38

08-Naufragi diapo 20 - fulviobongiorno.it...nel campo dell’informatica, e aspettando segnali di vita e d’invito dall’università, aveva accettato la supplenza per lo scorcio

  • Upload
    others

  • View
    1

  • Download
    0

Embed Size (px)

Citation preview

Page 1: 08-Naufragi diapo 20 - fulviobongiorno.it...nel campo dell’informatica, e aspettando segnali di vita e d’invito dall’università, aveva accettato la supplenza per lo scorcio
Page 2: 08-Naufragi diapo 20 - fulviobongiorno.it...nel campo dell’informatica, e aspettando segnali di vita e d’invito dall’università, aveva accettato la supplenza per lo scorcio

SELEZIONE

Cap. I

Via dei Colombi Storia di terra – Eliano, Rocco, Finzi, Sacconi Cap. II

Hillsboro Storia di grotte – Eliano, Paolo, Fabrizio, Monica, Franca, Laura

Cap. III

Approdo a Macinaggio Storia di mare – Eliano, Paolo, Dino, Monica, Ghita, Valis

Page 3: 08-Naufragi diapo 20 - fulviobongiorno.it...nel campo dell’informatica, e aspettando segnali di vita e d’invito dall’università, aveva accettato la supplenza per lo scorcio

Scapolando la punta, aveva pensato,

erano usciti in mare aperto. (pa. 20)

CAP. I

Page 4: 08-Naufragi diapo 20 - fulviobongiorno.it...nel campo dell’informatica, e aspettando segnali di vita e d’invito dall’università, aveva accettato la supplenza per lo scorcio

VIA DEI COLOMBI

Storia di terra. Personaggi: Eliano, Rocco, Finzi, Sacconi Rocco non si era ancora seduto quando il professore aveva raggiunto la cattedra. “Comodi, prego …” disse come al solito con ironia, concedendo queste parole alla forma delle buone maniere, e continuò. “Non ti siedi Rocco? Oggi hai le gambe anchilosate?” “Anchilosate non so che vuol dire. Invece io sarei stato incaricato dai compagni di chiederle una cosa”. “Sentiamo …” “Ora che ci penso, non sono sicuro che sia il caso”. “Non ti metterai mica in soggezione per me?” provocò Eliano, conoscendo il ragazzino. Gli altri, età media 10–12 anni, giravano gli occhi intorno. Non riuscivano a capire se il loro delegato li stesse abbandonando o se invece prendesse solo fiato, fermo nel proposito di onorare la consegna, e temevano però che l’enunciazione della richiesta scatenasse un putiferio. Rocco aveva 15 anni e non era né il più anziano né il più alto della classe, ma i compagni lo rispettavano perché era figlio d’arte. Suo padre, lo sapevano tutti, faceva parte della microcriminalità del quartiere e girava armato. Così anche lui, ogni tanto, si presentava in classe con un paio di coltelli a serramanico. “E perché hai questi coltelli così grandi?” qualcuno gli chiedeva ogni tanto. “È per proteggerti meglio, come dice il lupo di Biancaneve”, rispondeva con l’aria furba. Giustamente Rocco era ignorante: conosceva poco le fonti, e sbagliava le citazioni. E comunque ora era rimasto in piedi, e non pensava minimamente di abbandonare. “No, non è questione di soggezione”, riprese. “Il fatto è che lei non ha tempo da perdere. Mentre noi vorremmo …” disse. Eliano nemmeno si scomponeva. “Ho tempo, non ti preoccupare. Cos’è esattamente che vorreste?” “Che lei”, si dovette schiarire la voce. “Ehm, ci parlasse delle puttane”. La classe si gelò. La quiete prima della tempesta. Ma non venne giù neanche una goccia. “Trovo ragionevole la richiesta. Del resto, se è una cosa che non conoscete, è giusto che se ne parli a scuola. Avete qualche domanda precisa? “No professo’, ce ne parli lei …” Invece la forza della curiosità fu irrefrenabile. “Ma è vero che si tirano giù le mutande e fanno con tutti?” “E lo fanno per i soldi?” “È vero che le puttane sono le prostitute?” “E anche le mignotte?” “Ma ci sono anche i puttani maschi?” “Ma quanti soldi vogliono?” “È vero che li vogliono prima?”

Page 5: 08-Naufragi diapo 20 - fulviobongiorno.it...nel campo dell’informatica, e aspettando segnali di vita e d’invito dall’università, aveva accettato la supplenza per lo scorcio

Via dei Colombi

“Ma come fanno a non fare un sacco di bambini?” “Ma ci scopano proprio con chi glielo chiede?” “E dove lo fanno?” “Ma è vero che lo fanno presto presto?” “E loro si divertono?” “È pericoloso andarci?” “Ma che, ti possono rubare i soldi?” “O perché ci hanno un sacco di malattie?” “Ma chi le protegge?” “Er padre de Rocco …” disse Sacconi, che poteva avere nove-dieci anni, ma ne dimostrava di meno, a parte la voce profonda e potente. “Vabbè …” disse Eliano. “Ora rispondo a tutti …” Appena laureato Eliano aveva deciso di rifiutare l’offerta di una multinazionale leader nel campo dell’informatica, e aspettando segnali di vita e d’invito dall’università, aveva accettato la supplenza per lo scorcio dell’anno in corso, ferie pagate, in quella scuola media a Torre Maura. Che palle, aveva pensato, convinto di non avere nessuno strumento per comunicare materie scientifiche ai bambini di otto–dieci anni. “Prendiamo un cerchio. Sapete cos’è?” fu la sua prima uscita in classe. E intanto disegnava alla lavagna con tratto lento e preciso. “Anvedi …” fu il commento d’ammirazione di alcuni quando chiuse la linea. “Vi piace? Potete farlo anche voi, ora ve lo insegno”. “Si. Bbonasera professo’ …” “Il disegno mi è venuto bene, perché la lavagna è a quadretti”. Cancellò la linea. “Nun lo fa’, professo’, peccato …” “Ora vi faccio vedere. Segno il centro”, e lo fece, “e poi i quattro punti cardinali, a distanza 5 dal centro”. “Nord, Sud, Est, Ovest”, facevano i ragazzini e lui segnava i punti dove dicevano loro. “E mò, professo’, che fai?” “All’incrocio dei quadretti si possono trovare altri otto punti a distanza cinque dal centro. Cioè altri otto punti per i quali la circonferenza deve passare. Così è più facile disegnarla”. Poi si volse a loro, e chiese. ”Ma voi avete sentito parlare di Pitagora?” ”Sì. Il teorema professo’ …” “Il teorema dei quadrati …” “Ma che dici. Dei triangoli …” “Avete ragione tutt’e due”, mediò Eliano. “Pitagora è un grande studioso dell’antichità. Ha scoperto una fondamentale proprietà dei triangoli rettangoli. E cioè che la somma

dei quadrati dei cateti è uguale …” “Al quadrato dell’ipotenusa”, continuarono tutti come in una giaculatoria. “E allora, se un triangolo rettangolo ha i cateti 3 e 4, quant’è l’ipotenusa?” “Cinque professo’…”, fece Sacconi. “Ma no sette, devi fare la somma”, gli disse il compagno di banco. “Ah già. Sette professo’ …” “E invece fa proprio cinque …” E Sacconi si girò verso il compagno e gli mollò un pugno sul braccio. “Stronzo, vedi che avevo ragione?” “Ma hai capito perché?” gli chiese Eliano.

Page 6: 08-Naufragi diapo 20 - fulviobongiorno.it...nel campo dell’informatica, e aspettando segnali di vita e d’invito dall’università, aveva accettato la supplenza per lo scorcio

“Perché l’hai detto tu”, fece Sacconi. “Grazie, ma non basta. Ora te lo faccio capire meglio”. E Eliano s’imbarcò nella storia dei quadrati. Il quadrato di 3 che fa 9. Il quadrato di 4 che fa 16. La loro somma che fa 25, ed è il quadrato di 5. “In conclusione. La somma dei quadrati dei cateti fa proprio il quadrato dell’ipotenusa”. “Adesso l’hai capito perché è giusto il 5?” “No, professo’. Non ci ho capito niente”. “È la somma dei quadrati che devi fare, non la somma e basta”. “Eh, ma la somma dei quadrati non fa 5”. “No. Fa 25, che è il quadrato di 5, cioè l’ipotenusa”. “Scusate. A me mi pare complicato, professo’. Ma è sicuro che Pitagora ha detto così?” Eliano ci pensò su un attimo. Messo così il discorso sembrava involuto anche a lui. Pitagora evidentemente aveva dovuto avere un’intuizione più immediata, si disse. “Proviamo a dire così. Tre numeri come 3, 4 e 5 hanno la proprietà che la somma dei quadrati dei primi due fa il quadrato del terzo. Questo, Sacconi, l’hai capito?” “Sì, professo’ …” “E allora possono essere i due cateti e l’ipotenusa di un triangolo rettangolo. Hai capito pure questo?” ”Sì professo’ …” “E pure il perché?” “Il perché? Di che?” “Del fatto che possono essere i due cateti e l’ipotenusa di un triangolo rettangolo”. “Eh, perché … per la storia che la somma dei quadrati …” “Bravo. Questo è quello che ha capito Pitagora”. “E pure io, professo’?” “Sì. Pure tu. E lo sai come si chiamano questi tre numeri?” “No”. “Non c’è nessuno che lo sa?” Tutti si guardavano intorno, con la soddisfazione di vedere che nemmeno i vicini lo sapevano. “Si chiamano terna Pitagorica”, spiegò Eliano, visto che non toglieva la parola a nessuno. “Solo questi tre?” chiese un ragazzino dall’ultimo banco. “No. Tutti quelli con questa stessa proprietà”. “Cioè che la somma dei quadrati dei primi due fa il quadrato del terzo?” “Sì”. “Ma ce ne sono altri?” “E certo”. “Per esempio?” “Prova a pensare”. “Coi cateti di 3 e 4 l’abbiamo fatto e l’ipotenusa viene 5. Proviamo coi cateti 3 e 5. Allora 9 + 25, fa 34. Il prodotto 6 per 6 fa 36, e allora il numero che ha per quadrato 34 è un po’ meno di 6”. Cazzo, pensò Eliano. E chi è questo? “Bravo”, gli disse. “Ma prova a trovare tre interi, come nell’esempio di prima. Parti da 5” “Col 5 e il 6? La somma dei quadrati fa 61. Neanche ora c’è un intero con questo quadrato, perché 8 per 8 fa 64, e col 7, che viene prima, farebbe 49”.

Page 7: 08-Naufragi diapo 20 - fulviobongiorno.it...nel campo dell’informatica, e aspettando segnali di vita e d’invito dall’università, aveva accettato la supplenza per lo scorcio

Via dei Colombi

“Vero. Provane altri due”. “Tocca al 5 e al 7. La somma dei quadrati fa 74. Non va bene. 5 e 8. La somma dei quadrati fa 89. Niente. Ma sto sbagliando?” ”No. Non stai sbagliando”. “Vado avanti allora. 5 e 9. La somma dei quadrati fa 106. Niente. 5 e 10, viene 125. Questo sì che è un quadrato. O no, professo’?” “No 125 è 5 per 5 per 5. È un cubo”. “Ho capito. È il cubo di cinque, ma non potrebbe essere anche il quadrato di un altro intero?” “Cazzo, ragazzino. Come ti chiami?” “Finzi, professo’ …” “Lo sai che porti il nome di un matematico famoso?” “No”. “Finzi, non c’è un intero col quadrato 125”. Eliano si stava innamorando. “E che, devo fare col 5 e con l’11?” “Non viene”. “Col 5 e col 12? Quant’è 12 per 12?” “144”. “La somma dei quadrati allora viene 169”, fu la considerazione a raffica. “E non va bene …” “E invece sì”. ”Perché? Chi è l’intero col quadrato 169?” “È 13. Infatti, 13 per 13 fa …” “È vero professore, fa 169. Allora un’altra terna è 5, 12 e 13”. “Bravo”. “Cioè il triangolo rettangolo coi cateti 5 e 12 ha l’ipotenusa uguale a 13”. “È così. È perfetto Finzi. Sei bravo, che Dio ti benedica”. “Magari, professo’ … Che c’entra”. La classe era rimasta in silenzio. Eliano continuò. “Un cubo può anche essere un quadrato Finzi. Per esempio 64. È il cubo di 4, perché 4 per 4 per 4 fa 64” “È vero. Ed è il quadrato di 8, perché 8 per 8 fa 64”, completò il ragazzino e aggiunse. “Anche con l’1 viene, che è quadrato e cubo di se stesso. Ma forse è un esempio cretino”. “Non so se è un esempio cretino. Credo invece che sia un caso importante. E certamente tu puoi trovare esempi più scenografici. Non capì perché gli era venuta in mente una luce intermittente, ogni cinque secondi. Il faro di Capo Circeo. Ma ritornò a Finzi. “E un’altra cosa ti voglio dire. Se tu fissi come vuoi due numeri interi, essi possono essere i cateti di un triangolo rettangolo. L’ipotenusa è determinata in ogni caso. Magari alcune volte, come s’è visto negli esempi di prima, non ha valore intero. A Pitagora interessavano gli interi. Per questo si chiamano Pitagoriche le terne fatte solo di numeri interi”. “E perché a Pitagora interessavano gli interi?” “Mi hai sfinito Finzi. Meriti un maestro più robusto di me”. “Quella, la professoressa nostra, quando le chiedevo qualcosa, mi diceva “zitto tu, che

dormi sempre”. E a te, adesso, ti ho sfinito …” “La professoressa vostra adesso sono io …” ribatté Eliano. E loro risero.

Page 8: 08-Naufragi diapo 20 - fulviobongiorno.it...nel campo dell’informatica, e aspettando segnali di vita e d’invito dall’università, aveva accettato la supplenza per lo scorcio

La campanella suonò e lui se ne dovette andare. “E la circonferenza? Non ci fa vedere come si può fare?” gli chiesero i ragazzini che gli si erano fatti sotto. “Per oggi non c’è tempo. Però ve ne faccio un’altra …” E tracciò una linea con tratto lento e sicuro, come prima, chiusa alla perfezione. “La prossima volta finisco di spiegarvi come si fa …

Page 9: 08-Naufragi diapo 20 - fulviobongiorno.it...nel campo dell’informatica, e aspettando segnali di vita e d’invito dall’università, aveva accettato la supplenza per lo scorcio

Frammenti di ‘nzareddi ( pag. 103)

CAP. II

Page 10: 08-Naufragi diapo 20 - fulviobongiorno.it...nel campo dell’informatica, e aspettando segnali di vita e d’invito dall’università, aveva accettato la supplenza per lo scorcio

HILLSBORO

Storia di grotte. Personaggi: Eliano, Paolo, Fabrizio,Monica, Franca, Laura

“Cinque hamburger con salsa di senape e vegetali”, aveva chiesto Eliano al banco del Barber Shop Cafe, e poi si era seduto con gli altri a uno dei tavolini tondi di fronte al bancone. La sala era lunga e stretta, con l’ingresso da una porta a vetri sul lato corto. Entrando, ci si trovava subito sulla destra il bancone alto di legno e marmo. Era attrezzato coi rubinetti, le vaschette, le spine per erogare la birra, le macchine per il caffè, i contenitori trasparenti per le mandorle sgusciate e i peanuts, gli espositori per confezioni di chewing-gum, caramelle e piccoli pezzi di cioccolata. A sinistra, a poca distanza, piccoli tavoli tondi, che potevano servire a poggiare qualche piatto per uno spuntino veloce. Alle spalle dei tavoli, una fila di credenze a vetri poco profonde con le mercanzie di tipo coloniale. Sul fondo un’altra porta a vetri aperta su una sala coi tavoli quadrati, alcuni apparecchiati finemente. Un luogo per soste più lunghe e forse tuttora per giocare di sera. Eliano e Fabrizio si misero a curiosare nelle vetrine; sigari asciutti e contorti nelle scatole di latta aperte, vasetti di terracotta con le marmellate di arancia e di altri frutti locali, una macchinetta a mano per la sfumatura dei capelli, nella sua scatola di cartone e col foglietto stampato delle istruzioni. Una simile Eliano l’aveva vista su una mensola dal suo barbiere a Roma. “Come dietro lo schermo di un film western”. “La rosa purpurea del Cairo, anche”. Si stavano scambiando queste loro impressioni, quando furono richiamati dal profumo della carne grigliata. Piatti grandi di metallo, posate di alluminio e birra scura. Ma niente a che vedere con gli hamburger del Summit Apache Cafe, col sapore denso e antico, che Fabrizio ed Eliano ricordavano ancora dall’anno prima. Si lasciarono alle spalle uscendo i ventilatori al soffitto in rotazione lenta e la brocca d’acqua gelata che al loro arrivo era stata portata a tavola, com’è ora usanza nelle città dei deserti. Erano partiti da Truth or Consequences all’altezza del Caballo lake, un bacino artificiale di 11.500 acri su un altopiano alle pendici di montagne con lo stesso nome. Erano poi entrati nell’HW 25 lungo il rio Grande, e subito avevano preso a destra sulla strada 152, una via di scarso transito. Dopo una quindicina di miglia erano arrivati a Hillsboro, una ghost town delle miniere ora riconvertita in villaggio agricolo. Avevano notato dopo l’insegna del paese un post office abbandonato, costruito integralmente in legno, comprese le balaustre e la copertura del portico. Si erano sparpagliati lungo la ringhiera e avevano fatto alcune foto. Poi erano entrati al Barber Shop Cafe, di fronte, a una ventina di metri più avanti.

Page 11: 08-Naufragi diapo 20 - fulviobongiorno.it...nel campo dell’informatica, e aspettando segnali di vita e d’invito dall’università, aveva accettato la supplenza per lo scorcio

Hillsboro

Mentre tornavano alla vettura notarono un cancello di legno aperto su un patio pavimentato d’erba secca e rasa. A ridosso c’erano due locali con le portefinestre spalancate. Uno store, La ventana de Hillsboro, dov’erano esposti per la vendita cataste di oggetti di modernariato. Laura e Paolo avevano scovato un libro degli anni Trenta che parlava del numero π e ne forniva le prime 10.000 cifre decimali. C’erano anche piccoli geodi di quarzo o d’agata raccolti sicuramente nel Rock Hound State Park non lontano, alcune coppe di vetro rosso rubino tipiche del vecchio West, e una fiaschetta da whisky di terracotta di quelle che usavano i cow boys. Eliano fu incuriosito da una matrioska. La prese, la aprì, ne trovò dentro un’altra, più piccola di quanto si aspettatasse, e poi ancora una terza, dentro la seconda. “Any more?” “That’s all”, fu il laconico scambio con la venditrice che si era avvicinata. Le acquistò e tenne per sé la più piccola. Se la mise in tasca, e regalò le altre due a Monica e Fabrizio. Ripresero la 152 verso Ovest. Correva sull’altipiano tra cespugli bassi di sterpaglia. Dopo una quindicina di miglia passarono la linea di separazione tra la contrada Sierra e la Grant, e dopo una trentina di miglia ancora, alle porte di Silver city, piegarono decisamente a Nord sulla 15. La strada cominciò a salire dapprima in rettilinei appena flessi, ma poi dopo Pinos Altos la vegetazione si rinforzò e il percorso divenne ripido con volute che si stringevano aprendo la vista su una vasta foresta di conifere. Le tre matrioske si ritrovò nella mente: un rovello. Come I tre cedri, Le tre melarance, i tre desideri per il genio della lampada di Aladino nelle Mille e una notte. Passato Redstone, dopo poche miglia si trovarono nel bacino del Gila River. La vegetazione si addensava e la strada correva con tracciato sinuoso sotto l’ombra nera degli alberi. Videro un’indicazione. Erano arrivati nell’area delle Gila Hot Spring, le sorgenti d’acque termali. “Ma non è qui che dobbiamo? …” domandò Eliano. Intanto si erano portati al confine tra la contrada Grant e la Patron che corre dritto sulla latitudine dei 33° 12’ Nord. “No. Al Gila Cliff Dwellings”, corresse Paolo, e aggiunse. “Fra tre, quattro miglia ci siamo”. Il Gila Cliff Dwellings National Monument era il luogo dove verso la fine del XIII secolo, per un periodo di una trentina d’anni, aveva vissuto un ristretto numero di famiglie Anasazi. Abitavano alcune caverne scavate nelle pareti rocciose. Il nome, Cliff Dwellings, vuol dire abitazioni dei dirupi. Il sentiero che conduce attraverso l’area, lungo meno di mezzo miglio, copre infatti un dislivello di circa 300 metri. Alle quattro del pomeriggio lasciarono la macchina al parcheggio e cominciarono la salita del sentiero, una specie di scalinata incavata nella roccia con un ruscello infilato tra i gradini. Il percorso era fiancheggiato da pini e altre piante d’alto fusto. Diversi uccelli si posavano sui rami sull’erba o sulle pietre per bere nell’acqua corrente. Sostavano di frequente e senza premura. Erano passate poco più di due ore da quando avevano lasciato Hillsboro. Il panorama era mutato radicalmente e anche la temperatura. Ora faceva fresco e l’aria era ventilata. Eliano si mise una mano in tasca e sentì la superficie liscia della matrioska. Allora è vero, si disse, vengo proprio da là. Perché il Café e lo Store non avevano nulla in comune con questo luogo, e poteva venire l’idea che fossero solo una traccia onirica. Si sentiva, in più, posseduto da una sorta di ansia non decodificata, e si trovava, per scelta inconsapevole, in anticipo di un bel tratto sugli altri, che si erano fermati ad

Page 12: 08-Naufragi diapo 20 - fulviobongiorno.it...nel campo dell’informatica, e aspettando segnali di vita e d’invito dall’università, aveva accettato la supplenza per lo scorcio

ammirare il fronte dell’insediamento dal basso. Le grotte si aprivano sui diversi piani delle faglie di un’arenaria rossa coi profili ondulati in modo asincrono, e potevano dare l’idea di un fantasioso falansterio disegnato da Gaudí. Qualche caverna aveva l’apertura doppiata nella parte alta al livello del gradone, ad altre si accedeva superando il parapetto della sfinestratura, qualcun’altra aveva l’accesso con una scala di legno a pioli. Eliano era passato correndo su uno dei profili a mezza altezza e si era fermato accanto a una di quelle scale, anzi stava salendo già. Poteva vedere ricoveri più in basso, e ricevere un’idea dell’insieme. Gli sembrò invece di essere colpito da una sciabolata di luce negli occhi, e contò fino a 12. Tre lampi in 12 secondi. Il faro di Milazzo, gli venne automatico. Che non c’entrava niente. Si aggrappò alla scaletta ormai a portata di mano e s’accorse che era calda. Eliano aveva perso cognizione del luogo in cui fosse e si chiedeva se si trovasse alla raccolta delle cerase o a giocare a nascondino nella valle del fiume Imera. “Ma che ci fai, qui?” si sentì chiamare nella sua lingua. Era una giovane sui trentacinque, bruna, coi capelli che non arrivavano alle spalle fermati alle tempie con due pettini minuscoli e svasati dietro il collo. “Sono Franca, mi riconosci?” e continuò. “Tu sei Eliano, è vero? Quel bambino forestiero che veniva col padre, ogni tanto a Termini Imerese nella pensione di mia madre …” e si fermò come incerta. Ma non poteva avere dubbi, perché le sue chiavi di lettura delle sembianze evidentemente attraversavano gli squarci del tempo, e lei doveva sapere bene quello che stava dicendo. Eliano certo non se la ricordava come la vedeva ora. Snella, con le gambe lunghe e le caviglie sottili. Sensuale. Con un vestito scuro a piccoli disegni chiari, appena segnato sotto i seni, scivolato sui fianchi, corto sopra al ginocchio. Fu preso da soprassalto e strinse forte la matrioska che aveva in tasca, “ah ecco”, pensando. “Ma perché …” gli uscì di bocca, soltanto. Invece si affrettò a terminare l’ascesa e si tuffò, come, all’interno dello spazio cavo, a cercare protezione nell’ombra. Atterrò su uno spesso tappeto di aghi di pino, e prontamente si sentì stuzzicato, perché la sua pressione, cadendo, aveva svaporato nell’aria i profumi intensi di resina ed erba imprigionati nell’ordito sul fondo. Lei intanto rideva. La bocca larga e gli occhi neri obliqui e pungenti. “Allora sei proprio tu, Eliano Eliano? Sono contenta di vederti …” “Francamente, Franca, anch’io …” disse Eliano allitterando questa sequenza demenziale. Forse non aveva trovato la misura giusta. Continuò. “Franca, certamente. La ragazzina di …” e col dito voleva indicare, ma non sapeva dove, e nemmeno se fosse il caso. “Nff, …Ff”, articolò lei, aspirando e soffiando, con le braccia aperte e gli avambracci alzati, con gl’indici e i pollici di ambo le mani che si aprivano e chiudevano, come a simulare luci nell’aria. E Subito, però, si portò gli indici, a punte in alto, tra naso e bocca, facendo “Tss …”. “Vorrei sapere ….”, azzardò Eliano. “Ma se tu dici che …” “Sì. Non c’è tempo per le parole. Ora devo proprio andare via …” “Così?” “Così”. “Avendoti ritrovato, avrei voluto …” “Ci sarà tempo, credo per incontrarci ancora, e allora …” disse e imboccò un passaggio nel fondo della grotta che lui non aveva proprio visto, e anche ora, benché sapesse

Page 13: 08-Naufragi diapo 20 - fulviobongiorno.it...nel campo dell’informatica, e aspettando segnali di vita e d’invito dall’università, aveva accettato la supplenza per lo scorcio

Hillsboro

dov’era, stentava a riconoscere. Appena lei sparì, Eliano dubitò, perciò, che si fosse trattato di un’allucinazione. Infilò allora la mano in tasca istintivamente per trovare una cosa concreta da toccare che gli desse conto del reale. La matrioska, si aspettava di trovare. Macché, era sparita. La matrioska non c’era più. E neanche la donna c’era più. Quest’ultimo incontro aveva cambiato il segno dei ricordi di Eliano per Franca. Egli finora aveva creduto che quel pomeriggio a Termini Imerese lei non si fosse resa conto affatto del legame profondo che si stavano scambiando su quel lettuccio sghembo. Né sentì il bisogno di dover dare qualche spiegazione, la mattina dopo, per quel particolare sguardo di lei. Allora aveva ritenuto che fosse spento per indifferenza o rancore. Per questo non aveva più pensato a lei. Ma allora, come mai il giorno della partenza, quando lui era sceso assai di buon’ora col padre per le formalità del rilascio della stanza, lei era sulla scala come imbambolata, e si girava su se stessa, come non sapendo dove guardare? Come mai lei si era alzata a quell’ora, se di solito prima delle undici non scendeva mai a giocare nel giardino? Come mai questi particolari li ripescava solo ora? Quella mattina lui, sentendosi forte accanto a suo padre, si era dato superbia e non l’aveva degnata nemmeno d’un cenno di saluto. Mentre sarebbe stato più pertinente esprimere, almeno con un cenno del viso, segni di gioia e dolore mischiati: per la complicità scambiata e per la separazione che stava per cominciare. Forse quella mattina il tempo era stato poco, perché subito era comparsa sul pianerottolo la sorella minore e lei, prendendola per mano, era risalita su con lo sguardo fisso nel vuoto. E ora non si capacitava che se ne fosse andata. Sono due volte che l’ho persa, pensò Eliano, mentre si liberava di alcuni aghi di pino che gli erano rimasti impigliati nella T–shirt e si riportava alla base della scalinata dove erano arrivati anche gli altri. “Certo che sei speciale, Eliano. Sparisci. A un certo punto uno si gira e tu non ci sei più. Lo fai apposta. Ma perché lo fai?” “E tu allora Laura perché non perdi mai l’occasione per rompere i coglioni? Scusa stellina, non volevo dire proprio questo …” “Vedo che anche Eliano, quando vuole, sa essere delicato …” disse Monica per smorzare. Ma la cosa non fu raccolta da Laura, che aggiunse. “Delicato? Uno schiacciasassi. Un trucido …” Il gruppo era animato da moti browniani, si potrebbe dire. Da che erano tutti vicini, a che si sparpagliavano, aggregandosi a tre o a due o semplicemente restando unità singole. “Chi era lei?” gli chiese Monica in un momento in cui lei ed Eliano si erano trovati isolati. “Ma che ne so. Una. Ci avete visti?” “Io. Soltanto io, te lo posso garantire”. “In questo caso allora … Sai mantenere un segreto?” “Come vedi, ho tenuto tutto per me …” Questa frase lo convinse e lui naturalmente vuotò il sacco. E non lo fece per amore di chiacchiere né per compiacenza verso di lei, quanto piuttosto per ripetersi la storia alla ricerca di una decodifica per se stesso. Cosicché nessun particolare fu omesso. “E ti sei perso la matrioska, eh?” chiese Monica alla fine del discorso. “E te l’ho detto, no?” “Sì, me l’hai detto. Secondo me è un buon segno”. “E perché? Mi puoi spiegare?”

Page 14: 08-Naufragi diapo 20 - fulviobongiorno.it...nel campo dell’informatica, e aspettando segnali di vita e d’invito dall’università, aveva accettato la supplenza per lo scorcio

“No. Non lo so neanch’io”. Monica conosceva a fondo Eliano, e quell’impressione poteva nascere da alcune associazioni inconsapevoli. Legate, per esempio, ad alcune storie sedimentate; la visita all’abbazia Florense, o quella situazione a Termini Imerese con Franca. Lui stesso le aveva raccontato quelle vicende come gli erano tornate in mente quella volta, sul treno per Frosinone; incastrate, una dentro l’altra, mentre raccontava al suo amico l’avventura con Margherita. Per questo forse, aveva associato Monica, a Hillsboro Eliano s’era preso le matrioske. Una dentro l’altra: tre, come quelle storie. E s’era tenuta la più interna, e aveva distribuito le altre. Un po’ senza sapere, ma anche, sperava, per avere riscontri. “La matrioska te l’ha presa lei”, aggiunse Monica abbastanza prontamente. “Una ladra?” “No si voleva riprendere la sua storia”. “E poi?” “Ci sarà tempo per …, ti ha detto così?” aggiunse, e continuò. “A me sembra che sia stata chiara. Si propone di restituirtela in un’occasione migliore, se ci sarà”. “Stiamo parlando della storia, voglio sperare”. “Non certo delle matrioske. Quelle penso non le voglia nessuno. Anzi guarda, eccoti la mia”. “Ma come, mi restituisci un regalo?” “Semplicemente ho raccolto la tua provocazione. Ti sto invitando a riconsiderare il senso della nostra visita all’abbazia”. “Metafora per metafora, tanto per giocare, no?” “E no. È chiaro che nessuno si accontenta di giocare con te”. Quante prove allora, si chiese lui, sto rifiutando in un anno? I conti naturalmente avrebbe potuto farli solo lui. Intanto si erano avvicinati Laura, Fabrizio e Paolo. “Stavo chiedendo a Monica”, virò prontamente Eliano, “ma lo estendo a tutti, naturalmente, se vi è capitato di andare a Scicli, quella cittadina a una decina di chilometri a Sud-Est di Modica”. Si era trovato una volta Eliano sulla piazza Busacca. Vigeva ancora, erano gli anni Settanta, una feroce suddivisione tra i sessi. Gli uomini in nero, con le camicie bianche di bucato e il colletto sbottonato, chiacchieravano tra loro alle soglie dei caffè sul marciapiede sottomonte, mentre le donne se ne stavano a fingere adempimenti d’economia domestica sul marciapiede opposto. “Dalla piazza”, continuava Eliano, “guardando in alto si potevano vedere i resti di due chiese barocche affiancate. Andiamo a vedere, ho proposto alle Froiline”. E avevano cominciato a salire. La strada presto s’infilò in un vallone e s’accorsero che i ruderi delle due chiese si trovavano alla sommità di due differenti crostoni, separati dal canalone appunto nel quale stavano camminando. “E le avete visitate?” “Una soltanto, la strada girò presto a destra. Quella che abbiamo trovato salendo …” “Si, ho capito. Mi sfugge però la pertinenza col contesto …” disse Laura. “Le pareti della roccia ai due fianchi del sentiero … Piene di cavità …” In effetti sulle rocce ai due lati sorgevano caverne, abitate fino al diciassettesimo secolo, quando, dopo un potente sisma, gli abitanti erano scesi a valle e avevano cominciato a costruire la città nuova. “Caverne, insomma, come qui?” “Più recenti o più antiche?”

Page 15: 08-Naufragi diapo 20 - fulviobongiorno.it...nel campo dell’informatica, e aspettando segnali di vita e d’invito dall’università, aveva accettato la supplenza per lo scorcio

Hillsboro

“Pressappoco. Qualcuno dice che Pasolini è andato a visitare gente che viveva ancora lì negli anni…” “Trentotto, trentanove … quaranta”, lo interruppe Monica, e continuò a sorpresa, “tana per Paolo”, indicandolo con la mano. Per Monica quel diversivo su Scicli poteva bastare, e aveva trovato questo modo per comunicare a Eliano che era interessata piuttosto al discorso di prima che ora era interdetto. “Che vuoi dire?” sfuggì a Eliano in cerca di sicurezze. “Non è a te, Eliano, che piace restare nascosto e aspettare, cogliere l’attimo per dare il libera tutti? Ecco fa conto che quello là sia l’albero dove qualcuno s’è accecato …” e indicò un grosso pino in riva al ruscello. Stupidamente, così dovette sembrare alla gente che era lì, Eliano si mise a correre verso l’albero, e tutti dietro. Si sbilanciò. A momenti scivolava sui gradini bagnati. Invece gli cadde a terra la matrioska. Fabrizio la vide e la raccolse. “Ti perdi le cose”, disse porgendogliela. “È la mia?” provò a dire Eliano, col desiderio che Monica si facesse avanti a riprenderla. “Guarda in tasca se ne hai una”, ribatté Fabrizio. “Non ce l’ha”, disse Monica, “l’ho visto anch’io che gli cadeva …” “Grazie”, incassò Eliano. “Nel futuro dovrò stare più attento a non farmi sfuggire le cose …” E rimise la matrioska in tasca.

Page 16: 08-Naufragi diapo 20 - fulviobongiorno.it...nel campo dell’informatica, e aspettando segnali di vita e d’invito dall’università, aveva accettato la supplenza per lo scorcio

E si era visto su una strada sconosciuta che si dipanava tra gli alberi e si affacciava a mare. Ma non riusciva a collocarla. (pagg. 184)

CAP. III

Page 17: 08-Naufragi diapo 20 - fulviobongiorno.it...nel campo dell’informatica, e aspettando segnali di vita e d’invito dall’università, aveva accettato la supplenza per lo scorcio

APPRODO A MACINAGGIO

Storia di mare. Personaggi: Eliano, Paolo, Dino, Monica, Ghita, Valis Eliano stava passeggiando lungo il molo di Fiumicino. Era già da prima delle quattro che faceva su e giù lanciando l’occhio al mare verso sud. Aspettava Paolo che era andato a riprendere la barca al rimessaggio di Gaeta. Si portava spesso all’ingresso del canale per avere un orizzonte più ampio. Ma per avvistarlo quando era ancora al largo dovette aspettare le quattro e mezza, e solo alle cinque passate la barca fu in rada. “Scusa Eliano”, disse Paolo quando fu a portata di voce. “Ho perso tempo con Dino”, continuò, “ha insistito che lo lasciassi ad Anzio. È andato a casa. Voleva salutare la moglie. Non la vedeva da una settimana. Col suo lavoro … Vuole convincerla a venire …” “Non ti preoccupare”, tagliò corto Eliano e saltò sul ponte prima che fosse attrezzata la passerella. “Ora anch’io me ne vado”, riprese Paolo. “Faccio un salto a Roma a prendere Monica e il resto dei bagagli. Sarò di ritorno al massimo per le sette e mezza, in modo che ci sia tempo per gli ultimi preparativi e si possa partire a mezzanotte come stabilito. Nel frattempo Dino ci avrà raggiunto coi suoi mezzi …” “Insomma da Anzio sei venuto su da solo?” “Sì …” rispose e continuò. “Ti devo anche dire, e scusami se lo faccio solo ora, che non so se riuscirò a partire con voi stanotte, perché in azienda è sorto un problema coi sindacati e mi è stato chiesto di rimanere a seguire le trattative”. “Ma allora perché non si rinvia?” “Non c’è bisogno. C’è comunque Dino su cui fare affidamento. Io mi auguro che per la vertenza si trovi un buon accordo, così vi raggiungo presto”. “Speriamo …” concordò Eliano. “E poi”, aggiunse Paolo, “Monica ci tiene a partire stasera perché tra due settimane riprende il lavoro e dev’essere di ritorno”. Era chiaro che Eliano non avrebbe creato ostacoli. “Va bene”, disse, “però se per voi è più comodo starvene a Roma, io posso mettermi in viaggio con Ghita e Valis senza difficoltà. Vi posso aspettare a Piombino. E poi, di quali preparativi stai parlando? In barca è già tutto pronto”. “E non si può dire. Un viaggio così lungo da condurre in totale autonomia. O mi vuoi far capire che a bordo non servo proprio a niente? …” “Ma va’ a cagare …” disse Eliano e gli mollò un’amichevole pacca sulla spalla. “Fai come ti pare …” concluse. Paolo recuperò i sacchi, scese a terra e si avviò verso la sua vettura che era parcheggiata accanto al bar del molo. Mise in moto e partì rapidamente. Eliano allora iniziò la procedura dei controlli: l’efficienza della batteria, delle luci di posizione e del faretto d’avvistamento, lo stato della riserva d’acqua e il livello della nafta nei serbatoi; e poi i livelli dell’olio del motore, delle pompe e degli altri meccanismi di bordo.

Page 18: 08-Naufragi diapo 20 - fulviobongiorno.it...nel campo dell’informatica, e aspettando segnali di vita e d’invito dall’università, aveva accettato la supplenza per lo scorcio
Page 19: 08-Naufragi diapo 20 - fulviobongiorno.it...nel campo dell’informatica, e aspettando segnali di vita e d’invito dall’università, aveva accettato la supplenza per lo scorcio

Qualcuno sporgendosi verso la barca chiese. “Ehi di bordo, cerchiamo il signor Delfini”. Eliano si affacciò. “Delfini è Paolo, ma ora non c’è …” “Possiamo salire?” “Veramente …” I due erano già saliti e premevano alla scaletta per scendere nel tinello. “Però non si chiama Paolo, ci sembra …” disse uno dei due consultando l’altro con lo sguardo. “Credo che … ma certo, si chiama Delfini anche suo cugino Dino, ma neanche lui c’è ancora”, aggiunse Eliano. “Dino, ecco si. Un signore sui trentacinque. Un tipo robusto. È per un problema di assicurazioni …” “Torna, sì. Dino fa proprio l’assicuratore. Di navi, però”. “Sì, di navi … Lo possiamo aspettare?” “E come no? Dovrebbe essere qui tra breve”. E non davano segno di muoversi. “Veramente io stavo scendendo a terra”, aggiunse Eliano, “e a bordo non resta nessuno”. “Non possiamo restare a bordo noi? ”, disse uno dei due, “naturalmente se non le dà pensiero …” “Non fraintendetemi, per carità”, disse Eliano gentile ma determinato, “è che io non sono il padrone di casa …” “Se è così …” e scesero tutti e tre insieme. Eliano aspettò che girassero l’angolo e s’infilò nel giardino d’inverno del bar del molo, dove si concesse un gelato sdraiato su una comoda poltrona di corda. Intanto s’erano fatte quasi le sette.

Una grande camera in una casa grande con un gran letto in una nicchia profonda chiusa da una tenda trasparente che crea tuttavia senso d’isolamento intimo e discreto. Monica porta soltanto una sottoveste leggera di un rosa tenue ed Eliano ha voglia di stare con lei. “Se dopo devi partire, puoi prendere la mia macchina. Non ne ho bisogno …” dice lei. Che carina, pensa Eliano, si preoccupa per me. Ma nemmeno a lui la macchina serve. È con lei che vuole partire semmai, prendere un treno, un aereo. Con la barca stessa magari, verso un approdo a Macinaggio. Mi basterebbe raggiungere il punto d’imbarco. Potrei farlo facilmente con un taxi, un mezzo pubblico. “No. Non voglio la tua macchina”. Ma quest’uomo sulla quarantina, rotondo di viso e con l’aria importante, che è entrato nella stanza e mi vuole parlare, non è uno dei due che erano saliti a bordo prima? Intanto l’uomo si avvicina a Eliano più del necessario. “Una domanda privata, posso?” gli chiede. Eliano vorrebbe evitare. Sente un certo imbarazzo. Potrebbe anche consentire, se fosse veramente una cosa breve. L’altro, nota Eliano, lancia occhiate traverse alla porta.

Page 20: 08-Naufragi diapo 20 - fulviobongiorno.it...nel campo dell’informatica, e aspettando segnali di vita e d’invito dall’università, aveva accettato la supplenza per lo scorcio

Dall’altra stanza potrebbe spuntare la signora, la compagna di lui. Evidentemente non le vuole far sentire. Forse allora si può fare. Non dovrebbe andare per le lunghe. “Sai ti vorrei chiedere”, dice a Eliano alla fine, “cosa posso far studiare alle ragazze in vista delle prossime interrogazioni a scuola”. “Mah”, risponde lui, cercando più che nella propria esperienza nel contesto stesso della domanda, “ripeti sui loro appunti quello che stanno facendo in classe in questi giorni. Amplia se credi e falle ripetere ad alta voce …” Intanto era entrata una donna della stessa età di lui, snella coi capelli neri pareggiati appena sotto alle orecchie, un abitino nero segnato in vita senza maniche e con lo scollo a V. Ha incredibilmente una barbetta, un pizzetto bruno e ben curato e baffi radi e sottili. Ma che strano, si dice Eliano, dev’essere la signora. “Stai bene”, le dice, “questo look è gradevole e allusivo”. Lei gli va vicina e si offre ai suoi sguardi in modo, sembra a lui, ammiccante. Poi va verso uno specchio fissato a parete e gli volge le spalle. Si stacca il trucco posticcio e si ritocca alcuni punti sulla pelle con un fondo tinta carico. Poi si gira di nuovo verso Eliano. “Tutto finto?” chiede lui, “carino, però. Eccitante”. Allora Eliano la invita, indicando con la mano, verso la tenda della grande stanza. Fuori, vicino al parapetto, teste e code di triglie rosse in un grande piatto da portata. “Ah, sono da gettare via”, dice lui distrattamente, “dobbiamo ricordarci …” e andava con lei che lo seguiva. La tenda non si vedeva. Raggiunsero per entrare una porticina di stile marinaresco, di quelle con le doghe traverse inclinate per lasciare circolare l’aria. Le chiavi erano attaccate. Eliano aprì e iniziò a scendere la scaletta. Un vortice si creò come se nel tinello il soffitto si fosse sfondato. L’uomo delle domande fu risucchiato all’indietro fuori bordo, e pure la barba posticcia e l’abito nero con lo scollo a V, lasciando lei con una T-shirt di maglina di un colore rosato. Le tende si dibattevano con forza risucchiate dal vortice esterno, ma non volavano via perché il bastone metallico in alto teneva bene. Loro due entrarono. Eliano richiuse. Le tende si ricomposero mosse ora da spifferi leggeri dalle fessure. I due si erano fermati uno di fronte all’altro. Eliano cercava di prenderle le mani. Lei aveva nella destra una bambolina di legno colorato. Ma subito la posò sul tavolo e rispose all’invito. “Mi ricordo che c’era”, diceva Eliano come tra sé, “una grande alcova dietro la tenda”. Si vedeva la struttura di legno dei divani invece senza cuscini né spalliere, che erano stati portati via. Non era importante. Lui le carezzò il viso. E fu come se si attenuasse la luce solo ora. Si fermarono lì sui tavolacci. Poggiarono le poche cose che ancora avevano addosso per non avere contatto diretto col legno scabro e si presero in un abbraccio morbido. Dagli oblò filtrava la luce pallida dei lampioni accesi sullo sfondo del cielo ancora chiaro. Ci possono vedere da fuori? E le Froiline, Alice e Martina, chi le va a prendere a scuola? Devo andare ora? Con la mia macchina? Proprio ora? E come mai l’ambiente s’è fatto piccolo all’improvviso e opprimente? E perché mi sento addosso questi pensieri fuori luogo, ora che le Froiline sono adulte e non vanno più a scuola?

Page 21: 08-Naufragi diapo 20 - fulviobongiorno.it...nel campo dell’informatica, e aspettando segnali di vita e d’invito dall’università, aveva accettato la supplenza per lo scorcio

Mancava qualche minuto alle otto. Paolo era comparso sul molo con Monica e Dino. Alla loro vista Eliano si era imbarazzato, come se fosse nudo. E provava un desiderio acuto e infantile di stare con Monica, adesso, lì. “Mi dispiace”, disse Dino salendo a bordo, “mia moglie non c’è …” e fece un gesto di rammarico allargando le braccia. Eliano non aveva simpatia per lui. Lo riteneva indiscreto e presenzialista, qualità indubbiamente preziose nel suo lavoro. Ma visto che avrebbe diviso con lui la cabina sotto il boccaporto, optò per un calore all’inglese. “Ha ragione lei, la signora, a non venire con noi. Siamo gente da evitare”. Poi si rivolse a Monica. “E tu?” “Sola. Anch’io. Stasera viaggio sola”, e si voltò verso Paolo, come a chiedere conferma. Stasera. E perché non fino a dopodomani? Sono contento lo stesso però. Contento? Perché? Forse lei mi ha voluto dare un messaggio? Ma che mi viene in mente? Erano questi i pensieri in caduta libera di Eliano, che si stava trincerando dietro frasi di circostanza fuori luogo. “Sì. Paolo mi aveva accennato”, disse appunto, “mi fa comunque piacere vedervi …” Ma che convenevoli di merda, pensò. I tre scesero coi bagagli. Solo Dino e Monica veramente, perché Paolo aveva un suo kit in permanenza nella cabina dei marinai a prua. Benché Paolo condividesse quel vano con Monica, c’era molto posto negli stipi, perché lei preferiva lasciare le sue cose nei ripostigli sotto ai divani nel tinello che era il luogo più asciutto a bordo. Ma non rinunciava a dormire a prua, per sentirsi un po’ marinaio. Per perdere così l’obbligo di mantenere le promesse. Almeno, era questa la motivazione ironica che dava agli amici. Dopo aver sistemato i bagagli Dino e Monica si misero a preparare uno spuntino, disponendo su due grandi piatti da portata pizza fichi e stracchino, prosciutto e melone. Si erano fatte quasi le nove. Salirono a bordo Ghita e Valis. Con loro l’equipaggio era al completo. Poggiarono i bagagli sui divani del tinello e risalirono velocemente al pozzetto per dare una mano a Paolo che stava apparecchiando. I due ragazzi si erano messi insieme a Salerno, dopo l’arrivo da Policastro. Nel momento stesso probabilmente in cui Eliano si stava perdendo dentro le proprie ansie lungo il viale della stazione. Verso le dieci e mezza vicino alle bucce rimaste vennero messe sul tavolo le cartine e si parlò del viaggio. “Meta finale è la Corsica, siamo sempre d’accordo su questo punto? …” chiese Paolo. E capirai a quest’ora, pensò Eliano, a chi può venire in mente di sollevare problemi? Paolo continuò. “Prima tappa Giannutri. Partendo a mezzanotte e tenendo una normale andatura, domattina intorno alle sette ragionevolmente sarete al traverso della cala dello Spalmatoio”. Visto che neanche ora c’erano domande né obiezioni, continuò. “Seconda tappa il Giglio. Un paio d’ore appena di navigazione”. Subito aggiunse. “Visto che questo tragitto è breve, potete continuare senza fermarvi a Giannutri o ripartire dopo la colazione. Oppure potete sostare, fare un’escursione nell’isola e partire verso sera. Qualcosa da chiedere?”

Page 22: 08-Naufragi diapo 20 - fulviobongiorno.it...nel campo dell’informatica, e aspettando segnali di vita e d’invito dall’università, aveva accettato la supplenza per lo scorcio

Ma come ce la fai? Ma quando te ne vai? Sarebbero state le domande di Eliano. Per il resto non c’era nulla da dire. Il modo di passare il tempo a Giannutri sarebbe emerso chiaramente sul posto. Paolo riprese. “Terza tappa Piombino. Una decina d’ore di mare dal Giglio. Se arrivate di sera, potete dormire lì per ripartire la mattina dopo…” Nessuna perplessità per nessuno, salvo l’impazienza di Eliano che però non rilasciava segni. “Ma è possibile che vada tutto bene? O non mi state nemmeno a sentire?” provocò Paolo, e visto che le reazioni furono nulle portò a chiusura il discorso. “A Piombino, insomma, dovreste esserci entro il terzo giorno. Io vi raggiungo la sera. I piani successivi li faremo insieme. Al momento le previsioni meteo a lungo termine sono favorevoli”. “Vogliamo parlare dei turni al timone?” chiese inaspettatamente Valis. “Certamente”, disse Paolo. “Riguardo a questo problema, nessuno si deve preoccupare. A me piace stare al timone e non mi stanca”, dichiarò Dino. “Noi vorremmo assistere, alternarci per un po’. S’intende, se le condizioni del mare lo consentono …” propose Ghita. “Insomma credo d’aver capito che Dino offre la copertura totale”, cercò di chiudere Paolo. “Naturalmente chi vuol dare una mano è sempre ben accetto”, aggiunse. “Certamente, ma non ce ne sarà un bisogno effettivo. Potete contarci”, ripropose Dino. “Diciamo meglio”, fu Monica a rilanciare l’offerta di Ghita. “Credo di capire che i ragazzi si aspettano di farsi in quest’occasione un minimo di pratica delle cose di mare. Sarà bene allora che la loro partecipazione sia prevista e integrata”. “Mi sembra corretto. Siamo d’accordo?” chiese Paolo. E visto che nessuno più dette fiato, si alzò. “Vi aiuto a mollare gli ormeggi”, aggiunse, “e poi ognuno per sé e Dio per tutti …” Eliano era teso. I pensieri di prima l’avevano stordito. S’era dovuto dire che trovarsi in barca con Monica senza Paolo, gli dava emozione e inquietudine. E neanche la ragione si poteva più tacere, a questo punto. Si stava innamorando di lei. Si sforzava di prendere distanza da questa idea, come aveva fatto finora. Ma poteva bastare? Qualora fosse stata lei spontaneamente a manifestare interesse, lui sarebbe stato in grado di resistere mettendo argini, ostacoli? O invece si sarebbe messo in gioco? E semmai in che modo? Avrebbe preteso che Monica scegliesse tra lui e Paolo? E come l’avrebbe messa con la gelosia? Sarebbe riuscito a sopportare la presenza di Paolo nel passato di Monica? Al riguardo Eliano pensava che quando due persone si mettono insieme sono trasferiti in un universo parallelo dove sono stati insieme da sempre. Questa cosa non lo tranquillizzava affatto, anzi gli dava la sensazione di trovarsi sopra una polveriera. E poi da un universo all’altro non filtrano risentimenti e sensi di colpa? La concatenazione e il numero degli interrogativi non potevano lasciare dubbi. Eliano si era innamorato di Monica ed era anche arrivato al punto di non poter più fare a meno di averla vicina. E allora in assenza di Paolo non poteva più rinviare giocando a nascondino. Doveva affrontare in campo aperto l’alternativa di averla o perderla del tutto.

Page 23: 08-Naufragi diapo 20 - fulviobongiorno.it...nel campo dell’informatica, e aspettando segnali di vita e d’invito dall’università, aveva accettato la supplenza per lo scorcio

Per questo era inquieto. Eliano non era il tipo capace di scendere da un tram in corsa, e gli sembrava impossibile, come invece aveva visto al cinema, che si possa passare trasversalmente da un treno a un altro che s’incrociano in corsa su binari paralleli. Al massimo sarebbe riuscito a non fare nulla e seguire la situazione, sperando che lo portasse come su di un piano inclinato dove, una volta avviato, continui a scivolare fino in fondo senza scossoni ma senza poterti fermare più. Forse sarebbe stato meno teso se avesse conosciuto il pensiero di Monica al riguardo. Era convinzione di lei che nel cosmo si verifica sempre tutto e il contrario di tutto. Allora anche se tu non cogli un’occasione, in ogni caso toccherebbe a un altro. Ma se ti piace, che senso avrebbe lasciare? Paolo intanto era sceso e si era fermato vicino alla bitta dove la barca era serrata a poppa. Dino era con lui sul molo. “Senti”, gli disse, “se dopodomani non ce la fai a raggiungerci a Piombino, non ti preoccupare. Ci fermiamo e ti aspettiamo”. “Grazie. Non mi farò problemi …” lo rassicurò Paolo. Allora Dino si portò al cavo di prua e visto che la barca era già orientata verso il canale lo mollò e lo filò a bordo, quindi risalì. Monica era rimasta vicino al pozzetto per recuperare la cima da Paolo. Eliano si portò al timone e guardò l’ora. Un gesto rituale nel momento di salpare. Accese i motori e la cima dell’ancoraggio di poppa fu mollata. “Com’è che la barca non si muove?” chiese Ghita. “Lei sa che ora ci sono i saluti …” rispose Eliano. Ghita sorrise. “Certamente se fossi io al timone, la barca farebbe finta di non capire e un po’ si muoverebbe …” Eliano salutò Paolo con la mano e ingranò il motore al minimo. Lo scafo si mosse lentissimo scivolando verso il canale. Paolo li seguì con lo sguardo finché rimasero in rada e poi voltò le spalle e se ne andò. “Dino, se vuoi ti cedo volentieri la manovra”, disse Eliano. “Grazie, mi fa piacere”, rispose lui. “Possiamo restare?” chiese Ghita. “Certo”, rispose Dino. “Fate bene a restare”, aggiunse Eliano, “da Dino s’imparano sempre molte cose”. Dino non dette importanza, ma quelle parole gli avevano fatto piacere. Intanto s’erano portati all’uscita del canale e s’incrociavano barche in entrata. Si vedevano le luci di posizione verde e rossa a bordo di ognuna. A Ghita e Valis sembrava di stare su una giostra. “Come sono le regole per la sicurezza?” chiese Valis, “per non sfasciarsi addosso a un’altra imbarcazione, insomma”. “Verde al verde e rosso al rosso”, rispose prontamente Dino che intanto sgusciava con precisione tra due barche che stavano entrando. Ed esemplificò. “Vedete?” disse indicando, “quella a destra presenta dal nostro lato il rosso e noi, lasciandola a dritta, presentiamo a loro il rosso. La barca a babordo invece, quella di sinistra, ci presenta il verde e noi dobbiamo presentare lo stesso colore, e indicava il lampione verde di bordo, perciò occorre lasciarla a mancina”. “Così ti sei infilato in mezzo …” “Perfetto” “Non so se l’avrei mai fatto. Non funziona come per le automobili …” osservò Valis.

Page 24: 08-Naufragi diapo 20 - fulviobongiorno.it...nel campo dell’informatica, e aspettando segnali di vita e d’invito dall’università, aveva accettato la supplenza per lo scorcio

“No. Però la manovra che abbiamo fatto era l’unica per evitare la collisione”. “Su che rotta hai impostato la bussola?” chiese Ghita. “Non l’ho ancora impostata. Fin ora ci siamo portati al largo lungo la linea del canale. Ora forse è il momento d’impostarla. Sicuramente Paolo l’ha già tracciata sulle carte nautiche. Vi va di prenderle?” I ragazzi furono contenti di quest’incarico e Valis si mise a scartabellare nella cassa degli strumenti di navigazione. Trovò in breve la mappa che conteneva Fiumicino e Giannutri, sulla quale in effetti erano segnate due rotte. “Dino”, disse Valis, “ce ne sono due, 310 e 320 gradi, è possibile?” “Certo”. “E che vuol dire?” “Vuol dire che la rotta da prendere dipende dal punto al largo in cui l’imposti. Tanto più si è sotto costa, tanto più si deve allargare”. “E nel nostro caso?” “Possiamo stringere a 320, visto che siamo abbastanza fuori. Sono stato chiaro?” “E come no”, risposero i ragazzi. Dino impostò la rotta. Le luci del porto si vedevano ormai assai fioche dalla parte della scia. La costa si andava ritirando, così sembrava, a causa dell’ampia insenatura a nord di Fiumicino. Il faro dell’Isola Sacra era ancora ben definito ed alto sull’orizzonte e sciabolava con luce intermittente ogni tre secondi. Eliano, dopo aver ceduto il timone s’era portato a prua. Per riordinare i pensieri, s’era detto. E con le spalle rivolte alle ormai sparute luci di terra s’era scoperto immerso in una trasparente notte stellata. “Vuoi il cambio al timone, Dino?” chiese Monica che era rimasta al pozzetto.

Page 25: 08-Naufragi diapo 20 - fulviobongiorno.it...nel campo dell’informatica, e aspettando segnali di vita e d’invito dall’università, aveva accettato la supplenza per lo scorcio

Antica primavera

Page 26: 08-Naufragi diapo 20 - fulviobongiorno.it...nel campo dell’informatica, e aspettando segnali di vita e d’invito dall’università, aveva accettato la supplenza per lo scorcio

“Non preoccuparti. Ce la faccio. Volentieri. Anche da solo sarei in grado, se i ragazzi volessero andare a dormire”, ripeté monotono Dino. “In questo caso, mi godrei un po’ d’aria fresca …” aggiunse lei. Scambiò ancora qualche parola con lui. Mostrò apprezzamento per la sua disponibilità, e tenne a chiarire comunque che Eliano prima e lui stesso dopo avrebbero dovuto darsi dei turni di riposo, per evitare di trovarsi sfiniti dopo due giorni di mare. “Anzi”, continuò, “raggiungo Eliano e glielo comincio a dire”. “Attento a non perderla”, disse poi a Valis passandogli vicino, alludendo a Ghita con lo sguardo. “È vero che ti perdo?” sentì Valis che le chiedeva e vide che lei s’accostava a lui e diceva qualcosa che però Monica non sentì. Intanto avanzava lungo il ponte di mancina e andava perdendo le luci di bordo e quando raggiunse la prua, accanto al boccaporto, si trovò ostaggio della stessa volta stellata di Eliano. Lui era dietro a ricostruire un motivetto datato anni Quaranta, nel bene e nel male. Fino a un certo punto era andata, ma poi c’erano frasi, si ricordava Eliano, che parlavano d’amore e di gioventù, che finora non era riuscito a rimettere insieme. Monica esordì a voce bassa in modo che le parole non andassero lontano. “Vaghe stelle dell’Orsa corteggi, o sbaglio?” Questa cosa andò a incidere sul plesso solare di Eliano, che restò senza fiato. “Vero? …” riuscì solo a dire, rispecchiando infine anche il senso interrogativo. Raccolse ovviamente la citazione, ma si era sentito troppo spiazzato per rispondere pienamente a tono. Così aveva emesso quella specie di eco. Però continuò. “Seguo la stella Polare, ma non la corteggio. Se è di geografia che stiamo parlando …” “No”, disse lei, “non è di geografia …” e poi, essendosi accorta d’esser partita a raffica, pensò di offrire a Eliano una via di difesa. “Mi piacerebbe vedere la Croce del Sud alzando gli occhi …” disse. “Sì”, continuò lui, “darsi obbiettivi è sempre una buona cosa, che c’entra. Anche se …” suggerì continuando ermeticamente il suo pensiero, “non vedo molta differenza tra le due cose, se non stiamo parlando di geografia”. Voleva dire, in chiaro, che il coraggio e l’amore non richiedono un tempo e un luogo stabilito nella vita, ma confluenze. Sinergie e basta. “Sei venuta qui per mandarmi a dormire?” continuò Eliano. “No, e tu?” “Se sono qui per dormire? No”, e aggiunse, “chi dorme non piglia pesci”. “Che, vuoi pescare?” chiese lei. “No, e tu?” “E che, mi fai il verso? Io, figurati, sono dalla parte dei pesci …” “Che vuoi dire, Monica?” “Che è meglio se i pesci non li piglia nessuno”. “Tanto io non so pescare. Per i pesci puoi stare tranquilla, anche se resto qui per tutta la notte …” “Tutta la notte hai detto che vuoi restare, Eliano?” “Sì Monica. Mi sentirei …” “Addio, allora, al mio alibi per scendere di sotto con te …” “Un alibi?” “Un alibi …” “Per lui?” alludendo a Dino. “No. Non direi …” “Per me?”

Page 27: 08-Naufragi diapo 20 - fulviobongiorno.it...nel campo dell’informatica, e aspettando segnali di vita e d’invito dall’università, aveva accettato la supplenza per lo scorcio

Lei sorrise. “Piuttosto, per i miei sensi di colpa”, ammise. “Colpa? Perché pensi che di sotto si troverebbero colpe? …” “Sensi di colpa, ho detto. Non colpe …” “Pazienza. Comunque andiamo verso i sensi di colpa”, e continuò a voce alta per esser sentito dalle orecchie indiscrete di bordo. “E, ma che palle. Oltre al turno di guardia ora anche quello di riposo …” “Eliano non essere caparbio”, continuò lei tenendogli il gioco, “è per il bene di tutti”. E s’infilarono di sotto passando dietro al nostromo prima che nessuno avesse modo di eccepire alcuna cosa. Raggiunsero la cabina di prua, sotto al punto in cui si trovavano un istante prima. Eliano abbatté il boccaporto sulla coperta per avere luce buia di notte all’interno e un planetario dal vivo all’esterno. Si sdraiarono su due sedie vicine. Lui le prese la mano. “Andiamo?” le chiese e aggiunse. “Ma se ti dicessi un posto, veramente verresti?” “Indovina …” “Veramente io non riesco a credere che tu … Tu pensi, invece? …” “Ma perché tu non verresti?…” Su questa frase si affacciò Ghita. “Scusate. C’è un problema nel wc. Entra acqua da sotto. È arrivata fino al tinello …” disse, e subito rendendosi conto d’aver rotto un filo, aggiunse con voce più bassa. “Scusate. Ce ne possiamo occupare un’altra volta …” “No Ghita. Hai fatto bene a venire. Potrebbe essere pericoloso …” disse Eliano e si mosse per andare a vedere. “È la pompa”, confermò. “Perde. E già ci sono due dita d’acqua in sentina”. “Ok. Ora che lo sai, ci puoi pensare domani”, invitò Ghita. “No. Si deve fare adesso”, spiegò Eliano. “Servirebbe una saracinesca per chiudere l’afflusso”, aggiunse. “La vado a cercare …”Si tirò su dritto per dritto a braccia attraverso il boccaporto e si mise a frugare nel gavone dei ferri. “Problemi?” lanciò la voce Dino quando lo vide. “Nessuno. È che Ghita e Valis non riescono ad aprire la valigia. Si dev’essere inceppata la chiusura”. “Può bastare un cacciavite per quello”. “Sì, ma gliela voglio fare difficile”. “E bravo Eliano”, rise Dino soddisfatto. Eliano rientrò, aveva trovato solo qualche pezzo di tubo e del filo di ferro. Si mise a trafficare. “Ora stacco la pompa e inserisco questa prolunga …” “Ecco, vedete”, seguitò tenendo verticale la prolunga, “ora abbiamo due vasi comunicanti …” “Veramente io vedo un solo vaso, cioè il tubo”, commentò Monica. “Care mie, l’altro vaso è il mare”, disse Eliano con soddisfazione. “Cioè mi stai dicendo”, disse allarmata Ghita, “che tra il tubo e il mare non c’è nessun diaframma?” “Nessuno. Comunicazione totale”. “Ma non è pericoloso?” chiese ancora.

Page 28: 08-Naufragi diapo 20 - fulviobongiorno.it...nel campo dell’informatica, e aspettando segnali di vita e d’invito dall’università, aveva accettato la supplenza per lo scorcio

“No. Perché il liquido nei due vasi raggiunge necessariamente lo stesso livello …” “E allora? Proprio per questo mi sembrerebbe un danno”, confermò Ghita. “E invece no, perché con la prolunga ci siamo dati un metro almeno di margine. Infatti”, e mostrò il tubo che reggeva verticalmente, “ecco dove arriva l’acqua. Cioè ecco qual è il livello del mare”. “E lo lasci così?” fu la domanda di Monica. “Si potrebbe”, disse Eliano. “Basterebbe fissare il tubo alla parete in modo che resti verticale”, e lo fece. “Invece?” Invece Eliano riattaccò la pompa all’altra estremità del tubo e la collegò alla tazza con un altro tubo, e spiegò come si dovesse manovrare per non avere perdite importanti. “Scusate …” disse di nuovo Ghita, rivolta specialmente a Monica. “Vi ho interrotto? Stavate guardando il cielo?” e indicò con gli occhi il boccaporto aperto. “È un planetario minimo. Monica fa gli oroscopi”, rispose lui. “Ci stavamo occupando del gruppo familiare di Eliano…”, disse Monica inventando. Intanto accanto a Ghita si era materializzato Valis. “Dunque tu sei un acquario?” chiese conferma Monica a Eliano, come a continuare un discorso. “Sì”, rispose lui. “E le Froiline?” “Alice è un Acquario, Martina un Pesci”. “E Laura?” “Che c’entra col mio gruppo? …” “No, dico per dire. Di che segno è?” “Laura è un acquario, mi sembra”. “Capisci”, sintetizzò Monica. “Si potrebbero avere problemi”. Eliano fece un’espressione interrogativa. “Tre Acquari e un Pesci”, continuò Monica, “funziona male. Si andrebbe meglio con un Acquario e tre Pesci …” Risero. “E tu, Ghita?” continuò Monica. “Sono un Toro”. “Splendido segno di terra. Le donne di terra fanno bene l’amore”. Risero ancora. Ghita guardava negli occhi Valis, che si mostrava disperato. “E tu, Valis? Che segno sei?” “Ariete”. “Un segno d’aria.Vale anche per te quello che ho detto a Ghita. Ma che bella coppia”. “Peccato però che qui a bordo …” osservò lui. “Ci mancava il nostromo”. Ghita gli piantò un gomito sul fianco. Questa cosa, pensò, vale per tutti. E lui fu pronto a raccogliere senza emettere un fiato. “Buonanotte. Noi ci ritiriamo”, disse allora e chiese, “potete avvertire voi il capitano?” “Il capitano? Potete avvertirlo voi stessi, perché tra un minuto ve lo mandiamo giù …” I ragazzi passarono nel tinello attiguo e accostarono un po’. Monica si portò davanti a Eliano e lo baciò sulla bocca. Lui stava per dire qualcosa, ma lei gli poggiò le dita sulle labbra e fece “Sst …” “Ti posso dire un segreto?” riprese con l’orecchio alla porta. “Questa frase è stata detta, mi sembra …” Sì. Può essere. Allora, te lo dico? …”

Page 29: 08-Naufragi diapo 20 - fulviobongiorno.it...nel campo dell’informatica, e aspettando segnali di vita e d’invito dall’università, aveva accettato la supplenza per lo scorcio

“Dipende. Lo devo mantenere?” “E certo, e sennò che segreto è …” “Promesso”. “Riguarda Valis …” ”Avete avuto una storia?” “In un certo senso. Non è che voglio fare pettegolezzi, o tradire la sua fiducia. Non ne ho mai fatto parola con anima viva …” prese come fiato, e continuò. “È che lo vedo così contento con Ghita. Mi fa proprio piacere …” “Nel passato non è stato così?” Chiese Eliano. “Eh, no …” “Allora capisco. Ghita è una ragazza allegra. A me sembra che si porti dietro un filo di musica …” “Figurati a lui …” disse Monica e continuò. “Pensi che adesso? …” “Col Capitano che veglia su di noi? …” “Hai ragione. Neanche io mi sentirei …” guardò su fuori dal boccaporto. “Qual è Andromeda? …” chiese. Poi girò lo sguardo intorno e lo fermò su Eliano. “Anche se …” disse. “Andromeda da qui non si vede” e le prese la mano. “Se t’interessa Andromeda, si dovrebbe guardare …” ”Non m’interessa Andromeda. Tu invece sei stato carino”. “Sì?” “Sì. A non insistere che ti raccontassi di Valis. A te lo direi volentieri e anche lui, credo, sarebbe contento che tu lo sapessi. E può darsi che te lo dirà …” “Sono d’accordo con te. M’è venuta una curiosità, però”. “Avanti …” “È una cosa di voi due? …” gli sfuggì. “Ma che ti viene in mente?” disse lei con affetto. Poi gli andò davanti, e gli mise una mano sul petto, e continuò piano. “Com’era? Trentotto, trentanove, quaranta … Tana per Eliano …” Lui delicatamente la baciò. Lei si avvitò all’interno del braccio di lui e trovandosi con la bocca vicina al suo orecchio. “Saliamo”, disse piano. “Anche se …”. Salì solo Eliano, a braccia attraverso il boccaporto, come aveva fatto prima.

Quando stava per finire il tempo dell’attesa, i genitori di Monica avevano discusso a lungo prima di decidere il nome. Allora il sesso del nascituro non si conosceva prima del parto. Se è maschio lo chiamiamo Francesco. E su questo si erano accordati subito. Se è femmina, allora…. La madre aveva una teoria sui colori e la consistenza materiale dei caratteri della scrittura e, in genere, delle parole e dei numeri. E li sapeva attribuire e riconoscere. Vorrei un nome, aveva detto, che fosse non breve non lungo e armonioso. Con la consistenza morbida e il colore dell’oro scuro. Alla fine avevano scelto Monica, che a dire della madre aveva tutti quei requisiti. Faceva la prima elementare nel giorno in cui suo padre e sua madre si erano separati. La crisi del settimo anno. A quell’epoca lei non era morbida né armoniosa, ma una bambina spigolosa e assai avvilita, a cui il tempo non passava mai perché non si era data ancora nessuna attesa.

Page 30: 08-Naufragi diapo 20 - fulviobongiorno.it...nel campo dell’informatica, e aspettando segnali di vita e d’invito dall’università, aveva accettato la supplenza per lo scorcio

Ma la sua persona crescendo si adattò docilmente al nome, compatto, col finale appena di gola, l’apertura chiara sulla emme, la liquidità della i e il tono ambrato della lettera n. Divenne già dai tredici anni una ragazzina morbida e slanciata coi capelli neri fluidi e lisci, gli occhi misteriosi, la pelle col colore caldo del bronzo, e insomma con un fascino particolare.

“Capitano, com’è la navigazione?” chiese dalla prua Eliano. “E come dev’essere?” “I ragazzi mi avevano incaricato di dirti che sono andati a dormire. Anch’io mi ero appisolato …” “Non c’è problema. Monica?” “Ci ha fatto gli oroscopi, poi se n’è andata. Non è salita su?” “No, non s’è vista”. Intanto Eliano s’era portato accanto alla cabina di pilotaggio. Guardò a poppa. Dove prima si vedeva il faro di Fiumicino, ora era tutto buio. Guardò l’ora, le quattro passate. E certo, il faro non si vedeva più. A quell’ora dovevano trovarsi a una distanza ben maggiore della sua portata. Si voltò allora in avanti e guardò verso la costa. Due torri luminose, c’erano. “Eh, ma siamo già all’Argentario”, disse. “Eh, mica si vola”, rispose Dino. “La luce intermittente è la lanterna di Capo Linaro, l’altra è il faro del Monte Cappuccini, sopra Civitavecchia”. Avevano fatto poco meno di una trentina di miglia a una velocità di sette nodi all’incirca. “Dai lascia che ti dia il cambio, Dino …” “Eh sì, Eliano. Mi vado a riposare. C’è da trottare ancora …” Dino si avviò verso la scaletta. Eliano prese i comandi. “Buona notte”, gli disse mentre cominciava a scendere. “In culo alla balena!”, rispose Dino. “In culo!”, dovette replicare Eliano, e inarcò i sopraccigli. Poi si sentì tramestio di passi sottocoperta e si vide luce dal boccaporto a prua. Segno che Dino era arrivato in cabina. Subito infatti il portello fu richiuso. Poi si sentì un altro rumore di maniglia. La porta, pensò Eliano. Dino sicuramente si stava coricando. La notte era buia e serena, il mare una tavola. Nessuna luce eccetto quella di segnalazione dalla punta bassa sul confine tra cielo e mare, e quella della lanterna assai sbiadita. La costa, incavata tra Fiumicino e Capo Linaro, era evidentemente sotto l’orizzonte. Tra un po’ in queste condizioni, considerava Eliano, sarebbero spuntati dal mare i primi segni del giorno. “Ma non sei stanco?” sentì la voce di Monica, giunta senza rumore di passi. “Vuoi il caffè?” “Lo faccio io”, disse Eliano e scese. Fu bello risalendo con le tazzine odorose trovarla al timone con la sua aria pensierosa. All’orizzonte al tribordo s’alzava una fascia nebbiosa color prugna sfumato sul nero del cielo in alto stellato. “Fa giorno”, disse lei. “Il primo giorno che …” e si fermò lì, perché nel pozzetto erano comparsi Ghita e Valis. “Caffè?” chiese Eliano.

Page 31: 08-Naufragi diapo 20 - fulviobongiorno.it...nel campo dell’informatica, e aspettando segnali di vita e d’invito dall’università, aveva accettato la supplenza per lo scorcio

“Magari …” rispose Ghita. Quando tornò su con le altre tazze, il color prugna era diventato rosa pallido sfumato su una striscia bianca di nebbia appiccicata al mare. Il cielo era ora di celeste chiaro con ancora pallidissime stelle. Anche Ghita e Valis erano spalliditi. “Ma dove siamo?” chiese lui, accorgendosi che da ogni lato all’orizzonte si vedeva solo mare. “Sono le cinque e mezza”, disse Eliano con tono sicuro. “Dovremmo aver superato Civitavecchia. Trenta trentacinque miglia da Fiumicino”, aggiunse. “E quante da Giannutri?” “Una trentina scarse”. Per Valis non era stata una buona notizia. “Ancora tre quattr’ore di mare, vuoi dire?” “Coraggio. Passa presto il tempo ora che è giorno”, disse Monica. “Bevete il caffè, che è caldo bollente”. In quel momento avvenne un miracolo. Due luminarie, che dire, due città s’accesero a babordo e dirigevano a sfilare a poppa. “Sono i traghetti dalla Sardegna”, disse Monica. “Saranno a Civitavecchia verso le sette”. ”Due?” “Anche di più durante la mattinata. Arrivano a coppie, di solito. Uno da Cagliari, quello più in basso, e uno da Olbia”. I ragazzi ripresero colore. Intanto spuntò Dino. “Abbiamo una signora al timone, che privilegio …” disse in modo spiacevole. “Se te la senti, ti cedo volentieri la guida così preparo la colazione”, propose Monica. “Della colazione posso occuparmi io. Non ti dare pensiero”, disse Eliano. Così Dino prese il Timone. Monica e Valis si sedettero nel pozzetto. Ghita scese con Eliano. “Mi devi scusare per stanotte, Eliano”, gli disse quando furono di sotto. “Ho avuto la sensazione di avere interrotto un filo …” “Ma che dici …. Tutti sensitivi a bordo. Non solo Monica, che fa gli oroscopi …” “Monica è una persona splendida …” “Ghita. E che mi levi le parole di bocca? …” e le dette una pacca sulla spalla. Una silenziosa complicità era partita e questo giovò non poco al vassoio della colazione. Tra preparativi e consumazione s’erano fatte le sette e mezza. Dino dopo una brevissima pausa aveva ripreso posto al timone. Monica, Ghita e Valis erano scesi di sotto a sistemare e chiacchierare un po’. Eliano era rimasto a fare il secondo. “Ci dovremmo essere”, disse Dino, “ma non si avvista nulla”. “Forse è presto. Si è perso un po’ alla partenza com’è normale, e poi stanotte quando abbiamo preso il largo l’andatura era intorno ai sette nodi. In questo modo per fare la sessantina di miglia del percorso ci vogliono nove ore”. “No. Anche così non funziona. Siamo partiti prima di mezzanotte e ora sono le sette e mezza passate. Calcolando sette nodi fino alle nove, mancherebbero dieci-undici miglia all’arrivo. Qualcosa si dovrebbe vedere: navi dell’Argentario o di Giannutri stesso in cabotaggio locale”.

Page 32: 08-Naufragi diapo 20 - fulviobongiorno.it...nel campo dell’informatica, e aspettando segnali di vita e d’invito dall’università, aveva accettato la supplenza per lo scorcio

Il discorso non faceva una piega. Però Eliano aveva notato che la striscia bianca appiccicata al mare lungo tutto il giro dell’orizzonte, nebbia, nuvole basse, aveva pensato lui, non s’era diradata. “Sai”, disse allora Eliano, “c’è un po’ di foschia …” Intanto erano tornati tutti in coperta. Ghita e Valis a prua sdraiati sopra il boccaporto chiuso e Monica al pozzetto. “Problemi?” chiese lei avendo sentito le ultime parole. “Se tra un quarto d’ora non si avvista, si mette male …” disse Dino. “Tra un’ora, piuttosto, direi”, replicò Eliano. “Un’ora è troppo, ti assicuro …” tenne a insistere Dino. “Anche mezz’ora è troppo …” aggiunse. Mezz’ora passò abbondantemente. Erano le otto e un quarto e la situazione non cambiava. Ghita e Valis si erano avvicinati e lei scrutava all’orizzonte col binocolo. “Che vi avevo detto?” rincarò Dino. “Scommetto cha adesso non ci assicureresti più …” scherzò Eliano. “Cioè? Ah!”, e Dino fu folgorato. E rise per fortuna. “Questo volevi dire, figlio di puttana. Era un’allusione alla mia professione”, e lo sdrumò con una pacca sulla spalla. “Che pensi?” gli chiese Eliano. “Che abbiamo scapolato all’esterno”. “Quindi ci può fermare solo il golfo di Genova, a questo punto?” “Non scherzare. Secondo me la situazione non è molto diversa …” replicò Dino senza nascondere la sua preoccupazione. “Facciamo una cosa”, propose Eliano, “carica a 330 gradi secchi e rientriamo per una mezz’ora verso la costa”. “Ma non se ne parla nemmeno”, dichiarò Dino. “Ascolta”, aggiunse Eliano. “Se veramente abbiamo scapolato Giannutri ad ovest, dev’essere successo da poco e allora rientrando verso la costa la dovremmo avvistare a sud. C’è Ghita a cui non potrebbe sfuggire. E sennò …” “Sennò?” chiese Dino. “La vedremmo a nord, o finiremmo sulla costa sotto l’Argentario, o in braccio a porto Ercole invece che a Genova …” “Non ti convince?” chiese Monica a Dino. “Perché no. Si può tentare”, e dette di timone fino ai 330 gradi. S’erano fatte le nove e un quarto e il mare appariva sempre deserto. A Eliano sembrava ora che la cappa di calore all’orizzonte si fosse ispessita ulteriormente. “Possiamo fare una cosa?” suggerì Eliano. “Io penso che Giannutri sia nascosta nella nebbia …” “Ma va!”, disse Dino. “E allora?” “Mi sono fatto due conti. Dovremmo essere all’altezza dell’isola …” “E allora?” ripetè Dino. “Allora viriamo a 270 dritto per dritto e se in mezz’ora non succede niente mi arrendo …” Dino fece un giro con gli occhi per verificare il consenso e virò. “Che vuol dire che ti arrendi?” articolò Ghita sbiancandosi letteralmente. “Ma non lo stare a sentire”, disse Monica. “Non ce la vuol fare troppo lunga, ma la sua proposta è mossa sicuramente da tutta una serie di considerazioni …” Dopo neanche dieci minuti Ghita, che non s’era mai staccato il binocolo dagli occhi, annunciò con una certa eccitazione.

Page 33: 08-Naufragi diapo 20 - fulviobongiorno.it...nel campo dell’informatica, e aspettando segnali di vita e d’invito dall’università, aveva accettato la supplenza per lo scorcio

“Una nave, può essere? Di prua. Ci può investire. No è ferma. Ce ne sono altre …. Ma siamo in una rada”. “È la cala dello Spalmatoio. Siamo a Giannutri. Menomale”, disse Dino tirando un sospiro di sollievo. Superato il diaframma della nebbia, s’era fatto giorno e l’isola mostrava la forza dei suoi colori, anche se fumi che andavano tuttora svaporando s’alzavano lungo i ridossi. “E se non avessimo virato?” chiese Ghita. “Ci sarebbero venuti a chiamare”, buttò Eliano.

“Allora, una o tre tappe?” chiese Dino. “Pensateci, fate le osservazioni e poi si mette ai voti. Non abbiamo tempo da perdere”. Restavano due giorni alla data del rientro e si trovavano a Bastia. Per il ritorno si erano delineate due possibilità. La traversata diretta Bastia – Fiumicino, oppure una rotta frammentata in tre tratte. La prima ipotesi, 134 miglia di mare, avrebbe richiesto una quindicina di ore di navigazione a un’andatura di otto–nove nodi. La seconda, qualche miglio in più e un po’ di tempo per gli accostamenti, prevedeva due brevi fermate nelle località intermedie: Montecristo e Giannutri. In entrambi i casi si sarebbe data la fonda in rada, perché nella prima isola non è permesso l’approdo, e nella seconda i moli sono sempre occupati, come capita quasi dappertutto alla fine dell’estate. Anche ora infatti erano ancorati al limite della baia presso la jetée du

Dragon, con la vista sulle fortificazioni della Cittadelle. Nell’ipotesi della frammentata, tolte le 15-16 ore di mare, restavano 32 ore, ovvero una decina d’ore per ogni località, considerando che un minimo si doveva pur dormire. Paolo e Dino erano a favore del tragitto non stop, mentre gli altri avrebbero preferito la soluzione a tappe. Quella mattina poco prima delle nove Ghita Eliano Paolo e Monica erano scesi a terra e si erano diretti verso il centro. Ristagnava nel porto nebbia melmosa. Percorrendo le quai du Sud costeggiarono il Palazzo del Governatore e sulla curva successiva si scoperse la vista della chiesa barocca di San Giovanni Battista. Quando il molo cambiava nome diventando le quai du Bataillon de Choc, piegarono a sinistra sulla rue

Cardinal Viale Prela. Sulla sinistra videro la chiesa e il municipio di seguito. Poi in fondo la via si aprì sull’antica piazza del mercato. “Vorrei andare al porto, per vedere gli orari delle navi, caso mai s’alzasse il mare …” disse Paolo. “Vengo con te”, disse Ghita aggiungendo, “hai visto mai che qualcuno mi chiede di restare qui in una pensione sordida, dopo la vostra partenza …” “Io mi fermerei qui”, disse Monica. “Se vuoi puoi andare con loro …” aggiunse rivolta a Eliano. “No, resto volentieri a farti compagnia …” rispose lui. Presto Ghita e Paolo voltarono l’angolo e loro due presero posto in un piccolo café sulla rue Neuve a sette-otto metri di distanza dall’area dei banchi. Restando seduti potevano vedere le mercanzie esposte. “È assai umido”, osservò Monica. “È vero”, confermò Eliano. “Le triglie sembrano bagnate”. “Le possiamo prendere per il pranzo se ti va”.

Page 34: 08-Naufragi diapo 20 - fulviobongiorno.it...nel campo dell’informatica, e aspettando segnali di vita e d’invito dall’università, aveva accettato la supplenza per lo scorcio

“Sì, certo”, disse Eliano. “Anche se da bambino non le mangiavo mai perché avevo paura delle spine …” Lei gli prese la mano. “Come stai?” gli chiese. “Sono malato, Monica”. “Siamo guariti, Eliano”. “Non voglio più stare senza di te …” “Io nemmeno”. “E come possiamo fare …” “Lascia stare i bilanci di previsione, Eliano. Si farà come viene. Istante per istante. Ho voglia di stare con te …” e rinforzò la stretta della mano. Poi si misero a parlare di cose insignificanti con grande gioia e consumarono café au lait e croissantes, cappuccino e cornetti si direbbe a Roma. “Volete?” chiese Eliano, quando Ghita e Paolo furono di ritorno. “Abbiamo preso anche noi”, disse Ghita. “Let’s go?” disse Eliano. “Il pesce …” disse Monica. “Pensavamo quelle triglie, ma non volevamo prevaricare …” “Sono una meraviglia …” disse Ghita. Se ne tornarono verso la barca col pesce in un cartoccio di carta gialla che Ghita teneva chiuso con le mani, per quanto era pieno. Presero la rue du Marché e poi a sinistra la rue du Zèphirs fino in fondo, al grande parcheggio. “Quello a sinistra è il molo foraneo del bassin de Saint Nicolas dov’è il porto commerciale …” indicò Paolo a Eliano. Monica e Ghita seguivano a ruota chiacchierando e ridendo. “Sono allegre le ragazze …” commentò Paolo. “Ragazze …” ripeté Eliano. Fa il gioco del Gatto e la Volpe, pensò Paolo. Messa ai voti, la risoluzione per la frammentata era passata all’unanimità inaspettatamente. Così si decise di partire quello stesso pomeriggio dopo aver festeggiato con la frittura di triglie e un vino bianco locale. Contavano di raggiungere Montecristo in tarda serata. Avrebbero filato l’ancora in rada a Cala Maestra, che è l’unico punto che offre qualche riparo. Due giorni dopo nel pomeriggio inoltrato raggiunsero Fiumicino, come da tabella di marcia. Paolo sistemò la vettura sul molo a fianco della barca e cominciò a caricare i bagagli. La cassa di legno con gli strumenti di bordo, le mappe, i libri e i documenti della barca. Le lenzuola, le coperte, la biancheria del bagno e della cucina da lavare e stirare. I cuscini e i materassini che in città si sarebbero tenuti all’aria per togliere l’odore particolare delle muffe di bordo. Le sacche con gli effetti personali propri del cugino e di Monica. “Guarda che hai fatto il pieno …” gli disse Eliano. “Se poi decidete di ripartire?” “Difficile per quest’anno. Giusto qualche uscita appena fuori dal canale”. Intanto Monica si apprestava a scendere col suo bagaglio a rotelle. Dino s’era avvicinato sul molo. Lei teneva gli occhi bassi e parlava con Valis. “Se scendi, ti passo la valigia …” gli disse infine. Valis con premura le tolse il bagaglio di mano e lo portò fino alla vettura.

Page 35: 08-Naufragi diapo 20 - fulviobongiorno.it...nel campo dell’informatica, e aspettando segnali di vita e d’invito dall’università, aveva accettato la supplenza per lo scorcio

“Monica, se hai bisogno ci sono qua io. Lascia stare Valis che ha Ghita a cui pensare”, disse Dino andando verso di lei. Monica lo ignorò e fingendo distrazione tornò di sotto a prendere una sacca. “Vuoi che ti aiuti?” chiese Ghita. “Sì, scendi con me …” Dino era fermo sul molo. “Scusa”, disse Ghita, sfiorandolo nel passare. “Prego, accomodatevi”, disse lui. “È finito il tempo in cui le donne ci facevano fare i cavalieri”. Paolo stava in pratica disarmando la barca. Si portava via tutto ciò che poteva. Caricò il piccolo canotto di servizio sopra la vettura sul portabagagli e il motore fuori bordo nel posto dietro a quello di guida, fissato al suo traliccio di legno e chiuso in un robusto sacco di plastica. Il motore in città andava spurgato, facendolo girare nella vasca d’acqua dolce del lavatoio. Piccole incombenze che prolungavano la sensazione di stare in mare fino all’inizio dell’autunno. Eliano e Dino si portarono accanto alla vettura. “Siamo pronti”, dichiarò Paolo chiudendo a fatica il vano bagagliaio. “Scusami, Eliano”, continuò, “ti posso chiedere la cortesia di occuparti degli ultimi controlli e di chiudere la barca?” Aggiunse a giustificazione, “Dino ci tiene ad essere a Roma presto. Sua moglie è già da noi che prepara la cena”. “Figurati”, rispose Eliano. Si salutarono scambiandosi un abbraccio misurato, come d’abitudine. Monica intanto aveva preso posto dietro per lasciare a Dino, più massiccio, il sedile davanti. La vettura si mosse. Eliano aspettò di vederla entrare nel viale Traiano e tornò in barca. Iniziò a controllare gli ormeggi di prua, poi quelli di poppa. Ma dopo un minuto stava nuovamente sul molo. Aveva visto dal pozzetto che Ghita e Valis se ne stavano di sotto a preparare i bagagli. Gli sembrò carino lasciar loro il campo libero. “Ragazzi, mi devo allontanare per un’ora almeno”, disse da sopra. “Quando andate via lasciatemi le chiavi al bar. Non preoccupatevi di riordinare a bordo. Ci penserò io dopo con calma”. S’infilò al caffè della darsena, prese posto nel piccolo giardino interno e si mise a leggere il giornale che stava a disposizione su un tavolino. Era curioso di sapere cos’era successo in quei giorni in cui era stato all’estero. Tra un po’ mi vado a ordinare un gelato, decise. Ne era goloso. Pensava che quando la gente non ha a tiro misti con panna fa l’amore per compensare. Dopo avrebbe chiamato Monica con la scusa di dare notizie dal molo, e avrebbe preso una grappa per tirarsi su. Ma in questo tempo d’ozio si rese conto d’essere in attesa, come spesso gli capitava, e in sostanza solo. E si sentì pungere fortissimo dalla gelosia. Cercò distrazione ripensando alle nottate in mare. All’azzurro e bianco della schiuma, alle macchie dei boschi e delle case sulla montagna. A lei con l’odore del caffè intorno. E non si può dire dove sarebbero arrivati i suoi pensieri in divergenza, se in quel preciso momento non avesse visto sul molo proprio Monica che andava verso la barca. Uscì sulla strada e le andò incontro.

Page 36: 08-Naufragi diapo 20 - fulviobongiorno.it...nel campo dell’informatica, e aspettando segnali di vita e d’invito dall’università, aveva accettato la supplenza per lo scorcio

“Hai lasciato a bordo la mappa col percorso per tornare a casa?” le chiese Eliano quando furono a portata di parole. “È così. Non c’ero arrivata …” rispose lei accendendosi in volto. Era successo in macchina che dopo un chilometro scarso di marcia s’era aperto il bagagliaio e non c’era verso di richiuderlo. “Si dovrebbe togliere qualcosa”, aveva suggerito Dino. E Paolo si era fatto sotto a cercare cose piccole da sistemare sotto i sedili. “Non lambiccatevi il cervello”, aveva detto Monica scendendo dalla vettura. “Vi lascio il mio posto libero. Io posso trovare un passaggio dagli altri”. “Ma non c’è bisogno”, disse Paolo, “un attimo e troviamo la soluzione …” Ma Monica già s’era avviata verso la darsena ad andatura spedita. “E tu?” continuò Monica dirigendosi verso la banchina. “Ero al bar …” indicò Eliano non sapendo come prendere tempo. Sul pozzetto uscirono i ragazzi. “Ce ne andiamo”, disse Ghita vedendoli. “Le chiavi, le lascio appese?” chiese poi.

Page 37: 08-Naufragi diapo 20 - fulviobongiorno.it...nel campo dell’informatica, e aspettando segnali di vita e d’invito dall’università, aveva accettato la supplenza per lo scorcio

Ma in questo tempo d’ozio si rese conto d’essere in attesa,

come spesso gli capitava, e in sostanza solo. (pag. 151)

Page 38: 08-Naufragi diapo 20 - fulviobongiorno.it...nel campo dell’informatica, e aspettando segnali di vita e d’invito dall’università, aveva accettato la supplenza per lo scorcio

Dentro è abbastanza sistemato. In pratica è vuoto”, aggiunse Valis. “Giusto i tavolacci delle panche sono rimasti. Ah, e gli avanzi delle triglie”, e indicò. “Ora li prendiamo e li portiamo ai cassonetti”. “Non preoccupatevi”, disse Eliano, “siete già carichi con le vostre cose”. Si salutarono. Eliano e Monica li seguirono con gli occhi fino a quando la loro vettura imboccò la via di Fiumara. “Non mi volevi dire che a bordo c’erano i ragazzi, eh?” scherzò Monica. “Non sapevo come fare. Tu piuttosto come ti sei liberata?” “Lascia stare …” e si accostò. “Hai la barba lunga”, gli disse sfiorandogli il viso con la mano. “Hai ragione. Oggi non vedevo un buon motivo per radermi”. “Col pizzetto saresti carino”. “Ti ho riportato”, continuò lui cercando nella tasca, “la matrioska …” “Grazie”, disse lei prendendola, “mi cominciava a mancare …” Ora che erano insieme non c’era nessuna fretta. Ma non restarono lì ad aspettare che facesse sera. Eliano l’invitò verso la barca indicando la passerella. Lei salì e lui la seguiva. Presero di lato al parapetto. Videro passando teste e lische di triglie nel grande piatto da portata. Scesero la scaletta e raggiunsero di sotto la porticina con le doghe inclinate. Le chiavi erano attaccate. Eliano aprì e la fece passare. Poi richiuse dall’interno. Dagli oblò filtrava luce pallida di lampioni accesi sullo sfondo ancora chiaro del cielo. Li potevano vedere da fuori? Non era importante. Lui le carezzò il viso. E fu come se la luce non ci fosse più. Lei aveva lasciato la matrioska sul tavolino, e entrambi continuavano a poggiare sul legno scabro dei divani sguarniti le poche cose che ancora avevano addosso.