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1 SUOLO E ACQUA 1.1 Il suolo come sistema eterogeneo polifasico disperso Il suolo è un sistema eterogeneo, polifasico, particellare e disperso all’interno del quale la superficie specifica può essere molto estesa. La natura dispersa del suolo e la sua conseguente attività “interfacciale” dà origine a numerosi fenomeni come l’adsorbimento di acqua e di sostanze chimiche, lo scambio di ioni, l’adesione, l’imbibizione, la dispersione, la flocculazione e la capillarità. Le tre fasi solitamente sono rappresentate nel suolo come segue: i grani del terreno costituiscono la fase solida, più comunemente definita come matrice

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1  SUOLO E ACQUA 

 

1.1  Il suolo come sistema eterogeneo polifasico disperso 

 

Il  suolo è un  sistema eterogeneo, polifasico, particellare e disperso  all’interno 

del quale la superficie specifica può essere molto estesa. La natura dispersa del 

suolo  e  la  sua  conseguente  attività  “interfacciale”  dà  origine  a  numerosi 

fenomeni come  l’adsorbimento di acqua e di sostanze chimiche,  lo scambio di 

ioni, l’adesione, l’imbibizione, la dispersione, la flocculazione e la capillarità. 

Le  tre  fasi  solitamente  sono  rappresentate  nel  suolo  come  segue:  i  grani  del 

terreno  costituiscono  la  fase  solida,  più  comunemente  definita  come matrice 

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solida; la fase liquida, data dall’acqua del suolo e dalle sostanze in essa disciolte, 

è detta soluzione del terreno; infine la fase gassosa, rappresentata dall’aria che 

riempie i vuoti del terreno. 

La  matrice  solida  del  suolo  include  particelle  la  cui  composizione  chimica  e 

mineralogica  varia,  come  varia  anche  la  loro  dimensione,  la  forma  e 

l’orientamento. L’organizzazione delle componenti solide del suolo determina le 

caratteristiche geometriche dei vuoti, all’interno dei quali  l’acqua e  l’aria  sono 

trasmesse e trattenute. In definitiva, la presenza dell’acqua e dell’aria nel suolo 

varia continuamente, sia in relazione al tempo che allo spazio. 

 

1.1.1 Il profilo verticale della distribuzione dell’acqua nel terreno  

 

Il contenuto d’acqua del terreno può variare dal valore massimo raggiungibile θs 

(di saturazione) fino al valore minimo θr (contenuto d’acqua residuo). Entrambi 

sono parametri caratteristici del terreno. 

Il  profilo  verticale  del  terreno  è  raramente  uniforme  con  la  profondità  e  in 

genere consiste  in  livelli o strati, più o meno distinti. Lo strato più superficiale, 

che di norma è  la sede di attività biologica vegetale ed animale, è denominata 

zona di evapotraspirazione: qui infatti hanno luogo i fenomeni evapotraspirativi, 

che  provvedono  a  riconvogliare  in  atmosfera  parte  dell’acqua  meteorica.  In 

questa zona  l’acqua è presente come contenuto naturale (umidità del terreno), 

variabile, in termini di quantità, dalla saturazione (θ = θs) al massimo del deficit 

di umidità (θ = θr). 

Al di sotto di tale prima zona, segue la seconda, detta zona di aerazione, o anche 

zona insatura, in quanto in essa vi è la coesistenza di aria e di acqua in quantità 

tali  da  non  saturare  il  terreno. Qui  il movimento  dell’acqua  è  a  componente 

essenzialmente verticale (percolazione). 

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Immediatamente  al  di  sotto,  ossia  a  partire  dalla  superficie  libera  dell’acqua 

accumulata al di  sopra del  substrato  impermeabile, è presente  la  zona  satura, 

dove l’acqua riempie tutti i pori intercomunicanti del terreno e fluisce, secondo 

la legge di Darcy, con un movimento  con componenti essenzialmente orizzontali 

(filtrazione). 

Al contatto tra la zona satura e la zona insatura, troviamo la frangia capillare. Qui 

fenomeni  di  capillarità  determinano  la  risalita  dell’acqua  lungo  i  canalicoli 

formati  dalla  successione  dei  pori:  l’altezza  di  risalita  è  differente  in  funzione 

della diversa dimensione dei canalicoli; minore è la dimensione caratteristica dei 

capillari, maggiore è l’altezza di risalita dell’acqua. 

Se  sul  suolo  affiorano  formazioni  permeabili,  l’acqua  si  infiltra  nel  terreno  e 

procede  fino  a  incontrare    strati  impermeabili  costituiti  da materiale  a  grana 

molto fine (limo, argille) o da formazioni rocciose non fratturate.  

La figura 1.1 schematizza la distribuzione verticale dell’acqua del terreno. 

 

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Figura 1.1 – Distribuzione verticale dell’acqua nel terreno 

 

1.1.2  I principali parametri del terreno 

Definiamo alcuni parametri che risultano essere utili nella caratterizzazione delle 

condizioni fisiche del suolo.  

Granulometria 

La granulometria permette,  innanzi  tutto,  la  caratterizzazione di un  terreno  in 

funzione della dimensione dei granuli che lo compongono. 

Viene eseguita in laboratorio pesando il materiale trattenuto da ciascun setaccio 

(a maglia nota) di una pila, nel primo della quale si è posta una quantità pesata 

di  materiale  essiccato.  I  risultati  ottenuti  vengono  riportati  sulla  "curva 

cumulativa"  che  mette,  in  diagramma  semilogaritmico,  in  ascissa  (in  scala 

logaritmica)  il diametro dei grani definito dalle maglie di  ciascun  setaccio e  in 

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ordinata  (lineare)  i  pesi  passanti  cumulati,  espressi  in  percentuale  rispetto  al 

peso  totale  del  campione  analizzato.  Tale  curva,  rapportata  alla  terminologia 

descritta  in  corrispondenza  dell'asse  delle  ascisse,  permette  la  classificazione 

immediata  del  sedimento  analizzato,  così  come  la  forma  stessa  permette  di 

evidenziare con chiarezza il grado di uniformità del sedimento. 

La figura 1.2 riporta vari esempi di curve granulometriche. 

 

 

Figura 1.2 ‐ Esempi di curve granulometriche 

 

Si definisce "diametro caratteristico" (Dx)  il valore del diametro  letto sulla scala 

delle ascisse, corrispondente alla percentuale in peso (x) scelta. 

Il "diametro efficace" (D10) è il diametro caratteristico per il peso 10% . 

L'uniformità  di  un  sedimento  è  espressa  numericamente  dal  "coefficiente  di 

uniformità"  dato  dal  rapporto  U  =  D60/D10.  La  granulometria  si  definisce 

uniforme per U <2, variabile per U>2. 

 

 

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La suddivisione del suolo nelle sue tre fasi 

Siano:  Ma  la  massa  dell’aria,  nella  maggior  parte  dei  casi  trascurabile  se 

confrontata con  le masse del solido e dell’acqua; Mw  la massa dell’acqua; Ms  la 

massa  del  solido; Mt  la massa  totale.  I  volumi  degli  stessi  componenti  sono 

indicati  sul  lato  sinistro  del  diagramma  di  figura  1.3:  V   volume  dell’aria,  Va w 

volume dell’acqua, V =V +Vf a w volume dei pori, Vs volume dei solidi e Vt il volume 

totale del corpo solido rappresentativo. 

 

 

Figura 1.3 ‐ Le tre fasi del suolo 

 

Sulla base di questo diagramma, possiamo ora definire i termini che sono usati 

generalmente  per  esprimere  le  relazioni  quantitative  dei  tre  elementi  primari 

che costituiscono il suolo. 

Densità della parte solida ρs o peso specifico 

     che può assumere valori compresi tra 2.0 e 3.0 g/cm3

Densità complessiva secca (Dry bulk density) ρb o peso specifico apparente 

      

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Compattezza

Si definisce compattezza il rapporto    =     

Più il peso specifico e quello apparente si avvicinano, più la roccia sarà compatta, 

ovvero priva di vuoti, e un terreno completamente privo di vuoti avrà un grado 

di  compattezza  pari  ad  1.  In  genere  però,  tutti  i  suoli,  hanno  una  certa 

percentuale di vuoti, che vengono quantificati tramite la porosità.  

Porosità totale

La  porosità  è  una  delle  caratteristiche  idrogeologiche  principali  dei  terreni;  la 

porosità  totale è definita  come  il  rapporto percentuale  tra  il  volume di  tutti  i 

vuoti e il volume totale del terreno: 

    

Questo è un coefficiente puramente geometrico.  

La porosità è assai variabile in rapporto al numero, alle dimensioni, alla forma e 

alla disposizione spaziale dei meati che la roccia contiene. L’origine di tali meati 

è duplice: può essere primaria o secondaria, a seconda che gli interstizi si siano 

generati durante o dopo i processi di litogenesi.  

La  porosità  primaria  comprende  sia  le  cavità  intercristalline,  di  degassazione, 

ecc., delle rocce ignee, sia i meati di origine sedimentaria che permangono nella 

roccia  anche  dopo  l’intero  processo  di  diagenesi  e  che  fanno  parte  della 

struttura e tessitura del terreno. Invece la porosità secondaria è tipica di terreni 

che  subiscono  fessurazione,  fratturazione,  dissoluzione  chimica,  azione  delle 

variazioni termiche, erosione meccanica; tutti fenomeni che intervengono dopo 

la formazione della roccia stessa.  

Indice dei vuoti 

    

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L’indice dei vuoti mette  in relazione  il volume dei pori con  il volume dei solidi, 

piuttosto che con il volume totale del suolo. Generalmente varia tra 0.3 e 2.0. 

Tra coefficiente di porosità totale e indice dei vuoti esiste la relazione: 

   oppure    

Porosità efficace 

Non  tutti  i vuoti della  roccia  sono  intercomunicanti  tra di  loro; per  studiare  le 

caratteristiche idrogeologiche di un terreno spesso  è importante la conoscenza 

della  quantità  dei  vuoti  che  può  consentire  la  circolazione  dell'acqua.  Ciò  si 

ottiene attraverso  la definizione della porosità efficace  (o dinamica), data dalla 

quantità dei vuoti  interconnessi. Numericamente  la porosità efficace si esprime 

attraverso il rapporto: 

  

La determinazione del volume dei vuoti  interconnessi si  fa per differenza  tra  il 

peso  di  un  campione  precedentemente  essiccato  e  quello  costante  raggiunto 

dopo prolungata immersione.  

Contenuto di aria nei pori 

  

 

1.1.3 Permeabilità e saturazione 

 

La  permeabilità  esprime  l'attitudine  di  una  roccia  a  lasciarsi  attraversare 

dall'acqua,  sotto  un  gradiente  idraulico.  La  filtrazione  attraverso  un  mezzo 

poroso comporta  infatti una perdita di energia spesa dall'acqua per vincere gli 

attriti  con  le particelle del mezzo.  L'energia nasce dal  carico  idraulico  imposto 

alla  partenza  all'acqua  che  si  mette  in  movimento.  La  perdita  di  energia  si 

traduce dunque  in una diminuzione progressiva del  carico  idraulico misurabile 

lungo tutto il percorso seguito dall'acqua nel suo moto di filtrazione. 

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Le  caratteristiche di permeabilità di una  roccia  sono determinate dal processo 

litogenetico e dall’evoluzione che  la  roccia  stessa  subisce, essendo  il  tipo ed  il 

grado di porosità il fattore primo che conferisce permeabilità alla roccia stessa. 

La permeabilità può essere definita "in piccolo" quando le stesse caratteristiche 

di  permeabilità  riscontrate  in  un  piccolo  campione  possono  essere  riferite  ad 

una  più  vasta  zolla  di  terreno:  è  il  caso  di  terreni  definiti  "permeabili  per 

porosità"  ossia  dotati  di  porosità  efficace  primaria.  Si  definisce  invece  "in 

grande" quando essa sussiste solo se si considerano vaste zolle di  terreno: è  il 

caso  di  terreni  definiti  "permeabili  per  fessurazione"  o  "permeabili  per 

carsismo", dotati di porosità efficace secondaria. 

La permeabilità è altresì una caratteristica che può mutare nel tempo: essa può 

essere  "crescente"  se  la  roccia  è  sottoposta  a  processi  che  incrementano  nel 

tempo  la  porosità  dinamica  (es.  dissoluzione);  può  essere  "decrescente"  se  si 

verificano processi che tendono a diminuire nel tempo la porosità dinamica della 

roccia (es. precipitazione di minerali o accumulo di detriti). 

Diversi  sono  i  fenomeni  che  regolano  la  presenza  dell'acqua  nel  terreno  e  la 

possibilità che essa possa migrare. Immaginando di osservare un singolo granello 

a  forte  ingrandimento,  si  potrebbe  constatare  che  le  cavità  presenti  sulla  sua 

superficie  ospitano  un  sottilissimo  velo  d'acqua  che  aderisce  fortemente  alle 

pareti di tali cavità perché le molecole dell'acqua si comportano come dipoli che 

sono  fortemente  attratti  dalle  molecole  del  grano  (acqua  igroscopica).  Un 

secondo  velo  d'acqua  (acqua  pellicolare),  ugualmente  attratto  da  forze 

elettriche circonda poi, in maniera continua, il primo strato. Il complesso acqua 

igroscopica  ‐  acqua  pellicolare  può  essere  totalmente  eliminato  solo  con 

processo di calcinazione del campione di roccia. 

Negli spazi  isolati a dimensione capillare, tra grano e grano,  l'acqua è presente 

come  acqua  capillare,  si muove  secondo  le  leggi della  capillarità e può  venire 

eliminata per centrifugazione. Questo  tipo d'acqua è presente  in spazi capillari 

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isolati, costituendo con i primi due tipi visti il complesso di ritenzione, oppure in 

spazi continui e comunicanti con la sede dell'acqua gravifica. 

Negli spazi intergranulari, oltre la dimensione capillare, l'acqua presente è detta 

acqua gravifica in quanto libera di muoversi sotto le leggi della gravità; essa può 

dunque essere allontanata dal campione per semplice sgocciolatura. 

Nella  figura  1.4  è  schematizzata  la  distribuzione  dell'acqua  nell'intorno  dei 

granuli costituenti una roccia. 

 

 

Figura 1.4 ‐ Tipi di acqua nel terreno:a) acqua igroscopica; b)acqua pellicolare; 

 c) acqua capillare; d) acqua gravifica. 

Il contenuto relativo di acqua del suolo può essere espresso  in diversi modi:  in 

base alla massa dei solidi, alla massa totale e al volume dei pori.  

Umidità di massa: 

  

dove: 

Pa =  peso dell’acqua naturalmente contenuta in un campione di terreno 

Ps =  peso del campione essiccato  

P =  peso del campione 

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Per determinare l’umidità di massa si possono usare metodi gravimetrici, oppure 

misurare  la  resistività elettrica, che dipende sia dal contenuto di acqua che da 

composizione, tessitura e concentrazione di sali solubili.  

Umidità di volume:  

  

  

in cui Γb è la densità specifica d’insieme.     

L’umidità di volume  (spesso definita contenuto d’acqua volumetrico o  frazione 

di  volume  dell’acqua  del  terreno)  è  generalmente  calcolata  come  una 

percentuale rispetto al volume totale del terreno. Nei terreni sabbiosi il valore di 

θ a saturazione è dell’ordine del 40‐50% ed in terreni argillosi può raggiungere il 

60%.  In  quest’ultimo  caso,  il  volume  relativo  dell’acqua  a  saturazione  può 

eccedere  la  porosità  del  terreno  asciutto,  dal momento  in  cui  i  suoli  argillosi 

cominciano ad imbibirsi. L’uso di θ piuttosto che di w per esprimere il contenuto 

di  acqua  è  spesso  più  conveniente  perché  è  più  direttamente  adattabile  al 

calcolo dei flussi e delle quantità sottratte al suolo dall’evapotraspirazione o dal 

drenaggio. 

Grado di saturazione: 

  

L’indice S esprime il volume d’acqua presente nel suolo relativamente al volume 

dei pori. Il range dell’indice S va da zero nel suolo asciutto, all’unità (o 100%) in 

un suolo completamente saturo. In questo secondo caso la saturazione è uguale 

alla porosità  totale. Comunque,  la  saturazione  completa  si  verifica  raramente, 

dato  che  una  minima  percentuale  di  aria  è  quasi  sempre  presente  e  può 

rimanere  intrappolata  in  pori  chiusi  anche  in  presenza  di  un  suolo  molto 

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bagnato.  Il  grado  di  saturazione  è  generalmente  espresso  come  funzione  del 

contenuto d’acqua θ, in relazione ai valori massimi e minimi θs e θr: 

 

  

 

1.2 L’acqua nel suolo 

 

L’acqua nel  suolo può  contenere energia  in diverse quantità e  forme. La  fisica 

classica  riconosce due  forme di energia:  l’energia  cinetica e quella potenziale. 

Dato che  le velocità nel  terreno sono estremamente basse,  l’energia cinetica è 

considerata trascurabile. È quindi l’energia potenziale, che è legata alla posizione 

o  alle  condizioni  interne,  che  risulta  essere  di  importanza  primaria  nella 

determinazione  dello  stato  e  del moto  dell’acqua  nel  suolo.  Infatti  l’acqua  si 

sposta  da  punti  dove  l’energia  potenziale  è maggiore  a  punti  dove  l’energia 

potenziale è minore, al fine di equilibrare  il sistema.   La forza agente sull’acqua 

nel suolo è uguale al gradiente negativo di potenziale  (il segno negativo  indica 

che  la  forza  agisce  nella  direzione  di  potenziale  che  diminuisce).  E’  quindi 

importante  non  tanto  classificare  le  tipologie  di  acqua  (igroscopica,  capillare, 

ecc.),  ma  misurare  lo  stato  dell’energia  potenziale,  che  risulta  essere  una 

funzione continua dello spazio.  

La  figura  1.5  chiarisce  meglio  il  comportamento  dell’acqua  nelle  diverse 

condizioni di potenziale. L’acqua nel suolo (al di sotto della linea piezometrica) si 

trova ad un’energia potenziale maggiore di quella di riferimento in un eventuale 

serbatoio confinante e quindi  l’acqua  tenderà a spostarsi verso  il serbatoio. Se 

invece il suolo è in maggioranza non saturo, il suolo drenerà acqua dal serbatoio. 

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Figura 1.5 

In  condizioni  di  pressione  idrostatica  maggiore  di  quella  atmosferica,  il 

potenziale dell’acqua del suolo è maggiore di quella dello stato di riferimento e 

quindi può essere considerato positivo.  In un suolo  insaturo  l’acqua è vincolata 

dalla  capillarità  e  dalla  forza  di  assorbimento,  quindi  la  sua  energia  è 

generalmente negativa poiché la sua pressione idrostatica è minore di quella di 

riferimento. 

 

1.2.1  Il potenziale dell’acqua nel suolo 

 

Il potenziale  totale è definito  come  il  “lavoro  totale  che deve essere  fatto per 

unità  di  quantità  di  acqua  pura  per  trasportare  reversibilmente  e 

isotermicamente una quantità infinitesima di acqua da un poro ad una specifica 

quota  e  a  pressione  atmosferica  a  livello  dell’acqua  del  suolo”;  questa  è 

ovviamente una definizione assolutamente teorica. 

Il potenziale totale è dato da: 

 

con: 

 =  potenziale totale; t

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g =   potenziale  gravitazionale  dato  dalla  posizione  della  massa  d’acqua 

rispetto ad un piano di riferimento; 

p =  potenziale  di  pressione  ψ  (anche  definito  potenziale  di  matrice)  che 

caratterizza  la  tenacità  con  cui  l’acqua  del  terreno  (di  ritenzione  e 

capillare) è trattenuta dalla matrice solida; 

o =  potenziale osmotico, che viene trascurato  in quanto assume  importanza 

solo in casi particolari. 

 Quindi  nello  studio  del moto  dell’acqua  nel  suolo  non  saturo,  le  componenti 

responsabili  del  moto  sono  principalmente  il  potenziale  gravitazionale  e  il 

potenziale di matrice. L’umidità e  il potenziale di pressione sono  legati da una 

relazione, la cui rappresentazione grafica è detta curva caratteristica del terreno.  

 

1.2.2  Il potenziale gravitazionale 

 

Il  potenziale  gravitazionale  dell’acqua  nel  suolo  è  determinato  dall’elevazione 

del punto  relativamente ad un  livello arbitrario di  riferimento. Ad una quota  z 

l’energia potenziale  gravitazionale Eg di una massa M di  acqua  che occupa un 

volume V è: 

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 = g·z   potenziale gravitazionale in termini di unità di massa g

g,v = ρw·g·z   potenziale gravitazionale in termini di unità di volume 

w = z    potenziale gravitazionale in termini di unità di peso 

 

1.2.3  Il potenziale di pressione 

 

Quando l’acqua del terreno è ad una pressione maggiore di quella atmosferica, il 

suo  potenziale  di  pressione  è  considerato  positivo, mentre  quando  è  ad  una 

pressione  più  bassa  (più  precisamente  definita  come  tensione  o  suzione)  il 

potenziale è considerato negativo. 

Dunque avremo un potenziale di pressione positivo, detto potenziale sommerso, 

quando l’acqua è al di sotto di una certa superficie libera (battente di altezza h), 

un potenziale nullo se  l’acqua è alla stessa quota di  tale superficie, e  infine un 

potenziale negativo  se  l’acqua è al di  sopra di quest’ultima ed è presente una 

risalita capillare (figura 1.6). 

La  pressione  relativa  idrostatica  P  dell’acqua,  con  riferimento  alla  pressione 

atmosferica, è definita dalla formula: 

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dove  h  è  l’altezza  piezometrica,  ovvero  la  profondità  sotto  il  pelo  libero,  g 

l’accelerazione gravitazionale, e ρ il peso specifico dell’acqua . 

 

Figura 1.6 – Potenziale di pressione 

L’energia potenziale di quest’acqua è: 

  

Così che il potenziale sommerso, essendo definito come l’energia potenziale per 

unità di volume sarà uguale alla pressione idrostatica, P: 

  

Per unità di peso Φps è pari ad h. 

Un  potenziale  di  pressione  negativo  viene  spesso  definito  come  potenziale 

capillare o più precisamente come potenziale di matrice (ψ). Questo risulta dalle 

forze  capillari  e  di  adsorbimento  dovute  alla matrice  solida,  che  attraggono  e 

trattengono  l’acqua nel terreno e riducono  la sua energia potenziale rispetto a 

quella  dell’acqua  libera.  La  capillarità  risulta  dalla  tensione  della  superficie 

dell’acqua  e  dall’angolo  di  contatto  con  le  particelle  solide.  In  un  sistema 

insaturo, la legge di capillarità può essere scritta in questo modo: 

 

Con  P pressione  atmosferica,  convenzionalmente  pari  a  zero,  P0  c  la  pressione 

dell’acqua  del  terreno,  che  come  abbiamo  visto  può  essere minore  di  quella 

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atmosferica, ΔP il deficit di pressione dell’acqua stessa, γ la tensione superficiale 

dell’acqua e R1 ed R2 i principali raggi di curvatura di un punto del menisco. 

Tale legge non è sufficiente a spiegare il fenomeno di trattenimento d’acqua da 

parte  della matrice  solida,  poiché  bisogna  tenere  conto  anche  di  fenomeni  di 

adsorbimento, che provocano una sorta di idratazione delle particelle solide del 

terreno.  La  presenza  d’acqua  sotto  forma  di  film  così  come  sotto  forma  di 

menischi  concavi,  è  molto  importante  nei  terreni  argillosi  con  alti  valori  di 

tensione (particolarmente secchi), ed è influenzata dal doppio strato elettrico e 

dagli  eventuali  ioni  scambiabili  presenti.  Nei  terreni  sabbiosi  prevalgono 

decisamente gli effetti di capillarità, rispetto a quelli di adsorbimento. Poiché il 

potenziale  negativo  risulta  determinato  da  entrambi  i  contributi  (che  non 

sempre sono così distinti),  il  termine potenziale di matrice, rispetto a quello di 

potenziale  capillare  risulta  più  adeguato,  poiché  denota  un  effetto  totale 

risultante dall’affinità dell’acqua verso l’intera matrice di terreno, sia i pori, sia la 

superficie stessa. 

Un  terreno  insaturo  presenta  un  potenziale  di  matrice,  esprimibile  solo  in 

termini di pressione negativa. Si può considerare l’intero profilo in termini di un 

singolo continuo potenziale che si estende dalla regione satura a quella insatura, 

sotto e sopra la superficie d’acqua. 

Il potenziale di pressione può essere espresso in almeno tre modi: 

• energia per unità di massa: spesso questa è considerata l’espressione 

fondamentale del potenziale [L2T‐2]; 

• energia per unità di volume: c’è una diretta proporzione tra l’espressione 

del potenziale come energia per unità di massa e la sua espressione come 

energia  per  unità  di  volume.  Quest’ultima  ha  le  dimensioni  della 

pressione.  [ML‐1T‐1].  Questo  metodo  di  espressione  si  usa 

convenzionalmente per la pressione potenziale e per quella osmotica ma 

è raramente usato per il potenziale gravitazionale; 

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• energia per unità di peso (carico idraulico): si può esprimere la pressione 

idrostatica  in  termini di  carico d’acqua,  che è  il peso di una  colonna di 

liquidi equivalente alla pressione data. E’ comune caratterizzare  lo stato 

d’acqua del terreno  in termini di carico totale  (potenziale totale), carico 

gravitazionale  (Hg)  (potenziale  gravitazionale)  e  carico  di  pressione  (Hp) 

(potenziale di pressione), espressi in cm: 

H=H +Hg p

invece di φ=φ +φg p 

 

1.2.4  La curva caratteristica del terreno 

 

La curva caratteristica o curva di ritenzione idrica (SWRC = Soil Water Retention 

Curve) definisce la relazione fra la suzione di matrice e una misura della quantità 

di acqua presente nel terreno, che può essere opportunamente scelta fra: 

 

‐ il contenuto d’acqua in peso:   

 

‐ il contenuto di acqua in volume:   

 

‐ il grado di saturazione:   

 

La  curva  caratteristica  (figura  1.7)  è  generalmente  rappresentata  in  un  piano 

semilogaritmico, avente in ascissa il valore della suzione ψ e in ordinata il valore 

della variabile di misura della quantità d’acqua nel terreno. 

 

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Figura 1.7 ‐  Soil water retention curve 

 

Al crescere della suzione si individuano tre differenti tratti della curva. 

Nella  prima  parte  (boundary  effect  zone),  per  i  valori  più  bassi  di  suzione,  il 

terreno è saturo e un aumento di suzione non produce diminuzioni significative 

del grado di saturazione. Il primo tratto della curva ha termine per un valore di 

suzione detto air‐entry value (valore di entrata dell’aria) o blubbling pressure ed 

è indicato con il simbolo ψa o anche (u – ua w)a. Infatti, se si applica ad un terreno 

saturo una  lieve  tensione, per esempio una pressione  leggermente  inferiore a 

quella atmosferica, non ci sarà deflusso fin quando, aumentando tale tensione, 

non  si  supera  il  valore  critico  di  entrata  dell’aria,  raggiunto  il  quale  i  pori  più 

grandi cominciano a svuotarsi. 

Nella  seconda  parte,  detta  di  transizione  (transition  zone),  al  crescere  della 

suzione  la quantità d’acqua nel terreno si riduce sensibilmente e  la fase  liquida 

diviene  discontinua.  Il  graduale  incremento  della  tensione  produce  infatti  lo 

svuotamento  prima  dei  pori  più  grandi  e  poi  di  quelli  di  dimensioni  sempre 

minori,  fin quando,  raggiunti alti valori di  suzione,  solamente  i pori più piccoli 

riusciranno a trattenere acqua.  

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Nella terza parte  infine, detta zona residua di non saturazione (residual zone of 

unsaturation),  a  grandi  incrementi  di  suzione  corrispondono  piccole  riduzioni 

della  quantità  d’acqua  nel  terreno.  Il  valore  della  suzione  corrispondente  al 

passaggio dalla seconda alla terza parte della curva, ovvero alla quantità d’acqua 

residua, è indicato con il simbolo ψ .  r

È  stato osservato  che,  indipendentemente dall’ampiezza delle  tre  zone,  tutti  i 

terreni  tendono  ad un  grado di  saturazione nullo per  valore di  suzione pari  a 

circa 106 kPa.  

La figura 1.8 riporta per diversi terreni, gli andamenti delle curve di ritenzione.  

 

 

Figura 1.8 – Esempi di curve di ritenzione idrica per diversi suoli 

 

L’ammontare dell’acqua trattenuta per valori relativamente bassi di suzione (tra 

0 e 1 bar) dipende in primo luogo dall’effetto capillare e dalla distribuzione delle 

dimensioni dei pori, e quindi è fortemente influenzato dalla struttura del suolo. 

D’altro  canto,  il  fenomeno di  ritenzione, al  crescere della  tensione è  legato  in 

misura maggiore  a  fenomeni  di  adsorbimento  e  viene  ad  essere  influenzato 

sempre meno dalla struttura e più dalla tessitura e dalla superficie specifica del 

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22 

 

suolo. La  tessitura  interessa  la dimensione delle particelle nel suolo, mentre  la 

superficie specifica riguarda la disposizione ed organizzazione delle particelle del 

suolo. 

I  terreni  a  grana  grossa  (sabbie  e  ghiaie),  che  hanno  pori  interconnessi  e  di 

grandi dimensioni, sono caratterizzati da bassi valori di ψa e ψr, e da una curva 

ripida nella  zona di  transizione.  I  terreni a grana  fine  (argille),  le  cui particelle 

hanno  elevata  superficie  specifica  e  quindi  forti  legami  elettro‐chimici  con  le 

molecole  d’acqua,  sono  caratterizzati  da  alti  valori  della  suzione  di  entrata 

dell’aria, ψa, e da una minore pendenza della curva di  ritenzione nella zona di 

transizione.  Inoltre,  per  i  terreni  argillosi,  spesso  non  è  definibile  la  quantità 

d’acqua residua, e quindi il valore di ψr. 

 

1.2.5  L’isteresi 

 

La  relazione  tra  il  potenziale  di  matrice  e  l’umidità  del  terreno  può  essere 

ottenuta secondo due modalità:  la prima nella fase di  inaridimento, prendendo 

inizialmente  un  campione  saturo  e  applicando  suzioni  crescenti  al  fine  di 

essiccare gradualmente  il  terreno;  la seconda  fase è quella di umidificazione e 

consiste  nell’umidificare  un  terreno  inizialmente  secco  riducendo  la  suzione. 

Ciascuno di questi due metodi permette di ottenere delle curve continue, ma tali 

curve non saranno generalmente uguali tra loro. 

Durante un processo di riduzione del contenuto di acqua dalle condizioni sature, 

e quindi di aumento della suzione, il terreno segue una curva di ritenzione, detta 

curva  principale  di  essiccamento  (main  drying),  diversa  rispetto  alla  curva  di 

ritenzione che il terreno segue nel processo inverso di aumento del contenuto in 

acqua,  e  quindi  di  riduzione  della  suzione.  Quest’ultima  curva,  detta  curva 

principale di imbibizione (main wetting), non raggiunge la completa saturazione 

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23 

 

del  terreno,  perché  una  certa  quantità  di  aria  (residual  air  content)  rimane 

comunque intrappolata nei vuoti del terreno.  

Questo fenomeno è detto  isteresi, dal greco υστέρησις che vuol dire ritardo. E’ 

infatti  la  caratteristica  di  un  sistema  di  reagire  in  ritardo  alle  sollecitazioni 

applicate e in dipendenza dallo stato precedente. Si riscontra in molti fenomeni, 

non solo fisici o chimici, ma anche economici.  

L’isteresi delle curve caratteristiche è causata da diversi fenomeni tra cui (Hillel, 

1982): 

la  disuniformità  delle  dimensioni  dei  singoli  pori  che  dà  luogo  al 

cosiddetto        “effetto bottiglia di  inchiostro”: quando  l’acqua  rientra  in 

canali molto stretti richiede un incremento locale di suzione. Nel suolo si 

verifica un  fenomeno di  instabilità  in  cui  l’interfaccia non può avanzare 

fino  a  quando  non  viene  riempito  anche  un meato  vicino.  L’equilibrio 

viene raggiunto con un diverso valore di θ (figura 1.9a.); 

le modalità  con  cui  un menisco  capillare  raggiunge  una  condizione  di 

equilibrio:  infatti,  l’angolo  di  contatto  all’interfase  solido‐liquido  è 

maggiore  quando  il  liquido  avanza  rispetto  alla  superficie  solida  in 

relazione a quando invece recede (figura 1.9b); ciò comporta che, a parità 

di  contenuto d’acqua, per  il maggiore  raggio di  curvatura  raggiunto nel 

processo  di  saturazione,  la  suzione  è  minore  rispetto  a  quella  che  si 

registra in fase di desaturazione; 

 

 

Figura 1.9 

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24 

 

l’eventuale  aria  occlusa  all’interno  dei  pori  durante  un  processo  di 

saturazione  può  ridurre  il  contenuto  d’acqua  corrispondente  ad  una 

assegnata suzione; 

i fenomeni di rigonfiamento o di ritiro associati alle variazioni di suzione, 

possono modificare  la tessitura del terreno da cui dipende  l’andamento 

della curva caratteristica. 

Le  due  curve  di  ritenzione  principali  delimitano  il  “dominio  di  isteresi”    e 

all’interno  di  questo,  sono  possibili  tutti  gli  stati  di  drenaggio  e  imbibizione.  I 

percorsi da una all’altra delle curve principali (scanning curves) sono pressoché 

reversibili (figura 1.10). 

 

Figura 1.10 – Isteresi tra curve di drying e curve di wetting 

 

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25 

 

1.3  Il moto dell’acqua nel suolo 

 

Sia nel caso di precipitazioni atmosferiche sia nel caso di irrigazione, parte delle 

entrate viene assorbita dal  terreno, parte defluisce  superficialmente. La  stessa 

acqua che penetra, più tardi si ripartisce tra  la quantità che torna all’atmosfera 

per  evapotraspirazione  e  quella  che  fluisce  verso  il  basso.  Per  infiltrazione  si 

intende  il  processo  di  entrata  d’acqua  nel  suolo,  generalmente  a  flusso 

discendente,  attraverso  ogni  parte  della  superficie.  L’entità  di  tale  processo, 

relativa  all’entità  del  fabbisogno  d’acqua  del  suolo,  determina  quanta  acqua 

penetra  fin nella zona delle  radici e quanta, eventualmente, va a defluire sulla 

superficie. 

 

1.3.1  Il flusso nella zona insatura 

 

L’infiltrazione  in  un  suolo  inizialmente  insaturo  avviene  generalmente  sotto 

l’azione  combinata  della  forza  di  gravità  e  del  gradiente  del  potenziale  di 

pressione. Quando  dell’acqua  si  infiltra  in  un  terreno,  lo  strato  superficiale  si 

inumidisce e passa ad un valore di tensione maggiore (minore in valore assoluto) 

rispetto al valore dello strato sottostante ancora secco. Inizialmente il gradiente 

del  potenziale  di  matrice  è  nettamente  superiore  alla  componente 

gravitazionale; quando l’acqua penetra in profondità e la zona umida del terreno 

si espande, il gradiente medio di tensione diminuisce, perché tra uno strato ed il 

successivo  la differenza di contenuto d’acqua va  riducendosi. Questa  tendenza 

prosegue fin quando il gradiente tra due strati adiacenti non diventa trascurabile 

e  da  questo  momento  rimane  come  unica  forza  la  forza  di  gravità,  con 

conseguente movimento verso il basso del flusso d’acqua. 

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26 

 

Questo fenomeno è spiegato quantitativamente dall’equazione di Darcy per un 

flusso verticale con z, coordinata spaziale, positiva verso  il basso e K,  funzione 

del grado di umidità θ o del potenziale di matrice ψ (K=K(ψ)): 

 

 

 

dove: 

q   = flusso di infiltrazione per unità di area o velocità di infiltrazione [cm/h]; 

K(θ)   = conducibilità idraulica, funzione dello strato di umidità del suolo stesso. 

Tale  funzione  viene  specificata  secondo  uno  dei  modelli  di 

rappresentazione del terreno [cm/h]; 

H  = carico totale idraulico [cm]; 

Ψ  = suzione (assunta negativa) [cm]; 

z  = coordinata spaziale positiva verso il basso [cm]; 

θ  =  contenuto  d’acqua  del  terreno,  calcolato  come  volume  di  acqua  per 

volume di solido [cm3/cm3]. 

 

Tenendo presente che  , l’espressione della velocità di infiltrazione 

diventa: 

  

 

Dall’analisi delle equazioni si evince che  il  flusso è diretto  in senso contrario al 

gradiente di ψ, cioè nel verso  in cui ψ diminuisce  (il valore assoluto aumenta), 

più precisamente va da una zona più umida (strato superficiale) ad una più secca 

(strato sottostante) per effetto della capillarità; quando il gradiente di ψ diventa 

trascurabile rispetto al gradiente gravitazionale, tale flusso è comunque positivo 

e vale K(θ), conducibilità idraulica. 

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27 

 

Tenendo conto dell’equazione di continuità    , si ottiene  l’equazione 

del flusso verticale in zona insatura: 

 =   

 

Tale equazione può essere esplicitata sia rispetto a θ che rispetto a ψ, essendo 

definito il legame θ‐ψ ed essendo definite le seguenti grandezze: 

  

  

dove la grandezza C(θ), capacità specifica [L‐1] e D(θ), diffusività idraulica [L2T‐1], 

sono funzioni esponenziali di θ. 

Sostituendo la derivata di θ rispetto al tempo   con il termine   e la 

derivata di ψ rispetto a z   con il termine  , si ottengono le seguenti 

espressioni per l’equazione di Richards: 

 

 

 

 

Riscrivendo in modo più compatto per una migliore leggibilità: 

  

θ‐based      

 

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ψ‐based     

 

mixed‐based     

La predominanza di uno dei due  fattori, gravitazionale o di pressione, dipende 

essenzialmente dalle condizioni iniziali e al contorno e dallo stadio del processo 

che consideriamo. Per esempio, se il terreno è inizialmente secco, il gradiente di 

tensione sarà molto maggiore del gradiente gravitazionale e il flusso in direzione 

verticale avverrà, ma rallentato  (il  tasso di  infiltrazione  in direzione orizzontale 

sarà approssimativamente pari a quello verticale –  infiltrazione “omogenea”  in 

ogni  direzione).  Se  invece  il  terreno  è  sufficientemente  umido  all’inizio,  il 

gradiente di tensione iniziale risulta piccolo rispetto a quello gravitazionale, per 

cui il flusso tende a divenire verticale più rapidamente. 

 

1.3.2  Modelli di terreno 

 

La  risoluzione dell’equazione di Richards passa attraverso  la determinazione di 

due  funzioni:  quella  che  esprime  la  relazione  tra  potenziale  di  matrice  e 

contenuto d’acqua, e quella  che esprime  la  relazione  tra  contenuto d’acqua e 

conducibilità idraulica. 

Per  quanto  riguarda  la  prima  relazione  sono  stati  formulati  diversi  modelli, 

ognuno dei quali fa riferimento ad una legge specifica del contenuto d’acqua θ in 

funzione  della  suzione  ψ,  e  ad  alcuni  parametri  caratteristici  del  terreno,  in 

genere legati alla distribuzione dei pori. 

Per  caratterizzare  complessivamente  il  terreno  non  saturo  è  comunque 

necessario  conoscere  la  grandezza K(θ),  essendo  tale parametro una  funzione 

delle  condizioni  locali  del mezzo  (grado  di  umidità  e  caratteristiche  locali  del 

mezzo). 

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Per sintetizzare  la  funzione di  ritenzione  idrica  θ  (ψ) nelle varie  formulazioni è 

spesso utilizzato il contenuto in acqua volumetrico normalizzato: 

 

 

in cui θs è il contenuto in acqua volumetrico corrispondente al terreno saturo, e 

θr è il contenuto in acqua volumetrico residuo. 

Se si assume θr = 0, risulta Θ = Sr. 

Le  funzioni  che  esprimono  il  contenuto  d’acqua  in  funzione  di  ψ,  presenti  in 

letteratura, sono: 

• Equazione di Brooks and Corey (1964): 

 

     per ψ < ψa 

 

oppure: 

 

      per ψα >1 

                                                  per ψα ≥ 1 

 

• Equazione di Haverkamp et al. (1977): 

 

                 per ψ < ‐1 

 

                                                  per ψ ≥ ‐1 

 

• Equazione di Van Genuchten (1980): 

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da cui: 

             per ψ < 0 

             per ψ ≥ 0 

 

• Equazione di Fredlund e Xing (1994): 

 

  

 

  

 

• Equazione di Brutsaert (1996): 

 

                   per ψ < 0 

 

                                             per ψ ≥ 0 

 

Per quanto  riguarda  le  relazioni  tra  la  funzione di conducibilità  idraulica K e  la 

suzione ψ si hanno invece: 

• Equazione di Brooks and Corey (1964, 1966): 

 

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            per ψ < 0 

 

                            per ψ ≥ 0 

con   

 

• Equazione di Haverkamp (1977): 

 

           per ψ < 0 

 

                          per ψ ≥ 0    

 

•   

con  θ  funzione  di  ψ  calcolato  con  un  modello  tra  quelli  descritti 

precedentemente 

•        per ψ < 0 

 

                         per ψ ≥ 0    

 

•  

• Equazione di Van Genuchten (1980): 

 

           per ψ < 0 

 

                                                             per ψ ≥ 0    

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• Equazione di Fredlund e Xing (1994): 

 

  

 

A, B, C sono parametri del modello 

Una  volta  definite  le  relazioni  θ‐ψ  e  K‐θ,  è  possibile  individuare  i  parametri 

utilizzati nell’equazione di Richards C(θ) e D(θ). Il primo viene calcolato con una 

semplice derivazione della  relazione  θ‐ψ,  il  secondo  come  rapporto  tra K(θ) e 

C(θ).