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12 - 12 2012 · e l’anno prima il dieci ottobre 2010 senza che un solo fatto degno di nota scalfisse la mia vita. Stamane c’era il sole, il freddo pungente di dicembre, il vociare

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< Diario collettivo >

a cura di Stefanie Risse

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Prefazione di Stefanie RisseL’idea di un “diario collettivo” risale al 1936, quando nell’Unione

Sovietica il grande scrittore Maxim Gorkij lancia l’invito di scrivere e consegnare la scrittura diaristica di un specifico giorno.

Nel 1960, l’appello a scrivere il diario per un specifico giorno - il giorno 27.settembre - veniva rilanciato dal giornale sovietico “Isvestija” a scrittori di tutto il mondo. In seguito a ciò la scrittrice tedesca Christa Wolf ha continuato per 40 anni a scrivere il diario del 27 settembre.

La raccolta, sotto il titolo “Ein Tag im Jahr” (Un giorno nell’anno) veniva pubblicata nel 2003 e offre uno sguardo molto preciso, soggettivo ma rappresentativo, allo sviluppo del socialismo tedesco, dalla costruzione del muro, dalle speranze in un mondo nuovo e migliore fino al suo degrado e alla sua implosione.

Per il 12.12.2012, prendendo spunto della originalità della data e del suo significato superstizioso di finemondo, l’idea del diario collettivo è tornata di nuovo; è arrivata a noi da Karin Manke del TEA Berlin, associazione per la scrittura e la conservazione di testi autobiografici.

Karin Manke scrive:“Un collettivo è un gruppo di persone che collaborano per un

compito comune, per una meta in comune, senza che ognuno rinunci alla propria individualità. I membri del collettivo non devono nemmeno conoscersi tra loro, quando vengono coordinati da un mediatore. Per il diario collettivo non è neanche necessario che gli scriventi appartengono alla stessa lingua, allo stesso luogo, alla stessa generazione ecc.. Anzi, più diversi sono tra loro, più differenziato sarà il diario collettivo e più forte sarà il suo messaggio. L’unica base comune è una sezione di tempo in comune che può essere anche un giorno solo.

Il diario collettivo può essere visto come una forma nuova del diario che può restituire allo stesso una sua importanza per i tempi presenti.

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La base del diario collettivo del futuro dovrebbe essere la coscienza dell’appartenenza all’insieme degli uomini. Potrebbe unire persone diverse tra loro per origine, religione e altro per contribuire, forse, allo sviluppo di un mondo veramente democratico e pacifico.”

Noi della Libera Università abbiamo preso la palla al balzo e abbiamo lanciato l’appello alla scrittura diaristica del 12.12.2012 sul nostro sito. Siamo felici delle tante pagine che ci sono pervenute. La loro lettura ci restituisce uno spaccato della vita odierna, dei possibili pensieri e stati d’animo in questa giornata; avvertiamo l’individualità di ognuno, ma anche le cose che legano tutti – l’appartenenza alla dimensione del tempo storico, ma anche il tema per una raccolta che solo in un giorno unico come il 12.12.2012 poteva essere così e non altro.

Stefanie Risse

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I diari

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12-12-12 di Aquila grigiaCaro Silver,non ti dispiace, vero, se ho scelto questo nome per battezzarti? Il

fatto è che ultimamente mi viene spontaneo pensare a te come una persona in carne ed ossa, un amico fedele che rimarrà in ascolto atten-to e di ciò che gli racconterò sarà così discreto da non rivelare a chic-chessia nemmeno una parola. Sto esagerando, lo so, ma sono esaspe-rata dalla mia amica Betty e dalle altre. Non c’è confidenza che io abbia fatto loro, che non sia poi finita nelle orecchie di qualcun altro. Perciò credimi Silver, se dico che ti apprezzo nella tua muta accoglienza. E non mi sto illudendo, so bene che il rapporto intimo che abbiamo mi lascia molta libertà: quella di raccontarti o meno i fatti, magari stravol-gendoli all’occorrenza. Ma veniamo al dunque. Oggi non avrei pensato sarebbe successo nulla di insolito. Solo la data aveva note di stravagan-za, ma non di unicità: l’anno scorso venne l’undici di novembre 2011 e l’anno prima il dieci ottobre 2010 senza che un solo fatto degno di nota scalfisse la mia vita. Stamane c’era il sole, il freddo pungente di dicembre, il vociare degli scolari in entrata e le chiacchiere delle altre genitrici, Betty compresa. Io guardavo il cielo con intensità e non ve-devo la brina sotto i miei passi. Quando sono scivolata m’è sembrato un decollo e così penso sia stato, anche se la gente ha creduto fossi svenuta. Niente di più falso! Io avevo aperto le braccia e delle piume argentee mi avevano ricoperto il corpo nel tempo d’un battito di ciglia. Ho sorvolato le colline intorno alla città e poi su, su, mi sono ritrovata seduta sulla cima della Paganella. Lo spettacolo era mozzafiato. Sentivo la leggerezza dell’essere e mentre puntavo gli occhi, lo sguardo diveniva così penetrante e vero, da farmi credere d’essere divenuta un corvo o un’aquila. Quando un refolo di vento ha sfiorato i miei sensi, mi sono lasciata planare con delicata eleganza sul marciapiede antistante l’atrio della scuola. Ho aperto gli occhi e avevo intorno maestre, bidelli e am-bulanza. Mi hanno caricata a bordo senza che potessi salutare i miei

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figli. Meglio così! Mentre tutti si affannavano a cercare possibili danni da caduta, io avevo già capito di aver ricevuto un dono raro. Ho vola-to Silver, ho volato davvero e adesso questa data è per me divenuto il simbolo dell’impossibile possibile. Ma tu tacerai, caro diario, e lo farò anch’io. È l’unico modo perché il ricordo non si sciupi e non perda forza passando di bocca in bocca.

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12-12-12 di Ada AscariOggi è l’ultima volta per questo secolo che avremo una data così precisa, tonda, tutta uguale. E per me oggi è stata invece una giornata assolutamente disuguale, strana, concitata e piena di alti e bassi.È stata, e ancora non è finita, una giornata dedicata ai medici, quelli con la m minuscola, non i signori di FirenzeHo ritirato le analisi e se da una parte va tutto bene, dall’altra ci sono livelli anomali di leucociti. Non capisco quanto questo valore può influire sulla mia salute futura. La formula sembra più leucociti più infezione da qualche parte, probabilmente nelle vie urinarie. Vedremo che cosa mi dirà la dott.ssa.E questi sono i bassi di oggi. Ma ci sono anche gli alti. Perché non solo la vita è fatta di su e già ma anche ogni giornata porta in altalena. Visita di controllo dalla dietologa e conferma che sono calata altri 4 chili. Non voglio entusiasmarmi, non voglio montarmi la testa pensare che è facile e che se voglio calo quanto mi pare e piace.Calare di peso è faticoso, molto faticoso, e ora poi... in previsione del Natale con pranzi e pranzetti sarà ancora più difficile.Che altro ho fatto oggi? Sono andata a fare le punture alla R., che mi aspetta sempre a braccia aperte. Sono con lei nella sua depressione, cerco di tirarla un po’ su, ma capisco che con la situazione che si ritrova possa essere un po’ difficile. Ognuno ha la sua croce da portare. Lei ha la figlia.

Una bella cosa mi è successa anche stamattina, Ho ricevuto una mail di ringraziamento da N. a cui avevo spedito il mio libriccino.Mi ha paragonato a Santa Lucia, che porta i regali la notte tra l’11 e il 12 dicembre (o è un’altra sera?). Ancora Santa Lucia non me lo aveva detto nessuno, ma è probabile perché non ho avuto molte frequentazioni con il nord dove c’è l’usanza di festeggiare questa Santa.Come un lampo mi è venuto in mente, mentre leggevo le parole di N., il detto “Santa Lucia ti protegga la vista” magari a me farà questo

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miracolo, proteggendo il bene prezioso degli occhi, e anche mi è venuta in mente nonna Rita quando le dicevo che avrei voluto chiamare una mia eventuale figlia Lucia “Lucia a caffettera!” riferendosi a una persona che conosceva e che evidentemente non doveva esserle molto simpatica. Certo l’immagine di questa ragazza con gli occhi sul vassoio non è molto edificante, un po’ macabra, anzi!Pensandoci bene il nome Lucia qui inToscana non è molto usato, per via dell’aspirazione della “c” che strascica la parola e la la fa diventare “Luscia”. io invece lo pronuncia bello sonoro con una “c” alta e squillante.Ma che sto a dire. Una figlia femmina non ce l’ho avuta e il problema non si è posto.Tra poco uscirò per l’ultima visita, l’ultimo consulto, e cercherò di capire che cosa sta succedendo qui dentro a questo mio corpo che ho sempre maltrattato e poco curato.Il primo atto è terminato, fra poco si alza il sipario sul secondo. Silenzio in sala, ricomincia lo spettacolo.

Atto secondoLa dottoressa si è detta sollevata dalle analisi, tutto bene, i leucociti si sbaragliano facilmente, nessuna preoccupazione. Un quarto d’ora di visita intervallato da 4 telefonate. I “medici della mutua” sono davvero poco professionali. Ma almeno fanno da frontiera a cose più gravi. Davvero mi sembra, la mia dott. un medico di frontiera, quelli del Far-west che andavano in giro con la borsa appesa al cavallo. Lei va in giro con la borsa appesa al motorino, Pensandoci, non è poi cambiato molto.Uscita presto dall’ambulatorio sono andata a trovare la mia amica R. L’ho trovata disperata perché era stata tutto il pomeriggio senza TV. “Non sapevo cosa fare” mi ha detto. Credo che ormai tra noi ci leghi solo l’abitudine e il senso di protezione che mi ispira. R. è una finestra su un mondo che non mi appartiene, forse non mi è mai appartenuto, casalinga, vedova, analfabeta. Questa è la situazione oggettiva, non riesco neppure a farle capire chi sono, chi sono diventata, che sono una

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persona diversa da quella che ha conosciuto 45 anni fa. Già 45 anni fa. R ha 15 anni più di me, ora è sola e sprovveduta davanti alla vita, come si fa ad abbandonarla al suo destino? È un animale che lotta per sopravvivere in un mondo che non è più quello che conosceva anche solo 20 anni fa.Insomma mi sono bastati 20 minuti e poi, con la scusa che avevo fame, sono scappata a casa.Cena e telefilm per rilassare i neuroni, non avrei sopportato una sola stimolazione culturale. Non ho nepure acceso il computer, non ho lavato i piatti, ho spalmato il mio corpo infetto sulla poltrona e ho pensato che il mio giorno sull’altalena stava per finire. Uno, solo uno dei tanti che si susseguono orami ogni giorno. Ma in fondo questa è vita, che continua anche il 13-12-12.

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12-12-12 di Rosaria BasileFa un freddo cane sotto le coperte nonostante il vecchio cardigan

di lana grigio che non metto mai quando dormo. Mi ha svegliata il ca-mion della spazzatura, dunque sono le sette meno dieci, Troppo presto per alzarsi, troppo tardi per riprendere a dormire. Provo uno slancio di tenerezza per P. che dorme tranquillo, indifferente a qualsiasi rumore molesto ma a volte paga questa sua paciosità con una notte quasi in-sonne.

Alle 8 sto bevendo la mia tisana preferita alla cannella. Mi piace molto la prima colazione, devo stare seduta tranquilla, senza fretta e -possibilmente- senza pensieri ansiogeni riguardo a cose da fare in giornata. Il mercoledì è uno dei miei giorni sì: ritorno a Roma e ho im-pegni meno affannosi fino al fine settimana .Adesso ho un paio d’ore li-bere, poi devo vedere una paziente. Continuo a sentire freddo e la cosa mi disturba -o meglio- disturba la piacevolezza della mia colazione.

La mattina è volata, come mi capita sempre quando non accade niente di particolare e questo mi fa sentire in uno stato di assoluta sere-nità. Guardo le piante sul terrazzo, leggo due pagine di un libro, rimiro le mie occhiaie allo specchio, prendo accordi al telefono con mia figlia per il pomeriggio, rigiro la zuppa di legumi per stasera e mi permetto il lusso di irritarmi -e molto- per la situazione politica che si è creata in Italia negli ultimi 2 giorni. P., cosa rara, rientra a pranzo e possiamo sorridere insieme di qualche cavolata che leggiamo sul quotidiano che lui ha riportato. Altro avvenimento molto raro è che io non sia uscita stamattina, proprio per pigrizia, per potermi concedere questa pigrizia che mi avvolge e mi fa sentire al caldo. E di cui ogni tanto ho bisogno. E che non dipende dal freddo che fa oggi fuori.

Alle 3, presa da un assalto di attivismo, decido di rimettere in ordi-ne lo studio -ho altre 2 visite- e contemporaneamente di svuotare le valigie che stazionano in camera da letto da una settimane ancora di preparare le cose da spedire in montagna prima della nostra partenza

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di Natale. Peccato che abbia solo un’ora di tempo prima che arrivino i pazienti. In situazioni del genere come al solito procedo a zig zag: comincio a disfare la valigia, passo a mettere in ordine il piano della scrivania, mi ricordo di qualcosa che devo assolutamente portare in montagna corro a cercarla, squilla il telefono, dimentico cosa cerca-vo, il telefono smette di squillare, mi guardo intorno, tolgo un altro oggetto dalla valigia, ritorno alla scrivania tormentata dal pensiero di quello che ho dimenticato e di cui mi ricorderò solo quando sarò già in montagna . Ecco, queste sono le situazioni che mi infastidiscono, avrei sempre bisogno di un po’ di tempo in più, sono sempre troppo pochi i momenti come quelli di stamattina…

Le 2 ore successive sono impegnata col mio lavoro, lo svolgo da tanti anni e ancora mi appassiona. Anche quando lavoro il tempo pas-sa in fretta cosa che ho sempre considerata un buon segno, guai se mi annoiassi, sarebbe il caso di smettere subito e definitivamente,

Alle 6 del pomeriggio -ma è già notte fonda!?- esco di casa per an-darmi un po’ a divertire con mia nipote, un anno 6 mesi e 22 giorni per la precisione. Parla un misto di italiano e spagnolo, le 2 lingue madri di mia figlia e della tata ecuadorena e quando mi prende per mano è come avere tra le mani il mondo e non c’è nient’altro da aggiungere. Ancora e ancora il tempo passa troppo in fretta. Sarà mica questo il mio problema? Mi raggiunge P. So che prova le mie stesse sensazioni ed è strano a dirsi per due che hanno sempre corso nella vita e che spesso continuano a farlo.

Torniamo a casa insieme. Finalmente la zuppa di legumi ed è molto rassicurante, banale ma rassicurante. Domani scriverò questa pagina ed è una vera conquista per una che fino a qualche mese fa si rifiutava di usare il computer.

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12-12-12 di Fernanda BeozzoL’attesa del giornoOggi, mercoledì 12/12/12

Si fa giorno! Rispettoso è il momento quando la notte saluta e tien sottobraccio le pallide stelle e a fatica trascina le sue membra ormai stanche.

Sospesa è la notte nell’attesa del giorno ma con il canto del gallo lei si allontana…

Il silenzio ricopre tutt’intorno. Il freddo pungente pizzica le mie gote, guardo lassù e i miei occhi diventano grandi. Un timido rossore pennella le cime dei monti. È arrivato; e lo dico con gioia!

I miei monti rocciosi e imponenti, mai uguali e sempre pronti a emozionarmi. Forti e tenaci pungono il cielo. Che bello abbagliarsi al primo raggio di luce!

Adoro la quiete e gelosamente stringo quest’attimo come un amu-leto; il mio porta fortuna.

Ciao papà! Da quanto tempo ti saluto al levar del sole? Il mio è un accordo segreto, un appuntamento di anime!

Lontano è il suo addio ma forte è il ricordo di quei monti che amava e che rinverdivano i suoi anni ingobbiti. Ho insegnato anche ai miei figli, (allora bambini) a salutarlo cosi… per mezzo del primo raggio di sole, abbarbicato sulle nude montagne.

Oggi mi scopro bambina, curiosa e stupita di una notte che passa e un giorno che arriva.

I primi rumori si affacciano al dì e la magia svanisce. Le piante del terrazzo dondolano al vento e aspettano il sole. Il mondo aspetta il sole; forza e potenza della vita.

Il mio sole, lassù, ha già scaldato il mio cuore.Il lavoro mi attende, cento cose da fare, e ognuna con la sua urgenza

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e la sua importanza. Che ne sarà di questo giorno: 12/12/12. I numeri rubano ancora la mia mente 9/9/12.

La nascita di mio padre. Il “dodici” si rincorre. Cent’anni!Auguri papà! Intanto i primi balconi si aprono, lasciando uscire luci

fioche e colorate.È presto Natale. Infreddolita rientro in cucina, mi gusto il tepore,

ma il vero calore è arrivato dal freddo, nell’attesa del nuovo giorno.

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12-12-12 di Marina BiasiSono le 14.20 e mi trovo sul treno Perugia - Terni. Sto ascoltando il

piano di Ludovico Einaudi, una musica ripetitiva e vagamente malin-conica che ben si accorda con il mio ritmo interiore.

Sotto i miei occhi scorre la campagna con i suoi colori quieti di inizio inverno.

Mi tornano in mente i versi di Piqueras “(Io) Solo sono felice an-dandomene. […] Mai essere in, ma tra.”

Mi sento bene su questo treno: il movimento, l’essere tra, lo scorre-re, lentamente calmano la mia sottile inquietudine.

A un tratto mi accorgo di loro.Ce ne sono tante. Alcune grandi, grandissime, altre più piccole e

tutte prendono il mio sguardo. Sono querce, gli alberi che più di altri associo all’Umbria, la terra che mi ha adottato e accolto. Adoro le quer-ce. Mentre gli altri alberi sono quasi tutti spogli, loro ostentano rami carichi di foglie gialle, dorate, marroni, rossastre, verdi! Catturano i raggi del sole regalandomi uno spettacolo di colori caldi che mi riem-pie il cuore.

E poi loro, le querce, sono salde, hanno radici profonde ben pianta-te nella terra. Sanno accogliere tutto

La pioggiaIl ventoIl temporaleIl caldo torridoLa brezza tiepidaLa neveIl freddoI parassitiGli uccelliniMi accorgo che un poco le invidio.

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12-12-12 di Loredana BobbioChe giorno strano oggi, ho avuto quasi paura a scrivere la data. C’è

un motivo pero’ è una data troppo rotonda - quasi perfetta, troppo per me, mi ricordo ancora un’altra data, anch’essa rotondeggiante e perfet-ta, il 4.4.2004.

Da due-tre giorni prima mi risuonava nell’orecchio che quella data era così strana, quasi solenne, ho saputo solo piu’ tardi che non l’avrei più dimenticata, quel giorno è morta mia madre.

Ora però mi accingo a scrivere, cercando di togliermi dalla mente (fosse facile!) quel giorno e quella pena che solo a pensarci mi riavvol-ge.

Stamattina il gelo copre ogni cosa, sembra una cartolina natalizia, nel mio giardino tutto è bianco candido, solo un uccello si posa sull’er-ba e sembra “rompere” quel candore immacolato.

I telegiornali stamattina parlano della profezia dei Maya e della crisi del governo italiano, delle due non so quale approfondire e scegliere.

Sul web impazzano” le cure” per la fine del mondo, con tanto di menù che preparano in Giappone per l’occorrenza, chi consiglia di re-carsi in Puglia, rimango scettica di fronte a tanto correre ed affannarsi, come immobile, chissà, forse ho paura anche io? ...no, penso proprio di no!

Della crisi politica si, sono proprio indispettita di come la politica sia diventata solo un mezzo per soddisfare la smania di potere e di ricchezza.

Intanto, credo proprio di dover uscire stamattina, devo andare ur-gentemente in Banca, non posso farne a meno, ma poi incontrerò la mia amica Rosita per una pausa caffè, che non guasta mai.

Nel pomeriggio voglio andare dalla mia nipotina Giulia, ieri era tanto raffreddata e preoccupata che, nonostante avesse fatto tutto quel-lo che la mamma le aveva detto: prendere il latte con il miele, fare l’a-ereosol, prendere la tachipirina: ”il mio nasino è sempre chiuso e non

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posso respirare! Nonna ma non mi passa?”, ed io: “devi aspettare amore mio, vedrai che domani starai meglio!” “Grazie nonna Lo’ buona not-te!”

Suona il telefono, lo faccio squillare, sono presa a scrivere e il rumo-re sembra lontano e distante, fino a quando mio marito dal bagno mi prega di rispondere, ha paura che sia la madre che ha molti problemi di salute.

Rispondo, è Serena, una collega con la quale ho lavorato per circa vent’ anni è rimasta sempre la stessa, non amo i piagnistei, lei molto!-le dico che sto uscendo, la richiamerò domani, sto scrivendo ed amo essere sola e poi oggi è un giorno speciale, non sono sola a scrivere, siamo in tanti, questa pagina è “aperta”, penso alle tante persone che come me stanno per inviarla, li saluto e li abbraccio tutti.

Ciao caro diario a domani.

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12-12-12 di Maria Bolognah. 21.15Una bambola di pezza. L’ultima, forse. Potrà sempre esserti utile. Ti

terrà compagnia. Ti ricorderà che sei stata bambina anche tu. Potrai lasciarla in eredità, come faccio io con te oggi, ad un’altra bambina. È il mio dono per te.

Dodici anni fa a questa stessa ora entravi per la prima volta in que-sta casa, la palazza come la chiamavi quand’eri piccola. Aspettava da tempo una piccola padrona seria ed attenta come te. Quando hai co-minciato a parlare hai raccontato spesso che la casa degli unicorni ti aspettava da tempo, che qualcuno lì aveva bisogno di te. L’ultima pa-drona se ne era andata da qualche tempo; c’era nata e cresciuta e con la protervia propria dei molti anni di vita se ne considerava padrona assoluta. Ha lasciato il privilegio a te.

Non so se ti ho mai raccontato che l’unicorno è simbolo di saggez-za. Nella letteratura cortese poteva essere ammansito solo dall’amo-re di una fanciulla, simbolo di purezza; nella tradizione medievale si pensava che il corno avesse la capacità di neutralizzare i veleni, oltre che simboleggiare il legame con la divinità. Anche in Harry Potter il sangue di unicorno fa scampare da morte certa. Chissà se vive ancora ai confini delle terre conosciute.

Spesso guardo a te attraverso questa distanza di anni che ci separa come ad uno specchio e mi rivedo alla tua stessa età, felice per l’arrivo finalmente di mia sorella che oggi ha gli stessi anni di tua madre, ma anche incerta ed un po’ spaventata dalle prime fatiche da sostenere.

Non so quale strano legame ci unisca. Certo tu conosci bene sen-za averli mai visti luoghi lontani che mi sono cari e allora racconti di come arrivare alla piccola isola nel vento della laguna ed in una lingua incerta che ti è estranea rivedi a memoria il sentiero lungo l’acqua che porta al Cothon e poi al Tophet, il cimitero dei bambini, e al santuario della divinità e saluti il giovane signore che da più di dodici secoli nella

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sua leggera tunica di marmo attende i viaggiatori.Oggi gli occhi ti brillavano alla festa di compleanno tra i capelli

biondi delle tue amiche e i dodici regali di tua madre; anche gli uccelli erano in festa di là nella gabbia e Gatto Fabrizio curioso di tutti, come nella favola che abbiamo scritto e disegnato, i tuoi piccoli, precisi dise-gni colorati.

Hai detto che è stata la festa più bella della tua vita.Anche della mia.

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12-12-12 di Oriana BorghiOggi mi sono alzata più presto del solito perché c’era in program-

ma una “gita” (!) ad Arezzo. La giornata si è presentata sin dal primo mattino in tutto il suo splendore; d’estate si sarebbe detto una “giornata che spacca le pietre” tanto il sole splendeva irradiando un panorama invernale imbiancato dal gelo della notte appena trascorsa. Al parcheg-gio ho trovato la mia piccola Matiz che, da rossa, era diventata bianca e tutta un luccichio! Dopo le indispensabili manovre di sbrinamento sono partita per raggiungere l’amica con la quale sarei andata ad Arez-zo, lei per delle commissioni e io ne avrei approfittato per farmi un giro per la città. E così è stato.

Ho visitato la Cattedrale, poi ho sostato in Piazza Grande che è sempre bella da vedere, ho continuato per le vie del centro guardando i negozi, devo dire con poco interesse perché lo shopping non è tra i miei hobby preferiti… cionostante sono riuscita ugualmente a com-prarmi dei guanti neri di lana… avevo appena perso l’ennesimo paio! Ho camminato fino a raggiungere Piazza S. Francesco e, poiché era ancora presto per l’ora dell’appuntamento fissato con la mia amica, ne ho approfittato per visitare gli affreschi di Piero della Francesca. Per la modica cifra di 2 euro (biglietto ridotto…!) ho avuto anche l’onore di avere una guida tutta per me (infatti ero l’unica visitatrice ) e così mi sono ripassata la storia della Vera Croce, della visione di Costantino, ecc. ecc. E così si è fatta l’ora e ci siamo trovate con la mia amica al caffè più “in” di Arezzo proprio in quella piazza. Sono seguite chiacchiere davanti a un buon cappuccino ed a una ottima cioccolata calda. Poi al ritorno per la via della Libbia, che è una strada panoramica, abbiamo continuato ad apprezzare l’azzurro intenso del cielo e il sole limpido che faceva esaltare gli ultimi colori della natura prima del letargo in-vernale.

Sono rientrata a casa verso l’una e senza nemmeno pranzare (avevo fatto un’abbondante colazione e poi al caffe “più in” ci avevano servito

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anche dei pasticcini) infilati gli scarponcini da trekking sono ripartita per la mia solita camminata (tempo permettendo) di 5/6 km. Mi ero appena incamminata che vedo arrivare verso di me una macchina, poi un’altra e… un’altra ancora. “Cos’è questa processione?”, mi chiedo tra me e me e, intanto altre macchine continuano ad arrivare... non fini-vano più, macchine di ogni tipo, jeep, fuoristrada, ecc., saranno state più di venti! Tutti cacciatori che andavano a radunarsi, come al solito, ai piedi della salita per Upacchi per la battuta di caccia. Ecco cosa ci vuole per rovinare una splendida giornata! Io ai cacciatori in dotazione darei degli archi e delle frecce… pure spuntate!!! Ma poi mi sono but-tata alle spalle il fastidio che la loro apparizione mi aveva procurato e ho continuato a godermi il sole e farne “il pieno” per i giorni grigi che verranno.

Al rientro una doccia calda, poi ho acceso il fuoco nella mia mera-vigliosa stufa a legna ed è iniziato un meritato relax… musica, libri e dopo cena un po’ di tv… non troppa perché proprio in questi giorni (…sarà la profezia dei Maya!?) è riapparsa la “mummia Burlesquoni”.

Si è fatta l’una di notte e il libro che mi porterò a letto probabilmen-te servirà più da sonnifero che da lettura…

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12-12-12 di Caterina BrancatisanoCaro diario, oggi è il 12-12 del 12 e sono le 12! Sembra una formula oppure il ritmo cadenzato dei passi di una danza eppure è solo una data. Si stanno sprecando ipotesi e conclusioni, parole, scherzi e pure scongiuri per questa casualità numerica che sembra portare in sé la conferma dell’imminente fine del mondo. Io non ci credo ed ho volutamente evitato di ascoltare tv e radio per non essere travolta da tutto questo parlare a vanvera, mi sono chiusa nel mio creativo silenzio, anche se non privo di voci, ma sicuramente più salutare. Sospesa fra una lettura e una pagina di diario, mi sono sorpresa a pensare che fra poco più di  20 giorni compiro’ 50 anni, sarò esattamente nel mezzo del cammin di mia vita e sono ancora qui a chiedermi chi sono. Ogni tanto faccio dei bilanci ma poi mi riprendo, non si situa in un numero l’anima, non e’ una partita doppia, un bilancio d’esercizio. Fra le somme e le sottrazioni emerge solo e soltanto la cifra della mia incontenibile voglia di liberta’, curiosita’ e passionalita’. Sono cambiata molto, muto in continuazione, mi evolvo e in questo mio andare mi accorgo che tutto cio’ che ho vissuto, nel bene e nel male, mi compone e mi sostanzia ma non mi definisce, mai, perche’ e’ proprio camminando che costruisco il mio cammino. L’unica costante in tutti questi anni e’ stata ed e’ la scrittura (lo testimania quel metro e mezzo di diari impilati qui accanto a me) e la lettura  ed intendo continuare a vergare pagine e a leggere un’infinita’ di libri, perche’ solo cosi’ io mi sento completa. Allontanata ogni velleita’ artistica e autoreferenziale, scrivo per sentirmi viva e per tracciare un invisibile ma concreta linea di congiunzione con tutto cio’ che di piu’ profondo e vero esiste in me e intorno a me e nelle care persone che ho vicino (poche ma buone). Sono le 12 del 12-12-12, non c’e’ calma piatta: sento scorrermi la vita dentro, mi ascolto e penso che ne e’ valsa la pena di arrivare fin qui! A domani

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12-12-12 di Caterina CasalinoHo ancora gli occhi chiusi e riconosco i rumore della mattina in

casa mia.Il marito si è alzato, come sempre prima di tutti, e sento il ronzio del

rasoio elettrico. pochi secondi o minuti e sento la voce del mio ragazzo. Non apro gli occhi perché lo vedo bello, ricciolino con quel biondo ramato ed i suoi occhi grigi, il pigiama completamente mal messo, che chiede: posso farmi la doccia?

Non c’è risposta ma sento che il ronzio si interrompe, mentre l’ac-qua scroscia dalla grossa e tonda bocchetta della doccia, per riprendere più lontano.

Non ho voglia di alzarmi, oggi sento già il freddo di questo inverno forte ed imperioso che ha scalzato la nostra lunga estate. Devo. Troppe cose da fare. Troppi impegni da mantenere. Quindi tento un’ultima pi-roletta su me stessa sotto il piumone arancio, finché sento andare via il ragazzo e vedo entrare il marito seminudo che si veste in fretta seguito da quella palla di energia che è il mio cagnolino. Mi guarda, vorrebbe salire sul letto, ma io non mi muovo, lui capisce e va via perché vuole uscire con l’unico mattutino della casa.

Ok mi alzo. Tutte le indecisioni finiscono e ripeto le operazioni di ogni mattina, in cui sono a casa, per la mia rassicurante colazione. Mentre il caffè si prepara ad uscire io inforno il pane che con entusia-mo faccio da due settimane, dopo averlo fatto lievitare tutta la notte, rimetto a posto il letto, la stanza e mi vesto, tranne il maglione pesante, grigio, con collo altissimo.

Prima risveglio il mio viso, spazzolo i capelli e poi mi infilo nel maglione. Corro verso il caffè borbottante e monto il latte per il mio cappuccino schiumoso, soffice.

Oggi metto un goccia di miele.In mezz’ora il pane è pronto, lo esco, lo copro con un tovagliolo.Sono pronta a tuffarmi nel turbinio. Devo accompagnare, ma meglio

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dire sostenere, la mia cognatina nell’acquisto di un mobile dall’Ikea, lei si perde. Non solo nell’Ikea, anche per le strade, nella sua casa, nei suoi pensieri, tanto che è spesso stanca. Ci tiene a prendersi quel mobile e così l’accompagniamo io ed il marito fratello. ma anche per l’orario di apertura si era sbagliata, solitamente controllo le sue informazioni, ma pensavo che per l’orario non poteva sbagliarsi, c’era già stata.

Così ci facciamo un caffè. Pioviggina, è tutto grigio ed il marito è perfettamente in sintonia con il tempo, anche se lui ha un pò più di vento.

Il passaggio al’Ikea è rapido,dobbiamo andare in città e riuscire a rientrare per il pranzo.

Il ricciolino ed il cagnolino ci aspettano.All’uscita dell’Ikea la pioggia è più insistente, montiamo nella mac-

china della cognatina tutti gli scatoloni ed con mrs raindown corriamo in città.

Mi piace tornare nella mia città, anche se ormai è sempre molto di rado, mi permea di sensazioni miste, avrò sempre il rammarico di non esserci tornata dopo la nascita dei figli ed aver scelto di rimanere nel piccolo paese, dove ormai uscire di casa significa vivere in una enorme famiglia, perché un viso nuovo è una vera sorpresa, ma sai subito chi è, a chi appartiene.

Piove, ma non mi dà fastidio, dobbiamo raggiungere due negozi, ma ho visto che nella piazza delle mille battaglie hanno messo un mer-catino natalizio e sò già che ci passerò, anche se di corsa.

Ho comprato una sigaretta elettronica per me ed una per quel fu-matore incallito di mio fratello.

Ho scelto il colore, blu oceano, la fragranza, malburry, la custodia celeste ed il filo blu.

Esco come la bambina che ha avuto il regalo, il giorno della befana, che desiderava. Io desidero non puzzare più di fumo, non aver pena se le sigarette sono finite, non dovermi nascondere al lavoro (anche se poi tutti se ne accorgono che hai fumato).

Mrs raindown forse incomincia ad alleggerirsi, lui deve comprare

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la stessa agenda da lavoro di tutti gli anni, che è anche il diario della ns vita, senza le emozioni, ma possiamo sapere di tutti gli anni vissuti insieme cosa abbiamo fatto quel giorno di quell’anno.

Il mercatino è veramente brutto, non mi dispiace averlo fatto di corsa.

Salutiamo dei cugini che hanno un’enoteca vicino al negozio spe-cializzato in agende, ed in 15 minuti riassumiamo le notizie più impor-tanti delle nostre vite. È tempo di tornare a casa ed io non vedo l’ora di “svapare” la mia nuova sigaretta in macchina.

Sarà la corsa, sarà l’aria calda della macchina, ma durante i 25 km di ritorno mi viene voglia di dormire, chiudo gli occhi e li tengo chiusi sino all’arrivo.

Avrei potuto ributtarmi sul letto o sul divano, ma sono pensieri da tener lontano per non creare disarmonia interna, per cui sono all’attac-co con il pranzo. Facile. perchè al ragazzo gli ho passato ciò che non ha mangiato ieri sera, cotolette con purè, e noi abbiamo le cicorie con le fave offerte gentilmente dalla nonna.

Il cane è felice e rompe saltando ovunque.Pensate che possa avere un pò di relax? non c’è tempo, la palla piena

di energia vuole giocare ed io con il maritino ci siamo ricordati che non abbiamo pagato le tasse universitarie dell’ometto e che il temine è scaduto da 12 giorni.

12 giorni il 12-12-12.Così mentre rimettiamo tutto a posto, il maritino prepara il bollet-

tino e poi lui parte per il lavoro ed io per la posta. Ma ecco il ragazzo mi ricorda che ci sono i colloqui famiglia scuola alle 15.30, fantastico!

Mi spazzolo i capelli, aggiusto il trucco, mi rimetto il rossetto.Vorrei saltare il racconto tra scuola e famiglia se non fosse che nelle

code lunghe e lente si fanno incontri divertenti e si è già amici senza conoscersi e poi si ritorna subito estranei, un mondo incredibile, di racconti, pettegolezzi, ricordi, saluti e saluti e saluti, e tanti ciao come stai? Gridati mentre le code s’incrociano nei corridori ed i ragazzi en-trano ed escono per fumarsi, finalmente liberi di farlo, una o due si-

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garette.Io non volevo andarci, ne ho fatti troppi di colloqui, e sono troppo

uguali e quella frase che dicevano anche a mia madre: ”può fare molto di più”.

Ma il mio ragazzo ci teneva…, il perché ve lo racconto un’altra vol-ta.

Quindi dopo due ore e mezza, possiamo tornare a casa; stasera c’è il meeting buddista ed io non voglio mancare, si parlerà del rapporto genitori figli; un argomento che a me piace moltissimo.

Quindi ho trenta minuti per mettere in forno striscioline di pepe-roni gialli con tonno acciughe e capperi, con pangrattato, leggere una pagina che avevo da portare nella discussione e posso rispazzolarmi i capelli, rimettermi il rossetto ed andare.

Incrocio anche il ricciolino che mi chiede qualcosa da mangiare pronto ed io, senza distogliermi dal mio da fare, gli elenco tutto ciò che potava prepararsi: un tost, un panino o un tost o un panino.

Piove meno, ma fa un freddo freddissimo. all’incontro siamo sem-pre tutte donne, invece, oggi ci sono un uomo ed un ragazzo. Recitia-mo 15 minuti insieme e poi apriamo la discussione. Mi rendo subito conto che l’argomento ci tocca tutti profondamente, perché vi è una visione duplice di noi come figli e di noi come genitori e poi scoprire le relazione degli altri, ti apre un modo di visioni differenti e quindi incredibilmente complesse e diverse dalla tua visione-esperienza. certo non sono incontri di “autocoscienza” per cui tutto lo riportiamo nella visione buddista.

Potremmo parlare per ore, ma abbiamo un tempo e questo è ne-cessario perché tutti si sono ritagliati quel tempo nel proprio marasma quotidiano.

Corro contenta verso casa, sempre con la mia sigaretta elettronica, che non ho ancora capito come tenerla: legata al collo, nella tasca, o portarla nell’astuccio.

Suono il citofono e non mi apre nessuno, mi meraviglio, ma dopo un attimo mi sento un arfarf alla spalle ed il mio buon uomo che era

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uscito con la belva.Casa è nel tepore, il camino è acceso con una bella fiamma alta, non

vedo l’ora di cambiarmi, mettermi comoda e sedermi per la cena. Vino o birra?

Metto a tavola l’acqua, la birra, i peperoni, la ricotta ed il pane fan-tastico che ho cotto stamane.

Sistemo la ciotola del cagnolino, così io e lui possiamo cenare con un certo appetito.

Ma i pranzi e le cene non sono mai indisturbati perché c’è sempre un telefono che squilla e stasera c’è anche la mia cognatina che sale dal piano di sotto a farci visita, oggi è contenta ad anche grata dell’aiuto che le abbiamo dato. il ragazzo è uscito e so già che non cenerà con noi.

Tutto, di nuovo, a posto ed il divano mi accoglie. La tv ci deprime quasi subito e così mi alzo con la mia sigaretta elettronica, mi siedo al computer e mi ricordo di questo appuntamento con il diario del 12-12-12 e penso che posso farlo anche se non scrivo da tanto, così incomincio e mi fermo solo ora alle 23.33.

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12-12-12 di Carla Casetti Bregantini12.12.12 = 9 = 0. Numerologia. Si riparte da zero.

Mi hai baciata con entusiasmo di primo mattino, prima di uscire dalla stanza. Io mi sono stiracchiata a lungo prima di decidere se alzar-mi dal letto per dedicarmi alle faccende di casa o se approfittare di una giornata senza impegni particolari. Solo Feldenkreis, alle 17.30.

Accendo la lampada sul comodino e prendo a caso un libro fra i tre che tengo nel cassetto. Sì, perché a seconda dell’umore o della stan-chezza che mi invade la sera quando mi corico, scelgo pagine rilassanti e meditative, oppure divertenti o istruttive e ne leggo alcune prima di chiudere la luce e gli occhi.

Il libro che mi è capitato fra le mani adesso è di Luca Canali e si inti-tola “Manuale ad uso degli scrittori esordienti”. Quando l’ho scovato in libreria, fra i libri vecchi, mi ha incuriosito non poco e non ricordavo di averlo letto. Così mi sono riproposta di dargli un’occhiata visto il mio interesse per la scrittura.

É da tanto tempo che non posso concedermi qualche ora mattuti-na per leggere, così pigramente contenta, apro il libro. Si tratta di un testo ironico, un’analisi dei comportamenti che, secondo l’autore, uno scrittore non può ignorare se vuole raggiungere i suoi “sogni di gloria”.

É quello che ci vuole per me, penso, mi accomodo i cuscini e mi addentro nella lettura.

Arrivo a un capitolo decisamente interessante che dice fra il resto: “gli opinion leaders guidano il pubblico su sentieri già tracciati dalle richieste del mercato, cioè dal pubblico a sua volta imbonito dagli im-periosi suggerimenti dei mass media al servizio del profitto: un incre-dibile circolo vizioso, un infernale labirinto al cui interno anche Arian-na si prostituisce al Minotauro e sgomitola fili tessuti da una premiata manifattura di inganni”.

Rileggo tre volte questi versi. Condivido senz’altro la prima parte

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del discorso, ma Arianna che si prostituisce... è no, non ci sto.Chiudo il libro. Per oggi è sufficiente. Nonostante tutti gli intrighi

del mondo, la mia giornata deve rimanere serena.Oggi è mercoledì 12.12.12.

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12 -12- 12 di Valeria CampagniChe giornata ragazzi ! Per fortuna che doveva succedere la fine del mondo!Stamattina appena sveglia come sempre ho telefonato ai miei geni-

tori a Bologna per vedere se c’era qualche novità (mi aspetto sempre qualche notizia funesta, visto l’età di entrambi) invece le solite racco-mandazioni e il solito elenco di malattie immaginarie o reali. Ernesto mio marito è rimasto a letto inondato dal primo sole del mattino che senza ritegno entrava dai vetri della finestra .

Poi dopo una colazione a base di caffelatte e biscottini “Galbuse-ra” mi sono preparata per uscire e raggiungere la mia amica Franca a Lecco. Dovevo consegnarle una lista di autori emiliani su cui avrebbe “lavorato” nel 2013 con un gruppo di amici di lettura espressiva. Mi è sembrato utile suggerirle la cultura dell’Emilia Romagna perché è tanta, stralunata, immaginifica, sognatrice, felliniana, poetica eppure concreta e corposa.

Inoltre potrebbe essere successivamente occasione di conoscenza e divulgazione, se proposta, con letture espressive, al pubblico che po-trebbe partecipare a una raccolta di fondi per le zone terremotate di quella terra.

Così ci siamo incontrate in un bar bello, luminoso e pieno zeppo di leccornie che sapevo essere stato inaugurato il giorno prima. Na-turalmente ha accettato di farsi promotrice della mia proposta presso la biblioteca del suo paese. Le ho parlato poi del progetto- “H-drà”un antidoto per la fine del mondo - cioè una fiera/festival d’arte, cultura, ambiente ed economia per una vita sostenibile a cui il mio paese e nel-la fattispecie io, mio marito sindaco e l’assessore alla cultura abbiamo aderito.

Mi è servito questo incontro con Franca perché a mezzogiorno ho dovuto ripetere il progetto agli interessati di Valgreghentino tra un piatto e l’altro a pranzo a casa mia.

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Contenta, io e Ernesto abbiamo salutato gli ospiti che si sono acco-miatati e ho notato l’occhietto vispo di mio marito che in genere sottin-tende proposte amorose. E così, voilà una mezz’oretta di pausa ludica.

Poi siamo andati a portare la mia automobile dal gommista per cambiare le gomme e sostituirle con quelle da neve. Tempo d’attesa, un’ora. Salutato mio marito che se ne è andato con la sua macchina, ho pensato di approfittare di quel momento d’attesa per andare a cam-minare sull’alzaia alle sponde dell’Adda, maestoso fiume che lambisce la terra in cui abito. E qui mi ha accolto il miracolo della natura: le acque brillavano al sole del tramonto; un’infinità di svassi, di anatrelle e qualche cigno si godevano la beatitudine in quel liquido verde-scuro e grigio immoto, solamente la scia lasciata da qualche pennuto trasfor-mava il colore cupo delle acque in una fenditura argentea.

Io sola, nel gelido freddo invernale, camminavo felice tra alberi scheletriti ormai senza più ornamenti o imprigionati dalla fitta rete di edera che non lascerà scampo alla linfa vitale che ancora li fa esistere, tra le canne secche e l’erba dei prati e i fruscii di chissà quale animalet-to nascosto… e poi il cielo con stormi di mille uccelli, frecce svettanti nel cielo in cerca di altri lidi: cormorani, gabbiani, passerotti e colom-be. Attenta Valeria se guardi troppo il cielo rischi di scivolare tra le foglie secche del selciato! Il tempo è trascorso veloce: una preghiera alla Madonna e al suo Bambino in una cappelletta nascosta tra alberi e un grande fabbricato, poi una corsa veloce, al buio, per attraversare la strada asfaltata che mi portava verso la meta. Il tempo dell’attesa era finito, la mia Panda mi attendeva con gomme potenti per la neve già annunciata. Che strano non avevo più freddo anzi il mio corpo sentiva il calore della camminata da poco terminata. Un tempo così breve eppure mi è parso infinito. Avrei voluto essere ancora in mezzo alla natura invece ero sull’auto e stavo guidando. A casa ero intenta alla preparazione della cena ma mille telefonate mi hanno bloccano così è stato Ernesto a fare il casalingo. Mangiato siamo andati al cinema in un paese vicino, dove ci aspettava un film talmente angosciante, violento e primitivo che ritornando a Valgreghentino e commentando le tragi-

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che vicende appena viste abbiamo riso talmente tanto, per tirarci su di morale, che quasi mi facevo la pipì addosso! Ora lascio questa giornata che avrebbe dovuto essere l’ultima di un mondo ormai al tramonto, invece guarda un po’ siamo ancora qui !

Ciao

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12-12-12 di Stefania CasorelliCi sono stati giorni tristi, giorni in cui il passato sembrava ritorna-

re, anche se ho sempre cercato di lasciarlo andare.Le ferite si sono rimarginate, ma ogni tanto fanno male lo stesso.Ho pensato che il dolore non doveva inaridirmi ma doveva essere

fertilizzante per qualcosa di più bello, vivo, utile: un prato verdissimo, un albero grande, un fiore coloratissimo.

Se devo accettare quello che la vita mi riserva, ieri notte ho chiesto in dono gli strumenti per affrontare tutto, tutti i giorni.

Voglio avere la forza di dire Sì alla vita e no alla solitudine. Ho già provato quella brutta sensazione ma non serve assolutamente a niente e nessuno, soprattutto a me stessa.

Devo avere il coraggio di alzare quella mano per abbracciarne un’al-tra.

Ebbene oggi ho raccolto un frutto di quello che ho seminato anni fa con fatica e tenacia .

Oggi ho assaporato gioia, soddisfazione e condivisione.Questo è un nuovo inizio

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12-12-12 di Laura CasucciOggi, “navigando” in uno dei più noti social network, ad un tratto

mi imbatto in una immagine che raccoglieva 2 foto molto sbiadite, ma i cui soggetti sono ricordi più che mai nitidi nel mio cuore: Teresa e Vittorio, che non ci sono più, ma che hanno avuto il ruolo di nonni adottivi, visto che quelli diretti o erano già scomparsi, o lavoravano o erano stati colpiti da grave malattia. Alla vista di quelle foto la mia giornata ha subito un’impennata di positività. I loro volti, così puri e sorridenti mi hanno riportato indietro nel tempo e ho riconosciuto i dettagli sui quali da bambina mi soffermavo inconsapevolmente: i lobi carnosi delle orecchie di Vittorio, i suoi baffi tranquillizzanti e i suoi ca-pelli grigi, spesso un po’ acciaccati dall’inseparabile borsalino. Partico-lari ai quali prestavo maggiore attenzione il pomeriggio, quando subito dopo il caffè, Vittorio si lasciava andare a brevi sonnellini appoggiando la testa alla mano e il gomito al tavolo della cucina. Il gomito sotto il peso della testa, iniziava a scivolare e la testa insieme a lui, sempre più in basso, fino a perdere il sostegno e a quel punto lui faceva un balzo accompagnato da un flebile “oh!” tipico di quella sensazione che si pro-va al confine tra sonno e veglia, in cui sembra sempre di cadere. Così riprendeva per pochi secondi il controllo, aprendo leggermente gli oc-chi per valutare l’effettivo pericolo a cui era scampato, in quell’istante incontrava i miei, che divertiti, gli strappavano un sorriso contenuto e poi li richiudeva, riprendendo la sua lenta e inesorabile discesa fino al punto dell’ennesimo sobbalzo.

La visione di queste foto mi ha consentito anche di ritrovare un compagno di giochi d’infanzia che in questa sequela di parentele “in-ventate”, ritenevo una sorta di cugino di città. Angelo: figlio del fratello di Vittorio. Lui è più grande di me e quando capitava che venisse a trovarci, era una festa. Così come Andrea, figlio di una delle figlie di Vittorio, che erano sorelle adulte. Loro abitavano nelle grandi città di Roma e Firenze e per me piccola, vissuta e cresciuta per i primi 5 anni

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tra Anghiari e San Giustino, rappresentavano quello che per un altro bambino potevano essere gli “extraterrestri” (quelli buoni eh! Ammes-so che ne esistano di cattivi). Solo il loro dialetto con le consonanti triplicate di Roma e la c aspirata di Firenze, suscitava una enorme cu-riosità. Ora Angelo vive a Siena e Andrea a Cortona. Io dopo un pò di cambiamenti sono tornata al paese natio, ed è strano notare come l’evolvere dei tempi e il passare degli anni pareggino tutto quello che un tempo sembrava un dislivello insormontabile.

Poi sono andata a pranzo al ristorante macrobiotico e pur rimanen-do una delle cucine che preferisco, qui sono io a sentirmi un’aliena a fronte di certe scelte estreme e spesso per la vita! Poi la giornata ha pre-so una piega diversa, negativa, per la presa di consapevolezza che alla fine, alla maggioranza delle persone piace contraddire gli altri, così, per partito preso. Quindi devi usare tutta la diplomazia del mondo per non aggravare le cose e non compromettere i rapporti e magari a forza di spiegarsi e tentare di venirsi incontro, ti rendi pure conto che stavate dicendo la stessa cosa! Alieni, alieni dappertutto! Per fortuna ogni sera torno a casa e vedo gli occhi di mia figlia e lei ha proprio un effetto cortisone: spazza via tutto! Speriamo solo che crescendo non diventi un’aliena anche lei!!!

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12-12-12 di Emanuela CorradiniQUI fa un freddo cane, sarà meglio accendere il camino.QUI è la vecchia casa tra i campi, lasciata dieci giorni prima del

terremoto di maggio, per traslocar in paese, nella casa grande, dove c’è il Bed&Brekfast.

Quello scuoter di mura e lampadari, la prima volta, alle 4 del matti-no, non è stato un Grande Benvenuto!

Forse è per questo che quando dico “casa” la mente torna qui.No, non è solo per questo… pietre e alberi e chioccolar di merli,

me lo dicono tutte le volte che qui ritorno, per riassettare stanze, dar da mangiare ai gatti, per raccoglier foglie morte e ricoprire i bulbi che dormono, in silenzio, sotto terra.

Terra stabile, ora, dopo il tremore sotto i piedi e la paura nell’anima, durati tutt’e due a lungo, anche quando a voce alta si diceva: “la vita va avanti, ricominceremo”.

La vita va avanti ma la memoria va indietro, e ogni filo d’erba, ogni macchia sul muro, qui racconta una storia.

Fine anni ’80, il progetto di vita si accende, come un’auto lanciata in corsa.

Come me, poco più che trentenne, piena di forza e di baldanza. Poi gli anni ’90, il passaggio di secolo e millennio, l’avveniristico

2000 - chissà se ci sarò, pensavo da bambina - e in un lampo, oggi, dodici dicembre del duemilaedodici.

Un giorno come tanti ma speciale, se son qui a scrivere un pezzo di diario quotidiano sapendo che qualcun altro leggerà questa pagina, stavolta.

E mi piace scriverlo qui, in questa casa, mentre il rosso del tramon-to di questo giorno limpido e freddo, fora i rami spogli ed entra dai vetri infiammati, sfiorando i muri, vuoti.

Il rosso del sole e il rosso della fiamma, si fondono, nella stanza dal soffitto basso, scuro di travi antichi e duraturi, e trasformano il luogo

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in uno scafo di nave, in un ventre di balena dove un Pinocchio un po’ attempato sta, preoccupato e speranzoso insieme, di vedere una luce, giù nel fondo, a indicar la presenza di un Geppetto ritrovato.

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12-12-12 di Monica DemattèDiario del dodici dicembre 2012, una frase all’ora.

h. 9 Da un’ora sono in piedi, dopo la solita ginnastica c’è la solita colazione.

h.10 Oggi sono costretta ad uscire anche se è freddo, vado in paese a pagare la tassa sulla casa.

h.11 Decido di fare una tappa dai vicini a vedere come sta R., che è convalescente da tumore al colon.

h.12 In tutta la mattina non riesco a concentrarmi su alcunché; mi chiama V. e parliamo a lungo.

h.13 Cucino un po’ prima del solito, pensando di potermi dedicare poi al lavoro senza altri pensieri.

h.14 Inizio a esercitarmi alla fisarmonica per la lezione di domani, non sento di aver fatto molti progressi.

h.15 Devo riposarmi un po’ perché si fa fatica a suonare per tanto tempo consecutivo.

h.16 Intanto che suono accendo il computer e do un’occhiata all’e-mail, mando qualche invito per sabato.

h.17 C’è la terza puntata di ‘Festa mobile’ su Radio3, la ascolto in-tenta mentre sorseggio un buon tè nero.

h.18 Ennesima giornata un po’ dispersiva, ne approfitto per occu-parmi di piccole cose non impegnative.

h.19 Mi chiama Zhongjie su skype, lo aspettavo e parliamo a di que-stioni pratiche e non, in buona sintonia.

h.20 Basta essere in linea che ti chiamano tutti, ecco Meng Huang appena tornato da Stoccolma.

h.21 Risponde la mamma ancora sveglia, oggi ha sentito male al ginocchio destro ma non l’ha detto a zia.

h.22 Essere attivi a quest’ora non mi riesce difficile, se ci sono cose interessanti da fare... come questa.

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12-12-12 di Anna Maria Ercilli Caro diario, la luce è arrivata uguale a ieri, attraverso le fessure delle persiane,

una volta in piedi, ho bevuto un bicchiere di acqua tiepida che, non so per quale ragione, è consigliato dalla saggezza popolare. Mia madre lo diceva e, pure Nanni Moretti nel suo film (Diario), citava il mitico bicchiere d’acqua al mattino.

Sotto la doccia, tanti pensieri arrivano senza neppure invitarli, con gli occhi chiusi per salvarli dallo shampoo, vedo immagini non pro-prio idilliache, evocate da letture sulle conquiste della Storia (iniziale maiuscola, forse per le grandi carneficine che fanno passare per civil-tà). Non tutto era da buttare assieme all’acqua insaponata, qualche bel ricordo semplice e umano, mi ha invogliata a sbrigarmi.

Il cucciolo di nome Schumi, viene a salutarmi, morbido e mordace con i dentini aguzzi, abili a traforare quello che addenta, infatti ho le mani coperte di cerotti.

La colazione è frugale, anche se potrei sedermi e gustare marmel-lata e miele, bevo solo the e un paio di biscotti, poi passo a riempire la mangiatoia per gli uccelli selvatici, sono abituati all’appuntamento con il cibo. Devo perfezionare la loro dieta per le giornate più fredde, domani dovrebbe arrivare anche la neve.

Prendo la macchina, in garage la temperatura è 8°, ma arrivata in strada scende subito a 3°; arrivo in città, parcheggio e mi inoltro a te-sta bassa nelle vie. Mi ripeto che potrei usare il cappello, dimenticato da sempre nell’armadio. Vedo le persone intirizzite camminare svel-te, saluto con la mano chi conosco, tralasciando la voglia di fare due chiacchiere.

Le vetrine sono più colorate e ricche di ornamenti natalizi, invo-gliano lo sguardo a fermarsi. Le mura del palazzo Pretorio proteggono gli ambulanti delle bancarelle, vendono dolciumi, pupazzi, guanti, og-getti inutili e vino brulé. Regali.

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D’inverno sono in agguato i malanni da raffreddamento, mentre entro in farmacia, penso al rimedio del miele, ricco di sali minerali e vitamine, meglio di un farmaco, contro la tosse. Prendo un medicinale da banco, esco sulla piazzetta incastonata fra i vecchi palazzi, guardo le luci di un bar, entro pensando intensamente alla cioccolata fumante. Un piacere da bere a piccoli sorsi, socchiudendo gli occhi, il mondo dimenticato nel suo groviglio di storie.

Mi avvio verso la biblioteca comunale, le porte si aprono, mi investe un’ondata d’aria calda, restituisco due libri e saluto la ragazza della coo-perativa, lei risponde cordiale, mi fa piacere vedere un sorriso giovane, l’augurio per tutta la giornata.

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12-12-12 di Natalia FagioliDa qualche giorno non sto bene. Ho un po’ di mal di gola, raffred-

dore e una tosse sempre più rabbiosa che di notte non mi lascia dormi-re. Per questo stamattina ho deciso di farmi vedere dal dottore, memo-re della polmonite virale che mi colpì nel lontano ’87.

Il medico ha confermato i miei sospetti. Mi sono presa un virus e per un po’ dovrò curarmi e stare riguardata. Niente antibiotici per ora. Se in cinque-sei giorni non passa, dovrò tornare dal medico, per decidere il da farsi.

Fuori c’era un bel sole ma la sala d’attesa dell’ambulatorio era inso-litamente fredda, così sono arrivata a casa congelata.

Dopo pranzo ho rigovernato in fretta la cucina, poi ho preparato le triglie per cena. Il pesce lo lavo e condisco sempre per tempo. Mi sem-bra che ci guadagni in sapore. Quanto meno ci spruzzo sopra succo di limone e distribuisco qua e là un po’ di sale e di pepe.

Oppure, come oggi, faccio un trito di pane grattugiato, sale, pepe, olio, prezzemolo, aglio con cui riempio la pancia delle triglie, che sono belle grosse, e poi lo spargo qua e là sulle stesse, se ne rimane. Stasera le farò alla griglia, che sono più leggere.

Nel pomeriggio avrei dovuto sistemare alcuni miei libri e cataloghi di mostre d’arte nel nuovo scaffale della tavernetta al piano terra. Ma, in queste case a schiera dove abito, dalla mansarda al piano terra sono cinque rami di scale e i libri pesano e io ho male alla spalla sinistra.

Insomma, sono quasi le sei del pomeriggio e non ho ancora mosso un libro, però per fortuna mi sono seduta al computer a guardare la posta elettronica e allora mi sono ricordata dell’impegno che mi ero presa di scrivere questa pagina di diario. Ed eccomi qua.

Niente di eccezionale da scrivere. Solo la gioia di riprendere i con-tatti con la LUA, anzi di allargarli ad analoghe esperienze europee, che sarebbe un po’ il mio pallino se non fossi così limitata nell’uso delle lingue.

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A parte il dialetto romagnolo, mia lingua madre, parlo e scrivo solo in Italiano. Ho studiato un po’ di Inglese, ma non lo parlo, né lo capi-sco.

Sono già le diciotto ed è buio da un pezzo. D’altronde siamo in pie-no inverno, ormai.

Adesso farò uno sforzo e andrò a mettere a posto almeno qualche libro. Spero di vuotare anche solo lo scatolone che mio marito mi ha aiutato a portare dalla mansarda alla tavernetta. E poi tutto sta a co-minciare…

P.S. Le triglie erano veramente buone e sono state apprezzate anche dal marito.

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12-12-12 di Carmen FerrariÈ già sera quando mi accingo a scrivere questa pagina di diario in

una giornata fredda e assolata. Questa mattina in autostrada le auto sfrecciavano veloci e i grandi ‘TIR’ sbuffavano nelle pendenze delle salite: tutti in fila allineati. Mentre li sorpassavo pensavo alla nostra velocità odierna, alla fretta, ai nostri pensieri spesso raccolti e accanto-nati per quando avremo una sosta – Sì le auto fuggivano e portavano con sé i loro pensieri mentre mi chiedevo in quale ‘era’ potevamo en-trare secondo le profezie delle civiltà precolombiane: i cicli temporali dei Maja. Pensavo che tutto ormai è così veloce e dinamico, sempre in cambiamento e che spesso ci riteniamo all’altezza dei nostri tempi solo se circondati dalle ultime sofisticate tecnologie. Ci potranno salvare la vita in certi casi ma anche comprimerla al loro volere.

Potremmo ancora osservare l’alba e il tramonto di qualche nostra giornata cittadina o in campagna, o godere delle onde fluttuanti di un mare riconoscendo questa ciclicità della vita che ci accompagna ogni giorno, senza pensare di distruggerla per le nostre accresciute necessità e per opportunismi individuali e quasi mai collettivi. Non lo so: è così veloce tutto e quando ti fermi a guardare indietro sembra che tutto ciò non ti sia permesso.

Mentre uscivo dal casello autostradale mi sembrava così lontano il ricordo di una passeggiata del mese scorso lungo una riviera marina, ai margini di una città. Il frastuono del traffico era lontano e, in poche centinaia di metri ti potevi trovare in un’altra dimensione, tra un lito-rale scoglioso e la parte pedonale dove incontravi persone che cam-minavano respirando tra i loro pensieri o conversando insieme – che strana e affascinante cosa mi dicevo: una città con la sua vita convulsa e a pochi minuti un’area lunga e distesa che ti permette di entrare in contatto con te stessa, l’ambiente, la natura.

Il livello del metano segnalava la sua fine e mi sono fermata ad una autostazione di rifornimento contenta che lo sciopero del carburante

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colpisse solo la benzina – ho fatto il pieno di gas metano e ho attraver-sato per trenta chilometri una strada provinciale che ben conosco, con i suoi rilievi collinari da una parte e, dall’altra, una pianura. Consueta, familiare la strada; così perdonavo quel traffico che si stava facendo più intenso.

Allora, pensavo, come dovremo cercare di vivere in un pianeta così consumato dalla nostra vorace civiltà che fagocita ogni cosa senza cautele, senza pensare a salvaguardare le risorse rimaste e, forse, nem-meno più in grado di sognare.

Non si può più dire che abbiamo sognato per noi stessi, per una civiltà futura poiché non abbiamo più nemmeno la memoria del pre-sente.

Io continuo a sognare e a guardare il sole o la luna, la sera, quando chiudo le finestre di casa.

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12-12-12 di Anna GiorginiQuesta giornata speciale fra 30 minuti sarà trascorsa.Qui a Terni, la mia città, è stata una bella giornata di sole, rigida ma

serena. Ho trascorso la mattina a preparare il materiale per il Labora-torio di Scrittura Autobiografica.

Questo laboratorio è stato organizzato da Patrizia, un’affezionata “autobiografa” che segue i laboratori dal 2010. Avevo pensato di fare qualcosa sul Natale e lei entusiasta ha cercato le persone e la sede.

Il laboratorio s’intitola “Natale è un domani che viene sempre”. L’ho preparato seguendo come traccia la lettura di “Nel nome della

madre” di Erri De Luca e “Canto di Natale” di C. Dickens.E’ un piccolo gruppo di partecipanti (tutte donne) ma molto inte-

ressate e impegnate.Concluderemo il laboratorio con un libretto fatto a mano con car-

ta-paglia e cartoncino, che ognuna decorerà a piacere e in cui ognuna trascriverà pensieri, riflessioni, versi...

Nel pomeriggio è venuto mio fratello, con cui ho condiviso l’orga-nizzazione della presentazione del libro autobiografico di mio padre, che io ho curato, e che si è svolta ieri presso la biblioteca comunale della mia città.

Carlo, mio fratello, è venuto a prendere i volumi rimasti per portarli alla libreria che li metterà in vendita.BIl libro s’intitola “Nato negli anni Venti - Il gioco di un cane sciolto” di Mario Giorgini, ed. ilmiolibro.it.

Questa sera mi sono ricordata che i miei nonni paterni si sono spo-sati, in Brasile dove, giovani, con le rispettive famiglie erano emigrati, proprio oggi 12 dicembre di 104 anni fa, era infatti il 12.12.1908.

Stavo per andare a dormire, ma ho ricordato questa storia dei miei nonni, così ho riavviato il pc e sono venuta a scrivere queste cose, e finisco 6 minuti prima che questa giornata perfetta veda la sua fine ed inizi un nuovo giorno.

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12-12-12 di Piera LaganàOh! Insomma! non è successo niente ed è successo tutto! Come al

solito!!Certo io e il mio amore eravamo separati, strana coincidenza, per

la prima volta da mesi.Ormai la mia vita si concentra in lui, non è bene lo so, ma è così: a

59 anni, senza figli miei, dopo 20 anni di convivenza, diciamolo, SEM-PRE BURRASCOSA!

E’ questo che ci lega e ci legherà sempre, questo continuo discutere di tutto, di qualunque cosa, fosse anche quali biscotti a colazione (su questo c’è abbastanza accordo...): nessun Arcangelo ci potrà dividere, neppure con le trombe del Giudizio dritte nelle orecchie.

Al mattino sono corsa al Santuario per pregare - già che lui non c’era - ho abbracciato due persone che non vedevo da tempo, abbiamo riso, scherzato, e vai con gli auguri (è inutile, la mia faccia piace, avevo un cappello ben calato per il gran freddo, si vedeva solo la faccia, eh lo so, somiglia a quella di mia madre...non so se mi fa piacere).

Pomeriggio sono saltati i miei progetti perchè lui ha trovato qualco-sa con cui impegnarmi: L’UOMO DELLA CALDAIA!!!

Poi ho letto le storie di quelli che pensavano a un varco spazio-tem-porale, credo in Francia, e che si sono già da tempo trasferiti là, pa-gando fior di soldi ovviamente, poi quelli che parlavano di “Ascensio-ne” individuale e di gruppo ( forse la Profezia di Celestino?), poi ho scoperto una tribù di aborigeni australiani Wandjina che parlavano di “spiriti delle Nuvole” e dipingevano cose strepitose, che richiamano sia uomini in tuta spaziale che testoline tipo E.T., anche loro col mito di Orione, dell’astronomia e dei calendari.

Alla fine ho capito una cosa magnifica: CHE SIAMO FIGLI DELLE STELLE E ALLE STELLE TORNEREMO, specie quando smetteremo di fare tutte quelle sciocchezze che si fanno per ancorarsi il più possi-bile alla terra, non devo elencare vero?

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Infine ho abbracciato la donna che mi aiuta in casa in questo perio-do difficile, per me e per lei e sua figlia, non avrei mai creduto di dover applicare subito le mie conoscenze psichiatriche (lunga esperienza e lunghi studi...) ancora prima di dar l’esame, per dare sollievo sia pur parziale alla sofferenza intorno a me.

Ma si, va, forse ce la faccio, la fine del mondo non verrà, riuscirò a prendere la mia terza laurea: chissà cosa mi è preso, è come se dovessi rifarmi di qualcosa, si lo so, ho sbagliato strada da piccola, o forse no, forse tutte le strade e i viottoli portano qui.

E dai, mi porteranno anche davanti alle trombe del Giudizio, va bene, avrò un sacco pieno, stracolmo di emozioni, di domande, di ri-sposte, lo scuoterò. lo lancerò all’Angelo e ricominceremo la partita DACCAPO!!!!

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12-12-12 di Nicoletta LoveraDa dodici giorni sono in pensione.Mi sento dire “Beata te che puoi fare quello che hai sempre deside-

rato!” Ma io sono stata cosí fortunata da aver fatto quel che desideravo,

cioè il medico, quindi non ho passioni in sospeso. Non mi manca il mio lavoro. Per ora. Non sono fatta come altri

colleghi che hanno smesso l’ospedale, ma continuano a lavorare. Ho deciso di prendermi un po’ di tempo.

Mi guardo intorno.Oggi è una splendida giornata di sole, fredda e luminosa. Durante

la mia passeggiata guardo l’arco delle montagne innevate, vicine. Guar-do la gente per la strada e mi pare strano di essere qui, senza fretta, in quest’ora insolita. Nessuno si aspetta niente da me.

Incontro un cagnetto bianco e nero, con le orecchie a sventola e il muso allegro; mi basta sorridergli, perché si metta a scodinzolare e mi salti alle ginocchia. Si chiama Giuditta, mi dice la padrona orgogliosa.

Avevo pensato di andare a vedere la mostra su Degas al Valentino. Non sono mai andata in un museo nella mia città in una mattina fe-riale. Poi mi sembra che la giornata sia troppo bella per chiudermi in un interno.

A zonzo, facendo finta che la meta siano i regali per il Natale. In silenzio nel clamore metropolitano, mi pare di riposare. Non devo dare delle risposte, come fino a poco fa.

Arrivata a casa, nel tardo pomeriggio, mi telefona una collega per raccontarmi un fatto emotivamente rilevante successo in ospedale. Mi dice che ha dovuto assolutamente raccontarmelo “come ho sempre fat-to con te. Tu sei qui con noi”

Mi commuovo un poco e penso a quanto davvero sono fortunata.

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12-12-12 di Giorgio MacarioIl treno corre veloce lungo i binari consueti che mi riportano a casa.Batto i tasti del portatile ed ogni tanto lo sguardo si volge in basso a

destra. 12.12.2012 – h. 20.30. I minuti procedono oltre, mentre il mio pensiero si rivolge all’indietro.

La mattinata è iniziata a Firenze proprio con un riferimento in tema. Dal tavolo dei relatori apro i lavori della quarta ed ultima gior-nata di un corso di formazione sulle adozioni internazionali, di cui sono responsabile, che vede riuniti a Firenze circa un centinaio di rap-presentanti di operatori dei servizi territoriali e di enti autorizzati oltre che giudici dei tribunali per i minorenni, provenienti da tutta Italia.

“Per chi non se ne fosse accorto –dico con una certa enfasi– oggi è il 12.12.2012”. Nella sala l’attenzione cresce e il silenzio si diffonde. E subito proseguo: “…ma la data fatidica non è oggi, bensì il 21.12.2012. Quindi state pure tranquilli, che abbiamo ancora nove giorni a dispo-sizione!” Le risate di sollievo sembrano soverchiare i residui timori ancestrali che ciascuno, a suo modo, si porta dietro.

Le relazioni si succedono le une alle altre portando con sé teoriz-zazioni e riflessioni, le esperienze dispiegano le loro concretezze al-ternando contestualizzazioni e spunti propositivi, i lavori di gruppo aprono squarci conoscitivi su vite professionali impegnate e sistema-tizzazioni del pensiero collettivo niente affatto scontate.

E in men che non si dica giunge l’ora del pranzo, ottimo ma for-tunatamente un po’ più ‘spartano’ ed accorciato del solito. Dopo pa-recchie insistenze il cuoco ha accettato di concentrare i suoi ‘effetti ultraspeciali’ nel pasto serale –quello del giorno precedente, che stase-ra partiamo tutti– alleggerendoci il pranzo e consentendoci di essere molto più vigili e desti alla ripresa dei lavori.

Ed è proprio quel che accade: nonostante si sia quasi giunti al ter-mine del nostro lavoro, e la fatica si faccia sentire, l’attenzione è ancora alta e le sintesi dei lavori di gruppo si incaricano, per quanto possibile,

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di richiamare l’attenzione dei presenti con espedienti oratori fra i più disparati, senza esclusione di colpi, fino ad una dotta citazione latina tratta da Svetonio, che, chissà se casualmente, parla di inquietudine (si tratterà mica della residua inquietudine sopravvissuta ai processi di razionalizzazione scattati dopo il richiamo mattutino alla fatidica data? Difficile a dirsi.).

Ma la giornata volge al termine ed una tavola rotonda animata da alcuni dei partecipanti sembra dare voce collettiva a tutti i presenti proiettando le fatiche sostenute e gli arricchimenti realizzati verso i rispettivi contesti di appartenenza, nei quali ci si vede già all’opera fin dall’indomani.

I volti apprezzano, gli abbracci scaldano, le voci salutano e l’ultimo dei corsi in programma per quest’anno si conclude con un senso di appartenenza a questa comunità di pratiche e di pensiero che ciclica-mente si ricrea, rinnovandosi.

Ciascuno prende la strada di casa. Anch’io mi incammino e dopo ben tre cambi di treno finalmente raggiungo la mia dimora.

Riprendo in mano le ultime battute di questa mia scrittura incon-sueta.

Batto i tasti del portatile e lo sguardo mi scivola nuovamente in basso a destra, su quella successione di numeri sempre più ipnotica: 12.12.2012 - h. 22.12.

La giornata, iniziata a Firenze, si conclude a Genova.La cena mi aspetta, caro diario, devo proprio salutarti. A domani.

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12-12-12 di Moira Mariotti12-12-12 Un numero che si ripete, come un ciclo; a volte anche le

giornate sembrano ripetitive, dense di accadimenti, impegni, incom-benze… piccole grandi responsabilità che si ripropongono sempre uguali a se stesse. Oggi è andata così, c’erano poche nuvole, eppure ho avvertito molto freddo. Seppure mi sia mossa non poco, spostandomi, a piedi, in auto, il sole non mi ha raggiunto gran chè. Sarà che è inver-no. Sarà che spesso, ultimamente, sento freddo indipendentemente dal meteo: avrò nuvole cupe nel mio animo, che si muovono, che talvol-ta ristagnano? Le nuvole non fanno rumore a pensarci bene: le vedi spostarsi in cielo a lieve o a gran velocità, ma per quanta attenzione si faccia, esse non emettono mai alcun suono (a parte quando si scontra-no…). Mi son detta che per le perturbazioni interiori deve accadere qualcosa di simile davvero: arrivano che non me ne accorgo e quando percepisco netto quel senso di gelo dell’animo - come uno spiffero in-teriore che non riesco a frenare – è troppo tardi. Posso solo lasciarle fare e accoglierle, osservandole magari, per quel che è possibile, perché vorrei coglierne i legami, il senso… Tuttavia, solo le nuvole vagabonde nel cielo sono così facili da osservare. In cielo non c’è polvere. Non c’è rumore e non c’è polvere: la visione è così nitida! Nell’animo invece al-bergano rumori e polveri, tanti rumori e tanta polvere… Con l’andare degli anni si sono accumulati e così, troppo spesso, non ho un’imma-gine nitida delle mie nuvole interiori, delle loro forme, dei loro conte-nuti, delle assonanze... Rimane il sottile senso di freddo e qualche volta un piccolo brivido che, come una lama affilata, mi percorre tutta la schiena, che allora, in modo dapprima impercettibile e poi sempre più chiaramente, inizia a contrarsi, a irrigidirsi, nella muscolatura, nella postura, così, come a difesa… Al pari di un qualsiasi riccio, in presenza di un qualsiasi senso di minaccia? È strana e complessa la relazione tra me e ciò che mi circonda, mi dico sempre più spesso. Me lo ricorda il cielo silenzioso e terzo, anche quanto fa pioggia, ma anche questo gior-

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no strano, non tanto o solo per questa particolarissima coincidenza di numeri - grafia e suoni – quanto perché mi pare stia qui ad indicare una ciclicità tra gli eventi, ciclicità che c’è sempre - proprio come nuvo-le, cielo, interiorità, sensazioni… - eppure è così facile dimenticarsene. Questo giorno, da qui in avanti, mi ricorderà forse le nuvole silenziose e un certo freddo che non passa a coprirsi d’indumenti e caloriferi, ma solo con l’ascolto e l’accoglienza, la consapevolezza… la ri-scoperta…

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12-12-12 di Marlene MarraghiniOkay, io ci provo.Non ho mai fatto una cosa cosi’ e non so proprio cosa scrivere. Io

sono abituata a scrivere solo sul mio diario. Comunque ci provo. Io non sono una insegnante, dottore o niente di simile. Oggi è il 12-12-12 e se uno o una oggi compie 12 anni è molto buffo, trovo io. Mi han-no detto che devo scrivere cosa ho fatto oggi e cosa ho pensato,ma, la mia vita non è molto frenetica, non succedono molte cose ed è un po’ monotona delle volte. Comunque, ci provo… allora… Stamani mi sono alzata alle 7:30 mi sono lavata ecc. e sono andata all’ alimentari a prendere dei panani per la colazione. Io adoro andare a prendere i pa-nini, mentre prendo i panini ascolto quasi sempre la musica e entro nel mio mondo dei sogni. Quando sono tornata a casa mi ha salutato per prima di tutto la mia cagnolina Lucy, scodinzolando all’ impazzata e leccandomi. Quando sono entrata in casa sono subito sgattaiolati den-tro Chantal e Frizzy i miei due gattini, non stanno tanto bene e dato che nel momento è molto freddo stanno con noi in casa. Noi abbiamo 10 gatti ma gli altri vivono nel giardino. Alle 9:45 arriva la Lucia, la nostra donna di pulizia, la conosco da quando ho 5 anni perché una volta faceva la baby sitter a me.Io le ho imprestao uno dei miei libri che si chiama “La seconda vita di un cane speciale” di Emma Pearse, a me è piaciuto tantissimo e penso che sia adatto a chi come me adora i cani. Io alla Lucia voglio molto bene. Con lei parliamo molto di tutto e anche di cavolate. Insieme ridiamo sempre. Sono contenta di avere una amica come lei. Alle 10:30 mi è venuta a prendere la Rachele, un’altra mia amica. Con lei siamo andati al bar e dopo siamo andati a salutare un’ amico e dopo siamo andati da una signora anziana a fargli visita. Sono tornata alle 12:00, Lucia c’era ancora. Gli ho offerto un biscotto tedesco che lei ha gradito e mangiato subito. Per pranzo c’era la zuppa di fagioli (ok), l’hamburger con le cipolle (buone) e le rapi (Non mi piacciono per niente, diciamo che io e le rapi non ci capiamo proprio.

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Ok, non so più cosa scrivere quindi chiudo qua. Almeno ci ho provato.

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12-12-12 di Patrizia MasiniLa mattina del mercoledì è dedicata alla mamma. Dormo da lei e

quando ci svegliamo viene Teresa a fare le faccende di casa ed io l’aiuto. Mentre lavoriamo Teresa mi racconta i suoi acciacchi e le pene che i tre figli maschi e il marito le procurano ma ogni settimana mi dà an-che una nuova ricetta di cucina che quasi sempre ha origini siciliane. Oggi abbiamo parlato di marmellata di mele cotogne. Teresa sostiene che un po’ di succo di limone nella cottura schiarisce e dà un gusto particolare.

Da casa della mamma alla banca e in un altro ufficio per l’imu e per un contratto d’affitto, poi velocemente a casa mia a piedi con piacere. C’è un bel sole, è stato molto freddo stanotte, c’è ancora qualche chiazza di asfalto gelato, la montagna innevata lontano anche se il barometro della stazione segna dieci gradi. Mangio in fretta e preparo uno sfor-mato con prosciutto cotto, pomodori e un po’ di mozzarella ed esco velocemente perché Adriano mi dà un passaggio. In macchina si fa presto ad arrivare a Firenze, il tempo di parlare di quanto è difficile la nostra situazione politica e dell’incertezza che ci affligge.

A casa di Francesca c’è già Antonietta, poi arrivano Anna Maria e Patrizia. Alle tre usciamo e siamo in centro in pochi minuti. Il mari-to di Francesca, Gianni, ci ha promesso una passeggiata guidata nelle stradine e nei chiassi fra Palazzo Vecchio e Santa Trinità. Incontriamo anche Annida e Giancarla. Ci soffermiamo di fronte a Palazzo Gondi, in Pellicceria al Palagio di parte Guelfa, alla Casa/torre in Via delle Terme, di fronte all’Hotel in un’altra casa/torre che apre la sua terrazza sui tetti e sull’Arno, guardiamo anche l’edificio delle Terme in stile Bie-dermeier, svoltiamo in piazza del Limbo – c’era un cimiterino annesso alla chiesa – raggiungiamo il fiume e prendiamo verso il Ponte Vecchio fino alla piazzetta che protegge l’abside e il campanile della chiesa dei Santi Apostoli. Le chiese più vecchie di Firenze sono il Battistero in Piazza del Duomo e San Miniato sul Monte, poi questa meno appari-

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scente. Gianni ci fa notare quanto sia ben proporzionata e conservata sebbene stretta fra abitazioni più recenti che quasi la soffocano.

Torniamo velocemente sui nostri passi fino alla piazzetta – l’Arno arrivò a tre metri d’altezza il 4 novembre del 1966 qui – e entriamo in chiesa. Con una pila potente Gianni illumina i dettagli delle capriate in legno dorato, delle colonne e dei capitelli romani, dei pochi affreschi rimasti, di una splendida robbiana bianca e blu. Santi e simboli per lui non hanno misteri, è sicuro di sé e risponde ad ogni curiosità. Ci parla anche di Carlo Magno che sembra avere fondato questa chiesa tor-nando dall’incoronazione romana del 815 il 6 d’aprile, la targa è sulla facciata a testimoniare almeno il passaggio per la nostra città.

Quando usciamo di nuovo in piazza è già buio. Andiamo in Piazza Santa Trinità dove stanno rifacendo il fondo stradale in pietra e ci gi-riamo a trecentosessanta gradi seguendo il profilo di palazzi e chiesa, alla nostra sinistra il palazzo che ospita Tiffany è di proprietà dei Mi-nervetti, eredi di Thomas Becket scampati a Firenze, Via Tornabuoni è sobriamente addobbata, la chiesa di san Gaetano chiusa, il palazzo De Larderel ha uno scudo in pietra con gli sbuffi di una esplosione. Quan-te curiosità. Ora fa freddo e devo mettere il cappello perché aumenta il venticello ghiaccio. In via della Scala ci soffermiamo all’officina di San-ta Maria Novella e poi veloci arriviamo a casa dove Francesca ha già preparato la “merenda” qualche tartina, gli sformati, i panini morbidi col salame del Falorni di Greve, le pizzette, i dolci al cocco che Anto-nietta chiama coccolini, il panettone tradizione della festa. Finiamo col brindisi a noi che ci conosciamo da tanti anni e che abbiamo con-diviso lavoro e impegni famigliari. Antonietta sta scrivendo un libro di memorie di lettere che il padre scrisse da militare alla madre prima della sua nascita. Parliamo delle letture che ci piacciono e sul tavolo compare “A casa” di Tony Morrison. Ci scambiamo auguri e “pensie-rini”. Francesca non lo dice ma l’invito fu “per esorcizzare la fine del mondo, Gianni ci porterà a santi Apostoli e poi faremo un brindisi a casa nostra”.

E così è andata.

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12-12-12 di NeneEd anche il 12-12-12 è passato, così come tutti gli altri giorni della

mia vita e di quella dell’Universo.I colori del cielo e delle montagne che mi circondano erano esaltati

da un’aria limpida, serena e soprattutto fredda. Un tale freddo che sem-brava venire da dentro. Come tutte le volte che sta per nevicare.

Mi stupisco sempre, ed ormai dovrei esserne abituata!, di come, se ci faccio caso, il mio corpo dialoga con l’ambiente in cui è immerso. Con discrezione, ma senza esitazione, dice: “Se vuoi, sono qui. Fai par-te di me, ma sei libera. Buona vita!”. Come i buoni Maestri che danno il tempo ai loro discepoli di capire.

Oggi, giornata di Amore, giornata in cui ci siamo collegati in tanti per trasmettere Amore alla nostra madre Terra ed a tutto l’Universo. Nel pomeriggio, al nostro ritorno a casa da luoghi ed impegni diversi, i miei figli ed io ci siamo trovati a ridere, scherzare, cantare anche se la stanchezza e gli impegni ancora da affrontare (compiti, pulizie di casa, preparare la cena e ancora altro) ci stavano guardando impazienti. In altre simili occasioni sarebbe bastato un niente per far saltare invece la bomba!

Mi abbevero a quest’acqua e riposo.

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12-12-12 di Silvana OmatiMi sono svegliata, come al solito, verso le cinque: è l’ora dei Monaci

e, fino a quando ero più giovane, mi capitava di alzarmi per mettermi al computer per scrivere, fissare idee, perché quell’ora era solo mia e, se non ascoltavo l’ispirazione, poi sarebbe sparita, non avrei ricordato neanche l’incipit di una poesia, di un racconto, di una preghiera.

Ora difficilmente riesco ad uscire dal letto a quell’ora, perché sono vecchia, ho freddo, ma in quella specie di dormiveglia che mi concedo, coltivo lo stesso il mio spirito e chiedo la forza al buon Dio di aiutarmi a continuare a custodire la Speranza, qualche sogno non ancora realiz-zato, ringraziare per gioie trascorse, non piangermi addosso nei rim-pianti inutili, fare del mio meglio per credere all’amore e all’amicizia.

Mi alzo, più tardi, ma prima di mettermi ai lavori che fanno parte della quotidianità, apro il computer alla ricerca di un messaggio o il te-lefonino dove, magari trovo un s.o.s da parte di un figlio o di un nipote che possono avere bisogno di me.

Poi faccio il programma della giornata, tenendo conto che i miei tempi sono rallentati e devo convivere coi limiti.

Provo il diabete, se i valori sono buoni, mi sparo nella pancia la prima dose di insulina e mi premio con una colazione un po’ più lec-corniosa, ingoio cinque o sei pastiglie (toccasana per le diverse pato-logie!?) .

Se il tempo è bello come oggi, imbacuccata per tenere al caldo le arterie, appoggiandomi al mio utilissimo deambulatore faccio una scappata al mercato, perché è mercoledì.

Pomeriggio inoltrato: Ce l’ho fatta! Volevo raggiungere la zona del mercato, perché frutta, verdura e salumi costano meno: poi, in quella zona abita la cardiologa che da anni mi cura: poiché mi sto preparando per entrare in Casa di Riposo ogni giorno sono lieta di donare qual-cosa di mio alle persone che fanno parte della mia vita e, in tal modo

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vado incontro ad un’essenzialità necessaria: avrò una cameretta tutta per me, potrò appendere foto, portare il computer, qualche quadretto, una poltroncina e una scrivania, ma, in compenso avrò tempo libero e farò da apripista a mio marito che stenta un po’ a scrivere la domanda, ma io sono sicura che è l’ultimo dono da fare ai nostri figli: ci amano, ma hanno una vita piena e ci sono dieci nipoti da allevare.

Noi abbiamo fatto tutto quello che potevamo finchè la salute ci ha assistito.

Per strada incontro amici, saluto, parlo con diverse persone: ho in-segnato e fatto volontariato per decenni e tutti mi assicurano che ver-ranno a trovarmi per scambi e dialoghi senza fretta: è arrivato il tempo dell’ascolto più che del fare.

Sono stata fuori più del tempo previsto, ma trovo chi mi aiuta a por-tare la spesa e poi mio marito oggi è a pranzo coi suoi ex colleghi, per-ciò posso mangiare con calma: è ancora caldo il pezzetto di pollo fritto, insieme a una manciata di verdure, per comprare i quali ho dovuto fare una lunga coda (con l’acquolina in bocca !), ma valeva la pena.

In verità mi sono concessa anche una tavoletta di cioccolata per diabetici, ma l’ho messa al sicuro per i prossimi giorni di Festa!

E poi, a casa, la bella sorpresa: un breve ma graditissimo messag-gio da un amico Salesiano col quale, a distanza, ma a quattro mani, abbiamo scritto racconti, ora in libreria, il cui ricavato sarà devoluto a ragazzi orfani della Bielorussia e dintorni dove il mio prezioso amico, degno figlio di don Bosco, spende le sue energie materiali e spirituali.

Nel pomeriggio ho un’ora e mezza d’aiuto domestico da parte di Marzia, venezuelana, più dolce che attiva, ma mi solleva almeno dei lavori più pesanti!

È venuta una nipote a ritirare la macchina per fare il pane: è il rega-lo che ha scelto tra quelli a disposizione, perché ha spesso gente a cena, essendo un’ottima cuoca.

Fino all’ora di cena, posso sedermi a cucire, mentre scelgo un pro-gramma alla tele che richiede ascolto, ma non necessariamente lo sguardo fisso allo schermo

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La cena sarà sobria (il marito mi racconterà il lauto pranzo!!).Poi tenterò di spedire il diario: ho qualche difficoltà perché la batte-

ria è quasi scarica e non mi sento di uscire dopo il tramonto.Finalmente scende la sera, “non fatal quiete” come recita il Foscolo,

ma riposo, tempo per la lettura, e per predispormi al sonno normal-mente popolato di sogni: non sempre rosei.

Ma non ho il coraggio di lamentarmi: malgrado tutto mi ritengo una donna fortunata. E il mio motto continua ad essere O.S.A (sono le iniziali del mio nome e cognomi, ma sono anche una scelta di vita!)

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12-12-12 di Edda ReggianiGiornata “normale” il 12 -12 -2012; non varrebbe la pena la pena

di raccontarla in un diario. Eppure c’è una telefonata che la rende di-versa. Un negozio di intimo mi telefona nel pomeriggio per dirmi che è arrivato il “lupetto” che avevo prenotato, addirittura in due versioni, la quinta misura e la quarta: mi invitano ad andarlo a provare per sce-gliere quello che mi va bene. Il lupetto è quel maglioncino col collo alto, ma non dolcevita che si alza a coprire il collo per riparare la gola dal freddo senza soffocare. Mi ero ripromessa di non usare più questi sottomaglioni, perché mi ricordavano troppo la malattia di mia madre, che sempre aveva freddo e trovava conforto solo nel lupetto da portare sotto il pigiama ed anche perché col lupetto si è sempre un poco infa-gottate e si perde in femminilità ed in leggerezza.

Il primo freddo pungente mi ha fatto cambiare idea ed eccomi nel negozio di intimo a cercare un lupetto.

Non ce ne sono, perché le donne giovani usano ormai solo il coto-ne, non la lana, però la proprietaria si offre di cercarmelo in magazzi-no. Eccomi dunque alla telefonata del 12. Corro al negozio e mi provo i due lupetti, uno più aderente ed uno più “giusto” di misura, ma quando li indosso, mi sento talmente protetta e al caldo, che decido di acqui-starli entrambi, per il timore di non trovarne altri.

Quando esco mi chiedo da dove viene questo bisogno di caldo, di sicurezza e ripercorro con la memoria gli avvenimenti di quest’anno e trovo la risposta. Il 2012 è stato un anno faticosissimo: la morte di mia madre, il terremoto, un’estate riarsa e lunghissima mi hanno lasciato un forte senso di insicurezza unito ad un bisogno di protezione e allo-ra ben venga il lupetto, anzi due lupetti, se riescono a darmi un po’ di calore e di protezione dal freddo, ma anche dall’imprevedibile, che può travolgerci in un momento.

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12-12-12 di Anna Maria RosàOggi mi sono alzata alle 7,45 x me tardissimo. Ieri sera dopo il cir-

colo abbiamo cenato da Maura e Steffi come sempre ha portato del buonissimo vino forse abbiamo esagerato un pó ma non troppo... I miei cinque mici erano già nervosetti per il ritardo, ho preparato su-bito la loro pappa anche perchè camminare con cinque gatti che ti si strusciano alle gambe è ardua impresa! Anche Artù il mio cane lan-ciava sguardi interrogativi visto che anche la sua passeggiata subiva forte ritardo. Vestita bene bene affronto il freddo che c’è fuori e lui scorazza felice. Facciamo una bella camminata di 10 km ormai c’era un bel solicino che invitava ad allungare il percorso. Oggi non lavoro e posso prendermi un po più di tempo. Mi ha telefonato Francesca viene a pranzo da me. Arriva con gnocchetti e altre cose buone è sempre un piacere chiacchierare con lei. Il pomeriggio scorre via veloce ora con queste giornate così corte è subito notte. Stasera non esco andrò a letto presto così domattina saró puntuale con tutte le mie bestioline.

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12-12-12 di Katia SassoniÈ stato un risveglio che mi ha stupito, quello di stamattina, per due

buoni motivi: mi sono resa conto di aver dormito senza interruzioni per quasi otto ore, cosa che non accadeva davvero da molto tempo, e di essermi ridestata per via del suono della sveglia, altrimenti avrei senz’altro proseguito (non dovevo andare a lavorare, ma devo alza-re il mio bimbo, Francesco, che ha dieci anni e frequenta la 5° classe elementare). Inoltre più tardi, quando ho aperto le imposte, ho visto che la giornata si prospettava decente ed il sole faceva capolino, un po’ timido, come per salutarmi. Ho preparato la merenda e i vestiti per Francesco, che alle 8 e 10; come sempre, è uscito con il suo babbo per andare a scuola.

Sono rimasta sola, come succede ormai da due settimane da quan-do sono a casa dal lavoro per malattia. Io insegno nella stessa scuola di mio figlio: siamo arrivati lì insieme il suo primo giorno di scuola! Lui scolaro di 1°, ed io maestra di 2°…

È stata un esperienza molto intensa e coinvolgente quella che ci ha visti per oltre quattro anni svolgere la propria diversa attività all’in-terno della stessa scuola. Ma da due settimane io sono a casa malata, perché dopo i primi due mesi e mezzo nella mia nuova classe 1°, passa-ti sotto pressione, accumulando tensioni emotive, sono letteralmente crollata, e non riesco più a sostenere i carichi di lavoro cui ero sottopo-sta. Il medico mi ha prescritto un lungo periodo di riposo.

Resto sola, allora, dicevo, quando il bimbo esce. Ma non mi dispia-ce, anzi. Sento che mi fa benissimo il silenzio, il ritrovarmi.

Stamattina non mi sono preparata il caffè, ma il tè, perché adesso che sono a casa ho più tempo e preferisco bere una bevanda calda al tè verde, con la crostata che ho fatto ieri con le mie mani, che è ve-ramente buona, Ho riacquistato quasi completamente i ritmi umani, così mi lavo e mi vesto senza fretta, concedendomi il lusso di perdere quasi tempo! Mi sento davvero ricca ad avere TEMPO: per le persone,

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per ricordare, per scribacchiare, per cucinare i miei piatti preferiti. A pranzo ho mangiato un po’ di pane con il prosciutto assieme a mio marito Gianfranco poi, approfittando del sole ormai non più timido, siamo andati a fare una passeggiata verso la campagna tra Bologna e Modena (in macchina, naturalmente, perché avremo fatto una ventina di chilometri). Alle 15 davvero già rientrare, per via delle “fasce fiscali”, quindi mi sono dedicata alla preparazione di una ricetta che mi piace tantissimo: la caponata di melanzane. Mentre la verdura cuoceva ada-gio sul fornello, io mi sono messa al tavolo da lavoro per rivedere il mio ultimo manoscritto, che ha bisogno di essere ripulito dal punto di vita stilistico, e perfezionato dal punto di vista narrativo. Amo molto i per-sonaggi che ho messo in scena in questo mio nuovo lavoro letterario, ma a volte mi rendo conto di non riuscire, come vorrei, a delinearli in modo sublime per il lettori che, spero, un giorno lo leggeranno. Non ho molta tenuta: dopo nemmeno due ora ero già stanca. Mi sono sdra-iata una mezz’oretta sul divano. Ho pensato ad un’ enormità di cose, naturalmente. Ho ripensato anche a ieri sera, perché è stata una serata particolare in cui ho avuto il privilegio di parlare in tutta tranquillità con una donna di dieci anni più giovane di me, che è la mamma di un amico del mio bimbo. Ho pensato che devo creare più spesso occasioni come quella, perché aiutano a sciogliere il senso di incomprensione da cui vengo colta. Alle venti è arrivato Francesco, che dopo la scuola era stato invitato a giocare a casa di un suo compagno di classe. Era affa-mato! E poi voleva usare il computer del padre, e non aveva nessuna voglia di rispondere alle mie solite monotone indagini su come aveva trascorso la giornata. Abbiamo mangiato insieme gli spaghetti con la caponata: erano stupendi.

Più tardi io e Gianfranco abbiamo addormentato Francesco rac-contandogli le nostre strambe storie inventate. Lui così è calato in un sonno profondo. Io l’ho osservato dormire per un po’, gli ho dato qual-che bacio e qualche carezza. Poi ho preso un libro e ho letto qualche pagina. E’ scivolata via in silenzio com’era cominciata, questa giornata di riposo, a cui faccio ancora fatica ad abituarmi e a credere vera.

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12-12-12 di O. S. Oggi la giornata è partita all’insegna dell’osservare il vivere mentre

si vive al fine di scrivere il diario.È una sensazione strana piena e confusiva, esaltante ed estraniante.Appena ho letto l’invito della Lua per questa iniziativa ho deciso

che mi piaceva farlo e che avrei scritto per lo sconosciuto di Berlino che sta seguendo un suo “chissà quale” progetto e che mi chiede di collaborare.

12/12/’12 è una combinazione misteriosa ed unica o è solo una ca-sualità come tutte le cose che ci capitano nella vita?

Amore, vita, morte ed altre sciocchezze (come dice Guccini) sono tutte dominate dal caso e da un beffardo tiro di dadi scomposti.

Ma sono romantica e sentimentale e mi lascio trascinare con estre-ma facilità da brevi parole e dal luccichio di idee e sentimenti... da Berlino… richiedono che… il tuo contributo… qualcuno tradurrà.

E veniamo a noi. Oggi sveglia presto: mio figlio ha uno dei suoi ul-timi esami di una carriera scolastica travagliata al punto che non so il numero esatto che lo separa da una laurea promessa per aprile.

Caffè, thè e mi preparo per uscire senza far percepire a lui che sono in ansia e che il mio pensiero è polarizzato dal suo esame, ma tanto lui lo sa in ogni sua fibra e si controlla per non mandarmi al diavolo subito.

Io e mio marito oggi andiamo al lavoro insieme, capita spesso, lavo-riamo nello stesso Centro ed abbiamo la stessa professionalità ed è a lui che dico subito del progetto per il diario della giornata e lui si mostra sempre accogliente ed interessato a tutte le stupidate che dico: sono fortunata ho accanto un uomo che mi dà credito.

Mia figlia dorme, uscirà più tardi e prenderà una multa salata per una mancata revisione annuale… ma è il 12/12/12 (allora è funesto?).

Invece la giornata è splendida, il cielo è terso, i colori lavati e bril-lanti: vivo esule tra laghi e montagne; ho lasciato il mare e un clima

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clemente e me ne lamento, ma non in giornate come queste nelle quali la luce è speciale e rende ragione di un paesaggio incantato.

Il Resegone sullo sfondo, il lago increspato ed il verde dei prati : sembra di essere nello screensever di Windows.

La giornata va tra lavoro (complesso, noioso, struggente, frustrante, coinvolgente: mi occupo di sviluppo e disabilità), chiacchiere tra colle-ghe, meccanici che recuperano in corner la revisione della macchina, spese natalizie e pieni di benzina in Svizzera (siamo vicini al confine ed oggi è sciopero dei benzinai... 12/12/12).

Rientro a casa sempre tenendo sotto osservazione quanto avviene , ma niente avviene, o tutto avviene?

Telefonate e scambi di progetti per le prossime feste “Cosa porto? Cosa preparo? Dove andiamo?” e attesa della mezzanotte per essere fuori dai possibili eventi speciali.

È prevista una nevicata per domani, ma ormai sarà il 13!Nessuno esce in serata così evito il patema del “Accadrà qualcosa?”

e finalmente tutta la casa dorme, nella normalità di tutte le sere.È questo il mio 12/12/12: normale e non so perché mi ritrovo ad

esserne contenta.La vita scorre nel bene e nel male, mescolando gli eventi nella con-

sueta casualità.Questo siamo: sempre alla ricerca del controllo e della previsiona-

lità, ma ogni cosa ci accade all’improvviso, nello scorrere di un flusso sconosciuto.

Buonanotte ai Maya, alla cosmologia ed all’astrologia, ai numeri fortunati e a tutta la filosofia newage: questo siamo e questo restiamo, sempre in bilico nelle incertezze e sempre pronti all’imprevisto.

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12-12-12 di Vittoria SofiaUn inizio allarmante: la radiosveglia segna le nove, ma il cielo, oltre

la finestra, è ancora buio. Che succede? Verifico sul cellulare. Sono le sei e dodici. Il tempo meccanico e il tempo astronomico vanno di pari passo: si può iniziare normalmente la giornata. Deve essere successo qualcosa alla sveglia non al mondo. Verificheremo più tardi.

Ginnastica mattutina: streching e auto massaggio secondo le regole del tai chi. Metto sul fuoco il caffè e mi sintonizzo su Rai 3. Notizie dal mondo: un missile coreano messo in orbita, allarme e riprovazione mondiale. Concita de Gregorio comincia a sfogliare per me i giornali, ma non sembrano le notizie così interessanti; recupero dal giornale di ieri, che è ancora sul bancone, un articolo e lo leggo tra uno jogourt ed una fetta di pane tostato.

Mi vesto rapidamente ma coscienziosamente di blu. Un po’ di om-bretto, una spolverata di fard ed esco con ancora addosso l’eccesso di Opium. Si consumerà strada facendo. La solita manovra per uscire dal garage senza lasciare segni e via.

Acquisto la Repubblica e prendo la statale 11. Sole nella gelata pia-nura e neve sulle montagne lontane. Attraversa il cielo un falco che vie-ne da Nord (Ieri ho visto un pettirosso, che si crogiolava al sole su una rete metallica; più tardi, salendo in collina, una cornacchia ha recupe-rato sulla strada quello che restava di un merlo morto. Deduco fosse un merlo dalle zampette gialle che ho ancora visto penzolare prima di riconcentrarmi sulla strada).

Prima tappa: grande magazzino per acquisto tuta ginnica per rega-lo ad Anton. Domani sarà Santa Lucia. Tradizione veronese vuole che i regali ai bambini ed ai ragazzi arrivino nella notte. Questo fatto mi obbligherà ad altri acquisti e spostamenti.

Non c’è la taglia della bellissima tuta felpata bianca ed azzurra che avevo visto qualche settimana fa. Sono delusa. Era un modello nuovo e gli sarebbe stata bene. Aiutata dalla commessa, ne valuto altre ed infine

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opto per una L rosso e blu della Nike. Non male, nemmeno il prezzo. Il ragazzo che batte l’acquisto alla cassa, la guarda, ne verifica il prezzo, la trova di suo interesse e mi dice che andrà a provarla anche lui. Bene. Il sole si è alzato ed ha sciolto la gelata notturna; ora rimangono tracce di neve solo sul lato nord. Sulla strada del ritorno un airone grigio mi sorvola con la sua ampia e lenta apertura d’ali. Gli aironi sono quasi sempre da soli. Chissà se sentono la solitudine. Parcheggio in pieno centro, trovando uno stallo libero sulla piazza. È giorno di mercato. Le bancarelle invadono le vie e le piazze. I colori esplodono ma le voci sono attutite.

Seconda destinazione: Ufficio tecnico del Municipio per un con-fronto sulla cifra da pagare per l’IMU. C’è un po’ di fila. Un vecchietto impaziente con scarpe troppo pesanti si agita sul pianerottolo. Arriva-no due signore chiacchierone e si siedono tranquillamente ad aspetta-re: tanto hanno mille discorsi da portare avanti.

L’impiegato è abbastanza gentile. Un po’ accigliato e lento ma gen-tile. Bisogna effettuare alcune variazioni catastali che non sono ancora state registrate. Tanto vale pagare aggiornando i dati. Prima stampa, seconda stampa. La terza è quella esatta. Faccio predisporre il modello anche per mia sorella e mio fratello visto che il cambiamento riguarda un immobile che appartiene a tutti e tre.

Un’ora di tempo andato. Non è male se i calcoli risulteranno esatti. Terza tappa: il fioraio. Ogni mercoledì compero i fiori da questo

fioraio. Tra i due presenti è quello che li ha più belli. Prodotti olandesi, quasi tutti; un sorriso accattivante e la voglia di commentare i fatti del giorno. Interessi comuni: figli adolescenti e la politica italiana di sini-stra. Abbastanza per incontrarci ogni mercoledì che sono in città.

Lilium, hylex, agrifoglio: fiori base per preparare qualche mazzo ed iniziare gli addobbi per le feste natalizie. Sarà un lavoro per domani o dopo domani, al momento sto accumulando materiali: ieri sono stata in collina a cercare pigne, rami di pino e di abete.

Quarta tappa: pasticceria dove fanno i migliori ‘puoti’, bambini di pasta frolla che si possono trovare solo in questi giorni. Dei pernigotti,

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dei cioccolati, le caramelle balsamiche, i marrons glacés. Tutto in un sacchetto. Stanotte preparerò il piatto e il regalo sul tavolo e domani mattina Anton troverà i regali. Passando acquisto veloce un chilo di clementine affogliate. Il piatto ne deve avere! Dico che sono per Santa Lucia, la venditrice approva e mi dice che servono anche le carrube per l’asinello. Vero, dimenticavo l’asinello! Mia madre preparava la carota e la paglia. Allora anche qualche carruba e dovrei avere tutto il necessa-rio e l’utile e il possibile.

Pranzo con della frutta ed un bicchiere di Soave. Ovvero la volontà e al contempo la contraddizione della dieta. Tempus fugit. Leggo on line gli altri giornali e velocemente lavoro al computer. Smaltisco la posta, preparo un progetto di scrittura per un Istituto, leggo con una certa attenzione i risultati dell’indagine PIRLS. Ancora attestata la me-diocrità della lettura a scuola. La scuola sta diventando un pantano nel quale sembra difficile districarsi. Eppure quanta energia vi dedicano insegnanti ed alunni! Non basta. È la terra bruciata che la società le ha costruito attorno che le impedisce di meglio fruttare?

Riprendo l’auto. Autostrada. Chiacchiero con una cognata. Con cautela, le sensibilità sono all’erta e le parole a volte sembrano carta vetrata. Ci rifugiamo nei discorsi neutri: tempo, malattie, conoscenti. Di sfuggita, ascoltando la radio sento la notizia della morte di Ravi Shankar, il re del sitar. Mi creo uno spazio mentale e ritrovo un’imma-gine di Ravi Shankar con George Harrison. Ho voglia di risentire la sua musica. Ancora uno che mancherà.

Quinta tappa: incontro interlocutorio con i miei fratelli da un no-taio. Stiamo decidendo una redistribuzione della ricchezza in famiglia. Tutto rinviato alla prossima settimana. Ritorno immersa nella musica e nel buio.

Sesta tappa e per fortuna è quasi sera. Tappa piacevole. Corso di Cinema. Tema: l’umanità ferita dei fratelli Dardenne. Guardiamo: Le gamin au velo. L’ho già visto lo scorso anno a Grenoble. In originale. La seconda visione mi permette di cogliere particolari che non avevo notato ad una prima visione. Ovvio. Meno ovvi i segnali ed i sensi

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che vengono dall’intertestualità. Aver visto in questo corso tutti film dei fratelli Dardenne mi permette di cogliere legami e collegamenti tra personaggi dei diversi film ed attori che danno sostanza ad una visione del mondo e ad un linguaggio cinematografico di primo interesse. Bra-vi i fratelli Dardenne! Il critico cinematografico, che aveva introdotto il film, ne dà ora una lettura dettagliata, intervengono alcuni partecipan-ti al corso. Un piccolo intervento anche il mio.

Finisce il corso (sono contenta di averlo seguito). Finisce la gior-nata con una riflessione-sintesi del vissuto e su una pagina di Ferito a morte di Raffaele La Capria.

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12-12-12 di Patrizia Tagariello12.12.2012... ovvero: elogio della gentilezza... e della lentezzaMi piace uscire al mattino presto, quando i rumori sono rari, i passi

risuonano, il cielo pian piano schiarisce. Stamane mi sono affacciata sul balcone, erano le 5,00: pur immersa nel buio ho intuito che oggi la giornata sarà limpida. Forse è la profondità del blu, forse è il chiarore di alcune stelle.

Poi, gradualmente, dopo il silenzio notturno, tutto si rimette in mo-vimento

Perugia in questi giorni è suggestiva, dal capolinea del minimetro, al Pincetto, si gode una vista magnifica, la neve ci circonda e il cielo terso permette di vedere la nostra dirimpettaia, Assisi.

Nei giorni particolarmente limpidi si intravede anche l’eremo delle carceri.

È suggestiva Perugia, mi piace sempre guardarla e vederla con gli occhi dello stupore... e, se talvolta li dimentico, giunge un amico in visita a ricordarmelo e i suoi occhi diventano per un istante i miei.

Oggi, quindi, farò una bella passeggiata e qualche pigro acquisto, poi pranzerò con Gianfranco in centro e proseguiremo la nostra pas-seggiata.

Così chiacchiereremo un po’, lui in queste circostanze è particolar-mente loquace, il che mi permette di capire come sta, cosa pensa, qual è la sua percezione e idea del mondo circostante.

Ore 17... ovvero 12 ore dopo.Eccomi a casa, al caldo.Mentre passeggiavo lungo una via particolarmente suggestiva ho

scoperto con mia somma gioia che un originalissimo negozio di gio-ielli creati con materiali di recupero e oggettistica varia non ha chiuso i battenti – come temevo -, ma si è solo trasferito.

Piena di gratitudine, sono entrata e ho gironzolato, comunicando il mio stupore gioioso alla proprietaria e poi scambiando chiacchiere

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amene con un’altra signora entrata dopo di me. Nessuno aveva fretta, ci siamo godute questo momento di relax assaporandolo piacevolmen-te, ridendo e scambiandoci opinioni, unite pur nell’assoluta estraneità, ma è così affascinante per me vivere la vicinanza improvvisa con uo-mini e donne che sfiorano per un attimo la mia vita...

Al termine della mia lenta incursione tra vicoli e vicoletti, mi sono concessa il lusso di un pranzo – sia pur veloce - con Gianfranco presso un bar-ristorante del centro. Si accedeva attraverso una scala di vetro ad una saletta, noi ci siamo accomodati ad un tavolino circondato da un divanetto di pelle bianca a ferro di cavallo.

Mentre pranzavamo (io con un’ottima vellutata di zucca) sono salite tre donne, una di loro era incinta e, in mancanza di posto, stavano ac-comodandosi al tavolino con tre sedie; io ho considerato che sarebbero state tanto strette e scomode, quindi mi sono offerta di scambiare le nostre posizioni; mi sono alzata, seguita da Gianfranco, e ho comincia-to a prendere i piatti, la borsa, i sacchetti tra lo stupore generale.

Insomma, la nostra decisione di spostarci ha suscitato meraviglia e ci ha regalato qualche coccola extra da parte del gestore del locale e delle cameriere, non ultimo un bicchierino di panna ad accompagnare il caffè.

Primo pomeriggio trascorso sulla panchina ad assaporare l’ultimo sole e ad ammirare le cime dei monti circostanti cosparsi di neve...infine a casa.

Ed eccomi qui, alle prese con l’aspirapolvere e la cena da preparare. Lentamente e gentilmente.

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12-12-12 di Maricla SellariIn questo periodo impiego male le mie giornate, in attesa di un intervento di protesi ad un ginocchio. Ma la vostra ‘chiamata’ ‘avvertimento’ ‘nodo al fazzoletto’ o se vogliamo definirla ‘sollecitazione’ mi ha messo sull’avviso.Mi sono svegliata con la rassegna stampa del terzo canale della radio della RAI ‘Prima pagina’. La lettura e il seguente dialogo con il pubblico sono condotti oggi dalla brava giornalista di Repubblica Conchita Di Gregorio. Purtroppo sono arrivata tardi; già gli ascoltatori chiamavano per commentare e cercare soluzioni ai fatti del giorno. Una ricorrenza che mi ha fatto tremare il cuore. Oggi sono 43 anni dall’attentato alla Banca dell’Agricoltura di Milano, più noto come Piazza Fontana; fatto luttuoso con il quale è iniziata la ‘strategia della tensione’ nel nostro paese. Un film a doppia velocità mi è passato davanti agli occhi insieme al bel documentario ‘La notte della Repubblica ‘ di Sergio Zavoli, replicato alcune sere fa a Blob di Raitre.Posso dire che l’inizio della mia giornata è stato un incipit pubblico sul quale si è misurato il mio tempo ‘privato’: tutto in salita anche per i fatti più banali. Il telecomando del decoder nuovo nuovo, comperato tre giorni fa mi è caduto di mano e non funziona più. Bene, il negozio sotto casa nel quale l’ho comperato non lo può aggiustare...bisogna aspettare, ripassare domani, magari. Sembra una faccenda di Stato!Fare la vaccinazione antiinfluenzale!? Il vaccino in giro non si trova, le farmacie non lo vendono, il medico di famiglia ha finito le dosi, bisogna andare al centro vaccinazioni aperto a Roma dalle 7,30 alle 11 e due volte a settimana anche il pomeriggio dalle 14.30 alle 16.30! Ma che razza di orari... siamo in tempo di vaccinazioni, un tempo circoscritto che non dura tutto l’anno. Morale prendo un taxi e arrivo all’una e trenta aspetto un’ora per fare una vacccinazione che tra compilazione del modulo e iniezione richiede non più di cinque minuti. A questa operazione attendono tre persone! Un tempo si

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chiamava sottooccupazione e prima dello sviluppo economico degli anni ‘60 esisteva solo in agricoltura! Nell’attesa passo il tempo conversando con una signora piccolina con l’accento meridionale che mi parla, con tono un po’ mondano delle commissioni per i regali di Natale e quando le dico che io regalo marmellate fatte da me durante l’autunno e l’inveno mi confessa che anche lei al suo dentista, bravissimo, regala la caponata di melanzane che le costa due giorni di lavoro! Quando va via lo fa augurandomi Buone Feste con gli occhi brillanti e il sorriso nella voce.Il rientro a casa è una vera battaglia con morti e feriti. Tutti che cercano di passare prima di me anche se sono lì visibilmente in attesa e stremata; l’autista dell’Atac che mi risponde male quando protesto perchè con estrema disattenzione tenta di chiudermi fuori dell’autobus. Ma per fortuna c’è anche il garbo di due passeggere che mi offrono il loro aiuto. A casa l’ascensore non risponde alla chiamata e io abito al nono piano! Qualcuno, come accade spesso, si è dimenticato di verificare la chiusura delle porte. Mi attacco ai citofoni con una rabbia infinita e quando finalmente riesco ad entrare in casa non riesco a trattenere le lacrime e scoppio in un pianto dirotto.E tutta questa ‘ammuina’ strappa via i pensieri maturi con i quali mi ero svegliata questa mattina. Ma poi penso che tutto si tiene: i misteri, i depistaggi di Piazza Fontana e tutto quello che ne è seguito ci hanno portato fin qui. Mi siedo nello studio, accendo la stufa, perchè a Roma oggi anche se c’è il sole fa molto freddo. Ascolto al giradischi ‘Koln Conzert’di Keith Jarrett. Scrivo per voi.

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12-12-12 di Carina TirilaCaro Diario, mi sono svegliata pensando che tra 100 anni si ripetera’ questa

data... e mi sono emozionata.Non so perché ho deciso di scrivere, non ho mai avuto un diario...

ma non ha importanza.So di essere stata animata da un forte desiderio di voler BENE al

mondo e ai suoi esseri viventi!!!!!!!Colgo l’occasione per augurare a tutti di vivere in AMORE e con

tanto AMORE!Buone Feste !!!!

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12-12-12 di Mariarosa VenturaCi siamo dati, per tempo, l’appuntamento sotto casa sua. Ci siamo

incontrati alle 14 e stavamo tutti e due morendo di fame. Mentre aspet-tavo, camminando su e giù, il tempo era sontuoso. Cielo terso, i vigneti a delineare i fianchi della collina e la piccola Cappella che non è mai stata aperta (assurdo!).

Ha deciso che saremmo andati a mangiare “la migliore torta al te-sto” da Faliero sul lago Trasimeno e che al rientro avremmo ripreso le bambine all’asilo. Il locale era stracolmo ed io sempre mi chiedo da dove arrivino tutte quelle persone. Di certo molti uomini che svolgo-no lavori di fatica, probabilmente dell’Est, che accantonano sul tavolo porzioni pantagrueeliche di tiramisù e profiterol. Odori di carne alla brace e la torta che viene rigirata sul testo arroventato.

Come da sempre accade con il mio amichetto preferito, ci siamo aggiornati ed abbiamo parlato quieti. Ambedue guardando il lago e assaporando un sapore unico. Poi piano, piano, il locale è andato svuo-tandosi e arrampicati su sgabelli, sorseggiando il caffè, ci siamo det-ti del bisogno di afferrare le informazioni rilevanti della nostra storia personale da persone ancora disponibili (forse). Lui che ha cominciato a frequentare il padre a 40 anni, mi ha detto di un sogno fatto in cui appare il padre (per la prima volta!!!!): camminano su un viottolo in campagna ed il padre gli dice di non andare in un posto perché perico-loso e gli insegna cosa/come fare. È un sogno tranquillo.

Sembra, con S., che al minimo input fiorisca una prateria. Credo che in questo sia la superiorità della nostra amicizia. Entriamo a fondo come stessimo parlando a noi stessi, ma così la risonanza è ben mag-giore.

Poi siamo andati a prendere in anticipo le due bimbe all’asilo e la Bianca, alta più o meno un barattolo, è venuta fuori con gli occhi pisoli e ha appoggiato la testa sulle gambe del padre riprendendo immediata a dormire. L’Emma si è fiondata a cercare il giacchino per uscire chie-

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dendo le canzoni di Aurora e di Bella, libricino saldo in mano. Nel frat-tempo una miriade di signorine, a me parse quantomeno nevrotiche, ci ha comunicato, nell’ordine, che Emma aveva fatto la cacca due volte ed avendo finito le mutandine aveva su quelle di un’altra bambina, cui appartenevano anche i pantaloni del pigiama che aveva indosso, e che Bianca era senza pantaloncini e canottiere e si era grattata a sangue un eritema sulla schiena (visto che il padre di S. non informato non gli aveva messo la pomata). Io le avrei annientate con lo scaccia mosche, (le signorine), ma S. deve essere abituato perché era serafico e sorri-dente e siamo usciti con una bambina a testa (la Bianca mi guardava bruttissimo, ovviamente conoscendomi così poco, e cercava di buttarsi di sotto) e con sacchetti contenenti “cacca e vestiti”.

Poi a casa ci aspettava C. che ha dato il famoso concorso e sembra tanto più serena. Con i suoi colori di panna e di grano, e gli occhi az-zurri. Ha infilato le piccole nei seggioloni e ha dato loro la merenda. La setterina Nina, abbracciata con tenerezza da Bianca al suo arrivo a casa, chiedeva anche lei in anticipo la pappa.

Bianca impugna con sapienza il cucchiaio e lo intinge nello yogurt alla vaniglia, mentre Emma è incerta e chiede la banana, un altro tipo di yogurt e il tè. Ancora stanca, si sta preparando, di lì a pochi minuti, alle risate e piccole furbizie con cui inonderà il tavolo di tisana e poi, in braccio al papà, con certezza matematica gli indicherà su un quaderno i disegni, a turno, di “Bella” e “Aurora”, che paion le stesse identiche principesse. Ma, appunto, appaiono.

Noi “grandi” abbiamo provato la tisana di Arance Sanguinella ap-pena presa al Mercatino di Natale di Bressanone. Scambi di doni e sono rientrata con il cielo che aveva miriadi di colori e tanta serenità nel cuore. Sarà per questo che io adoro i preparativi di Natale ….

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SommarioPrefazione di Stefanie Risse 512-12-12 di Aquila grigia 812-12-12 di Ada Ascari 1012-12-12 di Rosaria Basile 1312-12-12 di Fernanda Beozzo 1512-12-12 di Marina Biasi 1712-12-12 di Loredana Bobbio 1812-12-12 di Maria Bologna 2012-12-12 di Oriana Borghi 2212-12-12 di Caterina Brancatisano 2412-12-12 di Caterina Casalino 2512-12-12 di Carla Casetti Bregantini 3012 -12- 12 di Valeria Campagni 3212-12-12 di Stefania Casorelli 3512-12-12 di Laura Casucci 3612-12-12 di Emanuela Corradini 3812-12-12 di Monica Demattè 4012-12-12 di Anna Maria Ercilli 4112-12-12 di Natalia Fagioli 4312-12-12 di Carmen Ferrari 4512-12-12 di Anna Giorgini 4712-12-12 di Piera Laganà 4812-12-12 di Nicoletta Lovera 5012-12-12 di Giorgio Macario 5112-12-12 di Moira Mariotti 5312-12-12 di Marlene Marraghini 5512-12-12 di Patrizia Masini 5712-12-12 di Nene 5912-12-12 di Silvana Omati 6012-12-12 di Edda Reggiani 6312-12-12 di Anna Maria Rosà 64

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12-12-12 di Katia Sassoni 6512-12-12 di O. S. 6712-12-12 di Vittoria Sofia 6912-12-12 di Patrizia Tagariello 7312-12-12 di Maricla Sellari 7512-12-12 di Carina Tirila 7712-12-12 di Mariarosa Ventura 78

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