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275 1. I REPERTI CERAMICI ceramica inoltre, in particolare per alcuni seco- li, si può avvalere di fossili guida eccellenti e ben datati, come le ceramiche di importazione ben rappresentate nella Rocca. Al termine di questo studio, la combinazione di tutti i dati a disposi- zione ha permesso di ottenere nuove datazioni, maggiormente puntuali, per molti tipi ceramici. Un ampio spazio è stato dato alle analisi archeo- metriche effettuate sugli impasti: il riconoscimen- to e la caratterizzazione di diversi tipi di impasti impiegati per la fabbricazione dei reperti ha per- messo di dare maggiore respiro agli studi di ce- ramica e di passare dalle tipologie formali allo studio delle produzioni, dei luoghi di fabbrica- zione e della circolazione nello spazio e nel tem- po di questi manufatti. I sistemi di quantificazione utilizzati per la cera- mica sono stati il numero minimo delle forme e il numero di frammenti. Il numero di frammen- ti, anche se legato al grado di frammentarietà di ogni classe, e quindi utile solo per confronti tra classi, è stato presentato per i contesti molto antichi nei quali la ricostruzione delle forme è stata difficoltosa, ma l’entità del ritrovamento poteva essere evidenziata proprio attraverso il numero totale dei reperti recuperati. Inoltre sono stati analizzati con il solo numero di frammenti anche i reperti del periodo V e VI, per i motivi che spiegheremo più avanti. Per cause legate allo studio dei reperti non è stato possibile effettua- re la valutazione degli interi che spesso corregge quantitativamente il numero minimo fornendo dati sullo stato di frammentarietà dei reperti e quindi sulla residualità degli stessi negli strati di provenienza. Infine, nelle conclusioni abbiamo confrontato le varie classi nei periodi fornendo i dati in percentuale dato che queste, a differenza dei semplici dati numerici, permettono anche un confronto con contesti simili scavati altrove. La divisione dei reperti è stata basata principal- mente su criteri funzionali ed all’interno di que- sti raggruppamenti su basi tecnologico-produt- tive. Soltanto nel caso della ceramica da mensa (vedi infra) la divisione è stata effettuata in base alla provenienza dei reperti dalla Toscana o da altre parti del Mediterraneo. Tale differenziazio- ne è stata determinata da motivi di praticità e si è rivelato il metodo migliore per mantenere la INTRODUZIONE La ceramica oggetto di questo studio proviene dalle aree 1000, 2000, 4000, 5000, 7000 scava- te nella Rocca di Campiglia ed è pertinente al peridodo cronologico compreso tra fine IX e XVI secolo (periodi I-VI della suddivisione relativa allo scavo). In questa sede presenteremo tutti i materiali ceramici in fase e il materiale residuo pertinente al periodo medievale, ordinato con criteri morfologici. L’indicazione della residua- lità di un tipo ceramico si potrà dedurre dalle tabelle presentate per ogni classe individuata (nelle tabelle quantitative dei tipi i numeri in grigio rappresentano le forme non in fase). Nella totalità sono stati raccolti durante lo sca- vo della Rocca di Campiglia circa 7000 fram- menti dei quali il 23% pertinenti a ceramica da fuoco, il 38% a ceramica da cucina e dispensa e il 39% a ceramica da mensa. Il procedimento di studio dei reperti ha seguito il consueto percorso utilizzato per i reperti di scavo. Di tutti i reperti ceramici è stato fatto un iniziale inventario direttamente sullo scavo, fi- nalizzato alla conoscenza, per ogni US, delle clas- si, delle forme e del numero di frammenti recu- perati. Questo dato ha permesso di ottenere una prima datazione dello strato, poi confrontata con quella proveniente dall’analisi di monete od al- tri materiali datanti. La prosecuzione dell’attivi- tà di studio dei reperti è stata svolta con caratte- re seminariale grazie alla partecipazione di stu- denti universitari. In questi incontri si è proce- duto allo studio specifico delle forme ceramiche ed all’individuazione al loro interno dei tipi, allo studio degli impasti (vedi la parte archeometri- ca) e delle quantità di presenza dei tipi nei diver- si periodi cronologici. In questo modo si è os- servato il fenomeno della residualità delle for- me che non sembra però particolarmente rile- vante nelle stratigrafie della Rocca. Il riconoscimento delle tipologie ceramiche per ogni classe ha permesso il confronto con mate- riali editi provenienti da altri scavi e quindi una prima puntualizzazione della cronologia dei tipi, accanto a quella fornita dal confronto con altri materiali presenti nei contesti. Lo studio della © 2003 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

1. I REPERTI CERAMICI I - bibar.unisi.it · materiali ceramici in fase e il materiale residuo ... II. Ceramica per la conservazione degli alimenti in dispensa e sulla tavola,

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1. I REPERTI CERAMICI

ceramica inoltre, in particolare per alcuni seco-li, si può avvalere di fossili guida eccellenti e bendatati, come le ceramiche di importazione benrappresentate nella Rocca. Al termine di questostudio, la combinazione di tutti i dati a disposi-zione ha permesso di ottenere nuove datazioni,maggiormente puntuali, per molti tipi ceramici.Un ampio spazio è stato dato alle analisi archeo-metriche effettuate sugli impasti: il riconoscimen-to e la caratterizzazione di diversi tipi di impastiimpiegati per la fabbricazione dei reperti ha per-messo di dare maggiore respiro agli studi di ce-ramica e di passare dalle tipologie formali allostudio delle produzioni, dei luoghi di fabbrica-zione e della circolazione nello spazio e nel tem-po di questi manufatti.I sistemi di quantificazione utilizzati per la cera-mica sono stati il numero minimo delle forme eil numero di frammenti. Il numero di frammen-ti, anche se legato al grado di frammentarietà diogni classe, e quindi utile solo per confronti traclassi, è stato presentato per i contesti moltoantichi nei quali la ricostruzione delle forme èstata difficoltosa, ma l’entità del ritrovamentopoteva essere evidenziata proprio attraverso ilnumero totale dei reperti recuperati. Inoltre sonostati analizzati con il solo numero di frammentianche i reperti del periodo V e VI, per i motiviche spiegheremo più avanti. Per cause legate allostudio dei reperti non è stato possibile effettua-re la valutazione degli interi che spesso correggequantitativamente il numero minimo fornendodati sullo stato di frammentarietà dei reperti equindi sulla residualità degli stessi negli strati diprovenienza. Infine, nelle conclusioni abbiamoconfrontato le varie classi nei periodi fornendo idati in percentuale dato che queste, a differenzadei semplici dati numerici, permettono anche unconfronto con contesti simili scavati altrove.La divisione dei reperti è stata basata principal-mente su criteri funzionali ed all’interno di que-sti raggruppamenti su basi tecnologico-produt-tive. Soltanto nel caso della ceramica da mensa(vedi infra) la divisione è stata effettuata in basealla provenienza dei reperti dalla Toscana o daaltre parti del Mediterraneo. Tale differenziazio-ne è stata determinata da motivi di praticità e siè rivelato il metodo migliore per mantenere la

INTRODUZIONE

La ceramica oggetto di questo studio provienedalle aree 1000, 2000, 4000, 5000, 7000 scava-te nella Rocca di Campiglia ed è pertinente alperidodo cronologico compreso tra fine IX e XVIsecolo (periodi I-VI della suddivisione relativaallo scavo). In questa sede presenteremo tutti imateriali ceramici in fase e il materiale residuopertinente al periodo medievale, ordinato concriteri morfologici. L’indicazione della residua-lità di un tipo ceramico si potrà dedurre dalletabelle presentate per ogni classe individuata(nelle tabelle quantitative dei tipi i numeri ingrigio rappresentano le forme non in fase).Nella totalità sono stati raccolti durante lo sca-vo della Rocca di Campiglia circa 7000 fram-menti dei quali il 23% pertinenti a ceramica dafuoco, il 38% a ceramica da cucina e dispensa eil 39% a ceramica da mensa.Il procedimento di studio dei reperti ha seguitoil consueto percorso utilizzato per i reperti discavo. Di tutti i reperti ceramici è stato fatto uniniziale inventario direttamente sullo scavo, fi-nalizzato alla conoscenza, per ogni US, delle clas-si, delle forme e del numero di frammenti recu-perati. Questo dato ha permesso di ottenere unaprima datazione dello strato, poi confrontata conquella proveniente dall’analisi di monete od al-tri materiali datanti. La prosecuzione dell’attivi-tà di studio dei reperti è stata svolta con caratte-re seminariale grazie alla partecipazione di stu-denti universitari. In questi incontri si è proce-duto allo studio specifico delle forme ceramicheed all’individuazione al loro interno dei tipi, allostudio degli impasti (vedi la parte archeometri-ca) e delle quantità di presenza dei tipi nei diver-si periodi cronologici. In questo modo si è os-servato il fenomeno della residualità delle for-me che non sembra però particolarmente rile-vante nelle stratigrafie della Rocca.Il riconoscimento delle tipologie ceramiche perogni classe ha permesso il confronto con mate-riali editi provenienti da altri scavi e quindi unaprima puntualizzazione della cronologia dei tipi,accanto a quella fornita dal confronto con altrimateriali presenti nei contesti. Lo studio della

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divisione tra classi ceramiche molto distanti perluogo di fabbricazione e per percentuali di pre-senza nella Rocca, pur di fronte ad una identitàdi procedimenti tecnologici.In base al criterio funzionale sono state distinteCERAMICHE DA CUCINA divisa nel gruppo I. Cera-mica da fuoco (cottura dei cibi); CERAMICA DA DI-SPENSA E DA MENSA con i sottogruppi, II. Ceramicaper la conservazione degli alimenti in dispensa esulla tavola, III. Ceramica fine da mensa e IV.Ceramica fine di importazione. Infine un capito-lo a parte è stato dedicato agli impasti di tutte leclassi ceramiche ed alla descrizione delle analisieffettuate nonché alla discussione dei risultati.All’interno dei gruppi funzionali è stata operatauna divisione basata sulla tecnica di produzionee sulle finiture delle superfici (incisioni, lisciatu-re, rivestimenti argillosi, vetrosi o smalti): talidistinzioni sono marcate da un numero araboche segue il numero romano indicante il gruppofunzionale. L’indicazione del tipo morfologicoall’interno di ogni classe è a sua volta contrasse-gnato da un terzo numero (le eventuali variantiidentificate sono distinte con lettere dell’alfabe-to).Nella scheda di catalogo si è scelto di presentare itipi morfologici selezionati durante lo studio deireperti: innanzitutto è stata fatta una descrizionedel tipo e delle sue parti significative indicando ledimensioni (nel caso in cui siano misurabili) delfondo, della pancia, del collo, dell’orlo e dell’an-sa. Si è indicato poi l’impasto su cui è foggiato iltipo, l’US, il periodo e la fase di appartenenza deltipo disegnato; i confronti morfologici e la data-zione desunta dall’edito. Graficamente il tipo èrappresentato con un disegno dell’esemplare mag-giormente integro ed in alcuni casi da una foto.Al termine della scheda descrittiva di ogni tipopossono essere inserite eventuali osservazioni sultipo stesso.Un percorso diverso è stato utilizzato per i re-perti di periodo V e VI, per i quali è stato effet-tuato un conteggio dei frammenti all’interno diogni classe ceramica rappresentata: questi dueperiodi infatti sono caratterizzati da corredi ri-nascimentali di area fiorentina, ben studiati dalavori di lunga durata confluiti in ultimo in unarecente monografia sul vasellame prodotto aMontelupo Fiorentino (BERTI 1997). I contestianalizzati si inserivano, senza apportarne sostan-ziali modifiche, nei quadri esposti dall’autore.Da qui la scelta di effettuarne uno studio finaliz-zato ai dati quantitativi più che a quelli tipologi-ci, ormai ben noti. Per lo stesso motivo per que-sti periodi non abbiamo inserito i disegni, mafoto esplicative dei decori e delle forme.

CERAMICA DA CUCINA

I. Ceramica da fuoco

I.1 CERAMICA MODELLATA A MANO (Tav. I)

1. Olla (Fig. 2): orlo estroflesso e tagliato, corpo glo-bulare, fondo piano. Superfici lisciate con un panno.Presente un foro sulla parete del vaso (colatoio?).Dimensioni: Ø orlo cm 17, Ø fondo cm 10, Ø max.espansione cm 17,6, h. max. espansione cm 10, h.totale cm 17.Impasto: 1US: 1047, P. IV fase 1.Confronti: Per i confronti morfologici relativi al ter-ritorio limitrofo a Campiglia rimandiamo alla discus-sione effettuata su questo tipo di olla in GRASSI 1998b.Nei dintorni di Pisa olle simili si ritrovano a Ripafrat-ta (RENZI RIZZO 1990, p. 32, n. 4) con datazioni ge-neriche dal X al XIV secolo ed a Santa Maria a Mon-te (BEDINI et alii 1987, p. 328, nn. 3-4) datate al bas-somedioevo.Datazione: XIV-XV secolo.Osservazioni: Il reperto è collocato al Museo di Cam-piglia M.ma. Il tipo di fondo convesso caratterizzaquesta produzione di olle (tipi 1, 2, 3): gli anneri-menti vistosi che queste olle denotano sulle pareti esul fondo sembrerebbero diretta conseguenza dellaforma del fondo che ne comporta un utilizzo per im-mersione diretta nella brace del fornello.

2. Olla (Fig. 2): simile alla precedente, ma con care-natura sotto il collo, fondo convesso. Superfici liscia-te con un panno.Dimensioni: Ø orlo cm 15, Ø fondo cm 11, Ø max.espansione cm 14,5, h. max. espansione cm 6,4, h.totale cm 13,4.Impasto 1US 1044, P. IV fase 2.Confronti: vedi tipo 1.Datazione: XIV-XV secolo.Osservazioni: Il reperto è collocato al Museo di Cam-piglia M.ma.

3. Pentola (Fig. 2): caratteristiche come il tipo 1, macon ansa laterale.Dimensioni: Ø orlo cm 15, Ø fondo cm 10,5, Ø max.espansione cm 14,5, h. max. espansione cm 8, h. at-tacco ansa cm 4,7, h. totale cm 14,8.Impasto 1US 1044, P. IV fase 2Confronti: vedi tipo 1.Datazione: XIV-XV secolo.Osservazioni: Il reperto è collocato al Museo di Cam-piglia M.ma.

4. Olla: orlo estroflesso ed arrotondato, corpo glo-bulare solitamente carenato. Superfici lisciate con unpanno.Dimensioni: Ø orlo non misurabile.Impasto: 1

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277Tav. I – I. 1 Ceramica modellata a mano (scala 1:3).

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Fig. 2 – Olle I.1.1, I.1.2, I.1.3.

US: 5016, P. II, fase 1.Confronti: Si tratta di un tipo ben attestato nel vicinocastello di Rocca San Silvestro (BOLDRINI, GRASSI 1997,tipo 2, tavola I), presente da fine XI a fine XII secolo. Èmolto forte l’analogia di questo tipo con l’olla tipo 1,ma in quest’ultima si nota un allungamento maggioredel collo ed una maggiore standardizzazione dell’orlo.Per una discussione più approfondita sul tipo rimandia-mo a GRASSI 1998b. La datazione dal contesto di prove-nienza non è sicura dato che l’area 5000 presenta fortiproblemi di datazione dei reperti. Il tipo sembrebbe at-testato massimamente tra fine X e fine XII secolo.Datazione: la datazione dall’edito è molto incerta datoche olle con profili simili si ritrovano sia in età tardoantica che bassomedievale.

4a. Olla: orlo estroflesso ed arrotondato, corpo glo-bulare. Superfici lisciate con un panno. Presente unforo sulla parete.Dimensioni: Ø orlo non misurabile.Impasto: 1US: 5003, P. II fase 2.Confronti: vedi tipo 4Datazione: vedi tipo 4

5. Olla: orlo estroflesso, bordo piatto, corpo globu-lare. Foro all’altezza del collo. Lisciato a panno e confondo steccato a lama.

Dimensioni: Ø orlo cm 20.Impasto: 1US 5059, P. I.Confronti: Nonostante il tipo di orlo molto diversoda quello arrotondato del tipo 4 e 4a, questa olla perla fattura e la tecnica di lavorazione è accostabile altipo 4 ed è attestata cronologicamente nello stessoarco di tempo.Datazione: vedi tipo 4

6. Coperchio: bordo piano, corpo troncoconico.Dimensioni: Ø orlo cm 16.Impasto: 6US 5080, P. I fase 4.Confronti: Questo coperchio trova un confronto neireperti del castello di Rocca San Silvestro (GRASSI 1996-1997), inedito, tipo D attestato nel XIII secolo. ACampiglia è prevalentemente attestato nella secondametà del XIII secolo.Datazione: XIII secolo.

7. Coperchio: bordo arrotondato, corpo troncoconi-co.Dimensioni: Ø orlo non misurabile.Impasto: 6US 7028, P. I fase 6.Confronti: Questo coperchio corrisponde al tipo evi-denziato come B a Rocca San Silvestro (GRASSI 1996-

Fig. 1 – Tabella per numero minimo delle forme.

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1997, tipo inedito), datato alla seconda metà del XIVsecolo. A Campiglia questo coperchio è attestato sol-tanto con una forma.Datazione: metà XIV secolo

8. Tegame: orlo arrotondato, corpo troncoconico,fondo piano. Tre prese a linguetta laterali (una man-cante). Lisciato con panno.Dimensioni: Ø orlo cm 26,8, Ø fondo cm 19,5, h.cm 6,8.Impasto: 1US 1044, P.IV fase 2.Confronti: Tegami simili si trovano nei castelli diRocca San Silvestro e di Castel di Pietra in contesti diXIV secolo, sia privi di rivestimento sia con vetrineverdi o marroni. Per confronti puntuali con entrambii castelli rimandiamo a GRASSI 1999 e FRANCOVICH etalii 1999, tavola 2.Datazione: XIV secolo.Osservazioni: Il reperto è collocato al Museo di Cam-piglia M.ma.

9. Tegame: corpo non identificato, ma larga ansa anastro.Dimensioni: largh. ansa cm 6,5; >< cm 1,9.Impasto: 1US 7038, P. I fase 5.Confronti: Questo reperto, pur non costituendo a ri-gore un tipo poichè manca di un profilo integro, èstato comunque considerato tale data l’assenza, neglialtri tegami attestati, di anse a nastro.

10. Testo: orlo a disco, con orlo indistinto, bordoarrotondato o appuntito, con o senza piede.Dimensioni: Ø orlo cm 18,4, Ø fondo cm 16.Impasto: 4US 1050, P. III fase 2.Confronti: La divisione delle forme aperte è stata fat-ta, non in base alla morfologia dell’orlo, ma in baseall’altezza dell’orlo, che sembra influire sulla funzionedel vaso. In particolare l’uso di questi testi piani, mol-to rari a Campiglia, può essere simile a quella svoltadai taglieri in pietra o legno attestati nel medioevo pertrasportare polli o pesci in tavola. Questo uso è testi-moniato da varie rappresentazioni pittoriche (MANNO-NI 1970, p. 311). L’area di diffusione del testo sembre-rebbe limitata alla Toscana ed alla Liguria Orientale.Datazione: il testo si attesta dal VI secolo in tutta laToscana. La produzione del testo è sempre legata aduna manifattura a livello casalingo. Vano quindi il ten-tativo di rintracciare una successione cronologica inbase al tipo di orlo.

11. Testo: orlo di media altezza, bordo arrotondato,fondo piano con piede. Quasi sempre presenta unacroce impressa sul fondo con il dito, a crudo. Puòpresentare il bordo od il fondo staccato dal piano dilavorazione con una lama. A volte il fondo reca letracce dell’incannicciato sul quale probabilmente i testivenivano messi a seccare.Dimensioni: Ø orlo cm 28, Ø fondo cm 14.Impasto: 6US 4132, P. II, fase 2.

Confronti: Il bordo di questo tipo di testo, così comeil fondo o la presenza del piede non sono state consi-derate come discriminanti nella differenziazione deitipi. I due disegni presentati nel catalogo evidenzianoquidi il tipo del testello ‘classico’, ma le forme pre-senti nel castello possono essere anche diverse soprat-tutto nelle dimensioni, data l’elevata variabilità dellamorfologia in prodotti fatti a mano singolarmente dainuclei familiari.Datazione: vedi tipo 10.

12. Testo: bordo arrotondato, parete alta, corpo tron-coconico, fondo piano.Dimensioni: Ø orlo cm 54, Ø fondo cm 43, h. cm7,9.Impasto: 6US 5016, P. II fase 1Confronti: Date le grandi dimensioni si può trattaredi un piatto da portata. Si differenzia dai tegami peril forte spessore delle pareti; ma potrebbe essere unaforma di passaggio al tegame vero e proprio. Analo-ghi manufatti si trovano nel castello di Rocca San Sil-vestro datati tra fine XIII e fine XIV secolo (GRASSI

1996-1997, testo/tegame tipo 4).Datazione: XIII-XIV secolo.

Le produzioni modellate a mano sono presentiin elevata quantità nei contesti scavati della Roccadi Campiglia (Fig. 1). Il dato non sembra esseremolto discordante da quello che avviene in sitilimitrofi, come nel castello di Rocca San Silve-stro, dove l’analisi dei reperti in ceramica grezzaha evidenziato analoghi risultati. Se il confrontotra Campiglia e Rocca San Silvestro può sem-brare inopportuno per diversità di dimensioni edi importanza politica, occorre ricordare unaserie di castelli distribuiti nella Val di Cornia, didiverso spessore storico e politico che ugualmen-te presentano corredi modellati a mano. Per unadiscussione più approfondita e per un’analisi deipossibili significati sociali e politici delle produ-zioni manuali rimandiamo al contributo GRASSI

1998b.Inoltre, al di fuori della Toscana, gli esempi dicentri rurali che presentano contemporaneamen-te produzioni da cucina casalinghe e artigianalinon sono rari, ed alcuni sono stati oggetto dicampagne di scavo, in particolare nell’Italia me-ridionale come il castello di Segesta (MOLINARI

1997) e il villaggio di Brucato (PESEZ 1987).Passando alle forme, si nota il ricorrere di pochitipi funzionali: olla, testello, tegame e rari co-perchi (forse per l’utilizzo con la stessa funzionedi oggetti in pietra o legno) come è noto e riba-dito per molti contesti medievali toscani. I piùrappresentati, come si vede dalle quantità, sonoolle e testelli. Per i coperchi ci sembra plausibile,come detto, tentare di spiegare l’esiguità nume-rica con l’utilizzo di materiali di altro tipo, in

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particolare oggetti in pietra e forse in legno. Suitegami, non stupisce la pochezza delle forme datoche sino a tutto il XIII secolo l’uso ricorrenteera di cuocere le carni per bollitura e solo dalTrecento prevarrà l’uso di cuocerle stufate o inumido (GOVANNINI 1998). Quindi si può ritene-re, senza discostarsi troppo dai dati che proven-gono da vari scavi che l’olla fungesse da reci-piente più importante tra quelli usati in cucina,per bollire carni, cereali, verdure e legumi.Sul tipo di olla 1, 2, 3, 4 e 5, in pratica variantimorfologiche di una stessa produzione, abbia-mo tentato in altra sede un contributo, parten-do dai rinvenimenti molto cospicui di Rocca SanSilvestro (GRASSI 1998b) e facendo un confrontoanche con i prodotti di Campiglia.La forma del testello testimonia anche a Campi-glia l’uso di cuocere focacce e gallette in questicontenitori. Non si esclude, anche in questo caso,l’uso dei testelli come piatti da portata, data l’as-senza in molti di essi delle tracce di fumigazione.Analizzando le quantità, per le quali rimandia-mo anche alla discussione nel catalogo delle ce-ramiche artigianali (I.2), notiamo che le forme 4e 5 sono presenti dalle prime fasi insediative sinoa tutto il XII secolo, mentre i tipi 1/3 sono pre-senti dalla metà del XIII secolo, come si eviden-ziava anche nel castello di Rocca San Silvestro(BOLDRINI, GRASSI 1997). Infatti, pur essendomanufatti modellati a mano, è evidente una iden-tità formale nel gruppo dei tipi 4 e 5, caratteriz-zati da breve orlo estroflesso e corpo globulareed i tipi 1/3 con un tipico orlo tagliato e mag-giori caratteristiche di standardizzazione.Infine, ma torneremo su questo punto nelle con-clusioni, risulta particolarmente interessante lapresenza del forno a riverbero costruito agli ini-zi del XV secolo nella Rocca dalla guarnigionefiorentina (Periodo V fase 1) in base soprattuttoal possibile utilizzo per la cottura del pane e/o dimateriali ceramici come testelli ed olle (GRASSI

1998b). Certo, la cottura in loco, ipotizzata perRocca San Silvestro per il secolo XIV e motivatada vari fattori (totale assenza, in questo secolo,di corredo artigianale da cucina, presenza di dueforni nel castello, presenza di saperi tecnici ne-cessari per foggiare un vaso, presenza di un im-pasto ceramico con residui di materiale di risul-ta delle attività metallurgiche) presupporrebbela presenza di un vasaio all’interno della Roccao comunque di una persona esperta nei rudimentidella modellazione dell’argilla. Dato che la Roc-ca di Campiglia sia nel XIV che nel XV secolo èormai abitata da guarnigioni militari si potrebbeinvece ipotizzare che un artigiano itinerante ri-fornisse questo castello, a differenza di altri nei

quali i vasi venivano fabbricati direttamente dapersone esperte (non necessariamente vasai) in-terne alla comunità.

I.2. CERAMICA ARTIGIANALE (Tav. II)

1. Olla: orlo arrotondato, collo strozzato, corpo glo-bulare, fondo piano.Dimensioni: Ø orlo cm 13, Ø fondo cm 10, Ø max.espansione cm 22, h. max. espansione cm 9, h. totalecm 16,6.Impasto: 3US 4205, P. I fase 4.Confronti: Confronto con una forma simile nel con-testo del podere Aione (CUCINI 1989, tav. II, nn. 32-37) datato al IX secolo. Una simile forma si trovaanche tra i reperti di Piazza Dante 1993, MFAC 25,datata tra metà X ed inizio XI secolo.Datazione: IX-X secolo

1a. Olla: orlo estroflesso e arrotondato, collo stroz-zato.Dimensioni: Ø orlo cm 16.Impasto: 3US 4172, P. II fase 1.Confronti: vedi tipo 1Datazione: vedi tipo 1

1b. Olla: orlo estroflesso a tesa, corpo ovoide.Dimensioni: Ø orlo cm 13,4.Impasto: 3US 4202, P. I fase 5.Confronti: un’olla simile si trova nel contesto delpodere Aione (CUCINI 1989, tav. II, n. 40) datato alIX secolo. A Piazza Dante (Piazza Dante 1993) que-sta forma si trova datata tra metà X ed inizio XI seco-lo, vedi MFAC 18.Datazione: IX-X secolo

1c. Olla: come la precedente, ma con minore estro-flessione dell’orlo.Dimensioni: Ø orlo cm 10.Impasto: 3US 7104, P.I fase 4.Confronti: Tra i reperti di Piazza dei Cavalieri (Piaz-za dei Cavalieri 2000) un tipo simile viene datato allaseconda metà dell’XI-prima metà XII secolo (tipoC.1.2, fig. 3, p. 184).Datazione: sec. metà XI-p. metà XII secolo

2. Olla: orlo a tesa e bordo arrotondato.Dimensioni: Ø orlo non misurabile.Impasto: 3US 7042, P.I fase 5.Confronti: Le dimensioni ridotte dei frammenti nonpermettono di conoscere il profilo totale del tipo. Nonsono stati trovati confronti puntuali.

2a. Olla: orlo a tesa confluente e gola accentuata.Dimensioni: Ø orlo non misurabile.Impasto: 3US 7060, P. I fase 5.Confronti: vedi tipo 2

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Tav. II – I. 2 Ceramica artigianale (scala 1:3).

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3. Olla: orlo molto estroflesso ed arrotondato, corponon id.Dimensioni: Ø orlo non misurabile.Impasto: 3US 7111, P. I fase 4.Confronti: Trova un confronto in due scavi pisani,Piazza Dante e Piazza dei Cavalieri. Nel primo, vediMFAC 31, p. 433, metà X, inizio XI; nel secondoC.2.2 fig. 6, pag. 184, sec. metà XII, p. metà XIII.Datazione: metà X-XI secolo; fine XII-p. metà XIIIsecolo.

4. Olla: orlo estroflesso ed insellato, corpo globularecon filettatura marcata eseguita a crudo.Dimensioni: Ø orlo cm 13.Impasto: 3US 7043, P. I fase 6Confronti: È un tipo ritrovato a Rocca San Silvestro(BOLDRINI, GRASSI 1997, tavola I, n. 3) datato nell’XIsecolo; nel castello di Rocchette Pannocchieschi (AL-BERTI et alii1997, fig. 2), datato alla fine dell’XI seco-lo, in strati che sono in relazione con la costruzionedella cinta muraria. Nel castello di Scarlino (materia-le inedito, us 19-318) viene datato all’XI secolo. AMontarrenti (RONCAGLIA 1986, fig. 2, n. 6) provieneda un contesto di XI-XII secolo. Nella fornace di Palaia(CIAMPOLTRINI 1979, p. 363, fig. 3, n. 2) viene datatocirca un secolo più tardi. Questo tipo di olla trovainoltre interessanti confronti in molte zone della To-scana (Pistoia, Prato, Grosseto), circoscritto semprecronologicamente ai secoli XI e XII.Datazione: XI-XII secolo

4a. Olla: simile a quella precedente, ma con colletto.Dimensioni: Ø orlo cm 14.Impasto 12.US 7051, P. I fase 5.Confronti: Un ulteriore confronto per questa varian-te, insieme a quelli indicati per il tipo 4, si trova tra ireperti di Piazza Dante 1993, MFAC 27, datato metàX-inizio XI secolo.Datazione: X-XII secolo

5. Olla: bordo piatto, collo allungato, corpo globula-re. Filettatura esterna a pettine.Dimensioni: Ø orlo cm 17, Ø max. espansione cm20, h. residua cm 12,5.Impasto: 4US 4132, P. II fase 2.Confronti: Questo tipo di olla trova analogie con mol-te parti della Toscana. Per citare solo quelle più vicineal contesto di studio, a Montarrenti si trova in contestidi X-XIII secolo (RONCAGLIA 1986, p. 272; CANTINI

2000, fig. 2, nn. 34 e 35); a Poggioimperiale si trovasia nella fase altomedievale datata tra VII e VIII secolo(VALENTI 1996, Tav. I e II, pp. 124-125) sia in quellabassomedievale (VALENTI 1996, Tav. XVII-XVIII); aRocca San Silvestro si trova dal XII al XIII secolo (BOL-DRINI, GRASSI 1997, tavola I, n. 6); a Pisa, in Piazza deiCavalieri si data alla prima metà dell’XI secolo, Piazzadei Cavalieri 2000, C.3.2, p. 184, fig. 12 e 13.Datazione: la datazione dall’edito mostra una lungadurata del tipo dal X secolo alla fine del XIII.

5a. Olla: come la precedente, ma con dimensionimolto superiori.Dimensioni: Ø orlo cm 31.Impasto: 3US 4132, P. II fase 2.Confronti: vedi tipo 5Datazione: vedi tipo 5

6. Olla: orlo piatto, breve collo dritto, corpo globu-lare, fondo piano. Fondo steccato.Dimensioni: Ø orlo cm 15, Ø fondo cm 12, Ø max.espansione cm 19, h. max espansione cm 10, h. tota-le cm 18,6.Impasto: 4US 4132, P. II fase 2.Confronti: Confronti si trovano a Rocca San Silve-stro, datati fine XI-fine XIII secolo (BOLDRINI, GRASSI

1997, tav. I, n. 9); a Pisa, in Piazza Dante (Piazza Dante1993, p. 433, fig. 21) in livelli di X-XIII secolo ed inPiazza dei Cavalieri tra fine XI e fine XII (Piazza deiCavalieri 2000, C.3.3, p. 184, fig. 17); a Fauglia, nel-lo scarico di una fornace (X-XII secolo, DANI, VANNI

DESIDERI 1981, p. 477, n. 5); a Coltano (Coltano 1986,p. 246) datata al bassomedioevo.Datazione: XI-XIII secolo

7. Olla: bordo arrotondato, collo dritto, corpo glo-bulare, fondo piano.Dimensioni: Ø cm 12/9.Impasto: 7US 1060, P. III fase 2.Confronti: Trova attestazioni a Rocca San Silvestro dalXII al XIII secolo BOLDRINI, GRASSI 1997, tavola I, n. 7;a Fauglia, tra XI e XII secolo (DANI, VANNI DESIDERI

1981, p. 477); in Piazza Dante, (X-XI secolo, PiazzaDante 1993, p. 433); a Rocchette Pannocchieschi inun contesto inedito, us 3093, metà XIII secolo.Datazione: XI-XIII secolo

La ceramica acroma da fuoco artigianale dellaRocca di Campiglia mostra dati interessanti separagonata numericamente al corredo prodottoin modo manuale. Mostrando i dati assolutiespressi in percentuale la ceramica artigianale ècirca la metà di quella manuale (78 forme su 153)in tutto l’arco cronologico considerato (Fig. 3).Scendendo nel dettaglio dei periodi, tralascian-do il periodo I.3 (prima metà X secolo) nel qua-le l’esiguità dei contesti scavati ci permette diriconoscere solo una forma prodotta artigianal-mente, notiamo che sino alla fine dell’XI secolola ceramica artigianale si attesta in quantità dipoco superiori a quella manuale (fa eccezione laprima metà dell’XI secolo con quantità doppiedi ceramica artigianale rispetto a quella manua-le). I tipi presenti sino alla fine dell’XI secolo(tipi 1-4) sono tutti riconducibili a forme moltosimili a quelle evidenziate per il ritrovamentoaltomedievale del Podere Aione; si tratta di ollecon orli brevi e molto estroflesse, generalmente

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prive di collo e con corpo globulare. Unica ecce-zione a questa uniformità tipologica, pur conalcune varianti, è l’olla tipo 5 che se da un’ana-lisi di alcuni contesti relativi al vicino sito di Roc-ca San Silvestro (BOLDRINI, GRASSI 1997) era sem-brata appartenere ad un orizzonte pienamentebassomedievale, a Campiglia si attesta invece dalX secolo, mostrando una continuità produttivadi alcuni secoli. Invece l’olla tipo 4, con caratte-ristico orlo insellato, si conferma anche a Cam-piglia come un prodotto di X-XI secolo, comeera già stato evidenziato a Rocca San Silvestro,Rocchette Pannocchieschi (BOLDRINI, GRASSI

1997; ALBERTI et alii 1997) e a Scarlino.Le decorazioni che si ritrovano sulle ceramicheartigianali, perlopiù filettature leggere, non sem-brano offrire un aiuto di tipo cronologico: si ri-trovano in uguale modo sia in prodotti antichisia nel vasellame duecentesco. Unica eccezioneil decoro marcato dell’olla tipo 4 che sembrascomparire con l’XI secolo.Nel XII secolo si attestano soltanto i tipi 5, 6 e7, olle con corpo ovoide ed orlo piatto o arro-tondato e si nota la scomparsa dei tipi globularidescritti precedentemente. Da questo momentoil corredo artigianale viene sostituito da quelloprodotto a mano, con l’unica particolarità deltipo 5 che persiste sino al XIV secolo. In parti-colare la quasi totale assenza di corredo da cuci-na nella prima metà del XIII secolo, in un mo-mento nel quale non si è ancora affermato il va-sellame prodotto in modo domestico, potrebbeessere un fenomeno da ricollegare alla mancan-za di ingenti depositi di questo periodo nellaRocca più che a motivazioni economiche.Dalla seconda metà del XIII secolo, come dice-vamo, il ruolo della ceramica da fuoco vieneoccupato dai manufatti privi di rivestimento pro-dotti a mano e dalle ceramiche invetriate che

sostituiscono quelle artigianali non rivestite. Èquesto un fenomeno (sostituzione del corredoacromo con quello invetriato) che appare moltoprecoce in alcuni siti rurali della Toscana meri-dionale (Rocca San Silvestro e la stessa Campi-glia) rispetto a quello che avviene in contestiurbani (per esempio a Roma tale fenomeno siriscontra solo dal XIV secolo inoltrato, CryptaBalbi 5, 1990, p. 250).Per quanto riguarda le zone di produzione deimanufatti da cucina artigianali si conferma, comeper quelli modellati a mano, una produzione lo-cale con la presenza di alcuni impasti (3 e 4) ca-ratterizzati da inclusi dell’areale campigliese (vediinfra il capitolo sugli impasti). Da notare sem-mai la somiglianza di molte forme trovate a Cam-piglia con analoghe recuperate a Pisa: sembre-rebbe prospettarsi, data l’origine locale degliimpasti, la presenza di vasai pisani che operava-no in botteghe nel territorio del campigliese. Laceramica depurata, in particolare II.1, mostra lastessa similarità di forme con i prodotti pisani:in questo caso è molto più complesso accertarneuna fabbricazione locale anche se le prime anali-si archeometriche sembrerebbero confermarloalmeno sino alla fine dell’XI secolo. Dunque unabuona porzione dei prodotti campigliesi sareb-be prodotta da vasai ‘conoscitori’ delle forme inuso a Pisa, ma operanti nel territorio meridiona-le della Toscana. Più nebulosa e complessa la si-tuazione nei secoli successivi. Dal XII secolo inparticolare è difficile accertare la provenienzadei prodotti depurati per la raffinatezza degliimpasti, mentre le ceramiche grezze permango-no di produzione locale.Il dato interessante rimane comunque la costan-te somiglianza di entrambe le classi con le formein uso a Pisa.Infine una breve riflessione sulle forme presenti in

Fig. 3 – Tabella per numero minimo delle forme.

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ceramica artigianale: come si è visto l’olla è domi-nante, assenti coperchi o forme aperte (che si ri-trovano nelle ceramiche di produzione manuale)e quasi assenti boccali o forme ansate di variogenere; i rari frammenti di queste forme non nehanno permesso una tipologizzazione.

I.3 CERAMICA ARTIGIANALE INVETRIATA (Tav. III)

1. Olla: orlo estroflesso e tagliato, corpo globulare.Vetrina verde interna.Dimensioni: Ø orlo cm 12,3, Ø max. espansione cm12,7.Impasto: 5US 1050, P. III fase 2Confronti: Il tipo è pubblicato in GRASSI 1999, Tav. 1,n. 17.Datazione: metà XIII secolo

2. Tegame: bordo arrotondato, corpo troncoconico,fondo piano e 4 prese a bugna. Vetrina marrone in-terna, esterno con colature.Dimensioni: Ø orlo cm 15,5, Ø fondo cm 12, h. tota-le cm 4,8.Impasto: 5US 1060, P. III fase 2.Confronti: Questa forma può presentare la vetrinainterna di tre colori diversi, verde, gialla o marrone.Inoltre il tipo può trovarsi anche con 2 o senza prese.Il tipo è pubblicato in GRASSI 1999, tav. 1, n. 10.Datazione: metà XIII secolo e XIV secolo.

3. Pentola (Fig. 4): orlo arrotondato ed estroflesso,corpo globulare, fondo piano e ansa a nastro. Vetrinamarrone interna.Dimensioni: Ø orlo cm 14, Ø fondo cm 10, Ø maxespansione cm 15, h. max espansione cm 7,5, h. tota-le cm 13,5, largh. ansa cm 3,5, >< ansa cm 1.Impasto: non id.US 1042, P. IV fase2.Confronti: Questo tipo ha evidenti analogie con lepentole invetriate che dal XV secolo costituiscono,insieme ai tegami, il corredo invetriato da cucina.Nella Rocca di Campiglia esse sono attestate a partiredal Trecento. Simili in Prato, nn. 387, 388 tav.XXXVIII realizzate in tecnica industriale e datate allaseconda metà del XIV secolo. Si tratta di un manufat-to acromo, ma viene specificato che qualche decen-nio più tardi le stesse pentole si ritroveranno con l’in-vetriatura.Datazione: s. metà XIV secoloOsservazioni: Il reperto è collocato al Museo di Cam-piglia M.ma.

I tipi presentati (Fig. 5) si attestano su un livelloproduttivo artigianale e sembrerebbero prodot-ti usciti da botteghe rurali ben attrezzate. Neitipi I.3.1 e I.3.2 si nota l’uso di un tornio nontroppo veloce, che ha lasciato evidenti solcatureall’interno dei vasi, ma questo dato non sembre-rebbe mettere in discussione la qualità artigia-

nale dei prodotti. Peraltro questi tipi, presentidalla metà del XIII alla fine del XIV secolo, sidenotano per la precocità di attestazione rispet-to ad analoghe situazioni nella Toscana meridio-nale (GRASSI 1999).La forma del tegame I.3.2 riprende un modellogià presente nella ceramica prodotta a mano (tipoI.1.8, ma con un solo esemplare) e se ne nota unincremento numerico nel Trecento, mentre laproduzione del tipo di olletta (I.3.1) si mantienecostante a quella della pentola invetriata (I.3.3).Quest’ultima presenta un impasto molto selezio-nato tipico in particolare dei prodotti del XVsecolo, ma attestato anche nel Trecento (riman-diamo anche alle quantificazioni delle invetriatepostmedievali).Le vetrine di questi prodotti sono uniformi e benstese, variabili dal trasparente (assai rara) ai co-lori verde, marrone o giallo. Raramente la vetri-na è presente in entrambe le superfici, in generericopre soltanto quella a contatto con il cibo (in-terna). Dall’analisi degli impasti questi prodottisembrerebbero fabbricati nelle stesse botteghe incui avviene la produzione del restante vasellameacromo.Le attestazioni quantitative di queste ceramicherispetto al corredo da cucina nella sua globalitàsembrano indicare una presenza minoritaria delvasellame invetriato a favore di quello modellatoa mano e privo di rivestimento. È da notare d’al-tra parte che la funzione svolta dal tegame è la-sciata unicamente alla produzione invetriata datoche sono rare tali forme nei prodotti acromi. Idue tipi di vasellame dunque, rivestito e non, oc-cuperebbero due nicchie funzionali distinte all’in-terno di uno stesso corredo da cucina.

FRANCESCA GRASSI

Fig. 5 – Tabella per numero minimo delle forme.

Fig. 4 – Pentola I.3.3.

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Tav. III – I. 3 Ceramica artigianale invetriata (scala 1:3).

CERAMICA DA MENSA E DISPENSA

II. Ceramica per la conservazione deglialimenti (dispensa e tavola)

II.1. ACROMA DEPURATA (Tavv. IV-V-VI)

1a Brocca: Collo troncoconico con avvio di orlo tri-lobato, ampia spalla, corpo globulare.Superficie esterna annerita, filettata.Dimensioni: diam. orlo non id.; >< pareti cm 0,4/0,5.Impasto: 13Confronti: edito in BOLDRINI, GRASSI 1999, tav. III, n.8; BOLDRINI, GRASSI 1997, tav. II, nn. 5 e 8.US 4217-4222, P. 1, fase 4Datazione: fine X-XI secolo

1b Brocca: Bordo estroflesso, orlo ingrossato, ansa anastro impostata immediatamente sotto l’orlo.Dimensioni: diam. orlo cm 14; la. ansa cm 4,5; ><ansa cm 0,8; >< pareti cm 0,4Impasto: 12Confronti: edito in BOLDRINI, GRASSI 1999, tav. III, n.9; BERTI, MENCHELLI 1998 (brocche del II gruppo, da-tazione XI sec.); MENCHELLI, RENZI RIZZO 2000 (Pisa,P.za dei Cavalieri) tipo 3.4 (I m. XI sec.), tav. 1 p. 132US 4192, P. I fase 6Datazione: XI secolo

1c Brocca: Orlo arrotondato o appiattito, più o menoingrossato; bocca circolare o trilobata con eventualebeccuccio poco accentuato; collo cilindrico o legger-mente troncoconico; solcatura tra collo e spalla; spallapronunciata, corpo ovoide; fondo piano apodo constacco a cordicella o a lama; ansa a nastro impostata

immediatamente sotto l’orlo (talvolta anche compla-nare) che, dopo un tratto rettilineo, piega verso ilpunto di max. espansione del vaso.Dimensioni: diam. fondo cm 11,5/12; diam. orlo cm10,5/12; diam. collo cm 10,6/14; la. ansa cm 6/6,5;>< ansa cm 1,2/1,4; max. espansione vaso cm 24,5/26; h. totale cm 31,5/34,8.Impasto: 16US: vedi osservazioni per il tipo 1dConfronti: BERTI, GELICHI 1995, tipo “ c” , fig. 7, 8;BERTI, MENCHELLI 1998, p. 312, gruppo II, n. 3.

1d Brocca: Come sopraDimensioni: diam. fondo cm 13,5/14; diam. orlo cm10,5/12; diam. collo cm 11,5/15,5; la. ansa cm 6/6,5;>< ansa cm 1,2/1,4; max. espansione vaso cm 30/33; h. totale cm 37/39.Impasto: 16Confronti: BERTI, GELICHI 1995, tipo “ d” , fig. 9, 10;BERTI, MENCHELLI 1998, p. 312, gruppo II, n. 2.Osservazioni: Per questi due tipi (II.1.1c e II.1.1d),rinvenuti a Campiglia in esemplari frammentari e soloper certi elementi morfologici e dimensionali attribui-bili alle forme qui richiamate, si fa riferimento anchea due vasi restaurati rinvenuti a Rocca San Silvestro econservati presso il Museo del Temperino (Parco Ar-cheologico-Minerario di San Silvestro-CampigliaM.ma). La completezza di questi due vasi è stata diriferimento anche a Berti e Gelichi nel loro lavoro diprima tipologizzazione dei grandi contenitori in de-purata di produzione pisana (BERTI, GELICHI 1995). Siassociano a bolli su ansa, almeno in 4 casi, a rotelladel tipo Ia (BERTI, GELICHI 1995).Nella tabella riassuntiva della frequenza dei tipi è sta-ta aggiunta una voce II.1.1 che indica i frammentidifficilmente attribuibili a “ c “ o a “ d” . Nel catalogosi presentano, per evidenziare la forma, i due vasi espo-

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Tav. IV – II.1. Acroma depurata (scala 1:4) (II.1.1c-d tratte da BERTI, GELICHI 1995).

sti al Museo del Temperino e provenienti da RoccaSan Silvestro, data l’impossibilità di recuperare l’in-tero profilo del tipo tra i reperti di Campiglia.US: 5016, 5053, 5043, 5001, 5053, 5052, 5024, 5063(come intrusioni da rimaneggiamento di contesti piùantichi, vedi area 5000), in area 4000 gli strati di pe-riodo II fase1 e, in area 1000, dal p. IV al VIDatazione: fine XI-XIV secolo,con prevalenza tra XIIIe XIV.

1e Brocca: Bordo estroflesso; orlo leggermente in-grossato e appuntito; collo troncoconico; ansa a na-stro impostata a metà del collo stesso.Dimensioni: diam. orlo cm 8; diam. collo cm 12; la.ansa cm 5; >< ansa cm 1. Potrebbe essere attribuitoa questa forma un fondo di diam. cm 13. Debole schia-rimento delle superfici.Impasto: 16Confronti: potrebbe richiamare (nel tipo di attaccodell’ansa) BERTI, MENCHELLI 1998, p. 313, gruppo III,

fig. 4, n. 1, che le autrici dichiarano forse non benricostruito nella forma.US 5002, P. 1 fase 6Datazione: lo strato 5002 ha scarsa affidabilità; pos-siamo accettare la datazione di BERTI, MENCHELLI 1998alla II m. XII-II m. XIII sec.

2a Orcio a beccaccia: Orlo a beccaccia; basso collocilindrico; spalla accentuata e corpo ovoide non mol-to rastremato verso il basso; fondo piano apodo; ansaa nastro complanare all’orlo.Dimensioni: diam. fondo cm 27; la. ansa 7,7; ><ansa 1,5;Impasto: 12Confronti: Rocca San Silvestro, inedito, da contestidi fine XIII secolo; Pistoia 1987, p. 398, n. 2165 da-tato alla fine del XIII secolo-inizio XIV secolo.US 4158-4133-4157-4138, P. IV fase 1Datazione: II m. XIII sec.Osservazioni: non essendo stato possibile ricomporre

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nessuna forma relativa a questo tipo ed al successivo,nelle tavole non verrà riportato alcun disegno esem-plificativo. Il confronto morfologico più stringente ècon i prodotti rinvenuti a Pistoia, ai quali rimandiamo.

2b Orcio a beccaccia: Orlo a beccaccia; collo cilindri-co; spalla accentuata e corpo ovoide molto rastrematoverso il basso; fondo piano apodo; ansa a nastro impo-stata sotto l’orlo. Superfici esterne schiarite.Dimensioni: non id.Impasto: non id.Confronti: Rocca San Silvestro e Campiglia, tav. III,n. 1 (invetriato internamente ed esternamente) e tav.X, n. 9 con bollo a rotella (tipo Ia, BERTI, GELICHI

1995) sull’ansa (II m.XIV sec.)

US 1042-1043-1044; e 4013, 4035, P. IV fase 2Datazione: XIV secolo

3a Orciolo: Orlo indistinto, bordo verticale, colloleggermente troncoconico, segnato da solcature e di-viso nettamente dalla spalla, corpo globulare che pre-senta nel punto di max. espansione l’attacco di un’ansaa nastro; fondo leggermente concavo, apodo.Dimensioni: diam. orlo cm 10; diam. collo cm 10,5;diam. max. espansione cm 18,3; diam. fondo cm 11,5;>< pareti cm 0,3/0,4; h. totale 17,5 ca.Impasto: 11Confronti: edito in BOLDRINI, GRASSI 1999, tav. IV, n.15. La forma richiama esemplari in vetrina pesante esparsa, di area romana, per i quali vedi BARTOLONI,

Tav. V – II.1. Acroma depurata (scala 1:3).

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1985 tav. XVI n. 158 e tav. XVII n. 171US 4132, P. II fase 2Datazione: XII sec.

3b Orciolo: Orlo squadrato, bordo estroflesso, spallapronunciata.Dimensioni: diam. orlo cm 14; diam. collo cm 13Impasto: 11Confronti: edito in BOLDRINI, GRASSI 1999, tav. IV, n.16 proveniente da Rocca San Silvestro (XII sec.); BOL-DRINI, GRASSI 1997, tav. III, n. 16; RICCI 1990, pp.269-299.US 4132, P. II fase 2Datazione: XII sec.

4 Catino: Breve tesa piana; orlo a sezione triangola-re; corpo troncoconico; fondo piano, apodo.Dimensioni: diam. orlo cm 41; h. cm 14,6; diam. fon-do cm 15; >< pareti cm 0,8Impasto: 11Confronti: BERTI, MENCHELLI 1998, fig. 9 MAA 18;un catino con tesa è anche a Ripafratta (PI) in conte-sti appunto di XI-XII sec., ma con decorazione incisaa secco (RENZI RIZZO 1990, n. 60)Us 4132Datazione: XII sec.

5a Coperchio: Bordo ingrossato; orlo squadrato; cor-po troncoconico.Dimensioni: >< bordo cm 1,2; >< pareti cm 0,7Impasto: 13US 4013, P. fase 2Datazione: I m. XVI sec.

5b Coperchio: Bordo a sezione triangolare; orlo leg-germente rilevato; corpo troncoconico.Dimensioni: >< bordo cm 1,4; >< pareti cm 0,5Impasto: 13Confronti: questa forma decisamente “ a campana” èmolto comune nella vicina Rocca San Silvestro, in con-testi, inediti, di XIII-XIV secolo sia in ceramica grez-za che depurata. Un esemplare analogo a questo, in-tero, è conservato presso il Museo del Temperino (Par-co Archeologico- Minerario di San Silvestro- Campi-glia M.ma); BOLDRINI, GRASSI 2000, tav. V, nn. 13,14(Montemassi-GR)Us 4000, P. VDatazione: XIV-XV sec.

5c Coperchi: Bordo lievemente ingrossato; orlo indi-stinto; corpo troncoconico.Dimensioni: >< bordo cm 0,8; >< pareti cm 0,5Impasto: 13Confronti: Rocca San Silvestro e Campiglia, tav. III n.8, ma in grezzaUS 1047, P. IV fase 1Datazione: XIV sec.

6a Boccale (fig. 9a): Bocca trilobata; orlo ingrossato;bordo leggermente estroflesso; lungo collo, diviso dasolcatura dalla parte bassa del vaso che è solo appenaglobulare; fondo piano, apodo; ansa a nastro, impo-stata sull’orlo.Dimensioni: diam. orlo cm 7; diam. collo cm 6,5;>< pareti cm 0,3/0,4; max. espansione cm 7; diam.

fondo cm 5; la. ansa cm 1,6; >< cm 0,6; h. cm10,5Impasto: 16Confronti: BERTI, GELICHI 1995, fig. 11a; BUSI 1984,tav. I, n. 6 (tipo Ba) con capacità 0,35 litriUS 1050, P. III fase 2Datazione: I m. XIII sec.Osservazioni: Il reperto è collocato al Museo di Cam-piglia M.ma.

6b Boccale (Fig. 9b): come sopra.Dimensioni: diam. orlo cm 9,3; diam. collo cm 8,3;>< pareti cm 0,6/0,7; max.espansione cm 11; diam.fondo cm 8; la. ansa cm 2,5; >< cm 1; h. cm 15,7.Impasto: 16Confronti: BERTI, GELICHI 1995, fig. 11b; BUSI 1984,tav. I, n. 5 (tipo Ba) con capacità 0,65 litri; BOLDRINI,GRASSI 1997, tav. II n. 19US: 1082, P. III fase 1Datazione: I m. XIII sec.Per il tipo 6a e per il 6b si veda anche MENCHELLI,RENZI RIZZO 2000 (Pisa, P.za dei Cavalieri) p. 131 eMENCHELLI 1993 (Pisa, P.za Dante) p. 499 MAC8,10,11,12.

6c Boccale (fig. 9c): come sopra.Dimensioni: diam. orlo cm 11; diam. collo cm 12,5;>< pareti cm 0,4/0,5; max. espansione cm 16; diam.fondo cm 11; la. ansa da cm.3,4; >< cm 1,3; h. cm 22.Impasto: 16Confronti: BERTI, GELICHI 1995, tipo C; BOLDRINI,GRASSI 1997, tav. II, n. 18; BERTI, MENCHELLI 1998,gruppo II, B8, B12, p. 316.US 1060, P. III fase 2Datazione: I m. XIII sec.Osservazioni: Il reperto è collocato al Museo di Cam-piglia M.ma.

6d Boccale: come sopra.Dimensioni: diam. orlo cm 9; diam. collo cm 12,9;>< pareti cm 0,4/0,5; la. ansa cm 3,7; >< cm 1,2.Impasto: 16Confronti: BOLDRINI, GRASSI 1997, tav. II, n. 6 (da Roc-ca San Silvestro, in contesti di XII sec.)US 1060, P. III fase 2Datazione: I m. XIII sec.

6e Boccale: orlo trilobato, breve collo cilindrico,ampia spalla, corpo presumibilmente globulare. Su-perficie esterna annerita in cottura, filettata.Dimensioni: >< pareti cm 0,5/0,6; la. ansa non id.;>< cm 1.Impasto: 13Confronti: edito in BOLDRINI, GRASSI 1999, tav. III, n.12, Rocchette (Massa M.ma), inedito, da contesti diXI-XII e, forse, BERTI, MENCHELLI 1998, gruppo I, pp.315-316, dai profili non definiti collocato tra II metàX e I metà XI secoloUS: 4192,4194Datazione: fine X-XI secolo

7 Microvasetto: Orlo squadrato; bordo estroflesso;carena arrotondata e pronunciata; fondo piano, apo-do.

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Tav. VI – II.1. Acroma depurata (scala 1:3).

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Fig. 6 – Tabella per numero minimo/numero frammenti.

Fig. 7 – Tabella per numero minimo/numero frammenti.

Fig. 8 – Tabella per numero minimo/numero frammenti.

Dimensioni: diam. orlo cm 6,3; diam. max. espan-sione cm 7; diam. fondo cm 2,9; >< pareti cm 0,3/0,4; h. cm 5.Impasto: 13Confronti: BUSI 1984, tav. II, nn. 4 e 5 (Pisa, fine XIII-inizio XIV sec.); microvasetti analoghi vengono daRocca San Silvestro (inedito) da contesti di fine XIII-inizio XIV sec. (area 1, US 225, 218, periodo II, fase2); RENZI RIZZO 1990 (Ripafratta – PI), p. 50 nn. 172-176 invetriati datati al XV-XVI a dimostrazione dellacontinuità della forma; Tavola e dispensa (Firenze),p. 37, n. 21 in ceramica invetriata, relativo al riempi-mento di un pozzo di XV-XVI secolo.US: 1060, P. III fase 2Datazione: I metà XIII sec.

8 Ciotola: Orlo arrotondato; corpo emisferico.Dimensioni: diam. orlo non id.; >< pareti cm 0,3/0,4.Impasto: 13Confronti: Tavola e dispensa (Firenze), p. 74, n. 165(su ceramica di Gruppo VII C di CORA 1973); RICCI

1990c, n. 248, p. 299 datata alla metà del XIII secolo.US: 1032, P. V fase 2Datazione: metà XIII; II m. XV/XVI sec.

I prodotti appartenenti a questa classe presenta-no tutti impasti abbastanza duri e piuttosto bendepurati (impasti 11, 13, 16); nel periodo I ri-sultano minoritari a vantaggio degli omologhiprodotti di classe II.3 e II.4, ma si affermano apartire dalla fine dell’XI secolo insieme a quelli,tecnologicamente identici, con decorazioni in-cise a crudo (II.2).Come vedremo anche esaminando le classi II.3e II.4, è dalla II metà dell’XI secolo che a Cam-piglia si impone progressivamente il mercato pi-sano, in parallelo con il consolidarsi della signo-ria territoriale dei Della Gherardesca, di matri-ce appunto filo-pisana. Noi leggiamo questa tra-sformazione politico-economica del centro diCampiglia non solo attraverso le modifiche edili-

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zie della Rocca, ma anche attraverso il vasella-me che non giunge solo da mercati limitrofi, magià direttamente da Pisa, che proprio in quel-l’epoca peraltro sta rafforzando la sua scelta di‘industrializzazione’ produttiva (BERTI, MENCHEL-LI 1998). Va comunque notato che, accanto alleforme pisane tipiche (brocche del tipo II.1.1 eboccali Busi II.1.6) foggiate con impasto 16 (im-pasto molto depurato, attribuito a Pisa, ma nonanalizzato, vedi anche il catalogo degli impasti),esiste una piccola quantità di queste produzioni‘pisane’ fabbricate con impasto 13 di origine lo-cale. Questo dato, al momento non affinabile esoprattutto non quantificabile, data la forte de-purazione di questi impasti e la conseguente dif-ficoltà di distinguerli macroscopicamente, aprela strada per ulteriori ricerche, in modo da evi-denziare se effettivamente ci troviamo di frontenon solo all’arrivo di prodotti da Pisa, ma anchealla fabbricazione in loco di prodotti di tipo pi-sano, opera di vasai provenienti dalla città stes-sa (vedi supra).

Nel XII secolo notiamo ancora infatti la testi-monianza di mercati ‘altri’ da quello pisano, neitipi II.1.3a, 3b e 4 (in parte), nel II.1.6e e neicoperchi II.1.5, caratterizzati da due impasti(numero 11 e 13) di origine locale; le formerichiamate da questi tipi sono molto simili aquelle prodotte contemporaneamente a Pisa. Lapossibilità di vasai pisani che operano sulla co-sta si è prospettata anche, come detto prece-dentemente, per le ceramiche da cucina arti-gianali, foggiate su impasti locali ad imitazionedei prodotti cittadini. In questo caso la cerami-ca depurata non farebbe che riproporre una si-tuazione dunque già accertata per un’altra classedi materiali.D’altronde è innegabile la tendenza monopoliz-zatrice della città di Pisa anche in siti vicini aCampiglia. Nella vicina Rocca San Silvestro, in-fatti, come abbiamo già avuto modo di notare(BOLDRINI, GRASSI 1999), dai primi contesti cera-mici leggibili (XI secolo) alla fine dell’insedia-mento (fine XIV secolo) l’influenza pisana nelleforme ceramiche è molto forte, pur con rarissi-me eccezioni; ma in questo casi si tratta di uncastello costruito ex-novo per volontà signorilealla fine del X- inizio dell’XI secolo ed è semprela signoria territoriale dei Della Gherardesca (poidei Della Rocca) a dare il via a questa iniziativa,mettendo in atto procedure ‘colonizzatrici’,stabiliendo forse garanzie ed esenzioni per gliabitanti ed organizzando circuiti di mercato (ma-terie prime/manufatti) in concertazione con Pisa.Questo è il quadro di provenienza dei prodotti.

Esaminiamo ora più direttamente le forme e lecaratteristiche tecnologiche.La brocca II.1.1a è l’antesignana della brocca condecorazioni incise II.2.1a; l’unica differenza èl’assenza di decorazione. La brocca II.1.1b inve-ce non sembra aver avuto eredi esaurendosi allafine dell’ XI secolo (Fig. 6). Questi due tipi dibrocca, funzionalmente simili ai tipi più tardisotto analizzati, ma prodotti su impasto diverso,meno depurato (impasto 12) e soprattutto ca-ratterizzanti un arco cronologico definito tra Xe XI secolo, sarebbero molto interessanti rispet-to ai sottotipi “ c” e “ d” ben conosciuti per lacittà di Pisa, ma le poche attestazioni e la parzia-le ricostruibilità delle forme non permette di leg-gerne interamente la morfologia.Un discorso a parte occorre fare per le broccheII.1.1c e II.1.1d, le brocche di produzione pisa-na nei noti tipi “ c” e “ d” . Per quanto riguardaqueste grandi brocche per lo stoccaggio dome-stico (o, in questo caso, di comunità) di liquidi(acqua, vino, olio), i reperti di Campiglia nonaggiungono molto alla conoscenza dei tipi cir-colanti nell’area toscana meridionale e litoraneatra XIII e XVI secolo. Le forme II.1.1c, d, e ri-mandano infatti a tipi già descritti nel lavoro dirisistemazione di questo materiale ceramico diBerti e Gelichi (BERTI, GELICHI 1995). Difficile,nei periodi dal XV secolo in poi, distinguere, inassenza di elementi caratterizzanti quali bolli sulleanse, decori a pettine sulle spalle, completezzadella forma etc.., tra le tre produzioni che a Cam-piglia possono convergere per motivi politici edeconomici: la produzione pisana, quella fiorenti-na e quella senese. Dunque, soprattutto nel rag-gruppamento generico II.1.1, si possono ritro-vare tutti questi grandi vasi monoansati con spes-sore delle pareti medio/sottile e impasti moltodepurati difficilmente distinguibili a livello ma-croscopico (13, 16).Le brocche II.1.1c e II.1.1d hanno un corrispet-tivo diretto nei boccali 6a, 6b, 6c e 6d; dal pun-to di vista tecnologico sono infatti prodotti iden-tici. Stessi impasti (13, 16), duri, ben cotti confrattura netta, pareti sottili; solcatura lungo ilcollo, stacco a lama del piede dal tornio, stecca-tura della parte più bassa ed esterna del piede,lisciatura a polpastrello del piede interno. I boc-cali (definiti per brevità “ tipo Busi” ) compaiononella Rocca di Campiglia in modo apprezzabilenel XII secolo (Fig. 7), si affermano decisamen-te nella prima metà del XIII, mentre alla finedello stesso secolo flettono la loro presenza an-che per il contemporaneo diffondersi nelle mensedegli omologhi vasi in maiolica arcaica. Infatti,secondo Menchelli (MENCHELLI, RENZI RIZZO

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2000), la produzione, pur se all’inizio artigiana-le e poi industriale, si data dall’XI alla prima metàdel XIII secolo. A Rocca San Silvestro comun-que almeno il 6b continua ad essere presente in-sieme a boccali di maiolica arcaica in contestidella II metà del XIII secolo e I m. del XIV (BOL-DRINI, GRASSI 1997, tav. II, n. 19).Di questi boccali “ Busi” si evidenziano a Campi-glia tre misure, coerentemente con i ritrovamentifino ad oggi effettuati, leggibili nella tabella diFig. 10.Accanto a questi c’è un tipo più rotondeggiante(II.1.6d), ma per il resto identico agli altri II.1.6,che avevamo già indicato come presente nei con-testi di fine XII-inizio XIII secolo a Rocca sanSilvestro (BOLDRINI, GRASSI 1997) e che ritrovia-mo qui a Campiglia nella I metà del XIII secolo.Da segnalare infine il II.1.6e, completamentediverso nella morfologia dai tipi sopraesposti,perché caratterizzato da basso collo e ansa com-planare; ha confronti a Rocchette e Montemas-si, in contesti trecenteschi. Potrebbe anche esse-re una beccaccia in teoria.Completano la gamma del vasellame un micro-vasetto analogo ai tipi pisani e di Rocca San Sil-vestro, ma anche ad alcuni tipi provenienti dallazona fiorentina, spesso rivestiti con invetriaturaverde, e una ciotola con bordo indistinto che sem-bra richiamare nella forma alcuni prodotti smal-tati del XV secolo sempre di area fiorentina.Per fare un’analisi di tipo funzionale delle formeoccorre conteggiare insieme quelle chiuse di clas-se II.1 e II.2 (Figg. 11 e 12) cioè i prodotti suimpasto duro, ben depurato con caratteristiche‘industriali’ che noi indichiamo come pisani, i

rari prodotti senesi e quelli di area fiorentina;ad essi si aggiungono i prodotti di impasto 13che definiscono in maggioranza il contesto dibutto di periodo II nel palazzo perché si tratta diuna produzione omologa e parallela.A Campiglia non si profila mai una netta preva-lenza tra i tipi delle brocche e dei boccali; tran-ne nel caso del periodo III fase 2, nel contestorelativo al butto della torre B. Torneremo nelleconclusioni su questo contesto, per spiegarne laparticolarità che influisce senz’altro sulla quan-tità numerica così elevata.Passando ai coperchi (II.1.5, Fig. 8), questi tron-coconici sono molto comuni in tutta la bassaToscana tra il XIII ed il XIV secolo e sarannopoi in parte soppiantati dai prodotti invetriati.Di questi coperchi non possiamo calcolare il dia-metro e dunque è impossibile stabilire se si trattidi coperture per gli orcioli o per i rari catini.Abbiamo poi i catini con tesa piana; si diffon-dono nella Toscana centro-meridionale internae costiera a partire dal XIII secolo e sono pre-senti e assai comuni sicuramente per tutto il XIV.Non è mai stato fatto uno studio cronotipolo-gico tale da segnalare nelle varie fasi lo svilup-po delle due morfologie base (catino con corpoemisferico e catino con corpo troncoconico,RICCI 1990c, pp. 288-307, in particolare tavv.XXXI e XXXII per i contesti romani di XIVsecolo) e Campiglia, con le poche forme aperteche presenta, non si presta a questo tipo di ana-lisi. Di certo, sia questo esemplare sia un altroanalogo proveniente dall’US 1060 (periodo III,fase 1-I, m. XIII sec.) sono precoci rispetto allostandard supposto. In questo scavo, in genera-

Fig. 9 – Boccali II.1.6a, b, c.

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le, le forme aperte in depurata sono scarsissi-me. Questo dato potrebbe essere legato al con-testo d’uso della Rocca, che dal XIII secolo èsede di guarnigioni militari che, forse, nel lorocorredo non prevedevano l’utilizzo di questeforme da dispensa/cucina e mensa, ma soltantodi quelle da conservazione e stoccaggio dei li-quidi (brocche, orcioli, orci).Infine completano la gamma del vasellame daconserva e magazzino gli orcioli, identificati indue tipi principali. Uno, il II.1.3a, è un unicumper il momento in questa zona della Toscana, einfatti è prodotto con l’impasto 13, mentre il 3bha moltissimi confronti e varianti in vasi prove-nienti da Rocca San Silvestro, ma anche da Mon-temassi e Rocchette (quindi due aree cultural-mente ‘senesi’ e non pisane) in contesti compre-si tra XII e XIV secolo, senza che sia per il mo-mento possibile stabilire una scansione tipologi-ca più dettagliata o mostrare l’eventuale evolu-zione o il perdurare della forma verso i tipi co-perti di età rinascimentale (per l’evoluzione diquesta forma si veda RICCI 1990c).

II.2. ACROMA DEPURATA CON DECORAZIONI INCISE

IN SUPERFICIE A CRUDO (Tav. VII)

1a Brocca: Orlo leggermente ingrossato e trilobato;collo troncoconico diviso dalla spalla da un’evidentesolcatura; corpo globulare; superfici filettate sul colloe, più lievemente, sul corpo. Decorazione: motivo alunghe onde incise a punta sulla parte centrale del vaso.Dimensioni: diam. orlo cm 12; diam. collo cm15;diam.max.espansione cm 28,5; >< pareti cm 0,5.Impasto: 16Confronti: edito in BOLDRINI, GRASSI 1999, tav. IV, n.14; BOLDRINI, GRASSI 1997, tav. III, nn. 5,8; BERTI,GELICHI 1995 tipo “ d” .Us 4132, P. II fase 2Datazione: XII sec.Osservazioni: Si tratta di una brocca riportabile cometipo morfologico e dimensionale a quello identificatonlla produzione pisana come brocca “ d” (BERTI, GELI-CHI 1995) e Gruppo II 1 e 2 (BERTI, MENCHELLI 1998,anche se in questo caso la ricostruzione del profilo dellaspalla è ipotetica e non corrispondente a quella deinostri vasi). È un prodotto individuabile in contestidalla metà dell’XI secolo alla prima metà del XIII, mala combinazione tra questo tipo morfologico/dimen-

Fig. 10 – Le dimensioni dei boccali “ Busi” rinvenuti a Campiglia

Fig. 11 – Tabella per numero minimo/numero frammenti.

Fig. 12 – Tabella per numero minimo/numero frammenti.

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294Tav. VII – II.2 Acroma depurata con decorazioni incise in superficie a crudo (scala 1:4).

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sionale e il decoro con ampie linee sinuose incise sullaspalla (e talvolta anche sul collo) sembra essere carat-terizzante del pieno XII secolo, momento in cui si ha ilmassimo delle attestazioni, come mostrano almeno icontesti di Rocca San Silvestro (inediti) e di Campi-glia. Il decoro sinusoidale è documentato in MENCHEL-LI, RENZI RIZZO 2000 (Pisa, Piazza dei Cavalieri, p. 136,tav. II, 7.1 e 7.2), ma su boccali “ tipo Busi” .

1b Brocca: Corpo ovoide, con spalla molto pro-nunciata. Decorazione a pettine sulla spalla.Dimensioni: diam. fondo cm 10; diam. max. espan-sione cm 24,5; >< pareti cm 0,5; h. residua cm 21Impasto: non campionato, pertinente probabilmentead area senese.Confronti: FRANCOVICH 1982, fig. 230, fn 15 (Siena,contrada del Nicchio) è l’esempio classico; ma si vedaanche FRANCOVICH et alii 1999 e in generale in tutti icastelli della bassa Toscana sono presenti, spesso af-fiancati (in percentuali favorevoli all’uno all’altro aseconda dell’influenza politico-commerciale cui ilcastello è soggetto) ai prodotti pisani funzionalmenteanaloghi, questi vasi da conserva per liquidi, detti co-munemente (e impropriamente) “ anforette senesi” .Sono produzioni tipiche del XIV-XV secolo.US: 1040, P. V fase 2Datazione: fine XIV secolo-inizi XV secoloOsservazioni: Il reperto è collocato al Museo di Cam-piglia M.ma.

2 Catino/ciotola: Bordo introflesso; orlo squadrato;corpo globulare. Sulla parte superiore del bordo e sullaparete esterna (fascia alta) del vaso serie di cerchiettiimpressi; sempre sulla parete esterna fitta filettatura.Dimensioni: diam. orlo cm 21; diam. max. espansio-ne cm 26; >< pareti cm 1.Impasto: 13Confronti: CANTINI 2000, datato al VIII / IX secolo inun contesto del castello di Montarrenti (fig. III, n. 9).Us: 4120, P. II, fase 2Datazione: VII-IX secolo.Osservazioni: Questo pezzo è un unicum nello scavodi Campiglia; proviene da un contesto di XII secolo,ma è di difficile identificazione. L’impasto è infattilocale (che si affermano a partire dalla metà dell’XIsecolo, BERTI, MENCHELLI 1998, p. 332), ma lo stiledecorativo e la forma a bordo rientrante appartengo-no ad orizzonti più antichi. Un esemplare simile è statorinvenuto a Montarrenti, castello nell’entroterra se-nese, area culturalmente assai diversa dalla costa adominio pisano.

3 Catino: Breve tesa piana, orlo arrotondato, corpoglobulare. Sulla tesa motivo a onda graffito a pettine.Dimensioni: diam. orlo cm 30; >< pareti 0,7Impasto: 13Confronti: Rocca San Silvestro e Campiglia, tav. VII,n. 16 (XIV sec.); BERTI, MENCHELLI 1998 fig. 9 n. 4(XIII-XIV sec.)US 4015, P. VIDatazione: XIII-XIV secoloOsservazioni: Per la discussione sui catini con tesacfr.infra II.1.4. Il decoro sulla tesa con motivo a pet-tine non pare diffusissimo e comunque, guardando aicontesti noti di area senese-maremmana o a quelliinediti di area costiera (Rocca San Silvestro, Scarlino)non sembra caratterizzare un periodo cronologicopiuttosto che un altro. Nel castello di Montarrenti(CANTINI 2000, fig. III, n. 23, 24) si ritrova un decorosimile in un prodotto di XII-XIII secolo.

4a Boccale: Collo cilindrico, diviso dalla spalla dasolcatura sottile; corpo globulare; fondo piano apo-do. Superficie esterna nuda, di aspetto granuloso ecolore beige. Decorazione: sulla spalla doppio moti-vo ad onda graffito in modo leggero con una stecca.Dimensioni: diam. collo cm 5,6; diam. max. espan-sione cm 10; diam. fondo cm 5,2; >< pareti cm 0,4;h. residua cm 9.Impasto: non id.Confronti: edito in BOLDRINI, GRASSI 1999, tav. III, n.13; BOLDRINI, GRASSI 1997, tav. III, n. 10; CANTINI

2000, fig. III, n. 28.US: 4192-4194, P. I fase 5/6Datazione: XI sec.Altro unicum dello scavo è questo piccolo boccaleper il quale è difficile esprimersi anche sulla produ-zione. L’esemplare in CANTINI 2000, proveniente daMontarrenti (SI) è più tardo (XII-XIII secolo).

4b Boccale: Orlo non id.; probabile collo cilindrico,spalla pronunciata; corpo globulare; ansa a nastroschiacciato complanare all’orlo. Decorazione: sullaspalla tre bande parallele di linee incise a pettine in-tervallate da motivi ondulatiDimensioni: diam. collo cm 13,7, diam. max. espan-sione cm 20; >< pareti cm 0,5/0,6; la. ansa cm 3,2;>< ansa cm 7Impasto: non id.US: 4001, 4015. P. VIDatazione: XV-XVI

Si tratta di reperti distribuiti in modo disomoge-neo nell’arco temporale interessato dallo scavo, con

Fig. 13 – Tabella per numero minimo/numero frammenti.

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provenienze diverse e difformità, ovviamente, an-che nelle modalità e nella qualità dei decori.Al loro interno si riconoscono pezzi unici (II.2.2,II.2.4a), tipi noti dalla letteratura e forse sotto-stimati in questo scavo (II.2.1b) e tipi molto ca-ratterizzanti di un certo periodo e ben documen-tati (II.2.1a). È difficile sviluppare un commen-to complessivo e si può tentare dunque una di-scussione dei singoli tipi.Il tipo più interessante, perché più identificabilenella forma e nel periodo di diffusione, è la broc-ca II.2.1a, eseguita sempre a tornio veloce (quindicon linee interne parallele e regolari), con impa-sti depurati (13 e 16), corpo ovoide, filettaturee un largo motivo sinusoidale inciso a punta nellaparte alta del vaso. La vita di questo tipo inizianell’XI secolo avanzato e si diffonde nel XII,mentre già attorno alla metà del XIII secolo è invia di estinzione, sostituito funzionalmente dal-le forme simili II.1.1 che non hanno alcun deco-ro esteriore. Si riconferma dunque la tendenzaalla semplificazione per questi tipi ceramici, chenei secoli assottigliano le pareti, depurano gliimpasti, perdono i decori esteriori.Fa eccezione in questo senso la cosiddetta “ an-foretta senese” , che anforetta non è, dato che èmonoansata e dotata di un apparato decorativosemplice e standardizzato composto da bandealternate di linee parallele e linee sinuose ottenu-te a pettine. Il tipo è documentato tra XIV e XVIsecolo almeno, ma in questi insediamenti di costa(Rocca San Silvestro, BOLDRINI, GRASSI 1997; Scar-lino, Campiglia, BOLDRINI, GRASSI 1999 e Casteldi Pietra, BOLDRINI et alii 1999) sembra meno dif-fuso dei prodotti di area pisana; la Rocca di Cam-piglia ne ha restituito un esemplare, ma forse lapresenza è sottostimata per il problema che si èdetto parlando dei grandi vasi II.1.1 nel primoparagrafo. Infatti se non è conservata la parte ca-ratterizzante (in questo caso la fascia della spallacon i decori a pettine) è difficile attribuire il vasoad una produzione piuttosto che ad un’altra.Un unicum per Campiglia è invece la ciotola/cati-no II.2.2, rinvenuto in un contesto di XII secolo,ma forse riferibile a realtà più antiche visto che iconfronti possibili per la forma ed il tipo di deco-ro rimandano alla fine IX- X secolo (VALENTI 1995,p. 84, tipo D3) e tra VIII e X a Montarrenti (CAN-TINI 2000). Certo questa datazione è messa in di-scussione dal tipo di produzione su impasto mol-to depurato, non tipico a Campiglia del vasella-me di fine IX-X; ci aspetteremmo, date le caratte-ristiche formali e decorative del pezzo, che esso,se prodotto in epoca così antica, fosse foggiato suun impasto caratterizzante la fase di produzionedi IX-X secolo. Anche in questa classe comunque

restano assolutamente minoritarie le forme aper-te, di cui si segnala il tipo II.2.3 con tesa decoratada motivo ad onda eseguito a pettine, catino co-mune nei contesti di tardo XIII-XV secolo in di-versi centri della Toscana.

II.3 ACROMA DEPURATA CON SUPERFICI LISCIATE (A

PANNO/A STECCA) (Tav. VIII)

1a Brocca: Collo troncoconico (probabile bordo estro-flesso); corpo ovoide; fondo piano, apodo. Ansa a na-stro con bordi squadrati, impostata sul corpo, proba-bilmente sotto alla max.espansione del vaso e, sempreprobabilmente, complanare all’orlo. Superfici esternelisciate a panno e a stecca e sul collo finemente filettatecon solcature un po’ più marcate nella parte pressol’attacco dell’ansa. All’interno le superfici, caratteriz-zate da una tornitura larga e irregolare con spigoli ar-rotondati, sono rifinite a stecca e a polpastrello.Dimensioni: Ø collo cm 19,6/11; max. espansionecm 26; diam. fondo cm 13,4; la. ansa cm 4,5; ><ansa cm 1; >< pareti cm 0,5/1.Impasto: 10Confronti: edito in BOLDRINI, GRASSI 1999, tav. I, n.6; boccali tipo A da Fiesole (FI) in FRANCOVICH, VAN-NINI 1989, n. 1348, p. 41; CANTINI 2000 (Montarren-ti, SI metà VIII-IX sec.) fig. III, n. 12, tale repertoperò ha solo la parte inferiore del corpo lisciata a stec-ca ed ha impasto molto depurato.US 5016, P. II fase 1Datazione: X secoloOsservazioni: Per l’utilizzo dell’impasto 10 e per latotale lisciatura a panno e stecca delle pareti questoprodotto può essere omologato a quelli della claseII.4, ma potrebbe essere leggermente più tardo diquesti per la perdita di qualsiasi intento decorativo.

1b Brocca: Bordo leggermente estroflesso; orlo squa-drato; collo troncoconico; ansa a nastro impostatasotto l’orlo; corpo globulare; fondo piano con lievestrozzatura verso il piede. Superficie interna ed ester-na beige scuro, con vistosi annerimenti a macchie;steccatura della parte più bassa del vaso, ma non delfondo. Lisciatura interna a stecca e a polpastrello.Dimensioni: Ø orlo cm 11; diam. collo cm 13; diam.fondo cm 13,6; la. ansa non id.; >< ansa cm 3; ><pareti cm 0,5/0,6; h. 24,6 cm.Impasto: 13 (?); l’impasto non è attribuibile con cer-tezza perchè stracotto.Confronti: edito in BOLDRINI, GRASSI 1999, tav. III, n.10; BERTI, MENCHELLI 1998, brocche del gruppo II,fig. 3/1.US: 5002, P. I fase 6Datazione: X-XI secolo

2a Boccale: Bordo indistinto; collo troncoconico; ansaa nastro complanare all’orlo. Superfici lisciate a pan-no, rossastre.Dimensioni: Ø orlo cm 7,8; la. ansa cm 4; >< ansacm 1; >< pareti cm 0,5/0,6.Impasto: 10

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Tav.VIII – II.3 Acroma depurata con superfici lisciate (a panno/a stecca) (scala 1:3; la tavola è ripresa daBOLDRINI, GRASSI 1999).

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Confronti: edito in BOLDRINI, GRASSI 1999, tav. III, n.11; BERTI, MENCHELLI 1998, fig. 5, B4 (boccali delgruppo I), datato alla fine X-inizi XI secolo.US: 5063, P. II fase 1Datazione: X-XI secoloCon la voce II.3.1 della tabella si indicano le brocchegenericamente attribuibili al tipo, ma non misurabilie quindi non inseribili nei sottotipi a e b.

Come mostra la tabella di distribuzione (Fig. 14)questa classe ceramica è ben circoscritta al pri-mo periodo evidenziato nello scavo, dunque trafine IX e XI secolo, scomparendo nei periodisuccessivi. Essa rappresenta propriamente unretaggio di produzioni più antiche, segnate daun destino di estinzione con l’affermarsi di pro-dotti più ‘facili’ e funzionali, come le depurate apareti medio/fini imposte dal mercato pisano edai vasai di origine pisana.La manifattura e gli impasti usati sono molto ca-ratterizzanti nel contesto campigliese; la liscia-tura delle superfici esterne è a panno e, più rara-mente o solo in certe parti del vaso, a stecca. Lalisciatura a polpastrello si ha talvolta all’internodelle forme chiuse, in particolare nel punto diraccordo tra fondo e parete. I vasi hanno unacoloritura rossastra favorita anche dall’impastoche è di color arancio intenso con spessa animagrigia. Questi sono i caratteri comuni anche allaclasse II. 4 che ha in più solo decorazioni incisea crudo a stecca e/o a punta. L’analisi di questedue classi sarà fatta congiuntamente perché lecaratteristiche della produzione sono identichee l’inquadramento cronologico non dissimile al-meno per i reperti rinvenuti a Campiglia; tra l’al-tro in molti casi, data la frammentarietà dei vasi,ciò che viene attribuito a II.3 potrebbe essere diII.4 senza problemi, visto che i decori dei vasiinteressano solo porzioni ridotte della superfi-cie e non è detto che i frammenti ritrovati con-servino proprio quelle porzioni.In generale però è possibile che il nucleo di ma-teriali decorati sia leggermente più antico di que-sti a superfici liscia, essendo questi ultimi possi-bile frutto del definitivo annullamento di vellei-tà estetiche e anche gli ultimi testimoni di unmercato soppiantato, a partire dall’XI secolo,come detto, da altre produzioni.

II.4 ACROMA DEPURATA CON SUPERFICI LISCIATE (A

PANNO/A STECCA) E DECORAZIONI INCISE A CRUDO

(Tav. IX)

1 Catino: Bordo estroflesso; orlo ingrossato, insella-to leggermente nella parte superiore; parete carenatanella parte inferiore del vaso. Superfici esterne luci-date a panno, coloritura rossastra. Decorazione: lun-go il bordo interno motivo graffito a punta; lo stessodecoro, mal conservato, si riconosce sulla superficieesterna. Subito sotto l’orlo è presente un foro di so-spensione.Dimensioni: Ø orlo cm 28,4; >< pareti cm 0,7/0,8.Impasto: 10Confronti: edito in BOLDRINI, GRASSI 1999, tav. II, n.1; BERTI, CAPPELLI, CIAMPOLTRINI 1992, tav. I, n. 1 (Luc-ca, datato tra IX e X secolo con macchia di vetrinasul bordo esterno); RONCAGLIA 1986, fig. 3 n. 2 (Mon-tarrenti, Siena, datato tra X e XI sec.); MENCHELLI,1993, p. 514, n. 13 (Pisa, P. zza Dante, da contesti diX- s.m. XIII sec.)US: 5016-5043, P. I fase 4 e P. II fase 1Datazione: fine IX-X sec.

2a Orciolo: Bordo estroflesso; orlo squadrato; corpoovoide (?). Superfici esterne lucidate a panno, colori-tura rossastra. Decorazione: lungo il bordo internomotivo ondulato graffito a punta; sulla parete ester-na linee orizzontali e doppio motivo ondulato graffi-to a punta.Dimensioni: Ø orlo non id.; >< pareti cm 0,6.Impasto: 10Confronti: edito in BOLDRINI, GRASSI 1999, tav. II, n.2; CIARROCCHI, MARTIN, PATTERSON 1993, fig. 2, n. 3(contesti di tardo VIII sec., in acroma grezza daPianabella- Ostia antica); PATTERSON 1993, fig. 4, n.36 (campagna romana, inizi IX sec.); CANTINI 2000(Montarrenti, SI, X-XI sec.), fig. III, n. 19, tale esem-plare ha però impasto depurato e superfici non li-sciate.US 4205-4203, P. I fase 4Datazione: fine IX-X sec.

2b Orciolo: Bordo estroflesso; orlo squadrato; am-pia gola con collo sagomato. Superfici esterne lucida-te a panno, coloritura rossastra. Decorazione: lungola parete esterna motivo ondulato graffito a punta.Dimensioni: Ø orlo non id.; >< pareti cm 0,6.Impasto: 10Confronti: edito in BOLDRINI, GRASSI 1999, tav. II, n. 3US 4205-4175, P I fase 6Datazione: fine IX-X sec.

Fig. 14 – Tabella per numero minimo/numero frammenti.

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3 Brocca: Simile a II.3.1, ma con decorazione ad ondaincisa a stecca sulla superficie esterna.Dimensioni: >< pareti cm 0,7/0,8.Impasto: 10Confronti: edito in BOLDRINI, GRASSI 1999, tav. II, n.4; FRANCOVICH, GELICHI 1980, tav. 27, n. 14 (Grosse-to, XI-XII sec.).US 5001, 7000, P IDatazione: fine IX-X sec.

4 Brocchetta: Bordo estroflesso; orlo ingrossato; col-lo cilindrico, leggermente sagomato. Superfici ester-ne lucidate a panno, coloritura rossastra, filettate, conalcune solcature più marcate. Sul collo presente forodi sospensione.Dimensioni: Ø orlo cm 9; diam. collo cm 9,5; ><pareti cm 0,4/0,5.Impasto: 10Confronti: edito in BOLDRINI, GRASSI 1999, tav. II, n.5; per un esemplare analogo in vetrina pesante tran-

sizionale si veda BARTOLONI 1985, tav. XVII n. 170.US 5016, P. II fase 1Datazione: fine IX-X sec.

5 Fuseruola: Corpo bitroncoconico, superfici com-pletamente lisciate a panno, anche nel foro interno.Cerchietti e semicerchi punzonati in modo disordi-nato soprattutto nella parte superiore del corpo.Dimensioni: Ø max. cm 2,8; diam. min. cm 2; h. cm 2Impasto: 10Confronti: edita in BOLDRINI, GRASSI 1999, tav. II, n. 7.US: 5110, P. I fase 2Datazione: fine IX-X sec.Osservazioni: La fuseruola è stata presentata in questasezione per le sue caratteristiche tecnologiche (liscia-tura delle superfici), ma è chiaro che non ha niente daspartire con la classe funzionale della ceramica per laconservazione. Tale accorpamento è stato fatta solo percomodità, data la rarità di fuseruole nei rinvenimentidi Campiglia e la similarità produttiva con i vasi II.4.

Tav. IX – II.4 Acroma depurata con superfici lisciate (a panno/a stecca) e decorazioni incise a crudo(scala 1:2; la tavola è ripresa da BOLDRINI, GRASSI 1999).

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Questo nucleo di vasi presenta caratteristicheformali e tecnologiche molto compatte ed omo-genee già descritte per la classe II.3: rifinituradelle superficie esterne, lisciate a panno o, piùdi rado, steccate e utilizzo di un unico impastoarancio con anima grigia (n. 10).Le forme tipiche sono orcioli, catini, brocche ebrocchette. Catini e orcioli hanno decorazioniondulate graffite a stecca o a punta sul bordointerno e sulla parete esterna, in associazione consolcature o filettature. Motivi ad onda e filetta-ture si hanno anche sui colli e le spalle delle broc-che. Le rare anse rinvenute sono a nastro, conbordi squadrati. Un altro elemento distintivo èla presenza di fori per la sospensione eseguiti acrudo.Per una quantificazione totale occorre unire nellatabella (Fig. 16) le forme da dispensa e quella damensa delle classi II.3 e II.4 per i motivi sopraesposti.Questo nucleo di reperti, e l’impasto che è a loroassociato (10), è circoscritto ad un ambito cro-nologico ben preciso poichè a Campiglia si ri-trova come minoritario negli strati di XI secolo,mentre è totalmente assente già in quelli di pie-no XII secolo, come del resto mostrano anche ireperti provenienti dalla vicina Rocca San Silve-stro che non presentano questa produzione. Inol-tre questo impasto è associato anche ai repertiin vetrina sparsa, motivo che ne conferma l’an-tichità e, come abbiamo già avuto modo di illu-strare (BOLDRINI, GRASSI 1999, p. 440), apre lapossibilità di centri di produzione di questo va-sellame, coperto o meno, nell’area della Tosca-na meridionale costiera, in un periodo compre-so tra il IX (ma forse anche VIII) e l’XI secolo

almeno. Peraltro i risultati delle analisi in sezio-ne sottile di questo impasto hanno confermato eavvalorato tale ipotesi, risultando pienamentecompatibili con la geologia locale.La datazione proposta alla fine del IX secolo-inizi X si basa soprattutto sul fatto che questimateriali, presentano ancora evidenti volontàdecorative (i motivi graffiti a stecca, la lucidatu-ra accentuata) ma ne rappresentano la fase diproduzione e riproposizione finale, come è sta-to evidenziato per alcuni contesti della campa-gna romana di fine IX secolo (CIARROCCHI, MAR-TIN, PAROLI, PATTERSON 1993, p. 224) e X secolo(ARTHUR, PATTERSON 1994). Inoltre, nei contestidello scavo, questi reperti sono associati a pro-dotti in acroma grezza che in parte trovano illoro punto di confronto più stretto, ed anchepiù vicino topograficamente, con il contesto delPodere Aione (CUCINI 1989, per il quale è statasuggerita una datazione al IX secolo, vedi infra).

II.5 ACROMA DEPURATA CON DECORAZIONI

OTTENUTE A STAMPO (“ FIGLINESE” ) (Tav. X)

1 Catino: Bordo leggermente introflesso, orlo a man-dorla, sagomato esternamente; corpo emisferico.Decorazione con motivo a graticcio sulle pareti ester-ne ottenuta a stampoDimensioni: Ø orlo cm 36; >< pareti cm 1Impasto: non campionato.Confronti: BOLDRINI, GRASSI, QUIROS CASTILLO 1999,tipo A1 (sia la forma che il tipo sommario di decora-zione rimandano alle ultime produzioni di questa clas-se ceramica tra XVI e XVIII secolo)US 4014-4019, P. IV e V fase 2Questa classe è decisamente poco attestata nello sca-vo (4 vasi riconoscibili per un totale di 5 frammenti

Figg. 15-16 – Tabelle per numero minimo/numero frammenti.

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nei periodi III, IV e V). Il frammento di periodo III èchiaramente un intruso, dato che le prime attestazio-ni di questa classe risalgono al XIV secolo (Fig. 17).

Scarsamente presente a Campiglia (3 individui),la cosiddetta “ figlinese” non ci permette di farealcuna considerazione sul significato ed il pesodella sua diffusione in questa zona. Il frammentopiù significativo viene da strati di riporto del pe-riodo V, fase 2 (inizio XVI secolo) ed è un catinocon bordo a nastro convesso, diffuso come tipotra XV e XVIII secolo. Dato il decoro piuttostosemplificato del nostro esemplare ed il bordo par-ticolarmente spesso si propende per una datazio-ne non precedente alla seconda metà del XV se-colo (BOLDRINI, GRASSI, QUIROS CASTILLO 1999, tipoA, p. 400, n. 8). Inoltre non è possibile fare alcu-na affermazione sulla provenienza di questo esem-plare in assenza di analisi e di campionatura diriferimento, ma è ormai accertata la produzionedi “ figlinese” in molti centri toscani, tra cui an-che Siena e Pisa (BOLDRINI, GRASSI, QUIROS CASTIL-LO 1999, pagine conclusive).

ENRICA BOLDRINI

II.6 CERAMICA DIPINTA A BANDE IN ROSSO (Tav. XI)

1. Boccale (Fig. 18): orlo arrotondato ed estroflesso,collo poco marcato, ansa a nastro impostata all’altez-za dell’orlo. Sperficie esterna steccata. Decorazionecostituita da tre bande rosse parallele sull’ansaDimensioni: Ø non leggibile, largh. cm 5,6; >< cm. 1.Impasto: 14US 5002, P. I fase 6.Confronti: a Pisa, piazza Dante e Piazza dei Cavalierisi notano forme simili con anse a nastro come nel tipo1 (ABELA 1993 nn. 8 e 9, p. 417; ABELA 2000a n. 3, p.120) datate al X-XI secolo. Anche in queste forme ladecorazione a bande non riproduce nessun decoro, maè casuale. A Roma (RICCI 1990d) le anse sono simili aquella del tipo 1, ma associate a forme che non sem-brano ricordare quelle toscane; la cronologia dei tipi èpiù bassa, tra XII e XIII secolo. A Napoli, (Palazzo

Corigliano1985, pp. 60-64) la forma che predominanelle produzioni di ceramica dipinta bassomedievale èla brocca con ansa a nastro (idem, nn. 11-13, p. 62).Datazione: X-XI secolo; XII-XIII secolo

2. Brocca: fondo piano, corpo troncoconico (ansa anastro). Superficie esterna steccata, decorazione co-stituita da ideatore rosse.Dimensioni: Ø fondo cm 16, la. ansa cm 6, × cm 0,8,h. residua cm 6,5.Impasto: 14US 4190, P.1 fase 6Confronti: ancora tra le produzioni pisane (PiazzaDante e Piazza dei Cavalieri) si notano brocche confondi piani con le superfici lisciate, (ABELA 1993 nn.4/6, p. 417; ABELA 2000a nn. 1 e 2, p. 120) datate alX-XI secolo.Datazione: X-XI secolo.

3. Olla (Fig. 19): bordo arrotondato, corpo globula-re, ansa impostata a metà corpo, fondo piano. Deco-ro costituito da bande parallele verticali sul corpo si-stemate a coppia larghe circa cm 1 sormontate da unpunto del diametro di cm 1.2.Dimensioni: Ø orlo cm 13, Ø fondo cm 13, Ø max.espansione cm 21, h. max espansione cm 7,6.Impasto: 8US 4132, P. II, fase 2Confronti: i confronti più calzanti sono con alcuneolle rinvenute in contesti romani, non dipinte, datatedall’ XI al XIII secolo (RICCI 1990a, pp. 243-247).Datazione: XI-XIII secolo

Tav. X – II.5 Acroma depurata con decorazioni ottenute a stampo (“ Figlinese” ) (scala 1:3).

Fig. 17 – Tabella per numero minimo/numero frammenti.

Fig. 18 – Boccale II.6.1.

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Nella tabella delle quantificazioni (Fig. 20) è stataaggiunta la voce FC che indica le forme chiusenon riferibili ad alcun tipo; ma comunque iden-tificabili per il numero minimo. La frammenta-rietà dei reperti non permette purtroppo di as-sociare queste forme a brocche o boccalitipologizzabili, ma l’appartenenza alla classe èresa certa da colature di ingobbio rosso.La produzione di ceramica a bande rosse atte-stata a Campiglia è relativa a quella classe dimateriali individuata nell’area dell’Italia centra-le e meridionale nei secoli X-XIII ed in certi con-testi anche nel XIV secolo (per esempio alcunicontesti suburbani e rurali nel Lazio, vedi RICCI

1990d, p. 313). Tale produzione è ben distintada quella identificata per i secoli altomedievalinella stessa area geografica, sia per i decori, co-stituiti da colature di ingobbio rosso che forma-no un motivo casuale sia per le forme, di tradi-zione pienamente medievale (brocche e bocca-li). Il tratto distintivo delle due fasi cronologi-che di produzione della ceramica dipinta sareb-be quindi il venire meno di una sorta di intentopittorico presente nelle decorazioni più antiche(bande, festoni, spirali e cerchi), denotando unprocesso di semplificazione, decorativo prima

che formale (Palazzo Corigliano1985, pp. 60-64),analogo ad altre classi ceramiche.La ceramica dipinta a bande rosse è decisamentepoco attestata nella Rocca di Campiglia ed intotale si sono ricostruite soltanto 7 forme (Fig.20). D’altronde, pur se piccolo numericamente,si tratta di un contesto non indifferente per lerare attestazioni di questa classe ceramica nellaToscana meridionale, in particolare in siti rura-li. Il nucleo più compatto sembrerebbe trovarsicronologicamente tra X e XI secolo: il corredoa bande rosse è dunque coevo a quello in vetrinasparsa (vedi infra). Tale osservazione è riscon-trabile anche in altri contesti toscani, come quellodi Pistoia, nel quale la ceramica dipinta a bandeappare coeva a quella in vetrina sparsa ed analo-ga nella pregiatezza e nell’occupare la stessa nic-chia funzionale (Pistoia 1987, p. 407).I manufatti di Campiglia sono foggiati con ununico impasto (n. 14) e sono caratterizzati dapareti molto sottili dei contenitori, accuratezzadelle rifiniture e da alcuni dettagli tecnologici(steccature delle superfici, cotture ben uniformi)che permettono di inserire senza dubbio questebrocche dipinte nei corredi di X e XI secolo.Maggiore incertezza esiste per quanto riguarda i

Tav. XI – II.6 Ceramica dipinta a bande in rosso (scala 1:3).

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Fig. 19 – Olla II.6.3.

tipi morfologici, purtroppo mal leggibili data laridotta dimensione dei frammenti a disposizio-ne. Sicura sembrerebbe però la prevalenza digrandi brocche, utilizzabili come contenitori dadispensa: è questo un dato riscontrabile anchenella produzione di ceramica a bande rosse del-la città di Pisa (ABELA 2000a, p. 120).Un discorso a parte si può fare per il tipo 3, rap-presentato da una sola forma, ritrovata integranel contesto di XII secolo all’interno del palatium.Si tratta di un’olla che non trova confronti con ilcoevo corredo della Rocca, un unicum, caratte-rizzato da marcata globularità del corpo e dall’in-gobbio steso con evidente intento decorativo (vediFig. 19). L’ipotesi che si trattasse di una formaimportata non è stata confermata dall’analisi pe-trografica che ha evidenziato la totale uguaglian-za dell’impasto sul quale è foggiata quest’olla conquello dei prodotti depurati dello stesso arco cro-nologico. Dunque un prodotto locale, ma formal-mente molto simile alle olle globulari dei contestiromani (RICCI 1990a, 1990d).Per quanto riguarda le forme genericamente de-finite “ chiuse” (probabilmente da ricollegarsi abrocche del tipo 1 e 2) la loro attestazione mol-to tarda rispetto al momento di massima affer-mazione di questa classe nella Rocca ci ha porta-to a considerarle residue, visto anche il vuoto dipresenze di tale classe ceramica nel XII secolo,con l’eccezione del tipo 3. Nondimeno, alcuniframmenti ritrovati nel Lazio sono stati datatisino alla metà del XIII secolo (RICCI 1990d) e loiato del XII secolo a Campiglia potrebbe esseredeterminato dalla scarsità generale di depositidi questo periodo nella Rocca. Dunque, ancheper Campiglia potrebbe essere ragionevole por-

re il termine delle ceramiche a bande rosse nellametà del XIII secolo.Recenti studi condotti a Pisa (ABELA 2000a) han-no confermato una produzione in loco di questaclasse ceramica dalla fine del X alla fine dell’XIsecolo, pur non escludendo la possibilità di esem-plari importati. Questo dato è molto importanteper aprire una riflessione anche per la Toscanatirrenica su questa classe ceramica. Infatti la cer-tezza di una produzione a Pisa di ceramica a ban-de rosse ci ha spinto ad affinare le nostre indaginisulla provenienza dei frammenti recuperati a Cam-piglia. L’analisi degli impasti delle ceramiche abande rosse ha evidenziato la presenza di minera-li tipici del comprensorio delle Colline Metallife-re: è dunque possibile che ci troviamo di frontead un fenomeno di autonomia del distretto, nellaproduzione e nello smercio della ceramica, ana-logamente a quanto è stato evidenziato per le ce-ramiche depurate prive di rivestimento prodottenei secoli IX-XI. Tuttavia si notano nella produ-zione a bande presente nella Rocca, forti richiamiformali alle produzioni correnti sia nella città diPisa, sia in contesti extra-regionali.

II.7 CERAMICA A VETRINA SPARSA (Tav. XII)

1. Boccale (Fig. 21): fondo piano, corpo troncoconi-co. Cinque linee parallele incise sul fondo. Colaturadi vetrina verde/gialla sulla superficie esternaDimensioni: Ø fondo cm 9, Ø max. (?) espansionecm 16,5, h. residua cm. 8.Impasto: 10US: 4141, 4198, P. I fase 6Confronti: Ad alcuni di questi boccali sono associateanse insellate caratteristiche dei corredi in depuratadi X e XI secolo. Vedi BOLDRINI GRASSI 1999, Tav. I, n.6 ed in questo catalogo il tipo II.3.1a. in ceramicadepurata.Datazione: X-XI secolo

2. Brocca (Fig. 22): collo allungato (?), grande corpoglobulare. Decorazione ondulata incisa sul corpo. Co-latura di vetrina giallo /verde sulla superficie esterna.Dimensioni: Ø non misurabili.Impasto: 10US 4205, P. I, fase 4.Confronti: Il tipo richiama molto fortemente le broc-che depurate ed incise tipo II.4.3 presentate nella ce-ramica depurata lisciata ed incisa, dalle quali si di-

Fig. 20 – Tabella per numero minimo/numeroframmenti.

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Fig. 23 – Tabella per numero minimo/numero diframmenti.

stingue solo per la presenza della vetrina esterna. Sem-brerebbe dunque accertata la provenienza di questimanufatti coperti dalle stesse botteghe che fabbrica-vano i manufatti acromi.Datazione: X-XI secolo

Le maggiori attestazioni di vetrina sparsa sonocollocabili nel periodo I.6 come si vede dallequantificazioni che attestano ben 9 forme (broc-che e boccali), di cui 5 purtroppo non identifi-cabili se non genericamente come vasi chiusi (Fig.23). Non sembrerebbero presenti forme aperte,coperchi o scaldavivande, tre tipi attestati inquesta classe ceramica tra i rinvenimenti laziali.Probabilmente la vetrina sparsa a Campiglia oc-cupa la nicchia funzionale dei contenitori da di-spensa, e lo dimostrerebbe l’attestazione di grandicontenitori ansati.Le vetrine dei manufatti sono spesso di coloreverde o giallo, disposte in modo casuale, a cola-ture e lasciano molte parti dei pezzi senza rive-stimento. Per questo l’identificazione dei repertiin vetrina sparsa è stata molto spesso problema-tica, data l’uguaglianza di impasto con alcuniprodotti depurati (vedi impasto 10). Difficilequindi l’attribuzione all’una o all’altra classe nelcaso di frammenti senza vetrina. Tale fenomenoè richiamato anche in altri contesti, come quelloromano, dove alla fine del XII secolo si nota chela maggior parte dei reperti in depurata è pro-dotta con un impasto che presenterebbe analo-gie molto forti con quello utilizzato per le vetri-ne sparse. Tale produzione acroma si esaurireb-be intorno alla metà del XIII secolo (RICCI 1990b,p. 288).

Soltanto nel periodo II, fase 1, la vetrina sparsaè attestata con un impasto (non id. nella Fig. 53)anomalo, molto grezzo: si tratta forse di unaforma da cucina con schizzi di vetrina casuali,dato che tale impasto non si ritrova più nelleceramiche a vetrina sparsa.Le rifinitura delle ceramiche a vetrina sparsa (al-cune steccature nella parte terminale della pare-te) e la presenza di incisioni sinusoidali sulle su-perfici (tipo II.7.2) pongono una somiglianza conle produzioni II.2 in depurata (vedi ad esempioil tipo II.2.4). Anche nelle forme si nota un ri-chiamo a quelle locali di ceramica depurata pre-senti nell’XI secolo nella Rocca. Dunque se lasuggestione, per la produzione di ceramica a ve-trina sparsa potrebbe essere giunta dall’ambitolaziale, le forme sembrerebbero diversificarsimolto; fa eccezione sulla costa il dato provenienteda Cosa (HOBART 1992), dove le forme locali diceramica a vetrina sparsa richiamano quelle la-ziali. Sembrerebbe quindi possibile tracciare unalinea di confine tra le zone costiere dove si ritro-vano forme laziali e quelle in cui i richiami for-mali provengono invece dalle coeve produzionedepurate di fabbricazione locale.Per quanto riguarda le vetrine, la loro distribu-

Figg. 21-22 – 21. Boccale II.7.1; 22. Brocca II.7.2.

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Tav. XII – II.7 Ceramica a vetrina sparsa (scala 1:3).

zione non uniforme ci consente senz’altro diconsiderare questo rivestimento con scopi este-tici e non funzionali: difatti i manufatti non sonomai invetriati internamente, sulla superficie acontatto con i cibi liquidi. In questa caratteristi-ca la produzione di vetrina sparsa richiama quellain bande rosse presente nella Rocca: anche inquesto caso ci troviamo a trattare prodotti chesolo stancamente richiamano le produzioni an-tiche e lo sottolineano anche le cronologie diattestazione della ceramica a vetrina sparsa nel-la Rocca (XI secolo, già residua dal XII secolo).Il periodo finale della produzione sembrerebbe,dall’edito, leggermente più tardo rispetto alleultime attestazioni a Campiglia. Infatti sino allafine del XIII secolo nel territorio tirrenico sonoattestate forme in vetrina sparsa (a Pisa, in Piaz-za Dante e Piazza dei Cavalieri, ABELA 1993b e2000b; a Cosa, HOBART 1992; a Scarlino e Roc-ca San Silvestro, BERNARDI, CAPPELLI, CUTERI 1992;a Grosseto, FRANCOVICH, GELICHI 1980, p. 190).L’assenza di Campiglia si può senza dubbio im-putare alla scarsità di depositi, più volte ricor-data, di tutto il XIII secolo, con l’eccezione delprimo uso del fondo cieco nel quale però non siè ritrovata vetrina sparsa.Per quanto riguarda le zone di probabile fabbri-cazione della vetrina sparsa, le produzioni sino-ra conosciute per la Toscana meridionale tirre-nica sono state attribuite in parte all’area laziale

e dell’Italia meridionale ed in parte a bottegheregionali o addirittura locali, situate in area co-stiera (PAROLI 1992). Il caso di Campiglia, graziesoprattutto alle analisi di dettaglio utilizzate pergli impasti di questa classe ceramica, rafforzal’ipotesi di centri di produzione ubicati nellaToscana meridionale che rifornivano i castelli li-mitrofi. Le analisi archeometriche effettuate suireperti hanno mostrato totale identità di prove-nienza degli impasti delle vetrine sparse rispettoa quelli delle ceramiche depurate e grezze; la dif-ferenziazione di tali classi ceramiche, in base agliimpasti, si ritroverebbe soltanto nella diversa ma-cinazione degli inclusi (vedi il contributo diFortina e Memmi Turbanti). Comune ed identi-ca sembrerebbe dunque la provenienza delle va-rie classi ceramiche: molti minerali degli impa-sti, tra cui alcuni tipici, sono infatti pienamentecompatibili con le presenze mineralogiche delcomprensorio delle Colline Metallifere.

FRANCESCA GRASSI

III. Ceramica fine da mensa

III.1 MAIOLICA ARCAICA

PRODUZIONE PISANA

Le forme1. Boccale: orlo arrotondato, bordo estroflesso, lun-go collo cilindrico, ansa a sez. ellittica, corpo emisfe-rico, piede svasato, fondo piano. Smalto esterno, ve-trina interna.Dimensioni: Ø fondo cm 9, h. ricostruita cm 25, ansa,la. cm 1,8; >< cm 1US 1044-1047-1048-1050-1051-1054, P. III, fase 2Confronti: questo tipo, appartenente alla prima fasedella maiolica arcaica toscana (cfr. FRANCOVICH et alii,1978, p. 60, tavv. XIV-XV, nn. 682-683; Siena 1986,p. 485, fig. I, 1-2; FRANCOVICH 1982, p. 125, A.3.1;LUNA 1999, p. 415, I.2; FRANCOVICH, LUNA 2001, pp.34-39, nn. 9-11) è presente nella produzione pisananel corso del XIII secolo, fino agli inizi del XIV seco-lo (cfr. BERTI 1997, p. 172, tav. 106, Ca.1.1). L’asso-ciazione con una decorazione presente nella secondametà XIII-prima metà XIV secolo, induce a riferire iltipo di Campiglia alla seconda metà del Trecento.Decorazione: motivo h in ramina e manganeseTav. XIIIDatazione: seconda metà XIII secolo

2. Boccale: orlo arrotondato, collo troncoconico, ansaa sez. ellittica, corpo ovoide, piede svasato, fondopiano. Smalto esterno, vetrina interna.Dimensioni: Ø fondo cm 8,6, h. cm 25, ansa, la. cm2; >< cm 1US 1050-1051, P. III, fase 2

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Confronti: come il precedente, anche questo tipo, èpresente a Pisa nel XIII secolo e all’inizio del XIVsecolo (cfr. BERTI 1997, p. 172, tav. 106, Ca.1.2), ed èassociato a una decorazione documentata nel corsodello stesso periodo.Decorazione: motivo o in ramina e manganeseTav. XIIIDatazione: XIII-inizio XIV secolo

3. Boccale: corpo ovoide, ansa a sez. ellittica, piedesvasato, fondo piano. Smalto esterno, vetrina interna.Dimensioni: Ø fondo cm 9,4, h. residua cm 22,6US 1050, P. III, fase 2Confronti: anche il tipo 3 appartiene alla prima fasedella maiolica arcaica toscana (cfr. SIENA 1986, p. 485,fig. I, 3); a Pisa in particolare è documentato tra laseconda metà del XIII e la prima metà del XIV secolo(cfr. BERTI 1997, p. 175, tav. 109, Ca.2.2)Decorazione: motivo b.2 in ramina e manganeseTav. XIIIDatazione: seconda metà XIII-primo trentennio XIVsecolo3.a. Boccale: simile al precedente ma con il ventrepiù ribassato. Smalto esterno, vetrina interna.Dimensioni: Ø fondo da cm 9 a cm 10, h. residua dacm 20 a cm 26,2, ansa, la. da cm 1,9 a cm 2,1, >< dacm 0,9 a cm 1,1US 1060, P. III, fase 2Confronti: si tratta di una variante morfologico-di-mensionale del tipo 3 (cfr. BERTI 1997, p. 176, tav.110, Ca.3/a).Decorazione: motivi a; b; e.1; f.1 in ramina e manga-neseTav. XIIIDatazione: seconda metà XIII-primo trentennio XIVsecolo

3.b. Boccale: simile al precedente ma con la svasatu-ra del piede meno accentuata. Smalto esterno, vetri-na interna.Dimensioni: Ø fondo cm 8,2, h. cm 14,4US 1060, P. III, fase 2Confronti: anche in questo caso siamo in presenza diuna variante morfologico-dimensionale del boccale apiede svasato (cfr. BERTI 1997, p. 178, tav. 114, Ca.4/1).Decorazione: motivo f in ramina e manganeseTav. XIIIDatazione: ultimo ventennio XIII-primo trentennioXIV secolo

4. Boccale: orlo arrotondato, ansa bifida, corpo ovoi-de espanso. Smalto esterno, vetrina internaDimensioni: Ø massima espansione da cm 9 a cm 9,4;h. residua da cm 22,8 a cm 23; ansa, la. da cm 3,8 acm 4; >< da cm 0,9 a cm 1US 1050-1051-1060, P. III, fase 2Confronti: la forma del corpo e l’andamento dellaparete in prossimità del piede indurrebbero a riferireil tipo ai boccali con piede svasato e corpo espanso,presenti nella produzione pisana tra la seconda metàdel Duecento e il primo trentennio del secolo seguente(cfr. BERTI 1997, p. 174, tav. 108, Ca.2.1)

Decorazione: motivi b.1; g in ramina e manganeseTav. XIIIDatazione: ultimo ventennio XIII-primo trentennioXIV secolo

5. Boccale: orlo arrotondato, bocca trilobata, ansa asezione ellittica, corpo ovoide, piede a disco, fondopiano. Smalto esterno, vetrina interna.Dimensioni: Ø fondo da cm 9 a cm 9,2; h. da cm 19 acm 19,8, ansa, la. da cm 2 a cm 2,2; >< da cm 0,8 acm 1US 1040-1042-1043-1044, P. IV, fase 2Confronti: questo tipo di boccale, caratteristico dellafase matura della maiolica arcaica toscana (cfr. Siena1986, p. 485, fig. I, 10; 11; 12; 14; 16; 18; 19), èpresente nella produzione pisana nel corso del XIVsecolo con esemplari decorati o monocromi (cfr. BERTI

1997, pp. 181-183, tavv. 119-120)Decorazione: anche a Campiglia sono presenti siaesemplari decorati in ramina e manganese (motivoc), sia in monocromia biancaTav. XIIIDatazione: XIV secolo

5.a. Boccale: variante dimensionale del tipo 5. Smal-to esterno, interno oppure smalto esterno, vetrina in-terna.Dimensioni: Ø fondo da cm 8,4 a cm 10; h. da cm17,9 a cm 22,2, ansa, la. da cm 2 a cm 2,4; >< da cm1,2 a cm 1,4US 1043-1044, P. IV, fase 2Confronti: si veda quanto detto per il tipo 5Decorazione: sono presenti esemplari decorati in ra-mina e manganese (motivi c.; c.2; d) e in monocro-mia biancaTav. XIIIDatazione: XIV secolo

5.b. Boccale: variante dimensionale del tipo 5. Smal-to esterno, vetrina interna.Dimensioni: Ø fondo da cm 10,8 a cm 12; h. da cm26,5 a cm 27,2, ansa, la. da cm 2,6 a cm 2,8; >< dacm 1 a cm 1,2US 1040-1042-1043-1044, P. IV, fase 2Confronti: si veda quanto detto per il tipo 5Decorazione: anche in questo caso sono presenti esem-plari decorati in ramina e manganese (motivi c; m;m. 1) e in monocromia biancaTav. XIIIDatazione: XIV secolo

6. Boccale: orlo arrotondato, collo cilindrico svasa-to, ansa a nastro, corpo bitroncoconico con doppiolistello sulla spalla, fondo piano. Smalto monocromobianco esterno, vetrina interna.Dimensioni: Ø fondo cm 5,2; h. cm 7,2; ansa, la. cm1,2; >< cm 0,6US 1044, P. IV, fase 2Confronti: boccali in maiolica arcaica con le formetipiche delle “ anforette pisane” (per questo tipo dicontenitori si vedano Busi 1984; BERTI, MENCHELLI

1998), sono noti nella produzione di Pisa fin dallafine del XIII-prima metà XIV secolo, ma continuano

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Tav. XIII – Forme chiuse della maiolica arcaica pisana (scala 1:4).

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fino alla metà del XV secolo (cfr. Siena 1986, p. 485,fig. I, 15; BERTI, GELICHI 1995, pp. 213-214; BERTI

1997, pp. 183-184; p. 184, tav. 122, Ca.6)Tav. XIIIDatazione: XIV-prima metà XV secolo

6.a. Boccale: orlo arrotondato, collo cilindrico, leg-germente svasato, listello appena accennato sulla spal-la, corpo bitroncoconico, fondo piano. Smalto mo-nocromo bianco esterno, vetrina interna.Dimensioni: Ø fondo cm 6,6; h. cm 12,4US 1040-1048, P. IV, fase 2Confronti: si tratta di una variante morfologico-dimen-sionale del tipo 6 al quale si rimanda per i confronti.Tav. XIIIDatazione: XIV-prima metà XV secolo

6.b. Boccale: simile al precedente, ma di maggioridimensioni e con corpo ovoide e collo meno svasato.Smalto esterno, vetrina interna.Dimensioni: Ø massima espansione cm 7,9; h resi-dua cm 7,8; ansa, la. cm 4; >< cm 1US 1046-1047, P. IV, fase 1Confronti: anche in questo caso siamo in presenza diuna variante morfologico-dimensionale del tipo 6 alquale si rimanda per i confronti.Decorazione: al tipo appartiene 1 esemplare decoratoin manganese (motivo p) e 1 in monocromia bianca.Tav. XIIIDatazione: XIV-prima metà XV secolo

7. Ciotola: orlo arrotondato e assottigliato, corpoemisferico, piede ad anello. Smalto monocromo bian-co esterno, interno.Dimensioni: Ø fondo da cm 4 a cm 4,5; Ø bordo dacm 8,8a cm 10; h. da cm 4,8 a cm 5,1US 1043, P. IV, fase 2; 4122, P. V, fase 1Confronti: la ciotola emisferica con il piede ad anelloe l’orlo indistinto, in ambito toscano, è caratteristicasoprattutto della maiolica arcaica pisana; essa presentavarianti morfologico-dimensionali, sia monocromeche decorate, in un arco di tempo compreso tra laprima metà del XIV e la metà del XV secolo (cfr. BER-TI 1997, pp. 76-81; 83-85). A Campiglia troviamoquesto tipo attestato nella seconda metà del Trecentoe nella prima metà del Quattrocento.Tav. XIVDatazione: terzo decennio XIV-inizi XV secolo

7.a. Ciotola: simile alla precedente, ma di maggioridimensioni e con orlo più arrotondato. Smalto mo-nocromo bianco esterno, interno.Dimensioni: Ø fondo cm 5; Ø bordo cm 13,2; h. cm 7US 1043-1044, P. IV, fase 2Confronti: si veda quanto detto al tipo 7Tav. XIVDatazione: terzo decennio XIV-inizi XV secolo

7.b. Ciotola: simile alla precedente, ma di maggioridimensioni, con corpo più schiacciato e con orlo leg-germente rientrante. Smalto interno, vetrina esternaDimensioni: Ø fondo da cm 6,2 a cm 8,1; Ø bordoda cm 15 a cm 17; h. da cm 6 a cm 8US 1040-1043-1044, P. IV, fase 2

Confronti: si veda quanto detto al tipo 7Decorazione: sono presenti sia esemplari decorati inramina e manganese (motivo i) sia in monocromiabianca.Tav. XIVDatazione: terzo decennio XIV-inizi XV secolo

8. Ciotola: orlo appiattito, penduto verso il basso eingrossato, corpo emisferico rastremato. Smalto mo-nocromo bianco interno, vetrina esterna.Dimensioni: Ø bordo da cm 15,2 a cm 17, h. residuada cm 5,3 a cm 6,4US 1040-1043-1044, P. IV, fase 2Confronti: accanto al tipo con corpo emisferico e bor-do indistinto, nella produzione pisana figurano cioto-le emisferiche con orlo ingrossato verso l’esterno (cfr.BERTI 1997, p. 83, tav. 21). Si tratta di un tipo che èprodotto per tutto il XIII e il XIV secolo e che a Cam-piglia sembra arrivare anche all’inizio del XV secolo.Decorazione: 1 esemplare presenta una sequenza dibarrette in manganese sul bordo.Tav. XIVDatazione: XIII-inizi XV secolo

8.a. Ciotola: simile alla precedente, ma con orlo ap-piattito orizzontale, corpo emisferico più schiacciatoe piede ad anello. Smalto monocromo bianco inter-no, vetrina esterna.Dimensioni: Ø fondo da cm 5 a cm 6,4; Ø bordo dacm 14 a cm 15; h. da cm 5,6 a cm 6US 1044, P. IV, fase 2Confronti: si tratta di una variante morfologica deltipo 8 (cfr. BERTI 1997, p. 83, tav. 21, b/2).Decorazione: 2 esemplari presentano una sequenzadi barrette in manganese sul bordo.Tav. XIVDatazione: XIII-inizi XV secolo

8.b. Ciotola: simile alle precedenti, ma con corpoemisferico leggermente carenato all’esterno, sotto l’or-lo e piede ad anello. Smalto monocromo bianco in-terno, vetrina esterna.Dimensioni: Ø fondo da cm 6 a cm 6,3; Ø bordo dacm 12,8 a cm 17; h. da cm 6,2 a cm 6,4US 4023-4028, P. IV, fase 1; US 4035-4039-4062, P.V, fase 1Confronti: anche in questo caso si tratta di una va-riante morfologica del tipo 8 (cfr. BERTI 1997, p. 83,tav. 21, b/1) che a Campiglia è presente nella primametà del XIV e all’inizio del XV secolo.Decorazione: 6 esemplari presentano una sequenzadi barrette in manganese sul bordo.Tav. XIVDatazione: XIII-inizi XV secolo

9. Ciotola: orlo arrotondato, corpo emisferico conleggera carena esterna, piede ad anello. Smalto inter-no, vetrina esterna.Dimensioni: Ø fondo da cm 7 a cm 7,3; Ø bordo dacm 18,2 a cm 19,6; h. da cm 8 a cm 8,2US 1048; 4028, P. IV, fase 1Confronti: questa forma richiama un tipo pisano col-locabile nei decenni centrali del XIV secolo (cfr. BER-

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Tav. XIV – Forme aperte della maiolica arcaica pisana (scala 1:4).

TI 1997, p. 85, tav. 25), il quale tuttavia ricorda anco-ra il tipo dei “ bacini” carenati del XIII secolo (cfr.BERTI 1997, p. 75, tav. 8). A Campiglia esso è attesta-to nella prima metà del XIV secolo.Decorazione: motivi a.2; m 2; n, in ramina e manga-neseTav. XIVDatazione: decenni centrali XIV secolo.

10. Scodella: orlo arrotondato, tesa lievemente incli-nata, corpo emisferico, piede ad anello. Smalto mo-nocromo bianco interno, vetrina esterna.Dimensioni: Ø bordo cm 14; h. residua cm 4US 4028, P. IV, fase 1Confronti: si tratta di un tipo presente nella produ-zione pisana nel XIII e XIV secolo, il quale viene re-alizzato per essere utilizzato sia come “ bacino” checome recipiente d’uso (cfr. BERTI 1997, pp. 96-99,tavv. 48-50). La scodella di Campiglia sembra da rife-rire a una variante del tipo sopra detto, collocabiletra la seconda metà del Duecento e il primo trenten-nio del Trecento (cfr. BERTI 1997, p. 98, tav. 48, b/2).Tav. XIVDatazione: seconda metà XIII-prima metà XIV secolo

11. Scodella: orlo arrotondato, tesa inclinata, cavitàemisferica poco profonda che nella parete interna, inprossimità della tesa, subisce un brusco raddrizzamen-to, formando un breve fianco verticale. Smalto mo-nocromo bianco interno, vetrina esterna.Dimensioni: Ø bordo cm 21,8US 4028, P. IV, fase 1; US 1042, P. IV, fase 2Confronti: il tipo di recipiente cui fa riferimento lascodella 11 viene prodotto a Pisa alla fine del XIII eper tutto il XIV secolo (cfr. BERTI 1997, pp. 92-94). ACampiglia questo tipo è attestato sia nella prima chenella seconda metà del XIV secolo.Tav. XIVDatazione: fine XIII-XIV secolo

12. catino: orlo arrotondato, breve tesa penduta ver-so l’esterno. Smalto interno, esterno nudo.Dimensioni: Ø bordo cm 18.US 1043-1044, P. IV, fase 2Confronti: la ciotola in esame sembra trovare confrontocon recipienti a corpo troncoconico e breve tesa pre-senti nel repertorio morfologico delle maioliche arcai-che pisane ad esterno nudo (BERTI 1997, p. 212, tav.143). Si tratta di una produzione che viene realizzatatra la seconda metà del XIV e la prima metà del XVsecolo, dietro l’influenza del repertorio morfologicodel medio Valdarno (cfr. BERTI 1997, pp. 209-222).Decorazione: motivo in ramina e manganese non iden-tificabile.Tav. XIVDatazione: seconda metà XIV-inizi XV secolo

Le decorazionia: motivo costituito da due reticoli uguali sovrapposti,uno in bruno, l’altro in verde, privi di riempimenti.Confronti: BERTI 1997, p. 120, tav. 78, a.1, VI gruppo.Forma associata: III.1.3.aTav. XVIIIDatazione: XIII-prima metà XIV

a.1: motivo a reticolo in bruno sovrapposto a bandeorizzontali in verde.Confronti: BERTI 1997, p. 189, tav. 128, a.3, VI gruppo.Forma associata: III.1.3.aTav. XVIIIDatazione: seconda metà XIII-prima metà XIV

a.2: motivo a reticolo in verde con maglie riempitealternativamente da tratti orizzontali e piccole crociin bruno.Confronti: BERTI 1997, p. 120, tav. 78, variante delVI gruppo.Forma associata: III.1.9Tav. XVIIIDatazione: XIII-prima metà XIV

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b: motivo a reticolo posto trasversalmente, costituitoda doppie linee in verde che intersecandosi formanomaglie di diversa ampiezza. Tratti in bruno riempio-no gli spazi più ampi.Confronti: BERTI 1997, p. 122, tav. 79, c.2, VI gruppo.Forma associata: III.1.3.aTav. XVIIIDatazione: XIII-prima metà XIV

b.1: motivo a reticolo in verde posto trasversalmen-te, con maglie riempite da due tratti in bruno.Confronti: BERTI 1997, p. 120, tav. 78, b.2, VI grup-po.Forma associata: III.1.4Tav. XVIIIDatazione: XIII-prima metà XIV

b.2: motivo a reticolo in verde con maglie riempiteda elementi vegetali stilizzati in bruno.Confronti: non si conosce un confronto puntuale an-che se il motivo a reticolo è presente, con molte va-rianti, nel panorama decorativo della maiolica arcaicapisana (cfr. BERTI 1997, p. 120, tav. 78-80, VI gruppo).Forma associata: III.1.3Tav. XVIIIDatazione: XIII-prima metà XIV

c: motivo costituito da bande orizzontali alternate (conuna sequenza di due-uno) in bruno e verde.Confronti: BERTI 1997, p. 191, tav. 131, a.2.2*, VIIgruppo.Forma associata: III.1.5; 5.a; 5.bTav. XVIIIDatazione: metà-seconda metà XIV

c.1: motivo costituito da bande orizzontali diritte inbruno alternate a bande orizzontali ondulate in verde.Confronti: BERTI 1997, p. 190, tav. 129, a.6, VIIgruppo.Forma associata: boccale non identificabileTav. XVIIIDatazione: metà XIII-prima metà XIV

c.2: motivo in verde costituito da elementi a gocciatra due bande orizzontali.Confronti: per il motivo degli elementi a goccia cfr.BERTI 1997, p. 191, tav. 130, h, VII gruppo.Forma associata: III.1.5.aTav. XVIIIDatazione: seconda metà XIII-prima metà XIV

d: motivo costituito da bande ondulate, disposte obli-quamente, alternate in verde e bruno.

Tav. XV – Forme della maiolica arcaica volterrana (scala 1:4).

Tav. XVI – Forme della maiolica arcaica valdarnese (scala 1:4).

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Confronti: BERTI 1997, p. 190, tav. 129, a4, VII gruppo.Forma associata: III.1.5.aTav. XVIIIDatazione: seconda metà XIII-prima metà XIV

e: motivo costituito da bande verticali alternate inverde e bruno.Confronti: BERTI 1997, p. 125, tav. 81, a.2, VII gruppo.Forma associata: III.1.5.bTav. XVIIIDatazione: XIII-prima metà XIV

e.1: motivo costituito da bande verticali in verde de-finite da linee ondulate in bruno, alternate a lineeverticali in bruno.Confronti: BERTI 1997, p. 190, tav. 129, c5, VII gruppo.Forma associata: III.1.3.aTav. XVIIIDatazione: seconda metà XIII-prima metà XIV

f: motivo costituito da bande riempite da tratti oriz-zontali in bruno e delimitate da linee ondulate inverde.Confronti: BERTI 1997, p. 126, tav. 82, d.1.2, VIIgruppo.Forma associata: III.1.3.bTav. XVIIIDatazione: XIII-prima metà XIV

f.1: motivo costituito da serie di rombi in bruno, riem-piti a graticcio, alternati a linee ondulate in verde.Confronti: BERTI 1997, p. 126, tav. 82, e, VII gruppo.Forma associata: III.1.3.aTav. XVIIIDatazione: XIII-prima metà XIV

g: motivo costituito da foglie lanceolate in verde al-ternate a linee verticali tagliate da segmenti in bruno.Confronti: non si conosce un confronto puntualeanche se gli elementi di questo motivo sono presentinel repertorio decorativo pisano (cfr. BERTI 1997, p.193, tav. 134, X gruppo).

Forma associata: III.1.4Tav. XVIIIDatazione: seconda metà XIII-prima metà XIV

h: motivo costituito da elementi embricati in verderiempiti da tratti verticali in bruno.Confronti: BERTI 1997, p. 130, tav. 85, a, IX gruppo.Forma associata: III.1.1Tav. XVIIIDatazione: seconda metà XIII-prima metà XIV

i: motivo costituito da una croce in verde che divideil campo in quartieri, ciascuno riempito da raggi inbruno.Confronti: BERTI 1997, p. 112, tav. 71, b.2, I gruppo.Forma associata: III.1.7.bTav. XVIIIDatazione: prima metà XIV-prima metà XV

i.1: motivo costituito da otto raggi in verde interval-lati da gruppi di tre raggi in bruno.Confronti: BERTI 1997, p. 115, tav. 73, a.3, VI gruppo.Forma associata: forma aperta non identificabileTav. XVIIIDatazione: prima metà XIV-seconda metà XV

l: motivo costituito da semplici raggi in bruno cheformano una stella a diciassette punte.Confronti: BERTI 1997, p. 148, tav. 104, c.1, XXIgruppo.Forma associata: forma aperta non identificabileTav. XVIIIDatazione: XIV secolo

m: motivo costituito da una T gotica in bruno conelementi geometrici negli spazi di risulta.Confronti: BERTI 1997, p. 148, tav. 104; p. 194-195,XXI gruppo.Forma associata: III.1.5.bTav. XVIIIDatazione: XIV secolo

m.1: motivo in bruno simile al precedente, senza peròalcun elemento secondario.

Tav. XVII – Forme della maiolica arcaica senese (III.1.13-14) e umbro-laziale (III.1.19-19a) (scala 1:4).

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Confronti: BERTI 1997, p. 148, tav. 104; pp. 194-195,XXI gruppo.Forma associata: III.1.5.bTav. XVIIIDatazione: XIV secolo

m.2: motivo costituito da una P in bruno.Confronti: BERTI 1997, p. 148, tav. 104, a.2, XXIgruppo.Forma associata: III.1.9Tav. XVIIIDatazione: XIV secolo

n: motivo quadripartito costituito da una croce in ver-de tagliata da segmenti in bruno con fiori stilizzati ne-gli spazi di risulta, riempiti da tratti paralleli in bruno.Confronti: BERTI 1997, p. 115, tav. 73, c.2, III gruppo.Forma associata: III.1.9Tav. XVIIIDatazione: XIV secolo

o: motivo costituito da foglie di quercia in verde en-tro girali in bruno con elementi campiti a graticcionegli spazi di risulta.Confronti: BERTI 1997, p. 175, fig. 87 (con foglie di-verse), X gruppo.Forma associata: III.1.2Tav. XVIIIDatazione: XIII secolo

p: motivo costituito da un’aquila in bruno con corpoin semi profilo, testa di profilo con becco adunco, alispiegate e zampe divaricate.Confronti: anche in questo caso non si conosce unconfronto puntuale in ambito pisano. Tuttavia l’aqui-la ad ali spiegate, simbolo del potere ghibellino (ele-mento presente negli schemi di molti stemmi familia-ri, cfr. LUZI, ROMAGNOLI 1992, pp. 220; 244; MAZZA

1994, pp. 112-115) impiegata da sola, come motivoprincipale, potrebbe essere ricondotta alla produzio-ne di Pisa tradizionalmente di parte imperiale.Forma associata: III.1.6bTav. XVIIIDatazione: XIV secolo

PRODUZIONE SENESE

Le forme13. Boccale: orlo arrotondato, bocca trilobata, ansaa sez. ellittica, corpo con ventre ribassato, piede adisco, fondo piano. Smalto esterno, vetrina interna.Dimensioni: Ø fondo da cm 6 a cm 8; h da cm 13,2 acm 20,4; ansa, la. da cm. 2,9 a cm 3,2; >< da cm 0,8a cm 1US 1043,1044, P. IV, fase 2Confronti: questo tipo va riferito alla produzionematura della maiolica arcaica senese, caratterizzata,per le forme chiuse, da boccali con piede a disco ecorpo ovoide più o meno snello, spesso con ventreribassato (cfr. FRANCOVICH 1982, p. 127, A.4.1; A.4.2,LUNA 1999, p. 415, tav. I, 6-8; FRANCOVICH, LUNA 2001,scheda 29).

Decorazione: sono presenti 1 esemplare decorato inramina e manganese (motivo q) e 1 in monocromiabianca.Tav. XVIIDatazione: seconda metà XIV-XV secolo

14. Boccale: orlo arrotondato, bocca trilobata, ansaa sez. ellittica, corpo ovoide, piede a disco, fondo pia-no. Smalto esterno, vetrina interna.Dimensioni: Ø fondo cm 10; h. cm 20,6; ansa, la. cm3,4; >< cm 1,2US 1043, P. IV, fase 2Confronti: si veda quanto detto per il tipo preceden-te.Decorazione: motivo r in ramina e manganese.Tav. XVIIDatazione: seconda metà XIV-XV secolo

Le decorazioniq: motivo costituito da una fascia verticale a rispar-mio tra due zone campite in verde; all’interno di essatre linee ondulate in bruno con fiori trilobati neglispazi di risulta.Confronti: LUNA 1999, p. 420, tav. III, 25-26.Forma associata: III.1.13Tav. XXDatazione: seconda metà XIV-XV secolo

r: motivo costituito da un volatile orientato a destracon piumaggio reso a tratteggio e zampe filiformi;sullo sfondo foglie cuoriformi allungate campite inverde.Confronti: LUNA 1999, p. 423, tav. V, 3, variante.Forma associata: III.1.14Tav. XXDatazione: XIV secolo

PRODUZIONE VOLTERRANA

Le forme15. catino: orlo arrotondato, bordo a nastro conves-so, corpo troncoconico, fondo piano. Smalto inter-no, vetrina esterna.Dimensioni: Ø fondo cm 12; Ø bordo cm 21,8; h.cm 9US 1043-1044, P. IV, fase 2Confronti: il tipo trova confronto nel repertoriomorfologico della maiolica arcaica volterrana (cfr.PASQUINELLI 1987, p. 30, B).Decorazione: motivo in ramina e manganese non iden-tificabile.Tav. XVDatazione: seconda metà XIV-XV secolo

15.a. catino: simile al precedente, ma con nastro con-vesso più pronunciato. Smalto interno, vetrina ester-na.Dimensioni: Ø bordo cm 20,4; h. residua cm 3,2US 1044, P. IV, fase 2Confronti: PASQUINELLI 1987, p. 49, tav. XI, 6.Decorazione: motivo in ramina e manganese non iden-tificabile.

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Tav. XVIII – Motivi decorativi della maiolica arcaica pisana.

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Tav. XVDatazione: seconda metà XIV-XV secolo

16. ciotola: orlo assottigliato, bordo indistinto, cor-po emisferico, piede a disco. Smalto monocromo bian-co interno, vetrina esterna.Dimensioni: Ø fondo cm 5; Ø bordo cm 12,6; h. cm6,5US 1042-1043-1044, P. IV, fase 2Confronti: la forma trova confronto nel tipo volter-rano della ciotola emisferica con il piede a disco (cfr.PASQUINELLI 1987, p. 32, F).Tav. XVDatazione: seconda metà XIV-XV secolo

PRODUZIONE VALDARNESE

Le forme17. Boccale: orlo arrotondato, collo troncoconico,corpo globulare, piede svasato, fondo piano. Smaltoesterno, vetrina interna.Dimensioni: Ø fondo cm 12; h. residua cm 22,4; ansa,la. cm 3; >< cm 1US 1043-1044, P. IV, fase 2Confronti: il tipo di Campiglia trova confronto conuno sempre in maiolica arcaica blu, collocato alla finedel XIV secolo (cfr. CORA 1973, tav. 34). Come giàsottolineato (cfr. III.1.1) la forma del boccale a palla,caratteristica della prima fase produttiva, viene ripre-sa nella realizzazione della maiolica arcaica blu, con-temporanea alla fase matura della maiolica arcaicadecorata in ramina e manganese.Decorazione: motivo s in cobalto e manganese.Tav. XVIDatazione: seconda metà XIV secolo

17.a. Boccale: simile al precedente, ma con collo ci-lindrico e ansa a sezione ellittica. Smalto esterno, ve-trina interna.Dimensioni: Ø fondo cm 11,6; h. cm 24,4US 1044, P. IV, fase 2Confronti: CORA 1973, tav. 37, a-c, con ansa bifida ecollo più snello.Decorazione: motivo t in cobalto e manganese.Tav. XVIDatazione: metà XIV secolo

18. Scodella: orlo arrotondato, tesa inclinata, corpotroncoconico, fondo piano. Smalto interno, vetrinaesterna.Dimensioni: Ø fondo cm 11,4; Ø bordo cm 20,2; h.cm 4,2US 1032-1040, P. V, fase 2Confronti: questa scodella trova confronto nelle pro-duzioni valdarnesi della maiolica arcaica tricolore (col-locabili tra la fine del XIV e l’inizio del XVI secolo,cfr. CORA 1973, gruppo IV; FRANCOVICH, VANNINI 1976,pp. 79-80; VANNINI 1987, pp. 22 ss.; Bacchereto 1992,pp. 82; 98; BERTI 1997, pp. 158-164) ed è riferibilein particolare alla produzione montelupina della se-conda metà del Quattrocento (cfr. BERTI F. 1997, p.336, genere 6.I.B, 13).

Decorazione: motivi u.1 e u.2 in ramina, antimonio emanganeseTav. XVIDatazione: seconda metà XV

Le decorazionis: motivo in blu e bruno costituito da due aquile af-frontate, con ampie ali frangiate e zampe filiformi.Confronti: non si conosce un confronto puntuale,anche se il motivo dei due volatili affrontati è cono-sciuto in area valdarnese (cfr. scheda successiva) ed èproprio soprattutto del repertorio decorativo dellazaffera a rilievo (cfr. MOORE VALERI 1984, passim).Forma associata: III.1.17Tav. XIXDatazione: seconda metà XIV-prima metà XV

t: motivo in blu e bruno costituito da uno stemma conanimale fantastico (grifo?) tra due volatili uno di fron-te all’altro.Confronti: CORA 1973, tav. 37: in questo caso il mo-tivo dei due volatili affrontati è impiegato sul collodel boccale, mentre sul corpo del vaso lo stemma ècompreso tra due grifi. Per ciò che riguarda lo stem-ma, la frammentarietà del reperto di Campiglia nonpermette di stabilire se si tratti di un emblema reale,o di un semplice motivo pseudoaraldico con la figuragenerica del grifone.Forma associata: III.1.17aTav. XIXDatazione: fine XIV secolo

u: motivo costituito da una doppia sequenza orizzon-tale con foglie lanceolate campite in verde, alternatea tratti ondulati verticali in bruno, sormontata da unalinea ondulata con bacche campite in verde negli spa-zi di risulta.Confronti: questi motivi, spesso associati, sono ca-ratteristici delle produzioni valdarnesi di maiolicaarcaica tricolore, cfr. CORA 1973, tav. 24 a; c;Bacchereto 1992, p. 33, n. 19; p. 36, n. 26; BERTI

1997, pp. 238-243; 160-161.Forma associata: III.1.18Tav. XIXDatazione: fine XIV-inizi XVI secolo

PRODUZIONE UMBRO-LAZIALE

Le forme19. Boccale: collo cilindrico, ansa a sezione ellittica,corpo ovoide, fondo piano. Smalto esterno, vetrinainterna.Dimensioni: Ø fondo cm 8,2; h. residua cm 14,8;ansa, la. cm 2,2; >< cm 1,2US 1050-1051-1060, P. III, fase 2Confronti: i così detti boccali da litro, cui è da riferi-re il tipo in questione, sono presenti nelle produzionismaltate e invetriate dell’Umbria, dell’Alto Lazio e inmisura minore, di Roma nel XIII e nel XIV secolo. InUmbria sono noti ad Orvieto (cfr. GUAITINI 1981, sche-de 35; 44; 52; 56; 61; 69; 71; 92; 96; 105; Orvieto1, 1983, schede I-II; 10; 96; 100; 104; 118-122; 127-

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Tav. XIX – Motivi decorativi della maiolica arcaicavaldarnese.

Tav. XXI – Motivi decorativi della maiolica arcaicaumbro-laziale.

Tav. XXII – Forme dell’invetriata verde umbro-laziale (scala 1:4).

128; 169; 197; Orvieto 2, 1985; SCONCI 1999, sche-de 1; 3-5; 12-13; 31-46) e Todi (cfr. GUAITINI 1981,p. 169, fig 128); nel Lazio a Viterbo (cfr. MAZZUCATO

1975, tav. 66, n. 5; MAZZA 1983, schede 88; 89; 96;98; 101; 109), Tuscania (cfr. Tuscania 1972, tav.XLIIIa; XLIVa-b; RICCI PORTOGHESI 1972, fig. 2, n. 9;ROMEI 1994, p. 89, fig. 4, n. 8; p. 92), Celleno (cfr.RASPI SERRA, PICCHETTO 1980, tav. LXVII, a-b), Bolse-na (cfr. MAZZUCATO 1974, p. 293, figg. 1-2), Allumie-re (cfr. MAZZA 1984, fig. B5) e Roma (cfr. SAGUÌ, PA-ROLI 1990, p. 433, tav. LXIII, nn. 491-492).Decorazione: motivo v.1 in ramina e manganese.Tav. XVIIDatazione: XIII-XIV secolo

19.a. Boccale: simile al precedente, ma con collo piùstretto e fondo più largo. Smalto esterno, vetrina in-terna.Dimensioni: Ø fondo cm 9,8; h. residua cm 16,6US 1050-1051-1060, P. III, fase 2

Confronti: si veda quanto detto per il tipo precedente.Decorazione: motivo v in ramina e manganese.Tav. XVIIDatazione: XIII-XIV secolo

Le decorazioniv: motivo costituito da fiori trilobati in bruno e verdeentro girali in bruno.Confronti: questo tipo di decoro è presente sia nellaceramica laziale sia nella maiolica arcaica umbro-la-ziale (cfr. RICCI PORTOGHESI 1972, fig. 2, nn. 2; 9;

Tav. XX – Motivi decorativi della maiolica arcaicasenese.

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MAZZUCATO 1976, p. 50, fig. 50; MAZZA 1983, sche-de 51; 62; 95-96; 103; SAGUÌ, PAROLI 1990, p. 411,fig. 137, n. 6; p. 414, fig. 138, n. 13; SCONCI 1999,schede 43-44).Forma associata: III.1.19aTav. XXIDatazione: XIII-XIV secolo

v.1: motivo costituito da fiori trilobati in bruno entrogirali in bruno e verde.Confronti: si veda quanto detto per il tipo v.Forma associata: III.1.19Tav. XXIDatazione: XIII-XIV secolo

La maggior parte delle maioliche arcaiche rin-venute nella Rocca di Campiglia è da ricondur-re alla produzione pisana (83%). La presenza ela prevalenza di tali prodotti si riscontra nel-l’arco dell’intera vita della Rocca: già nella se-conda metà del XIII secolo infatti (periodo III,fase 2) le maioliche arcaiche pisane sono atte-state con boccali a palla (Tav. XIII, III.1.1;III.1.2) e con boccali a piede svasato e corpoovoide (Tav. XIII, III.1.3, 3a, 3b; III.1.4) cherecano motivi vegetali (Tav. XVIII, o) e geome-trici (Tav. XVIII, a; b; b.1; b2; e.1; f; f.1; g; h),mentre risultano assenti le forme aperte. Nelcorso del XIV secolo (periodo IV, fasi 1 e 2)sono presenti i boccali con piede a disco e cor-po ovoide più o meno snello (Tav. XIII, III.1.5,5a, 5b), decorati con motivi geometrici (Tav.XVIII, c, c2, d) e con monogrammi (Tav. XVIII,m, m1); accanto ad essi figurano boccali concorpo bitroncoconico e listello sulla spalla (Tav.XIII, III.1.6, 6a, 6b, forma caratteristica anchedi boccali e brocche realizzati in acroma depu-rata), tutte in monocromia bianca, tranne unesemplare che reca una decorazione figurata inbruno (Tav. XVIII, p). Tra le forme aperte sonoattestate le ciotole con corpo leggermente ca-renato (Tav. XIV, III.1.9) decorate con motivigeometrici vegetali e con monogrammi (Tav.XVIII, a.2; n; m.2), ma soprattutto le ciotoleemisferiche con bordo indistinto o ingrossatoverso l’esterno (Tav. XIV, III.1.7; 7.a, 7.b;III.1.8; 8.a; 8.b), in monocromia bianca, a vol-te con barrette in manganese sul bordo, o de-corate con motivi geometrici (Tav. XIV, i). Menoattestate sono le scodelle, presenti con i tipi atesa più o meno inclinata e corpo emisfericosemplice o raddrizzato internamente in prossi-mità della tesa (Tav. XIV, III.1.10; III.1.11), tuttirealizzati in monocromia bianca. Infine è statorinvenuto un esemplare di catino con breve tesainclinata verso l’esterno (Tav. XIV, III.1.12),smaltata internamente e nuda esternamente, chesembra da riferire alla produzione pisana delle

maioliche arcaiche ad esterno nudo, realizzatatra la seconda metà del XIV e la prima metà delXV secolo, dietro l’influenza del repertoriomorfologico valdarnese.Le maioliche arcaiche pisane prevalenti nel cor-so del XIV secolo, sono presenti a Campigliaanche nella prima metà del XV secolo (periodoV fase 1) con il solo tipo però della ciotola emi-sferica monocroma (Tav. XIV, III.1.7; 8b) cheaffianca prodotti di altra provenienza (cfr. infra).Insieme a quelle pisane inoltre sono state recu-perate maioliche arcaiche provenienti dall’areasenese (4%), dall’area volterrana (4%), dal Val-darno (5%) e dall’area umbro-laziale (4%). Alperiodo IV, fase 2 appartengono tre boccali se-nesi con piede a disco e corpo ovoide (Tav. XVII,III.1.13-14), riferibili alla fase avanzata dellaproduzione (seconda metà XIV-XV secolo), deiquali uno è in monocromia bianca, uno presen-ta un motivo geometrico (Tav. XX, q), e l’altroun motivo zoomorfo (Tav. XVIII, r); tra i repertivolterrani invece figurano due catini con il bor-do a nastro convesso, più o meno pronunciato,e con decorazione in ramina e manganese nonidentificabile (Tav. XV, III.1.15-15a), e una cio-

Fig. 24 – Maiolica arcaica: n. minimo delle formeidentificabili rinvenute nelle aree 1000 e 4000.

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tola emisferica in monocromia bianca (Tav. XV,III.1.16), tutti riconducibili alla fase matura del-la produzione (seconda metà XIV-prima metàXV). Come noto, tali forme sono molto simili aquelle del repertorio senese da cui si differenzia-no per gli impasti e per alcune varianti morfolo-giche come, ad esempio, i nastri convessi menopronunciati e la forma lievemente carenata delcorpo nelle ciotole emisferiche. Sempre alla se-conda metà del XIV secolo (periodo IV fase 2)sono riferibili due boccali a palla in maiolica ar-caica blu di produzione valdarnese (Tav. XVI,III.1.17-18), che presentano decorazioni zoo-morfe e araldiche (Tav. XIX, s-t), e una fatturaeccellente, fatto che induce a pensare a qualcheepisodio di omaggio o al rango elevato dei loropossessori. Dal territorio valdarnese inoltre, pro-babilmente da Montelupo, proviene un tipo discodella in maiolica arcaica tricolore (Tav. XVI,III.1.18), con tesa inclinata, corpo troncoconicoe decorazione geometrica (Tav. XIX, u), presen-te a Campiglia nel XV secolo (periodo V, fase1). Se per le maioliche arcaiche senesi e volter-rane si tratta di presenze sporadiche e occasio-nali, legate al momento di maggior espansionedi questa classe ceramica (seconda metà XIV se-colo), le maioliche arcaiche valdarnesi (insiemealle zaffere, cfr. infra) testimoniano l’inizio diimportazioni ceramiche dalla zona fiorentina chediventeranno massicce nel corso del XV e nelXVI secolo, con la presenza di altre tipologieceramiche.Nella seconda metà del Duecento (periodo III fase2) è testimoniata nella Rocca la presenza di pro-dotti di area umbro-laziale, esemplificati da treboccali con collo cilindrico e corpo ovoide (Tav.XVII, III.1.19-19a), decorati con motivi geome-trico-vegetali (Tav. XXI, v-v1). Questi trovanoconfronto con i così detti boccali da litro, carat-

teristici delle produzioni smaltate e invetriate del-l’Umbria e dell’Alto Lazio nei secoli XIII e XIV.Per gli esemplari di Campiglia non è possibile pre-cisare ulteriormente la provenienza poiché nem-meno le decorazioni associate sono distintive diun preciso centro produttore, ma sono diffuse siain Umbria che nell’Alto Lazio. Tali prodotti van-no considerati nell’ambito delle importazioni checaratterizzano un contesto privilegiato quale èquello dei Della Gherardesca, presenti ancora aCampiglia nella seconda metà del XIII secolo.Riguardo la qualità dei prodotti, le maiolichearcaiche trovate nella Rocca sono costituite inprevalenza, da manufatti di buona fattura, ac-canto ai quali figurano però alcuni esemplari diseconda scelta, che presentano difetti di secon-da cottura a livello dei rivestimenti. Sono invecedel tutto assenti esemplari deformati, fessurati ostracotti, che indicherebbero la presenza di unaproduzione ceramica locale.

III.2. INVETRIATA VERDE

PRODUZIONE UMBRO-LAZIALE

1. Forma aperta: 1 frammento di parete, vetrina ver-de interna, esterno nudo.Dimensioni: non identificabiliUS 1050, P. III, fase 2Confronti: il frammento in esame va riferito alle pro-duzioni invetriate verdi umbro-laziali cfr. PAROLI 1985,pp. 224-234; TESEI 1989, p. 83; MOLINARI 1990.Datazione: XIII-XIV secolo

2. Ciotola: orlo indistinto, arrotondato, corpo care-nato, piede a disco, vetrina verde interna-esterna.Dimensioni: Ø fondo cm 4,6; Ø bordo cm 8; h. cm5,8US 1050, P. III, fase 2Confronti: il tipo della ciotola carenata, anche corre-data di anse, è molto diffuso in area umbro-laziale:esso viene realizzato sia invetriato (ceramica laziale,invetriata verde), sia smaltato (maiolica arcaica) ed èconosciuto ad Orvieto (cfr. WHITHEOUSE 1976, p. 164,fig. 2, n. 22; GUAITINI 1981, figg. 33-34; Orvieto 1,1983, p. 13, n. 7b-c; SCONCI 1999, passim), Tuscaniae Roma (RICCI PORTOGHESI 1972, p. 61, n. 3; Tuscania1972, p. 65, fig. 9, n. 80; PAROLI 1985, p. 227, n.188; p. 256, n. 229; TESEI 1989, p. 84, tav. XIII, n.78; MOLINARI 1990, 475, fig. 152).Tav. XXIIDatazione: seconda metà XIII-prima metà XIV secolo

3. Boccale: simile ai tipi 19 e 19a, ma con piede piùmarcato. Vetrina verde esterna, vetrina giallastra in-terna.Dimensioni: Ø fondo cm 9,2; h. cm 22,8US 1050-1051-1060, P. III, fase 2Confronti: in merito al tipo in generale si veda quan-to detto per il boccale III.1.19. L’esemplare in esame

Fig. 25 – Maiolica arcaica: n. minimo delle formerelative alle diverse produzioni presenti a Campiglia.

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Fig. 26 – Invetriata verde umbro-laziale: n. minimodelle forme rinvenute nelle aree 1000 e 4000.

Fig. 27 – Zaffera a rilievo: n. minimo delle formeidentificabili rinvenute nelle aree 1000 e 4000.

sembra da riferire alla produzione orvietana in quan-to trova un confronto puntuale con boccali invetriativerdi rinvenuti nel centro umbro (cfr. SCONCI 1999,schede 12-13).Tav. XXIIDatazione: XIII secolo

PRODUZIONE PISANA

4. Forma aperta: 5 frammenti di parete, impasto aran-cio, vetrina interna verde scuro, esterno nudo.Dimensioni: non identificabiliUS1050-1051, P. III, fase 2Confronti: tali frammenti vanno riferiti alle cerami-che invetriate che vengono fabbricate a Pisa insiemealle maioliche arcaiche, di cui riprendono le caratte-ristiche morfologiche, fin dalla prima fase produttiva(cfr. ALBERTI 1990; BERTI 1997, pp. 151-153; Piazzadei Cavalieri 2000, pp. 112-113).Datazione: XIII-XIV secolo

5. Forma aperta: 12 frammenti di parete, impastoarancio scuro, vetrina interna verde, esterno nudo.Dimensioni: non identificabiliUS1046; 4025; 4158; 4064, P. IV, fase 1Confronti: si veda la scheda precedenteDatazione: XIII-XIV secolo

6. Forma chiusa: 6 frammenti di parete, impasto aran-cio, vetrina esterna-interna verde bottiglia.Dimensioni: non identificabiliUS1046; 4025; 4023; 4043, P. IV, fase 1Confronti: si veda quanto detto alla scheda precedente.Datazione: XIII-XIV secolo

Le invetriate verdi rinvenute nella Rocca sonoda riferire a due diversi ambiti produttivi: quel-lo umbro-laziale e quello pisano; nel primo casosi tratta di una forma aperta non identificabile(attestata nella seconda metà del XIII secolo, pe-riodo III, fase 2), e dei tipi morfologici noti delboccale da litro, e della ciotola carenata con pie-de a disco (Tav. XXII, III.2.1-2), presenti a Cam-piglia nella seconda metà del XIII secolo (perio-do III fase 2).Il boccale, appartenente ad un tipo che, comegià sottolineato, poteva essere indifferentementesmaltato o invetriato, decorato o no, probabil-mente è di produzione orvietana poiché trovaconfronti morfologici puntuali con esemplariinvetriati verdi prodotti nel centro umbro. An-che il tipo della ciotola carenata è assai diffusoin tutta l’area umbro-laziale, in particolare nel-l’area orvietana, e al pari dei boccali sopra ac-cennati, poteva essere smaltata o invetriata; nonsi hanno ulteriori indicazioni per assegnarel’esemplare di Campiglia ad un centro preciso,anche se la ciotola carenata, senza anse e inve-triata verde sembra più diffusa nell’Alto Lazio.La presenza a Campiglia di tali prodotti, che

dovrebbero arrivare alla Rocca direttamente,senza alcuna mediazione, testimonia l’esisten-za di contatti con l’area umbro-laziale nel XIIIsecolo, mentre per i due secoli successivi talicontatti sembrano scemare in quanto sono as-senti a Campiglia prodotti provenienti da quel-le zone.Le invetriate verdi pisane sono presenti anch’es-se nella seconda metà del XIII secolo (periodoIII, fase 2), ma con pochissimi frammenti di for-me aperte non identificabili (III.2.4), mentresono maggiormente attestate, sebbene sempre innumero esiguo, e con forme chiuse e aperte nonidentificabili (III.2.5-6), nella prima metà del XIVsecolo (periodo IV, fase 1); dato questo che con-fermerebbe una sempre maggiore presenza deiprodotti pisani nel XIV secolo, rispetto a quellidi altre aree.

III.3 ZAFFERA A RILIEVO

Le forme

1. Boccale: orlo arrotondato, corpo con ventre ribas-sato, piede a disco. Smalto esterno, interno.Dimensioni: Ø fondo cm 9,6; h. cm 20US 1043-1044, P. IV, fase 2Confronti: CORA 1973, tav. 326, nn. 6-7; FRANCOVI-CH et alii 1978, p. 106, L197, in maiolica arcaicablu; Bacchereto 1992, p. 51, schede 84; 86; BERTI

1997, pp. 226-228, schede 18-21; 230-231, schede25-28.Decorazione: motivo in cobalto e manganese nonidentificabile.Tav. XXIIIDatazione: fine XIV-prima metà XV secolo

1.a. Boccale: simile al precedente ma con il corpomeno rastremato. Smalto esterno, interno.

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Dimensioni: Ø fondo cm 10; h. residua cm 16,2US 1043-1044, P. IV, fase 2Confronti: si veda quanto detto per il boccale 1.Decorazione: motivo z in cobalto e manganese.Tav. XXIIIDatazione: fine XIV-prima metà XV secolo

Le decorazioniz: motivo in blu e bruno costituito da un volatile orien-tato verso destra e pianta con foglie polilobate sullosfondo.Confronti: il motivo del volatile, assai diffuso nellamaiolica arcaica in verde e bruno, è caratteristico an-che del repertorio della zaffera in cui si può trovarelo schema dell’uccello unico tra piante (cfr. FRANCO-VICH et alii 1978, p. 285, L197; BERTI 1997, p. 203,n. 25), oppure lo schema dei due volatili affrontati,più caratteristico della maiolica arcaica blu (cfr. infra,le decorazioni s e t) e proprio delle produzioni a zaf-fera (cfr. MOORE VALERI 1984, p. 483, fig. 4b; CONTI

et alii 1991; per le produzioni valdarnesi cfr. CORA

1973, tav. 65, a-c; 66, a-c).Forma associata: III.3.1aFig. 28Datazione: XIV-XV secolo

x: motivo in blu e bruno, costituito da giglio entromedaglione, contornato da foglie di quercia.Confronti: il giglio, elemento ricorrente negli stem-mi familiari, associato anche al partito guelfo (comel’aquila era simbolo del partito ghibellino, cfr. infrail motivo p), viene impiegato come motivopseudoaraldico nei repertori decorativi della maio-lica arcaica dell’Italia centro-settentrionale e in par-ticolare della Toscana (in area valdarnese esso è em-blema della città di Firenze e viene usato soprattut-to nella zaffera a rilievo, cfr. CORA 1973, tavv. 86-89; per l’esemplare di Campiglia cfr. in particolarela tav. 87, c; MOORE VALERI 1984, p. 481, fig. 2) edell’area umbro-laziale (cfr. MAZZA 1983, p. 58, n.67; p. 88, n. 109; p. 125, n. 162; 1981, 1983, p.121, schede 45-46; Orvieto 1, 1983, p. 77, scheda80; 92, scheda 24).Forma associata: boccale non identificabileFig. 28Datazione: XIV-XV secolo

Le zaffere, presenti a Campiglia nella secondametà del XIV secolo (periodo IV fase 2), sonocostituite da boccali con ventre ribassato e piedea disco (Tav. XXIII, III.3.1-1a), decorati conmotivi zoomorfi e vegetali (Fig. 28, z, x). Sia laforma che le decorazioni sono comuni alle coe-ve produzioni in maiolica arcaica e in zafferatanto dell’area senese quanto di quella valdar-nese; gli esemplari della Rocca tuttavia per gliimpasti e per l’esecuzione accurata della decora-zione, sembrano da riferire più alla zona fioren-tina e valdarnese, in cui la tradizione di questotipo di manufatti è più radicata.

Fig. 28 – Motivi decorativi della zaffera a rilievovaldarnese (foto G. Fichera).

Tav. XXIII – Forme della zaffera a rilievovaldarnese (scala 1:4).

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Fig. 29 – Ingobbiata e graffita: n. minimo delle formeidentificabili rinvenute nelle aree 1000 e 4000.

III.4 INGOBBIATA E GRAFFITA

PRODUZIONE PISANA

Le forme1. Boccale: orlo arrotondato, corpo globulare, ansa anastro. Ingobbio e vetrina esterni, vetrina interna.Dimensioni: la. ansa cm 3,7; >< cm 1US 4014-4019, P. V, fase 2Confronti: BERTI, TONGIORGI 1982, p. 177, fig. 14, n.1; FRANCOVICH, PARENTI 1987, p. 177, tav. V, n. 3Decorazione: aaTav. XXIVDatazione: seconda metà XV-prima metà XVI secolo

Le decorazioniaa: motivo graffito a punta e dipinto in verde e gial-lo, costituito da bande verticali alternate a elementi agraticcio.Confronti: BERTI, TONGIORGI 1982, fig. 14, n. 1; FRAN-COVICH, PARENTI 1987, p. 177, tav. V, n. 3.Forma associata: III.4.1Fig. 30Datazione: seconda metà XV-XVI secolo

PRODUZIONE VOLTERRANA

Le forme2. Catino: orlo appuntito, bordo sagomato a listelli,corpo emisferico, piede ad anello, fori di sospensionepraticati a crudo sul piede. Ingobbio e vetrina inter-ni, vetrina esterna.Dimensioni: Ø fondo cm 12; Ø bordo cm 26,4; h.cm 11,6US 1012-1032, P. V, fase 2Confronti: si tratta di un tipo morfologico già pre-sente nella produzione volterrana di maiolica arcaicacon la quale l’ingobbiata e graffita ha in comune for-me e decorazioni, cfr. PASQUINELLI 1987; per questaforma in particolare cfr. Ibidem, p. 66, n. 6.Decorazione: bbTav. XXIVDatazione: seconda metà XV-prima metà XVI secolo

Le decorazionibb: motivo graffito a punta e dipinto in bruno, verdee giallo, costituito da una figura zoomorfa.Confronti: al momento non sono attestati per la pro-duzione volterrana motivi figurati, fenomeno forse

dovuto alla scarsità e frammentarietà dei materiali stu-diati finora; tuttavia motivi di questo genere sono pre-senti nel panorama decorativo dell’ingobbiata e graffi-ta senese cui la produzione volterrana si ricollega (cfr.FRANCOVICH 1982, p. 161, M.C.11.2; p. 244, fig. 220).Forma associata: III.4.5 Fig. 30Datazione: seconda metà XV-XVI secolo

PRODUZIONE SENESE

Le forme3. Catino: orlo arrotondato, leggermente rientrante,bordo a nastro convesso, corpo emisferico, piede adisco, fondo piano. Ingobbio e vetrina interni, vetri-na esterna.Dimensioni: Ø fondo cm 13,4; Ø bordo cm 30,4; h.cm 17,2US 1040, P.V, fase 1Confronti: si tratta di tipo morfologico caratteristicodella maiolica arcaica senese con la quale le produ-zioni ingobbiate e graffite hanno in comune forme edecorazioni, (cfr. FRANCOVICH 1982, pp. 151-170; inparticolare per il tipo del catino a nastro convessoingobbiato e graffito cfr. Ibidem, p. 151, C.1.1).Decorazione: ccTav. XXIVDatazione: seconda metà XV-prima metà XVI secolo

4. scodella: orlo arrotondato, tesa lievemente incli-nata, corpo emisferico schiacciato, piede a disco, fon-do piano. Ingobbio e vetrina interni, vetrina esterna.Dimensioni: Ø fondo cm 4,6; Ø bordo cm 13,2; h.cm 2,6US 4036, P. V, fase 2Confronti: la forma, con alcune varianti, si ritrovanelle produzioni ingobbiate e smaltate del XV-XVIsecolo (cfr. FRANCOVICH 1982, p. 243, fig. 219; p. 291,fig. 262, n. 56; p. 293, fig. 263, n. 58).Decorazione: ddTav. XXIVDatazione: seconda metà XV- prima metà XVI secolo

5. scodella: orlo arrotondato, tesa inclinata, corpoemisferico, piede ad anello, fori di sospensione prati-cati a crudo sul piede. Ingobbio e vetrina interni, ve-trina esterna.Dimensioni: Ø bordo cm 20; Ø fondo cm 8; h. cm 5,2US 4037, P. V, fase 2Confronti: anche questa forma è caratteristica dellemaioliche arcaiche e delle ingobbiate e graffite di tiposenese (cfr. FRANCOVICH 1982, p. 134, B.4.1-2; p. 152,C.4.1-2); l’esemplare di Campiglia trova un confron-to puntuale con un esemplare rinvenuto a Grosseto(cfr. FRANCOVICH 1982, p. 100, n. 118a).Decorazione: eeTav. XXIVDatazione: seconda metà XV-prima metà XVI secolo

Le decorazionicc: motivo graffito a punta e dipinto in bruno, verdee giallo, costituito da foglie lanceolate disposte a gi-randola.

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Tav. XXIV – Forme dell’ingobbiata e graffita pisana (III.4.1), volterrana (III.4.2) e senese (III.4.3-5) (scala 1:4).

Confronti: FRANCOVICH 1982, p. 81, n. 94; p. 158,M.C.7.1, con leggere varianti nella forma delle foglie.Forma associata: III.4.3Fig. 30Datazione: seconda metà XV-XVI secolo

dd: motivo graffito a punta e dipinto in bruno, verdee giallo, costituito da un nastro intrecciato che formaquattro cappi.Confronti: FRANCOVICH 1982, p. 100, n. 118; p. 159,M.C.9.1.Forma associata: III.4.4Fig. 30Datazione: seconda metà XV-XVI secolo

ee: motivo quadripartito (?), graffito a punta e dipin-to in verde e giallo, costituito da foglie lanceolate,alternate a foglie trilobate.Confronti: FRANCOVICH 1982, p. 158, M.C8.1.Forma associata: III.4.5Fig. 30Datazione: seconda metà XV-XVI secolo.

Le ceramiche ingobbiate e graffite a Campigliasono quantitativamente poco attestate rispettoalle altre ceramiche da mensa coeve (4%). L’altaframmentarietà dei reperti di questa classe, pre-sente nella Rocca tra la seconda metà del XV ela prima metà del XVI secolo (periodo V) hapermesso di individuare pochi tipi morfologiciriferibili a produzioni di tipo pisano, senese evolterrano di graffite a punta policrome. Per il

primo caso è attestato solo un tipo di boccale(Tav. XXIV, III.4.1), forma per altro assai raranell’ingobbiata e graffita toscana, le cui produ-zioni presentano prevalentemente o in assolutoforme aperte. Il tipo in questione ha corpo pro-babilmente ovoide e ansa a nastro e trova unconfronto puntuale, anche nel tipo di decora-zione geometrica, con esemplari rinvenuti a Pisae a Campiglia stessa (cfr. scheda III.4.1).Per quanto riguarda gli altri ambiti produttivi, èdifficile stabilire se alcune delle ingobbiate e graf-fite rinvenute a Campiglia siano di produzionesenese o volterrana; com’è noto infatti i due re-pertori morfologico-decorativi si identificanoquasi, per cui forse l’analisi chimica delle argillepotrebbe produrre una certezza assoluta in me-rito alle provenienze. Nonostante ciò l’osserva-zione macroscopica degli impasti unita al con-fronto con il contesto del Palazzo Comunale diCampiglia, dove figurano produzioni ingobbia-te e graffite volterrane e senesi, indurrebbe a ri-ferire al primo ambito il catino con bordo sago-mato a listelli (Tav. XXIV, III.4. 2) e decorazionefigurata (Fig. 30, bb); all’altro ambito invece icatini a nastro convesso e le scodelle con tesaconfluente e piede a disco o ad anello (Tav. XXIV,III.4.3-5), che mostrano decorazioni vetetali (Fig.30, cc; dd; ee).

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Fig. 30 – Motivi decorativi dell’ingobbiata e graffita pisana (aa), volterrana (bb) e senese (cc, dd, ee) (fotoG. Fichera).

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Anche per le ingobbiate e graffite va sottolinea-ta la presenza di prodotti di seconda scelta: ilboccale infatti reca tracce dell’attacco in secon-da cottura con un altro pezzo, mentre i catiniIII.4.2-3 mostrano alcuni difetti di seconda cot-tura dovuti probabilmente alla cattiva applica-zione del rivestimento vetroso.L’insieme delle ceramiche da mensa rinvenutenella Rocca di Campiglia (pari a 2715 frg.) offreun quadro interessante caratterizzato per la se-conda metà del XIII secolo (periodo III fase 2)dalla presenza di maioliche arcaiche e invetriateverdi pisane e umbro-laziali. Nella prima metàdel XIV secolo (periodo IV, fase 1) lo stanzia-mento della guarnigione pisana nel castello com-porta un ulteriore incremento delle produzionidi Pisa costituite da maioliche arcaiche e, in nu-mero esiguo da invetriate verdi, che sembranoprendere il posto delle precedenti produzioniumbro-laziali non più attestate in questo perio-do; nella seconda metà del XIV secolo (periodoIV, fase 2) invece le invetriate verdi scompaiono,mentre, accanto alle maioliche arcaiche pisane,figurano, seppur in minor misura, prodotti se-nesi, volterrani, nonché ceramiche di un certopregio come la maiolica arcaica blu e la zaffera arilievo di produzione valdarnese.

La situazione che emerge per il XV e la primametà del XVI secolo invece vede una prevalenzadelle maioliche policrome valdarnesi, cui si af-fiancano pochi prodotti ingobbiati e graffiti diproduzione pisana, volterrana e senese, mentresembrano praticamente assenti (ad eccezionedella scodella III.1.18) le maioliche arcaiche delValdarno. Insieme alle tipologie sopra menzio-nate inoltre continua l’uso delle ciotole emisfe-riche rivestite di smalto monocromo, caratteri-stiche in Toscana di tutte le produzioni maturedi maiolica arcaica, e che a Campiglia arrivanoancora da Pisa.In generale per tutte le classi da mensa trattate siè notata la presenza di prodotti di buona fattu-ra, affiancati, nel caso della maiolica arcaica edell’ingobbiata e graffita, da alcuni prodotti diseconda scelta, che presentano difetti a livellodei rivestimenti e delle parti dipinte. La presen-za di tali reperti potrebbe far pensare una pro-duzione in loco di queste ceramiche, ma il loronumero esiguo, la loro natura di prodotti di se-conda scelta, e comunque commerciabili, unitialla mancanza assoluta al momento, di qualsiasireperto legato alla tecnologia del forno (distan-ziatori, scarti di lavorazione ecc.) non permettedi formulare alcuna ipotesi. Sempre in merito alle

Fig. 32 – Ceramica da mensa. Percentuali (n. frg.)delle classi presenti nelle aree 1000 e 4000.

Fig. 31 – Ceramica da mensa: n. minimo delle forme identificabili rinvenute nelle aree 1000 e 4000.

Fig. 33 – Ceramica da mensa. Percentuali del n. minimodelle forme presenti nelle aree 1000 e 4000.

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caratteristiche delle produzioni inoltre risultanodel tutto assenti prodotti su committenza, se siesclude il boccale in maiolica arcaica blu la cuidecorazione reca uno stemma illeggibile a causadella frammentarietà del pezzo.Dallo studio dei reperti di Campiglia emergo-no alcuni dati interessanti sulla comunità cheabitava l’area signorile, nonché sulla temperiesocio-politica della Rocca. Nella seconda metàdel XIII secolo (periodo III, fase 2), nel mo-mento di massima espansione del potere deiDella Gherardesca sull’insediamento, quandoormai da più di un secolo Campiglia è aperta amercati diversi da quelli locali, il corredo damensa è quello tipico di un contesto signorile,ed è costituito in prevalenza da prodotti rive-stiti pisani cui si affiancano alcune maiolichearcaiche e invetriate verdi provenienti dall’areaumbro-laziale.Il carattere militare che l’insediamento assumecon lo stanziamento del contingente pisano, nellaprima metà del XIV secolo, indurrebbe a pensa-re ad un cambiamento del corredo in cui preval-gono ceramiche per lo stoccaggio del cibo, ac-canto alle quali dovrebbero figurare poche cera-miche da mensa eventualmente anche sostituiteda recipienti in legno. In realtà invece si è vistoche le ceramiche fini continuano ad essere uti-lizzate in grande quantità, e anzi, nella secondametà del secolo (periodo IV, fase 2) compaionoanche alcuni prodotti di lusso come le maiolichearcaiche blu e le zaffere.Per quanto riguarda gli usi della mensa, a Cam-piglia le prevalenti maioliche arcaiche pisanesono esemplificate da ciotole e scodelle indivi-duali, e da una notevole quantità di boccali chepotevano avere sia un uso collettivo che indivi-duale. È interessante notare inoltre la scarsitàdelle forme collettive come i grandi catini gliscodelloni, i rinfrescatoi, impiegati per portarein tavola le vivande o le piccole suppellettili,probabilmente sostituiti dai taglieri di legno,tanto documentati dalle fonti iconografichecoeve.

ARIANNA LUNA

III.5 CERAMICHE POST-MEDIEVALI

Relativamente al periodo V fasi 1 e 2, corrispon-denti al XV e XVI secolo non si presentano ti-pologie, dato che le produzioni attestate sonomolto conosciute in tutta la Toscana ed i daticampigliesi non offrono che conferme al pano-rama già presentato nell’edito. La Rocca in que-sto momento storico (a partire dal 1406) è sog-getta al dominio fiorentino e anche dall’analisi

delle produzioni ceramiche si evidenzia un gra-duale passaggio al vasellame proveniente dal-l’area valdarnese e fiorentina. Ci riferiamo inparticolare alle produzioni in maiolica di Mon-telupo Fiorentino (vedi BERTI 1997) e ad altreproduzioni rinascimentali (invetriate). Per ciòabbiamo scelto di trattare questi dati in mododiverso da quelli dei secoli precedenti, presen-tando un quadro riassuntivo relativo alle varieclassi ed al numero di frammenti ritrovati perciascuna (Fig. 34).Queste produzioni confermano a livello gene-rale alcune delle tendenze ormai accertate perla ceramica rinascimentale. In primo una stan-dardizzazione funzionale e produttiva dei ma-nufatti che presuppone un’organizzazione del-le botteghe molto diversa dai secoli precedenti.Infatti è dal XV secolo che si affermano in To-scana alcuni centri a vocazione produttiva cheraggiungono per la prima volta dal mondo clas-sico quasi un livello di fabbricazione manifat-turiera ed esportano stoviglie a largo raggiodistributivo. È questo il caso di Montelupo Fio-rentino, il cui corredo si ritrova in tutti i conte-sti toscani a partire dall’inizio del XV secolo.Questo fenomeno si nota anche nel nostro caso,per le ceramiche fini rivestite: il corredo ritro-vato nella Rocca di Campiglia può essere inse-rito nell’orizzonte produttivo fiorentino che siaffianca a quello di tipo pisano e alla presenzadi alcuni prodotti senesi, nella fase 2 del perio-do (XVI secolo).Accanto alle produzioni di Montelupo e generi-camente valdarnesi, si nota infatti un persisterenell’arrivo di produzioni di ambito pisano, come

Fig. 34 – Tabella quantitativa. Legenda: AG acromagrezza; AD acroma depurata; M.A maiolica arcaica;M.A.M maiolica arcaica monocroma; INV invetriata;SMAL smaltata bianca; GRAF ingubbiata e graffita;MONT ceramiche di Montelupo Fiorentino (reticolopuntinato, decoro alla porcellana, occhio di penna dipavone, contorno a ghirlanda); ITA.M Italo moresca;

MA. RIN maioliche rinascimentali.

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maiolica arcaica monocroma o con decoro uni-camente in manganese (Tav. XIV, tipo 8), che rap-presentano appunto la fase ultima della produ-zione di maiolica arcaica a Pisa. In particolaresembrerebbe che l’arrivo di maiolica arcaica con-tinui ad essere, nel XIV e nel XV secolo, unaprerogativa della città di Pisa, ed inoltre, tra icirca 450 frammenti di maiolica arcaica del pe-riodo V, nessuno è pertinente a produzionivaldarnesi. L’analisi delle forme di maiolica ar-caica di provenienza pisana per il periodo V hadimostrato che sono presenti soltanto formeaperte, perlopiù piccole ciotole di uso individua-le, mentre tutte le forme chiuse da mensa (boc-cali), sarebbero di provenienza fiorentina e rien-trerebbero nel corredo in maiolica di Montelu-po.In dettaglio, tra le produzioni fiorentine notia-mo dunque la presenza di classi fabbricate nelcentro valdarnese nel pieno XV secolo: si trattadi boccali con decoro a “ penna di pavone” , a“ reticolo puntinato” , alla “ porcellana” , con “ con-torno a ghirlanda” , nonché maiolica arcaica tri-colore (Figg. 35 e 36).Occorre invece fare un discorso a parte perquanto riguarda le ceramiche ingobbiate e graf-fite. Si tratta generalmente di forme aperte damensa, scodelle e catini, il cui ambito produtti-vo si inserisce nel XVI secolo (dall’analisi dellestratigrafie infatti la comparsa sembrerebbe col-locarsi nel periodo V.2). La zona di produzionedi questi manufatti non è al momento ben chia-

ra: sicuramente Siena, per alcune forme Volter-ra (in particolare Pomarance, centro di produ-zione attestato dalle fonti scritte e materialiproprio per questo tipo di vasellame DE MAR-CO, PASQUINELLI, COSCARELLA 1987), in un solocaso Pisa. Rimandiamo al catalogo della classeper un’argomentazione più dettagliata sulle areedi produzione.Poco attestate in queste stratigrafie le ceramichedella classe italo-moresca (rare in alcuni conte-sti di P. V fase 1) e in zaffera a rilievo, mentresembrerebbe fermarsi alla fine del XIV secolol’arrivo di maiolica arcaica blu, di provenienzavaldarnese.Passando alle ceramiche prive di rivestimento èda notare l’alta presenza, sia nel XV che nel XVIsecolo, di ceramica grezza da fuoco, parallela-mente a quella di ceramica invetriata, utilizzateentrambe per la cottura dei cibi. Questo dato, seanalizzato accanto alla tendenza generale delRinascimento che riporta la scomparsa del pen-tolame privo di rivestimento, dimostra che il casodi Campiglia è assai particolare, per l’attestazio-ne anche in questi secoli di olle, pentole e tega-mi modellati a mano dei tipi I.1.Il panorama delle forme acrome con impastodepurato mostra invece analogie con le tenden-ze toscane: nel complesso maggiore quantità as-sumono i grandi contenitori chiusi per la con-servazione dei liquidi (orci, orcioli, brocche) ecatini e conche per la preparazione dei cibi oper funzioni domestiche di altro tipo (lavaggiodei panni e delle stoviglie, trasporto di cibi daimagazzini etc.). Parte di questi reperti sono com-presi nel raggruppamento II.1.1 che riguardatutte le ceramiche prive di rivestimento o di ca-ratteristiche decorative distinguibili, di ambitofiorentino, ma spesso anche senese o pisano. Traquesti, dunque, è stata isolata soltanto la pre-senza di alcune classi riconoscibili, come la ce-ramica a matrice (vedi classe II.5) o di forme par-ticolari come grandi orci con orlo a beccaccia egiglio fiorentino bollato sull’ansa.

Il panorama dei quadri produttivi di Campigliaper il XV e XVI secolo può essere confrontatocon due contesti: un primo edito, sempre dalcentro storico di Campiglia, relativo allasvuotatura di due silos nel Palazzo Comunaledella cittadina (FRANCOVICH, PARENTI 1987) ed unsecondo, inedito, relativo al vicino castello diScarlino (COSTANZO 1985-1986).I silos svuotati contenevano materiale ceramicodatabile tra XV e XVII secolo. Accanto alle pro-duzioni invetriate ed acrome relative al pentola-me da cucina, percentualmente molto numero-se, ma sulle quali non ci soffermeremo, è inte-

Fig. 35 – Boccale con decoro a “ reticolo puntinato”(Museo di Campiglia Marittima).

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Fig. 36 – Boccale con decoro a “ occhio di penna dipavone” (Museo di Campiglia Marittima).

ressante per un confronto l’attestazione di cera-mica ingubbiata e graffita, tutta di provenienzavolterrana (produzione forse di Pomarance), ac-canto a saltuarie forme di derivazione pisana (al-cune forme aperte ed una forma chiusa, simile aquella rinvenute a Campiglia, CUCINI 1987, pp.172-179 e 187-189). Inoltre sono ben presentinei pozzi le produzioni in maiolica di Montelu-po Fiorentino, sia di XV secolo (decoro ad oc-chio di penna di pavone e italo moresca S. Fina)sia di XVI secolo (decoro a reticolo puntinato)(CUCINI 1987, pp. 196-197).Per quanto riguarda i contesti di Scarlino (CO-STANZO 1985/1986), essi sembrano discostarsida quelli campigliesi per la maggiore presenzaquantitativa di produzioni senesi (o di tipo se-nese, ma prodotta in centri della Toscana meri-dionale) e per l’ assenza di vasellame volterra-no. Inoltre, accanto alle produzioni senesi (ce-ramica acroma depurata, grezza e maiolica ar-caica, nonché zaffera a rilievo) attestate nel XIVe XV secolo, si rilevano in tutto il XV secolo,come a Campiglia, produzioni monocrome dimaiolica arcaica pisana, nel tipo della piccolaciotolina individuale con piede ad anello. Nonsembrano attestate ingubbiate e graffite e ma-ioliche valdarnesi, ma i contesti esaminati sifermano al XV secolo. Per la zaffera a rilievo siipotizza una provenienza dal centro senese,mentre i frammenti di Campiglia sembrerebbe-ro di area fiorentina (COSTANZO 1985-1986, pp.319-325). Dunque la maggiore presenza sene-

se sarebbe il tratto distintivo del castello di Scar-lino rispetto ai reperti provenienti dalla Roccadi Campiglia.

Infine, una riflessione. Se analiziamo le quantitàdi ceramica nel periodo V raggruppandola ingruppi funzionali, otteniamo 550 frammenti diceramica per cucinare, 1197 di acroma depura-ta per la conservazione e la preparazione dei cibi,1099 frammenti di ceramica per la mensa, siaforme chiuse, sia forme aperte. Tale dato sem-bra propriamente riflettere le quotidiane esigenzedi un gruppo non esiguo di persone, cioè quelledi conservare, immagazzinare, preparare cibo ecucinarlo. Dispiace non potere ottenere dai do-cumenti dati maggiori sull’entità della guarni-gione fiorentina, e quindi non poter fare analisipiù approfondite sulla sua cultura materiale.Forse il dato vero consiste proprio nell’assenzadi differenze con i contesti di tipo domestico-familiare dello stesso periodo cronologico, per-lomeno per la Toscana.

FRANCESCA GRASSI

IV. Ceramica fine di importazionemediterranea

La ceramica fine proveniente da varie zone delmediterraneo ritrovata a Campiglia è costituitanella totalità da 94 frammenti corrispondenti a24 forme (Fig. 37). In questo catalogo abbiamoconsiderato unicamente le ceramiche provenientida aree che non sono in contatto diretto con ilnostro sito ed i cui rapporti con la Rocca posso-no dunque essere considerati saltuari. A rigoreinfatti tutte il vasellame di produzione ‘non lo-cale’ potrebbe essere considerato ‘di importazio-

Fig. 37 – Importazioni mediterranee nella Rocca diCampiglia (XII-XVII secolo). Numero minimo delle

forme.

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Tav. XXV – Ceramica fine di importazione mediterranea (scala 1:2).

ne’, ma vi sono alcune zone di produzione, comequella pisana, che dato lo stretto legame storicoed economico con la Rocca, sono state trattatecome zone consuete di approvvigionamento.Pertanto, ma si tratta di una scelta di presenta-zione del materiale, le aree ritenute in contattosaltuario con Campiglia sono le seguenti:Maghreb, Islam Orientale, Mediterraneo orien-tale, Liguria, Campania, Sicilia e Spagna. Daqueste aree il vasellame perveniva alla Rocca con

o senza la mediazione pisana: quando possibile,cercheremo di ipotizzare, all’interno del catalo-go, le vie di arrivo dei materiali, confrontandolianche con i ritrovamenti urbani. Il Lazio, presen-te nella Rocca con prodotti smaltati e invetriatiper tutto il Duecento, è stato invece incluso nelcatalogo delle ceramiche fini da mensa (IV.1 ma-ioliche arcaiche e IV.2 invetriate verdi), ma negliistogrammi conclusivi sarà riproposto nel com-puto totale della ceramica di importazione.

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Tunisia / Maghreb

IV.1 SMALTATA CON DECORAZIONE IN “ COBALTO E

MANGANESE”

1. Scodella (Tav. XXV, Fig. 38): orlo arrotondato eassottigliato. Decorazione in blu e marrone costituitada linee parallele.Dimensioni: Ø orlo non id.US: ripulitura area 7000, P. IV fase 2Datazione: fine XII-metà XIII secoloConfronti: la forma della scodella è molto comuneper questa classe ceramica. La ceramica a cobalto emanganese è ben conosciuta, sia per il suo utilizzocome decoro architettonico (bacini), sia per i rinveni-menti in scavi. Per le presenze in Toscana, il comples-so di bacini a cobalto e manganese del Duomo di S.Miniato (Pi) è il più completo (BERTI, TONGIORGI

1981b), insieme ad alcune chiese pisane (BERTI, TON-GIORGI 1981a; tavv. CXXVII-CXXXIII, pp. 207-211).Recenti scavi a Pisa, in piazza Dante hanno inoltreconfermato l’utilizzo anche per uso domestico di que-ste ceramiche importate dal Maghreb (BERTI 1993a,p. 548). L’area di diffusione in Italia della ceramica acobalto e manganese è molto ampia, ed interessa variinsediamenti costieri tirrenici in particolare del norde del centro, inclusi alcuni siti vicini a Campiglia, uti-li per una sintesi delle presenze nell’area geograficaintorno al castello (Rocca San Silvestro, BOLDRINI,GRASSI, MOLINARI 1997; Liguria, BERTI, TONGIORGI

1972, CABONA et alii 1986; Lucca; BERTI, CAPPELLI

1994; Sicilia, MOLINARI 1997).2. Catino (Tav. XXVI, Fig. 39): 2 frammenti, orlo a tesa,corpo carenato. Smalto bianco interno ed esterno.Decorazione: sulla tesa motivo in blu costituito da“ s” incatenate in sequenza e motivo geometrico contralci vegetali sulla superficie interna del cavetto. Nonvisibile il decoro centrale.Dimensioni: Ø orlo 30 cmUS: 1060, P. III fase 2Confronti: La forma di questo catino si ritrova in duebacini sul Duomo di San Miniato, nn. 6 e 9, p. 47(BERTI, TONGIORGI 1981b) e nel corpus dei bacini pi-sani, nn. 269-292 (BERTI, TONGIORGI 1981a, p. 209).Datazione: fine XII-metà XIII secoloOsservazioni: Il reperto è collocato al Museo di Cam-piglia M.ma.

IV. 2 SMALTATA VERDE

1. Forma aperta: 2 pareti, smalto opaco verde inter-no ed esterno.Dimensioni: non id.US: 4132, P. IIConfronti: i vasi di produzione islamica con rivesti-mento di colore verde, vetrina o smalto, sono unaproduzione parallela a quella in cobalto e mangane-se, presente anche tra i bacini delle chiese pisane e diS. Miniato con decori eseguiti in bruno (BERTI, TON-GIORGI 1981a, pp. 203-206; BERTI, TONGIORGI 1981b,bacino n. 6). Non sembra possibile effettuare con-fronti per la forma, data l’esiguità del frammento el’impossibilità di avvalersi del dato morfologico com-plica il riconoscimento della produzione ed è altresìdifficile dire se si trattasse di un vaso decorato o mo-nocromo. L’analisi dello smalto interno ed esterno,molto coprente, opaco, arricchito con stagno e colo-rato con ossido di rame, nonchè l’assenza di quarzoeolico nella matrice argillosa ci fa propendere per unprodotto del tipo 10.a.b considerato da Graziella Bertitra i reperti di Piazza Dante (BERTI 1993a, ceramichemonocromi verdi, p. 555) di provenienza nord-afri-cana, pur non presentando il quarzo che caratterizzaappunto quest’area produttiva. Tra i reperti in mono-cromia verde presenti a Pisa di produzione maghre-bina si segnala inoltre la forma chiusa CXXXV di inzioXI secolo (BERTI, TONGIORGI 1981a) e le smaltatemonocrome del primo quarto XII secolo, CXLIV-CXLVI (ibidem). Queste produzioni si attestano an-che in Liguria, in contesti di XII secolo (CABONA etalii 1986, p. 474).Datazione: XI-inizio XIII secolo, ma il secolo rap-presentativo è l’XI secolo.

FRANCESCA GRASSI

IV. 3 DEPURATA CON DECORAZIONI IMPRESSE A STAMPO

1. Giara (Fig. 40): 5 pareti, una delle quali decorata astampo.Decorazione: Un solo frammento reca le decorazioniimpresse a stampo, all’altezza della spalla del vaso.Questa decorazione si distribuisce in fasce orizzontalinelle quali si sviluppa il motivo decorativo segnalato.

Fig. 39 – Catino IV.1.2 (foto G. Fichera).

Fig. 38 – Scodella IV.1.1 (foto G. Fichera).

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Sono due le fasce decorate che si osservano nel fram-mento di spalla in questione. L’uso ha appiattito lelinee di questa decorazione, fatto che ha reso più dif-ficile la sua analisi. La fascia inferiore mostra un mo-tivo spigato semplice e molto frequente nelle giare astampo. Nella seconda fascia si trova una palmettacompleta racchiusa in un motivo a mandorla. Nellospazio esistente tra le due palmette circondate damandorle se ne introduce un’altra simile, ma inverti-ta. Su questi due motivi si dispongono varie linee in-cise doppie e parallele tra le quali si alternano le lineeorizzontali e ondulate.Sarebbe troppo esteso enumerare i luoghi dove com-paiono i motivi anteriormente descritti, sia quelli astampo sia quelli incisi. Possiamo segnalare che sonodiffusi nella gran parte dell’Andalusia e anche delMagreb, con una cronologia che va dalla epocaAlmohade a quella posteriore Nazarì-Merinì, essen-zialmente durante i secoli XIII e XIV.Dimensioni: >< pareti cm 1,8.US: 1050, 1060, P. III fase 2.Confronti: la giara è un elemento essenziale nel cor-redo islamico: per le sue grandi dimensioni fu desti-nata a contenere cereali o acqua nell’ambito domesti-co. Inoltre per la sua grande capacità fu probabilmenteutilizzata anche per altri usi, come il commercio alunga distanza. In particolare alcuni elementi ci per-mettono di avvalorare questa ipotesi.In primo luogo, la documentazione commerciale bas-somedievale dove solitamente si fa menzione dellegiare quando ci si riferisce al commercio di determi-nati prodotti ceramici. Non deve, pertanto, sorpren-derci che nei relitti rinvenuti fino ad ora si trovinoframmenti di giara con decorazione a stampo asso-ciata a ceramica che doveva essere oggetto di com-mercio.In secondo luogo la sua frequente presenza in luoghilontani da quelli di produzione. Tra i manufatti isla-mici trovati in Italia, la giara occupa un posto rile-vante. Possiamo segnalare alcuni ritrovamenti inte-ressanti. In un area relativamente vicina al Lazio Set-

tentrionale (LUZI 1990; ROMANA STASOLLA 1998), laconcentrazione di vasellame decorato a stampo è no-tevole. In località più vicine alla Rocca si ritrovanogiare con decorazione a stampo, ed è il caso di Ripa-fratta (REDI, VANNI 1987; CAVICCHI 1990), castello chesi trova tra Pisa e Firenze, e di Rocca di S. Silvestro(BOLDRINI, GRASSI, MOLINARI 1997, n. 24). Il ritrovamen-to più insolito è senza dubbio quello di Finalborgo.In questo modesto nucleo urbano ligure è stato rin-venuto un “ reposadero” da giara (FRONDONI et alii2000, pp. 180-181). Questo elemento completa lagiara e si utilizza per evitare che il manufatto abbiaun contatto diretto con il pavimento e per permetter-ne una corretta essudazione. Si potrebbe supporre,pertanto, che le giare non fossero utilizzate solo comecontenitori di mercanzie durante i lunghi tragitti trale coste del Mediterraneo Occidentale e l’Italia, maanche richieste come elementi di uso domestico neiluoghi di destinazione. Dunque le giare utilizzate nelcommercio venivano anche messe in vendita, insiemeagli elementi che ne completavano la loro funzione.

ALBERTO GARCIA PORRAS

Islam orientale/Egitto

IV. 4 INVETRIATA ALCALINA 1

1. Scodella (Tav. XXV, Fig. 41): orlo appuntito contesa, cavetto emisferico. Decorazione ottenuta con latecnica della solcatura su impasto fresco con motivi avolute, vetrina gialla interna ed esterna, orlo marcatocon una sfumatura in azzurro.Dimensioni: diametro orlo 24 cmConfronti: il rivestimento di questa scodella è statoconsiderato alcalino soltanto in base al forte spessoreche presentava, ma non è escluso che possa trattarsidi una vetrina piombifera, soprattutto alla luce delfatto che alcuni bacini provenienti dall’islam orienta-le e presenti a Pisa sono eseguiti con la medesima tec-nica e presentano vetrina al piombo (BERTI, TONGIOR-GI 1981, nn. 81, fig. 201 con vetrina bianca; 151, fig.202 con vetrina gialla e 237, fig. 203 con vetrina ver-de, datati all’ ultimo quarto XI, primo quarto XII).Pezzi con ornamenti “ pierced” o “ deeply carved” conrivestimento incolore, che appare bianco, e “ blueglazed rims” sono riferiti all’Iran (XII s. GRUBE 1976,pp. 160-163, nn. 107-109). Pezzi con motivi incisi ecolature blu, con vetrina definita alcalina, sono inclu-si in un gruppo dagli scavi di Nishapur (IX-X s.): cfr.WILKINSON 1973, pp. 269 etc., nn. 35.US: 4132, P. II fase 2Datazione: XI-XII secolo.

2. Forma chiusa: 1 frammento di parete di formachiusa, vetrina blu interna ed esterna.Dimensioni: >< parete cm 0,4.

Fig. 40 – Giara IV.3.1 (foto G. Fichera).

1 Si ringrazia vivamente la dott.ssa Graziella Berti che hamesso a disposizione le sue conoscenze per aiutarci nel-l’analisi di questo vaso.

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Confronti: il frammento non permette di effettuareparticolari confronti morfologici, data la piccolezza.Il corpo ceramico bianco e la vetrina densa e copren-te di colore blu ci permettono di attribuire questoframmento all’area islamica orientale e di inserirlonella classe delle invetriate con rivestimento alcalino.Alcuni frammenti appartenenti alla stessa classe sonostati rinvenuti anche nel vicino castello di Rocca SanSilvestro (BOLDRINI, GRASSI, MOLINARI 1997) in stratidi seconda metà XIII secolo e nel sito di Scarlino (ine-dito, frammento sporadico dal settore III, 5). Il con-testo di provenienza campigliese è datato al XII seco-lo e la varietà di attestazioni cronologiche evidenziache questa classe ceramica (che ha un arco produtti-vo ampio, almeno tra XI e XVI, BERTI, CAPPELLI 1994,pp. 139) è presente anche sulle coste tirreniche inmomenti diversi. Alcuni esemplari con decorazioneincisa sotto la vetrina sono attestati tra i bacini pisanidalla metà XI secolo alla p. metà del XIII (BERTI, TON-GIORGI 1981a, pp. 251-254) ed in Liguria (CABONA etalii 1986, pp. 473-474). Per la zona di produzione,difficile risulta distinguere tra Persia, Egitto o Siria,in particolare data l’esiguità del frammento. Tali ce-ramiche non sono molto rappresentate tra i bacinipisani, nonostante i correnti rapporti della città ma-rinara con i mercati orientali nel corso di tutto il XIIsecolo (BERTI, TONGIORGI 1981a, p. 251).US: 4132, P. II fase 2Datazione: XI-XVI secolo

Mediterraneo orientale

IV. 5 INVETRIATA VERDE

1. scodella (Tav. XXV, Fig. 42): orlo a tesa appuntito,interno con vetrina verde e schiarimento della super-ficie (oppure ingobbio?), esterno nudo con colaturedi vetrina.Confronti: questa scodella trova interessanti confronticon un bacino proveniente da Noli (BENENTE, GARDI-NI 1993, Chiesa di S. Margherita, Tav. IX, fig. 10) econ reperti sempre liguri dallo scavo di palazzo Du-cale (CABONA et alii 1986, p. 462), con alcuni rinveni-menti pisani (BERTI, GELICHI 1993, pp. 147-165, baci-ni 175, 183, datati al XII secolo) e con invetriate ver-

di (con o senza ingobbio) del castello di Segesta (MO-LINARI 1997, p. 147). L’impasto del bacino provenienteda Noli fu analizzato da Tiziano Mannoni e inseritonel III gruppo a paragenesi granitica, proveniente dalMediterraneo orientale (D’AMBROSIO, MANNONI,SFRECOLA 1986) e questa analisi fu confermata da quel-le effettuate sui reperti pisani inquadrati nell’area dellaGrecia, Anatolia e isole dell’Egeo (BERTI, GELICHI 1993,pp. 159). Il nostro reperto è stato analizzato e la se-zione sottile è inseribile nel gruppo identificato daMannoni, con alta percentuale di mica bianca e nera.Queste ceramiche, ben attestate a Pisa, trovarono pro-babilmente nella città stessa un tramite per giungerein siti del contado come Campiglia.US: 1050, P. III fase 2Datazione: prima metà XII-metà XIII secolo.

Liguria

IV. 6 GRAFFITA ARCAICA LIGURE

1. catino (Tav. XXVI, Fig. 43): catino con orlo indi-stinto, corpo troncoconico, piede ad anello. Ingob-bio e vetrina interna, esterno nudo.Decorazione: decorazione sulla tesa costituita da ar-chetti (VARALDO 1997, fig. 7, motivi 5) e motivo cen-trale floreale stilizzato (VARALDO 1997, p. 443).Dimensioni: diametro orlo 27 cm, diametro fondo 9cm, h. totale 12,5.

Fig. 41 – Scodella IV.4.1 (foto G. Fichera).

Fig. 42 – Scodella IV.5.1 (foto G. Fichera).

Fig. 43 – Catino IV.6.1 (foto G. Fichera).

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Confronti: La forma è riferibile al tipo N della recen-te sintesi sulle graffite arcaiche liguri elaborata daVaraldo (VARALDO 1997, fig. 1). Un esemplare simileproviene da Rocca San Silvestro (BOLDRINI, GRASSI,MOLINARI 1997, n. 25 e 26) ed è datato alla secondametà del XIII secolo, nonostante il momento di mas-sima presenza della classe venga datato, per questosito, al Trecento. In generale dunque, a Campiglia eda Rocca san Silvestro, la graffita arcaica sembrerebbeattestata con le stesse forme e decori, in contesti dipieno XIV secolo. Difatti, se la presenza di Gral rag-giunge l’apice, in tutto il mediterraneo, nel XIII seco-lo (per la Toscana è esemplare la chiesa di S. Cecilia aPisa, datata tra secondo e quarto decennio del XIIIsecolo, con 47 forme), nella stessa Pisa è documenta-ta anche nel Trecento, tra i bacini ceramici di alcunechiese e tra i recuperi del sottosuolo (BERTI, TONGIOR-GI 1981a, pp. 277-283; BERTI 1993b, p. 588). Inoltrenella vicina città di Grosseto la Gral è comunque at-testata in strati della metà del XIV secolo (FRANCOVI-CH, GELICHI 1980, pp. 89/94/97). Anche a Roma sitrovano, tra i reperti della Crypta Balbi, catini conprofilo simile a quello di Campiglia (MOLINARI 1990,p. 375, nn. 401-402), in strati di prima metà XIII eprima metà XIV secolo.

us 4133, 4157, P. IV fase 1Datazione: metà XII-XIV secolo.Osservazioni: Il reperto è collocato al Museo di Cam-piglia M.ma.

IV. 7 INGOBBIATA MONOCROMA

1. forma aperta (scodella?): tesa appuntita, internoed esterno ingobbiato ed invetriato con vetrina spes-sa verde.Confronti: le attestazioni di ingobbiata monocromasono parallele a quelle di graffita arcaica tirrenica. Sitratterebbe di un prodotto che condivide con le graf-fite le forme, la cronologia e persino gli impasti; dun-que i luoghi di fabbricazione sarebbero unici per en-trambe le classi. Rimandiamo a GOBBATO 1996 peruna sintesi completa sulle presenze di queste cerami-che nella Liguria di Ponente, sulle cronologie e sulladiffusione. Per le presenze in Toscana è necessario ri-cordare quelle nel castello di Rocca San Silvestro (BOL-DRINI, GRASSI, MOLINARI 1997) databili al XIII secolo,in concomitanza con l’arrivo di graffita arcaica.US: 4064, P. IV fase 1Datazione: fine XII-XV secolo.

Tav. XXVI – Ceramica fine di importazione mediterranea (scala 1:2).

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Campania

IV. 8 DIPINTA SOTTO VETRINA

1. ciotola (Tav. XXV, Fig. 44): orlo arrotondato indi-stinto, cavetto emisferico. decorazione non id. in bru-no e verde “ fusa” , vetrina gialla interna, nudo ester-namente con colature.Dimensioni: diametro orlo13 cm, >< parete 1 cm.Confronti: la forma di questa ciotola invetriata di-pinta in bruno e verde è simile a quella di un gruppodi forme aperte provenienti da Salerno, ed in parti-colare la n. 11 (DE CRESCENZO et alii 1992, p. 67). Lecaratteristiche tecnologiche (vetrina giallina, decoroin bruno e verde, impasto beige ricco di inclusi) per-mettono di accertare con sicurezza l’appartenenza delnostro frammento ad una produzione campana. Tra ibacini delle chiese di Pisa si trovano forme simili condecori in verde e bruno datate al primo quarto delXII secolo (BERTI, TONGIORGI 1981a, p. 232), mentrenon sono presenti tra i reperti degli scavi urbani diPiazza Dante e Piazza dei Cavalieri. Anche in questocaso l’impasto risulta colore cuoio con minuscoli in-clusi di origine vulcanica provenienti dalle terre traSalerno e Gaeta. Ulteriori confronti si trovano a Na-poli, tra i reperti di Palazzo Corigliano (VENTRONE

VASSALLO 1985, fig. 50, n. 3) e di S. Lorenzo Maggio-re dove la ceramica invetriata dipinta in bruno e ver-de occupa una percentuale rilevante del totale dei re-perti invetriati, assieme alla coeva “ spiral ware” in cuiil decoro, steso con gli stessi colori, assume la forma dispirali (FONTANA 1984, p. 93, V serie). Infine a Roma,nel deposito della Crypta Balbi si ritrova un profilosimile al tipo di Campiglia in una ciotola con decora-zioni a spirali (MOLINARI 1990, p. 360, n. 377). Catinicon decorazione in bruno e verde sono inoltre attestatinella capitale come decoro architettonico (Eadem, p.359 ss. per la bibliografia relativa ai bacini laziali inbruno e verde sotto vetrina). Precisiamo che questobreve excursus non esaurisce il panorama di attestazio-ni di tale classe in tutta l’Italia meridionale e centrale erimandiamo ai singoli testi citati per la bibliografia sul-la diffusione della produzione (vedi inoltre FONTANA

1984, p. 118 con cartina distributiva).us 1050, P. III fase 2Datazione: XII secolo-XIV secolo

Sicilia

IV. 9 INVETRIATA VERDE CON DECORAZIONE

SOLCATA

1. Catino (Tav. XXV, Fig. 45): orlo ingrossato, vetri-na verde spessa e brillante interna ed esterna.Decorazione: costituita da tratti paralleli obliqui ametà del corpo.Dimensioni: diametro orlo 22 cm.Confronti: questa classe ceramica di produzione sici-liana, è attestata in molti siti in tutta l’isola; per la bi-bliografia generale rimandiamo a MOLINARI 1997 e perla diffusione nella penisola a MOLINARI 1994. Il nostrotipo richiama il n. 3 a p. 138 classe III.4 in MOLINARI

1997 e la forma di un bacino nel repertorio dei rinve-nimenti pisani (BERTI, TONGIORGI 1981a, p. 226, n. 155).I bacini pisani si attestano come la presenza più anticafuori dalla Sicilia, datandosi al primo quarto del XIIsecolo. Si segnala inoltre, sempre a Pisa, il ritrovamen-to di un’ invetriata solcata con decoro analogo al no-stro esemplare proveniente dallo scavo di Piazza deiCavalieri (BERTI 2000, p. 211, PbI.3.a1).US: 1050, 1060, 1048, P. III fase 2Datazione: p. quarto XII secolo-metà XIII secolo.

FRANCESCA GRASSI

Fig. 44 – Ciotola IV.8.1 (interno ed esterno) (foto G.Fichera).

Fig. 45 – Catino IV.9.1 (foto G. Fichera).

Spagna

PREMESSA

Tra le ceramiche di importazione rinvenute nel-la Rocca di Campiglia Marittima, meritano unostudio dettagliato i manufatti elaborati in centriproduttivi iberici durante il Basso Medioevo, sianei territori islamici sia in quelli che erano giàstati conquistati dai cristiani. In ogni caso si trattadi ceramiche di un certo lusso, richieste da de-terminate classi sociali. Gli scambi commercialiche le città toscane sin da epoca antica manten-nero con l’area del Mediterraneo, ed in partico-lare con la penisola iberica, permisero che la cir-colazione di questi prodotti ceramici fosse rela-tivamente fluida (BERTI 1998a). In effetti, anchese i dati che possediamo sono diseguali e in mol-

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ti casi incompleti, osservando con attenzione ladistribuzione dei ritrovamenti in tutta la Tosca-na (FRANCOVICH, GELICHI 1984, pp. 15-27, tavv.I e II), si nota che le vie di penetrazione di que-ste ceramiche gravitano nei dintorni dell’assetracciato dall’Arno tra le città di Pisa e Firenze.Resta ben chiaro che fu Pisa la prima città cheinaugurò lo scambio commerciale di ceramichetra la costa toscana e quella iberica nel X secolo(BERTI 1998b).Dobbiamo segnalare in ogni caso che i materialidi provenienza iberica nella Rocca di Campiglianon sono molto abbondanti, concretamente 8frammenti e rappresentano diverse aree di pro-duzione così come classi morfologiche e periodicronologici differenziati. Cominciamo il nostrostudio con le attestazioni più antiche, fino adarrivare alle più recenti. Questi manufatti sono:una scodella “ tipo Pula” (IV.10), una ciotola va-lenzana in stile maturo decorata “ a bryonia” eun piatto valenzano in stile maturo decorato “ abryonia” (IV.12), due scodelle valenzane di stilematuro e un piccolo boccale valenzano decora-to in blu su bianco (IV.11).

LA CERAMICA VALENZANA

Si tratta in tutto di sei forme, che presentanoalcuni elementi comuni. Innanzitutto le caratte-ristiche dell’impasto presentano delle similitu-dini: infatti si tratta di un impasto molto depu-rato con pochi inclusi e di colore arancione al-l’interno, con un evidente schiarimento dellesuperfici. La maggioranza di questi frammentipresenta inoltre le due superfici rivestite con unostrato di smalto bianco nel quale sono tracciatedelle linee in blu e a volte oro (lustro) che costi-tuiscono i motivi decorativi. Questa tecnica de-corativa, sviluppatasi nella zona levantina dellapenisola iberica ed ereditata dalla zona andalusariflette l’alto livello tecnico raggiunto dai vasainazariti e valenzani alla fine del Medioevo, rile-vabile dall’impasto estremamente depurato, dal-l’applicazione dello smalto con diversi tipi diossido metallico e infine dall’ottenimento di ri-flessi metallici attraverso una terza cottura in con-dizioni molto complesse.

IV.10 TIPO PULA

1. Forma aperta (Tav. XXV, Fig. 46): 3 pareti ed unfondo con piede ad anello pertinenti, smalto biancointerno ed esterno, decoro a lustro interno.Decoro: Nella zona centrale del piatto si trova trac-ciato con lustro risparmiato un motivo floreale conotto petali molto stilizzati. Le estremità di questipetali sono unite da tratti, sempre in lustro rispar-

miato, costituenti una stella con identico numerodi punte. Gli estremi dei petali e dell’ottagono sialternano. Un cerchio risparmiato circonda tutto ilmotivo da cui si irradiano strisce alternate in blu elustro.US: 4001, 4015, P. VI, XVII secolo.Confronti: Ci troviamo di fronte ad un frammentoche si più includere all’interno della produzione ce-ramica conosciuta come “ tipo Pula” , dalla localitàsarda, vicino a Cagliari, dove si trovarono i primi epiù significativi esemplari di questa produzione. InItalia la loro presenza è molto frequente (BLAKE 1986),sia come decorazione architettonica, sia negli scaviarcheologici. Inoltre sono stati compiuti alcuni studiche hanno permesso di chiarire la cronologia di que-sto gruppo produttivo, compresa tra il secondo quar-to del XIV secolo e le decadi finali dello stesso secolo(BERTI,TONGIORGI 1974, pp. 78-79) e di stabilirne l’areadi produzione, circoscritta a botteghe valenzane (BLAKE

et alii 1992).Tra i manufatti rinvenuti in Italia che presentano lebande radiali possiamo ricordare alcune di quelleconservate nel tesoretto di Pula (PORCELLA et alii1993, n° 93, p. 70; GONZÁLEZ MARTÍ 1944, fig. 437,p. 347), alcuni dei bacini che ornano l’Ospedale vec-chio di S. Giovanni a Roma (MAZZZUCATO 1973, p.53, fig. 27) e alcuni frammenti provenienti da ritro-vamenti casuali a Pisa (BERTI, TONGIORGI 1985, p.29, fig. 1/12). Per quanto riguarda il motivo vegeta-le centrale segnaliamo il bacino di S. Anna a Pisa(BERTI, TONGIORGIa 1981, pp. 148, 270-271, fig. 235,n. 618, Tav. CCIV; BERTI, TONGIORGI 1985, p. 23,Tav. IV/2). In entrambi i casi la cronologia sembraportare alla fine del XIV secolo; a S. Giovanni tra il1370 e il 1380, a S. Anna invece non si può precisa-re la data anche se è noto che: « monache benedetti-ne nel 1375 comprarono nella zona alcune case che

Fig. 46 – Forma aperta IV.10.1.

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Fig. 48 – Forma chiusa IV.11.2.

Fig. 49 – Ciotola IV.12.1.

Fig. 47 – Forma aperta IV.11.1.

in seguito … “ accomodorno a uso di monasteri almeglio che poterno…”» . Il nostro esemplare è perti-nente, pertanto, alla produzione più tarda del deno-minato “ tipo Pula” .

V.11 TIPO PATERNA

1. Forma aperta (Fig. 47): parete, smalto bianco in-terno ed esterno, decoro in manganese.Decoro: Sullo smalto presenta una decorazione esclu-sivamente dorata: si tratta di varie linee concentrichetracciate all’interno del manufatto. Tra alcune di que-ste esiste una maggiore distanza nella quale sono trac-ciate bande ugualmente concentriche. A riempimen-to di queste bande, si osservano diverse linee incro-ciate che rappresentano un motivo probabilmenteromboidale.US: 8001, P. VI, XVIII secoloConfronti: La decorazione che presenta questo fram-mento si distacca chiaramente dal gruppo preceden-temente descritto. Si può includere all’interno dellaserie ceramica di gusto geometrico decorata solo inblu tipo “ Paterna” . Per la sua semplicità, questo de-coro non era solito essere il motivo principale deimanufatti in cui era presente, ma accompagnava mo-tivi decorativi più importanti. Così almeno fu segna-lato da González Martí, e i manufatti rinvenuti fino aquesto momento sembrano confermarlo: infatti gliesemplari conosciuti presentano questa decorazionein una posizione secondaria o complementare(GONZÁLEZ MARTÍ 1944, p. 451, fig. 549 e tav. XVI/1). Trattandosi pertanto di un tema decorativo secon-dario e di relativa semplicità è probabile che perduriper tutto il XV secolo.

2. Forma chiusa (Tav. XXV, Fig. 48): 6 pareti perti-nenti al collo di una forma chiusa, smalto bianco in-terno ed esterno, decoro in blu.US: 1044, P. IV, fase 2, sec. metà XIV secolo.Confronti: si tratta di uno dei pochi esempi cono-sciuti di forma chiusa. Doveva essere pertinente a unpiccolo boccale o una brocchetta. La sua forma è for-se più interessante della decorazione che presenta ca-ratteristiche simili a quelle indicate per i frammentistudiati sopra: tratti blu su smalto bianco, in partico-lare due linee parallele. Il motivo decorativo princi-pale utilizzato nella superficie esterna non è, pertan-

to, riconoscibile, né sappiamo se le linee blu tracciatefossero accompagnate da altre in oro, per questo ri-sulta molto complicato risalire al gruppo produttivoal quale appartiene e dedurre una cronologia precisa.Si può ipotizzare la sua appartenenza a quella che vienedenominata “ ceramica blu di Paterna” .

IV.12 CON DECORAZIONE A BRYONIA

1. Ciotola (Tav. XXV, Fig. 49): bordo appuntito, cor-po emisferico, apoda con fondo a ventosa. Smaltobianco interno ed esterno, decoro vegetale in blu.Dimensioni: Ø orlo 13 cm, h. 4,5 cm, Ø fondo 6 cmUS 4001, P. VI, XVIII secolo

2. Piatto (Tav. XXV, Fig. 50): tesa con bordo appun-tito. Smalto bianco interno ed esterno, decoro vege-tale in blu.Dimensioni: non id.US 1040, P. V fase 2, XVI secolo

Questi due vasi sono pertinenti a forme aperte,esattamente la tesa di un piatto e una ciotola.Sullo smalto bianco interno si dispone il motivodecorativo vegetale in blu, conosciuto come “ aBryonia” . Si tratta di un tema ornamentale mol-

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to diffuso e coincide, come dimostra l’ingentevolume di rinvenimenti di frammenti decoratiin questo modo fuori della Penisola Iberica, conil momento in cui la produzione valenzana rag-giunge il suo più alto livello di espansione com-merciale. In Italia sono infatti numerosi i luoghidi ritrovamenti. Tra questi possiamo ricordareun esemplare rinvenuto a Firenze nel quale siosserva con chiarezza lo sviluppo e il cromati-smo della decorazione (FRANCOVICH, GELICHI

1984, p. 21, Tav. IV). Sempre per fare riferimentoa esemplari rinvenuti in luoghi vicini a Campi-glia, non possiamo non segnalare l’abbondantevasellame decorato “ a Bryonia” rinvenuto a Pisa(BERTI, TONGIORGI 1985, pp. 34-35, figg. 5-6, Tav.IX) e quello rinvenuto a Rocca San Silvestro, al-l’interno di un crollo datato tra la fine del XIVed i primi decenni del XV secolo (AA.VV. 1985,p. 355, in particolare la forma risulta identica).Il decoro “ a Bryonia” è uno dei gruppi decorati-vi valenzani medievali più tardi. Sono soliti tro-varsi negli ultimi strati medievali degli scavi dovesono stati rinvenuti, anche se di nuovo sono ibacini che ci offrono una cronologia più preci-sa. A Pisa, luogo dove si concentra il maggiornumero di esemplari destinati alla decorazionemurale delle chiese, li troviamo nel convento diS. Anna, con una data di costruzione posterioreal 1375 e anteriore al 1427, la quale indichereb-be che nell’area pisana questo vasellame comin-ciò a essere introdotto nel XIV secolo, anche setutto sembra indicare che la circolazione si pro-lungò oltre questa data (BERTI, TONGIORGI 1985,pp. 34-35). Per trovare una maggiore concen-trazione di bacini con il motivo decorativo “ aBryonia” , dobbiamo trasferirci fuori dai confinidella Toscana, in Liguria. In questa regione, e inparticolare nell’area occidentale, ne sono statitrovati grandi quantità; varie chiese, di cronolo-gia sempre tarda, presentano bacini così decora-ti (BENENTE, GARDINI 1993, p. 77, figg. 23-25).

ALBERTO GARCÍA PORRAS

V. Gli impasti

1. LE QUANTITÀ E LA DESCRIZIONE MACROSCOPICA

Nel seguente catalogo si descrivono gli impastidi tutte le classi ceramiche. In particolare, il ca-talogo consiste di una sezione a carattere archeo-logico (1) nella quale si indica per ogni impastouna generica descrizione in frattura, una descri-zione delle superfici, alcuni dati tecnologici, leforme sul quale esso è attestato e le quantità neivari periodi.Per quanto riguarda le tabelle (Figg. 51-54) chemostrano le quantità degli impasti riconosciuti neivari periodi di vita della Rocca, occorre fare unapremessa. Per la ceramica grezza è stato possibile,come si vede dalla tabella, analizzare le presenzesino a tutto il XV secolo, data la facilità di rico-noscimento degli impasti. Non è stato invece pos-sibile fare altrettanto per la ceramica depurata ela nostra quantificazione degli impasti si fermaalla fine del XIII secolo. Per il Trecento, ed anco-ra più per il Quattrocento, è stato infatti difficile,in questa fase di studio, distinguere le varie pro-duzioni (pisane e fiorentine, ma anche locali) chearrivano nella Rocca, soprattutto per il grado didepurazione degli impasti sempre maggiore. Lostudio degli impasti di queste produzioni, di cuile analisi di Campiglia sono soltanto un primogradino, tenterà in futuro di valutare il grado diincidenza delle provenienze cittadine e quello dellapresenza locale, in modo da analizzare anche even-tuali fenomeni migratori di manodopera pisananel contado (nel XIV e XV secolo ci sono vasai efabbri pisani itineranti in tutta la Toscana, FRAN-COVICH et alii 1989).Nella seconda sezione (2) (curata dalla dott.ssaFortina e dalla Prof.ssa Memmi Turbanti) si espo-ne invece la caratterizzazione mineralogico-pe-trografica degli stessi e i dati che da tali analisisono scaturiti. Infatti gli impasti individuati ma-croscopicamente sono stati oggetto di analisipetrografiche, la cui lettura è stata possibile an-che grazie alla gentile collaborazione del Dipar-timento di Geologia dell’Università di Siena (siringrazia a tale proposito la dott.ssa E. Gliozzo).Lo schema generale per il catalogo della sezionearcheologica è stato ripreso da MOLINARI 1992,p. 557. Per i criteri di compilazione delle voci (co-lore, durezza etc.) rimandiamo quindi alle normedel suddetto articolo, alle quali ci siamo attenuti.

Invetriate grezze e Acrome grezzeImpasto 1: colore cuoio, friabile, granuloso al tatto,superfici non tornite, cottura riducente, manifatturadomesticaCaratterizza i prodotti modellati a mano tipi I.1.

Fig. 50 – Piatto IV.12.2.

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Impasto 2: colore nero-cuoio, friabile, granuloso altatto, superfici non tornite, cottura riducente, mani-fattura domestica. Questo impasto, risultato del grup-po 1 ad una schedatura macroscopica, è stato divisodopo le analisi in microscopia ottica perché presenta-va notevoli differenze dal primo. Dunque è stato sot-tostimato in fase di schedatura macroscopica perchénon riconosciuto e unito con l’impasto 1.Impasto 3: colore rosa con anima grigia, duro, sca-glioso al tatto, superficie interna ed esterna tornite,cottura ossidante e riducente, manifattura artigianaleCaratterizza i prodotti tipo boccali ed olle con usopromiscuo dei secoli X-XI.Caratterizza i prodotti di X-XI secolo.Impasto 4: colore giallo bruno, duro, granuloso altatto, superficie interna ed esterna iridescenti, cottu-ra intermedia, manifattura domestica e artigianaleCaratterizza i testi in acroma grezza delle fasi antiche(IX-XI secolo) e le olle prodotte a tornio veloce inacroma grezza.Impasto 5: colore rosso-bruno, duro, granuloso altatto, superficie interna ed esterna tornite (forse tor-

nio lento), cottura mista, manifattura artigianaleCaratterizza i prodotti invetriati da fuoco.Impasto 6: colore rosso-bruno, morbido, granulosoal tatto, superficie interna ed esterna non tornite, cot-tura mista, manifattura domesticaCaratterizza i testi in acroma grezza e i prodotti inve-triati da fuocoImpasto 7: colore nero, duro, granuloso al tatto, super-fici tornite, cottura riducente, manifattura artigianaleCaratterizza le olle in acroma grezza tornite artigia-nalmenteImpasto 8: colore rosa con anima grigia, duro, granu-loso al tatto, superficie interna ed esterna tornite, cot-tura ossidante e riducente, manifattuta artigianale.Si tratta dell’impasto dell’olla a bande rosse II.6.3,un unicum, analizzato per ottenere informazioni sul-la provenienza.Impasto 9: colore rosso, duro, polveroso al tatto, su-perfici tornite, cottura ossidante, manifattura artigia-nale.Caratterizza i prodotti chiusi a tornio veloce in acro-ma grezza.

Fig. 51 – Quantificazione impasti A. grezza e Invetriata da fuoco, I.1-I.3 (num. min./num. frr.).

Fig. 52 – Quantificazioni impasti Acroma depurata, II.1-II. 4 (Num. min./num. frr.).

Fig. 53 – Quantificazione impasti Vetrina Sparsa, II. 7 (num. min./num. frr.).

Fig. 54 – Quantificazione impasti Bande Rosse, II. 6 (num. min./num. frr.).

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Acroma depurata, vetrina sparsa, bande rosseImpasto 10: colore arancio con anima grigia, moltoduro, ruvido al tatto, superficie esterna ed internasteccate, cottura ossidante e riducente, manifatturaartigianale.Caratterizza i prodotti in vetrina sparsa e le forme indepurata steccata ed incisa.Impasto 11: colore cuoio, molto duro, ruvido al tat-to, superficie interna ed esterna tornite, cottura in-termedia, manifattura artigianaleImpasto 12: colore cuoio, molto duro, poroso al tat-to, superficie interna steccata, cottura intermedia,manifattura artigianaleImpasto 13: colore nero con anima rosso scuro, mol-to duro, liscio al tatto, superficie interna ed esternatornite, cottura ossidante e riducente, manifatturaartigianaleImpasto 14: colore cuoio, molto duro, liscio al tatto,superfici interna ed esterna tornite, cottura interme-dia, manifattura artigianale.Caratterizza i prodotti con bande di ingobbio rosso(II.6)Impasto 15: colore rosa con anima grigia, molto duro,ruvido al tatto, superficie esterna sbiancata, cotturaossidante e riducente, manifattura artigianaleQuesto impasto e quello successivo non sono statianalizzati, pur essendo stati distinti in fase di scheda-tura, dato che si accompagnavano sempre ai prodottiprovenienti da Pisa di XIII e XIV secolo. Sono statidunque considerati come pisani, riservandosi però infuturo di affinare tale affermazione con analisi archeo-metriche che al momento non è stato possibile effet-tuare. Rimandiamo anche alla discussione relativa algruppo II.1 per ulteriori approfondimenti sulla pro-blematica degli impasti pisani e non.Impasto 16: colore zonato, molto duro, liscio al tat-to, superficie interna ed esterna tornite, cottura ossi-dante e riducente, manifattura artigianaleCome il precedente non è stato analizzato microsco-picamente.

FRANCESCA GRASSI

2. CARATTERIZZAZIONE MINERALOGICO-PETROGRAFICA

DI ALCUNI IMPASTI CERAMICI PROVENIENTI DALLA ROCCA

DI CAMPIGLIA

Lo studio dei caratteri tessiturali e composizio-nali dei manufatti può dare delle indicazioni sullatecnologia di produzione e sulla provenienza delmateriale geologico utilizzato nella preparazio-ne degli impasti.La caratterizzazione mineralogica e petrografi-ca dei manufatti rinvenuti nella Rocca di Cam-piglia, principalmente le ceramiche grezze, hapermesso di identificare delle zone di probabileprovenienza della materia prima e di effettuareuna stima delle temperature a cui venivano cottii manufatti. Di seguito verranno riportati i risul-

tati delle analisi in microscopia ottica su sezionisottili, suddivisi in relazione alla tessitura e allaclasse ceramica: grezze, invetriate grezze, cera-miche fini, bande rosse e vernice sparsa.

Analisi al microscopio ottico – acrome grezze einvetriate grezzeLe ceramiche grezze e le invetriate grezze (Fig.55) presentano una tessitura iatale (dovuta al-l’aggiunta di smagrante) con una matrice argil-losa. Le dimensioni dello smagrante variano, pertutti gli impasti analizzati, da 0.3 a 3 mm men-tre per lo scheletro da 0.1 a 0.3 mm con unaforma dei granuli che varia da subarrotondata aspigolosa.Impasto 1 Campione 663 (XIV)-664 (XIV)-667(XIV)-673 (Metà XIII) -674 (Fine XV)– Fasi mineralogiche: quarzo, feldspati alterati(saussuritizzazione=alterazione dei plagioclasi), clori-te alterata, augite (Fig. 61), epidoti, zoisite, muscovitee ossidi.– Frammenti litici: basalti, quarzo microcristallino.Impasto 2 Campione 665 (XIV)–Fasi mineralogiche: quarzo con inclusi, feldspati, clo-rite alterata, epidoti, muscovite (poca), ossidi.– Frammenti litici: scisti, metareniti, quarzo micro-cristallino.Impasto 3 Campione 810 (XI)-811 (X)-819 (XI)-822(X-XI)– Fasi mineralogiche: quarzo, k-feldspati, plagiocla-si, biotite, calcite secondaria e ossidi.– Frammenti litici: siltite.Impasto 4 Campione 812 (X)-813 (X)-821 (X)– Fasi mineralogiche: quarzo, plagioclasi, k-feldspa-ti, clorite alterata, biotite, ossidi.Impasto 5 Campione 814 (XIII)– Fasi mineralogiche: quarzo, feldspati alterati, ossidi.– Frammenti litici: /

Fig. 55 – Ceramica grezza con tessitura iatale-nicol+,ingrandimento 4×.

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Fig.

56

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Impasto 6 Campione 815 (XIII)-816 (XIII)-795 (XIV)– Fasi mineralogiche: quarzo, feldspati, calcite (po-chissima), titanite e ossidi.– Frammenti litici: metareniti, principale costituentedello smagrante e dello scheletro.Impasto 7 Campione 817 (XII)-818 (XV)– Fasi mineralogiche: calcite spatica, quarzo, plagiocla-si, calcite secondaria, muscovite (pochissima), ossidi.– Frammenti litici: metarenite (pochissima), quarzomicrocristallino, in una sezione plaghe di serpentino.Impasto 8 Campione 820 (XII)– Fasi mineralogiche: calcite trasformata dalla cottu-ra, calcite secondaria, quarzo, ossidi.– Frammenti litici: siltite, quarzo microcristallino,plaghe di serpentino.Impasto 9 Campione 823 (XII)-824 (XII?)– Fasi mineralogiche: quarzo, plagioclasi, muscovite,calcite secondaria, biotite e ossidi.– Frammenti litici: siltite, quarzo microcristallino,metareniti, plaghe di serpentino, basalto, scisti.

L’utilizzo del microscopio ottico ha permesso diraggruppare le ceramiche grezze e le invetriategrezze in nove impasti sulla base delle differen-ze mineralogiche; le variazioni che si riscontra-no riguardano l’abbondanza delle fasi mineralo-giche e la presenza o meno dei frammenti litici.Solamente due impasti, 817-818, differisconototalmente dagli altri perché come smagrante siè utilizzato della calcite spatica (Fig. 64), men-tre in tutti gli altri manufatti lo smagrante hauna composizione principalmente quarzoso-feld-spatica con frammenti litici di varia natura geo-logica: basalti (Fig. 60), metareniti (Fig. 62), scisti(Fig. 63), plaghe di serpentino, siltite e quarzomicrocristallino. In questi campioni la calcite èpresente principalmente come calcite seconda-ria, dovuta alla storia post-seppellimento del ma-nufatto.Sono state accertate somiglianze fra alcuni im-pasti di manufatti di forma ed età diverse. Que-sto fa supporre una continuità nel tempo dellezone di approvvigionamento della materia pri-ma. La natura geologica di alcuni minerali e so-prattutto dei frammenti litici rinvenuti nelle grez-ze e nelle invetriate grezze ha permesso di indi-viduare come zone di estrazione aree limitrofe aRocca di Campiglia e aree geograficamente piùspostate (Fig. 56).

Analisi al microscopio ottico – acrome depura-te, vetrina sparsa e bande rosseLe acrome depurate, vetrine sparse e bande ros-se (Fig. 57) presentano una tessitura seriale (nonc’è l’aggiunta di smagrante) con una matrice ar-gillosa. Le dimensioni dello scheletro variano da

0.1 a 0.3 mm con una forma dei granuli che va-ria da subarrotondata a spigolosa. Questa anali-si ha permesso di raggruppare tali ceramiche incinque impasti sulla base di un diverso contenu-to in fasi mineralogiche e frammenti litici.Impasto 10 Campione 796 (X)-797 (X)-804 (X)-805(X)– Fasi mineralogiche: quarzo, plagioclasi, biotite, mu-scovite, clorite (pochissima), augite (pochissima) (Fig.61) e ossidi.– Frammenti litici: metareniti, plaghe di serpentino(1 frammento).Impasto 11 Campione 799 (XII)-798 (XII)– Fasi mineralogiche: quarzo, plagioclasi, muscovite,calcite secondaria (molta) e calcite trasformata dallacottura, clorite, ossidi.– Frammenti litici: metareniti– Resti di foraminiferi planctonici sostituiti da calci-te secondaria, presenti in abbondanza.Impasto 12 Campione 802 (XI)-803 (XI)– Fasi mineralogiche: quarzo, plagioclasio, muscovi-te, augite (Fig. 61), calcite trasformata dalla cottura ecalcite secondaria (molta), ossidi.– Frammenti litici: metareniti.– Resti di foraminiferi planctonici molto scarsi in que-sta sezione.Impasto 13 Campione 800 (XII)-808 (X)-809 (X)– Fasi mineralogiche: quarzo, plagioclasi, muscovite,calcite secondaria, ossidi.– Frammenti litici: metareniti, plaghe di serpentino.Impasto 14 Campione 806 (XI)-807 (XI)– Fasi mineralogiche: quarzo, calcite secondaria (scar-sa), muscovite (moltissima), biotite, ossidi.– Frammenti litici: nessuno

Da questa analisi emerge che i manufatti, anchedi età e forme diverse, presentano impasti similitra loro: stesse fasi mineralogiche e frammentilitici. La differenza tra le ceramiche a impastodepurato e le grezze è principalmente tessitura-

Fig. 57 – Ceramica fine con tessitura seriale-nicol+,ingrandimento 10x.

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le. Infatti nelle ceramiche fini si hanno gli stessiminerali, ma sono caratterizzate da una granu-lometria inferiore e dall’assenza di smagrante.L’analisi paleontologica su microfossili, identifi-cabili solo in alcune sezioni, ha permesso di in-dividuare il materiale geologico di partenza: se-dimenti marini e continentali del Pliocene, pre-senti nelle zone vicine alla Rocca. Pertanto si puòipotizzare che la zona di approvvigionamento delmateriale geologico, anche in questo caso, po-trebbe racchiudersi nell’area geografica rappre-sentata nella Fig 56. Tuttavia nelle ceramiche finivi sono maggiori difficoltà rispetto alle grezzenell’indicare una probabile area di produzione;ciò è dovuto ad una scarsa presenza di scheletronell’impasto e ad una granulometria dei minera-li difficilmente risolvibile al microscopio ottico.Ulteriori indagini con strumenti più accurati sa-ranno necessarie.In questa classe ceramica la calcite presente èprincipalmente di origine secondaria e solitamen-te forma il riempimento dei pori o dei resti deimicrofossili.

Analisi XRD-XRF effettuate su tutte le classiceramiche: i risultatiL’analisi diffrattometrica (XRD) ha permesso diindividuare fasi mineralogiche di neoformazio-ne, ossia minerali che si sono formati durante lacottura, come il diopside. Lo studio di tali fasi,

associato alle variazioni delle caratteristiche ot-tiche di alcuni minerali, causate dall’aumentodella temperatura nell’impianto produttivo, hapermesso di determinare la temperatura alla qua-le venivano cotte, sia le grezze sia le depurate,nell’intervallo tra i 600°C e gli 850°C. La pre-senza di calcite con caratteristiche ottiche inal-terate ha permesso di stabilire il limite inferioredella temperatura mentre la presenza di diopsi-de e di muscovite, quest’ultima non alterata dal-la cottura, ha fissato il limite superiore.Successivamente le analisi chimiche (XRF) han-no mostrato che i manufatti sono stati realizzaticon impasti poveri in calcio (Figg. 58 e 59). L’ele-vato contributo dei minerali non argillosi fa sìche la loro composizione chimica in termini diSiO2-CaO-Al2O3, cada al di fuori della congiun-gente minerali argillosi-calcite. Solo alcuni cam-pioni, 820 e 817 per le grezze e 802 per le fini,spostano la loro composizione verso il polo CaO,in accordo con quanto visto al microscopio otti-co e con la XRD.Per meglio definire gli impasti appartenenti a taleclasse ceramica è necessario approfondire le in-dagini con il microscopio a scansione elettroni-ca (SEM), in grado di fornire dettagli nonrisolubili utilizzando solamente il microscopioottico, con particolare attenzione per le fini.

CONSUELO FORTINA, ISABELLA MEMMI TURBANTI

Fig. 58 – Diagramma ternario relativo alle acromegrezze e invetriate grezze.

Fig. 59 – Diagramma ternario relativo alle acromedepurate, vetrina sparsa e bande rosse.

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Fig. 64 – Calcite – ingrandimento – 10×-nicol+

Fig. 62 – Frammento di metarenite – ingrandimento4×-nicol+

Fig. 63 – Frammento di scisto – ingrandimento 4×-nicol+

Fig. 60 – Frammento di basalto – ingrandimento 4×-nicol+

Fig. 61 – Pirosseno (augite) – ingrandimento 10×-nicol+

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CONCLUSIONI

Per affrontare un discorso conclusivo sui reperticeramici di Campiglia Marittima, occorre pun-tare l’attenzione sulle produzioni presenti nellaRocca nei diversi periodi di occupazione e sullequantità delle varie attestazioni (Fig. 65). Perquesto utilizzeremo alcuni grafici che riportanoi valori delle presenze sia in numeri arabi sia inpercentuale rispetto a tutto l’insieme analizzatoper i singoli momenti storici. Per alcuni secolisarà possibile dividere ulteriormente la nostraanalisi in fasi, riducendo l’excursus al mezzo se-colo. Soltanto per due momenti di vita dellaRocca, il XII e la seconda metà del XIII secolo,siamo in grado di effettuare un affondo, rappor-tando le quantità che forniremo a contesti diconsumo signorili: si tratta dell’uso come buttodi una struttura all’interno del Palazzo e dell’usodel fondo cieco della torre. L’uso delle quantitàin percentuale (ottenute utilizzando il numerominimo di frammenti) ci permette di fornire raf-fronti con simili contesti in ambito regionale edextra regionale.In complesso i contesti studiati nella Rocca nonsi caratterizzano, se non in casi particolari, percompletezza e ricchezza di informazioni, tutta-via, l’ampio arco cronologico interessato dallapresenza di reperti permette di considerarli comeun primo gradino per fornire un quadro com-pleto delle produzioni dal IX al XV secolo negliinsediamenti castrensi della Toscana tirrenica.

PERIODO I, FASI 1/4: IX-X SECOLO (Figg. 66-67)

Il primo periodo di vita analizzabile è relativoad un arco di tempo molto lungo (due secoli),ma si nota, pur nella pochezza dei rinvenimenti,un’omogeneità produttiva e formale del vasella-me. Non sono presenti in questi secoli, come nelsuccessivo periodo, ceramiche di importazione,segnalate soltanto dal XII secolo. Questo perio-

do corrisponde alla prima fase insediativa inmateriale deperibile: purtroppo le sequenze ce-ramiche non provengono da contesti d’uso, masolo dagli abbandoni di queste strutture. La da-tazione stessa del periodo è ricavata a ritrosoattraverso molti tipi ceramici rinvenuti comeresiduali all’interno di stratigrafie più recenti.Una serie di avvenimenti recenti ha difatti scon-volto quella parte dell’insediamento che fu oc-cupato dalle prime abitazioni ricostruibili (uti-lizzo del dongione come pollaio; costruzionedell’acquedotto). Per questo le informazioni chesi possono ricavare da queste ceramiche relati-vamente alla vita degli abitanti del villaggio nonsono molto puntuali e le quantità del vasellamenon utilizzabile per elaborazioni statistiche oconfronti con contesti coevi. Quello che si rie-sce a percepire è comunque una tendenza delleproduzioni ad avere caratteristiche riconducibi-li agli andamenti delineati per le zone rurali nelIX e X secolo, soprattutto dell’area laziale.Premesso questo, passiamo a riassumere i carat-teri peculiari delle restituzioni ceramiche. Tuttele produzioni attestate sono di ambito locale, siaquelle rivestite sia quelle prive di copertura, comeè stato dimostrato con le analisi sugli impasti. Intermini percentuali la divisione del vasellame èparitaria tra ceramica grezza e ceramica depura-ta (46% della prima e 41% della seconda) conuna percentuale bassa (13%) di ceramiche conrivestimenti argillosi o vetrosi. È interessanteperò notare che, pur rimanendo tale osservazio-ne verificabile per tutti i periodi di vita dellaRocca (infatti ceramica grezza e depurata si at-testano sempre in percentuali simili) all’internodi questi blocchi formati dalle singole classi sinota una’alternarsi delle varie produzioni. Di-fatti questo primo periodo è caratterizzato so-prattutto dalle produzioni depurate con superfi-ci lisciate a panno o stecca ed in alcuni casi condecorazioni incise a crudo (II.3 e II.4), mentrerisultano fortemente minoritarie le ceramichedepurate prive di rifiniture o decorazioni.

Fig. 65 – Rapporto tra Classi a Campiglia Marittima (IX-XVI secolo) (numero frammenti).

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complesso sembrerebbe perdurare sino al VI-VIIsecolo (PASQUINUCCI et alii 1998). Le argille utiliz-zate nel vasellame sembrano fortemente vicine aquelle volterrane e in ogni modo legate alla vici-nanza del fiume Cecina. Dunque non vi sarebbe-ro legami con gli impasti utilizzati per le cerami-che trovate a Campiglia, caratterizzati da mine-rali molto diversi, ma la vocazione produttiva dellazona di costa della Toscana meridionale tirrenicasembra rafforzarsi, soprattutto in una visione dia-cronica.

PERIODO I, FASI 5/6: XI SECOLO (Figg. 68-69)

L’XI secolo segna il secondo momento insediativodi Campiglia. Vale per i contesti ceramici la pre-messa effettuata per il periodo precedente; dun-que l’impossibilità di quantificare un contesto diconsumo preciso, data la labilità delle tracce rima-ste sul terreno relative alle strutture abitative.Per questo secolo il quadro delle provenienzedella ceramica a Campiglia risulta invariato nel-le produzioni attestate come locali, ma notiamoalcuni cambiamenti in atto dalla frammentazio-ne del gruppo delle ceramiche depurate e dallacomparsa di alcuni tipi che possono già essereinquadrati nell’ambito formale pisano. Non c’èpiù una netta prevalenza delle classi II. 3 e II.4,anzi si nota il processo di standardizzazione del-le ceramiche depurate proprio dalla scomparsadella classe più ‘elaborata’, la II.4 e dal raddop-pio numerico della ceramica depurata priva di

Fig. 66 – Periodo I, fasi 1-4 (n. minimo).Fig. 67 – Periodo I, fasi 1-4, percentuali di presenza

(n. minimo).

La prevalenza delle classi II.3 e II.4 segnala inol-tre la forte presenza di impasti poco raffinati (nu-meri 10, 12, 14) in quelle produzioni che vengo-no definite depurate. Sono questi stessi impastiche ritroviamo, con grado di raffinazione identi-co, nelle produzioni a vetrina sparsa e bande ros-se che tra X e XI secolo completano, accanto aiprodotti acromi, il corredo da cucina e dispensa.Tra le ceramiche grezze non sembra esserci inve-ce diversità di presenze tra il gruppo modellatoa mano e quello di fattura artigianale. Peraltroteniamo a precisare che probabilmente, al di làdelle distinzioni produttive, tali ceramiche po-trebbero provenire dalle stesse botteghe.L’analisi degli impasti ha da un lato offerto la con-ferma della produzione locale di molte classi ce-ramiche, ma dall’altro ha evidenziato la lacunaesistente, nella nostra conoscenza del territorio,sull’ubicazione di questi impianti produttivi. Lapossibilità di ricondurre le nostre ipotesi a siti benprecisi, ad oggi non noti, sia sulla linea di costa,sia nell’entroterra, permetterebbe di arricchire iltentativo di ricostruzione delle tipologie produt-tive dei secoli centrali del medioevo. Ci premedunque fare un unico rimando a quelle che sono,per ora, le sole fornaci conosciute nella zona, an-che se situate più a nord rispetto al territorio cam-pigliese e relative al periodo romano. Si tratta dellefornaci ritrovate nel quartiere portuale di VadaVolaterrana, vicino all’attuale Cecina. Queste for-naci producevano ceramica comune e furono at-tive almeno durante l’età Flavia, anche se l’intero

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rifiniture (II.1) o con leggere incisioni (II.2). Pro-prio tra queste due ultime classi ritroviamo al-cune brocche che, pur avendo il momento mas-simo di presenza circa un secolo dopo, connota-no i primi ‘arrivi’ pisani o forse, come articole-remo nella sintesi sul XII secolo, le prime ‘imi-tazioni’ di forme pisane.Le ceramiche a bande rosse ed a vetrina sparsa siattestano ancora sui medesimi livelli del perio-do precedente: si tratta dunque di un andamen-to basso, ma costante, a indicare che l’impor-tanza ricoperta da questi prodotti è minoritariarispetto a quelli privi di rivestimento. Non sinotano, in queste ultime produzioni, cambiamen-ti di impasti e presumibilmente di luoghi pro-duttivi.La ceramica grezza mostra un accrescimentodella percentuale di presenza ed al suo interno ilblocco delle ceramiche artigianali ha la predo-minanza, ma le ceramiche modellate a manocostituiscono ancora un blocco omogeneo. Nelcomplesso la cultura materiale legata alla cottu-ra dei cibi continua ad essere fortemente radica-ta nelle produzioni locali.La nostra tentazione sarebbe quella di afferma-re, alla luce dei dati di sintesi sopra esposti, chenell’XI secolo, nelle aree deputate alla produ-zione, si delineano lievi cambiamenti nella scel-ta di maggiore raffinazione degli impasti e pro-babilmente l’inizio di un rinnovamento delle for-me. Per il resto le officine continuarono a pro-

durre materiale ceramico con omogeneità rispet-to ai secoli precedenti, e la quantità del vasella-me lo dimostra. La questione centrale rimanedunque, ancora per questo secolo, l’impossibili-tà di ubicare queste fornaci, se non in modo ge-nerico nel territorio circostante la Rocca.La pochezza di contesti pubblicati per questosecolo riferibili a siti rurali, non ci permette dieffettuare confronti utilizzabili; nondimeno sem-bra utile analizzare la Rocca di Campiglia assie-me ad altri castelli signorili della Toscana meri-dionale. Il castello di Montarrenti per esempio(CANTINI 2000) mostra un andamento simile, conun generale impoverimento del panorama tipo-logico e la tendenza dei prodotti ad una standar-dizzazione, con la scomparsa dei motivi legatialle tradizioni più antiche. Anche il castello diRocca San Silvestro, sia nella ceramica grezza sianella depurata, mostra quadri produttivi giàestremamente standardizzati; il problema sem-mai per questo contesto è che le prime formeceramiche ricostruibili sono proprio relative aquesti secoli e dunque non può essere fatta unariflessione su eventuali cambiamenti rispetto alperiodo precedente (BOLDRINI, GRASSI 1997).Per questo periodo è forse utile un confrontocon la città. Alcune tendenze sembrano investirele zone rurali e quelle cittadine, senza differen-ziazioni apparenti. Nelle città analizzate per laToscana settentrionale (Prato e Pistoia) si regi-strano presenze di impasti industriali, in parti-

Fig. 68 – Periodo I, fasi 5-6 (n. minimo).Fig. 69 – Periodo I, fasi 5-6, percentuali di presenza

(n. minimo).

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colare nelle ceramiche depurate, frutto di saperitecnici complessi e l’analisi sul territorio circo-stante mostra che i materiali vengono distributiin modo tale da far supporre officine organizza-te in modo complesso (Prato 1978). Recentemen-te questo cambiamento è stato evidenziato an-che per la città di Pisa; una rilettura dei repertiprovenienti da Piazza Dante ha permesso infattidi connotare in modo preciso la scelta ‘industria-le’ del centro produttivo, sia nelle modalità difabbricazione sia nelle strategie di esportazione(BERTI, MENCHELLI 1998), proprio a partiredall’XI secolo.

PERIODO II: XII SECOLO (Figg. 70-71)

Il XII secolo segna l’apertura della Rocca a mer-cati diversi da quello locale; arrivano le primeceramiche di importazione che, pur se in quan-tità molto limitate, testimoniano contatti com-merciali con aree del bacino mediterraneo bendistinte, le zone islamiche occidentali (smaltataverde) e quelle orientali (invetriata alcalina).Dunque, il cambiamento in atto nel sito si leggeattraverso il vasellame non tanto nella produ-zione, che rimane per certe classi legata a forna-ci locali con un sostanziale impoverimento delletipologie, quanto nella possibilità di accedere areti distributive che commercializzano cerami-che ad ampio raggio ed al mercato pisano cheridistribuisce parte dei prodotti islamici.In questo secolo infatti la Rocca è caratterizzata

dall’impianto monumentale signorile ed il con-testo che presentiamo per esemplificare questoperiodo proviene dal Palazzo (area 4000): si trat-ta del riempimento (us 4132, 4128) di una strut-tura identificata come scarico di rifiuti (attività30), nel quale sono state recuperate ben 47 for-me, che si caratterizzano per completezza e chepossono ritenersi esemplificative di uno scaricodi rifiuti signorile. Presenteremo anche l’isto-gramma generale del periodo II, che mostra irinvenimenti di questo secolo in tutte le aree discavo, dato che l’esemplificazione del contestonon considera in parte alcuni fattori di discus-sione che emergono invece dall’istogramma ge-nerale.Dunque ed in sintesi si notano a livello generalela predominanza dei reperti per la cottura di fat-tura manuale, anche se il quantitativo di cerami-ca artigianale rimane considerevole (18%, quasitutto relativo al contesto di butto del palazzo);la preponderanza delle classi di depurata conimpasti maggiormente raffinati, anche se con sfu-mature di presenze che si affievoliranno defini-tivamente nel periodo successivo e, come detto,l’arrivo delle prime ceramiche importate, attra-verso i canali commerciali mediterranei. Si no-tano inoltre le fasi finali di produzione della ve-trina sparsa, mentre per la ceramica a bande rosseè attestato solo una forma appartenente ad unatipologia forse non locale, ma foggiata su impa-sto locale. Di fatto si può dire che anche perquesta classe ceramica il XII secolo rappresenta

Fig. 70 – Periodo II (n. minimo). Fig. 71 – Periodo II, percentuali di presenza (n. minimo).

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la fase estrema di produzione e l’olla di questocontesto, essendo un unicum, ha un valore mol-to relativo.

Analizzate le tendenze generali, osserviamo dun-que il contesto del palazzo (Fig. 72 e Tav.XXVII).

Fig. 72 – Il butto del palazzo (periodo II, quantitàespresse in numero minimo).

Per quanto riguarda la ceramica grezza (13forme) questo contesto si presenta con una no-tevole omogeneità. Il corredo delle olle è costi-tuito da tipi prodotti per la maggior parte arti-gianalmente, filettati esternamente e con paretimolto sottili, di ottima fattura nel complesso etutti raggruppabili in un unico impasto, il nu-mero 7. Questo impasto rappresenta la partico-larità di avere calcite spatica e tale caratteristica,essendo comunque associata ad altri parametriche permettono di definire questo impasto loca-le, offre essenzialmente informazioni sulle ele-vate capacità tecniche dei vasai e sulla perizianel controllare la temperature delle fornaci, man-tenuta sotto i 700 gradi, dato che al disopra lacalcite inizia a trasformarsi. Questi manufatti sipresentano molto anneriti esternamente ed in-ternamente ad eccezione dell’unica forma condimensioni grandi, forse utilizzata per la conser-vazione del cibo, il tipo I.2.5a. Tra i prodottimodellati a mano ci sono sette testi, tre (I.1.12)dei quali hanno le pareti molto alte ed assolve-vano probabilmente la funzione del tegame. Sem-pre modellate a mano si sono isolate pareti efondi di due forme chiuse (I.1) non meglio iden-tificabili.

Si noterà dunque che questo insieme di cerami-che, scarico di un palazzo signorile, è contraddi-stinto da vasellame per la cottura di ottima pro-duzione e soprattutto tornito, a differenza diquello che si ritrova nelle stratigrafie dello stes-so periodo in tutte le altre zone della Rocca. Èquesta l’unica occasione nel quale il modo pro-duttivo di tipo domestico sembra connotare unadistinzione sociale, a differenza di quello che siè desunto per i castelli studiati nella stessa areageografica. Nel villaggio di Rocca San Silvestro,per esempio, la compresenza in uno stesso seco-lo di produzioni manuali e tornite non ha mo-strato nessuna implicazione di tipo sociale, ben-sì precise scelte economiche e funzionali (GRASSI

1998).Per la ceramica depurata (30 forme nella totali-tà) sono presenti tipi delle produzioni II. 1 e II.2ed in particolare brocche, boccali, orcioli e for-me chiuse non meglio identificabili. Si capisceperfettamente che il passaggio dall’utilizzo diimpasti grossolani a qulli più raffinati è ormaicompiuto; purtroppo non altrettanta sicurezzasi può avere nell’individuazione dei luoghi diproduzione, proprio per la maggiore raffinatez-za delle argille e la difficoltà conseguente nellaloro distinzione macroscopica. In particolare labrocca II.2.1a, presente in grande quantità, ècaratteristica dei contesti di XII secolo, sia nelterritorio pisano sia nella città di Pisa (BERTI,MENCHELLI 1998; BOLDRINI, GRASSI 1999). Sicu-ramente si deve quindi considerare una parte delvasellame di provenienza pisana; per il restante(non è possibile al momento esprimersi in per-centuale) rimane il dubbio di produzioni localiche si ispirino a quelle della città.Tra i prodotti importati (Fig. 73) non pisani (3%)presenti in questo contesto di XII secolo segna-liamo due forme di invetriata alcalina provenien-te dall’Islam orientale / Egitto ed una di smaltataverde prodotta nell’area dell’Islam occidentale.La ceramica con smalto verde di produzionemaghrebina è un prodotto presente in altri con-testi della penisola, in Liguria e soprattutto a Pisa,sia tra i bacini sia tra i rinvenimenti da scavo;proprio tramite la città, che avrà un ruolo dimediatrice per molte altre classi ceramiche neisecoli successivi, potrebbe essere giunto a Cam-piglia anche questo esemplare. Al contrario leceramiche di importazione dai mercati del Me-diterraneo orientale non sono molto rappresen-tate a Pisa (BERTI, TONGIORGI 1981a, p. 251); lapresenza nel nostro contesto di 2 forme con ve-trina alcalina evidenzierebbe dunque la possibi-lità per Campiglia di accedere a reti commercia-li privilegiate, estranee alla stessa città.

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347Tav. XXVII – Il corredo ceramico nel XII secolo (scala 1:5).

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PERIODO III, FASE 1: PRIMA METÀ XIII SECOLO

Più volte nel corso di questa analisi dei reperti èstata lamentata la pochezza di stratigrafie relati-ve alla prima metà del XIII secolo, nonostantele attività di ampliamento dell’area signorile dellaRocca che si registrano proprio nel primo cin-quantennio del Duecento. La nostra possibilitàdi leggere i contesti con buone quantità di re-perti si ripropone solo per la seconda metà diquesto stesso secolo. Per tale motivo non siamoin grado di fornire un istogramma sulle presen-ze delle varie classi nella prima metà del Due-cento; le attestazioni nella totalità delle aree sca-vate si limitano infatti a due forme di ceramicadepurata, due forme di ceramica da cucina equalche frammento di maiolica arcaica. Questamancanza di stratigrafie ci impedisce dunque didelineare con precisione le produzioni dell’ini-zio del Duecento: nel momento in cui i contestitornano a farsi leggibili, i cambiamenti che con-notano questo secolo, come la fabbricazione diceramica con smalto stannifero in Italia, sonogià pienamente radicati.

PERIODO III, FASE 2: SECONDA METÀ XIII SECOLO

(Figg. 74-75)

Per questa fase cronologica, la presentazione diun contesto molto ricco che andremo di seguitoad illustrare, esemplificherà l’andamento delleclassi e delle forme ceramiche per tutto l’inse-diamento. Infatti quasi tutte le forme ricostruiteper la seconda metà del XIII secolo provengonoda questi strati.Questo contesto (us 1060, 1050, 1051) è relati-vo alla torre B ed all’utilizzo del fondo cieco diquella struttura. In particolare gli strati relativia questo utilizzo hanno restituito una grande ric-chezza di reperti organici e artificiali. La possi-bilità di conteggiare le forme associandole ad unbreve arco di vita ci permette di analizzare i rap-porti tra le classi e quindi gli usi di questo mate-riale nella seconda metà del XIII secolo, nel

momento di massima espansione del potere deiDella Gherardesca sulla Rocca e di fornire unquadro completo delle associazioni ceramiche(Fig. 76 e Tav. XXVIII, a-b).Si nota la graduale scomparsa del corredo ingrezza prodotto in modo artigianale che ritor-nerà in percentuali alte solo nel XV secolo. Ini-zia a sostituirlo il corredo modellato a mano(26%) con la forma dell’olla, della pentola, delcoperchio e del testello. Compare infine in que-sto periodo anche l’invetriata grezza (4%) rap-presentata dalle forme del tegame e dell’olla(GRASSI 1999). Le forme presenti nella totalità

Fig. 73 – Importazioni mediterranee nel XII secolo(n. minimo).

Fig. 74 – Periodo III, fase 2 (n. minimo).

Fig. 75 – Periodo III, fase 2, percentuali di presenza(n. minimo).

Classi

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349Tav. XXVIII, a – Il corredo ceramico nella seconda metà del XIII secolo: ceramica per la cottura, ceramicaper la dispensa (scala 1:5).

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Tav. XXVIII, b – Il corredo ceramico nella seconda metà del XIII secolo: ceramica per la mensa (scala 1:5).

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sembrano ancora legate ad un uso promiscuo,con l’adattamento dell’olla, il contenitore piùrappresentato, a svariate funzioni. Le linee pro-duttive si esplicheranno maggiormente nel cor-so del XIV secolo, con l’accentuazione del soloutilizzo di pentolame foggiato a mano. Dun-que, dalla sola analisi delle forme da cucina, ilcontesto di consumo non appare sostanzialmen-te molto diverso da quello che proporremo peril secolo successivo, anche se netta è la distin-zione abitativa dei due secoli (famiglia nobilia-re e guarnigione).Le ceramiche prive di rivestimento da dispensae da cucina sono in tutto 63 forme (42%), costi-tuite essenzialmente da brocche, boccali e altreforme come catini, microvasetti. Nel rapportotra le forme, le brocche sono molto minoritarie,e prevalgono nettamente i boccali (il rapporto èdi 1 brocca ogni 6 boccali); per il resto abbiamo1 microvasetto ed 1 catino. Netta appare dun-que la mancanza di forme aperte. Per analizzarequeste produzioni possiamo dire che le forme diboccali e brocche rimandano a confronti con ma-teriale pisano, in particolare ai boccali “ Busi” edalle cosiddette “ anforette pisane” . Non tornia-mo qui sulle distinzioni a volte presenti, soprat-tutto nelle dimensioni, tra i rinvenimenti di Cam-piglia e quelli pisani, affrontate ampiamente neisingoli cataloghi delle classi ceramiche. Sottoli-neiamo comunque che queste diversificazionipotrebbero costituire una spia per intravedereproduzioni in loco di forme pisane, ma per oraquesta ipotesi rimane ad uno stadio embrionale.Per le ceramiche da mensa (Fig. 77), ad eccezio-ne delle provenienze umbro-laziali, delle qualidiscuteremo insieme agli arrivi mediterranei, lamaiolica arcaica di fabbricazione pisana occupa,sin dalle prime forme riconoscibili nella strati-grafia di Campiglia, la nicchia più ampia tra ilvasellame da mensa. Questo dato è in linea con

le strategie commerciali pisane che prevedevanol’esportazione del nuovo vasellame, prodottonella cittadina a partire dai primi decenni delXIII secolo, in molte parti del mediterraneo (BER-TI 1997b, p. 349). Difatti, ormai da tempo è co-nosciuta la capillare diffusione della maiolicaarcaica di prima fase (1220/1230-1280) anchenella zona della Toscana meridionale tirrenica,in molti siti di varia natura politica ed insediati-va, tra i quali rientra anche Campiglia, essendooltretutto, in questa fase storica, legata fortemen-te alla famiglia dei Della Gherardesca (BERTI

1997a, pp. 256-259; BOLDRINI, GRASSI, MOLINARI

1997). Il fatto di trovare questi prodotti solodalla metà del XIII in poi è soltanto legato, anostro avviso, alla mancanza di stratigrafie checaratterizza la Rocca nella prima metà del XIII.Le importazioni dal bacino del Mediterraneosembrano arrivare in grande quantità a Campi-glia in concomitanza con la massiccia esporta-zione di maiolica arcaica da Pisa verso tutto ilMediterraneo occidentale (Fig. 78). AncheCampiglia usufruisce di questi arrivi e come vi-

Fig. 76 – L’uso del fondo cieco della torre B (periodo III, 2, quantità espresse in numero minimo).

Fig. 77 – Maiolica arcaica e invetriata verde: le pro-duzioni nel XIII secolo (espresse con il n. minimo

delle forme).

I. Ceramica per lacottura

II. Ceramica da cucina edispensa

III. Ceramica da mensa

Fig. 78 – Importazioni mediterranee nella s.m. delXIII secolo (n. minimo).

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Fig. 79 – Periodo IV (n. minimo).

Fig. 80 – Periodo IV, percentuali di presenza (n. minimo).

sto la maiolica arcaica pisana è la più rappre-sentata, accanto a sporadiche presenze di pro-dotti umbro-laziali. Sembra logico dunque ve-dere nella città marittima il punto di smista-mento di quei prodotti che non appartengonopropriamente ai beni in uso quotidiano nelmedioevo, ovvero le ceramiche di importazio-ne. Nondimeno, come era stato notato per ilvicino sito di Rocca San Silvestro (BOLDRINI,GRASSI, MOLINARI 1997, p. 121) si notano alcu-ne presenze, come quelle campane o siciliane,che non sono molto rappresentate nella città epotrebbero essere dunque arrivate senza inter-mediari, direttamente dalla costa della penisola.Le presenze tunisine, furono invece senz’altromediate dalla città e sia tra i bacini ceramici siatra i rinvenimenti del sottosuolo, questa classeoccupa una nicchia molto ampia delle cerami-che da mensa, anche se sopravvalutata per lafacile riconoscibilità delle ceramiche con deco-ro a cobalto e manganese (BERTI 1997b, p. 347).Anche le giare islamiche con decorazione im-pressa appartengono ai prodotti distribuiti at-traverso Pisa: una carta distributiva elaborataper i rinvenimenti di questa classe mostra in-fatti una maggiore presenza in aree sottoposteall’influenza pisana (FRANCOVICH, GELICHI 1984,tav. IX). Uguali canali di arrivo si possono ipo-tizzare per le provenienze del mediterraneoorientale.Invece l’invetriata verde con decorazione solca-ta di produzione siciliana non è molto attestataal di fuori dell’isola (vedi catalogo), dunquel’esemplare di Campiglia assume un carattereparticolare data la possibilità di arrivo di questaceramica, anche se in forma limitata, attraversocanali di commercio estranei alla rete distributi-va pisana.Infine nel panorama delle ceramiche importate èstato inserito anche il Lazio, presente con la maio-lica arcaica e l’invetriata verde. I rapporti con laregione laziale sembrano focalizzati alla sola se-conda metà del XIII (soltanto un frammento diinvetriata verde laziale proviene da uno strato diprima metà del secolo, vedi catalogo) e concentra-ti sulle ceramiche fini da mensa. A Pisa, tra i bacinie i rinvenimenti da scavo non è rappresentata que-sta regione, mentre dall’analisi di Rocca San Silve-stro si erano già segnalate alcune attestazioni nelXII (vetrine sparse) e nel XIII (maioliche) (BOLDRI-NI, GRASSI, MOLINARI 1997, p. 122). In particolaresembrano interessanti queste attestazioni di Cam-piglia data anche la distribuzione accertata per l’in-vetriata verde laziale e per la maiolica arcaica chenon sembra superare i territori circostanti Roma(MOLINARI 1990, p. 396 e 424).

PERIODO IV, FASI 1 E 2: XIV SECOLO (Figg. 79-80)

Il XIV secolo verrà analizzato in un blocco com-patto, dato che le produzioni attestate non sem-brano variare nelle due metà del secolo. Solo nelcaso della maiolica arcaica opereremo una di-stinzione dato che alcune presenze emergono apartire dalla metà del secolo, in particolare ilvasellame ‘non pisano’.

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necessario, come detto, focalizzare le presenzenelle due metà del secolo: sino alla metà del XIVinfatti perdura il monopolio dei prodotti pisani,mentre nel secondo cinquantennio il panoramasi arricchisce di arrivi da Siena, Volterra e dalValdarno, pur rimanendo la presenza pisana pre-ponderante. L’andamento degli arrivi pisani ri-marrà costante sino agli ultimi contesti analizza-ti nel dettaglio per la Rocca, mentre Siena e Vol-terra sembrano presenze sporadiche legate almomento di massima espansione dei prodotti inmaiolica. Diverso il caso del Valdarno. Da areavaldarnese (o fiorentina, difficile la distinzionetra prodotti usciti dalla cittadina e quelli di cen-tri limitrofi) arrivano i prodotti con decori inblu, maioliche arcaiche e zaffere a rilievo (1%) enei secoli successivi l’apporto da questa area siaccrescerà con alcuni esemplari di maiolica ar-caica tricolore e il vasellame smaltato di Monte-lupo Fiorentino. Le presenze della fine del XIVsecolo non sono dunque che un preludio al-l’esportazione massiccia di vasellame da area fio-rentina nel XV e nel XVI nella Rocca.Per quanto riguarda invece la ceramica di pro-venienza ‘non toscana’ il Trecento vede una ri-duzione in percentuale rispetto al XIII secolo (da3% a 2%) ed un restringimento delle zone diarrivo (Fig. 82). Infatti continua ad essere atte-stato l’Islam occidentale a cui si affianca la Ligu-ria e la Spagna, ma scompare l’apporto di cera-mica da Islam orientale e Mediterraneo orienta-le, Campania, Sicilia.

La ceramica grezza per cucinare mostra un qua-dro molto caratteristico dei castelli della Val diCornia (vedi anche Rocca San Silvestro e Suve-reto, GRASSI 1998b): le grezze fabbricate artigia-nalmente sono ridotte a percentuali esigue, men-tre il corredo sembra composto esclusivamenteda manufatti modellati a mano (20%) e in mi-nor misura da ceramica invetriata (9%). Non sitratta dunque di un dato rapportabile ad altricontesti di consumo del Trecento, se non ai ca-stelli limitrofi citati sopra. Al contrario infatti,in tutta la Toscana questo secolo rappresenta perla ceramica da fuoco l’avvio di produzioni stan-dardizzate che preludono ai massicci cambiamen-ti produttivi che si attueranno a partire dal XVsecolo. Queste produzioni a mano devono quin-di essere interpretate come una tendenza subre-gionale, non collegata all’impossibilità del castel-lo di accedere alle grandi vie di smercio del va-sellame (il XIV secolo è infatti ricco a Campigliadi produzioni importate dalla Toscana e dal Me-diterraneo, vedi sotto), ma alla volontà dellaguarnigione pisana di avvalersi di una produzio-ne di basso livello tecnologico, ma di alta fun-zionalità, radicata nel territorio sin dai secolicentrali del medioevo (si veda in merito ancheGRASSI 1998b).La ceramica depurata è attestata solo relativa-mente alla classe II.1, ed in particolare si notauna presenza molto forte di forme chiuse, gran-di contenitori tipo “ anforette” pisane o senesi,orci, catini e orcioli. Le provenienze si possonoin questo secolo soltanto ipotizzare, soprattuttoper i prodotti che non presentano bolli o marchidi alcun tipo (bolli dentati pisani, stampigliatu-ra del giglio fiorentino etc.). Nessun aiuto ci vieneinoltre dall’analisi degli impasti, ormai moltoraffinati e indistinguibili ad occhio nudo, ad ec-cezione degli orci a beccaccia di fabbricazionevaldarnese che presentano inclusi caratteristici.Nella totalità dei reperti in depurata si può os-servare che i tipi di Campiglia si inseriscono bene,anche dimensionalmente, nelle produzioni pisa-ne, con alcuni arrivi, quantitativamente non ri-levanti, dall’area senese (tipo II.2.1b, “ anforettasenese” con decorazione sinusoidale graffita) e igià citati orci a beccaccia dall’area valdarneseinsieme a produzioni di vasellame di derivazio-ne valdarnese come la ceramica prodotta a ma-trice.Il Trecento, come si vede dai grafici quantitatividi sintesi, è il secolo nel quale le produzioni smal-tate da mensa di maiolica arcaica (e in misuraminore di invetriata verde) occupano una per-centuale molto alta, circa il 50%, tra tutto il va-sellame recuperato (Fig. 81). Per questa classe è

Fig. 81 – Maiolica arcaica, Maiolica arcaica blu, zafferaa rilievo, invetriata verde: le produzioni nel XIVsecolo. NB: il segno X indica la presenza e non la

quantità delle singole produzioni.

Fig. 82 – Importazioni mediterranee del XIV secolo(n. minimo).

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In particolare la Liguria è attestata nella primametà del secolo con produzioni di graffita arcai-ca e di ingobbiata monocroma. Si tratta di un’at-testazione attardata rispetto a quello che si ri-scontra a Pisa (BERTI 1997b), probabile interme-diaria nell’arrivo dei prodotti liguri nella Rocca,e simile nello stesso tempo a quello che si è ana-lizzato nella vicina Rocca San Silvestro. L’apicedella presenza ligure è datato, in quest’ultimosito, al XIV secolo (BOLDRINI, GRASSI, MOLINARI

1997). Se da un lato Campiglia partecipa di fe-nomeni legati alla redistribuzione di vasellamenel territorio da parte di Pisa, dall’altro mostraalcune divergenze rispetto ai siti che sono inse-riti nello stesso quadro commerciale, come SanSilvestro. Lì infatti si riproponevano, nelle asso-ciazioni di ceramica importata per il XIV seco-

lo, le presenze della città dominante, mentre aCampiglia si notano differenziazioni, come l’as-senza in questo momento dei prodotti dell’Italiameridionale. Potrebbe trattarsi ancora una voltadi un carattere peculiare di Campiglia e dellapossibilità del centro di emanciparsi nelle sceltecommerciali.La continuazione dei rapporti con l’Islam occi-dentale, testimoniata dalla ceramica a cobalto emanganese, si arricchisce come detto con i pri-mi arrivi spagnoli. La ceramica spagnola presen-te nella seconda metà del XIV secolo appartieneal gruppo “ paterna” e i rinvenimenti di questaclasse ceramica sono ben conosciuti per la To-scana (FRANCOVICH, GELICHI 1984).

FRANCESCA GRASSI

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