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BELLISSIMA L’Italia dell’alta moda 1945-1968 a cura di Maria Luisa Frisa, Anna Mattirolo, Stefano Tonchi 2 dicembre 2014 – 3 maggio 2015 www.fondazionemaxxi.it Roma, 28 novembre 2014. Emilio Schuberth e le Sorelle Fontana, Germana Marucelli e Mila Schön, Valentino e Simonetta, Roberto Capucci e Fernanda Gattinoni, Fendi, Renato Balestra, Biki, Irene Galitzine, Emilio Pucci, Fausto Sarli e molti altri; abiti, accessori e gioielli in dialogo con opere d’arte; e ancora la Roma protagonista del Giubileo del 1950 e delle Olimpiadi del 1960, la città del cinema e dei divi hollywoodiani, di via Veneto e della Dolce Vita, ma anche i paesaggi italiani di Torino, Milano, Firenze, Venezia, Napoli. È Bellissima. L’Italia dell’alta moda 1945-1968 (2 dicembre 2014 – 3 maggio 2015), mostra a cura di Maria Luisa Frisa, Anna Mattirolo, Stefano Tonchi che, attraverso la lente privilegiata della moda, ritrae la cultura italiana in un momento di creatività straordinaria (nel cinema, nell’arte, nell’architettura, nel teatro, nella fotografia) e fa rivivere al MAXXI le atmosfere e gli stili di un periodo che ha contribuito in modo unico a definire il carattere e lo stile italiani a livello internazionale. Bulgari, da 130 anni emblema di creatività ed eccellenza, è main partner di questo progetto. Il MAXXI apre dunque i suoi spazi alla moda, eccellenza del nostro Paese, raccontando il periodo del secondo dopoguerra (1945 – 1968), attraverso la mostra e un libro che la accompagna, dal ricco apparato iconografico, nato in collaborazione con Altaroma. La Mostra Attraverso l’allestimento essenziale e contemporaneo dell’architetto Maria Giuseppina Grasso Cannizzo, Bellissima mette in scena una selezione di 80 abiti di autori che hanno costruito l’identità della moda italiana, evidenziandone temi e tratti distintivi. Dalle creazioni spettacolari che hanno illuminato i grandi balli e i foyer dei teatri del secolo scorso, accompagnate dalle abbaglianti espressioni dell’alta gioielleria, all’eleganza trattenuta degli abiti da mezza sera dal grafismo rigoroso del bianco e nero all’esplosione cromatica - sospesa fra orientalismo allucinato e pop art spaziale - tipica degli anni Sessanta; dalle invenzioni per le attrici della Hollywood sul Tevere (con gli abiti disegnati per Ava Gardner, Anita Ekberg, Ingrid Bergman, Lana Turner, Kim Novak, Anna Magnani) agli esiti della sofisticata ricerca formale frutto di alcune intense collaborazioni fra sarti e artisti. E poi i completi da giorno, i tailleur e i cappottini che raccontano di un lusso ricercato anche nel quotidiano. Accanto agli abiti, che rivivono sui manichini di La Rosa, in mostra anche gli accessori - bijoux, scarpe, cappelli, borse - che hanno completato l’immagine della moda italiana e che hanno lanciato il nostro alto artigianato nel panorama internazionale (tra cui Coppola e Toppo, Ferragamo, Fragiacomo, Gucci, Roberta da Camerino). Da sempre ideale complemento degli abiti come espressione di gusto e personalità, anche i gioielli raccontano i fermenti culturali di un’epoca. Bulgari, il gioielliere italiano più celebre nel mondo, espone una selezione di pezzi unici rappresentativi di un periodo chiave nella storia del Marchio a livello di sperimentazione e innovazione stilistica. Fra i pezzi in mostra, le iconiche creazioni Serpenti in oro con diamanti o smalti e una straordinaria collana degli anni ’50 in platino, rubini e diamanti per un totale di 70 carati. In mostra le fotografie di Pasquale De Antonis, Federico Garolla, Ugo Mulas, autori straordinari che attraverso le loro immagini hanno raccontato l’alta moda italiana e i suoi paesaggi; riviste dell’epoca e documenti originali; filmati che rivelano la grande effervescenza della moda italiana. A sottolineare la complicità tra arte e moda che ha profondamente segnato quegli anni, in mostra opere di Carla Accardi, Getulio Alviani Alberto Biasi, Alberto Burri, Massimo Campigli, Giuseppe Capogrossi, Lucio

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Page 1: 1 2014.11.28 MAXXI BELLISSIMA dal2dicembre...2014/11/28  · La Mostra Attraverso l’allestimento essenziale e contemporaneo dell’architetto Maria Giuseppina Grasso Cannizzo, Bellissima

BELLISSIMA L’Italia dell’alta moda 1945-1968 a cura di Maria Luisa Frisa, Anna Mattirolo, Stefano Tonchi 2 dicembre 2014 – 3 maggio 2015 www.fondazionemaxxi.it Roma, 28 novembre 2014. Emilio Schuberth e le Sorelle Fontana, Germana Marucelli e Mila Schön, Valentino e Simonetta, Roberto Capucci e Fernanda Gattinoni, Fendi, Renato Balestra, Biki, Irene Galitzine, Emilio Pucci, Fausto Sarli e molti altri; abiti, accessori e gioielli in dialogo con opere d’arte; e ancora la Roma protagonista del Giubileo del 1950 e delle Olimpiadi del 1960, la città del cinema e dei divi hollywoodiani, di via Veneto e della Dolce Vita, ma anche i paesaggi italiani di Torino, Milano, Firenze, Venezia, Napoli.

È Bellissima. L’Italia dell’alta moda 1945-1968 (2 dicembre 2014 – 3 maggio 2015), mostra a cura di Maria Luisa Frisa, Anna Mattirolo, Stefano Tonchi che, attraverso la lente privilegiata della moda, ritrae la cultura italiana in un momento di creatività straordinaria (nel cinema, nell’arte, nell’architettura, nel teatro, nella fotografia) e fa rivivere al MAXXI le atmosfere e gli stili di un periodo che ha contribuito in modo unico a definire il carattere e lo stile italiani a livello internazionale.

Bulgari, da 130 anni emblema di creatività ed eccellenza, è main partner di questo progetto.

Il MAXXI apre dunque i suoi spazi alla moda, eccellenza del nostro Paese, raccontando il periodo del secondo dopoguerra (1945 – 1968), attraverso la mostra e un libro che la accompagna, dal ricco apparato iconografico, nato in collaborazione con Altaroma.

La Mostra

Attraverso l’allestimento essenziale e contemporaneo dell’architetto Maria Giuseppina Grasso Cannizzo, Bellissima mette in scena una selezione di 80 abiti di autori che hanno costruito l’identità della moda italiana, evidenziandone temi e tratti distintivi. Dalle creazioni spettacolari che hanno illuminato i grandi balli e i foyer dei teatri del secolo scorso, accompagnate dalle abbaglianti espressioni dell’alta gioielleria, all’eleganza trattenuta degli abiti da mezza sera dal grafismo rigoroso del bianco e nero all’esplosione cromatica - sospesa fra orientalismo allucinato e pop art spaziale - tipica degli anni Sessanta; dalle invenzioni per le attrici della Hollywood sul Tevere (con gli abiti disegnati per Ava Gardner, Anita Ekberg, Ingrid Bergman, Lana Turner, Kim Novak, Anna Magnani) agli esiti della sofisticata ricerca formale frutto di alcune intense collaborazioni fra sarti e artisti. E poi i completi da giorno, i tailleur e i cappottini che raccontano di un lusso ricercato anche nel quotidiano.

Accanto agli abiti, che rivivono sui manichini di La Rosa, in mostra anche gli accessori - bijoux, scarpe, cappelli, borse - che hanno completato l’immagine della moda italiana e che hanno lanciato il nostro alto artigianato nel panorama internazionale (tra cui Coppola e Toppo, Ferragamo, Fragiacomo, Gucci, Roberta da Camerino).

Da sempre ideale complemento degli abiti come espressione di gusto e personalità, anche i gioielli raccontano i fermenti culturali di un’epoca. Bulgari, il gioielliere italiano più celebre nel mondo, espone una selezione di pezzi unici rappresentativi di un periodo chiave nella storia del Marchio a livello di sperimentazione e innovazione stilistica. Fra i pezzi in mostra, le iconiche creazioni Serpenti in oro con diamanti o smalti e una straordinaria collana degli anni ’50 in platino, rubini e diamanti per un totale di 70 carati.

In mostra le fotografie di Pasquale De Antonis, Federico Garolla, Ugo Mulas, autori straordinari che attraverso le loro immagini hanno raccontato l’alta moda italiana e i suoi paesaggi; riviste dell’epoca e documenti originali; filmati che rivelano la grande effervescenza della moda italiana.

A sottolineare la complicità tra arte e moda che ha profondamente segnato quegli anni, in mostra opere di Carla Accardi, Getulio Alviani Alberto Biasi, Alberto Burri, Massimo Campigli, Giuseppe Capogrossi, Lucio

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Fontana, Paolo Scheggi, molte delle quali esposte grazie alla collaborazione con la Galleria Nazionale d’Arte Moderna, testimonianza della sperimentazione e della grande vitalità creativa di un’epoca eccezionale.

Rivivono così al MAXXI le atmosfere di un’epoca in cui Paolo Scheggi progettava l’atelier di Germana Marucelli, con la quale collaborava anche per alcune collezioni; la galleria L’Obelisco, animata da Irene Brin, diventava punto di riferimento per artisti, fotografi, sarti, creativi e Palma Bucarelli, mitica direttrice della GNAM (di cui sono in mostra alcuni abiti dal Museo Boncompagni Ludovisi) , animava la vita culturale della capitale; Mila Schön collaborava con Ugo Mulas e si ispirava ai tagli di Fontana per i suoi abiti e Roberto Capucci ai cretti di Burri.

Il dialogo con l’arte contemporanea è esaltato inoltre da vb74 la performance che Vanessa Beecroft ha progettato appositamente per l’inaugurazione della mostra, sul tema dell’identità femminile. In vb74 un gruppo di donne mette in scena la ritualità legata all’essere e all’apparire. Il pubblico è coinvolto in un confronto diretto, teso ad annullare i limiti che separano la scena dallo spettatore.

Il Libro

Edito da Electa, completa e integra il progetto: un libro di 464 pagine e oltre 500 immagini, in edizione italiana e edizione inglese, che restituisce il paesaggio dell’alta moda italiana del dopoguerra come fenomeno policentrico, un atlante visivo, omaggio a quelle città che hanno contribuito a una delle più belle pagine della storia del costume in Italia. Il libro racconta le città italiane e le signore dello stile come Marella Agnelli, Gioia Marchi Falck, Consuelo Crespi, Irene Brin e Palma Bucarelli; la Milano della Scala, Biki e Maria Callas, Germana Marucelli; la Venezia della mondanità e la Napoli della sartoria maschile e dei balli a palazzo; la Firenze delle sfilate di Palazzo Pitti; e ancora la Roma della Dolce Vita e della Hollywood sul Tevere.

Controcanto

Controcanto è un ricco programma di approfondimento che accompagnerà la mostra per tutta la sua durata, sviluppandone i temi. In cantiere cinema, fotografia, incontri, lezioni, talk cui parteciperanno big della moda e talenti emergenti, designer e critici, studiosi e professionisti. Si parte il 13 dicembre con un ciclo di sei lezioni sulla storia della moda, dai primi del ‘900 a oggi. A gennaio prende il via una rassegna di film classici, con La decima vittima di Elio Petri e 8 1/2 di Federico Fellini e un incontro col costumista Premio Oscar Piero Tosi. Sempre a gennaio, partirà I big della moda, cinque incontri con alcuni protagonisti che hanno contribuito alla diffusione dello stile italiano: Roberto Capucci, Frida Giannini (Gucci), Antonio Marras, Maria Grazia Chiuri e Pier Paolo Piccioli (Valentino), il fotografo Giovanni Gastel. Inoltre ci saranno presentazioni di libri sulla moda e, a marzo, una masterclass sulla fotografia di moda con Moustafà Sabbagh.

Creatori in Mostra

Maria Antonelli, Renato Balestra, Rocco Barocco, Delia Soldaini Biagiotti, Biki, Aurora Battilocchi, Sorelle Botti, Brunettini, Bulgari, Roberto Capucci, Caraceni, Carosa (Giovanna Caracciolo Ginetti), Clemente Cartoni, Cavallera, Clara Centinaro, Coppola e Toppo, Gigliola Curiel, Alberto Dal Cò, Patrick De Barentzen, Enzo, Alberto Fabiani, Fendi, Fercioni, Salvatore Ferragamo, Sorelle Fontana, Federico Forquet, Fragiacomo, Irene Galitzine, Gallia e Peter, Fernanda Gattinoni, Gucci, Cesare Guidi, Pino Lancetti, André Laug, Laudadio, Lucarelli, Luciani, Germana Marucelli, Mila Schön, Mingolini-Gugenheim, Ognibene-Zendman, Pirovano, Emilio Pucci, Heinz Riva, Lorenzo Riva, Roberta di Camerino, Sanlorenzo, Fausto Sarli , Emilio Schuberth, Simonetta, Tiziani, Valentino, Jole Veneziani.

Comitato d’Onore

Giorgio Armani, Jean-Christophe Babin, Patrizio Bertelli, Lavinia Biagiotti Cigna, Mario Boselli, Roberto Capucci, Maria Grazia Chiuri, Diego Della Valle, Ferruccio Ferragamo, Giusi Ferré, Nicoletta Fiorucci, Micol Fontana, Frida Giannini, Karl Lagerfeld, Rosita Missoni, Jonathan Newhouse, Mirella Petteni Haggiag, Pierpaolo Piccioli, Miuccia Prada, Laudomia Pucci , Stefano Ricci, Franca Sozzani, Beatrice Trussardi, Silvia Venturini Fendi, Donatella Versace, Anna Wintour, Anna Zegna.

Comitato scientifico Gloria Bianchino, CSAC Università di Parma; Caterina Chiarelli, Galleria del Costume di Palazzo Pitti, Firenze; Doretta Davanzo Poli, storica della moda e del tessuto, Venezia; Kaat Debo, MOMU Antwerp; Akiko

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Fukai, Kyoto Costume Institute; Bonizza Giordano Aragno, storica della moda italiana, Roma; Sofia Gnoli, Università degli Studi di Roma “La Sapienza”; Harold Koda, The Costume Institute at Metropolitan Museum of Art, New York; Maria Stella Margozzi, Museo Boncompagni Ludovisi, Roma; Marina Messina, Palazzo Morando | Costume Moda Immagine, Milano; Enrica Morini, Libera Università di Lingue e Comunicazione IULM, Milano; Alistair O'Neill, Central Saint Martins College of Art and Design, Londra; Adelheid Rasche, Kostümbibliothek Staatliche Museum, Berlino; Sonnet Stanfill, Victoria and Albert Museum, Londra; Valerie Steele, The Museum at FIT, New York. Main partner Bulgari In collaborazione con Altaroma | partner tecnico La Rosa | hotel partner Dom, Roma | si ringrazia Yoox.com Con il contributo tecnico di Cinecittà Istituto Luce, Rai Teche, Rufa Rome University of Fine Art Per i film in mostra si ringrazia Mediaset, Rai Cinema, Cinecittà Istituto Luce, Surf Film, Videodue Controcanto è stato realizzato grazie al sostegno di Altaroma Per il fashion photography masterclass si ringrazia Dgtales Racconti Digitali, L’Oreal Divisione Prodotti Professionali, Accademia, ID Per la performance di Vanessa Beecroft vb74 un ringraziamento a Grafiche Antiga, Giovanni Bonotto, L’Oreal Divisione Prodotti Professionali, Prada Media partner Sky Arte HD, Edizioni Condé Nast, Pizza La cartella stampa e le immagini della mostra sono scaricabili nell’Area Riservata del sito della Fondazione MAXXI all’indirizzo http://www.fondazionemaxxi.it/area-riservata/ inserendo la password areariservatamaxxi Ufficio stampa MAXXI +39 06 3225178, [email protected]

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BELLISSIMA L’Italia dell’alta moda 1945-1968 a cura di Maria Luisa Frisa, Anna Mattirolo, Stefano Tonchi

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Bellissima. L’Italia dell’alta moda 1945-1968

Giovanna Melandri, Presidente Fondazione MAXXI Siamo estremamente lieti di aprire le porte del MAXXI a un progetto che fa entrare per la prima volta la moda nel Museo nazionale delle arti del XXI secolo, impostando così un filone di ricerca sull’identità stilistica e culturale di un settore centrale della produzione italiana. Bellissima. L’Italia dell’alta moda 1945-1968 racconta uno straordinario momento di vitalità culturale, un’eccezionale stagione della creatività italiana. La serie di creatori considerati dal progetto non vuole essere esaustiva, ma intende presentare l’alta moda italiana come fenomeno esploso, caratterizzato da diversi centri nevralgici che sono le città di Firenze, Milano, Napoli, Roma, Torino e Venezia. Bellissima racconta, attraverso questa geografia, il clima di un periodo che va dal 1945, ancora guerra ma già dopoguerra, fino ai rivolgimenti del 1968, che plasmano cambiamenti radicali in tutti i campi e che gettano le basi per definire gli immaginari internazionali del prêt-à-porter. La speranza è che il MAXXI, zona franca e sede di confronto tra ambiti ed esperienze diverse, con questo progetto possa contribuire a una proficua riflessione sull’identità della moda italiana di oggi. Guardare il periodo che va dal 1945 al 1968 è raccontare un’atmosfera tutta italiana, un’identità stilistica e produttiva che, in poco più di vent’anni, attraversa cambiamenti epocali: dallo sviluppo dell’alta moda subito dopo la guerra, alla nascita del prêtà- porter alla fine degli anni sessanta. In questi anni di eccezionale fermento culturale i rapporti tra arte e moda sono fluidi, con continui scambi di idee e contaminazioni tra i due linguaggi: come afferma Irene Brin, tra le prime giornaliste di moda e costume in Italia, “bisogna capire la moda attraverso il teatro, i libri, i musei”. Così artisti e creatori condividono in questi anni esperienze, strumenti e luoghi di incontro: a Roma il caffè Rosati in piazza del Popolo, a Milano il bar Jamaica rappresentano fondamentali contesti di scambio e reciproco arricchimento. Questa dimensione di laboratorio creativo trova una sua esatta rispondenza nella mostra al MAXXI, che inscena un dialogo unico tra gli abiti e le opere di importanti artisti. Molto più di semplici punti di riferimento, gli artisti sono per molti sarti dei veri e propri complici, dei compagni di strada con cui condividere riflessioni ed esperienze. La vicinanza tra i due linguaggi giunge a pieno compimento negli anni sessanta, quando l’arte si insinua negli ingranaggi ideativi e costruttivi della moda e nella progettazione dei vestiti. È il caso degli abiti di Mila Schön, ispirati ai tagli di Lucio Fontana, ma anche delle creazioni di Germana Marucelli, che introduce nelle sete plissettate le infinite variazioni ottiche, percettive e cinetiche di Getulio Alviani. Così Bellissima racconta oltre vent’anni di moda in Italia tracciando un percorso collettivo e corale che abbraccia linguaggi ed esperienze diverse, un vivido affresco che restituisce l’effervescenza della creatività italiana. Sono quindi particolarmente orgogliosa di presentare questa mostra che testimonia ancora una volta la vocazione interdisciplinare del nostro museo. Sempre più in questi anni il MAXXI si è connotato per una programmazione aperta, che mescola arte, architettura, danza, musica, interventi performativi, cinema e design, dando vita a un grande laboratorio per la valorizzazione di tutte le forme della creatività contemporanea.

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Bellissima. L’Italia dell’alta moda 1945-1968

Jean-Christophe Babin, Amministratore Delegato del Gruppo Bulgari Le partnership fra Aziende e istituzioni culturali sono ormai da tempo un esempio di come la collaborazione fra pubblico e privato consenta di preservare e divulgare con successo un patrimonio storico e artistico unico al mondo quale è quello italiano. Queste sinergie virtuose sono espressione di una visione a lungo termine, basata sulla condivisione di obiettivi e risultati in una logica di equilibrio tra esigenze di tutela, mercato e sviluppo economico. L’Italia non è però solo sinonimo di splendidi monumenti: vi sono infatti moltissime istituzioni museali meritevoli di essere parimenti supportate poiché, nonostante tante difficoltà, riescono comunque a proporre una programmazione ricca di appuntamenti estremamente interessanti che ogni anno attraggono migliaia di turisti e residenti dando lustro alla Città e al Paese. Oggi, grazie alla mostra Bellissima, L’Italia dell’alta moda 1945- 1968 rivivremo al MAXXI un momento in cui la vitalità creativa della moda ha riflettuto il fermento culturale di un Paese desideroso proiettarsi in un futuro ricco di nuove sfide ed opportunità. La moda, il cinema, la fotografia e l’arte intessono un dialogo vivace attraverso citazioni e suggestioni che delineano l’affresco di un’epoca unica per l’affermazione dello stile di vita italiano nel mondo. Oltre all’orgoglio di poter sostenere un Museo fiore all’occhiello della Città come il MAXXI, Bulgari ha scelto di sponsorizzare proprio Bellissima poiché dall’immediato dopoguerra fino alla fine degli anni ‘60 il Marchio ha vissuto un punto di svolta fondamentale: in quegli anni, infatti, il suo stile si delinea definitivamente come quell’ inconfondibile combinazione di colori, volumi sontuosi e design ricercato che lo caratterizza ancora oggi. In quel periodo, Bulgari sceglie infatti di distaccarsi dalla scuola orafa francese, allora dominante, per forgiare un’estetica audace e visionaria, fatta di sperimentazioni, innovazioni e contaminazioni fra gioielleria, arte e architettura. In quegli anni così speciali si inserisce anche l’epoca della Dolce Vita, in cui la Città Eterna diviene il set prediletto per molte produzioni hollywoodiane. Le stelle del cinema italiane e straniere dell’epoca come Elizabeth Taylor, Ingrid Bergman, Sophia Loren, Anna Magnani, Anita Ekberg e tante altre scoprono lo storico negozio Bulgari in via Condotti e iniziano ad apprezzarne le creazioni, conferendo così al Marchio ulteriore fama e visibilità a livello mondiale. Come i gioielli sono l’ideale complemento di un abito, la leggenda di Bulgari si delinea di pari passo con quella dei grandi nomi che fra il 1945 e il 1968 hanno segnato la storia dell’alta moda, consacrando così il Made in Italy come emblema di gusto impeccabile, squisita manifattura e design raffinato. Il savoir faire italiano, che già con il Rinascimento aveva creato un nuovo modo di concepire il mondo e le arti figurative, diviene così ancora una volta un punto di riferimento culturale ed estetico imprescindibile. Le creazioni Bulgari in mostra al MAXXI rappresentano una sintesi della fervida creatività del Marchio in quegli anni, dall’iconico segno Serpenti alle raffinate trousse Melone, dall’opulenza di rubini e zaffiri alle monete antiche che divengono un elemento decorativo al pari delle pietre preziose. Una vivida antologia dello stile di un Marchio che da 130 anni è fedele alle sue radici e costantemente proiettato alla scoperta di nuovi orizzonti creativi.

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Bellissima. L’Italia dell’alta moda 1945-1968

Il mondo in una stanza. Forme dell’atelier Maria Luisa Frisa L’atelier è un meccanismo complesso anche quando è solo una piccola stanza. Non è un supplemento del corpo dell’artista, è un sistema di co-implicazioni reciproche formate dal corpo, dall’ambiente e dagli oggetti. Un ritratto fotografico di Ennio Flaiano ce lo mostra al suo tavolo di lavoro, quasi messo al muro dall’imponente macchina da scrivere. Accanto solo alcuni libri. Lo studio di Giorgio Morandi è il catalogo degli oggetti delle sue nature morte. Il silenzio di quei reperti del quotidiano arenati nelle stanze bolognesi di via Fondazza deflagra ogni volta che l’artista si pone di fronte alla tela posizionata con cura maniacale sul cavalletto. Negli studi dei sarti si organizzano i materiali, infinite varietà di tessuti, ricami, bottoni, fettucce, nastri, telette, cartamodelli. Poi ritagli di giornali, disegni, frammenti di ogni tipo a comporre atlanti e mappe dove perdersi. Un sorta di archivio sempre attivo che alimenta il lavoro quotidiano del sarto e di tutti quelli che gli ruotano intorno. Un lavoro frenetico che non è scandito dai tempi dell’immaginazione, ma da quelli della lavorazione e delle ritualità collettive della messa in scena. Un luogo dove si intrecciano le rispettive proprietà dello spazio e del tempo. Trasformando quest’ultimo in territorio tangibile quanto il luogo di lavoro. Nell’Italia del secondo dopoguerra sono le complicità progettuali e la curiosità a dare forma a una sorta di brulichio inventivo trasversale che si muove attraverso la città. Se l’atelier è l’artista e l’artista è il suo atelier, ci sono situazioni come la galleria dell’Obelisco a Roma che diventano punto d’incontro non solo per il variegato modo dell’arte, ma anche per collezionisti e sognatori, per sarti e belle donne, per intellettuali e perditempo. Specialmente se l’anima di quel luogo è un personaggio come Irene Brin, che afferma che il teatro, i libri, i musei sono gli strumenti per capire la moda. Profondamente convinta di questo, agisce come giornalista e promotrice della moda italiana nel mondo e come gallerista, sempre attenta a proporre artisti nuovi e situazioni interessanti. Attraversando la moda senza pregiudizi, ma per una necessità intrinseca al suo modo di leggere il presente. Le amiche è un film di Michelangelo Antonioni del 1955 che racconta le vicende esistenziali, amorose e lavorative di un gruppo di giovani donne che si muovono tra l’atelier di moda – che si inaugurerà con una sfilata, dopo il restauro che seguiamo attraverso le scelte di stile –, la galleria d’arte dove espone la coppia di artisti interpretati da Valentina Cortese e Gabriele Ferzetti, il loro studio/casa, gli appartamenti, le ville della ricca borghesia e le trattorie bohémien. Le protagoniste si spostano in macchina e in taxi attraverso la Torino di via Roma, disegnata da Marcello Piacentini. E prendono il treno nel viaggio della moda Torino-Roma. Donne moderne in bilico tra il desiderio di emanciparsi attraverso il lavoro, quello della moda e quello dell’arte, e le attese di una società ancorata all’immagine della donna prima di tutto madre e moglie. Le fotografie che Ugo Mulas scatta nel 1969 nell’atelier di Mila Schön, a documentare il backstage di un servizio di moda per la rivista “Oggi” con Mina protagonista, ci mostrano Mila che, riflessa nel grande specchio, diventa presenza reale accanto alla cantante. L’atelier della sarta, disegnato in maniera essenziale, è soprattutto luogo della sfilata e della rappresentazione. Plasmato dall’estetica degli anni sessanta già proiettati in quel futuro alla moda raccontato così bene nel film di Elio Petri La decima vittima, del 1965. L’amicizia con uno dei più grandi fotografi italiani, prestato alla moda, trasforma il progetto di Mila, lo rende raffinato, colto e allo steso tempo glamour: non è gesto elitario, snob. Non a caso Diana Vreeland definisce Mila Schön la Coco Chanel italiana, paragonandola a colei che ha trasformato le forme del vestire attraverso le estetiche e le poetiche del modernismo. Lei, che, grazie a Mulas, conosce e diventa amica di Lucio Fontana, accompagna il transito della moda tra atelier, boutique e prêt-à-porter. In questo movimento mette a fuoco il rapporto e il confronto tra il gesto artistico e il codice genetico della moda : “Mulas era legato da profonda amicizia con la signora Schön. Le aveva comunicato la sua passione per l’arte e l’amore che aveva per certi artisti a tal punto che lei aveva disegnato un’intera collezione dedicata a Lucio Fontana, creando lunghi vestiti solcati da tagli e da buchi. Un servizio pubblicitario Mila Schön era stato ambientato in una scenografia che ricordava Enrico Castellani, un altro Mario Ceroli, per citarne alcuni”1.

1 A. Mulas, Ugo Mulas e la moda, in Lo sguardo italiano. Fotografie italiane di moda dal 1951 a oggi, catalogo della mostra,

a cura di M.L. Frisa, Charta, Milano - Fondazione Pitti Immagine Discovery, Firenze 2005.

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L’atelier si comprime e si amplifica a seconda delle esigenze, ma anche dei periodi storici. Si modifica seguendo l’evoluzione del modo di lavorare e della riflessione sulle pratiche della progettazione. Nella moda l’identità del sarto viene plasmata dalle trasformazioni delle forme creative e produttive e dal suo rapporto con l’industria, mutando prima in stilista, poi in fashion designer e in direttore creativo, a scandire l’avanzare di un sistema della moda sempre più complicato e business oriented. Nell’arte invece la parola “artista” si impasta di una diversa sacralità, che “non esprime tanto la tradizione in cui [gli artisti] sono nati quanto il percorso che compiono tra questa e i diversi contesti che attraversano, realizzando atti di traduzione. […] l’artista contemporaneo procede per selezione, aggiunte, poi moltiplicazioni. Non ricerca uno stato ideale dell’io, dell’arte o della società, ma organizza i segni per moltiplicare una identità con un’altra”2. L’atelier, come luogo di raccordo tra i meccanismi creativi innescati dall’autore e le conseguenti azioni dei suoi collaboratori, e come zona privilegiata, dove coltivare amicizie e complicità, si trasforma con i radicali cambiamenti a cavallo tra gli anni sessanta e settanta e con quelli imposti dalla società dello spettacolo. Nell’ambito della moda, il confronto continua ad allargarsi, con l’industria, con le sempre più lontane traiettorie del business, per la necessità di moltiplicare le collezioni. Lo spostamento è dal paesaggio del corpo a quello del territorio, a sancire il continuo deragliare di una pratica creativa sfarinata nella cultura contemporanea3 e provocando le mutazioni di quel “couturier superstar” – secondo una felice definizione di Olivier Saillard4 – sempre più personaggio e assoluto protagonista. Il sarto, lo stilista attraversano l’atelier, ma non lo abitano più. Il movimento consiste nel trapiantare l’“arte” su terreni eterogenei, nel confrontarla con tutti i format disponibili. Nulla è oggi più estraneo di un pensiero disciplinare, di un pensiero chiuso nella specificità del medium. Oggi creativi, artisti, ma anche architetti, designer, industriali e attori sono ritratti sempre in posa. Immobili, ritagliati in un contesto di rappresentanza. Sguardi dritti a cercare complicità con il pubblico.

2 N. Bourriaud, Radicant. Pour une esthétique de la globalisation, Denoël, Paris 2009 (trad. it. Il radicante. Per un’estetica

della globalizzazione, Postmedia, Milano 2014). 3 Tra gli artisti, Maurizio Cattelan e Francesco Vezzoli dichiarano di non avere uno studio vero e proprio, ma di usare a

seconda dei progetti spazi e competenze adeguate. 4 Nel titolo della mostra da lui curata nel 2002 al Musée de la mode et du textile di Parigi.

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Bellissima. L’Italia dell’alta moda 1945-1968

I percorsi dell’arte Anna Mattirolo Roland Barthes, nel suo saggio Système de la mode, del 1967, afferma che indossare un vestito è fondamentalmente un atto di significazione, vale a dire che i comportamenti legati all’abbigliamento tendono a costituire sistemi strutturati di segni, differenze, opposizioni e contrasti, condividendo in questo senso i percorsi dell’arte. Negli anni tra il 1945 e il 1968, di segni, opposizioni e contrasti, l’Italia ne vive molti. Il paese esce dal conflitto mondiale e l’emergenza alimentare, la necessità di riprogettazioni infrastrutturali e urbanistiche e, ancora, il problema di un analfabetismo diffuso sono solo alcuni dei momenti drammatici a cui la nazione deve porre rimedio. La ricostruzione sarà così una vera rivoluzione, un processo che causerà un capovolgimento dei valori stessi della società che si vuole ricostruire. Le città sono le sedi privilegiate di questo fermento. Roma e Milano in primis, ma anche centri più piccoli come Torino sono fucine particolarmente attive di espressioni, mentalità, ricerche che hanno come unico denominatore comune l’obiettivo di superare quello stato di disorientamento, tra paura ed esaltazione, che prende corpo in “gesto, segno e materia”. L’arte si fa portavoce di questo momento particolarmente febbrile. La Biennale di Venezia riapre i battenti e rapidamente torna a essere il più prestigioso appuntamento artistico internazionale . Ma è Roma, più di ogni altra città, a farsi attraversare, tra il 1948 e il 1960, da tutte le passioni politiche e civili e culturali che percorrono l’Italia. Ed è dunque a Roma che artisti, scrittori, creativi trovano, in questo bacino ribollente, il luogo d’incontro, e di scontro, di tutti i dibattiti; gallerie, redazioni, caffè, piazze, case danno spazio alla “conversazione”. L’arte percorre così un ventennio con una mescolanza di identità difficile da raccontare per la sua accelerazione e per la sua discontinuità. A condividere le esperienze degli artisti, aprono le gallerie dell’Obelisco, La tartaruga e La salita che avranno un ruolo fondamentale e pioneristico nello sviluppo delle ricerche più innovative. Tra Milano e Roma si avvia intanto quel percorso di riduzione espressiva già iniziato dalle monocromie di Lucio Fontana e dalla sua scelta delle ampie superfici come tabula rasa per una nuova creatività libera. Piero Manzoni ed Enrico Castellani, Dadamaino, Agostino Bonalumi, Paolo Scheggi vivono un’esperienza fulminea e intensissima, racchiusa in un anno, ma che è un fenomeno decisivo di sperimentazione radicale; una situazione che a Roma dialogherà poi con Francesco Lo Savio e Fabio Mauri e che a Milano si rafforza con la presenza di Yves Klein, che nel 1957 presenta i suoi lavori monocromi, diventando un punto di riferimento per la nuova generazione. Roma in pochi anni è diventata una capitale culturale, l’unica in Europa a stabilire per quasi un decennio un rapporto organico con l’America, ponendosi, per il proprio panorama artistico, come città realmente internazionale. Nel 1958 la Galleria nazionale d’arte moderna, con la direttrice Bucarelli, altra figura significativa nella scena romana, presenta Pollock per la prima volta in un museo europeo, mentre dagli Stati Uniti arrivano i galleristi Leo Castelli e Ileana Sonnabend, pronti a stabilire contatti con l’effervescente mondo artistico romano. In questo panorama la moda gioca da contrappunto, si presta alla creatività degli artisti, conquista la sua autonomia, fissa la memoria storica del suo tempo con leggibilità e riconoscibilità sostenute dal suo potenziale di raggiungibilità maggiore che per ogni altra forma della creatività. A questo fascino, gli artisti rispondono con slancio e si mettono in gioco sperimentando nuovi codici; la moda fa propria e veicola le loro ricerche rendendole piacevoli e seduttive: l’abito diventa un vero e proprio atto creativo. Dorazio, Sanfilippo, Carla Accardi disegnano per le seterie comasche; c’è l’ispirazione a Fontana in abiti di Mila Schön , mentre i segni optical di Biasi trovano altro terreno per il loro illusionismo, Germana Marucelli affida il progetto del suo nuovo atelier a Paolo Scheggi e lancia la linea Optical, realizzata insieme all’artista cinetico Getulio Alviani; Campigli invece mette in campo nei suoi quadri abiti, pettinature e gioielli, registrando e spesso anticipando gli sviluppi della moda nelle sue elegantissime donne totem dal busto stretto, fermate in un’espressione di elegante stupore. Tra i suoi ritratti, quelli di Irene Brin, Elsa Schiaparelli,

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Muriel King e Germana Marucelli, per la quale disegna motivi e stoffe per la collezione primavera/estate 1951. All’inventore di un abito si pongono gli stessi problemi di chi è intento a realizzare un’opera d’arte, in quanto a scelta di materiali, a disegno e a taglio. Come nell’arte, si stabilisce un rapporto dialettico tra foggia e colore, nel quale entrambi hanno valore di segno. Il decennio seguito agli anni della ricostruzione muta radicalmente il modo di percepire e di comunicare la realtà. I media e i consumi divengono due pilastri sopra i quali prende forma il volto della società di massa e del mondo nuovo delle merci, che attinge motivi e strategie formali dal bacino ricco e quanto mai vario delle sperimentazioni artistiche: l’aria sta cambiando e così la sensibilità degli artisti, quando all’improvviso esplode in piazza anche la protesta giovanile e il mondo improvvisamente si trasforma. È il 1968

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Bellissima. L’Italia dell’alta moda 1945-1968

Neorealista Stefano Tonchi Sfogliare le pagine di “Bellezza”, “Novità” o “Vogue”, le più importanti riviste di moda fra il dopoguerra e il Sessantotto, è un modo per capire la nascita del sistema della moda in Italia. A guardare con attenzione le foto di Pasquale De Antonis, Federico Garolla e Ugo Mulas, i maggiori fotografi di quegli anni, si può osservare da vicino il definirsi di quell’identità italiana che dopo decenni di successi appare oggi problematica o perduta. A differenza della fotografie di moda degli anni trenta – e lontano dalle atmosfere rarefatte dell’atelier, che dominano la rappresentazione della couture francese – l’alta moda italiana di questi anni viene fotografata quasi sempre in esterno, fuori dalle mura dello studio. Chi la indossa è una donna tutta italiana, uscita dagli anni della guerra impoverita e affamata ma libera da pregiudizi. Infatti la Resistenza e la liberazione vedono le donne italiane protagoniste del loro destino nella vita privata come in quella pubblica. Questa nuova libertà, il senso di indipendenza e l’abitudine al lavoro trovano nella moda un terreno di espressione privilegiato. Così ora le riviste di moda ritraggono donne in movimento, impegnate dalla mattina alla sera, in viaggio, in crociera, in treno, all’aeroporto, donne dal gusto internazionale ma che attraversano paesaggi tipicamente italiani. Il fotografo romano Pasquale De Antonis, arrivato quasi per sbaglio alla moda seguendo un consiglio della giornalista Irene Brin, che diviene uno dei suoi soggetti preferiti, mette gli abiti dell’alta moda in dialogo con la classicità della Roma antica e sceglie come stage per le sue composizioni, quasi pittoriche, le rovine dell’impero, le pietre dell’Appia Antica, i palazzi barocchi, le stanze affrescate dei Musei capitolini e gli interni di gallerie d’arte. Fotografa con grande immediatezza e sensibilità anche attrici come Anna Magnani e nobildonne come Marella Caracciolo in pose intime e rivelatrici. Federico Garolla porta invece dentro le sue foto la Roma moderna, le architetture più grafiche e razionali, una città affollata e già assaltata dal traffico, piena di automobili, situazioni e umanità. Le sue foto sono spesso dei reportage in cui l’autore coglie i suoi personaggi e le sue modelle in movimento, nel loro ambiente di lavoro e nei luoghi del divertimento. Un po’ conoscitore di moda e un po’ paparazzo, documenta con precisione la vita negli atelier dei sarti così come la vita nelle strade e nelle piazze romane, usando modelle con volti e personalità mai noiosi e banali. La carriera fotografica di Ugo Mulas attraversa numerosi decenni e documenta meglio di qualunque altra l’intera evoluzione della moda italiana, dall’inarrivabile alta moda degli anni cinquanta all’alta moda pronta degli anni sessanta, quella delle raffinate (semplici ma non facili) soluzioni ideate da Mila Schön, che preannunciano il grande prêt-à-porter milanese degli anni settanta e ottanta. Nei sui più famosi servizi di moda degli anni cinquanta e sessanta Mulas ricrea spesso una sorta di ottocentesco viaggio in Italia, fotografando le sue modelle in giro per il paese, da una città all’altra: davanti al Ponte Vecchio a Firenze, sui Navigli a Milano, in gondola a Venezia. Queste foto duplicano la loro funzione di racconto di moda in quella di guida turistica, che collega la storia e la geografia italiana con le politiche del dopoguerra, rafforzando la missione americana di trasformare l’Italia nel manifesto del successo del piano Marshall contro l’offensiva dell’inciviltà del comunismo. Ironicamente i luoghi reali dell’Italia da cartolina sono le scenografie future della moda. In modo simile, la rappresentazione in chiave neorealista dell’Italia nel cinema, vedi La terra trema di Luchino Visconti (1948), come peraltro nell’immaginario collettivo internazionale – pensiamo al presepe vivente a Scanno nelle pagine di Diana Vreeland (1951) – è il punto d’avvio per una ricostruzione dell’immagine italiana a partire dall’apprezzamento delle sue radici più antiche (agli occhi stranieri perfino turistiche), tuttavia con la proiezione in una modernità piena di speranza. A ben guardare, i vestiti stessi, l’alta moda italiana del periodo sono caratterizzati da un forte senso del reale, sono creazioni di gran lusso, ma sempre comodi e funzionali. Ci sono tessuti preziosi, ricami importanti, ore e ore di duro lavoro e una grande sapienza nella costruzione sartoriale, un’attenzione maniacale per ogni dettaglio, ma spesso il risultato finale è semplice ed elegantemente discreto. Sono abiti da cocktail corti e facili nel movimento o addirittura abitini neri attillati ma modesti; sono tailleur dal taglio perfetto con la gonna stretta ma la giacca corta e comoda; sono grandi cappotti, caldi e avvolgenti, in tessuti preziosi, sempre accompagnati da guanti lunghi e borse capienti. Quando sono abiti da ballo, vestiti da gran sera, ricamati e decorati fino all’eccesso, con gonne e sottogonne, sotto cappe di damasco e raso, obbediscono a precise

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funzioni: la grande serata alla Scala di Milano, la prima del nuovo film con gli attori hollywoodiani a Roma, il ballo in maschera a Venezia. L’alta moda italiana non vive mai come arte fine a se stessa – forse mai la moda lo è veramente – ma serve la sua committenza e ne segue le abitudini e gli stili di vita. Tra la fine della guerra e i rivolgimenti sociali e politici degli anni settanta, l’Italia vive una occasione unica ed è pronta a trarne vantaggio, partendo umilmente da una presa di coscienza della realtà e delle sue potenzialità. Per secoli Parigi è stata l’unica capitale della moda nel mondo e il francese l’unica lingua parlata nei laboratori artigiani fiorentini come nelle fabbriche lombarde di tessuti, cui hanno spesso fatto ricorso le grandi griffe d’oltralpe. Chiunque abbia voluto occuparsi di moda è dovuto passare dagli atelier parigini, da dove si lanciavano le mode e da dove venivano tutti i modelli, poi copiati, con più o meno rigore, con o senza l’autorizzazione dei couturier, dalle grandi sartorie italiane come dalle piccole sarte di provincia. Ma dopo il 1945 e fino al 1968, malgrado o a dispetto dei grandi talenti attivi a Parigi, da Christian Dior a Cristóbal Balenciaga, la debolezza del sistema tessile francese, con la priorità data dal piano Marshall all’industria pesante, la carenza di manodopera specializzata a basso costo, l’instabilità politica rendono difficile trasformare il successo d’immagine della moda d’oltralpe in un successo commerciale. Rischiosamente, l’élite a capo della moda francese, rigidamente strutturata e regolata dalla Chambre syndicale de la couture e impegnata in una ricerca estremamente creativa ma isolata dalla realtà, non è capace di capire i cambiamenti sociali in atto nel mondo e di rispondere prontamente alla domanda, soprattutto delle donne americane, per una moda adatta a una nuova classe borghese, intrinsecamente democratica e proiettata nel futuro. Fino alla metà degli anni sessanta, il sistema della couture francese non capisce fino in fondo la nuova donna moderna, con il suo desiderio di indipendenza e di comodità nel vestire e il suo rifiuto delle regole dell’ancien régime. Ironicamente, il New look di Christian Dior, cosi imitato e così importante nella definizione della moda fra il dopoguerra e gli anni sessanta, esprime completamente le contraddizioni del sistema della moda francese, con il suo richiamo al passato – la vita stretta, il corsetto, le grandi gonne impossibili per la vita della donna moderna – che nega la realtà del presente e proietta in un futuro solamente sognato. Il sogno italiano, al contrario, non è mai stato così reale e l’avvento del prêt-à-porter ne realizzerà presto le potenzialità.

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Bellissima. L’Italia dell’alta moda 1945-1968 INTRODUZIONE Bellissima è il film di Luchino Visconti del 1951 che fissa Anna Magnani in una delle sue parti più intense: una madre che vuole a ogni costo la figlia bambina protagonista di un film a Cinecittà. Ma “bellissima” è anche quella parola che in tutto il mondo indica la bellezza femminile, è l’Italian way of lifestyle: uno spettacolare caleidoscopio di atmosfere molli, rilassate, disorganizzate, di sesso e dolce far niente. 1945-1968 è il periodo che oscilla tra la ricostruzione di un paese sulle macerie della guerra e la radicale messa in crisi del sistema di valori costruito in quegli anni. È il momento in cui la moda si articola tra caratteri personali e qualità collettive. Offrendosi come piattaforma sulla quale cinema, arte, letteratura, design si intrecciano in una straordinaria rete di complicità che traccerà i contorni di quel laboratorio creativo che è ancora oggi l’Italia. Bellissima. L’Italia dell’alta moda 1945-1968 non è la storia dell’alta moda, è piuttosto il tentativo di ricomporre, con il filtro dell’oggi, la complessa e cangiante immagine della moda italiana, in un racconto corale fatto di tante storie esemplari che sono il tessuto che darà forma e consistenza al grande successo dell’etichetta “made in Italy”. Bellissima mette in scena una selezione di abiti di una serie di autori che hanno costruito l’identità della moda italiana, evidenziandone temi e tratti distintivi. Dalle creazioni spettacolari che hanno illuminato i grandi balli e i foyer dei teatri accompagnate dalle abbaglianti espressioni dell’alta gioielleria, all’eleganza trattenuta degli abiti da mezza sera; dal grafismo rigoroso del bianco e nero, all’esplosione cromatica - sospesa fra orientalismo allucinato e pop art spaziale - tipica degli anni sessanta; dalle invenzioni per le attrici della Hollywood sul Tevere, agli esiti della sofisticata ricerca formale frutto delle collaborazioni fra sarti e artisti. In mostra anche bijoux, scarpe, cappelli, borse che hanno lanciato il nostro alto artigianato nel panorama internazionale. Il rapporto dell’alta moda italiana con le industrie tessili, nelle sue espressioni più riuscite come l’abbigliamento da giorno, diventa il modo per capire gli sviluppi recenti della moda. Riconoscendo così agli autori della nostra alta moda la messa a fuoco di un modello italiano poroso alle suggestioni più diverse e matrice di quel prêt-à-porter di lusso ancora unico e irripetibile. ALTA MODA Il termine alta moda si riferisce convenzionalmente alla lavorazione artigianale di capi unici: indumenti eleganti, di lusso e su misura, riservati alla fruizione di una clientela elitaria e facoltosa. Al lavoro disciplinato, meticoloso e prezioso dell’alta moda – espressione di una ricerca nello stile e nella costruzione dell’abito – è riconosciuto il valore di un atto creativo, così come ai suoi artefici lo status di artisti. In questo senso, i modelli innovativi, quelli che più visibilmente sovvertono i canoni di una bellezza sedimentata nella percezione collettiva, diventano oggetto di desiderio proprio in virtù del prestigio acquisito da chi li ha creati. L’alta moda italiana del secondo dopoguerra, nell’imminenza delle manifestazioni fiorentine, alle quali si attribuisce la sua “nascita”, lavora consapevolmente, e non senza conflitti, alla ricerca di una propria identità creativa che la emancipi dalla haute couture parigina, con visione, operosità e l’aspirazione di avere presto il mondo in tasca. PERCORSI DELL’ARTE Nell’Italia del secondo dopoguerra sono le complicità progettuali e la curiosità a dare forma a una sorta di brulichio inventivo trasversale che si muove attraverso la città. Se l’atelier è l’artista e l’artista è il suo atelier, ci sono situazioni come la galleria dell’Obelisco a Roma che diventano punto d’incontro non solo per il variegato modo dell’arte, ma anche per collezionisti e sognatori, per sarti e belle donne, per intellettuali e perditempo. Accanto alle gallerie, i caffè romani svolgono un simile ruolo di aggregazione. Le sartorie popolano le stesse strade delle gallerie, via del Babuino, via Margutta, via di Ripetta, accanto ai bar frequentati dagli artisti e a volte decorati con le loro stesse opere. Gli artisti si mettono in gioco sperimentando nuovi codici; la moda fa propria e veicola le loro ricerche rendendole piacevoli e seduttive: l’abito diventa un vero e proprio atto creativo. Dorazio, Sanfilippo, Carla Accardi disegnano per le seterie comasche; c’è l’ispirazione a Fontana e Calder in abiti di Mila Schön; Burri diventa un riferimento per Capucci; Scheggi e Alviani collaborano con Germana Marucelli.

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PAESAGGI DELLA MODA Tre fotografi per raccontare i paesaggi dell’alta moda italiana. Pasquale De Antonis (Teramo 1908 - Roma 2001), arrivato quasi per sbaglio alla moda, complice l’amica giornalista Irene Brin, mette gli abiti dell’alta moda in dialogo con la classicità della Roma antica e sceglie come stage per le sue composizioni, quasi pittoriche, le rovine dell’impero, le pietre dell’Appia Antica, i palazzi barocchi, le stanze affrescate dei Musei capitolini e gli interni di gallerie d’arte. Federico Garolla (Napoli 1925 - Milano 2012) porta dentro le sue foto la Roma moderna, le architetture più grafiche e razionali, una città affollata e già assaltata dal traffico, piena di automobili, situazioni e umanità. Sono reportage in cui l’autore coglie i suoi personaggi e le sue modelle in movimento, al lavoro e nei luoghi del divertimento. Ugo Mulas (Pozzolengo, Brescia 1928 - Milano 1973) documenta l’intera evoluzione della moda italiana, dall’inarrivabile alta moda degli anni cinquanta all’alta moda pronta degli anni sessanta, quella delle raffinate soluzioni ideate da Mila Schön, che preannunciano il grande prêt-à-porter milanese. Mulas ricrea spesso una sorta di ottocentesco viaggio in Italia, fotografando le sue modelle in giro per il paese: davanti al ponte Vecchio a Firenze, sui navigli a Milano, in gondola a Venezia.

ARTY L’atelier come luogo di produzione culturale diventa testimone - soprattutto nel corso degli anni sessanta - di atmosfere scandite dalla complicità fra creatori di moda e artisti. Sono emblematici i casi di Roberto Capucci, Germana Marucelli, Mila Schön. Creatori che utilizzano il progetto dell’abito come spazio di riflessione sui linguaggi della contemporaneità e che coltivano il dialogo con gli artisti per trasformarsi in interpreti visionari delle forme del loro tempo. In alcuni casi le fogge tradizionali vengono ripensate nella struttura e nei materiali per fare eco alle opere d’arte; in altri casi, la presenza dell’artista non è solo evocata, ma diventa fisica e tangibile, perché entra concretamente in rapporto con il progetto del sarto: sono queste collaborazione che segnano l’inizio di una stagione nella quale il progetto di moda si manifesta pienamente come una disciplina rigorosa, e non semplicemente come una frivola espressione dell’estro del creatore assoluto. GIORNO I completi da giorno, i tailleur, i cappottini sono l’altra faccia dell’alta moda, quella meno appariscente che ci racconta di un lusso ricercato che non ha bisogno delle occasioni uniche per manifestarsi. Sono gli oggetti che definiscono gli immaginari urbani della modernità, che non rimangono sospesi nelle atmosfere rarefatte da sogno dei grandi eventi riservati a pochi eletti. I dettagli costruttivi combinati alla qualità italiana dei tessuti, le lavorazioni artigianali che si innestano su quelle industriali, impreziosendole, sono alla base delle soluzioni formali che caratterizzano questi abiti. Il viaggio dell’alta moda è anche l’esplorazione di questo territorio, che permette ai grandi sarti italiani, fra gli anni cinquanta e gli anni sessanta, di mettersi in gioco e sperimentare, per progettare una moda di altissima qualità, che non necessariamente deve esprimersi attraverso abiti grandiosi ed esagerati. È il percorso verso l’alta moda pronta, e verso il prêt-à-porter. BIANCO E NERO Essenziale e grafico. Il ritmo cromatico manicheo che alterna bianchi e neri è il principio progettuale alla base di alcuni fra gli abiti in mostra che rappresentano le più riuscite manifestazioni dell’alta moda italiana fra gli anni cinquanta e sessanta, intesa non come luogo che celebra atmosfere elitarie, ma come eccezionale laboratorio creativo, spazio per la messa a fuoco delle poetiche dei creatori italiani. Bianco e nero diventano così la radiografia attraverso la quale leggere le qualità degli abiti che maggiormente sperimentano nuove soluzioni formali, lunghezze inaspettate, accostamenti inediti fra i materiali, e che in questo modo riprogettano le silhouette dei corpi che li indossano, rendendo evidente l’evoluzione delle linee che hanno attraversato l’alta moda italiana di quegli anni. CINEMA Cinecittà e Hollywood sul Tevere: fra gli anni cinquanta e sessanta il cinema italiano e le grandi produzioni internazionali si nutrono dell’alta moda romana e delle sue atmosfere. L’atelier delle Sorelle Fontana è lo scenario del film di Luciano Emmer Le ragazze di Piazza di Spagna (1952), e sempre delle Sorelle Fontana sono gli abiti che sfilano nella sartoria torinese del film di Michelangelo Antonioni Le amiche (1955). Ma anche Fernanda Gattinoni, Emilio Schuberth, e poi Valentino, Fabiani, Tiziani: sono solo alcuni dei nomi che si legano indissolubilmente al glamour delle attrici della dolce vita. Non è solo una questione di costumi creati per i grandi film: le attrici italiane e quelle internazionali che transitano in Italia e nelle grandi sartorie romane diventano clienti affezionate; e questi creatori diventano il referente privilegiato per i guardaroba personali di

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icone del grande schermo come Ingrid Bergman, Ava Gardner, Gina Lollobrigida, Sophia Loren, Audrey Hepburn, Anna Magnani, Silvana Mangano, Kim Novak, Elizabeth Taylor. GRAN SERA Interpretazione sartoriale dell’unicità propria delle grandi occasioni, l’abito di alta moda è lo strumento che scandisce l’incedere sul tappeto rosso, che anima i foyer dei grandi teatri la sera della prima, e i saloni dei palazzi nobiliari durante i grandi balli. Se fra gli anni quaranta e gli anni cinquanta i volumi esagerati degli abiti sono la superficie dove prendono vita articolati intrecci di ricami preziosi, virtuosismi dell’alto artigianato, negli anni sessanta si trasformano in sofisticate architetture dell’immaginazione, che alla decorazione sostituiscono la ricerca strutturale, tesa alla realizzazione di una costruzione quasi impossibile, perché volutamente e ossessivamente unica e irripetibile. COCKTAIL Gli abiti da cocktail raccontano di una scansione della giornata elegante dove fanno la loro comparsa termini come tardo pomeriggio e mezza sera, occasioni mondane quasi quotidiane, meno spettacolari dei grandi eventi, ma non meno importanti nel decretare il successo o l’insuccesso del look delle signore alla moda. L’abito da cocktail fra gli anni cinquanta e gli anni sessanta è il palcoscenico di prova per le ardite sperimentazioni dei creatori italiani: dalla linea a corolla, accompagnata da scarpe décolleté con punte sottili e tacchi a spillo, spesso in tessuto coordinato all’abito, si passa ad architetture più complesse, con pannelli, fiocchi, rigonfiamenti a palloncino e sblusature. I nomi delle linee si complicano - “a vetro soffiato”, “alternata”, “solare”, “a boule”, “a scatola”, “a stelo”. Nel corso degli anni sessanta le situazioni diventano più rilassate: fanno la loro comparsa i pantaloni, la punta delle scarpe si allarga, il tacco si abbassa e si ispessisce; a volte uno spettacolare bijoux accompagnato da un sandalo gioiello è il vero protagonista della mise. ESOTISMI L’attrazione per l’oriente e gli esotismi si trasforma - nelle creazioni dell’alta moda italiana - in applicazioni e ricami elaborati e preziosi: motivi floreali, arabeschi e astrazioni geometriche diventano scintillanti campiture della silhouette, posizionate su collo, polsi e orli, e arrivano anche a invadere l’intera superficie dell’abito. Ma lo splendore sontuoso da mille e una notte non si esaurisce nella decorazione: nel 1960 il Pijama Palazzo, ideato da Irene Galitzine insieme al suo giovane collaboratore Federico Forquet, riscuote un grande successo alle manifestazioni di moda fiorentine. L’ensemble di pantalone e casacca racconta di atmosfere rilassate e di moderne nobildonne mollemente adagiate su montagne di cuscini nei palazzi romani, come suggeriscono gli scatti di Henry Clarke per il servizio Le magnifiche sere in casa pubblicato su “Vogue & Novità” del novembre 1965. Un’altra idea di lusso, tutta italiana, che associa preziosità e portabilità in una invenzione che diventa un basico, ideale per la montagna, la crociera e la “piazzetta” di Capri. SPACE Paillettes, frange, placche in alluminio, disegni geometrici a rilievo che modulano e animano le sintetiche forme degli abiti: il luccichio metallico è emblema delle visioni del futuro, e di quell’estetica anni sessanta proiettata verso un domani alla moda raccontato così bene nel film di Elio Petri La decima vittima, del 1965. Gli abiti sono plasmati dalle suggestioni Pop e Op dell’arte e annunciano gli scenari siderali di 2001: A Space Odyssey di Stanley Kubrik (1968). È l’alta moda che si accorge dei giovanissimi, che accompagna i balli sincopati e le pose iper-grafiche delle modelle di “Vogue”, e che dai palazzi barocchi della nobiltà romana si sposta sulla pista del Piper Club e fra le scenografie in bianco e nero dei varietà in televisione.

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Bellissima. L’Italia dell’alta moda 1945-1968

vb74 Performance di Vanessa Beecroft Attento a proporre una profonda riflessione sull’identità femminile, il lavoro di Vanessa Beecroft si è da sempre incentrato sulla nudità come chiave attraverso cui leggere gli immaginari e gli stereotipi della cultura occidentale riguardo alla femminilità e alla sessualità, al corpo e alla sua mercificazione. Sin dalle prime creazioni negli anni novanta, le opere della Beecroft sono dei veri e propri eventi in cui gli spettatori vengono direttamente coinvolti in un confronto diretto e provocatorio. Immersi in dei Tableaux vivants dove i corpi femminili diventano espressione per mezzo della loro nudità e di elementi reiterati che ne accentuano il carattere archetipico. Così viene estesa al limite la tensione dello spettatore in una manifestazione che è univoca e molteplice, reale e astratta allo stesso tempo. In vb74, ideata appositamente per il MAXXI in occasione della mostra Bellissima. L’Italia dell’alta moda 1945-1968, un gruppo di donne mette in scena le diverse ritualità, passaggi, espressioni legate all’essere e all’apparire. Trenta donne, di età differenti e dai fisici perfettamente dissimili e difformi, si offrono inequivocabilmente allo sguardo del pubblico. La postura ieratica, le vesti ampie e leggere, gli sguardi disattenti, le pose fintamente innocenti: tutto è volutamente propenso a voler accentuare la condizione di quei corpi come degli oggetti. Ma dove il corpo di una donna diventa oggetto, materia per una messa in scena, immagine per una apparizione, lo spettatore si trasforma immediatamente in un “voyeur”, quasi costretto a prestargli molta più attenzione di quanto non vorrebbe. Così il pubblico si trova ad essere coinvolto in un confronto diretto, immediato e improcrastinabile, che lo costringe ad annullare i limiti che normalmente separerebbero la scena dallo spettatore, l’opera dal suo pubblico. La moda è soprattutto progetto del corpo. Dei corpi. Di tutti i corpi. Così, Vanessa Beecroft, in occasione della mostra Bellissima. L’Italia dell’alta moda 1945-1968, ha ideato una performance che in modo preciso, quasi ossessivo, restituisce vita alla sequenza congelata dei manichini che popolano l’installazione, e che tendono a bloccare in un’istantanea eterna la forza di quegli oggetti che una mostra vuole raccontare. vb74 è il negativo del racconto inanimato che attraversa Bellissima: i colori si annullano, diventano basici. Il rosa carne si perde nel nero. Il tulle leggerissimo è la radiografia dei tessuti. Restano le forme. Forme che evocano gli abiti. Forme che raccontano e ricostruiscono il corpo, i corpi. vb74 restituisce respiro ai corpi, li afferma prepotentemente. Supera la dimensione paradossale di una mostra di moda, sempre costretta a raccontare abiti e oggetti privandoli di quel movimento e di quella vibrazione che sono all’origine della loro progettazione. vb74 riattiva così il complesso linguaggio dei corpi femminili che hanno reso immortale la nostra alta moda. Completa e contraddice il racconto di un momento della storia italiana fondamentale per comprendere i movimenti che hanno portato al successo internazionale quell’etichetta potentissima che è il “made in Italy”, e che racconta di abiti che sono espressione di una raffinatissima produzione industriale in serie. Ma tutto inizia dall’alta moda, che è progetto assoluto, pezzo unico, costruito sul corpo del singolo, irripetibile. In mostra, tessuti, colori, forme, elementi strutturali, tornano improvvisamente in vita sui manichini. Ma il manichino è un corpo standard. Un espediente, quasi un’illusione, che nel progetto allestitivo serve per ritmare e raccontare la storia dei vestiti e degli oggetti in mostra.

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Bellissima. L’Italia dell’alta moda 1945-1968

CONTROCANTO Controcanto è un ricco programma di approfondimento che accompagnerà la mostra per tutta la sua durata, sviluppandone i temi. In cantiere cinema, fotografia, incontri, lezioni, talk cui parteciperanno big della moda e talenti emergenti, designer e critici, studiosi e professionisti. Si parte il 13 dicembre con un ciclo di sei lezioni sulla storia della moda, dai primi del ‘900 a oggi. A gennaio prende il via una rassegna di film classici, con La decima vittima di Elio Petri e 8 1/2 di Federico Fellini e un incontro col costumista Premio Oscar Piero Tosi. Sempre a gennaio, partirà I big della moda, cinque incontri con alcuni protagonisti che hanno contribuito alla diffusione dello stile italiano, tra cui Capucci, Gucci e Valentino. Inoltre ci saranno presentazioni di libri sulla moda e, a marzo, una masterclass sulla fotografia di moda con Moustafà Sabbagh. Controcanto è stato realizzato grazie al sostegno di Alta Roma. LE STORIE DELLA MODA (dal 13 dicembre 2014) Auditorium del Museo, ore 11,00 – 13,00 Sei appuntamenti per ripercorrere la straordinaria storia della moda italiana del XX e XXI secolo e le vicende dei suoi protagonisti attraverso i racconti di critici, studiosi, esperti sabato 13 dicembre: Mario Lupano e Alessandra Vaccari. 1910-1943: moda e modernismo sabato 17 gennaio: Sofia Gnoli. Gli anni Cinquanta dalla Hollywood sul Tevere alla sala bianca sabato 14 febbraio: Elda Danese. Gli anni Sessanta. La moda nella strada. sabato 14 marzo: Luisa Valeriani. Gli anni Settanta (1968-1978): il bazar e il laboratorio sabato 11 aprile: Simona Segre Reinach. Gli anni Ottanta: i fondamenti del made in Italy. sabato 9 maggio: Maria Luisa Frisa. In Between. La moda italiana contemporanea

I BIG DELLA MODA (da gennaio 2015) Auditorium del MAXXI Cinque incontri con alcuni protagonisti che hanno contribuito alla diffusione dello stile italiano: Roberto Capucci, Frida Giannini (Gucci), Antonio Marras, Maria Grazia Chiuri e Pier Paolo Piccioli (Valentino), il fotografo Giovanni Gastel. CINEMA E MODA (dal 21 gennaio 2015) Auditorium del MAXXI Tre appuntamenti, due film classici e un documentario per raccontare le connessioni tra cinema e moda nella stagione raccontata dalla mostra, quella della dolce vita e della Hollywood sul Tevere. Saranno proiettati film cult come 8 1/2 di Federico Fellini (1963) e La decima vittima di Elio Petri (1965), oltre a un documentario seguito dall’incontro col costumista Premio Oscar Piero Tosi. Il progetto, curato da Mario Sesti, è realizzato in collaborazione con la Fondazione Cinema per Roma FASHION PHOTOGRAPHY MASTER CLASS CON MUSTAFA SABBAGH (15 e 16 marzo 2015) MAXXI B.A.S.E. e Gallerie del Museo promosso da MAXXI e IUAV in collaborazione con Alta Roma La masterclass, riservata a 10 partecipanti scelti dalle più prestigiose scuole di fotografia europee, offrirà un’importante possibilità di alta formazione nell'ambito della creatività fotografica e della creazione d'immagine, in un'ottica di contaminazione tra arte contemporanea e alta moda. La masterclass è ideata per approfondire con un fotografo di fama internazionale, Mustafa Sabbagh, le tecniche dello shooting d'autore, dall'ideazione dell'immagine (planning, styling e art direction), all'allestimento set fotografico, tecnica di scatto, predisposizione set luci, elaborazione raw, composizione e fotoritocco in photoshop fino alla rifinitura dell'immagine. Agli scatti migliori, scelti da una giuria ad hoc, sarà dedicato uno spazio su i-d magazine e una proiezione speciale one-day al MAXXI.

LA BIBLIOTECA È DI MODA (dicembre 2015 – aprile 2015) MAXXI B.A.S.E. La creazione di una "Rete delle Biblioteche della moda" amplierà l'offerta libraria di MAXXI B.A.S.E. per soddisfare curiosità, ricerche e stimoli suscitati dalla visita alla mostra e permetterà ai preziosi e specializzati patrimoni librari delle biblioteche partner di essere valorizzati. E' previsto inoltre un ciclo di presentazioni editoriali nel corso delle quali saranno presentate al pubblico alcune tra le più preziose pubblicazioni dedicate alla moda italiana del periodo 1945-1968.

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Arcus S.p.A.Via Barberini, 86 - 00187 Roma

Tel. 06 42089 Fax 06 42089227 E-mail: [email protected]

ARCUS: UNO STRUMENTO DI INTERVENTO A SOSTEGNO DEI BENI CULTURALI.

Nel mese di febbraio 2004, con atto del Ministro per i Beni e le Attività Culturali, è stata costituita Arcus, Società per lo sviluppo dell’arte, della cultura edello spettacolo S.p.A., ai sensi della legge 16 ottobre 2003, n. 291. Il capitale sociale è interamente sottoscritto dal Ministero dell’Economia, mentre l’ope-ratività aziendale deriva dai programmi di indirizzo che sono oggetto dei decreti annuali adottati dal Ministro per i Beni le Attività Culturali – che esercitaaltresì i diritti dell’azionista – di concerto con il Ministro delle Infrastrutture. Arcus può anche sviluppare iniziative autonome.

Il compito dichiarato di Arcus è di sostenere in modo innovativo progetti importanti e ambiziosi concernenti il mondo dei beni e delle attività culturali, anchenelle sue possibili interrelazioni con le infrastrutture strategiche del Paese.Nella missione di Arcus sostenere progetti significa individuare iniziative importanti, aiutarne il completamento progettuale, intervenire negli aspetti orga-nizzativi e tecnici, partecipare - ove opportuno o necessario - al finanziamento del progetto, monitorarne l’evoluzione, contribuire ad una conclusione feli-ce dell’iniziativa.E’ importante che venga ben compresa la specificità operativa di Arcus, così come emerge da quanto precede: la Società interviene a sostegno organiz-zativo e finanziario su progetti di rilievo, mentre in nessun modo è assimilabile un’agenzia di erogazione di fondi, né può essere annoverata fra i “distribu-tori a pioggia” di fondi pubblici o privati.Arcus, quindi, si propone come uno strumento originale per il sostegno e il lancio di iniziative e progetti importanti e innovativi nel panorama della cul-tura italiana. Il supporto economico, se interviene, deve essere visto come del tutto strumentale nell’ambito di un progetto culturale che sia concettual-mente valido e operativamente condiviso.

Scendendo in qualche particolare, Arcus fornisce assistenza ad iniziative finalizzate, fra l’altro, a:

* predisporre progetti per il restauro, il recupero e la migliore fruizione dei beni culturali;

* tutelare il paesaggio e i beni culturali attraverso azioni e interventi volti anche a mitigare l’impatto delle infrastrutture esistenti o in via di realizzazione;

* sostenere la programmazione, il monitoraggio e la valutazione degli interventi nel settore dei beni culturali;

* promuovere interventi progettuali nel settore dei beni e delle attività culturali e nel settore dello spettacolo;

* individuare e sostenere progetti di valorizzazione e protezione deibeni culturali attraverso interventi a forte contenuto tecnologi-co;

* sostenere progetti inerenti il turismo culturale nell’accezionepiù ampia del termine;

* promuovere la nascita e la costituzione di bacini culturali, cioè di aree geografichesulle quali insistono beni culturali emblematici, in una visione integrata e sistemica capacedi collegare ai beni culturali locali le infrastrutture, il turismo, le attività dell’indotto, i trasporti;

* intervenire nell’ampio settore delle iniziative tese a rendere pienamente fruibili i beni culturali da parte dei diversamente abili.

Per la realizzazione delle proprie attività Arcus si avvale delle risorse di cui all’articolo 60 della legge 27 dicembre 2002, n. 289(Legge Finanziaria 2003). La norma dispone che annualmente il 3% degli stanziamenti previstiper le infrastrutture sia destinato alla spesa per la tutela e gli interventi a favore dei beni edelle attività culturali. Arcus è individuata come la struttura destinataria di tali fondi. Aisensi, poi, dell’articolo 3 della legge 31 marzo 2005, n. 43, la percentuale sopra indicataviene incrementata annualmente di un ulteriore 2%.La Società, inoltre, può ricevere finanziamenti stanziati dall’Unione Europea, dallo Statoe da altri soggetti pubblici e privati.Arcus si muove anche nell’ottica di aggregare attorno ai progetti i possibili stakeholderspotenzialmente interessati. Di volta in volta, pertanto, vengono contattate fondazioni di origine ban-caria e non, enti locali, esponenti delle autonomie e della società civile, università e anche soggetti pri-vati, al fine di coagulare attorno alle iniziative risorse crescenti e finanziamenti coordinati.Il progetto ambizioso di Arcus è così di diventare il “collante” che consente di rendere operativa la capa-cità sistemica di promozione e sostegno progettuale per la realizzazione di iniziative mirate a miglio-rare il quadro dei beni e delle attività culturali, in un’ottica di sempre migliore conservazione, fruizio-ne e valorizzazione. Arcus, muovendosi opportunamente, favorisce la necessaria convergenza ditutti i soggetti, contribuendo quindi al successo dei progetti culturali di volta in volta identificati.

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TELECOM ITALIA SOSTIENE LA CULTURA NEL SEGNO DELL’INNOVAZIONE

Contribuire allo sviluppo e alla crescita del Paese anche attraverso il sostegno ad attività e progetti per

la diffusione della cultura e dell’innovazione, facendo leva su un suo core business: è con questo

obiettivo che il Gruppo Telecom Italia, nell’ambito della Corporate Social Responsibility, ha scelto di

sfruttare la Rete quale veicolo in grado di avvicinare e diffondere i saperi contemporanei, garantendo

allo stesso tempo un accesso libero da vincoli di spazio e tempo.

In quest'ottica si inserisce la partnership con una delle principali realtà culturali nazionali nell'ambito

delle arti contemporanee: Fondazione Maxxi che con il ciclo di incontri MaxxinWeb presentati assieme a

Telecom Italia ha, negli anni, accompagnato esperti, curiosi, appassionati in un percorso di

aggiornamento culturale sulle espressioni artistiche più attuali e sulle nuove tecnologie applicate grazie

alla divulgazione in Rete e sui social network.

Nasce dalla partnership con Fondazione Accademia Nazionale di Santa Cecilia il progetto

PappanoinWeb che si propone di avvicinare alla musica sinfonica e da camera il grande pubblico del

web. Durante i quattro anni di programmazione i concerti proposti sono stati seguiti da oltre 150mila

utenti streaming, grazie anche alle guide all’ascolto, ad interviste esclusive, ed alla possibilità di

interagire con un esperto musicologo dell’Accademia durante le dirette.

Per facilitare l’avvicinamento del Paese alla letteratura attraverso modalità innovative offerte dal

digitale, Telecom Italia sostiene inoltre il Festivaletteratura di Mantova. La partnership si sostanzia nel

progetto ScrittorinWeb: cicli di incontri con alcuni dei più importanti autori internazionali diffusi in

streaming live e on demand direttamente da Mantova, garantendo durante le dirette la possibilità di

interagire con i protagonisti del Festival attraverso i social network del Gruppo.

In questo solco si inserisce anche la collaborazione tra Telecom Italia e la Scuola Holden di Torino,

laboratorio all’avanguardia di Storytelling & Performing Arts. Tra gli ultimi progetti realizzati,

l’esperimento di social writing #wehaveadream.

La webzine Eutopia nasce dalla partnership con Editori Laterza, con l’intento di avvicinare il pubblico, in

particolare quello più giovane, al dibattito sulle prospettive di un nuovo modello europeo di società. Un

approccio critico ed educativo per dare voce ad un’Europa capace di parlare ai propri cittadini.

Nell’ambito della ricerca e della divulgazione scientifica, Telecom Italia affianca il Festival della Scienza

di Genova sin dalla sua fondazione. Da oltre 10 anni la partnership trova sempre nuove forme di

sviluppo, ispirandosi ai valori chiave della diffusione dell’innovazione, dell’accessibilità, della

valorizzazione di contenuti scientifici in ottica divulgativa. Il progetto Festivalscienzalive.it ha permesso

al Festival di ottenere il Best Website Award come “kermesse che ha meglio investito mezzi ed energie

nel sito web”.

***

Telecom Italia è oggi il principale gruppo ICT nel Paese e, con TIM Brasil, un importante player sul mercato

brasiliano.

Il portafoglio d’offerta - integrato e centrato su soluzioni avanzate per consumatori, imprese ed istituzioni, -

abbraccia telecomunicazioni, internet, contenuti digitali, cloud computing, office and system solutions. Tutto sotto

la firma di brand come Telecom Italia, TIM, Olivetti, simboli di familiarità ed affidabilità, attraverso cui mantenere

forte la vicinanza al cliente.

Fedele alla propria storia industriale, la strategia del Gruppo è focalizzata sull’innovazione. Per lo sviluppo del

cloud computing e delle reti di nuova generazione investirà 3,4 miliardi di euro nel corso del prossimo triennio.

www.telecomitalia.com

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COMPANY PROFILE

Bulgari nasce a Roma nel 1884 con un piccolo negozio aperto in Via Sistina dall'argentiere

greco Sotirio Bulgari. Nel 1905 questo punto vendita viene sostituito dal negozio storico di

Via Condotti, ancora oggi punto di riferimento dei negozi Bulgari in tutto il mondo. I monili in

argento realizzati da Sotirio riscuotono ben presto un grande successo presso i turisti e la

clientela locale grazie all’abile interpretazione dello stile di moda a quell’epoca, molto

influenzato dall’Art Deco e dal design francese.

Il suo talento e la sua passione vengono trasmessi ai figli Giorgio e Costantino. Alla morte di

Sotirio, i due fratelli assumono la guida dell’Azienda scegliendo di puntare sulla gioielleria e

dando un nuovo impulso al business e alla creatività. Determinati a sviluppare uno stile più

distintivo, Giorgio e Costantino scelgono di affrancarsi dalla tradizione orafa francese per

forgiare una creatività basata sull’opulenza, il senso del volume il gusto per gli abbinamenti

cromatici e la purezza delle linee.

Negli anni ’50 e ’60 Bulgari ha ormai acquisito uno stile pienamente riconoscibile e spicca fra

i marchi di gioielleria come emblema dell’eccellenza italiana. Quel periodo coincide con

l’epoca della Dolce Vita, quando Roma diviene il set privilegiato per tante produzioni

holywoodiane. Le star del cinema e i protagonisti del jet set italiano e internazionale

scoprono così il negozio Bulgari in Via Condotti e ne apprezzano le creazioni: moltissimi scatti

dell’epoca ritraggono celebrities del calibro di Elizabeth Taylor, Richard Burton, Audrey

Hepburn, Ingrid Bergman e tante altre mentre entrano o escono dal negozio in Via Condotti.

Il Marchio acquisisce così prestigio e visibilità a livello mondiale e il Gruppo Bulgari inizia ad

espandersi all’estero aprendo nuovi negozi a New York, Ginevra, Montecarlo e Parigi. Allo

stesso tempo, lo stile Bulgari si caratterizza ancora di più e, in armoniosa continuità con la

tradizione che lo ha reso grande, vengono introdotte innovazioni di notevole impatto come

la gioielleria modulare, le audaci combinazioni di materiali, l’adozione preferenziale del

taglio cabochon per le gemme, l’accostamento di pietre preziose e semipreziose, le monete

antiche montate sui gioielli. Bulgari introduce anche un modo totalmente nuovo di concepire

il gioiello, con creazioni sofisticate ma al tempo stesso altamente indossabili, perfette per

essere indossate in ogni momento della giornata. Queste novità segneranno per sempre la

storia della gioielleria come anche l’identità del Marchio.

Il successo e l’espansione all’estero portano il Gruppo a compiere un primo passo in

direzione della diversificazione di prodotto: negli anni ’70 nasce il segnatempo BVLGARI

BVLGARI, oggi un’icona dell’orologeria. Con il grande apprezzamento riscosso da questo

modello, il segmento degli orologi acquista una rilevanza sempre maggiore e negli anni si

consolida in Svizzera un polo manifatturiero Bulgari verticalizzato e all’avanguardia nel

campo dell’orologeria.

Negli anni ’90 ha inizio una nuova fase di espansione e il Marchio amplia ulteriormente il

portafoglio prodotti con il lancio della prima fragranza Eau Parfumée au The Vert e delle

prime collezioni di occhiali ed accessori in seta e pelle. Nel 2004 Bulgari compie un nuovo

passo pionieristico nel mercato del lusso con l’inaugurazione del primo Bulgari Hotel a

Milano, seguito negli anni a venire da un resort a Bali e da un altro hotel a Londra. Nel 2011

Bulgari entra a far parte del prestigioso Gruppo francese LVMH (Louis Vuitton Moët

Hennessy). Nel 2014 Bulgari festeggia il 130° anniversario dalla fondazione con la riapertura

del negozio storico di Via Condotti, per l’occasione completamente rinnovato ad opera di

Peter Marino.

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Altaroma è una Società consortile per azioni creata dalla Camera di Commercio di Roma insieme a Regione

Lazio, Comune e Provincia di Roma. Nata nel 1998 come Agenzia per la Moda, si è trasformata nel 2002

attraverso un attento processo di restyling, consolidandosi come strumento istituzionale per promuovere

l’immagine di Roma sul circuito internazionale della Moda. La città di Roma, il suo territorio e il suo patrimonio

artistico e culturale rappresentano una grande potenzialità per il sistema moda Italia, sia in termini di immagine

che di risorse industriali, di creatività e di cultura.

L’intento programmatico di Altaroma si concretizza nella valorizzazione delle eccellenze e della neocouture,

come definizione di un nuovo linguaggio, luogo d’incontro tra tradizione sartoriale, ricerca e avanguardia in un

contesto ove si fondono arte, moda e cultura.

Oggi, Altaroma è a tutti gli effetti, il centro propulsore della haute couture italiana e la nuova piattaforma di

lancio per i designer emergenti. Ha tra i principali obiettivi la promozione del Made in Italy, la valorizzazione

della tradizione, la tutela dei valori artigianali che hanno reso Roma celebre nel mondo.

Due le edizioni annuali della fashion week capitolina AltaRomAltaModa, gennaio e luglio, dove oltre alle sfilate

delle maison storiche di haute couture, un nutrito gruppo di new talents dialoga con la multidisciplinarità creativa.

Roma si offre come ispirazione e palcoscenico ad un gruppo sempre più folto di designer in cerca di visibilità,

concretezza e sostegno.

“AltaRomaAltaModa” propone un modo nuovo di presentare creatività e prodotti, grazie a un linguaggio che

racconta la moda e le sue molteplici contaminazioni con arte e cultura. Un palcoscenico internazionale per gli

operatori del settore e insieme laboratorio innovativo per l’impresa e la creatività di alta qualità. Una

manifestazione che si rinnova di anno in anno, coinvolgendo maison storiche, giovani designer, studenti,

artigiani, registi, fotografi che sono diventati, attraverso diversi progetti, protagonisti di una comunità di creativi,

coerente con la tradizione e le vocazioni del nostro territorio.

Sempre più strutturato è il legame tra Altaroma, le sue iniziative e la città. Roma oggi viene considerata un

ulteriore polo crescente della couture mondiale che propone un nuovo concetto di alta moda. Con il suo immenso

patrimonio culturale è sempre più considerata come ulteriore punto di riferimento nella geografia del fermento

creativo e artistico italiano. La città rappresenta il luogo dove la sedimentazione storica e la contaminazione

culturale si frammentano per ricomporsi e convivere in un nuovo equilibrio dinamico.

Roma esercita un fascino che la rende molto accogliente per la cultura, l’arte e il design contemporaneo. Le sue

aree archeologiche, i quartieri, le sedi museali rappresentano oggi l’espansione di una città che torna ad essere

cosmopolita, centro di effervescenza culturale, creativa e artistica. Altaroma, oggi, è un’innovativa piattaforma

nazionale ed internazionale di promozione della creatività a tutto tondo, dove le diverse identità del territorio

convivono diventando più attraenti verso interlocutori che, fino ad oggi, avevano considerato Roma fuori dal

mainstream della moda e della creatività.

Info:

Alta Roma Scpa

Ufficio Stampa

Consuelo Aranyi

[email protected]

Tel. + 39 06 6781313 r.a.

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Quando nacque, dalla mente del commendator Giovanni Rosa, si chiamava semplicemente Rosa. L’azienda oggi leader mondiale nella produzione di manichini cominciò il suo percorso riproducendo le fattezze di celebri dive del cinema muto italiano, come Alida Valli, e dando una incredibile verosimiglianza e potenza emotiva ad un oggetto che fino a quel momento era stato considerato poco più di un utensile. E’ in quel momento che la nascente industria italiana della moda comincia ad aver bisogno di un modo di costruire le vetrine e di raccontare il prodotto in linea con i tempi e con un consumismo sempre crescente. Ed è esattamente da quel momento che comincia l’incredibile storia di una delle aziende più creative, duttili, poliedriche che il Made

in Italy ha saputo creare. Nel 1969 Rachele Rigamonti, antesignana dell’imprenditoria femminile, comprende le potenzialità inespresse dell’azienda, la rileva e le ridona nuova vita assegnandole per sempre il nome che oggi ha: La Rosa. Non più un cognome, ma il nome del fiore più passionale, ammirato, nominato e femminile. Un nome che la rappresentava completamente. L’azienda riprende il volo e nel 1980 il figlio di Rachele, Gigi Rigamonti, giovane artista che fino a quel momento aveva frequentato le accademie d’arte, entra in azienda e innesta un cambiamento così profondo da fare balzare in poco tempo La Rosa tra i più ricercati e ammirati produttori mondiali di manichini. Gigi affronta la creazione del manichino come quella di un’opera d’arte e il suo incredibile talento lo porta a collaborare con tutti i nomi più grandi del Made in Italy, da Gianni Versace a Giorgio Armani a Valentino fino ad incontrare, in tempi più recenti, i nuovi idoli della moda internazionale: Nicolas Ghesquiére e Alber Elbaz. Nel 1996 Mattia Rigamonti, figlio di Gigi e attuale CEO, entra in azienda rinnovando la catena

produttiva, aprendo un nuovo stabilimento e introducendo strettissime regole legate all’eco sostenibilità del ciclo produttivo.

Oggi La Rosa è una realtà produttiva presente con i suoi prodotti su oltre 20 mercati: i suoi manichini interamente realizzati in Italia grazie anche all’uso tecnologie 3D scan e printing, esprimono il meglio della creatività e delle capacità produttive italiane garantendo una qualità difficilmente eguagliabile.

Ufficio stampa

Cristina Braga: [email protected] tel.+ 39 02.99044222

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yoox.com, fondato nel 2000, è lo store online di lifestyle leader nel mondo: moda, design e arte. Grazie a consolidate relazioni dirette con designer, produttori e dealer autorizzati, yoox.com offre una selezione infinita di prodotti: un’ampia scelta di capi d’abbigliamento e accessori difficili da trovare dei più importanti designer al mondo; capsule collection esclusive; proposte eco-friendly; un assortimento unico di oggetti di design; rari capi vintage e originali libri. Oltre alla moda e al design, yoox.com ha inaugurato nel 2012 una sezione interamente dedicata all’arte, Art at yoox.com, con una ricercata collezione di opere d’arte provenienti dai più importanti musei e gallerie a livello mondiale e collaborazioni esclusive con artisti affermati (Damien Hirst, Howard Hodgkin, Takahashi Murakami, Grayson Perry e Francesco Vezzoli) ed emergenti, offrendo una selezione di opere in edizione limitata e illimitata (oggetti d’arte, fotografie, stampe, libri e cataloghi). Durante la Biennale di Venezia del 2013 è stato presentato Padiglione Crepaccio at yoox.com, un padiglione inedito, reale e virtuale insieme, che ha dato spazio ad artisti veneziani durante la mostra e in esclusiva su yoox.com. A settembre 2014 il critico e curatore di fama internazionale Francesco Bonami è stato nominato curatore della sezione arte di yoox.com.

yoox.com è “Powered by YOOX Group” che, con uffici e centri tecno-logistici in Europa, Stati Uniti, Giappone, Cina e Hong Kong, garantisce un eccellente servizio al cliente:

- consegna rapida e sicura in più di 100 paesi nel mondo - reso semplice e veloce e customer care di alto livello

YOOX Group è quotato in Borsa come YOOX.MI.

“Il connubio tra arte contemporanea e moda è di grande effetto e apre nuovi orizzonti agli individui. Traggo sempre nuove idee da queste forme di collaborazione e per questo sono entusiasta di collaborare con yoox.com. Credo che l’arte contemporanea offra una prospettiva sulla storia e che la moda sia un fenomeno in continuo movimento.” Takashi Murakami, Artista "La moda appartiene sempre più ai veri connoisseur, che hanno la capacità di riconoscere i pezzi migliori, fonderli con il proprio stile, per un risultato finale senza tempo." Holly Brubach, Critico moda e autore, da A Dedicated Follower of Fashion

“Lo stile non ha stagioni. Un grande capo non passa mai di moda.” Carlyne Cerf de Dudzeele, Direttore Moda/Fashion Editor at Large 1985–1995, Vogue, da In Vogue: The Editor's Eye

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SKY ARTE HD - CANALI 110, 130 e 400 di SKY –

PITTURA, SCULTURA, MUSICA, LETTERATURA,

TEATRO E DESIGN, FORME ESPRESSIVE ANTICHE E CONTEMPORANEE:

L’ARTE E IL SAPERE AL CENTRO DELLA

PIATTAFORMA

SKY ARTE HD, il primo canale televisivo italiano dedicato all’Arte in tutte le sue declinazioni, è visibile a tutti gli abbonati Sky (che dispongono dell’HD nel proprio abbonamento) alle posizioni 110, 130 e 400 della piattaforma. Pittura, scultura, architettura, musica, letteratura, teatro, design e tutte le forme di espressione artistica trovano spazio in un unico palinsesto dedicato sia agli appassionati, che hanno l’opportunità di approfondire i loro interessi, sia ai semplici curiosi che possono avvicinarsi all’arte in un modo nuovo attraverso le grandi produzioni internazionali (Sky Arts, BBC, Channel 4, Arte, PBS, Sundance Channel) e quelle originali del canale. Con un linguaggio contemporaneo e mai didascalico, che trova nella contaminazione dei generi la sua chiave narrativa, Sky Arte HD racconta le infinite risorse del patrimonio artistico mondiale, con un occhio di riguardo alla straordinaria tradizione italiana e al talento dei nostri artisti. Dalla Cappella Sistina, presentata su Sky Arte HD in tutta la sua potenza espressiva nella produzione originale Michelangelo – Il cuore e la pietra, che su Sky 3D è stata accompagnata, proprio il 1° novembre, da un esclusivo documentario sulla Cappella Sistina, alle provocazioni di Marina Abramovic, dal fascino di maestri del calibro di Daniel Baremboim alle leggende del rock come Jim Morrison, dai talenti eclettici alla Tom Ford alla regina della fotografia Annie Leibovitz, il canale ospiterà i mille linguaggi dell’arte. Tra le produzioni originali ci sono programmi appositamente creati per i più piccoli, come L’arte non è marte, che porta con allegria i bambini e i genitori alla scoperta dell’Arte come un elemento che può far parte della vita di tutti, e viaggi nel mondo dell’arte contemporanea, come Potevo farlo anch’io, condotto da Alessandro Cattelan e Francesco Bonami, che ci guidano con un approccio ironico tra le meraviglie e i paradossi dei maggiori capolavori della contemporaneità. Uno spazio importante è dedicato agli eventi sul territorio: rassegne, mostre e retrospettive saranno raccontate nel reportage Grandi Mostre, in cui il complesso meccanismo della realizzazione di una mostra viene raccontato passo dopo passo, dal

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trasporto delle opere al vernissage. Ed ancora Sky Arte HD in occasione del Salone e Fuorisalone 2013 ha realizzato la produzione originale De.sign che ha portato gli spettatori nel cuore della design week milanese con le pillole quotidiane dedicate al Fuorisalone, con un reportage finale su tutta l’edizione 2013, e con un’importante serie di documentari dedicati alla storia del design. Un’altra produzione originale di Sky Arte è Bookshow, interamente dedicato ai libri e che li racconta attraverso una semplice ma esaustiva struttura tripartita: un libro, un luogo, un ospite. Ed ancora Destini Incrociati Hotel, un cartoon spensierato e colorato che racconta, ambientandoli in un Hotel dove le porte delle camere si aprono e si chiudono sui destini dei protagonisti, incontri che hanno cambiato la storia. Nel mese di giugno Sky Arte Hd ha presentato Contact un’altra produzione originale che in 10 episodi compie un viaggio straordinario e affascinante nella città proibita dei provini, a contatto dei celebri fotografi della Magnum Photos, la leggendaria agenzia fondata nel 1947. Nel mese di ottobre Sky Arte presenta Capolavori Svelati: Greta Scacchi mostrerà come un grande artista, oltre che uno straordinario interprete artistico, sia anche un vero e proprio narratore del suo tempo. Nel mese di novembre tornerà su Sky Arte una nuova serie di Contact e di Street Art una produzione originale interamente dedicata al mondo dell’arte di strada. Sky Arte HD si avvale del contributo di Enel, main sponsor del canale e dei suoi programmi di punta, come è accaduto per Michelangelo – Il cuore e la pietra, e che partecipa attivamente alla realizzazione di produzioni ad hoc come Corti di luce e gli speciali dedicati a Enel Contemporanea, il progetto di arte contemporanea promosso dall’azienda e giunto alla sesta edizione. Sky Arte HD ha inoltre stretto delle importanti partnership con l’Istituto Luce-Cinecittà e con festival, mostre e fiere per raccontare i principali eventi culturali italiani, quali il Festivaletteratura di Mantova, Roma Europa Festival e Artissima. Ancora, Sky Arte HD sarà media partner del MAXXI, dal mese di ottobre delle produzioni originali racconteranno le principali mostre della stagione del Museo Nazionale delle Arti del XXI secolo. In linea con il linguaggio moderno della programmazione, il canale ha una forte presenza sul web e sui social network (Facebook, Twitter e Instagram), grazie al sito www.skyarte.it e a Sky Go, il servizio di streaming dei programmi che permette di vedere Sky su pc e smartphones. I contenuti principali di Sky Arte HD sono disponibili anche sul servizio Sky on Demand. «Quello che ci prendiamo è un grande impegno - spiega Roberto Pisoni, direttore di Sky Arte HD - perché raccontare l’Arte in televisione, in tutte le sue sfaccettature e in maniera nuova e originale, è una grande scommessa. Ma l’Arte, nelle sue molteplici espressioni, sia antiche che contemporanee, sia colte che popolari, è un’esperienza che migliora della vita e offre un serbatoio infinito di storie appassionanti che siamo fieri di offrire al pubblico di Sky.»

Ufficio stampa Sky Arte HD MN – Cristiana Zoni – [email protected] Marilena D’Asdia – MN [email protected] Tel 06.853763 Ufficio Stampa Sky – Elena Basso [email protected] Tel 02.308015837

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Istituto Luce-Cinecittà partecipa al grande evento espositivo Bellissima con una selezione

di filmati dell’Archivio Luce scelti dai curatori della mostra per accompagnarne il

percorso, e con la videoinstallazione Simmetrie di Luce vol. III di Roland Sejko (montaggio

di Serenella Scuri).

Una partecipazione parsa da subito spontanea e naturale, essendo il Luce uno dei luoghi

di elezione nel racconto della Storia italiana, nella sua modernità e nel suo immaginario, e

l’Alta Moda uno dei campi più immediatamente peculiari e significanti di questa Storia.

La convivenza di materiale e immateriale, effimero e permanente, linguaggio e cronaca,

sono alcuni dei segni comuni al patrimonio dell’Archivio Luce e a quello dell’avventura

della moda italiana.

Nei suoi primi 90 anni di vita, festeggiati nel 2014, l’Archivio dell’Istituto Luce ha spesso

narrato le evoluzioni di questa avventura. E di più: l’immagine Luce è stata ed è non solo

testimone della moda italiana, ma spesso uno stile, una forma del suo racconto.

A legare due eccellenze del Paese è il cinema, sin dal titolo di questa Mostra che ci ricorda

un grande film e una temperie culturale irripetibile.

Il contributo del Luce alla mostra afferma che le immagini della nostra memoria, e dello

stile italiano, possono essere raccontate ancora e in forme nuove, e non cessare di essere di

moda. Istituto Luce-Cinecittà è la società pubblica che opera come braccio operativo del Ministero dei Beni e delle

Attività Culturali e del Turismo, e una delle principali realtà del settore cinematografico italiano.

Tra le diverse attività assegnate dalla propria missione Istituto Luce-Cinecittà si distingue per la

conservazione, valorizzazione e diffusione dell’Archivio Storico dell’Istituto Luce - uno dei più ricchi al

mondo, che continua a incrementarsi per divenire la memoria audiovisiva del ‘900 italiano; nel 2013 il

Fondo Cinegiornali e Fotografie dell’Istituto Nazionale L.U.C.E. è entrato, unico tra gli archivi audiovisivi

italiani, nel prestigioso Registro ‘Memory of the World’ dell’UNESCO.

Luce-Cinecittà è attiva nella distribuzione e promozione di film opere prime e seconde di produzione

italiana, e in una significativa produzione documentaristica di titoli che traggono principalmente materia

dall’Archivio Storico Luce, e dalla possibilità che registi e curatori di vaglia vi trovano di rileggere al

presente, con pagine inedite, creative e insieme rigorose, la Storia del Paese.

Luce-Cinecittà organizza in tutto il mondo - d'intesa con le principali istituzioni culturali internazionali –

rassegne e retrospettive sul cinema italiano classico e contemporaneo, e promuove lo sviluppo della

distribuzione di film italiani sui mercati esteri, con un lavoro di relazione con i principali Festival e Mercati.

E' inserita nell'ambito delle attività una cineteca che dispone di circa 3.000 titoli maggiormente

rappresentativi della produzione filmica italiana, sottotitolati in lingua straniera, che alimentano l'attività di

promozione culturale all’estero.

L’Azienda è inoltre editore del daily on line CinecittàNews, e del bimestrale 8½, in collaborazione con Anica

e DG Cinema. Due strumenti diversi e complementari divenuti abituali punti di confronto e informazione

per gli operatori del settore cinematografico, e per una platea di appassionati lettori.

Nel 2014 e 2015 numerose iniziative cinematografiche, editoriali, espositive e

multimediali, in Italia e all’estero, celebrano Luce-Cinecittà in occasione dei 90 anni

dalla sua fondazione.

www.cinecitta.com