono fin trop-

pe funzioni: bene la possibilità di inserire la modalità

DC Dimming per aiutare chi ha problemi di sensibilità

e percepisce il flicker dell’OLED, bene la possibilità di

gestire diversi livelli di refresh rate, superfluo il motore

di immagine AI che integra un upscaler, un sistema di

motion compensation e diversi filtri di image enhancing.

Davvero un inutile orpello su un telefono.

Il sensore di impronte è sotto lo schermo, classico sen-

sore ottico abbastanza veloce e preciso: trattandosi di

un sensore ottico deve illuminare il polpastrello e usan-

do la luce può anche ricavare il battito cardiaco. Altra

funzione utile per promuovere il telefono, ma se non ci

fosse non sentiremmo affatto la mancanza.

Page 32: 08 Attacco cinese ai server Exchange È gravissimo ma ne

torna al sommario 32

MAGAZINEn.240 / 2122 MARZO 2021

TEST

Xiaomi Mi 11 5Gsegue Da pagina 31

I NOSTRI SCATTI DI PROVA clicca per l'ingrandimento

Un processore sovradimensionato per quello che deve fareLo Snapdragon 888 è un processore potentissimo.

Forse troppo potente per quello che devono fare oggi

gli smartphone. Qualcuno potrebbe anche dire che la

potenza non è mai troppa, ma il modo in cui Android

gestisce i processori e tutti i loro core è molto partico-

lare: con il 90% delle applicazioni usa tutto quello che

c’è disponibile. Abbiamo fatto una analisi molto accura-

ta del processore, e abbiamo voluto controllare quanti

core vengono usati effettivamente in ogni situazione e

in che modalità. Lo Snapdragon 888 ha una CPU con 8

core e se si usano il browser, Facebook, se si apre una

qualsiasi applicazione tutti i core vengono usati e in molti

casi vengono usati anche al massimo del clock. Siamo

davanti però ad applicazioni per le quali l’aumento della

frequenza del processore non porta ad un percepibile

aumento della velocità, che si apprezzerebbe solo in

alcuni casi specifici, e siamo abbastanza certi che se segue a pagina 33

dovessimo sostituire l’888 con l’imminente 780 (o 788)

si guadagnerebbe in autonomia e non si noterebbero

affatto differenze prestazionali.

Come si può leggere dalla nostra analisi il processore

è velocissimo, ma inizia anche a scaldare in determinate

situazioni e con determinati giochi. La situazione è pre-

occupante solo se si effettuano benchmark specifici, mai

in casi di utilizzo reale dove la temperatura resta comun-

que contenuta, anche con giochi come Pubg e Call of

Duty Mobile. Il Mi 11 5G è velocissimo, in ogni situazione:

ha memorie veloci, uno storage veloce, è pensato e co-

struito con i migliori componenti che si possono avere

oggi. Difficile fare di più: apertura istantanea delle app,

ottima tenuta sul frame rate nei vari giochi, ogni opera-

zione viene eseguita in pochissimo tempo, dall’esporta-

zione di un filmato all’elaborazione di una foto.

La fotocamera è davvero ottimaIl giudizio alla fotocamera andrebbe diviso in due parti.

Una relativa alle fotocamere e al modo in cui scatta le

foto, e diciamo subito che il Mi 11 ha una resa fotografica

davvero eccellente, e una legata alla parte software, a

nostro avviso la sezione che meriterebbe di essere ri-

organizzata meglio. Il Mi 11 è un telefono che può fare

tantissime cose, e le funzioni iniziano a diventare davve-

ro tante: l’organizzazione, soprattutto di alcune funzioni

avanzate, non è ottimale. L’utente che "scava" all’inter-

no del software della fotocamera, e si mette a provare

e provare diverse soluzioni, capisce come tutto è stato

organizzato e trova subito quello che gli serve, ma non

sempre è tutto così immediato. Due esempi sono lo scat-

to a 108 megapixel che è diventata una opzione acces-

soria messa sotto “altro”, o al super macro, che di fatto

sfrutta un sensore aggiuntivo da 5 megapixel ma che

nell’interfaccia è inserita tra le diverse modalità.

I 108 megapixel, tanto pubblicizzati, sono un qualcosa

che l’utente deve andare a cercare e impostare ogni

volta, e risultano utili più per lo zoom (digitale) che per

la risoluzione di una foto che sarebbe comunque sovra

abbondante rispetto alla reali necessità. Anche perché,

è bene dirlo, una foto a 108 megapixel pesa tantissimo.

Pesano già tantissimo di loro le fotografie fatte, che arri-

vano anche a 27 MB: di default usano il jpeg e sono da

27 megapixel. In quest'ottica la memoria di soli 128 GB

potrebbe sembrare un po' risicata e conviene spendere

100 euro in più per la versione da 256 GB. In linea ge-

nerale la resa fotografica è davvero eccellente, sia per

quanto riguarda la nitidezza delle foto sia per quanto

Il bokeh naturale dell'obiettivo a 108 Mp.

La resa con l'obiettivo Macro.

La modalità ritratto usa il machine learning

per lo scontorno ed è abbastanza precisa

nel restituire il bokeh, e sempre parlando di

bokeh è apprezza-bile come il sensore

da 108 megapixel, grazie proprio alla sua

dimensione, riesca a restituire da una

distanza ravvicinata uno sfuocato morbido

davvero piacevole.

Il super wide si comporta bene, con una deformazione decisa-mente contenuta.

Page 33: 08 Attacco cinese ai server Exchange È gravissimo ma ne

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MAGAZINEn.240 / 2122 MARZO 2021

TEST

Xiaomi Mi 11 5Gsegue Da pagina 32

riguarda il bilanciamento del bianco e il controllo dell’e-

sposizione.

Xiaomi Mi 11 riesce a gestire senza problemi situazioni

di forte controluce, senza perdere dettagli sia sulle zone

d’ombra che sulle zone che tendono ad essere sovrae-

sposte. L’HDR automatico non è per nulla esagerato, ma

è assolutamente controllato nel gestire le scene ad alta

dinamica. Del Mi 11 ci piace la tendenza a restituire una

foto neutra e ben equilibrata, mentre ci ha dato un po’ fa-

stidio il leggero shutter lag, sia sullo scatto che sul salva-

taggio del file: quando si preme il tasto di scatto l’impres-

sione è sempre che ci sia un ritardo di una frazione di

secondo. Lo schermo curvo, inoltre, crea saltuariamente

problemi con la messa a fuoco e con lo scatto: un tocco

occasionale nella parte bassa, in base all’impugnatura,

sposta il punto di messa a fuoco e impedisce di scattare.

L’obiettivo in assoluto migliore è quello ovviamente

principale, ma anche il super wide si comporta davvero

bene, con una deformazione contenuta.

Apprezziamo il fatto che la foto che il Mi 11 scatta sia mol-

to vicina come resa a quella che effettivamente perce-

piamo osservando la scena dall’esterno.

Audio buono, ricezione così così e batteria nella mediaLa ricezione del Mi 11 5G non è impeccabile. Buona, ma

non sorprendente. La cosa tuttavia non ci stupisce af-

fatto: crediamo che i gestori abbiano privilegiato il 5G

rispetto ad altre bande pertanto in alcune zone la rice-

zione 4G potrebbe risentirne leggermente rispetto ad al-

tri modelli Xiaomi già usciti. Niente di problematico, ma ci

sono telefoni che in alcune zone prendono leggermente

meglio. Abbiamo fatto una analisi completa della ricezio-

ne e del GPS del telefono che potete consultare qui. Xiaomi ha stretto una partnership con harman/kardon,

azienda del gruppo Harman, ma è una partnership più

commerciale che effettiva: all’interno, come certificato

dai vari teardown, si trovano gli stessi identici compo-

nenti audio di produzione cinese già visti su altri smar-

tphone. Lo Xiaomi Mi 11 restituisce un audio abbastanza

chiaro, soprattutto in vivavoce, e un livello elevato ed è

questo quello che più conta.

Buono anche l’audio in capsula e chiara la voce sul-

le chiamate, ma non ci sorprendiamo: è quello che ci

aspettiamo da un telefono di questa fascia.

Sul fronte batteria abbiamo eseguito come sempre i no-

stro test ma il risultato non è pubblicabile perché il test è

stato interrotto più volte e abbiamo dovuto fare una sor-

ta di somma per arrivare al risultato, che si avvicina alle

12 ore per la modalità “medium” e alle 7 ore in modalità

“heavy” con lo schermo a 120 Hz attivo.

Non possiamo dare un valore preciso, e certificare il ri-

sultato, perché il sistema di risparmio energetico molto

aggressivo della MIUI “chiude” il processo di watchdog

che ci permette di far girare il test in loop: questo vuol

dire che saltuariamente il test si blocca e deve tutte le

I NOSTRI SCATTI DI PROVAclicca per l'ingrandimento

L’editor fotografico è davvero ben fatto, con alcuni funzioni che non sono affatto inedite ma che risultano di assoluto effetto per chi non le conosce. Qui a destra vediamo la funzione di sostituzione del cielo automatico.

La resa dello zoom digitale, che sfrutta il sensore da 108 megapixel, non è affatto da scartare. Qui sopra alcuni esempi, con zoom fino a 30x.

La modalità notte funziona come dovrebbe: non tende a creare la luce dove manca, e non esagera con il machine learning cercando di vedere al buio dove l’occhio non vede.

volte essere fatto ripartire a mano da dove si era arresta-

to, con lunghi periodi di stand by tra le diverse riparten-

za. La stima è tra le 7 e le 8 ore con schermo a 120 Hz

QHD+. Non essendo perfettamente paragonabile agli

altri test fatti fino ad oggi non lo inseriamo nella classifi-

ca. Abbiamo fatto diverse prove, e possiamo comunque

dire che l’elemento che più consuma è lo schermo, se-

guito dal processore quando utilizza la GPU.

In stand by il battery drain, se non si usa l’AOD, è de-

cisamente contenuto. La foto sopra mostra il drain in

stand-by con AOD attivo: ecco come scende la batteria

in modo costante, arrivando a circa 3 giorni se il telefono

viene lasciato sulla mensola acceso.

Xiaomi, sapendo che alla fine la differenza sull’autono-

mia percepita non viene fatta tanto dallo schermo acce-

so quanto dal tempo di stand-by, ha cercato di gestire

in modo molto aggressivo proprio lo stand-by, e questa

gestione permette di arrivare senza problemi fino a sera,

con la percezione di avere un telefono che consuma

davvero poco. Se lo si usa invece tanto, la batteria da

4.600mAh garantisce una buona prestazione se si cal-

cola che lo schermo ha una risoluzione altissima, va a

120 Hz e ha anche una luminosità di picco molto elevata.

Velocissimo il caricatore nella confezione: 55 Watt, tec-

nologia GaN, meno di 50 minuti per riempire la batteria

in caso di emergenza.

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torna al sommario 34

MAGAZINEn.240 / 2122 MARZO 2021

segue a pagina 35

di Sergio DONATO

Con l’ingresso della mirrorless APS-C a lenti in-

tercambiabili X-E4 Fujifilm ha voluto ottenere

contemporaneamente due risultati: dare alla

X-E4 una forte impronta stilistica all’interno della serie

di macchine “X” e aggiornare il pacchetto hardware e

software della X-E3 datato 2017. La X-E4 viaggia costan-

temente tra queste due realtà: è una macchina potente

che vuole essere diversa dalle altre e, in un certo senso,

che “deve” essere diversa dalle altre serie “X” non per

non pestare i piedi alle colleghe. Dato che sensore e

processore sono gli stessi di X-T4, X-Pro3 e X-S10, se

la X-E4 fosse stata una replica di queste tre macchine

non avrebbe avuto senso di esistere. Fujilfilm ha puntato

quindi tutto sullo stile, la portabilità ma, in modo molto

intelligente, non ha lasciato indietro le prestazioni. Non

abbiamo citato la X100V tra le macchine con X-Trans

4 perché la X-E4, come tutte le altre "X" citate finora, è

una macchina a lenti intercambiabili, e dalla sua ha la

possibilità di essere sì elegante e portabile ma anche

espandibile. Tuttavia, la X100V, tra tutte le altre, è quel-

la più vicina alla street photography, attività fotografica

fortemente richiamata dalla X-E4 per forme e snellezza.

I quattro elementi che tracciano l’identità di X-E4X-E4 ha il sensore da 26,1 MP X-Trans 4 con processore

X-Processor 4, che rappresenta un passo avanti notevo-

le rispetto alla generazione precedente, che si parli di

autofocus, di F-Log o di capacità di acquisizione video.

L’altra rottura col passato è il monitor posteriore mobile e

ribaltabile di 180°. Novità assoluta in casa “X-E” che offre

nuove possibilità di utilizzo e si apre al mondo del vlog-

ging. Guardarsi mentre ci si registra è tanto narcisistico

quanto utile alla produzione finale del video.

X-E4 non ha la stabilizzazione interna. È un elemento

negativo di un’identità che naturalmente, come qualsi-

asi altra, ha luci e ombre, ma è un dettaglio da non tra-

TEST La snella Fujifilm X-E4 è al contempo una macchina stilisticamente sobria e leggera ma anche potente e versatile

Recensione Fujifilm X-E4, la mirrorless per tutti Una macchina che ha davvero pochi punti deboliLa piccolezza del corpo può creare impicci all'interfaccia e al fotografo, però si riscatta con un autofocus saldo e video ottimi

Fujifilm X-E4UNA MACCHINA CHE VUOLE ESSERE ESATTAMENTE COSÌ COM'È 919,99 €

La Fujifilm X-E4 ha indipendenza da vendere. È piccola, agile ed espandibile e si capisce subito che è il fotografo che deve adattarsi a lei, e non il contrario. Considerando l'intera esperienza d'uso, la X-E4 vuole essere in realtà una parigrado del fotografo, perché la macchina offre pochi tasti e pochi appigli ma dà davvero il massimo. Lo schermo ribaltabile di 180° è l'elemento che colpisce di più e che apre a nuove agilità fotografiche rispetto alla X-E3 vecchia di 4 anni. Ma la X-E4 toglie per quanto dà, quindi via almeno due comandi fisici che mancheranno molto agli utenti: la ghiera di comando posteriore e il selettore frontate per la messa a fuoco. C'è però un autofocus tutto nuovo, molto abile nel seguire i soggetti in movimento e un po' meno a riconoscere viso e occhi, specie se ci sono montature di occhiali a dare fastidio o se si è distanti dall'obiettivo. L'espandibilità data dall'attacco X per le lenti intercambiabili la rende pronta per il futuro, ma potrebbero essere messi in conto anche l'impugnatura e/o il poggia-pollice opzionali utili per gli obiettivi più pesanti. I due optional non sono una reale necessità, ma il corpo snellissimo della X-E4 potrebbe averne bisogno, specie per i fotografi che "vogliono stare comodi".La X-E4 è così leggera e minuta che a volte l'interfaccia d'uso sembra un elefante in una cristalleria. Può capitare di muovere inavvertitamente il joystick e trovare spostato il punto di fuoco prima dello scatto, o che le gesture touch, utili anche per la carenza di tasti fisici, possano cambiare alcuni parametri di scatto. È quindi consigliabile (ma non necessario) conoscere molto bene la X-E4. È una "diva", e vuole avere le giuste attenzioni, però una volta fatta amicizia è pronta a offrire un'esperienza fotografica molto più che buona.La mancanza della stabilizzazione può fare male se si pensa a quanto di ottimo la X-E4 riesca a fare in campo video. 4K a 30P fino a 200 Mbps e Full HD per super ralenti a 240p, con chroma subsamplng 4:2:2 a 10-bit via HDMI.Del resto, la X-E4 non poteva essere perfetta. È una "diva" in grado di farsi perdonare dal fotografo, ma la stabilizzazione avrebbe attirato l'odio della X-S10 e creato attriti insanabili all'interno della grande famiglia "X" di Fujifilm. Resta da valutare il fattore prezzo, anche in considerazione dell'esistenza della X-S10. Come prezzo siamo lì, ma se la X-S10 è una guerriera pratica, la X-E4 è una mannequin votata allo stile, ma anche pronta a tirarsi su le maniche, se serve.

Qualità Longevità Design Semplicità D-Factor Prezzo

8 9 8 7 8 88.0COSA CI PIACE COSA NON CI PIACESchermo ribaltabile di 180°Prestazioni dell'autofocusPrestazioni video in 4K, con anche F-Log

Mancanza stabilizzazioneMeno tasti fisici rispetto alla X-E3Interfaccia che "litiga" con il corpo minuto della X-E4

lab

video

scurare perché, considerando la potenza del sensore e

del processore, alcuni utenti potrebbero vederla come

un’occasione persa. L’aspetto di X-E4 è sobrio, elegante,

minimalista. Quella di farne una macchina snella è stata

una precisa scelta di Fujifilm. Togliere pulsanti invece di

aggiungerne o di spostarli fa parte di una decisione, non

di un caso. Fujifilm, a parte l’allure stilistico che ha voluto

dare alla X-E4, ci ha detto che ha scelto di eliminare al-

cuni tasti e selettori meccanici perché il suo fine è stato

quello di ottenere una razionalizzazione dei comandi. Il

tutto però va sempre nella direzione dell’”asciuttezza” e

della personalità essenziale. Partiamo proprio da qui per

raccontarvi questa nuova Fujifilm X-E4, dal suo aspetto.

Minimalismo spinto al massimoLa X-E3 era già stata presentata come minimalista. La

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torna al sommario 35

MAGAZINEn.240 / 2122 MARZO 2021

X-E4 lo è ancora di più, seppure sia un mix strano di

essenzialità e novità. Le linee sono più dritte. La X-E3

aveva sinuosità nella calotta superiore, contenute ma

presenti; la X-E4 è invece più netta.

La prima cosa che si nota nella X-E4 è infatti il suo aspet-

to: che più essenziale non si può. Via qualsiasi accenno

di impugnatura, che invece era presente sulla X-E3, via

la rotellina posteriore per le impostazioni, che la X-E3

aveva: ora c’è solo quella frontale. Via il selettore mec-

canico frontale della messa a fuoco. Scompare anche

qualsiasi tipo di poggia-pollice posteriore, che nella X-E3

ospitava anche il tasto Q e l’AF Lock. Nella X-E4 il tasto Q

è sulla calotta in lega di magnesio martellata; mentre l’AF

Lock e l’AE Lock ora condividono lo stesso tasto e fanno

compagnia al pulsante Drive/Delete e al Play.

Il corpo della X-E4 pesa solo 364 grammi. La X-E3 pe-

sava qualcosa di meno, ma la X-E4 è la macchina più

leggera della nuova generazione di Fujifilm X.

Il mirino elettronico è lo stesso della X-S10: OLED da

0.39” di circa 2.36 milioni di punti, ma si tiene l’identi-

tà della serie X-E spostandosi tutto a sinistra. Non è un

mirino a telemetro, ovviamente, ma averlo in quella posi-

zione permette scatti con entrambi gli occhi aperti. Molti

apprezzeranno, rispetto al posizionamento di quello del-

la X-S10. Il monitor è il touchscreen LCD da 3” per 1,62

milioni di punti usato su diverse macchine “X” tra cui la

X-T4. Sulla X-E4 fa scalpore perché finalmente diventa

mobile. Può essere inclinato, anche a sbalzo, in verticale

rispetto alla macchina e fino a 180° verso l’alto. In que-

sta configurazione, il soggetto ripreso dall’obiettivo può

vedere l’anteprima della foto o del video che sarà. La

calotta superiore in lega di magnesio ospita il selettore

di accensione/spegnimento con il pulsante di scatto, la

ghiera per i tempi fino a 1/4000 per l’otturatore mecca-

nico, quella per la compensazione dell’esposizione e il

tasto Q per richiamare il “Quick” menù con le imposta-

zioni rapide personalizzabili. Infine c’è un pulsante pro-

grammabile. Lo sportellino laterale custodisce la porta

Micro HDMI, l’ingresso jack da 3,5 mm per il microfono e

il controllo remoto, e infine la porta USB-C. Incluso nella

confezione c’è un adattatore USB-C-jack 3,5 mm che

serve per connettere un paio di cuffie esterne usando la

presa USB. La batteria è sempre la NP-W126S.

A differenza della X-E3, questa volta non è stato inserito

nella scatola di vendita il flash EF-X8. Segnaliamo, a tal

proposito, un altro dettaglio importante: la X-E4 non ha

un flash interno, nemmeno di tipo pop-up.

Il peso e la maneggevolezza della X-E4La X-E4 sarà venduta anche in kit con il nuovo obietti-

vo Fujinon XF 27 mm F2.8 R WR. Una sorta di Mark II

del precedente modello che guadagna la ghiera per le

aperture che il vecchio non aveva.

È previsto inoltre un kit con il solo corpo, il poggia-pollice

che si monta sulla slitta hot shoe, e l’impugnatura ester-

na - compatibile Arca Swiss - con il foro per il treppiedi

centrato con l’asse ottico e che lascia accessibile il vano

batteria e quello per l’SD (accetta fino alle UHS-I).

Queste precisazioni sono importanti perché per la prima

volta una macchina a lenti intercambiabili della serie X

viene venduta in kit con una lente pancake invece del

solito zoom. Questa scelta fa già capire che la X-E4 è vo-

tata inizialmente alla portabilità. La presenza del kit con

il poggia-pollice e l’impugnatura fa però pensare anche

che questi accessori possano diventare indispensabili

qualora si voglia espandere la macchina con obiettivi

più pesanti che si troverebbero a convivere con il corpo

snello e senza “appigli” della X-E4. Per la nostra prova,

purtroppo, il nuovo XF 27 mm F2.8 R WR non era ancora

disponibile, abbiamo allora virato sul classico XF 23 mm,

molto più spesso del 27 mm, e come lente aggiuntiva

abbiamo usato anche un XF 18-135 mm F3.5-5.6 OIS,

quindi stabilizzato. Il 23 mm non ha dato alcun problema.

Usando la macchina nuda e senza accessori, la presa e

il peso non sono stati mai una limitazione. Con lo zoom

18-135 la differenza si è sentita, ma meno di quanto ci

saremmo aspettati. Naturalmente, con l’impugnatura e il

poggia-pollice montati la presa è più stabile in qualsiasi

condizione e con qualsiasi obiettivo.

Monitor, specchio delle mie brameIl monitor orientabile verticalmente, inutile dirlo, è il ga-

me-changer della X-E4. Gli scatti sopra le testa del foto-

grafo e quelli a filo con il terreno sono molto più semplici

da gestire. Abbiamo condiviso la scelta di Fujifilm di non

dare alla X-E4 uno schermo completamente articolabile

ed esterno perché avrebbe interrotto la linea e la porta-

bilità della macchina. Uno schermo di questo tipo è an-

che molto utile nella street photography per poter scat-

tare al livello dell’ombelico guardando il monitor come

se stessimo controllando le foto nel rullino digitale, ma

usando in realtà la funzione touch per rubare qualche

scatto che altrimenti avrebbe messo i soggetti sul chi

va là. Tuttavia, per una questione personale legata alla

privacy, abbiamo scelto di non pubblicare le foto delle

persone inconsapevoli di essere state fotografate.

Ci sono però due pecche e mezzo in questa soluzione

di Fujifilm per lo schermo ribaltabile. Se si monta un mi-

crofono esterno o un flash sulla slitta hot shoe, il monitor

risulterà parzialmente ostruito. Inoltre, con lo schermo

in piano e parallelo al terreno, se si avvicina il corpo

macchina al proprio per fare scatti ad altezza ombelico,

il sensore accanto all’EVF interpreta la presenza della

pancia del fotografo come se si trattasse del monitor

ribaltato, e inverte le immagini sullo schermo perché

crede di doverle mostrare a una persona di fronte all’o-

biettivo. È successo frequentemente. La mezza pecca

è l’uso dello schermo touch con la mano sinistra. Se si

usa lo schermo touch in piano e parallelo al terreno e

si vogliono usare le funzioni touch del pannello, avvici-

nandosi con il dito sinistro si rischia di attivare il sensore

dell’EVF e ribaltare l’immagine sul display, che ancora

una volta penserà di essere stato ruotato di 180°. Lo

schermo ha un’ottima luminosità all’aperto e non abbia-

mo mai sofferto per la luce del sole diretta.

La “P” che sulla X-E3 non c’eraLe ghiere della X-E4 non si discostano dall’araldica della

serie e richiamano un modo di fare fotografia più mecca-

nico, quindi con la ghiera dei tempi, ma solo quella della

compensazione dell’esposizione. Se si sceglie A (Auto-

matico) sulla ghiera dei tempi e un’apertura sulla ghiera

dell’obiettivo, si attiva la modalità a priorità di apertura:

sarà quindi l’apertura a comandare e non si potrà inter-

venire sulla scelta dei tempi.

Con la ghiera dell’apertura dell’obiettivo su A e la ghiera

dei tempi della macchina su un valore numerico, saran-

no i tempi a comandare e quelli dell’apertura si ade-

gueranno a essi. Con tempi e apertura su A, apparirà

sul display la lettera P, ma saranno comunque i tempi a

prendere la decisione iniziale.

Per il Program, Fujifilm ha pensato inoltre di dare alla

X-E4 un selezione ad hoc. Ora c’è la lettera P sulla

ghiera dei tempi, che fa entrare la macchina in modalità

Program indipendentemente dalla posizione dell’anel-

segue a pagina 36

TEST

Fujifilm X-E4segue Da pagina 34

L'impugnatura opzionale con base in metallo compatibile Arca-Swiss

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torna al sommario 36

MAGAZINEn.240 / 2122 MARZO 2021

lo delle aperture, che può trovarsi anche su un valore

qualsiasi. In modalità Program, ogni volta che si preme la

rotellina frontale, si sceglie quale valore essa dovrà mo-

dificare, quindi: otturatore e apertura, ma si può sceglie-

re anche una terza pressione per il valore ISO o quello

dell’esposizione. Il valore T sulla ghiera dei tempi per-

mette ora di poter scendere fino a 15 minuti di tempo di

apertura dell’otturatore. Una volta selezionato un tempo

sulla ghiera, con la rotellina frontale si possono raggiun-

gere dei valori intermedi superiori o inferiori.

Com’è usare la X-E4 con una sola ghiera di coman-

do - volgarmente chiamata “rotellina” - al posto delle

due disponibili sulla X-E3? Dipende. La presenza di un

comando in più, specie in una zona strategica come

quella del pollice, non potrà mai essere visto come su-

perfluo, indipendentemente dalle razionalizzazioni che

si vogliono ottenere. Avevamo quindi pensato che la

mancanza della ghiera di comando posteriore sarebbe

stata evidente nell’uso quotidiano; invece il pulsante

a molla integrato in quella frontale, che permette di

cambiare l’impostazione controllata, non si è tradotto

in rallentamenti d’uso fastidiosi. Stesso pensiero per la

perdita del selettore meccanico frontale per la scelta

della messa a fuoco che invece la X-E3 possiede. Il ta-

TEST

Fujifilm X-E4segue Da pagina 35

sto Q è un valido sostituto che però perde in immedia-

tezza, perché servono almeno tre “tocchi” per fare la

stessa cosa che nella X-E3 si faceva con un solo click.

Ma c’è sempre il tasto programmabile, e inoltre il moni-

tor prevede quattro gesture touch ortogonali persona-

lizzabili che possono richiamare alcune funzioni della

fotocamera, così come si può sacrificare il tasto fisico

AE Lock/AF Lock per una scorciatoia.

Piccola, ma potenteEssendo una macchina potente - grazie al sensore

X-Trans 4 e al X-Processor 4 - e portatile – grazie alle sue

linee e al suo peso - la macchina si presta a più utilizzi ed

è meglio conoscerla bene.

Il monitor touch per esempio è molto sensibile, e la

snellezza della X-E4 può portare inavvertitamente a fare

foto involontarie - se si lascia attivo lo scatto touch dallo

schermo - o a eseguire scorciatoie touch dopo uno sfio-

ramento casuale del display. Può anche capitare che la

zona di messa a fuoco, se non è stata impostata come

Wide o All, finisca inavvertitamente in un angolo del fra-

me di ripresa se si è attivato il suo spostamento attraver-

so il joystick posteriore o la selezione tramite schermo

touch. Questi cambiamenti inaspettati delle imposta-

zioni della macchina prima di fotografare possono con-

durre alla perdita del momento di scatto, ecco perché

è importante prevedere per quali tipi di foto si userà la

X-E4. Per la street photography, per esempio, potrebbe

essere consigliabile disattivare le comodità touch e la-

sciare fissa la messa a fuoco sulla zona centrale o impo-

starla sulla modalità Wide/All. Per sessioni fotografiche

I NOSTRI SCATTI DI PROVA clicca per l'originale

più quiete, invece, tutti gli aiuti via joystick o via schermo

possono tornare a supportare il fotografo senza destare

soprese. La macchina può ospitare fino a sette imposta-

zioni personalizzate richiamabili anche dal tasto Q, che

non possono però includere tutte le impostazioni della

macchina ma la maggior parte di quelle relative allo scat-

to, autofocus compreso. Inoltre, è presente il classico My

Menu di Fujifilm che raccoglie alcune dei settaggi della

X-E4 e che sono immediatamente raggiungibili premen-

do il tasto fisico Menu sul pannello posteriore. Mancan-

do un tasto dedicato, o una selezione della ghiera, per

passare alla modalità video è necessario usare il tasto

Drive, che permette anche di accedere, tra le altre, alla

modalità di scatto a raffica e al bracketing. Selezionan-

do Video si avrà accesso, attraverso il pulsante Menu,

anche a tutte le impostazioni inerenti all’acquisizione dei

filmati. L’interfaccia Fujifilm della X-E4 mantiene alcune

caratteristiche tipiche che all’inizio possono disorientare

l’utente. Alcune impostazioni, per esempio, non si tro-

vano dove l’utente si aspetterebbe. Per esempio, l’atti-

vazione e la disattivazione del touch screen non è nelle

impostazioni del display ma in quello dei pulsanti e delle

ghiere. Questi “depistaggi” non sono molti, però sono

presenti e bisogna farci la mano. La X-E4 può essere uti-

lizzata anche mentre è in carica: dettaglio sui cui spesso

si sorvola, ma che può fare la differenza, specie se la

si vuole usare come fotocamera per la ripresa video al

chiuso della stanza di uno youtuber.

Autofocus più versatile e sicuro, ma occhio alle impostazioni della fotometriaGli scatti con la X-E4 ci hanno lasciato un buon ricor-

do. A volte abbiamo perso il momento per qualcuno

di essi non per le qualità tecniche della macchina, ma

perché l’interfaccia ci ha messo un po’ i bastoni tra le

ruote, soprattutto a causa dello schermo touch troppo

sensibile, o per aver toccato inavvertitamente il joystick

spostando l’area di messa a fuoco prima di posizionarci

per lo scatto. Tuttavia, questi inciampi sono dettati quasi

esclusivamente dalla combinazione del corpo macchina

piccolo e dell’elevate potenzialità d’uso e di personaliz-

zazione. Due vantaggi che però nel caso della X-E4, a

volte, hanno fatto a pugni. L’autofocus ha guadagnato le

doti velocistiche e prestazionali dell’accoppiata X-Trans

4 e X-Processor 4. Anche in condizioni di scarsa lumi-

nosità è sempre stato veloce ad agganciare il punto di

fuoco. Lo abbiamo provato con il 23 mm, con il XF 16mm

F2.8 R WR e con il XF 18-135 mm F3.5-5.6 OIS. I punti, in

modalità a singolo spot, sono passati dai 325 della X-E3

a 425 punti della X-E4. Se si sceglie il Face Detection

o l’Eye Detection - per mettere a fuoco visi e occhi - si

scende a 117 punti; ma sulla X-E3 erano 91 e solo sulla

parte centrale del sensore. Il riconoscimento del viso e

degli occhi soffre un po’ la distanza del soggetto, e può

essere un problema se si pensa che la X-E4 sarà abbi-

nata in kit al 27 mm.

È importante segnalare che, quando è attivato il traccia-

mento del viso o degli occhi del soggetto, la fotometria

della macchina è bloccata. Significa che la X-E4 non

calcolerà al meglio l’esposizione della scena, ma si con-

centrerà su quella del viso o dell’occhio, se riconosciuti.

Se ci si dimentica attivo il tracking biometrico, e si scatta

segue a pagina 37

Page 37: 08 Attacco cinese ai server Exchange È gravissimo ma ne

torna al sommario 37

MAGAZINEn.240 / 2122 MARZO 2021

per immortalare un paesaggio, si rischia di avere espo-

sizioni che in ogni caso la macchina bilancia, ma che po-

trebbero risultare errate. L’autofocus si riprende però la

rivincita nel tracciare i soggetti in continuo movimento.

Nelle nostre prove - anche video - una volta agganciato

il soggetto, la XE-4 non lo abbandona mai.

La raffica della X-E4 arriva fino a un massimo 30 fps con

l’otturatore elettronico, con buffer però di 1 solo secon-

do e crop 1,25x per gli scatti in JPEG. Si comporta molto

meglio con un burst da 10 fps, sempre con l’otturatore

elettronico, che arriva a catturare circa 153 JPEG o 18

RAW non compressi.

Abbiamo testato le capacità di raffica con l’otturatore

meccanico, e Fujifilm ha rispettato i dati dichiarati. 8 fps

in JPEG con buffer riempito dopo 13,5 secondi, e 8 fps

in RAW non compresso con buffer saturo dopo circa 2

secondi. Il che equivale a 16 frame, invece di 18, ma non

ci sentiamo di gridare alla scandalo, anche perché con

gli JPEG è andata anche meglio rispetto al dichiarato.

La X-E4 accetta solo schede con velocità UHS-I. Il re-

cupero della gamma dinamica del sensore X-Trans 4 è

molto più che buono. A tal proposito, abbiamo provato

a recuperare le ombre in uno scatto molto difficile da

esporre. La X-E4 ha rivelato con efficienza i dettagli in

ombra, o quasi del tutto al buio.

Ne abbiamo approfittato anche per mettere alla prova

le capacità di lavoro sui file .RAF di Camera RAW 13.2,

che dal 10 marzo ha supportato i RAF di X-E4, e di Cap-

ture One Express per Fujifilm. Aumentando al massimo

solo il valore delle ombre della stessa foto, Camera

RAW ha rispettato un po’ meglio il tono dei colori, an-

che perché il relativo controllo per Capture ONE e nel

pannello HDR, che ha finalità diverse. È fondamentale

però ricordare che Capture ONE in versione Express (e

meno completa) è offerto gratuitamente a coloro che

acquistano una Fujifilm. Per editare direttamente i .RAF,

a disposizione c’è anche X-RAW Studio di Fujifilm, an-

che lui gratis. Ma in questo caso bisogna sempre col-

legare la macchina fotografica al PC anche per modi-

ficare le foto che già risiedono nel computer. Bisogna

vedere X-RAW Studio come la stessa applicazione di

conversione RAW all’interno della X-E4: è molto limitata,

ma sullo schermo del PC è tutto più grande. Lightroom

Classic può aprire i file .RAF della X-E4 - che possono

essere non compressi, compressi o loseless - dalla ver-

sione 10.2 del programma rilasciata il 16 marzo. Per chi

non ha alcuna intenzione di mettersi a editare file RAW

perché non ha tempo o voglia, e vuole scattare sem-

pre in JPEG, la X-E4 mette a disposizione la funzione

di priorità della gamma dinamica che, a scelta tra Auto,

Debole e Forte, permette di aumentare artificialmente

la gamma dinamica del sensore.

A completare l’identità Jpeg degli scatti della X-E4 ci

sono anche le rinomate simulazioni pellicola che nella

piccola Fujifilm sono ben 18: una in meno della nuova

medio formato compatta GFX 100S, e che possono es-

sere "sfogliate" in fase di editing anche attraverso il pro-

gramma di sviluppo RAW, oltre che prima dello scatto.

TEST

Fujifilm X-E4segue Da pagina 36

Prestazioni video eccezionaliGuardando i video acquisiti dalla X-E4 viene un po’ di

magone a saperla priva di stabilizzazione interna, perché

le sue capacità di ripresa sono eccezionali: 4K e DCI 4K

fino a 29,97p e con bitrate da 100 Mbps o addirittura 200

Mbps. Il Full HD arriva fino a 240p, riuscendo a creare

ralenti che mantengono un’ottima qualità complessiva.

Inoltre, la registrazione in 4K era limitata a 10 minuti, e il

file system della X-E3 divideva una ripresa unica in pezzi

di file da 4 GB l’uno, mentre nella X-E4 il video acquisito

è sempre e solo compreso in un unico file. Abbiamo te-

stato il surriscaldamento della macchina. Registrando in

4K/30P su SD, in formato MP4, con bitrate da 100 Mbps

e usando solo l’EVF con il sensore di prossimità attivo, la

X-E4 è andata in protezione termica dopo 25 minuti e 9

sec. La temperatura della stanza era di 19°C. Per la prima

volta una macchina di Fujifilm della serie “X-E” registra

in F-Log, quindi con la possibilità di svolgere operazioni

di color grading e color correction in post produzione. I

risultati e le capacità della X-E4 ci hanno soddisfatto.

RAF editato in Camera RAW 13.2Jpeg scattato direttamente dalla X-E4

Recupero della gamma con la funzione di priorità della gamma dinamica direttamente durante lo scatto.

Fujifilm X E4Video Test 4K 200 Mbps

lab

video

Fujifilm X E4video 1080p 240p

lab

video

I NOSTRI SCATTI DI PROVA

clicca per l'originale

Page 38: 08 Attacco cinese ai server Exchange È gravissimo ma ne

torna al sommario 38

MAGAZINEn.240 / 2122 MARZO 2021

di Gianfranco GIARDINA

I videomaker lo sanno: l’audio conta eccome. Affinché

un video sia efficace, non basta che si senta, è neces-

sario che si senta bene, con un microfono sulla perso-

na e non sulla macchina. Sony ha pensato di lanciare,

dopo diversi microfoni direzionali, adatti per ambienti

poco rumorosi, anche un piccolo kit di radiomicrofoni,

uno strumento necessario se si vuole girare un vlog di

qualità. In realtà non si tratta di un debutto: Sony ha già

in gamma negli USA da diversi anni l’ECM-AW4, un ra-

diomicrofono Bluetooth molto compatto ma che a molti

utenti è parso quasi un giocattolo: caratteristiche e co-

struzione non potevano convincere l’utente professio-

nale e forse neppure l’amatore.

Questa volta Sony ci riprova con un prodotto molto più

maturo: si tratta del kit ECM-W2BT che introduce tante

interessanti novità e che abbiamo provato in anteprima.

Ecco le nostre impressioni.

La forza di Bluetooth 5.0 e la comodità di dire addio ai caviIl kit ECM-W2BT è piccolo e ben progettato: due unità,

un trasmettitore da indossare e un ricevitore da colle-

gare alla macchina da ripresa. E qui già ci sono le prime

novità: il ricevitore nasce con la classica slitta flash per il

fissaggio alla macchina: non c’è bisogno di adattatori o

altri fermi. Ma c’è di più: per la stragrande maggioranza

delle macchine Sony, il collegamento avviene diretta-

mente sulla slitta dotata di contatti, la MI Shoe presente

praticamente su tutte le mirrorless di casa Sony. Così

non c’è neppure il fastidio di dover gestire il cavetto

che collega normalmente il ricevitore con la macchina.

La comodità di utilizzo è la vocazione chiara anche

del trasmettitore: a bordo ha infatti una capsula micro-

fonica e una clip per il fissaggio al bavero. In pratica

l’apparecchietto è già microfono di per sé, senza la

necessità di collegare una capsula esterna. Così facen-

do, non solo si elimina il cavo microfonico diretto ma si

VIDEO CREATIVO Sony lancia un radiomicrofono Bluetooth pensato per le proprie mirrorless ma utilizzabile con qualsiasi macchina

Radio-microfono Sony: una pacchia per i videomakerVersatile e comodo, minimizza ingombri e cablaggio e offre un segnale solido che non sgancia fino a 200 metri e oltre

cancellano dalla catena anche i cavetti necessari per

la capsula microfonica e il collegamento alla macchina:

tutto molto pulito.

La più grande novità, però, riguarda l’impiego di Blue-

tooth 5.0, che comporta un virutale azzeramento della

latenza (fattore indispensabile per il sync con il video)

e un raggio di azione decisamente più ampio, este-

so, secondo i dati diffusi da Sony, fino a 200 metri in

campo aperto; una soglia difficilmente raggiungibile

senza disturbi con i radiomicrofoni tradizionali, anche

quelli professionali, se non con l’utilizzo di ingombranti

antenne direzionali sul ricevitore, che certamente non

può essere portatile. La qualità del link audio è garanti-

ta dallo standard aptX di Qualcomm.

Ora non è più un “giocattolo” Sony fa sul serioQuesto nuovo modello di radiomicrofono Bluetooth re-

cepisce e risolve la maggior parte delle critiche ricevu-

te dal modello precedente, a partire dalla batteria: non

c’è più una stilo all’interno di ricevitore e trasmettitore,

ma una batteria ricaricabile al litio, capace di alimentare

il sistema per oltre 3 ore di operatività, che addirittura

diventano 9 in caso di collegamento via slitta MI Shoe,

attraverso la quale l’apparecchio viene parzialmente

alimentato.

Non solo: gli apparecchi possono funzionare, in emer-

genza, anche con una sorgente di energia USB con-

segue a pagina 39

Radiomicrofono Sony ECM-W2BTLa prova di tenuta a 200 metri

lab

video

La connessione tra macchina e ricevitore avviene attraverso i micro-contatti sulla slitta flash (solo per le Sony con MI Shoe). L’uscita mic out a cavo resta comunque utilizzabile per la compatibilità con tutte le altre macchine.

Il trasmettitore ha a bordo una capsula microfoni-ca omnidirezionale: per riprese rapide non serve neppure attaccare un microfono a clip esterno.

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MAGAZINEn.240 / 2122 MARZO 2021

VIDEO CREATIVO

Radiomicrofono Sony ECM-W2BTsegue Da pagina 38

nessa. In pratica, basta avere in borsa un piccolo bat-

tery pack per non avere mai problemi di autonomia.

Purtroppo, però, non c’è un indicatore completo dello

stato della batteria, salvo un LED che diventa arancione

quando la carica inizia a scarseggiare: da controllare

con frequenza durante le riprese.

Il trasmettitore viene fornito anche con un “deadcat”

(una copertura “pelosetta” per la soppressione dei di-

sturbi da vento); ma ovviamente dispone anche di un

ingresso microfonico stereo minijack per usare una più

discreta capsula lavalier esterna, certamente più adat-

ta a un video elegante. Sony stessa offre un microfono

lavalier coordinato molto ben progettato: stereo e con

una clip che ruota di 90 gradi permettendo il corretto

fissaggio sia nel lembo di una camicia, al bavero o in

una tasca. Il collegamento tra radiomicrofono e macchi-

na Sony, dicevamo, nella maggior parte dei casi avvie-

ne direttamente attraverso i contatti sulla MI Shoe. Nei

frangenti più fortunati, con gli apparecchi più recenti,

addirittura per via digitale: è così con la recentissima

A1, ma anche con la A7C, la A7S III, A7R IV e la A9 II.

Con le altre mirrorless Sony il collegamento tramite slit-

ta è analogico (ma diremmo al riparo da disturbi visto

che non c’è cablaggio volante) e la MI Shoe si incarica

anche di ricaricare (almeno parzialmente) il ricevitore

durante l’uso, così da portare l’autonomia a 9 ore.

Nulla vieta, ovviamente, di utilizzare il sistema anche

con fotocamere non Sony, usando in questo caso la

slitta solo per il fissaggio e collegando il ricevitore

all’ingresso microfonico con il cavetto minijack in do-

tazione. Il trasmettitore ha anche un selettore per la

regolazione dell’attenuazione audio, che può essere

regolato, oltre che su 0, rispettivamente su -10 e -20

dB, funzione che diventa utilissima in caso di catture di

pressioni sonore particolarmente alte (come per esem-

pio un concerto).

Anche il ricevitore ha il microfono a bordoUna cosa singolare è la disponibilità della capsula mi-

crofonica a bordo anche del ricevitore. A cosa serve?

L’utente può decidere di usare anche quella per esem-

pio per commentare in diretta mentre riprende. Un

selettore sul ricevitore permette di scegliere se inviare

alla camera il microfono remoto o quello presente sul

ricevitore: bisogna stare molto attenti alla posizione

del selettore se non si vuole perdere la giusta traccia

audio. Il selettore in questione ha anche una terza posi-

zione: mix. Si tratta della comoda funzione che miscela

entrambi i microfoni, ideale per esempio per effettuare

un’intervista: l’intervistato parla nel radiomicrofono, l’o-

peratore parla direttamente in macchina e tutto finisce

nell’unica traccia registrata. Peccato per una svista pro-

gettuale che rende questa funzione pressoché inutile:

qualsiasi videomaker avrebbe gradito il doppio audio

a patto che le due tracce venissero registrate in mono

(tanto si tratta di voce) rispettivamente sui canali destro

e sinistro, per poter poi bilanciare i livelli in fase di edi-

ting o isolare una delle due voci. Invece il sistema fa un

mix arbitrario stereo, con le due voci sulla medesima

traccia, che ovviamente è poi impossibile da editare

gestendo le voci separate. Sarebbe veramente costato

poco permettere la separazione delle tracce: occasio-

ne persa e idea progettuale per un prossimo modello o,

se possibile, per un aggiornamento firmware.

La prova sul campo: gittata incredibile per un sistema senza antenneIl vero problema del videomaker alle prese con i radio-

microfoni sono gli sganci, ovverosia i disturbi transitori

che ogni tanto entrano sul segnale, rovinandolo. Sony

propone il ECM-W2BT con promesse davvero mirabo-

lanti di gittata: fino a 200 metri in campo aperto. Che

poi - diciamocelo chiaro - è ben difficile che vengano

fatte riprese di soggetti microfonati a questa distanza;

ma se il segnale tiene a 200 metri, certamente nel rag-

gio di lavoro standard il collegamento è solido. E così

in effetti si è dimostrato: siamo riusciti a stabilire un

collegamento valido con la camera anche oltre i 200

metri. Oltre una certa distanza per evitare gli sganci, è

però preferibile tenere ricevitore e trasmettitore in visi-

bilità ottica: quando si è molto lontani, basta metterse-

lo in tasca per far sganciare il segnale. In questo video

la nostra prova a distanza. La qualità audio è molto

buona a patto di usare una buona capsula. Forse quel-

la omnidirezionale integrata nel trasmettitore non è in

grado di soddisfare i palati più fini: troppo dipendente

da come è indossata. Nel caso specifico del nostro

video (finalizzato a verificare la distanza di tenuta), la

qualità della registrazione con la capsula integrata non

fa fede, dato che è stata registrata probabilmente a un

livello un po’ troppo alto (l’abbiamo scoperto solo una

volta rientrati). Il deadcat, per contro, ha dimostrato la

sua utilità, nella giornata ventosa in cui abbiamo gira-

to: nessun disturbo con la capsula interna e il deadcat

montato; qualche fastidio con il levalier esterno, solo

con la classica gommapiuma. Con il lavalier cambia

però anche il suono, che fa percepire sin da subito

una maggiore dinamica: l’acquisto di questo microfo-

no o di qualcosa di equivalente è davvero consigliata

per chi adotta questa soluzione Sony, sopratutto per

l’uso in aree riparate dal vento. Come dicevamo, la di-

stanza in campo aperto ha un valore pratico relativo.

Più rilevante è la resistenza del segnale allo schermo

rappresentato dalle pareti: molte volte i radiomicrofoni

sganciano anche se il soggetto parte nella sua azione

da dietro una parete. Ebbene, abbiamo provato i mi-

crofoni Sony in un ampio appartamento di circa 150

metri quadrati, mettendo la macchina con il ricevitore

in un’estremità e spostandoci in tutti gli ambienti di

casa. Solo nella stanza più lontana, nell’angolo oppo-

sto al punto di ripresa, a circa 25 metri e 4-5 muri di di-

stanza, il segnale ha palesato qualche piccola scarica.

Insomma, in condizioni di lavoro standard, il microfono

non sgancia mai, è una vera certezza che lascia il vide-

omaker finalmente tranquillo.

Il nuovo radiomicrofono Sony ECM-W2BT arriverà in

Italia nel corso del prossimo mese di aprile al prezzo

di listino di 240 euro a cui si consiglia vivamente di

aggiungere la capsula lavalier ECM-LV1 che avrà un

prezzo di 45 euro. Un costo totale sotto i 300 euro che

- va detto - è una frazione di quanto costa un radio-

microfono digitale tradizionale delle primarie marche

professionali. Qualche purista storcerà il naso di fronte

a un radiomicrofono che vive su un link digitale com-

presso: all’atto pratico, si tratta di un codec talmente

valido e rodato (Bluetooth aptX) che la qualità audio

può essere considerata assolutamente di alto livello.

Piuttosto un professionista di alto livello potrebbe non

adottare questo Sony per altri motivi concreti: l’indi-

sponibilità di ricevitori da banco e multicanale, con le

difficoltà correlate nell’usarne diversi in campo su set

strutturati; l’assenza dell’uscita XLR; qualche rischio di

congestione delle frequenze impiegate dal Bluetooth

in situazioni di alta densità di persone (attualmente im-

possibili per l’emergenza Covid-19 ma che prima o poi

torneranno a verificarsi).

In definitiva, il giudizio, per l’utilizzo da videomaker, è

decisamente positivo: questo Sony fa il suo mestiere

molto bene, senza occupare spazio, minimizzando la

cavetteria (almeno per gli utenti Sony) e con autono-

mie veramente interessanti. Ma soprattutto con la soli-

dità del segnale che lascia tranquilli, che è la prima cosa

che un videomaker cerca.

La doppia capsula del microfono lavalier ECM-LV1 di Sony può essere ruotata di 90 gradi in modo da adattarsi a fissaggi con la clip in verticale o in orizzontale.

Sul ricevitore ci sono due selettori: quello di sinistra è di fatto l’accensione dell’apparecchio e permette di selezionare la comunicazione per via analogica o, per le macchine compatibili, anche per via digitale. Quello di destra permette di selezionare la sorgente: il radiomicrofono, la capsula integrata nel ricevitore o il mix delle due sorgenti.

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MAGAZINEn.240 / 2122 MARZO 2021

di Paolo CENTOFANTI

Il settore delle videocamera di sorveglianza IP è ormai

letteralmente esploso con un’offerta molto ampia che

va da prodotti da poche decine di euro a soluzioni più

sofisticate e dall’impegno economico non indifferente

se si vuole costruire un sistema composto da più tele-

camere. EZVIZ è uno dei maggiori player del settore,

essendo il ramo consumer di Hikvision, colosso cinese

dei sistemi di sorveglianza per i settori industriale e mili-

tare. Ha un catalogo amplissimo che copre soluzioni sia

indoor che outdoor e che abbraccia anche il segmento

della smart home con diversi dispositivi IoT. Il prodotto

di cui parliamo oggi è la nuova videocamera C8C, mo-

dello da esterno Wi-Fi, la cui novità principale è costitu-

ita dall’ottica a brandeggio motorizzata controllabile da

remoto tramite app per smartphone, che si aggiunge

alla funzione di rilevamento delle figure umane basata

sull’intelligenza artificiale e alla modalità di ripresa video

notturna anche a colori oltre che in bianco e nero. A

ciò si aggiungono la certificazione IP65 per resistenza

alla polvere e ai getti d’acqua e la codifica video con

compressione H.265 per la riduzione della banda di

trasmissione a parità di qualità. Vediamo nel dettaglio

caratteristiche e come si comporta.

Una visione a 360 gradi o quasiPartiamo da quella che è la caratteristica principale di

questo nuovo modello di EZVIZ, vale a dire l’ottica mo-

torizzata. La C8C, infatti, è dotata di un’ottica a brandeg-

gio che può ruotare di 352 gradi e con una regolazione

TEST Abbiamo provato la nuova videocamera IP di sorveglianza da esterno di EZVIZ, sigla C8C. Ecco le nostre impressioni

Videocamera IP EZVIZ C8C, sorveglianza a 360 gradi Ottica motorizzata, rilevamento intelligente del movimento e delle persone e ripresa notturna a colori in alta definizione

verticale di 95 gradi. Insieme all’angolo di ripresa da 87

gradi dell’ottica, ciò permette alla videocamera di copri-

re tutti i dintorni dell’area in cui viene installata, specie

se in posizione sopraelevata con una “visione” pratica-

mente a 360 gradi.

C’è però un limite: una volta impostata l’inquadratura

e “armata” la funzione di sorveglianza, la telecamera

rimane in posizione fissa e non segue automaticamente

eventuali soggetti in movimento nell’area monitorata. Il

pan & tilt dell’ottica può essere controllato da remoto

via app, ma solo manualmente e attivamente dall’utente

senza alcuna automazione. Al momento non è quindi

possibile creare dei movimenti di camera programmati

per creare delle routine di sorveglianza dell’area che

avrebbero permesso un vero monitoraggio a 360 gradi

continuo.

La C8C è ben costruita, realizzata in plastica e leggera,

ma robusta e sembra essere in grado di poter resistere

alle intemperie senza troppi problemi (supporta fino a

-30 gradi di temperatura). La videocamera arriva con la

base di supporto già montata al suo corpo, da cui esce

un cavo con due connettori, alimentazione ed ethernet,

ma può essere collegata alla rete locale anche in Wi-Fi,

come ben evidenziato dalle due antenne regolabili. Il

cavo di alimentazione, una volta fatto passare all’interno

dell’abitazione andrà collegato al piccolo alimentatore

in dotazione. Il cavo che esce dalla videocamera è di

una trentina di cm di lunghezza, mentre quello dell’ali-

mentatore è di circa 1 metro, non moltissimo se occorre

installare il dispositivo in esterno sfruttando una presa

di corrente all’interno dell’abitazione. Purtroppo la presa

ethernet non è di tipo PoE, cosa che avrebbe sempli-

ficato non poco l’installazione sul fronte dell’alimenta-

zione, anche se la stragrande maggioranza degli utenti

probabilmente prediligerà questo prodotto proprio per

la connettività Wi-Fi.

Come altri prodotti EZVIZ, il modulo Wi-Fi della C8C è

a singola banda da 2,4 GHz in 802.11n, frequenza che

garantisce una maggiore copertura del segnale, ma è

anche quella su cui sono presenti il maggior numero di

interferenze in contesto urbano. La staffetta della tele-

camera è predisposta per l’installazione sia a parete che

a soffitto, con due set di fori, e in dotazione troviamo

viti, tasselli e una dima adesiva da utilizzare come rife-

rimento.

Per quanto riguarda le caratteristiche di ripresa, la C8C

riprende a 1080p a 30 fotogrammi al secondo, e codifi-

ca i filmati in HEVC con un bit rate massimo di 2 Mbit/s.

Vicino all’obiettivo troviamo dei faretti LED che servono

sia per illuminare la scena per la ripresa notturna a co-

lori, sia come luci di segnalazione che vengono attivate

nel caso di rilevamento di un movimento. La videoca-

segue a pagina 41

Lo slot per la scheda microSD è accessibile svitando lo sportellino sul retro sotto il braccio della staffa. L’accesso non è molto agevole a telecamera installata nel caso occorra sostituire la scheda di memoria.

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MAGAZINEn.240 / 2122 MARZO 2021

mera è inoltre dotata di microfono per la registrazione

dell’audio ambientale, ma non di altoparlante per cui a

differenza di altri modelli della gamma EZVIZ in questo

caso non è possibile la comunicazione bidirezionale.

La visione notturna in bianco e nero è invece assistita

da un LED IR che garantisce visibilità fino a 30 metri di

distanza.

Si controlla tutto via appDall’installazione alla configurazione del sistema, tutto

avviene tramite l’app per smartphone EZVIZ disponibile

per iOS ed Android che richiede tassativamente la crea-

zione di un account EZVIZ. Il setup iniziale prevede di in-

quadrare il QR Code fornito all’interno della confezione

utilizzando l’app, che procede quindi all’abbinamento

con la telecamera al fine di associarla al proprio account

e di impostare nel caso la rete Wi-Fi da utilizzare per il

collegamento. A questo punto la telecamera comparirà

nella schermata principale dell’applicazione da cui si

possono configurare tutti i principali parametri di funzio-

namento e controllare il dispositivo dovunque ci si trovi,

anche fuori dalla propria rete locale.

In particolare per ogni videocamera collegata è possibi-

le regolare qualità della registrazione, modalità di ripre-

sa notturna, notifiche di allarme e memoria da utilizzare

per il salvataggio dei filmati e delle immagini, tra scheda

MicroSD e servizio cloud di EZVIZ (a pagamento), aree

specifiche dell'immagine dove rilevare i movimenti. Per

quanto riguarda la modalità notturna (foto 1) le opzioni

sono tre. La visione a colori mantiene sempre accesi i

LED per l'illuminazione, mentre quella in bianco e nero

utilizza i LED IR, invisibili a occhio nudo. La modalità "not-

turna intelligente", invece, riprende in bianco e nero fino

a quando non viene rilevato un movimento, al che ven-

gono attivati i faretti e la registrazione passa a colori. La

sensibilità della rilevazione del movimento è regolabile

TEST

Videocamera IP EZVIZ C8Csegue Da pagina 40

clicca per ingrandire le immagini

La modalità di visione degli eventi registrati. L'intruso viene evidenziato da un riquadro rosso. In questo caso la figura è stata riconosciuta non appena è sbucata da dietro il muro.

La modalità notturna a colori (sopra) e in bianco e nero (sotto). Nel primo caso la cattura è assistita da due LED che illuminano non poco l'ambiente.

e impostando le aree di rilevamento è possibile limitare

il numero di falsi positivi, escludendo dal monitoraggio

aree con piante, strade e così via.

Il sistema EZVIZ ha in realtà due librerie per il salvatag-

gio delle immagini. I video di monitoraggio registrati

automaticamente quando la telecamera è “armata”,

cioè in modalità sorveglianza, vengono registrati sulla

scheda microSD (o il servizio cloud) in forma criptata con

una chiave univoca del dispositivo (ma che può essere

personalizzata) e possono essere riprodotti unicamen-

te tramite l’app EZVIZ o l'apposito lettore per Windows

(foto 2). Quando invece si attiva manualmente la regi-

strazione di un filmato o di una fotografia tramite l’app,

le immagini vengono in questo caso salvate sulla me-

moria dello smartphone nella sezione “il mio album”

dell’app. Per salvare i filmati salvati sulla memoria della

telecamera sul proprio smartphone occorre praticamen-

te “registrarli” riproducendoli dall’archivio, una soluzione

curiosa probabilmente legata alla crittografia. Il monito-

raggio può essere attivato manualmente, con l'apposito

comando nella schermata principale dell'app (l'icona a

scudo), oppure automaticamente (foto 3). È possibile

programmare delle routine di attivazione/disattivazione

sfruttando la geolocalizzazione, ad esempio quando ci

si avvicina o allontana dall'abitazione, oppure program-

mare gli orari di ricezione delle notifiche per ogni giorno

della settimana.

21 3

segue a pagina 42

L'immagine è stata catturata nella nostra sala prove oscurata e con pareti completamente nere. Il fotogramma è dettagliato e pulito nono-stante la totale assenza di luce.

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torna al sommario 42

MAGAZINEn.240 / 2122 MARZO 2021

Sorveglianza stabile e con notifiche puntualiDurante il nostro utilizzo la C8C si è rivelata essere

stabile ed efficace. Abbiamo principalmente utilizzato

la videocamera per la sorveglianza con registrazione

delle attività in caso di rilevamento di movimento, ma

può essere impostata anche per riprendere video con-

tinuamente (in questo caso, una volta che la scheda di

memoria è piena i contenuti vengono sovrascritti). Ab-

biamo fatto delle prove di intrusione e il riconoscimento

delle figure umane è praticamente istantaneo, con arri-

vo della notifica sullo smartphone in un paio di secondi

dalla registrazione dell'attività.

Lo streaming su smartphone è di buona qualità per il

tipo di applicazione, con un livello di dettaglio buono in

tutte le condizioni di luminosità. Molto buona la qualità

di immagine in modalità notturna, sia in bianco e nero

che a colori, tanto che per lo scopo principale di sorve-

TEST

Videocamera IP EZVIZ C8Csegue Da pagina 41

glianza la prima è più che sufficiente.

Nel caso di rilevamento di una persona

nell'area sorvegliata, la videocamera riqua-

dra la figura individuata, evidenziandone

la presenza nel fotogramma. Nelle nostre

prove, il sistema non è stato in grado di rico-

noscere il nostro sporgersi con la sola testa

dietro il muro, ma l'allarme è scattato solo

nel momento in cui ha potuto riconoscere

l'intera figura, comunque accovacciata e

non appena è entrata nel campo d'azione

della videocamera: impossibile avvicinarsi

senza far scattare l'allarme. Due aspetti non

ci hanno convinto del tutto. La registrazione

dell'audio non è di buona qualità. Anche a

pochi metri dalla videocamera, il suono è

distorto e poco intelligibile.

L'altro appunto che possiamo davvero

muovere è alla gestione delle registrazioni

che non possono essere esportate diret-

tamente, ma vanno praticamente catturate

dall'applicazione in tempo reale (per due

minuti di filmato sulla memoria della tele-

camera, occorre registrare per due minuti

sullo smartphone). Anche la gestione della

scheda di memoria tramite PC non è mol-

to agevole e sicuramente l'intero processo

potrebbe essere reso molto più intuitivo per

chi ha necessità di gestire un archivio dei

filmati. Del resto EZVIZ spinge sul suo servi-

zio CloudPlay, con diversi piani tariffari che

coprono esigenze di diverso tipo. Il servizio

permette di salvare nel cloud i filmati ripresi

da una o più telecamere, fino a 30 giorni e su server

europei. Il costo di partenza è di 2,99 euro al mese per

una singola telecamera con un massimo di 3 giorni di

Il menù di gestione della videocamera da remoto. È possibile salvare fotogrammi o video sullo smartphone, attivare i fari di segnalazione (difesa attiva), o disabilitare momentaneamente la video-camera (modalità privata).

Da remoto è possibile rego-lare l'inquadratura ruotando orizzontalmente l'ottica e inclinandola verso il basso. Manca la possibilità si seguire automaticamente un potenziale intruso o pro-grammare un movimento di camera.

di Paolo CENTOFANTI

E Ink ha annunciato una nuova ver-

sione della sua tecnologia di di-

splay a colori denominata Kaleido

Plus. Come l'originale Kaleido introdot-

to sul mercato lo scorso anno, Kaleido

Plus accoppia al pannello a inchiostro

elettronico ad alta luminosità E Ink Car-

ta 1250 uno strato di filtri colore, con la

possibilità di riprodurre fino a 4096 toni

diversi. Rispetto alla precedente gene-

razione, E Ink ha migliorato la tecnica di

stampa utilizzata per depositare i filtri

colore, riducendo il gap tra quest'ultimi

e lo strato E Ink, portando ad una miglio-

re nitidezza dei caratteri e ad immagini

più luminose. E Ink ha anche migliorato

la luce frontale, con un nuovo filtro di

diffusione che riduce lo scattering por-

tando ad un miglioramento del gamut

del display e ad

una maggiore

saturazione dei

colori, uno dei

principali limiti

di questa tec-

nologia. Insie-

me alla nuova

tecnologia, E

Ink ha anche

affiancato al ta-

glio da 6 pollici

un nuovo formato da 7,8". I primi prodot-

ti ad utilizzare il nuovo display sono l'In-

kPad Color di Pocketbook ed il BOOX

Nova3 Color di Onyx.

GADGET Il nuovo pannello Kaleido Plus per eBook migliora luminosità, nitidezza e gamma cromatica

eBook con colori più saturi e brillanti Merito del nuovo Kaleido Plus di E InkCon la nuova tecnologia, E Ink ha anche affiancato al taglio da 6" un nuovo formato da 7,8"

GADGET

Micro action camera GO 2 di Insta360: è stabilizzata e pesa solo 27 gLa micro action ca-mera GO 2 Insta360 è stabilizzata, grande quanto il pollice di una mano e pesa appena 27 g. Per la GO 2 Insta360 ha pensato a una clip magnetica che può agganciarsi per esempio a una maglietta, e che a sua volta può fare uso di supporti diversi. La stabilizzazione della GO 2 è affidata alla tecnologia FlowState. È certificata IPX8 per il vetro temperato protettivo intercambiabile e può fare riprese fino a 4 m di profondità.

video di archivio (i video nuovi sostituiscono quelli vec-

chi, dando la possibilità di andare indietro fino a 3 giorni

essenzialmente).

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torna al sommario 43

MAGAZINEn.72 / 2122 MARZO 2021

di M. ZOCCHI

Cento per cento elettrica, con

un’autonomia di 230 chilometri

e un prezzo da urlo: 19.900 euro

che diventano 9.460 con il bonus rot-

tamazione previsto dagli incentivi na-

zionali. Sono queste le caratteristiche

principali della nuova Dacia Spring, la

proposta per la città del marchio di pro-

prietà Renault.

A colpire è proprio il prezzo. Saran-

no due i modelli Dacia Spring, con la

versione Comfort che sarà proposta a

19.900 euro (9.460 euro con ecobonus)

e la più accessoriata versione Comfort

Plus proposta a 21.400 euro (10.960

euro con ecobonus).

Entrambi i modelli saranno equipaggiati

con batteria da 27,4 kWh, con un’auto-

nomia dichiarata di 230 chilometri nel

ciclo WLTP che diventano 305 nel ciclo

WLTP City. I primi modelli saranno di-

sponibili a partire da settembre 2021,

mentre la versione cargo da inizio 2022.

Dacia Spring sarà disponibile in quattro

colori: potrà essere acquistata in bianco

Kaolin o, pagando un sovrapprezzo, in

grigio iridescente, blu Cenote o Rosso

Goji. Il colore rosso non potrà essere

scelto con l’allestimento Comfort Plus.

Renault, proprietaria del marchio, non

ha deluso le aspettative, rivelando un

prezzo di lancio, con incentivi statali

e rottamazione, di soli 9.460 euro. Un

prezzo mai visto per un’elettrica, salvo

rare combinazioni di incentivi statali e

regionali sommati, che la rende una utili-

taria elettrica davvero accessibile per chi

cerca questa categoria di vettura. A onor

del vero, dopo la presentazione finale,

Spring ha anche attirato qualche critica,

per le troppe limitazioni di motorizzazio-

ne ed equipaggiamento, ma vediamo nel

dettaglio cosa offre e perché può avere

AUTO ELETTRICA Dacia Spring stupisce per il prezzo basso, ma appare limitata per alcuni dettagli

Dacia Spring elettrica come la nuova Panda Prezzo da urlo: solo 9.460 euro (con incentivi)Renault dà la scossa al mercato elettrico con la prima elettrica sotto i 10mila euro grazie all’ecobonus

tutte le carte in regola per diventare la

“prossima Panda”. Partendo dagli interni,

si sa, Dacia da questo punto ha sempre

avuto un approccio smart, cercando di

eliminare il superfluo, e lasciare solo ciò

che è veramente utile, per abbattere il

più possibile i costi. Il risultato è un abita-

colo spoglio, ma dove non manca nulla.

Nel caso di Spring, il cruscotto ricorda

vagamente quello della prima Renault

Zoe, fatto di plastiche molto semplici,

bocchette dell’aria circolari, e display da

soli 7”, eppure l’elettrica francese all’e-

poca era considerata persino futuristica.

È evidente che si tratta di un abitacolo al

risparmio, ma chi cerca una utilitaria non

guarda certo a grande display, cluster

digitali o orpelli di decorazione. Inoltre

il display dove risiede l’infotainment ha

dimensioni contenute, ma è comunque

compatibile con Android Auto e Apple

CarPlay, oltre ad avere un pulsante dei

comandi vocali per richiamare i rispettivi

assistenti virtuali.

La seconda critica riguarda la motorizza-

zione in generale, sia per la potenza del

motore elettrico, sia per la batteria instal-

lata. Per quest’ultima le critiche rappre-

sentano quasi un non-sense: una vet-

tura con chiare aspirazioni urbane non

dovrebbe avere bisogno di più dei 200

km circa che Spring promette a piena

carica e in città. La

ricerca del miglior

prezzo sul merca-

to imponeva delle

scelte, e Renault ha

deciso di proporre

una batteria che

persino un passo

più avanti rispetto

a quella della prima

Zoe o della Twingo

Electric. I primi test di guida, mostrano

la reale capacità di percorrere poco più

di 200 km in contesto urbano e misto

extraurbano, confermando anche la

precisione del dato omologativo WLTP.

Ovviamente con percorsi ad alta veloci-

tà, come quelli autostradali, il consumo

si fa sentire, come per tutte le elettriche,

e si rischia di non superare i 120 km. Non

dovrebbe però essere un’auto per que-

sto tipo di utilizzo, se non assolutamente

saltuario.

Il motore elettrico poi è stato criticato

per la poca potenza, scelta sempre in

ottica di riduzione dei costi, dimenti-

cando però che per un’auto da città, ciò

che importa davvero è la progressione

da 0 a 30 km/h, dove Spring gode della

coppia immediata come tutte le elettri-

che, mentre lo 0-50 e lo 0-100 lasciano

il tempo che trovano. E qui la mancanza

di accessori inutili forse torna utile, ren-

dendo la Spring una delle elettriche più

leggere, con solo 970 kg, il che permet-

te di guadagnare in agilità anche con

poca potenza.

E poi c’è il prezzo che rimane, per

ora, inarrivabile dalla concorrenza,

salvo futuri colpi di coda del Gruppo

Volkswagen, che però propone utilita-

rie elettriche di dimensioni più conte-

nute. Come accennato, i 19.900 euro

di listino diventano 9.460 euro, per chi

può usufruire di tutto il pacchetto di in-

centivi, ed anche se si volesse puntare

sull’allestimento migliore, si sale a solo

21.400 euro, che diventano al netto

dei contributi statali, 10.960 euro. È le-

cito aspettarsi che chi punterà ad una

utilitaria economica, abbia a sua volta

un’auto molto vecchia, e dunque per-

fettamente rientrante nei parametri dei

massimi incentivi concessi dal Governo.

Svelata la BMW i4: elettrica, ma una vera BMW. Interni e specifiche ancora segretiBMW ha finalmente svelato la versione di produzione della i4, senza però comunicare il dettaglio delle specifiche, e senza mostrare gli interni di M. ZOCCHI

Durante la conferenza annuale del Gruppo, BMW ha finalmente svelato la berlina elettrica Serie 4 che dopo anni di attesa va a continuare la gamma iniziata con la i3, e che si chiamerà semplice-mente i4.In realtà bisognerà attendere ancora alcune settimane per una presentazione finale, e per ora non conosciamo le specifi-che nel dettaglio, così come non sono stati mostrati gli interni del veicolo. BMW però ci tiene a sot-tolineare che i4 non ha nessun compromesso, e sarà una vera Serie 4, ed avrà anche una ver-sione Performance sotto il solito marchio M.Per il momento conosciamo l’au-tonomia della versione che potrà fare più strada, ovvero fino a 590 km nel ciclo WLTP, ed è stata ri-velata anche l’accelerazione, con uno 0-100 km/h in circa 4 secon-di, grazie alla potenza di 530 CV.Il design della vettura si distingue dalle auto termiche del marchio grazie a modanature laterali di colore blu elettrico, e ad una gri-glia frontale con il solito design, ma che in parte è chiusa ed al-loggia diversi sensori per la guida assistita.

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MAGAZINEn.72 / 2122 MARZO 2021

di Paolo CENTOFANTI

Volkswagen ha tenuto in live streaming il suo

Power Day in cui ha annunciato gli aggiorna-

menti alla sua strategia per la mobilità elettrica.

Dopo la giornata di oggi, è ancora più chiaro come per

il gruppo Volkswagen l’elettrificazione dell’auto non è

più un’opzione ma l’unico futuro possibile per il mondo

dell’auto. Lo ha espresso senza mezzi termini Herbert

Diess, CEO di Volkswagen, che ha esordito con un

messaggio chiaro quanto lapidario: “l’e-mobility ha vin-

to la gara; è l’unica soluzione per ridurre velocemente

le emissioni dovute ai veicoli”. Ha aperto così un even-

to di ben due ore in cui l’azienda tedesca ha rilanciato

i già ambiziosi obiettivi verso la completa trasforma-

zione in senso elettrico della propria produzione, pun-

tando ora ad arrivare a una quota del 70% di veicoli

elettrici sul mix di vendite totali entro il 2030, contro il

35% precedentemente stimato. Per raggiungere que-

sto obiettivo sono due i principali pilastri su cui il grup-

po concentrerà nei prossimi anni la propria strategia:

sviluppo di un ciclo chiuso e verticale per la produzione

delle batterie, espansione della rete di ricarica.

Tante tecnologie, un unico formato: arriva la batteria Unified Cell L’elettrificazione della propria offerta per un gruppo

che produce 10 milioni di auto all’anno deve fare i conti

con l’approvvigionamento di quello che è il componen-

te essenziale di un veicolo elettrico, la batteria. Il cuore

della nuova strategia di Volkswagen è proprio nella co-

struzione di un nuovo processo produttivo che possa

garantire sostenibilità, scalabilità e ottimizzazione dei

costi. Il primo tassello è quello che l’azienda ha definito

Unified Cell: a partire dal 2023, Volkswagen utilizzerà

un unico formato di cella per le batterie di tutte le sue

auto. Entro il 2030, l’80% dei veicoli VW condivideran-

no lo stesso design per le celle all’interno delle batte-

rie, che cambieranno per numero di celle impiegate e

per la tecnologia al loro interno, ma non nel formato. Il

restante 20% saranno batterie specializzate per utilizzi

specifici, come auto sportive o da competizione, e vei-

AUTO ELETTRICA La nuova strategia Volkswagen per accelerare e consolidare la transizione energetica dei suoi modelli di auto

Volkswagen Power Day: il piano per la mobilità elettrica Batteria Unified Cell e potenziamento della rete elettricaEntro il 2030 l’80% dei veicoli VW utilizzerà la stessa tecnologia di batteria. I volumi faranno abbattere i costi del 50%

coli commerciali pesanti. Le prossime auto di Volkswa-

gen saranno costruite intorno al formato della batteria

e non viceversa come avvenuto fino ad oggi. Le eco-

nomie di scala di questo approccio, secondo quanto

dichiarato oggi, permetteranno a Volkswagen di ridur-

re il costo delle batterie fino al 50% rispetto ad oggi.

Volkswagen punta a utilizzare quindi lo stesso formato

di cella, ma con tecnologie chimiche diverse a secon-

da del segmento per il catodo, il cui costo rappresenta

il 40% di una cella agli ioni di litio e influisce al 90%

sulla quantità di carica. Per i veicoli di fascia bassa, ad

esempio, verranno impiegate batterie LFP, cioè con

catodo al litio-ferro-fosfato, mentre per il grosso del-

la produzione Volkswagen punta a utilizzare celle ad

alto contenuto di manganese, tecnologia che riduce

la quantità di nichel necessaria ed elimina del tutto

l’impiego di cobalto. Sul fronte dell’anodo, invece,

Volkswagen ha deciso di puntare sull’utilizzo del silicio

e della grafite sintetica, materiale che consentono di

aumentare del 10% la capacità della batteria rispetto

alle tecnologie di oggi e che sono già stati impiega-

ti nelle batterie di Porsche Taycan e Audi e-tron GT.

Il punto di arrivo per Volkswagen è però lo sviluppo

di celle allo stato solido, tecnologia che promette di

dimezzare i tempi di ricarica a fronte di un aumento

del 30% della capacità di carica rispetto alle migliori

batterie di oggi e che non fa impiego di materiali come

nichel o cobalto.

Sei gigafactory europee produrranno la nuova batteria Unified CellVolkswagen prevede ad arrivare entro il 2030 ad una

quota di mercato del 60% del mercato delle auto elet-

triche. Secondo le stime ciò si tradurrà in una domanda

di batterie pari a 240 GWh all’anno. Per riuscire a pro-

durre il necessario quantitativo di batterie per i propri

veicoli, Volkswagen punta ad arrivare ad avere sei siti

produttivi in Europa da 40 GWh entro il 2030.

Agli stabilimenti di Skellefteå (gestita da Northvolt) e

Salzgitter già in fase di realizzazione (la cui capacità

produttiva verrà ora portata a 40 GWh) verranno infatti

costruiti nuovi stabilimenti nell’ovest d’Europa (in lizza

ci sono Spagna, Portogallo e Francia), nei paesi dell’est

(Repubblica Ceca, Slovacchia o Polonia), più due ulte-

riori poli ancora da definire di concerto con la comu-

nità europea. La fabbrica di Skellefteå in Svezia sarà

segue a pagina 45

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torna al sommario 45

MAGAZINEn.72 / 2122 MARZO 2021

la prima a diventare operativa nel 2023 e produrrà le

batterie per il segmento “premium”. Lo stabilimento di

Salzgitter, che sta sorgendo dove Volkswagen produ-

ceva motori termici, sarà dedicato invece alle batterie

“volume”, cioè per il grosso del proprio parco auto.

Volkswagen ribadisce inoltre l’impegno ad implemen-

tare un ciclo chiuso per la produzione della batterie,

grazie alla tecnologia di riciclo che consente di riuti-

lizzare il 95% dei materiali delle batterie esauste per

la realizzazione di nuove celle. Ma l’impegno è anche

a riutilizzare le batterie della auto per i sistemi di accu-

mulo per le centrali che producono energia elettrica da

fonti rinnovabili, solare ed eolico in particolare.

18.000 stazioni di ricarica veloce in Europa entro il 2025L’alto grosso annuncio di oggi riguarda la rete di rica-

rica. Così come le batterie sono fondamentali per la

produzione dei milioni di nuove auto elettriche, la rete

di ricarica è parimenti essenziale per sostituire l’attuale

infrastruttura di distribuzione dei carburanti. Per que-

sto motivo Volkswagen ha deciso di investire significa-

tivamente nella collaborazione con partner chiave per

quintuplicare entro il 2025 il numero di stazione di rica-

rica veloce nell’Unione Europea, per un totale di oltre

18.000 nuovi punti di ricarica ad alta potenza. Volkswa-

gen riconosce che non tutti avranno la possibilità di ri-

carica a casa o sul posto di lavoro e per questo motivo

sia nei centri cittadini che su strade e autostrade sarà

necessario aumentare il numero di colonnine ad alta

potenza per permettere la ricarica in pochi minuti.

I partner chiave di questo programma di espansione

della rete di ricarica sono la nostrana Enel X, la spa-

gnola Iberdrola e il gruppo BP che ha una forte presen-

za di distributori non solo in UK ma anche in Germania.

Volkswagen ha anche mostrato una nuova stazione

di ricarica con due punti a corrente continua ad alta

potenza completamente indipendente dalla rete elet-

trica e basata essa stessa su batteria, che consentirà

AUTO ELETTRICA

Volkswagen Power Daysegue Da pagina 44

l’installazione anche in quelle zone non raggiunte da

nodi ad alta tensione.

Un giorno con le giuste tecnologie la ricarica sarà gratuitaInfine, Volkswagen ha toccato il tema anche della ge-

stione intelligente della ricarica, delle smart grid e del-

la ricarica bidirezionale. Nei prossimi anni tutti i veicoli

elettrici Volkswagen permetteranno di utilizzare la loro

batteria come fonte di alimentazione ad esempio per

la casa, o per il trasferimento dell’energia in un altro

sistema di accumulo, come quello dell’abitazione.

L’obiettivo è mettere a disposizione della rete elettri-

ca del futuro quanta più capacità di carica possibile, al

fine di evitare lo spreco dell’energia prodotta da fonti

rinnovabili come avviene oggi. Nel futuro immaginato

da Volkswagen, le auto elettriche potranno essere uti-

lizzate per immagazzinare l’energia prodotta in ecces-

so, per restituirla in un secondo tempo. Grazie ad una

gestione intelligente di questo tipo, in futuro la ricarica

delle auto potrebbe essere del tutto gratuita.

di Massimiliano ZOCCHI

Volkswagen non accenna a mollare

il colpo quando si parla di elettrifi-

cazione, e in occasione della confe-

renza annuale del marchio, ha ribadito i

piani per il 2021.

Prima della fine del mese di marzo, ver-

ranno incrementate le consegne della

ID.4, in molti mercati europei, dove co-

munque sono già stati consegnati circa

23.000 esemplari. L’offensiva proseguirà,

e durante i mesi si intensificherà con

l’arrivo di altri modelli e versioni. La ID.4

verrà proposta anche nella variante GTX,

AUTO ELETTRICA Volkswagen durante la conferenza ha rivelato i piani per il 2021: invasione di elettriche ed anche di ibride

Volkswagen presenta il piano elettrico per il 2021 4 differenti modelli e 300.000 vendite previsteLe consegne cumulative arriveranno a 300.000 vetture entro la fine del 2021, cui si uniranno anche 150.000 ibride

con quattro ruote motrici, seguita poi dal

lancio della SUV coupé ID.5, e dalla ID.6

(CROZZ) nel mercato cinese.

Nel frattempo continueranno le conse-

gne della ID.3, con migliaia di ordini per

la versione più economica, la City con

batteria da 45 kWh. Secondo Volkswa-

gen questo porterà a consegne cumula-

tive pari a 300.000 vetture entro la fine

del 2021, alle quali si uniranno anche

150.000 ibride, arrivando a un totale di

auto elettrificate pari a 450.000 unità.

Inoltre verrà iniziato un programma per

la vendita online delle auto. Inizialmente i

clienti potranno effettuare i primi passag-

gi online, per completare poi l’acquisto in

concessionaria. Mentre dall’estate il pro-

cesso potrà essere portato a termine in-

teramente, per tutte le vetture della fami-

glia ID. Sempre dall’estate, Volkswagen

sperimenterà anche la vendita online di

auto in inventario o usate. Tutte queste

procedure verranno attivate dapprima in

Germania, poi agli altri mercati.

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MAGAZINEn.72 / 2122 MARZO 2021

di Sergio DONATO

Toyota è una delle poche industrie

che ha risentito meno della carenza

di chip e di componenti elettronici

scatenata dall’avvento della pandemia

da COVID-19. Il motivo è da cercare nel

cambio di mentalità che Toyota ha ab-

bracciato dopo il disastro di Fukushima,

che assume ancora più importanza se si

pensa che Toyota ha dato l’abbrivio negli

anni 90 alla logistica e della produzione

Just-in-Time, ovvero delle poche scorte

di magazzino e del “produco solo quello

che richiede il mercato”.

Il Just-in-Time di Toyota introdotto negli

anni 90 è stato così rivoluzionario che ha

dato vita al termine gergale “Toyotismo”.

Ancora oggi, si possono raggiungere

pagine web dell’azienda che esaltano

questa filosofia di produzione e di stoc-

caggio. Per competere soprattutto con

le rivali statunitensi, Toyota si gettò nel

Just-in-Time su indicazione del direttore

di produzione Tahici Ohno, decidendo di

produrre solo quello che veniva richiesto

dal mercato. Questo sistema innescò un

processo virtuoso su più livelli, perché

avere un magazzino e una produzione

snelli significava anche possedere una

capacità organizzativa in grado di pro-

AUTO ELETTRICA La carenza di chip è una piaga che colpisce qualsiasi industria, tranne Toyota

Toyota non è rischio di la carenza di chip Dallo tsunami ha imparato a fare scorteDallo tsunami del 2011 Toyota ha fatto scorte dei pezzi più importanti, tra cui i semiconduttori

grammare con efficienza solo gli ordini

di parti e componenti realmente utili alla

produzione. Ne guadagnava l’efficienza

complessiva della società e venivano ab-

bassati i costi di stoccaggio perché i ma-

gazzini potevano essere più piccoli.

Cambiare filosofia dopo l’errore: le scorte mirate Il Toyotismo divenne un modello mondia-

le, ma costò carissimo a Toyota quando lo

tusnami giapponese del 2011, che causò

il disastro nucleare di Fukushima, lasciò

la società priva di materiali per la produ-

zione. Il motivo è semplice: Toyota non

aveva fatto scorte per mantenere un’effi-

ciente snellezza, e al contempo il disastro

aveva interrotto le catene di approvvigio-

namento. Da quella dura lezione, Toyota

ricambiò ancora filosofia, o meglio affinò

il suo Just-inTime aggiungendoci un po’

di Just-in-Case, filosofia produttiva che

prevede invece la presenza di scorte di

magazzino. A febbraio del 2021, Toyota

ha infatti sorpreso tutti affermando che la

sua produzione non sarebbe stata inter-

rotta in modo significativo dalla carenza

di chip. Dichiarazione che ha lasciato

sbigottiti soprattutto i rivali Volkswagen,

General Motors, Ford, Honda e Stellantis,

che invece hanno dovuto tirare parzial-

mente i remi in barca. Dopo il disastro di

Fukushima, Toyota infatti ha cambiato i

contratti con i propri fornitori stilando un

elenco di 1.200 parti a rischio in caso di

carenza di scorte e 500 componenti ad

alta priorità che avrebbero necessitato

di scorte certe: tra questi ultimi ci sono

appunto i semiconduttori, quindi i chip. Il

piano di continuità aziendale prevedeva

inoltre scorte presso i fornitori da due a

sei mesi. A riferirlo è stata l’agenzia Reu-ters che ha potuto ascoltare delle fonti

vicine a Toyota, le quali hanno raccontato

anche di alcuni paradossi legati ai nuovi

contratti di ferro sottoscritti dai fornitori

della società. Viene citata la società au-

dio Harman, di proprietà di Samsung, che

ha dovuto rinunciare alla fornitura di chip

alla casa madre per dare priorità a Toyota

proprio in virtù dei nuovi contratti voluti

dalla casa automobilistica dopo lo tsu-

nami del 2011. Sembra quindi che ancora

una volta Toyota abbia fatto scuola e che,

come vuole la regola, sia riuscita a impa-

rare dai momenti difficili e a farne tesoro

per fronteggiare le nuove ristrettezze,

che invece di uno tsunami oggi hanno le

sembianze di una pandemia.

I piani di Mini in anteprima: addio alle auto termiche, diventa un brand solo elettricoMini segue l’esempio di altri marchi, scegliendo la strada del 100% elettrico. vedremo un ultimo modello endotermico e poi passaggio graduale di M. ZOCCHI

I piani futuri di Mini (brand control-lato da BMW) verranno presentati a breve, ma la stampa tedesca è già sicura di quali saranno i punti cardine del programma a medio lungo termine. La notizia più im-portante è la decisione di seguire altri marchi verso un futuro 100% elettrico, anche se non immediata-mente e con tappe ben scandite. Secondo quanto rivelato in ante-prima dal Der Spiegel, Mini intro-durrà il suo ultimo modello con motore a combustione nel 2025, con l’intenzione di ritirarlo dal mer-cato entro il 2030, lasciandogli solo 5 anni di vita rispetto ai soliti 7. L’azienda prevede che a metà del percorso, nel 2027, già metà del-le sue vendite saranno orientate all’elettrico puro, motorizzazione che resterà l’unica in commercio a partire dal 2030. Questa decisio-ne sarebbe in linea con la politica del Regno Unito, che recentemen-te ha anticipato il divieto di vendita per auto nuove con motori endo-termici: si è passati da un cauto 2035 al 2030.BMW dal canto suo non ha ancora dichiarato simili propositi, quindi per il momento Mini sembra desti-nata a diventare ciò che Smart è per Mercedes, ovvero un secondo marchio, dedicato alle vetture ur-bane, e solamente elettriche.

DMOVE Annunciata la partnership tra i due operatori di ricarica

Reti Duferco Energia e Be ChargeOra diventeranno interoperabili

di M. ZOCCHI

Continua la strategia di espansione per

Duferco Energia e Be Charge, due dei

principali operatori in Italia per la ricarica

di veicoli elettrici. Le due aziende annunciano

un accordo di interoperabilità, che permetterà

ai rispettivi utenti di caricare i propri veicoli

elettrici sulle infrastrutture di entrambe le reti.

Prossimamente, gli utenti iscritti alla piattaforma di Duferco Energia potranno trovare

sull’app D-Mobility anche le stazioni di ricarica Be Charge, visualizzando anche tutti i

dati descrittivi della singola colonnina. Ugualmente succederà ai clienti di Be Char-

ge, che potranno accedere alle stesse informazioni sulle stazioni Duferco. Entrambe

le aziende hanno progetti a medio-lungo termine: Be Charge vuole arrivare a circa

30.000 punti di ricarica in Italia nei prossimi 5-6 anni, e cresce a un ritmo molto elevato,

con un importante investimento di 150 milioni di euro, Duferco Energia è focalizzata

anche sulla proposta per la ricarica privata e fornitura di energia 100% green.

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torna al sommario 48

MAGAZINEn.72 / 2122 MARZO 2021

di Massimiliano ZOCCHI

Volkswagen ha promesso che

avrebbe puntato fortissimo sulle

sue nuove auto elettriche della

famiglia ID, e dopo un inizio un po’ a

rallentatore, pare che ora le cose stiano

andando per il verso giusto, e sono già

tantissime le ID.3, il primo modello, in

mano ai clienti. La domanda che spesso

molti neofiti del mondo elettrico si fan-

no è sempre la stessa: quanto si spen-

de per la ricarica? Analizziamo quindi,

come già fatto per altri modelli, quanto

si potrebbe spendere, in diversi scena-

ri e con le diverse configurazioni della

vettura.

È bene specificare subito che non tut-

te le Volkswagen ID.3 sono uguali. Esi-

stono infatti diverse configurazioni, ma

che soprattutto propongono tre diversi

tagli di batteria. La versione City, la più

economica, ha una capacità utilizzabile

di 45 kWh, mentre gli equipaggiamenti

migliori propongono 58 kWh o 77 kWh

netti. Allo stesso modo anche le situa-

zioni di ricarica possono essere molto

diverse tra loro. Escluderemo dal com-

puto la ricarica privata con pannelli fo-

tovoltaici, non tanto perché gratuita, ma

perché troppo difficile da quantificare in

quanto ogni abitazione ha conti energe-

tici diversi. Consideriamo come costo

per l’energia casalinga quello medio di

un normale contatore, che per semplifi-

cazione quantifichiamo in 25 centesimi

al kWh. Per quanto riguarda la rete di ri-

carica pubblica, i punti più diffusi hanno

costi di 40 centesimi al kWh ricaricando

in corrente alternata, oppure 50 cente-

simi se si passa alla corrente continua,

più potente e quindi più veloce. Ci sono

poi le reti hyperfast, che si stanno uni-

RETE DI RICARICA La Volkswagen ID.3 sta diventando popolare, e lo sarà di più con l’economica City

Quanto costa ricaricare la Volkswagen ID.3?I costi a casa, nella rete pubblica e hyperfastEcco quanto si potrebbe spendere, in diversi scenari e con le diverse configurazioni

formando su una tariffa di 79 centesimi

al kWh, ma nel caso delle vetture ID i

clienti possono avere tariffe agevolate

presso la rete Ionity (di cui Volkswagen

fa parte), per cui possiamo analizzare i

costi anche tenendo conto di questa

agevolazione. Come sempre dunque è

sufficiente moltiplicare questi dati per

ottenere la stima dei costi, supponendo

di dover ricaricare un veicolo comple-

tamente scarico, fino al 100%, anche

se si tratta di una fattispecie piuttosto

rara (nonché sconsigliata per la salute

della batteria a lungo termine). Nel caso

della ricarica casalinga e presso la rete

pubblica in corrente alternata, potrebbe

entrare in gioco anche l’efficienza del

caricatore di bordo, che non è mai al

100%. È lecito quindi aspettarsi circa un

10% in più sul calcolo (che non riportia-

mo perché troppo variabile in base alla

potenza).

Volkswage ID.3 City (45 kWh):• Ricarica casalinga: 11,25 euro

• Ricarica pubblica corrente alterna-

ta: 18 euro

• Ricarica pubblica corrente conti-

nua: 22,5 euro

• Ricarica colonnine hypercharger:

35,55 euro

• Volkswagen ID.3 Life/Business/

Tech (58 kWh):

• Ricarica casalinga: 14,5 euro

• Ricarica pubblica corrente alterna-

ta: 23,2 euro

• Ricarica pubblica corrente conti-

nua: 29 euro

• Ricarica colonnine hypercharger:

45,82 euro

Volkswagen ID.3 Tour (77 kWh):• Ricarica casalinga: 19,25 euro

• Ricarica pubblica corrente alterna-

ta: 30,8 euro

• Ricarica pubblica corrente conti-

nua: 38,5 euro

• Ricarica colonnine hypercharger:

60,83 euro

Quando si parla di colonnine Hyperchar-

ger bisogna però considerare a parte il

caso IONITY, per via delle tariffe dedica-

te ai clienti Volkswagen. La tabella qui

sopra indica le varie possibilità di sot-

toscrizione del piano We Charge. Nella

modalità We Charge Free non si otten-

gono agevolazioni sul prezzo, mentre

già dall’intermedia We Charge Go il

prezzo presso le colonnine Ionity cala

a 55 centesimi per ogni kWh ricaricato,

a fronte però di un canone mensile di

(un anno gratis). Infine con il pacchetto

migliore We Charge Plus si scende a 30

centesimi per kWh, con un canone men-

sile di 9,99 euro (che diventerà 17,49

euro dopo il primo anno). Di conseguen-

za i costi sono i seguenti:

Con We Charge Go:ID.3 City: 24,75 euro

ID.3 Life/Business/Tech: 31,9 euro

ID.3 Tour: 42,35 euro

Con We Charge Plus:

ID.3 City: 13,5 euro

ID.3 Life/Business/Tech: 17,4 euro

ID.3 Tour: 23,1 euro

Audi nei guai: il progetto Artemis sarebbe già in ritardo di sei mesiIl progetto, nato in seno ad Audi per creare la super auto elettrica del futuro, avrebbe già un consistente ritardo sulla tabella di marcia. Troppe resistenze interne di M. ZOCCHI

Artemis, nato in seno ad Audi, tor-na al centro dell’attenzione, tramite un report di Business Insider, se-condo cui la tabella di marcia non sarebbe stata rispettata, e il team sarebbe in ritardo già di sei mesi sulla progettazione dell’auto del futuro. Sembra che i ritardi siano tali da aver già fatto slittare il lancio della “Landjet” dal 2024 al 2025.I problemi riscontrati dal team Ar-temis, secondo il report, sarebbero principalmente due, entrambi pur-troppo di natura interna. Il primo riguarda il software, molto indietro sulle tempistiche stabilite. La super auto di Artemis dovreb-be avere a bordo la versione 2.0 del software Volkswagen, ma lo sviluppo sta tardando a causa dei continui problemi e bug di Golf 8 e, soprattutto, di ID.3, che impedisco-no ai tecnici di focalizzarsi sugli ag-giornamenti. Il secondo problema, forse ancora più grave, riguarda la politica interna e l’ostruzionismo di alcuni dirigenti dell’azienda. Sembra che ancora non tutti ve-dano di buon occhio il passag-gio a “auto come smartphone su ruote”, e quindi stiano facendo una silente opposizione all’avan-zamento dei lavori. Questo è un problema che il CEO del Gruppo, Herbert Diess, si è già trovato ad affrontare, e che sembrava risolto con la recente fiducia che il consi-glio gli aveva accordato.

Page 49: 08 Attacco cinese ai server Exchange È gravissimo ma ne

torna al sommario 49

MAGAZINEn.72 / 2122 MARZO 2021

di Massimiliano ZOCCHI

Tesla Semi è sicuramente il prodot-

to dell’azienda californiana che più

ha fatto discutere, sia per ciò che

promette, ma anche per i continui rinvii

della sua produzione. Ora sembra che

qualcosa si stia muovendo, probabilmen-

te non a caso, dato il recente annuncio

di una possibile produzione pilota entro

quest’anno. Una nuova versione, rivedu-

ta e aggiornata, è stata avvistata alcune

settimane fa, dopo che per anni Tesla

non aveva più realizzato prototipi. Questa

stessa versione è ora utilizzata in alcuni

AUTO ELETTRICA Un video mostra i primi test su circuito della nuova versione del camion elettrico

Tesla Semi, primi test per la nuova versione La produzione potrebbe essere vicina, sempre che la fabbrica in Texas sia pronta in tempo

test su circuito chiuso, come la stessa

Tesla ha mostrato pubblicando un video su Twitter: Tesla forse aveva bisogno

dell’evoluzione tecnologica rappresen-

tata dalle celle al litio 4680, per riuscire

ad offrire l’autonomia promessa, e dopo

che questo video è stato pubblicato sono

subito partite le speculazioni circa il fat-

to che il prototipo potrebbe già utilizza-

re queste batterie, che sappiamo già in

produzione in lotti limitati. Tesla potrebbe

dunque cogliere i proverbiali due piccioni

con una fava, testando contemporane-

amente il nuovo veicolo e le nuove bat-

terie, che dovrebbero poi equipaggiare

anche Model Y e il pick-up Cybertruck,

oltre, si dice, la versione Plaid+ della

nuova Model S. inoltre Tesla ha promes-

so che consegnerà alcuni Semi a clienti

selezionati entro la fine del 2021, quindi

la produzione potrebbe essere davvero

vicina, sempre che la fabbrica in Texas,

dove dovrebbe avvenire l’assemblaggio,

sia pronta in tempo.

Elon Musk ha rivelato perché SN10 è esplosa. SpaceX al lavoro per le correzioniEcco perché la Starship SN10 è esplosa dopo un atterraggio che pareva riuscito. SN11 testerà subito delle modifiche per evitarlo di M. ZOCCHI

Dopo diversi giorni di attesa, Spa-ceX, per parola di Elon Musk, ha rivelato perché la Starship SN10 sia esplosa, poco dopo l’atter-raggio verticale portato a termine con successo. Secondo quanto apprendiamo, la spinta dei motori Raptor nella fase finale è stata più bassa di quanto atteso, forse per un consumo anomalo dall’header tank, il che ha causato un atterrag-gio brusco, solo parzialmente visi-bile dai video, ad una velocità non trascurabile di 10 metri al secondo. Il colpo a terra ha causato la rottu-ra delle strutture di sostegno nella parte bassa, e di conseguenza l’e-splosione successiva. Seguendo la discussione su Twitter tra Musk, tecnici e fan, si capisce che il pro-blema potrebbe essere stato cau-sato dall’elio usato per mantenere alta la pressione nei serbatoi ne-cessari all’atterraggio, che inavver-titamente è stato “mangiato”. Musk si è anche assunto direttamente la responsabilità: “L’elio nell’header è stato utilizzato per prevenire il collasso del vuoto, che è avvenu-to nel volo precedente. Colpa mia per aver approvato. Sembrava giusto in quel momento”. Non sap-piamo ancora come verrà corretto questo problema, ma nel frattem-po gli ingegneri e i tecnici SpaceX sono già al lavoro sul prototipo successivo, SN11, per migliorare il funzionamento delle gambe di appoggio per la fase di atterraggio.

di M. ZOCCHI

Malaguti ha contribuito a generare

la leggenda della Motor Valley

italiana, ma purtroppo in epoca

moderna, come diverse altre aziende

italiane, è stata costretta a chiudere, a

causa della non competitività con altre

realtà industriali. Il marchio però, dopo

la chiusura delle attività nel 2012, è

tornato sul mercato, rilanciato dall’au-

striaca KSR Group che, oltre a commer-

cializzare moto e scooter, ha deciso di

allargare il business anche alle eBike, di

diverso genere.

La cosa che forse fa un po’ storcere il

naso, è che il sito dedicato alle eBike

Malaguti è solo in lingua tedesca, per

clienti di Germania, Austria e Svizzera.

Tra le varie proposte, che vanno dall’en-

duro, al trekking, al city, la top di gamma

è la Superiore LTD.

Costruita su un telaio - in realtà già visto

utilizzato da diversi brand - in alluminio,

BICI ELETTRICA Malaguti ha deciso di allargare il business anche alle eBike di diverso genere

Malaguti scooter ed eBike. Ma il sito è solo in tedescoTra le proposte, che vanno dall’enduro, al trekking, al city, la top di gamma è la Superiore LTD

monta una forcella FOX 36 Float Fac-

tory FIT4 E-Bike+, e un ammortizzatore

FOX Float DPX2 Factory E-Bike+, en-

trambi con escursione di 160 mm.

La parte elettrica è affidata a Bosch, con

il motore Performance Line CX, con 85

Nm di coppia, supportato dalla batteria

PowerTube da 625 Wh. Le imposta-

zioni sono gestite dal display Kiox. Per

quanto riguarda invece la trasmissione

abbiamo un cambio Shimano XT, con

tecnologia Hyperglide+. Anche i freni

sono Shimano, gli XT BRM8120 con di-

schi da 203 mm su entrambe le ruote.

Ruote che hanno dimensioni diverse,

29” all’anteriore e 27,5” al posteriore,

gommate Maxxis Minion DHF e Ma-

xxis High Roller. Il prezzo riportato per

i clienti tedeschi è di 5.499 euro. Per

tutte le altre informazioni, è possibile vi-

sitare la pagina dedicata, mentre nella homepage si trovano le altre proposte,

tra cui anche All-Mountain e Front con

prezzi più accessibili.

Page 50: 08 Attacco cinese ai server Exchange È gravissimo ma ne

torna al sommario 50

MAGAZINEn.72 / 2122 MARZO 2021

Nuovo record per SpaceX: Falcon 9 atterra per la nona volta, dopo la missione Starlink-21Il primo stadio della missione Starlink-21 è decollato e atterrato per la nona volta. Andrà davvero in pensione dopo 10 voli? di M. ZOCCHI

I lanci di SpaceX per portare in or-bita satelliti, che compongono la costellazione del servizio internet di Starlink, sono ormai un’abitu-dine. Ora c’è stato l’ennesimo re-cord per l’azienda spaziale di Elon Musk, dato che si trattava della prima occasione in cui lo stesso booster Falcon 9 veniva utilizzato per la nona volta, ed ovviamente è un record anche il nono atterrag-gio in verticale sulla piattaforma Of Course I Still Love You. Il Fal-con 9 B1051 ha spinto il secondo stadio verso l’orbita bassa, dove poi sono stati rilasciati altri 60 sa-telliti Starlink, facendo così salire il numero totale a 1.323. Prima di questa missione lo stesso booster era però stato utilizzato in diver-se occasioni. Si tratta della nona missione, a un passo da quella che dovrebbe essere la vita utile massima per i Falcon 9, valutata in dieci lanci. SpaceX non ha mai rivelato quali siano gli interventi di manutenzione tra un lancio e l’al-tro, ma si presume che il lavoro da fare per ricondizionare i razzi au-menti di volta in volta, ponendo il decimo lancio come limite logico. Nel frattempo Starlink ha aperto il programma beta anche in Germa-nia e Nuova Zelanda. In Italia sono tanti i tester che si sono registrati, ma non si sa ancora quando inizie-ranno a ricevere i primi kit.

di P. CENTOFANTI

Il Surreal Sound System a 21 diffu-

sori della Lucid Air si arricchisce del

supporto per la codifica audio Dolby

Atmos, facendo della berlina di Lucid

Motors la prima vettura al mondo con

supporto al formato audio ad oggetti dei

Dolby Labs. In particolare, Lucid Air darà

la possibilità di sfruttare il suo lussuoso

impianto audio per lasciarsi immergere

nella musica prodotta in Dolby Atmos

Music, formato oggi offerto sostanzial-

mente dai servizi di streaming Amazon

Music HD e Tidal, con contenuti prodotti

da una manciata di artisti.

Il formato Dolby Atmos trascende dai

classici sistemi multicanale discreti 5.1

e 7.1, codificando il suono nella forma di

oggetti posizionati in un ambiente virtua-

le tridimensionale. Un dispositivo Dolby

Atmos compatibile è quindi in grado di

INFOTAINMENT Lucid Air sarà la prima automobile con sistema audio Dolby Atmos a bordo

Lucid Motors porta il sistema Dolby Atmos in autoLa codifica audio ad oggetti ben si sposa con l’impianto a 21 diffusori dell’elettrica di lusso

posizionare il suono intorno all’ascolta-

tore sfruttando i diffusori a disposizio-

ne: più altoparlanti vengono impiegati,

maggiore sarà la ricostruzione della

scena sonora tridimensionale originale.

L’impianto audio della Lucid Air, con i

suoi 21 speaker, sembra quindi il match

ideale per la codifica Dolby, ampiamente

utilizzata in ambito cinematografico, an-

cora poco in quello musicale. Il Surreal

Sound System è dotato di canali frontali,

surround ma anche laterali e sul tettuc-

cio, permettendo di avvolgere completa-

mente l’ascoltatore in cabina.

Lucid Motors ha annunciato che il siste-

ma verrà impiegato anche per riprodur-

re avvisi di segnalazione direzionali, per

incrementare la sicurezza e l’attenzione

del guidatore durante la marcia. Lucid

non ha invece dichiarato quali sorgenti

saranno disponibili per l’ascolto di con-

tenuti in Dolby Atmos.

di Massimiliano ZOCCHI

Sappiamo che agli americani pia-

ce esagerare quando si tratta di

eBike, grazie anche a limiti di po-

tenza del motore elettrico ben diversi

rispetto all’Europa. Eunorau però porta

questo concetto all’estremo, con la sua

campagna di crowfunding su Indiego-go, per finanziare la produzione della

Defender-S, una eBike, si potrebbe dire

una fat eMTB, che fa della potenza e

della trazione la sua arma principale.

Partecipando alla campagna infatti (al

momento già arrivata al 53% della goal

line prestabilita) si può scegliere di ac-

quistare il modello base Defender-S, per

circa 1.500 euro, oppure la Defender-S

Pro, che per l’equivalente di 1.675 euro

offre la trazione su entrambe le ruote. C’è anche un video di presentazione.Di fatto è dunque una eBike all-whe-

el-drive, che fa uso di due motori elettri-

ci del brand cinese Bafang. Nella ruota

anteriore il motore non può che essere

nel mozzo della ruota, mentre per l’al-

tro motore Eunorau ha fatto una scelta

strana: pur avendo un tipico telaio da

eMTB, con alloggiamento per il motore

BICI ELETTRICA Eunorau lancia la campagna su Indiegogo, per finanziare la produzione

Defender-S Pro, la folle eBike all-wheel-drive L’eBike full suspension da offroad dell’americana Eunorau costa meno di 2.000 euro

nel vano centrale, ha scelto comunque

di installare un motore nel mozzo anche

per la trazione posteriore.

Entrambi i motori hanno un funziona-

mento a 48 volt, con potenza di 750 W,

per un totale quindi di 1.500 W nel caso

della bici AWD. La batteria è prodotta

con celle al litio di Samsung SDI, ed è

da 672 Wh, ma è disponibile anche l’op-

zione da 816 Wh, ed anche una seconda

unità, da montare sopra il tubo obliquo,

per ulteriori 816 Wh, per un totale dun-

que di 1.632 Wh. Sul fronte della ciclistica

non si può certo gridare al miracolo, in

quanto resta sempre una eBike econo-

mica per ciò che offre. La forcella è una

RST Guide, con solo 75 mm di escursio-

ne, mentre l’ammortizzatore è un DNM

A0-42RC, con un travel più generoso di

165 mm. Il cambio invece è uno Shimano

Alivio a 9 velocità. Le gomme non po-

tevano che essere fat, 26” per 4” di lar-

ghezza. Eunorau non cita una versione

apposita per l’Europa, dove superare i

250 W non è legale per una semplice

eBike, tuttavia la spedizione è comun-

que accettata per tutto il mondo, lascian-

do intendere un uso privato della eBike.

Page 51: 08 Attacco cinese ai server Exchange È gravissimo ma ne

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MAGAZINEn.72 / 2122 MARZO 2021

di Massimiliano ZOCCHI

Dopo il ritorno di MG sulla scena eu-ropea, e di conseguenza italiana, la

casa inglese presenta già altri due

modelli completamente elettrici, di cui

uno è una importante novità per il mer-

cato mondiale. La MG5 è di fatto la prima

station wagon 100% elettrica al mondo, e

va a colmare un vuoto per questo seg-

mento che permane fin dalla diffusione

delle auto elettriche al mercato di massa.

MG non ha ancora svelato tutto su questa

nuova vettura, dato che arriverà ad otto-

bre 2021, ma le prime immagini mostrano

una classica wagon, con un design filante

e semplice. Con una lunghezza di 4.544

mm, larghezza di 1.811 mm e una altezza

di 1.513 mm, può offrire un’ottima abitabi-

lità e capacità di carico.

AUTO ELETTRICA La MG5 va a colmare un vuoto tra le proposte dei vari costruttori

MG lancia in Italia la station wagon MG5 È la prima SW 100% elettrica al mondoL’auto ha un solo motore elettrico, da 135 kW (184 CV) e 280 Nm di coppia. Arriva ad ottobre

Il bagagliaio offre infatti un generoso spa-

zio di 578 litri, che può essere ampliato

fino a 1.456 litri, con l’abbattimento dei

sedili posteriori. L’auto ha un solo moto-

re elettrico, con potenza di 135 kW (184

CV) e 280 Nm di coppia. La casa non

ha dichiarato la capacità della batteria,

BYD porta le batterie a lama in Europa: pronte per 1 milione di km, e non si incendianoCon l'esportazione dei primi modelli BYD in Europa, arrivano anche le celle al litio a lama, che hanno diversi punti a favore e possono cambiare il mercato di Massimiliano ZOCCHI

La cinese BYD è pronta ad espor-tare in Europa alcuni suoi modelli di auto elettriche, partendo dalla Norvegia. Una delle prime vettu-re ad arrivare dovrebbe essere la Tang, che porta in dote anche una interessante novità: le celle al litio a lama. Le cosiddette "Blade Battery" non sono altro che cel-le con una forma molto lunga e stretta, tali da sembrare appunto delle lame, anziché avere le so-lite forme cilindriche o a paralle-lepipedo. Un'altra particolarità di queste celle è la chimica, del tipo litio-ferro-fosfato, quindi senza ma-terie prime costose come nickel e cobalto. Le batterie con questa chimica hanno una minore densità energetica, ma grazie al processo cell-to-pack permettono di recupe-rare spazio per alloggiare più cel-le, e colmare quindi il gap dovuto alla minore energia contenuta. Le batterie LFP sono anche molto re-sistenti. BYD stima di poter percor-rere fino a 1,2 milioni di km, oppure fino a 3.000 cicli di carica/scarica, senza che la batteria soffra di un degrado importante. Infine, hanno dato risultati sorprendenti nei test di sicurezza. Se penetrate da un corpo estraneo, hanno fatto regi-strare temperature di superficie in un range di solo 30-60 gradi celsius, senza emettere fiamme o fumo.

limitandosi ad indicare in 400 km l’au-

tonomia secondo il ciclo WLTP. A bordo

troviamo un caricatore AC trifase da 11

kW, ed è presente anche la ricarica DC,

anche qui senza potenza dichiarata, ma

con la solita tempistica di 30 minuti per

caricare fino all’80%. La MG5 trova un

suo punto di forza anche nella possibilità

di traino e carico sul tetto. La vettura può

trainare un peso massimo di 500 kg, un

peso massimo del timone del rimorchio

di 50 kg, e può alloggiare sulle barre

porta tutto da tetto altri 75 kg. Sempre

a sottolineare il suo carattere famigliare

ed adatto ai viaggi, è dotata anche di un

sistema Vehicle-2-Load con un alimenta-

tore per apparecchi elettrici esterni fino a

2.500 W. Ancora sconosciuti i dettagli su

interni e infotainment, ad eccezione della

presenza di alcuni sistemi ADAS MG Pilot.

Di seguito le caratteristiche rivelate:

• Prima station wagon 100% elettrica al

mondo

• 578 L (Bagagliaio)

• Autonomia 400 km WLTP

• Capacità max bagagliaio 1.456 L

• Motore elettrico 135 kW / 280 Nm

• Accelerazione 0-50 km/h 3.4 s

• Accelerazione 0-100 km/h 8.3 s

• 11 kW AC caricatore (Trifase – carica

rapida)

• 30 minuti fino all’80% livello di batteria

• 500 kg Capacità di traino

• 75 kg Capacità di carico sul tetto

• MG Pilot – Sistemi di assistenza alla gui-

da (ADAS)

• V2L 2.500 W Alimentatore per disposi-

tivi esterni

Tutte queste specifiche verranno con-

fermate poiché sono ancora in fase di

omologazione, e più informazioni, così

come i prezzi, verranno rivelate con

l’avvicinarsi della disponibilità, prevista

per ottobre 2021.

DMOVE Motore elettrico e batteria identici per le 2 versioni annunciate

Peugeot 308 diventa ibrida plug-in2 versioni e 60 km di autonomia

di S. DONATO

La testa di leone e la scritta Peugeot del

nuovo logo debuttano sull’altrettanto

nuova 308. Il passo cresce di 55 mm,

l’altezza diminuisce di 20 mm, e la 308 fa il

suo ingresso nel mondo della ibride plug-in

di Peugeot. Le motorizzazioni della nuova

308 includeranno solo varianti ibride elettri-

che, che però sono basate su uno sviluppo

della piattaforma elettrica EMP2. Stellantis PSA non esclude in futuro l’esistenza di un

versione 100% elettrica della 308. lancio saranno disponibili due versioni ibride elettri-

che: Hybrid 180 e Hybrid 225 che hanno rispettivamente 180 e 225 CV (133 e 165 kW),

ed entrambe con un motore elettrico da 81 kW e una batteria da 12,4 kWh per un'au-

tonomia senza combustione di circa 60 chilometri. La differenza in CV arriva quindi

dalle diverse potenze del motore a benzina che produce rispettivamente 110 e 133 kW.

Il caricabatteria di bordo è da 3,7 kW, ma a disposizione c’è anche il 7,4 kW opzionale.

Con quest'ultimo, una carica completa richiede poco meno di due ore, mentre con il ca-

ricatore standard da 3,7 kW servono 3 ore e 50 minuti. Grazie ai suoi 4,36 metri, la nuo-

va 308 è undici centimetri più lunga del vecchio modello, ed è anche 2 centimetri più

bassa: il metro si ferma al tetto a 144 centimetri. La crescita del passo di 5,5 centimetri,

per un totale di 2,675 metri, dovrebbe garantire più spazio nell’abitacolo. Il bagagliaio

contiene 412 litri, con gli schienali dei sedili posteriori abbattuti si arriva fino di 1.323

litri. La 308 sfoggia uno schermo da 10” per il conducente invece della strumentazione

classica. Un altro display da 10” touchscreen è presente sulla console centrale ed è di

serie. Servirà da finestra sul nuovo sistema di infotainment i-Connect di Peugeot. Tra

gli ADAS, la 308 prevede un pacchetto "Drive Assist 2.0" a partire dalla fine del 2021

Il lancio della 308 è previsto per la seconda metà del 2021, con la 308 SW che sarà

annunciata a giugno. Tutto tace, invece, sul fronte dei prezzi.

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torna al sommario 52

MAGAZINEn.72 / 2122 MARZO 2021

di Massimiliano ZOCCHI

Opel Italia aveva già presentato ufficialmente

la nuova Mokka e la sua versione elettrica

Mokka-e (per tutti i dettagli vi rimandiamo all’ar-ticolo dedicato). Mancava però ancora un test drive,

per capire davvero la sensazione che poteva regalare

questa nuova vettura, forte di un grandissimo interes-

se da parte dei clienti, tanto da aver costretto Opel e

Stellantis a rivedere i piani di produzione, così da poter

accogliere i tanti ordini ricevuti, in buona parte anche

per l’elettrica. Abbiamo quindi avuto l’occasione di gui-

dare nuova Mokka, in anteprima rispetto all’arrivo nelle

concessionarie.

L’elettrico PSA non ha sorpreseIl Gruppo PSA, ora riunito nella grande famiglia Stellan-

tis, ha scelto di sviluppare un unico powertrain elettrico,

poi utilizzato praticamente in tutte le sue vetture a batte-

ria, indipendentemente dalla dimensione o dal segmen-

to. Per questo diciamo che non ha sorprese, perché in

questa Mokka-e troviamo sempre il motore da 100 kW

(136 CV), alimentato dalla batteria da 50 kWh. Diversa-

mente però da Corsa (o da altre auto del Gruppo come

Peugeot e-208 o Citroen e-C4) Mokka è un SUV com-

patto, e la seduta è leggermente più alta e confortevole.

Dal posto di guida spicca molto il cofano pronunciato

della vettura, con la venatura centrale ben in evidenza.

Si può sempre scegliere tra tre modalità di guida, se-

lezionabili tramite un pulsante nella console centrale,

stessa zona dove possiamo scegliere il senso di marcia

e se attivare la modalità di rigenerazione “B”. Nella mo-

dalità più tranquilla, la solita Eco, la potenza viene taglia-

ta a 60 kW, la coppia a 180 Nm, e la risposta di volante

e acceleratore è nella norma. Si senta davvero la spinta

molto blanda e morbida, adeguata solo a tratti di guida

molto tranquilla e per zone senza traffico. Già in moda-

lità Normal le cose cambiano, con la potenza che sale

AUTO ELETTRICA Abbiamo guidato in anteprima la nuova Opel Mokka, anche in versione elettrica, che prende il nome di Mokka-e

Opel Mokka-e, test drive. L’elettrica che mancavaOpel è subissata di richieste dai clienti e pare aver fatto centro. La strada conferma i primi pareri? Scopriamolo nel test drive

a 80 kW e coppia a 220 Nm. Ma nel traffico del centro

di Milano ci siamo trovati bene in modalità Sport, che

offre tutti i 100 kW del motore, con coppia a 260 Nm, e

risposta dell’acceleratore più pronta e volante preciso.

In mezzo al traffico è oltremodo utile essere scattanti e

pronti, e non deve spaventare il computer di bordo che

toglie subito 20 km di autonomia con questa imposta-

zione: dopo diversi km percorsi, il contatore non è mai

sceso, ed anzi per effetto del regen, ha iniziato a salire.

Confort a bordo e interni moderniNel nostro test la Mokka elettrica era equipaggiata con

l’allestimento Ultimate, con pelli impreziosite da inserti

in Alcantara, e colori di contrato perlopiù sul cromato o

grigio metallizzato. La linea del cruscotto, avvolgente, in

direzione del guidatore, è ottima, poiché rivolge anche

il display centrale verso chi lo deve utilizzare, soprattut-

to se è attiva la navigazione satellitare. Si può fare un

appunto proprio al display centrale, sulla carta da 10”,

ma utilizzato realmente solo in parte, circa 7”, con due

colonne nere ai lati più o meno inutili. È possibile che

un futuro aggiornamento software consenta di utilizzare

al meglio lo spazio a disposizione. In generale l’assem-

blaggio sembra ottimo, senza rumori di sorta, anche

quando abbiamo attraversato del pavé sconnesso,

anche se qualche plastico ha un po troppo il sapore di

finto. Da sottolineare che Opel non ha scelto di rendere

gli allestimenti legati a doppio filo con l’alimentazione

della vettura. Tutti gli stili possono essere configurati con

qualsiasi tipo di motore, ed è quindi possibile abbinare

all’elettrico anche lo stile sportivo.

Guida e autonomiaCome detto il nostro consiglio è di lasciare sempre la

modalità Sport attivata, e lasciare che sei il nostro cer-

vello a fare da computer di bordo, e modulare l’accele-

razione e la pressione dell’acceleratore, così da avere

sempre tutta la potenza disponibile. Senza grosse ac-

cortezze, con accelerazioni brucianti e guida sportiva,

abbiamo ottenuto un dato di consumi pari a 22 kWh/100

km, che con la batteria in dotazione garantirebbe circa

227 km di autonomia. Può sembrare poco, ma sono ba-

state alcune rigenerazioni in decelerazione per tenere

l’indicazione dell’autonomia sempre sopra i 280 km,

sempre considerando una guida senza risparmio.

Sulle dinamiche di guida, l’auto è ben attaccata alla stra-

da, anche prendendo alcune curve un po’ “allegramen-

te”, il peso della batteria sul pianale fa sì che il baricentro

resti sempre molto basso. La Mokka-e è costruita su

una piattaforma che non è una conversione di un’auto

con motore endotermico, ma ha un’architettura studiata

all’origine per avere diverse alimentazioni, ed essere

per questo flessibile. Nota di merito all’impianto frenan-

te, soprattutto nella versione elettrica. La primissima

parte della corsa del pedale del freno interviene sulla

rigenerazione magnetica, frenando dunque la vettura,

ma senza intervento meccanico delle pinze. Solo pre-

segue a pagina 53

Le due console a confronto, quasi indistinguibili, se non fosse per il tasto B del regen.

Page 53: 08 Attacco cinese ai server Exchange È gravissimo ma ne

torna al sommario 53

MAGAZINEn.72 / 2122 MARZO 2021

REPORTAGE

Opel Mokka-e, test drivesegue Da pagina 52

di Paolo CENTOFANTI

Si chiama nanoe X ed è una tecno-

logia sviluppata da Panasonic per la

purificazione dell’aria che sfrutta la

produzione di radicali ossidrilici OH per

uccidere germi e batteri in sospensione

nell’aria, ma anche di neutralizzare muf-

fe ed eliminare cattivi odori. L’ha scelta

Jaguar Land Rover, che ha deciso di in-

tegrarla a bordo delle sue prossime auto

all’interno dell’impianto di climatizzazio-

ne, per potenziare il sistema di purifica-

zione dell’aria in cabina andando oltre il

semplice filtraggio di polveri sottili.

JLR ha affidato il test della tecnologia al

laboratorio di microbiologia e virologia

Perfectus Biomed, che ha simulato in

camera sigillata il funzionamento di un

impianto di purificazione di un veico-

lo, certificando la capacità del sistema

MOBILITÀ SOSTENIBILE Jaguar Land Rover adotta il sistema di purificazione dell’aria nanoe X sviluppata da Panasonic

Il sistema di purificazione dell’aria di Jaguar Land Rover Può uccidere il 97% di germi e virus, COVID inclusoStudi indipendenti dimostrano l’efficacia nell’eliminare fino al 97% di virus e batteri e funziona anche contro il SARS-CoV-2

di ridurre del 97% la presenza di virus

e batteri con un ciclo di purificazione

dell’aria di 30 minuti. Un ulteriore studio

indipendente è stato commissionato da

Panasonic a Texcell, organizzazione che

ha testato l’efficacia di nanoe X sul co-

ronavirus SARS-CoV-2, ottenendo una

riduzione del 99,9% del virus con un

ciclo di 2 ore, in questo caso però non

simulando l’ambiente di un automobile.

Nanoe X utilizza micro-scariche elettri-

che ad alta tensione ionizzando l’umidità

presente nell’aria per produrre trilioni

di radicali ossidrilici al secondo, intrap-

polandoli all’interno di micro goccioline

d’acqua. Ciò permette alle molecole OH,

altamente instabili e reattive tanto da

resistere libere in ambiente per massi-

mo un secondo, di rimanere disperse in

ambiente fino a 10 minuti, permettendo

loro di reagire con le particelle con cui

entrano in contatto. Il radicale idrossile

ha infatti un potentissimo potere ossi-

dante ed è efficace nel neutralizzare non

solo composti organici volatili ma anche

le strutture cellulari di batteri e muffe,

motivo per il quale è considerato un

battericida naturale, nonché uno spaz-

zino dell’atmosfera. JLR non ha ancora

annunciato una tempistica precisa per

l’introduzione della tecnologia sui primi

veicoli, ma si tratta di una naturale evo-

luzione considerando che la tecnologia

nanoe di Panasonic per il filtraggio delle

PM2.5 è già adottata sulla Jaguar I-PACE

e su diversi modelli della gamma Land

Rover. Il progetto è in cantiere da circa 5

anni, ma la pandemia di coronavirus ha

reso quanto mai attuale il tema della pu-

rificazione in ambiente chiusi e ristretti

come l’abitacolo delle auto.

mendo più a fondo il pedale interviene il freno in senso

classico, ed il feeling è davvero buono: si può frenare

dolcemente, ma appena si affonda, l’auto si ferma in

pochi metri.

Non solo green, anche stile sportivoCome abbiamo accennato in precedenza, le configura-

zioni estetiche possono essere combinate liberamente,

e nella versione con motorizzazione a benzina abbiamo

anche visto l’allestimento GS Line, che dona all’abitalo

un aspetto più sportivo, con colore di contrasto rosso,

sia nelle cornici degli interni, sia nei dettagli dei sedili,

senza pelle ma più casual, e anche nei tocchi di colore

della carrozzeria e dei cerchi in lega. Testando il moto-

re benzina, 130 CV con cambio automatico a 8 rapporti,

abbiamo anche notato un altro particolare della versati-

lità della piattaforma Opel: la console centrale è identica

tra le diverse motorizzazioni, senza le va del cambio, e

con pulsanti di controllo che sembrano sostanzialmente

uguali. Se non fosse per le palette del cambio automati-

co dietro il volante, sarebbe virtualmente impossibile di-

stinguere tra elettrico o benzina semplicemente salendo

a bordo. Di fatto qualcuno potrebbe preferire possedere

un’auto che non sia elettrica “a prima vista”, ma che ap-

paia come una qualsiasi auto. Normalmente non ci dedi-

chiamo a motori a combustione, ma la prova del benzina

è stata interessante anche per fare un confronto diretto

con l’elettrico, a pochi minuti da una prova all’altra. Il

cambio automatico Opel, grazie a 8 rapporti molto corti,

non ha lag tra le cambiate, e gode di una accelerazione

fluida e progressiva, che se non fosse per il rumore del

motore, si potrebbe quasi confondere.

Conclusioni e listinoLa nostra prova dunque ha confermato le aspettative,

così come giustifica l’interesse dimostrato da tanti clienti

seppur a scatola chiusa. La Mokka-e (e la Mokka) è una

vettura che colpisce, grazie anche al nuovo design del

frontale, che Opel inaugura proprio con questa auto.

Si può dire che chi cerca una vettura comoda, bella e

con i giusti spazi a bordo, può puntare sulla versatile

proposta Opel. E l’elettrico non deve spaventare, anzi,

ora diventa quasi una scelta normalizzata. Ci riserviamo

di valutare l’autonomia con test di più lunga durata e

in diversi contesti, così come la velocità di ricarica, ma

già la nostra prova “sconsiderata” ha dato un esito cer-

tamente positivo. I prezzi partono da 22.200 euro, per

la versione a benzina con cambio manuale, mentre la

Mokka-e parte da 35.250 euro, a cui però si possono

detrarre 10.000 euro di incentivo statale, più uno sconto

Opel aggiuntivo, per arrivare a circa 23.000 euro.

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MODELLO 730-1 redditi 2007

Stato

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Chiesa cattolica

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Unione Chiese cristiane avventiste del 7° giorno

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Assemblee di Dio in Italia

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Chiesa Valdese unione delle chiese metodiste e valdesi

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Chiesa Evangelica Luterana in Italia

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Unione Comunità Ebraiche Italiane

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Scheda per la scelta della destinazione dell'8 per mille dell'IRPEF e del 5 per mille dell'IRPEF

Sostegno delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale, delle associazioni di promozione sociale e delle associazioni riconosciute

che operano nei settori di cui all’art. 10, c. 1, lett a),del D.Lgs. n. 460 del 1997 e delle fondazioni nazionali di carattere culturale

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

AVVERTENZE Per esprimere la scelta a favore di una delle finalità destinatarie della quota del cinque per mille dell’IRPEF, il contri-buente deve apporre la propria firma nel riquadro corrispondente. Il contribuente ha inoltre la facoltà di indicare anche il codice fiscaledi un soggetto beneficiario. La scelta deve essere fatta esclusivamente per una delle finalità beneficiarie.

Codice fiscale del beneficiario (eventuale)

Finanziamento agli entidella ricerca sanitaria

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

FIRMA

Finanziamento agli enti della ricerca scientifica e della università

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Codice fiscale del beneficiario (eventuale)

FIRMA

Sostegno alle associazioni sportive dilettantistiche in possesso del riconoscimento ai fini sportivi rilasciato dal CONI a norma di legge

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Codice fiscale del beneficiario (eventuale)

FIRMA

Codice fiscale del beneficiario (eventuale)

FIRMA

genziantrate

AVVERTENZE Per esprimere la scelta a favore di una delle sette istituzioni beneficiarie della quota dell'otto per mille dell'IRPEF, ilcontribuente deve apporre la propria firma nel riquadro corrispondente. La scelta deve essere fatta esclusivamente per una delleistituzioni beneficiarie.La mancanza della firma in uno dei sette riquadri previsti costituisce scelta non espressa da parte del contribuente. In tal caso, la ri-partizione della quota d’imposta non attribuita è stabilita in proporzione alle scelte espresse. Le quote non attribuite spettanti alleAssemblee di Dio in Italia e alla Chiesa Valdese Unione delle Chiese metodiste e Valdesi, sono devolute alla gestione statale.

In aggiunta a quanto indicato nell’informativa sul trattamento dei dati, contenuta nel paragrafo 3 delle istruzioni, si precisa chei dati personali del contribuente verranno utilizzati solo dall’Agenzia delle Entrate per attuare la scelta.

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SCELTA PER LA DESTINAZIONE DELL’OTTO PER MILLE DELL’IRPEF (in caso di scelta FIRMARE in UNO degli spazi sottostanti)

SCELTA PER LA DESTINAZIONE DEL CINQUE PER MILLE DELL’IRPEF (in caso di scelta FIRMARE in UNO degli spazi sottostanti)

LA SCELTA DELLA DESTINAZIONE DELL’OTTO PER MILLE DELL’IRPEF E QUELLA DEL CINQUE PER MILLE DELL’IRPEF NON SONO IN ALCUN MODO ALTERNATIVE FRA LORO. PERTANTO POSSONO ESSERE ESPRESSE ENTRAMBE LE SCELTE

ALLEGATO B

9 7 0 2 8 2 1 0 1 5 7Mario Rossi

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