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1. Premesse 1.0. Definizioni A tutta la linguistica moderna è sottesa la distinzione formulata da Ferdinand de Saussure all'inizio del novecento tra langue, il sistema astratto e sovraindividuale della lingua che costituisce il codice comune a una collettività di parlanti, e parole, l'insieme degli atti linguistici concreti e individuali con cui i parlanti applicano e via via modificano il sistema. Questa dicotomia governa l'analisi linguistica a tutti i livelli. Nell'ambito della fonologia, dello studio dei suoni linguistici, le unità d'analisi si definiscono fonemi se si opera sul piano astratto della langue, foni se si opera sul piano concreto della parole. I fonemi sono unità distintive minime che hanno la funzione di distinguere le unità di livello superiore (monemi o morfemi) e non si possono analizzare in unità minori in quanto tutti i caratteri ad essi pertinenti, o tratti, si realizzano in modo simultaneo. L'inventario dei fonemi di una lingua si redige con il metodo della commutazione: ad es. in italiano i segmenti fonici [p, b, t, d, k, g, f, dZ, m, l, r] sono identificabili come fonemi perché, a parità di contesto, permettono di distinguere la serie di forme 'pare, bare, tare, dare, care [»kare], gare, fare, giare [»dZare], mare, lare, rare'. I foni sono le unità linguistiche considerate secondo le caratteristiche articolatorie e acustiche dell'emissione fonica e si classificano in prima istanza in base al grado di apertura del canale fonatorio. Mentre tutti i fonemi sono foni, non tutti i foni sono fonemi: in altri termini non tutti i suoni articolati dai parlanti hanno funzione distintiva. All'intersezione per così dire tra il piano della langue e il piano della parole, tra il piano dei fonemi e il piano dei foni, si collocano gli allofoni, che costituiscono realizzazioni fonicamente diverse del medesimo fonema, determinate o da abitudini regionali e individuali o dal contesto fonetico. Si definisce variante individuale o libera ad es. la vibrante uvulare [r] e non apicale [r] di alcuni parlanti; variante combinatoria o posizionale ad es. la nasale che a contatto con una fricativa labiodentale [f v] si realizza necessariamente come labiodentale [M]. 1.1. Il sistema consonantico Le consonanti, per la cui articolazione il canale fonatorio subisce una chiusura momentanea o un restringimento che ostacola il flusso dell'aria espirata e che dal punto di vista acustico sono rumori, si classificano secondo tre parametri: modo di articolazione, luogo di articolazione, coefficiente di sonorità. In base al modo di articolazione, cioè al tipo di ostacolo opposto alla corrente espiratoria, si distinguono occlusive :: il canale fonatorio subisce un'ostruzione totale; fricative :: il canale fonatorio subisce un restringimento; nasali :: il canale fonatorio subisce un'ostruzione totale mentre il velo palatino è abbassato in modo che, nel momento in cui l'ostruzione è rimossa, l'aria espirata passi attraverso le cavità nasali;

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1. Premesse 1.0. Definizioni A tutta la linguistica moderna è sottesa la distinzione formulata da Ferdinand de Saussure all'inizio del novecento tra langue, il sistema astratto e sovraindividuale della lingua che costituisce il codice comune a una collettività di parlanti, e parole, l'insieme degli atti linguistici concreti e individuali con cui i parlanti applicano e via via modificano il sistema. Questa dicotomia governa l'analisi linguistica a tutti i livelli. Nell'ambito della fonologia, dello studio dei suoni linguistici, le unità d'analisi si definiscono fonemi se si opera sul piano astratto della langue, foni se si opera sul piano concreto della parole. I fonemi sono unità distintive minime che hanno la funzione di distinguere le unità di livello superiore (monemi o morfemi) e non si possono analizzare in unità minori in quanto tutti i caratteri ad essi pertinenti, o tratti, si realizzano in modo simultaneo. L'inventario dei fonemi di una lingua si redige con il metodo della commutazione: ad es. in italiano i segmenti fonici [p, b, t, d, k, g, f, dZ, m, l, r] sono identificabili come fonemi perché, a parità di contesto, permettono di distinguere la serie di forme 'pare, bare, tare, dare, care [»kare], gare, fare, giare [»dZare], mare, lare, rare'. I foni sono le unità linguistiche considerate secondo le caratteristiche articolatorie e acustiche dell'emissione fonica e si classificano in prima istanza in base al grado di apertura del canale fonatorio. Mentre tutti i fonemi sono foni, non tutti i foni sono fonemi: in altri termini non tutti i suoni articolati dai parlanti hanno funzione distintiva. All'intersezione per così dire tra il piano della langue e il piano della parole, tra il piano dei fonemi e il piano dei foni, si collocano gli allofoni, che costituiscono realizzazioni fonicamente diverse del medesimo fonema, determinate o da abitudini regionali e individuali o dal contesto fonetico. Si definisce variante individuale o libera ad es. la vibrante uvulare [r] e non apicale [r] di alcuni parlanti; variante combinatoria o posizionale ad es. la nasale che a contatto con una fricativa labiodentale [f v] si realizza necessariamente come labiodentale [M]. 1.1. Il sistema consonantico Le consonanti, per la cui articolazione il canale fonatorio subisce una chiusura momentanea o un restringimento che ostacola il flusso dell'aria espirata e che dal punto di vista acustico sono rumori, si classificano secondo tre parametri: modo di articolazione, luogo di articolazione, coefficiente di sonorità. In base al modo di articolazione, cioè al tipo di ostacolo opposto alla corrente espiratoria, si distinguono occlusive :: il canale fonatorio subisce un'ostruzione totale; fricative :: il canale fonatorio subisce un restringimento; nasali :: il canale fonatorio subisce un'ostruzione totale mentre il velo palatino è abbassato in modo che, nel momento in cui l'ostruzione è rimossa, l'aria espirata passi attraverso le cavità nasali;

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laterali :: il canale fonatorio subisce un'ostruzione centrale mentre l'aria espirata è libera di fluire ai lati; vibranti :: il canale fonatorio è ostruito in modo intermittente da una serie di battiti dell'organo articolatore, che in italiano come in latino coincide con l'apice della lingua. Si definiscono affricate le consonanti nella cui articolazione il canale fonatorio subisce in sequenza un'ostruzione e un restringimento e che di conseguenza hanno l'impostazione e la tenuta caratteristiche delle occlusive e la soluzione caratteristica delle fricative. In base al coefficiente di sonorità occlusive, fricative e affricate si distinguono in sorde, quando l'articolazione non è accompagnata da vibrazioni della glottide, sonore, quando in concomitanza con l'articolazione la glottide vibra. Nasali, laterali e vibranti sono di norma sonore. All'interno delle classi distinte secondo il modo di articolazione le consonanti si differenziano in base al luogo di articolazione, cioè alla zona dell'apparato fonatorio in cui l'organo articolatore realizza la chiusura o il restringimento. 1.1.1. Il sistema consonantico italiano Secondo il luogo di articolazione Le occlusive si classificano in bilabiali [p] sorda [b] sonora :: organo articolatore sono le labbra tra cui si verifica l'occlusione; alveolodentali [t] sorda [d] sonora :: organo articolatore è l'apice della lingua che provoca l'occlusione entrando in contatto con la superficie interna o con gli alveoli degli incisivi superiori; dorsovelari [k] sorda [g] sonora :: organo articolatore è la zona postdorsale della lingua che provoca l'occlusione aderendo al palato posteriore. Le fricative si classificano in labiodentali [f] sorda [v] sonora :: organo articolatore è il labbro inferiore che provoca il restringimento accostandosi agli incisivi superiori; alveolodentali [s] sorda [z] sonora :: organo articolatore è l'apice della lingua che provoca il restringimento accostandosi agli alveoli degli incisivi. Nell'italiano settentrionale, che ha assunto la funzione di italiano standard, le fricative alveolodentali sono ridotte ad allofoni, a varianti posizionali: la sorda occorre in inizio di parola in combinazione con una vocale (ad es. sempre [»sEmpre]) e in posizione sia iniziale sia interna in combinazione con una consonante sorda o con una semiconsonante (ad es. spedire, stalla, scontro [»skontro], sfamare, respiro, costipato, riscatto [ris»katto], disfatto, cassa [»kassa], siepe [»sjEpe], consueto [kon»swEto]); la sonora occorre in posizione intervocalica (ad es. rosa [»rçza]) e in posizione sia iniziale sia interna in combinazione con una consonante sonora (ad es. sbaglio [»zba¥¥o], sdraiato [zdra»jato], sgorbio [»zgçrbjo], sventato [zven»tato], sgelato [zdZe'lato], smagrito [zma»grito], snidare [zni»dare], slabbrato [zlab»brato], sragionare [zradZo'nare], disboscare [dizbos»kare], disdoro [diz»dçro],

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disgrazia [dizgrat»tsja], trasvolare [traszvo»lare], disgelo [diz'dZElo], cosmo [»kçzmo], masnada [maz»nada], trasloco [trazlç»ko]). palatoalveolari [S] sorda :: organo articolatore è la corona della lingua che provoca il restringimento accostandosi alla zona anteriore del palato. In posizione intervocalica è sempre intensa. Le affricate si classificano in alveolodentali [ts] sorda [dz] sonora :: organo articolatore è l'apice della lingua che provoca in sequenza l'ostruzione e il restringimento accostandosi agli alveoli degli incisivi. In posizione intervocalica sono sempre intense; palatoalveolari [tS] sorda [dZ] sonora :: organo articolatore è la corona della lingua che provoca in sequenza l'ostruzione e il restringimento accostandosi alla zona anteriore del palato. Le nasali, che comportano l'abbassamento del velo palatino, si classificano in bilabiale [m] :: organo articolatore sono le labbra tra cui si verifica l'occlusione; alveolodentale [n] :: organo articolatore è l'apice della lingua che provoca l’occlusione entrando in contatto con la superficie interna o con gli alveoli degli incisivi superiori; dorsopalatale [¯] :: organo articolatore è il dorso della lingua che provoca l'ostruzione entrando in contatto con la volta del palato. In posizione intervocalica è sempre intensa. Sono allofoni la nasale labiodentale [M], che si articola a contatto con le fricative labiodentali sorda e sonora (ad es. infatti, invece [iM'fatti, iM'vetSe]) e la nasale dorsovelare [N] che si articola a contatto con le occlusive dorsovelari sorda e sonora (ad es. incontro, angolo [iNkon'tro, »aNgolo]). Le laterali, la cui articolazione comporta un'ostruzione centrale, si classificano in alveolodentale [l] :: organo articolatore è l'apice della lingua che provoca l'ostruzione poggiando contro la superficie interna o gli alveoli degli incisivi superiori; dorsopalatale [¥] :: organo articolatore è il dorso della lingua che provoca l'ostruzione poggiando contro una zona estesa del palato medio. In posizione intervocalica è sempre intensa. La vibrante alveolodentale [r] si articola arretrando la massa della lingua mentre l'apice vibra contro la zona alveolare degli incisivi. 1.1.2. Il sistema consonantico latino Rispetto al sistema consonantico dell'italiano quello del latino presenta una prevalenza di coincidenze e un numero ristretto ma significativo di differenze. Di fronte alle tre serie di occlusive dell'italiano in latino in base al luogo di articolazione si distinguono quattro serie: bilabiali [p] sorda [b] sonora alveolodentali [t] sorda [d] sonora

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labiovelari [kw] sorda [gw] sonora, costituite da un'occlusiva dorsovelare seguita da un arrotondamento labiale dorsovelari [k] sorda [g] sonora. Le fricative divergono in parte da quelle dell'italiano sia per luogo di articolazione sia per coefficiente di sonorità in quanto, almeno in età classica, sono soltanto sorde: labiodentale [f] alveolodentale [s] glottidale [h] prodotta dal passaggio dell'aria espirata attraverso la glottide socchiusa. Mancano perciò in latino le fricative sonore labiodentale [v] e alveolodentale [z] e la fricativa sorda palatoalveolare [S], mentre è presente la fricativa glottidale sorda [h]. Mancano in latino tutte le affricate, sia le alveolodentali [ts] e [dz] sia le palatoalveolari [tS] e [dZ]. Tra le nasali si distinguono la bilabiale [m] e l’alveolodentale [n], mentre manca la dorsopalatale [¯]. La laterale alveolodentale [l] è realizzata da due allofoni definiti già dai grammatici antichi l exile, che ricorre quando è geminata e davanti a vocali palatali, ed l pingue, che ricorre in ogni altro contesto e in fine di parola. Manca la laterale dorsopalatale [¥]. Come in italiano è presente soltanto la vibrante alveolodentale [r]. Le nasali, la laterale e la vibrante erano definite dai grammatici antichi liquidae. L’alfabeto latino possedeva alcuni caratteri 1. funzionali a riprodurre allofoni dell’occlusiva dorsovelare sorda: <k> usato in combinazione con [a a], ad es. kalendae <q> usato in combinazione con [w], ad es. quattuor <c> usato in ogni altro contesto; 2. introdotti per trascrivere parole greche. <z> con cui era riprodotto il carattere greco z corrispondente all'incirca a [zd] o a [z] <x> con cui era riprodotto il carattere bifonematico greco x corrispondente a [ks] <y> con cui era riprodotta la vocale turbata greca u corrispondente a [ü]. 1.1.3. Le incoerenze del sistema grafico italiano La differenza tra i sistemi consonantici dell'italiano e del latino è all'origine delle più evidenti incoerenze della grafia italiana, in quanto l'alfabeto latino è stato adattato alla notazione di fonemi che in latino mancavano. L'occlusiva dorsovelare sorda [k] è resa con il grafema <c> (ad es. casa [»kaza]) o il digramma <ch> (ad es. chino [»kino]) o il grafema <q> (ad es. quando [»kwando]) se riproduce una labiovelare sorda latina; ma il grafema <c> riproduce anche l'affricata palatoalveolare sorda [tS] (ad es. cima [»tSima]). L’occlusiva dorsovelare sonora [g] è resa con il grafema <g> (ad es. gara) o

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il digramma <gh> (ad es. ghiro [»giro]); ma il grafema <g> riproduce anche l'affricata palatoalveolare sonora [dZ] (ad es. gelo [»dZElo]). La fricativa palatoalveolare sorda [S] è resa con il digramma <sc> (ad es. scena [»SEna]) o il trigramma <sci> (ad es. sciatto [»Satto]); ma il digramma <sc> riproduce anche la sequenza bifonematica [sk] (ad es. scarso [»skarso]) e il trigramma <sci> riproduce anche la sequenza bifonematica [Si] quando [i] è vocalico (ad es. scimmia [»Simmja]). L'affricata palatoalveolare sorda [tS] è resa con il grafema <c> (ad es. certo [»tSErto]) o il grafema <ci> (ad es. cianuro [tSa»nuro]); ma il grafema <c> riproduce anche l'occlusiva dorsovelare sorda [k] (ad es. canto [»kanto]) e il digramma <ci> riproduce anche la sequenza bifonematica [tSi] quando [i] è vocalico (ad es. farmacia [farma»tSia]). L'affricata palatoalveolare sonora [dZ] è resa con il grafema <g> (ad es. giro [»dZiro]) o il digramma <gi> (ad es. giorno [»dZorno]); ma il grafema <g> riproduce anche l'occlusiva dorsovelare sonora [g] (ad es. gorgo) e il digramma <gi> riproduce anche la sequenza bifonematica [dZi] quando [i] è vocalico (ad es. angina [an»dZina]). La nasale dorsopalatale [¯] è resa con <gn> (ad es. agnello [a¯'¯Ello]); ma il digramma riproduce anche la sequenza bifonematica [gn] (ad es. gnosi [»gnçzi]). La laterale dorsopalatale [¥] è resa con <gli> (ad es. figlio [»fi¥¥o]); ma il trigramma riproduce anche la sequenza bifonematica [¥i] (ad es. figli [»fi¥¥i]) e la sequenza trifonematica [gli] (ad es. glicerina [glitSe»rina]). 1.2. Il sistema vocalico Nell'articolazione delle vocali, che dal punto di vista acustico sono suoni, il canale fonatorio si trova nella posizione di massima apertura e l'aria espirata fluisce liberamente mentre si verificano occlusioni periodiche della glottide sotto la pressione dell'aria. I diversi timbri vocalici sono determinati in particolare dalla posizione della lingua e delle labbra: sono palatali o anteriori aprocheile le vocali nella cui articolazione la lingua si solleva verso la parte anteriore del palato mentre le labbra si distendono a fessura; sono velari o posteriori procheile le vocali nella cui articolazione la lingua si solleva verso la parte posteriore del palato mentre le labbra si protendono e si arrotondano; sono medie le vocali nella cui articolazione la lingua non si solleva e le labbra né si distendono né si arrotondano. In base al grado di elevazione della lingua, che modifica l'ampiezza del canale tra lingua e palato, le vocali si distinguono in chiuse, semichiuse, semiaperte, aperte o, secondo una diversa terminologia, in alte, medio-alte, medio-basse, basse.

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1.2.1. Il sistema vocalico italiano In italiano, o piuttosto nella varietà toscana, si distinguono sette timbri vocalici: i vocale palatale aprocheila chiusa o alta e vocale palatale aprocheila semichiusa o medio-alta, ad es. [»peska] (il pescare) E vocale palatale aprocheila semiaperta o medio-bassa, ad es. [»pEska] (frutto) a vocale media di massima apertura o bassa ç vocale velare procheila semiaperta o medio-bassa, ad es. [»pçrtSi] (suini) o vocale velare procheila semichiusa o medio-alta, ad es. [»portSi] (metterci) u vocale velare procheila chiusa o alta. 1.2.2. Il sistema vocalico latino Nel latino classico si distinguevano dieci timbri vocalici in quanto i movimenti articolatori si combinavano con la durata lunga o breve, cui ineriva funzione distintiva. Le vocali brevi erano più aperte delle corrispondenti vocali lunghe: i vocale palatale aprocheila chiusa o alta lunga fide: seconda persona singolare dell’imperativo di fidere ‘confidare’ i vocale palatale aprocheila chiusa o alta breve fide: ablativo singolare di fides e vocale palatale aprocheila semichiusa o medio-alta lunga uenit: terza persona singolare del perfetto di uenire e vocale palatale aprocheila semiaperta o medio-bassa breve uenit: terza persona singolare del presente di uenire a vocale media di massima apertura o bassa lunga rota: ablativo singolare di rota a vocale media di massima apertura o bassa breve rota: nominativo singolare di rota o vocale velare procheila semiaperta o medio-bassa breve fodit: terza persona singolare del presente di fodere ‘scavare’ o vocale velare procheila semichiusa o medio-alta lunga fodit: terza persona singolare del perfetto di fodere u vocale velare procheila chiusa o alta breve fugit: terza persona singolare del presente di fugere u vocale velare procheila chiusa o alta lunga fugit: terza persona singolare del perfetto di fugere. 1.3. Approssimanti Nell'articolazione delle approssimanti, distinte in semivocali e semiconsonanti, il canale fonatorio è più chiuso che nell'articolazione delle vocali ma più aperto che in quella delle consonanti; dal punto di vista acustico nelle semivocali prevale la componente suono, nelle semiconsonanti la componente rumore. In italiano si distinguono

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due semivocali, [i9] anteriore e [u9] posteriore due semiconsonanti, [j] anteriore e [w] posteriore. Dal nesso di una vocale con una semivocale hanno origine i dittonghi discendenti, piuttosto rari, in cui l'apice sillabico è in prima posizione (ad es. baita [»bai 9ta], pausa [»pau9za]); dal nesso di una semiconsonante con una vocale hanno origine i dittonghi ascendenti, molto diffusi, in cui l'apice sillabico è in seconda posizione (ad es. piano [»pjano] quale [»kwale], fieno [»fjEno] quello [»kwello], quindici [»kwinditSi], piove [»pjçve] cuoce [»kwçtSe], piuttosto [pjut»tçsto]). Nel latino classico la semiconsonante anteriore [j] ricorre davanti a vocale sia in posizione iniziale sia in posizione interna nei composti, ad es. iungere e ad-iungere la semiconsonante posteriore [w] ricorre davanti a vocale sia in posizione iniziale sia in posizione interna, ad es. uidere, ciuitas la semivocale anteriore [i 9] ricorre soltanto in posizione intervocalica in nesso con [j]: ad es. peius era articolato [pei9-jus]1 la semivocale posteriore [u9] è presente nel dittongo discendente [au9] (ad es. aurora). Alla semiconsonante anteriore, anche se non ad essa soltanto, risalgono per lo più i processi di palatalizzazione, cioè di evoluzione di fonemi privi in latino di tratti palatali in fonemi palatali in italiano. 1.4. La sillaba La sillaba si può definire come un raggruppamento di foni intorno a un apice sonoro. Mentre l'apice costituito da una vocale è necessario, gli altri elementi sono marginali. Sotto il profilo della struttura la sillaba può essere aperta quando esce in vocale chiusa quando esce in consonante o in semivocale. Sotto il profilo della durata la sillaba può essere lunga o breve o, secondo una diversa terminologia, pesante o leggera. In latino, dove occorre distinguere tra quantità vocalica e quantità sillabica, sono brevi le sillabe aperte con vocale breve; sono lunghe tutte le altre sillabe: aperte con vocale lunga, chiuse con vocale breve, chiuse con vocale lunga: ad es. in honestatem la sillaba iniziale è breve in quanto aperta con vocale breve; la terzultima sillaba è lunga in quanto chiusa sebbene la vocale sia breve2; la penultima sillaba è lunga in quanto aperta con vocale lunga. La quantità dell'ultima sillaba, che ha vocale breve, è regolata dal contesto: nella catena parlata in un sintagma quale honestatem laudat la sillaba risulta chiusa e perciò lunga, in

1 L'intensità dell'articolazione era avvertita, tanto che il grammtico adrianeo Velio Longo (GL 7,54,16s.) riferisce una proposta di Cicerone: in plerisque Cicero uidetur auditu emensus scriptionem, qui et Aiiacem et Maiiam per duo i scribenda existimauit «risulta che nella maggior parte dei casi Cicerone abbia commisurato la scrittura alla sensazione acustica, ritenendo che parole quali Aiax e Maia si dovessero notare con due i». 2 Sotto un profilo fonetico anche in italiano la cosiddetta 'esse impura', cioè [s] + consonante sorda o [z] + consonante sonora, si aggrega alla vocale della sillaba precedente rendendola chiusa: ad es. sebbene nella tradizione grafica pasto si divida <pa-sto>, la sillabazione fonetica è [»pas-to].

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quanto la nasale finale seguita da un'altra consonante si aggrega alla vocale precedente; in un sintagma quale honestatem amat la nasale finale seguita da vocale si aggrega alla vocale successiva e la sillaba risulta aperta e perciò breve. Almeno nel latino classico i gruppi consonantici costituiti da un'occlusiva oppure dalla fricativa labiodentale sorda + laterale o vibrante, indicati tradizionalmente come muta cum liquida, in età classica di norma non chiudevano la sillaba in quanto il gruppo si aggregava alla vocale successiva3; nel latino tardo il gruppo per lo più si è dissociato in modo che il confine sillabico passasse tra la muta e la liquida; di conseguenza la sillaba che lo precede è risultata chiusa: ad es. integrum, sillabato in-te-grum nel latino classico, si è sillabato anche in-teg-rum nel latino tardo. In italiano, dove la quantità delle vocali non ha valore distintivo, vige la norma che le sillabe toniche siano pesanti: di conseguenza nella sillaba tonica o la vocale, che in latino era breve, si allunga, ad es. fa:cile < facile(m); oppure – indipendentemente dalla quantità vocalica in latino – la consonante successiva alla sillaba tonica, che in latino era scempia, si gemina, ad es. femmina < femina(m). 1.5. Accento latino e accento italiano L'accento consiste nel rilievo conferito a una sillaba all'interno di un'unità significativa dell'enunciato. Si definisce tonica la sillaba portatrice di accento, mentre si definiscono atone le sillabe prive di accento. Poiché la sillaba tonica è messa in rilievo mediante la variazione sia dell'altezza musicale, che dipende dalla frequenza di vibrazioni delle corde vocali, sia dell'intensità di emissione, che dipende dall'energia con cui l'aria è espirata, si distinguono lingue ad accento musicale o melodico, quando i parlanti sono sensibili alle variazioni di altezza; lingue ad accento intensivo o dinamico o espiratorio, quando i parlanti sono sensibili alle variazioni di intensità. Il latino, almeno nella fase classica, era una lingua ad accento musicale, e la posizione dell'accento era regolata dalla quantità della penultima sillaba. L'accento cadeva sulla penultima sillaba se essa era lunga, e in questo caso la parola di definisce parossitona (ad es. maturus) sulla terzultima sillaba se la penultima era breve, e in questo caso la parola si definisce proparossitona (ad es. tabula). Parole ossitone, in cui cioè l'accento cade sull'ultima sillaba, risultano da un'apocope, ossia della caduta della vocale finale (ad es. adhuc per apocope dell’enclitica -ce). 3 Come altri fenomeni linguistici, la dissociazione del gruppo muta cum liquida pare un fenomeno arcaico che riaffiora nel latino tardo. Per il comportamento dei poeti esametrici, in particolare di Ennio, in cui la sillaba con vocale breve seguita da muta cum liquida è misurata talvolta come breve in quanto aperta, talvolta come lunga in quanto chiusa, cfr. Timpanaro 1965. Lo studioso, dopo aver messo a confronto Ennio con Lucrezio e Virgilio per verificare la frequenza con cui la sillaba con vocale breve seguita da muta cum liquida era misurata come breve o come lunga (pp.1075-1083), dimostra che – ad eccezione che nei composti del tipo abrumpere, sillabati di norma ab-rum-pe-re per la consapevolezza della relativa autonomia del preverbo – la misurazione lunga conseguente alla dissociazione del gruppo consonantico costituiva un arcaismo (pp.1084-1088).

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L'italiano è una lingua ad accento intensivo, e proprio l'energia con cui è articolata la sillaba tonica ha avuto come conseguenza il dileguo della vocale breve in alcuni contesti. Frequente anche se non sistematica è la sincope della vocale postonica breve nei proparossitoni (ad es. uiride(m) > verde), mentre episodica è la caduta della vocale protonica (ad es. secure(m) > scure [»skure]).

Occasionale risulta l’aferesi della vocale atona iniziale (ad es. inimicu(m) > nemico [ne»miko]) In seguito all'apocope della vocale finale parole parossitone in latino possono diventare tronche o ossitone in italiano (ad. es. uirtute(m) > virtù attraverso virtute e virtude attestati nell’italiano antico). La posizione dell'accento è libera: sono tronche o ossitone le parole in cui l'accento cade sull'ultima sillaba (ad es. metà); piane o parossitone le parole in cui l'accento cade sulla penultima sillaba (ad es. ritiro), sdrucciole o proparossitone le parole in cui l'accento cade sulla terzultima sillaba (ad es. tavolo). Più rare sono le parole bisdrucciole in cui l'accento cade sulla quartultima sillaba (ad es. càpitano). Dall'ultimo esempio si può dedurre che in italiano la posizione dell'accento assume funzione distintiva, come in latino ha funzione distintiva la quantità della vocale: ad es. a càpitano (terza persona plurale del presente di capitare) si oppongono capitàno (sostantivo maschile) e capitanò (terza persona singolare del passato remoto di capitanare).

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2. Evoluzione del vocalismo L'evoluzione del sistema vocalico latino nel sistema vocalico delle lingue romanze è governata dalla differenza di apertura tra le vocali lunghe, pronunciate con un timbro più chiuso, e le vocali brevi, pronunciate con un timbro più aperto. Quando sulla sensibilità per la durata è prevalsa la sensibilità per il grado di apertura, il sistema si è ristrutturato in base a questo parametro, solidale con la distinzione tra vocali toniche e vocali atone e, all'interno delle vocali toniche, tra sillaba aperta e sillaba chiusa. 2.1. Sillaba tonica In linea di massima l'evoluzione delle vocali toniche del latino classico (A) nel latino tardo (B) si può rappresentare con lo schema che segue:

(A) i i e e a a o o u u (B) i e E a ç o u

In italiano per lo più sia in sillaba aperta sia in sillaba chiusa [i] [a a] [u] hanno esito rispettivamente [i] [a] [u], ad es. filu(m) > filo, quindeci(m) > quindici [»kwinditSi]; claue(m) > chiave [»kjave], coactu(m) > coatto [ko»atto]; cane(m) > cane [»kane], margine(m) > margine [»mardZine]; duru(m) > duro, furtu(m) > furto; sia in sillaba aperta sia in sillaba chiusa [i e] confluiscono in [e], ad es. fide(m) > fede, capillu(m) > capello [ka»pello]; habere > avere, stella(m) > stella; sia in sillaba aperta sia in sillaba chiusa [o u] confluiscono in [o], ad es. sole(m) > sole, forma(m) > forma; cruce(m) > croce [»krotSe], dulce(m) > dolce [»doltSe]; [e] dittonga in [jE] in sillaba aperta, ha esito [E] in sillaba chiusa, ad es. pede(m) > piede [»pjEde], ferru(m) > ferro [»fErro]; [o] dittonga in [wç] in sillaba aperta, ha esito [ç] in sillaba chiusa, ad es. locu(m) > luogo [»lwçgo], porta(m) > porta [»pçrta]. Entro questo schema generale si constata che in genere 2.1.1. [o] latino in sillaba tonica chiusa da una nasale tautosillabica ha esito [o] e non [ç], ad es. ponte(m) > *pçnte(m) > ponte; 2.1.2. [i] e [u] tonici latini quando siano seguiti da nasale velare hanno rispettivamente esito [i] [u] e non [e] [o], ad es. lingua(m) > lingua [»liNgwa]; ungo > ungo [»uNgo]. Il fenomeno, denominato anafonesi, si verifica anche quando [i] tonico latino è seguito in italiano da nasale e laterale dorsopalatali: ad es. graminea(m) > *graminja(m) > gramigna [gra'mi¯¯a], in cui [e] in iato si evolve nella semiconsonante anteriore e [j] palatalizza la nasale alveolodentale in dorsopalatale, sempre intensa in posizione intervocalica; analogamente da matrinia(m) attraverso *matrinja(m) per l'evoluzione di [i] in iato nella semiconsonante anteriore e la palatalizzazione della nasale si ottiene matrigna [ma'tri¯¯a]4;

4 Per la corretta ricostruzione del prototipo di matrigna cfr. Castellani 1955 p.531.

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familia(m) > *familja(m) > famiglia [fa»mi¥¥a], in cui [i] in iato si evolve nella semiconsonante anteriore e [j] palatalizza la laterale alveolodentale in dorsopalatale, sempre intensa in posizione intervocalica; analogamente da ciliu(m) attraverso *cilju(m) per l'evoluzione di [i] in iato nella semiconsonante anteriore e la palatalizzazione della laterale si ottiene ciglio [»tSi¥¥o]. 2.2. Sillaba protonica In linea di massima l'evoluzione delle vocali protoniche del latino classico (A) nel latino tardo (B) si può rappresentare con lo schema che segue:

(A) i i e e a a o o u u (B) i e a o u

In italiano senza distinzione tra sillaba aperta e sillaba chiusa per lo più [i] [a a] [u] hanno esito rispettivamente [i] [a] [u], ad es. miraculu(m) > miracolo [mi»rakolo], lamentu(m) > lamento, amaru(m) > amaro, punire > punire; [i e e] confluiscono nell'esito [e], ad es. confirmare > confermare, delictu(m) > delitto, gentile(m) > gentile [dZen'tile]; [o o u] confluiscono nell'esito [o], ad es. dolore(m) > dolore, momentu(m) > momento, ruina(m) > rovina. Entro questo schema generale si osserva la tendenza a chiudere [e] protoromanzo in [i] e [o] protoromanzo in [u], ad es. ingente(m) > ingente [i¯'dZEnte], cepulla(m) > cipolla [tiSpolla], fenestra(m) > finestra [fi'nEstra], molinu(m) > mulino; au9cellu(m) > *ocellu(m) > uccello [ut'tSEllo], eruditu(m) > erudito. 2.3. Sillaba postonica In linea di massima l'evoluzione delle vocali postoniche brevi del latino classico (A) nel latino tardo (B) si può rappresentare con lo schema asimmetrico che segue: (A) i e a o u (B) i e a o In italiano senza distinzione tra sillaba aperta e sillaba chiusa per lo più [i] ha esito [i], ad es. facile(m) > facile ['fatSile]; [e] ha esito [e], ad es. integru(m) > integro; [a] ha esito [a], ad es. separo > separo; [o] e [u] confluiscono nell’esito [o], ad es. episcopu(m) > vescovo ['veskovo], tabula(m) > tavola.

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2.4. Altri fenomeni relativi al vocalismo 2.4.1. Vocali in sillaba finale Poiché in italiano le forme nominali escono in sillaba aperta (forme quali curriculum 'carriera', incipit 'inizio di un componimento letterario' o iter 'percorso' soprattutto burocratico sono latine; bar o jet o sport sono prestiti dall'inglese), le consonanti in finale assoluta dei nomi latini cadono; nei monosillabi latini che escono in laterale o in vibrante si sviluppa una [e] paragogica, ad es. mel > *mele > miele ['mjEle], cor > *core > cuore ['kwçre]; le vocali della sillaba finale latina si conservano, con l’evoluzione consueta in sillaba postonica. Poiché in genere le forme italiane derivano dall'accusativo dei nomi latini, si ottiene: da a(m) [a], ad es. lana(m) > lana; da e(m) [e], ad es. forte(m) > forte ['fçrte]; da u(m) [o], ad es. palu(m) > palo. 2.4.2. Vocali in iato Nel latino tardo [e] e [i] in iato, cioè seguite da una vocale non tautosillabica, assumono statuto di semiconsonante anteriore, ad es. filiu(m) trisillabico > *filju(m) bisillabico; oleu(m) trisillabico > *olju(m) bisillabico. Invece le sequenze bisillabiche nel latino classico [ie] e [ie] – in cui talvolta in poesia [i] in iato assume funzione semiconsonantica5 – di norma confluiscono in [e] e hanno esito [e], ad es. abiete(m) > *abete(m) > abete, quietu(m) > *quetu(m) > cheto ['keto]. 2.5. Dittonghi In linea di massima, indipendentemente dalla posizione tonica o atona, i dittonghi conservati nel latino classico diventano monottonghi. Si erano monottongati in età arcaica nel latino rustico e in età più tarda nel latino parlato [ae9] – che costituisce l'esito di un più antico [ai9] (ad es. aedes 'edificio' in cui si trova un'ara o un focolare: cfr. ai[qein 'bruciare') – si fonde con [e] e ha esito [jE] in sillaba tonica aperta, [E] in sillaba tonica chiusa, [e] in sillaba atona, ad es. laetu(m) > lieto ['ljEto], maestu(m) > mesto ['mEsto]; maestitia(m) > mestizia [mes'tittsja]; il raro dittongo [oe9] – che costituisce l'esito di un più antico [oi 9] (ad es. poena: cfr. poinhv) – si fonde con [e] e ha esito [e] in sillaba sia tonica sia atona, ad es. poena(m) > pena, poenale(m) > penale. Maggiore resistenza dimostra il dittongo [au9] che per tradizione diretta ha esito [ç] in sillaba tonica e [o] in sillaba atona (ad es. tau9ru(m) > toro ['tçro], restau9rare > ristorare), mentre si conserva in alcune forme di tradizione dotta (ad es. tau9rinu(m) > taurino [tau9'rino]). La concorrenza già in latino delle pronunce dittongata e monottongata del tipo

5 Cfr. ad es. in Virgilio Aen. 2,16 abiete misurato come abjete; in proposito Timpanaro 1965 pp.1097-1100.

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[au9rum] è garantita sia da varianti quali [au9'rata] e [ç'rata] del nome di un pesce pregiato, dedotto secondo il lessicografo Festo a colore auri, quod rustici orum dicebant «dal colore dell'aurum, che la gente di campagna chiamava orum» (p.196,26-28 Lindsay), sia da fenomeni quali la trasformazione per paretimologia in au9richalcum del prestito orichalcum, derivato da ojreivcalkoı (alla lettera 'bronzo di montagna'), una lega d'aspetto simile all'oro. Il carattere rustico della monottongazione e per contro la frequente introduzione per ipercorrettismo del dittongo in forme che non lo comportavano risultano da un aneddoto su Vespasiano riferito da Svetonio (Vesp. 22) per dimostrarne al tempo stesso la scarsa cultura e l'arguzia: Mestrium Florum consularem, admonitus ab eo plaustra potius quam plostra dicenda, postero die Flaurum salutauit «avvertito dall'ex console Mestrio Floro che si doveva dire plaustra e non plostra, il giorno successivo lo salutò chiamandolo Flauro». Anche in italiano si constata l'alternanza di monottongo e dittongo, conservato in prevalenza in aggettivi di carattere colto. Si è visto che al sostantivo tau9ru(m) corriponde toro ['tçro], in cui il dittongo in posizione tonica monottonga in [ç]6, e all'aggettivo tau9rinu(m) corrisponde taurino [tau9'rino], in cui il dittongo in posizione protonica si conserva per il carattere dotto della forma e [i] tonico ha l'esito [i] regolare; allo stesso modo ad au9ru(m) corrisponde ['çro], in cui il dittongo in posizione tonica monottonga in [ç], e ad au9reu(m) corrisponde aureo ['au9reo], in cui il dittongo in posizione tonica si conserva e [e] postonico in iato non si risolve nella semiconsonante anteriore ma mantiene il proprio statuto vocalico con il timbro regolare [e]. La medesima duplicità di esiti che si registra tra sostantivi e aggettivi si constata in allotropi che risalgono alla medesima forma nominale o verbale latina. Il femminile laurus, eteroclito come altri fitonimi che seguono la flessione dei temi sia in -o- sia in -u-, designa l'albero consacrato ad Apollo delle cui fronde si incoronavano i vincitori e perciò assume il senso di 'corona trionfale' e per metonimia di 'gloria'. A lau9ru(m) risale per tradizione diretta alloro [al'lçro] in cui il dittongo tonico ha l'esito regolare e si verifica un'analisi erronea dei confini tra articolo e sostantivo, definita in termini tecnici concrezione dell'articolo. A partire da un sintagma quale (il)la(m) lauru(m) nel segmento -la- dell'antico dimostrativo, il solo vitale nella pronuncia per l'aferesi della sillaba iniziale e il dileguo della nasale finale, la laterale è stata identificata con l'articolo e nella vocale si è riconosciuto l'elemento iniziale del sostantivo; a propria volta la laterale iniziale del sostantivo, divenuta intervocalica, si è geminata sul modello delle assimilazioni prodotte dai preverbi (cfr. ad es. 'alleviare' di fronte a 'lieve'). Per tradizione dotta lau9ru(m) è riprodotto da lauro ['lau9ro], in cui il dittongo si conserva e che non soltanto indica il fitonimo ma è usato con il valore metonimico di emblema di gloria7.

6 Migliorini (19634 p.234) osserva che ancora nei volgarizzamenti trecenteschi la costellazione del Toro è chiamata Tauro. 7 Sugli allotropi lauro e alloro, sulle varianti dilettali e sui derivati e composti dei due termini cfr. Gessler 1932.

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Da restau9rare derivano per tradizione diretta ristorare, il cui valore più diffuso è 'rifocillare, ridare energia' e nel quale [e] del preverbo ha il frequente esito [i] e [au9] protonico il regolare esito [o]; per tradizione dotta restaurare [restau9'rare], in cui [e] del preverbo ha il regolare esito [e] e il dittongo protonico si conserva. Non di rado il dittongo in posizione atona ha esito [u]: è il caso di au9dire, a cui risale udire, e dei derivati di tradizione diretta; la conservazione del dittongo segnala il carattere dotto di audizione [au9dit'tsjone] che dall'accezione ampia e generica di 'ascolto' è passato a quelle tecniche di 'ascolto' a fini di prova soprattutto di un cantante o di 'ascolto' della deposizione di un teste. Nel termine, che riproduce au9ditione(m) attraverso * au9ditjone(m), [i] protonico ha il regolare esito [i]; [i] in iato, che si trasforma in semiconsonante anteriore, provoca l'evoluzione dell'occlusiva alveolodentale sorda in affricata alveolodentale sorda [ts], sempre intensa in posizione intervocalica; [o] tonico ha il regolare esito [o]8. Meno spesso il dittongo in posizione atona ha come esito [a]. Il fenomeno può essere esemplificato da augustus, termine tecnico del linguaggio religioso derivato da augur 'augure', a propria volta deverbativo di augere 'accrescere, incrementare'. L'aggettivo, che in senso proprio vale 'consacrato dagli auguri, intrapreso sotto presagi favorevoli', nell'età repubblicana era riferito esclusivamente a oggetti; soltanto nel 23 a.C. il senato lo applica come titolo onorifico a Ottaviano con il senso di 'venerabile' sul modello di sebastovı9. Da au9gustu(m) derivano per trasmissione popolare agosto, in cui [au9] protonico si dissimila in [a] per influenza della vocale velare successiva e [u] tonico ha il regolare esito [o]; per recupero colto augusto [au9'gusto], che riproduce con fedeltà il modello. Ha il medesimo sviluppo di quello originario il dittongo [au9] secondario che consegue alla velarizzazione della laterale velare latina (l pingue). Ad es. poiché talpa in origine maschile è stato inserito tra i femminili per adeguarne il genere all'uscita, si è coniato talpus. Entrambe le forme sono continuate specializzandosi in significati distinti. Mentre in talpa < talpa(m) il gruppo costituito da vocale + laterale si mantiene, in topo ['tçpo] < talpu(m) la laterale si velarizza in semivocale posteriore e il dittongo [au9] che ne risulta ha l'esito [ç] regolare in posizione tonica10. 2.6. Sincope Dell'azione della sincope sulle vocali brevi postoniche durante la fase preletteraria del latino rimangono tracce evidenti anche nella lingua classica in coppie come l'avverbio ualde di fronte al corrispondente aggettivo ualidus. La preferenza per forme sincopate, quali caldus in luogo di calidus, almeno nel linguaggio informale, è testimoniata già 8 Molti termini tecnici il cui il primo elemento risale ad audire sono stati introdotti in italiano dall'inglese; su questi anglicismi e in particolare su auditorium, che all'inizio del novecento si è diffuso dagli Stati Uniti in Europa come designazione dell'edificio destinato all'ascolto della musica strumentale, cfr. Fanfani 1996. 9 Sul rapporto tra augere, augur e augustus cfr. Ernout 1922. 10 Sulla mancanza di un'etimologia latina per il tipo talpa cfr. Bertoldi 1931 pp.149-152. Per una ricognizione degli esiti di talpa in tutta l'area romanza cfr. Schürr 1927; sugli espedienti cui le varietà del toscano antico sono ricorse per distinguere la talpa e il topo cfr. Jud 1926 pp.309-311; sulle denominazioni della talpa nella Svizzera italiana cfr. Merlo 1928.

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all'inizio del principato. A quanto riferisce Quintiliano (inst. 1,6,19), Augusto (epist. fr.23 p.269 De Biasi & Ferrero) giudicava la forma integra calidus desueta e pedante: Augustus quoque in epistulis ad C. Caesarem scriptis emendat, quod is calidum dicere quam caldum malit, non quia id non sit Latinum, sed quia sit odiosum et, ut ipse Graeco uerbo significauit, perivergon «anche Augusto in lettere indirizzate a Gaio Cesare lo corregge perché preferiva calidus a caldus, non perché calidus non fosse irreprensibile ma perché risultava fastidioso, o secondo l'espressione greca da lui usata, da pedante». L'osservazione di Augusto dimostra come la tendenza alla sincope della vocale postonica nei proparossitoni costituisca un elemento di continuità tra latino parlato e lingue romanze, sebbene risparmi le parole introdotte in italiano per recupero colto. Da domus 'casa' si formano mediante suffissi diversi da un lato il maschile dominus e il femminile domina, che designano in senso proprio il padrone e la padrona di casa, dall'altro l'aggettivo dominicus che qualifica quanto appartiene al padrone. A dominu(m) attraverso l'arcaico donno ['dçnno] < domnu(m) risale don [dçn], la cui diffusione come titolo di rispetto è promossa dallo spagnolo: nella forma [o] tonico in sillaba chiusa in seguito alla sincope di [i] postonico ha il regolare esito [ç], le due nasali bilabiale e alveolodentale in contatto si assimilano; in seguito all'apocope della vocale finale la geminata si scempia. A domina(m) attraverso domna(m) risale donna ['dçnna], in cui come nel maschile si verificano la sincope della vocale postonica e l'assimilazione delle nasali11. La sincope non si verifica in domenica [do'menika], che risale a dominica(m diem) 'giorno del Signore' e in cui si constata una regolare evoluzione delle vocali: di [o] protonico in [o], di [i] tonico in [e], di [i] postonico in [i]. Nel sistema dei nomi che designano la donna ha luogo nel passaggio dal latino all'italiano una sorta di spostamento a catena. In latino la donna a) in quanto individuo di sesso femminile è indicata con femina, che si applica anche alle femmine degli animali. Simile è l'uso in italiano, dove peraltro femmina riferito a una donna assume una connotazione spregiativa. Nella forma [e] e [i] costituiscono l'esito regolare rispettivamente di [e] tonico e di [i] postonico e la geminazione della nasale rinforza la sillaba tonica rendendola chiusa12; b) in quanto essere umano di sesso femminile è indicata con mulier, che in italiano è continuato da moglie ['mo¥¥e]. Nella forma – che risale al nominativo-vocativo mulier, mentre all'accusativo muliere(m) si riconduce l'arcaico mogliera [mo¥'¥Era] ancora in uso nei dialetti meridionali – [u] tonico ha il regolare esito [o]; la laterale dorsopalatale, sempre intensa in posizione intervocalica, consegue all'evoluzione in [j] di [i] in iato, in quanto la

11 Leone 1969 esamina in particolare don e donna come titoli onorifici, individuando l'origine di don nell'uso di dominus quale equivalente di sanctus, ben documentato nel latino cristiano. All'inizio del volgare italiano don appare già in crisi di fronte ai derivati di senior (messere, sere, sire, monsignore) provenienti dall'ambiente feudale esposto più di altri all'influenza franco-provenzale; tuttavia don sopravvive in ambito ecclesiastico e conosce una più ampia diffusione nei secoli XVI e XVII per influsso della moda spagnola. Si dimostra più resistente donna, anche se subisce la concorrenza di varianti cavalleresche (madama, madonna, dama, damigella) di provenienza transalpina. Leone dimostra che, sebbene l'espansione di don sia motivata dalle consuetudini cerimoniose introdotte dagli Spagnoli, l'origine della forma e il modo in cui ha assunto il valore di titolo onorifico non risultano estranei alla tradizione letteraria e agli usi linguistici italiani. 12 Migliorini 19634 constata che la geminazione della nasale è instabile nel settecento (p.532) e che autori quali Carducci e D'Annunzio preferivano ancora la grafia con nasale scempia (p.697).

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semiconsonante anteriore palatalizza la laterale precedente trasformandone l'articolazione da alveolodentale in dorsopalatale. Mentre moglie è di tradizione diretta, un recupero colto è l'aggettivo muliebre, che riproduce con fedeltà il modello muliebre(m) e in cui [i] tonico, sebbene in iato, non si evolve in semiconsonante e non palatalizza la laterale precedente; c) in quanto donna sposata è indicata con uxor, che in italiano viene espunto dal sistema e di cui si conserva traccia soltanto nei termini di uso giuridico uxorio, uxoricida, uxoricidio; d) in quanto padrona di casa è indicata con domina, in italiano continuato da donna nell'accezione generica di essere umano di sesso femminile13. Nel senso di domina subentra signora, dedotto dal maschile signore [si¯'¯ore] che poggia su seniore(m). L'uso di senior con il valore di dominus comincia nella tarda antichità e come quello di signora [si¯'¯ora] si diffonde per influenza delle formule cerimoniose introdotte dagli Spagnoli14: in entrambe le forme [e] protonico ha il frequente esito [i] mentre [o] tonico ha il regolare esito [o]; la nasale dorsopalatale, sempre intensa in posizione intervocalica, risulta dalla consueta evoluzione in semiconsonante anteriore di [i] in iato, in quanto [j] palatalizza la nasale precedente trasformandone l'articolazione da alveolodentale a dorsopalatale. In sintesi15 latino

femina mulier uxor domina

italiano

femmina donna < domina

moglie < mulier

signora < senior

13 Giacalone Ramat (1969 pp.108-115) rileva che mulier e femina, applicato anche agli animali per la prevalenza nel termine della nozione sessuale (cfr: i corradicali fecundus, fetus, fellare 'succhiare'), non sono sinonimi: femina, il cui contrario è mas 'maschio', costituisce l'iperonimo di uxor, il cui contrario è uirgo 'fanciulla, vergine', donna priva di esperienze sessuali. Dei due termini varia notevolmente l'uso nel tempo: mentre mulier prevale in età repubblicana, femina prevale prima in poesia e poi in prosa dall'inizio dell'impero; tuttavia soprattutto in età tarda sia femina sia mulier occorrono con il valore di uxor. Di domina interessa soprattutto l'evoluzione in fase romanza: già usato in latino dai poeti elegiaci per designare la donna amata all'interno di una concezione dell'amore quale seruitium, è usato per deferenza come appellativo della madre o della moglie e in particolare delle donne appartenenti alla famiglia imperiale. Il valore di 'signora' è conservato nell'area gallica, dove dame è divenuto una delle parole-chiave della poesia trobadorica. In italiano donna per il logoramento semantico dovuto alla frequenza d'uso ha assunto il valore generico di essere femminile, sebbene negli autori del due- e trecento, in cui femmina non è spregiativo, conservi una connotazione di rispetto in cui si conserva l'eco della produzione provenzale, che del resto ha influenzato i poeti siciliani e gli stilnovisti. 14 Beccaria (1968 pp.190-197) riconosce che la dominazione spagnola ha contribuito alla diffusione di signore, signora e vostra signoria o vossignoria come formule allocutive, ma che almeno signore ha origine nel latino tardo. Cfr. anche Migliorini 19634 p.395 e 419. 15 Bonfante 1958 (= 1987) in base all'esame dei testi letterari antichi constata come nel due- e trecento di norma fem(m)ina non comportasse alcuna connotazione spregiativa ma fosse usato per lo più per segnare la differenza rispetto a uomo, mentre a donna inerisse una connotazione nobilitante, equivalente all'incirca all'italiano contemporaneo signora o all'inglese lady, e come d'altra parte donna sia gradatamente prevalso su femmina nell'accezione dell'inglese woman. Nei poeti della scuola siciliana donna è molto più frequente di femmina ma conserva un valore di rispetto; nella Divina Commedia femmina ha soltanto 9 occorrenze, nessuna delle quali nel Paradiso, di fronte alle 96 di donna; in Petrarca donna ricorre 125 volte, femmina soltanto due, una delle quali (son. 183,12 «femina è cosa mobil per natura») traduce Virgilio Aen. 4,569s. (uarium et mutabile semper | femina); nel Decamerone si registrano 201 occorrenze di femmina di fronte alle 1590 di donna. A parere di Bonfante nella prevalenza di donna su femmina è risultata decisiva la nozione stilnovistica della donna angelicata: questa visione ha imposto la parola donna < domina nel senso di woman e vincolato femmina < femina a una dimensione sessuale e infine spregiativa.

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Gli esempi di sincope sono innumerevoli. computu(m) deverbativo di computare, a propria volta composto di putare, nel latino tardo sostituisce ratio nell'accezione di 'calcolo, conto'. Il termine si evolve in conto ['konto] nel senso proprio di 'operazione aritmetica' da cui si sviluppa una molteplicità di usi metonimici e metaforici. Nella forma [o] tonico ha esito [o] in quanto seguito da una nasale tautosillabica e [u] postonico subisce la sincope; il gruppo intollerabile [mpt] che ne risulta si semplifica e in seguito al dileguo dell’occlusiva bilabiale sorda la nasale bilabiale assume per assimilazione il medesimo luogo di articolazione dell'occlusiva alveolodentale. Riproduce fedelmente il modello il recupero dotto computo ['kçmputo], in cui [o] tonico ha l’esito [ç] regolare in sillaba chiusa – ma raro davanti a nasale tautosillabica – e [u] postonico, in luogo di evolversi in [o], conserva timbro [u]. All'aggettivo luridu(m), che deriva da luror indicante in senso proprio il colore della bile e che perciò significa 'giallastro, pallido, livido', risale per tradizione diretta lordo. Nella forma si constatano uno slittamento e un'estensione sotto il profilo semantico: come aggettivo si usa con il valore di 'sporco, imbrattato' e inoltre si applica sia al peso comprensivo della tara sia all'importo comprensivo degli oneri fiscali; come sostantivo indica il peso o l'importo non netto. Sotto il profilo fonologico [o] tonico, di norma esito di [u] e non di [u], è suscettibile di due spiegazioni. Secondo l'interpretazione più diffusa in seguito alla sincope di [i] postonico la vocale tonica si sarebbe abbreviata per alleggerire la sillaba chiusa, sicché l'antecedente diretto della forma italiana sarebbe stato *lurdu(m) e non *lurdu(m). Per contro altri linguisti ritengono che l'abbreviamento della vocale tonica sia anteriore alla sincope e dipenda dalla tendenza generale, risalente già alla fine della repubblica, a ridurre le vocali lunghe sia atone in qualsiasi posizione sia toniche dei proparossitoni16. Di tradizione dotta è lurido, che riproduce senza mutamenti il modello e si usa soltanto come aggettivo nel senso di 'molto, disgustosamente sporco'. All'aggettivo maritimu(m), derivato di mare, risale per tradizione diretta maremma, attestato nell'accezione di 'regione paludosa in prossimità del mare'. Il termine ha assunto funzione di toponimo diventando la designazione della fascia costiera tirrenica estesa dalla foce del fiume Cecina fin oltre Tarquinia, resa paludosa e malsana prima della bonifica dal ristagno delle acque dei fiumi provocato da cordoni costieri di sabbia17. Nella forma [i]

16 Cfr. Brambilla Ageno 1973. 17 Aebischer 1948, dopo aver preso in esame le continuazioni di maritimus nell'area iberica, francese e italiana (pp.85-95), constata (pp.92-94) che la Maremma toscana non costituisce l'unico territorio in Italia con le caratteristiche da cui ha preso nome. Maritimus o Maritima si denomina una zona vicina a Ravenna in due documenti del X e XI secolo; in base a un documento redatto a Bari nel 1036 pare che la medesima designazione sia stata applicata a un'area costiera in prossimità del Gargano; da altri testi medioevali risulta che Maritimae erano chiamate una regione nel Mantovano e una località tra Milano e Monza. In base a queste testimonianze lo studioso rileva come maremma sia stato usato anticamente con il valore di terreno pantanoso e soggetto a inondazioni sia del mare sia di fiumi. A propria volta Dörrenhaus 1971 sottolinea che si intende in genere erroneamente per Maremma soltanto la zona costiera della Toscana meridionale, sebbene il territorio si estenda verso l’interno per 70-80 km. e comprenda terreno non solo pianeggiante ma anche collinare e montuoso, che con il monte Amiata supera i 1700 metri. Molti toponimi dell'interno hanno come secondo elemento Marittima, che non può indicare prossimità alla costa ma deve indicare che anticamente le

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tonico ha il regolare esito [e] e il gruppo [tm] costituito da occlusiva alveolodentale sorda e nasale bilabiale, che risulta dalla sincope di [i] postonico, si assimila in nasale geminata. Di origine dotta è marittimo, che diverge dal modello soltanto per la geminazione della consonante che segue la vocale tonica, frequente anche se non costante nei proparossitoni. All'aggettivo nitidu(m), derivato da nitor, a propria volta deverbativo di nitere che in senso proprio vale 'splendere, brillare', risale per tradizione diretta netto. Come in lordo, in netto si constatano uno slittamento e un'estensione sotto il profilo semantico: quale aggettivo ricorre con il senso sia di 'pulito, senza macchia' sia di 'chiaro, deciso' e inoltre si applica sia al peso cui è detratta la tara sia all'importo cui siano detratti gli oneri fiscali; quale sostantivo indica il peso o l'importo da cui siano scorporati rispettivamente la tara e gli oneri. Nella forma [i] tonico ha il regolare esito [e] e il gruppo consonantico costituito dalle occlusive alveolodentali sorda e sonora, in contatto per la sincope di [i] postonico, si assimila nella sorda geminata. L'allotropo colto nitido si mantiene fedele al prototipo, di cui conserva approssimativamente le accezioni di 'pulito, limpido, trasparente', 'ben delineato nei contorni', 'chiaro, elegante' soprattutto nel modo di esprimersi. rapidu(m), deverbativo di rapere 'rapire, afferrare con violenza', è continuato da due sinonimi: per tradizione diretta da ratto, desueto nell'italiano contemporaneo, e per tradizione dotta da rapido. Nella forma di trasmissione orale il gruppo costituito dalle occlusive bilabiale sorda e alveolodentale sonora, conseguente alla sincope di [i] postonico, si risolve nella geminazione di una alveolodentale sorda, con un'assimilazione progressiva quanto a sonorità e regressiva quanto a luogo di articolazione. Con solidus, che qualifica quanto è 'massiccio, compatto, robusto' e per metafora quanto è 'integro, compiuto' o 'reale, genuino', si definisce anche la moneta di 4 grammi d'oro su cui Costantino imposta la propria riforma economico-finanziaria rinunciando alla difesa del denarius, la moneta di rame con una bassa percentuale d'argento in uso per le piccole transazioni, cui lo stato attribuiva un valore nominale ben superiore a quello effettivo: i possessori della moneta divisionale, il cui valore di scambio è determinato dal rapporto con l'oro, subiscono un tracollo mentre i detentori di moneta d'oro assumono la direzione della vita economica. Poiché i soldati, reclutati in numero sempre maggiore tra i barbari, pretendevano il pagamento in moneta aurea, solidus acquista gradatamente il senso di 'ricompensa, stipendio'. All'accusativo solidu(m) risale per tradizione diretta il sostantivo soldo ['sçldo], in cui [o] tonico, trovandosi in sillaba chiusa in seguito alla sincope di [i] postonico, ha il regolare esito [ç]; per tradizione dotta solido ['sçlido], in cui [o] tonico, sebbene si trovi in sillaba aperta non dittonga e [i] postonico ha il regolare esito [i]. La forma, che riproduce il prototipo, è in uso sia come aggettivo sia come sostantivo con il valore di 'corpo tridimensionale'.

località così designate appartenevano al territorio della Maremma. Della restrizione della nozione di Maremma lo studioso espone le motivazioni storiche.

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3. Evoluzione del consonantismo 3.1. Consonanti semplici in posizione iniziale 3.1.1. Occlusive 3.1.1.1. In genere le occlusive bilabiali e alveolodentali si conservano, ad es. pectu(s) > petto ['pEtto] con regolare esito [E] di [e] tonico in sillaba chiusa e assimilazione dell'occlusiva dorsovelare sorda all'occlusiva alveolodentale sorda che risulta geminata; bucca(m) > bocca ['bokka] con regolare esito [o] di [u] tonico18; turre(m) > torre anch’esso con regolare esito [o] di [u] tonico; damnu(m) > danno con assimilazione delle due nasali bilabiale e alveolodentale in alveolodentale geminata. 3.1.1.2. L'esito delle occlusive dorsovelari è condizionato dal contesto: esse in linea di massima conservano la propria articolazione a contatto con vocali non palatali, ad es. cane(m) > cane ['kane]; gula(m) > gola con regolare esito [o] di [u] tonico. A contatto con le vocali palatali la sorda si evolve nell'affricata palatoalveolare sorda [tS], la sonora si evolve nell'affricata palatoalveolare sonora [dZ]. Quali esempi di palatalizzazione si possono addurre per la sorda centu(m) > cento ['tSEnto] in cui [e] tonico in sillaba chiusa ha il regolare esito [E], cera(m) > cera ['tSera] in cui [e] tonico ha il regolare esito [e], cinere(m) > cenere ['tSenere] in cui [i] tonico e [e] postonico hanno il regolare esito [e]; per la sonora gelu(m) > gelo ['dZElo] in cui [e] tonico in sillaba aperta ha esito [E] e non dittongato dopo una consonante palatale, *gemellu(m) > gemello [dZe'mEllo] in cui [e] protonico e [e] tonico in sillaba chiusa hanno il regolare esito [e] e [E], gemitu(m) > gemito ['dZEmito] in cui [e] tonico in sillaba aperta ha esito [E] e non dittongato dopo una consonante palatale e [i] postonico ha il regolare esito [i], gentile(m) > gentile ['dZen'tile] in cui [e] protonico e [i] tonico hanno il regolare esito [e] e [i], gigante(m) > gigante [dZi'gante] in cui [i] protonico ha il frequente esito [i]. Talvolta in luogo della sorda [k] ricorre la sonora [g] che si è estesa alla lingua nazionale dai dialetti settentrionali. Ad es. da cattu(m) deriva gatto19. Non mancano allotropi che si differenziano anche per l’opposizione di sorda e sonora.

18 L'aggettivo che sul piano semantico corrisponde a bocca è orale < orale(m), tardo derivato di os usato nel latino letterario per indicare la bocca. bucca, forse di origine celtica, soprattutto al plurale designava in senso proprio le guance, ma nel parlato è diventato fin da età antica sinonimo di os o per la parziale omonimia al nominativo tra os oris 'bocca' e os ossis 'osso' o per la paronimia con beccus, anch'esso di origine celtica. 19 Le denominazioni del gatto e del gallo nel provenzale antico rientrano tra gli esempi addotti da Jules Gilliéron, esponente della geografia linguistica attivo tra fine otto- e inizio novecento, per dimostrare come molte sostituzioni lessicali siano riconducibili a conflitti tra omofoni. Poiché nella regione della Guascogna la laterale geminata in posizione finale aveva esito di occlusiva alveolodentale sorda, le denominazioni del gatto (gat < cattus con sonorizzazione dell'occlusiva dorsovelare sorda) e del gallo (gat < gallus) risultavano coincidenti. Per evitare l'omofonia nei nomi di due animali domestici i parlanti avrebbero sostituito la forma più recente che denotava il gallo: in alcune zone al gallo è stato applicato il nome 'faisan' del fagiano, in altre si è ricorsi alla metafora maliziosa 'vicaire' cui è sotteso il paragone tra la sollecitudine del gallo verso le

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cauea designava in latino tanto una gabbia per animali feroci o per uccelli, e più in genere un recinto, quanto la zona del teatro riservata agli spettatori e per metonimia il pubblico. A cauea(m) risalgono due forme che in qualche modo si spartiscono i valori del termine latino. Di tradizione diretta per il tramite di *cauja(m), con evoluzione di [e] in iato nella semiconsonante anteriore, è gabbia ['gabbja], in cui l'occlusiva dorsovelare sorda si lenisce in sonora; per la fusione che risale già al latino tardo tra l'occlusiva bilabiale sonora e la semiconsonante posteriore, [w] si rinforza in [b] e l'occlusiva a contatto con [j], che forma un dittongo con la vocale seguente, si gemina. Nella forma dotta cavea ['kavea] l'occlusiva dorsovelare sorda iniziale si conserva, la semiconsonante posteriore si rinforza in fricativa labiodentale sonora, [e] postonico in iato non si risolve in semiconsonante ma ha il regolare esito [e]. A cubitu(m), che dal senso proprio di 'gomito' assume per metafora quello di 'curvatura' e che inoltre designa una misura di lunghezza, risale per tradizione diretta gomito, di cui sono documentate le varianti arcaiche gombito e govito, e che indica sia l'articolazione tra braccio e avambraccio sia un elemento di raccordo ad angolo. Nella forma l'occlusiva dorsovelare sorda si sonorizza, [u] tonico e [i] postonico hanno il regolare esito [o] e [i]; incerte sono le cause dell'evoluzione dell'occlusiva bilabiale sonora in nasale bilabiale: le forme arcaiche provano un'oscillazione tra foni labiali. Di tradizione colta è cubito ['kubito] che, attestato prima nell'accezione di gomito e poi in quella di misura di lunghezza, riproduce senza mutamenti il prototipo. Con l'allotropo dotto si connette l'aggettivo cubitale [kubi'tale], che risale a cubitale(m) e lo riproduce con il valore specifico 'della misura di un cubito' e generico 'di grandi dimensioni'. Occasionalmente si registrano allotropi che si distinguono anche perché conservano o palatalizzano l'occlusiva dorsovelare sorda. Ad es. il grecismo cithara(m) assume nel latino tardo la forma citera(m), censurata dall’anonimo dell’appendix Probi databile tra II e IV secolo20, in cui l'occlusiva alveolodentale sorda si deaspira e [a] postonico si chiude in [e]; dalla forma diffusa nel parlato risulta cetra ['tSEtra], in cui l'occlusiva dorsovelare sorda davanti a vocale palatale si evolve in affricata palatoalveolare sorda, [i] tonico ha l'inconsueto esito [E], [e] postonico subisce la sincope21. cithara non soltanto si evolve in cetra ma entra una seconda volta in italiano attraverso l'arabo káitara o kaitâra come prestito di ritorno con la forma chitarra [ki'tarra], che costituisce un adattamento all'italiano della parola araba22. 3.1.1.3. Anche l'esito dell'occlusiva labiovelare sorda, l'unica conservata in latino in posizione iniziale, è condizionato dal contesto: in linea di massima essa si evolve in dorsovelare sorda + semiconsonante posteriore a contatto con [a] e si riduce a occlusiva dorsovelare sorda a contatto con vocali palatali e velari, ad es. quattuor > nel latino tardo quattor con caduta di [u] forse per dissimilazione > quattro ['kwattro] con metatesi dei due fonemi finali per l'ostilità dell'italiano verso parole che non escano in vocale; qui > chi [ki], galline e quella del coadiutore del parroco verso le pie parrocchiane; infine a tutto il territorio francese si è estesa la forma di origine onomatopeica 'coq' in uso nella regione di Parigi. 20 Cfr. GL 4,197,26 cithara non citera. 21 Nel de uulgari eloquentia Dante definisce cetra uerbum siluestre «parola selvatica, da selvaggi». 22 Sui prestiti di ritorno cfr. Gusmani 19862 pp.117-119.

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quomodo > come ['kome] attraverso l'arcaico e apocopato como. Dagli esiti prevalenti si registrano deviazioni. A quercea(m), aggettivo femminile dedotto da quercus, attraverso *quercja(m) risale quercia ['kwErtSa], in cui la labiovelare si evolve in occlusiva dorsovelare sorda + semiconsonante posteriore, [e] tonico in sillaba chiusa ha il regolare esito [E], l'occlusiva dorsovelare sorda si palatalizza in affricata palatoalveolare sorda per effetto di [e] postonico in iato, evolutosi in semiconsonante anteriore. Da quinque deriva cinque ['tSiNkwe], in cui per dissimilazione la labiovelare presenta due esiti diversi: nella prima sillaba davanti a [i] tonico, cui corrisponde regolarmente [i], dopo essersi evoluta in dorsovelare sorda si palatalizza in affricata palatoalveolare sorda; nella seconda sillaba, sebbene davanti a vocale palatale, conserva la propria articolazione complessa evolvendosi in occlusiva dorsovelare sorda + semiconsonante posteriore; la nasale davanti a una consonante dorsovelare si realizza come nasale velare23. quae9rere, usato in origine con il valore di 'cercare, svolgere un'indagine o un'inchiesta' – accezione conservata in forme quali inquisire, inquirente, inquisizione – come valore collaterale assume quello di 'domandare, chiedere' da cui si sviluppa il senso di 'cercare di procurarsi' e quindi 'ottenere'. Per tradizione diretta ne risulta chiedere ['kjEdere], in cui la labiovelare a contatto con una vocale palatale si evolve nell'occlusiva dorsovelare sorda [k]; il dittongo [ae9] – che si era identificato con [e] già in latino – in sillaba tonica aperta ha il regolare esito dittongato [jE], come regolare è il risultato [e] di [e] postonico; la sequenza di due vibranti si dissimila in successione di occlusiva alveolodentale sonora e vibrante. Dal participio quae9situ(m), che come il perfetto quae9siui appartiene sotto il profilo morfologico al desiderativo quaeso < *quai 9sso24, risulta per tradizione dotta quesito [kwe'zito], con il senso di 'interrogativo, problema, oggetto di indagine e di discussione'. Nella forma la labiovelare ha esito di dorsovelare sorda + semiconsonante posteriore; il dittongo [ae9] protonico evolutosi in [e] e [i] tonico hanno il regolare esito di [e] e [i] rispettivamente; la fricativa alveolodentale intervocalica si sonorizza. A quietu(m) risale per tradizione diretta cheto ['keto], in cui la labiovelare a contatto con una vocale palatale si riduce alla dorsovelare sorda [k] e la sequenza [ie] – già in latino evolutasi in [e] – in posizione tonica ha il regolare esito [e]. Per tradizione dotta si registra l'allotropo queto ['kwEto] in cui la labiovelare si evolve in occlusiva dorsovelare sorda + semiconsonante posteriore; dalla sequenza [ie] > [e] in posizione tonica risulta [E], ricorrente nelle forme colte; sulla variante quieto ['kwjEto], in cui alla semiconsonante posteriore segue il dittongo [jE] ha agito l'analogia con il sostantivo quiete ['kwjEte] che riproduce il modello.

23 Cfr. Tagliavini 19643 p.197s. 24 Cfr. Leumann 19265 (= 1977) §436.A.2 e §437.I.A.2.

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3.1.2. Fricative, nasali, laterale, vibrante 3.1.2.1. Mentre la fricativa sorda glottidale, debole già in latino, in italiano si conserva soltanto nella grafia, le fricative sorde labiodentale e alveolodentale in linea di massima si conservano, ad es. firmu(m) > fermo con regolare evoluzione di [i] tonico in [e], surdu(m) > sordo con regolare evoluzione di [u] tonico in [o]. Tuttavia talvolta a contatto con una vocale palatale [s] si palatalizza nella fricativa palatoalveolare sorda [S], ad es. da simia(m) attraverso *simja(m) deriva scimmia ['Simmja] in cui [i] tonico ha il regolare esito [i] e la nasale bilabiale si gemina a contatto con la semiconsonante anteriore, risultato di [i] in iato. Dalla palatalizzazione o dalla conservazione della fricativa alveolodentale possono risultare allotropi. Al ed. dal primo elemento di composti semi-, che vale 'mezzo, metà', deriva per tradizione dotta semi-, peraltro con regolare evoluzione di [e] tonico in [e]25. Sulla forma nel latino tardo è coniato l'aggettivo semus, e all'accusativo semu(m) risale scemo ['Semo], in cui la fricativa alveolodentale si palatalizza in palatoalveolare sorda e [e] tonico si evolve regolarmente in [e]. Dal senso originario e generico di 'non intero', l'aggettivo ha presto assunto quello di 'sciocco', provvisto di scarsa intelligenza. Talvolta la fricativa alveolodentale sorda [s] si evolve nell'affricata alveolodentale sonora [dz]. Anche in questo caso possono prodursi allotropi. Ad es. l'alternanza di sulpur e sulphur suggerisce che si tratti di un prestito da una lingua in cui le occlusive sorde erano aspirate26. Il termine per tradizione diretta si evolve in solfo e quindi in zolfo ['dzolfo], in cui la fricativa alveolodentale sorda si evolve in affricata alveolodentale sonora, [u] tonico ha il regolare esito [o], l'occlusiva bilabiale sorda aspirata è riprodotta da una fricativa labiodentale sorda. All'aggettivo sulp(h)ureu(m) risale per tradizione dotta sulfureo, fedele sotto ogni aspetto al modello. 3.1.2.2. Le nasali, la laterale e la vibrante in linea di massima si conservano, ad es. mendace(m) > mendace [men'datSe] con regolare evoluzione di [e] protonico in [e] e dell'occlusiva dorsovelare sorda davanti a vocale palatale in affricata palatoalveolare sorda, nepote(m) > nipote con il frequente esito [i] di [e] protonico e il regolare esito [o] di [o] tonico, lumen > lume con regolare esito [u] di [u] tonico, risu(m) > riso ['rizo] con regolare esito [i] di [i] tonico e sonorizzazione della fricativa alveolodentale sorda intervocalica. 3.1.3. Semiconsonanti Le semiconsonanti anteriore e posteriore [j] e [w] in linea di massima hanno esito rispettivamente di affricata palatoalveolare sonora [dZ] e di fricativa labiodentale sonora [v], ad es. iocu(m) > gioco ['dZçko], in cui il dittongo etimologico attestato nel desueto giuoco ['dZwçko] dopo fonema palatale perde l'elemento semiconsonantico e l'occlusiva dorsovelare sorda davanti a vocale velare si conserva; uitru(m) > vetro con regolare esito

25 La diffusione dei composti con semi- ha inizio nella letteratura del seicento: cfr. Migliorini 19634 p.487. 26 Hubschmid (1963 p.376s.) dall'alternanza in latino di sorda e aspirata e dalla constatazione che nel Lazio non si trovano miniere di zolfo deduce che il referente e la denominazione siano di provenienza etrusca.

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[e] di [i] tonico, mentre nell'aggettivo uitreu(m) > vitreo che ha carattere colto [i] tonico conserva il proprio timbro e [e] in iato non si evolve in semiconsonante anteriore. 3.2. Consonanti semplici in posizione interna Prima di prendere in esame gli sviluppi in italiano delle occlusive latine, è opportuno premettere che i fenomeni di indebolimento articolatorio o lenizione secondo la maggior parte dei linguisti si diffondono alla lingua nazionale dalle varietà settentrionali. 3.2.1. Occlusive bilabiali In linea di massima le occlusive bilabiali si conservano, ad es. sae9pe(m) > siepe ['sjEpe], il cui dittongo costituisce l'esito del dittongo [ae9] tonico identificatosi con [e]; nobile(m) > nobile ['nçbile] in cui, mentre l’evoluzione di [o] tonico in [ç] è indizio del carattere dotto della forma, quella di [i] postonico in [i] è regolare. Tuttavia non sono infrequenti i casi di indebolimento articolatorio. 3.2.1.1. La lenizione in posizione intervocalica dell’occlusiva bilabiale sorda [p] nella fricativa labiodentale sonora [v] costituisce un fenomeno ricorrente. Ad es. nel latino tardo accanto al classico pauper pauperis modellato sull'antonimo diues diuitis 'ricco' si ricostruisce pauperus con il tema in -o- originario. A pau9peru(m) risale povero ['pçvero] in cui il dittongo [au9] tonico e [e] postonico hanno il regolare esito [ç] e [e] rispettivamente, mentre l'occlusiva intervocalica si lenisce in fricativa27. La lenizione talvolta è all'origine di allotropi. Ad es. Da ripa(m) deriva il sostantivo riva, con regolare evoluzione di [i] tonico in [i] e lenizione dell’occlusiva sorda in fricativa sonora; ma dall'aggettivo ripariu(m) deriva ripario [ri'parjo] che si conserva come qualificante della Dora che attraversa la val di Susa per distinguerla dalla Dora che attraversa la val d'Aosta. Che la forma sia stata trasmessa per via colta è provato dalla conservazione sia dell'occlusiva bilabiale sorda sia del gruppo costituito da vibrante + semiconsonante anteriore, esito di [i] in iato; [i] protonico ha il regolare esito [i]28. episcopus, prestito da ejpivskopo~ 'sovrintendente, sorvegliante', si è specializzato nel linguaggio ecclesiastico nell'accezione di alto prelato responsabile di una diocesi. Nel passaggio da episcopu(m) a vescovo ['veskovo] l'aferesi di [e] protonico deve essere posteriore alla lenizione dell'occlusiva sorda in fricativa sonora, che si verifica anche nell'ultima sillaba e che è determinata dal contesto intervocalico29; nella forma [i] tonico e [o] postonico hanno il regolare esito [e] e [o]. Su vescovo sono modellati vescovato o, con lenizione dell'occlusiva alveolodentale sorda, vescovado, usato per lo più nell'accezione di

27 Cfr. Tagliavini 19634 p.209. 28 I due fiumi di nome Dora, Duria maior la Baltea e Duria minor la Riparia, deducono il qualificante dagli affluenti: l'una dall'affluente Buthier da cui acquisisce nel medioevo la denominazione di Duria Bautia; l'altra dall'affluente Ripa. 29 Kretschmer 1948 fa rilevare che nel tedesco Bischopf la lenizione dell'occlusiva bilabiale sorda risale al greco tardo ejbivskopoı.

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'sede del vescovo' e l'aggettivo poco consueto vescovile. Su episcopatu(m) poggia la forma dotta episcopato [episko'pato], usato per lo più con i valori di 'ufficio di vescovo' o 'collegio dei vescovi', come su episcopale(m) poggia l'aggettivo episcopale [episko'pale]. Più rara è la lenizione dell'occlusiva bilabiale sorda in sonora: ad es. da apotheca(m), prestito da ajpoqhvkh, deriva bottega in cui si verificano l'aferesi della vocale iniziale; la lenizione in sonora dell'occlusiva bilabiale sorda, anteriore all'aferesi, quando la consonante si trovava in posizione intervocalica; la geminazione dell'occlusiva alveolodentale sorda con cui i parlanti hanno riprodotto l'aspirazione della forma greca e bizantina resa in latino con <th> e su cui forse ha influito la connessione con botte, poiché al termine ineriva in origine il significato di 'cantina di vini'; la lenizione dell'occlusiva dorsovelare sorda in sonora. Regolare è l'evoluzione delle vocali, di [o] protonico in [o] e di [e] tonico in [e]. L'uso di apotecario [apote'karjo] nell'accezione di 'farmacista' e di boutique nel senso di negozio elegante di abbligliamento e accessori sono francesismi moderni30. 3.2.1.2. La fusione dell'occlusiva bilabiale sonora [b] con la semiconsonante posteriore [w] nell'esito di fricativa prima bilabiale [b] e poi labiodentale sonora [v] costituisce un fenomeno molto antico, documentato ad es. in forme della massima frequenza quali avere < habere, con regolare esito [e] di [e] tonico; dovere < debere con regolare esito [e] di [e] tonico e la velarizzazione in [o] della vocale protonica, frequente davanti a un fonema labiale; per contro l'occlusiva si conserva intatta nel corradicale debito < debitu(m), in cui sia [e] tonico sia [i] postonico hanno il regolare esito [e] e [i] rispettivamente. Talvolta il risultato della lenizione giunge al dileguo della consonante. Ad es. parabola, prestito da parabolhv, dapprima entra nel linguaggio retorico con il senso di 'paragone, similitudine' (cfr. Seneca epist. 59,6 che degli scrittori antichi afferma: illi, qui simpliciter et demonstrandae rei causa eloquebantur, parabolis referti sunt, quas existimo necessarias, non ex eadem causa qua poetis, sed ut inbecillitatis nostrae adminicula sint «essi, che si esprimevano con semplicità e per farsi comprendere con chiarezza, sono fitti di similitudini, che giudico necessarie non per il motivo per cui se ne avvalgono i poeti ma perché siano d'aiuto alla debolezza del nostro intelletto»), poi si diffonde nel linguaggio religioso con il significato di 'esempio' e successivamente nel linguaggio comune con l'accezione di 'parola', sostituendo uerbum con cui veniva indicato Cristo31. All'accusativo parabola(m) risale per tradizione diretta parola [pa'rçla] attraverso una serie di fasi se non attestate almeno ricostruibili: *parabola(m) con lenizione dell'occlusiva bilabiale in fricativa bilabiale > *paraola(m) con dileguo della fricativa > *parau9la(m) con riduzione

30 Cfr. Pfister 1987 coll.157-160 e Castellani 1988 p.159s. 31 Cfr. Tagliavini 19634 p.227s. e Castellani (1984 p.16), che rileva come al successo di parola abbia certo contribuito il fatto che Cristo si esprimeva per parabole. Orioles (1982-1983 p.137s.) constata che, in seguito alla divulgazione della dicotomia saussuriana di langue e parole, almeno nella terminologia specialistica 'parola' può assumere il valore di 'uso individuale del linguaggio' sul modello francese. Si tratta di un prestito camuffato, cioè dell'attribuzione a un lessema indigeno di un senso che appartiene a un termine straniero formalmente affine.

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delle due vocali in iato [ao] al dittongo [au9] > parola con regolare esito del dittongo tonico in [ç]32. Di tradizione dotta è parabola, fedele all’originale. Ben tre allotropi risultano da fabula(m). La lenizione dell'occlusiva bilabiale sonora in fricativa labiodentale sonora e la regolare evoluzione di [u] postonico in [o] producono favola; con questa forma, la più aderente al modello, si connette l'aggettivo favoloso [favo'lozo] che risale a fabulosu(m), in cui sia [u] protonico sia [o] tonico hanno il regolare esito [o], mentre l'occlusiva bilabiale sonora si lenisce in fricativa labiodentale sonora e la fricativa alveolodentale sorda intervocalica si sonorizza. Alla forma sincopata *fabla(m) si riconduce fiaba ['fjaba]: il risultato italiano comporta la metatesi della laterale che si sposta dalla seconda alla prima sillaba (*flabam) e a contatto con la fricativa labiodentale sorda si palatalizza in semiconsonante anteriore; anche con fiaba si connette un aggettivo, fiabesco [fja'besko], privo di antecedente latino. In modo analogo all'esito di parola < parabola si può ricostruire l’esito di fabula per trasmissione diretta: *fabula(m) con lenizione dell'occlusiva bilabiale in fricativa bilabiale > *fau9la(m) con dileguo della fricativa e riduzione al dittongo [au9] delle due vocali in iato > fola ['fçla] con monottongazione del dittongo tonico in [ç]33. 3.2.2. Occlusive alveolodentali In linea di massima le occlusive alveolodentali si conservano, ad es. decretu(m) > decreto con regolare esito [e] di [e] sia protonico sia tonico, nidu(m) > nido con regolare esito [i] di [i] tonico. Tuttavia talvolta si verifica la lenizione dell'occlusiva alveolodentale sorda nella sonora, ad es. in scodella [sko'dElla] < scutella(m), con regolare evoluzione di [u] protonico in [o] e di [e] tonico in sillaba chiusa in [E]; la lenizione è all'origine di alcuni allotropi. Ad es. A gratu(m) risalgono sia l'aggettivo grato, che conserva il duplice valore di 'gradito' e 'riconoscente' dell'originale, sia con lenizione il sostantivo grado, in uso in formule quali 'di buon grado' o 'mio, tuo, suo malgrado'. Mentre da litus proviene lido, di origine settentrionale34, in cui [i] tonico ha il regolare esito [i] e l'occlusiva sorda si lenisce, dall'aggettivo litorale(m) proviene litorale, che riproduce con fedeltà vocalismo e consonantismo del modello.

32 Castellani (1987 p.11s.) ritiene probabile che parlare, il verbo corrispondente a parola, sia di origine francese sia perché da *parabolare > *paraolare > *parau 9lare in italiano si sarebbe ottenuto *parolare e non parlare sia perché in quasi tutta l'Italia nell’accezione di 'parlare' si usava favellare. In base alla documentazione disponibile si può dedurre che parlare si sia diffuso in toscano tra XI e XII secolo. 33 Migliorini (19634 p.16 e 66) deduce dalla molteplicità di esiti la coesistenza di tradizioni parallele, l'una più fedele ai modelli latini, l'altra più propensa ad accogliere le innovazioni settentrionali e perciò alla sincope. Da fabella(m), diminutivo di fabula, con lenizione dell'occlusiva bilabiale sonora in fricativa labiodentale sonora da una parte deriva favella [fa'vElla] 'facoltà di parlare, linguaggio' con regolare evoluzione in [E] di [e] tonico in sillaba chiusa, dall'altro si è formato fabellare > favellare, verbo in uso nell'Italia antica con il valore di 'parlare'. 34 D’Ovidio (1892-1894 p.368) è del parere che lido sia un venezianismo.

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In modo analogo mentre da hospite(m) si ottiene ospite ['çspite] con il regolare esito [ç] di [o] tonico in sillaba chiusa e [i] di [i] postonico, dall'aggettivo hospitale(m) derivano sia l’aggettivo ospitale, che riproduce il modello, sia il sostantivo ospedale in cui [o] e [i] protonici si evolvono regolarmente in [o] e in [e] e l'occlusiva sorda si lenisce. Frequente era in toscano la forma spedale con aferesi della vocale iniziale35. A *potere, dedotto dalle forme di posse che iniziano per pot- e in particolare dal participio potens, risalgono i due allotropi podere con l’accezione di 'possedimento rurale' e di provenienza settentrionale36 e potere, che estende progressivamente il proprio significato da 'possibilità, facoltà, diritto' ad 'autorità, comando'. 3.2.3. Occlusive dorsovelari L'esito delle occlusive dorsovelari è condizionato dal contesto: esse in linea di massima conservano la propria articolazione; ma a contatto con vocali palatali si evolvono nelle affricate palatoalveolari sorda e sonora [tS] e [dZ], ad es. focu(m) > fuoco ['fwçko]37 con regolare dittongazione di [o] tonico e tegula(m) > tegola con regolare evoluzione di [e] tonico e di [u] postonico rispettivamente in [e] e in [o]; ma acetu(m) > aceto [a'tSeto] con regolare esito [e] di [e] tonico, magicu(m) > magico ['madZiko] con regolare esito [i] di [i] postonico. 3.2.3.1. Talvolta si verifica la lenizione in posizione intervocalica dell'occlusiva dorsovelare sorda, ad es. in spiga < spica(m) con regolare esito [i] di [i] tonico, annegare < *ad-necare con assimilazione dell'occlusiva alveolodentale sonora del preverbo alla nasale della radice verbale e regolare esito [e] di [e] protonico38, luogo ['lwçgo] < locu(m) con regolare dittongazione di [o] tonico in sillaba aperta. La lenizione può essere all'origine di alcuni allotropi. Ad es. mentre da lacu(m) deriva lago con sonorizzazione dell'occlusiva intervocalica, l'aggettivo corrispondente, privo di un antecedente latino e modellato sul tipo palustris, è lacustre [la'kustre] con occlusiva sorda. Denominativo di lacus, lacuna designa in senso proprio una distesa d'acqua stagnante, una pozza, una cisterna; per metonimia assume il valore di 'cavità, apertura, voragine' da cui si deduce quello metaforico di 'mancanza, perdita'. A lacuna(m) risalgono due allotropi che in qualche modo si ripartiscono le accezioni del prototipo. In laguna, documentato dapprima nel senso di 'specchio d’acqua stagnante', l'occlusiva dorsovelare sorda intervocalica si

35 Cfr. Migliorini 19634 p.698 e 725. 36 Castellani (1988 p.156s.) ritiene che, sebbene le prime attestazioni del termine provengano dall'area toscana, la definizione del suo significato come 'ciò su cui si esercita il potere di una persona' presupponga che alla diffusione della nozione e della parola sia sottesa una scuola giuridica prestigiosa; e nel XII secolo quella più famosa in Europa aveva sede a Bologna. 37 Tagliavini (19634 p.173s.) osserva come in tutte le lingue romanze sia continuato focus, che nel latino classico designava il focolare domestico, mentre ignis indicava l'elemento. Dall'aggettivo igneu(m) deriva in italiano l'aggettivo dotto igneo ['i¯¯eo] che conserva il vocalismo del modello ma in cui il gruppo costituito da occlusiva dorsovelare sonora + nasale alveolodentale si palatalizza in nasale dorsopalatale, sempre intensa in posizione intervocalica. 38 Klein (1968 pp.21-23) documenta come già in latino, diversamente da occidere 'uccidere con un'arma', necare valesse in particolare 'soffocare, annegare' e ricorresse spesso in unione con aqua.

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sonorizza e [u] tonico ha il regolare esito [u]. Sul significato latino si innesta quale innovazione, attestata in testi della metà del cinquecento che riflettono la situazione e l'uso veneziano, il valore peculiare di bacino d'acqua formato dal mare e da esso diviso da lingue di terra discontinue che permettono la comunicazione con il mare aperto. La nuova accezione si diffonde prima nell'italiano letterario e quindi nelle lingue europee come termine tecnico geografico39. Invece lacuna [la'kuna], che riproduce con totale fedeltà il modello, ricorre con il valore figurato di 'vuoto, mancanza' e a partire dal XVII secolo designa in senso tecnico nel linguaggio filologico l'omissione di una parte del testo in un manoscritto40. Con entrambe le forme si connette un aggettivo che ha il proprio modello in latino: con laguna lagunare con lenizione della dorsovelare sorda < *lacunare(m), con cui si può mettere in rapporto il neutro lacunar 'soffitto a cassettoni'; con lacuna lacunoso [laku'nozo] < lacunosu(m) senza lenizione della dorsovelare sorda ma con lenizione della fricativa alveolodentale sorda intervocalica. Nei due aggettivi [u] protonico ha il regolare esito [u]; nel secondo [o] tonico il regolare esito [o]. Allotropi si formano anche per l'opposizione tra occlusiva dorsovelare e affricata palatoalveolare sorde. Ad es. machina, prestito dal dorico macanav, sviluppa accanto al valore originario di 'inganno, insidia' il senso concreto di 'congegno, ordigno', che si precisa all'interno dei diversi linguaggi tecnici. All'accusativo machina(m) risale per tradizione diretta macina ['matSina], che indica lo strumento usato per triturare cereali e olive: nella forma l'occlusiva dorsovelare sorda a contatto con una vocale palatale si evolve in affricata palatoalveolare sorda e [i] postonico ha il regolare esito [i]41. Nella forma dotta macchina ['makkina], che designa qualsiasi strumento idoneo a trasformare l'energia in lavoro, l'occlusiva dorsovelare sorda si conserva e dopo la vocale tonica si gemina, come avviene spesso nei proparossitoni. Soltanto con la forma di tradizione dotta si connette l'aggettivo macchinoso [makki'nozo], dedotto da machinosu(m) e in cui [i] protonico ha il frequente esito [i], [o] tonico il regolare esito [o], la fricativa alveolodentale sorda intervocalica si sonorizza. Ben tre risultati si riconducono all'accusativo duce(m) di dux, nome radicale parallelo a ducere usato nell'accezione generica di 'guida' e tecnica di 'condottiero, generale'. Ai dialetti settentrionali, come dimostra la lenizione in affricata palatoalveolare sonora dell'occlusiva dorsovelare sorda, risale doge ['dçdZe], che designa il supremo magistrato delle repubbliche di Venezia e di Genova42: l'assunzione del termine dalla lingua scritta è dimostrata dall’esito [ç] di [u] in luogo del regolare [o]. Di tradizione dotta, come prova il vocalismo che riproduce quello latino, è duce ['dutSe], in cui l'occlusiva dorsovelare sorda a contatto con una vocale palatale si evolve in affricata palatoalveolare sorda. Mediato dal

39 Cfr. Pisani 1960. 40 Per indicare una lacuna nei codici redatti in età medioevale e umanistica si usavano per lo più deest, deficit, desideratur 'manca' o desunt deficiunt desiderantur 'mancano'; il sostantivo corrispondente è in genere defectus o defectio o la metafora fenestra o, più raramente e con un uso improprio dei termini, fragmentum 'passo di un'opera non conservata nella sua integrità o incompiuta' o syncope 'caduta di un suono o di un gruppo di suoni all'interno di una parola': in proposito cfr. Rizzo 1973 pp.236-239. 41 Migliorini (19634 p.39) osserva come dall'attribuzione alla mola della designazione generica di ogni congegno meccanico si possa dedurre il carattere agricolo della società tardo antica e alto medioevale. Cfr. inoltre Tagliavini 19634 p.176s. 42 Cfr. Pellegrini 1981 p.184.

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bizantino dou§§ka, accusativo di dou§x, è duca ['duka] che, dopo quello di 'guida, maestro', assume il senso tecnico di nobile di grado intermedio tra principe e marchese43. 3.2.3.2. Talvolta l'affricata palatoalveolare sonora, esito dell'occlusiva dorsovelare sonora in nesso con una consonante palatale, risulta intensa, ad es. in legge ['leddZe] < lege(m), con regolare esito [e] di [e] tonico, o in uno dei risultati di sigillu(m), che designava una piccola immagine, una figurina, una statuetta, di cui era consuetudine far dono agli amici nella festività dei sigillaria. E poiché lettere e documenti erano contrassegnati dall'impronta dell'anello, su cui era riprodotta un'immagine che permetteva di individuare il mittente, il termine ha assunto il valore di 'sigillo'. Nella forma [si'dZillo] di tradizione dotta, come si deduce dal vocalismo fedele all'originale, l'occlusiva dorsovelare sonora si palatalizza in affricata palatoalveolare sonora; ma nell'allotropo semidotto suggello [sud'dZEllo] l'affricata risulta intensa, mentre a [i] protonico subentra [u] forse per influenza del preverbo su- e [i] tonico ha l'inconsueto esito [E], caratteristico delle forme colte. L'indebolimento sia dell'occlusiva dorsovelare sonora sia, davanti a vocali palatali, dell'affricata palatoalveolare sonora può produrne il dileguo; e un certo repertorio di allotropi ha origine proprio dalla conservazione o dal dileguo della consonante. Derivato di età imperiale di lex, legale(m) è continuato sia da legale, usato nel senso di 'relativo, conforme alle leggi', sia attraverso la mediazione del provenzale da leale, che assume il valore di 'fedele alla parola data, alle promesse, ai patti'; in entrambe le forme [e] protonico ha il regolare esito [e]. In modo analogo da regale(m), derivato da rex con il valore di 'proprio, degno di un re' si ottengono sia regale sia attraverso la mediazione del provenzale reale; in entrambe le forme [e] protonico ha il regolare esito [e]44. L’esito di digitu(m) è dito: secondo l'interpretazione più persuasiva nel passaggio da digitus a dito si verifica non la sincope della vocale postonica con la conseguente assimilazione del gruppo consonantico, che dovrebbe dar luogo alla geminazione dell'occlusiva alveoleolodentale sorda (*digtu(m) > *ditto), ma la riduzione dell'occlusiva dorsovelare sonora intervocalica a semivocale + semiconsonante anteriore [i 9j]: la sequenza di suoni all’incirca omofoni *[ii9ji] si risolve in [i] e rende conto del vocalismo della forma italiana45. A digitale(m), derivato da digitus con il senso di 'della grossezza di un dito', risalgono per tradizione diretta ditale e per tradizione dotta digitale [didZi'tale], usato sia come aggettivo nel senso di 'proprio del dito o delle dita' sia come sostantivo per designare una pianta erbacea; il valore recente di 'numerico' è mediato dall'inglese. In ditale [i] protonico ha la medesima origine che in dito; in digitale, in cui l’occlusiva dorsovelare sonora a contatto con una vocale palatale si evolve in affricata palatoalveolare sonora, è riprodotto il vocalismo del modello.

43 Sulla pluralità di esiti cfr. Migliorini 19634 p.72. 83. 241. 44 Poiché leale definiva il rapporto tra il vassallo e il signore, cioè è un aggettivo peculiare dell'ambiente feudale, Castellani (1987 p.18) ritiene probabile che provenga dal francese antico; tuttavia non esclude che su leale abbia influito reale, dedotto dall'aggettivo medioevale reale(m) pertinente non a rex ma a res con il significato di 'relativo alla realtà'. 45 Cfr. Franceschi 1965 p.171 e Brambilla Ageno 1973 p.153.

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A frigidu(m) risale per tradizione diretta freddo. Dell'esito anomalo [e] di [i] latino sono fornite due interpretazioni. Secondo alcuni linguisti alla forma è sotteso *frigdu(m), in cui la vocale tonica si abbrevia per alleggerire la sillaba, divenuta chiusa in seguito alla sincope di [i] postonico, e il gruppo consonantico formato dalle occlusive dorsovelare e alveolodentale sonore si assimila46. A parere di altri l'abbreviamento della vocale tonica sarebbe anteriore alla sincope e dipenderebbe dalla tendenza generale, risalente già alla fine della repubblica, alla riduzione delle vocali lunghe sia atone in qualsiasi posizione sia toniche dei proparossitoni: [e] di freddo poggerebbe su *frigidu(m) e non su *frigdu(m)47. Di tradizione dotta è frigido ['fridZido], il cui significato nell'italiano contemporaneo è circoscritto alla sfera sessuale. Nella forma, che quanto a vocalismo riproduce il modello, si verifica la regolare trasformazione dell'occlusiva dorsovelare sonora a contatto con una vocale palatale in affricata palatoalveolare sonora. magister è usato prima nel senso di 'sovrintendente, sorvegliante' nell’ambito del diritto e della religione e in seguito si specializza nell'ambito dell'insegnamento. Questa accezione inerisce sia a maestro [ma'Estro] < magistru(m), in cui [i] tonico ha l’anomalo esito [E] forse conseguente alla fusione con il risultato di semivocale + semiconsonante anteriore [i 9j] dell'occlusiva dorsovelare sonora preliminare al dileguo, sia a mastro, desueto con il valore di 'artigiano provetto' ma ancora in uso nella locuzione libro mastro, libro contabile riepilogativo, in cui la sequenza vocalica [ai] > [ai 9] si riduce ad [a] per ostilità verso i dittonghi discendenti48. Anche all'aggettivo tardo magistrale(m) risalgono due allotropi: di tradizione diretta è il sostantivo maestrale, che designa il vento freddo caratteristico del Tirreno e in cui la dorsovelare dilegua e [i] protonico ha il regolare esito [e]; di tradizione dotta è l'aggettivo magistrale [madZis'trale], che denota quanto è relativo o adeguato a un maestro e in cui l'occlusiva dorsovelare sonora a contatto con una vocale palatale si evolve in affricata palatoalveolare sonora e [i] protonico mantiene il timbro del modello. pagina, connesso con pangere 'piantare, conficcare', designava in origine un 'pergolato' e per metafora assume il valore di 'colonna di scrittura, pagina'. A pagina(m) risale per tradizione diretta pania ['panja], la sostanza vischiosa usata per catturare gli uccelli, in cui la sequenza bisillabica [ai] conseguente al dileguo della dorsovelare sonora si dissocia e per metatesi [i] postonico si sposta nella sillaba successiva dove assume statuto di semiconsonante anteriore. Di tradizione dotta è pagina ['padZina], in cui l'occlusiva a contatto con una vocale palatale si evolve in affricata palatoalveolare sonora e [i] postonico ha il regolare esito [i]. sagitta(m) è continuato da saetta con il valore sia di 'freccia' sia di 'fulmine': nella forma il dileguo dell'occlusiva produce lo iato tra la vocale protonica e [i] tonico dal regolare esito [e]. Il carattere dotto di sagittario [sadZit'tarjo], che riproduce sagittariu(m) conservandone il senso di 'arciere', è provato dalla conservazione sia della dorsovelare interna, che a

46 Cfr. Franceschi 1965 p.170s. 47 Cfr. Brambilla Ageno 1973. 48 La riduzione di [ai 9] ad [a] già in Dante si può constatare negli esiti dell'aggettivo fragile(m), di cui per il dileguo dell'occlusiva dorsovelare sonora sono attestate le forme fraile e frale: cfr. Migliorini 19634 p.207. 561. 682.

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contatto con una vocale palatale si evolve in affricata palatoalveolare sonora, sia della vibrante, che non viene assorbita dalla semiconsonante anteriore seguente. 3.2.4. Fricative, nasali, laterale, vibrante Le fricative labiodentale e alveolodentale, le nasali bilabiale e alveolodentale, la laterale e la vibrante in linea di massima si conservano, ad es. confectu(m) > confetto [koM'fEtto] con il regolare esito [o] e [E] di [o] protonico e di [e] tonico in sillaba chiusa, l’allofono labiodentale della nasale di fronte alla fricativa labiodentale e l'assimilazione in occlusiva alveolodentale geminata della sequenza di dorsovelare e alveolodentale sorde; nasu(m) > naso ['nazo] con sonorizzazione della fricativa alveolodentale sorda intervocalica; lima(m) > lima con regolare esito [i] di [i] tonico, bonu(m) > buono ['bwçno] con regolare dittongazione di [o] tonico in sillaba aperta; filu(m)> filo con regolare esito [i] di [i] tonico; carne(m) > carne ['karne]. Non di rado sequenze di nasali e di vibranti si dissimilano. Ad es. uenenum, connesso con Venus con il valore di filtro amoroso preparato con erbe magiche, si diffonde con la connotazione peggiorativa di sostanza tossica e per metonimia di 'incantesimo'. Al termine risale per tradizione diretta, attraverso l'arcaico veneno, veleno, in cui la semiconsonante posteriore si rafforza in fricativa labiodentale sonora; [e] protonico ed [e] tonico hanno il regolare esito [e]; la sequenza di due nasali si dissimila in successione di laterale e nasale. A numeru(m) risale per tradizione diretta novero ['nçvero], in cui [u] tonico ha l’esito [ç] ricorrente in forme di uso non quotidiano, la sequenza di due nasali, alveodentale e bilabiale, si dissimila in successione di nasale alveolodentale e fricativa labiodentale sonora; [e] postonico ha il regolare esito [e]; per tradizione dotta numero, il cui carattere originariamente colto è garantito dall'aderenza al modello49. Anche in questo caso l'aggettivo numerale < numerale(m), come gli altri derivati, proviene dalla forma nella lingua contemporanea più usuale ma quanto a origine più dotta. arbor nel latino classico era femminile in quanto all'albero corrispondeva l'immagine di un essere animato produttore di frutti; già nel latino tardo assume genere maschile per analogia con i sostantivi con la medesima uscita e con denominazioni di piante in -us (ad

49 Fusco 1997 rileva che il sintagma latino numerus clausus o l'equivalente 'numero chiuso', usato soprattutto per indicare la regolamentazione dell'accesso alle facoltà universitarie, è attestato per la prima volta in italiano in un saggio del 1929 dello slavista Ettore Lo Gatto per designare la limitazione dei diritti civili, in particolare del diritto all'istruzione, ai danni degli Ebrei nell'Europa orientale. Poiché l'espressione è documentata nel 1908 in Francia, è legittimo supporre che si sia diffusa dall'occidente alla Russia zarista; in ogni caso si tratta di un latinismo divenuto comune a tutta l'Europa nel settore del lessico universitario. Anche in italiano il nesso – introdotto nel 1929 in riferimento ai paesi orientali – si diffonde a partire dagli anni cinquanta nella lingua comune attraverso i dibattiti sull'accesso all'università, le cui strutture risultavano insufficienti rispetto alla crescita demografica. Per la forte valenza ideologica connessa con la limitazione delle immatricolazioni, si è applicato all'ambito universitario l'eufemismo 'numero programmato', documentato dal 1981; per contro 'numero chiuso' si è usato per tutte le situazioni che comportano restrizioni nell'accesso a luoghi (ad es. a città d'arte o musei) o attività (ad es. alla caccia).

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es. malus 'melo') passate dal femminile al maschile50. Da arbore(m) attraverso le forme arbore e albore dell'italiano antico deriva albero, in cui la sequenza delle due vibranti si dissimila in successione di laterale e vibrante, mentre [o] postonico, in luogo del regolare esito [o], a contatto con la vibrante assume timbro [e], secondo una tendenza già operante in latino. Il carattere dotto dell'aggettivo arboreo [ar'bçreo] < arboreu(m), latinismo introdotto nel quattrocento51, risulta sia dalla mancanza di dissimilazione delle due vibranti sia dall'anomalo esito [ç] di [o] tonico, che in sillaba aperta dovrebbe dittongare, sia dalla conservazione dello statuto vocalico di [e] postonico in iato. peregrinus significa come aggettivo in senso proprio 'straniero, esotico' e in senso metaforico 'estraneo, incompetente, inesperto', come sostantivo 'straniero, forestiero'. All'accusativo peregrinu(m) risale per tradizione diretta pellegrino con il valore di 'viandante, viaggiatore', riferito in particolare a quanti erano in viaggio verso luoghi di culto52; di tradizione dotta è peregrino, in uso con il senso di 'inconsueto, stravagante, bizzarro'53. In entrambe le forme sia [e] iniziale e protonico sia [i] tonico hanno il regolare esito [e] e [i] rispettivamente; mentre l'allotropo dotto conserva il consonantismo del prototipo, in quello di tradizione diretta si verifica la dissimilazione della sequenza delle due vibranti e la laterale dopo l'accento secondario si gemina. 3.2.5. Semiconsonanti Le semiconsonanti [j] e [w] in linea di massima hanno esito rispettivamente di affricata palatoalveolare sonora [dZ] – geminata in quanto in posizione intervocalica <i> latino sotto il profilo fonetico equivale al nesso di semivocale e di semiconsonante anteriore [i 9j] – e di fricativa labiodentale sonora [v], ad es. maiore(m) > maggiore [mad'dZore] in cui [o] tonico ha il regolare esito [o], leue(m) > lieve ['ljEve] con regolare esito dittongato di [e] tonico in sillaba aperta. La semiconsonante anteriore presenta un risultato anomalo in forme quali maiale [ma'jale] < maiale(m), forse connesso con Maia cui era sacrificato e di probabile provenienza letteraria54, e troia ['trçja] < troia(m). Anche per indicare la femmina del maiale il termine consueto nel latino classico era sus, con cui alternavano porca, applicato alla femmina in opposizione a porcus, e scrofa, che designava la femmina adatta alla riproduzione. In area romanza sus è continuato soltanto nelle località più isolate della Sardegna, porca in spagnolo e portoghese, scrofa nell'Italia meridionale e in Romania; in

50 Cfr. Tagliavini 19634 p.203. 51 Cfr. Migliorini 19634 p.298. 52 Sulla diffusione e sulla distribuzione dei cognomi Pellegrini e Pellegrino cfr. De Felice 1980 alle pagine indicate nell'indice. 53 Già in Petrarca pellegrino ricorre non soltanto con il valore di 'straniero' o 'viandante' ma anche in funzione di un giudizio etico ed estetico sia negativo sia e più spesso positivo. Questo valore, che rinvia al fascino dell'esotico e allude alle qualità non comuni del referente rendendo l'aggettivo all'incirca sinonimo di 'singolare, raro, inconsueto', è caratteristico nella lirica, nell'epica e nella novellistica del quattrocento, mentre diventa relativamente più raro nella poesia del secolo successivo e si riduce ulteriormente nel seicento, quando ricorre soprattutto nel Marino e nei suoi imitatori; per contro nei secoli XVI e XVII l'aggettivo con valenza elogiativa è attestato spesso nelle lettere. In proposito cfr. Weise 1969 pp.457-487. 54 Cfr. Merlo 1904 p.203 nota 2. Ad avviso di Rohlfs (1965 p.947) la forma potrebbe essere onomatopeica.

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Francia si è affermato truie < troia, che si è diffuso nell'Italia nord occidentale e, attraverso i coloni, nella Calabria meridionale e in Sicilia. L'origine del termine è controversa. Di solito lo si fa risalire a una vivanda descritta da Macrobio in Sat. 3,13,13 costituita da un porco imbottito di piccoli animali e denominata scherzosamente porcus Troianus per analogia con il cavallo di Troia in cui si nascondevano i guerrieri greci. Poiché a questa ipotesi si oppone il carattere isolato, letterario e scherzoso della testimonianza, che non trova alcun riscontro nei testi di arte culinaria, altri preferiscono riconoscere nella parola una forma espressiva mediata dal francese55. Anche il risultato della semiconsonante posteriore presenta qualche anomalia. Di boue(m), accusativo di bos bouis, si registrano due esiti: nella forma bove ['bçve] con plurale bovi ['bçvi], diffusa nell'Italia centrale e conservata altrove soltanto nella lingua letteraria56, la semiconsonante posteriore latina si rafforza in fricativa labiodentale sonora e a contatto con essa [wç] – esito regolare di [o] in sillaba tonica aperta – si dissimila in [ç]. Con il letterario bove si connette l'aggettivo bovino, dedotto regolarmente dal tardo bouinu(m) e in cui sia [o] protonico sia [i] tonico presentano l'esito regolare [o] e [i], mentre la semiconsonante posteriore latina si rafforza in fricativa labiodentale sonora. In bue ['bue] si verificano sia il dileguo della fricativa intervocalica nello stadio *['bwçe], ricostruito in base al plurale buoi ['bwçi], sia la riduzione del dittongo a [u] davanti a vocale diversa da [i]. 3.3. Gruppi consonantici in posizione iniziale 3.3.1. Occlusiva o fricativa labiodentale + laterale In inizio di parola i gruppi consonantici costituiti dalle occlusive bilabiale sorda e dorsovelari sorda e sonora o dalla fricativa labiodentale sorda + laterale [pl kl gl fl] nelle forme trasmesse oralmente di norma hanno subito una palatalizzazione: da una fase, ancora attestata in alcune varietà di spagnolo e di romeno, in cui la laterale alveolodentale [l] era pronunciata in modo simile alla laterale dorsopalatale [¥] si è pervenuti all'evoluzione della laterale in semiconsonante anteriore, ad es. plaga(m) > piaga ['pjaga], planu(m) > piano ['pjano]57, plenu(m) > pieno ['pjEno] in cui l'esito [E] di [e] tonico è modellato sul dittongo [jE]58; clamare > chiamare [kja'mare]59, claue(m) > chiave ['kjave] con rafforzamento della semiconsonante posteriore in fricativa labiodentale sonora; glande(m) > glanda(m) con passaggio dalla declinazione consonantica a quella in -a- > ghianda ['gjanda], glarea(m) > ghiaia ['gjaja] con riduzione di [e] in iato alla semiconsonante anteriore che assimila a sé la vibrante; flore(m) > fiore ['fjore] con regolare esito [o] di [o] tonico60, flumen > fiume ['fjume]. Il medesimo fenomeno coinvolge il gruppo iniziale costituito da occlusiva bilabiale sonora + laterale – molto raro in latino e per lo più conservato (cfr. blandu(m) > 55 Cfr. Rohlfs 1965 pp.28-30. 56 Cfr. Rohlfs 1965 p.941s. 57 planare 'volare in discesa' è attinto al francese planer. 58 Alla forma di tradizione diretta pieno si oppone la forma dotta plenario [ple'narjo] < plenarium. 59 Di tradizione dotta è il corradicale clamore [kla'more] < clamore(m), con regolare esito [o] di [o] tonico. 60 Di tradizione dotta è flora ['flçra] dal nome della dea Flora e modellato sul francese è l'aggettivo floreale: cfr. Migliorini 19634 p.662.

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blando) – nelle parole di provenienza non latina, ad es. germanico blank > bianco ['bjaNko] in cui davanti a occlusiva dorsovelare la nasale si realizza come velare, forse germanico *blund > biondo ['bjondo]. Alla palatalizzazione si sono sottratte le forme pervenute per recupero colto. 3.3.1.1. A platea(m), attraverso il bisillabico *platja(m) prodotto dall'evoluzione di [e] in iato nella semiconsonante anteriore, risale piazza ['pjattsa] in cui nel gruppo consonantico iniziale la laterale si palatalizza in semiconsonante anteriore, che forma un dittongo con la vocale tonica, e il gruppo interno costituito dall'occlusiva alveolodentale sorda + la semiconsonante anteriore presenta l'esito di affricata alveolodentale sorda intensa caratteristico del toscano61. Alla variante platea(m) risale platea [pla'tEa], che indica il settore della sala teatrale o cinematografica riservato al pubblico e per metonimia gli spettatori. La forma dimostra la propria origine dotta sia nella conservazione del gruppo consonantico iniziale sia nell'esito [E] di [e] tonico. Con l'allotropo dotto si connette l'aggettivo plateale 'molto evidente, ostentato', privo di antecedente latino. A plebe(m), accusativo di plebs o plebes, in origine designazione della componente della cittadinanza considerata subalterna ai patrizi, quindi denominazione spregiativa del popolo e usato nel latino ecclesiastico per indicare una comunità di fedeli in opposizione ai clerici, risale per tradizione diretta pieve ['pjEve]: nel gruppo consonantico iniziale la laterale si palatalizza in semiconsonante anteriore che forma un dittongo con la vocale tonica; [e] tonico ha l'anomalo esito [E] su cui forse ha agito l'analogia con il dittongo [jE] risultato di [e] tonico in sillaba aperta; l'occlusiva bilabiale sonora intervocalica si evolve di norma nella fricativa labiodentale sonora62. Di tradizione dotta è plebe ['plEbe], il cui carattere colto è provato da un lato dalla conservazione sia del gruppo consonantico iniziale sia della bilabiale sonora intervocalica, dall'altro dall'anomalo esito [E] di [e] tonico. Con l'esito dotto si connette l'aggettivo plebeo [ple'bEo] < plebeiu(m) in cui il gruppo consonantico iniziale e la bilabiale sonora si conservano mentre si dilegua <i> intervocalico equivalente alla sequenza di semivocale + semiconsonante anteriore [i9j]63; [e] in posizione protonica ha il regolare esito [e] mentre in posizione tonica ha l'esito [E] frequente nelle parole di tradizione colta. Divergenza nell'esito tra sostantivo di tradizione diretta e aggettivo di trasmissione dotta si registra anche nel caso di plumbu(m) e plumbeu(m). In piombo ['pjombo] la laterale si palatalizza in semiconsonante anteriore e [u] tonico ha il regolare risultato [o]; in plumbeo il prototipo è riprodotto fedelmente.

61 Zolli (1974 pp.126-128) raccoglie documenti dalla metà del XVI all'inizio del XIX secolo in cui piazza è usato con il valore di 'posto di lavoro, incarico, servizio' riferito soprattutto a militari. 62 Aebischer 1964 ripercorre lo sviluppo semantico del termine. L'evoluzione di plebes da 'comunità dei fedeli' che dipende da un vescovo a 'territorio' sede della comunità e quindi a 'edificio di culto, parrocchia' si diffonde dalla Toscana, dove già dalla fine del VII secolo plebes ricorre con il valore di territorio ecclesiastico e dall'inizio del IX con il valore di parrocchia. I dati documentali trovano riscontro nella toponomastica, in cui Pieve + qualificante è attestato nell'Italia settentrionale e centrale fino all'Umbria. 63 Peraltro plebeio, presumibilmente [ple'bEjo], è attestato nell'italiano antico: cfr. Migliorini 19634 p.235.

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Antecedente di piovere ['pjçvere] non è il classico pluere (da cui proverrebbe *['pjoere]), ma il parlato plouere attestato già in Petronio (plouebat 44,18), in cui tra la semiconsonante anteriore, esito della laterale postconsonantica, e la fricativa labiodentale sonora, esito della semiconsonante velare, [o] si evolve non in dittongo ma per dissimilazione in [ç]. Del pari come antecedente di pioggia ['pjçddZa] si ricostruisce una forma parlata *ploi9ja(m) che è subentrata a pluuia(m) [sc. aqua(m)] sostituendo il classico imber: la forma rende conto non soltanto della semiconsonante anteriore, esito della laterale a contatto con l'occlusiva bilabiale sorda, ma anche di [ç] quale risultato regolare di [o] tonico in sillaba chiusa e dell'affricata palatoalveolare sonora intensa quale risultato regolare di <i> intervocalico del latino, equivalente alla sequenza di semivocale e semiconsonante [i 9j]64. Derivato da pluuia è pluuiale, che designava un matello con cappuccio per ripararsi dalla pioggia ed ha assunto intorno all'VIII secolo il valore di paramento usato in alcune cerimonie solenni, definito tuttora piviale [pi'vjale]. Si può ricostruire quale antecedente *pjoujale con riduzione del dittongo protonico a [i], come avviene in alcuni contesti, ad es. in Firenze < Florentiae, rafforzamento della semiconsonante velare in fricativa labiodentale sonora ed evoluzione in semiconsonante anteriore di [i] in iato65. 3.3.1.2. A cludere, variante di claudere documentata dalla metà del I secolo d.C. e dedotta da composti quali concludere o includere o praecludere66, risale per tradizione diretta chiudere ['kjudere], in cui nel gruppo consonantico iniziale la laterale si palatalizza in semiconsonante anteriore; essa forma un dittongo con [u] tonico, che si evolve regolarmente in [u], come [e] postonico ha il regolare esito [e]. Al corradicale clau9stru(m), che designa quanto è chiuso o serve a chiudere, per tradizione diretta risale chiostro ['kjçstro] con il valore di 'convento' e di 'portico' di un monastero o di una chiesa e al plurale clau9stra risale il desueto chiostra ['kjçstra] con il valore di 'chiusura, recinto'. In entrambe le forme in combinazione con l'occlusiva dorsovelare sorda la laterale si palatalizza e la semiconsonante anteriore forma un dittongo con [ç], esito regolare del dittongo [au9] tonico. Invece dall'aggettivo clau9strale(m) dedotto nel latino tardo da claustrum si forma per tradizione dotta claustrale [klau9s'trale] che denota quanto si connette o appartiene al chiostro e in cui si conservano immutati tanto il gruppo consonantico iniziale quanto il dittongo protonico. E ancora al sostantivo tardo clau9sura(m) risale per tradizione diretta chiusura [kju'zura]: nel gruppo consonantico iniziale la laterale si palatalizza, la semiconsonante anteriore forma un dittongo con [u], esito relativamente frequente di [au9] protonico, la fricativa alveolodentale sorda in posizione intervocalica si sonorizza, [u] tonico ha il regolare esito [u]. Di tradizione dotta è clausura [klau9'zura]: il termine, in cui l'unico mutamento rispetto al prototipo è costituito dalla lenizione della fricativa alveolodentale sorda intervocalica, dall'accezione di 'chiusura' ha assunto quella di 'regola che vieta di uscire dal chiostro' a religiosi di determinati ordini67.

64 Cfr. Cortelazzo 1969 pp.64-66. 65 Cfr. Tagliavini 1963 p.393s. 66 Cfr. Bonfante 1991. 67 Sull'evoluzione nell'italiano arcaico del valore di clausura e chiusura da 'recinto' a 'terreno recintato', per lo più un prato o un frutteto o una vigna, cfr. Ageno 1957.

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Da clauu(m) risulta chiodo ['kjçdo] attraverso una serie di modificazioni: la sequenza vocale + semiconsonante velare si evolve nel dittongo [au9] con regolare esito [ç] in sillaba tonica; tra prima e seconda sillaba si verifica l'epentesi di una fricativa labiodentale sonora attestata nell'arcaico chiovo; infine per influenza di chiudere la consonante epentetica è sostituita dall'occlusiva alveolodentale sonora. Mentre nel latino classico di *clinare non sono attestati che composti quali declinare inclinare reclinare, nel latino tardo da essi si è dedotta la forma senza preverbo. Ne risulta chinare [ki'nare] in cui a contatto con [i], esito regolare di [i] protonico, la semiconsonante anteriore, risultato della laterale postconsonantica, dilegua. 3.3.1.3. All'accusativo glacia(m), tema in -a- che ha sostituito la forma classica con tema in -e- glacies, risale per tradizione diretta attraverso *glacja(m) ghiaccia ['gjattSa], attestato contemporaneamente alla forma maschile ghiaccio ['gjattSo], la sola in uso. Nel gruppo consonantico iniziale la laterale si palatalizza in semiconsonante anteriore, che forma un dittongo con la vocale tonica; il gruppo costituito da occlusiva dorsovelare sorda + semiconsonante anteriore si evolve in affricata palatoalveolare sorda intensa. Per tradizione dotta all'aggettivo glaciale(m) risale attraverso *glacjale(m) glaciale [gla'tSale], in cui il gruppo consonantico iniziale si conserva, mentre il gruppo interno costituito da occlusiva dorsovelare sorda + semiconsonante anteriore si evolve in affricata palatoalveolare sorda ma non intensa. Da gliru(m), forma tarda parallela a glis gliris, si ottiene ghiro ['giro] in cui, a contatto con [i], esito regolare di [i] tonico, la semiconsonante anteriore, risultato della laterale postconsonantica, dilegua. 3.3.1.4. Dall'aggettivo flebile(m), che derivato da flere 'piangere' con il suffisso -bilis molto produttivo significa 'degno di compassione, commovente' e quindi 'lamentoso, triste', sono dedotti due allotropi con il valore di 'debole, fioco' riferito per lo più a suoni e rumori. Che flebile ['flEbile] costituisca un recupero colto è provato dall'aderenza al modello: il gruppo consonantico iniziale si conserva; [e] tonico, che di norma si evolve in [e], ha esito [E]; [i] postonico ha il regolare esito [i]. Nella variante fievole ['fjEvole] il gruppo consonantico iniziale subisce l'evoluzione consueta nelle forme trasmesse oralmente: la laterale si palatalizza nella semiconsonante anteriore, che forma un dittongo con la vocale tonica; per la frequenza del dittongo [jE], risultato di [e] in sillaba tonica aperta, [e] tonico ha esito [E]; l'occlusiva bilabiale sonora intervocalica si lenisce in fricativa labiodentale sonora; a [i] postonico subentra [o] in quanto è frequente la velarizzazione della vocale a contatto con la fricativa labiodentale sonora. fluctu(m) è riprodotto sia nella forma sia nel significato da flutto, in cui peraltro si verifica l'assimilazione in alveolodentale geminata della sequenza di occlusiva dorsovelare + occlusiva alveolodentale sorde. Nell'esito di tradizione diretta fiotto ['fjçtto], che denota l'uscita improvvisa e abbondante di un liquido, la laterale si palatalizza in semiconsonante anteriore, [u] tonico per la frequenza del dittongo [jç] ha esito [ç] in luogo di [o] regolare, il gruppo consonantico si assimila.

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3.3.2. Occlusiva o fricativa labiodentale + vibrante In posizione iniziale i gruppi consonantici costituiti dalle occlusive bilabiali, alveolodentali, dorsovelari sorde e sonore o dalla fricativa labiodentale sorda + vibrante [pr br tr dr kr gr fr] di norma si conservano, ad es. prae9miu(m) > *prae9mju(m) > premio ['prEmjo] con esito [E] in luogo di [jE] del dittongo [ae], già nel latino tardo identificato con [e], per dissimilazione ed evoluzione nella semiconsonante anteriore di [i] in iato68; brac(c)hiu(m) > *brac(c)hju(m) > braccio ['brattSo], con evoluzione dell'occlusiva dorsovelare sorda scempia o geminata in affricata palatoalveolare sorda geminata a contatto con la semiconsonante anteriore, risultato di [i] in iato; breue(m) > breve ['brEve] con riduzione del dittongo, esito consueto di [e] in sillaba tonica aperta e attestato nell'italiano antico brieve ['brjEve], e regolare evoluzione della semiconsonante posteriore in fricativa labiodentale sonora; tremore(m) > tremore con regolare evoluzione di [e] protonico e di [o] tonico in [e] e [o] rispettivamente; draco > drago con lenizione dell'occlusiva dorsovelare sorda intervocalica; cruce(m) > croce ['krotSe] con regolare esito [o] di [u] tonico ed evoluzione dell'occlusiva dorsovelare sorda in affricata palatoalveolare sorda davanti a vocale palatale; gracile(m) > gracile ['gratSile] con regolare esito [i] di [i] postonico ed evoluzione dell'occlusiva dorsovelare sorda in affricata palatoalveolare sorda davanti a vocale palatale; fragmentu(m) > frammento con assimilazione in nasale geminata del gruppo formato da occlusiva dorsovelare sonora + nasale bilabiale ed esito [e] di [e] tonico, pressoché costante nella sequenza [ment]. Talvolta le occlusive sorde bilabiale e dorsovelare subiscono la lenizione. Ad es. A pruina(m) che vale 'brina' e per metonimia 'neve, inverno' risale, accanto all'arcaico e letterario pruina [pru'ina], brina rimasto nell'uso e in cui, mentre sul gruppo consonantico può aver influito bruma, la nebbia caratteristica dell'autunno-inverno69, nell'evoluzione delle due vocali in iato si verifica la riduzione di [ui] in [i]. La vocale turbata tonica [ü] di crypta, prestito da krupthv, con cui si designavano corridoi o cantine o sotterranei, di norma nei grecismi più antichi era riprodotta in latino con [u], in quelli più recenti con [i]. A crupta(m) risale per tradizione diretta grotta la cui vocale tonica può essere tanto [o] regolare quanto [ç] anomalo70; nella forma, attestata anticamente nell'accezione di 'cavità naturale' e di 'dirupo'71 e poi di 'caverna', si verificano la lenizione dell'occlusiva dorsovelare sorda72 e l'assimilazione in occlusiva alveolodentale geminata del gruppo costituito dalle occlusive sorde bilabiale e alveolodentale. Su cripta(m)

68 Con il valore di somma corrisposta all'assicuratore perché si assuma i rischi degli assicurati, premio costituisce un anglicismo: cfr. Migliorini 19634 p.664. 69 Il valore di 'nebbia, foschia' inerente a bruma costituisce un francesismo: cfr. Migliorini 19634 p.662. 70 Su ['grotta], in cui la vocale tonica ha l'esito etimologico e che prevale nel Lazio e nella Campania, mentre in Toscana e sul versante adriatico prevale ['grçtta], cfr. Migliorini 1945 p.130s. 71 Rohlfs (1965 p.945) osserva che nell'italiano contemporaneo sull'accezione di 'rupe scoscesa', comune al toscano e ad alcuni dialetti istriani, può aver influito croda, struttura rocciosa dolomitica con pareti lisce e spigoli vivi. 72 Ernout (1954 p.25) fa rilevare come negli esiti romanzi la lenizione sia particolarmente frequente nei prestiti dal greco di origine forse mediterranea.

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poggia cripta ['kripta], attestato nell'italiano antico nel senso di 'grotta' e soltanto dalla seconda metà dell'ottocento con il valore tuttora in uso di 'sotterraneo di una chiesa'. Della forma, che riproduce senza varianti il modello, è corradicale l'aggettivo criptico ['kriptiko] 'oscuro, indecifrabile' dal tardo cripticu(m), anch'esso aderente al prototipo. 3.3.3. Fricativa alveolodentale + occlusiva sorda I gruppi costituiti da fricativa alveolodentale + occlusiva bilabiale o alveolodentale [sp st] di norma si conservano, ad es. spectaculu(m) > spettacolo [spet'takolo] con regolare esito [e] di [e] protonico e [o] di [u] postonico e assimilazione in occlusiva alveolodentale geminata del nesso formato dalle occlusive dorsovelare + alveolodentale sorde; stirpe(m) > per tradizione diretta sterpo ['stErpo], in cui [i] tonico ha l’anomalo esito [E], e per tradizione dotta stirpe, aderente ad modello. Tre risultati presenta stilus, che designa un oggetto sottile e acuminato quale un 'piolo' e nel linguaggio agricolo lo 'stelo' di una pianta erbacea; in particolare si applica allo strumento scrittorio di metallo o d'osso provvisto di un'estremità appuntita per incidere la cera delle tavolette e di un'estremità larga e piatta per cancellare lisciando la cera; infine per metonimia indica l'esercizio del comporre e il modo di esprimersi, lo 'stile'. Queste accezioni si ripartiscono negli esiti di stilu(m), cui risalgono per tradizione diretta stelo ['stElo] con i valori concreti di 'gambo' e 'asta di sostegno' e in cui [i] ha l'inconsueto risultato [E]; per tradizione dotta tanto stilo, termine tecnico usato per indicare sia l'antico strumento scrittorio sia il braccio graduato o l'ago della bilancia sia in botanica una parte del pistillo sia in zoologia l'appendice spinosa di alcuni insetti, quanto stile, che dalle peculiarità espressive di un autore o di un genere letterario è passato a denotare le caratteristiche di produzioni artistiche o artigianali, le specificità del modo di comportarsi o di vestirsi o di eseguire un esercizio sportivo. Il carattere colto della forma si deduce non soltanto dall'aderenza al modello ma anche dal passaggio dal tema in -o- in latino al tema in -e- in italiano. Il nesso costituito da fricativa alveolodentale + occlusiva dorsovelare [sk] rimane inalterato davanti a vocali non palatali, si evolve in fricativa palatoalveolare sorda davanti a vocali palatali, ad es. scabru(m) > scabro ['skabro]; scortea(m) > *scortja(m) > scorza ['skçrtsa] con regolare esito [ç] di [o] tonico in sillaba chiusa, evoluzione di [e] in iato nella semiconsonante anteriore che in combinazione con l'occlusiva alveolodentale sorda dà luogo all'affricata alveolodentale sorda73; per contro sceptru(m) > scettro ['SEttro] con regolare esito [E] di [e] tonico in sillaba chiusa e assimilazione delle occlusive sorde bilabiale e alveolodentale in alveolodentale geminata; scissione(m) > *scissjone(m) > scissione [Sis'sjone], in cui [i] protonico ha il frequente esito [i], [i] in iato si evolve in semiconsonante anteriore che dittonga con [o] tonico dal regolare esito [o]. 3.3.4. Fricativa alveolodentale + occlusiva sorda + laterale o vibrante 3.3.4.1. In linea di massima si conservano i gruppi costituiti da fricativa alveolodentale + occlusiva bilabiale + laterale [spl] o da fricativa alveolodentale + occlusiva alveolodentale o dorsovelare + vibrante [str skr], ad es. splendore(m) > splendore con regolare esito [e] di

73 Rohlfs (1965 p.946s.) segnala la singolare pronuncia sonora dell'affricata in Toscana.

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[e] protonico e [o] di [o] tonico; striga(m) > strega con regolare esito [e] di [i] tonico74; scriniu(m) > *scrinju(m) > scrigno ['skri¯¯o] in cui [i] tonico ha il regolare esito [i] mentre [i] postonico in iato si evolve in semiconsonante anteriore che palatalizza la nasale alveolodentale trasformandola in dorsopalatale, sempre intensa in posizione intervocalica. 3.3.4.2. In latino il gruppo iniziale costituito da fricativa alveolodentale + occlusiva alveolodentale sorda + laterale [stl] si è semplificato in età preletteraria in laterale: ad es. di lis litis e di locus sono attestate come forme originarie nel compendio redatto da Paolo Diacono (p.411,13s. Lindsay) del lessico di Festo stlis e stlocus (stlocum pro locum et stlitem pro litem dicebant); tuttavia si conserva una parola, o di origine non latina o introdotta in latino quando la semplificazione del gruppo [stl] si era conclusa, che presuppone il gruppo iniziale o la sua evoluzione in fricativa alveolodentale + occlusiva dorsovelare sorda + laterale [skl]. stloppus o scloppus designava il rumore che si produce aprendo all'improvviso la bocca dopo aver gonfiato d'aria le gote: cfr. ad es. Persio 5,13 dove l'interlocutore constata che il poeta non intende comporre versi magniloquenti e fragorosi, nec scloppo tumidas intendis rumpere buccas «e non tendi le guance rendendole gonfie per farle esplodere con uno scoppio»75. Poggiano sulla forma protoromanza scloppu(m) due allotropi che si distinguono non tanto per diversità di registro quanto perché l'uno appartiene alla lingua comune, l'altro a una lingua tecnica. scoppio ['skçppjo] risale alla forma con metatesi *scopplu(m) in cui la laterale è passata dalla prima alla seconda sillaba: il gruppo costituito da fricativa alveolodentale + occlusiva dorsovelare sorde davanti a vocale non palatale si è conservato; [o] tonico in sillaba chiusa ha il regolare esito [ç]; nel gruppo costituito da occlusiva bilabiale sorda + laterale la laterale si palatalizza in semiconsonante anteriore, che forma un dittongo con la vocale successiva. In schioppo ['skjçppo], che designa un'arma da fuoco portatile, nella sequenza iniziale di fricativa alveolodentale + occlusiva dorsovelare sorda + laterale la laterale si palatalizza in semiconsonante anteriore, che forma un dittongo con la vocale successiva, mentre [o] tonico in sillaba chiusa ha il regolare esito [ç].

74 striga si connette con strix strigis, che designa un uccello notturno simile al gufo e dal verso inquietante, di cui si credeva che donne malvage, maleficae mulieres e uolaticae 'in grado di volare' come le definisce Festo (p.414,25s. Lindsay), potessero assumere l'aspetto per accostarsi alle culle dei bambini, dilaniarli e succhiarne il sangue oppure provocarne la morte allattandoli con una sorta di succo velenoso. La credenza è testimoniata da Ovidio (fast. 6,131-154) che racconta come il piccolo Proca, destinato a regnare su Alba Longa, nei suoi primi giorni di vita avesse subito l'aggressione delle striges e sarebbe morto senza l'intervento tempestivo di una divinità benefica. Ovidio connette il nome di questi rapaci con stridere o stridere (v.139s. est illis strigibus nomen; sed nominis huius | causa, quod horrendum stridere nocte solent «hanno il nome di strigi e il motivo di questo nome è che di notte hanno l'abitudine di emettere orrende strida»); ma questo etimo è contraddetto sia dal consonantismo – un'alveolodentale sonora nel tema verbale e una dorsovelare sonora nel tema nominale – sia dalla quantità della vocale radicale, lunga nel verbo e incerta nel sostantivo. Il consonantismo del tema nominale e la quantità breve della vocale radicale trovano conferma nella forma parallela striga, non è noto se formata per passaggio popolare dai temi in consonante ai temi in -a- o derivata dall'accusativo – peraltro non attestato – *strivga del termine greco corrispondente a strix. 75 Mentre nelle edizioni di Persio di norma è accolta la forma scloppus, stloppus ricorre nel grammatico Prisciano attivo tra V e VI secolo (GL 2,43,3) e nei glossari della tarda antichità ed è la forma sia segnalata da Leumann (19265 [= 1977] §193) per esemplificare l'evoluzione del gruppo consonantico iniziale arcaico [stl] in [l] del latino classico sia discussa da Pisani (1936 p.216s.) accanto ad altre forme con il medesimo gruppo iniziale consonantico che sono state continuate nelle lingue romanze.

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3.3.4.3. In posizione iniziale il gruppo costituito da fricativa alveolodentale sorda + laterale [sl], presente soprattutto in parole di origine straniera, è stato latinizzato con l'epentesi di un'occlusiva dorsovelare sorda in [skl]: per questo motivo si è verificata l'evoluzione di slauu(m) in sclauu(m). Dalle due forme risultano tre allotropi: da slauu(m) slavo per tradizione dotta; da sclauu(m), poiché la laterale si palatalizza in semiconsonante anteriore, per tradizione diretta schiavo ['skjavo] e ciao ['tSao], che si è diffuso in tutta Italia e anche fuori d'Italia come saluto confidenziale nella seconda metà del novecento. Mentre sotto il profilo fonetico l'evoluzione di slauus in sclauus non presenta difficoltà, sotto il profilo semantico il passaggio da 'slavo' a 'schiavo' rinvia ai complessi rapporti militari e commerciali tra le popolazioni europee nell'alto medioevo. Per designare gli individui provenienti dall'Europa orientale, con cui gli abitanti dell'Italia hanno potuto essere in contatto dalla fine del VI secolo, si è usato in latino slauus, documentato più volte come etnico ad es. nella historia Langobardorum di Paolo Diacono intorno alla seconda metà dell'VIII secolo nella forma sclauus, dedotta dal bizantino sklavbo~, che peraltro già nel greco del VI secolo aveva assunto il significato di 'schiavo'. Ma nei documenti di area italiana le persone di condizione servile continuano a essere designate, con rarissime eccezioni circoscritte per di più alla Puglia, mediante seruus e ancilla o mancipium fino al XIII secolo, quando sclauus e sclaua prima diventano concorrenti e poi prevalgono sulla terminologia tradizionale. Per contro nei documenti di area germanica a partire dalla fine dell'VIII secolo, quando la sottomissione dei popoli slavi confinanti aveva causato la riduzione in schiavitù e il commercio su vasta scala di innumerevoli Slavi, sclaui ricorre sia come etnico sia – anche se per lo più accanto a seruus o ad ancilla – per indicare individui di origine slava e di condizione servile. Poiché tra il X e l'XI secolo le regioni germaniche cessano di rientrare negli itinerari del commercio degli schiavi e gli Slavi dei territori colonizzati si sono ormai assimilati agli indigeni, l'uso di sclauus nell'accezione di 'schiavo' diventa sempre più raro nell'Europa centro settentrionale. Esso riemerge nel XIII secolo in Italia, dove si sviluppa con intensità crescente il commercio di schiavi di etnia slava dalle regioni sud orientali dell'Europa e dalle rive del mar Nero. Pertanto all'evoluzione semantica della parola risultano sottese due circostanze storiche, da un lato il fatto che tra i popoli europei sono stati gli Slavi a fornire la maggiore quantità di schiavi, dall'altra lo spostamento del centro della tratta degli schiavi dal territorio germanico al territorio italiano76. Poiché nei dialetti dell'Italia settentrionale e in particolare in veneziano schiavo subiva sia la palatalizzazione iniziale (> ['stSavo]) sia il dileguo della fricativa labiodentale sonora intervocalica (> ['stSao]), si è formato ciao, con eliminazione della fricativa iniziale per il carattere inconsueto della sequenza di fricativa alveolodentale + affricata palatoalveolare sorde. Non è possibile precisare quando la parola schiavo abbia cominciato a essere usata come saluto cortese, all'incirca 'servo suo', nel settentrione; si può constatare soltanto che come formula di congedo rispettoso schiavo è attestato in Goldoni77.

76 Cfr. Aebischer 1936 e Verlinden 1942. 77 Sulla storia di ciao cfr. Alinei 1991 e le precisazioni di Giacomelli 1991 p.29s.; Tuttle 1991 pp.41-44; Sanga 1992 p.189.

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3.3.5. Occlusiva alveolodentale sonora + semiconsonante anteriore Di norma il gruppo costituito da occlusiva alveolodentale sonora + semiconsonante anteriore [dj] si evolve nell'affricata palatoalveolare sonora [dZ]. Ad es. a diurnu(m tempus) risalgono due allotropi. Per tradizione diretta attraverso *djurnu(m) con evoluzione di [i] in iato nella semiconsonante anteriore giorno ['dZorno], in cui l'occlusiva alveolodentale sonora seguita dalla semiconsonante anteriore si palatalizza e [u] tonico ha il regolare esito [o]78; per tradizione dotta diurno ['djurno] in cui [i] in iato si evolve in semiconsonante formando un dittongo con la vocale tonica, che mantiene il proprio timbro, senza palatalizzare l'occlusiva precedente. Non sono trasmesse oralmente parole quali diavolo < diabolus o diacono < diaconus per quanto frequenti nell'italiano antico79. 3.4. Gruppi consonantici in posizione interna 3.4.1. Occlusiva o fricativa labiodentale + laterale All'interno di parola i gruppi consonantici costituiti dalle occlusive bilabiali e dorsovelari sorda e sonora o dalla fricativa labiodentale sorda + laterale [pl bl kl gl fl] nelle forme trasmesse oralmente di norma hanno subito una palatalizzazione per l'evoluzione in semiconsonante anteriore della laterale. Il fenomeno coinvolge anche il gruppo costituito da occlusiva alveolodentale sorda + laterale, nel quale già in latino l'alveolodentale si era trasformata in dorsovelare. Di norma l'occlusiva si gemina dopo vocale, mentre è scempia dopo consonante. Peraltro non mancano risultati diversi, spesso causati dal contatto tra diverse tradizioni linguistiche. Anche in questo caso alla palatalizzazione della laterale nelle forme trasmesse oralmente si oppone la conservazione della laterale nelle forme dotte. 3.4.1.1. A duplu(m) risale doppio ['doppjo] con regolare esito [o] di [u] tonico e regolare evoluzione della laterale in semiconsonante anteriore nel nesso con l'occlusiva bilabiale sorda; l'occlusiva postvocalica si gemina e la semiconsonante forma dittongo con la vocale che segue. Al corradicale duplice(m) risale duplice ['duplitSe] il cui carattere colto risulta dalla riproduzione del vocalismo del modello e dalla conservazione del gruppo consonantico interno; peraltro l'occlusiva dorsovelare sorda davanti a vocale palatale si evolve in affricata palatoalveolare sorda. exemplu(m) è all'origine dei due allotropi scempio ['Sempjo] 'strazio, massacro' quale punizione esemplare ed esempio [e'zEmpjo], in cui il trattamento del gruppo consonantico interno in posizione postconsonantica è identico mentre varia quello del preverbo ex. In scempio si verifica l’aferesi e la consonans duplex <x> = [ks] davanti a vocale palatale si palatalizza in fricativa palatoalveolare sorda; [e] tonico in sillaba chiusa ha l'anomalo esito [e]; nel gruppo consonantico la laterale si palatalizza in semiconsonante anteriore che forma

78 Cfr. la polemica sulla derivazione di giorno tra Merlo (1955-1956 p.186), che deduce direttamente la forma da diurnum, e Bonfante (1957 p.343s.), che la ritiene introdotta in italiano dal provenzale jorn. Con Bonfante è in accordo Castellani (1987 p.12s.). 79 Su diacono, grecismo < diavkono~ che nell'accezione tecnica di 'coadiutore di un sacerdote' ha sostituito in latino il generico minister, cfr. Tagliavini 1963 p.284.

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dittongo con la vocale successiva e l'occlusiva postconsonantica non si gemina. In esempio non si verifica l'aferesi e la consonans duplex si risolve in fricativa alveolodentale, sonora in quanto intervocalica, mentre [e] protonico e tonico in sillaba chiusa hanno il regolare esito [e] e [E]. Di carattere dotto è l'aggettivo esemplare [ezem'plare] < exemplare(m), in cui [e] protonico ha il regolare esito [e], <x> si risolve in fricativa alveolodentale, sonora in quanto intervocalica, e il gruppo consonantico interno si conserva. A replicare risalgono per tradizione diretta ripiegare [ripje'gare] e per tradizione dotta replicare [repli'kare]. Mentre l'allotropo colto riproduce senza variazioni il modello, in quello trasmesso oralmente il gruppo consonantico dopo il preverbo ha il medesimo esito che in posizione iniziale: la laterale si palatalizza in semiconsonante anteriore e l'occlusiva bilabiale sorda, sebbene postvocalica, non si gemina nel composto; [i] protonico ha il regolare esito [e] e l'occlusiva dorsovelare sorda intervocalica subisce la lenizione. Una forma diretta e una forma dotta derivano dai due corradicali sinonimici simplu(m) e simplice(m). Dal primo si ottiene scempio ['Sempjo] con palatalizzazione della fricativa aleolodentale sorda in palatoalveolare sorda, regolare esito [e] di [i] tonico ed evoluzione della laterale in semiconsonante anteriore che forma dittongo con la vocale seguente; dal secondo semplice ['semplitSe] che riproduce il modello con due varianti: [i] tonico, che nell'italiano antico conservava timbro [i], ha il regolare esito [e] e l'occlusiva dorsovelare sorda a contatto con una vocale palatale diventa affricata alveolopalatale sorda. Mentre templu(m) è continuato regolarmente da tempio ['tEmpjo], con evoluzione di [e] tonico in sillaba chiusa in [E] e della laterale in semiconsonante anteriore che forma dittongo con la vocale successiva80, il composto contemplari è continuato per trasmissione dotta da contemplare [kontem'plare], che si attiene al prototipo. Sotto il profilo semantico il rapporto tra templum e contemplari è chiarito dall'accezione originaria del sostantivo, che designava uno spazio quadrangolare individuato dagli auguri in cielo per osservare all'interno di esso i presagi; la designazione di questa zona è stata in seguito applicata al terreno consacrato agli dei e all'edificio edificato per il culto81. Talvolta il gruppo consonantico occlusiva bilabiale sorda + laterale si forma in seguito alla sincope della vocale postonica. Ad es. da copula(m) risulta per tradizione dotta copula ['kçpula] 'unione' che riproduce il modello e il cui carattere colto è confermato dall'esito [ç] di [o] tonico; per tradizione diretta coppia ['kçppja] 'paio' in cui, accanto all'insolito esito [ç] della vocale tonica, si registra l'evoluzione tipica delle forme orali del gruppo consonantico, con geminazione dell'occlusiva in posizione postvocalica. 3.4.1.2. In genere il gruppo formato da occlusiva bilabiale sonora + laterale si produce in posizione intervocalica in seguito a una sincope, ad es. a nebula(m) attraverso *nebla(m) risale nebbia ['nEbbja], in cui [e] tonico in sillaba chiusa ha il regolare esito [E]; nel gruppo consonantico la laterale si palatalizza in semiconsonante anteriore che forma dittongo con

80 Costituisce un latinismo il plurale comunemente usato templi, prevalso per distinguere il plurale di tempio dal plurale di tempo. 81 Cfr. Varrone ling. 7,6-8.

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la vocale successiva, mentre in posizione postvocalica l’occlusiva si gemina. Dall'aggettivo nebulosu(m) risulta nebuloso [nebu'lozo], forma dotta in cui [u] protonico mantiene il proprio timbro, mentre [o] tonico ha il regolare esito [o] e la fricativa alveolodentale sorda intervocalica si sonorizza. In astronomia già prima di Galileo si definiva nebulosa un ammasso di materiale e di corpi celesti lontani, di cui non si scorge che la luminosità confusa. Su nebbia con il medesimo suffisso -osus di nebuloso si è formato nebbioso [neb'bjozo]. In modo analogo da fibula(m) attraverso fibla(m) si ottiene fibbia ['fibbja], in cui [i] tonico ha il regolare esito [i], mentre la laterale si palatalizza in semiconsonante anteriore che forma un dittongo con la vocale successiva e in posizione postvocalica l'occlusiva bilabiale si gemina. E ancora da stabulu(m) 'stalla' attraverso *stablu(m) risulta stabbio ['stabbjo], che designa il recinto dove di notte si chiudono le mandrie al pascolo. Anche in questa forma la laterale si palatalizza in semiconsonante anteriore e l'occlusiva bilabiale in posizione postvocalica si gemina82. Denominativo di tribulum 'trebbia' è tribulare da cui attraverso *triblare deriva trebbiare [treb'bjare], con inconsueto esito [e] di [i] protonico, regolare palatalizzazione della laterale in semiconsonante anteriore che forma un dittongo con la vocale successiva e geminazione dell'occlusiva in posizione postovocalica. Soprattutto nella lingua della chiesa il verbo si è diffuso in accezione metaforica, con il valore causativo di 'infliggere sofferenze' o riflessivo di 'penare'; questi valori si conservano nell'allotropo dotto tribolare, in cui [i] e [u] protonici hanno l'esito regolare [i] e [o] e non si verifica la sincope di [u]. 3.4.1.3. Anche il gruppo costituito da occlusiva dorsovelare sorda + laterale spesso, ma non sempre, risulta da una sincope; invece essa è sempre la causa della sequenza formata da occlusiva alveolodentale sorda + laterale, inconsueta in latino e perciò identificata con il gruppo precedente. Ad es. Alla forma monottongata e sincopata del diminutivo di auris, au9ricula(m) > oricula(m) > oricla(m) censurata dall'anonimo autore dell'appendix Probi83, risale orecchia [o'rekkja] con regolare esito [o] di [o] protonico e [e] di [i] tonico, palatalizzazione della laterale in semiconsonante anteriore che forma dittongo con la vocale seguente e in posizione postvocalica geminazione dell'occlusiva dorsovelare sorda; dall'aggettivo au9riculare(m) risulta per tradizione dotta auricolare [au9riko'lare], che riproduce il modello con una sola variante dovuta forse a dissimilazione: il regolare esito [o] di [u] protonico. Su orecchia, usato nell'italiano antico anche come plurale (le orecchia) e inteso erroneamente come risultato di un neutro, si è rifatto un singolare orecchio. Direttamente da circulu(m) si ottengono due allotropi: da *circlu(m) con sincope di [u] postonico cerchio ['tSerkjo], con regolare palatalizzazione a contatto con vocale palatale dell'occlusiva dorsovelare sorda in affricata palatoalveolare sorda, esito [e] di [i] tonico, evoluzione della laterale in semiconsonante anteriore che forma dittongo con la vocale seguente; dalla forma integra circolo ['tSirkolo], che si differenzia dal prototipo sia per la 82 stalla è di origine germanica: cfr. Migliorini 19634 p.77s. e Castellani 1985 p.12. 83 Cfr. GL 4,198,11 auris non oricla.

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palatalizzazione dell'occlusiva iniziale sia per il regolare esito [o] di [u] postonico. Sebbene entrambi i risultati condividano il significato geometrico di 'circonferenza', soltanto circolo si applica a un'associazione di persone. L'aferesi e il conseguente scempiamento dell'occlusiva dorsovelare sorda iniziale, la palatalizzazione della laterale e la lenizione dell'affricata alveolodentale sorda intervocalica si registrano nel passaggio da ecclesia(m) a chiesa ['kjEza], in cui [e] tonico ha esito [E] a contatto con la semiconsonante anteriore, mentre [i] in iato non si evolve in semiconsonante anteriore ma dilegua per dissimilazione. Di fronte alla trasmissione orale del sostantivo si colloca quella dotta dell'aggettivo ecclesiastico [ekkle'zjastiko] < ecclesiasticu(m), che diverge dall'originale soltanto per la sonorizzazione della fricativa alveolodentale sorda intervocalica e la riduzione a semiconsonante anteriore di [i] in iato84. A masculu(m), diminutivo di mas, risale attraverso la forma sincopata masclu(m), che l'appendix Probi condanna85, maschio ['maskjo]: la laterale si evolve in semiconsonante anteriore che forma dittongo con la vocale successiva e l'occlusiva dopo consonante non si gemina. Mentre su maschio è formato l'aggettivo maschile [mas'kile], dalla forma non sincopata masculinu(m) deriva mascolino [masko'lino] in cui [u] protonico e [i] tonico hanno il regolare esito [o] e [i] e l'occlusiva dorsovelare sorda davanti a vocale non palatale mantiene la propria articolazione. Da oculu(m) attraverso la forma sincopata oclu(m), anch'essa condannata dall'autore dell'appendix Probi86, deriva occhio ['çkkjo] in cui [o] tonico in sillaba chiusa ha il regolare esito [ç], la laterale si evolve in semiconsonante anteriore che forma dittongo con la vocale successiva, l'occlusiva in posizione postvocalica si gemina. La forma non sincopata è sottesa agli aggettivi dotti oculare [oku'lare] < oculare(m) e oculato [oku'lato] < oculatu(m) che riproducono il modello latino. Direttamente a ranu(n)culu(m) risalgono due allotropi che hanno assunto significati privi di rapporto. Dalla variante *ranuclu(m) priva di nasale preconsonantica e sincopata deriva ranocchio [ra'nçkkjo], con esito [ç] di [u] tonico, che forse presuppone il mutamento in -oclus del suffisso -uclus, palatalizzazione della laterale in semiconsonante anteriore che forma dittongo con la vocale seguente e geminazione dell'occlusiva dorsovelare sorda in posizione postvocalica87. Dalla forma integra deriva ranuncolo [ra'nunkolo], fedele al modello. Alla frequente duplicità di risultati causata dai modi della trasmissione si somma il fenomeno della lenizione nel caso di spiculu(m) 'punta' soprattutto di un'arma. Per via orale 84 ecclesia riproduce ejkklhsiva che vale 'assemblea' e nel greco biblico assume il valore di 'assemblea dei fedeli' nell'accezione sia circoscritta di 'adunanza periodica' sia generale di 'unione di tutti i credenti'. Ma già nei testi patristici greci e latini è attestato il senso concreto di 'luogo di riunione, edificio destinato al culto': cfr. Tagliavini 1963 pp.271-273. Sulla concorrenza di basilica ed ecclesia nell'accezione di 'edificio di culto' cfr. Aebischer 1963 e 1965. 85 Cfr. GL 4,197,20 masculus non masclus. 86 Cfr. GL 4,198,18 oculus non oclus. 87 Sulla distribuzione sul territorio italiano delle forme rana, (g)ranocchio e (g)ranocchia cfr. Jud 1926 pp.298-304.

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ne risulta spicchio ['spikkjo] attraverso la forma sincopata *spiclu(m): [i] tonico ha il regolare esito [i], la laterale si evolve in semiconsonante anteriore che forma dittongo con la vocale seguente, l'occlusiva dorsovelare sorda in posizione postvocalica si gemina. Per via colta ne risulta spigolo, con lenizione in sonora dell'occlusiva dorsovelare sorda intervocalica. All'evoluzione del gruppo originario [tl] risalgono gli esiti di rotulu(m). Per la sincope di [u] postonico si ottiene *roclu(m) > rocchio ['rçkkjo] 'segmento cilindrico di colonna': nella forma [o] tonico in sillaba chiusa ha il regolare esito [ç], mentre la laterale si evolve in semiconsonante anteriore che forma dittongo con la vocale seguente e l'occlusiva dorsovelare in posizione postvocalica si gemina. In rotolo ['rçtolo] dall'arcaico ruotolo ['rwçtolo] la sincope non si verifica e il dittongo [wç], esito regolare della vocale tonica in sillaba aperta, si semplifica in [ç]. In alcune forme il risultato di laterale dorsopalatale, di origine se non antico francese o provenzale almeno nord occidentale, del gruppo consonantico subentra o si affianca al risultato di occlusiva dorsovelare sorda + semiconsonante anteriore. Ad es. articulu(m), diminutivo di artus con il valore di 'articolazione, giuntura', si evolve per tradizione diretta attraverso il sincopato *articlu(m) in artiglio [ar'ti¥¥o], in cui [i] tonico conserva timbro [i] a contatto con un fonema palatale e il gruppo occlusiva dorsovelare sorda + laterale si trasforma in laterale dorsopalatale, intensa in posizione intervocalica88. La forma non sincopata si conserva nell'allotropo dotto articolo [ar'tikolo], in cui mentre [u] postonico ha il regolare esito [o], [i] tonico ha l’anomalo esito [i]. Molteplici sono le accezioni di articolo: in grammatica designa una parte del discorso; applicato a un testo normativo un comma; riferito a una dottrina una tesi fondamentale; nel linguaggio giornalistico con un anglicismo uno scritto redatto per un quotidiano o un periodico; nel commercio con un francesismo una merce messa in vendita. Soltanto con l'esito dotto si collega l'aggettivo articolare [artiko'lare] < articulare(m) con regolare evoluzione in [o] di [u] protonico, che significando 'relativo alle articolazioni' recupera il valore originario del latino articulus. A due allotropi il cui valore pare del tutto privo di rapporto dà origine cuniculu(m). Dalla forma sincopata *cuniclu(m) si ottiene coniglio [ko'ni¥¥o] in cui [u] protonico e [i] tonico hanno il regolare esito [o] e [i] rispettivamente, l'occlusiva dorsovelare sorda iniziale si conserva davanti a vocale velare e all'interno in combinazione con la laterale si evolve in laterale dorsopalatale, intensa in posizione intervocalica89. Dalla forma integra e per tradizione dotta risulta cunicolo [ku'nikolo], in cui le occlusive dorsovelari sorde iniziale e interna davanti a vocale velare si conservano, [u] protonico ha il frequente esito [u], mentre [i] tonico e [u] postonico hanno il regolare esito [i] e [o] rispettivamente.

88 Migliorini (19634 p.172) rileva che il termine si è diffuso in Italia in concomitanza con la moda di origine provenzale della caccia con il falcone. Per contro Castellani (1987 p.20) è dell'avviso che artiglio, sebbene appartenga al lessico della falconeria, provenga non dal francese antico o dal provenzale dove la forma significava 'alluce', ma dall'Italia nord occidentale, dove occlusiva dorsovelare sorda + laterale si risolvono in laterale dorsopalatale. 89 Castellani (1987 p.11) attribuisce a coniglio provenienza dal francese antico o dal provenzale.

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A speculu(m) attraverso la forma sincopata *speclu(m) risale specchio ['spEkkjo] in cui [e] tonico in sillaba chiusa ha il regolare esito [E], la laterale si evolve in semiconsonante anteriore che forma dittongo con la vocale seguente e l'occlusiva dorsovelare sorda in posizione postvocalica si gemina. La forma sincopata è sottesa anche a speglio ['spE¥¥o] di probabile provenienza provenzale, in cui il gruppo consonantico interno si muta in laterale dorsopalatale, intensa in posizione intervocalica. Sulla forma integra si forma l'aggettivo speculare(m), da cui deriva speculare [speku'lare] del tutto aderente al modello. A uetus, che dall'originaria funzione di sostantivo e dall'originario significato di 'anno' (cfr. Ûe[toı), assume funzione di aggettivo e significato di 'vecchio'90, risale vieto ['vjEto], all'incirca 'che ha perso ogni valore e interesse', in cui la semiconsonante velare si rinforza in fricativa labiodentale sonora e [e] tonico in sillaba aperta ha il regolare esito dittongato. Il diminutivo uetulu(m) a causa della sincope della vocale postonica si evolve in *uetlu(m) > ueclu(m), biasimato dall'autore dell’appendix Probi91: alla forma censurata risale vecchio ['vEkkjo] in cui la semiconsonante posteriore si rinforza in fricativa labiodentale sonora, [e] tonico in sillaba chiusa ha il regolare esito [E], la laterale si palatalizza in semiconsonante anteriore che forma dittongo con la vocale successiva, l'occlusiva dopo vocale si gemina92. Con vecchio convive nell'italiano antico e poi nella lingua poetica veglio ['vE¥¥o] mediato dal provenzale93, in cui il gruppo consonantico si palatalizza in laterale dorsopalatale, sempre intensa in posizione intervocalica. Un risultato inatteso si ottiene per tradizione diretta da spatula(m), diminutivo di spat(h)a > spada con deaspirazione e lenizione dell'occlusiva alveolodentale sonora intervocalica. Alla forma integra risale spatola con regolare esito [o] di [u] postonico, mentre alla forma sincopata *spatla(m) > *spacla(m) risale spalla in luogo del regolare *spacchia ['spakkja]94. 3.4.1.4. L'esito del gruppo costituito da occlusiva dorsovelare sonora + laterale diverge in base alla posizione intervocalica o postconsonantica: nel primo caso esso si risolve in laterale dorsopalatale geminata, nel secondo in occlusiva dorsovelare sonora + semiconsonante anteriore. Ad es. Da coagulu(m), da cui per tradizione dotta deriva coagulo [ko'agulo], che riproduce il modello nell'accezione di 'grumo rappreso' in un liquido, soprattutto sangue, per tradizione dirretta risulta caglio ['ka¥¥o]. Nella forma [ka] costituisce la riduzione di [kwa], attestato nella variante quaglio, e risultato regolare di [koa] in quanto [o] protonico spesso si chiude in [u] che a contatto con un'altra vocale, in questo caso con [a] tonico, assume statuto di

90 I motivi e le modalità dell’evoluzione sono ricostruiti in modo persuasivo da Bernardi Perini 1981. 91 Cfr. GL 4,197,20s. utelulus non ueclus. 92 Sulla sostituzione delle forme derivate da uetulus a quelle derivate da uetus nel latino medioevale cfr. Aebischer 1944-1945, che dimostra come il fenomeno, iniziato in Toscana nel IX secolo, abbia completato la diffusione a tutto il territorio italiano nel XII secolo. 93 Cfr. D'Ovidio 1892-1984 p.386. 94 In origine spatula si applicava per affinità di forma all'articolazione delle zampe anteriori del maiale (spatula porcina). Sull'evoluzione semantica, che considera antica, cfr. Coseriu 1968 p.53s.

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semiconsonante velare. In seguito alla sincope di [u] postonico in *coaglu(m) il gruppo formato da occlusiva dorsovelare sonora + laterale in posizione intervocalica si evolve in laterale dorsopalatale intensa. Il termine è un derivato di cogere < co-agere, che dai valori di 'condurre insieme, riunire in un unico luogo, raccogliere' assume nella lingua rurale quello di 'condensare, ispessire' e, nella tecnica della fabbricazione dei formaggi, 'cagliare'. A cingula(m) attraverso *cingla(m) risale cinghia ['tSiNgja], in cui l'occlusiva dorsovelare sorda iniziale a contatto con una vocale palatale si palatalizza in affricata palatoalveolare sorda; [i] tonico a contatto con nasale velare conserva il proprio timbro; per la sincope di [u] postonico nella sequenza di occlusiva dorsovelare sonora e laterale la laterale si palatalizza in semiconsonante anteriore, che forma un dittongo con la vocale successiva. Di tradizione dotta è cingolo ['tSiNgolo], che deriva dal neutro cingulu(m) e designa il cordiglio con cui il sacerdote si cinge la tunica; peraltro nella forma l'occlusiva iniziale si palatalizza e [u] postonico ha il regolare esito [o]. Da tegula(m) attraverso la forma sincopata *tegla(m) risulta teglia ['te¥¥a] in cui [e] tonico ha il regolare esito [e] e il gruppo occlusiva dorsovelare sonora + laterale in posizione intervocalica si evolve in laterale dorsopalatale, sempre intensa. Se la sincope non si verifica si ottiene tegola, con regolare esito [e] e [o] di [e] tonico e di [u] postonico. A uigilare risalgono per tradizione diretta attraverso *uiglare vegliare [ve¥'¥are] e per tradizione dotta vigilare [vidZi'lare]95. In entrambe le forme la semiconsonante velare si rafforza in fricativa labiodentale sonora; nella prima [i] iniziale ha il regolare esito [e] e, poiché [i] seguente protonico subisce la sincope, l'occlusiva dorsovelare sonora e la laterale in contatto si evolvono in laterale dorsopalatale, sempre intensa in posizione intervocalica; nella seconda fedele al modello l'occlusiva dorsovelare sonora davanti a vocale palatale si palatalizza in affricata palatoalveolare sonora. Da ungula(m) attraverso la forma sincopata *ungla(m) derivano nell'italiano antico ugna ['u¯¯a] e in quello contemporaneo unghia ['uNgja]. Nell'esito arcaico il gruppo consonantico interno si evolve in nasale dorsopalatale, geminata in posizione intervocalica, e davanti a un fonema palatale [u] ha esito [u]. Nella forma in uso [u] tonico conserva il proprio timbro per influenza della forma arcaica, mentre il gruppo consonantico interno si evolve in nasale velare + occlusiva dorsovelare sonora + semiconsonante anteriore. Di tradizione dotta è l’aggettivo ungulato [uNgu'lato] < ungulatu(m), applicato a una classe di mammiferi con unghia a zoccolo, che riproduce senza mutamenti il modello. 3.4.1.5. Il gruppo interno costituito da fricativa labiodentale sorda + laterale, raro in latino, si conserva nelle forme di trasmissione colta, ad es. reflexu(m) > riflesso [ri'flEsso], in cui [i] protonico ha il frequente esito [i], [e] tonico in sillaba chiusa ha il regolare esito [E], la consonans duplex <x> = [ks] si evolve in fricativa alveolodentale sorda geminata. Nelle forme di trasmissione orale la laterale del gruppo si palatalizza in semiconsonante anteriore, ad es. conflatu(m) > gonfiato [goM'fjato] in cui l'occlusiva dorsovelare sorda si lenisce in sonora, [o] protonico ha il regolare esito [o], la nasale a contatto con la fricativa 95 Il latinismo vigilare è attestato dal trecento: cfr. Migliorini 19634 p.237s.

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labiodentale si assimila ad essa, la laterale si palatalizza in semiconsonante anteriore che forma dittongo con la vocale tonica96. Per quanto il gruppo sia raro, produce alcuni allotropi, ad es. A inflatione(m) attraverso *inflatjone(m) con la consueta evoluzione di [i] in iato in semiconsonante anteriore risalgono il tecnicismo medico enfiagione [eMfja'dZone] 'gonfiore, tumefazione' e il tecnicismo finanziario inflazione [iMflat'tsjone] di origine americana97. In entrambe le forme la nasale a contatto con la fricativa labiodentale si assimila ad essa e [o] tonico ha il regolare esito [o]. Per contro [i] del preverbo ha esiti difformi e soprattutto diverge il trattamento dei gruppi consonantici: nel primo allotropo la laterale che segue la fricativa si evolve in semiconsonante anteriore che forma dittongo con la vocale seguente e il nesso formato da occlusiva alveolodentale sorda + semiconsonante anteriore ha l'esito prevalente nei dialetti settentrionali di affricata palatoalveolare sonora; nel secondo allotropo di carattere dotto il gruppo formato da fricativa + laterale si conserva, mentre l'occlusiva alveolodentale sorda a contatto con semiconsonante anteriore ha l'esito prevalente in toscano di affricata alveolodentale sorda, sempre intensa se intervocalica. 3.4.2. Occlusiva o fricativa labiodentale + vibrante In linea di massima i gruppi costituiti da occlusiva sorda e sonora o da fricativa labiodentale sorda + vibrante [pr br tr dr kr gr fr] si conservano. Tuttavia non di rado le occlusive sorde si leniscono: la bilabiale in fricativa labiodentale sonora, l'alveolodentale e la dorsovelare nell'occlusiva sonora corrispondente, mentre l'occlusiva dorsovelare sonora può dileguarsi; l'occlusiva bilabiale sonora o dilegua o secondo una tendenza contraria assume un'articolazione intensa. Ad es. Nei composti con sopra < supra, in cui [u] tonico ha il regolare esito [o], il consonantismo originario si conserva in forme quali sopralluogo98, soprattutto ecc., mentre l'occlusiva bilabiale sorda si lenisce in fricativa labiodentale sonora in forme quali sovrappeso, sovrumano ecc.99.

96 Come nel caso di chinato > chino, così per una sorta di sincope da gonfiato proviene gonfio ['goMfjo] in cui, sebbene [o] sia tonico, ha esito [o] per analogia con l'aggettivo-participio da cui si forma: cfr. Migliorini 19634 p.414. 97 Mentre Migliorini (19634 p.735) si limita a definire il termine anglolatinismo, Dardi 1984 ne ripercorre la storia: inflazione ha rare attestazioni nel trecento nel senso di 'gonfiore' e in un caso nel senso figurato di 'alterigia'; nell'accezione di 'deprezzamento della moneta', il cui valore nominale non corrisponde al valore reale dipendente dal tasso di metallo pregiato, è attestato in un economista italiano del settecento, che non si sa se introduca una metafora o usi una metafora istituzionalizzata. Il termine inflation diviene usuale in America nella prima metà dell'ottocento e si diffonde in Europa con i suoi derivati e opposti (deflazione ecc.) nel primo dopoguerra. La struttura latina dei neologismi ne rende agevole l'adattamento anche al di fuori dell'ambito economico. 98 Folena 1958 precisa che sopralluogo, dedotto dalla locuzione avverbiale sopra luogo, si è diffuso attraverso la lingua giuridica e burocratica a partire dal settecento. Il passaggio all'uso come sostantivo deve essersi verificato attraverso formule quali 'perizia, rilievo sopraluogo', cioè sul luogo, con successiva ellissi, avvenuta in concomitanza con la perdita della coscienza della funzione sintattica del nesso. 99 La geminazione della consonante iniziale del secondo elemento rientra tra i fenomeni di fonosintassi, cioè che si producono nella catena parlata alla giuntura tra unità semantiche. Quanto all'alternanza tra occlusiva bilabiale sorda e fricativa labiodentale sonora in sopra ~ sovra, Migliorini (19634 p.405 nota 1) riferisce il parere di Trissino, che raccomanda la forma con occlusiva perché «più al latino s'accosta».

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Mentre da libru(m) deriva libro, il cui carattere dotto risulta dall'aderanza al modello, a libra(m) risalgono due allotropi dal vocalismo comune, in quanto [i] tonico ha il regolare esito [i], ma distinti dal trattamento del gruppo consonantico interno: in libbra, unità di peso, la bilabiale si rafforza geminandosi; in lira, unità monetaria, di cui sono attestate le forme antiche livera con dissociazione del gruppo mediante una vocale epentetica e livra con lenizione, la bilabiale dilegua100. patronus derivato da pater designa in senso proprio il rappresentante legale, il protettore di individui o di collettività in sedi e circostanze ufficiali e per estensione semantica l'avvocato difensore. A patronu(m) risale per tradizione diretta padrone, in cui l'occlusiva alveolodentale sorda tra due articolazioni sonore, una vocale e una vibrante, per assimilazione si sonorizza; [o] tonico ha il regolare esito [o]; al tema in -o- latino subentra il tema in -e- in italiano con ogni probabilità per analogia con padre. Di tradizione dotta è patrono [pa'trçno], in cui l'occlusiva alveolodentale sorda si conserva e [o] tonico presenta l'esito [ç] caratteristico delle forme colte. Nell'uso contemporaneo il termine ricorre nelle accezioni di 'avvocato difensore', 'santo protettore', 'promotore' di un'iniziativa o di un'istituzione101. Il gruppo costituito da alveolodentale sonora + vibrante non subisce mutamenti: ad es. a cathedra(m) risale cattedra ['kattedra] in cui [e] postonico ha il regolare esito [e], l'occlusiva dorsovelare sorda davanti a vocale non palatale si conserva e l'occlusiva alveolodentale sorda si gemina, sia come avviene spesso nei parossitoni per rinforzare la sillaba tonica sia per riprodurre in qualche modo l'articolazione aspirata. A incredulu(m) risale per tradizione dotta incredulo [iN'krEdulo], il cui carattere colto risulta dalla riproduzione del vocalismo del modello e in particolare dall'esito [E] di [e] tonico; invece a macru(m) risale per tradizione diretta magro, con lenizione dell'occlusiva dorsovelare sorda in sonora. Mentre da nigru(m) derivano sia negro, in cui il gruppo consonantico si conserva, sia nero, in cui l'occlusiva dorsovelare sonora dilegua, con regolare evoluzione di [i] tonico in [e] in entrambe le forme, ben cinque allotropi provengono da integru(m) le cui molteplici accezioni si riconducono al valore etimologico di 'non toccato': per tradizione diretta si hanno le varianti intiero [in'tjEro], intero [in'tEro] e intero; per tradizione dotta l'arcaico intégro parossitono e l'usuale íntegro proparossitono. La forma parossitona è attestata ad es. in Dante Inf. 7,121-126 dove una categoria di peccatori accostata agli iracondi e condannata all'immersione nel fango della palude formata dallo Stige lamenta la propria colpa e la propria punizione. Virgilio ne riferisce la mesta cantilena e la commenta: «fitti nel limo dicon: "tristi fummo | nell'aere dolce che dal sol s'allegra, | portando dentro accidioso fummo: | or ci attristiam nella belletta negra". | Quest'inno si gorgoglian nella strozza, | ché

100 Tibiletti Bruno 1966 prende in esame la distribuzione di lira nelle regioni italiane. 101 Migliorini (19634 p.38) dalla constatazione che nell'Italia di età tardo imperiale patronus designava non tanto – come in età repubblicana – il 'difensore' o 'rappresentante legale' quanto il 'padrone' deduce come molti preferissero rinunciare alla libertà e ai conseguenti doveri fiscali e militari per diventare affittuari di ricchi proprietari terrieri.

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dir nol posson con parola integra». La diversa fisionomia degli allotropi si collega alla diversa posizione dell'accento, a propria volta coerente con la diversa sillabazione del gruppo muta cum liquida. Mentre alla forma ['integro] è sottesa la pronuncia proparossitona di integrum, una situazione contraddittoria emerge dalle forme arcaica [in'tegro] e toscana [in'tero] con [e] tonico, esito di [i], e dalle forme di tradizione diretta [in'tjEro] e [in'tEro]: in [in'tjEro] il dittongo [jE] rinvia a [e] in sillaba tonica aperta, in [in'tEro] [E] rinvia a [e] in sillaba tonica chiusa. Per chiarire questa varietà di risultati si può avanzare l'ipotesi che in latino a una fase più antica in cui il gruppo muta cum liquida non era unitario, e quindi il tipo integrum era sillabato in-teg-rum con la penultima sillaba chiusa e perciò tonica, sia subentrata in una fase successiva la consuetudine di considerare il gruppo unitario, e quindi di sillabare in-te-grum: poiché la penultima sillaba con vocale breve risultava aperta e perciò breve, l'accento veniva ritratto sulla terzultima. A livello sia popolare sia colto le pronunce proparossitona e parossitona sarebbero sempre convissute, prevalendo la prima in epoca classica, la seconda in età arcaica e tarda. Finché si è conservato il senso della quantità vocalica, la pronuncia come proparossitono era solidale con la sillabazione ín-te-grum e la pronuncia come parossitono con la sillabazione in-tég-rum; perdute nei secoli tardi la sensibilità alla quantità vocalica e al rapporto tra durata della penultima sillaba e posizione dell'accento, l'accentazione parossitona non è più stata avvertita come incompatibile con la sillabazione in-té-grum. Dietro gli esiti italiani di tradizione diretta, che presentano in comune a) l'accentazione sulla penultima sillaba; b) l'esito [i] di [i] protonico pressoché costante nel preverbo in-; c) il dileguo dell'occlusiva dorsovelare sonora nel gruppo consonantico interno, si ricostruiscono: 1) per [in'tjEro] la sillabazione in-te-grum che giustifica la dittongazione di [e] in sillaba aperta; 2) per [in'tEro] la sillabazione in-teg-rum che giustifica l'esito [E] di [e] in sillaba chiusa102. [e] del toscano [in'tero] e del dantesco [in'tegro] è spiegato dall'ipotesi che le forme poggino su *intigru(m), di cui non mancano attestazioni tarde103. Il gruppo costituito da fricativa labiodentale sorda + vibrante in genere non subisce mutamenti: ad es. da nau9fragiu(m) attraverso *nau9fragju(m) deriva per tradizione dotta naufragio [nau9'fradZo], in cui il dittongo protonico e il gruppo consonantico interno si conservano mentre dal nesso di occlusiva dorsovelare sonora + semiconsonante anteriore risulta l'affricata palatoalveolare sonora. 3.4.3. Occlusiva dorsovelare sonora e nasale Di norma il gruppo formato da occlusiva dorsovelare sonora + nasale alveolodentale si evolve in nasale dorsopalatale, sempre intensa in posizione intervocalica. Ad es. da agnellu(m), diminutivo di agnus, risulta agnello [a¯'¯Ello] con regolare esito [E] di [e] tonico; da cognomen, che nel sistema latino dei tria nomina, ad es. Gaius Iulius Caesar, indicava il nome della familia (Caesar) dopo quello della gens (nomen: Iulius) e quello personale (praenomen: Gaius), risulta cognome [ko¯'¯ome] con regolare esito [o] sia di [o] protonico sia di [o] tonico; da dignu(m) degno ['de¯¯o] con regolare esito [e] di [i] tonico;

102 Cfr. Timpanaro 1965 pp.1088-1097. 103 Cfr. Timpanaro 1965 pp.1100-1103. Che in integra del verso di Dante la pronuncia della vocale tonica sia chiusa è assicurato dalla rima con negra.

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da lignu(m) legno ['le¯¯o] con regolare esito [e] di [i] tonico, mentre da ligneu(m) si ottiene per tradizione dotta ligneo ['li¯¯eo] il cui vocalismo riproduce quello del prototipo mentre il gruppo consonantico si palatalizza; da pugnu(m) risulta pugno ['pu¯¯o] con esito [u] di [u] davanti alla palatale; da signu(m) deriva segno ['se¯¯o] con regolare esito [e] di [i] tonico. La nasale dorsopalatale costituisce il risultato, sebbene non regolare, anche della sequenza latina formata da nasale velare + occlusiva dorsovelare sonora + vocale palatale. Talvolta l'esito è stabile nella lingua nazionale, ad es. in spugna ['spu¯¯a] < spongia(m) attraverso *spongja(m) con riduzione a semiconsonante anteriore di [i] in iato: nella forma [o] tonico davanti alla palatale si chiude in [u] mentre la semiconsonante palatalizza l'occlusiva che a propria volta palatalizza e assorbe la nasale. Talvolta convivono due risultati, quello di nasale dorsopalatale intensa e quello di nasale dorsopalatale scempia + affricata palatoalveolare sonora: ad es. da *expingere risultano con aferesi e riduzione in posizione iniziale di <x> = [ks] a [s] sia spegnere ['spE¯¯ere] sia spengere ['spE¯dZere] con inconsueto esito [E] di [i] tonico e regolare esito [e] di [e] postonico. Talvolta la nasale dorsopalatale intensa risulta arcaica di fronte alla sequenza di nasale dorsopalatale scempia + affricata palatoalveolare sonora: ad es. da plangere 'percuotersi il petto' in segno di lutto il risultato usuale è piangere ['pja¯dZere] con regolare evoluzione in semiconsonante anteriore della laterale, mentre piagnere ['pja¯¯ere] si configura come un arcaismo tuttora vitale in alcuni dialietti104. In entrambe le varianti [e] postonico ha il regolare esito [e]. 3.4.4. Fricativa alveolodentale + occlusiva sorda 3.4.4.1. Di norma i gruppi costituiti dalla fricativa alveolodentale + occlusiva bilabiale o alveolodentale sorde [sp st] si conservano: ad es. vespa ['vEspa] < uespa(m) con regolare evoluzione della semiconsonante posteriore in fricativa labiodentale sonora e di [e] tonico in sillaba chiusa in [E]105; gusto < gustu(m) con esito [u] in luogo di [o] di [u] tonico per il carattere dotto della forma, che si è diffusa non nell'accezione propria di senso ma in quella metaforica di 'buon gusto'106. Il gruppo formato da fricativa alveolodentale + occlusiva dorsovelare sorda [sk] si palatalizza in fricativa palatoalveolare sorda [S] intensa a contatto con vocale palatale, rimane immutato in altri contesti: ad es. mentre da pisce(m) si ottiene pesce ['peSSe] con regolare esito [e] di [i] tonico, da piscatore(m) si ottiene pescatore [peska'tore] con regolare esito [e] di [i] protonico e [o] di [o] tonico. 3.4.4.2. Si conservano di norma immutati i gruppi costituiti da fricativa alveolodentale + occlusiva sorda + laterale o vibrante [spl spr str skr], ad es. resplendere > con mutamento di coniugazione e ritrazione dell'accento *resplendere > risplendere [ris'plEndere] con il frequente esito [i] di [e] protonico e il regolare esito [E] di [e] tonico in sillaba chiusa; 104 Sotto il profilo semantico, in cui si riflettono modalità più o meno composte di manifestare il dolore, piangere sostituisce flere 'versare lacrime, lamentarsi' e plorare 'emettere gemiti': cfr. Migliorini 19634 p.38. 105 Sulle denominazioni della vespa e del vespaio in territorio romanzo cfr. Bottiglioni 1922. 106 Il passaggio dalle sensazioni corporee all'ambito estetico si è verificato in Spagna e intorno al cinquecento gusto è stato accolto con questa nuova accezione in Italia: cfr. Migliorini 19643 p.398.

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exprimere > esprimere che riproduce il vocalismo del modello in quanto forma dotta e semplificazione di <x> = [ks] in fricativa alveolodentale sorda107; fenestra(m) > finestra [fi'nEstra] con il frequente esito [i] di [e] protonico e il regolare esito [E] di [e] tonico in sillaba chiusa; discretu(m) > discreto [dis'kreto] con il frequente esito [i] di [i] protonico e il regolare esito [e] di [e] tonico. 3.4.5. Nasale + fricativa alveolodentale Seguita da fricativa alveolodentale sorda la nasale alveolodentale, la cui articolazione era così debole in latino che nelle epigrafi consul è costantemente abbreviato COS. e che, a quanto riferisce un grammatico di età adrianea, Cicerone non la pronunciava108, dilegua nelle forme trasmesse oralmente. Ad es. da mensura(m) deriva misura [mi'zura] in cui [e] protonico ha l'anomalo esito [i] mentre [u] tonico ha il regolare esito [u]; nel gruppo consonantico la nasale dilegua e la fricativa in posizione intervocalica si sonorizza109. Ma dall'aggettivo immensu(m) 'non misurabile' proviene per trasmissione dotta immenso [im'mEnso], in cui il gruppo si conserva, mentre [e] tonico ha l’esito [E] frequente nelle forme colte. Analogamente a mense(m) risale mese ['meze] con regolare esito [e] di [e] tonico, semplificazione del gruppo consonantico e conseguente lenizione della fricativa alveolodentale; ma all'aggettivo mensile(m) risale mensile, in cui il gruppo consonantico si conserva e perciò la fricativa non si sonorizza, [e] protonico ha il regolare esito [e] e [i] tonico il regolare esito [i]. 3.4.6. Occlusiva dorsovelare + fricativa alveolodentale Il nesso costituito da occlusiva dorsovelare + fricativa alveolodentale sorde, notato in latino da <x>, non ha un risultato uniforme. 3.4.6.1. Poiché il carattere corrisponde alla sequenza [ks], in posizione intervocalica i due fonemi dovrebbero assimilarsi in fricativa alveolodentale geminata. E in effetti si tratta di un risultato frequente, ad es. Ai superlativi in -ximus corrispondono forme in -ssimo, quali massimo < maximu(m) con regolare esito [i] di [i] postonico, prossimo ['prçssimo] < proximu(m) con regolare esito [ç] di [o] tonico in sillaba chiusa e [i] di [i] postonico. Del pari a participi in -xus corrispondono forme in -sso, quali fisso < fixu(m) con regolare esito [i] di [i] tonico, flesso ['flEsso] < flexu(m) con regolare esito [E] di [e] tonico in sillaba chiusa e conservazione di

107 Il risultato del verbo, o piuttosto della variante *expremere modellata sul verbo semplice premere, per tradizione diretta è spremere ['sprEmere], con aferesi, riduzione di <x> a [s], esito [E] e non dittongato di [e] tonico in sillaba aperta forse per analogia con le forme in cui la sillaba iniziale risulta atona (ad es. spremiamo spremete), in cui peraltro [e] è chiuso. 108 Cfr. Velio Longo GL 7,79,1s. Cicero… foresia et Megalesia et hortesia sine n littera libenter dicebat «Cicerone preferiva pronunciare foresia [per forensia], Megalesia [per Megalensia], hortesia [per hortensia]». forensis è l'aggettivo di forum e allude alle attività che vi si svolgevano, in particolare la celebrazione di processi; Megalensia erano defininite le festività in onore della Magna Mater che si celebravano all'inizio di aprile; hortensis è l'aggettivo di hortus 'orto, giardino'. 109 Migliorini (19634 p.577) segnala che l'uso di misura nell'accezione di 'provvedimento' costituisce un calco semantico dal francese.

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carattere dotto del gruppo consonantico iniziale. Al di fuori di queste categorie di parole il risultato di fricativa alveolodentale geminata è frequente, ad es. A rixa(m) risale ressa ['rEssa] in cui l'anomalo esito [E] di [i] tonico è spiegato per l'influenza esercitata dal paronimo pressa ['prEssa] che si riconduce alla radice di premere110; a sexaginta risale sessanta attraverso la forma sincopata *sexanta con regolare esito [e] di [e] protonico; a toxicu(m) risale tossico ['tçssiko] con regolare esito [ç] di [o] tonico in sillaba chiusa e [i] di [i] postonico. Soltanto in forme dotte a <x> corrisponde la fricativa alveolodentale sonora. Ad es. da exau9ctorare deriva esautorare [esau9to'rare], in cui il dittongo si conserva e la sequenza delle due occlusive dorsovelare e alveolodentale sorde, in luogo di assimilarsi in alveolodentale geminata, dà luogo a una scempia. Da exercitu(m) deriva esercito [e'zErtSito], in cui le vocali si evolvono regolarmente, [e] protonico e tonico in sillaba chiusa rispettivamente in [e] e in [E], [i] postonico in [i] e l'occlusiva dorsovelare sorda davanti a vocale palatale diventa affricata palatoalveolare sorda111. Da exile(m) attraverso *exile(m), con correptio della vocale tonica e conseguente ritrazione dell'accento per analogia con altri aggettivi in -ilis proparossitoni, risulta esile ['Ezile] in cui nell'esito [E] si conserva traccia della chiusura originaria della sillaba divenuta tonica. Non contraddicono il risultato di fricativa alveolodentale geminata i casi in cui <x> trovandosi in posizione preconsonantica si risolve in fricativa scempia, ad es. Da expugnatione(m) attraverso *expugnatjone(m) deriva espugnazione [espu¯¯at'tsjone] in cui la consonans duplex a contatto con una consonante perde l'elemento velare; il gruppo formato da occlusiva dorsovelare sonora + nasale alveolodentale si risolve in nasale dorsopalatale, sempre intensa in posizione intervocalica; il gruppo costituito da occlusiva alveolodentale sorda + semiconsonante anteriore, esito di [i] in iato, si evolve in affricata alveolodentale sorda intensa. Regolare l'evoluzione di [o] tonico in [o]. A extorquere attraverso *extorquere con mutamento di coniugazione e ritrazione dell'accento risale estorcere [es'tçrtSere]: <x> a contatto con una consonante perde l'elemento velare, mentre sia [o] tonico in sillaba chiusa sia [e] protonico e postonico hanno il regolare esito [ç] e [e] rispettivamente. La labiovelare interna, notata in latino con il

110 Cfr. Salvioni 1899 p.105. L'allotropo dotto, che conserva il vocalismo del modello, è rissa. 111 Nei volgarizzamenti del duecento e dell'inizio del trecento, oltre che nelle opere originali in volgare, il termine che corrisponde a exercitus latino è il femminile oste. Le più antiche attestazioni di esercito valgono 'moltitudine, folla': cfr. ad es. Dante Inf. 18,28-30 dove il movimento dei peccatori in due direzioni opposte è paragonato al flusso dei pellegrini, che in occasione del giubileo del 1300 attraversavano ponte sant'Angelo procedendo sulla destra o sulla sinistra secondo la direzione verso o da san Pietro: «come i Roman per l'essercito molto | l'anno del giubileo, su per lo ponte | hanno a passar la gente modo colto». Soltanto verso la metà del trecento anche esercito, che convive con oste, assume il senso tecnico del termine latino: cfr. Maggini 1941.

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digramma <qu>, a contatto con vocale palatale non soltanto perde l'elemento labiale ma si palatalizza in affricata palatoalveoloare sorda. Dal tardo exclusione(m) attraverso *exclusjone(m) deriva esclusione [esklu'zjone] in cui <x> a contatto con una consonante perde l'elemento velare; il gruppo consonantico formato da occlusiva dorsovelare sorda + laterale si conserva per il carattere dotto della forma; davanti alla semiconsonante anteriore, esito di [i] in iato, la fricativa alveolodentale sorda si lenisce. Regolare l'evoluzione di [o] tonico in [o]. Quando a <x> segue occlusiva dorsovelare sorda + vocale palatale, la consonans duplex perde l'elemento fricativo, ad es. a excelsu(m) risale eccelso [et'tSElso] in cui [e] protonico e tonico in sillaba chiusa hanno l'esito regolare [e] e [E] rispettivamente, mentre le due occlusive dorsovelari del preverbo e del tema si palatalizzano in affricata palatoalveolare sorda intensa112. Il medesimo risultato si constata in eccipiente [ettSi'pjEnte] che risale a excipiente(m) attraverso *excipjente(m): nella forma per il suo carattere colto è riprodotto il vocalismo del modello, sebbene [i] in iato si evolva in semiconsonante anteriore, mentre [e] tonico in sillaba chiusa ha il regolare esito [E]. Numerose sono le parole in cui in seguito ad aferesi di <x> preconsonantica si conserva soltanto l'elemento fricativo, ad es. dal tardo expensa(m) deriva spesa ['speza] con regolare esito [e] di [e] tonico, dileguo della nasale e lenizione della fricativa alveolodentale sorda intervocalica; da exterminiu(m) attraverso *exterminju(m) deriva sterminio [ster'minjo] che riproduce il vocalismo del modello sebbene [i] in iato assuma statuto di semiconsonante anteriore; da excalceatu(m) attraverso *excalcjatu(m) con evoluzione in semiconsonante anteriore di [e] in iato deriva scalzato [skal'tsato], in cui dal nesso di occlusiva dorsovelare sorda e semiconsonante risulta un'affricata alveolodentale sorda; da exfoliare attraverso *exfoljare con evoluzione in semiconsonante anteriore di [i] in iato deriva sfogliare [sfo¥'¥are] in cui il nesso di laterale e semiconsonante si evolve in laterale dorsopalatale, sempre intensa in posizione intervocalica. 3.4.6.2. Non mancano casi in cui alla consonans duplex corrisponde l'esito di fricativa palatoalveolare sorda. In posizione intervocalica la fricativa risulta intensa, ad es. ad axilla(m), diminutivo di ala, risale ascella [aS'SElla] con inconsueto esito [E] di [i] tonico; a coxa(m) coscia ['kçSSa] con regolare esito [ç] di [o] tonico in sillaba chiusa; a laxare lasciare [laS'Sare]113; a maxilla(m) mascella [maS'SElla] con anomalo esito [E] di [i] tonico114. Quando in seguito ad aferesi la fricativa non risulta intervocalica, l'esito è scempio, ad es. da examen si ottiene sciame ['Same]115, da exau9guratu(m) sciagurato [Sagu'rato] con riduzione del dittongo [au9] ad [a] per dissimilazione. 112 celsus si connette con -cellere, verbo di cui sono attestati soltanto composti quali antecellere, excellere, praecellere. 113 laxare dal significato di 'allentare, sciogliere' ha assunto sia quello di 'lasciar andare, abbandonare' sostituendo relinquere, sia quello di 'lasciar fare, permettere' sostituendo sinere: cfr. Tagliavini 19643 p.177. 114 Su masella e guancia, di provenienza longobarda, cfr. Bonfante 1951 (= 1987) pp.407-425. 115 L'allotropo dotto è esame, in cui non si verifica l'aferesi ma la consonans duplex si semplifica in fricativa alveolodentale, sonora in posizione intervocalica.

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Indice 1. Premesse 1.0. Definizioni p. 1 1.1. Il sistema consonantico p. 1 1.1.1. Il sistema consonantico italiano p. 2 1.1.2. Il sistema consonantico latino p. 3 1.1.3. Le incoerenze del sistema grafico italiano p. 4 1.2. Il sistema vocalico p. 5 1.2.1. Il sistema vocalico italiano p. 6 1.2.2. Il sistema vocalico latino p. 6 1.3. Approssimanti p. 6 1.4. La sillaba p. 7 1.5. Accento latino e accento italiano p. 8 2. Evoluzione del vocalismo p.10 2.1. Sillaba tonica p.10 2.2. Sillaba protonica p.11 2.3. Sillaba postonica p.11 2.4. Altri fenomeni relativi al vocalismo 2.4.1. Vocali in sillaba finale p.12 2.4.2. Vocali in iato p.12 2.5. Dittonghi p.12 2.6. Sincope p.14 3. Evoluzione del consonantismo 3.1. Consonanti semplici in posizione iniziale 3.1.1. Occlusive p.19 3.1.2. Frivative, nasali, laterale, vibrante p.22 3.1.3. Semiconsonanti p.22 3.2. Consonanti semplici in posizione interna p.23 3.2.1. Occlusive bilabiali p.23 3.2.2. Occlusive alveolodentali p.25 3.2.3. Occlusive dorsovelari p.26 3.2.4. Frivative, nasali, laterale, vibrante p.30 3.2.5. Semiconsonanti p.31 3.3. Gruppi consonantici in posizione iniziale 3.3.1. Occlusiva o fricativa labiodentale + laterale p.32 3.3.2. Occlusiva o fricativa labiodentale + vibrante p.36 3.3.3. Fricativa alveolodentale + occlusiva sorda p.37 3.3.4. Fricativa alveolodentale + occlusiva sorda + laterale o vibrante p.37 3.3.5. Occlusiva alveolodentale sonora + semiconsonante anteriore p.40 3.4. Gruppi consonantici in posizione interna 3.4.1. Occlusiva o fricativa labiodentale + laterale p.40 3.4.2. Occlusiva o fricativa labiodentale + vibrante p.47 3.4.3. Occlusiva dorsovelare sonora e nasale p.49 3.4.4. Fricativa alveolodentale + occlusiva sorda p.50 3.4.5. Nasale + fricativa alveolodentale p.51 3.4.6. Occlusiva dorsovelare + fricativa alveolodentale p.51 Bibliografia p.54