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SIMBOLISMO FRANCESE Mallarmé Mallarmé Il Simbolismo è la poetica del Decadentismo. Essa ha inizio con la pubblicazione nel 1976 del poemetto “Il pomeriggio di un fauno” di Mallarmé. Stephane Mallarmé (Parigi 1842- Valvins 1898) è stato il teorico più lucido della poesia simbolista ed ha avuto un notevole influsso su tutta la poesia del Novecento dai futuristi che hanno mutuato l'interlinea dei corpi topografici e altri espedienti grafici, agli ermetici che hanno appreso il valore del silenzio come cassa di risonanza attorno alla voce e dai poeti visivi che hanno radicalizzato le sue intuizioni sino a ridurre la poesia a puro segno, a pura figura, a un messaggio che quasi non può più essere letto. Egli è il maestro dei poeti maledetti. BIOGRAFIA Il poeta nacque da una famiglia di modeste condizione, proveniente dalla piccola borghesia, e la sua vita fu presto segnata da delle disgrazie. A cinque anni perse la madre e poi successivamente morì anche la piccola sorella. Nel 1860 ottenne la licenza liceale. Quando divenne adulto il lavoro, un piccolo impiego statale, gli riservò continue umiliazioni che lo portarono ad accumulare numerose frustrazioni. Si sposò con una tedesca nel 1863. Nonostante i problemi personali, Mallarmé pubblicò una decina di poesie sul Parnasse contemporain e iniziò il poema “Hèrodiade” e il “Monologo di un fauno”. Nel 1867 pubblica il racconto “Igitur, o la follia di Elbehnon”, in cui si trova già tutto lo stile delle poesie successive. Dal 1868 al 1871 Mallarmé passò un periodo di depressione, durante il quale realizzò tetre

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SIMBOLISMO FRANCESE

MallarméMallarméIl Simbolismo è la poetica del Decadentismo. Essa ha inizio con la pubblicazione nel 1976 del poemetto “Il pomeriggio di un fauno” di Mallarmé. Stephane Mallarmé (Parigi 1842- Valvins 1898) è stato il teorico più lucido della poesia simbolista ed ha avuto un  notevole influsso su tutta la poesia del Novecento dai futuristi che hanno mutuato l'interlinea dei corpi topografici e altri espedienti grafici, agli ermetici che hanno appreso il valore del silenzio come cassa di risonanza attorno alla voce e dai poeti visivi che hanno radicalizzato le sue intuizioni sino a ridurre la poesia a puro segno, a pura figura, a un messaggio che quasi non può più essere letto. Egli è il maestro dei poeti maledetti.

BIOGRAFIA I l poeta nacque da una famiglia di  modeste condizione, proveniente

dalla piccola borghesia, e la sua vita fu presto segnata da delle disgrazie. A cinque anni perse la madre e poi successivamente morì anche la piccola sorella. Nel 1860 ottenne la licenza liceale. Quando divenne adulto il lavoro, un piccolo impiego statale, gli riservò continue umiliazioni che lo portarono ad accumulare numerose frustrazioni. Si sposò con una tedesca nel 1863. Nonostante i  problemi personali, Mallarmé pubblicò una decina di poesie sul Parnasse contemporain e iniziò il poema “Hèrodiade” e il “Monologo di un fauno”. Nel 1867 pubblica il racconto “Igitur, o la follia di Elbehnon”, in cui si trova già tutto lo stile delle poesie successive. Dal 1868 al 1871 Mallarmé passò un periodo di depressione, durante il quale realizzò tetre meditazioni sul Caso e sul Nulla. Corrispose in questi anni l’interruzione della sua produzione letteraria. Nel 1871 si stabilì definitivamente a Parigi.

Nella capitale venne a contatto con vari artisti impressionisti ed intellettuali come Verlaine. In questo anno pubblica “Erodiade”. Nel 1876 pubblicò “Il pomeriggio di un fauno” e nel 1897 “Un colpo di dadi non abolirà mai il caso”, in cui sono presenti alcune innovazioni formali quali la rottura del sistema sintattico e del sistema grafico tradizionali. Il poeta morì a Valvins nel 1898. Mallarmé, la cui formazione letteraria avvenne attraverso l'opera di Baudelaire e Poe, esercitò un notevole fascino sulle nuove generazioni di poeti (famosi furono i "Martedì letterari" nella sua casa), tanto che P.Veraline, a dispetto della critica benpensante, non esitò a esaltare Mallarmé come maestro e lo incluse nell'opera “I poeti maledetti”(1884).

Brezza marina (1865)

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La carne è triste, ahime! e ho letto tutti i libri.Fuggire! Laggiù fuggire! Io sento uccelli ebbrid'essere tra l'ignota schiuma e i cieli!Niente, né antichi giardini riflessi dagli occhiterrà questo cuore  che già si bagna nel mareo notti! Né  il cerchio deserto della mia lampadasul vuoto foglio difeso dal suo candorené giovane donna che allatta il suo bambino.Io partirò! Vascello che culli le tue velel'ancora sciogli per una natura straniera! 

E crede una Noia, tradita da speranze crudeliancora nell'ultimo addio dei fazzoletti!E gli alberi forse, richiamo di tempesteson quelli che un vento inclina sopra i naufragisperduti, senz’alberi, né verdi isolotti...Ma ascolta, o mio cuore, il canto dei marinai!

La poesia presenta il tema del viaggio, inteso come fuga, evasione dal presente e dalla noia del quotidiano. Il senso di disagio nei confronti della realtà è comune agli artisti contemporanei al poeta. Essi sono consapevoli che il loro ruolo sociale è mutato; la loro funzione di indicatori di valori e ideali è venuta meno. Si verifica la cosiddetta “perdita dell’aureola”. Il poeta non è più identificabile nella figura di poeta-vate, bensì in quella di poeta maledetto, emarginato, che detiene atteggiamenti trasgressivi, che vanno contro il perbenismo della società.Mallarmé aspira alla libertà inebriante, alla quale nessun ostacolo può interferire. Neanche i legami del poeta col presente, come i ricordi e l’affetto famigliare, sono abbastanza forti da cancellare il desiderio di fuga. Esso si traduce in ferma decisione di partire verso paesi esotici e lontani, con una meta vaga ed indefinita. Mallarmé vede la possibilità di provare di nuovo emozioni con la partenza per il viaggio, in quanto questo costituirebbe un ritrovato entusiasmo per la vita, per la libertà. Il poeta non esclude, però, il rischio del fallimento. È consapevole che il viaggio può concludersi con un naufragio, nella solitudine o nella morte. L’esperienza che deriverebbe da esso, però, è più importante. Il bisogno di libertà, di avventura, di ricerca continua è più intenso. Quello che importa non è la meta, ma l’esperienza di nuovo, dell’ignoto e dell’inconscio.La poesia ha duplice significato. Oltre di viaggio esistenziale, è simbolo della poesia stessa. La noia è da intendersi per le forme tradizionali. Essa necessita di forme d’espressione nuove. Mallarmé ricerca una poesia in grado, con la forza delle proprie immagini, di esprimere l’inesprimibile, di dare voce al silenzio del foglio bianco illuminato dalla lampada, attraverso la parola pura, assoluta. Il rischio diviene l’incomunicabilità, l’incomprensione, ma non interferisce nella ricerca. La poesia diviene alludere, suggerire, evocare immagini e sensazioni, senza definire. La ricerca della parola assoluta diviene un vero e proprio culto. Il simbolo e la rete di rapporti analogici tra le cose costituiscono il mezzo tramite il quale rivelare l’inconoscibile. La poesia acquista valore supremo e il poeta si riscatta nei confronti della società divenendo, grazie alla sua sensibilità, l’unico che può esprimere la verità.