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1 RIVISTA LITURGICA TRIMESTRALE PER LA FORMAZIONE LITURGICA Anno 51 Nuova serie - n. 1 - m§'irzo 1964 Spedizione in abbonamento posta le - Gruppo IV DIREZIONE Badia di Finalpia (Savona) D. Salvatore Marsi li , O. S. B. Pontificio Istituto Liturgico Via Porta Lavernale, 19 - Roma CONDIREZIONE Centro Catech istico Salesiano D. Giuseppe Sobre ro, S. D. B. Torino -Leu mann PRINCIPALI COLLABORATORI D. Cipr iano Vagaggini, O. S_ B. D. Pelagio Visenti n, O. S. B. D. Adr ien Nocent, O. S. B. D. Mariano Magrassi , O. S. B. D. Luciano Barello, S. D. B. D. Pacif ico Massi D. Luigi Della Torre D. Spirito Rinaudo Prof . Tommaso Fede r ici AMMINISTRAZIONE Editrice L. D. C. Tor ino-Leumann CONDIZIONI DI ABBONAMENTO (c. C. p. 2{ 27196) Italia L. 2.000 SerTiinaristi L. 1. 700 Estero L. 3.000 (o corrispondenti ) Ogni numero L. 600 L'A NIMO DEI FEDELI DEVE ESSERE ORIENTATO PRIMA DI TUTTO VERSO LE FESTE DEL SIGNORE NELLE QUALI SI CELEBRANO DURANTE L'ANNO I MIS TERI DELLA REDENZIONE (CL. 108) In copertina: IN CROCIO DI OGIVE A HAUTERIVE (Foto B. Rast) i I l r TRIM ESTRALE PE R LA FORMAZIONE LITURGICA Anno 51 Nuova serie - n. 1 - marzo 1964 Spedizione in abbonamento postal e - Gruppo IV Prospettive e speranze . . pago 2 STUDI CIPRIANO VAGAGGINI Lo sp irito della Costituzione sulla Liturgia. » 5 PELAGIO VISENTIN Il mistero di Cristo nella Litur gia secondo la Costituzione liturgica» 50 LU IGI DELLA TORRE Liturgia Pastora le e Pastorale litur- gica nella Cost i tuzione conciliare "De sacra Lit ur gia" » 63 SALVATORE MARSI LI Riform a liturgica dall'alto » 76 DOCUMENTI "Motu proprio" del Sommo Pontefice Paolo VI . » 93 Francia - Belgio - Germania » 99 Notiziario RIVISTA DELLE RIVISTE liturgico - Mistero pasquale _ Bibbia B LIturgIa - Catechesi e Liturgia - Ecumenismo e Lit urgia _ Pastorale liturgica - liturgia e Spiritualità _ Preghiera Liturgia - Messa ed Eucaristia - Sacr amenti _ Inizia- zlone cristiana - Penitenza - Ord i ne _ Matrimonio . Santorale. RECENSIONI - 8EGNAlAZIONI 1 RIVISTA LITURGICA ffi BERNARDUS, abbas, Ce ns. deleg.: Nlhil obstat, Finalpia, 23-3-1964 Imp rimat ur, Savonae, 25-3-1964 J. PELUFFO, Vie. Gen. D. MAURO CIGNITTI, Di r. resp. - Autor . del Tr ibunale di Savona n. 125 del 6-7-1956 STAMPA: ISTITUTO GRAFICO BERTELLO BORGO S. DALMAZZO (CUNEO) _ MARZO 1963

1 RIVISTA 1 RIVISTA LITURGICA - Vicariato di Roma · 2012. 9. 13. · Liturgia ma bisocrna essere ugualmente convinti che nel Concilio Vatic~n~ II c'è ~ messaggio nuovo: la pastorale

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  • 1 RIVISTA LITURGICA

    TRIMESTRALE PER LA FORMAZIONE LITURGICA

    Anno 51 Nuova serie - n. 1 - m§'irzo 1964

    Spedizione in abbonamento posta le - Gruppo IV

    DIREZIONE

    Badia di Finalpia (Savona) D. Salvatore Marsi li , O. S. B. Pontificio Istituto Liturg ico Via Porta Lavernale, 19 - Roma

    CONDIREZIONE

    Centro Catech istico Salesiano D. Giuseppe Sobrero, S. D. B. Torino-Leu mann

    PRINCIPALI COLLABORATORI

    D. Cipriano Vagaggini, O. S_ B. D. Pelagio Visenti n, O. S . B. D. Adr ien Nocent, O. S. B. D. Mariano Magrassi , O. S. B. D. Luciano Barello, S . D. B. D. Pacifico Massi D. Luigi Della Torre D. Spirito Rinaudo Prof. Tommaso Fede r ici

    AMMINISTRAZIONE

    Editrice L. D. C. Torino-Leumann

    CONDIZIONI DI ABBONAMENTO

    (c. C. p. 2{27196) Italia L. 2.000 SerTiinaristi L. 1.700 Estero L. 3.000 (o corrispondenti) Ogn i numero L. 600

    L'ANIMO DEI FEDELI DEVE ESSERE ORIENTATO PRIMA DI TUTTO VERSO LE FESTE DEL SIGNORE NELLE QUALI SI CELEBRANO DURA NTE L 'ANNO I MISTERI DELLA REDENZIONE (CL. 108)

    In copertina: IN CROCIO DI OGIVE A HAUTERIVE (Foto B. Rast)

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    r TRIM ESTRALE PER LA FORMAZIONE LITURGICA

    Anno 51 Nuova serie - n. 1 - marzo 1964

    Spedizione in abbonamento postale - Gruppo IV

    Prospettive e speranze . . pago 2

    STUDI CIPRIANO VAGAGGINI

    Lo sp ir ito della Costituzione sulla Liturgia. » 5

    PELAGIO VISENTIN

    Il mistero di Cristo nella Liturgia secondo la Costituzione liturgica» 50

    LU IGI DELLA TORRE

    Liturgia Pastora le e Pastorale litur-gica nella Cost ituzione conciliare "De sacra Liturgia" » 63

    SALVATORE MARSI LI

    Riform a liturgica dall'alto » 76

    DOCUMENTI

    "Motu proprio" del Sommo Pontefice Paolo VI . » 93

    Francia - Belgio - Germania » 99 Notiziario

    RIVISTA DELLE RIVISTE A gglo~n amento liturgico - Mistero pasquale _ Bibbia B LIturgIa - Catechesi e Liturgia - Ecumenismo e Li t urgia _ Pastorale liturgica - liturgia e Spiritualità _ Preghiera • Liturgia - Messa ed Eucaristia - Sacramenti _ Inizia-zlone cristiana - Penitenza - Ord ine _ Matrimon io . Santorale.

    RECENSIONI - 8EGNAlAZIONI

    1 RIVISTA LITURGICA

    ffi BERNARDUS, abbas, Ce ns. deleg.: Nlhil obstat, Finalpia, 23-3-1964

    Imprimatur, Savonae , 25-3-1964 J. PELUFFO, Vie. Gen.

    D. MAURO CIGNITTI , Di r. resp. - Autor. del T r ibunale di Savona n. 125 del 6-7-1956

    STAMPA: ISTITUTO GRAFICO BERTELLO BORGO S. DALM AZZO (CUNEO) _ MARZO 1963

  • STUD I

    --Riforma liturgica dall'alto Note preliminari ad una attuazione pratica della Costituzione Conciliare

    E' ormai già un luogo comune dire che la riforma liturgica del Vaticano II è in funzione di un rinnovamento della pastorale, e con questo tutti dovrebbero finalmente essersi reso conto che non siamo quindi in presenza di riforme più o meno profonde o più o meno marginali dei riti della Chiesa, ma che le riforme stesse hanno lo scopo ben preciso di far si che il «gregge di Cristo » possa - sotto la guida dei suoi Pastori - avere nella liturgia un più abbondante e più nutritivo cibo soprannaturale.

    Stabilito infatti che la liturgia non è un fatto esteriore di rubriche e cerimonie, ma effettiva continuazione dell'opera reden-trice di Cristo (art. 6-7), la Chiesa vuole che i fedeli siano nuova-mente riportati all'azione liturgica (art. 11, 14, 21 ecc.), come alla « sorgente dalla quale derivano tutte quelle energie» (art. lO), che permettono alla comunità dei cristiani di essere quello che deve essere: portatrice del Mistero di Cristo.

    Il movimento liturgico è nato come un moto spirituale, che al principio sembra portare un po' i caratteri della spiritualità monastico-benedettina. In realtà esso volle essere sempre e solo un tentativo di ricondurre i fedeli a quello spirito di religione cristiano, proprio della Chiesa, che il monachesimo aveva sempre fatto suo, a causa forse delle sue stesse origini, ma che non consi-derò mai come un proprio valore esclusivo.

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    Questo senso in verità ebbe - e non poteva averne altro _ il fatto che furono appunto dei monaci, che negli ultimi 60-70 anni, tra i primi pubblicarono il Messale in traduzione volgare, all'esplicito scopo di farne un « libro del popolo» o « dei fedeli », come fu un monaco, Dom Beauduin, colui che per primo, al Con-gresso Eucaristico di Malines nel 1909 , tentò di dare al movimento liturgico una svolta nettamente pastorale, anche se allora non si parlava ancora di Pastorale Litul'gica.

    Se richiamiamo questi fatti non è tanto per tessere un elogio - dei_monaGi, quante-j3er- cl.imostrare-che- la- I::;iturgiaèru sua natura ~ - .

    così protesa verso la Pastorale, che già dal primo momento afferma questo suo carattere in quegli stessi ambienti monastici, i quali pur non avendo per vocazione una missione pastorale, verso essa si vedevano costretti ad indirizzare la Liturcria per il solo fatto che ,. O' ,

    . Ol questa avevano una più profonda conoscenza.

    Senza voler rifare la storia del movimento liturcrico e cio' b ,

    premesso sob 3 mo' d'introduzione, diciamo subito che la rina-s~it~ :j~u~gica è uscita - o comunque deve uscire _ dal piano dl. 111lZlatl'V

  • Liturgia ma bisocrna essere ugualmente convinti che nel Concilio Vatic~n~ II c'è ~ messaggio nuovo: la pastorale non sarà vera nel senso della Chiesa, se non sarà pastorale liturgica.

    Questo in concreto significa che ogni singolo pastore di anime e tutti insieme i pastori di anime, di qualunque grado e in qua-lunque posizione, non risponderebbero alla propria missione se non orientassero decisamente la propria attività pastorale in senso liturcrico e addirittura in funzione liturgica, considerando che per il C;ncilio è un punto fermo essere «la Liturgia il termine più alto cui tende tutta l 'azione della Chiesa» (art. lO) .

    Ma quello che vale per il pastore d'anime in genere, vale particolarmente e, sotto un certo aspetto, in maniera esclusiva per il Vescovo, il quale torna ad essere il Liturgo per eccellenza, quello cioè che fa la Liturgia, e non solo in quanto 'la eseguisce, ma in quanto ha - subordinatamente alla Sede Apostolica - un potere formativo nella Liturgia (art. 22, paragr. 1 e 2). .

    Col Concilio si è usciti, in materia di rinascita liturgica, dallo stadio che potremo chiamare dei pionieri, quando alcuni più pene-trati e convinti della necessità di un ritorno alla Liturgia si sforza-vano nell'isolamento e talvolta nella malcelata disapprovazione di m~lti, di dare alla loro azione pastorale una fisionomia liturgica.

    Oggi non c'è più posto in campo liturgico per esperienze singole e magari singolari. Oggi c'è una linea pastorale liturgica comune a tutta la Chiesa e gerarchicamente stabilita, nella quale tutti devono muoversi, tanto quelli che sono ricchi ormai di esperienze particolari, quanto quelli che aspettavano dall'altp l'or-dine di muoversi e di camminare in questo senso e si trovano quindi di fronte ad un campo di lavoro nuovo e forse inatteso.

    In altre parole: la pasto tale liturgica oggi non può avvenire che su piano diocesano o intei'diocesano, a seconda cioè che saranno alle dipendenze di una Commissione liturgica diocesa12a o interdio-cesana, o da conferenze episcopali territoriali (nazionali), come è previsto dalla Costituzione Conciliare (art. 22; 44; 45).

    Ma se in questo ' modo la Costituzione tende a frenare il pullulare di iniziative private che, in un momento di generale nuovo assetto, genererebbero solo della confusione, essa non dà all'autorità episcopale solo un compito di sorveglianza, perchè ciò non avvenga, al contrario vuole che siano i Vescovi a prendere parte attiva alla riforma (vedi Costituzione, cap. I, tit. III, sotto

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    cui viene l'art. 22 paragr. 1-2) della liturgia e a farsi promotori (vedi Costituzione, cap. I, tit. V, sotto cui seguono gli art. 44 e 45) dell' azione pastorale liturgica.

    1. I Vescovi attori della riforma, e promotori della pastorale liturgica

    Naturalmente prima dell 'azione si richiede conoscenza e intima convinzione.

    Non è il caso di richiamare questo dovere ai Vescovi, anche se la Costituzione art. 14 non fa distinzione di gradi, quando afferma esser necessario che i «Pastori d'anime si formino essi stessi per primi allo Spirito della liturgia e ne sentano l'efficacia e ne diventino maestri », se non si vuole «mettere in forse il risultato sperato », il quale è poi niente di meno che « ridare alla liturgia .il suo posto e incrementarla come sorgente prima e indi-sp.en.sabile dalla quale i fedeli possano attingere un vero spirito cnstlano» (art. 14).

    .E' certo che i Vescovi, i quali hanno lungamente discusso e pOl approvato la Costituzione, più di ogni altro conoscono e lo spirito e le prescrizioni di questa. Ma in questa stessa conoscenza c'è un pericolo da evitare: quello di conoscere la Costituzione soprattut~o ~otto l'aspetto di un codice di leggi, sulla cui osser-vanza. eS~1 SI. s.entano chiamati a vigilare, unicamente preoccupati che SI stIa rrgldamente alle singole prescrizioni.

    Indubbiamente anche questo deve essere fatto ma la cosa più importante sarà per primo quella di penetrarsi' dello spirito nuovo e delle nuove aperture dottrinali che la Costituzione con-tien~ in maniera. abbondantissima anche ~e talvolta molto e troppo ~onclsa. Non bIsogna infatti dimenticare che nella Costituzione ~~gi:a l 'aspetto dottrinale è presentato solo in sintesi raccor-~latlsslme, . ch: però. sono il risultato di studi altrettanto lunghi

    p~ofondi di quelli che occorranno per inquadrare le riforme pratIche prospettate.

    . Così,. come prima cosa, la Costituzione esige uno studio approfon~to dell'Enciclica « Mediator Dei », sia per l'impostazione g.enerale SIa per aspetti particolari di essa, che vengono messi in tlsalto ' Tra le nuo . l' h . di b 'l' l . . ve prospettIve teo OgiC e In spensa 1 1 per l~ c~eazlOne di nuove categorie mentali, che aiutino a comprendere . Intll~a natur.a della liturgia, vi è per es. la moderna Ecclesiologia In CUI la Cblesa appare come Mistero, che realizza il Mistero

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    originale dell 'Incarnazione; come comunità cultuale che esplica e manifesta la sua natura soprattutto nel Sacrifìcio e nella lode (la Chiesa tempio di Dio); come « comunione» di carità, che viene realizzata dalla stessa Eucaristia che essa fa; si deve ripensare tutta la dottrina del Sacerdozio cristiano, realmente partecipato - sep-pure per un diverso titolo e grado che ai « ministri» del culto -a tutti i cristiani fedeli, essendo essa la dottrina che fonda e contiene tutta una teologia della partecipazione attiva - si deve portare una nuova e più profonda attuazione al Mistero pasquale, dimensione essenziale al cristianesimo, e che pone la Liturgia sulla linea della storia della salvezza, come ultimo momento di essa in questo mondo, in senso di presenza memoriale ed escatologica della Redenzione,

    Abbiamo accennato a riforme pl'atich,e. Il pastore d'anime deve tener bene in mente che queste riforme non sono da inten-dersi in senso l'ubricale, quasi che si tratti di dare nuova forma ai riti antichi o di creare semplicemente l'iti nuovi o rinnovati, per riesumazione dal passato.

    Quale che sia la forma dei riti, e quali che siano - vecchi, nuovi o rinnovati - i riti stessi, l 'intento della Costituzione non è direttamente la riforma dei riti. Al contrario essa vuole:

    1) riscopl'ire nei riti il loro vero e genuino signifìcato e valore - e questo la Costituzione ottiene o riformando o rinno-\'ando o' creando o abolendo determinati riti;

    2) attraverso la riscoperta del vero e genuino spmto dei ntI, creare una più profonda intelligenza di essi e una lzuova mentalità - quella appunto ~he diciamo liturgica - al fine di fare dei riti altrettanto autentici «segni, capaci di significare e di realizzare la santificazione degli uomini e il culto integrale del Corpo mistico di Cristo» (art . 7) .

    In considerazione di ciò i Vescovi sono invitati ed anche obbligati dalla Costituzione (art. 14-18) ad essere sopra ogni cosa e prima di tutto solleciti della formazione liturgica del proprio clero, formazione che deve estendersi dai chierici degli studentati e seminari fino al clero già impegnato nella cura d'anime.

    a) Liturgia nei seminari

    La Costituzione (art. 15) parte dal presupposto che gli inse-gnanti di Liturgia, in funzione nei seminari, n011 sempre sono all'altezza del nuovo compito che tale insegnamento impone.

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    .,: .

  • Insegnare ai fedeli

    tenuto conto dell'età

    della condizione del genere di vita

    e ~~lla f~nnazione religiosa dei singoli un tntelhgente e attiva

    partecipazione interna ed esterna alla Liturgia (CL, 19) .

    La pietà con cui il P. Spirituale celebra la Messa o recita il Breviario; la precisione e l'eleganza con cui il Cerimoniere del Vescovo o della Cattedrale fa agire i ministri all'altare; il fatto che un parroco della diocesi abbia saputo organizzare bene il gruppo di piccolo clero nella propria parrocchia; l' hobby storico e archeologico di un altro che ha introdotto nella propria chiesa le pianete ampie e l'abito talare dei tarcisiani: ecco altrettanti titoli , che talvolta possono anche interessare l'attenzione di un Vescovo nel scegliere il professore di Liturgia nel proprio semi-nario, ma che assolutamente non sono sufficienti a fare di quel tale l'insegnante che la Costituzione esige.

    Quindi prima di tutto si deve pensare ad attrezzare conve-nientemente coloro che sono destinati all'insegnamento della li-turgia (art. 15) . A questo scopo esistono già Istituti specializzati, come in I talia il Pontificio Istituto Liturgico (S. Anselmo - Roma) diretto dai Benedettini C) in Francia, l'Institut Supérieur de Li-turgie (Paris), in Germania il Liturgisches Institut (Trier) e in Belgio l'Année de Pastorale liturgique (Abbaye de Saint-André-Bruges) .

    E se la Costituzione espliCItamente ordina che gli insegnanti di Liturgia « siano preparati in Istituti specializzati in materia» la ragione è che la Liturgia investe talmente la vita e l'azione non solo del Clero ma anche del popolo, che « non c'è da sperare che i fedeli possano attingere dalla Liturgia il vero spirito cristiano, se prima di tutto non si provvede alla formazione di chi ne deve diventare maestro» (cfr. art. 14). Non è infat ti questione di qualche nozioncella storica e solo di precetti rubricali, dati 111 vista dell'Ordinazione, afllnchè il Chierico sia in condizione di

    (1) Il Pontificio Istituto Liturgico. (Roma, Via di Porta Lavernale 19) è al suo 3' anno di vita e quest'anno conta 80 alunni. Articolato su 4 semestri (2 anni) frequentabili anche in discontinuità, comprende dalle 15 alle 18 ore settimanali di lezzo", con l'obbligo di 4 (3) esercitazioni scritte. Le lezioni sono sempre al pomeriggio . Vi si insegna: Introduzione generale alla Lit . - Lit. fondamentale (= teologIa llt.) - Storia genetica delle forme lit. - Storia della Lit . nell'ambito delle grandi epoche culturali . Lit . sacramento . Officio Divino - Lettura dei testi li· turgici an.tichi - Lettura di testi lit. dei Padri - Lit. pastorale - Spiritualità li!. - Li· ji'rgle latlTI". non romane - Lingua liturgica - Li!. Orientale generale e particolare.

    aleografia hturg .. Arte lit. - Gli alunni dell'Istituto Liturgico, in possesso della Ì~cenza in Teologia (o equivalente), possono prendere il diploma di Magistero

    lturglCO dopo 2 semestri (l anno) di corso e quello di Laurea in Teologia COI1 speczalzzzaz!o1/e lztu:gica dopo 4 semestri (2 anni) , alle condizioni normali (tesi slrma, l~zlOI?e magIstrale, pubblicazione della tesi); quelli che hanno frequentato I . qu~drlenmo teologico (seminario) possono prendere il diploma di Magistero Jl~irglCO d,?po 4 semestri (2 anni) di corso, diploma che abilita all'insegnamen to

    e a LIturgia nel seminari e studentati religiosi.

    81 6.

  • ' i li.

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    celebrare in maniera rubricalmente esatta le sacre funzioni, ma si richiede che la Liturgia sia insegnata in una visione integrativa, che ne presenti adeguatamente « l 'aspetto tanto storico e teologico, quanto quello spirituale, pastorale . e giuridico» (art. 16). Anzi l'elevazione della Liturgia a « materia. necessaria e particolarmente importante nei seminari e principale nelle Facoltà Teologiche » (ivi), ha come fine di far sentire la presenza del suo pensiero e del suo spirito anche sulle altre materie teologiche, in modo che l'attenzione del Chierico sia volta tutta al mistero di Cristo di cui la Liturgia è portatrice pratica, con la conseguenza che così si imprime una profonda unità alla formazione sacerdotale, e in questa unità la Liturgia non entra solo come elemento periferico, ma come - in certo senso - elemento finalizzatore .

    Una sommaria inchiesta sulla Liturgia nei Seminari (cfr. Rivista Liturgica, 1963 n . 1/2) dà come generale risultato che in molti dei nostri seminari in realtà il problema liturgico è in qualche modo presente e che anche lo studio della Liturgia non è sempre relegato all'ultimo posto. La sensibilità di qualche Vescovo o di qualche Rettore, più aperti ai problemi attuali, aveva già dU11que in parte prevenuto la Costituzione liturgica del Concilio.

    Per quanto riguarda un aumento nelle ore di insegnamento della Liturgia è possibile e probabile che intervengano disposizioni della S.c. degli Studi e dei Seminari. Comunque già il Motu pro-prio del 25 gennaio 1964 di Papa Paolo VI ordina che la prescri-zione dell 'art. 16 della Costituzione vada in vigore col prossimo anno scolastico, e nulla quindi vieta ai Vescovi di agire in questo senso. Ma quel che maggiormente conta è che la Liturgia salga, come materia d'insegnamento e di studio, soprattutto nella stima e nella valutazione sia degli insegnanti che degli studenti, assegnata com'è tra le «discipline necessarie e più importanti ». Ciò si otterrà in maniera tangibile se tutto quello che ha rapporto con la Liturgia verrà ad avere un posto di rilievo nella vita stessa del Seminario: esposizioni periodiche di libri ,sulla Liturgia; incontri - a livello di studi ed a livello pratico - tra gli alunni su determinati problemi; conferenze con discussione su particolari questioni; esame critico, con pubblica discussione, su realizzazioni pratiche, per es . dei diversi tipi di canto liturgico popolare, degli adattamenti liturgici tentati in luoghi di missione, ecc. presentati a mezzo dischi, diapositive, cortometraggi.

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    La parola d'ordine del giorno è « la pastorale liturgica », ma non ci sottrae all'impressione che questa venga talvolta interpretata in un certo senso materiale, per cui si crede di fare della « pastorale litUrgica» quando si apportino determinate novità nelle celebra-zioni liturgiche. I giovani sono naturalmente amanti delle novità e spesso credono profondamente in esse. Pedagogicamente può essere questo anche un elemento su cui far leva, ma è necessario che la « novità» sia preparata con cura e soprattutto sia nutrita di un pensiero capace di fare della stessa, un suo mezzo di azione pastorale efficace. - Di qui l'importanza di uno studio liturgico che preceda e prepari l'azione, e di qui l'esigenza che lo studio sia fatto in maniera da generare nuove visioni spirituali, ossia una nuova concezione del valore della liturgia e dei rapporti tra liturgia e vita cristiana.

    Si tratta insomma di impostare nel Seminario una teologia, che possa porre solide basi per una pastorale liturgica; si tratta di dare allo studio della StMia liturgica non un significato di arche 0 -logismo e di storicismo, ma un valore interpretativo, che nell'ori-gine e nell 'evoluzione dei riti faccia riscoprire il senso interiore di questi; si tratta in fine di insegnare a vedere le rubriche non in maniera materiale, quasi fossero leggi fisiche e meccaniche , dalla cui applicazione dipenda un determinato effetto, ma di vederle in funzione di una celebrazione viva, che essendo fatta per il popolo ed esigendo una partecipazione attiva di esso, deve essere regolata da norme non inflessibili ma adattabili.

    Naturalmente la formazione stessa spirituale del Chierico deve essere posta sotto il segno della liturgia. Chiamato a diven-tare il «dispensatore dei Misteri di Dio », il seminarista deve profondamente penetrarsi dell'idea che egli stesso è chiamato anche per primo a vivere intimamente la Liturgia, a rischio di diventare altrimenti solo il burocrate di essa, ossia a sentirsi ed a comportarsi solo come un ìmpiegato dei riti.

    L'art. 17 della Costituzione Conciliare è molto esplicito al riguardo e tassativamente prescrive che la formazione spirituale dei Chierici sia posta su basi liturgiche, quali sono la celebrazione dei sacri Misteri e gli altri esercizi di pietà liturgica mente inqua-drati e la stessa osservanza delle norme liturgiche, fino al punto di creare una vera e profonda mentalità liturgica (lit urgico spiritu penitus informentur) , che si risolva in una forma liturgica

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    di tutta la vita interiore (formationem vitae spiritualis litur-gicam acquirant).

    Il Vescovo non potrà fare tutto questo direttamente per se stesso, ma è chiaro che rientra nei suoi compiti particolari sia scegliere Rettore, Padre spirituale e professori del Seminario che siano per lo meno aperti a questa visione liturgica, sia nel control-lare che la vita spirituale dei Chierici sia effettivamente orientata e sviluppata in questo senso.

    b) Formazione liturgica del Clero

    Altro grande campo di attività pastorale aperto al Vescovo dalla Costituzione Conciliare è la formazione liturgica e la pre-parazione ad una pastorale liturgica del Clero.

    Che molto del Clero in cura d'anime abbia bisogno in questo campo di rivedere le proprie posizioni intellettuali e spirituali, è cosa che certo non può sfuggire nè è sfuggita ai Vescovi, consi-derato che sono stati essi stessi a codificare gli articoli 14, 18 e 19 della Costituzione Conciliare.

    Il Concilio, tutto teso ad aprire la liturgia al popolo, affinchè trovi in essa la sorgente del vero spirito cristiano, ritiene una necessità inderogabile che si provveda ad una formazione liturgica del Clero, pena il non raggiungimento del fine propostosi dal Concilio (art. 14).

    Abbiamo in materia un doloroso precedente nel Concilio di Trento. Di questo si ritennero - e a buona ragione - validi i canoni con cui si condannavano gli errori protestanti, ma si trascurarono purtroppo, quasi completamente, certi punti dottri-nali, dal cui abbandono appunto erano nati quegli errori del pas-sato e sarebbero continuati a sorgerne nell'avvenire. Per esempio, nella predicazione successiva a Trento, quasi nessun influsso eser-citò la Dottrina del Tridentino sulla Messa, ed in particolare non si misero in opera le prescrizioni contenute nei capp. 6 e 8 di essa, prescrizioni che prevedevano in particolare la «Comunione dei fedeli alla Messa» e la « spiegazione frequente» delle letture e dell'uno o dell'altro dei Misteri della celebrazione liturgica. Se ciò non avvenne si dovette in gran parte alla mancanza di una prepa-razione liturgica del Clero, quale si può rilevare dallo stesso decreto di riforma del tridentino (').

    (') Decretum de observalldis et vitalldis in celebratiO/,e Missarum, in COIIC. Out/m. decreta, ediz. Centro documentazione di Bologna, H erder, 1962, p . 712 sg.

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    Tutta la riforma liturgica ~ possiamo ben dirlo - dipende da questa preparazione del Clero, come molto opportunamente, dopo la Costituzione, richiama anche il Motu ptaprio del Papa ('). Per il Concilio infatti « non è una questione di creare solo nuove strutture esterne nel culto, quanto di costituire categorie mentali, talvolta per taluni al tutto nuove, e tal 'altra almeno rinnovate e poste sotto una migliore luce. E fìnchè questo spirito non si sarà afferrato, la riforma rischia di immiserire in un esteriorismo, che per essere di oggi, non sarebbe meno malsano di quello di ieri» n.

    A! Vescovo non manca certo il modo di contribuire efficace-mente alla formazione liturgica del proprio Clero e di promuoverne la preparazione per un'azione pastorale liturgica.

    Lettere pastorali, che affrontino direttamente ed in maniera non solo occasionale, il problema dell'orientamento liturgico del Clero; conferenze diocesane e foranee, dove il Vescovo o per sè o per altri impartisce al Clero l 'insegnamento richiesto dalle nuove prospettive teologiche che sono alla base della riforma liturgica, come è prospettata dal Concilio; articoli sul bollettino diocesano; giornate di studio organizzate con l'aiuto della Commissione litur-gica diocesana; creazione di una biblioteca liturgica circolante per il Clero, con l'avvertenza che della stessa opera vi sia più di una copia; ecco altrettante «opportune iniziative» che dànno al Vescovo la possibilità di « aiutare» (art. 18) il proprio Clero a farsi una mentalità ed una formazione che siano ispirate e alimen-tate dalla Liturgia .

    c) Liturgia diocesana e parrocchiale

    La Costituzione Conciliare, art. 41 richiamando nel Vescovo la figura del « Sacerdos magnus, da cui promana e deriva in certo senso la vita stessa dei suoi fedeli in Cristo », non annunzia nulla di nuovo al pensiero cristiano, ma ripresenta nondimeno il Vescovo nella sua prospettiva originaria e più vera, quella stessa in cui la Lettera agli Ebrei presenta Cristo, Sommo Sacei'dote e Liturgo del Nuovo Testamento.

    Purtroppo, da quando il Vescovo è diventato, nel corso della storia, anche un signore nell'ordine temporale, è avvenuto che que-

    (") Motu proprio in Osservatore Romano, 29-1·1964.

    30 (') s.m., I primi passi della riforma liturgica in Osservatore Romano, ' ·1-1964, p. 2.

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    sta sua qualifica sacerdotale ha subito tutte o molte delle restri-zioni cui il decoro esterno obbligava il « Signore ». Così è apparso sempre più raramente in mezzo al suo popolo, fino al tempo - cui il Concilio di Trento mise finalmente rimedio - che spesso non appariva mai nella diocesi di cui era Vescovo, bastando un suo incaricato per andare a riscuotere i proventi del beneficio.

    Oggi fortunatamente non è più così, ed abbiamo conosciuto Vescovi che ogni domenica e festa di precetto non solo celebra-vano e predicavano in cattedrale, ma vi facevano anche il cate-chismo al popolo.

    Il Concilio non impone ai Vescovi di fare altrettanto, ma quale noli sarebbe il vantaggio spirituale di tutti, se il Vescovo facesse anch'egli nella sua Cattedrale quel che ogni parroco è obbligato a fare nella sua chiesa, se celebrasse e predicasse cioè ogni domenica? E' un bel simbolo, la cattedra eretta in duomo. Ma non sarebbe anche una bella realtà, se sulla cattedra prima, e poi all'altare si potesse ogni domenica 'Vedere il Vescovo, che con semplicità proclama il Verbum e poi lo distribuisce caro factum, nella celebrazione della « Cena del Signore », come Padre del suo popolo e Pastore dei propri fedeli?

    L'idea di « Ministero» ossia di « serVlZlO » sacerdotale, im-plicito nell'onus episcopale, che va riacquistando tanta vivacità nella Chiesa, non può restringersi a quelle azioni sacramentali che sono riservate ai Vescovi, come la Cresima e le Ordinazioni, ma deve tornare a vivere in concreto anche nel « servizio» domeni-cale della Mensa del Signore e della Parola.

    A questa rinnovata coscienza «liturgica» del Vescovo, che allora è soprattutto - come Cristo - « liturgo del Nuovo Testa-mento », quando è nell'esercizio del Sacrificio santifìcatore per eccellenza, richiama il Concilio, mettendo in risalto quel principio di unità, che si crea attorno all'unico altare del Vescovo celebrante (art. 41). E quante occasioni non si presenteranno ora ai Vescovi di dare corpo a questa unità, soprattutto usufruendo del diritto di Concelebrazione? Basti pensare alla festa di Dedicazione della Cattedrale; al Natale episcopi, ossia all'anniversario della sua con-sacrazione episcopale; alle adunanze del Clero indette dal Vescovo o nella propria città o altrove; a quelle adunanze foranee che il Vescovo può indire in occasione della sua presenza in una qualun-que parrocchia, ecc.

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    Altro mezzo per ogni Vescovo di riannodare @i di unità con il suo gregge sarà, per es. la partecipazione sua alle feste delle parrocchie. Naturalmente la venuta del Vescovo in parrocchia non dovrebbe esser motivo di ridare vita alle cosiddette « Messe poli-foniche» o « Messe in musica », ma al contrario dovrebbe dare occasione al Vescovo di celebrare col suo popolo una bella « Messa viva », quale forse è abituato a celebrare ogni domenica con il proprio parroco, una Messa cioè con ,'ero canto di popolo - escluse, salvo che per qualche breve parte, le cantorie sia locali che forestiere - con Omelia del Vescovo, con processione offer-toriale, con prece universale, con « comunione allo stesso Sacri-ficio» (art. 55) del Vescovo. Una messa umile, senza grandiosi apparati e lungaggini inutili, ad un orario comodo, tale che il più possibile di parrocchiani possano assistervi: . ecco una liturgia, che pur nel ristretto ambito di una lontana e povera parrocchia di campagna, sarebbe su livello diocesano, come vera espressione del Ministerium sacro.

    2 . Le Commissioni diocesane organi episcopali della riform~ liturgica

    Al Vescovo spettano le direttive ed anche la parte dirigente, oltre che quella attiva personale, nella riforma liturgica. Le diret-tive spesso saranno da lui date ai singoli parroci. Ma molto più spesso potrà e dovrà servirsi della propria Commissione liturgica diocesana, che è in realtà l'organo esecutivo primario della riforma liturgica che il Vescovo intende intraprendere nella diocesi .

    La Commissione non è nè una prebenda nè una sinecura nè un cavalierato di onore . Bisognerà che il Vescovo chiami ad essa chi può, chi sa e chi vuole lavorare nel campo liturgico.

    -Per la Commissione liturgica diocesana valgono i criteri di re-clutamento e di programma fissati per quella omonima territoriale (art. 44): membri preparati in materia di liturgia, di musica e d'arte, e insieme esperti in azione pastorale. Grande vantaggio se la Commissione potrà servirsi dell'aiuto di un Istituto Liturgico pa~tol'ale, anche se non fosse della diocesi, e dovrà essere aperta utIlmente anche ai laici.

    Il Vescovo farà bene ad assistere alle sedute della Commis-sione, impedendo che questa si risolva in una accademia ed esi: ge~do ' che sia sempre dominata da un assillo pastorale e quindi onentata verso realizzazioni pratiche.

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    D'altra parte le decisioni della Commissione devono avere valore vincolante - una volta approvate dal Vescovo - per tutte le parrocchie. L'applicazione delle decisioni della Commissione sarà - anche se obbligatoria - naturalmente graduale, non poten-dosi imporre a tutti, così di colpo, un determinato regime. Ma la Commissione stessa dovrà seguire l'applicazione delle norme da essa emanate, in modo da rendersi conto ed insieme impedire che vi siano facili sonni o fughe.

    Prima però che certe norme diventino definitive, la Commis-sione dovrà porle in esperimento (art. 44) o in qualche parrocchia-tipo o in tutte le parrocchie, accompagnando sempre l'esperimento con un questionario critico della propria norma, aftlnchè ognuno possa fare le sue osservazioni. Tali questionari però non devono andare solo in mano al clero, ma - divisi per colore - anche in mano ai laici, uomini e donne, gente colt~ e comune. Natural-mente ciò non vuoI dire che la Commissione dovrà regolarsi se-condo le risposte date al questionario, ma da esse dovrà prender motivo per rivedere - sempre con profondo spirito pastorale in senso direttivo, seppure in qualche caso accomodante - le proprie norme e procedere ad altro esperimento.

    La Commissione, prima di procedere a innovazioni od espe-rimenti, anche se previsti dalla Costituzione come punti di attua-zione immediata, dovrà aver cura di fare studiare teoricamente la cosa da persone competenti e di proporre, in sede di studio, la stessa cosa ai parroci, destinati a fare l'esperimento, fornendoli di tutti quei sussidi necessari per la realizzazione dell'esperimento stesso .

    Queste adwlanze di studio devono sempre partire dai principi teologici e pastorali che giustificano o esigono le nuove norme, per concludersi con poche ma chiare disposizioni pratiche.

    Il problema centrale sarà sempre quello della partecipazione attiva del popolo, ma vi sono problemi che riguardano diretta-mente il clero: la catecbesi liturgica, il catecbismo sul piano liturgico, l'organizzazione dei pii esercizi in senso liturgico, l'istruzione liturgica delle scuole, nelle associazioni, nel piccolo clero, ecc. Vi sono problemi di canto liturgico, popolare, di arte sacra applicata, l'organizzazione di feste, di prime Comunioni, di Cresime; il modo di amministrare comunitariamente il Battesimo; come ridare alla Penitenza il suo significato ecclesiale; quale il significato del Matrimonio nella Messa, ecc. ecc.

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    Tutti questi e tanti altri problemi, una volta messi a fuoco in seno alla Commissione, dovranno essere studiati sotto la guida di specialisti in adunanze generali o parziali del Clero, che tenuto conto delle possibilità, dovranno ripetersi alcune volte nell'anno. In esse però la parola non sarà solo al Maestro designato o chia-mato dalla Commissione, ma ad ognuno dei presenti, che voglia stabilire un colloquio di chiarimento.

    La Commissione deve lasciare tanto più ampia libertà di parola, in quanto i problemi soprattutto teologici, che devono formare una nuova mentalità nel nostro clero, non sono nè pochi nè di poco conto, e quindi bisQgna contare su una possibilità di pene trazione piuttosto lenta.

    Le riviste specializzate, in Italia soprattutto la nostra Rivista Liturgica e Rivista di pastorale liturgica, potranno dare materia a questi incontri e potranno, se del caso, anche accogliere voci e proposte, da presentare a una più vasta cerchia di interessati e forse di esperti.

    Purtroppo in Italia non abbiamo gran che di materiale, ma tra opere originali e tradnzioni qualcosa comunque c'è. Oltre che nel campo della letteratura C) vi sono quà e là anche iniziative catechetiche e di canto liturgico popolare C) che pur essendo in fase sperimentale, vanno certamente incoraggiate, perchè vi sono già produzioni indubbiamente valide.

    .c') Oltre il classico mondiale, VAGAGGINI, Il senso teologico della Liturgia, s~gnallamo tra le pubblicazioni recentissime: Introduzione agli studi liturgici, ed. hturglcbe - Roma; Partecipazione dei fedeli alla Messa, ivi; RINAUDO, 1) Il mistero della Salvezza e 2) La Quaresima, mistero di Cristo e della Chiesa ed. LDC-Torino; DL~LLA TORRE, Quaresima nella comunità cristianal ed . Queriniana~Brescia; MASSI,

    Assemblea del popolo di Dio, Centro Catechistico-Ascoli P.; MARTIMORT, La pre-gb~era . della Chiesa, ed. Desclée-Roma; L'Assemblea lit"I'gica alla Messa, ed. Rega-hta-Milano; La Domenica, ivi; Guida della Settimana Liturgica, ivi; ecc.

    (') Tanto per le iniziative di Catechesi liturgica, quanto per il canto liturgico-!?opolare rivolgersi principalmente al Centro Catecbistico Salesiano, Torino-Leumann; tn specie: 30 Salmi e "" cantico, edizione con musica, integrato da 4 dischi LDC.

    . Utilmente ci si può servire del «A Messa, figlioli» del Card. Lercara

    1l,J~CJO Organizzo Arcivescovile-Bologna) e de « Il popolo alla Messa» (opera Rega-Ita-MIlano). . Altri canti liturgici (salmodici-responsoriali) meritevoli di attenzione son

    quell, del «Canzoniere di Sion », editi in 4 dischi (testo curato da T. Federici e musIca d,. P . Sartori d. O. di Roma) dalla Pia Società S. Paolo. Da un accordo fra gh EdItori è sorta l'iniziativa delle schede ECAS, che diffondono su un formato standard canti antichi e nuovi per la partecipazione liturgica.

    Cfr. anche nei dischi RCA La Messa dialogata, realizzata in collaborazione D. Balboni e P. Sartori. Pet il canto gregoriano si hanno dischi molto apprezzari in quelli dei Benedettini di Venezia-San Giorgio, edizioni FONIT.

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    3. Conferenze Episcopali

    Che siano territoriali o ad interim nazionali, (Motu proprio) la grande impresa della riforma liturgica ' spetta, subordinatamente alla Sede Apostolica, in linea principale ad esse. I loro compiti sono richiamati continuamente e noi non ci attardiamo a ricordarli.

    Diciamo soltanto che - a parte quello che è stato già deciso in sede di Concilio e quello che verrà stabilito dalla Commissione liturgica postconciliare - ad essa spetta soprattutto individuare i punti pratici di riforma in seno al territorio o alla nazione (art. 38); proporre alla Sede Apostolica eventuali adattamenti locali o nazio-nali e fare prima i necessari esperimenti in proposito (art. 40 e 44); studiare particolari aspetti, passibili di adattamenti, nell'ammini-strazione dei sacramenti e dei sacramentali, nell'uso e nell'esten-sione della lingua volgare e del canto liturgico moderno.

    Ugualmente spetta alla Conferenza Episcopale lo studio e l'approntamento del Rituale bilingue, che essendo - appunto perchè bilingue - particolare, non ci verrà certo dato dalla Commissione liturgica postconciliare; deve prendere in seria con-siderazione al più presto il problema delle traduzioni liturgiche dei testi del Messale e del Breviario, portando in questo campo la necessaria uniformità e praticità per la recitazione comune e corale.

    Molto di questo lavoro all'estero è stato fatto e ne è prova sia l'introduzione della lettura dell'Epistola e del Vangelo e della prece universale in lingua volgare in tutte le messe, cantate o meno, con frequenze di popolo, a cominciare dalla I Domenica di Quaresima, sia la possibilità già concessa di poter dire il Breviario in lingua volgare. Da noi nulla.

    Corre voce che un rituale bilingue italiano sia pronto da tempo, ma è sempre giacente nel fondo di qualche cassetto e sempre vi resterà fìnchè la Conferenza Episcopale italiana non lo tirerà fuori. E intanto perchè non chiedere alla Sede Apostolica il permesso di usare il rituale bilingue (lat.-italiano) concesso alla Svizzera itali.ana? Perchè non dare nel frattempo valore nazionale al « Lezionario » della Messa, che il Cardinal Lercaro ha preparato per la sua diocesi, ordinando che anche in Italia si leggano Epi-stola e Vangelo direttamente in italiano? Perchè non procedere subito a preparare qualche formula di «Prece universale» da poter recitare in via ufficiale e generale, come tanti fanno già in piccoli cenacoli, anche in Italia?

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    Sono domande che sarà sempre lecito fare. Ma fino a quando dovremo farle, dato che il Concilio ha già parlato in proposito?

    La nostra voce non conta molto; ma se portatori di essa si fanno i Vescovi, allora non vi è dubbio che anche in Italia potremo rallegrarci che la seconda sessione del Concilio Vaticano II si sia chiusa presentando e promulgando, con l'autorità del Papa, la COSTITUZIONE LITURGICA.

    D . SALVATORE MARSILI, O.S.B .

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