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GIOVANNI BADILE (1379- 1348/1451) Madonna con Bambino e i santi Antonio abate, Giorgio, Giacomo, Pietro martire, Zeno e Mamaso Verona, Museo di Castelvecchio (dalla Chiesa di San Pietro Martire). Il dipinto proviene dalla chiesa veronese di San Pietro martire, da cui fu rimosso agli inizi dell'Ottocento per essere ceduto all'istituenda Pinacoteca civica. Sopra la porta maggiore della chiesa, in una posizione piuttosto insolita, lo aveva tra gli altri registrato solo pochi anni prima Saverio della Rosa nel suo celebre Catastico (1803). Ma non fu ignorato nemmeno da Cignaroli e Scipione Maffei, incuriositi dalla firma che testimoniava di un pittore allora praticamente ignoto. In realtà il dipinto doveva decorare in origine un altare, da cui fu evidentemente rimosso in un epoca successiva. A questo proposito potrebbe venire in aiuto lo stemma araldico con l'aquila, da cui il polittico prende il nome, ma che attualmente non è più visibile, consunto dal tempo, ma attestato senza incertezze dalle fonti. Sicché Daniela Zumiani propone per l'ancona una committenza locale che dovrebbe identificarsi in quella della famiglia Boldrieri, titolare peraltro di un altare nell'annessa basilica domenicana di Sant'Anastasia, dedicato proprio al veronese san Pietro martire. L'opera venne con ogni probabilità tolta quando fu eretto l'altare in pietra che tutt'ora si trova in situ, databile agli anni Sessanta del XV secolo (a). Il polittico è tutto sommato in buono stato di conservazione, se si eccettua qualche sfregamento e degli isolati sollevamenti della pellicola pittorica. La cornice è invece stata oggetto di un pesante rimaneggiamento nel corso di un vecchio restauro. Nello scomparto centrale campeggia la Vergine seduta che sostiene un vivace Bambino, ai piedi dei quali si riconosce un giovane donatore inginocchiato e in atteggiamento devoto. Ai lati si trovano sei pannelli più stretti che contengono una teoria di santi elegantemente vestiti e rivolti verso la Madonna: cominciando da destra si notano Antonio abate, Giorgio e Giacomo maggiore; a sinistra invece Pietro martire (titolare dell'altare), Zeno e Mamaso, accompagnato dal tipico leone. A dispetto della firma, da taluni considerata spuria per l'inconsueta formula con cui è espressa, l'opera è stata considerata in passato (anche dal Berenson), opera dell'ambito di Stefano da Verona. Al contrario oggi si ritiene a ragione il dipinto uno dei punti fermi di Giovanni Badile, assieme agli affreschi della Cappella Guantieri in S. Maria della Scala a Verona, datati al 1443-44. Se è indubbia la forte ascendenza lombarda del pittore, denunciando la conoscenza diretta in particolare delle opere di Michelino da Besozzo, d'altro canto l'arte di Stefano sembra costituire un riferimento che ha avuto per il nostro solo un'influenza limitata. La datazione invece è piuttosto controversa e oscilla tra 1420 e 1440, sebbene attualmente si propenda per una cronologia intermedia, a ridosso del 1430. Una data che sacisce l'automomia e l'originalità di un pittore di elevati raggiungimenti, come negli affreschi Guantieri, dove il gusto narrativo pisanelliano è compreso ed elaborato ( b). Notizie tratte da: Gianni Peretti, «Madonna con Bambino e i santi Antonio abate, Giorgio, Giacomo, Pietro martire, Zeno e Mamaso», in: Museo di Castelvecchio. Catalogo generale dei dipinti e delle miniature delle collezioni civiche veronesi. Vol. 1: Dalla fine del X all'inizio del XVI secolo, Milano 2010, pp. 99-101 (con bibliografia). (a) Altare Boldrieri (Verona, Santa Anastasia) (b) Giovanni Badile, Storie di S.Girolamo (Verona, Santa Maria della Scala)

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GIOVANNI BADILE (1379- 1348/1451)Madonna con Bambino e i santi Antonio abate, Giorgio, Giacomo, Pietro martire, Zeno e Mamaso

Verona, Museo di Castelvecchio (dalla Chiesa di San Pietro Martire).

Il dipinto proviene dalla chiesa veronese di San Pietro martire, da cui fu rimosso agli inizi dell'Ottocento per essere ceduto all'istituenda Pinacoteca civica. Sopra la porta maggiore della chiesa, in una posizione piuttosto insolita, lo aveva tra gli altri registrato solo pochi anni prima Saverio della Rosa nel suo celebre Catastico (1803). Ma non fu ignorato nemmeno da Cignaroli e Scipione Maffei, incuriositi dalla firma che testimoniava di un pittore allora praticamente ignoto. In realtà il dipinto doveva decorare in origine un altare, da cui fu evidentemente rimosso in un epoca successiva. A questo proposito potrebbe venire in aiuto lo stemma araldico con l'aquila, da cui il polittico prende il nome, ma che attualmente non è più visibile, consunto dal tempo, ma attestato senza incertezze dalle fonti. Sicché Daniela Zumiani propone per l'ancona una committenza locale che dovrebbe identificarsi in quella della famiglia Boldrieri, titolare peraltro di un altare nell'annessa basilica domenicana di Sant'Anastasia, dedicato proprio al veronese san Pietro martire. L'opera venne con ogni probabilità tolta quando fu eretto l'altare in pietra che tutt'ora si trova in situ, databile agli anni Sessanta del XV secolo (a).Il polittico è tutto sommato in buono stato di conservazione, se si eccettua qualche sfregamento e degli isolati sollevamenti della pellicola pittorica. La cornice è invece stata oggetto di un pesante rimaneggiamento nel corso di un vecchio restauro. Nello scomparto centrale campeggia la Vergine seduta che sostiene un vivace Bambino, ai piedi dei quali si riconosce un giovane donatore inginocchiato e in atteggiamento devoto. Ai lati si trovano sei pannelli più stretti che contengono una teoria di santi elegantemente vestiti e rivolti verso la Madonna: cominciando da destra si notano Antonio abate, Giorgio e Giacomo maggiore; a sinistra invece Pietro martire (titolare dell'altare), Zeno e Mamaso, accompagnato dal tipico leone. A dispetto della firma, da taluni considerata spuria per l'inconsueta formula con cui è espressa, l'opera è stata considerata in passato (anche dal Berenson), opera dell'ambito di Stefano da Verona. Al contrario oggi si ritiene a ragione il dipinto uno dei punti fermi di Giovanni Badile, assieme agli affreschi della Cappella Guantieri in S. Maria della Scala a Verona, datati al 1443-44. Se è indubbia la forte ascendenza lombarda del pittore, denunciando la conoscenza diretta in particolare delle opere di Michelino da Besozzo, d'altro canto l'arte di Stefano sembra costituire un riferimento che ha avuto per il nostro solo un'influenza limitata. La datazione invece è piuttosto controversa e oscilla tra 1420 e 1440, sebbene attualmente si propenda per una cronologia intermedia, a ridosso del 1430. Una data che sacisce l'automomia e l'originalità di un pittore di elevati raggiungimenti, come negli affreschi Guantieri, dove il gusto narrativo pisanelliano è compreso ed elaborato (b).

Notizie tratte da: Gianni Peretti, «Madonna con Bambino e i santi Antonio abate, Giorgio, Giacomo, Pietro martire, Zeno e Mamaso», in: Museo di Castelvecchio. Catalogo generale dei dipinti e delle miniature delle collezioni civiche veronesi. Vol. 1: Dalla fine del X all'inizio del XVI secolo, Milano 2010, pp. 99-101 (con bibliografia).

(a) Altare Boldrieri (Verona, Santa Anastasia) (b) Giovanni Badile, Storie di S.Girolamo (Verona, Santa Maria della Scala)

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GIOVANNI BADILE (1379-1448/51): CENNI BIOGRAFICI E PROFILO ARTISTICO

Giovanni nacque a Verona nel 1379, dove la sua famiglia era attiva sin dagli inizi del XIV secolo. Alla morte dello zio Bartolomeo, avvenuta nel 1389, Giovanni si affiancò come aiutante al padre Antonio. Allo scorcio del secolo Giovanni sposò una donna di nome Polissena, che gli diede sei figli, di cui tre divennero pittori. Alla morte della moglie, sposò in seconde nozze una donna di nome Lucia.

Nel corso della sua esistenza ottenne una grande fortuna: nel 1421 il Comune veronese lo scelse come perito per la stima di un importante affresco. Nel 1422 comprò alcune case nella contrada di Santa Cecilia, dove visse e lavoro con la sua famiglia. Con la fama ottenuta, cominciò a frequentare membri dell'aristocrazia locale. Fu in buoni rapporti con la famiglia dei Folgaria e i Castelbarco, che nel 1424 lo vollero testimone ad un atto di donazione.

Il catalogo del Badile è ancora molto limitato e discusso. Nel 1443 intraprese il suo lavoro maggiore, la decorazione della Cappella Guantieri, in Santa Maria della Scala di Verona, dove eseguì gli importanti affreschi con le Storie di san Girolamo e san Filippo Benizi. In questo grande ciclo un racconto vivace, icastico, di gusto lombardo è sostenuto da un impianto monumentale, in cui i lontani ricordi di Altichiero si uniscono a quelli del Pisanello, il pittore che in quegli anni teneva il campo a Verona.

Gli si può riferire con buona sicurezza il polittico n. 373 del Museo Civico di Verona, proveniente dalla chiesa di S. Pietro Martire (detto "polittico dell'Aquila") per l'evidente correlazione stilistica di quest'opera con gli affreschi di Santa Maria della Scala, attribuiti per prove documentarie. Il pittore è da considerarsi un esponente del gotico internazionale, in una accezione che rivela rapporti con la cultura lombarda. La sua linea artistica lo portò ad avvicinarsi dapprima allo stile di Stefano da Zevio e successivamente all'ultima "stagione" del gotico proveniente dall'estero.

Giovanni fece testamento nel 1448 e morì a Verona, città dalla quale non si mosse quasi mai, prima del 1451.

BIBLIOGRAFIA: G.B. Biancolini, Supplementi alla cronica di Pier Zagata, Verona 1749, II, p. 217; G.B. Biancolini, Notizie storiche delle chiese di Verona, Verona 1750, III, p. 138; G.B. Da Persico, Descrizione di Verona e della sua provincia, Verona 1820, I, p. 228; C. Bernasconi, Studi sopra la pittura italiana dei secc. XIV e XV e della scuola pittorica veronese dai medi tempi fino a tutto il sec. XVIII, Verona 1864, p. 224; J.A. Crowe-G.B. Cavalcaselle, A History of painting in North Italy, London 1871, I, p. 460; G. Biadego, Di Giambettino Cignaroli pittore veronese. Notizie e documenti, Venezia 1890, p. 23.; D. Zannandreis, Le vite dei pittori, scultori ed architetti veronesi (ed. Biadego), Verona 1891, p. 36.; L. Venturi, Le origini della pittura veneziana, Venezia 1907, pp. 72, 75; G. Gerola, «Questioni storiche d'arte veronese: Johannes Baili», in Madonna Verona, II (1908), pp. 166-73; L. Simeoni, Verona. Guida storico-artistica della città e Provincia, Verona 1909, pp. XXIII, 69, 268, 519; L. Testi, Storia della pittura veneziana, Bergamo, 1909, I, pp. 346-52; L. Testi, «Questioni storiche d'arte veronese», in Madonna Verona, III (1909), pp. 48-52; A. Colasanti, Gentile da Fabriano, Bergamo 1909, p. 65; A. Venturi, Storia dell'arte italiana, VII, I, Milano 1911, pp. 236-238; P.M. Tua, «Per un elenco delle opere pittoriche della scuola veronese prima di Paolo», in Madonna Verona, p. 34; G. Tura, «Ancora a proposito dei Baili», in Madonna Verona, IX(1915), pp. 85-88; E. Sandberg-Vavalà, La Pittura veronese del Trecento e del Quattrocento, Verona 1926, pp. 260, 263, 309-321, 329, 330, 354, 356, 381; R. Van Marle, The development of the Italian Schools of Painting, VII, The Hague 1926, pp. 292, 312-28, 367, 371; A. Avena, Il Museo di Castelvecchio a Verona, Roma 1937, pp. 25, 26, 27, 30, 36; W. Arslan, «Un affresco di Stefano da Verona», in Le Arti, V (1943), pp. 204, 206; A. Avena, Capolavori della pittura veronese (catalogo della mostra), Verona 1947, pp. 60-63; R. Pallucchini, «Capolavori della pittura veronese», in Arte veneta, I (1947), p. 236; L. Coletti, La pittura veneta del Quattrocento, Novara 1953, p. 20; P.Brugnoli, «Dizionario bio-bibliografico dei pittori veronesi», in Vita veronese, IX (1956), p. 27; Arte Lombarda dai Visconti agli Sforza (catalogo della mostra), Milano 1958, p. 73; L. Magagnato, Da Altichiero a Pisanello (catalogo della mostra di Verona), Venezia 1958, pp. 54-56.