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Classificazione dei procarioti. Ci sono almeno tre possibili criteri di classificazione. Uno, preferito da molti biologi, consiste nel raggruppare gli organismi per affinità evolutive, fornendo dove possibile una classificazione naturale. Un secondo, seguito dal classico testo Bergey's Manual of Systematic Bacteriology, suggerisce di raggruppare le specie in modo da facilitare l'identificazione dei nuovi organismi scoperti. Un altro ancora si basa su raggruppamenti che mostrino la varietà del mondo vivente, senza preoccuparsi troppo delle acquisizioni più recenti. Noi seguiremo il Bergey's e includeremo pertanto i procarioti nel regno delle Monere suddividendo il regno in quattro divisioni, basandoci sulla presenza e natura degli involucri cellulari. Le quattro divisioni sono i batteri gram-negativi, i batteri gram-positivi, i micoplasmi, batteri privi di parete cellulare, e gli archebatteri (archei), un gruppo in cui la composizione della parete cellulare non è chimicamente correlata a quella degli altri batteri. (figura 1) Figura 1. Batteri e archei sono procarioti diversi. Salmonella typhimurium (a sinistra) appartiene al dominio Bacteria; Methanospirillum hungatii (a destra) viene invece classificato insieme agli Archaea. Anche se recentemente il regno delle Monere è stato smembrato in due Domini separati, quello degli Archei e quello degli Batteri e tutti i restanti quattro regni (Protisti, Funghi, Animali e Piante) sono stati riuniti nel dominio degli Eucarioti , per semplicità didattica, aderiremo allo schema dei cinque regni, nel quale gli archebatteri e le altre tre divisioni dei batteri sono incluse nel regno delle Monere, che include tutti i procarioti. (figura 2). Figura 2. I tre domini degli organismi viventi. Archei, batteri ed eucarioti sono tutti prodotti di miliardi di anni di evoluzione, e sono bene adattati agli ambienti attuali. Proprio per tale motivo nessun organismo è «primitivo»: questo è un concetto importante da imparare in biologia. Comunque, va sottolineato che esistono molte differenze tra i due domini di procarioti; per certi versi gli archei sono più simili agli eucarioti, mentre per altri assomigliano agli altri batteri. Gli studi genetici indicano che gli attuali archei condividono un antenato comune più recente con gli eucarioti rispetto ai batteri. L’antenato comune di archei ed eucarioti probabilmente risale a oltre due miliardi di anni fa, mentre l’antenato condiviso dai tre domini si collocherebbe a più di tre miliardi di anni fa. 1. Generalità sui Procarioti. I procarioti hanno origini più antiche rispetto a qualsiasi altro gruppo presente oggi. I primi fossili rappresentativi datano 3,5 miliardi di anni fa e queste antiche tracce indicano che era presente una considerevole diversità tra i procarioti perfino durante il periodo Archeano. I procarioti regnarono sulla Terra, altrimenti priva di vita, per più di 2 miliardi di anni, adattandosi a nuovi ambienti e ai cambiamenti che di volta in volta si verificavano. Essi si sono diffusi in ogni habitat immaginabile sul pianeta, colonizzando anche altri organismi. Secondo un metro di giudizio diverso e più obiettivo rispetto a quello che di regola usiamo nei confronti delle forme di vita con le quali coabitiamo, i procarioti devono essere considerati organismi di enorme successo. Gli attuali procarioti sono molto diversificati ed è probabile che esse rappresentino il prodotto attuale di molte linee di evoluzione indipendenti, che si sono separate da centinaia di milioni di anni. Cioè, a partire da una comune eredità procariotica, esse hanno seguito vie di evoluzione separate per la maggior parte della storia della vita sul pianeta. In più, ognuna di queste linee evolutive si è diffusa sulla superficie della Terra e si è adattata alla maggioranza dei cambiamenti dell'ambiente, in modo tale che la diversità all'interno di ciascuna linea è maggiore rispetto alle differenze verificabili nell'ambito degli altri regni.

1 . Generalità sui Procarioti. · (Protisti, Funghi, Animali e Piante) sono stati riuniti nel dominio degli Eucarioti, per semplicità didattica, aderiremo allo schema dei cinque

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Classificazione dei procarioti.

Ci sono almeno tre possibili criteri di classificazione.

Uno, preferito da molti biologi, consiste nel

raggruppare gli organismi per affinità evolutive,

fornendo dove possibile una classificazione naturale. Un

secondo, seguito dal classico testo Bergey's Manual of

Systematic Bacteriology, suggerisce di raggruppare le

specie in modo da facilitare l'identificazione dei nuovi

organismi scoperti. Un altro ancora si basa su

raggruppamenti che mostrino la varietà del mondo

vivente, senza preoccuparsi troppo delle acquisizioni

più recenti. Noi seguiremo il Bergey's e includeremo

pertanto i procarioti nel regno delle Monere

suddividendo il regno in quattro divisioni, basandoci

sulla presenza e natura degli involucri cellulari. Le

quattro divisioni sono i batteri gram-negativi, i batteri

gram-positivi, i micoplasmi, batteri privi di parete

cellulare, e gli archebatteri (archei), un gruppo in cui la

composizione della parete cellulare non è chimicamente

correlata a quella degli altri batteri. (▶figura 1)

Figura 1. Batteri e archei sono procarioti diversi.

Salmonella typhimurium (a sinistra) appartiene al dominio Bacteria; Methanospirillum hungatii (a destra) viene invece classificato insieme agli Archaea.

Anche se recentemente il regno delle Monere è stato

smembrato in due Domini separati, quello degli Archei

e quello degli Batteri e tutti i restanti quattro regni

(Protisti, Funghi, Animali e Piante) sono stati riuniti nel

dominio degli Eucarioti, per semplicità didattica,

aderiremo allo schema dei cinque regni, nel quale gli

archebatteri e le altre tre divisioni dei batteri sono

incluse nel regno delle Monere, che include tutti i

procarioti. (▶figura 2).

Figura 2. I tre domini degli organismi viventi.

Archei, batteri ed eucarioti sono tutti prodotti di miliardi di anni di evoluzione, e sono bene adattati agli ambienti attuali. Proprio per tale motivo nessun organismo è «primitivo»: questo è un concetto importante da imparare in biologia.

Comunque, va sottolineato che esistono molte

differenze tra i due domini di procarioti; per certi versi

gli archei sono più simili agli eucarioti, mentre per altri

assomigliano agli altri batteri.

Gli studi genetici indicano che gli attuali archei

condividono un antenato comune più recente con gli

eucarioti rispetto ai batteri. L’antenato comune di archei

ed eucarioti probabilmente risale a oltre due miliardi di

anni fa, mentre l’antenato condiviso dai tre domini si

collocherebbe a più di tre miliardi di anni fa.

1. Generalità sui Procarioti.

I procarioti hanno origini più antiche rispetto a qualsiasi altro gruppo presente oggi. I primi fossili rappresentativi datano 3,5

miliardi di anni fa e queste antiche tracce indicano che era presente una considerevole diversità tra i procarioti perfino

durante il periodo Archeano. I procarioti regnarono sulla Terra, altrimenti priva di vita, per più di 2 miliardi di anni,

adattandosi a nuovi ambienti e ai cambiamenti che di volta in volta si verificavano. Essi si sono diffusi in ogni habitat

immaginabile sul pianeta, colonizzando anche altri organismi. Secondo un metro di giudizio diverso e più obiettivo rispetto a

quello che di regola usiamo nei confronti delle forme di vita con le quali coabitiamo, i procarioti devono essere considerati

organismi di enorme successo. Gli attuali procarioti sono molto diversificati ed è probabile che esse rappresentino il prodotto

attuale di molte linee di evoluzione indipendenti, che si sono separate da centinaia di milioni di anni. Cioè, a partire da una

comune eredità procariotica, esse hanno seguito vie di evoluzione separate per la maggior parte della storia della vita sul

pianeta. In più, ognuna di queste linee evolutive si è diffusa sulla superficie della Terra e si è adattata alla maggioranza dei

cambiamenti dell'ambiente, in modo tale che la diversità all'interno di ciascuna linea è maggiore rispetto alle differenze

verificabili nell'ambito degli altri regni.

Procarioti ed eucarioti a confronto.

La cellula procariotica differisce dalla cellula eucariotica

per tre aspetti fondamentali:

1. In primo luogo per l'organizzazione e per la

replicazione del materiale genetico. Il DNA della cellula

procariotica non è strutturato all'interno di un nucleo

provvisto di involucro né è complessato con istoni per

formare cromatina come avviene negli eucarioti. Le

molecole di DNA nei procarioti sono circolari;

l'elaborato meccanismo della mitosi è assente: le cellule

procariotiche si dividono con un proprio meccanismo, la

scissione, dopo aver replicato il loro DNA.

2. In secondo luogo, i procarioti non dispongono di

organuli citoplasmatici delimitati da membrana che si

descrivono invece negli eucarioti: i mitocondri, i

cloroplasti, l'apparato di Golgi, il reticolo

endoplasmatico e altri ancora. Il citoplasma della cellula

procariotica può invece contenere una varietà di

mesosomi e alcuni sistemi fotosintetici di membrana

che non si ritrovano negli eucarioti.

3. In terzo luogo, le pareti cellulari della maggior parte

dei procarioti (ma non degli archebatteri) contengono il

peptidoglicano, un polimero complesso formato da una

parte proteica e da una parte glucidica, la cui presenza

è limitata al regno Monera.

L'assenza nella cellula procariotica dei caratteristici

organuli delle cellule eucariotiche non dovrebbe essere

imputata a una totale mancanza di membrane interne o

di altre strutture intracitoplasmatiche. Sono stati infatti

osservati spesso al microscopio elettronico mesosomi

membranosi, associati frequentemente alla

neoformazione di membrane cellulari, durante la

divisione di alcuni batteri, ed è stato riconosciuto il DNA

legato ai mesosomi stessi. Molti batteri aerobi

dispongono di enzimi respiratori che sono associati a

un elaborato sistema di membrane interne, e i batteri

fotosintetici presentano nel loro citoplasma membrane

estese e altamente organizzate con un'alta densità di

pigmenti fotosintetici.

Morfologia batterica.

Forma delle cellule.

Dal punto di vista morfologico quattro sono le forme

particolarmente comuni tra i batteri. Si descrivono

forme sferoidali, forme a bastoncello e forme ricurve o

a spirale. (▶figura 3).

1) cocchi (a forma sferica)

2) bacilli (a forma di bastoncello)

3) vibrioni (a forma ricurva)

4) spirilli (a forma spiralata)

Ovviamente, questa distinzione non ha una validità

sistematica se presa in considerazione da sola nel senso

che per potere riconoscere la specie è necessario

prendere in considerazione anche altre caratteristiche.

Figura 3. Le diverse forme delle cellule batteriche. Dall’alto verso il basso: cocchi bacilli vibrioni spirilli.

Aggruppamenti batterici.

La maggior parte dei batteri si riproduce per divisione di

una cellula in due elementi figli che risultano

indipendenti; a volte, però, le cellule batteriche dopo la

divisione cellulare possono rimanere adese le une alle

altre per formare dei tipici aggregati che si sviluppano

secondo una, due o tre dimensioni, come catenelle,

placche o grappoli di cellule. In questo caso non si

raggiunge comunque la condizione di pluricellularità,

perché ogni cellula è funzionalmente indipendente.

I cocchi possono presentare i seguenti aggruppamenti:

· diplococchi (2 cellule)

· tetradi (4 cellule, disposte ai vertici di un quadrato)

· sarcine (8 cellule, disposte ai vertici di un cubo)

· streptococchi (molte cellule, disposte a catenella)

· stafilococchi (molte cellule, disposte a grappolo)

I bacilli possono presentare i seguenti aggruppamenti:

· diplobacilli (2 cellule)

· streptobacilli (molte cellule, disposte a catenella)

I vibrioni e gli spirilli, a causa della loro particolare

forma, non possono dare origine ad aggruppamenti.

La colorazione di Gram.

Nel 1884 Christian Gram, un medico danese, mise a

punto un semplice sistema di colorazione che

ritroviamo ancora oggi come il più comune sistema per

lo studio dei batteri. La colorazione di Gram permette di

distinguere la maggior parte dei batteri in due gruppi: i

gram-positivi e i gram-negativi. (▶figura 4)

Figura 4. Joachim Hans Christian Gram (1853–1938). Questo medico danese, nel 1884 mise a punto una tecnica di colorazione differenziale che permise di distinguere due categorie di batteri.

La tecnica di colorazione si basa sui seguenti passaggi:

(1) lo striscio batterico viene fissato su un vetrino da

microscopio per mezzo del calore,

(2) viene quindi ricoperto con una soluzione di violetto

di Nicolle (cristalvioletto mordenzato con acido fenico),

(3) viene trattato con una soluzione iodo-iodurata,

(4) l'eccesso del colorante viene quindi rimosso con

alcol,

(5) si aggiunge una soluzione del colorante «di

contrasto» safranina.

I batteri gram-positivi trattengono il violetto e appaiono

blu-viola. L'alcol rimuove invece il violetto dai gram-

negativi; questi batteri, trattenendo il colorante di

contrasto safranina, appariranno invece rosa-rossi. Le

caratteristiche della colorazione di Gram sono

fondamentali per raggruppare alcuni generi di batteri e

per determinarne l'identità in un campione sconosciuto.

(▶figura 5)

Figura 5. .In seguito alla colorazione di Gram, le componenti della parete cellulare dei batteri possono reagire in due modi diversi. (In alto): i batteri Gram-positivi possiedono una spessa parete cellulare che trattiene il colorante violetto, e pertanto appaiono di colore blu scuro o violaceo. (In basso): i batteri Gram-negativi invece possiedono una parete sottile che non trattiene il colorante violetto, mentre assorbe il colorante di contrasto; di conseguenza si colorano di rosso.

La parete delle cellule batteriche.

La maggior parte dei batteri dispone di una parete

cellulare relativamente spessa e rigida la quale, se

contiene peptidoglicano in quantità elevata, assume una

colorazione che va dal blu al viola, allorché viene

trattata mediante il metodo di Gram; i batteri dotati di

una simile parete sono detti gram-positivi. I batteri

gram-negativi contengono invece una minore quantità

di peptidoglicano e assumono una colorazione che va

dal rosa al rosso se vengono trattati allo stesso modo.

Questa differenza, basata sulle caratteristiche della

parete cellulare, risulta utile nella classificazione dei

batteri ma si deve comunque osservare che tale

struttura non si presenta con caratteri omogenei nelle

monere. Alcuni batteri, i micoplasmi, non possiedono

alcuna parete cellulare mentre quella degli archebatteri

non contiene peptidoglicano.

Modalità di adesione e di locomozione.

I batteri possono presentare altre caratteristiche

strutturali: alcuni si attaccano al proprio substrato

mediante una sorta di peduncolo che può rappresentare

una estensione della parete cellulare o un prodotto

secreto all'esterno della cellula; altri si associano in

catene che vengono incluse in una delicata guaina

tubulare segmentata, formando i così detti filamenti,

costituiti da cellule che si dividono tutte

contemporaneamente.

Sebbene molti procarioti non dispongano di attivi

meccanismi cinetici, alcuni possono muoversi tramite

peculiari flagelli: si tratta di filamenti simili a una frusta

che si estendono singolarmente o in ciuffi, da una o da

entrambe le estremità della cellula o, addirittura, da

tutta la sua superficie. Il flagello batterico è un singolo

filamento costituito dalla proteina flagellina; tale

formazione contrasta, per struttura, dal flagello degli

eucarioti, che di solito contiene nove paia di microtubuli

disposti in circolo attorno a due microtubuli centrali,

tutti costituiti dalla proteina tubulina. Il flagello

batterico ruota alla sua base, invece di battere o di

muoversi in modo elicato come fanno il ciglio e il

flagello degli eucarioti. (▶figura 6).

Figura 6. Molti procarioti si muovono per mezzo di flagelli. Questo batterio possiede numerosi flagelli deputati al movimento.

La diversità metabolica nei batteri.

Gli organismi capaci di comportarsi sia come aerobi che

come anaerobi sono detti anaerobi facoltativi. Molti

procarioti possono ottenere energia tanto con la

fermentazione che con la respirazione cellulare e sono

dunque anaerobi facoltativi; altri possono vivere solo

con la fermentazione e la loro crescita risulta inibita

dall'ossigeno. Questi fermentatori sensibili all'ossigeno

sono detti anaerobi obbligati. Alcuni anaerobi facoltativi

che possono condurre solo la fermentazione non

vengono comunque danneggiati dall'ossigeno quando è

presente. All'altro estremo di questa scala metabolica

troviamo vari gruppi di monere che sono aerobi

obbligati, incapaci cioè di sopravvivere per prolungati

periodi in assenza di ossigeno. Alcune monere

realizzano il trasporto respiratorio degli elettroni senza

l'uso di ossigeno come accettore: tra questi batteri

troviamo i denitrificatori, i quali restituiscono l'azoto

all'atmosfera, completando il ciclo di tale elemento in

natura.

Sulle basi delle caratteristiche metaboliche, e tenendo

conto sia della fonte di energia sia della fonte di

carbonio utilizzate per compiere i processi vitali, i

biologi individuano quattro principali categorie

all'interno del regno Monera.

Queste suddivisioni, sono utilizzabili in generale per

tutti gli esseri viventi ma soltanto tra i batteri si

possono trovare tutte e quattro le tipologie possibili:

1) Fotoautotrofi

2) Fotoeterotrofi

3) Chemioautotrofi

4) Chemioeterotrofi

Fotoautotrofi Gli organismi della prima categoria, i fotoautotrofi, sono

batteri fotosintetici che utilizzano cioè la luce come

sorgente di energia e l'anidride carbonica come fonte di

carbonio.

Un gruppo di fotoautotrofi, quello dei cianobatteri,

esegue la fotosintesi come gli eucarioti fotosintetici,

utilizzando cioè la clorofilla a come pigmento chiave e

producendo ossigeno come sottoprodotto della

fotofosforilazione.

Altri batteri fotosintetici, invece, usano una

batterioclorofilla specifica come pigmento fotosintetico

principale, e non rilasciano ossigeno. Essi producono,

invece, zolfo elementare perché usano l'acido solfidrico

(H2S) invece dell'H2O come donatore di elettroni per la

fotofosforilazione. Poiché la batterioclorofilla assorbe la

luce a lunghezze d'onda maggiori di quelle utilizzabili

dagli altri organismi fotosintetici, i batteri che si

avvalgono di questo pigmento possono crescere al di

sotto degli strati algali incapaci di assorbire la

radiazione luminosa oltre i 750 nm.

Fotoeterotrofi La seconda categoria sistematica basata su caratteri

metabolici è quella dei fotoeterotrofi, i quali usano la

luce come sorgente di energia ma devono ottenere i

loro atomi di carbonio da composti organici prodotti da

altri organismi. A tale categoria appartengono i

solforodobatteri, i quali usano composti quali i

carboidrati, gli acidi grassi e gli alcoli come nutrienti

organici.

Chemioautotrofi Gli organismi chemioautotrofi, inclusi nella terza

categoria, ottengono la loro energia dall'ossidazione di

sostanze inorganiche, e utilizzano parte di questa

energia per fissare l'anidride carbonica in reazioni

analoghe a quelle del ciclo fotosintetico di riduzione del

carbonio. I chemioautotrofi includono i batteri

nitrificanti, che ossidano l'ammoniaca o gli ioni azoto,

per formare ioni nitrati successivamente assorbiti dalle

piante; analogamente si comportano i batteri che

ossidano l'idrogeno, l'acido solfidrico, lo zolfo e altri

materiali. Nel 1977 i ricercatori impegnati

nell'esplorazione del fondo dell'oceano vicino alle isole

Galapagos scoprirono uno spettacolare esempio di

chemioautotrofismo. Essi trovarono un intero

ecosistema basato sui batteri chemioautotrofi che

forniscono il nutrimento a una grande comunità di

artropodi (crostacei), molluschi e pogonofori. Tale

ecosistema si trova a una profondità di 2500 metri,

dove non perviene alcuna radiazione luminosa.

L'ambiente è caratterizzato da profonde spaccature

vulcaniche del fondo oceanico, dalle quali viene

rilasciato l'acido solfidrico utilizzato come fonte di

energia.

Chemioeterotrofi Infine, si conoscono le forme chemioeterotrofe, che

ottengono tipicamente sia l'energia che gli atomi di

carbonio da uno o più composti organici. La grande

maggioranza dei batteri sono chemioeterotrofi, come lo

sono la totalità degli animali, dei funghi e molti protisti.

Riproduzione.

La maggior parte dei batteri si riproduce mediante

riproduzione asessuata.

La divisione di un procariote comporta la duplicazione

del cromosoma batterico e la migrazione delle due

molecole ai lati opposti della membrana: quando la

cellula si allunga, i cromosomi si trovano ancorati alla

membrana da parti opposte. (▶figura 7)

Al termine del processo di allungamento la membrana e

la parete si ripiegano al centro formando due cellule

figlie perfettamente identiche alla cellula madre.

Figura 7. Riproduzione asessuata nei batteri. La riproduzione dei batteri è di tipo asessuato e comporta una divisione diretta della cellula madre in due cellule figlie, identiche geneticamente tra loro.

Tra i batteri si descrivono anche processi parasessuali,

come la trasformazione, la coniugazione e la

trasduzione, che permettono lo scambio di

informazione genetica.

La coniugazione è il processo in cui il DNA del plasmide

è trasferito da un batterio donatore a un ricevente

attraverso un ponte citoplasmatico, formato da

appendici dette pili. Le cellule F- (riceventi) sono prive

di plasmide, quelle F+ (donatrici) lo contengono.

La trasformazione si verifica quando un batterio cattura

dall’ambiente extracellulare un filamento di DNA

appartenuto a un altro batterio morto.

Il DNA estraneo si inserisce nel cromosoma batterico

modificandone il patrimonio genetico.

Possono compiere la trasformazione solo quei batteri

che posseggono speciali proteine, dette fattori di

competenza, che facilitano la cattura, l’ingresso e

l’inserimento del DNA estraneo.

La trasduzione avviene quando un virus, che ha

infettato un batterio e ha acquisito parte del suo

genoma, penetra in un secondo batterio inserendovi il

materiale genetico derivante dal primo batterio

infettato. La trasduzione può essere generalizzata o

specializzata a seconda del DNA batterico che viene

trasportato.

Questi processi pur permettendo ai batteri uno scambio

genetico non possono essere considerati fenomeni

sessuali veri e propri, nel senso che non si verificano i

fenomeni che sono alla base della riproduzione

sessuata e cioè la fecondazione (che comporta la

fusione di due cellule aploidi) e la meiosi (che permette

di ripristinare il corredo cromosomico aploide).

Quiescenza.

Altri batteri producono endospore, (▶figura 8) che

rappresentano strutture di sopravvivenza e non

riproduttive. Condizioni ambientali avverse, come le alte

temperature, il freddo o la mancanza di acqua,

determinano la produzione di endospore. Una cellula

replica più volte il suo DNA e ne incapsula ogni copia

con parte del citoplasma, all'interno di una spessa

parete cellulare. La cellula progenitrice quindi si

disintegra rilasciando le endospore così formate. Non si

tratta di un processo riproduttivo poiché le endospore

sostituiscono le cellule progenitrici. L'endospora può

sopravvivere alle dure condizioni ambientali;

successivamente, se subentrano condizioni più

favorevoli, essa germina e, diventando metabolicamente

attiva, si divide, formando nuove cellule identiche ai

progenitori originali. Sono state descritte endospore che

hanno germinato dopo più di un migliaio di anni di

quiescenza.

Figura 8. Una spora per attendere tempi migliori.

Questo agente patogeno, che provoca gravi coliti negli esseri umani, produce endospore come forme di resistenza quiescenti.

Molti procarioti vivono insieme ad altri organismi.

Nonostante non ci si pensi spesso, i procarioti sono

strettamente correlati alla vita degli eucarioti.

Una prima intima connessione è l’antica discendenza

degli organuli che svolgono il metabolismo energetico

(come i mitocondri e i cloroplasti) in tutte le cellule

eucariotiche, in origine una simbiosi con batteri a vita

libera; molto più tardi, alcune piante si associarono con

dei batteri a formare i noduli radicali.

Anche gli animali ospitano nel loro tubo digerente

un’ampia gamma di archei e batteri. Per esempio, i

bovini sfruttano i batteri che vivono nel rumine (una

delle quattro camere dello stomaco dei ruminanti) per

digerire la cellulosa.

L’organismo umano ha imparato a sfruttare la presenza

di batteri presenti nell’intestino crasso per usare alcuni

prodotti del loro metabolismo, come la vitamina B12 e la

vitamina K. Questi e altri batteri prosperano nel nostro

intestino formando uno spesso biofilm in intimo

contatto con la mucosa del tubo digerente. Tale

pellicola facilita il trasferimento di nutrienti

dall’intestino all’organismo e rinforza le difese

immunitarie a livello intestinale. Il biofilm intestinale è

dunque essenziale per mantenersi in buona salute, un

ecosistema interno complesso che gli scienziati hanno

da poco cominciato a studiare nel dettaglio.

Molti procarioti hanno impieghi nell’industria.

Molti procarioti vengono utilizzati dall’industria

agroalimentare per la produzione di prodotti utilizzati

nell’alimentazione umana. Basti pensare all’industria

lattiero-casearia che utilizza i lattobacilli per produrre

lo yogurt a partire dal latte. Essi trasformano gli

zuccheri presenti nel latte in acido lattico tramite il

processo della fermentazione lattica e in questo modo

rendono più digeribile il latte agli individui che sono

privi dell’enzima lattasi (che scinde il lattosio in

galattosio e glucosio). Anche nella produzione di

formaggi vengono impiegati diverse specie di batteri

(oltre che di funghi) che con i loro processi fermentativi

conferiscono il sapore particolare di un certo tipo di

formaggio.

Altri batteri vengono impiegati dall’industria

farmaceutica per produrre vitamine, antibiotici, farmaci.

Il ruolo ecologico dei procarioti.

Moltissimi procarioti sono decompositori, cioè

metabolizzano composti organici presenti in organismi

morti ed altri materiali , dopo averli utilizzati per le

proprie reazioni metaboliche, rilasciano nell’ambiente

sostanze inorganiche riutilizzabili da altri esseri viventi.

Inoltre, assieme ai funghi, i procarioti nel complesso

restituiscono nell’atmosfera enormi quantità di carbonio

inorganico giocando così un ruolo basilare nel ciclo del

carbonio. Allo stesso modo, i decompositori

restituiscono all’ambiente, in forma assimilabile per altri

organismi, azoto e zolfo inorganici.

Il ciclo dell’azoto Direttamente o indirettamente, gli animali dipendono

dalle piante e da altri organismi fotosintetici per il cibo.

Ma le piante stesse, per la loro nutrizione dipendono da

altri organismi: i procarioti azoto fissatori e nitrificanti,

che forniscono alle piante l’elemento azoto in forma

facilmente assimilabile, e quelli denitrificanti, che

rimettono in circolo l’azoto proveniente dagli organismi

morti. Senza di essi, tutte le forme di azoto, verrebbero

dilavate attraverso il terreno finendo nei laghi e mari,

rendendo, di fatto impossibile la vita sulla terraferma

(▶figura 9).

Figura 9. I batteri e l’azoto. (A) Batteri azotofissatori del genere Rhizobium fotografati al microscopio elettronico a scansione (la foto è stata colorata artificialmente). Questi batteri vivono in associazione con le radici delle leguminose, come l’erba medica, la soia, il fagiolo, formando i noduli radicali (B). Qui, i batteri trasformano l’azoto gassoso atmosferico, presente nel suolo, in un composto assimilabile dalla pianta, che lo impiega per costruire proteine. In cambio, la pianta rifornisce i batteri di zuccheri prodotti attraverso la fotosintesi.

Altri procarioti, sia batteri sia archei, sono coinvolti nel

ciclo globale dello zolfo; e altri ancora metabolizzano il

metano nelle profondità oceaniche

2. Gli effetti dei procarioti sull’ambiente e sugli altri organismi.

La maggior parte dei batteri gioca un ruolo benefico nelle nostre vite e, più in generale , nella biosfera, dove occupano

praticamente tutti gli ambienti. Non dimentichiamo che noi stessi sfruttiamo molte specie di batteri e anche qualcuna di

archei per le nostre necessità, come nell’industria casearia e nella produzione di un’enorme gamma di antibiotici, vitamine,

farmaci di vario genere, solventi organici e altre sostanze.

Batteri patogeni.

II diciannovesimo secolo ha rappresentato una delle ere

più feconde nella storia della medicina, un'epoca

durante la quale batteriologi, chimici e medici hanno

dimostrato che molte malattie sono causate da agenti

microbici.

Il medico tedesco Robert Koch (▶figura 10) stabilì una

serie di regole per accertare la relazione tra una

malattia e un microrganismo.

Figura 10. Robert Koch (1843–1910). Questo medico tedesco gettò le basi per lo studio delle malattie infettive formulando una serie di regole per accertare la relazione tra una malattia e un microrganismo.

Seguendo le sue regole, una determinata patologia può

essere ricondotta a un particolare microrganismo se:

(1) il microrganismo viene sempre trovato in

associazione a questa,

(2) il microrganismo prelevato dall'ospite può essere

fatto crescere in una coltura pura,

(3) un campione della coltura produce la malattia

quando viene trasferito in un nuovo ospite sano,

(4) da questo secondo ospite si ottiene una nuova

coltura pura di un microrganismo identico a quello

ottenuto al passaggio (2).

Queste regole, dette postulati di Koch, sono ancora

valide e trovano applicazione nell'attuale ricerca

epidemiologica.

Occorre tener presente che, nonostante si menzionino

frequentemente i batteri a proposito delle patologie

infettive, solo una piccola minoranza delle specie

batteriche conosciute sono effettivamente agenti di

malattie. Tutte le specie patogene conosciute tra i

procarioti appartengono al dominio Bacteria.

Affinché un microrganismo abbia successo come

patogeno, devono verificarsi, nell’ordine, cinque

condizioni:

1. deve raggiungere la superficie corporea di un

ospite potenziale

2. deve penetrare nell’organismo ospite

3. deve superare le sue difese immunitarie

4. si deve moltiplicare al suo interno

5. deve infettare un nuovo ospite

L’inadempienza di una di queste regole del ―perfetto

patogeno‖ mette fine alla carriera di un organismo

infettivo.

Effetti dei batteri patogeni.

Nonostante le molte linee di difesa presenti nel nostro

corpo, alcuni batteri riescono ad infettarci. Per

l'organismo aggredito le conseguenze di una infezione

batterica dipendono da un certo numero di fattori.

Uno è l'invasività del patogeno, cioè la sua capacità di

moltiplicarsi nel corpo dell'ospite.

Un altro è la sua tossigenicità, cioè la sua capacità di

produrre sostanze chimiche dannose per i tessuti

dell'ospite. Spesso le tossine batteriche possono

uccidere le cellule di un ospite che non sia stato

precedentemente esposto a esse. Ad esempio, il Bacillus

anthracis, l'agente del carbonchio (una malattia che

colpisce principalmente il bestiame e le pecore)

presenta una bassa tossigenicità mentre l'invasività

risulta elevatissima. Corynebacterium diphtheriae,

l'agente della difterite, ha invece scarsa invasività e si

moltiplica solo nella faringe e nella laringe, ma la sua

tossigenicità è così grande che praticamente l'intero

organismo viene colpito dalle tossine da esso prodotte.

Le tossine batteriche possono essere di due tipi:

esotossine ed endotossine.

Le esotossine sono di solito sostanze solubili che

vengono rilasciate da batteri vivi in attiva

moltiplicazione, e che possono spostarsi

nell’organismo. Sono altamente tossiche, spesso letali,

ma non inducono febbre. Sono esempi di batteri

produttori di esotossine Clostridium tetani (tetano),

Clostridium botulinum (botulismo), Corynebacterium

diphtheriae (difterite), Vibrio cholerae (colera),

Bordetella pertussis (tosse convulsa) e Yersinia pestis

(peste).

Le endotossine sono rilasciate da alcuni batteri gram-

negativi durante le fasi di crescita oppure in caso di

rottura della cellula. Raramente le endotossine si

rivelano letali; normalmente provocano vomito e

diarrea. Tra i batteri produttori di endotossine vi sono

alcuni ceppi di Salmonella ed Escherichia.

Antibiotici.

Attualmente le malattie infettive provocate da batteri si

combattono con farmaci definiti antibiotici. La scoperta

di questi farmaci si deve a Sir Alexander Fleming che

scoprì le proprietà inibitrici possedute da un prodotto

metabolico di un fungo, Penicillium notatum e chiamò

questa sostanza penicillina. Questa scoperta, avvenuta

nel 1929, dischiuse l’epoca degli antibiotici. Per i suoi

contributi, Fleming fu nominato cavaliere e ricevette il

premio Nobel per la medicina e la fisiologia nel 1945.

(▶figura 11)

Figura 11. Sir Alexander Fleming (1881–1955). Medico, biologo e farmacologo scozzese, scoprì la penicillina, il primo farmaco ad attività antibiotica e diede quindi inizio ad una nuova era nella lotta contro le malattie batteriche permettendo di sconfiggere veri e propri flagelli per l’umanità.

Con il termine antibiotico si indica un farmaco, di

origine naturale o di sintesi, in grado di rallentare o

fermare la proliferazione dei batteri.

Gli antibiotici si distinguono in:

batteriostatici (che bloccano la riproduzione del

batterio, impedendone la scissione)

battericidi (che uccidono il microrganismo).

Figura 12. Formula di struttura della penicillina.

La penicillina è una sostanza prodotta da funghi che appartengono al genere Penicillium.

La penicillina (▶figura 12) impedisce l’azione

dell’enzima che catalizza la formazione dei legami

trasversali durante la sintesi del peptidoglicano

costituente la parete batterica: senza parete i batteri

vanno incontro alla lisi osmotica e muoiono.

Esistono anche altri tipi di antibiotici che sono dotati di

azione selettiva; li si ricava da organismi viventi,

prevalentemente batteri e miceti, oppure con processi

sintetici o semisintetici. Essi possono essere suddivisi in

quattro gruppi sulla base del meccanismo d’azione

tossica esercitato sulla cellula batterica:

1) inibenti la sintesi della parete cellulare

2) lesivi della membrana plasmatica

3) inibenti la sintesi proteica

4) inibenti il metabolismo degli acidi nucleici

L’abuso degli antibiotici e dei chemioterapici ha portato

alla frequente comparsa di ceppi batterici antibiotico-

resistenti in specie un tempo sensibili. Il fenomeno sta

assumendo proporzioni di notevole rilievo, in quanto gli

antibiotici risultano efficaci per un tempo sempre più

limitato. La resistenza agli antibiotici è frutto di

mutazioni spontanee casuali che si verificano in tutte le

specie batteriche ma che viene evidenziata dall

pressione selettiva esercitata dall’antibiotico-terapia.

Dato che i geni per la resistenza agli antibiotici sono di

norma localizzati nei plasmidi, essi possono essere

trasferiti da una cellula all’altra per coniugazione o per

trasduzione fagica e portare alla comparsa di ceppi che

sono contemporaneamente resistenti a più antibiotici.

Inoltre, questi geni possono essere trasferiti anche da

una specie all’altra (trasformazione) creando ulteriori

problemi per la terapia.

L’ antibiogramma è un test che serve per determinare in

vitro il grado di resistenza ai più comuni antibiotici di

una definita popolazione microbica (presente nel

materiale patologico). Viene effettuato in terreno solido

contenente un dischetto impregnato con gli antibiotici

nel quale viene inoculato il materiale patologico

contenente i microrganismi da saggiare. Dopo

l’incubazione in termostato a 37° C si misureranno gli

aloni di assenza di crescita batterica e di colonie

formatisi attorno ai pozzetti con gli antibiotici e dovuti

alla loro inibizione: i diametri degli aloni saranno

indicativi solo della capacità antimicrobica in vitro dei

singoli antibiotici rispetto alla specie batterica saggiata.

Nella scelta dell’antibiotico, il medico si basa oltre che

sulla diagnosi clinica anche sulle indicazioni scaturite

dall’antibiogramma, dalle quali desumerà i farmaci più

efficaci per l’impiego terapeutico. Ma prima della scelta

definitiva deve tener conto di ulteriori fattori come: il

grado di diffusione e concentrazione della molecola nei

tessuti colpiti e nei liquidi corporei (es. sangue, urine,

liquor), il livello di assorbimento intestinale (se il

farmaco viene introdotto per os), l’assenza di tossicità e

il rischio di gravi complicanze, il grado di eliminazione

renale. Il medico deve inoltre escludere che non vi sia

nel paziente predisposizione a reazioni allergiche in

individui geneticamente predisposte.

Termoacidofili.

Alcuni degli archebatteri sono sia termofili (cioè

prediligono il calore) che acidofili (cioè preferiscono gli

ambienti acidi). Sulfolobus è un tipico rappresentante

dei batteri termoacidofili i quali vivono in sorgenti

sulfuree calde a temperature di 70-75 °C, mentre non

sopravvivono al di sotto di 55 °C. Le sorgenti sulfuree

calde sono anche estremamente acide. Sulfolobus

cresce meglio in un ambito che va da un pH 2 a un pH 3

ma tollera facilmente valori ancora più bassi di pH come

0,9. Si è visto che i termoacidofili mantengono un pH

interno vicino a 7, a dispetto dell'acidità dell'ambiente

esterno. Per queste caratteristiche i termoacidofili

prosperano dove pochi altri organismi sono in grado di

sopravvivere. (▶figura 13).

Metanogeni.

Dieci specie di procarioti, precedentemente assegnate

a gruppi di batteri ritenuti senza rapporti reciproci,

condividono la proprietà di produrre il metano (CH4),

tramite la riduzione dell'anidride carbonica. Tutti questi

procarioti sono anaerobi obbligati e usano la reazione

che porta alla produzione di metano come passo chiave

del loro metabolismo energetico. Confrontando le loro

sequenze di basi dell'rRNA, è stato accertato che tutti i

metanogeni sono strettamente correlati l'uno all'altro.

Essi rilasciano approssimativamente 2 miliardi di

tonnellate di gas metano nell'atmosfera terrestre ogni

anno, comprendendo anche quello emesso dai

mammiferi. Circa un terzo della produzione di metano

proviene infatti dal metabolismo dei metanogeni

presenti nell'intestino dei mammiferi erbivori come le

mucche. Un genere, Methanopyrus, vive sul fondo

dell'oceano vicino alle fratture vulcaniche,

sopravvivendo e crescendo a temperature elevate. I

valori ottimali di crescita sono compresi tra 110 °C e 84

°C, collocandosi più esattamente intorno a 98 °C.

Figura 13. Alcuni procarioti chemioautotrofi vivono in condizioni estreme. Masse di archei che prediligono ambienti caldi e acidi formano un tappeto arancione all’interno del camino di un vulcano sull’isola di Kyushu, in Giappone. Residui di zolfo di colore giallo sono visibili ai bordi del tappeto di archei.

Alofili stretti.

Gli alofili stretti vivono esclusivamente in ambienti

estremamente salati. Essi contengono carotenoidi rosa

e le loro aggregazioni sono dunque facilmente

identificabili in alcune circostanze. Crescono nel Mar

Morto e in acque salmastre di varia salinità. I pesci

conservati in salamoia possono talvolta mostrare

macchie rosso-rosacee che sono dovute alla presenza

di colonie di batteri alofili. Le fotografie delle pianure

3. Archebatteri.

Gli archebatteri sono procarioti privi di pepdidoglicano nella parete cellulare.

La divisione degli archebatteri è costituita da alcuni generi di procarioti che vivono in habitat caratterizzati da condizioni

estreme, quali l'elevata salinità, la bassa concentrazione di ossigeno, l'alta temperatura o valori eccessivi di pH, sia in ambito

alcalino che acido. Giudicando dalle apparenze, gli archebatteri sembrano essere un gruppo male assortito; comunque, essi

presentano numerose caratteristiche comuni, quali:

- l'assoluta mancanza di peptidoglicano nelle loro pareti

- la presenza di lipidi di composizione caratteristica

- la peculiarità delle sequenze di basi dei loro rRNA

In base al criterio della sequenza delle basi dell'RNA, gli archebatteri differiscono completamente sia dagli altri batteri che

dagli eucarioti. I biologi avevano un tempo inserito questi procarioti in ampi gruppi di batteri che sono rimasti separati gli uni

dagli altri fino al 1970, quando con l'uso di tecniche di biologia molecolare è stata riconosciuta la loro stretta correlazione

filogenetica e le loro comuni caratteristiche ancestrali; gli specialisti li raggrupparono allora insieme nella categoria degli

archebatteri (dalla radice greca arche che significa «antico»). La divisione può essere chiaramente scomposta in tre

sottogruppi maggiori: i termoacidofili, i metanogeni e gli alofili stretti.

salate ottenute dai satelliti orbitanti mostrano un

caratteristico colore rosa dovuto alla presenza di

vastissime popolazioni di Halobacterium e delle forme

affini. Pochi altri organismi possono vivere negli

ambienti salini abitati dagli alofili stretti, poiché si

disidraterebbero fino alla morte, cedendo

eccessivamente acqua per osmosi all'ambiente

ipertonico. Gli alofili stretti sono stati trovati in laghi

con valori di pH elevati, fino a 11,5. L'ambiente

maggiormente alcalino colonizzato dagli organismi

viventi raggiunge valori confrontabili con l'ammoniaca

di uso domestico. (▶figura 14).

Batteri striscianti.

I batteri striscianti possono essere descritti come bacilli

che si muovono da luogo a luogo, mantenendosi adesi

al substrato. I membri del genere Beggiatoa

rappresentano un esempio di questi batteri. Le basi

fisiche del loro movimento non sono ancora conosciute;

è stato comunque accertato che queste cellule possono

usare un secreto viscoso durante la locomozione, come

suggerisce la traccia che si lasciano dietro quando si

muovono sul suolo o su materiale organico in

decomposizione. (▶figura 15).

Questi batteri costituiscono strutture peculiari dette

corpi fruttiferi, tramite aggregazione e adesione

reciproca. In alcune specie i corpi fruttiferi

corrispondono a semplici sfere di diametro poco

superiore a 1 mm, mentre in altre specie si presentano

come strutture ramificate. In alcuni ceppi, le singole

cellule si trasformano all'interno dei corpi fruttiferi in

spore provviste di una spessa parete, e possono

resistere a condizioni ambientali avverse. In altri casi,

l'intero grappolo di cellule forma una sorta di cisti che è

resistente all'essiccamento. Sia le spore che le cisti

possono germinare in condizioni favorevoli per dare le

tipiche forme striscianti.

Figura 14. Alofili estremi.

(A) Queste saline sono l’ambiente ideale per gli archei amanti del sale, che conferiscono all’acqua la caratteristica colorazione rossastra. (B) Il Mar Morto è famoso per la salinità delle sue acque.

Figura 15. Beggiatoa. Questo batterio filamentoso strisciante metabolizza l’acido solfidrico, ossidandolo.

4. Gram-negativi.

I batteri gram-negativi sono procarioti dotati di peptidoglicano nella parete cellulare e di membrana esterna.

La grande maggioranza dei batteri risulta gram-negativa per quanto tali microrganismi siano molto variabili nelle

caratteristiche morfologiche e metaboliche; questo gruppo è talmente numeroso da occupare per i tre quarti gli elenchi

sistematici del Bergey's Manual. Prenderemo in considerazione i seguenti gruppi di batteri gram-negativi:

1) Batteri striscianti

2) Spirochete

3) Batteri ricurvi e batteri a spirale

4) Bacilli gram-negativi

5) Cocchi gram-negativi

6) Rickettsie

7) Clamidie

8) Cianobatteri

Spirochete.

Le spirochete sono caratterizzate da strutture esclusive

dette filamenti assiali, composti da flagelli, che corrono

lungo la superficie batterica tra la sottile e flessibile

parete cellulare e un ulteriore involucro esterno. Il corpo

cellulare è rappresentato da un lungo cilindro avvolto a

spirale. I flagelli che costituiscono i filamenti assiali

sono inseriti su entrambe le estremità della cellula e

tendono a sovrapporsi reciprocamente a metà dell'asse

batterico. Si pensa che i filamenti assiali siano

responsabili della motilità di questi organismi; a tale

funzione potrebbero concorrere tipici anelli basali, in

corrispondenza dei quali i flagelli sono attaccati alla

parete cellulare, ma il preciso meccanismo motorio è

sconosciuto. Molte spirochete infettano l'uomo, e tra

esse citiamo il Treponema pallidum, l'organismo che

causa la malattia venerea definita sifilide (o lue);

Leptospira interrogans, che provoca una grave infezione

denominata leptospirosi e che viene trasmessa all’uomo

da animali o più spesso da acque e fango contaminate

con le loro urine; altre spirochete vivono libere nel

fango o nell'acqua. (▶figura 16).

Figura 16. Una spirocheta. Questo batterio di forma elicoidale è l’agente patogeno della sifilide (lue) una delle più antiche malattie veneree conosciute.

Batteri ricurvi e batteri a spirale.

Vari batteri sono caratterizzati da una forma ricurva o a

spirale, eppure hanno proprietà diverse, condividendo

solamente la somiglianza morfologica e la gram-

negatività. I batteri a spirale di questo gruppo

differiscono dalle spirochete in quanto sprovvisti di

filamenti assiali. Alcuni membri molto interessanti del

genere Spirillum vivono liberi in acque dolci o salate,

mentre altri sono parassiti.

Alcune specie causano malattie negli animali e diversi

ceppi di Campylobacter fetus sono indicati, con prove

sempre più evidenti, come causa di infiammazioni

intestinali e di altre patologie nell'uomo. Bdellovibrio

rappresenta un genere singolare poiché comprende

alcune specie che penetrano e si riproducono all'interno

di vari batteri: si tratta dunque di forme parassite di

organismi affini.

Bacilli gram-negativi.

I bacilli gram-negativi, come gruppo sistematico

dimostrano pregi e carenze dello schema di

classificazione che abbiamo impiegato sino a ora. Se da

un lato essi sono facilmente identificabili in laboratorio

per forma e per proprietà di colorazione, dall'altro essi

sono così numerosi e diversificati che difficilmente

possono essere ricondotti a un unico gruppo

«naturale».

Alcuni batteri gram-negativi sono aerobi, altri sono

anaerobi facoltativi e altri ancora anaerobi obbligati. I

batteri gram-negativi comprendono anche generi

capaci di fissare l'azoto, per esempio Rhizobium, così

come Nitrobacter, Thiobacterium e altri anaerobi che

utilizzano l'azoto o i composti solforati invece

dell'ossigeno per la respirazione.

Probabilmente l'organismo più studiato in assoluto nei

laboratori biologici è Escherichia coli, un batterio gram-

negativo di forma bacillare che vive come commensale

nell’intestino crasso umano. (▶figura 17).

Figura 17. Bacilli gram negativi: Escherichia Coli. In questa microfotografia si vedono tre esemplari del batterio più studiato nei laboratori di biologia.

Anche molti dei più noti batteri patogeni nei confronti

dell'uomo come Yersinia pestis (agente patogeno della

peste), Shigella dysenteriae (causa della dissenteria),

Vibrio cholerae (responsabile del colera), Salmonella

typhimurium (un comune agente di avvelenamento da

cibo), (▶figura 18), Brucella melitensis (causa della

brucellosi) Bordetella pertussis (causa della pertosse)

sono batteri gram-negativi. I bacilli gram-negativi

invadono le cellule animali, dove sopravvivono e

causano malattia. Per esempio, Yersinia

pseudotubercolosis, l'agente della peste della cavia,

penetra nelle cellule intestinali di questa specie e di

altri mammiferi. Tale capacità è dovuta alla presenza di

un unico gene, detto inv, che codifica una singola

proteina di notevoli dimensioni. I biologi, usando la

tecnica del DNA ricombinante, sono riusciti a trasferire

questo gene da Y. pseudotubercolosis a E. coli che ha

in tal modo acquisito la capacità di invadere le cellule

dei mammiferi.

Figura 18. Il patogeno che causa la salmonellosi. Questo bacillo gram negativo (Salmonella sp.) è l’agente patogeno che provoca una grave malattia gastrointestinale negli esseri umani.

La maggior parte delle malattie delle piante hanno nei

funghi i propri agenti patogeni, mentre i virus ne

causano molte altre. Comunque, circa 200 forme

morbose delle piante sono di origine batterica.

Il tumore del colletto, caratterizzato da tipiche

neoformazioni è nelle piante una delle più singolari

patologie infettive causate dai batteri. L'agente

eziologico è rappresentato dall’Agrobacterium

tumefaciens, una forma gram-negativa. (▶figura 19).

Figura 19. Un tumore del colletto. Questo tumore (la grande massa a sinistra) si accresce sul fusto di una pianta di geranio ed è provocato dal bacillo gram negativo A. tumefaciens.

A. tumefaciens contiene un plasmide portatore dei geni

responsabili di questa malattia. Il plasmide viene usato

negli studi sul DNA ricombinante come veicolo per

l'inserimento di geni in nuove piante ospiti.

Cocchi gram-negativi.

Si definiscono cocchi i batteri di forma sferica, siano

essi gram-negativi o gram-positivi. Questo carattere

differenziale fornisce una base strutturale per il

raggruppamento delle varie specie. Alcuni dei cocchi

gram-negativi usano l'ossido di azoto o l'ossido di

zolfo come accettori terminali degli elettroni nella

respirazione cellulare; tra essi troviamo i nitrificatori.

Tra questi Neisseria gonorrhoeae ha la maggiore

notorietà poiché è responsabile nell'uomo di una

comune malattia venerea (lo scolo o gonorrea). N.

gonorrhoeae modifica frequentemente i suoi

determinanti antigenici per mezzo di elementi

trasponibili, riuscendo a eludere le difese del sistema

immunitario umano.

Neisseria meningitidis causa la meningite batterica, una

infezione, frequentemente fatale, a carico delle

membrane di rivestimento del sistema nervoso centrale

(le meningi). Anche altri generi di cocchi gram-negativi,

come Acinetobacter e Moraxella, causano infezioni.

Rickettsie.

Le rickettsie e gli altri microrganismi a esse correlati

erano una volta raggruppate con i virus, a causa delle

loro ridotte dimensioni e del fatto che si riproducono

solo all'interno delle cellule di un altro organismo. Le

rickettsie sono parassiti intracellulari estremamente

piccoli, lunghi approssimativamente 1m e larghi 0,3

m; hanno una parete cellulare e caratteristiche

chimiche simili a quelle di altri batteri gram-negativi.

Salvo rare eccezioni, non è mai stato possibile far

crescere le rickettsie se non all'interno di cellule viventi.

Esse rappresentano gli agenti di diverse gravi malattie

nell'uomo: fra queste si ricordano Rickettsia

prowazeekii (▶figura 20) che provoca il tifo

esantematico, R. thyphi che provoca il tifo endemico, R.

burneti che è la causa della febbre Q e R. rickettsii che

causa la febbre delle Montagne Rocciose. Le rickettsie

vengono frequentemente trasportate da artropodi, in

particolar modo da pulci e da zecche, ma non

sembrano causare sintomi di malattie nei loro ospiti

invertebrati.

Figura 20. Howard Taylor Ricketts (1871–1910) e Stanislav Provázek (1875–1915). Sono i patologi che studiando le rickettsie contrassero il tifo e ne morirono. Lo scienziato che nel 1916 isolò il batterio responsabile del tifo, lo nominò proprio Rickettsia prowazekii in loro onore.

Clamidie.

Anche le Clamidie erano una volta raggruppate con i

virus, a causa delle loro ridotte dimensioni e del fatto

che si riproducono solo all'interno delle cellule di un

altro organismo. Le clamidie vengono spesso

raggruppate con le rickettsie a causa delle loro

dimensioni (0,2-1,5 m di diametro) e per la loro

natura di parassiti endocellulari obbligati.

Questi piccoli organismi di forma sferica rappresentano

procarioti molto particolari, a causa del loro complesso

ciclo riproduttivo, nel quale si osservano due differenti

fasi cellulari.

Nell'uomo, Chlamydia trachomatis è la causa di

infezioni all'occhio (specialmente il tracoma), malattie

veneree (linfogranuloma venereo) e infezioni genito-

urinarie (uretriti, cerviciti, salpingiti e infezioni

pelviche). C. psittaci è la causa di alcune forme di

polmonite.

Cianobatteri.

I cianobatteri (batteri blu-verdi) (▶figura 21, 22, 23),

sono molto indipendenti dal punto di vista nutrizionale.

Essi eseguono la fotosintesi, usando la clorofilla a e

liberando ossigeno, eseguono la fermentazione in

condizioni anaerobie e molti fissano l'azoto. I

cianobatteri necessitano solo di acqua, di azoto, di

ossigeno e di pochi elementi minerali, oltre alla luce e

all'anidride carbonica. A dispetto della loro capacità di

operare la fotosintesi, caratteristica propria degli

eucarioti fotosintetizzanti, essi rappresentano tipici

procarioti, in quanto non contengono nessuno degli

organuli delimitati da membrana delle cellule

eucariotiche, non hanno un nucleo distinto, i loro

cromosomi mancano degli istoni e le loro pareti

cellulari contengono peptidoglicano. Non di meno i

cianobatteri contengono sistemi di membrane interne

altamente organizzati: le lamelle fotosintetiche o

tilacoidi. Essi rappresentano i soli procarioti

fotosintetici che contengano clorofilla a, con l'eccezione

del genere Prochloron.

I cianobatteri formano un raggruppamento

strettamente correlato e omogeneo, caratterizzato non

solo dalla capacità di eseguire la fotosintesi ma anche

sulla base della sequenza dell'rRNA. Alcuni microbiologi

classificano i cianobatteri come un sottogruppo dei

batteri striscianti, perché le forme mobili usano questo

tipo di locomozione. I cianobatteri possono associarsi

in colonie o vivere liberi come singole cellule.

A seconda delle specie e delle condizioni di crescita, le

colonie dei cianobatteri possono variare dalla forma di

un disco dello spessore di una cellula, alla forma di una

sfera.

Alcune colonie filamentose mostrano nella loro

struttura almeno tre differenti tipi cellulari: gli elementi

vegetativi, le spore e le eterocisti. Queste ultime

rappresentano cellule di grande rilevanza biologica per

due ragioni. Primo punto, quando i filamenti si

frammentano nel corso della riproduzione, la posizione

delle eterocisti corrisponde proprio ai siti di rottura.

Secondo e più importante punto, le eterocisti

contengono un enzima detto nitrogenasi che le rende

capaci di operare la fissazione dell'azoto: tutti i

cianobatteri conosciuti dotati di eterocisti fissano infatti

l'azoto.

I cianobatteri si riproducono per scissione, ma esistono

comunque virus capaci di infettare i cianobatteri e

quindi . di trasferire il materiale genetico da una cellula

all'altra per trasduzione.

Figura 21. Anabaena. Anabaena è un genere di cianobatteri, noti per la loro attività azotofissatrice, e per le relazioni simbiontiche che stabiliscono con differenti piante, quali le cicadi.

Figura 22. Nostoc. Nostoc è un genere di cianobatteri azotofissatori di acqua dolce che formano colonie di filamenti, costituiti da cellule rotondeggianti avvolte in una massa gelatinosa.

Figura 23. Oscillatoria. Oscillatoria è un genere di cianobatteri filamentosi che comprende numerose specie d'acqua dolce e marine, a distribuzione cosmopolita.

Bacilli gram-positivi.

Si descrivono due principali sottogruppi di bacilli gram-

positivi, uno dei quali in grado di produrre endospore,

l'altro privo di tale proprietà. Le endospore

rappresentano strutture altamente resistenti, contenenti

una copia del DNA del batterio, alcuni ribosomi e altri

costituenti citoplasmatici; si descrivono inoltre un

sottile strato peptidoglicanico e un ulteriore

rivestimento esterno. I membri di questo gruppo

includono molte specie di Bacillus, compreso B.

anthracis, l'agente eziologico del carbonchio nelle

pecore e nell'uomo (▶figura 24), e B. thuringiensis, una

specie usata nella lotta biologica contro certi lepidotteri

adulti e larvali che rappresentano un vero flagello per

alcune piante.

Il genere Clostridium include C. denitrificans, un

batterio che vive libero e che gioca un ruolo rilevante

nel ciclo dell'azoto sulla Terra. Si conoscono inoltre due

produttori di potenti tossine: C. botulinum (l'agente di

varie tossine forme di botulismo) e C. tetani (agente del

tetano). Al genere appartiene anche C. perfrigens,

responsabile dell'avvelenamento di cibi e della gangrena

gassosa. Le tossine prodotte da C. botulinum sono tra

le più potenti mai scoperte; la dose letale per l'uomo è

di circa un milionesimo di grammo (10—6 g).

Figura 24. Bacillus anthracis causa il carbonchio. Questa fotografia è stata ottenuta con il microscopio elettronico a scansione, e poi colorata e mostra batteri della specie Bacillus anthracis all’interno di un capillare polmonare.

Tra i batteri gram-positivi che non formano endospore

citiamo i batteri del genere Lactobacillus (un produttore

di acido lattico usato nell’industria agroalimentare per

la produzione di yogurt) (▶figura 25) e Listeria (agente

patogeno che provoca la listeriosi, una malattia

infettiva, trasmessa in genere con gli alimenti e che si

manifesta raramente in forma conclamata.

Figura 25. I lattobacilli sono bacilli gram positivi. I lattobacilli, sono i batteri responsabili della fermentazione lattica che è alla base della produzione di yogurt a partire dal latte nell’industria lattiero-casearia.

Cocchi gram-positivi.

I cocchi gram-positivi sono numerosi e comprendono

specie che presentano un diametro di circa 1m,

comunemente note come stafilococchi. (▶figura 26)

Figura 26. I patogeni umani più diffusi. Gli stafilococchi si aggregano di regola a formare «grappoli».

Numerosi sulla superficie del corpo umano, sono

responsabili dei piccoli processi infettivi comunemente

definiti foruncoli e di molte altre patologie della pelle.

5. Gram-positivi.

I batteri gram-positivi sono procarioti dotati di peptidoglicano nella parete cellulare e privi di membrana esterna.

Per quanto meno numerosi dei gram-negativi, i batteri gram-positivi costituiscono una vera divisione. Prenderemo in

considerazione i seguenti gruppi di batteri gram-negativi:

1) Bacilli gram-positivi

2) Cocchi gram-positivi

3) Actinomiceti

Staphylococcus aureus è la specie patogena umana

meglio conosciuta; si trova nel 20-40% degli adulti

normali (e nel 50-70% di quelli ospedalizzati), e può

causare infezioni nell'apparato respiratorio,

nell'intestino e nelle ferite in genere, oltre alle malattie

della pelle delle quali è responsabile. Gli stafilococchi

producono tossine che rappresentano la maggiore

causa dell'avvelenamento da cibo e della sindrome da

shock tossico.

Streptococcus rappresenta un altro importante genere

di cocchi gram-positivi. Questi batteri si dividono lungo

un asse comune e rimangono uniti dopo la divisione,

formando catenelle. S. mutans è una specie che vive nel

cavo orale e che produce acido in grado di erodere lo

smalto del dente. Non esiste in pratica alcun organo del

corpo umano che non sia soggetto a un'infezione da

batteri appartenenti a questo genere.

Streptococcus ha avuto in passato un ruolo di grande

rilievo nella ricerca: la prima dimostrazione che il DNA

rappresenta la molecola della trasmissione ereditaria fu

fornita da Avery, MacLeod e MacCarty nel 1944 usando

colture di S. pneumoniae.

Actinomiceti.

Gli actinomiceti sviluppano un elaborato sistema di

filamenti ramificati detto micelio. Tale struttura

presenta notevoli somiglianze con i corpi filamentosi

fungini e, infatti, un tempo questi batteri erano

attribuiti al regno dei funghi. Alcuni actinomiceti si

riproducono formando catene di spore in

corrispondenza delle estremità dei filamenti. Senza

dubbio gli actinomiceti sono veri procarioti; infatti, nelle

specie che non formano spore, la crescita dei filamenti

si arresta e la struttura ramificata si frammenta,

risolvendosi in tipici cocchi o bastoncelli. (▶figura 27)

Micoplasmi.

La quarta divisione delle monere consiste di batteri privi

di parete cellulare, i micoplasmi, i quali rappresentano

gli organismi procariotici più piccoli mai scoperti; anche

più piccoli delle rickettsie e delle clamidie (▶figura 28). I

micoplasmi hanno un diametro tra i 0,1 e 0,2 m e

dispongono della metà del DNA degli altri procarioti. Si

è ipotizzato che il DNA in un micoplasma rappresenti la

minima quantità richiesta per provvedere alle funzioni

assolutamente essenziali di una cellula. Molti

micoplasmi sono parassiti endocellulari di animali e di

piante. Come tali non sono soggetti alle variazioni

osmotiche che devono invece affrontare i batteri che

vivono liberi; pertanto non necessitano di parete

cellulare e come conseguenza, presentano una forma

irregolare. Da un punto di vista terapeutico, essi non

possono essere debellati con la penicillina, che uccide

gli altri batteri interferendo con la sintesi della parete.

Gli actinomiceti includono diversi membri che sono

rilevanti dal punto di vista medico, come Actinomyces

israelii, l'agente eziologico di un'infezione della cavità

orale e di altre patologie; Mycobacterium tuberculosis

(definito anche bacillo di Koch), la specie che causa la

tubercolosi (TBC, tisi o mal sottile) Mycobacterium

leprae, la specie che causa la lebbra.

Alcuni actinomiceti sono importanti per l’industria

farmaceutica: il genere Streptomyces, ad esempio

produce la streptomicina e numerosi altri antibiotici. La

maggior parte di queste sostanze, così rilevanti nella

farmacopea, viene infatti prodotta dai membri degli

actinomiceti.

Gli actinomiceti, oggi vengono anche definiti più

correttamente attinobatteri.

Figura 27. I filamenti di un attinobatterio. I filamenti ramificati visibili in questa fotografia ottenuta al microscopio elettronico a scansione sono tipici di questo gruppo di batteri, importante da un punto di vista medico.

Figura 28. Le più piccole cellule viventi. I micoplasmi contengono soltanto circa un quinto della quantità di DNA rispetto a una cellula di Escherichia coli e costituiscono i più piccoli batteri conosciuti.

6. Micoplasmi.

I micoplasmi sono procarioti privi di parete cellulare e sono le più piccole cellule esistenti.