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Ricordando i nostri compagni deportati e morti in Germania: 5Una esperienza e una conferma 5Nel solco della sinistra italiana verso la ricostruzione del partito di classe 7Crollo del fascismo e moto partigiano 7La nascita del Partito comunista internazionalista 10Guerra, Russia, Pci e moto partigiano 11La fondazione, l'organizzazione e l'attivitàdel partito comunista internazionalista 15La sinistra italiana di fronte alla guerra 15I primi contatti nel Nord Italia 16Gli scioperi del Marzo 1943 16I 45 giorni del governo Badoglio 17Le prime commissioni interne 18Si organizza il partito 19Contro ogni opportunismo 20Solidarietà e fratellanza internazionale 21Gli scioperi del Novembre 1943 21Per un fronte unico dal basso 22Fascismo e antifascismo 22Le “socializzazioni di stato” 23Il moto partigiano 23La fine della guerra 24Il filo rosso di Prometeo 25La rabbiosa reazione dello stalinismo 26L'assassinio di Fausto Atti e Mario Acquaviva 26Il rafforzamento del partito 27La nostra continuità storica 28Costruzione e coerenza del partito di classe 29I documenti 31Demagogia democratica e fascista e realtà di classe 31Per una nuova Internazionale 32Ercole Ercoli appoggia la monarchia I veri comunisti gli rispondono 32Viva la rivoluzione proletaria 33Ai proletari partigiani A tutti i lavoratori 35Abbasso i traditori della causa proletaria 36Per la creazione e il potenziamento dei gruppi comunisti di fabbrica 38Prospettive e direttive 39Punti di orientamento del Partito comunista internazionalista 41

Sommario

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Ricordando i nostricompagnideportati e mortiin Germania:

BISCUOLA GIUSEPPE, ucciso a Genova daifascisti nel febbraio 1945;

CAPPELLINI, BERGOMI e PORTA, lavora-tori della Breda e della Falk, deportati in Germania escomparsi;

FERRADINI SPARTACO, fucilato a Genova il24 aprile 1945;

GAROTTA ANGELO di Ponte Lambro, operaiodella Montecatini, fucilato dai fascisti

GILODI LUIGI, operaio di Torino, che dopo esserestato deportato, riesce fortunatamente a tornare;

GRAZIANO ANTONIO, caduto in combattimen-to in una formazione partigiana in Piemonte nel 1944;

MANTOVANI, operaio di Torino, deportato in Ger-mania e morto in campo di concentramento;

PERONA QUINTO, operaio di Torino, morto aMauthausen il 7 luglio 1944;

E alla imperituramemoria deicompagni:FAUSTO ATTI e MARIO ACQUAVIVA,

trucidati nel 1945 dagli sgherri del Pci, su direttaistigazione dei suoi massimi dirigenti.

Una esperienza euna confermaGià nella seconda metà degli anni trenta, la fasecontrorivoluzionaria del primo dopoguerra, culminantecon l’instaurazione del capitalismo di stato nell’Urss,poteva considerarsi sufficientemente compiuta ai finidi una esauriente analisi critica marxista. Le elabora-zioni avviate dalla Sinistra italiana avevano trovatouna loro puntuale verifica storica per quanto concerne-va la risposta ai drammatici problemi sorti in campointernazionale, e specificatamente in Russia dopol’Ottobre 1917 con l’involuzione del potere sovietico. Ilprecipitare degli avvenimenti con l’entrata in guerradell’Urss (dopo il banco di prova della guerra di Spa-gna) al fianco prima di Hitler e poi delle altre potenzeimperialistiche del blocco anglo-americano, esigeva-no la trasformazione delle principali tesi della Sinistrain una piattaforma politica in grado di porsi come baseorganica per la costruzione del partito e come un saldoriferimento per la ripresa dei contatti e una direttainfluenza nella classe.L’elaborazione delle basi programmatiche dell’orga-nizzazione di classe ha avuto, con la costituzione delPartito comunista internazionalista nel 1943, un’im-portante spinta in avanti, potendosi cioè legare con unintervento diretto nell’azione. L’aver confrontato nelvivo della lotta politica e contro le forze della controri-voluzione borghese-stalinista, ovunque all’attacco, leproprie analisi e indicazioni tattico-strategiche, rimaneuno dei meriti più importanti dell’opera svolta dallaSinistra italiana ricostituitasi in partito.Senza voler nascondere né a se stessi né agli altri ilimiti derivanti dalla situazione generale oggettiva, e ledifficoltà soggettive di una funzionale convergenzapolitica e organizzativa, la formazione del PartitoComunista Internazionalista rappresenta a livellomondiale l’unica risposta concreta all’altrettanto con-creto incancrenirsi di una situazione storicamenteinedita. E tale si presentava quella creatasi dalla finedegli anni venti in poi con il tradimento dei partiticomunisti della Terza Internazionale e con l’interruzio-ne di ogni continuità di classe dopo la mistificazionestalinista del socialismo in un solo paese e ilrinnegamento dei principi rivoluzionari del marxismo.La ricostituzione del partito rivoluzionario del proleta-riato è cominciata con questa prima e unica esperien-za reale, teorica e organizzativa, e si affida allefondamentali posizioni programmatiche, strategiche etattiche, che l’hanno fin qui contraddistinta, per gliulteriori e indispensabili sviluppi del processo di raffor-zamento nazionale e internazionale.Un enorme patrimonio di esperienze, scelte tattiche,posizioni politiche, accumulatesi soprattutto nell’ulti-mo secolo di storia del movimento rivoluzionario; lelezioni tratte da tante sconfitte, ma anche dal primoepisodio di conquista diretta del potere e di dittatura delproletariato, consentono al partito di presentarsi conun bagaglio di risolutive sintesi teoriche e politichecome mai nella storia era accaduto. Un bagaglio tale

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da permettergli sia di non ripercorrere da capo tutti ilimiti delle varie tappe storiche vissute, e sia di evitareil ripetersi di altri tragici errori.Quale minoranza rivoluzionaria la nostra presunzioneè quella di aver operato nell’arco storico di mezzosecolo sulle basi di una piattaforma politica la cuielaborazione teorica si è mantenuta tenacemente vivanel costante confronto della sua validità con le vicendealterne della lotta di classe e con gli sviluppi della faseimperialistica in cui viviamo. Una presenza, cioè,mantenuta ben oltre lo stratosferico mondo delle ideepure e incontaminate, scendendo sul terreno delladiretta tensione politica contro il capitale e le forzeopportunistiche e controrivoluzionarie al suo seguito.E lo stesso bilancio del corso successivo all’Ottobrerosso, che solo la Sinistra italiana ha saputo comple-tare fino alle estreme conseguenze, si è reso possibilepartendo non da un osservatorio astrattamente estra-neo alle vicende tormentate della Terza Internazionalee dei partiti comunisti, ma collegandosi in prima lineae fin dal 1923 nell’opposizione al nascente frontecontrorivoluzionario dello stalinismo.Ciò che a noi preme ancora oggi confermare è chesenza la presenza e gli sforzi operanti - pur secostretto nei limiti di una minoranza - del partitocomunista rivoluzionario in grado di condurre unainesorabile critica contro il sistema capitalista e disvolgere opera di chiarificazione e selezione politica,senza di esso la classe operaia rimane una passivaentità sociale sotto il dominio incontrastato dellaborghesia, e rischia di mettere pericolosamente ingioco la sua prospettiva storica.

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Il primo luglio del 1942, quando le alterne vicendebelliche non potevano ancora far prevedere il crollodell’asse Roma-Berlino, l’Unità di Togliatti dà prova diprofondo senso nazionalistico annunciando l’avvenu-ta costituzione del “Comitato d’Azione per l’Unione delpopolo italiano”, organismo interclassista composto,oltre che da un “gruppo di militanti del Partito comuni-sta italiano, da elementi del Partito socialista italianoe del Movimento Giustizia e Libertà”, il cui programma“rivoluzionario” consisteva nella denuncia del patto dialleanza con la Germania, pace separata con Inghilter-ra e Russia e con tutti gli altri paesi in guerra con ilfascismo, il ritiro delle truppe italiane dal fronte russoper liberare l’Italia dagli oppressori hitleriani. Nei mesisuccessivi, parlando al popolo italiano dai microfoni diRadio Mosca, Togliatti (Mario Correnti) precisò, sottoforma di omaggio, a quale nuovo fronte della guerra gliitaliani avrebbero potuto guardare fiduciosi: “noi dob-biamo essere grati all’America non soltanto di averedato lavoro per tanti decenni a tanti nostri fratelli, maper il fatto che a questi uomini, che uscivano dalletenebre di rapporti sociali quasi medievali, ha fattovedere e comprendere che cosa è un regime democra-tico moderno, che cosa è la libertà”.Il discorso è comprensivo di tutto ed è l’anticipazionedel comportamento borghese e controrivoluzionarioche il Pci terrà, di lì a pochi mesi, nel moto partigiano.

1) In primo luogo è palese l’invito a non organizzarsicontro la guerra sulla base dell’esperienza dell’Ottobrebolscevico, ma soltanto di cambiare fronte a fianco deinuovi, democratici, alleati.2) Riconoscimento dell’intervento imperialistico ame-ricano come fattore progressista non solo in tempo diguerra ma anche nei periodi di ricostruzione in quantopaese industrialmente avanzato.3) Identificazione di libertà con il concetto politico didemocrazia borghese.4) Definitivo abbandono del perseguimento rivoluzio-nario della dittatura del proletariato.Niente di nuovo sotto il sole: il partito di Gramsci eTogliatti, praticamente cancellato dalle leggieccezzionali del ’26, si sforzava di riannodare le filasulla base di quanto era andato maturando in quindicianni di adattamento controrivoluzionario.L’interclassismo, la difesa dello Stato democratico ele conseguenti tattiche erano già insite nelle elabora-zioni teoriche del fronte unico e del governo operaiodegli anni Venti. L’unica novità risiedeva nel fatto cheallora il Pci le fece sue senza poterle esprimere,mentre ora tentava di renderle praticabilioperativamente. Con questa tattica e con queste

finalità strategiche il Pci intendeva rivolgersi ad unproletariato, come quello italiano, che di lì a qualchemese avrebbe espresso, nelle campagne come nellefabbriche, la sua ostilità alla guerra. Nel marzo del1943, ad un lasso di tempo brevissimo dalla cadutaufficiale del fascismo, il proletariato industriale simosse. Nelle zone industrializzate del nord, ed inmodo particolare nella regione piemontese, quasiduecentomila lavoratori tra tessili, metallurgici e chi-mici, incrociarono le braccia contro la guerra, contro ilfascismo che l’aveva voluta, contro la produzionebellica e i suoi salari di fame (1). La rilevanza delfenomeno va comunque ben oltre il dato numerico. Sesi eccettuano gli scioperi dell’ottobre del ’42 alla Fiat,quelli del marzo del ’43 rappresentano un primo,importante episodio di ripresa della lotta di classe dopoun ventennio di quasi assoluto silenzio. Inoltre l’inizia-tiva operaia anticipava, esasperandoli, i prodromi dellosfacelo politico-organizzativo della società italiana.Con già gli anglo-americani padroni della Sicilia epronti a risalire tutta la penisola, il 25 luglio crollava ilbaraccone fascista. La congiura di palazzo recisel’ultimo filo che teneva ancora in piedi Mussolini. Sullamozione dell’ex ministro fascista Grandi, presentatanella burrascosa seduta del Gran Consiglio, si concen-trarono gli sforzi nel tentativo di salvare il salvabile. Viail fascismo per un ritorno della monarchia, via Musso-lini e dentro Badoglio. Ma il periodo che va dalla cadutaufficiale del fascismo alla fuga della Corona a Brindisi,dopo l’armistizio con gli alleati, aprì uno fase di stalloin cui istituzioni e forze sociali crollarono sotto il pesodegli avvenimenti. Del fascismo rimanevano le bricio-le raccolte intorno alla Repubblica Sociale Italiana; ilgoverno Badoglio non poteva avere l’autorità politicanecessaria per iniziative autonome; la monarchia siripresentava sulla scena italiana troppo screditata perfungere da punto di riferimento. Ad aggravare lasituazione si aggiunse lo sbandamento nell’esercitosia al fronte che nell’interno. Centinaia di migliaia dioperai,contadini, popolani che furono costretti a vesti-re l’abito della patria, si trovarono dall’oggi al domanidisgregati, senza una guida, senza sapere quale fosseil campo di battaglia e quale il nemico (2).Come gli scioperi diedero il segno di quanto pesassein fame e sfruttamento la guerra borghese, così ladiserzione mostrò quanto inutile e disumano fossemorire al fronte non sapendo nemmeno bene per chi eper che cosa.La borghesia, quella stessa che era cresciuta sotto ilfascismo, che per anni aveva economicamente sfrut-tato l’involucro ideologico del partito nazional-fasci-sta, si trovò in quei mesi travagliati senza strumenti dirimpiazzo immediato e soprattutto senza una ideolo-gia che potesse recuperare le masse all’interno di una

Introduzione

Nel solco della sinistra italianaverso la ricostruzione del partito di

classe

Crollo del fascismo e moto partigiano

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situazione che le permettesse di continuare, nella fasepost-fascista, a essere la classe dominante.In simili frangenti la borghesia aveva a sua disposizio-ne una sola strada percorribile: prendere le distanzedal fascismo, organizzare, promuovere o più sempli-cemente sostenere “nuove” forze politiche che faces-sero del proseguimento della guerra a fianco deglialleati la base di partenza del loro muoversi tattico;imbrigliare il proletariato italiano all’interno di unavisione nazionalistica, democratica e borghese chescaricasse sul regime fascista tutte le colpe in modoche la paventata e per certi versi già operante ripresadella lotta di classe, si incanalasse negli appositisteccati dell’antifascismo e che non assumesse leforme di una lotta anticapitalista.D’altro canto, l’eterna contrapposizione libertà-coercizione, autonomia-oppressione, fascismo-demo-crazia ebbe, in più di una occasione, l’opportunità dimostrare l’intercambiabilità dei due fattori, fermo re-stando il quadro di fondo, ovvero i rapporti di produzio-ne capitalistici. La borghesia internazionale, e quellaitaliana in modo particolare, ben conoscevano lameccanica di queste pantomime per averle praticatein più di una occasione.In aggiunta va rilevato come la neonata ideologiadell’anti-fascismo propugnata e praticata nelle cosedalle forze partitiche democratico-borghesi, quali Pci,Partito popolare, Partito d’Azione, ecc. si sforzasse diincanalare la rabbia e la disperazione di ingenti massecomtro un obiettivo che in pratica non esisteva più. Ilfascismo era caduto, e più ancora della congiura dipalazzo o delle vicende che seguirono, per la spropor-zione che andava delineandosi tra i contendentiimperialistici con l’intervento a fianco degli “alleati”delle potenzialità produttive e quindi belliche degliStati Uniti. I rovesci militari tedeschi in Russia ed inAfrica, l’avanzata americana nel Meridione, la crisiinterna dello Stato fascista, uniti agli scioperi deimaggiori centri industriali e al fenomeno inarrestabiledella diserzione, non potevano far individuare nellaRepubblica di Salò un bersaglio concreto. Eppure lamistificazione ebbe successo.La mancanza di una forza rivoluzionaria (3), di unaoperante strategia comunista permise alla borghesiadi superare la fase di stallo in cui le vicende esterne edinterne l’avevano costretta, di nascondere la masche-ra fascista per quella democratica, di organizzarenuove forze politiche che altre non erano se non quelledel periodo prefascista, di dar vita ad un nuovo corsoideologico che le consentisse di “cambiare tutto senzamodificare niente”.Così si stravolsero contenuti ed orpelli. l’istintivo odiodelle masse verso la guerra fu mediato nell’odio verso“quella guerra”, la rabbia contro lo Stato e i suoi poterifu convogliata verso “quello Stato” e la disponibilitàalla lotta di grandi fasce proletarie fu scaricata attra-verso una serie infinita di soluzioni intermedie eminimali. Non vana, del resto, era la speranza borghe-se che, una volta emarginate, con le buone o con lecattive, le sparute minoranze rivoluzionarie, il proleta-riato si sarebbe, sì, mosso, ma che autonomamentenon sarebbe andato al di là del primo diaframma o checomunque più agevole sarebbe stato lo sforzo diarginamento. Perché dall’ipotesi teorica del quadrogenerale entro il quale avrebbe dovuto svolgersi ildisegno conservatore si passasse, con relativa sicu-

rezza, ai complessi nodi della sua operatività nel vivodelle cose, alla borghesia italiana era necessario, tragli altri, un partito che, pur accettando di muoversiall’interno di una strategia politica di conservazionedichiaratamente borghese, avesse forza e creditosufficienti per inserire tutto questo sotto forma di“tattica necessaria” nelle aspettative operaie. Sintroppo palese era agli occhi del capitale, ed ai suoimanutengoli di professione od occasionali, che a nullao a poco sarebbe valso proporre una linea di condottadel genere se a disporne non fosse intervenuta, tra lealtre, una forza partitica di “sinistra”.Fu così che il 9 settembre 1943 prese corpo il tentativodi rinascita della borghesia italiana sotto forma del Clncomprensivo di una destra e di una sua sinistra, macoeso nello spirito antifascista.Al di là delle divergenze tattiche, la destra ( Dc, Pli, Dl)propugnava l’abbattimento del fascismo per un ritornoal mondo economico e politico liberale del pre-fasci-smo senza apportare grosse riforme al tessuto econo-mico produttivo. La sinistra (Pci, Psup e P.d’Az.) eraportatrice nel suo programma di una più avvedutatattica rispetto alle necessità della ricostruzione capi-talistica per l’immediato dopoguerra, puntando sullanecessità delle riforme di struttura nel settore agrarioe di una maggiore concentrazione in quello produttivo(nazionalizzazione). Unanime era la sfiducia nellaCorona e nelle possibilità del governo Badoglio. In unaancora più estrema sintesi potremmo dire che laborghesia italiana con il Cln non trovò soltanto le forzepiù idonee alla prosecuzione della guerra nell’altrofronte, con il conseguente recupero di una parte di“credibilità”, ma anche i fattori politici della ricostituendaRepubblica democratica comprensiva di tutti gli an-nessi e connessi del caso. Come se non bastasse,con l’arrivo di Togliatti dalla Russia (4) l’asse politicodel Cln fu spostato ulteriormente a destra. Prima delsuo arrivo, la posizione del Pci, come quella deirestanti cinque partiti, riguardo la questione monarchica,e già espressa da Scoccimarro: “non vi è possibilità dicompromesso con il governo Badoglio”, ruotò di 180gradi.In una riunione del Consiglio Nazionale del Pci tenutasia Napoli alla presenza di tutti i quadri disponibili delMeridione (5), Togliatti sostenne la tesi di una unitànazionale contro il fascismo e l’invasore tedesco, checomprendesse tutti gli italiani dai comunisti aimonarchici. Per ciò che concerneva i compiti e il ruolodel partito, cosciente dello stato di difficoltà dellapatria economia, Togliatti ne tracciò uno schizzoprospettico: “il partito nuovo che abbiamo in mentedeve essere un partito nazionale italiano, cioè unpartito che ponga e risolva il problema della emancipa-zione del lavoro nel quadro della nostra vita e libertànazionale,facendo proprie tutte le tradizioni progressi-ve della nazione” (6). E perché non ci fossero dubbi disorta per chi avrebbe dovuto portare la linea politicaalle masse combattenti e per le stesse masse partigia-ne, Togliatti, e con lui la ricostituita direzione delpartito, chiarì “che l’insurrezione che noi vogliamo nonha lo scopo di imporre trasformazioni sociali e politichein senso socialista e comunista, ma ha come scopo laliberazione nazionale e la distruzione del fascismo.Tutti gli altri problemi verranno risolti dal popolo,domani, una volta liberata tutta l’Italia, attraverso unalibera consultazione popolare e la elezione di una

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Assemblea Costituente” (7). Tattica, tradimento, op-portunismo? Sono tutti aggettivi che non possonoesprimere la reale portata dei contenuti politici di similidichiarazioni perché direttamente o in maniera media-ta si riferiscono ad un partito che si pretendeva essereancora comunista.Ma il Pci aveva, e da tempo, cessato di tradire, di agirein maniera opportunistica. La fisionomia di partitoborghese, l’accettazione delle istanze economiche epolitiche del capitalismo nazionale lo ponevanoinequivocabilmente non più alla destra del movimentodi classe, ma lo promuovevano ad ala sinistra delleistanze conservatrici della borghesia italiana. Ed unpartito borghese lo si denuncia come tale e non gli sirimproverano opportunismi tattici nè, tantomeno, tra-dimenti di sorta. Nel rifiuto del perseguimento del finerivoluzionario per la guerra di liberazione nazionale, larinuncia alla dittatura del proletariato per una liberaconsultazione nazionale (“poi domani si vedrà”), l’ela-borazione teorica della funzione eminentemente na-zionalista del “nuovo” partito, sembravano far riviverein maniera capovolta le epiche battaglie che il partitobolscevico condusse nei confronti della socialdemo-crazia, la mortale polemica che Lenin condusse controil rinnegato Kautskj a proposito di dittatura proletaria eCostituente. (8) Ma a questo servono le ideologie. Inquei momenti l’eterno gioco delle mistificazioni siripeteva. Poste in chiaro le direttive di fondo, in modoche il Pci potesse rivendicare a pieni titoli la suaidoneità alla futura gestione della “cosa pubblica”, inquanto artefice primario o quantomeno “primus interpares”, occorreva convincere le masse che, nono-stante tutto, quella era la loro battaglia; che la vittoriadelle forze democratico-borghesi era la loro vittoria, eche in certi frangenti gli antagonismi tra le classi nonsono più inconciliabili ma possono trovare la lorogiusta composizione. Per Togliatti, come per i vecchicentri del potere, aveva senso parlare di interclassismo,di cooperazione tra tutte le forze sociali a condizioneche il Pci, oltre alle garanzie di fedeltà alla democrazia,buttasse sul piatto della bilancia il peso delle suecapacità di convogliare su questo terreno la classeoperaia. Non era, cioè, sufficiente la forma, occorrevail contenuto. Per cui non era più illecito vincere laguerra per schiacciare il nazismo: “noi avremmo potu-to e saputo risolvere rapidamente la situazione conuna azione rivoluzionaria delle masse. Ma appuntoperché c’è la guerra, che malgrado tutto è la nostraguerra, dobbiamo tutti evitare che le masse, giusta-mente esasperate da una situazione che non è piùtollerabile, tentino di risolvere spontaneamente lasituazione in forme che potrebbero essere una limita-zione allo sforzo di guerra”. (9)Ma mentre il Cln, con il Pci in testa, andava operosa-mente costruendo, gradino su gradino, le condizioni dibase della futura ed ormai imminente repubblica de-mocratica, il proletariato industriale del nord alzò latesta. Tra l’estate del ’44 e quella del ’45 sonoinnumerevoli ed imponenti per partecipazione gli scio-peri a Sesto San Giovanni (quarantamila), nel lodigiano(cinquemila), a Torino (ottantamila una primavolta,cinquantamila la seconda). Ai dirigenti picistitremarono i polsi, non tanto perché questi episodipotessero trascrescere in senso rivoluzionario, ma inquanto avrebbero mostrato agli attenti occhi dellaborghesia la loro incapacità a svolgere il ruolo di

pompieri. La paura fu pari alla forza di mobilitazione:“Le cellule di fabbrica e i compagni responsabili sidevono mobilitare..., essi devono con l’esempio inci-tare al lavoro, alla disciplina. Molti non hanno voglia dilavorare perché dicono che in fondo nulla è cambiato,sono ancora e sempre degli sfruttati che lavorano peril padrone. Ad essi bisogna far comprendere che unprimo, importante passo in avanti è stato fatto, cheoggi esistono tutte le premesse per far funzionare inpieno regime di libertà e di democrazia progressivatutti quegli istituti che rappresentano le prime conqui-ste dell’Insurrezione: i Cln, i Consigli di gestione, leCommissioni interne, gli spacci. attraverso i quali sirealizzerà una sempre più vasta partecipazione econtrollo degli operai sulla produzione”. (10) E se ciònon fosse stato sufficiente, se cioè il Pci da solo nonfosse risultato idoneo all’espletamento del compitoche si era imposto, Togliatti aveva in riserbo unaulteriore soluzione tattica: organizzare con il PSIUPun più largo e compatto fronte socialdemocraticoperché più estesa fosse la cintura di sicurezza attornoagli interessi del capitale. La cosa non andò in porto,ma come spesso accade, quello che conta è il pensie-ro: “ci si deve avviare alla realizzazione del Partitounificato della classe operaia e dei lavoratori italiani.Questo partito, sorgendo sulla base di un programmaconcreto e largo di azione politica, economica, socia-le, dovrà poter raccogliere in una sola formazionepolitica quelle forze di lavoratori che si muovono nelladirezione della democrazia progressiva e del sociali-smo, anche se non partono da premesse ideologichemarxiste”. (11)Mentre si costruivano ipotetiche soluzioni tattiche congli altri partiti della sinistra, si continuava nell’intesacon la democrazia cristiana, infantilmente definita perl’occasione partito delle masse cattoliche, portatricesecondo l’Unità “delle nostre stesse premesse” inmateria di riforma agraria, “le quali si riassumono nellanecessità di distruggere i residui della feudalità e didare la terra a tutti i contadini che la lavorano”.Poi continuava ad esserci la guerra con i suoi problemidi irregimentamento delle coscienze, del richiamo allearmi e della diserzione. Anche qui occorreva dimo-strarsi capaci, efficienti: “Ai compagni richiamati allearmi le Federazioni devono raccomandare di ottempe-rare al richiamo. Se i compagni obiettassero il caratte-re tuttora reazionario degli organismi militari italiani, lapresenza in essi ancora oggi di quadri legati al fasci-smo, in essi ancora in vigore, bisogna rispondere cheil partito attraverso i propri rappresentanti nel Governosi sforza di migliorare tale situazione. Bisogna d’altraparte spiegare ai compagni che quanto più numerosientreranno nell’esercito gli elementi politicamentecoscienti e sani, tanto più difficile sarà alle forzereazionarie servirsi di esso a loro difesa, e tanto piùfacile la sua democratizzazione. Per gli stessi motivi,ai compagni provenienti da formazioni partigiane poidisarmate e disciolte, non si deve sconsigliare l’arruo-lamento nell’esercito”. (12)

La nascita del Partito comunistainternazionalista

A chi obiettava l’eccessivo zelo democraticistico concui il Pci andava affrontando tutti i problemi, non ultimo

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quello della partecipazione governativa, questa era larisposta ovviamente non priva di mistificazioni stori-che, nonchè politiche: “Teoricamente, ciò che noiabbiamo fatto entrando nel governo corrisponde inparte, nella particolare situazione nella quale ci trovia-mo noi oggi, a ciò che Lenin proponeva di fare nel 1905,quando sosteneva la necessità della partecipazionesocialdemocratica a un governo allo scopo di lottare afondo contro tutti i tentativi controrivoluzionari e didifendere gli interessi autonomi della classe operaia.Come Lenin allora, noi vogliamo battere la controrivo-luzione, cioè il fascismo non solo dal basso, dal difuori, ma anche dall’alto, dal seno del Governo”. (13)Sin troppo evidente era l’imbarazzo della risposta.Togliatti, e con lui la Direzione del partito, fingeva dinon conoscere la lezione storica, nonchè pratica delleninismo sulla questione dello Stato, di come laRivoluzione d’Ottobre seppe dimostrare nei fatti che loStato borghese, in qualsiasi veste si presentasse(fascista, democratico o progressista) non potevagiovarsi dell’appoggio tattico del proletariato, ma chesolo la sua distruzione poteva consentire la condizio-ne necessaria alla costruzione della dittatura delproletariato. Ogni altra via non sarebbe risultata ido-nea, non solo, ma avrebbe prestato il fianco ad unrafforzamento di uno Stato borghese “democratico”,inteso come migliore baluardo di difesa contro levelleità revansciste di uno Stato borghese fascista, efaceva il paio con la rinuncia al perseguimento dellasoluzione rivoluzionaria per lasciare spazio a quellariformista. Come sempre, le soluzioni tattiche nonsono momenti politici a sè stanti, situazioni chepossono essere affrontate e risolte da sole o una pervolta, indipendentemente o addirittura al di fuori dellavisione strategica che dovrebbe sottenderle. Ogniscelta tattica presuppone un disegno strategico, cosìcome qualsiasi strategia abbisogna di momenti tatticitra loro coerenti. Non è possibile perseguire un finerivoluzionario con una tattica riformista, come addirit-tura folle sarebbe il suo contrario.La storia, e non solo quella recente, ha dimostratocome le crisi economiche e le conseguenti crisipolitico-istituzionali siano sempre state alla base diuna recrudescenza della lotta di classe, e che le guerreabbiano spesso accelerato ed esasperato i terminidella lotta, ma che mai il muoversi della classe insenso autonomo, o per grazia ricevuta, abbia portatodi per sé a un orientamento rivoluzionario senza lapresenza strategica del partito di classe.Anche negli anni 1943-’45 la storia si è ripetuta.Esistevano, e drammaticamente, tutti gli ingredientinecessari: la crisi economica, la guerra, il vuotoistituzionale creato dallo sbandamento della borghe-sia, la precaria esistenza di due governi (quellorepubblichino di Salò e quello monarchico di Brindisi)che “governavano” meno di uno, e un esercito allosbando.La classe operaia del nord e decine di migliaia di reducidal fronte si mossero. Ci furono scioperi e diserzioni,determinazione alla lotta ma anche confusione politica. Inevitabilmente la risposta di classe alle disperatecondizioni di vita imposte dalla guerra non potevascontrarsi che con il primo diaframma che le si ponevainnanzi, il fascismo. Come nella Russia del 1917,quando la rabbia di milioni di sfruttati si espressecontro il regime dittatoriale dello zarismo, si rese

necessario l’intervento del partito bolscevico perché lalotta di classe non si limitasse al primo passo, comepredicava la socialdemocrazia russa sorretta dal corodi quella internazionale, ma colpisse nel cuore ilregime capitalistico, così, in Italia, urgeva la presenzadi un partito rivoluzionario che indicasse il superamentodella lotta democratica contro il fascismo per unasoluzione rivoluzionaria anticapitalistica. (14) Sullosfondo di quella situazione obiettiva e sulla base diquesta necessità politica, tra lo sfacelo ideologicooperato dalla Terza Internazionale e perseguito dalpartito centrista di Gramsci e Togliatti, nasceva ilPartito Comunista Internazionalista. Dopo vent’anni dicontrorivoluzione internazionale e di dittatura fascistae nel mezzo della seconda carneficina mondiale, ilsorgere di un partito rivoluzionario che si ponesse apunto di riferimento politico di un processo di ripresadella lotta di classe, poneva, prima ancora che da unpunto di vista organizzativo, problemi di analisi e diprogramma. Per i rivoluzionari era fin troppo chiaro chele agitazioni di massa, l’esasperazione di chi pagavacon il supersfruttamento in fabbrica o addirittura con lavita in trincea il prezzo della guerra imperialista, sisarebbero dimostrate un inutile sacrificio di lotta senon si fossero riallacciate ad una tattica politica cheavesse come scopo ultimo una strategia rivoluziona-ria. Ma perché ciò fosse nelle cose e non soltanto nelleintenzioni occorreva riannodare i fili rossi della storiadella lotta di classe, riorganizzare le sparute forzefisiche che non si fecero travolgere dall’immane onda-ta rivoluzionaria, soprattutto, fare chiarezza sui pro-blemi fondamentali che la pratica imperialistica diquegli anni andava drammaticamente imponendo. Secompito di una forza rivoluzionaria è quello di andarealla lotta così come essa si manifesta, imbrigliata econdizionata da mille fattori che si intersecano e sisovrappongono, non per rimanerci invischiata ma perdirigerla sul suo terreno, quello cioè degli interessi diclasse, allora era prioritario sbarazzare il campo daequivoci e mistificazioni, cercando di tracciare unsolco, il più profondo possibile, tra classe e classe. Inodi da sciogliere erano quelli di sempre ma attualizzatida una prassi politica che li rendeva “nuovi”, tipici diquella fase storica.

1) Innanzitutto la guerra. Se le forze borghesi, comun-que travestite, si sforzavano di ideologizzarla trasfor-mandola in momento positivo se combattuta in “chia-ve” democratica o progressista, imperativo dovevaessere lo sforzo di analisi e di denuncia della veranatura della guerra, della sua matrice economica, delsuo carattere imperialistico e della sua ineluttabilità inregime economico capitalistico. Lo scopo ultimo eraquello di dimostrare alla classe operaia che al fondodella questione non c’era l’abbandono di “quella” guer-ra per “un’altra”; che proseguirla sotto l’insegna dellademocrazia dopo averla combattuta come fascista,non avrebbe significato uscire dallo steccato borghe-se ma soltanto attestarsi sull’altro frontedell’imperialismo e che, comunque, un solo interessedoveva animare la ripresa della lotta di classe delproletariato italiano, al pari di quello internazionale:trasformare la guerra in rivoluzione, la guerra imperia-lista in guerra civile.2) Il secondo nodo da sciogliere, quello forse piùdifficile, era rappresentato dalla Russia. Anche se

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tanti, troppi episodi di ripiegamento controrivoluziona-rio si erano accumulati da quell’ormai lontano Ottobrebolscevico, e anche se la Terza Internazionale, primadi chiudere definitivamente i battenti (15), era statacostretta a stravolgere completamente quello stessoprogramma politico che era stato alla base della suafondazione, ancora grande era nella emotività dellemasse il suo prestigio. Mosca significava socialismo,era ancora il punto di riferimento della rivoluzioneinternazionale, e se il paese che aveva dato i natali aLenin era sceso in campo contro il nazi-fascismo perla salvaguardia della democrazia, voleva dire chequella era la battaglia che bisognava combattere. Suquesto terreno, facile si sarebbe dimostrato il compitodi coinvolgimento del proletariato da parte della con-servazione se non fosse intervenuta l’opera didemistificazione e di denuncia del processocontrorivoluzionario che aveva condotto l’ex Repubbli-ca dei Soviet a essere, come capitalismo tra icapitalismi, protagonista della disputa imperialistica.3) Conseguentemente l’opera di demistificazione e dichiarezza politica non poteva che proseguire neiconfronti di tutte quelle organizzazioni partitiche, pri-mo fra tutte il Pci, che non avevano saputo o volutorecidere il cordone ombelicale che li vedeva più omeno vincolati al processo controrivoluzionariostaliniano , che li vedeva partecipi al proseguimentodella guerra e attestati sui bastioni della lotta democra-tica in difesa degli interessi della borghesia nazionale.L’equivoco doveva essere chiarito non in termini tatticima strategici. Al Pci non doveva essere rinfacciatal’erroneità di un comportamento tattico compromissorio,di aver ceduto qua e là nel suo programma politico purdi raggiungere opportunisticamente un ruolo di realedirigenza all’interno di una fase di lotta che per conte-nuto e finalità non oltrepassava i limiti dell’impostazio-ne che le stesse forze borghesi avevano imposto, maandava denunciato il suo completo, irreversibile tradi-mento di classe, che lo collocava interamente all’inter-no delle istanze contingenti e storiche dell’avversariodi classe.4) Denuncia e critica dovevano uscire dalla loro vesteideologica per assumere, negli avvenimenti che il fineguerra convulsamente proponeva, i caratteri specificidella lotta rivoluzionaria nelle fabbriche, nelle campa-gne, nelle piazze, ed ergersi a punto di riferimentopolitico contro la prassi del Cln e del moto partigiano.Operativamente la battaglia doveva essere combattu-ta su due fronti: su quello fascista perché la disgrega-zione del vecchio Stato arrivasse sino in fondo, e suquello democratico perché sulle macerie del primo nonne sorgesse un secondo, ugualmente borghese edimperialista, ma con un abito nuovo, più consono alleesigenze di ricostruzione capitalistica del dopo-guer-ra.5) Sempre in senso operativo, era necessario che gliinternazionalisti si ponessero nel vivo delle lotte perrendere operativa quella prassi rivoluzionaria che unventennio di scura controrivoluzione aveva reso estra-nea alle masse proletarie, al loro modo di agire.In questo senso va inteso il richiamo alla tradizionepolitica e programmatica della “sinistra italiana” aLivorno e alle “Tesi di Roma”, all’iniziativa del “Comi-tato d’Intesa”, alla riacquisizione dei dettami rivoluzio-nari dei primi due Congressi dell’Internazionale Comu-nista. Il bolscevismo, per arrivare alla vittoria, dovette

passare sul cadavere della Socialdemocrazia; al Par-tito Comunista Internazionalista non restava che per-correre la madesima strada, questa volta contro laneosocialdemocrazia, quella cioè uscita dalle maceriedella Terza Internazionale.Guerra, ruolo della Russia, Pci e moto partigiano eranodunque i nodi da sciogliere perché si potesse speraredi rompere in Italia i primi contrafforti della immensadiga dell’imperialismo internazionale.

Guerra, Russia, Pci e moto partigiano

Si partì dall’analisi:“Nella fase attuale del capitalismo, che è caratterizza-ta da una crescente concentrazione in tutti i rami dellavita economica, fase di grandi blocci economici all’in-terno delle singole economie nazionali, e di economienazionali organizzate esse stesse come grandi bloc-chi, ogni guerra ha caratteri e obiettivi imperialistici,verte cioè intorno alla conquista di mercati, all’occupa-zione di punti nevralgici dell’economia e quindi dellapolitica mondiale, al controllo finanziario e allo sfrutta-mento dei paesi meno evoluti ma ricchi di possibilitàeconomiche e, in una parola, ad una nuova spartizionedel mondo a favore di questa o quella potenza indu-striale.Dominati dalla necessità di espandere continuamentele proprie capacità produttive per non rimanere soffo-cate, e quindi di trovare sempre nuovi sbocchi ai loroprodotti e nuove possibilità di sfruttamento al lorocapitale, le singole economie nazionali entrano in unagara di velocità che, esaurite le possibilità pacifiche diconcorrenza, sbocca fatalmente nell’atto sanguinosodella guerra.Questa non ha dunque origine in contrasti di naturaideologica, a quel modo che si è usi rappresentare ilconflitto come lotta tra civiltà e barbarie, fra libertà eschiavitù, fra giustizia ed arbitrio; anzi, la diversitàdelle ideologie e delle forme politiche è essa stessa ilprodotto di una diversa posizione dei belligeranti nelquadro della economia e della politica mondiale....La guerra è perciò anche la manifestazione supremadi una crisi insolubile della società borghese. Essascoppia quando all’interno dei paesi più direttamenteinteressati al dominio mondiale, e nelle loro relazionireciproche, ogni possibilità di comporre pacificamentela crisi sociale si è esaurita. Allora si pone alla societàcapitalistica il dilemma: guerra o rivoluzione... Ma sedalla guerra deve uscire vincitore, come noi ferma-mente vogliamo, non questo o quel gruppo imperialistama la classe proletaria, questa vittoria sarà realizzatasoltanto da un partito che abbia combattuto controentrambe le parti del capitalismo, la faccia democra-tica e la faccia fascista; da un partito che non si sialasciato sviare dal suo cammino nè dalle sirene che loinvitavano a impugnare il fucile per una più altagiustizia sociale nè da quelle che gli rivolgevano lostesso invito in nome della difesa nazionale e delgoverno popolare.Solo chi non ha ammesso patteggiamenti con laguerra ha diritto di convocare il proletariato a quellalotta che ha nome: trasformazione della guerra impe-rialista in guerra civile”. (16)Ma analisi e demistificazioni della guerra hanno unsenso se corredate sul piano operativo da iniziative

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idonee a legare il quotidiano, l’aspetto tattico contin-gente, alla visione strategica generale attraverso ilcoordinamento politico delle spinte di base, con inizia-tive tempestive ed adeguate alle necessità delmomemto. Non è sufficiente proclamare di esserecontro l’imperialismo, occorre individuare i mezzi ma-teriali e le forme di lotta più idonee allo scontro:“Contro coloro che tentano di incanalare la vostra lottanel fronte di liberazione nazionale fingendo di ignorareche la “patria” del proletariato, quella del lavoro e dellasolidarietà senza frontiere, non ha nulla di comune conla “patria” dei borghesi, voi, operai, rispondete con leparole di Lenin: “la guerra è un inevitabile stadio delcapitalismo, una forma altrettanto normale della vitadel capitalismo quanto la pace”. Il rifiuto di prestare ilservizio militare, gli scioperi contro la guerra e similicose, sono pure stupidità, un pallido e codardo sognodi lotta inerme contro la borghesia armata, un sospirosodesiderio di ottenere l’annientamento del capitalismosenza una disperata guerra civile; oggi, chiusa in sestessa, la lotta per le rivendicazioni economicheimmediate perde significato e valore; a che gioverebbela parziale soddisfazione delle vostre richieste sel’immane massacro continuasse succhiando il vostrosangue e il vostro sudore?L’ora presente impone la formazione di un fronte unicooperaio, l’unione cioè di tutti coloro che non voglionola guerra, sia essa fascista o democratica. Operai ditutte le formazioni politiche proletarie e senza partito,unitevi ai nostri operai, discutete insieme i problemi diclasse al lume degli avvenimenti della guerra e forma-te di comune accordo in ogni fabbrica, in ogni centro,comitati di fronte unico capaci di riportare la lotta delproletariato sul suo vero terreno di classe. Il fronteunico tra operai sarà una realtà viva e operante allasolo condizione che voi, qualunque sia la vostraposizione politica di partito, siate d’accordo sulleseguenti premesse alla guerra:

1) La guerra imperialista è il tentativo più vasto,violento e corruttore condotto contro il proletariato persbarrargli la strada che conduce alla conquista delpotere.

2) Tra i due poli della guerra, il fascista e il democra-tico, il primo sintesi di violenza e il secondo dicorruzione, il proletariato esprime avversione ad en-trambi come ad aspetti appartenenti alla stessa realtàcapitalistica.

3) Nessuno sarà più disposto a fare credito alla ormaivecchia e ridevole storiella della manovra tattica checomporta la lotta al male maggiore (leggi nazi-fasci-smo) per preferire l’alleanza al male minore (leggidittatura democratica).

4) La parola d’ordine della insurrezione armata, cara aiguerriglieri della liberazione nazionale, è soltantoverbosità rivoluzionaria che nasconde il tradimentodella rivoluzione proletaria e mira a creare ai sei partitiuna sufficiente base elettorale per la scalata al poterepolitico.

5) Nella fase attuale della crisi e sotto l’imperversarepiù furioso della guerra, le rivendicazioni di naturasindacale o di contingenza politica, se da un canto

esprimono i bisogni gravi ed urgenti delle masse esono inevitabili, come inevitabile e insopprimibile è ildiritto proletario di valersi dei mezzi che gli sono propriper la difesa dei suoi interessi, dall’altro sarebberopraticamente vane e illusorie se nel proletariato nonesistesse la coscienza che solo l’avversione attiva,classista alla guerra, solo la guerra spietata all’impe-rialismo comunque camuffato, solo la lotta rivoluzio-naria vittoriosa assicureranno il potere al proletariato.

6) E’ necessario distinguere tra lo sciopero, espressio-ne organica della lotta operaia e mezzo normale didifesa della classe, e la scioperomania di coloro cheportano nella direzione del movimento una mentalitàda guerrigliero balcanico e da organizzatore di bandearmate. Ciò serve in definitiva a rendere inefficacel’arma dello sciopero e a screditarlo nella coscienzadelle masse. Solidali perciò con gli scioperi e con ognimanifestazione classista di fabbrica, promotori anzidella loro condotta, gli operai siano soprattutto gliassertori costanti, instancabili, della suprema neces-sità della lotta per il potere da parte del proletariato, nelcui clima storico le lotte contingenti, nella loro stessaparzialità e inutilità, si illuminano e assumono cosìcolore e sostanza di classe.

7) Sulla base di queste premesse gli operai (l’etichettadella loro fede politica non conta) si facciano divulga-tori dell’appello del nostro partito e, dibattute e chiaritee accettate le idee che ne sono la giustificazione, sifacciano essi stessi iniziatori dei primi contatti e deiprimi raggruppamenti organici sui posti di lavoro. Delresto gli operai hanno dimostrato chiaramente di esse-re ormai maestri nell’arte di organizzarsi in barba aipadroni e ai loro servi fascisti.

8) Il fronte unico operaio raggruppa e cementa le forzedestinate a battersi sulle barricate di classe contro laguerra e le sue forze politiche di direzione, tantofasciste quanto democratiche.Suo compito maggiore e più urgente è impedire che glioperai siano appestati dalla propaganda guerraiola; dismascherare gli operai mascherati da rivoluzionari, edevitare che lo spirito di lotta e di sacrificio che animail proletariato sia comunque sfruttato ai fini della guerrae della sua continuazione, sia pure sotto la bandieradella libertà democratica”. (17)

Ma denunciare la guerra e le sue maschere, toglierecioè alla barbarie imperialista i suoi orpelli giustificatori,significava anche presentare al proletariato i soggettiattivi di questo processo. Dato per scontato il giudizionei confronti dei paesi “alleati” e del nazi-fascismo,rimaneva da sciogliere il ruolo della Russia. Quellostesso Stato che per primo e unico nella storia dellalotta di classe era riuscito a dare nei fatti, oltre chenelle elaborazioni teoriche, una risposta rivoluzionariaalla guerra imperialista, poteva ancora essere consi-derato come punto di riferimento di una ripresa dellalotta rivoluzionaria internazionale, un modello da se-guire ciecamente o criticamente nello sviluppo dellarivoluzione europea; uno stato socialista degenerato,oppure la sua compartecipazione alla seconda carne-ficina mondiale, sulla base della difesa dei principidemocratici, era la riprova del definitivo fallimentodella Rivoluzione d’Ottobre, sostituita nelle forme

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economiche e nel contenuto politico dallo sviluppodelle strutture portanti del capitalismo di stato contutte le conseguenze del caso nei suoi rapporti con laguerra?

“La bolscevizzazione del partito russo e dell’Interna-zionale, la liquidazione cioè dei quadri direttivi espres-si dal proletariato e la loro sostituzione con i servisciocchi dell’opportunismo; l’ineguaglianza dei salari,che doveva ripristinare le differenze sociali; il ruoloassunto dalla burocrazia di stato e di partito, dallaclasse dei tecnici usciti dal travaglio della industrializ-zazione forzata, e dalla chiesa come forze direttive epreminenti dello Stato in luogo della dittatura delproletariato; i piani quinquennali per lo sfruttamentointensivo degli operai ridivenuti classe soggetta, sonogli aspetti esteriori dell’affermarsi di interessi non piùcoincidenti con quelli del proletariato; la messa inesecuzione,data l’imminenza della guerra, di un pianoeconomico e politico senza precedenti per grandiositàd’intenti e di realizzazioni, reso possibile dalla partico-lare organizzazione sociale sovietica, la più adatta adinterpretare e ad esprimere nella sua ideologia e nellasua struttura di capitalismo di stato la fase estremadell’imperialismo. A questo punto gli affossatori dellarivoluzione hanno ritenuto opportuno dimostrare allaborghesia internazionale la realtà e concretezza delnuovo indirizzo della politica russa, sacrificando sul-l’altare della concordia democratica gli uomini dellavecchia guardia, gli artefici incorrotti della Rivoluzioned’Ottobre.Questa è la Russia cara al cuore di Roosvelt, Churchille di tutto il radicalismo internazionale, ma non lanostra”. (18)

Il diverso ruolo giocato dalla Russia nel secondoconflitto mondiale rispetto a quello rivoluzionario dellaprima non poteva che coinvolgere i partiti centristi, leloro appendici di sinistra. Attaccare la Russia, mostra-re come la sua economia non potesse essere contrab-bandata come socialista, significava anche additare alproletariato che, al di là dei camuffamenti più o menoriusciti, il partito di Togliatti agiva da contenitore dellarabbia operaia, da ultimo baluardo difensivo del capi-talismo. Così, mentre il Pci dal seno del Cnl dava ordinid’attacco alle forze partigiane: “La grande battaglia perla liberazione dell’Europa è incominciata. Gli esercitianglo-americani avanzano in Toscana e sbarcano, acentinaia di migliaia di uomini, in Francia. L’esercitosovietico, che ha già battuto in cento battaglie itedeschi, sta per scatenare la sua ultima travolgenteoffensiva. E’ giunta l’ora dell’attacco generale per tuttele formazioni partigiane, per tutti i patrioti, per tutti gliitaliani” (19), il Partito Comunista Internazionalistarispondeva:“Di fronte a questa politica la nostra posizione è chiara.Il partigianesimo a sfondo nazionale anti-tedesco èun’arma di cui la borghesia si serve per accecarel’operaio, per distoglierlo dal suo terreno specifico dilotta, per fecondare con il suo sangue un nuovorisveglio dell’agonizzante regime capitalista. Fra dueimperialismi che si combattono nel nostro paese e dicui uno gli promette una libertà illusoria e l’altro lo invitaa vendicare l’onore macchiato, non vi è per noi interes-se di scelta. Non vogliamo combattere contro il tede-sco perché l’imperialismo anglo-sassone vinca, vo-

gliamo combattere perché siano distrutte una volta persempre le radici di qualunque imperialismo. Non vo-gliamo combattere contro la guerra nazista per legitti-mare la guerra democratica sotto qualsiasi veste sinasconda. Non vogliamo che il proletariato si dissan-gui per amore di una patria borghese: vogliamo chelotti per la sola causa che gli interessi, la conquista delpotere. Alla parola d’ordine “nazione contro nazione”noi sostituiamo la parola d’ordine “classe contro clas-se”, e al moto delle bande partigiane anti-tedeschel’armamento del proletariato per il raggiungimento deisuoi compiti storici”. (20)

Il partito di Togliatti, e non poteva essere diversamen-te, nei confronti di chi, perseguendo una linea rivolu-zionaria, tentava di staccare le masse lavoratricidall’inganno nazional-borghese mettendo a nudo il suotradimento, usò la mano pesante. La cosa non eranuova. Le prove generali erano già state fatte inSpagna. Più di allora, anche perché in questo caso eramessa in discussione la sua ambizione di potere, il Pciusò nei confronti degli Internazionalisti ogni arma,anche la più carognesca pur di scongiurare ognipericolo di travalicamento della sua politica frontista.Provocazione,delazione alla stessa polizia fascista,eliminazione fisica erano i modi usuali dei “gendarmidella democrazia”. (21) Quando questi mezzi risulta-vano impraticabili o di difficile realizzazione, si incari-cava la stampa di denunciare e denigrare i rivoluzionaridefinendoli venduti al fascismo e fiancheggiatori delnazismo:questi uomini vanno trattati “come spie e traditori,come agenti della Gestapo e la loro stampa va boicot-tata e bruciata”. (22) Paradossalmente i servizi segretidel Regime che tenevano accuratamente aggiornatala lista dei partiti e delle organizzazioni anti-fasciste,in un rapporto della fine del 1943 così codificavano ilPartito Comunista Internazionalista ed il suo organo distampa clandestino Prometeo: “Prometeo - Organodel Partito Comunista Internazionalista. Già segnalatonei due precedenti rapporti. Reca in sopratitolo: Sullavia della sinistra, e nell’angolo di destra: Proletari ditutti i paesi unitevi!Bandisce un comunismo puro, leninista e trotzkista,anti-staliniano. Avverso alla guerra sotto qualsiasiaspetto (capitalista o democratica, fascista o sovieti-co-staliniana che sia). Pertanto in lotta aperta anchecon la coalizione anti-fascista, alleata degli anglo-sassoni. Avverso al fenomeno partigiano e agli scio-peri inconsulti.Nemico deciso e dottrinariamente ferrato del Partitocomunista di Ercoli.Come già fu detto, è il più indipendente dei giornali sinqui pervenuti nelle nostre mani, e non manca di destarsorpresa in chi lo legge. Autentico, tuttavia, nonostan-te le accuse dei fogli ispirati da Togliatti.(...) Sarebbe interessante sapere quale seguito effet-tivo abbia il movimento di Prometeo. E’ da ritenere chesia scarso, per la sua posizione intransigente, troppoin contrasto col dilagante opportunismo delle masseantifasciste, frutto della viltà morale e fisica di cui gliavvenimenti del luglio e del settembre non furono chele manifestazioni più appariscenti. Comunque sembraaccertata la buona fede di questo foglio estremista,l’unico senza dubbio degno di qualche considerazionenel turpe coro del sovversivismo”. (23)

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Ma il Pci ormai era lanciato. Nella sua forsennatacorsa alla gestione del potere borghese, una voltadebellato lo spauracchio fascista, due rimanevano gliostacoli da superare: limare le residue perplessitàriguardo la sua politica pro-capitalistica con quellefrange operaie che amaramente deglutivano il calicedel tradimento, e screditare le minoranze rivoluziona-rie tacciandole di fascismo. Nel primo caso riemergevala solita spudorata menzogna dell’interclassismo, fat-ta passare come “illuminata” capacità tattica: “In unariunione di quadri tenutasi a Milano, è stato detto chenoi vogliamo lavorare con gli operai e anche con icapitalisti onesti; questo ha originato un subbuglio didiscussioni da parte dei compagni, che non sapevanospiegarsi come si può parlare di capitalisti onesti. Masi tratta di agitare un determinato programma politico-economico e che i capitalisti lo accettino. Ora noipensiamo possano accettare il nostro programma,che è un programma di democrazia e di ricostruzione,e lavorare onestamente per la sua realizzazione. Noivogliamo mettere in evidenza quei capitalisti chefanno di tutto per opporsi alla marcia verso la democra-zia, e vogliamo mobilitare le masse contro di loro. E’dunque evidente che noi siamo pronti a marciared’accordo con le masse lavoratrici. Se noi non ponia-mo il problema della conquista del potere, è chiaro chetutte le officine e le industrie restano ai capitalisti e,pertanto, già per forza di cose, lasciamo sussisterequesta classe. Il problema e le discussioni si devonoallora porre su un altro terreno. Da noi, purtroppo, ilsettore capitalistico sarà ancora quello che dominerà.Ma sarà interesse di tutti di seguire onestamente lamarcia delle classi lavoratrici per la ricostruzionenaziomale, nel senso che le classi lavoratrici, per laloro attività, sono quelle che realizzano più conse-guentemente la politica di ricostruzione. Così, noivediamo che, in fondo chi dirige realmente è la classelavoratrice”. (24)

In altri termini, si tentava di convincere gli operai chesarebbe stato possibile creare le condizioni favorevoliper un nuovo ciclo di accumulazione capitalistico afianco, ovviamente, della borghesia nazionale “buo-na”, e in cui la classe operaia avrebbe assunto un ruolodeterminante, dimenticandosi di aggiungere che inregime capitalistico la forza-lavoro può solo essereoggetto e non soggetto dello sviluppo economico.Parallelamente, si tacciava di fascismo un program-ma politico come quello del Partito ComunistaInternazionalista, che fondava la sua ragione prima divita politica sulla inconciliabilità degli interessi diclasse e sulla imprescindibile necessità di autonomiadella classe operaia soprattutto nei confronti del pro-prio avversario di classe. Turlupinare la buona fededella classe operaia, imponendole di dichiararsi dispo-nibile al rilancio della economia nazionale, eraprogressismo; un programma rivoluzionario come quelloindicato dagli Internazionalisti, veniva tacciato di fa-scismo.

Pci a parte,cioè la grande forza della neo-socialdemo-crazia italiana ed europea, in proposito va ricordatoche il fenomeno del partigianesimo non fu una prero-gativa della borghesia italiana, ma che sotto altre vestie con accenti politici più o meno radicali, attecchì in

tutta l’Europa “Hitlerizzata”, dalla Francia di De Gaulleai futuri paesi dell’est, ed ebbe nel ritardo delle forzerivoluzionarie la sua arma migliore. Solo in Italia lasinistra comunista, con la costituzione del PartitoComunista Internazionalista, tentò di riorganizzare lefila nel bel mezzo di una confusione politico-ideologicaanche e soprattutto nell’area, tanto eterogenea quantospontanea, del dissenso tra quelle forze o iniziativeche cercavano in qualche modo di prendere le distan-ze dalla prassi politica del partito centrista.

Fabio Damen

(da Frazione e partito nel corso della Seconda guerramondiale in Prometeo n. 4 - Serie IV - dicembre 1980)

NOTE(1) Solo in Piemonte si ebbero 107 scioperi con lapartecipazione di 94.453 operai. Negli altri centri indu-strializzati si mossero non meno di 100 mila metallur-gici, 27 mila fra tessili, chimici e manifatturieri.(2) Dopo l’8 settembre, sul territorio nazionale, con-centrate soprattutto al nord furono abbandonate senzadirettive 13 divisioni di cui due motorizzate. La stessasorte toccò alle divisioni in fase di “occupazione” inFrancia e in Russia.(3) Il Partito Comunista Internazionalista andava orga-nizzandosi in quei momenti cruciali attraverso il diffi-cilissimo lavoro di ricucitura di vecchi quadri e di nuovielementi, ma non poteva assolvere organizzativamentedall’oggi al domani all’immane compito rivoluzionarioper il quale, tuttavia, era sorto.(4) Togliatti rientrò in Italia dalla Russia il 27 marzo1944 con l’investitura ufficiale del Kremlino quale“capo” del Pci.(5) La riunione, la prima di una certa rilevanza dopo levicende dell’8 settembre, fu tenuta a Napoli, il 30-31marzo 1944.(6) Tratto da Il Partito di P.Togliatti.(7) Istruzioni che Togliatti, a nome della Direzione delPci, inviò a tutta l’organizzazione il 6 giugno 1944.(8) E’ interessante notare come, in altre situazioniambientali ma nel cuore della medesima guerraimperialista, l’esperienza maoista muovesse dai me-desimi presupposti tattico-strategici. Fronte unito,coalizione delle quattro classi rivoluzionarie, lotta perl’indipendenza nazionale, dittatura del proletariatosostituita dalla “nuova democrazia”. Al riguardo vede-re Prometeo n. 24/25 - 1975.(9) Dall’Unità del 1944 citata in: A.Lepre, La svolta diSalerno, e riportata nell’opera di Montaldi: Saggio sullapolitica comunista in Italia (1919-1970).(10) Normalizzare la vita nelle fabbriche - 2 luglio 1945.(11) Dalla risoluzione della Direzione del Pci del 10luglio 1945.(12) Comunicato della Direzione del Pci alle Federa-zioni comuniste provinciali. Citato nell’opera di Montaldi:Saggio sulla politica comunista in Italia.(13) Rinascita n. 1 - 1944.(14) Ai riguardi vedere le posizioni di Lenin sia nelleLettere da lontano che nelle Tesi di Aprile.(15) La Terza Internazionale si scioglie ufficialmente aMosca il 24 maggio 1943.(16) Da Prometeo clandestino, 1/12/1943.(17) Dal volantino: Appello del Partito ComunistaInternazionalista per la costituzione del Fronte UnitoProletario contro la guerra - 1944.

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(18) Da Prometeo clandestino: La Russia che amiamoe difendiamo.(19) Dall’Ordine del giorno n. 8 del Comando deidistaccamenti e delle Brigate d’assalto Garibaldi del10/6/1944.(20) Da Prometeo clandestino dell’1/11/1943.(21) Tra le vittime internazionaliste dello Stalinismovanno ricordate le figure di due militanti rivoluzionari:Mario Acquaviva e Fausto Atti, presenti nel PartitoComunista Internazionalista sin dal momento dellasua fondazione.(22) Tratto da La Fabbrica, organo della Federazionemilanese del Pci, del 1/1/1944.(23) I rapporti a Mussolini sulla stampa clandestina,1943-1945 a cura di E.Camurani - Forni Editore.(24) Rapporto di Longo alla riunione dei segretarifederali dell’Alta Italia, 28 agosto 1945. Già citato in:Montaldi, Saggio sulla politica comunista in Italia.

La fondazione, l'organizzazione el'attività del partito

comunista internazionalista

la Sinistra Comunista, concluso il suo ciclo di frazioneallo scoppio del conflitto, si costituisse durante il suocorso in Partito esprimendo nella continuità delle sueposizioni la risposta di una sia pur esile avanguardiarivoluzionaria alla guerra e il permanere di una fratturadi classe nel cuore stesso della evoluzione capitalisti-ca. Solo in virtù del suo allacciamento ad una continui-tà di posizioni critiche e di battaglia assunte nelperiodo decisivo della degenerazione della Internazio-nale Comunista e della preparazione della guerra, ilPartito Comunista Internazionalista poté denunciaresenza esitazioni nella economia di guerra e nel conflit-to medesimo il portato della crisi del capitalismodecadente; rifiutarsi di aderire alla campagna ideologi-ca che, da una parte e dall’altra, tendeva a rappresen-tare il secondo massacro mondiale come un urto diideologie o addirittura di classi ed a far coincidere lavittoria di uno dei due contendenti con gli interessiimmediati e finali del proletariato; denunciare nelpartigianesimo una delle più sottili e rovinose manovreper aggiogare il proletariato alla guerra impedendogli diporre contro di essa il suo problema di classe" Solol’impiego intransigente del metodo marxista poté per-mettere al Partito, spazzando la cortina fumogenadell’antifascismo, di indicare nella democrazia, neisuoi partiti e nell’America le forze egemoniche delconflitto, quelle che avrebbero dominato con la loropotenza la scena politica, economica, sociale deldopoguerra, e prevedere il sempre più stretto inquadra-mento della Russia nel fronte internazionale capitali-stico.

La sinistra italiana di fronte alla guerra

"La seconda guerra mondiale, estremo episodio dellacrisi capitalistica maturata nel terzo decennio delsecolo e del corrispondente sviluppo dei contrastiinterni della società borghese, trova la sua premessapolitica, coerentemente alla evoluzione storica piùsopra delineata, nella organica convergenza delle dueforme di difesa di classe espresse dalla democrazia edal fascismo e nell’essenziale apporto dato alla mobi-litazione della classe operaia dalla politica dell’UnioneSovietica e dal nazionalcomunismo. E poiché la man-cata risposta rivoluzionaria alla soluzione capitalisticadel conflitto si tradusse di fatto nella mobilitazionepressoché integrale della classe lavoratrice sotto lafalsa bandiera della “crociata democratica”, la forzadominante della guerra (ai fini della difesa più salda econseguente degli interessi di classe della borghesiae dell’inquadramento del proletariato nel meccanismodell’economia bellica) doveva fatalmente essere nonil fascismo, ma la costellazione dei partiti della demo-crazia ed in particolare i partiti dell’opportunismooperaio.Questa diagnosi poteva essere fatta, nel corso delconflitto, solo da una forza di classe che, in tutto ilperiodo precedente, avesse marxisticamente analiz-zato e denunciato le evoluzioni della politica dellademocrazia e del fascismo e la radicale trasformazio-ne subita dal regime sovietico, e fosse rimasta nonsolo estranea ma decisamente avversa ai blocchi, aifronti unici e a tutti i compromessi di cui quel periodofu costellato. Era perciò nella dialettica della storia che

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E questa diagnosi, che la Sinistra compì sola in Italiae pressoché sola all’estero, differenziandosi nel modopiù netto da qualsiasi corrente intermedia (anarchi-smo, trotzkismo e formazioni politiche minori), fuaccompagnata da una azione pratica conseguente eda una incessante propaganda per lo schieramento deiproletari non sul fronte della guerra fascista o demo-cratica, ma su quello del sabotaggio di entrambe, delladiserzione dei campi di battaglia, della preparazionedei quadri politici per la trasformazione della guerraimperialistica in guerra civile, e contro l’inganno dellaguerra democratica e di liberazione nazionale. Taleazione pratica poté, per le particolari condizioni stori-che dell’Italia e per la più accentuata tensione deicontrasti di classe, irradiarsi in una cerchia non indif-ferente di proletari, in particolare nelle fabbriche. Ma ilcontrollo capitalistico della situazione internazionaleera così saldo, la sua capacità di manovra cosìsicuramente garantita dalla strapotenza economicadegli Stati Uniti, dall’inserimento della Russia nelquadro mondiale borghese e dalla sua gigantescapresa sulle masse, che le sorti del conflitto eranoirrimediabilmente segnate. La sua fine non poteva checoncludersi, in tutti i paesi vinti, nel pacifico trapassodalla forma fascista di dominio a quella democratica,i cui organismi si erano del resto già pienamentecostituiti nel corso della guerra. Il Partito non si fece néalimentò illusioni in questo senso, previde alla fine delconflitto l’aprirsi di una situazione storica apertamentereazionaria, e si preparò a dire in essa la sua dura ecoraggiosa parola così come aveva saputo dirla con-tro tutto e contro tutti in piena guerra mondiale."(Relazione del Ce per il Congresso nazionale delpartito, dicembre 1947)

I primi contatti nel Nord Italia

La presenza di piccoli gruppi di compagni, richiamantisialla continuità storica delle posizioni teoriche e politi-che della Sinistra Italiana fino allo scoppio dellaseconda guerra mondiale, è segnalata in Italia già dallaprima metà del 1942. Operanti nella parte settentriona-le della penisola, in Lombardia e in Piemonte, questiprimi militanti internazionalisti facevano riferimentopolitico e organizzativo attorno ai compagni OnoratoDamen e Bruno Maffi, con centro principale a Cantù,nella abitazione dello stesso Damen, e quindi a Mila-no.Fu questo un periodo di incubazione del Partito,protrattosi fino al 25 luglio del 1943, e durante il qualesi fissarono le linee principali della valutazione teoricae della condotta politica che avrebbero caratterizzatola vita del Partito. Si trattava, innanzitutto, di “sman-tellare la impalcatura propagandistica della guerracome crociata ideologica; denunciare l’avvenuta de-generazione dello Stato operaio russo e della TerzaInternazionale; rispondere a questi fatti capitali dellastoria contemporanea con la riaffermazione della ne-cessità di un Partito di classe, nascente sulle basiteoriche che avevano presieduto all’inesorabile tagliodi Livorno-1921". (Dal Rapporto politico-organizzativoal Convegno di Torino, 1945).“Quando, nel 1942, si operò al Nord per riannodare lefila del movimento rivoluzionario, sia in Italia che nel

resto d’Europa si assisteva per la prima volta, dopoanni di immobilismo, ad una intesa ripresa della lottadi classe.A parte gli scioperi alla Fiat dell’ottobre del ’42, e lemassicce manifestazioni operaie del ’43 contro laguerra e del sempre crescente fenomeno della diser-zione, vanno aggiunti gli scioperi del gennaio del ’44 aMilano e Torino, l’imponente manifestazione (scioperogenerale) dei minatori in Belgio, degli operai tessili diManchester, di quelli addetti alla produzione bellicanell’aeronautica di Country e di manifestazioni analo-ghe nel Nord della Francia, a Lione e Tolone. Nellastessa Germania si dovettero organizzare delle squa-dre di SS per scovare i disertori che si rifugiavano neiquartieri popolari diroccati dai bombardamenti.Se il partito nacque solo nel ’42 e non prima, non fudovuto a tentennamenti o a carenze di chiarezzapolitica, ma soltanto al fatto che i compagni cheoperavano in questa direttiva erano, sino al giornoprima, ospiti delle galere fasciste e fu uno sforzo nonindifferente operare i primi contatti nella più assolutaclandestinità, chiusi nella morsa della polizia fascistae delle provocatorie denunce e minacce del partito diTogliatti.” (Dalla Introduzione ai Resoconti del Conve-gno di Torino -1945 e del Congresso di Firenze -1948).

Gli scioperi del Marzo 1943

Il 5 marzo 1943, all’officina 19 della Fiat-Mirafiori diTorino, gli operai incrociano le braccia e danno il via auna serie di improvvise fermate del lavoro, che inve-stiranno via via le altre fabbriche della città.Microtecnica, Fiat Grandi Motori e Lingotto, Savigliano,Riv Westinghouse e altre. Nei giorni successivi, nono-stante centinaia di arresti fra gli operai, quasi tutti glistabilimenti del capoluogo piemontese risultano bloc-cati dagli scioperi che si allargano ormai anche inprovincia.Gli operai sono esasperati da una situazione economi-ca e sociale sempre più insopportabile, sia per i disagie le sofferenze provocate dal prolungarsi della guerrae della dittatura fascista e sia per il supersfruttamentoa cui sono sottoposti nelle fabbriche in cambio di salarida fame. L’agitazione si pone come suo obiettivo ilpagamento a tutti i lavoratori di una indennità disfollamento pari a 192 ore; il caroviveri; l’aumentodelle razioni alimentari; la liberazione dei compagniarrestati e il diritto di avere una “vera rappresentanzadi fabbrica”. Sono queste le richieste avanzate in unmanifesto del 14 marzo, firmato da Il Comitato opera-io .Gli operai comunisti sono molto attivi, e in questa faseil Pci si sforza di tessere una propria rete organizzativaclandestina, e di reclutare quanti più elementi possibilie quindi politicamente controllabili nella prospettivadella caduta del fascismo e del passaggio a un regimedemocratico. Opera non facile per i dirigenti nazional-comunisti, soprattutto a causa di quello che vieneripetutamente denunciato come un eccessivo “spiritodi settarismo” presente sia nei più vecchi militanti chefra le più giovani leve.Per il momento, i maggiori responsabili del Pci prefe-riscono tatticamente non imprimere alcuna motivazio-ne politica agli scioperi, e si preoccupano solo di unariuscita delle agitazioni attorno a parole d’ordine esclu-

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sivamente economiche. Regola che varrà anche pergli scioperi a Milano dal 23 al 28 marzo, quandoscendono in lotta i lavoratori della Breda, Magnaghi,Falk, Pirelli-Bicocca, Ercole Marelli, Borletti, Olap,Face-Bovisa (al canto di Bandiera Rossa gli operaireagiscono ai carabinieri), Caproni, ecc.Tutto l’apparato nazional-comunista si sta impegnan-do nell’incanalare la protesta operaia verso un movi-mento unitario interclassista; un Fronte nazionale nelquale possano trovare posto, accanto al Psi e alPartito d’Azione, anche le correnti monarchicheantifasciste e gli stessi oppositori interni al regime.Una linea politica che doveva fra l’altro rassicurare glialleati anglo-americani di Stalin, messi in allarme dagli“scioperi e tumulti dell’Italia settentrionale”, e diffiden-ti, assieme alla borghesia italiana, sulle reali intenzionidel Pci e della politica russa verso l’Italia. E da RadioMosca, Mario Correnti (Togliatti) nei suoi Discorsi agliitaliani tace in pratica sugli scioperi di marzo e si limitaa propagandare la nascita di un movimento popolareantifascista per la pace, capace di trascinare con sé,in un “vasto Fronte nazionale”, la classe dirigente,l’esercito, la grande borghesia e i circoli monarchici.Dopo i tracolli subiti nel corso delle varie svoltepolitiche e tattiche imposte da Mosca e dalla segrete-ria di Togliatti, l’organizzazione nazional-comunistastava riorganizzando in Italia il proprio gruppo dirigentesecondo una precisa direttiva: evitare violenti contra-sti sociali e tendenze rivoluzionarie nella classe ope-raia; condurre una politica moderata e di conciliazionenazionale, animata dalla collaborazione stretta con leforze militari anglo-americane, e impegnata nella guer-ra ai tedeschi come un alleggerimento verso il fronterusso.Dopo aver espulso dalle proprie file ogni possibileopposizione di sinistra con una spietata caccia ai“banditi” trotzkisti-bordighisti, il Pci ha iniziato datempo una sua opera di penetrazione e di reclutamentodi nuovi quadri ideologici e politici nell’ambiente uni-versitario dei Littoriali fascisti, specie negli anni 1937-38.Approfittando delle dissidenze al fascismo e degliorientamenti liberal-democratici che qua e là si svilup-pavano nella atmosfera goliardica di quelle “gareculturali” imposte dal regime, vengono stabiliti deicontatti clandestini con i giovani Amendola, Pintor,Trombadori, De Grada, Guttuso, L. Lombardo Radice,Alicata, Ingrao e altri, che affluiranno tutti nel nuovocentro dirigente picista.Ma oltre alle nuove e future rappresentanze dellostalinismo nella sua versione italiana, e alle quali lapatriottica cultura borghese ha dedicato in seguito lericonoscenti onoranze celebrative, anche la SinistraComunista si stava muovendo dalle carceri fasciste,dai luoghi di confino e dalla più assoluta clandestinità.I primi gruppi internazionalisti, già in formazione agliinizi del 1942, stabilivano i loro difficili contatti, strettinella morsa della polizia fascista e delle provocazionie denunce del partito di Togliatti. Sarà così possibile,fin dalle agitazioni del marzo ’43, assicurare unapresenza, pur se debole, degli internazionalisti aTorino e provincia (un centinaio di compagni) e aMilano, che fin da allora si poteva ritenere il centro delPartito comunista internazionalista in formazione. Te-stimonianze più “ufficiali” segnaleranno in seguito laattiva partecipazione dei militanti della Sinistra Italia-

na nelle lotte operaie del triangolo industriale al NordItalia: “Gli internazionalisti sono relativamente forti adAsti, e si mostrano attivi negli scioperi del marzo ’43.(G. Vaccarino, Aspetti della Resistenza in Italia). “NelCasalese scioperano le maestranze del cementificiodi Morano sul Po e di Ozzano Monferrato dell’UnioneCementi Marchino. Particolarmente vivaci nella zonapiccoli gruppi di comunisti internazionalisti, capeggiatida Mario Acquaviva”. (G. Pansa, Guerra partigiana traGenova e il Po). Impiegato nella ditta Tazzetti diCasale, dove gli internazionalisti saranno in maggio-ranza nella Commissione Interna, il nostro stimatodirigente sarà trucidato dagli sgherri di Togliatti nelluglio del 1945.Va ricordato che già nel gennaio del ’43 gli operai dellaWaj Assauto di Asti avevano improvvisato per tre oreuna manifestazione di protesta davanti ai sindacatifascisti, e il 10 marzo avevano bloccato la fabbrica. Il9 marzo erano entrati in sciopero i lavoratori dellaFerriera Ercoli; seguivano gli stabilimenti meccaniciCendola e Tribulzio, la Miana, le Vetrerie e le lavoratricidella Saffa. Furono denunciati al Tribunale militare 9operai e 12 operaie.I segnali di una ripresa della lotta di classe si erano fattidunque evidenti agli inizi del 1943, dopo due decennidi feroce reazione borghese e di incontrastato dominiodel fascismo. Cominciava la ricostruzione del pro-gramma rivoluzionario per il comunismo e del partitointernazionalista del proletariato.

I 45 giorni del governo Badoglio

Il crollo delle sovrastrutture fasciste dello Stato bor-ghese, il 25 luglio del 1943, fu la conseguenza direttadelle disfatte subite in campo militare e di una situazio-ne sociale che vedeva pericolosamente aumentare lapressione delle proteste di classe.La posizione degli internazionalisti è, di fronte agliavvenimenti, chiara e precisa, come appare da unvolantino dell’agosto 1943 lanciato a Torino:“La borghesia, la monarchia, la Chiesa - creatori esostenitori del fascismo che buttano oggi Mussolini inpasto al popolo per evitare di essere travolti con lui, eche assumo vesti democratiche e popolaresche perpoter continuare lo sfruttamento e l’oppressione delleclassi lavoratrici, non hanno nessun diritto di dire unaparola nella crisi attuale. Questo diritto spetta esclusi-vamente alla classe operaia, ai contadini e ai soldati,eterne vittime della piovra imperialista”.E il primo numero di Prometeo clandestino (novembre1943) così inquadra la situazione:“La crisi scoppiata fulminea sulla scena politica italia-na dopo vent’anni di regime fascista, ha posto in lucela gravità del malessere sociale che investiva ormai inpieno non solo la responsabilità di questo o quell’uomopolitico, questo o quell’organismo, ma il sistema interonella sua classe dirigente, nelle sue istituzioni e nellasua struttura economica e politica”.Dopo i grandi scioperi spontanei del marzo 1943, nellaseconda metà di agosto si assiste a un’altra vastaondata di proteste nelle fabbriche del Nord. Già nelleultime giornate di luglio e nella prima settimana diagosto si sono contati ufficialmente quasi un centinaiodi morti nelle violente repressioni poliziesche contro glioperai in sciopero e i manifestanti; quasi 300 i feriti e

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un migliaio gli arresti. Accettando l’invito del governoBadoglio, nazional-comunisti, socialisti e cattolici rior-ganizzano dall’alto la Confederazione del Lavoro fa-scista, epurandone i dirigenti ma sfruttando il potentemeccanismo di controllo delle relazioni industrialiinstaurato dal fascismo stesso.Quando la tendenza delle lotte operaie va verso ilsuperamento di obiettivi puramente economici eaziendali, e mentre l’apparato statale interviene con uncontrollo burocratico delle prime Commissioni Internespontaneamente ricreatesi, gli internazionalisti fannopropaganda per la cessazione immediata della guerrae lanciano la parola d’ordine della creazione e genera-lizzazione dei Consigli di Fabbrica. Dal canto loro, isocialisti con Buozzi e gli stalinisti con Roveda,entrambi nominati da Badoglio a dirigere gli ex-sinda-cati fascisti, “collaborano democraticamente” dopoche il governo - in perfetta continuità col precedenteregime e nonostante lo scioglimento del partito fasci-sta - ha dato ampia dimostrazione delle proprie capa-cità di repressione “in casi di aperta ribellione ai potericostituiti”.In seguito il Pci farà proprie le spontanee richiesteoperaie per la ricostruzione delle Commissioni Interne(in alcune fabbriche si chiedevano Consigli Operai eSoviet italiani) con la preoccupazione di mantenerlenei limiti di un ruolo esclusivamente sindacale, oltreche legalitario.La pressione delle masse popolari per la fine dellaguerra, e le tendenze spontanee in senso “estremista”che si manifestavano nelle fabbriche durante i 45giorni del governo Badoglio, si scontrano con la lineapolitica moderata del Pci. Il suo centro dirigente, dopoaver circoscritto e disciplinato formalmente laricostituzione delle Commissioni Interne imposte dailavoratori, fa proprio l’armistizio dell’8 settembre perdare il via ad una mobilitazione nazionale control’esercito dell’invasore tedesco. Il costituito Comitatodi Liberazione, il 9 settembre chiama “gli italiani allalotta e alla resistenza per conquistare all’Italia il postoche le compete nel consesso delle libere nazioni”. Peril Pci e per gli alleati antifascisti - preoccupati di“salvare l’onore italiano” - la guerra continua: “Oggi, peri figli d’Italia, c’è un solo fronte: quello contro i tedeschie la quinta colonna fascista. Alle armi!”...

“La borghesia italiana, avventuratasi imprudentemen-te in un conflitto intercontinentale di gigantescheproporzioni, vistasi militarmente perduta, timorosa diun vigoroso risveglio della lotta di classe, fu costrettaad abbandonare la camicia nera ormai lacera edinservibile per un estremo tentativo di salvezza. Conl’armistizio dell’8 settembre ’43, grazie ad un rapido e“machiavellico” voltafaccia, il nostro capitalismo ope-rava l’ultimo tentativo di salvaguardare (almeno inparte) i suoi interessi sul piano della contesa tra statiborghesi, schierandosi in cobelligeranza col bloccodei vincitori. Né questo basta. I circoli capitalisti efinanziari italiani compresero perfettamente che sol-tanto spalleggiati e protetti dagli imperialismi trionfantiavrebbero potuto validamente resistere agli eventualimoti rivoluzionari, sia con la forza, sia polarizzando ilmalcontento della classe verso l’occupante tedesco ele residue organizzazioni fasciste e promuovendo unasedicente lotta di liberazione, durante la quale fu peressi assai facile rifarsi una verginità “democratica”

dopo il più che ventennale connubio con i totalitarismi.Il proletariato, cui difettava una coscienza politica-mente avvertita, non comprese la manovra borghesee l’intrigo che il capitalismo ordiva ai suoi dannigettandolo nella lotta per la “liberazione”. Ilpartigianesimo proletario deve essere consideratocome il tentativo istintivo e confuso dei lavoratori ditornare sul terreno di una conseguente lotta di classeattraverso una manifestazione di forze rivoluzionarietendenti a schiacciare il nemico borghese.Tali conati generosi, dettati anche dalle precarie con-dizioni di vita della classe, non erano il risultato di unaapprofondita e realistica analisi della situazione stori-ca nazionale e internazionale, analisi che condusseroa termine solo sparuti gruppi di marxisti rivoluzionaridistaccati generalmente dalle grandi masse causa laprofonda crisi politica della III° Internazionale e lastagnante situazione reazionaria che solo allora anda-va lentissimamente evolvendosi. Il partigianesimo fucosì sfruttato e potenziato dalla classe dominanteoffrendo ai lavoratori un motivo plausibile per dimenti-care nell’ubriacatura della “Unione Sovietica” la viamaestra della conquista del potere, per fraternizzarecol nemico di classe, per spianare la strada con laricostruzione di un nuovo stato borghese e per lavittoria di un imperialismo sull’altro. Nonostante le suemanovre e gli sforzi propagandistici, il capitalismo nonavrebbe avuto la possibilità di salvarsi e consolidarsise gli fosse mancato l’appoggio entusiasta e incondi-zionato dei partiti dell’opportunismo e del tradimento”.(Da Il proletariato e la seconda guerra mondiale inBattaglia comunista novembre 1947)

Le prime commissioni interne

Pochi mesi dopo, e ancora sulla questione delleCommissioni Interne, il Comitato Centrale del costitu-ito Partito Comunista Internazionalista così si espri-meva (dal n. 3 di Prometeo, gennaio 1944):“Il C.C., esaminata la situazione di carattere sindacalee in particolare il problema relativo alla nomina delleCommissioni Interne di fabbrica, riafferma che per ilpartito, che esprime gli interessi di classe del proleta-riato, non esiste un problema sindacale a sé stanteavulso dagli interessi e dall’attività politica della clas-se operaia; riconosce nelle Commissioni Interne unorgano di classe che esprime gli interessi e la volontàdelle maestranze alla sola condizione che sia loroconcesso di vivere e di operare in senso strettamenteclassista; ritiene che nella situazione attuale, la libertàdi elezione di questi organismi è resa illusoria dalmancato riconoscimento della libertà di discussione epropaganda da parte dei diversi partiti politici e che,d’altra parte, le Commissioni Interne, una volta elette,non sono messe in condizione di poter svolgereattività classista, perché inserite in sindacati autoritariche vivono al di fuori e contro la volontà operaia;delibera di impartire ai compagni operai istruzioniperché, nel periodo preparatorio della votazione, svol-ga intensa attività fra le maestranze degli stabilimentiillustrando il punto di vista su esposto: la demagogiadel fascismo repubblicano, pressato dalla situazionedi grave disagio, permette una parvenza di liberavotazione di organi di fabbrica che vengono svuotati di

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ogni contenuto classista ed inseriti nei sindacati coat-ti”.All’ordine del giorno del C.C., che prendeva atto deltentativo fascista - dopo il suo ritorno al potere - diappropriarsi a sua volta dei riproposti organismi difabbrica, seguiva un commento sugli ultimi fatti.“Dopo vent’anni di terrore fascista, Badoglio, nel ten-tativo di salvare monarchia e capitalismo rovesciandocon un colpo di bacchetta il putrido e traboccante vasodel fascismo, non ha potuto frenare l’ondata sponta-nea che spingeva il proletariato verso una ripresa divita. Così le Commissioni Interne - fatto compiutoall’indomani del rovesciamento di Mussolini, ricono-sciute da Badoglio ma tosto burocratizzate da Buozzie Roveda allo scopo di incanalare nel letto dellalegalità borghese l’ondata rivoluzionaria, hanno espres-so sia pur limitatamente e sporadicamente, la volontàdi procedere oltre.Ora il fascismo repubblicano, giocando la sua ultimacarta demagogica, non ha la forza di arginare lavolontà proletaria e mantiene le Commissioni Interne,promettendo libertà di votazione agli operai e di mano-vra agli eletti come rappresentanti autentici degliinteressi dell’operaio di fronte al padrone sfruttatore.Dal punto di vista del nostro partito è chiaro che,dovunque esistano organi sorti dalla libera volontàdegli operai, sotto qualunque regime essi funzionino,noi non possiamo essere assenti. Ma la presenzaattiva di questi organismi è condizionata, anzitutto,alla possibilità che la votazione si verifichi in effettivecondizioni di libertà. Ora, la “libera elezione” delleCommissioni e la “libera espressione della volontàdell’operaio” presuppongono - a nostro parere - l’inter-vento attivo del Partito giacché la classe operaiaesiste e acquista coscienza di sé solo in quantoquesto partito è manifestamente attivo; soltanto alloral’operaio è presente in questi organi non solo fisica-mente, ma anche politicamente.Se noi, dunque, non potevamo disapprovare a prioril’ingresso nelle attuali Commissioni Interne per leragioni di semplice rancore antifascista che ispirano aisei partiti del Fronte Nazionale il loro boicottaggio, lecondizioni in cui queste Commissioni sorgevano edovevano svolgere la loro attività escludevano chepotessero funzionare come liberi organi di classe. Senel periodo badogliano combattevamo la burocratizza-zione delle Commissioni Interne e perciò contrappone-vamo loro degli organismi tipicamente di classe, “iConsigli di Fabbrica”, oggi combattiamo il principiostesso su cui si sono volute impiantare le Commissio-ni Interne.(...) L’attività dei compagni di base e dei Gruppi difabbrica deve dunque essere oggi impostata sullasvalutazione delle Commissioni Interne come organiburocratici del fascismo e sulla rivendicazione diorgani creati in un atmosfera di libera espressione, chemetta in grado la classe operaia, nei limiti in cui ciò èpossibile, di potersi scegliere i veri rappresentanti deisuoi interessi contingenti e storici.Spetterà ai nostri organismi di fabbrica di farsi promo-tori di quella attività di difesa degli interessi operai, cheper noi non può mai essere separata dalla lotta allaguerra, fascista o democratica che sia”.

Si organizza il partito

Durante i 45 giorni del governo Badoglio (dal 25 luglioall’8 settembre) l’organizzazione dei comunisti inter-nazionalisti si era estesa e rafforzata in particolarmodo nelle zone di Torino, Casale, Asti, Milano, SestoSan Giovanni, Parma e Firenze. Vi partecipavano icompagni residenti in Italia, usciti dal carcere dopo il25 luglio del ‘ 43, e quelli che cominciavano a rientraredall’estero (Francia, Belgio, Svizzera).Erano i compagni della vecchia guardia comunista,militanti forgiati da battaglie di ogni genere: teoriche epolitiche, contro la degenerazione dei partiti della III°Internazionale; organizzative, per la costruzione dellaFrazione all’estero o per tenere vivi i legami sulterritorio nazionale e le possibilità stesse di ricostruireun partito agente nel più nero periodo clandestino. Nericordiamo alcuni, dopo i compagni Onorato Damen eBruno Maffi: Mario Acquaviva, Fausto Atti (entrambitrucidati dagli sgherri di Togliatti), Secondo Comune,Gigi Danielis, Vittorio Faggioni, Attilio Formenti, Roso-lino Ferragni, Giovanni Bottaioli, Antonio Gabassi,Guido Gasperini, Bruno Bibbi, Luigi Gilodi, Aldo (Tullio)Lecci, Carlo Mazzucchelli, Ciccio Maruca, RenatoPace, GianCarlo Porrone, Vasco Rivolti, Luciano(Mauro) Stefanini, Ottorino Perrone (Vercesi), GuidoTorricelli, Gino Voltolina e tanti altri.Tutti compagni che avendo posto, nella più puratradizione comunista, la propria vita al servizio dellarivoluzione e della sua organizzazione, affrontandogalera ed esilio, avevano tenuto alto il senso dellamilizia rivoluzionaria e lo stile di lavoro comunista.Nel novembre del ’43, all’indomani delle tragichegiornate dell’armistizio e della ripresa di una guerra piùche mai fratricida, la Sinistra Italiana si costituiva inPartito, lanciando al proletariato le parole d’ordine dellaricostruzione dei suoi tradizionali organismi di lotta ein primo luogo del Partito rivoluzionario. La guerraimperialista, che tra le sue rovine travolgeva le co-scienze dei proletari, confondendole e pervertendole,trovò nel Partito Comunista Internazionalista il nemicopiù implacabile e deciso.Un giornale a stampa clandestina (Prometeo) diffusoa centinaia di copie nelle fabbriche dell’Italia setten-trionale e attorno al quale si costruiva una prima reteorganizzativa; l’emissione con ogni mezzo, e la distri-buzione di decine di volantini e documenti; la creazio-ne di centri di agitazione e di organizzazione di massa;tutti questi furono fatti significativi dell’alto livellopolitico-organizzativo immediatamente raggiunto dalPartito. La teoria e la pratica, il grado di militanza e lospirito di responsabilità e disciplina furono all’altezzadei non facili compiti. Il Partito comunista internazio-nalista fu il partito comunista rivoluzionario che, unicoin Europa, si batté con coraggio, abnegazione ecapacità sulla linea di intervento del programma comu-nista a fronte del fascismo, della guerra, dello stalinismoe del movimento partigiano.Contro la diffusione della critica rivoluzionaria, ladifesa dei principi e delle posizioni programmatiche delcomunismo, tradotte in una vivace presenza politica esindacale, il partito di Togliatti tentò inutilmente dimettere a tacere la propaganda e la attività degliinternazionalisti di Prometeo.“Alla guerra imperialista il proletariato deve opporre laferma volontà di raggiungere i suoi obiettivi storici”.Così Prometeo incitava i proletari. I comunisti interna-zionalisti furono i soli a combattere la dura e difficile

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battaglia di classe contro il fascismo tramutatosi innazionalsocialista e contro i sei partiti della coalizionedemocratica. Di pari passo con la lotta contro laguerra, procedeva il lavoro di chiarificazione ideologi-ca tra il proletariato. Il problema russo, l’essenza e leforme della guerra imperialistica, la natura degli orga-nismi di massa e la tattica comunista furono altrettantiproblemi dibattuti e divulgati sui fogli clandestini delPartito.Né poteva essere altrimenti. Ogni movimento politicoche vuole reagire in senso anticonformista all’opportu-nismo e al tradimento deve necessariamente sotto-porre ad una profonda rivalutazione e riaffermazione iprincipi teorici falsificati e deviati dal riformismo,scoprendo e denunciando nello stesso tempo le ragio-ni politiche e sociali che determinano l’abbandono o iltradimento dei cardini rivoluzionari della teoria. (da Ilproletariato e la seconda guerra mondiale).Negli anni della prima guerra mondiale tale compito fuassunto dalla frazione bolscevica di Lenin; nel corsodel secondo conflitto imperialistico toccò agliinternazionalisti affrontare con inesorabile coerenza ifronti vecchi e nuovi dell’imperialismo (Russia sovie-tica compresa), ed operare conseguentemente impu-gnando le armi del marxismo sia contro la destra chela sinistra borghese.

Contro ogni opportunismo

Nel pieno di una fra le più gravi ondate storichecontrorivoluzionarie, si ristabilivano saldamente ilegami con un prezioso patrimonio di posizioni e dilotte, senza il quale ancora più difficile e contrastatasarebbe la realizzazione dei compiti e degli obiettividel partito di classe e della rivoluzione comunista.A cominciare dalle analisi sull’imperialismo, gli scrittisullo Stato e Rivoluzione, le affermazioni sulla neces-sità -per dei marxisti- di procedere inesorabilmente“contro corrente”, cioè contro l’unione sacra e losciovinismo.“La difesa della collaborazione fra le classi, la rinunciaalle idee della rivoluzione socialista ed ai metodirivoluzionari, l’adattamento al nazionalismo borghese,il feticismo della legalità, l’abdicazione dal punto divista di classe per paura di inimicarsi la ”massa dellapopolazione” (leggi piccola borghesia), queste sonoincontestabilmente le basi dell’opportunismo. La guerraha dimostrato che nei momenti di crisi, un’imponentemassa di opportunisti passa al nemico, tradisce ilsocialismo, manda in rovina la classe operaia (....).Gliopportunisti comodamente installati nel partito opera-io, sono dei nemici borghesi della rivoluzione proleta-ria che in tempo di pace compiono nell’ombra la loroopera di penetrazione, e in tempo di guerra si rivelanoalleati della classe capitalista e del blocco borghese,dei conservatori, dei radicali, degli atei, dei clericali.Chi non capisce questo dopo gli avvenimenti cheviviamo, s’inganna e inganna gli operai." (Lenin)."Questi principi condussero alla vittoria dell’Ottobre edalla nascita della Terza Internazionale. Gli stessiprincipi, a trenta anni di distanza, furono ripresi dalPartito Comunista Internazionale, nella lotta a fondocontro le nuove deviazioni. Senza pietà e con decisio-ne il Prometeo clandestino affrontò il problema russoe, forte di vecchie e recenti esperienze, denunciò alla

classe operaia italiana il fallimento e la politicaimperialista dell’Unione Sovietica, pur rivendicando ilvalore storico formidabile di quella esperienza, efacendo propri i vitali insegnamenti della rivoluzionedel ’17.I nostri fogli clandestini posero anche l’accento sullanecessità della edificazione della nuova Internaziona-le, pur premettendo che essa non sarebbe di certosorta per volontà di singoli o per virtù magica, masarebbe scaturita dall’accumulazione di nuove espe-rienze negli strati più coscienti della classe operaia,dal ritorno alla lotta di classe, da un processo dichiarificazione ideologica. Fu anche smascherata, dicontro alle superficiali analisi dello stalinismo, l’es-senza intima del fascismo e della democrazia rilevan-done le sostanziali collusioni, e ponendo in chiaro cheil fascismo, come realtà storica, deve essere combat-tuto in blocco dalle sue basi sociali alle sovrastutturepolitiche.Il capitalismo, causa il suo evolversi verso formestatali totalitarie in economia, abbandona sul terrenopolitico i principi “democratici” dell’Ottocento ed assu-me un contenuto sempre più apertamente fascista. E’solo combattendo la società borghese nei suoi ganglieconomici che ci si potrà difendere innanzitutto controil capitalismo che al fascismo ha dato anima e corpo,gli ha trasfuso tutto l’odio che la paura folle dellaperdita del privilegio può ispirare, e gli ha armato lamano per farne l’esecutore cieco e bestiale della suavendetta.Non al solo campo ideologico si limitò il lavoro delPartito nei duri anni della clandestinità. Contro ilpartigianesimo barricadiero e piccolo - borghese checonvogliava verso le montagne centinaia di giovanioperai, i comunisti internazionalisti affermarono lanecessità che il proletariato combatesse nelle fabbri-che la sua battaglia contro il nemico capitalista. Gliscioperi che punteggiarono quel travagliato periodostorico videro il Partito attivissimo nelle officine diTorino, nell’Italia settentrionale, nel guidare il movi-mento e nel ricordare agli operai che i loro problemieconomici potevano essere radicalmente risolti soloimperniando la lotta sul terreno politico, in antitesi conl’imperialismo e la guerra, per la rivoluzione.“I capitalisti ed il governo fascista responsabili delconflitto, sono incapaci di risolvere la crisi economicadella nazione, di sfamare gli operai e le loro famigliecostringendoli ancora a fabbricare cannoni.Operai, solo unendovi contro la guerra, contro ilcapitalismo, contro gli sfruttatori, solo spostando lavostra azione dal terreno economico a quello politicoriuscirete a spezzare le catene che ancora vi imprigio-nano...”. Queste parole d’ordine furono divulgate contutti i mezzi anche tra i raggruppamenti partigiani,nonostante le difficoltà obiettive.- (Da Il proletariato ela secondo guerra mondiale- in Battaglia Comunista,nov. 1947/ febb 1948).

Solidarietà e fratellanza internazionale

L’internazionalismo proletario, di cui si fece portavocecoerente il Partito Comunista Internazionalista, sirichiamava direttamente alle posizioni di Lenin (1914/1915) contro gli interventisti di Sinistra, difensori della

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patria in nome del socialismo, durante la prima guerramondiale.Chiara e precisa fu la denuncia della nuova spartizionedel mondo, attraverso la guerra a favore di questa oquella potenza industriale, per la supremazia finale diun blocco economico sull’altro, e di tutti sul proletaria-to.“ L’opera diretta alla trasformazione della guerra deipopoli in guerra civile è l’unico compito socialistanell’epoca del cozzo armato delle classi borghesiimperialistiche di tutte le nazioni”. (“Prometeo 1febbraio 1944).In questa lucida visione degli interessi esclusivi di unaclasse, quella proletaria, che non conosce né patriené confini, non trova posto alcuna giustificazione allaguerra tra un popolo e l’altro fondata su basi di tipoidealistico, moralistico e quanto meno ”razzista”. Nelsoldato tedesco non si celava una particolare ”barbariegermanica", e il dovere dei rivoluzionari non era quellodi combattere contro i soldati tedeschi (la caccia altedesco), come incitava il partito di Togliatti - ma di”spargere tra le loro file il seme della fraternizzazione,dell’antimilitarismo e della lotta di classe, diffonden-dovi il contagio della volontà rivoluzionaria”. (Prome-teo, 1 marzo 1944).E lo ”smembramento della Germania e del suo prole-tariato“, deciso a Teheran dagli Alleati nel novembre1943, verrà così commentato da Prometeo del 15agosto ’44 :”Le apparenze indicano che saranno, almeno in unprimo momento, le baionette alleate a garantire sullerovine della Germania la vittoria della borghesia demo-cratica, non più contro il nazismo, ma contro il ritornooffensivo del proletariato rivoluzionario”.

Gli scioperi del Novembre 1943

Il 15 novembre 1943 a Torino hanno inizio improvvi-samente fermate di lavoro nelle officine della Mirafiori,e nei giorni successivi tutte le sezioni Fiat entrano insciopero. Il 18 novembre quasi 50000 operai incrocia-no spontaneamente le braccia, cogliendo di sorpresal’apparato politico del PCI. Un manifestino del Comita-to Sindacale clandestino viene duramente criticato dalCentro picista per le ”gravi debolezze di orientamentopolitico“, cioè per il mancato accenno alla lotta contro"l’occupazione della nostra Patria da parte del nemicotedesco”!La Federazione torinese del P. C. Int. ha immediata-mente diffuso, il 23 novembre, un suo manifesto tragli operai in sciopero:

Proletari torinesiI movimenti che avete scatenato fanno onore allavostra classe e alla massa in generale.Le rivendicazioni che voi reclamate sono giuste allacondizione che voi, coscienti del vostro ruolo storico,le colleghiate in via diretta alla terribile situazione in cuisi trova il proletariato mondiale.La vostra lotta potrà prendere una vera fisionomiaclassista alla sola condizione di legarla all’azionecontro la guerra, cioè ad un livello superiore di ciò chepuò essere una rivendicazione economica.

Lotta contro la guerra dunque, quella guerra che ilnemico della vostra classe ha scatenato per distrug-gere voi e le vostre famiglie.W LO SCIOPERO GENERALE!W IL PROLETARIATO MONDIALE!W IL PROLETARIATO TORINESE, AVANGUARDIARIVOLUZIONARIA !ABBASSO I GUERRAIOLI DI TUTTI I COLORI !LOTTA CONTRO IL FASCISMO !LOTTA CONTRO LA DEMOCRAZIA ! Il

Partito Comunista Internazionalista(Da Prometeo n.2 - dicembre 1943)

L’ agitazione dilaga in dicembre nei vari centri deltriangolo industriale del Nord, specie da Milano, dove,tra gli operai della Breda, della Falck, della Olap, dellaPirelli, e di altre fabbriche, il Partito lancia unmanifesto:

Operai milanesiVoi avete incrociato le braccia. Soddisfatte o no levostre richieste di oggi, voi vi muovete fatalmente inun vicolo cieco e sarete, in breve, costretti aincrociare ancora le braccia.Perché? Perché i capitalisti e il governo nazi-fascista, respon-sabili della guerra, sono incapaci non solo di risolverela tremenda crisi che ha polverizzato l’economianazionale, ma persino di sfamare voi e le vostrefamiglie, costrigendovi ancora a fabbricare cannoniper la guerra.OPERAI Un solo mezzo avete per uscire dalla crisi : fare dellavostra forza di classe una cosciente forza rivoluziona-ria. Solo unendovi compatti contro la guerra, contro ilcapitalismo, contro gli sfruttatori di ogni colore che siservono delle vostre braccia e della vostra vita per laloro lotta criminale di dominio, solo spostando lavostra azione dal terreno economico a quello politico,riuscirete a spezzare le catene che ancora vi imprigio-nano.OPERAIAl capitalismo, colpito a morte dalla sua stessaguerra, contrapponete ora la vostra capacità e lavostra forza di nuova classe dirigente.Contro il fascismo, che vuole la continuazione dellaguerra tedesca, e contro il Fronte Nazionale dei seipartiti, che vuole la continuazione della guerra demo-cratica, voi organizzatevi sul posto di lavoro, cemen-tate in un FRONTE UNICO PROLETARIO i vostricomuni interessi, il vostro stesso destino di classeche vi indica come già iniziata la lotta decisiva per laconquista del potere.Il Partito Comunista Internazionalista è al vostrofianco.Abbasso la guerra fascista !Abbasso la guerra democratica !Viva la rivoluzione proletaria !

Il Partito Comunista Internazionalista(Da Prometeo n.3 -gennaio 1944)

Per un fronte unico dal basso

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Nel dicembre 1943, alla ripresa su vasta scala delleagitazioni sociali, il Partito lancia invano un appelloper la creazione di un Fronte Unico Proletario contro laguerra, fondato sull’unità dei lavoratori indipendente-mente dalla loro ideologia politica.Il 10 febbraio del ’45, nella imminenza di possibili motiinsurrezionali e nella prospettiva di una nuova fase dilotta politica aperta, il Comitato di Agitazione delPartito Comunista Internazionalista rivolgeva un ap-pello ai Comitati di agitazione di fabbrica clandestini.Non si chiamava in causa i Comitati Centrali dei partitia tradizione proletaria poiché l’appello partiva dallapremessa della impossibilità di trovare ”un benchéminimo comune denominatore ideologico e politico”per una intesa di azione rivoluzionaria. La profondacrisi aperta dalla guerra indicava nel proletariato il soloprotagonista per una nuova storia del mondo, allacondizione che “esso abbia preventivamente risolto ilproblema della sua unità nell’organizzazione e nellalotta”. Una unità irrealizzabile sul piano del Cln,assertore e animatore delle ragioni e delle finalità dellaguerra democratica e non degli obiettivi storici dellaclasse operaia.Richiamandosi chiaramente alla unità classista delproletariato contro la guerra e contro i suoi agentifascisti e democratici, l’appello veniva inviato a PCI,PSIUP, PIL, Federazione Comunista Libertaria, Par-tito d’Azione, e sindacalisti rivoluzionari. Solo i comu-nisti libertari e i sindacalisti rivoluzionari risponderan-no affermativamente. Ma il rapido succedersi degliavvenimenti sul piano militare e l’aggravarsi dellasituazione politica generale, portavano di fatto alsuperamento di un ultimo tentativo tattico, che conclu-deva la esperienza della Sinistra Italiana nella applica-zione del ”fronte unico dal basso” preconizzato dalP.C. d’Italia durante la polemica degli anni 1921-’23con l’Internazionale Comunista.Ed ”è ovvio - osserverà Prometeo dell’aprile 1945 - chel’unità classista del proletariato non può trovarsi néoggi né domani sul piano di accordi fra partiti operai”divisi dalla pratica del compromesso con la borghesia,gli uni, e da un atteggiamento esplicito di classe, glialtri.“ L’unità operaia non può realizzarsi che alla base, sulposto di lavoro, in organismi unitari in cui la classeoperaia sia rappresentata democraticamente nell’inte-rezza delle sue diversificazioni politiche, e i suoiinteressi contingenti e storici siano affermati e difesiindipendentemente da legami innaturali e comunquecontingenti con organismi legati alla guerra e ad unapolitica di collaborazione”. (Da Prometeo, aprile 1945)Le parole d’ordine e la considerevole attività svolta dalPartito in contatto diretto con i lavoratori, nonostantel’esile organizzazione e la difficile lotta su due fronti econtro due blocchi politici e militari del capitalismo,”smentivano categoricamente le accuse di settarismoe di astratta intransigenza lanciata da molte partiall’indirizzo politico del P,C.Internazionalista. I comu-nisti internazionalisti erano per il fronte unico che nonpartisse dai vertici, che non fosse concordato tra gliesecutivi dei partiti in nome della guerra; i comunistiinternazionalisti erano per il fronte unico delle fabbri-che, nei luoghi di lavoro; erano per un vasto motospontaneo che, ponendo in secondo piano alcunemarginali divergenze interpretative, convogliasse operaie contadini” di tutte le correnti politiche e senza partito”

contro i due fronti borghesi contro la teoria del maleminore, contro l’arbitrarismo barricadiero, per legarele agitazioni economiche alla guerra di classe. Su talibasi gli operai avrebbero dovuto organizzarsi sul postodi lavoro per aumentare e centuplicare le forzedestinate”battersi sulle barricate di classe contro laguerra”. (Da Il proletariato e la seconda guerra mondia-le in Battaglia Comunista, febbraio 1948).Esperienze in alcuni loro aspetti storicamente conclu-sesi, ma fondamentalmente preziose per gli insegna-menti raccolti, nella classe e nel vivo delle sue lotte,affermò più tardi il compagno O. Damen al congressodi Firenze -1948 : “Proprio alla determinazione dimuoversi con le masse in agitazione, su di un pianopreciso di critica antirivendicativa e per una lottafrontale e spietata contro la direzione opportunista,patriottarda ed imperialista del nazionalcomunismo, ilnostro Partito deve la possibilità della sua affermazio-ne, così nella fase antifascista della guerra di libera-zione, così nel periodo della ricostruzione, così ora,in questa torbida fase di preparazione della terzaguerra mondiale “.

Fascismo e antifascismo

“La Sinistra Italiana si era battuta, nelle file stesse delP.C. d’Italia contro la direzione Gramsci -Togliattisostenendo la tesi dell’inconsistenza teorica e storicad’un generico antifascismo che mirava a ridicolizzarequesto fenomeno classificandolo come sottospecieborghese-capitalista che andava battuto con le forzedel blocco storico del proletariato, cioè in alleanza conle forze progressive della stessa borghesia capitali-sta .E’ merito della Sinistra Italiana d’aver considerato ilfascismo tutto uno col capitalismo preso nel suoinsieme, come la espressione politica di un particolaremomento della crisi aperta dalle conseguenze disa-strose della prima guerra mondiale, in una parolacome la guardia armata della sua conservazionecontro l’assalto, sempre possibile allora, del proleta-riato.E va aggiunto che la Sinistra non è mai venuta menoa questa giusta considerazione del fascismo-capitali-smo, per cui ha potuto, costituendosi nel 1943 “PartitoComunista Internazionalista“, sottrarre la sua ideolo-gia e alcuni quadri essenziali di combattenti di classeall’inevitabile sbocco della collaborazione con le forzedella guerra e dell’imperialismo, verso cui dovevanoprecipitare tutti i partiti nazional-comunisti legati allapolitica dello Stato russo e al nazionalismo della piùgrande Russia.Il termine internazionalista sta proprio a significare ladistinzione precisa che non ammette confusione tra icomunisti marxisti-leninisti che sono rimasti fedeli alprincipio dell’internazionalismo operaio, e i nazional-comunisti che tale principio hanno tradito suggestio-nati dal mito della potenza russa e dai miracoli dellatecnica che il capitalismo di Stato porta inevitabilmen-te con sé in questa ultima fase della sua esistenza dic lasse .E come Comunista Internazionalista, il Partito hadenunciato, da solo, la falsità, il tradimento e la nuovaprepotenza che si nascondevano dietro le paroled’ordine della guerra di liberazione, della guerra per la

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libertà e la democrazia, portando a compimento il piùmostruoso tradimento che doveva superare, specienelle conseguenze, quello perpetrato dai capi della II° Internazionale di fronte alla prima guerra mondiale econtro i quali Lenin diresse la critica più spietata edemolitrice”. (O.Damen -1963)Questo richiamo ad una fra le più importanti e caratte-rizzanti posizioni della Sinistra, fece da presuppostodichiarato alla iniziale attività del Partito :“L’antifascismo dei partiti democratici, che nella fasepiù acuta della crisi italiana si affiancarono al fasci-smo come a un fratello maggiore; l’antifascismo delvecchio e glorioso partito socialista che per congenitaverbosa dabbenaggine politica gli ha spianato la stra-da lastricandola con le sue debolezze e i suoi errori,non è il nostro antifascismo.Semmai, il comunismo è antifascista allo stessomodo che è anticlericale e antidemocratico; la distin-zione perciò tra fascismo e borghesia antifascista èper noi quanto mai arbitraria, artificiosa e polemica,ché pullulano entrambe dalla stessa matrice storica.Concepiamo la lotta contro il fascismo come lotta chedeve essere condotta innanzitutto contro il capitali-smo, che al fascismo ha dato anima e corpo, gli hatrasfuso tutto l’odio che la paura folle della perdita delprivilegio può ispirare, e gli ha armato la mano perfarne l’esecutore cieco e, bestiale della sua vendettadi classe.Chi sul piano della formulazione teorica, come suquello della lotta politica distingue il fascismo dallaborghesia, la guerra fascista dalla guerra democrati-ca, è esso stesso obiettivamente, inconsciamente,forse, fascista in potenza.Solo la lotta totale, spietata, contro il capitalismo,contro ogni sua manifestazione e in particolare controla guerra che del capitalismo è la estrema più iniqua ebarbara manifestazione, garantisce la serietà e laconcretezza della lotta contro il fascismo mussolinianodi oggi e il fascismo democratico di domani “. (DaPrometeo clandestino n° 7 dell’1-5-1944)

Le “socializzazioni di stato”

Nell’analizzare le proposte di “socializzazioni” conte-nute nel programma fascista della Repubblica di Salò,il P.C.Internazionalista denunciava la tendenza, pre-sente nello sviluppo generale del capitalismo in crisi,“in senso collettivo", verso forme di capitalismo diStato.Era evidente la mossa demagogica con la qualel’ultimo Mussolini tentava di ”coinvolgere sul pianodella guerra dell’Asse strati sempre più vasti di masseoperaie”. Un coinvolgimento, uno "spirito di collabora-zione per migliorare le condizioni dei lavoratori“(comedichiarava il fascismo) attraverso strumenti che sa-ranno fatti propri dai partiti democratici del congressodi Bari, e riproposti dal Cln nel suo decreto sullasocializzazione del 25 aprile 1945.E infatti -si chiedeva Prometeo- che cosa c’era dietroqueste “nazionalizzazioni, statizzazioni e socializza-zioni che i fascisti e i democratici, con metodi eaccorgimenti diversi, promettono agli operai? E’ quellaforma di intervento dello Stato che avoca a sé, dietroadeguato compenso, la proprietà privata di quelleimprese industriali che rivestono il più odioso carattere

di monopolio o che la classe dominante giudica dimassimo interesse nazionale; e assumendone lagestione, le inquadra in un piano economico che nonè più dettato da interessi di singoli o di categorie, madalle superiori necessità della classe nel suo insieme”:(Da Prometeo 1-4-1944).Per tutti, ovvero per le ”superiori necessità dellaclasse dominante nel suo insieme“, esistono deiprecisi condizionamenti di natura oggettiva - cioèeconomici- e quindi soggettivi - cioè politico-sindacali.“Se occorressero altre prove del fatto che tutti gli stratiborghesi, fascisti e democratici, si trovano a doverfronteggiare gli stessi problemi (...) basterebbe lacircostanza che, proprio sul terreno sociale, i loroprogrammi tendono gradatamente a identificarsi (...) lasocializzazione non solo non rappresenta una devia-zione dal sistema capitalistico, ma ne è anzi ilpotenziamento estremo; non solo non è il socialismo,ma è l’estremo espediente della classe dominante persbarrare la via alla rivoluzione proletaria”. (Da Prome-teo, 1-4-1944).Ed anche sulla questione della pseudo socializzazio-ne, orchestrata dallo Stato borghese tanto in vestefascista che democratica, gli internazionalisti saran-no i primi e i soli a smascherare le manovre controri-voluzionarie del capitale e dei suoi fiancheggiatorinazional-comunisti, tenendo alta la bandiera del verosocialismo e degli interessi del proletariato.“ Senza rivoluzione proletaria non vi può essereconcreta socializzazione e ogni altra esperienza col-lettiva nei quadri dello Stato borghese è sempre daconsiderarsi come esperienza in funzione anti-opera-ia”. (Da Prometeo nn. 1-3/1944)

Il moto partigiano

“OPERAI!Che cosa vogliono, ciascuno dal suo punto di vista, idue blocchi borghesi, il fascista e il democratico?Mobilitarvi a favore della loro guerra. Che cosa voglia-mo noi? Mobilitarvi contro la guerra, contro il piùspaventoso macello che la storia ricordi.Essi vi promettono in premio una “repubblica sociale”di cartapesta e un governo di coalizione democratica- il proletariato accanto al padrone e al prete -, noi viconvochiamo alla lotta per la presa del potere da partedel proletariato, in nome di tutti gli sfruttati del capitale.Fra il tricolore e la bandiera rossa voi avete già scelto.Viva la rivoluzione proletaria”.(Da Prometeo n. 4 - febbraio 1944)

“Il nostro atteggiamento di fronte al fenomeno delpartigianesimo - si legge su Prometeo n. 4 del febbraio1944 - è dettato da precise ragioni di classe. Nate dallosfacelo dell’esercito, le bande armate sono, obiettiva-mente e nelle intenzioni dei loro animatori, deglistrumenti del meccanismo della guerra inglese, ed ipartiti democratici le sfruttano col doppio intento diricostruire sul territorio occupato un potenziale diguerra e di sviare dalla lotta di classe una minacciosamassa proletaria, gettandola nella fornace del conflit-to. Alla propaganda dei sei partiti, che incita i giovaniproletari ad abbandonare il loro terreno specifico dilotta - le città e le fabbriche - per raggiungere in

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montagna le schiere partigiane, dissanguando cosìl’esercito della rivoluzione, noi non possiamo perciòche opporre il più categorico rifiuto”.Ma l’attenzione del Partito si rivolgeva anche a quanti- operai, perseguitati politici, soldati disertori, giovanirenitenti alle leve fasciste - erano stati costretti allamacchia e quindi reclutati nelle formazioni partigiane,sotto l’illusione di imbracciare il fucile per la rivoluzioneproletaria mentre si trattava di “far uscire dalla porta unimperialismo per farne entrare dalla finestra un altro”.L’indicazione pratica del Partito fu quella di “scinderela propria azione da quella dei difensori della patria deiborghesi e dalla guerra nazionale, ed a trasformare ipropri nuclei armati in organi di autodifesa operaia,pronti a riprendere domani il loro posto nella lotta, nonper il fantasma delle libertà democratiche, ma per larealtà dura ma luminosa della rivoluzione proletaria”.Occorreva diffondere anche fra i gruppi alla macchia leposizioni sostenute dagli internazionalisti; e, ove fos-se possibile, fare opera di penetrazione nelle filepartigiane per diffondere principi e tattica del movi-mento rivoluzionario. In questo difficile lavoro profuse-ro il loro impegno i compagni Mario Acquaviva inPiemonte e Fausto Atti in Emilia, prima di essereentrambi trucidati dagli emissari del Pci.Le posizioni del Partito Comunista Internazionalistarimasero sempre, chiaramente ed inequivocabilmente,differenziate sia nei confronti dei gruppi romani diBandiera Rossa che di quello torinesi di Stella Rossa,entrambi ed in maggioranza confluiti poi nel Pci. Gliinternazionalisti di Prometeo furono conseguentementel’unico centro politico-organizzativo esistente nel cuo-re della guerra, che combattesse contro la guerra nelsuo complesso in nome del marxismo rivoluzionario.Su Battaglia comunista del marzo-aprile 1960, cosìOnorato Damen ricordava e commentava criticamen-te l’esperienza del moto partigiano:“Data la chiara, aperta e conseguente posizione as-sunta dal Partito di fronte ai problemi di fondo -fascismo e guerra - l’antifascismo e la guerra antifasci-sta condotta con la forza, la ideologia e i mezzimateriali e morali offerti a piene mani dall’imperialismoamericano, erano avvenimenti estranei agli interessispecifici del proletariato e andavano osservati comefenomeni che trovavano la loro ragione d’essere nelladialettica interna della borghesia capitalista. Di fronte,quindi, al fascismo e alla guerra antifascista bisogna-va formulare una denuncia politica, tanto più precisa espietata quanto più grave appariva il pericolo incom-bente sulle masse operaie di prestarsi ad una diversio-ne politico-sentimentale e patriottica attraverso ungenerico antifascismo a cui si dava l’obiettivo disalvare i valori tradizionali del capitalismo e dellademocrazia parlamentare.Si poneva quindi per il Partito più che il problema diazione immediata, per la quale mancavano tutte lepremesse, quello di creare un centro vivo di chiaro,preciso orientamento marxista e di polarizzazione diclasse col compito immediato di intrecciare alla criticae al resistentismo, legato agli ideali e agli interessidella guerra di liberazione, l’opera teorica, politica eorganizzativa mirante a fare del resistentismo la puntaavanzata di un movimento il cui terreno di azione nonfosse l’antifascismo e la guerra di liberazione mal’anticapitalismo e la conquista rivoluzionaria del pote-re da parte del proletariato armato.

I tentativi fatti in questa direzione, se hanno procuratoal Partito la perdita per mano partigiana di uno dei suoicombattenti migliori, Mario Acquaviva, hanno provatoall’evidenza che era impossibile allora tentare di pene-trare con queste idee e con questi propositi neldispositivo delle formazioni partigiane e di incrinarne lospesso involucro impastato di guerra e di immensiinteressi che esso portava con sé in ogni settore dellasua ordinaria attività”.E al Partito Comunista Internazionalista avevanoaderito, e si erano organizzati, “I pochi che avvertironola vera natura del moto partigiano, lanciato alle reni delfascismo stretto nella morsa non di una insurrezioneproletaria ma di una guerra senza speranze, e situaro-no tempestivamente ed esattamente questo movi-mento nel quadro di una visione strategica dellaguerra. Erano stati i soli ad opporsi alla guerra imperia-lista, i soli a non subire la suggestione della guerrademocratica antifascista, i soli a dissociarsi aperta-mente e duramente dalla guerra sovietica, i soli cheavevano al loro attivo la lotta, anche armata, contro ilfascismo fin dal suo sorgere, i soli che per coerenzaal marxismo rivoluzionario e ai recenti insegnamenti diLenin, avevano affrontato il fascismo in tutte le suemanifestazioni e con esso i rigori delle sue galere”.

La fine della guerra

“PROLETARI:Coloro che vi spingono verso la guerra dicendovi chei soldati tedeschi o inglesi sono vostri nemici, e che ilvostro dovere è di impugnare il fucile per trucidarli, vitradiscono. Rispondete loro sventolando la bandieradella vostra classe, che porta scritto nelle sue pieghe:lotta contro la guerra, fratellanza e solidarietà interna-zionale di tutti gli sfruttati nella lotta contro il capitali-smo del mondo intero!” (Da Prometeo clandestini, 1 -12 - 1943)“All’appello del centrismo che invita a raggiungere lebande partigiane, si deve rispondere con la presenzanelle fabbriche, da dove uscirà la violenza di classeche distruggerà i centri vitali dello Stato capitalista”.(Da Prometeo, 4 marzo 1944)In un manifesto del giugno 1944 il Partito ComunistaInternazionalista incitava gli operai a disertare laguerra “sotto tutte le forme” e li chiamava alla “difesafisica della classe di fronte alla reazione, alladeportazione, alle requisizioni, all’arruolamento forza-to”. Per questo era necessaria “la trasformazione delleformazioni partigiane, laddove sono composte daelementi proletari di sana coscienza di classe, inorgani di autodifesa proletaria, pronti a intervenire nellalotta rivoluzionaria per il potere”.“Lottavamo contro la guerra in queste sue tre facce:contro il neo-fascismo come contro il Cln e, mentrecercavamo di orientare i proletari partigiani verso ilritorno ad una posizione di classe, sottoponevamo adaperta critica la impostazione ideologica del partigia-nesimo, come arma da guerra capitalistica contro unaripresa della lotta di classe”. (Roma, 29-12-1945:Convegno del Partito Comunista Internazionalista)

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La guerra, “fra sinistri bagliori di rovine e di morte”, sistava concludendo col “trapasso di poteri dalla borghe-sia fascista a quella democratica, senza modificare lebasi della società borghese e i rapporti fra padrone eoperaio”. (Da un opuscolo del Partito nel marzo 1945)Nelle settimane precedenti il 25 aprile 1945, il Partitosi impegnava nell’opera di volantinaggio davanti allepiù importanti fabbriche di Milano (Falck, Breda,Caproni, Brown Boveri, e altre). L’imminente insurre-zione veniva denunciata come un moto non di classebensì “nazionale”, cioè con “il preciso significato dilotta armata nel quadro della guerra”. Solo con laformazione dei Consigli di Fabbrica - era questa laparola d’ordine lanciata fra i lavoratori - la classeoperaia avrebbe potuto conquistare una posizione diforza sui luoghi di lavoro.La partecipazione degli internazionalisti alla lotta ar-mata contro l’apparato fascista avviene attraversol’indicazione di “obiettivi di classe”. Le direttive delPartito (vedi la circolare del 13/4/1945) cercavano disuperare ogni forma di astrattismo o di passiva con-templazione degli accadimenti: in presenza di un motoindubbiamente democratico e patriottardo, il posto deirivoluzionari era accanto ai proletari per diffonderenelle loro fila le posizioni critiche e le indicazionipolitiche per una continuazione della lotta di classe.Con la trionfale e ufficiale conclusione della “lottaarmata insurrezionale”, i lavoratori venivano invitati (econvinti con le buone o con le cattive maniere) a“riprendere disciplinatamente il loro lavoro” - cosìproclamava la Camera del Lavoro di Milano - in tutte lefabbriche salvate dalla distruzione e restituite ai legit-timi proprietari. Liberatosi dagli impacci formali delfascismo, il capitale poteva finalmente riprendere“democraticamente”, con maggiore regolarità e profit-to, lo sfruttamento e l’oppressione di una classeoperaia che i partiti dell’arco costituzionale, stalinisti intesta, si preparavano a immolare sugli altari dellaricostruzione nazionale.

Il filo rosso di Prometeo

"Prometeo, che nella sua prima serie è stato il porta-voce della sinistra italiana in seno al giovane partitoComunista d’Italia, quale rivista teorica di educazionemarxista sotto la guida della pattuglia di avanguardiache quel partito creò, ne tenne per qualche anno ladirezione, ne difese la purezza ideologica control’opportunismo delle frazioni di destra; che nella suaseconda serie è stato l’organo della Frazione di Sini-stra del P.C.d’Italia costituitasi a Pantin (Francia) nel1928 per continuare dal di fuori l’opera di elaborazioneideologica sulla scorta degli errori commessi e dellesconfitte patite dal proletariato di tutto il mondo, - esceora quale organo del Partito Comunista Internazionalista,erede diretto di quella tradizione e rivendicatore diImola e Livorno.Il suo compito è di inserirsi nella spaventosa crisi dacui il mondo capitalista è sconvolto, col preciso intentodi portare a termine il compito affidatogli dal proletaria-to italiano, di essergli guida sicura nelle battagliesociali che si avvicinano, per la rivoluzione proletariae comunista in Italia e nel mondo.Prometeo - nel cui nome rivive l’eroe mitologicoincatenato sulle rocce del Caucaso per aver rubato agli

dei e donato agli uomini il fuoco - rappresenta tutta unatradizione e tutto un programma: è l’organo dellarivoluzione che si approssima, il giornale che i proletariitaliani considereranno il loro.”(da Prometeo clandestino del 1/12/1943)

Il 1 novembre 1943 iniziava clandestinamente lepubblicazioni Prometeo quale organo politico del Par-tito Comunista Internazionalista. Fino al 15 ottobre1944 furono stampati e diffusi 11 numeri; dopo cinquemesi di sospensione per le gravi difficoltà esistenti,l’uscita del giornale fu ripresa nell’aprile 1945. Durantei mesi dell’inverno 1944/’45 continuò comunque ladiffusione di volantini, opuscoli e documenti dattilo-scritti sulla situazione generale, la guerra e la Russia.L’anno 21 del primo numero di Prometeo esprimeva lacontinuità con Livorno-1921 e con la testata dellarivista del P.C.d’Italia pubblicata nel 1924 dalla Sini-stra italiana sotto la guida di Amadeo Bordiga, ed inseguito ripubblicata, dal 1928 al 1938, come organodella Frazione di Sinistra in Belgio.La polizia fascista, nei suoi rapporti a Mussolini sullastampa clandestina, fu costretta ad ammettere la“autenticità” di Prometeo, “nonostante le accuse deglialtri giornali comunisti ispirati dal compagno Ercoli(Togliatti)”. (Rapporto del 14 aprile 1944) Il giudiziodegli informatori fascisti su Prometeo era il seguente:“Unico giornale indipendente. Ideologicamente il piùinteressante e preparato. Contro ogni compromessodifende un comunismo puro, senza dubbio trotzkista,e quindi anti-stalinista. Si dichiara senza esitazioneavversario della Russia di Stalin, mentre si proclamafedele combattente della Russia di Lenin. Combatte laguerra sotto ogni aspetto: democratico, fascista ostalinista. Lotta dunque apertamente anche contro i‘partigiani’, il Comitato di liberazione nazionale e ilpartito comunista italiano.”

Il ricorso da parte dei dirigenti del PCI ad una massic-cia campagna di diffamazione politica, di menzogne ecalunnie contro gli internazionalisti di Prometeo, ubbi-diva alla logica di quel potere capitalista di cui ilnazional-comunismo rappresentava i più avanzati in-teressi. In qualunque modo e con ogni mezzo, di fronteal pericolo di un orientamento autonomo del proletaria-to verso il contatto con una forza politica ed unprogramma di classe, la reazione e la repressione deipartiti della borghesia non potevano che intervenireimmediatamente. Fino alla persecuzione e, se neces-sario, all’assassinio dei militanti rivoluzionari. Un com-pito, questo, che la borghesia - come la storia insegna- ha affidato preferibilmente ai suoi fidati servitorisocialdemocratici e nazional-comunisti, gli ultimi so-prattutto dimostratisi esperti ed efficaci nella epurazio-ne del “settarismo” dalle fila del movimento operaio.Così Togliatti, Secchia, Longo, F.Platone e tutto ilPCI, man mano che si avvicinava il momento delpassaggio ufficiale dei poteri dalle mani dei fascisti aquelle dei democratici, si scatenarono contro l’estre-mismo che “mira ad una accentuazione progressivadelle lotte politiche di classe (...) in modo che serva asuscitare complicazioni e disordini.” (Consiglio Nazio-nale del PCI - 7 aprile 1945)

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hanno sempre più rare manifestazioni che consistononella apparizione di qualche numero di Prometeo (...)diffuso in modo evidente per opera della polizia”.Uno dei tentativi messi in opera dal PCI e dal suoCentro nazionale fu quello di addossare ai dirigenti diPrometeo e quindi del Partito Comunista Internaziona-lista la responsabilità della esistenza e del tipo dicomportamento condotto, ad esempio, dal gruppotorinese Stella Rossa, nel quale era nota la presenzadi elementi provocatori. La diffamazione usata neinostri confronti - indicati quali “agenti volgari e prezzolatidella Gestapo” e dichiarati corresponsabili nei fatti emisfatti della stessa Stella Rossa - fu utilizzata allafine della guerra per un’altra manovra politica di marcastrettamente stalino-togliattiana. Esiste infatti un do-cumento rimesso da parte del Centro del PCI allaCommissione per la Consulta, allo scopo di impedireal compagno Onorato Damen di partecipare, come erasuo diritto in qualità di ex-deputato del P.C.d’Italia, allaConsulta. (Vedi gli atti della Commissione portati algiudizio del Governo dell’Esarchia, influenzato daiministri Togliatti e Scoccimarro.)

L'assassinio di Fausto Atti e MarioAcquaviva

La eliminazione fisica del “traditore” Onorato Damen fudirettamente indicata alle squadre punitive del “nuovo”partito di Togliatti sul Bollettino della Federazionecomunista milanese. Già in sede di Cln gli esponentidel PCI avevano avanzato richiesta per la “liquidazio-ne” di Damen e dei suoi “seguaci”, senza però ottenerel’avallo ufficiale.La campagna di denigrazioni, minacce ed istigazionicontro gli internazionalisti, voluta e condotta in primafila dal nazional-comunismo, otteneva purtroppo unodei suoi obiettivi. Al già lungo e tragico elenco dellevittime disseminate in tutto il mondo dai sicari diStalin, e da quelli di Togliatti direttamente in Italia, siaggiungevano altri due nomi: quelli dei compagniFausto Atti e Mario Acquaviva, assassinati rispettiva-mente nel marzo e nel luglio del 1945.A Trebbo (Bologna), durante la notte del 27 marzo1945 un gruppo di partigiani penetra nella casa diFausto Atti che viene assassinato mentre giace infer-mo nel proprio letto. Nato nel 1900 e militante comu-nista dal ’21, F.Atti era riuscito a rifugiarsi in Franciasfuggendo all’inseguimento dei fascisti. Aveva aderitoalla Frazione comunista di sinistra fin dalla fondazionenel 1927; espulso dalla Francia, si era trasferito aBruxelles dove in seguito i nazisti lo arrestarono(1940). Deportato in Germania e poi ricondotto in Italia,viene confinato all’isola di Ventotene. Alla caduta delfascismo, nel ’43, viene liberato e subito passa nellefila del P.C.Internazionalista, impegnandosi succes-sivamente nella difficile opera di contatto e propagan-da fra le bande partigiane dell’Emilia.L’11 luglio 1945, appena uscito da uno stabilimento diCasale Monferrato dove lavorava, Mario Acquavivaviene assassinato con sei colpi di rivoltella sparatiglia bruciapelo. Più volte era stato direttamente minac-ciato di morte dai “funzionari” del PCI e, nell’estate del’44, e sempre da parte dei nazional-comunisti, la suaattività era stata segnalata da un lato all’autorità di

La rabbiosa reazione dello stalinismo

Alle ferme posizioni sostenute e propagandate dalPartito Comunista Internazionalista, il nazional-comu-nismo rispose - come già da tempo lo stalinismo avevaindicato in campo internazionale - con l’accusa dimanovre del trotzkismo-bordighismo in funzione disostegno al fascismo e al nazismo contro l’URSS e ilpopolo italiano. Gli internazionalisti erano additaticome “luridi e infami sinistri, agenti della Gestapo eservitori di Hitler, provocatori e spie al serviziodell’OVRA”, eccetera. Nel gennaio 1945, l’organo dellaFederazione milanese del PCI, La Fabbrica, denuncia-va l’attività provocatoria (Il sinistrismo, mascheradella Gestapo) di “un gruppo di rinnegati, di disgregatori,di traditori, nemici dell’Unione Sovietica, che sotto ilnome di un pseudo ‘Partito Comunista Internazionali-sta’ lanciano un appello alle masse proletarie incitan-dole a lottare contro il Comitato di Liberazione Nazio-nale, contro il Partito Comunista e contro la guerrapopolare che il popolo italiano sta conducendo controil nazi-fascismo. (...) Questi agenti del nemico, invecedi incitare gli operai a sviluppare la guerriglia contro itedeschi, li invitano a lottare contro di essa. I nazistie la Gestapo non potevano trovare degli alleati e deiservi più fidati. Sui loro giornali Prometeo, StellaRossa ed anche Bandiera Rossa, non dicono una solaparola contro i tedeschi, contro i nazisti, non incitanoalla lotta immediata contro i nazisti tedeschi, ma alcontrario questi luridi fogli attaccano il Partito Comu-nista, perchè con tutte le sue forze è sceso in lotta perla cacciata dei tedeschi dall’Italia. (...) I loschi redattoridi Prometeo rigurgitano le loro sconcezze sotto il titolo‘L’insidia del partigianesimo’. Secondo costoro il par-tigianesimo anti-tedesco è un’arma di cui si serve laborghesia per accecare l’operaio; secondo costoro glioperai devono rifiutarsi di raggiungere le formazionipartigiane e devono disertare la guerra. E mentre itedeschi hanno aggredito e messo a ferro e fuoco ilpaese del socialismo, i sinistri uomini di Prometeo, diStella Rossa e del pseudo ‘Partito Internazionalista’hanno la spudoratezza di proclamare che non bisognalottare contro i tedeschi, di predicare l’astensionismoe di invitare gli operai a non andare nelle formazionipartigiane. (...) Tutto questo lo fanno invocando iprincipi di Marx e di Lenin. No, questa non è la via della...sinistra. In realtà essi sono sulla via della Gestapo.L’azione criminosa ed infame di questi luridi individuideve essere smascherata e denunciata. Essi devonoessere messi alla gogna, devono essere trattati comespie e traditori, come agenti della Gestapo. E la lorostampa va bruciata.”

I dirigenti del PCI si preoccupavano per i pericolirappresentati da un crescente “dissidentismo” che siandava diffondendo in particolare nelle zone di Napoli,Roma e Milano. Scriveva Scoccimarro in una letteradel 14 dicembre 1943: “Dobbiamo, ad ogni costo,evitare che, mentre tendiamo all’unità col PS, ci sorgaa fianco uno pseudo partito comunista capace dirappresentare un nuovo elemento di scissione dellaclasse operaia.”In un suo Rapporto di informazione del gennaio 1945,P.Secchia accennava alla avvenuta “liquidazione deigruppi di opposizione che vivacchiano fuori del PCI.(...) Dei vecchi rottami del bordighismo finiti nellacloaca della Gestapo e della controrivoluzione si

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polizia fascista e dall’altro agli operai come “agenteprovocatore” dell’OVRA e della Gestapo.Anche M.Acquaviva era nato nel 1900; comunista dal’21, era stato arrestato nel 1926 e condannato dalTribunale Speciale Fascista a 8 anni e 6 mesi dicarcere, interamente scontati per il suo rifiuto adavanzare domanda di grazia. Nel 1931 si era dimessodal PCI di Togliatti; uscito dal carcere e ripresi i contatticon elementi della Sinistra, aderì nel 1943 alP.C.Internazionalista, diventando uno dei suoi piùqualificati dirigenti (membro del C.C. e segretarioregionale per il Piemonte) e un entusiasta animatoredella Federazione astigiana e della Sezione di Casale.Assieme a Fausto Atti, anche Mario Acquaviva “ècaduto perchè era un rivoluzionario. L’avversario losapeva e gli ha teso l’agguato.” (Battaglia Comunistadel 28 luglio 1945)Due altre vittime della tecnica della eliminazione fisicadell’avversario: una caratteristica principale del fasci-smo e dello stalinismo, e di tutta la controrivoluzioneborghese in generale.

Il rafforzamento del partito

I gruppi internazionalisti si erano fino ad allora mossisulla base di una piattaforma politica nella quale, incontinuità con le posizioni della Frazione all’estero, sidenunciava il carattere imperialistico della guerra, ladegenerazione dello Stato Sovietico e della Interna-zionale, la riaffermazione della necessità del partito diclasse, operante sulle basi teoriche del marxismo edella Sinistra italiana. In seguito, con la costituzione inPartito, viene affidata al Comitato Centrale la elabora-zione di uno Schema di Programma. Il documento fupresentato nel settembre 1944, “in vista della situazio-ne di crisi della guerra, che si andava delineando”(come si legge nell’avvertenza alla sua prima pubbli-cazione, nel 1945), e col fine di trarre dallo sviluppodella politica borghese post-bellica le necessarie indi-cazioni rivoluzionarie all’azione del Partito.

“Il documento segna una drastica collocazione dellaSinistra italiana, tendenza critica che già si era aper-tamente palesata nell’anteguerra,sul piano della poli-tica attiva di fronte ai problemi nuovi scaturiti dallaSeconda Guerra mondiale e dall’ingresso della Russiasul piano dell’imperialismo. Alla precisa predizionedelle future vicende della lotta antifascista, si accom-pagna infatti la altrettanto precisa denuncia preventivadelle forze della socialdemocrazia (sotto le cui inse-gne è essenziale il ruolo del partito di Togliatti), giàallora da noi indicate “non come forze di destra delproletariato, ma come reali e coscienti forze dellasinistra borghese”. Ne discendeva l’impegno alla lottapolitica organizzata.Il dato di maggiore rilievo teorico dello Schema diProgramma consiste nell’aver colto dall’insegnamen-to tragico del crollo dei due pilastri più importanti dellaRivoluzione d’Ottobre, quello del Partito e dell’Interna-zionale, che la sola garanzia, se si può parlare digaranzie, per la continuità di una linea rivoluzionariaconsiste nella presenza anche fisica della classe negliorganismi della dittatura proletaria. Ciò sarà possibilenella misura che sarà operante il rapporto dialettico trale forze del potere saldate in un contesto ideologico-

politico di autentica democrazia operaia, come leconcepisce Lenin in Stato e rivoluzione.” (dalla Intro-duzione a Documenti della Sinistra Italiana, n. 1,Edizioni Prometeo - 1974)

Con la fine della guerra, nella Frazione di Sinistra deiComunisti e Socialisti italiani, operante autonoma-mente nell’Italia Centro-Meridionale, si era formatauna corrente (L.Tarsia, La Camera, Maruca e Pistone)che si riallacciava sempre più alle posizioni originariedel P.C.d’Italia e alla diretta influenza di AmadeoBordiga.Dopo la liberazione del Nord-Italia, ilP.C.Internazionalista stabiliva normali contatti con laFrazione al Sud, presente con sue Federazioni nelLazio, Campania, Calabria, Lucania e Puglie, nellaprospettiva di un possibile accordo di fusione. In unacircolare della Frazione (citata da A.Peregalli nel suolibro: L’altra Resistenza) si legge: “Il giorno 8 giugno haavuto luogo una riunione fra i nostri compagni De NitoGiuseppe, Tarsia Ludovico e Magnelli Edoardo, dele-gati dell’Esecutivo provvisorio della Frazione, e ilcompagno Bruno Maffi della Federazione di Milano delP.C.Internazionalista (...) Assistevano alla riunione icompagni Libero Villone, Giuseppe Giudice Pietro,Gennaro Autiero, Giuseppe Iorio e altri. Il compagnoMaffi dichiarò (...) che era indispensabile un convegnatra delegati del P.C.Internazionalista e della Frazioneallo scopo di esaminare e risolvere tutti i problemi e laquestione relativa all’organizzazione del Partito subase nazionale. Tale convegno è stato fissato aMilano il 15 luglio prossimo v.”Il Convegno nazionale del Partito si tiene a Milano il 17e 18 luglio 1945. Vi partecipano il Comitato CentraleAllargato e tre delegati della Frazione meridionale.Constatata la piena identità di vedute sul terrenoideologico e tattico, sulla base delle Tesi fondamentalidella Sinistra italiana, si procede allo studio dei proble-mi organizzativi della rete nazionale del Partito. Lasaldatura con il Centro-Sud avverrà dal punto di vistaorganico con lo scioglimento della Frazione e laadesione di parte dei compagni al Partito; verrà inoltrecreata una commissione paritetica per l’unificazionedelle forze e per la preparazione del prossimo Con-gresso Nazionale.Il 29 luglio 1945, in una riunione a Napoli nello studiodi L.Tarsia e alla presenza dei compagni De Nito, LaCamera, Terzani, Bordiga, Damen, Maffi e lo stessoTarsia, la Frazione viene dichiarata sciolta. I militanticomunisti aderiscono al Partito Comunista Internazio-nalista.

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“Il Partito Comunista Internazionalista è stata la solaorganizzazione rivoluzionaria che abbia affrontato coninesorabile e dura coerenza l’esame della natura dellaguerra (il secondo conflitto mondiale) e del fronteimperialista arricchitosi dell’immenso potenziale uma-no e di risorse economiche della Russia sovietica.Aver capito questo e aver operato conseguentementesignifica aver saputo adoperare l’arma del marxismo,che non era certo disposta a sparare sul fronte dellaguerra di liberazione a difesa della patria borghese edella ricostruzione dell’apparato capitalista”.“C’è una continuità storica inflessibile fra i primi Con-gressi dell’avanguardia internazionale italiana e il no-stro I° Congresso Nazionale. Non li commemoriamoper dovere d’ufficio: li ricordiamo perché sono i nostriCongressi.- Convegno di Imola, novembre 1920: i gruppi comu-nisti differenziatisi in seno al vecchio Partito Sociali-sta si raggruppano intorno alla piattaforma politicaelaborata e difesa dalla Frazione Astensionistica esulla base dell’accettazione dei postulati classici anti-gradualisti, anti-riformisti, anti-parlamentaristi, anti-democratici della Rivoluzione d’Ottobre. E’ il punto diapprodo di una tenace battaglia, condotta dalla corren-te rivoluzionaria e intransigente nei quadri tradizionalidel movimento operaio italiano: è l’annuncio dell’attodefinitivo di separazione dal corpo degenere delriformismo.

- Congresso di Livorno, gennaio 1921: la frattura tral’avanguardia rivoluzionaria e marxista e la maggioran-za riformista, centrista, opportunista, è irrevocabil-mente consumata. Il Partito Comunista d’Italia nascesulle basi, accettate concordemente da tutti i suoimembri, del programma elaborato dalla Sinistra inarmonia coi deliberati del II° Congresso dell’Interna-zionale.

- Congresso di Roma, settembre 1922: il PartitoComunista d’Italia consegna in un documento appro-vato all’unanimità la sua concezione della tattica dellarivoluzione proletaria (Tesi di Roma): è questa lapiattaforma di guida e di lotta sulla quale si è sostan-

zialmente mossa da allora la Sinistra Comunista.Imola, Livorno, Roma: sono gli atti fondamentali ecostitutivi del Partito Comunista d’Italia, e sono iCongressi dominati dalla potente inquadratura ideolo-gica, politica, tattica, della Sinistra.

- Congresso di Lione, 1926: ridotta in condizioni diinferiorità attraverso le manipolazioni dell’apparato edal peso del nuovo e degenere orientamento dell’Inter-nazionale nel quadro di una situazione di declinorivoluzionario, la Sinistra riafferma i postulati delmarxismo contro la marea avanzante della sua falsi-ficazione, contro tutte le interpretazioni idealistiche,democratiche, piccolo-borghesi dei compiti e degliobiettivi del Partito di classe; contro la paraboladegenerativa dell’Internazionale e dello Stato russo.Seguito un anno dopo dalla Conferenza di Pantin edalla costituzione della Sinistra Comunista in Frazio-ne, esso è l’ultimo Congresso nazionale in cui, sia puresoltanto dai banchi della minoranza, le concezionifondamentali su cui si basa il movimento comunistasiano state affermate prima dello scoppio della IIguerra imperialistica.

Il nostro Convegno di Torino (dicembre 1945) è stato- dopo il conflitto - la prima rassegna delle forzeproletarie marxiste muoventesi sul solco di quellatradizione. E’ sullo stesso solco che, riunito nel suoprimo Congresso Nazionale, il Partito ComunistaInternazionalista si prepara ad affrontare, armato diquella vivente tradizione ideologica, la complessarealtà dell’evoluzione capitalistica e dei nuovi compitidell’avanguardia rivoluzionaria”.

(Da Battaglia comunista n. 17 - maggio 1948)

La nostra continuità storica

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“Sulla linea della continuità storica della Sinistra Italia-na, la costituzione in Italia del Partito ComunistaInternazionalista rappresentava la conclusione logicae conseguente della Frazione che nella fase terminaledella II guerra mondiale non poteva ricostruirsi cometale per i compiti nuovi e più complessi ch’essa erachiamata a risolvere.Il diagramma della continuità esprime la Frazionecome il momento di passaggio dalla esperienza partiticadella Sinistra Italiana: il Partito di Imola e di Livornocon il suo ultimo atto di riconferma storica che passaattraverso il “Comitato d’Intesa” e la sua ricostruzione(1943) come Partito Comunista Internazionalista checostituisce tuttora la sola premessa teorico-organizzativa per ogni possibilità obiettiva di ricostru-zione del partito rivoluzionario del proletariato interna-zionale.La costruzione del Partito nei suoi quadri tradizionali èstata possibile nella fase storica del crollo del fasci-smo avvenuto nel quadro di un più vasto crollo, quellodi un settore economico-politico e militare della IIguerra mondiale, nel quale l’Italia fascista era inseritacome uno dei pilastri più importanti; la stessa opera-zione non sarebbe stata possibile nella fase dellaFrazione se non per effetto di uno scivolamentoidealistico e spontaneista, non esistendo, neppure inminima parte, le condizioni obiettive e subiettivenecessarie per dar vita alla sua trasformazione inpartito. Storicamente la Sinistra Italiana non era népoteva essere o impersonare una ipotetica “sinistrabelga” o “franco-belga”.La Sinistra Italiana, pur negli alti e bassi della suaesperienza, non ha mai teorizzato che il partito sorgeed opera solo nella fase rivoluzionaria e si dissolve esi riduce a compiti di Frazione nella fase controrivolu-zionaria; forse che il Partito Comunista d’Italia non èsorto a Livorno sotto la spinta ideologica e politicadella Sinistra Italiana nella fase montante della contro-rivoluzione?Tipica a questo riguardo è la esperienza vissuta daicomunisti italiani nel periodo fascista con il passaggioalla clandestinità del Partito, nella quale fu risolto nonsolo il problema della continuità e del contatto con lemasse, ma quello soprattutto della formazione dinuovi quadri che avrebbero, sì, rafforzato l’organizza-zione stalinista ma proporzionalmente avrebbero ser-vito ad allargare la zona di influenza della SinistraItaliana. (Si tenga presente a questo proposito chel’espulsione dal partito di Damen, Fortichiari e Repossi,avvenuta nel 1933, fu motivata dal fatto che questicompagni operavano alla ricostruzione della frazionedi sinistra.)

Quanto al rapporto fra partito e classe: la classe, nelsuo complesso, nel suo operare quotidiano e nellalunga storia delle sue lotte non è mai andata oltre illimite corporativo, oltre lo stimolo rivendicativo; lacoscienza tradeunionista della classe operaia non è

mai divenuta coscienza del fine storico in quantoclasse rivoluzionaria; battaglie, rivolte, insurrezioniche punteggiano la lunga marcia del movimento ope-raio non si sono mai trasformate, per virtù propria, inaltrettanti momenti dell’assalto rivoluzionario di tutto ilproletariato contro tutto il capitalismo.Da qui la funzione storica, permanente, del partitorivoluzionario di classe, a cui è demandato il compitodella elaborazione della teoria, di preparazione deiquadri, di laboratorio scientifico della classe, di spronee di guida per il raggiungimento degli obiettivi storiciche vedranno la costituzione del proletariato in classedominante.Assegnare questo compito di autosufficienza allaclasse in una fase prerivoluzionaria - così come legarela costruzione del partito alla fase dell’assalto al poterein cui la presa di coscienza delle masse è ancora esoprattutto istintiva, anche se la sua violenza spezzale strutture dell’avversario di classe - significa pensarein termini di metafisica e non secondo una metodolo-gia rivoluzionaria marxista che all’assalto ha sostituitoil concreto, all’ideologismo il dato scientifico desuntodalla realtà economico sociale.

Per noi la Rivoluzione d’Ottobre è un dato di fattoinoppugnabile che presuppone un partito bolscevico,che è quanto dire il partito di Lenin come precedentestorico e modello ideale a cui riferirci; tutto il restooffertoci dalla posteriore cultura revisionista e obietti-vamente antileninista, nasce dalla psicologia dellasconfitta della rivoluzione ed è prevalentemente unsottoprodotto sentimentale di avversione allo stalini-smo.Abbiamo detto modello ideale il partito di Lenin, il solovalido nella storia del proletariato rivoluzionario e i cuiconnotati sono: a) permanenza e continuità del partito senza la cuiopera di propedeutica rivoluzionaria e di stimolo, ilproletariato non potrà liberarsi dalle remore e dai limitiche una coscienza tradeunionista e tendenzialmentecorporativa porta per sua natura con sé; b) è necessario ripercorrere criticamente le posizioniassunte dalla Sinistra Italiana già nel cuore della primaguerra mondiale per rintracciare il filo rosso della suacontinuità le cui tappe maggiormente significativesono quelle del Congresso di Bologna (1920), delCongresso di Livorno (1921), della gestione del P.c.d’Italia fino alla defenestrazione della direzione disinistra (1923), del Comitato d’Intesa alla vigilia delCongresso di Lione (1925-1926). La Frazione - quellache aveva raccolto i quadri tradizionali e più efficientidella sinistra, i quali avevano già costituito la spinadorsale del P.C. d’Italia e si erano poi raggruppatiattorno al Comitato d’Intesa per difendere come cor-rente di maggioranza la propria linea politica alladirezione del partito e per sostenere, in vista delCongresso di Lione, la propria piattaforma di opposi-

Costruzione e coerenzadel partito di classe

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zione al nuovo corso imposto dall’Internazionale - eragià il partito in potenza.Nel 1943, nella fase convulsa e conclusiva dellaseconda guerra mondiale con in prospettiva il crollo diun settore essenziale del fronte della guerra e conesso lo sfacelo economico e politico già in atto delfascismo e l’inevitabile deterioramento della strutturadello Stato, compito elementare e immediato deicomunisti era quello di lavorarci dentro e creare glistrumenti più idonei a questo compito per determinaresituazioni favorevoli ad una soluzione rivoluzionariadella crisi. Lenin aveva operato in questo senso conesito favorevole, ma avrebbe operato allo stessomodo anche se l’esito fosse stato non conforme alleaspettative immediate del partito. Nessuno di coloroche allora hanno creduto alla necessità della organiz-zazione del partito si era prefissa la ripetizione mecca-nica dello schema di un succedersi di accadimentisimili a quelli vissuti da Lenin prima dell’Ottobrebolscevico.

Questo è il clima nel quale abbiamo inserito l’iniziativadella costruzione del partito di classe, e il riferimentoa Lenin e al partito bolscevico costituiva e costituiscetuttora il solo riferimento storicamente possibile evalido; una valutazione diversa sarebbe stata impos-sibile per la ripugnanza comune a tutti noi di non legarela nostra opera ad una ipotesi posta al di fuori di ogniesigenza della lotta operaia perdentesi nelle nuvole diqualche paradosso teorico come quello, ad esempio,che considera il partito e la sua legittimazione storicadi esistenza meccanicamente legata alla contempora-nea ricostruzione del proletariato in classe. Da qui iltentativo del tutto idealistico di identificare partito eclasse come quando si pone tra gli obiettivi unaricostruzione del proletariato in classe, cioè in partitopolitico classista. Sofisma intellettualistico che brillaper la sua geometricità, ma del tutto campato in aria seriferito alla vicenda della lotta operaia e al ruolo storicoe permanente del partito saldato alle alterne vicende diqueste lotte. Sotto questo profilo non è meno falsa ladistinzione bordighista tra “partito storico” e “partitoformale” perchè non si è mai dato il caso di un partitoportatore di un corpo di tesi e di dottrina, di unprogramma e di una capacità di elaborazione dellateoria rivoluzionaria che viva nella stratosfera e nonattinga giorno per giorno, nel cuore della lotta operaia,i motivi di tale elaborazione teorica e la confermacostante della sua validità.Il problema fondamentale e il più difficile da risolversiper una minoranza rivoluzionaria è quello della suapresenza e di operare su una piattaforma politica pertutto un arco storico, quello del capitalismo quali chesiano le condizioni obiettive, non escluse quelle dellaguerra e della controrivoluzione ancora in atto, peraiutare la classe operaia ad elevarsi da una coscienzadegli interessi immediati e contingenti ad una coscien-za del proprio essere di classe storica, antagonista alcapitalismo.

Nel caso specifico, il Partito Comunista Internaziona-lista ha le sue carte in regola: ha al suo attivo ladefinizione della natura capitalista dell’economia rus-sa; la denuncia aperta fatta nel corso della II guerramondiale del ruolo imperialista della Russia schierata-si tra gli Stati belligeranti e la sua partecipazione alla

suddivisione del mondo in zone di influenza economi-ca e politica; l’attacco frontale condotto contro lostalinismo in quanto momento della controrivoluzionemondiale; la lotta contro la guerra e contro il motopartigiano della guerra nazionale antifascista conside-randolo, come è stato nella realtà, un coefficientepositivo della strategia dell’imperialismo americano enon una insurrezione armata di popolo contro il capita-lismo e la sua guerra imperialista; sempre al suo attivola lotta aperta e senza ripiegamenti tattici contro ladirezione togliattiana del P.C.I., edizione italiana dellostalinismo imperante sul terreno dello schieramentooperaio uscito dalla guerra fascista e già sulla chinad’essere trascinato in una nuova turlupinatura, quelladella guerra nazionale antifascista, preludioall’agganciamento del proletariato alla politica dellaricostruzione economica per una ripresa del processodi accumulazione praticamente spezzato dall’esitodisastroso della guerra.La borghesia italiana deve sopratutto (per non direunicamente) alla politica di Togliatti e quindi del P.C.I.,se la liquidazione del fascismo si è limitata ad alcuniaspetti del tutto esteriori e se la vera essenza delfascismo, nei suoi gangli essenziali e nelle sue strut-ture portanti, sia passata sana e salva nelle mani degliuomini e dei partiti della nuova gestione democristianae comunista, i due maggiori pilastri della resistenza equindi i due maggiori profittatori della partitocraziademocratico-repubblicana.Il nostro Partito, forte dei migliori quadri forgiati alfuoco del conflitto ideologico e politico di Imola e diLivorno o ereditati dalla Frazione; forte dell’adesione diconsiderevoli gruppi partigiani che avevano capito lavera natura del partigianesimo a cui tutto potevaessere chiesto meno una condotta della lotta armatain senso anticapitalistico prima che fascista; fortesoprattutto della adesione di giovani leve impegnatecontro la guerra imperialistica e contro lo stalinismomistificatore, ha imposto alla direzione togliattiana ilricorso ad una politica provocatoria e di ricatto perspezzare e far tacere la sola voce che parlasse allorail linguaggio di classe e ponesse davanti alle masse lasolo prospettiva possibile per il proletariato, quelladella rivoluzione socialista.”

(da Non si costruisce il partito della rivoluzione giocan-do al paradosso di O. Damen - Prometeo n. 18, 1972)

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I documenti

re, delle cooperative di produzione e di consumo,dell’esproprio delle terre coltivate male o non coltivateaffatto, che riprende cioè i temi obbligati del più logoroe pantofolaio riformismo; un socialismo che si impe-gna a ricostruire le commissioni interne e a dar vita aduna confederazione generale di soli lavoratori libera-mente eletti, nello stesso momento in cui scatena neicentri operai e nelle fabbriche una reazione spietata;un socialismo, soprattutto, che dichiara di voler met-tere al centro dello stato il lavoro, ma si affretta subitoa proclamare inviolabile e protetta dallo stato la pro-prietà privata; che minaccia la guerra alla plutocraziainternazionale, ma ripudia la lotta di classe, anzi vuolela conciliazione fra le classi; che lancia fulmini e tuonicontro il capitalismo monopolistico, ma non ha neppu-re il coraggio di parlare di nazionalizzazione del mono-polio.Salari equi, partecipazione agli utili, commissioni in-terne, sindacato libero, cooperative di produzione econsumo: un altro passo avanti e il programma fasci-sta repubblicano coinciderà punto per punto col pro-gramma sociale dei cinque (o sei) partiti antifascisti,tanto è giusta la nostra tesi che fascismo e democra-zia sono due facce diverse di una realtà sola. Ed ènaturale, poiché, se nell’Italia fascista repubblicana ilprogramma di rivendicazioni sociali tende a renderepiù popolare la guerra tedesca, nell’Italia democratizzatalo stesso programma tende a rendere popolare laguerra inglese.Demagogia, dunque, da ambo le parti. Ma al fondo diquesta mascheratura c’è una realtà tragicamenteseria: la realtà di una crisi sociale di cui la classedominante avverte già i sintomi minacciosi, e dellaquale si preoccupa di ritardare a qualunque costol’esplosione. Siatene certi: pur di non cedere sullaquestione di fondo - sul suo dominio di classe - laborghesia fascista o democratica sarà domani dispo-sta (e lo è già oggi) a cedere sulle questioni seconda-rie, ad aumentare un pochino i salari, a lasciar sorgeredelle commissioni interne che ha tanti modi per cor-rompere, a subire il controllo delle entrate da parte diorganismi operai preventivamente narcotizzati. Puòdarsi anche che, in extremis, ceda su qualche cosa dipiù e che in questo gioco trovi un fraterno appoggionell’opportunismo di certi sedicenti partiti operai. Spet-ta a noi fin da oggi smascherare una manovra che, conla vecchia e sempre giovane arma della collaborazio-ne, tende a spuntare l’impulso rivoluzionario del prole-tariato e dimostrare ogni giorno e ogni ora che lasoluzione della tesi sociale non può avvenire entro iconfini dell’economia e dello stato capitalista, e pre-suppone come primo e fondamentale atto il grandecolpo di scopa della rivoluzione proletaria”.(da Prometeo del 1-12-1943)

Dicembre 1943

Demagogiademocratica efascista e realtà diclasse“Ogni stato belligerante ha bisogno, per convincere lamassa operaia della suprema utilità e santità delmassacro, di prendere una certa tintarella sociale oaddirittura socialista. Il ‘socialismo nazionale’ di Hitlerha servito di paravento alla preparazione bellica dellaGermania; il ‘piano Beveridge’ serve a Churchill perbarattare i sacrifici presenti dei lavoratori contro lapromessa di una vita comoda e di una vecchiaiatranquilla nell’avvenire.E poiché questa demagogia sociale è tanto più neces-saria quanto più profonda è la crisi del sistema borghe-se, è naturale che ad analoghi trattamenti di chirurgiaestetica sentano l’urgente bisogno di sottoporsi so-prattutto gli stati in cui il marasma sociale e politicointerno minaccia di sconvolgere le basi stesse dellasocietà borghese. Non per nulla, punto di minor resi-stenza dell’edificio capitalistico mondiale, lo statofascista repubblicano cerca, auto-proclamandosi so-cialista, di riguadagnare presso il proletariato il presti-gio clamorosamente perduto.Questa manovra in se stessa puerile, è uno dei piùclamorosi esempi della degenerazione capitalista.Quella stessa borghesia che, nella tremenda crisisociale dell’altro dopoguerra, lanciò sul mercato l’arti-colo del fascismo, movimento ‘repubblicano e proleta-rio’, e poi - una volta imbrogliati i più ingenui - gli tolsela maschera e lo presentò per quel che era, cioè unmovimento monarchico, forcaiolo e schiettamentepadronale, per abbatterlo infine quando minacciava ditravolgerla nell’abisso dell’avventura bellica, quellastessa borghesia rispolvera oggi i vecchi arnesi dema-gogici del 1919 nella speranza di legare al suo carrouna parte almeno della massa operaia come se fosse-ro passati invano venti anni di reazione antiproletaria,di orge capitalistiche, di sfrontati guadagni digeritiall’ombra dei bassi salari, della protezione doganale,dell’autarchia e, infine, della guerra.Con un colpo di bacchetta, il capitalismo si trasformain ...socialismo. Ora, che cos’è questo socialismo dicui la recente dichiarazione programmatica del Partitofascista preannuncia la funzione rivoluzionaria? Ilsocialismo dei cosiddetti ‘adeguamenti salariali’ edella partecipazione agli utili (arma vecchia di almenomezzo secolo), con cui la classe padronale ha spessocercato di cointeressare l’operaio alle sorti dell’azien-da promettendogli per la fine dell’anno un invito apranzo; il socialismo della difesa del piccolo coltivato-

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Gennaio 1944

Per una nuovaInternazionale... “La III° Internazionale era per noi irrevocabilmentemorta prima ancora che nel giugno 1943 il neo-maresciallo Stalin ne firmasse l’atto ufficiale di deces-so: era morta da quando, nel 1933, la sconfitta delproletariato tedesco apriva le porte trionfaliall’hitlerismo. Quella vittoria non veniva a caso: aral’ultimo anello di una catena di errori e di disfatte che,attraverso la tattica della collaborazione, aveva getta-to il proletariato tedesco, bulgaro, cinese, nelle bracciaassassine dei partiti e dei governi borghesi. La parabo-la rivoluzionaria toccava il fondo: sconfitto su tutti isettori dell’arena internazionale, il proletariato cedevaquasi senza combattere, mal diretto e mal consigliato,l’ultima sua posizione. E, com’era stata la conclusionefatale di un processo di allontanamento dalle basiteoriche e politiche dettate dal II° Congresso di Mosca(1920), così quella sconfitta segnava l’inizio del defi-nitivo distacco della Russia da quel proletariato mon-diale a cui la III° Internazionale non aveva più saputoindicare la via maestra del potere, e l’inizio, insieme,di una lunga crisi bellica.Divenuta strumento di politica estera russa, l’Interna-zionale segue da allora le tappe del progressivoinserimento dell’URSS nel meccanismo della diplo-mazia borghese e, quindi, della guerra. La risposta allavittoria hitleriana è data dal patto franco-russo, dall’in-gresso dell’URSS nella Società delle Nazioni - tipicostrumento di conservazione borghese -, dal suo schie-ramento a fianco del blocco borghese democraticocontro il blocco borghese fascista; sul piano politico,il riflesso di questa svolta si trova nella tattica delfronte popolare lanciato dal VII° Congresso nel 1935,accompagnato ben presto dall’esperimento collabora-zionista in Francia e in Spagna.Già allora, la morte dell’Internazionale è insieme l’ef-fetto e il preludio di un avvenimento fatale: la guerra.Già allora, la sua paralisi è insieme la conseguenzadiretta della mancata vittoria proletaria, e il punto dipartenza di una nuova scissione in seno alla classeoperaia mondiale. Quel che è avvenuto di più non èstato che un graduale scivolare verso lacorresponsabilità nella guerra; dal momentaneo di-stacco dell’URSS dal blocco democratico, e avvicina-mento a quello fascista, al successivo riagganciamentoal blocco democratico, e dalla parola d’ordine dei frontinazionale e dall’impegno a collaborare con tutti i partitiborghesi, all’amicizia nei fatti, in spirito e nei propositi,della recente Conferenza di Teheran. Prima ancora disciogliersi, l’Internazionale non era più un organo didirezione e di guida della classe operaia mondialecontro ogni forma di dominazione del capitale, ma eraessa stessa uno degli strumenti con cui il capitaleinchiodava le forze del lavoro ad una guerra preparatae voluta per distruggere la vitalità rivoluzionaria. Per-ciò l’Internazionale è morta.”...(Da Prometeo n. 3 - gennaio 1944)

OPERAI:Il partito centrista staliniano, che ancora usurpa l’ap-pellativo di comunista, vi ha dato nei giorni scorsi perbocca del suo capo Palmiro Togliatti (Ercoli) l’ultimapiù inconfutabile prova del tradimento della vostracausa rivoluzionaria: l’appoggio del centrismo allamonarchia dei Savoia.Legati mani e piedi al giogo della reazione borghese,al Badoglio del 25 luglio, che vi massacrarono con lemitragliatrici e i carri armati dopo appena qualche oradi respiro dalla caduta del fascismo, i centristi non siaccontentano ora più di essere i servi e i paladini dellaborghesia democratica antifascista, si fanno gli iniziatoripiù sfacciati della repressione e dell’imperialismo.

Se ancor ieri potevate vedere su questi signori lamaschera di un preteso sinistrismo antimonarchico eantibadogliano; se ancora vi si poteva presentareabilmente confezionato l’ormai ammuffito minestronedella tattica e dello stratagemma machiavellico in unasedicente politica di Comitato di liberazione nazionaleche, pur lontanissimo dalla vera tattica intransigente diogni genuino rivoluzionario, tuttavia si atteggiava adifensore di un’Italia nuova, libera dai legami con iventi anni di fascismo; oggi invece la maschera ègettata e la famosa tattica, raggiunto il culmine del suovantato realismo, è divenuta, nell’alleanza col re, piùche realista, regalista.Chi, di questo passo, oserà ancora definire realmenteantifascista costoro, i quali, per amore dell’agognatacarriera e della medaglietta non hanno esitato a porsiaccanto ai fomentatori del fascismo ed a salvarequella casta di militari e di generali che il nominatoTogliatti ha ritenuto altamente preziosi per la creazio-ne di un futuro, poderoso esercito italiano? Di fronte alvolgare tradimento centrista non avete che una scelta:una volta definita la natura reazionaria di quello che fuun giorno il vostro partito, rompere ogni legame conesso per salvare il vostro avvenire e, liberati dallatenaglia guerrafondaia che vi incita alla lotta antingleseo antitedesca, schierarvi nelle file del PARTITO CO-MUNISTA INTERNAZIONALISTA, continuatore in-stancabile di Marx e di Lenin, per la trasformazione delconflitto imperialista in una guerra civile, in una lotta diclasse, per la creazione di quelle premesse rivoluzio-narie necessarie per la vostra vittoria di domani, checonsistono oggi in una costante assidua opera dichiarificazione politica, ideologica, di preparazione di

aprile 1944

Ercole Ercoliappoggia lamonarchia.I veri comunisti glirispondono

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Settembre 1944

Viva la rivoluzioneproletariaOperai, contadini, soldati!Dopo quattro anni di guerra il bilancio del più spaven-toso massacro della storia vi si spiega d’innanzi nellasua tremenda crudezza. Gigantesco rullo compresso-re, la guerra è passata e ripassata su ogni lembod’Europa, distruggendo quello che generazioni interedi lavoratori avevano costruito. E per alimentarla, laborghesia ha mobilitato quelle gigantesche ricchezzedi cui era tanto avara quando chiedevate del pane, hasacrificato quella civiltà che le strappava lacrimecocenti quando lo spettro della rivoluzione turbava isuoi sonni, ha santificato quella violenza che suscita-va lo sdegno ipocrita dei suoi moralisti quando ilproletariato minacciava di usarla, con ben altro spiritoe in ben altre proporzioni, per difendere coi propri dirittii diritti della società intera. A tutto si è ricorso perconservare i privilegi di classe: si è fatto appello allerisorse più raffinate di una intelligenza che sembravacosì povera d’inventiva nel compito ben più fecondo diassicurarvi condizioni umane di vita; si è giocato condiabolica raffinatezza sugli istinti più bestiali, sui piùtorbidi odi di razza e di nazione sul pervertimento deisentimenti più nobili; si è invocata la protezione di undio pronto a benedire i cannoni di tutti gli eserciti; nonsi è esitato, per legittimare la carneficina, ad agitarequelle stesse bandiere che in tempo di pace riempiva-no di sgomento l’onesto borghese - libertà, giustiziasociale, socialismo...E intanto, mentre la guerra sta per concludersi, voiintravedete i lineamenti di una pace che vi si erapromessa liberatrice da tutti i giochi e rivendicatrice ditutti i vostri diritti. La stessa “pace” di sangue, cheavete sperimentato sotto i vessilli dell’Asse nei terri-tori “protetti” dalla Germania, la vedete delinearsi inaltre forme nei paesi che gli eserciti alleati rapidamen-te “liberano”. Vedete gli appetiti imperialistici disputar-si questo o quel pezzetto di terra (salvo poi a riconci-liarsi tutti contro di voi); i popoli vinti, che non la lorovolontà ma l’insaziabile ingordigia della classe domi-nante ha trascinato nel conflitto, ridotti a strumenti deivincitori, (vedete) gli armistizi accumulare su nazionigià stremate taglie e riparazioni; risorgere ancor piùaccese quelle ideologie nazionaliste contro le quali siè preteso di combattere, e gli eserciti trasformarsi intutori dell’”ordine” - di quell’ordine che solo dalla vostraclasse può esser minacciato per costruire col sociali-smo una società più degna.

Operai, contadini, soldati!Molti di voi hanno creduto che questa guerra fosse laloro guerra. O non vi si era promesso da una parte edall’altra che i frutti del conflitto sarebbero stati vostri?Oggi - dopo di aver provato la durezza del bastonenazista e la rabbia feroce di un fascismo ribattezzatosirepubblicano sociale - voi sapete di chi questi fruttisaranno. Per legarvi alla guerra e alle sue vicendeimmediate e lontane, due partiti operai hanno divisocol nemico di classe la responsabilità della guerra

quadri, di creazione di fronti unici di base sotto la guidadel nostro partito, di disfattismo contro la guerra ed iguerraioli di ogni colore, di sabotaggio, di diserzione.

OPERAI,nessuno, né la Germania, né l’Inghilterra, né l’Americae neppure la stessa Russia staliniana, vi porterà larivoluzione. Voi soli, se ne avete la decisa volontà,sarete in grado di conquistare le vostre libertà.

Come i comunardi di Parigi del ’71, come gli operai diPietroburgo e di Mosca nel ’17, uniti nel vostro veropartito, iniziate la lotta decisiva per la vittoria delComunismo che solo può nascere là dove l’oppressio-ne e la guerra borghese sono combattute con l’armavera del proletariato: la guerra di classe in tutti i paesi,all’interno dei fronti di battaglia, nelle città, nellefabbriche, nelle campagne!

VIVA LA RIVOLUZIONE COMUNISTA INTERNA-ZIONALE!

IL PARTITO COMUNISTA INTER-NAZIONALISTA

aprile 1944

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casacca del militarismo nazista, e a quelli che verran-no con voi, con l’odiata casacca del militarismoanglosassone o russo a difendere l’”ordine nuovo”,perché non vi prestiate al gioco del capitalismo inse-guendo i fantasmi della “guerra di liberazione” e della“democrazia progressiva” o cedendo agli allettamentidell’insurrezione filodemocratica, e tendiate tutte leforze verso quell’unica meta che la vostra coscienzadi classe vi addita: la conquista rivoluzionaria delpotere. Su questa dura via, saldamente uniti negliorganismi di massa che dal travaglio della vostra lottanasceranno, liberi dalla pesante catena del compro-messo, guidati da un partito rivoluzionario al quale voidarete l’inestimabile apporto delle vostre energie piùsane, c’è tutto un mondo da distruggere - il vecchiomondo della vostra servitù e del vostro massacro - c’ètutto un mondo nuovo mondo da costruire.

Operai, contadini, soldati!

L’edificio della vecchia società capitalista barcolla.Chi v’invita a combattere per una democrazia che solola rivoluzione proletaria può darvi l’aiuta a risorgere: chiv’invita a combattere non solo per l’abbattimento delfascismo ma per la conquista rivoluzionaria del poterele dà l’ultimo colpo di piccone. Scegliete!Una dura lotta attende il proletariato. Si tratta dicostruire i quadri ideologici e pratici della rivoluzioneche un quindicennio di errori e di tradimenti ha sfascia-to, di riprendere la via intrisa di sangue proletario dellaRivoluzione di Ottobre. Ma questa lotta, il proletariatod’Italia e del mondo, deve se vuol vincere, saperlacoraggiosamente affrontare.La guerra imperialista non può essere vinta che dallarivoluzione proletaria: solo la conquista rivoluzionariadel potere può conquistare la vera pace, la pace di unasocietà senza classi. Questa è la vostra bandiera:serrate intorno ad essa le vostre file!

Per l’unità internazionale del proletariato!Per la distruzione della società capitalistica e laconquista rivoluzionaria del potere!Contro la guerra borghese, contro la pace delcapitalismo, viva la rivoluzione proletaria.

Il Partito Comunista Internazionalistasettembre 1944

stessa e del potere. “Si combatte uniti contro ilfascismo” hanno dichiarato nell’atto di mettere le forzeproletarie al servizio della democrazia borghese, comese mai potesse esservi, fra proletariato e borghesia,nemico comune e a una frazione della borghesia fosselecito affidare il compito di sradicare per sempre unbubbone che ha le sue origini nel dominio di classedella borghesia medesima.Avete visto i partiti che si vantano eredi di dueInternazionali predicare non la lotta di classe, ma lacaccia al tedesco, l’unione nazionale, l’ideologia dellapatria; li vedete fare di operai e contadini inquadrati informazioni partigiane non l’armata della rivoluzione,ma uno strumento di guerra; spingervi al terrorismoindividuale quando l’apparato repressivo è ancora ingrado di “vendicare i suoi martiri” col massacro di unnumero venti volte maggiore di vostri fratelli; prepararecome a Varsavia e come a Parigi, l’insurrezioneproletaria non già per assicurarvi il potere politico, maper spianare la via al trionfale ingresso degli eserciti,e permetter alla belva nazi-fascista di esercitare anco-ra una volta sull’avanguardia proletaria, ultimo servigioreso in punto di morte al capitalismo, il tanto agognatomestiere del boia. Li vedete infine, nel momento in cuiil declino della guerra schiuderebbe alle vostre energiecombattive possibilità infinite, accettar di collaborarecoi partiti borghesi alla ... restaurazione della pace!

Operai, contadini, soldati!Il crollo imminente degli esecrati regimi totalitari e lafine ormai prossima della guerra segnano l’inizio di unperiodo di crisi della società borghese e di grandiagitazioni sociali. La borghesia può, con l’appoggiodell’opportunismo socialcentrista, vincere la guerra;ma vincerà essa la pace? Dominerà essa le forze di undopoguerra di miseria e di fame, con un apparatostatale in sfacelo, con eserciti stanchi di combatteree aperti al contagio rivoluzionario, con masse popolariche esigeranno a giusta ragione il compimento dellepromesse sulle quali si è costruita la propaganda diguerra? Così, nel rapido maturare di giganteschi con-flitti sociali, l’avanguardia operaia potrà trascinare nelvortice della rivoluzione tutti i ceti minori che la guerraha proletarizzato. Giacché questo sarà allora il dilem-ma: o una nuova era borghese, foriera di nuovi e ancorpiù spaventosi conflitti, o, con la vostra rivoluzione, ilsocialismo.

Ma perché questo avvenga, perché le vostre forze nonsi consumino ancora una volta a vantaggio dellaclasse dominante, occorre che la lotta senza quartierecontro la guerra, alla quale noi non abbiamo cessato diconvocarvi, dilaghi in guerra civile; che, contro l’ideo-logia malsana che contrappone nazione a nazione, silevi in voi la coscienza dell’antitesi fondamentale cheoppone classe contro classe; che il proletariato sistringa compatto sulla via maestra della conquista delpotere attorno a un partito che non tema di additargli lameta; e che, infine, al disopra delle frontiere, siristabiliscano fra le classi operaie di tutti i paesi queivincoli di solidarietà rivoluzionaria, che un lungo peri-odo di opportunismo e di propaganda bellicista ecinque anni di guerra hanno fatalmente spezzato.Per questo noi ci rivolgiamo a voi, e, attraverso voi,agli operai che lavorano oltre confine; a quegli stessiproletari che vestono oggi, in mezzo a voi, l’odiata

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Novembre 1994

Ai proletaripartigianiA tutti i lavoratoriProletariI:Quando il capitalismo italiano, sotto veste fascista, viinculcò il bacillo della guerra dicendovi che le vostresofferenze, e la mancanza di un vostro tenore di vitaadeguato ai bisogni dell’esistenza, erano dovute allamancanza di spazio territoriale, mentiva sapendo dimentire. Come era possibile parlare di spazio vitale edi necessità di conquista territoriale quando, sul suolonazionale, l’accumulazione del capitale era talmentegrande quanto grande era la miseria delle masse?Parlare di guerra di conquista mentre la ricchezza,sudore dei proletari, veniva accumulata nelle casse-forti del capitalista privato e sperperato nella voraginedella produzione bellica? nel mantenimento di unaburocrazia parassitaria, di una rete di spionaggio chevarcava le stesse frontiere, inghiottendo a getto con-tinuo l’oro che rappresenta i vostri sacrifici? Di unorganismo di polizia mastodontico? E di un’armatapermanente, vera sanguisuga sul corpo di tutta lamassa proletaria italiana? Eppure il nemico di classesi faceva rappresentare da un uomo, il quale, per lostesso fatto di avere vissuto nelle file proletarie avevai requisiti adatti per amministrare gli interessi di quellaclasse borghese che preferiva lanciarsi nella guerra,cioè nella distruzione ancora più massiva di ciò cherappresentava di già tutto l’apparato repressivo, buro-cratico militarista, ed economico di guerra.

Proletari:Se il capitalismo italiano, sotto spoglie fasciste, hapreferito la distruzione del potenziale di ricchezzanazionale piuttosto di elevare il tenore di vita dellemasse, non ha fatto né più né meno che il suo doveredi conservatore del suo dominio di classe; che questodominio avvenga sulla miseria sui sudori sulle lacrimeed il sangue di milioni di lavoratori, tutto ciò è nellanormalità della politica di classe della borghesia.Infatti, come si può concepire che il capitalismo cedail suo potere, ed elimini il suo metodo di sfruttamentospontaneamente? Chi crede a una simile utopia è unnemico del proletariato, poiché, l’esperienza dimostra,che il nemico preferisce creare il caos piuttosto checedere il potere alla classe progressista rappresentatadal proletariato,

Dall’altra parte bisogna rigettare la tesi che, con ungoverno di democrazia anche “progressiva”, il capita-lismo italiano avrebbe evitato di sboccare nella guerra,che questa guerra avrebbe avuto altre caratteristichein rapporto alle alleanze Questo non cambia il fattoche, il dilemma per l’Italia rimaneva il medesimo cioè:guerra o rivoluzione. Il proletariato italiano sitrovònell’assoluta impossibilità di contrapporre la rivo-luzione alla guerra, e il nemico poté facilmente, attra-verso la demagogia imperialista spingere le masse al

grande crimine del loro massacro. Diviene chiaroperciò che quello che interessa al capitalismo è di farela guerra, giacché per lui c’è un solo nemico e questosi chiama proletariato, ed è questo proletariato chebisogna deviarlo dalla sua linea classista; quando nonbasta la demagogia mussoliniana basata sullo spaziovitale, a un certo momento si ricorrerà al gallonatoBadoglio affiancato dalla lurida masnada dei Savoia,in nome del cosiddetto antifascismo, (proprio loro icreatori del manganello) e poi il fascismo stesso potràpresentarsi sotto spoglie repubblicane e socialiste,pur di potere trascinare, nel cerchio della morte, lagioventù proletaria. Ma se questa gioventù potràfacilmente individuare il mostro capitalista dietro lequinte della repubblica sociale, allora, si presenteràuna nuova formula, più accettabile dal cervello scon-volto dei proletari; e questa formula si chiameràRepubblica “progressista”, si chiamerà anche sociali-smo, ma dietro di questa facciata, si nasconderà laguerra, cioè, la morte economica fisica e politica delproletariato, il suo sfruttamento, il crollo della suaindipendenza di classe, del suo ruolo storico, della suarivoluzione.

Proletari partigiani:Voi in un certo senso potete diventare l’elemento dipunta della lotta proletaria poiché, nella vostra maggio-ranza, concepite nel vostro cervello l’intenzione dilottare, nelle prossime situazioni, a fianco alla classeproletaria: non per la collaborazione, con un nemicoche non sarà più fascista, ma non per questo non saràcapitalista; non per uno pseudo governo operaio, maper marciare verso la meta suprema, dello statoproletario, basato sulla propria dittatura di classe, che,non ha nulla a che fare con il totalitarismo come lapropaganda controrivoluzionaria tenta presentare.

Ma questo vostro ruolo d’avanguardia, di battagliarivoluzionaria, potrà realizzarsi a una sola condizionee cioè la presa di coscienza della vostra pericolosis-sima posizione, in cui attualmente vi trovate. Voi cheavete capito di disertare la guerra fascista, e conquesto atto vi siete messi all’avanguardia della lottaper trasformare la guerra in rivoluzione, dovete evitaredi farvi trascinare nell’orbita di altri agguati che potreb-bero presentarsi sotto diversi aspetti. Il primo: quellodella manovra del nemico di classe di fare di voi degliaffiancatori nel tentativo di ripristinare il potere el’autorità del capitalismo a spoglie democratiche, ilche vorrebbe dire fare di voi un fattore di conservazio-ne borghese: Il secondo: quello di credere, di illudersidi poter dare la scalata al potere, contrapponendo allearmate di occupazione una vostra armata, e questaillusione (a parte il fatto che gli stessi pensatori delmarxismo rivoluzionario l’hanno sfatata dichiarandol’impossibilità da parte proletaria, di vincere contrap-ponendo al nemico, un organismo militare creato apriori) ai proletari inquadrati nelle file del partigianismogreco costò cara, poiché l’illusione, caduta nel sangueprima, finì nella capitolazione e nel compromesso poi.Questa esperienza dimostra ancora una volta chel’assalto al potere si presenta quale compito delproletariato. tenendo conto che questo viene risoltosolo in date condizioni; e queste condizioni possonoessere individuate solo da un organismo dirigentesorto non dalla contingenza, ma da tutta un’epoca che,

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per essere stata di disfatte e di tradimenti, ha potutoprocreare l’utensile adatto alla vittoria rivoluzionaria.Il compito fondamentale di questo organismo, neiconfronti delle masse proletarie, non potrà mai confon-dersi con l’illusione demagogica e criminale di creareun’armata prima che il capolavoro insurrezionale nonsia stato risolto dal partito e portato a termine con lapresa del potere di classe. Quale è questo organismo?Forse uno di quei partiti che hanno la responsabilità diaver portato il proletariato alla guerra tradendo larivoluzione? Certamente no: chi incita alla guerra saràun collaboratore del nemico, anche in quelle situazionitravolgenti e favorevoli per la presa del potere da parteproletaria.Viceversa, l’organismo che offre la più grande garan-zia di guida rivoluzionaria, non può essere che quelpartito la cui base ideologica e tattica gli ha permessonon solo di evitare la caduta nel tradimento interven-tista, ma anche di indicare nella tempesta la direttivadi lotta contro l’infame agguato della guerra teso alproletariato italiano e mondiale.Viva la presa del potere proletarioViva la rivoluzione italianaTutto il potere al proletariato contro qualsiasiinterventismo e manovraNon un uomo, non un soldo alla guerraPer l'unità dei postulati generali di lotta, diserzio-ne, disfattismo rivoluzionario, devono formareuna sola parola d'ordine: Rivoluzione

Il Comitato federale torinese delPartito comunista internazionalista

Dicembre 1944

Abbasso i traditoridella causaproletariaProletari italiani

I grandi battenti della vera Storia stanno per aprirsi,l’ora dell’entrata in campo delle masse proletarie, forsenon è lontana; i primi lampi della riscossa, qualisintomi precursori della tempesta sociale siintravvedono già, anche se questi primi sintomi sipresentano sotto spoglie tutt’altro che genuine dalpunto di vista di classe.Le manifestazioni proletarie dell’Italia meridionale;quelle di Bruxelles, come pure le altre frammentarienotizie di disobbedienza militare sui vari fronti diguerra, ci fanno intravvedere i primi guizzi di luceattraversanti nei cervelli oscurati di milioni di proletari,travolti da lunghi anni dalle tenebre di una folliacollettiva di suicidio.

ProletariL’esperienza dell’altra guerra (la quale potè aver finegrazie alla vittoria proletaria nel settore russo) preoc-cupò molto il capitalismo internazionale. Da questapreoccupazione sorge spontanea la sua volontà difinire la guerra attraverso il meccanismo della vittoriamilitare, il cui risultato dovrebbe consistere in uncompleto annientamento del complesso economico-industriale ivi comprese le grandi masse proletarie.A questo scopo, il centrismo, avanguardia dellacontrorivoluzione, anche quest’anno ha osato mettereal servizio del capitalismo e della guerra la primagrande vittoria proletaria, la Rivoluzione Russa. Per tenervi incatenati al carro della guerra, i centristie i socialisti, ancora una volta, non hanno esitato aservirsi della Rivoluzione d’Ottobre per esaltare ilvostro massacro premeditato e voluto dal capitalismomondiale. Si è voluto mescolare la personalità delcompagno Lenin e il suo capolavoro rivoluzionario conla guerra in atto, la quale rappresenta l’opposto di ciòche fu la Rivoluzione Proletaria Russa.Perchè guerra e rivoluzione sono due terminiinconfondibili.L’uno - la Rivoluzione - esprime la vostra vittoria, lavostra vita!L’altro - la guerra - la vostra disfatta, la vostra morte!Il centrismo e la socialdemocrazia devono giudicare iproletari terribilmente ignoranti, nel campo politico, perosare una simile turlupinatura. Queste carogne contro-rivoluzionarie misurano l’ignoranza proletaria con ilmetro della loro malafede e della loro bassezza politi-ca, che è capace di presentare Lenin quale complicedi un tradimento senza pari ai danni del proletariatomondiale.Lenin, complice degli interventisti e socialcentristi?Lui, che bollò a sangue i guerraioli della II° Internazio-nale Socialista. Lui, che, dopo la presa del potere, inRussia, combattè in seno al Partito, accanitamente, laformula antiproletaria della “guerra rivoluzionaria” so-

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stenuta da Bucharin, e contro l’equivoca posizione “néguerra né pace” sostenendo tenacemente sino al suotrionfo l’unica posizione di classe, in quella contingen-za, la PACE!Perché Lenin non si dichiarò in quel momento per laguerra, come oggi fa il centrismo assieme a tutti inemici del proletariato? Eppure, nel 1918, i rapporti diforza, militari, erano a favore dell’Intesa, e la Germaniasi trovava in ginocchio. Eppure Lenin non esita afirmare la pace di Brest, dimostrando, irrefutabilmen-te, che il suo obiettivo non era quello di poter parteci-pare “all’assemblea dei briganti di Versailles” - comeegli l’aveva definita - ma il suo sguardo rivoluzionariofissava, non il tappeto della pace capitalista, ma quelladella ripresa della lotta di classe.La sua posizione NON era pacifista, NON era guerrie-ra, era: un blocco unico, una direttiva unica mirante alraggiungimento della Rivoluzione Mondiale.Nella stessa epoca fu lo stesso Lenin che espressel’idea di preferire una ritirata sugli Urali assieme aiproletari di Pietrogrado, pur di evitare il combattimentocon le armate tedesche. Egli preferiva fuggire la guerrain attesa della ripresa della lotta di classe proletaria suscala mondiale. (Quale abisso tra il rivoluzionarioLenin ed il centrismo guerraiolo e collaborazionista!!)Tutto fu messo in opera da Lenin, pur di portare unachiarificazione nelle file proletarie delle armate inguerra, pur di aiutare i proletari degli altri settori a farlafinita con la guerra. La Rivoluzione Russa era scoppia-ta con il grido di abbasso la guerra; non poteva pertantoconfondersi con essa. Ci è voluta una serie di disfatteproletarie sul terreno internazionale, ci è voluta ladegenerazione dello Stato Proletario con la sua man-cata funzione internazionalista e, solo dopo questasua opera nefasta, il centrismo, trascinando al massa-cro fratricida il proletariato mondiale è riuscito a con-fondere agli occhi delle masse il significato eminente-mente rivoluzionario e internazionalista della rivoluzio-ne russa con l’attuale guerra la cui natura scaturiscedalle necessità, per il capitalismo mondiale, di atterra-re il suo antagonista storico: il proletariato.

Proletari!Mentre il vostro nemico di classe si prepara a portarea termine il suo agguato nei vostri confronti, mentre levostre sofferenze materiali e morali aumentano digiorno in giorno, per voi non esiste altra via d’uscitache la battaglia. La battaglia che dovrà esprimerenettamente i vostri interessi di classe e che conse-guentemente, essa, dovrà essere impostata su unatriplice condotta d’azione politica: 1°) nei confronti delfascismo, 2°) nei confronti della democrazia, 3°) neiconfronti del centrismo. L’ora è suonata per i proletaricoscienti di fare il bilancio della guerra e di scegliere isuoi capi, per individuare l’organismo che per il suopassato e per il suo presente possa dare la garanziaper l’avvenire.Nessuna forza al mondo potrà infrangere la violenzaproletaria quando essa si trova compattamenteincanalata e guidata da un vero partito rivoluzionario!Mentre la violenza rivoluzionaria del proletariato saràridotta a meno che nulla, neutralizzata, se guidata daorganismo o partito complici della guerra e dellacollaborazione, anche se la complicità è avvenutasotto l’egida del comunismo, della repubblica sociale,del socialismo o della libertà democratica.

A tutti questi traditori che ammantano i loro crimini conparole dorate, alla loro ipocrisia, il proletariato devedire la sua parola che rompe ogni legame ideologico,politico ed organizzativo.

ProletariLa vostra vittoria di classe potrà avvenire a una solacondizione: che l’organismo politico di guida abbianelle sue file la capacità e la volontà di lottare fino infondo per la presa del potere, rigettando qualsiasicompromesso con qualsiasi forma di dominazionecapitalista.

W la Rivoluzione Proletaria!W il proletariato italiano e internazionale!Abbasso i traditori della causa proletaria!

Il Comitato Esecutivodel Partito Comunista

Internazionalista

Milano, dicembre 1944

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s.d. ma 1944

Per la creazione e ilpotenziamento deigruppi comunisti difabbricaOperai impiegati tecniciL’istinto di classe deve avervi avvertito del precipitosoe violento maturare della crisi che investe oramai tuttala traballante e fradicia impalcatura del regime capita-listico. Segno infallibile e precursore di eventi decisiviè lo smarrimento abbattutosi sullo spirito della classedirigente indecisa a quale delle due guardie del corpoaffidare la difesa del suo privilegio e del suo avveniredi classe: se al fascismo dimostratosi, è vero, ottimomazziere del capitale, ma inintelligente e maldestroiniziatore ed organizzatore della guerra più suicida chela storia borghese ricordi; oppure affidarla alle multico-lori forze della democrazia, più capaci queste a mano-vrare le grandi masse proletarie per fare di esse laforza effettiva ed essenziale della guerra antiproletaria,e per fare del loro programma di libertà ed emancipa-zione, attraverso un perverso giuoco di illusionismopolitico, la trappola ideale d’una rinnovata schiavitùeconomica.Qualunque possa essere la scelta della borghesia, ilproletariato non smarrirà per questo il suo obiettivo diclasse, come non modificherà i mezzi della sua lotta.Vittima secolare della violenza borghese, affiderà soloalla violenza di classe il compito di sanare d’un colpotutte le ingiustizie.

Operai impiegati tecniciMentre la guerra si avvia alla sua fatale conclusione esui popoli vinti si accasceranno esausti impoveriti eprofondamente delusi i vincitori, al proletariato spettadi dare l’ultimo colpo di piccone, e sulle macerie delmondo borghese ricostruire la società su basi socia-liste. Ma dovrà saper cogliere l’occasione e prepararsi,tenacemente prepararsi in questa torbida vigilia rivolu-zionaria. - E prepararsi vuol dire:a) imporsi il compito dell’unità delle sue forze;b) aver chiara la coscienza della propria missione diclasse rivoluzionaria;c) far propria una intransigente linea di condotta tatticache sia illuminata da una teoria rivoluzionaria, lontanadalla peste ideologica dello sciovinismo patriottardo,dal compromesso e dalla collaborazione, quale ilmarxismo critico ha forgiato e l’esperienza dei motirivoluzionari europei e della rivoluzione russa hannovalidamente saggiato sul terreno dell’azione.

A questo fine il Partito comunista internazionalista haposto a fondamento della sua attività organizzativa lacreazione e il potenziamento dei gruppi di fabbricaaventi per obbiettivo l’unità organica delle forze dellavoro, l’unità nella direzione e nella condotta dellalotta. Tali organismi hanno una loro storia di attività edi conquista, ricollegandosi alla rapida affermazione

del nostro partito, subito dopo Livorno, nella fase piùacuta della crisi italiana nell’altro dopo guerra.Nei gruppi di fabbrica, che riuniscono accanto aimilitanti del Partito i simpatizzanti e i senza partito, sirealizzano tutte le premesse per un’intesa con gliorganismi similari di fabbrica di diversa tendenzapolitica, per la formazione del fronte unico operaiosotto il controllo e la guida dei Comitati unitari diagitazione democraticamente eletti dalla base.Senza il tempestivo e organico raggruppamento dellemasse operaie, la rivoluzione italiana verrebbe amancare d’una condizione obbiettiva d’importanzafondamentale per il suo vittorioso affermarsi.

Operai impiegati tecnici

I gruppi di fabbrica sono i vostri organismi di classeche vi consentono di porre e agitare tanto i problemicontingenti di natura sindacale o salariale, quanto glialtri più strettamente connessi all’azione rivoluziona-ria per la conquista del potere.

Operai impiegati tecniciStiamo per vivere ore decisive nella storia del proleta-riato; è perciò necessità inderogabile che dalla fabbri-ca e da ogni posto di lavoro sorga la milizia ferrata,incorruttibile della battaglia di classe.

Operai impiegati tecniciOrganizzatevi nei gruppi di fabbrica per la lotta controla guerra e contro i suoi fautori di destra e di sinistra;per la lotta contro lo spettro della fame che incombeminaccioso sulle vostre case; per la vita e l’avveniredei vostri figli. Organizzatevi per marciare uniti allaconquista rivoluzionaria di tutto il potere.

IL COMITATO NAZIONALEDEI GRUPPI COMUNISTI DI FABBRICA

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Prospettivee direttive

Circolare 13/4/1945

Cari compagni,Poiché l’attuale fase di lotta politica in Italia evolverapidamente verso forme insurrezionali dominate eguidate da partiti a fisionomia borghese, è necessario,anche per evitare equivoci nell’atteggiamento dei no-stri gruppi territoriali e di fabbrica, chiarire bene leprospettive e le direttive del P. nei confronti del-l’”insurrezione nazionale”.

Precedenti documenti hanno già definito con sufficien-te chiarezza come noi vedessimo la situazione. Fin dalnostro primo apparire sulla scena pubblica, avevamoespresso l’opinione che il 25 luglio rappresentava - purcol suo carattere di colpo di stato - una prima fratturadell’ordine politico e sociale borghese, ma che allasocietà capitalistica era riuscito di sanare questa feritamobilitando le masse al servizio della guerra democra-tica e soggiogandole così alla volontà di quelle cheallora definimmo, le “forze egemoniche” del conflitto.Dal piano sociale e di classe, la lotta proletaria venivainsomma spostata sul terreno della pura lotta antifasci-sta e antitedesca, e le fasi di questa lotta si risolveva-no, nella teoria e nella pratica, in altrettanti episodi dellaguerra in corso.

Gli avvenimenti successivi dovevano dimostrare lagiustezza di quest’interpretazione e dar valore di attua-lità alle prospettive del Partito, le quali riconoscevanoche la classe operaia continuava - e avrebbe continua-to fino alla usura delle forze dominanti della guerra - adagire come pedina di uno dei due blocchi belligeranti,e perciò ai fini della conservazione borghese. A menodell’intervento di fattori imponderabili, riconoscemmoperciò che la crisi della società borghese, e quindi lapossibilità di un’ondata rivoluzionaria in ascesa, sispostava nel tempo, per coincidere con l’esaurirsi delleforze che avevano dominato la scena bellica e sorrettolo sforzo militare dei belligeranti.

Di fronte alle ricorrenti velleità di sciopero insurreziona-le, assumemmo perciò logicamente una posizione dicritica, non già perché fossimo contrari al ricorso allearmi e allo sciopero, ma perché, nella situazione difatto e sotto l’impero delle dominanti forze politiche,essi rappresentavano un tentativo d’impegnare il pro-letariato in una lotta non sua e rispondente a precisefinalità borghesi. Indicammo perciò anche agli operaiche, se moti a carattere di massa fossero avvenuti, ilnostro dovere sarebbe stato d’intervenire imprimendoal movimento una netta fisionomia anti-bellicista eantipatriottarda, la stessa fisionomia - del resto - cheavremmo voluto imprimere all’auspicato e non realiz-zato fronte unico dal basso.Queste premesse dovevano essere brevemente ricor-date per definire il nostro atteggiamento di fronte allaventilata e certo prossima insurrezione antifascista.

Noi non neghiamo affatto che esista un problema didistruzione del sopravvivente apparato repressivofascista: sarebbe ridicolo che lo negassimo. Mariconosciamo anche che, allo stato dei fatti, l’azioneantifascista rimane circoscritta, dalle forze politichedominanti, a finalità di conservazione borghese e didifesa della patria, e, mentre è diretta all’eliminazionefisica dei rappresentanti ufficiali della repressionefascista, tende non solo a mantenere intatte le basisociali del fascismo (il regime di produzione capitali-stico), ma a scaricare le energie proletarie nel lettodella guerra, della patria, della democrazia, inveceche in quello della rivoluzione.E’ chiaro che per noi non esiste una lotta antifascistastaccata dalla lotta contro il capitalismo, e che non sipotrà mai parlare di sterminio radicale del fascismofinché non sono sradicate le basi storiche da cui hatratto origine questa forma di dominazione del capita-le. Per la stessa ragione è chiaro che, per noi, ilcompito storico di distruggere il fascismo spettasoltanto alla classe operaia in quanto agisca sulterreno rivoluzionario e classista, e non potrà maiessere assunto da organismi, come il Cln, che simuovono nell’orbita della politica borghese. D’altraparta, peccheremmo di astrattismo se non ricono-scessimo che, negli avvenimenti a carattere insurre-zionale cui assisteremo, l’iniziativa è e resta nellemani di quelle stesse forze che hanno dominato lascena del conflitto mondiale e che, nell’attuale statodei rapporti di forza, sarebbe romantico sognar dimutar col nostro solo intervento il corso della storia efar sboccare un moto a carattere democratico-patriottardo in un moto a carattere rivoluzionario-classista.

Il nostro intervento sarà dunque ispirato a questicriteri:1) critica preventiva delle finalità politiche e delladirezione tattica dell’insurrezione nazionale e dellosciopero armato;2) intervento nel moto insurrezionale dovunque essoassuma carattere di massa, e azione in esso comeforza politica differenziatrice;3) sfruttamento dell’agitazione in corso per la conqui-sta di quelle posizioni che possano giovare sia allaprosecuzione della battaglia proletaria nei mesi cheverranno, sia al potenziamento del Partito.

Per quel che riguarda il 1° punto, l’opera dei compagnideve essere estremamente vigile e tattica: non impo-stare la nostra critica sul sabotaggio astratto dallosciopero e dell’insurrezione, ma sulla chiarificazionedelle sue finalità e dei suoi obiettivi, sull’indicazionedell’errore politico di moti insurrezionali a scopi sem-plicemente democratici e, peggio ancora, patriottardie bellicisti; indicare sempre che, comunque, nel casoche moti di massa si verifichino, il nostro posto saràaccanto al proletariato per orientarlo e per parteciparealla lotta con nostre e classiste parole d’ordine.

Per quel che concerne il 2° punto, è ovvio che,intervenendo in azioni di massa e solo in esse, noicombattiamo lo stesso apparato repressivo fascistache gli altri movimenti politici combattono; ma il nostrocompito rimane sempre quello di far leva sul nostroraggio d’influenza in seno alla classe operaia affinché,

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sulla sanguinosa esperienza, questa esca armatadegli strumenti politici e pratici indispensabili perprocedere, nelle fasi successive della crisi, verso lameta finale della conquista del potere.

Riguardo al 3° punto, la parola d’ordine che il P.lancerà, attraverso la stampa ai compagni di base,saranno: 1) armamento del proletariato; 2) costituzio-ne di organismi di fronte unico operato dal basso(consigli di fabbrica, ecc.) a difesa delle eventualiconquiste realizzate e per l’estensione della lotta diclasse secondo un piano unitario in regime democra-tico.

Queste parole d’ordine hanno per i membri del P. e peri gruppi di fabbrica carattere impegnativo: la prima, nelsenso che nulla deve essere trascurato per rinforzarel’armamento del P. e in genere degli organismi operai;la seconda, nel senso che i nostri gruppi di fabbricadevono essere gli elementi propulsori di ogni iniziativaunitaria con finalità di classe sui posti di lavoro.E’ ovvio che a tutti gli episodi di lotta proletaria chepotranno verificarsi (occupazione di fabbrica,espropriazioni, ecc.) i compagni parteciperanno sem-pre con una duplice funzione di chiarificazione degliobbiettivi e di impulso a portare la lotta su un terrenoesplicitamente classista e non limitato alla contingen-za della lotta contro il fascismo.I compagni eviteranno - anche per non comprometterei nostri già esili quadri - ogni iniziativa parziale a sfondoattivistico che esca dai limiti tracciati più sopra.Chiarimenti di carattere pratico verranno dati nelleprossime riunioni di capigruppo.

IL CE del P.c.int.

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Noi e la pace

Il proletariato che ha fatto la guerra senza volerla deveimpedire che la pace, con la sua crisi economica chesi proietta nello spirito delle grandi masse, sia piegataai propri fini dal capitalismo internazionale e rappre-senti l’inizio di un nuovo periodo della vita borgheseche nessuna premessa economica e ideologica stori-camente giustifica.La pace borghese sarà, come è sempre stata lapreparazione obbiettiva a un nuovo macello mondiale.La pace vera, la pace duratura, è solo possibile conl’eliminazione del regime della guerra: il capitalismo, ilquale sparirà alla sola condizione che il proletariatoappresti volontà idee e forze per spazzarlo via dallascena del mondo su cui ha dominato tirannico esfruttatore per oltre un secolo.La pace vera, la pace duratura, è saldamente legataall’esito vittorioso della lotta proletaria.La Federazione degli Stati Comunisti di Europa è laprima tappa verso l’ordine nuovo del mondoL’Internazionale, è la garanzia contro ogni ritorno allebarbarie del capitalismo imperialista.

Noi e la situazione interna

Ora è evidente che l’eliminazione del nazifascismopagina gloriosa ed eroica del nostro popolo lavoratore,non ha significato in nessun modo modificazione dellecondizioni sociali, politiche ed economiche che fannodel proletariato l’eterna forza soggetta da cui le borghe-sia potrà e vorrà ancora attingere somma di ricchezzesenza limite per alimentare una vita di ozio e didissipazione, e da cui recluterà mezzi e combattentiper le sue nuove avventure e le sue guerre.I Comunisti Internazionalisti che hanno avversato laguerra e combattuto le forze politiche responsabili,hanno oggi chiara la coscienza della strada da percor-rere.Mentre i partiti del Blocco democratico marciano versola soluzione legalitaria e borghese della crisi apertadalla guerra, i Comunisti Internazionalisti, che inter-pretano la crisi secondo la dialettica del marxismo,operano la mobilitazione del proletariato sul piano diclasse per l’attacco rivoluzionario del potere borghe-se, anche se al suo vertice le leve della direzionepolitica fossero nelle mani della più progressiva delleforze democratiche borghesi.Noi non siamo davvero teneri per la monarchia deiSavoia, come per nessun’altra monarchia, e attendia-mo la sua eliminazione dal complesso nazionale conla stessa appassionata urgenza e lo stesso interesse

Punti di orientamento del Partitocomunista internazionalista

1° Maggio 1945

che avremmo per l’estirpazione di un cancro dal corpodi una persona cara, ma denunciamo il tentativo di faredella questione istituzionale un problema fondamen-tale, un espediente addormentatore delle masse perallontanarle dai veri e veramente fondamentali obbiettividella sua lotta.La democrazia progressiva è in sede teorica al piùgrande mistificazione fatta al proletariato dopo ilfascismo, in sede politica è il più recente sottile e benriuscito espediente tattico della borghesia per costrin-gere il proletariato a pagare in contanti gli oneri dellapace, dopo aver pagato col sangue quelli della guerranon sua.

Noi e l’insurrezione

L’insurrezione, fatta dal proletariato per finalità prole-tarie, ha creato una stranissima situazione. Certipartiti politici a vaghe aspirazioni proletarie abilmentecolorate di progressismo credono, o meglio si illudono,di essere essi gli arbitri della nuova situazione, diavere il potere in mano, e non si accorgono di averemani e piedi legati, di essere, in una parola, alla mercédel padrone capitalista. Il risveglio sarà crudo. Che ilsacrificio dei proletari di Grecia proprio nulla abbiainsegnato? Anche molti operai sono vittime di quest’il-lusione. Hanno creduto che ormai l’officina fosseormai da gestire sotto il loro diretto controllo, chetecnici e impiegati obbedissero alla loro volontà, chei padroni fossero stati allontanati, così, per miracolo,dal vento dell’insurrezione patriottica. Poi la durarealtà si è fatta innanzi sotto la veste del buon senso,della responsabilità, del civismo dei nuovi bonzisocial-centristi, i quali hanno fatto capire agli insubor-dinati che gli operai continueranno ad essere operai eche i padroni sono in definitiva sempre i padroni.Evviva!

Noi e i compiti del proletariato

Sta a te, operaio, di non ricadere in altre esperienzenegative potrai evitarle soltanto se non abbandoneraiil piano di classe della tua lotta.Il fascismo non è morto, non solo perché non è mortala classe che gli ha dato i natali, ma perché, attraversoun’efficace mimetizzazione, troppi elementi fascisti sisono infiltrati negli organismi militari politici e econo-mici del nuovo regime.

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E’ questa, operaio una ragione di più per vigilareperché il moto iniziato continui su un terreno di classee, soprattutto per affrettare la preparazione dei quadripolitici di un partito che si ponga come obbiettivo nonla conservazione della società borghese, ma larivoluzione proletaria.Non c’è epurazione che tenga se non si strappa il malealla radice.Ricostruisci i tuoi sindacati, ma ricorda che l’aumentodel salario è cosa effimera e anticlassista se perdi divista il problema storico della tua emancipazione,economica e politica.Hai sperimentato per oltre vent’anni la stupida etirannica dittatura del funzionarismo sindacale fasci-sta. Evita di crearne un’altra sotto l’egida dei tre partitidella democrazia.Il sindacato o è libera palestra di interessi, di idee e dimetodi, o si trasforma in cittadella della controrivolu-zione.Questa è l’ora dei consigli di fabbrica Soltanto con i consigli tu, operaio, potrai garantire lacontinuità della tua lotta se il sindacati diverrà, comediverrà, monopolio dei partiti rivoluzionari, soltantocon i consigli tu potrai diventare politicamente etecnicamente degno di gestire domani la fabbrica incui lavori. Il consiglio di fabbrica sia la bandiera dellatua prossima battaglia, la premessa del tuo attaccorivoluzionario al potere.IL PARTITO COMUNISTAINTERNAZIONALISTA

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Dalle edizioni Prometeo

Libri

Onorato Damen - Gramsci tra marxismo e idealismo. L’analisi di un esponente della prima opposizione allostalinismo. 154 pagine, 18.000 lire.

I nodi irrisolti dello stalinismo alla base della perestrojka, 160 pagine, 18.000 lire

Dalle Edizioni Prometeo

Opuscoli

Oltre il pacifismo- Per la ripresa della critica politica marxista della guerra e della società che la genera. 62pagine, 4000 lire

La scelta nucleare - Analisi dei vantaggi e dei rischi connessi all’uso dell’energia nucleare. Come debbono porsii rivoluzionai di fronte al problema. La critica all’ecologismo. Potrà il socialismo riparare ai danni operati dallabarbarie capitalista? 60 pagine. 4000 lire

Il sindacato nel terzo ciclo di accumulazione del capitale In appendice un estratto delle tesi sulla tatticadel V congresso del P.c.int. 24 pagine, 4000 lire

Quaderni di Battaglia comunista

n.1 Cinquant'anni di critica marxista dell'Urss e del capitalismo di stato L. 6000

n.2 Iugoslavia: la borghesia rossa dal federalismo alla frammentazione L. 5000

n. 3 La scissione internazionalista del 1952 - Documenti L. 6000

n. 4 Il sindacato dalla programmazione alla difesa del capitalismo in crisi L. 5000n. 5 Natura e compiti del partito di classe L. 6.500

n. 6 Il processo di formazione e la nascita del P.c internazionalista L. 8000

Strumenti di Battaglia comunista

n. 1 Croazia e Slovenia dopo la separazione dalla Iugoslavia L. 5000

n. 2 La transizione dal capitalismo al comunismo (che cos'è il socialismo) L. 6.500

n. 3 Costo del lavoro e riforma del salario L. 3000

Li potete richiedere alla nostra amministrazione versando il relativo importo (+ L. 2000 per spese postali)sul ccp n. 34392209 intestato a Battaglia comunista - cas, post. 1753 - 20101 Milano

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I quaderni di Battaglia comunista

Accanto a Battaglia comunista, il giornale mensile,e a Prometeo, la rivista semestrale, si affiancaquesto strumento di propaganda e diffusione delleanalisi critiche e delle posizioni politiche dei comu-nisti internazionalisti.I Quaderni di Battaglia comunista si propongono diraccogliere e presentare articoli e documentazioni informa monografica, riguardanti cioè temi di partico-lare attualità politica e sindacale, ricerche specifi-che di storia e testi del movimento proletariorivoluzionari, analisi teoriche dei fenomeni economi-ci e sociali.Quasi tutto il materiale, già pubblicato in diversiperiodi e congiunture, proviene dalle annate diBattaglia comunista e di Prometeo. Entrambe letestate, dal 1945 la prima e addirittura dal 1924 laseconda, hanno instancabilmente condotto le lorobattaglie teoriche e politiche in difesa del marxismoe della continuità della Sinistra Italiana (fondatricedel P.c. d'Italia nel 1921 a Livorno), analizzandotutte le vicende e confrontandosi con tutte leproblematiche che si sono sviluppate, anchetragicamente, in un secolo di lotte di classe fracapitale e lavoro, dalla Rivoluzione d'Ottobre in poi.La validità e la chiarezza dei contenuti, il vigore e lavivacità degli scritti che i Quaderni di Battagliacomunista mettono a disposizione dei compagni edei simpatizzanti, per una più attenta e organicarilettura costituiranno - ne siamo più che certi - unasorpresa per molti. E uno stimolo in più per iniziarea rompere, con le armi della critica, l'asfissiantecappa ideologica che il conformismo del liberalismoborghese ha imposto alla opinione confusa eaddomesticata delle masse sfruttate e oppresse inogni parte del mondo.L'impegno organizzativo e lo sforzo economico delPartito comunista internazionalista per questainiziativa, come per il miglioramento e l'ampliamen-to in atto di tutta la sua stampa e propaganda, sonorivolti in questa direzione e si prefiggono questoscopo.La dinamica stessa degli ultimi accadimenti, e diquelli che seguiranno ce lo impone, in vista dellapiù ampia raccolta e preparazione delle forze diclasse e della ricostruzione dell'indispensabileorgano politico internazionale per l'emancipazionedel proletariato e la vittoria del comunismo.

L. 6000L. 6000L. 6000L. 6000L. 6000

Supplemento a Battaglia comunistan.1/94

Fondato nel 1946Direttore responsabile Fabio DamenAutorizzazione del tribunaledi Milano 5210 del registroRedazione e recapito:casella postale 175320101 MilanoAmministrazione e sede:via Calvairate 1

fotocopiato in propriodicembre 1993

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