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Ricerca delle condizioni di applicabilità delle Fonti Energetiche Nuove e Rinnovabili sul territorio. Il modulo urbano sostenibile per piccoli insediamenti 1.2 Bioarchitettura

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Ricerca delle condizioni di applicabilità delle Fonti Energetiche

Nuove e Rinnovabili sul territorio.

Il modulo urbano sostenibile per piccoli insediamenti

1.2

Bioarchitettura

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Il termine bioarchitettura (anche architettura sostenibile, architettura ambientale, architettura ecologica…) è un termine utilizzato per indicare l’insieme di criteri progettuali per ridurre l’impatto (ambientale, sociale ed economico) derivante dalla trasformazione del territorio da parte dell’uomo. I criteri possono essere adottati per una vasta gamma di opere e per diverse scale d’intervento (organizzazione dell’assetto urbano di un nuovo quartiere, progettazione di un edificio, progettazione di oggetti di design,…). Tra gli aspetti di più immediato riscontro e interesse c’è la ricerca di un più equilibrato rapporto tra zone urbane e zone “naturali”, la ricerca di una corretta gestione delle risorse, siano esse naturali, come l’acqua, o energetiche e l’utilizzo di materiali naturali o a basso contenuto di sostanze nocive. Trasformare il territorio secondo i criteri sopraccitati può portare ad un immediato beneficio per la comunità, misurabile sia in termini di maggiore salubrità dell’ambiente sia in termini monetari con un effettivo risparmio sui costi di gestione degli impianti (riscaldamento, condizionamento, fornitura di acqua,…). Molti sono gli studi e le ricerche attualmente in corso e che si muovono su due canali diversi. Da una parte la ricerca architettonica, che si avvale dei criteri della bioarchitettura per creare edifici in grado di dialogare con l’ambiente circostante. Dall’altra parte si trova la ricerca scientifica, che sta sviluppando strumenti per una sempre più attenta e accurata misurazione delle interazioni tra ambiente e uomo, e la ricerca tecnologica con la produzione di materiali e dispositivi innovativi e la ricerca di energie alternative.

1.2.1. Edilizia bioclimatica Per edilizia bioclimatica si intende quella specifica branca della bioarchitettura finalizzata al raggiungimento del comfort ambientale all’interno di un edificio, procedendo in prima istanza alla minimizzazione dei consumi energetici necessari per la realizzazione del benessere abitativo (riscaldamento, raffrescamento ed illuminazione diurna) e, allo stesso tempo, alla limitazione dell'inquinamento dell'ambiente circostante. Questo settore affida, in modo prevalente, al contesto climatico in cui viene realizzato l’edificio, al suo orientamento e alla sua struttura, il compito di sfruttare le radiazioni solari e di trarre il maggior vantaggio dal microclima locale, per ottenere il soddisfacimento delle esigenze progettuali. L’edilizia bioclimatica diventa, in questo modo, una delle principali risorse tra le tecnologie energetiche basate su fonti nuove e rinnovabili, sfruttando al massimo gli apporti energetici naturali in maniera “passiva”. L'edilizia bioclimatica si può intendere, quindi, come un complesso di soluzioni progettuali che consentono di assicurare, all'interno di un edificio, il mantenimento di condizioni di comfort ambientale, inteso come soddisfacimento dei requisiti microclimatici all’interno degli edifici, limitando al minimo l'intervento degli impianti energetici alimentati da fonti convenzionali, traendo, invece, il massimo vantaggio dall’insieme di tutte quelle risorse che l’ambiente esterno offre. Tale sviluppo rappresenta, quindi, una prospettiva assai allettante per un miglioramento nel risparmio energetico e per una riduzione del degrado ambientale, ricordando che in Europa l'energia consumata negli edifici per il riscaldamento, la climatizzazione, l'illuminazione e le funzioni tecnologiche e di servizio copre circa il 40% del consumo di energia primaria. In considerazione della rilevante incidenza che il settore residenziale assume, si presenta di particolare importanza la diffusione dell'edilizia bioclimatica, attraverso l'impiego di idonee tecnologie e di opportuni criteri di progettazione, per le nuove strutture e per il recupero energetico di quelle già esistenti. Riguardo a quest'ultimo aspetto si può mettere in evidenza come in Italia, dei 18 milioni di alloggi esistenti, almeno quattro milioni e mezzo hanno consumi energetici per il riscaldamento più elevati rispetto alla norma; di questi, almeno due milioni presentano reali possibilità di interventi di recupero per una sostanziale riduzione dei consumi energetici. I principi di progettazione bioclimatica non sono un fatto nuovo: basti pensare al Feng Shui (letteralmente “Vento e Acqua”, circa 1000 A.C.), o a tutti gli accorgimenti che i Romani e i

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Celti ponevano prima di fondare una città. Questi principi, infatti, sono stati applicati nel passato in molti esempi di architettura nei quali, sia la posizione reciproca degli edifici, sia le caratteristiche costruttive e la scelta dei materiali erano tali da rendere il microclima interno soddisfacente, senza l'intervento di ulteriori impianti. Con l'avvento della rivoluzione industriale iniziò la diffusione della climatizzazione artificiale dei locali abitativi, favorita soprattutto dall’abbondante disponibilità di fonti di energia a basso costo (carbone, petrolio, gas, ecc.). In tal modo ebbe inizio “l'epoca dello spreco", che portò a trascurare qualsiasi soluzione intesa a limitare i consumi energetici, delegando agli impianti il compito di realizzare il desiderato standard abitativo. La casa ideale era raffigurata come una sorta di prodotto, la cui posizione e forma poteva rimanere indifferente alle condizioni climatiche locali. Quando, con l'avvento della crisi energetica, si è reso necessario tenere sotto controllo i consumi, i progettisti si sentirono tenuti a prendere in considerazione materiali e tecnologie per la conservazione energetica e l'uso di fonti rinnovabili. È stata, allora, la crisi energetica che ha dato così impulso all’avvio di un ampio lavoro di ricerca e sperimentazione che ha portato, fin dallo scorso decennio, alla realizzazione di numerosi edifici conformi ai principi bioclimatici. Si è tornati, invece, a riformulare il concetto di abitare, rivalutando principi base quali l'orientamento, il sole, il vento e tutti quegli elementi naturali con cui dobbiamo necessariamente fare i conti e, anzi, possibilmente, cercare di trarne il maggior beneficio energetico. In sostanza, la progettazione bioclimatica cerca di valutare l’influenza dell’ambiente esterno, inteso come condizioni climatiche, morfologiche e localizzative del territorio sul quale sarà posizionato l’edificio da costruire, l’impatto dell'insediamento umano sul territorio, come la trasformazione del terreno, la deviazione delle acque, lo smaltimento dei rifiuti e la quantità di energia necessaria per far funzionare le abitazioni e, inoltre, come si comporta un dato materiale dal punto di vista termico, igrometrico, acustico e soprattutto, che sostanze rilascia a lungo periodo nell'ambiente. L’edilizia bioclimatica parte, quindi, dal fondamento di non accettare passivamente il primato della tecnologia sulla natura, ma di cercare di fare interagire l'edificio con gli elementi esterni. E' necessario recuperare conoscenze quali la bioclimatica, intesa come progettazione e costruzione di edifici, in una determinata regione climatica, sfruttando i vantaggi del clima e difendendosi dagli svantaggi, e il regionalismo, concepito come impiego di materiali da costruzione presenti nel sito e quindi adatti a quel particolare clima, adottando sistemi costruttivi che hanno superato la prova del tempo rivelandosi, indubbiamente, i più idonei. Sono questi gli elementi che permettono di comprendere il senso delle differenti architetture che si osservano nelle varie zone climatiche, il perché le case a Palermo hanno la copertura a terrazza e a Torino a falde e il motivo per cui le case di Ostuni sono tutte intonacate con la calce e tinte di bianco. Sono scelte, tutt’altro che folcloristiche, dettate dall'esigenza di ottenere un migliore comfort ambientale e un maggiore risparmio energetico ed economico sfruttando le caratteristiche specifiche del luogo.

Condizioni climatiche locali Per scegliere un luogo da abitare, risulta di fondamentale importanza che il progettista conosca approfonditamente il suo clima e i materiali da costruzione presenti nei dintorni. Una volta scelto, quindi, il sito dove si vuole costruire un nuovo edificio, è necessario eseguire come prima cosa un’analisi di tutti gli aspetti bioclimatici che caratterizzano il terreno scelto. Ciò significa conoscere le condizioni climatiche del luogo, ponderarle e definire l’importanza dei singoli fattori. La conoscenza del clima e delle variazioni stagionali, che influenzano la zona, è fondamentale per il progettista, così da tenere in considerazione questi elementi al momento della localizzazione dell’edificio sul terreno e quindi al suo orientamento. Un ottimale studio bioclimatico è sicuramente il primo fondamentale passo per progettare un edificio, che tenga conto di tutti quegli accorgimenti per un uso razionale dell’energia.

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Costruire in rapporto alle condizioni climatiche locali è un uso molto antico, si può però scegliere il 1728 come data d’inizio dell’istituzionalizzazione dello spazio, in particolare nella cultura occidentale. È, infatti, in questo anno che a Parigi viene redatto dalla municipalità il “Piano dei limiti” con l’intento di realizzare una mappa della città, dando inizio però, in questo modo, ad uno sviluppo urbanistico dall’orientamento astratto, dove il suolo viene disegnato dall’alto. Nasce, allora, un’idea d’orientamento molto diversa da quella che si ha vivendo lo spazio quotidiano. Spazio che, prima nasceva dalle necessità delle persone che lo occupavano, mentre da questo momento viene modellato sulle necessità di un’amministrazione. Successivamente, l’accessibilità ad una nuova risorsa energetica come il gas portò, definitivamente, a partire dalla prima illuminazione stradale a Pall Mall nel 1807, allo sviluppo di inedite e più sofisticate tecnologie per la climatizzazione e l’illuminazione degli edifici, con rete di distribuzione diffusa, che permisero ai costruttori di sciogliersi dal vincolo del clima, dando fiducia più che altro ad impianti di controllo ambientale di tipo meccanico. La riscoperta dei pregi delle tecniche di costruzione tradizionali dei tempi antichi, quelle cioè di costruire in stretto rapporto con il Sole e le condizioni climatiche locali, ampiamente ignorate come appena visto dall’architettura degli ultimi secoli ed in particolare del XX secolo, giacché ritenute superate dalla tecnologia moderna, hanno portato allo sviluppo, alla maturazione e all’evoluzione degli antichi principi riguardo la progettazione. Proprio lo studio dell'energia, presente nel sito prescelto per costruire, è uno dei punti fondamentali del Vastu (il cui significato è "ambiente naturale" o "dimora dell'uomo") indiano. Il Vastu propone criteri di edificazione in modo da usufruire degli effetti positivi del Sole, privilegiando l'orientamento a Est per captare i benefici raggi solari, ricchi di radiazioni ultraviolette, e schermarsi da quelle nocive infrarosse presenti a Ovest. Il Nord, poi, è considerato direzione privilegiata rispetto al Sud, al contrario sfavorevole nel caso della collocazione geografica dell'India, nella fascia tropicale, caratterizzata quindi da clima particolarmente torrido. Da queste e altre osservazioni si ricaverà la disposizione ottimale per i vani di una casa o, eventualmente, il possibile rimedio ad un posizionamento infelice, ad una pendenza sfavorevole o ad un'altra qualsiasi caratteristica negativa in grado di alterare e compromettere l’equilibrio abitativo di un edificio. Anche il Feng-Shui è un insieme codificato di concetti e norme, attraverso i quali l'uomo cerca di favorire le energie cosmiche e telluriche presenti sul sito prescelto, per configurare il proprio luogo abitativo. La collocazione geografica della Cina nella fascia temperata suggerirà di proteggere l'edificio dai venti dominanti provenienti da Nord e garantire un discreto irraggiamento. Il Sud è considerato di fondamentale importanza, tanto che tutte le mappe lo riportano convenzionalmente in alto, salvo i casi in cui è in altro modo indicatoW3. Le città antiche raccontano, attraverso le loro architetture, il modo di costruire e l'impiego di materiali tipici del luogo; ancora oggi gli accorgimenti bioclimatici sono particolarmente evidenti nelle architetture delle regioni con climi estremamente caldi o estremamente rigidi. Nella prima ipotesi, si avrà un edificio con un involucro concepito in modo da non trasmettere all’interno il calore che si diffonde durante la maggior parte del giorno, inoltre, vegetazione e corpi d’acqua di superficie daranno luogo ad un microclima più temperato; nel secondo caso, invece, l’edificio apparirà più massiccio e compatto sul lato freddo, a volte con doppio rivestimento in modo da impedire dispersioni di calore, mentre, con ampie facciate sul lato caldo, in modo da intercettare il più possibile i raggi solari. In Italia vi sono numerosi esempi di architettura sviluppata in rapporto alle condizioni climatiche locali: il Dammuso dell’isola di Pantelleria, il Trullo in Puglia, i Sassi di Matera e gli chalet alpini. Pantelleria, isola del Mar Mediterraneo a sud della Sicilia, presenta un clima con temperature piuttosto elevate, con medie mensili che variano dai 24°C in agosto ai 10°C in gennaio. La piovosità è molto scarsa e la ventosità molto forte, è evidente, allora, come il Dammuso cerca soprattutto di predisporre una difesa al caldo e al vento.

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Nel clima caldo della Puglia, la grande massa in muratura del Trullo ha la funzione di regolatore termico, che di giorno assorbe il calore ricevuto attraverso l’irradiazione solare e di notte lo rende disponibile all’interno dell’edificio, livellando le escursioni di temperatura, tanto che in estate la temperatura interna rimane sempre abbastanza inferiore rispetto a quella presente all’esterno. I Sassi di Matera, poi, sono un altro efficace esempio di come l’uomo, attraverso le sue abilità, le sue aspirazioni e la sua cultura, abbia imparato a dominare le condizioni ambientali avverse, così da rendere abitabile e ospitale un luogo impraticabile e proibitivo. Infine, nelle Alpi, le case tipiche della zona, costruite in legno e pietra, sono generalmente come inserite e incassate nella montagna e, inoltre, tendono spesso, se possibile, ad essere costruite molto vicine le une alle altre, così da ripararsi mutuamente dai venti freddi caratteristici di tali climi. Un altro importante accorgimento è, poi, quello di costruire i tetti con un inclinazione accentuata, ma non eccessiva, per permettere l’accumulo di uno spesso strato di neve, nei limiti evidenti di resistenza dei solai, così da formare un cuscinetto isolante e ridurre così la differenza di temperatura tra quella interna e quella esterna. Un’indicazione generale sulle condizioni climatiche locali, si possono ottenere attraverso l’analisi dei gradi-giorno, riportati nell’allegato A del DPR 26 agosto 1993, n. 412, per i singoli comuni italiani. I gradi-giorno sono la somma delle differenze positive giornaliere tra la temperatura ambiente, convenzionalmente fissata a 20°C, e la temperatura media esterna giornaliera, per tutti i giorni del periodo annuale di riscaldamento. Quanto più alto è il numero dei gradi-giorno, tanto più freddi sono gli inverni di questo particolare sito e, allora, tanta più importanza dovrà avere il riscaldamento, nella fase di progettazione di un edificio in tale zona.

Orientamento dell’edificio Un fattore predominante, che influisce decisamente sul microclima del sito prescelto, è l’insolazione dell’area, in dipendenza dalla sua esposizione. Tenendo presente l’emisfero boreale, in particolare nell’ambito delle latitudini italiane, si può vedere che i maggiori apporti solari li hanno i versanti che declinano in direzioni comprese tra SE e SO, poiché questo orientamento garantisce alti apporti di energia solare e permette una buona illuminazione naturale degli ambienti. Si capisce subito, allora, come sia importante, nell’economia energetica, l’orientamento che l’edificio da costruire viene ad assumere nella geografia del luogo. L’orientamento di un edificio viene definito mediante l’angolo azimutale (γ) che indica di quanto una facciata è inclinata rispetto al Sud. Per procurare all’edificio un massimo di apporto energetico solare, l’orientamento più vantaggioso è, senza alcun dubbio, quello verso Sud ( )°= 0γ . In questo modo, in inverno, quando il sole rimane basso nella volta celeste, le facciate orientate verso Sud continuano ad essere quelle che ricevono un massimo di apporto energetico, spesso già sufficiente per riscaldare gli ambienti abitativi. In estate, invece, quando il sole è al contrario alto, tendono a captare meno radiazioni di quelle orientate verso Est ed Ovest, ma, per evitare un comunque inevitabile surriscaldamento dei locali, occorrono adeguati dispositivi di ombreggiatura e di ventilazione. Le falde del tetto esposte verso Sud sono gli elementi costruttivi di un edificio che, in estate, a mezzogiorno, ricevono il massimo della radiazione solare, in quanto hanno normalmente

Fig. 3 - [W4]

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un’inclinazione di circa 20°, e ciò significa che il Sole incide su queste superfici quasi perpendicolarmente. È necessaria, allora, una certa cautela in fase di progettazione poiché questo fatto può comportare degli eccessivi surriscaldamenti nella struttura portante dei tetti. Le facciate orientate verso Est e Ovest ricevono nella stagione invernale un basso contributo, visto che il sole sorge a SE e tramonta a SO. In primavera e in autunno gli apporti sono ripartiti in misura quasi uguale su tutte le superfici verticali, ad eccezione di quelle orientate verso Nord.

Non bisogna dimenticare, inoltre, che un edificio immerso in una città è fortemente influenzato da un punto di vista di insolazione dalla morfologia urbana che lo circonda; sarà, allora, fondamentale anche un’adeguata urbanizzazione del territorio sotto quest’ottica ed un esempio esaustivo è sicuramente dato dalla antica città greca di Olinto. Essa, dopo un terremoto nel IV secolo a.C., venne ricostruita con uno schema urbano da farla considerare una delle prime città “solari”; infatti, le sue strade scorrevano lungo gli assi Est-Ovest e Nord-Sud in modo da garantire a tutte le case l’accesso al sole e le abitazioni si affacciavano su cortili esposti a Sud. Ad influenzare l’orientamento dell’edificio sono, inoltre, l’orografia del sito, la vegetazione presente ed altri elementi che caratterizzano il paesaggio. Questi fattori possono e devono essere usati, non solo da un punto di vista puramente panoramico, ma soprattutto a proprio vantaggio in particolare per l’ombreggiatura dell’edificio da costruire. Si deve tenere conto, infatti, che un’eccessiva insolazione, allo scopo di massimizzare il riscaldamento dei locali nel periodo invernale, causerebbero evidentemente spese eccessive per il raffrescamento estivo dei medesimi locali nella stagione calda e, quindi, diventerebbe una soluzione controproducente. Per impedire questo inconveniente, si cerca allora di schermare, dai raggi solari, l’edificio nelle ore più calde del giorno e il modo evidentemente più economico è sicuramente lo sfruttamento degli elementi paesaggistici naturali. A questo proposito si possono usare i diagrammi solari che indicano la posizione del sole in dipendenza di parametri come latitudine, mese, ora locale e angolo azimutale; i diagrammi per latitudini diverse da quelle tabellate si possono ottenere per interpolazione. L’ombreggiatura dell’area può essere, quindi, determinata tracciando il profilo dell’orizzonte locale sul diagramma solare. L’orizzonte si misura normalmente usando un orizzontoscopio o un teodolite (goniometro a cannocchiale destinato alla misura di precisione di angoli azimutali e zenitali). Il primo permette una lettura diretta dell’orizzonte sullo schermo dell’apparecchio,

Fig. 5 – Effetto degli aggetti frangisole; [12]

Fig. 4 – La geometria solare; [12]

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mentre con il teodolite si deve stabilire, per ogni singolo punto dell’orizzonte, l’angolo azimutale e l’angolo d’altezza.

Sovrapponendo, quindi, l’immagine paesaggistica circostante e il diagramma solare si avrà un’impressione esatta delle zone d’ombra che si vengono ad avere nei differenti periodi dell’anno. Ad influenzare fortemente lo scambio termico, tra l’edificio e l’ambiente esterno, è certamente l’esposizione ai venti predominanti nell’area. Com’è noto, le caratteristiche più importanti, nella trasmissione del calore per convezione, sono la differenza di temperatura e la velocità relativa esistente tra l’aria e l’edificio; è importante, quindi, conoscere accuratamente le caratteristiche dei venti prevalenti e dei loro regimi stagionali. I venti più freddi, in Italia, provengono normalmente da Nord e da NE e raffreddano notevolmente l’involucro dell’edificio. Chiaramente, in estate sono i benvenuti in quanto comportano freschezza, mentre in inverno fanno perdere molto calore prezioso. Questo, allora, sarà un fatto molto importante da prendere in considerazione nel dimensionamento dell’isolamento termico e nella predisposizione delle aperture, limitate queste alla necessaria inevitabile ventilazione. In zone collinari o montagnose, per ripararsi dai venti freddi, si possono scegliere siti su versanti sottovento, esposti verso Sud o SO, che godono anche di più alti apporti solari. In pianura le case possono essere protette da siepi, alberi o da altri edifici, come avviene spesso nelle città, che formano una barriera contro i venti freddi.

Caratteri morfologici e distributivi degli edifici Forma e compattezza dell’edificio incidono in particolar modo sui consumi energetici. Tale incidenza si può valutare in modo semplice attraverso il rapporto tra superficie dell’involucro edilizio e volumetria del manufatto (SIV):

tot

totV

SSIV =

Evidentemente, una casa compatta sarà più conveniente nel caso si voglia non disperdere il calore e, quindi, si cercherà un valore di SIV il più piccolo possibile; in questo modo il calore si diffonderà più difficilmente attraverso la sua superficie. Le irregolarità dell’involucro

Fig. 6 – Esempio di diagramma solare; [13]

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dell’edificio, inoltre, come le sporgenze e le rientranze dei muri e del tetto, aumentano sensibilmente la superficie. La forma di una costruzione, sotto un profilo di massimizzazione dello sfruttamento dell’energia solare, può essere valutata attraverso l’indice della qualità solare (IQS) definito da W. Pokorny:

tot

sudS

SIQS =

dove Ssud corrisponde alle superfici attive proiettate su un piano orientato a Sud, mentre Stot è la somma delle superfici attive e passive dell’edificio9. La superficie attiva consiste in quella parte di superficie dell’involucro dell’edificio che riceve effettivamente radiazioni solari dirette, mentre la rimanente parte dell’involucro corrisponde alla superficie passiva che generalmente necessita di una buona coibentazione termica per ridurre la dispersione del calore. Sempre nell’ottica del risparmio energetico è, ora, utile razionalizzare la disposizione dei locali interni all’edificio secondo il loro utilizzo. Per fare questo, sarà, allora, necessario suddividere la struttura in zone climatiche differenti, zone calde e zone fredde. Una prima classificazione degli spazi, dettata essenzialmente da esigenze termiche e d’illuminazione, può vedere distinte tre categorie: gli spazi serviti, che necessitano essere adeguatamente caldi perché normalmente abitati, gli spazi connettivi, temperati, e gli spazi di servizio, che possono rimanere freschi in un’ottica di uso razionale dell’energia. È logico pensare all’area giorno (salotto, soggiorno) come ad un ambiente della casa che necessita di luce e calore, quindi, come tutti i locali che interessano che siano caldi e illuminati, deve essere orientata verso Sud e possedere grandi finestre. In questo modo, inoltre, in inverno, quando il sole è basso all’orizzonte, i raggi solari penetrano nella profondità delle stanze riscaldando il pavimento e le pareti; questo fa subito capire come sia anche importante nella forma della casa una struttura preferibilmente allungata, possibilmente lungo un asse orientato secondo la direzione Est-Ovest, così che l’insolazione raggiunga, durante l’intera giornata, quanto più profondamente possibile tutti gli ambienti, anche quelli rivolti sul versante Nord. Gli ambienti posti sul lato settentrionale saranno quelli per cui non serve riscaldamento o che, in ogni caso, necessitano di poco calore, ad esempio bagni, ripostigli, dispense e garage, come anche corpi scala, vani ascensore e locali tecnici. Questa disposizione permette la realizzazione di un settore dell’edificio con la funzione di cuscinetto termico. Questi accorgimenti sono validi soprattutto quando è prevalente la necessità di riscaldamento. Viceversa in una regione climatica calda e umida il problema è essenziale il corretto orientamento per un’ottima ventilazione naturale. Tale logica di assetto degli ambienti è valida ed efficiente, per motivi termici, solo quando la differenza di temperatura, tra le zone calde e quelle fredde (con funzione di cuscinetto termico), sia limitata a 5÷8K. Situazioni, in cui questa differenza dovesse aumentare, causerebbero innanzi tutto sensazioni sgradite ad una persona che dovesse cambiare rapidamente ambiente, con un peggioramento indubbio delle qualità specifiche di benessere della casa, ma anche, nel caso la differenza di temperatura sia inferiore a 5K, uno sforzo

Fig. 7 – Abitazione bioclimaticamente organizzata; [15]

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inutile nella disposizione degli ambienti, i quali risultano pressoché indifferenti da un punto di vista termico alla loro collocazione. È bene, allora, prevedere nel passaggio tra le zone calde e quelle fredde un ambiente mediato utilizzando uno spazio di disimpegno. Anche l’orientamento delle finestre ha bisogno di tenere conto delle condizioni climatiche stagionali. Un esempio può essere la situazione in cui ci si trovi in una zona climatica dove prevalgono nebbie mattutine, in questo caso converrà andare a disporre le finestre non più direttamente a Sud, ma esporle leggermente a Ovest in modo da sfruttare maggiormente i raggi solari pomeridiani. Allo stesso modo, nelle zone dove prevalgono i rannuvolamenti pomeridiani converrà, con lo stesso ragionamento, disporre le finestre su un lato con un’angolazione leggermente verso Est. Bisogna, ad ogni modo, stare attenti alla collocazione delle aperture di punti luce sui lati Est ed Ovest, infatti, in inverno, questi contribuiscono minimamente al riscaldamento passivo, mentre, in estate, diventano vere e proprie fonti di surriscaldamento dei locali; nel caso, allora, sia inevitabile la disposizione di queste finestre, sarà opportuno dotarle di convenienti schermature per l’ombreggiatura. Una giusta disposizione delle finestre è anche quella che permette ad esse di far penetrare, in inverno, la luce diretta del Sole in profondità nell’edificio in modo da far riscaldare pavimenti e pareti delle stanze più interne; a questo contribuisce, come detto, una forma allungata della struttura.

1.2.2. La progettazione bioclimatica dell’involucro edilizio Si può valutare che circa il 20% dei flussi termici caldi o freddi, che penetrano negli edifici, sono dovuti a correnti incontrollate e a spifferi, causati da fenditure, crepe e interstizi, o cattive tenute di porte e finestre, mentre circa l'80% attraversano tetti, pareti e solai, di cui una frazione importante, circa un ¼, è data dai ponti termici, cioè quelle giunzioni, di forma e materiale diverso, che rappresentano causa di rapida dispersione di calore e anche fenomeni di condensa, proprio per la repentina variazione localizzata delle temperature (il flusso termico disperso da un ponte termico dipende dalla lunghezza del ponte termico Li e dal coefficiente lineico tabulato mi: trasmittanza complessiva del componente ( ) ALmAUU

i iii iiT /�� += ).

Diventa, allora, evidente come un intervento d'isolamento termico può rendere più confortevole un alloggio e diminuire del 15÷25% le spese annue di combustibile per riscaldamento. Spesso accade che il calore generato dal riscaldamento nelle giornate fredde, non viene trattenuto, ma tende a disperdersi all’esterno; si può intervenire, quindi, potenziando la resistenza termica di pareti, finestre, e di tutto quell’insieme di elementi che costituisce l’involucro dell’edificio; allo stesso modo, si avrà beneficio anche in estate quando la stessa resistenza termica impedirà al calore esterno di entrare e surriscaldare i locali abitativi. Isolamento termico L’investimento necessario alla realizzazione di un buon isolamento termico è, nella maggior parte dei casi, particolarmente basso ed è, per questo motivo, che lo si può considerare il vero primo passo ad un ragionato risparmio energetico. La stessa politica nazionale, sul piano energetico, ha assimilato l’importanza di questi interventi all’interno di un edificio, che sia di nuova fattura o già preesistente; è per questo motivo che, l’agevolazione all’installazione di un adeguato isolamento termico, fa parte della normativa in materia di uso razionale dell’energia appartenente alla legge 10/91. La vita dei materiali termoisolanti è, di solito, molto lunga e questo fa di essi una tecnologia altamente economica. La loro funzione principale è quella di rallentare lo scambio termico attraverso la superficie della struttura, così da ridurre al minimo l’apporto energetico occorrente alla climatizzazione stagionale necessaria al benessere abitativo all’interno dello stabile.

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A questo scopo, si devono usare materiali caratterizzati da una bassa conducibilità termica (λ), con valori mKW1,0≤λ , valori che, però, bisogna saper usare con una certa esperienza nella tecnica pratica; infatti, usualmente la conducibilità effettiva è più alta di quella sperimentale, reperibile nelle schede tecniche, dove compaiono dati rilevabili in laboratorio in condizioni ideali. Si tratta di materiali igroscopici, con la principale caratteristica di essere porosi e fibrosi, capaci di trattenere nella loro struttura alveolare molta aria, nota per essere un pessimo conduttore termico. Questa loro qualità specifica li porta a soffrire molto l’umidità, con possibile accumulo di acqua nei loro “tessuti” a discapito dell’aria, con un inevitabile decadimento delle loro proprietà distintive. Nei luoghi umidi si prediligi allora materiali impermeabili come i pannelli di vetro cellulare o il polistirene.

Materiale Caratteristiche principali

Fibre di roccia e di vetro

Generalmente ininfiammabili e incombustibili, ma a temperature elevate i leganti sintetici producono gas tossici. Chimicamente e biologicamente inerti. A causa del loro facile assorbimento di umidità, vanno usati in luoghi asciutti e ventilati.

Perlite espansa Commercializzata in grani, è idrofuga, imputrescibile, incombustibile e, anche se non è degradabile, può essere riciclato.

Vermiculite espansa Incombustibile e riciclabile.

Argilla espansa λ=0,12÷0,25 mKW , ma buone caratteristiche igroscopiche. Incombustibile e non tossica. Materiale inerte.

Vetro cellulare Resistente ad agenti chimici e biologici, non subisce l’umidità e non è tossico. M

ater

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iner

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Vetroceramica porosa Durevole nel tempo, ininfiammabile, inerte, impermeabile e resistente a compressione.

Sughero naturale Brucia ma non propaga l’incendio; riciclabile, ma se usati in agglomerati con aggiunta di leganti può risultare tossico.

Trucioli di legno mineralizzati

Abbastanza resistente all’umidità, ma con i difetti del legno per gli incendi.

Fiocchi di cellulosa

λ=0,045 mKW , carbonizza senza fumi pericolosi e frena l’espansione d’incendi grazie al trattamento con sali borici e la protezione con carta oleata previene l’assorbimento dannoso di umidità.

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Pannelli morbidi di fibre di legno

λ=0,045÷0,056 mKW , igroscopici, ma sensibili all’umidità. Ignifughi e non tossici.

Polistirene espanso (EPS)

λ=0,035÷0,040 mKW , reso ignifugo da sostanze che però possono risultare tossiche; sensibile ai raggi UV e all’umidità; imputrescibile ma no facilmente riciclabile.

Polistirene estruso (XPS)

λ=0,030÷0,040 mKW , additivi antifiamma producono gas tossici; impermeabile e imputrescibile; difficile riciclabilità.

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Pannelli di poliuretano (PUR)

λ=0,020÷0,035 mKW , non igroscopici, resistenti all’umidità, quindi utilizzati all’esterno anche perché emettono gas tossici in caso d’incendio; imputrescibile ma sensibile ai raggi UV e non riciclabile.

Tab. 5 - Caratteristiche principali dei materiali termoisolanti maggiormente usati in commercio; [9, 20] L’obiettivo, ora, è quello di costruire pareti, pavimenti e tetti che possano esaudire esigenze strutturali e allo stesso tempo esigenze termoisolanti. Le superfici sono, allora, costituite da più strati di materiali diversi ciascuno con il suo spessore; per calcolare la conducibilità globale, dipendente da quella dei singoli strati, ci si affida al coefficiente di trasmissione

termica globale, trasmittanza [ ] [ ]Km

WU 2= , cioè la quantità di calore (W) che attraversa,

nell’unità di tempo (h), una superficie di 1m2 di parete quando, la differenza di temperatura tra l’aria adiacente alla faccia interna e quella adiacente alla faccia esterna, corrisponde a 1K.

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Allora, ricordando il significato del coefficiente di adduzione [ ] [ ]Km

W2=α , che tiene conto

dello scambio termico tra superficie ed aria dovuto ad irraggiamento e convezione ( )convirr hh +=α , si può valutare:

��

���

� ++=

�x ex

x

i

sU

αλα11

1

dove: - αi : coefficiente di adduzione tra superficie interna e aria - αe : coefficiente di adduzione tra superficie esterna e aria - x : strato di materiale - s : spessore del singolo strato - λ : coefficiente di conducibilità termica del singolo strato

Esistono tre tipi di isolamento di un involucro: interno, a intercapedine e esterno.

Isolamento termico interno: tenendo conto che questo intervento tecnico lascia sempre dei ponti termici e che quindi risulta sempre lacunoso e imperfetto, è solo una soluzione da adottare in casi inevitabili, come un edificio preesistente. Nel caso, quindi, di una nuova struttura non bisognerà prendere in considerazione questa modalità costruttiva perché inadeguata e insufficiente. Isolamento termico ad intercapedine: in questo caso, si prevede l’inserimento del materiale isolante all’interno dell’intercapedine della struttura muraria. Il paramento esterno ha la funzione di proteggere l’isolante contro le intemperie, in questo modo è anche possibile l’utilizzo di materiali isolanti delicati e non adatti all’impiego in ambiente esterno. Allo stesso tempo, però, bisogna evitare il rischio che questi prodotti vengano a contatto con l’umidità e perdere così gran parte delle loro qualità termoisolanti. Si consiglia, allora, per mantenere asciutto l’ambiente interno all’intercapedine, di assicurare una buona ventilazione, lasciando un certo spazio tra il materiale e la parete esterna. Isolamento termico esterno (a cappotto): sicuramente risulta essere la migliore tra le soluzioni di intervento in questo senso. Questa metodica, che funziona come un vero cappotto per la struttura, è molto valida perché, nel periodo freddo, riduce al minimo la fuoriuscita del calore interno, mentre, nella stagione calda, previene l’elevato riscaldamento della struttura stessa. Anche se, con questa tecnica, si impedisce il riscaldamento dei muri in inverno,

Fig. 8 – Tipologie di isolamento termico; [16]

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sfruttando così la loro inerzia termica, con un risparmio energetico valutabile intorno al 10%, si acquista efficacia sotto il profilo dell’isolamento, con un risparmio nettamente più ingente stimabile intorno all’80%. Esistono, poi, materiali vetrosi e di struttura alveolare o capillare, come vetri cellulari e vetri acrilici cellulari, che permettono il passaggio dei raggi solari, ma che, a causa della loro bassa conducibilità termica, impediscono che il calore prodotto all’interno venga disperso all’esterno. L’impiego di questi materiali costituisce il cardine di quello che viene detto isolamento termico trasparente (ITT). Durante il giorno viene, quindi, immagazzinato il calore che viene poi utilizzato la notte, impedendo la sua dispersione all’esterno. Il materiale trasparente, protetto opportunamente da una lastra di vetro, viene montato sulla parete colorata di nero, con la funzione di assorbitore-accumulatore. Una struttura di questo genere ha un valore del coefficiente KmWU 20,1≅ . Un ulteriore miglioramento alla sua funzionalità si ottiene aggiungendo un avvolgibile parasole per la regolazione dell’insolazione e per impedire il surriscaldamento estivo. Serramenti Le finestre hanno un insieme di funzioni importantissime; come prima cosa mettono in comunicazione l’ambiente interno con quello esterno, inoltre aprono, sull’involucro dell’edificio, quei punti luce da cui è possibile l’alimentazione dell’illuminazione naturale e, non ultimo, la ventilazione naturale degli ambienti. Essendo i punti di comunicazione con l’esterno, sono anche fortemente soggette alle intemperie e, quindi, devono avere una struttura particolarmente robusta ed essere costruite con materiali di buona qualità. La manutenzione è anche molto importante per mantenere le loro caratteristiche al livello originario. Come anticipato, la disposizione e il dimensionamento delle vetrate devono tener conto del clima locale; infatti, le finestre lasciano libero accesso ai raggi solari, permettendo così l’irradiazione delle superfici interne, costituendosi di fatto come sorgenti di riscaldamento diretto. Questo guadagno diretto influisce, in inverno, positivamente al dispendio energetico per il riscaldamento, mentre in estate si eviterà il surriscaldamento attraverso l’uso di ombreggiature e coperture parasole. Per le finestre a Sud è opportuno prevedere uno sviluppo prevalentemente verticale, mentre per quelle ad Est e Ovest uno sviluppo orizzontale. Le finestre ad Ovest possono essere protette con schermature verticali, per impedire in estate l'ingresso di radiazioni solari nelle ore più calde. Le radiazioni, che incidono su pareti coibentate, non vengono assorbite e, in questo modo, si creano superfici che non contribuiscono al surriscaldamento dei locali interni. Tenendo conto che il dimensionamento delle aperture dipende dal tipo di illuminazione desiderata e dalla quantità di calore solare da sfruttare, in generale, si può applicare la regola che vuole le finestre non più grandi del 25% della superficie del pavimento che accumula

Fig. 9 – Posizionamento delle finestre; [13]

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calore. Valore, questo, che non dovrebbe scendere al di sotto del 12% e che, invece, può crescere quando si adottano sistemi alternativi per l’accumulo suppletivo dell’apporto solare ricevuto. Essendo le finestre il punto debole dell’involucro dell’edificio, per quanto riguarda i ponti termici con l’esterno, devono avere buone proprietà termoisolanti. Poiché un normale vetro sottile ha un valore di conducibilità termica che si aggira intorno a λ=0,8 mKW , si è cercato di migliorare questo parametro adottando doppi o tripli vetri a camera d’aria, con l’aggiunta di infissi e telai termicamente isolati. Gli interspazi possono venire riempiti con schiume sintetiche o con fibre vegetali. Gli infissi possono essere in legno (esistono numerose varianti, come quella sviluppata da un produttore tedesco e dall’Istituto Fraunhofer per Sistemi Solari che prevede una finestra combinata con tenda parasole avvolgibile integrata; essa è costituita da due vetri semplici dello spessore di 4mm a distanza di 86mm e la tenda inserita nell’intercapedine KmWU ponderato

235,1= ), in alluminio (materiale di qualità inferiore per il termoisolamento, esauribile e bisognoso di lavorazioni energivore; si preferisce, allora, l’adozione di finestre composte di due telai avvitati tra loro: uno interno in legno, con funzione strutturale e isolante, e uno esterno in alluminio, resistente alle condizioni climatiche, con solo un incremento del prezzo del 20% rispetto ad una finestra normale in legno) e in PVC (generalmente sconsigliate perché ancora piuttosto problematiche). Si possono migliorare i valori del coefficiente di trasmissione termica globale di

KmWU 20,3= per una finestra normale fino a raggiungere valori di KmWU 20,2= per una a camera d’aria oppure addirittura di KmWU 22,1= se nell’intercapedine viene usato gas al posto dell’aria. Come detto, bisogna porre attenzione all’eccessiva insolazione estiva, infatti, i vetri agiscono come trappole di calore: esse lasciano entrare la luce solare con lunghezza d’onda di 400÷700nm, ma nel passaggio all’interno dell’ambiente interno, parte della luce si trasforma in calore, che ha una lunghezza d’onda superiore a 700nm, radiazione non più capace ad attraversare nuovamente il vetro e quindi ad uscire se non per conduzione. È per questo motivo che, in certe zone climatiche, è sempre necessario l’uso di schermature. Esse possono essere fisse o mobili ed è sicuramente importante che siano montate sul lato esterno, perché le tende interne, anche se certamente utili nel diminuire l’illuminazione nei locali abitativi, non possono fare nulla per l’accumulo del calore, che già avviene una volta oltrepassato il vetro. Le schermature fisse, come le sporgenze del tetto, dei balconi o i “brise soleil” (schermi a forma di lamelle o di griglia allo scopo di evitare ristagni d’aria calda sotto di loro) sono particolarmente economiche e di facile manutenzione e, inoltre, efficaci solo come elementi ombreggianti. Quelle mobili, invece, come le persiane e le tapparelle avvolgibili, agiscono sia da ombreggiatura sia da schermi termoisolanti, tramite la resistenza termica propria e dello strato d’aria compresso tra essi e i vetri. L’effetto termoisolante aumenta tanto quanto s’impedisce il passaggio dell’aria esterna. Una componente fondamentale nella qualità termoisolante delle finestre è data dal tipo di vetro adottato. Quelli più usati tra i vetri più efficienti sono sicuramente quelli a camera d’aria. Essi sono costituiti da due o tre lastre, inframmezzate da intercapedini riempite da gas nobile (argon o krypton), la cui ampiezza è di basilare importanza, perché la resistenza alla

Fig. 10 – Effetti della geometria solare rispetto alle finestre; [W4]

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trasmissione di calore aumenta fino a 15mm per poi incominciare a diminuire, a causa dei moti convettivi, per spessori maggiori di 30mm. Con questa soluzione si raggiungono valori

KmWU 20,2= . I vetri termoisolanti sono sempre a camera d’aria, ma al loro interno è presente uno strato invisibile di metallo, in particolare argento, in modo da riflettere le radiazioni solari (vetri infrarossi). Un’altra scelta porta ai vetri atermici, che adottano un rivestimento con pellicola colorata che assorbe una parte della luce incidente (vetri assorbenti) oppure la riflettono con uno strato di metalli nobili od ossidi metallici (vetri riflettenti). Questi ultimi hanno come controindicazione che oscurano parzialmente gli ambienti interni con anche una leggera alterazione dei colori rendendo necessaria una maggiore illuminazione artificiale. È opportuno, poi, controllare le infiltrazioni e le dissipazioni attraverso il cassonetto per il rullo degli eventuali avvolgibili, punto di notevole dispersione perché di solito non isolato. Se c'è spazio sufficiente all'applicazione dell'isolante (almeno 2 cm), l'isolamento è semplice ed economico. In genere i cassonetti moderni hanno piccole aperture che favoriscono il ricambio d'aria permettendo di regolarne l'afflusso, che sono di facile realizzazione. Se la facciata è abbastanza spessa, è possibile installare infissi a scomparsa che hanno un cassonetto copri-rullo isolato, accessibile solo dall'esterno e completamente inserito nella parete. Infine, si può evitare l’apertura delle finestre in periodi freddi, mantenendo in ogni caso sufficientemente buona l’areazione naturale, attraverso la scelta di aeratori regolabili in alluminio anodizzato, integrabili direttamente nelle finestre. Essi danno modo di controllare un flusso d’aria, evitando correnti, e forniti di una griglia con funzione di filtro. 1.2.3. Sistemi solari passivi I sistemi solari passivi sono elementi totalmente integrati all’interno dell’architettura stessa della costruzione, componenti dello stesso sistema edilizio ideati in modo da aggiungere alla funzione primaria, quella strutturale, la funzione di controllo climatico. Essi sono detti passivi in quanto non sono costituiti da elementi meccanici, ma unitamente a tutta la struttura architettonica sfruttano correnti, gradienti di temperatura ed altri effetti naturali per la climatizzazione dei locali. L’energia solare è una fonte di calore radiante, che causa processi naturali sui quali tutte le forme di vita e tutte le attività vitali dipendono. I processi naturali base sfruttati dai sistemi solari passivi sono il flusso energetico associato all’irraggiamento, conduzione e convezione naturale. Quando i raggi solari colpiscono un edificio, i materiali che lo costituiscono possono riflettere, trasmettere o assorbire le radiazioni solari. Inoltre la differenza di temperatura dovuta al differente riscaldamento delle facciate dell’edifico produce un movimento dell’aria negli interspazi strutturali. Questi processi base hanno portato a progettare elementi, a scegliere materiali e disporre strutture che provvedono in buona parte ad una buona climatizzazione naturale della casa.

Riscaldamento solare passivo I due elementi fondamentali richiesti per il riscaldamento solare passivo sono: finestre rivolte a Sud e l’uso di masse termiche per l’assorbimento, l’immagazzinamento e la distribuzione del calore. Esistono tre categorie di sistemi passivi: a guadagno diretto, a guadagno indiretto e a guadagno isolato. Lo scopo di tutti i sistemi solari passivi è quello di catturare il calore solare con gli stessi elementi strutturali e, attraverso essi stessi, di rilasciarlo all’interno degli ambienti, quando il calore stesso è necessario. Contemporaneamente i materiali e gli elementi strutturali che assorbono il calore per un uso posticipato hanno la caratteristica di mantenere lo spazio confortevole e non surriscaldato. Guadagno diretto: con questo sistema, l’ambiente abitativo diventa un vero e proprio collettore solare, assorbitore e distributore del calore. Esso funziona attraverso finestre rivolte

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sul versante meridionale, che lasciano penetrare il calore all’interno dell’edificio dove colpisce direttamente e indirettamente le masse murarie interne, quali pavimento e pareti (calcestruzzo e muratura), che agiscono da massa termica inerziale. Questo sistema di guadagno diretto utilizza il 60÷75% dell’energia solare incidente sulla finestra. È possibile usare anche contenitori d’acqua per immagazzinare il calore, tenendo conto che, però, questa soluzione non risulta di facile inserimento all’interno della struttura, a differenza delle masse murarie, che, invece, sono parti funzionali della configurazione stessa. La massa termica inerziale, poi, dopo aver temperato l’intensità dei raggi solari attraverso l’assorbimento di parte del calore prodotto durante il giorno, cede questo calore stesso nei periodi notturni, quando l’effetto del sole manca, rendendo più mite il clima dei locali interni.

Dopo una indispensabile valutazione dei carichi termici, dell’isolamento notturno e del volume dell’ambiente servito, certi studi hanno portato a verificare che non conviene superare uno spessore di circa 15cm per le pareti con funzione di masse termiche inerziali;

si consiglia, poi, di non coprire queste stesse pareti con carte da parati, mantenendole il più libere possibili. Inoltre, per ogni metro quadrato di finestra disposta a Sud sono necessari oltre 700Kg di massa muraria od oltre 160 litri d’acqua, con la funzione di accumulatore. Si preferiscono poi masse con rapporto superficie/volume possibilmente elevato, cosicché l’area di superficie esposta all’irradiazione diretta sia pari a nove volte la superficie delle vetrate esposte ai raggi solari. Infine, nella maggior parte dei casi, si può considerare valida la relazione, che vede la determinazione della superficie delle finestre affacciate a Sud, pari alla metratura della superficie calpestabile dello stabile moltiplicata per un fattore uguale a 0,08W5. Questo sistema, di guadagno diretto, è particolarmente utile nelle stagioni primaverili e autunnali, quando riesce a coprire sufficientemente le esigenze di riscaldamento e mitigazione delle temperature, fino a soddisfare le necessità di uno o massimo due giorni. Guadagno indiretto: in un sistema a guadagno indiretto, la massa termica inerziale viene posta tra lo spazio abitativo e la fonte di calore, il Sole. In questo modo, essa può assorbire le radiazioni solari che vi incidono e trasferisce, successivamente, il calore, ricevuto per conduzione, ai locali interni. Il sistema a guadagno indiretto utilizzerà il 30÷45% dell’energia solare incidente il vetro contiguo alla massa termica inerziale. Questa soluzione porta ad un appiattimento dell’escursione termica a livello giornaliero o anche stagionale secondo il dimensionamento delle masse coinvolte. Esistono diversi tipi di sistemi a guadagno indiretto: muro termico: il più naturale e immediato sistema è sicuramente il muro massiccio semplice, che pur non possedendo alcuna particolare caratteristica termoisolante, attraverso la sua capacità termica inerziale, accumula e mantiene più a lungo il calore giornaliero ritardando il suo effetto all’interno per le ore notturne, quando è più necessario. Un logico sviluppo di questa soluzione è il “muro solare”, dove l'accumulo è costituito dalla parete di consistente massa termica esposta a sud, generalmente di colore scuro, e prevede in aggiunta una superficie vetrata esterna per ridurre le dispersioni termiche. Il calore captato, anche in questo caso, viene prima propagato per conduzione, con un certo ritardo, attraverso la parete e successivamente ceduto, per irraggiamento e convezione, ai locali interni. Gli elementi di accumulo, a calore sensibile, comunemente adottati, sono costituiti da pareti o solai, aventi

Fig. 11 – Funzionamento del guadagno diretto di giorno e di notte; [W5]

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un’adeguata capacità termica, ma in alcuni casi può risultare anche conveniente accumuli per mezzo di sassi (letto di pietre), nel terreno, ma soprattutto ad acqua, raccolta in contenitori, la quale ha il pregio importante di avere una più elevata capacità termica massima ( )KmkJcacqua

34184= rispetto al calcestruzzo ( )KmkJc zocalcestruz31883= e, inoltre, la

presenza di correnti convettive, caratteristiche in un liquido come l’acqua stessa, dà luogo ad un accumulo termico pressoché isotermo, garantendo una maggiore rapidità nell’assorbimento e un’efficienza più elevata.

Materiale Calore Specifico

[ ]KgKKJ Densità

[ ]3mKg=δ Capacità termica [ ]KmKJc 3=

Fibreboard 1 300 300 Cemento leggero 1 600 600

Legname 1,21 600 726 Intonaco 1 1300 1300 Mattoni 0,8 1700 1360 Cemento 0,84 2100 1760

Acqua 4,184 1000 4184 PCM

(materiale a cambiamento di fase)

5,1 1355 6910

Tab. 6 - Caratteristiche dei materiali d’accumulo termico; [9]

Poiché il gradiente di temperatura, attraverso il materiale d'accumulo, si riduce con la distanza dalla superficie riscaldata, significa che il materiale partecipa sempre meno all'accumulo. Per l'usuale ritmo di carica e scarica, 24 ore, questo spessore, effettivamente utile per i più comuni materiali da costruzione, varia tra 6÷12cm. Non è utile, quindi, costruire muri con spessori pieni superiori a 8÷16cm, nel caso in cui il calore viene somministrato su un lato solo. muro trombe-michel: il passaggio successivo è stato quello escogitato da Felix Trombe, insieme all’architetto Jacques Michel, nel 1963, quando venne ideato, per la sua casa in Odeillo sui Pirenei in Spagna, una struttura muraria con la funzione di collettore solare a parete. Il cosiddetto muro Trombe-Michel è costituito da una parete in muratura, rivolta sempre a Sud, di uno spessore di circa 20÷40cm, colorato di scuro o ancor meglio ricoperto di materiale scuro termoassorbente. Viene posto, poi, un vetro singolo oppure doppio, distanziato dalla struttura in muratura di circa 2÷15cm, al fine di creare un’intercapedine. I raggi solari, dopo aver attraversato la vetrata, incidono sulla facciata in muratura e il calore prodotto viene assorbito, immagazzinato nel muro e condotto lentamente verso il lato interno (per un muro di 40cm si può calcolare un tempo di attraversamento di 8÷10h). Applicando una superficie selettiva si possono migliorare le caratteristiche, riducendo l’ammontare di energia infrarossa radiata nella parte posteriore del vetro. Questa superficie consiste normalmente in una lamina di metallo incollata sul lato esterno del muro. Essa assorbe quasi tutta la radiazione della porzione visibile dello spettro solare ed emette solo una piccola parte nella banda dell’infrarosso. L’alta

Fig. 12 – Funzionamento del muro Trombe; [W5]

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capacità assorbente trasforma la luce in calore sulla superficie, e la bassa emettenza fa sì che il calore non venga irradiato indietro verso il vetro. Attraverso questi accorgimenti si costruisce una struttura che sfrutta l’aria della camera d’aria che, riscaldata, innesca un moto convettivo della stessa aria più calda verso l’alto e, per mezzo di opportune aperture e condotti, verso l’ambiente da scaldare per incrementare rapidamente la temperatura interna nelle prime ore mattutine, di solito più fresche. Ciò permette, anche, di mantenere il vetro retrostante ad una temperatura più moderata. La stessa aria raffreddata, poi, torna nell’intercapedine dal basso attraverso opportuni passaggi, dopo il tramonto del sole, quindi, i moti convettivi smettono di agire e la parete, come sappiamo, cede lentamente il calore accumulato durante il giorno. Gli ambienti climatizzati da muri Trombe-Michel risultano spesso maggiormente confortevoli grazie all’effetto delle pareti calde, radianti a temperature più miti rispetto ai comuni radiatori.

Interessanti e avanzati studi, compiuti dal centro sviluppo e ricerche NREL per il Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti, hanno valutato che con un’adeguata insolazione la temperatura della parete interna di un muro Trombe raggiunge nel tardo pomeriggio i 37÷38°C, calore che continua a penetrare ancora per molte ore dopo il tramonto con picchi intorno alle ore 22. Un esempio particolarmente degno di nota, progettato dallo stesso laboratorio, attraverso software quali SERI-RES e BuilderGuide, è quello ideato per il Visitors Center del NREL a Golden in Colorado. Il muro, in questo caso, ha una struttura a zigzag per ridurre la luce abbagliante e l’eccessiva insolazione del giorno; questo andamento ha permesso di suddividere la struttura in tre sezioni, una affacciata a Sud, mentre le altre due insieme angolate verso l’interno formanti una struttura a “V”. Uno di questi due lati formanti la “V”, è esposto a SE ed è costituito da un semplice vetro, con lo scopo di provvedere all’illuminazione e al riscaldamento diretto per le ore mattutine, quando il calore è più necessario. L’altro settore della “V” è un muro Trombe che immagazzina il calore pomeridiano e lo ridistribuisce all’interno nelle ore serali. Il muro è fornito di sporgenze con la funzione di ombreggiatura nel periodo estivo. È importante, anche, rilevare che un buon sistema di schermatura notturna permette in generale di ridurre l’ampiezza del muro del 15%. camino solare: il principio della parete-camino solare era già conosciuta ai Romani, i quali, con la scoperta della tecnologia del vetro, ne trovarono una valida applicazione nel “heliocamino”, che permetteva un evidente risparmio nel fabbisogno di legna per il riscaldamento dei palazzi termali prima e delle ville patrizie poi. In questo sistema, costituito analogamente al muro Trombe da un’intercapedine, l’aria riscaldata in essa viene guidata attraverso condotti all’interno dei solai sovrastanti i locali da climatizzare. In questo caso non è la parete ad assorbire il calore, che ha invece un’inerzia termica piuttosto bassa, ma sono i condotti ricavati nei solai che hanno la doppia funzione di distributori ed accumulatori del calore. Il grande vantaggio di questo apparato è quello di poter instradare il calore fino agli

Fig. 13 – Il muro Trombe progettato per il Visitors Center del NREL a Golden; [19]

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ambienti non esposti a Sud. La struttura è, infine, di tipo a “loop aperto” dove la distribuzione dell’aria avviene attraverso controsoffittature e bocchette poste in essa o sotto il pavimento per affluire, poi, attraverso griglie apposite, negli ambienti da climatizzare. serra: l’applicazione passiva per eccellenza dell’energia solare è legata, senz’altro,

all’evoluzione delle serre da coltivazione che si diffusero, a partire dalla nuova e diffusa modalità costruttiva che associava ferro e vetro, a partire dal XVII secolo, nella zona climatica del Nord Europa e, in particolare, in Olanda ed Inghilterra. Soprattutto in questi Paesi, tali strutture sono state in seguito reinterpretate dando vita ai “giardini d’inverno”, cioè a quegli ambienti della casa, come balconi e verande, resi abitabili durante tutto l’anno attraverso un’opera di vetratura completa. La serra, intesa come sistema solare passivo, deve essere evidentemente orientata a Sud ed è costituita da una vetrata di chiusura così da assumere la funzione di collettore solare. Esse possono essere

considerate volumi tecnici e quindi non computabili ai fini volumetrici, perché ciò avvenga c’è bisogno però che vengano rispettati certi vincoli progettuali come integrarsi nell’organismo edilizio, venga comprovata la loro funzione energetica, la loro profondità non deve e non può superare 1m, i locali retrostanti devono essere dotati di aperture verso l’esterno per garantire una corretta ventilazione e devono essere provviste di opportune schermature per evitare il surriscaldamento estivo. La serra può, inoltre, essere usata per il preriscaldamento dell’aria di rinnovo. roof-pond: in larghi contenitori di plastica o fibra di vetro, su un soffitto piano, coperti da un vetro, viene stivata acqua in modo da creare uno spessore d’acqua di circa 15÷30cm. Come in tutti gli altri casi, anche questo sistema permette un primo assorbimento del calore solare per una redistribuzione ritardata nei locali sottostanti. Questa soluzione comporta, però, qualche inconveniente come un elaborato sistema di scarico, una copertura mobile per coprire e scoprire i serbatoi d’acqua nei tempi appropriati e un’adeguata struttura del solaio atta a sopportare un carico di oltre 2300 mKg . Questa soluzione è adatta, senza particolari controindicazioni, in zone climatiche calde e secche, dove le temperature invernali rimangono sempre sopra il punto di congelamento dell’acqua e dove nella stagione estiva è necessario un raffrescamento dei locali. Nelle aree alle alte latitudini vi sarebbe l’ulteriore inconveniente che d’inverno si ha una bassa angolazione della radiazione solare non fornendo, così, una giusta incidenza sul tetto piano W5. Guadagno isolato: esso consiste nell’accumulo del calore in strutture separate che non sono parti integranti dell’edificio in sé. Questi sistemi utilizzano il 15÷30% delle radiazioni solari incidenti per il riscaldamento degli ambienti. Il loro grande vantaggio è quello di immagazzinare il calore in accumulatori remoti, così che le perdite dovute alla prossimità dell’esterno alla zona d’accumulo è ridotto proprio dall’allontanamento della superficie di captazione. Alcuni rilevanti esempi tra i sistemi a guadagno isolato sono:

Fig. 14 – Funzionamento bioclimatico delle serre; [W5]

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sistema barra-costantini: questo è un particolare tipo di collettore solare sviluppato da O. Barra e T. Costantini nel Sud d’Italia, che sfrutta l’effetto camino, anche detto effetto “termosifone”.

Esso consiste in un collettore di materiale leggero, montato sulla facciata Sud dell’edificio, e protetto da una superficie vetrata e isolato rispetto all’ambiente interno con uno strato di materiale coibentante. L’aria, riscaldata dal collettore, viene convogliata in condotti posti o ricavati nei solai, pareti e pavimenti massivi e rilascia la sua energia a queste stesse strutture. L’impianto, coibentato esternamente, fornisce il calore assorbito dall’aria, vettore energetico, agli ambienti adiacenti per convezione ed irraggiamento. La termocircolazione è di solito di tipo naturale a “loop chiuso”, in pratica il flusso d’aria non interagisce mai direttamente con i locali da climatizzare, non avendosi mai passaggio d’aria tra elementi tecnici e ambiente. La massa accumulatrice può essere anche costituita da una massicciata di pietrisco posta sotto il pavimento o posta verticalmente tra due pareti murali. Questo letto di pietre, una volta riscaldato dall’aria calda durante le ore giornaliere, ha la capacità di mantenere più a lungo il calore, così da poterlo irradiare successivamente agli ambienti circostanti ancora nelle ore più fredde della prima mattina. In questo caso, il calore viene distribuito o attraverso flussi d’aria, che attraversano il letto di pietre per poi raggiungere caldi gli ambienti da riscaldare, o direttamente quando la stessa struttura accumulatrice si trovi all’interno dell’edificio stesso. La resa utile di un sistema di questo tipo è, a livello teorico, di circa il 54% della potenza d’ingresso (circa 2600 mW= ), sia attraverso quello trasportato dal flusso d’aria, sia per quello che diffonde attraverso la parete, pur se ben coibentata, mentre il 26% viene riflesso dal vetro. collettore solare a finestra: è un sistema molto simile a quello precedentemente descritto, si differenzia essenzialmente per il fatto che è costituito da una doppia vetrata, attraverso la quale la luce può penetrare all’interno dell’edificio, e l’aria, presente nella camera d’aria, una volta riscaldata dai raggi solari, viene convogliata, come nell’altro collettore attraverso dei condotti, ad un corpo accumulatore, destinato alla climatizzazione. Evidentemente, la vetrata non è di solito apribile, e, inoltre, come nei sistemi a guadagno diretto, necessita di un’adeguata schermatura per la stagione estiva. Esempio importante è, sicuramente, il progetto di ricerca svizzero “Solar Trap”, che ha permesso per la prima volta di fare un’analisi scientifica di questo sistema a grandezza naturale. Si è potuto dimostrare quindi che, anche in questo caso, il 26% della potenza incidente viene riflessa dal vetro e il 24% viene persa per diffusione attraverso la vetrata. I

Fig. 15 – Funzionamento del sistema Barra-Costantini; [18]

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guadagni sono invece del 12,5% per riscaldamento diretto e del 37,5% attraverso l’accumulatore.

Raffrescamento solare passivo L’importanza del raffrescamento passivo è predominante in quelle aree climatiche caratterizzate da inverni miti ed estati molto calde, durante le quali il fabbisogno del raffreddamento degli edifici è aumentato rapidamente negli ultimi anni, favorito dalla crescita di sistemi disponibili a prezzi sempre più convenienti, con il conseguente aumento dei consumi energetici, come la più recente attualità ha messo in risalto. L’evidente cambiamento climatico, che si sta instaurando sempre più stabilmente in Europa, favorisce la diffusione di impianti per la climatizzazione estiva non più solo nei Paesi mediterranei, ma anche nel resto dell’Europa. Il principale obiettivo dell’edilizia bioclimatica non è più solo quello di guadagnare il massimo del calore, ma soprattutto quello di prevedere una climatizzazione ottimale per tutti i mesi dell’anno. La maggior parte delle metodologie di raffrescamento passivo fanno riferimento a tecniche costruttive tradizionali locali, alcune volte anche associate agli stessi sistemi per il riscaldamento solare passivo, previo piccoli accorgimenti da tenere presente. Si possono ancora classificare tali sistemi secondo la possibilità di disperdere l’eccesso di calore verso i seguenti ipotizzabili “sbocchi”: dispersione diretta, per irraggiamento verso il cielo, dispersione indiretta, per convezione nell’aria, e dispersione isolata, per conduzione nel terreno. Della prima categoria fanno parte i sistemi Roof-pond, i quali prevedono la presenza di uno spessore d’acqua sul tetto che, esposto al cielo notturno, si raffredda per irraggiamento. In questo modo, durante il giorno, questa massa fredda, una volta isolata con un’opportuna schermatura sul lato esterno, offre un adeguato raffrescamento radiativo e convettivo agli ambienti sottostanti. La seconda categoria è sicuramente quella più nutrita e, nella maggior parte dei casi, quella che offre le soluzioni più valide. Nel caso ci si trovi in una zona climatica calda e secca si può ricorrere al raffreddamento evaporativo, con l’immissione d’acqua nelle correnti d’aria. Un metodo particolarmente economico e spesso esteticamente valido è quello di introdurre nell’architettura della struttura specchi d’acqua o fontane, in questo modo si diminuisce la temperatura di bulbo secco, ottimizzando conseguentemente il grado di benessere. Esiste anche un raffrescamento evaporativo a due stadi, dove l’aria raffreddata per evaporazione diretta è adoperata per il raffreddamento di altra aria esterna, attraverso uno scambiatore di calore aria-aria. Quando le condizioni climatiche locali sono, invece, calde ed umide si possono ottenere buoni risultati anche usando dai sali che riducono l’umidità dell’aria, migliorando sempre il soddisfacimento delle persone che vi abitano. In ogni caso, la principale tecnica per raffrescare un ambiente, è la ventilazione, naturale e indotta. In entrambi i casi, la ventilazione agisce sul benessere attraverso due meccanismi, uno diretto e uno indiretto: il primo è quello che si ha sulla persona, consentendo e facilitando

Fig. 16 – Funzionamento estivo del muro Trombe; [W5]

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lo scambio termico tra questi e l’ambiente che lo circonda, il secondo, invece, agisce sul bilancio termico dell’edificio stesso. Tenuto conto, ora, che la ventilazione consente anche il ricambio d’aria necessario ad un ambiente salutare, essa si può sempre ottenere attraverso l’opportuna apertura di finestre, permettendo così il flusso di correnti d’aria spinte dai venti circostanti, secondo le condizioni anemologiche della zona. Per quanto riguarda la ventilazione indotta, vi sono numerosi metodi che si possono utilizzare per ottenerla, quasi sempre partendo dalle stesse tecnologie per il riscaldamento solare passivo. Si può, quindi, utilizzare il muro Trombe-Michel praticando semplicemente un’apertura nel muro sul

versante Nord e chiudendo la fessura attraverso cui l’aria calda entra nell’ambiente nel periodo invernale. La parete esposta a Sud, scaldata dall’azione dei raggi del Sole, trasmette conseguentemente la sua energia all’aria presente nell’intercapedine che, diventata più leggera, esce dalla parte superiore, creando così una depressione che richiama aria fresca dall’apertura posta sul versante settentrionale. Si possono, poi, costruire veri e propri camini “termici”, che offrono ottimi risultati, impiegando correnti convettive per estrarre l’aria dall’edificio. Essi hanno una configurazione che prevede uno strato metallico

nero facilmente riscaldabile con la funzione di assorbitore di calore, coperto da vetro che permette ai raggi solari di incidere. Questo strato ovviamente raggiunge alte temperature e quindi dovrà essere opportunamente isolato rispetto agli ambienti abitativi. L’aria calda che si forma all’interno della “canna” tenderà a diventare sempre più leggera e a salire verso l’alto, creando così una specie di tiraggio di “effetto camino”. Il camino, ovviamente, deve essere esposto al sole e in particolare la sua parte terminale, che deve finire oltre il livello del tetto. All’estremità si pone un coperchio palettato metallico, che si oppone agli effetti dei venti prevalenti permettendo alla corrente d’aria calda di sfogare all’esterno. Questo sistema può essere facilmente integrato negli edifici sfruttando spazi “morti” come le trombe delle scale o gli atri; allo stesso modo possono essere utilizzate anche le serre. Il surriscaldamento eccessivo di tale ambiente, nel periodo estivo, può dare luogo ad un flusso d’aria attraverso delle aperture sulla parte superiore, mentre devono essere chiusi i condotti invernali per l’accesso del calore nei locali interni e deve essere schermata la massa muraria d’accumulo per il riscaldamento ritardato. Un’importante evoluzione dei camini “termici” sono le torri del vento iraniane, particolarmente adatte in climi caldi e aridi, pervenendo anche ad ottimi risultati di integrazione architettonica. Esse sono, infatti, elementi totalmente autonomi, integrati nell’edificio, con la funzione di generare un movimento d’aria al loro interno: nel loro funzionamento notturno si raffreddano, poiché costituite da massa muraria che cede calore all’aria, internamente contenuta, che conseguentemente si riscalda. Come già visto, si genera un moto ascensionale dell’aria che, richiamata da passaggi e bocche poste alla base dell’edificio, favorisce il raffrescamento della struttura e, soprattutto, della torre stessa che funge da accumulo di freddo. Di giorno, poi, l’aria calda esterna, venendo a contatto con la

Fig. 17 – Funzionamento del camino solare; [W5]

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fredda massa muraria della torre, si raffredda ed aumentando di conseguenza la sua densità, scende verso il basso, affluendo nella costruzione favorendone la climatizzazione. Tale meccanismo è favorito e accelerato dall’azione dei venti e può essere anche ottimizzato e arricchito abbinandolo ad un raffreddamento evaporativo, sfruttando l’abbassamento di temperatura dell’aria che avviene a seguito dell’evaporazione dell’acqua. Tale evaporazione diminuisce chiaramente all’aumentare dell’umidità relativa dell’aria, fino ad annullarsi nei casi in cui si raggiungano le condizioni di saturazione di quest’ultima. Tali torri, di forma conica ed alte fino a circa trenta metri, hanno nelle sommità degli spruzzatori d'acqua che raffreddano, per evaporazione, l'aria presente nella parte alta della torre che, sempre a causa dell’incremento della sua densità, scivola verso il basso realizzando la ventilazione degli spazi sottostantiW6.

Un altro metodo di dispersione indiretta, molto semplice, è il cosiddetto “Wing Wall”, in pratica un muro dotato sul suo lato esterno di solidi pannelli verticali, posti immediatamente di fianco a finestre e perpendicolarmente al muro, sul lato sopravvento della casa. In questo modo, la velocità naturale del vento viene accelerata dalla differenza di pressione che si viene ad instaurare tra il lato interno e quello esterno del muro così configurato. Infine, le ultime tecniche, che si possono applicare per favorire la ventilazione, sono quelle di costruire i condotti d’uscita dell’aria lievemente più ampi di

quelli d’entrata, che è consigliabile disporre in basso per favorire e garantire il flusso d’aria in tutto l’ambiente. Bisogna tenere presente, poi, l’influenza che possono avere eventuali retine (per evitare l’accesso di insetti o piccoli animali) sulla velocità d’ingresso specialmente sulle brezze di bassa intensità, infatti, si ha una riduzione del 60% per velocità pari a sm7,0 contro il 28% per sm7,2 W5. L’ultima categoria di dispersione isolata, che prevede un raffreddamento della struttura per conduzione nel terreno, consiste nella edificazione interrata. Questa tecnica si fonda sul fatto che il terreno ha pressoché una temperatura quasi costante durante tutto l’anno, che si può stimare intorno a 13°C, prescindendo da certe variazioni dovute a latitudini differenti. Questa relativamente bassa temperatura può essere utilizzata nella stagione calda a mantenere freschi i locali abitativi, facendo sempre particolarmente attenzione ad inevitabili problemi di umidità generalmente riscontrabili.

1.2.4. Illuminazione con criteri razionali L’illuminazione è un fattore molto importante per il benessere abitativo e lavorativo di ciascuna persona ed è anche un rilevante fattore economico. È per questo motivo, per il quale gli studi si sono concentrati allo scopo di ottimizzare i sistemi di illuminazione naturale negli edifici. Esistono diverse tipologie d’illuminazione di un ambiente, ciascuna delle quali raccomandata per uno spazio diverso, e per ciascuna di queste sono nati standard e linee guida accettati ed utilizzati nei singoli vari Paesi. Indubbiamente, le preferenze individuali possono essere fattori fondamentali, nella determinazione del livello d’illuminazione adatto, e anche il desiderio, di dare una certa impressione dello spazio, può influenzare le caratteristiche di progetto. In generale, ogni scelta progettuale è adeguata quando soddisfa i concetti base d’illuminazione e le raccomandazioni e prescrizioni del sistema scelto.

Fig. 18 – Funzionamento del Wing Wall; [W5]

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È interessante sottolineare, inoltre, come il comfort visivo non è legato, come si sarebbe indotti a pensare, solo agli effetti della luce artificiale, ma anche a quelli dell'illuminazione naturale. Vari studi confermano, ad esempio, che i danni provocati dalle radiazioni infrarosse ed ultraviolette sono spesso ascrivibili più alla luce solare che a quella delle lampade. Per non sforzare la vista ed avere una buona prestazione visiva è essenziale rispettare almeno le seguenti condizioni:

⋅ ottenere un grado d'illuminamento adeguato, ⋅ disporre le fonti di luce in modo equilibrato, ⋅ fare in modo che l'intensità della luce si mantenga uniforme nel tempo, ⋅ evitare ogni fonte di abbagliamento.

Il soddisfacimento di queste quattro esigenze fisiologiche è richiesto non soltanto alla luce artificiale, ma ovviamente anche a quella naturale. Se, al contrario, l'illuminazione non è corretta, gli effetti negativi più comuni che si possono riscontrare sono l'affaticamento visivo e mentale, la cefalea e altri disturbi anche non direttamente correlati allo stress visivo. Inoltre, un adeguato livello d’illuminazione non è l'unico parametro da considerare per una progettazione del sistema illuminante a regola d'arte. È dimostrato, infatti, che eccedere nei valori di luminosità può risultare anche dannoso per l'individuo, in particolare se intento a compiere azioni che richiedono uno sforzo visivo, quanto il lavorare con livelli di luce insufficienti. Le caratteristiche cromatiche di una sorgente luminosa possono avere un impatto profondo, sull’umore degli occupanti, e il carattere degli spazi può essere fortemente alterato dalle stesse, con effetti, che dovrebbero essere presi in considerazione anche nella progettazione di ambienti destinati ad attività lavorative. I sistemi di misura solitamente usati, per tali proprietà cromatiche, sono: la temperatura di colore e l’indice di resa cromatica. Il primo indica l’apparenza cromatica della luce stessa e si basa sui mutamenti di colore di un corpo nero radiante teorico, riscaldato e portato da una condizione di nero freddo a quello bianco incandescente. A mano a mano che aumenta la temperatura, il corpo nero passa gradualmente dal rosso all’arancio, al giallo al bianco e finalmente al bianco azzurrognolo. La temperatura di colore di una sorgente luminosa è appunto la temperatura, espressa in Kelvin, alla quale il colore del corpo nero corrisponderà esattamente a quello della sorgente luminosa. Per molte sorgenti luminose non è possibile ottenere una corrispondenza perfetta. In tali casi, si fa riferimento alla corrispondenza più vicina possibile e il colore viene descritto come temperatura di colore correlata. L'indice di resa cromatica (Ra) è un sistema, derivato da esperimenti sulla visione per valutare l’impatto esercitato da differenti sorgenti luminose, sul colore percepito di oggetti e superfici. Il primo passo è quello di individuare la temperatura di colore della sorgente luminosa in esame. La fase successiva prevede l'illuminazione di otto colori campione standard, prima alla luce della sorgente luminosa in esame, poi a quella di un corpo nero portato alla stessa temperatura di colore. Se nessuno dei campioni muta l'apparenza cromatica, alla sorgente luminosa viene assegnato un indice Ra di 100. Ogni altro cambiamento cromatico dà luogo ad un punteggio inferiore. Qualunque indice Ra, pari o superiore a 80, viene normalmente considerato alto ed indica che la sorgente ha buone proprietà di resa cromatica.

Illuminazione naturale La migliore luce è in assoluto quella naturale, caratterizzata da una banda spettrale continua, con lunghezze d’onda comprese tra 380nm e 780nm e, pertanto, il passaggio da un colore all’altro è continuo e delicato. La luce naturale possiede un’alta componente di blu-verde (circa il 43%) e una bassa di giallo-arancione (circa il 24%). L’intensità, il colore e l’angolo d’incidenza della luce naturale variano durante il giorno e secondo il tempo e delle stagioni. Una casa riceve la luce naturale in forma diretta e riflessa. La luce diretta si ha solo in giornate serene, però il Sole cambia la sua posizione durante il giorno e durante l’anno, quindi

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la maggior parte della luce incidente è luce riflessa dal cielo (dalle molecole dell’aria) e dalle superfici circostanti (edifici, prati, pavimenti, ecc.). Nelle stanze con finestre esposte a Sud la luce diretta penetra, nella stagione estiva, con un angolo d’incidenza acuto e, in inverno, quasi orizzontalmente. Le stanze con finestre esposte a SE e a SO, piuttosto, ricevono luce diretta, in entrambe le stagioni suddette, con raggi bassi che arrivano nella profondità degli ambienti. In quelle con finestre esposte ad Est e ad Ovest, diversamente, la luce diretta penetra orizzontalmente solo nel giorno dell’equinozio. L’illuminazione più uniforme, in ultimo, si ha nei locali con finestre esposte a Nord, in quanto ricevono in pratica solo luce riflessa, un po’ di luce diretta la ricevono solamente in estate. Evidentemente, la quantità di luce naturale, che penetra all’interno degli edifici, dipende dalla dimensione, dall’esposizione e dalla posizione delle finestre e di altre vetrate. Nei singoli locali, in cui penetra la luce del Sole, i raggi incidenti vengono riflessi dalle pareti laterali e più alta è la posizione delle finestre più in profondità penetra la luce e più uniforme risulta l’illuminazione. Conferire agli ambienti abitativi una buona illuminazione naturale non è molto difficile in quanto questi ambienti sono relativamente piccoli e poco profondi. Diversa è la situazione quando si tratta di illuminare ambienti lavorativi, in particolare uffici dove vengono utilizzati computer. L'uso della luce naturale per gli interni degli edifici, rivalutato e approfondito, è una branca dell’illuminotecnica denominata “Daylighting”. L’analisi, che permette un’ottimale progettazione del Daylighting, parte dallo studio del percorso del Sole, durante il giorno e nelle varie stagioni dell'anno. La luce solare diretta e quella diffusa hanno caratteristiche e percorsi diversi, per questo devono essere valutate entrambe accuratamente durante la progettazione dell'illuminazione naturale dei locali abitativi. Una prima classificazione dei sistemi per l’illuminazione naturale si effettua secondo il posizionamento dei punti luce: il “Toplighting”, per cui la luce penetra attraverso il soffitto, il “Sidelighting”, che vede la luce entrare attraverso le pareti laterali, e il “Corelighting”, che vede la luce portata all'interno dell'edificio attraverso veri e propri condotti, oppure ricorrendo ad atri e cortiliW7. Nel primo caso si possono utilizzare, per condurre luce nell’edificio attraverso il tetto, lucernari, cupolini o shed, e si basano sul principio che la luce incidente su una superficie orizzontale è tre volte superiore a quella incidente su una superficie verticale. I lucernari, in particolare, sono un mezzo estremamente efficace per l’illuminazione naturale degli ultimi piani degli edifici, con il vantaggio di portare luce anche nel cuore della casa lontano dalle pareti perimetrali. Per evitare, però, un appesantimento del carico di raffrescamento, è opportuno evitare lucernari orizzontali ed adottare tipologie a vetratura verticale o quasi verticale, in modo da impedire l'accesso alla radiazione diretta durante l'estate e dirigere verso l'interno la radiazione luminosa in inverno quando il Sole rimane più basso. Per quanto riguarda la seconda categoria, il mezzo più semplice e logico è quello delle vetrature verticali. Poiché l'illuminazione naturale è direttamente proporzionale alla porzione di volta celeste visibile, è di basilare importanza l'ampiezza delle superfici vetrate, la quale è legata all’estensione superficiale del pavimento da un rapporto che va da 41 fino a 101 , nel caso non vi siano altri edifici di disturbo antistanti o nel caso di piani alti. Questo rapporto influenza in particolare la profondità di penetrazione della luce nei locali, infatti, per esempio, una vetrata di ampiezza pari a 51 del pavimento riesce a fornire un’adeguata illuminazione fino ad una profondità pari a circa 1,5 volte l’altezza della stanza. Nel caso si voglia consentire alla luce una maggior penetrazione interna, è necessario usare altri accorgimenti come i “light-shelf” orizzontali ad alto coefficiente di riflessione, che consentono di guidare e direzionare la luce a profondità maggiori. Le finestre non dovrebbero avere, comunque, dimensioni inferiori a 1,5÷2m2 e sono praticamente inutili quelle situate in posizioni basse. Altri parametri che si devono tenere presenti nella valutazione dell’efficienza dei punti luce perimetrali sono: l'angolo di incidenza che forma la superficie della volta con il piano

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orizzontale passante per il posto di lavoro che non dovrebbe essere inferiore a 27°; l'angolo di apertura di Förster racchiuso da due rette con origine da un punto del piano di lavoro e passanti l'una per il bordo superiore della finestra e l'altra per l'estremità superiore del fabbricato prospiciente, tale angolo non deve essere inferiore a 5°; il coefficiente di luce diurna (CID), rapporto tra l'illuminamento di un punto del piano di un locale dovuto alle tre componenti riflesse della luce naturale e l'illuminamento che si avrebbe se quello stesso punto fosse esposto all'aperto in modo di ricevere luce dall'intera volta celeste senza irraggiamento diretto del sole. I valori raccomandati sono compresi tra 0,4 e 6%, nessun posto di lavoro dovrebbe essere situato in condizioni di CID<0,2% (condizione di “no sky”). Sono ugualmente dannosi gli eccessi opposti legati alla tendenza attuale ad aumentare le superfici vetrate per cui si deve ricorrere a sistemi atti a ridurre l'intensità luminosa (avvolgibili, veneziane, tende, ecc.)W8. Infine, l’ultima categoria si compone di un insieme di tecnologie, che permettono di trasportare la luce naturale del Sole fin dentro il cuore dell’edificio, dove non esistono aperture verso l’esterno. Si possono usare, per esempio, tubi di luce, che consistono in tubi verticali od orizzontali, con pareti interne ad alta riflettanza, oppure condotti di luce, dove la luce stessa viene raccolta da “eliostati”, cioè specchi controllati da una cellula fotosensibile, un motore e un piccolo computer per l’inseguimento giornaliero del Sole, o concentrata per mezzo di specchi o lenti, per essere poi convogliata nell’edificio attraverso condotti rivestiti con materiali molto riflettenti. Per trasportare la radiazione solare è possibile sfruttare le riflessioni multiple dei raggi solari incidenti, per realizzare questo sono necessari tre elementi: una testa di captazione, un canale e una bocca di emissione. Il primo componente può essere costituito da alcuni specchi plastici diversamente inclinati per le diverse latitudini en posizioni del Sole nei due solstizi. La parte trasparente della testa è poi orientato verso Sud per la captazione diretta dei raggi solari. Il canale è rivestito al suo interno da superfici specchianti, mentre la bocca deve garantire un’adeguata distribuzione. Il dimensionamento del sistema viene valutato per le condizioni più critiche dove sono richieste le maggiori necessità come nel periodo invernale, mentre deve essere presa in considerazione appropriata ombreggiatura della testa nel periodo più caldo estivo. Altri importanti sistemi sono le fibre ottiche, che, a partire da una serie di lenti di Fresnel che filtrano la luce catturata da un eliostato e che sono capaci di eliminare le radiazioni infrarosse e ultraviolette, riescono a trasmettere esclusivamente la luce nella banda del visibile all’interno degli ambienti.

Fig. 19 – Sezione di un tubo di luce; [22]

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Un’ultima interessante applicazione si può ottenere con superfici prismatiche e pellicole olografiche, che servono a diffondere la luce naturale diretta convertendola in luminosità diffusa. Ciò è possibile attraverso superfici prismatiche, come pannelli in vetro, policarbonato, materiale acrilico o poliestere, che hanno la funzione di dirigere i raggi solari incidenti dove servono maggiormente, o attraverso pellicole olografiche, cioè film sottilissimi applicabili ai vetri delle finestre, che guidano l'irraggiamento solare verso il soffitto, dal quale viene poi distribuito in modo uniforme nei punti dedicati senza il fastidioso effetto di abbagliamento. Oggi si dispone di strumenti di analisi e simulazione particolarmente efficaci nel prevedere fin dalla fase di progettazione il comportamento luminoso dell’edificio, questo è, però, possibile in maniera efficiente solo se la struttura è di grandi dimensioni e dove è presumibile un’illuminazione diurna ottenibile per circa il 75% per mezzo di luce naturale. È importante, infine, sottolineare come ad una maggiore illuminazione naturale corrisponde conseguentemente una riduzione della luce artificiale e pertanto del condizionamento necessario a smaltire il calore immesso dalle lampade.

Illuminazione artificiale La luce artificiale è sostanzialmente diversa da quella naturale e la sua qualità dipende dal tipo delle sorgenti luminose impiegate, vale a dire essenzialmente dalla tonalità e dall’indice di resa cromatica. La tonalità di luce emessa da una lampada è caratterizzata dalla già vista temperatura di colore. La classificazione, a seconda della temperatura di colore, distingue tra lampade a tonalità calda (2.000÷3.000K), a tonalità bianca (3.000÷5.000K) e a tonalità fredda (>5.000K). Il cielo coperto ha una temperatura di colore di 6.500K. L’indice di resa cromatica, come già espresso, definisce in quale misura la luce emessa da una sorgente luminosa consente di apprezzare le sfumature di colore degli oggetti illuminati. I colori rivestono grande importanza per il benessere in ambienti confinati, e bisogna porre una certa cautela nel loro utilizzo, perché sono percepiti e valutati dai singoli individui in maniera molto differente. A causa della differente composizione spettrale della luce, i colori appaiono diversi sotto la luce artificiale rispetto alla luce naturale. Essi, normalmente, devono essere scelti in rapporto alla luce naturale, solo in ambienti ad esclusiva illuminazione artificiale i colori devono essere scelti in relazione allo spettro dei corpi illuminanti adottati. La maggior parte delle persone preferisce una luce calda, in pratica una luce con un’alta percentuale di giallo-arancione (oltre il 40%). Per lavori, che esigono una riproduzione fedele dei colori, esistono dei tubi fluorescenti speciali con uno spettro cromatico che è quasi identico a quello della luce naturale. Nella progettazione dell’illuminazione artificiale bisogna valutare, di volta in volta, le esigenze (qualità e intensità della luce) in base alle attività da svolgere e alla funzione degli oggetti da illuminare. Un’illuminazione artificiale monotona, vacillante, abbagliante e a spettro limitato provoca disagi e disturbi. Le sorgenti illuminanti devono essere ben distribuite e sistemate secondo la loro funzione, emettere una luce che corrisponde al massimo a quella naturale e, inoltre, consumare poca energia.

1.2.5. La progettazione bioclimatica degli spazi esterni Con riferimento allo sviluppo urbano sostenibile l’attenzione verso la qualità degli esterni[116] , in particolare quelli denominati spazi verdi, contribuisce al miglioramento della qualità della vita dei cittadini, coinvolgendo diversi aspetti: verde e qualità dell’aria; verde e biodiversità; verde e acqua; verde e energia; verde e tempo libero, ecc. I problemi delle aree verdi sono difatti legati all’uso intensivo del suolo, alle attività di edificazione, alla frammentazione dovuta alla presenza della rete stradale, all’inquinamento, al rumore e alle altre forme di pressione imposte sulle aree verdi e sugli spazi aperti dalla città esistente. Molte aree verdi cittadine sono dedicate al tempo libero e allo sport, ma il ruolo delle strutture verdi è anche altro: possono migliorare il clima, la qualità dell’aria, possono contribuire al mantenimento della biodiversità, possono avere una funzione regolatrice nel ciclo delle acque.

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La multifunzionalità del verde è chiaro indice di un ruolo potenziale che esso può svolgere nello sviluppo urbano sostenibile. Nelle zone urbane i criteri di utilizzo del verde fanno ormai riferimento anche a problematiche energetiche e di qualità della vita. Il verde diviene un elemento progettuale utilizzabile per il controllo ambientale (soleggiamento, ventilazione, umidità e illuminazione) degli spazi esterni e degli edifici stessi (relativamente all’involucro edilizio). La scelta delle essenze o del tipo di copertura a terra negli insediamenti urbani avviene anche in base a considerazioni di carattere termoigrometrico (scelta di essenze più o meno traspiranti, a foglia sempreverde o caduca, densità del fogliame,…) e serve per combattere fenomeni di surriscaldamento (isola di calore), ristagno dell’aria, forte esposizione ai venti (effetto Venturi), ristagno delle acque con aumento dell’umidità, ecc.

Definizione delle caratteristiche di comfort ambientale negli spazi aperti Il comfort ambientale per gli spazi esterni Il livello di comfort di una zona è funzione delle condizioni ambientali che si verificano in quella determinata regione geografica. Per individuare le condizioni limite entro le quali un individuo si sente a suo agio si utilizzano i diagramma psicometrici o diagrammi di comfort ambientale. In questi diagrammi si associano ai valori di temperatura dell’aria (termometro a bulbo secco in gradi Celsius) i valori di umidità relativa espressa in percentuale. E’ possibile inoltre introdurre nella verifica i valori di radiazione solare (W/m2) per le situazioni di freddo e i valori della velocità del vento (m/s) per le situazioni di caldo, principalmente per climi umidi. In questo modo è possibile determinare zone di comfort per una determinata regione climatica sia per la stagione invernale che per la stagione estiva e andare a modificare e correggere le condizioni che si determinano attraverso l’uso di soluzioni naturali.

Il diagramma psicometrico riportato è stato utilizzato per la “Isla de Cartuja” alla EXPO di Sevilla 1992. E’ possibile vedere che la zona di comfort per il mese di agosto individuata dai progettisti della Expò non coincide con la zona di confort standard. Ciò è dovuto alle differenti condizioni ambientali di Sevilla che presenta alte temperature, bassa velocità del vento e una umidità relativa ridotta. Il diagramma psicometrico è dunque uno strumento sia di analisi perché individua le Fig. 20 – il diagramma di benessere psicometrico per gli spazi esterni

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condizioni di comfort, sia progettuale perché indica rispetto a quale componente ambientale è necessario intraprendere azioni correttive.

Vegetazione e microclima locale L’effetto combinato delle tre componenti ambientali, soleggiamento, ventilazione, umidità, determina le condizioni ambientali di una determinata regione geografica. I fattori che caratterizzano e costituiscono il territorio analizzato modificano gli effetti di tali condizioni ambientali determinando il microclima locale. Tra i più importanti fattori che caratterizzano l’assetto di un territorio c’è la vegetazione; questa influenza notevolmente le condizioni climatiche di una zona potendo modificare in modo determinante il microclima locale. Bilancio radiativo La vegetazione influisce sul bilancio radiativo delle superfici a terra fondamentalmente attraverso tre fenomeni distinti: � ombreggiamento prodotto dalla pianta, variabile a seconda del tipo di essenza, della densità e forma della chioma, dell’altezza dell’elemento, ecc., e ovviamente variabile a seconda della stagione. L’ombra portata a terra da un albero spoglio sarà funzione della densità dei rami. In alcuni casi quindi potremmo trovarci davanti a una essenza che produce più ombra durante la stagione invernale che non rispetto a quella estiva. � quantità di radiazioni solari che la pianta è in grado di riflettere verso l’esterno misurati attraverso i valori di albedo. Questi variano a seconda del colore del fogliame, e quindi della stagione, e del contenuto di acqua. Ovviamente più è vasta la superficie con una determinata copertura vegetazionale, maggiore sarà l’effetto dovuto alla riflessione. Si riportano alcuni valori di albedo in funzione del tipo di copertura.

Vegetazione ad alto fusto albedo

Foreste 18

Foreste di conifere 12

Foreste decidue 18

Manto erboso albedo

Erba secca 32

Erba verde 15 - 30

Coltivo 16 - 30

Foglie morte 30

Fig. 20 – ombre portate dalle alberature nei

differenti periodi dell’anno

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Il valore di albedo di una superficie coperta a verde varia anche in funzione dell’altezza della vegetazione presente.

� sottrazione di calore all’ambiente dovuta alla trasformazione di calore sensibile in energia chimica per effetto del processo di fotosintesi. La variazione di temperatura dovuta a questo fenomeno può arrivare a determinare una riduzione di 5-8°C rispetto alla temperatura del terreno spoglio. Il bilancio energetico di un organismo vegetale può essere sintetizzato nel seguente schema. Quando ci si riferisce a masse vegetali più estese le dinamiche di scambio divengono più complesse per effetto degli scambi interni al sistema. In ogni caso l’equilibrio che si stabilisce dipende da innumerevoli fattori legati alle caratteristiche degli spazi esterni. Ventilazione La vegetazione presente su un territorio si comporta nei confronti della ventilazione come un ostacolo, ed è quindi in grado di modificare velocità e direzione del vento. Il grado e il tipo di modifica dipendono da numerosi fattori legati prevalentemente alle dimensioni fisiche della vegetazione, sia per quanto riguarda la singola essenza sia per quanto riguarda la combinazione e la configurazione delle varie essenze, sia per la densità dell’insieme. La velocità del vento può essere desunta dalla velocità misurata in corrispondenza di una zona dell’atmosfera considerata “libera”, generalmente posta tra i 200 e i 300 metri di altezza. La relativa velocità a terra viene calcolata in base a un coefficiente αααα funzione della rugosità del terreno, ovvero, della presenza di elementi che sono in grado di modificare velocità e direzione del vento tra cui la presenza di vegetazione. Maggiore sarà la densità di tali elementi tanto maggiore sarà la riduzione della velocità del vento. E’ possibile inoltre valutare la variazione della velocità del vento e l’ampiezza dell’area di influenza (ombra di vento) in funzione di alcune caratteristiche morfologiche e stereometriche della vegetazione e precisamente in funzione di: � comportamento stagionale – la presenza delle

Fig. 21 – il bilancio energetico di un albero

Fig. 22 – riduzione della ventilazione in funzione della copertura a terra

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foglie durante tutto l’anno o solo durante il periodo estivo determina un diverso comportamento a seconda della stagione � altezza dell’elemento – la maggiore o minore altezza dell’intero elemento determina la variazione sia dell’ampiezza della zona interessata dalla riduzione della velocità del vento sia dell’intensità della riduzione � altezza del fusto – l’altezza del fusto in relazione all’altezza della chioma può determinare una riduzione o una accelerazione della velocità del vento in prossimità dell’elemento � densità del fogliame – la minore o

maggiore presenza delle foglie e la loro forma e grandezza sono fattori che influiscono sulla riduzione della velocità del vento

� forma della chioma – la geometria della chioma influisce sia sulla velocità del vento che sull’ampiezza della zona di ombra di vento

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La variazione della direzione del vento oltre a dipendere dall’altezza e dalla densità degli elementi presenti sul territorio varia anche in funzione della disposizione degli stessi rispetto a l’edificato. Disponendo alberi e siepi secondo criteri ben definiti è possibile convogliare l’aria per creare zone di protezione oppure tunnel per l’accelerazione delle masse d’aria.

Umidità Il grado di umidità di una zona dipende da numerosi fattori ambientali: � esposizione – la quantità di radiazioni solari dipende dall’esposizione del versante, maggiore a sud, minore a nord � acclività – la quantità di radiazione solari ricevute da un terreno varia a seconda della pendenza del terreno � presenza di acqua – la presenza di fiumi, torrenti, stagni, laghi influisce sul grado di umidità per effetto di fenomeni di evaporazione � ventilazione – la ventilazione influisce direttamente sul grado di umidità diminuendone i valori e da fattori costitutivi: � permeabilità del terreno – capacità del terreno di farsi attraversare dall’acqua (misurata attraverso la velocità di infiltrazione mm/h)

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� capacità idrica del suolo – quantità di acqua che un terreno è in grado di contenere (% del volume) � copertura a terra – la natura delle superfici pavimentate influenza il livello di umidità dell’aria e del terreno sottostante interagendo con il deflusso delle acque meteoriche. Superfici impermeabili, come l’asfalto, se non opportunamente drenate possono provocare fenomeni di ristagno delle acque che, se impossibilitate a evaporare per mancanza di soleggiamento o ventilazione, possono innalzare il livello di umidità dell’aria. Pavimentazioni miste a erba, come ad esempio grigliati in calcestruzzo, permettono un maggiore assorbimento da parte del terreno dell’acqua contribuendo a mantenere il livello di umidità del terreno entro valori ottimali. Il tipo di terreno e la vegetazione presente su un territorio influenzano il valore di umidità dell’aria e del suolo. La copertura vegetazionale interviene sulle modalità di scambio di umidità tra suolo e aria agendo attraverso il processo di traspirazione delle piante sull’evaporazione dell’acqua dal suolo. L’insieme di questi fenomeni è noto come processo di evapotraspirazione. La quantità di acqua immessa nell’atmosfera dalle piante dipende principalmente dalla superficie delle foglie. Essenze con foglie aghiformi o squamiformi, come le conifere, immettono ridotte quantità di acqua nell’ambiente circostante mentre essenze latifoglie sono in grado di influenzare sensibilmente il grado di umidità dell’aria. Di seguito si riporta la variazione del livello di umidità valutata in funzione della capacità di evaporazione e di traspirazione della vegetazione.

Livello di umidità in funzione del tipo di copertura vegetazionale

evaporazione traspirazione livello di umidità

manto erbaceo continuo bassa alta medio

manto erbaceo discontinuo alta bassa medio

arbustiva bassa alta alto

arborea sempreverde bassa alta alto

bosco ceduo (inverno) alta medio-bassa basso

bosco ceduo (estate) bassa medio-alta alto

Tab. 7 – livello di umidità in funzione della copertura vegetazionale La vegetazione agisce indirettamente sul livello di umidità in quanto produce ombra e ostacola il vento. Ad esempio essenze sempreverdi impediscono il soleggiamento del terreno sia in inverno che in estate e diminuiscono la ventilazione; di conseguenza l’acqua contenuta nel terreno, non potendo evaporare, tende a ristagnare. Se il terreno è di tipo impermeabile si possono formare zone melmose. Nel caso di essenze decidue il problema si può verificare nella stagione estiva. La densità e il tipo di essenza influiscono sulla riduzione della velocità e del vento e la variazione di direzione. Essenze d’alto fusto permettono il passaggio dei flussi d’aria al di sotto della chioma in modo da allontanare l’umidità che si forma all’interno della zona ombreggiata per mancanza di soleggiamento e riportando i valori di umidità nella zona di comfort. Propagazione del suono La vegetazione influisce sulla propagazione delle onde sonore sia perché crea un effetto barriera sia perché aumenta la porosità del terreno, aumentandone il potere assorbente per la presenza delle radici.

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Attenuazione del rumore (dB/m) nel caso di una sorgente puntiforme posta a 1 - 2 m di altezza. Attenuazione del rumore (dB/m ) per frequenza in funzione del tipo di copertura vegetazionale 100 Hz 1000 Hz 5000 Hz

erba alta rada (10 - 20 cm) 0,005 0,03 -

erba alta fitta ( 40 - 50 cm) 0,005 0,12 0,15

fitto campo di grano 0,03 0,36 0,40

bosco 0,02 0,06 0,15 Tab. 8 – attenuazione del livello di rumore per le barriere verdi

Altre considerazioni • La presenza delle radici su suoli incoerenti rende il terreno più stabile e aumenta la

coesione tra i granuli mentre nei terreni rocciosi può accelerare i fenomeni di disgregazione e fratturazione del terreno.

• Nei terreni in pendio diminuisce la velocità di scorrimento delle acque meteoriche rallentando l’erosione e permettendo una maggiore assorbibilità dell’acqua da parte del suolo.

• Depura l’aria.

Parametri di definizione degli spazi esterni urbani Al fine di studiare le interazioni tra le componenti ambientali e la vegetazione per la definizione del microclima locale non si può prescindere da una analisi dettagliata delle caratteristiche geometriche, dimensionali, costitutive e funzionali dello spazio oggetto dello studio e dell’intervento. Si riporta di seguito una breve guida schematica di tutte le informazioni che sarebbe opportuno rilevare per una corretta stima delle di dinamiche ambientali in atto e per la valutazione delle potenzialità del sito. Caratteristiche geometrico-dimensionali Descrizione geometrica-dimensionale dello spazio delimitato dall’intorno urbano. planimetria

• prevalenza di una direzione ∗ rettangolo allungato ( rapporto min. lati 1: 3 ) ∗ camminamento (lungomare, passeggiata) • forma regolare compatta ∗ quadrata, rettangolare ∗ circolare, ellissoidale • forma regolare non compatta ∗ triangolare ∗ trapezoidale • forma irregolare

sezione • ribassata • rialzata • a livello

dimensione • categorie in funzione della dimensione superficiale

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Caratteristiche di definizione al bordo Descrizione, fisico-geometrica-funzionale dell’intorno delimitante lo spazio aperto. dimensione

• scala urbana ( spazio del tessuto urbano) • lotto ( spazio interno a un complesso edilizio ) • spazio coperto ( interno a un edificio, gallerie, strade coperte) continuità del perimetro • planimetrica • altimetrica • di profondità dei corpi edificati

grado di omogeneità • delle superfici ∗ materiali ( intonaco, vetro, laterizio, pietra, legno ) ∗ colori • delle tecnologie costruttive ( cemento armato, muratura, acciaio ) • delle funzioni ( residenza, uffici, servizi )

Caratteristiche funzionali Elenco delle funzioni che può assolvere uno spazio aperto urbano. Possono esservi presenti anche più di due funzioni contemporaneamente. pedonale

• parco giochi • giardino • mercato ( permanente, periodico ) • assemblea ( comizi, riunioni, spettacoli all’aperto ) • attrezzature sportive • camminamenti e sosta

veicolare • a carattere prevalentemente viario • parcheggio • relativi ai collegamenti urbani e extraurbani ( capolinea e fermate autobus, partenze

pullman, navette ) Caratteristiche dei materiali Descrizione delle caratteristiche dei materiali presenti all’interno dello spazio aperto, comprese le eventuali attrezzature e/o impianti tecnologici.

naturali • suolo ( tipo, proprietà fisiche e meccaniche ) • vegetazione ( tipo, densità ) • acqua ( tipo, quantità ) artificiali • pavimentazione ( materiale, proprietà fisico-meccaniche ) • arredo urbano ( permanente, stagionale, mobile, materiali, disposizione, quantità) • sistemi tecnologici ( deflusso delle acque, impianti di illuminazione ).