32
La locuzione engineering plastics, sinonimo di engin- eering polymers (polimeri per applicazioni ingegneri- stiche, o tecnopolimeri), indica: «plastics which lend themselves to use for engineering design, such as gears, and structural members» (materie plastiche utilizzabili per progettazioni ingegneristiche, come ingranaggi e parti strutturali; McGraw-Hill dictionary […], 1978). La definizione sopra riportata può essere meglio esplicitata specificando che i polimeri inclusi in questa classe devono possedere caratteristiche di resistenza e rigidità sufficienti per consentire al progettista di utiliz- zarli in sostituzione dei più tradizionali metalli. In linea di massima questa definizione può essere ritenuta tut- tora valida, anche se include un numero di materie pla- stiche molto ampio, compresi i materiali termoinduren- ti. Un’altra definizione, più recente (Kirk-Othmer, 1978- 1984), include solo i materiali termoplastici lavorabili con tecnologie convenzionali proponendo quindi come intercambiabili le espressioni engineering plastics ed engineering thermoplastics. Essa esclude quindi le resi- ne termoindurenti: epossidiche, fenolo-formaldeide, urea- formaldeide, buona parte dei poliuretani, ecc., ma anche il politetrafluoroetilene (PTFE). Questa seconda defini- zione precisa inoltre che i tecnopolimeri devono essere caratterizzati da stabilità dimensionale e dalla conser- vazione di buone proprietà meccaniche anche a tempe- rature superiori a 100 °C. Essa quindi esclude in modo chiaro tutti quei polimeri di largo impiego e basso costo, generalmente indicati con l’espressione commodity poly- mers, ma anche altri, come per esempio gli elastomeri termoplastici. Altre definizioni tengono conto anche del costo, che non deve essere eccessivamente elevato, esclu- dendo quindi polimeri per usi speciali, di alto costo e limitato impiego (advanced polymers). Per quanto detto è evidentemente impossibile defi- nire in modo univoco i contorni entro cui collocare i tec- nopolimeri, anche perché questi contorni possono esse- re mutevoli nel tempo: polimeri che alcune decine di anni fa sarebbero stati collocati senza ombra di dubbio tra i tecnopolimeri oggi vengono collocati tra i commodity polymers, così come polimeri che anni fa potevano appa- rire alquanto esotici e costosi e venivano classificati come advanced polymers, oggi sono comunemente inclusi tra i tecnopolimeri. Ovviamente possono essere proposti anche altri criteri di classificazione, tuttavia in questo capitolo è stata adottata la definizione più restrittiva; inoltre, vengono trattati solo i tecnopolimeri più impor- tanti, includendovi tuttavia alcuni polimeri, come il PET (polietilentereftalato) o le poliammidi aromatiche, la cui collocazione in questa classe può, stricto sensu, essere ritenuta discutibile. Nella prima parte di questo capitolo vengono affron- tati gli aspetti generali, mentre nella seconda viene dedi- cata una trattazione specifica a ciascun tipo di tecnopo- limero; sono descritti, altresì, gli aspetti essenziali della polimerizzazione, delle proprietà, della lavorazione e delle applicazioni dei tecnopolimeri. 12.6.1 Aspetti generali Polimerizzazione a stadi Rinviando al cap. 12.1 per gli aspetti fondamentali concernenti i materiali polimerici, viene qui trattata in maggior dettaglio la polimerizzazione a stadi, in quanto è il processo dal quale si ottiene la maggior parte dei poli- meri includibili nella classe dei tecnopolimeri. La poli- merizzazione a stadi viene definita come un processo che prevede la reazione fra uno o più monomeri, aventi ciascuno almeno due gruppi funzionali. La reazione ini- ziale fra monomeri porta alla formazione di dimeri, che a loro volta reagiscono fra loro e/o con i monomeri per formare trimeri e tetrameri. Il processo prosegue con la formazione di oligomeri a peso molecolare via via cre- scente fino a ottenere macromolecole a elevato peso mole- colare. Ciascuna reazione fra due monomeri/oligomeri 885 VOLUME II / RAFFINAZIONE E PETROLCHIMICA 12.6 Engineering plastics

12.6 Engineering plastics - Treccani · 2018. 10. 15. · ENGINEERING PLASTICS (N x /N o). 10 3 3 2 1 0 grado di polimerizzazione (x) 0 20 40 60 80 100 p 0,92 p 0,96 p 0,98 p 0,99

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  • La locuzione engineering plastics, sinonimo di engin-eering polymers (polimeri per applicazioni ingegneri-stiche, o tecnopolimeri), indica: «plastics which lendthemselves to use for engineering design, such as gears,and structural members» (materie plastiche utilizzabiliper progettazioni ingegneristiche, come ingranaggi eparti strutturali; McGraw-Hill dictionary […], 1978).

    La definizione sopra riportata può essere meglioesplicitata specificando che i polimeri inclusi in questaclasse devono possedere caratteristiche di resistenza erigidità sufficienti per consentire al progettista di utiliz-zarli in sostituzione dei più tradizionali metalli. In lineadi massima questa definizione può essere ritenuta tut-tora valida, anche se include un numero di materie pla-stiche molto ampio, compresi i materiali termoinduren-ti. Un’altra definizione, più recente (Kirk-Othmer, 1978-1984), include solo i materiali termoplastici lavorabilicon tecnologie convenzionali proponendo quindi comeintercambiabili le espressioni engineering plastics edengineering thermoplastics. Essa esclude quindi le resi-ne termoindurenti: epossidiche, fenolo-formaldeide, urea-formaldeide, buona parte dei poliuretani, ecc., ma ancheil politetrafluoroetilene (PTFE). Questa seconda defini-zione precisa inoltre che i tecnopolimeri devono esserecaratterizzati da stabilità dimensionale e dalla conser-vazione di buone proprietà meccaniche anche a tempe-rature superiori a 100 °C. Essa quindi esclude in modochiaro tutti quei polimeri di largo impiego e basso costo,generalmente indicati con l’espressione commodity poly-mers, ma anche altri, come per esempio gli elastomeritermoplastici. Altre definizioni tengono conto anche delcosto, che non deve essere eccessivamente elevato, esclu-dendo quindi polimeri per usi speciali, di alto costo elimitato impiego (advanced polymers).

    Per quanto detto è evidentemente impossibile defi-nire in modo univoco i contorni entro cui collocare i tec-nopolimeri, anche perché questi contorni possono esse-re mutevoli nel tempo: polimeri che alcune decine di anni

    fa sarebbero stati collocati senza ombra di dubbio tra itecnopolimeri oggi vengono collocati tra i commoditypolymers, così come polimeri che anni fa potevano appa-rire alquanto esotici e costosi e venivano classificati comeadvanced polymers, oggi sono comunemente inclusi trai tecnopolimeri. Ovviamente possono essere propostianche altri criteri di classificazione, tuttavia in questocapitolo è stata adottata la definizione più restrittiva;inoltre, vengono trattati solo i tecnopolimeri più impor-tanti, includendovi tuttavia alcuni polimeri, come il PET(polietilentereftalato) o le poliammidi aromatiche, la cuicollocazione in questa classe può, stricto sensu, essereritenuta discutibile.

    Nella prima parte di questo capitolo vengono affron-tati gli aspetti generali, mentre nella seconda viene dedi-cata una trattazione specifica a ciascun tipo di tecnopo-limero; sono descritti, altresì, gli aspetti essenziali dellapolimerizzazione, delle proprietà, della lavorazione edelle applicazioni dei tecnopolimeri.

    12.6.1 Aspetti generali

    Polimerizzazione a stadiRinviando al cap. 12.1 per gli aspetti fondamentali

    concernenti i materiali polimerici, viene qui trattata inmaggior dettaglio la polimerizzazione a stadi, in quantoè il processo dal quale si ottiene la maggior parte dei poli-meri includibili nella classe dei tecnopolimeri. La poli-merizzazione a stadi viene definita come un processoche prevede la reazione fra uno o più monomeri, aventiciascuno almeno due gruppi funzionali. La reazione ini-ziale fra monomeri porta alla formazione di dimeri, chea loro volta reagiscono fra loro e/o con i monomeri performare trimeri e tetrameri. Il processo prosegue con laformazione di oligomeri a peso molecolare via via cre-scente fino a ottenere macromolecole a elevato peso mole-colare. Ciascuna reazione fra due monomeri/oligomeri

    885VOLUME II / RAFFINAZIONE E PETROLCHIMICA

    12.6

    Engineering plastics

  • porta alla scomparsa di due gruppi funzionali, con osenza formazione di sottoprodotti (si parla, rispettiva-mente, di policondensazione e di poliaddizione; Pilati etal., 1999). Ciascun singolo stadio della polimerizzazio-ne può essere schematizzato come segue:

    [1] Mx�My�� Mx�y�S

    in cui Mx, My e Mx�y sono oligomeri costituiti rispetti-vamente da x, y e da x�y unità monomeriche mentre Sè l’eventuale sottoprodotto di condensazione (i valori dix, y e x�y variano da 1 fino generalmente a qualche cen-tinaio). Contrariamente alle polimerizzazioni a catena,nel caso della polimerizzazione a stadi i tempi di rea-zione sono relativamente lunghi; inoltre, valori elevatidi peso molecolare si ottengono soltanto negli ultimistadi della reazione, cioè quando è maggiormente pro-babile la reazione fra Mx e My di lunghezza elevata.

    Nel caso di monomeri bifunzionali si possono averediverse situazioni: un solo tipo di monomero con duegruppi funzionali A e B capaci di reagire fra di loro (Areagisce solo con B e viceversa); due tipi di monomeridiversi ciascuno con due gruppi funzionali rispettiva-mente di tipo A e di tipo B; un solo tipo di monomerocon un solo tipo di gruppo funzionale capace di reagirecon se stesso (A reagisce con A). Se la funzionalità mediadei monomeri è uguale a 2 si parla di polimerizzazionea stadi bifunzionale e il polimero ottenuto è a catenalineare, mentre se è maggiore di 2 si parla di polimeriz-zazione a stadi polifunzionale e il polimero ottenuto, infunzione della stechiometria iniziale, è ramificato oppu-re reticolato.

    Conversione e grado di polimerizzazioneNel caso di una polimerizzazione a stadi di due

    monomeri di tipo A-A e B-B, è possibile ricavare il gradomedio numerico di polimerizzazione (

    2

    Xn) in funzionedella conversione e della stechiometria iniziale per mezzodella seguente equazione:

    1�r[2]

    2

    Xn�111111

    1�r �2 �r �pA

    in cui il parametro r corrisponde al rapporto molare ini-ziale fra i gruppi funzionali di tipo A e di tipo B, mentrepA è la frazione di gruppi funzionali A che hanno reagi-to in un certo istante. Nella fig. 1 è riportato l’andamen-to di

    2

    Xn in funzione di pA per diversi valori del parame-tro r; essa illustra in modo evidente che, anche in con-dizioni stechiometriche (r�1), si ottengono elevati valoridi 2

    Xn (e quindi di peso molecolare) soltanto per conver-sioni molto elevate (pA�0,98). È da notare che anche pic-cole deviazioni dalle condizioni stechiometriche porta-no a marcate diminuzioni del peso molecolare massimoottenibile (cioè per pA�1,0). È possibile, inoltre, dimo-strare che la presenza di un reagente monofunzionale halo stesso effetto di uno sbilanciamento stechiometrico

    (eccesso di uno dei due monomeri bifunzionali, r�1)costituendo quindi un forte limite all’ottenimento di poli-meri a elevato peso molecolare. In alcuni casi il reagen-te monofunzionale viene deliberatamente aggiunto alsistema per controllare l’aumento del grado di polime-rizzazione: si parla in questo caso di ‘terminatore di cate-na’ o di ‘regolatore di peso molecolare’. Altre limitazio-ni della crescita macromolecolare sono costituite dallascomparsa di gruppi funzionali attraverso reazioni diciclizzazione o altre reazioni secondarie oppure in segui-to a processi fisici (evaporazione, sublimazione o distri-buzione in fasi diverse). Considerazioni analoghe pos-sono essere fatte anche per i sistemi del primo e del terzogruppo sopracitati, in cui peraltro le condizioni stechio-metriche sono intrinsecamente rispettate.

    Aspetti termodinamici e cinetici delle polimerizzazioni a stadi

    Molte reazioni di polimerizzazione a stadi, come peresempio le poliesterificazioni e le poliammidazioni, pos-sono raggiungere l’equilibrio chimico fra monomeri, oli-gomeri e polimeri a elevato peso molecolare. Schema-tizzando come segue la reazione fra i gruppi funzionaliA e B e la formazione del sottoprodotto di condensa-zione S, e definendo di conseguenza la costante di equi-librio K:

    [3] �A + B������AB��S

    [AB][S][4] K�1121

    [A][B]

    si può ricavare il grado di polimerizzazione medio all’e-quilibrio in un sistema chiuso (

    2

    X En ) in funzione di K incondizioni stechiometriche (r�1):

    886 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

    MATERIALI POLIMERICI

    X_

    n

    30

    20

    10

    0

    40

    50

    60

    100

    90

    80

    70

    conversione dei gruppi funzionali A (pA)0,70 0,75 0,80 0,85 0,90 0,95 1,0

    r�0,80

    r�0,90r�0,92

    r�0,94

    r�0,96

    r�0,98

    r�1,00

    fig. 1. Grado medio numerico di polimerizzazione (2

    Xn) infunzione della conversione e della stechiometria iniziale.

  • [5]2

    X En ����K �1

    da cui si evince che, nel caso di sistemi chiusi senza rimo-zione del sottoprodotto di condensazione S, per ottene-re pesi molecolari elevati (

    2

    X En �100) sono necessari valo-ri di costante di equilibrio K�104. Per reazioni caratte-rizzate da valori di K inferiori, peraltro piuttosto comuni,è necessario condurre la polimerizzazione in sistemi aper-ti con rimozione del sottoprodotto S dall’ambiente direazione, al fine di spostare l’equilibrio verso la forma-zione dei prodotti e quindi di aumentare il grado di poli-merizzazione. In questo caso la costante K deve essereridefinita in base alla concentrazione residua di S ([S]res)e il grado di polimerizzazione medio diventa:

    1141

    K �[A]o[6]2

    Xn��1411[S]resin cui [A]o rappresenta la concentrazione iniziale di grup-pi funzionali A. Quest’ultima relazione mostra che ilgrado di polimerizzazione è proporzionale alla radicequadrata di K e che quindi, nel caso di reazioni con bassivalori di K, il sistema di rimozione del sottoprodotto dicondensazione S deve essere particolarmente efficienteper garantire bassi valori di [S]res e, di conseguenza, ele-vati pesi molecolari.

    Aspetti cineticiLe polimerizzazioni a stadi possono essere descritte

    mediante equazioni cinetiche più o meno complesse inrelazione alla natura chimica dei monomeri e non è quin-di possibile svolgere considerazioni generali. Le ener-gie di attivazione che caratterizzano le reazioni di cre-scita sono in genere basse (40-80 kJ�mol�1), mentre quel-le relative alle reazioni secondarie, in particolare quelleche comportano scissioni di catena, sono maggiori (120-180 kJ�mol�1) per cui, quando queste ultime accadono(come per esempio nel caso dei poliesteri) è necessariocontrollare accuratamente la temperatura in fase di poli-merizzazione per ottenere elevati valori di peso mole-colare. Con il procedere della reazione di polimerizza-zione diminuisce il numero di gruppi funzionali reatti-vi, come anche la velocità di reazione, ragione per cuisono generalmente necessari lunghi tempi di reazione.

    Distribuzione dei pesi molecolari La distribuzione dei pesi molecolari può essere rica-

    vata attraverso una trattazione statistica elementare, assu-mendo che un processo di polimerizzazione a stadi siacostituito da un numero molto elevato di reazioni con-secutive e che la reattività dei gruppi funzionali sia indi-pendente dal grado di polimerizzazione di oligomeri/poli-meri a cui appartengono (principio di uguale reattività).Nel caso di una polimerizzazione a stadi di un mono-mero di tipo A-B in condizioni stechiometriche (r�1),è possibile ricavare le seguenti relazioni:

    Nx[7] 12�p(x�1)�(1�p)2No

    x �Nx[8] Wx�131

    Noin cui x è il grado di polimerizzazione, p è la frazione digruppi funzionali che hanno reagito (conversione), No èil numero di moli iniziali di monomero A-B, Nx e Wx sonorispettivamente il numero di moli e la frazione pondera-le dell’x-mero avente grado di polimerizzazione pari a x.Le distribuzioni di pesi molecolari descritte da questefunzioni sono dette più probabili o di Flory. Le distribu-zioni numerica e ponderale in funzione del grado di poli-merizzazione x sono riportate nella fig. 2 e nella fig. 3; in

    887VOLUME II / RAFFINAZIONE E PETROLCHIMICA

    ENGINEERING PLASTICS

    (Nx/

    No)

    . 103

    3

    2

    1

    0

    grado di polimerizzazione (x)0 20 40 60 80 100

    p�0,92

    p�0,96

    p�0,98

    p�0,99

    fig. 2. Distribuzione numerica in funzione del grado di polimerizzazione a diverse conversioni.

    p�0,92

    p�0,94

    p�0,96

    p�0,98

    p�0,99

    Wx

    0

    0,035

    0,030

    0,025

    0,020

    0,015

    0,010

    0,005

    grado di polimerizzazione (x)0 50 100 150 200

    fig. 3. Distribuzione ponderale in funzione del grado di polimerizzazione a diverse conversioni.

  • esse si può osservare come a qualunque valore di con-versione p sono sempre presenti molecole di monomero(cioè con x�1), anche se diminuiscono rapidamente all’au-mentare della conversione.

    Un parametro molto importante, che definisce unastima dell’ampiezza della distribuzione dei pesi mole-colari, è l’indice di polidispersità Q, definito dal rap-porto fra i pesi molecolari medi ponderale e numerico eche, sulla base della trattazione precedente, può esseredeterminato come segue:

    23

    Mw[9] Q �12�1�p23Mn

    L’indice di polidispersità vale 1 all’inizio della poli-merizzazione, fino a tendere a 2 all’aumentare della con-versione. La distribuzione più probabile è quasi sempreverificata sperimentalmente nelle polimerizzazioni astadi cosiddette di ‘equilibrio’ (per esempio nel caso dipoliesteri e poliammidi ottenuti in massa e a elevata tem-peratura), mentre non trova sempre riscontro in quelledi ‘non equilibrio’ (per esempio nella polimerizzazioneinterfacciale), in cui la velocità del processo è essen-zialmente controllata da fenomeni diffusivi.

    Quando, durante il processo di polimerizzazione,avvengono reazioni di interscambio tra gruppi termina-li e gruppi interni alle catene macromolecolari (per esem-pio reazioni di transesterificazione, transammidazione etranseterificazione), la distribuzione dei pesi molecola-ri tende al valore più probabile anche nel caso in cui lasemplice reazione di crescita porterebbe a valori di Q�2.

    ProprietàProprietà termiche. I tecnopolimeri, che devono pos-

    sedere buone proprietà meccaniche a temperature rela-tivamente elevate (�100 °C), sono caratterizzati da ele-vati valori della temperatura di transizione vetrosa Tg(per materiali amorfi) o della temperatura di fusione Tm(per materiali semicristallini). Da un punto di vista appli-cativo una delle proprietà termiche più importanti perdefinire la massima temperatura d’uso di un certo mate-riale è la temperatura di deflessione sotto carico (HDT,Heat Deflection Temperature), misurata in accordo allanorma ASTM (American Society for Testing and Mate-rials) D 648. Il valore di HDT è solitamente di una deci-na di gradi inferiore a Tg per i polimeri amorfi, mentreper quelli semicristallini può raggiungere valori prossi-mi a Tm nel caso di polimeri rinforzati. I valori di Tg eTm sono a loro volta strettamente legati alla strutturamolecolare delle catene e sono incrementati significati-vamente introducendovi un’elevata frazione di anelli aro-matici e/o di forti legami intercatena (legami idrogeno).Valori tipici di Tg, Tm e HDT sono riportati nella partedi questo capitolo dedicata ai diversi materiali. Un’altragrandezza largamente utilizzata per definire la massimatemperatura che garantisce condizioni di sicurezza per

    oggetti in plastica sottoposti a riscaldamento continua-to è l’indice termico UL (Underwriters Laboratories).Di solito i valori di temperatura derivati in accordo conquesta norma sono più bassi dei valori HDT. Un altroaspetto importante è il comportamento in presenza difiamma, quantificato di solito dalle norme UL94 cheprevedono la misurazione della velocità di propagazio-ne della fiamma, del tempo di autoestinzione dopo rimo-zione della fiamma, della tendenza allo sgocciolamen-to del materiale incandescente e dell’indice di ossigeno(LOI, Limiting Oxygen Index). Alcuni tecnopolimerisono intrinsencamente non infiammabili, come le polie-terimmidi (PEI) o il polifenilensolfuro (PPS), altri pos-sono essere resi tali attraverso l’impiego di opportuniadditivi.

    Proprietà meccaniche. Le prestazioni di un manufat-to dipendono da svariati fattori: la natura chimica delmateriale, il tipo e la velocità di sollecitazione, la tem-peratura, la natura dell’ambiente in cui si trova a opera-re, la geometria dell’oggetto e la storia termomeccanicadel materiale durante la lavorazione necessaria a realiz-zarlo; tutti possono contribuire a determinare tensiona-menti nel materiale, che a loro volta possono influenza-re in modo determinante il comportamento del manu-fatto durante l’utilizzo. Le proprietà meccaniche dimaggiore interesse per il progettista possono differirenei vari progetti. Nel tentativo di quantificare le presta-zioni meccaniche in diverse condizioni di sollecitazio-ne, sono state messe a punto delle normative che con-sentono al progettista un ragionevole termine di con-fronto per diversi materiali. Sicuramente le norme ASTMe ISO sono quelle più utilizzate e i valori di proprietàriportati nei successivi paragrafi fanno esplicito riferi-mento a queste norme. I dati di maggiore interesse, peri quali sono riportati in questo capitolo i valori indicati-vi per ciascun tecnopolimero considerato, sono: il modu-lo elastico (o modulo di Young), che dà indicazione dellarigidità del materiale; la resistenza (a snervamento o arottura), che caratterizza le condizioni in cui si può averecedimento del materiale; l’allungamento a rottura, chefornisce indicazione della duttilità del materiale. Altreproprietà meccaniche sono riportate per un determinatotecnopolimero quando esse ne costituiscono una carat-teristica peculiare.

    Occorre comunque sottolineare come, in generale,alcune delle proprietà meccaniche variano in modo rile-vante all’aumentare del peso molecolare del polimeroconsiderato. Nella fig. 4 sono rappresentati gli andamentidi alcune proprietà caratteristiche di un polimero in fun-zione del suo peso molecolare. Da essa risulta evidenteche le prestazioni meccaniche migliori si hanno per i pesimolecolari più elevati, tuttavia non è sempre possibilescegliere il polimero di maggior peso molecolare in quan-to la scelta è strettamente legata, per ragioni di fluidità,alla tecnologia di lavorazione che si vuole utilizzare. Per

    888 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

    MATERIALI POLIMERICI

  • esempio, se si vogliono produrre molti pezzi di geome-tria complessa e a pareti sottili, la scelta cadrà per ragio-ni economiche sullo stampaggio a iniezione, e di conse-guenza il materiale dovrà essere di alta fluidità (easy flow)e quindi di basso peso molecolare. Oppure, se le speci-fiche di progetto richiedono proprietà meccaniche garan-tite solo da polimeri di elevato peso molecolare, sarà ine-vitabile ricorrere a tecnologie di lavorazione diverse dallostampaggio a iniezione (come lo stampaggio per soffia-tura, lo stampaggio a compressione, lo stampaggio a inie-zione-compressione, ecc.). Per questa ragione i produt-tori rendono di solito disponibili polimeri dello stessotipo, ma con peso molecolare diverso; il valore di pesomolecolare è raramente indicato nei bollettini tecnici for-niti dai produttori che invece solitamente riportano comemisura indiretta di peso molecolare il valore di MFI (MeltFlow Index, un indice di fluidità del flusso), tanto piùbasso quanto più alto è il peso molecolare.

    Resistenza chimica. Poiché molte applicazioni pre-vedono l’impiego del materiale a contatto con liquidi ovapori, che com’è noto possono accelerare i processi dicedimento delle materie plastiche (environmental stresscracking), la resistenza chimica, ovvero la capacità di

    conservare buone proprietà meccaniche a contatto conambienti potenzialmente aggressivi, può essere di fon-damentale importanza. Non è facile definire la resisten-za chimica: a volte viene definita in modo qualitativocome eccellente, buona, discreta o scarsa, altre volteviene definita come il tempo necessario a produrre cedi-mento (crazing o frattura) in un campione piegato eimmerso in un certo solvente; altre volte ancora vienedefinita in modo quantitativo come percentuale di per-dita di una particolare proprietà meccanica dopo un deter-minato tempo di contatto a una data temperatura conliquidi o vapori. La resistenza chimica è principalmen-te influenzata dalla natura chimica del materiale e dalloro grado di cristallinità, essendo maggiore per elevativalori di cristallinità.

    Lavorabilità (processing)La lavorabilità di un materiale è importante almeno

    quanto l’insieme delle altre proprietà ai fini del suo suc-cesso commerciale. Una buona lavorabilità presupponela disponibilità di materiali con caratteristiche reologi-che, e in particolare fluidità, adeguate alla tecnologia dilavorazione prescelta, stabilità chimica nelle condizionidi lavorazione, alta velocità di cristallizzazione (per poli-meri semicristallini impiegati nello stampaggio a inie-zione). Solitamente le aziende rendono commercialmentedisponibili diversi gradi per ciascun materiale, con pro-prietà reologiche adatte a differenti tecnologie di lavo-razione. La principale proprietà reologica di un polime-ro nella fase di lavorazione è la viscosità, ovvero la misu-ra della sua resistenza al flusso. Tanto maggiore è laviscosità, tanto più bassa è la fluidità del materiale e tantopiù difficile sarà riempire cavità strette e sottili, comespesso è necessario fare nello stampaggio a iniezione.La viscosità di un materiale dipende da una serie di para-metri, tra cui i più importanti sono la temperatura, il pesomolecolare del polimero, la presenza di cariche o fibree il gradiente di velocità (shear rate) proporzionale allaportata. Il gradiente di velocità è diverso per tipi di tec-nologie di lavorazione diversi, e quindi un confronto cor-retto fra le proprietà reologiche di diversi materiali dovreb-be essere fatto sulla base di curve di flusso, come illu-strato nella fig. 5.

    Il materiale A è caratterizzato da una viscosità supe-riore a bassi gradienti di velocità, ma la sua viscositàdiventa inferiore a quella di B ad alti gradienti di velo-cità. Il polimero A è pertanto più facilmente lavorabiledi B con le tecnologie di lavorazione che comportanoalti gradienti (per esempio lo stampaggio a iniezione),ma B è più fluido di A per le tecnologie di lavorazioneche operano a gradienti più bassi di 100 s�1. Non sem-pre le curve di flusso sono rese disponibili dai produt-tori dei materiali; più spesso, come unica caratterizza-zione reologica, nelle schede tecniche viene fornito undato di indice di fluidità MFI che, essendo il risultato di

    889VOLUME II / RAFFINAZIONE E PETROLCHIMICA

    ENGINEERING PLASTICS

    stampaggiorotazionale

    stampaggioa iniezione

    estrusione calandratura

    basso

    modulo di elasticità (amorfo)modulo di elasticità (semicristallino)resistenza all’urto (polimero duttile)resistenza all’urto (polimero fragile)viscosità del fusoresistenza a: fatica, abrasione, environmental stress-cracking

    medio alto ultra alto

    stampaggioper compressione

    stampaggioper soffiatura

    peso molecolare del polimero

    fig. 4. Effetto del peso molecolare su proprietà meccaniche e lavorabilità.

  • una misurazione per un solo valore di gradiente di velo-cità, è molto meno significativo dell’intera curva di flus-so. Tali dati possono essere utilizzati per confrontare lafluidità di diversi materiali, tuttavia va tenuto presenteche il risultato di tale confronto può essere fuorviante.Per esempio, se la misura di MFI, eseguita secondo lanorma ASTM D 1238-00 (ISO 1133), comporta un bassogradiente di velocità, il materiale B risulta più fluido diA, ma se in realtà la tecnologia impiegata è lo stampag-gio a iniezione, che prevede alti gradienti di velocità, ilmateriale migliore è A e non B. La fluidità di un certomateriale può essere modificata variandone la tempera-tura: un aumento di temperatura comporta una diminu-zione di viscosità, e quindi può facilitare la lavorabilitàdi un materiale. Tuttavia va ricordato che i materiali poli-merici possono essere soggetti a fenomeni degradativila cui velocità aumenta anch’essa con la temperatura.Pertanto non è possibile aumentare eccessivamente latemperatura per migliorare la lavorabilità in quanto, oltreun certo valore critico, le conseguenze dei fenomenidegradativi comprometterebbero le prestazioni del mate-riale in uso. Dal momento che la viscosità diminuisce inmodo rilevante anche al diminuire del peso molecolare,la lavorabilità ottimale di un materiale per una certa tec-nologia è spesso ottenuta controllando la crescita delpeso molecolare in fase di polimerizzazione. Per talemotivo a livello industriale si producono diversi gradi diuno stesso polimero, caratterizzati da diversa fluidità.Naturalmente, come detto in precedenza, la scelta delmateriale è anche strettamente legata alle proprietà mec-caniche richieste dalle specifiche di progetto, che pos-sono a volte condizionare la scelta della tecnologia dilavorazione. Un’altra proprietà reologica importante, nelcaso si voglia utilizzare come tecnologia di lavorazionelo stampaggio per estrusione-soffiatura, è la resistenzadel fuso (melt strength) che deve essere sufficientemen-te elevata a bassi gradienti di velocità. Raramente so-no riportati dati relativi a questa caratteristica, per cui

    solitamente ci si affida alle indicazioni del produttoreper la scelta del materiale adatto a questo tipo di tecno-logia. Alle indicazioni del produttore è comunque beneattenersi anche per la scelta di tutti gli altri parametri dadefinire per un processo di lavorazione: temperatura delfuso, temperatura dello stampo, tempo e temperatura diessiccamento del materiale prima della lavorazione, ecc.Queste indicazioni sono inoltre molto utili per un altroaspetto importante della lavorabilità: il controllo del riti-ro del materiale durante il raffreddamento nello stampo.Un buon controllo è determinante per la produzione dipezzi a bassa tolleranza dimensionale; solitamente il con-trollo dimensionale è più critico per materiali semicri-stallini. L’aggiunta di cariche e rinforzanti comporta unaumento di proprietà meccaniche, ma anche un aumen-to della viscosità, che può essere molto elevato se la per-centuale di carica supera il 40%. In questi casi può risul-tare difficile la lavorazione con tecnologie che prevedo-no alta fluidità. Infine va ricordato che molti tecnopolimerisono caratterizzati da catene polimeriche polari e quin-di possono presentare problemi di lavorazione dovuti allaforte adesione alle pareti dello stampo, a sporcamentidelle presse, ecc. L’impiego di opportuni additivi con-sente in genere di superare questi problemi.

    12.6.2 Poliammidi

    GeneralitàLe poliammidi (PA) sono polimeri caratterizzati dalla

    presenza di gruppi ammidici �CO�NH� in catenaprincipale, genericamente rappresentabili con le formu-le �( NH�CO�R )� per le PA di tipo A e �( NH��R�NH�CO�R�CO )� per le PA di tipo AB,in cui R e/o R possono essere gruppi alifatici o aroma-tici. Le poliammidi alifatiche, più comunemente notecome nylon, furono introdotte sul mercato da DuPontnel 1939, otto anni dopo la loro preparazione in labora-torio da parte di Wallace Hume Carothers. La disponi-bilità commerciale dei nylon ha immediatamente rivo-luzionato l’industria delle fibre, e a tutt’oggi a essi è dedi-cata buona parte della sua produzione globale. Le PAalifatiche vengono suddivise in due grandi classi: quel-le di tipo AB, derivanti dalla condensazione di diammi-ne e diacidi (per esempio, PA6,6, PA4,6 e PA6,10 dovei numeri indicano rispettivamente il numero di atomi dicarbonio nella diammina e nel diacido di partenza), equelle di tipo A, derivanti dalla polimerizzazione di ammi-noacidi o lattami (per esempio, PA6, PA11 e PA12, doveil numero indica gli atomi di carbonio del monomero dipartenza). Nonostante l’ovvia disponibilità di una gammaassai vasta di monomeri per la preparazione di PA alifa-tiche, e quindi di prodotti con caratteristiche assai diver-sificate, sono relativamente poche quelle di rilevanzaindustriale: PA6,6, PA4,6 e PA6,10 sono le più comuni

    890 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

    MATERIALI POLIMERICI

    101

    102

    103

    104

    105

    100

    vis

    cosi

    tà (

    Pa.

    s)

    gradiente di velocità (s�1)

    A

    B

    1 10 100 1.000 10.000

    fig. 5. Dipendenza della viscosità dal gradiente di velocità.

  • PA derivanti da diammine e diacidi, mentre PA6, PA11e PA12 da lattami e/o amminoacidi. Le strutture mole-colari delle più diffuse PA6 e PA6,6 sono rispettivamente:

    In generale tutte le PA sono caratterizzate da elevatogrado di cristallinità, temperatura di fusione in generesuperiore a 200 °C e buon rapporto proprietà/costo. Illoro limite principale è rappresentato dalla sensibilitàall’acqua, che può determinare sia degradazione idroli-tica alle alte temperature e in presenza di acidi, sia scar-sa stabilità dimensionale per PA non rinforzate. PA par-zialmente aromatiche mostrano generalmente miglioristabilità e mantenimento delle proprietà meccaniche a piùalte temperature rispetto a quelle alifatiche, mentre PAcompletamente aromatiche (chiamate anche arammidi)sono in genere utilizzate per produrre fibre con resisten-za a trazione e modulo elastico altissimi, e con eccezio-nali proprietà di resistenza al calore e alla fiamma.

    PolimerizzazioneLe PA di tipo AB vengono sintetizzate mediante rea-

    zione di policondensazione di diammine con diacidi, conformazione di acqua come sottoprodotto; nel caso piùdiffuso della PA6,6 i monomeri coinvolti sono esameti-lendiammina e acido adipico, e il primo stadio di rea-zione prevede la formazione dell’adipato di esametilen-diammina in mezzo acquoso (210-275 °C, 1,8 MPa), laconcentrazione della soluzione al 50% in evaporatore eil successivo caricamento in autoclave per il processo dipolicondensazione (275-290 °C, pressione atmosferica),durante il quale viene rimossa l’acqua presente e pro-dotta. Come terminatore di catena viene comunementeutilizzato l’acido acetico. La reazione arriva a valori diconversione prossimi a 1 e si possono quindi evitarecostosi procedimenti di purificazione e/o separazione,sebbene l’elevata diluizione del monomero aumenti note-volmente i costi di movimentazione. Per la polimeriz-zazione della PA6, invece, che è il rappresentante piùsignificativo delle PA di tipo A, si ricorre a un procedi-mento in massa che prevede l’idrolisi del caprolattamea temperature superiori a 250 °C in presenza di acqua,acido fosforico come catalizzatore e terminatori di cate-na come acido acetico; ne segue la formazione dell’a-cido amminocaproico, più reattivo del monomero di par-tenza, la cui polimerizzazione procede fino a una con-versione massima dell’85-90%. A questo punto si rendono

    necessarie procedure di estrazione con acqua (o evapo-razione) del monomero che non ha reagito e degli oli-gomeri a basso peso molecolare; il polimero può ancheessere essiccato senza lavaggio per produrre un mate-riale con maggiore tenacità, grazie all’azione plastifi-cante del monomero residuo. I costi generali di produ-zione di PA6 e PA6,6 sono comparabili, anche se il pro-cesso per PA6 risulta complessivamente meno critico intermini di gestione delle materie prime, condizioni diprocesso e formazione di gel. In termini generali, i pro-cessi di polimerizzazione sopra riportati sono rappre-sentativi delle sintesi industriali applicate alla produ-zione di tutte le PA più diffuse, di cui sono commercia-lizzati diversi gradi in un ampio intervallo di proprietà.Gradi speciali di PA solubili adatti alle tecnologie di coa-ting (rivestimento), spraying (spruzzatura) e dipping(immersione) vengono preparate per miscelazione reat-tiva di PA6,6 o PA6,10, con PA6 in diverse proporzioniche, attraverso reazioni di transammidazione, dà origi-ne a copolimeri. PA completamente aromatiche vengonoin genere preparate per policondensazione del clorurodell’acido a bassa temperatura in soluzione, utilizzandosolventi come la dimetilacetammide o N-metilpirroli-done e in presenza di una base in grado di neutralizzarel’acido cloridrico che si forma nella reazione. Il poli-mero viene quindi generalmente filato sempre da solu-zione. Nel caso di PA para-sostituite (particolarmenterigide e scarsamente solubili) il solvente è una soluzio-ne di acido solforico ad alta concentrazione.

    ProprietàLe proprietà delle PA sono prevalentemente legate

    alla presenza del gruppo ammidico in catena principa-le, che permette la formazione di forti legami idrogenointercatena. Per esempio, le temperature di fusione dellePA variano sensibilmente a seconda della loro strutturamolecolare, ma comunque all’interno di un intervallodi temperature molto elevate (da 179 °C per PA12 a circa300 °C per PA parzialmente aromatiche, fino a valorimaggiori di 500 °C per PA completamente aromatiche).Rispetto ad altri tecnopolimeri semicristallini, i manu-fatti in PA mantengono la loro forma anche a tempera-ture prossime alla fusione e hanno coefficienti di espan-sione lineare più bassi dei comuni polimeri; in partico-lare, i gradi rinforzati e le PA aromatiche mostranomaggiore stabilità dimensionale anche quando sottopo-sti a frequenti e sostanziali cambiamenti di temperatu-ra. L’introduzione di gruppi aromatici in catena princi-pale provoca un consistente aumento della temperaturadi transizione vetrosa e della temperatura di fusione. Peresempio, la PA parzialmente aromatica poliesametilen-tereftalammide (PA6,T) fonde a 370 °C, mentre la PA6,6ha una temperatura di fusione di 265 °C. Al di sopra di300 °C sia PA6 che PA6,6 cominciano lentamente a subi-re fenomeni degradativi che ne alterano le proprietà,

    891VOLUME II / RAFFINAZIONE E PETROLCHIMICA

    ENGINEERING PLASTICS

    (n

    )NH CH2 CH2 CH2 CH2 CH2 CO

    (NH NHCH2 CO

    n6

    ) CH2 CH2 CH2 CH2 CO

  • mentre per le PA parzialmente aromatiche questo avvie-ne solitamente al di sopra di 350 °C. Una caratteristicadel tutto peculiare delle PA è il loro elevato assorbi-mento di acqua, che dipende dal tipo di PA e nei gradinon rinforzati può arrivare anche a valori superiori al10%. Se immerso in mezzo acquoso o esposto ad atmo-sfera a elevata umidità relativa, in dipendenza dalla dura-ta e dalla temperatura dell’esposizione, dal grado e dallospessore delle pareti del manufatto, il materiale puòassorbire una quantità di acqua tale da modificarne signi-ficativamente le dimensioni (sia per PA6 che per PA6,6per l’1% in massa di acqua assorbita si registrano unaumento in volume pari allo 0,9% e un aumento medioin lunghezza dello 0,2-0,3%). In generale l’assorbimentodi acqua provoca un aumento della resistenza all’im-patto e dell’allungamento a rottura, mentre diminui-scono la resistenza al creep (scorrimento a freddo), ladurezza e la rigidità. La stabilità dimensionale in ambien-te umido è invece garantita per i gradi rinforzati confibra di vetro e minerali e per le PA parzialmente aro-matiche. Le PA sono riconosciute come ottimi isolantiper le applicazioni dell’ingegneria elettrica, grazie alleloro elevate resistività e resistenza di superficie, cherisultano praticamente insensibili alla presenza di acquafino a concentrazioni piuttosto elevate; queste proprietà,combinate con ottime prestazioni termiche e di resi-stenza all’invecchiamento, collocano le PA tra i miglio-ri materiali isolanti a elevate prestazioni. L’ampio uti-lizzo di PA alifatiche nell’industria automobilistica èdovuto alla loro straordinaria resistenza a lungo termi-ne agli oli lubrificanti, agli idrocarburi, ai liquidi deicircuiti di raffreddamento, ai solventi e ai detergenti; siala resistenza a flessione sia quella all’impatto rimangono

    pressoché costanti anche per lunghi tempi di contatto a120 °C con queste sostanze. In particolare le PA mostra-no ottima resistenza a environmental stress cracking(frattura indotta da fattori ambientali). Le PA alifatichesono attaccate da acidi inorganici anche diluiti, da agen-ti ossidanti e da idrocarburi alogenati specialmente aelevate temperature, mentre quelle aromatiche mostra-no una migliore resistenza chimica e ai solventi. In gene-rale, le PA sono adatte ad applicazioni outdoor purchésiano stabilizzate con agenti antiossidanti e inibitori UV(il nerofumo è l’additivo maggiormente utilizzato perentrambi gli scopi). L’aggiunta di fibre di vetro alle PAapporta sensibili miglioramenti alla resistenza a trazio-ne, resistenza al creep, rigidità e resistenza all’impatto.Per aumentare il modulo elastico a flessione, la resi-stenza all’abrasione e la durezza (sebbene a scapito diallungamento e resistenza all’impatto), si utilizzano soli-tamente silici f ini disperse che agiscono da agentinucleanti e operano un importante controllo della cri-stallinità delle PA. In tab. 1 vengono riportate le pro-prietà delle PA commerciali più comuni per applicazioniingegneristiche, con e senza l’aggiunta di un 30% difibre di vetro.

    LavorabilitàLe PA sono disponibili commercialmente in diversi

    gradi che differiscono per la presenza di cariche, fibre eadditivi, ma soprattutto per le diverse viscosità, adatti alledifferenti tecnologie di trasformazione; in termini genera-li esse sono facilmente processabili con macchinari conven-zionali. I gradi per stampaggio sono molto fluidi e hannopunti di fusione ben definiti; l’unica precauzione da adot-tare è l’impiego di presse con valvole di non ritorno per

    892 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

    MATERIALI POLIMERICI

    PA6 PA4,6 PA6,6caricata caricata caricata

    Proprietà Norma PA6 con 30% PA4,6 con 30% PA6,6 con 30%di fibra di fibra di fibradi vetro di vetro di vetro

    Densità (g�cm�3) ISO 1183 1,13 1,35 1,18 1,68 1,14 1,36

    Tg /Tm (espresse in °C) DSC 45/220 45/220 43/295 43/295 50/260 50/260

    HDT (1,8 MPa)(1) (°C) ASTM D648 65 210 140 290 85 255

    Modulo a trazione(1) (GPa) 1,7 6,5 1,0 8,0 1,5 7,5

    Resistenza a trazione(1) (MPa) ASTM D638 60-90(2) 110 55-100(2) 125 60(2) 140

    Allungamento a rottura(1) (%) �50 5 �50 3,5 �50 5

    Resistenza urto Charpy(1) (kJ�m�2) ISO 1791senza intaglio/con intaglio (23 °C)

    –/35 110/25 –/45 60/11 –/12 100/20

    Resistenza alla fiamma UL94 V-2 HB V-2 V-0 V-2 HB

    Assorbimento di acqua(3) (%) ISO62 0,3-10 0-7,5 1,3-11 1,8-9,1 0,97-8,5 0,01-6

    tab. 1. Proprietà delle poliammidi più comuni

    (1) valori relativi al materiale condizionato in ambiente umido; (2) a snervamento; (3) riferito al materiale secco.

  • prevenire l’uscita di materiale dall’ugello o il retroflus-so di materiale. La finitura superficiale dello stampo assu-me rilevanza critica poiché la superficie del nylon riflet-te fedelmente le sue caratteristiche; solitamente si utiliz-zano stampi cromati per ottenere superfici a elevatabrillantezza. La facilità di rilascio e la possibilità di rapi-di raffreddamenti rendono possibili cicli produttivi estre-mamente veloci. L’eccellente stabilità termica delle PA6e PA6,6 rende possibili temperature del fuso fino a 300°C senza effetti deleteri sulle proprietà meccaniche, pur-ché il materiale sia mantenuto secco mediante un oppor-tuno processo di essiccamento. Le PA per applicazioniingegneristiche sono anche ampiamente utilizzate comerivestimenti protettivi di fili e cavi polimerici realizzaticon un altro materiale (comunemente PVC). Solo PA11e PA12 possono essere prodotte sotto forma di polverifini adatte all’utilizzo in letto fluido o spruzzatura elet-trostatica per la deposizione di coating anticorrosivi susubstrati metallici. PA completamente aromatiche hannotemperature di fusione così elevate (comprese tra 400-550 °C) che il processo viene in genere accompagnato opreceduto dalla decomposizione. Per questa ragione, talipolimeri vengono utilizzati quasi esclusivamente per pro-durre fibre da soluzione. La lavorabilità delle PA par-zialmente aromatiche dipende invece dalla frazione dianelli aromatici presente nella struttura; alcuni prodotticommerciali sono a pieno titolo polimeri termoplasticicon temperature di lavorazione intorno a 290 °C.

    Tipi commerciali e applicazioniL’eccellente combinazione di proprietà e il costo com-

    petitivo hanno fatto della PA6 il tipo di PA più diffuso:da sola rappresenta circa il 60% in volume di tutte le PAutilizzate; buona parte della restante frazione è rappre-sentata dalla PA6,6. Entrambe sono presenti sul merca-to sia in gradi semplici sia in gradi rinforzati con fibredi vetro, riempitivi minerali, nerofumo, ecc. Tutte le caseproduttrici di materiali termoplastici producono un’am-pia gamma di PA per applicazioni tecniche; di seguitone vengono elencate solo alcune: Akulon (PA6, PA6,6;DSM), Durethan (PA6, PA6,6; Bayer), Celstran (PA6,PA6,6; Ticona), Radilon (PA6,6; Radici Plastics), Stanyl(PA4,6; DSM), Rilsan (PA12; Atofina), Capron (PA6,PA6,6; BASF), Technyl (PA6, PA6,6; Rhodia), Minlon eZytel (PA6, PA6,6; DuPont), Amodel (PA6,6; Solvay),Bergamid (PA6, PA6,6; PolyOne), ecc. Le principaliapplicazioni ingegneristiche delle PA alifatiche riguar-dano guaine per l’isolamento elettrico, superfici e manu-fatti a elevata brillantezza, parti meccaniche operanti inambienti ricchi di liquidi e di vapori organici, idrocar-buri e agenti chimici, scatole a ingranaggi, cavi, ecc. PAparzialmente aromatiche sono commercializzate da BASFcon il nome di Ultramid, da Elf Atochem con il nomedi Cristamid e dalla EMS Grivory anche addizionatecon fibre o cariche minerali. Fibre arammidiche sono

    commercializzate da DuPont con il nome di Nomex eKevlar e da Akzo con quello di Twaron. Queste ultime,grazie alla loro altissima resistenza, all’alto modulo ela-stico e alla bassa densità, vengono largamente utilizza-te nella produzione di tessuti per indumenti ad alta resi-stenza, come per esempio i giubbotti antiproiettile, nelrinforzo delle materie plastiche e delle gomme (pneu-matici) e nella produzione di cordame o cavi.

    12.6.3 Poliesteri alifatici-aromatici

    GeneralitàI poliesteri sono polimeri che si caratterizzano per la

    presenza di gruppi estere, �O�CO�, legati a grup-pi alchilici o arilici nella catena principale; una formu-la generale per i poliesteri ottenuti da monomeri bifun-zionali è quella sotto indicata, dove sia R sia R posso-no essere gruppi alifatici o aromatici:

    [12] �( R�O�CO�R�CO�O )�n

    In questa trattazione vengono presi in considerazio-ne solamente i poliesteri alifatici-aromatici più impor-tanti, PET e PBT (polibutilentereftalato), per i quali R èun gruppo alifatico e R un gruppo aromatico.

    La sintesi dei primi poliesteri risale al lavoro pio-nieristico di Carothers, agli inizi degli anni Trenta del20° secolo (Mark e Whitby, 1940); tuttavia quei polie-steri, completamente alifatici, non avevano caratteristi-che fisiche interessanti da un punto di vista applicativoe solo la successiva sintesi di poliesteri aromatici-alifa-tici portò a prodotti con un insieme di proprietà che sod-disfacevano questo requisito. Il primo poliestere di inte-resse commerciale, il PET, fu sintetizzato nel 1945 eintrodotto sul mercato sotto forma di fibre nella primametà degli anni Cinquanta. Successivamente furono sin-tetizzati altri poliesteri alifatici-aromatici di interessecommerciale, come il PBT, e più recentemente il poli-propilentereftalato (PPT), il poli(1,4-cicloesandimetile-nisotereftalato) (PCIT) e il polietilennaftenato (PEN).

    L’inclusione dei poliesteri alifatici-aromatici tra i tec-nopolimeri può essere discutibile, almeno per alcuni diquesti, tuttavia in considerazione del fatto che questimateriali non sono trattati in altri capitoli, e della largadiffusione del PET, è stata inclusa una breve descrizio-ne di PET e PBT.

    Polimerizzazione in massaI polimeri trattati in questo capitolo si ottengono per

    policondensazione di glicoli e di acidi bicarbossilici oloro esteri dimetilici. Fino agli inizi degli anni Ottanta, imonomeri utilizzati per la sintesi del PET erano esclusi-vamente il glicole etilenico (EG, Ethylene Glicol) e ildimetil tereftalato (DMT). Successivamente, la messa apunto di nuove tecnologie di purificazione dell’acido

    893VOLUME II / RAFFINAZIONE E PETROLCHIMICA

    ENGINEERING PLASTICS

  • tereftalico ha reso disponibile un prodotto di purezza ade-guata a quella richiesta per la polimerizzazione e ha con-sentito di usare direttamente l’acido tereftalico (TA,Terephthalic Acid) al posto del suo derivato DMT. Oggicirca la metà della produzione di PET si ottiene a parti-re dai monomeri TA e EG. In ogni caso, sia che si partada DMT sia che si parta da TA, la polimerizzazione avvie-ne in due stadi: transesterificazione e policondensazio-ne (Pilati, 1989a). Nei processi che utilizzano DMT edEG, il primo stadio del processo, di transesterificazione,avviene a 160-210 °C e prevede una reazione di alcolisicon formazione di oligomeri del PET e di metanolo:

    La reazione è una reazione di equilibrio, con costan-te di equilibrio circa uguale a 1, per cui è necessario rimuo-vere il metanolo formatosi per spostare l’equilibrio versoi prodotti desiderati. L’elevata volatilità del metanolo con-sente, alla temperatura di reazione, un’efficiente rimo-zione anche a pressione atmosferica. Per accelerare que-sto stadio di reazione e per garantire una completa rimo-zione dei gruppi metossilici, si usano tipicamente rapportimolari EG/DMT�2,2 in largo eccesso rispetto alla quan-tità stechiometrica di EG necessaria a produrre il PET.La reazione viene inoltre accelerata attraverso l’impiegodi catalizzatori a base di sali metallici (generalmente, perragioni di solubilità, acetati o acetilacetonati di Zn, Mn,Ca, ecc.). Al termine di questo primo stadio di reazione,il reattore contiene un prodotto costituito essenzialmen-te da una miscela di oligomeri di basso peso molecolare(valore medio di x circa 2). Il secondo stadio di reazioneprevede la rimozione dell’eccesso di glicole, secondo loschema di reazione seguente:

    Per spostare la reazione verso la formazione di PETdi elevato peso molecolare è necessario rimuovere l’EGche si forma, in quanto anche in questo caso la reazio-ne è una reazione reversibile con costante di equilibrio

    prossima all’unità. Poichè EG è un liquido altobollente,è necessario ridurre progressivamente la pressione finoa valori di circa 102 Pa (1 mbar). Inoltre, per accelerarela reazione e per mantenere il prodotto allo stato liqui-do (il PET fonde a 265 °C), la temperatura viene pro-gressivamente portata a 280-300 °C e mantenuta talefino al termine della polimerizzazione. I catalizzatoriaggiunti per il primo stadio di reazione non sono effica-ci per questo secondo stadio ed è necessario aggiunge-re un nuovo catalizzatore, solitamente triossido di anti-monio, prima di iniziare questo stadio di policondensa-zione. Il peso molecolare aumenta al procedere dellareazione (che dura solitamente diverse ore); tuttavia, nel-l’ultima parte di questa, il peso molecolare tende a rag-giungere un valore costante, o addiritura a diminuire, acausa di reazioni di degradazione (con scissione di cate-na) che avvengono parallelamente alla reazione di alco-lisi. Per questa ragione il PET ottenuto alla fine del secon-do stadio non può raggiungere un peso molecolare par-ticolarmente elevato (viscosità intrinseca�0,60-0,64 dl/gin fenolo/tetracloroetano), anche se esso è sufficiente perla produzione di fibre o film. Per ottenere un PET digrado adatto alla produzione di bottiglie è necessarioaumentarne la viscosità intrinseca fino a valori di circa0,80 dl/g (in fenolo/tetracloroetano) mediante un suc-cessivo processo di post-polimerizzazione in stato soli-do (SSP, Solid State Polycondensation; Pilati, 1989b),come descritto più avanti.

    A partire dagli anni Ottanta la disponibilità di acidotereftalico di purezza elevata ha spinto molti produttoridi PET a modificare il primo stadio dell’impianto uti-lizzando il TA al posto del DMT. Questa modifica com-porta in primo luogo una reazione di esterificazione diret-ta tra TA ed EG con formazione di acqua come sotto-prodotto, invece di metanolo, e quindi rispetto al processoche utilizza DMT ha il vantaggio di non prevedere meta-nolo come sottoprodotto da gestire:

    La scarsa solubilità del TA in EG, soprattutto all’i-nizio del primo stadio, richiede un mescolamento piùefficiente; la diversa reazione (esterificazione diretta)modifica leggermente anche le condizioni in cui avvie-ne il primo stadio, in quanto la presenza di catalizzato-ri è meno importante (la presenza di gruppi carbossili-ci è sufficiente a catalizzare la reazione); è inoltre suf-ficiente un minor eccesso di EG rispetto alla quantità

    894 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

    MATERIALI POLIMERICI

    x( )

    H3CO OCH3 �

    HO CH2 CH2 OH

    HO OHCH2 CH2 CH2 CH2

    CH3OH

    O O

    C

    O

    C

    O

    C

    O

    C

    O

    �n

    ( )OCH2 CH2OOHCH2 CH2HO

    C

    O

    C

    O

    x( )HO OHCH2 CH2 CH2 CH2O OC

    O

    C

    O

    �HO HO OHCH2 CH2OHC

    O

    C

    O

    �H2O

    x( )HO OHCH2 CH2 CH2 CH2O OC

    O

    C

    O

  • stechiometrica. Il prodotto ottenuto al termine del primostadio è comunque molto simile a quello ottenuto colprocesso visto precedentemente (salvo un valore mediodi x leggermente più alto) per cui il secondo stadio delprocesso è sostanzialmente uguale a quello già descrit-to a partire da DMT.

    Per la sintesi del PBT si utilizzano ancora processi adue stadi come quelli appena visti, con piccole varianti.Per esempio si utilizza esclusivamente DMT, in quantoTA catalizzerebbe la trasformazione dell’1,4-butandiolo(BD) in tetraidrofurano e come catalizzatore si impiegaun alcossido di titanio, molto più efficiente rispetto a quel-li impiegati per il PET (questo catalizzatore sarebbe moltoefficiente anche nella polimerizzazione del PET, ma nonsi utilizza in quanto produce un PET di colore giallo) ecapace di catalizzare sia la reazione del primo stadio siaquella del secondo. La minor volatilità di BD rende piùdifficile eliminarne l’eccesso nel secondo stadio di poli-condensazione, pertanto il rapporto molare iniziale deimonomeri BD/DMT è minore che nel caso del PET, soli-tamente 1,4. Essendo poi la temperatura di fusione delPBT più bassa di quella del PET (Tm�232 °C), la tem-peratura di polimerizzazione nel secondo stadio è tipica-mente di 240-250 °C, con particolare attenzione a nonsuperare questi valori in quanto le reazioni di degrada-zione, più veloci che per il PET, impedirebbero di otte-nere pesi molecolari sufficientemente elevati.

    Altre reazioni proposte per la sintesi di poliesteri(Pilati, 1989a) non hanno interesse industriale per que-sti polimeri.

    Polimerizzazione in stato solido Gli elevati pesi molecolari, richiesti al PET per la

    produzione di bottiglie, non si riescono a raggiungeredirettamente nel processo di polimerizzazione in massae il loro ottenimento comporta quindi un successivo pro-cesso di policondensazione in stato solido (Pilati, 1989b).In questo processo granuli (di 10-30 mm3) di PET otte-nuto per polimerizzazione in massa sono sottoposti primaa un preriscaldamento di alcune ore a 150-170 °C, perfavorire la completa cristallizzazione del PET ed evita-re che i granuli si agglomerino, e successivamente a unriscaldamento prolungato (circa 24 ore), sotto vuoto oin corrente di gas inerte, a una temperatura inferiore allatemperatura di fusione (220-240 °C). La frazione di mate-riale amorfo contenuta nel PET si trova in questo modoa una temperatura assai superiore a Tg, consentendo un’e-levata mobilità alle catene e ai loro gruppi terminali; que-sti pertanto, essendo il catalizzatore aggiunto nel pro-cesso in massa ancora attivo, possono dare luogo a unareazione del tutto uguale a quella di policondensazionevista in precedenza, con formazione di EG. Quest’ulti-mo diffonde attraverso i granuli solidi e viene rimossodalla superficie, consentendo di spostare l’equilibrio ver-so pesi molecolari elevati. Le reazioni di degradazione,

    che di fatto sono la causa che impedisce il raggiungi-mento di elevati pesi molecolari nel processo in massa,e che sono caratterizzate da elevati valori di energia diattivazione, sono molto rallentate dalla diminuzione dellatemperatura del processo; la loro velocità diventa quin-di trascurabile rispetto a quella della reazione di accre-scimento del peso molecolare (caratterizzata da energiedi attivazione inferiore). Alla fine del processo il PETgià in forma di granuli è pronto per l’impiego. Le con-dizioni di processo sono tali che eventuali tracce di ace-taldeide, formatasi nel processo di polimerizzazione inmassa, vengono ridotte a valori (1 ppm) tali da noncreare problemi nelle successive applicazioni (l’acetal-deide, anche a livelli di una decina di ppm, potrebbe alte-rare le caratteristiche organolettiche dei liquidi conte-nuti nelle bottiglie).

    ProprietàIl PET, la cui struttura molecolare è rappresentabile

    con la formula sotto indicata, è caratterizzato da una Tgdi 80 °C e una Tm di 265 °C:

    Il PET possiede un ottimo rapporto proprietà/costoe, in particolare, buone proprietà meccaniche, ottime pro-prietà elettriche e buone proprietà di resistenza ai sol-venti (Jadhav e Kantor, 1988). La bassa tendenza adassorbire umidità gli conferisce buone caratteristiche distabilità dimensionale e di conservazione delle proprietà,anche in ambienti umidi. Nonostante questo insieme dicaratteristiche, le sue applicazioni per ragioni di lavora-bilità (v. oltre) sono di fatto limitate alla produzione difibre, film e bottiglie. In particolare, nella produzione difibre tessili si sfrutta il fatto che i valori di Tg e Tm delPET rendono i tessuti facilmente stirabili e più ingual-cibili rispetto a quelli prodotti con altri tipi di fibre. Lecaratteristiche termiche e di stabilità dimensionale sonopremianti anche per la produzione di film usati comesupporto per pellicole fotografiche, lastre fotograficheper usi medici, nastri magnetici per la produzione diaudio- e videocassette e anche per applicazioni in campoelettrico (condensatori). Le ottime proprietà di barrieraal CO2, combinate alle buone proprietà meccaniche, aun’eccellente qualità estetica e alla possibilità di utiliz-zare PET privo di additivi sono invece alla base del suc-cesso nell’impiego per la produzione di bottiglie per usoalimentare e non solo. Inoltre, il PET è probabilmente ilpolimero più facilmente riciclabile e questa sua ulterio-re caratteristica contribuisce a estenderne l’impiego sianei campi di applicazione già descritti sia in nuovi set-tori come per esempio tubi, lastre per termoformatura,lastre in materiale espanso, ecc.

    895VOLUME II / RAFFINAZIONE E PETROLCHIMICA

    ENGINEERING PLASTICS

    O OCH2 CH2C

    O

    C

    O

    n( )

  • Il PBT, la cui struttura molecolare è:

    è caratterizzato da una Tg di 45 °C e una Tm di 232 °C. La struttura molecolare, le principali transizioni ter-

    miche e le proprietà meccaniche e di resistenza ai sol-venti sono simili a quelle del PET, ma il suo costo è signi-ficativamente più alto. Per questo i campi di applicazio-ne del PBT sono assai diversi da quelli del PET, e inparticolare sfruttano la sua elevata velocità di cristalliz-zazione, che lo rende particolarmente adatto per la pro-duzione di oggetti per stampaggio a iniezione. Nella for-mulazione contenente fibre di rinforzo le sue proprietàmeccaniche migliorano ulteriormente e in particolarel’HDT si avvicina alla temperatura di fusione, consen-tendo impieghi a temperature superiori a 200 °C.

    Le sue caratteristiche di facile cristallizzabilità e diresistenza ai solventi lo rendono adatto alla produzionedi miscele con il policarbonato, che trovano applicazio-ni interessanti nel settore automobilistico (paraurti). Intab. 2 sono riportate le proprietà tipiche di alcune for-mulazioni di PET e PBT.

    LavorabilitàLe caratteristiche reologiche del PET, in particolare

    la resistenza del fuso (melt strength), dipendono moltodal peso molecolare ed è per questo che l’impiego diPET nella tecnologia di estrusione-soffiatura o di inie-zione-soffiatura con cui si producono le bottiglie richie-de un PET di peso molecolare ottenibile solo dopo unprocesso di SSP. Il PET, come ogni poliestere, può subi-re degradazione idrolitica ad alta temperatura, pertan-to condizione imprescindibile per ottenere prodotti di

    buona qualità è un efficiente essiccamento prima dellalavorazione (il contenuto di acqua residuo deve essere

    0,04% o meglio 0,02%). Le reazioni di degradazio-ne termica inoltre richiedono un accurato controllo dellatemperatura del materiale durante il processo di lavora-zione. Una volta scelto il ‘grado’ adatto al particolaretipo di lavorazione e rispettando le condizioni sopra indi-cate, il PET è in teoria facilmente lavorabile con qua-lunque tecnologia. Tuttavia, come già accennato in pre-cedenza, la sua bassa velocità di cristallizzazione in assen-za di opportuni campi di forze ne limita fortemente gliimpieghi in articoli che prevedono lo stampaggio a inie-zione. Le limitate applicazioni di questo tipo prevedonol’uso di gradi additivati di nucleanti e/o l’impiego distampi riscaldati (130-140 °C) per accelerare la cristal-lizzazione ed evitare problemi di successiva deforma-zione dei pezzi stampati. Al contrario, le tecnologie perla produzione di fibre, film e bottiglie traggono vantag-gio dal fatto che la solidificazione avviene sotto l’azio-ne di un campo di forze (monoassiale o biassiale) cheaccelera il processo di cristallizzazione, dando origine aprodotti dimensionalmente stabili. A differenza del PET,il PBT cristallizza velocemente e quindi è largamenteutilizzato nello stampaggio a iniezione. Il suo costo piùelevato e anche alcune caratteristiche reologiche ne limi-tano invece l’uso in tecnologie come filatura, soffiaturadi bottiglie, ecc., tipiche del PET.

    Tipi commerciali e applicazioniIl limitato uso del PET nel campo dello stampaggio

    è deducibile anche dal numero relativamente basso digradi commerciali (100), prevalentemente rinforzaticon fibra di vetro. Alcuni dei nomi commerciali più notisono: Arnite (DSM), IMPET (Ticona), Petra (BASF),Pocan (Bayer), Raditer (Radici), Rynite (DuPont), Ultra-dur (BASF).

    896 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

    MATERIALI POLIMERICI

    O OCH2 CH2 CH2 CH2C

    O

    C

    O

    n( )

    PETPET caricato

    PBTPBT caricato

    Proprietà Normanon caricato

    con 30% dinon caricato

    con 30% difibra di vetro fibra di vetro

    Densità (g�cm�3) ASTM D1505 1,37 1,56 1,31 1,53

    Tg /Tm (espresse in °C) DSC 80/265 80/265 45/232 45/232

    HDT (1,8 MPa) (°C) ASTM D648 85 225 55 210

    Modulo a trazione (GPa) ASTM D790 2,8 9,0 2,3 7,6

    Resistenza a trazione (MPa)ASTM D638

    53(1) 158 52(1) 117

    Allungamento a rottura (%) 300 3 300 4

    Resistenza urto Izod (J�m�1) ASTM D256senza intaglio/con intaglio (23 °C) –/43 370/101 –/53 800/96

    Resistenza alla fiamma UL94 HB HB HB HB

    tab. 2. Proprietà tipiche di alcune formulazioni di PET e PBT

    (1) a snervamento.

  • Le principali applicazioni dello stampaggio sono ingenere limitate ad articoli per l’impiego nel settore elet-trico (connettori, portalampade, ecc.) e meccanico. Natu-ralmente il maggior impiego del PET riguarda: fibre peruso tessile, geotessile, per rinforzo degli pneumatici, perriempire piumini e cuscini, ecc.; film per supporto dipellicole fotografiche di ogni tipo, supporti magnetici,film per la realizzazione di condensatori, lastre per ter-moformatura di oggetti vari (vassoi per contenere ortag-gi, articoli per ristorazione, contenitori per cibi precot-ti, confezioni per farmaci, ecc.); espansi, bottiglie e con-tenitori vari per usi alimentari e non solo.

    I marchi commerciali del PBT impiegati per lo stam-paggio sono invece assai più numerosi (circa 500), tra cuii più importanti sono: Arnite (DSM), Bergadur (PolyO-ne), Celanex (Ticona), Celestran (Ticona), Vandar (Tico-na), Pocan (Bayer), Raditer (Radici), Crastin (DuPont),Lumax e Lupox (LG Chemicals), Ultradur (BASF), Vesto-dur (Degussa AG). Le sue applicazioni sono in generelegate alla produzione di piccoli oggetti, come alloggia-menti di piccoli elettrodomestici, componenti per i set-tori automobilistico ed elettrico, ecc.

    12.6.4 Policarbonati

    GeneralitàCon il termine policarbonato (PC) vengono generi-

    camente indicati i poliesteri lineari dell’acido carbonicocon composti diidrossilici alifatici o aromatici (Brunelle eKailasam, 2002). Nella pratica il materiale che ha trova-to principale applicazione commerciale è il policarbonatodel bisfenolo A (BPA-PC), la cui struttura molecolare è:

    Polimerizzazione interfaccialeIl processo industriale più largamente utilizzato per

    la polimerizzazione del BPA-PC è basato sulla polime-rizzazione interfacciale di bisfenolo A (BPA) e fosgene,secondo la reazione:

    Tale processo prevede l’addizione, sotto forte agita-zione, di fosgene a un sistema costituito da una faseacquosa basica contenente BPA e un ‘terminatore di cate-na’ monofunzionale (1-5%; per esempio, fenolo, p-t-butilfenolo o p-cumilfenolo) e da una fase organica costi-tuita da metilene cloruro contenente piccole quantità(0,1-3%) di un’ammina terziaria che svolge la funzionedi catalizzatore ‘a trasferimento di fase’. La temperatu-ra del sistema è generalmente mantenuta fra 10 e 35 °C.Al fine di mantenere il pH in un intervallo di valori otti-male (pH�10-12), vengono continuamente addizionatesoluzioni acquose di NaOH. L’efficienza del mescola-mento è di fondamentale importanza per garantire unefficace contatto fra le diverse fasi presenti: BPA soli-do, fosgene gassoso, metilene cloruro (in cui si trovasolubilizzato il polimero formato) e soluzione acquosa(in cui si concentra NaCl, sottoprodotto della reazione).Al termine della reazione, la fase organica viene lavataprima con acido (per eliminare residui basici) e poi conacqua.

    Polimerizzazione per transesterificazione (processo in fuso)

    I processi in fuso basati su reazioni di transesterifi-cazione rappresentano un’alternativa alla polimerizza-zione interfacciale e al relativo impiego di solventi orga-nici clorurati. Detto processo prevede la reazione di tran-sesterificazione di BPA in presenza di difenilcarbonatocon catalisi basica. Nel primo stadio della reazione ilBPA e il difenilcarbonato vengono fatti reagire in fusoin presenza di piccole quantità (0,01%) di un cataliz-zatore basico (Na, Li, K, idrossidi o carbonati di tetraal-chilammonio o di tetraalchilfosfonio). La temperaturadel sistema viene gradualmente aumentata da 180 a 300°C. Secondo la reazione di equilibrio di seguito riporta-ta si forma fenolo che deve essere eliminato in un secon-do stadio della reazione, attraverso l’applicazione delvuoto, in modo da spostare l’equilibrio della reazioneverso la formazione del prodotto BPA-PC a elevato pesomolecolare:

    Negli ultimi stadi della reazione il polimero fusodiventa altamente viscoso e sono necessari particolari

    897VOLUME II / RAFFINAZIONE E PETROLCHIMICA

    ENGINEERING PLASTICS

    CO O C

    O

    n( )

    CH3

    CH3

    CH3

    CH3

    CH3

    CH3

    n HO Cl(n�1) Cl COHC

    n( ) 2(n�1) HCl

    ROHOH�

    O ORORO C

    O

    CC

    O

    O

    n( )

    CH3

    CH3

    n HO COn OOHC

    CH3

    CH3

    O O CH C O

    OH(2n�1)

    cat.

    O

    O

  • sistemi per garantire un’efficiente eliminazione del sot-toprodotto fenolo.

    ProprietàLa temperatura di transizione vetrosa del BPA-PC è

    pari a circa 150 °C, valore insolitamente elevato se con-frontato con quello tipico dei polimeri amorfi termo-plastici più comuni e da attribuire alla struttura intrin-secamente rigida della sua catena macromolecolare. Con-seguentemente, anche la temperatura di deflessione sottocarico (HDT) è piuttosto elevata (circa 130 °C). Il BPA-PC è inoltre caratterizzato da un’ottima stabilità termi-ca ad alta temperatura in assenza di acqua e di ossigeno.Il polimero essiccato può infatti essere riscaldato a 320°C per diverse ore, o a temperature superiori per tempipiù bassi, mostrando soltanto una lieve degradazione.Esso è inoltre intrinsecamente resistente agli acidi e allebasi acquose, grazie al basso assorbimento di acqua dellaresina, anche se basi nucleofile forti possono catalizza-re la reazione di idrolisi. Come quasi tutti i polimeri ter-moplastici amorfi, anche il BPA-PC è scarsamente resi-stente ai solventi, in particolare è altamente solubile incloruro di metile e altri solventi alogenati (cloroformio,cis-1,2-dicloroetilene, tetracloroetano), oltre che in tetrai-drofurano, diossano, piridina e cresolo. Il BPA-PC vienegeneralmente impiegato in assenza di riempitivi e rinfor-zanti ed è caratterizzato da valori di modulo elastico di2-3 GPa, resistenza a rottura di 55-70 MPa e allunga-mento a rottura variabili fra il 10 e il 130%. Tuttavia, laproprietà maggiormente premiante che caratterizza que-sto materiale nella classe dei tecnopolimeri è la sua ele-vata resistenza all’urto, con valori di Izod, relativamen-te a provini su cui è stato precedentemente praticato omeno un intaglio, rispettivamente pari a 500-1.000 J�m�1

    e 1.500-2.000 J�m-1. In particolare, al contrario dellamaggior parte dei polimeri che diventano fragili al disotto della loro temperatura di transizione vetrosa, ilBPA-PC rimane duttile fino a circa �10 °C.

    LavorabilitàIl BPA-PC può essere lavorato con tutti i processi

    comunemente utilizzati per i materiali polimerici ter-moplastici. Il processo di trasformazione più largamen-te impiegato è lo stampaggio a iniezione, che tipica-mente prevede temperature di processo di 275-325 °Ce pressioni di stampaggio di 70-140 MPa. Un accuratoessiccamento del materiale prima della trasformazioneè essenziale per evitare reazioni di idrolisi causate dal-l’acqua presente, che porterebbero a manufatti con pes-sime finiture superficiali oltre che a una marcata dimi-nuzione del peso molecolare e quindi delle proprietàmeccaniche finali. Attraverso il processo di estrusione èpossibile ottenere film, fogli e profilati. Altri processi ditrasformazione utilizzati sono lo stampaggio di espansistrutturali (structural foam moulding) che permette di

    ottenere pezzi di grandi dimensioni con forze di chiu-sura relativamente basse, lo stampaggio a iniezione-sof-fiatura (injection blow moulding) per la realizzazione dicontenitori di diverse capacità e di globi protettivi perapplicazioni illuminotecniche e la termoformatura dilastre estruse per schermi radar, insegne, schermi para-brezza, ecc.

    Tipi commerciali e applicazioniDi seguito sono riportati alcuni esempi di nomi com-

    merciali del BPA-PC: Lexan (General Electric), Macro-lon (Bayer), Caliber (Dow), Panlite (Teijin), Iupilon(Mitsubishi).

    Come già detto, le proprietà premianti del BPA-PCsono la resistenza all’impatto, la trasparenza, la resistenzaalla combustione e la capacità di mantenere elevate pro-prietà meccaniche in un intervallo di temperature eleva-to, per cui il settore in cui trova la principale applica-zione è quello delle lastre sostitutive di quelle in vetroin tutti i casi in cui sono maggiormente probabili rottu-re (finestre e finestrini di aerei, treni, autovetture ed edi-fici scolastici). Esistono svariate altre applicazioni incampi quali sicurezza (laminati antiproiettile con vetroo altri materiali), industria automobilistica, illuminotec-nica, imballaggio, applicazioni elettriche, elettroniche ecompact disc, applicazioni mediche e di prevenzione/si-curezza (caschi, bottiglie per biberon, ecc.).

    12.6.5 Resine acetaliche

    GeneralitàCon il termine resine acetaliche si intende un insie-

    me di polimeri e copolimeri derivati dalla formaldeideche possiedono in catena prevalentemente unità costitu-tive del tipo

    �� O�CH2��nNel caso dell’omopolimero questa formula rap-

    presenta anche l’unità ripetitiva, da cui il nome scien-tificamente più corretto di poliossimetilene (POM).POM di peso molecolare sufficientemente alto, con pro-prietà meccaniche accettabili, è stato preparato per laprima volta nella seconda metà degli anni Cinquanta(McDonald, 1956) e introdotto sul mercato a partire dal1960 dalla DuPont con il nome commerciale di Delrin.Il POM con gruppi terminali �OCH2�OH è caratte-rizzato da una forte tendenza alla degradazione per depo-limerizzazione. Questa sua scarsa resistenza termica harappresentato uno dei principali problemi per lo svilup-po delle applicazioni di questo materiale, superato ricor-rendo alla copolimerizzazione o a una modifica dellanatura chimica dei gruppi terminali delle catene polime-riche. Il POM stabilizzato è un polimero altamente cri-stallino che possiede un insieme interessante di proprietà

    898 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

    MATERIALI POLIMERICI

  • meccaniche (modulo elastico, resistenza, tenacità, fati-ca), basso coefficiente di attrito, stabilità dimensionale,buone proprietà di resistenza chimica e facilità a esserestampato anche in forme complesse e a tolleranza ristret-ta (Dolce e Grates, 1985).

    Polimerizzazione e stabilizzazione termicaI monomeri utilizzati per la preparazione di resine

    acetaliche sono principalmente la formaldeide o il suoderivato triossano (trimero ciclico), ma anche eteri cicli-ci, in particolare ossido di etilene. Per ottenere POMomopolimero si possono usare come monomeri sia for-maldeide sia triossano; la formaldeide polimerizza facil-mente, con un meccanismo a catena che può essere ditipo sia anionico sia cationico, usando iniziatori qualiammine, fosfine, acidi minerali, acidi di Lewis, ecc. Lapresenza di impurezze durante la polimerizzazione, qualiacido formico, acqua, metanolo o altri composti ossi-drilati, accelera le reazioni di trasferimento del centroattivo e limita la crescita del peso molecolare, per cui laformaldeide usata per la produzione di POM deve esse-re anidra ed estremamente pura per riuscire a ottenerepesi molecolari sufficientemente elevati. I processi indu-striali di polimerizzazione della formaldeide sono pre-valentemente di tipo anionico e in letteratura si può tro-vare una descrizione dettagliata del meccanismo dellapolimerizzazione (Vogl, 1975). Anche il triossano poli-merizza facilmente, ma in questo caso si preferisce uniniziatore cationico e acqua come cocatalizzatore; la poli-merizzazione procede per apertura di anello e anche inquesto caso è necessario purificare a fondo i prodotti perevitare reazioni di trasferimento, che impedirebbero ilraggiungimento di pesi molecolari sufficientemente alti.Come accennato in precedenza, il POM con gruppi ossi-drili terminali è molto instabile termicamente e cometale non sarebbe lavorabile per cui è necessario, duran-te il processo di polimerizzazione o immediatamentedopo, introdurre modifiche nella struttura molecolareper ottenere una ‘stabilizzazione’ delle catene polimeri-che. I principali metodi di stabilizzazione delle cateneprevedono la copolimerizzazione con eteri ciclici diver-si dal triossano e/o la trasformazione dei gruppi ossidri-lici terminali in gruppi acetossi, etere, uretano (end cap-ping). Per questa ragione molte resine commerciali sonodei copolimeri, generalmente ottenuti dalla polimeriz-zazione di triossano con ossido di etilene o 1,3-diosso-lano (dallo 0,1 al 15% in moli) con meccanismo cationi-co. Durante la polimerizzazione avvengono reazioni ditransacetalizzazione, tra i centri attivi alle estremità dellecatene in crescita e i gruppi etere interni alle catene, checontribuiscono a ridistribuire in modo statistico le unità�OCH2� e �OCH2CH2� nelle catene e determi-nano una distribuzione dei pesi molecolari con indice dipolidispersità, Mw/Mn, molto prossimo a 2. La presenzain catena di unità etilenossido blocca la propagazione

    della reazione di depolimerizzazione e rende quindi icopolimeri intrinsecamente più stabili del POM omo-polimero. Ovviamente, quanto maggiore è la percentualedi unità etilenossido introdotte in catena nella fase di po-limerizzazione, tanto più è probabile che un terminale dicatena sia di tipo �OCH2CH2�OH e tanto più sarà cor-to il segmento di catena �( OCH2�)x che verrà consuma-to prima di incontrare un’unità �( OCH2CH2�) che bloc-cherà la continuazione della depolimerizzazione. Per evi-tare anche questa limitata depolimerizzazione che, inizian-do da un terminale di tipo �OCH2CH2�( OCH2�)xOH,prosegue fino a consumare le x unità �OCH2�, si puòsottoporre il copolimero a un post-trattamento di riscal-damento, generalmente in miscelatori interni o in estru-sori attrezzati per lo sfiato dei gas, o di idrolisi alcalina.Mediante questi post-trattamenti si consumano tutti i seg-menti terminali �( OCH2�)xOH, lasciando alle estremitàdi catena solo gruppi �OCH2CH2�OH incapaci di ini-ziare la depolimerizzazione delle catene. Poiché i centriattivi in grado di dare inizio a depolimerizzazione si pos-sono generare occasionalmente all’interno delle cateneper l’azione di ossigeno o di altre impurezze, la presen-za di unità etilenossido in catena garantisce una mag-giore stabilità delle resine acetaliche. Per il POM omo-polimero, ma anche per i copolimeri, si possono disatti-vare i gruppi ossidrili terminali attraverso reazioni dialchilazione, con formazione di gruppi etere terminali,oppure di acetilazione, con anidride acetica e formazio-ne di gruppi acetossi terminali o con isocianati e for-mazione di gruppi uretano. La velocità di depolimeriz-zazione del polimero, con formazione di monomero,senza terminali bloccati è stata stimata in 0,4-0,8% alminuto alla temperatura di 220 °C e può essere ridottaallo 0,1% al minuto dopo trattamento di end capping oper copolimerizzazione. Oltre alle cause già viste, e comela maggior parte dei polimeri, le resine acetaliche sonosoggette a fenomeni degradativi innescati dalla presen-za di ossigeno e/o radiazioni, per cui devono essere sta-bilizzate con adeguati antiossidanti. Inoltre, per aumen-tarne la stabilità, solitamente si aggiungono alle resineacetaliche anche sostanze capaci di neutralizzare even-tuali tracce di formaldeide che per ossidazione potreb-be rapidamente trasformarsi in acido formico, che a suavolta potrebbe promuovere la depolimerizzazione, anchese presente in piccole quantità; poliammidi solubili,ammidine, epossidi sono esempi di additivi adatti a talescopo. I processi industriali per la produzione di resineacetaliche possono essere in massa, in soluzione, insospensione e in fase vapore. Essi generalmente inclu-dono, oltre al reattore di polimerizzazione, sistemi peruna purificazione spinta del monomero, reattori per lareazione di end capping nel caso di omopolimeri o si-stemi di post-trattamento per copolimeri, attrezzatureper il lavaggio e l’essiccamento e infine un’unità di mi-scelazione degli additivi necessari (compounding). Un

    899VOLUME II / RAFFINAZIONE E PETROLCHIMICA

    ENGINEERING PLASTICS

  • possibile esempio di processo per la produzione di omo-polimero prevede la polimerizzazione della formaldei-de in presenza di cicloesano, iniziata da tri-n-butilam-mina, e di un eventuale agente di trasferimento di cate-na per il controllo del peso molecolare. La temperaturadel reattore è mantenuta a 40 °C e il polimero che siforma, insolubile nel solvente, viene separato per fil-trazione e quindi disperso in anidride acetica, con cuigli ossidrili terminali reagiscono (a 140 °C) in presen-za di acetato di sodio come catalizzatore. Il polimero èquindi separato per filtrazione, purificato con solventidall’eccesso di anidride acetica, catalizzatore, acido ace-tico ed eventuali altre impurità, essiccato e additivatocon stabilizzanti. Nel caso di copolimeri un possibileprocesso prevede la polimerizzazione in massa (a 170-200 °C) di triossano e dei comonomeri iniziata da uncomplesso formato da trifluoruro di boro e dibutilete-re, ed eventualmente in presenza di un agente di trasfe-rimento per il controllo del peso molecolare. Il polime-ro ottenuto, eventualmente macinato, viene inviato a unreattore dove un lavaggio alcalino rimuove formaldei-de, triossano e altre impurezze, e successivamente, a100 °C, favorisce l’idrolisi dei tratti di catena termina-li �( OCH2�)xOH. Dopo essiccamento si inglobano gliadditivi stabilizzanti. Valori tipici di peso molecolare deiprodotti commerciali variano tra 20.000 e 90.000. A voltesi usano diisocianati per ottenere pesi molecolari mag-giori attraverso la loro reazione con i gruppi terminali�OH di due diverse catene (chain extension).

    ProprietàLe resine acetaliche, caratterizzate da strutture moleco-

    lari molto flessibili e prive di gruppi laterali ingombranti,sono polimeri altamente cristallini con gradi di cristallinitàche possono arrivare a valori prossimi all’80% in peso pergli omopolimeri, ma che si riducono progressivamente fino

    al 60% per i copolimeri, in relazione alla quantità dicomonomeri inglobati. La temperatura di fusione, Tm,varia da 175 °C per gli omopolimeri a 165 °C per i copo-limeri, e quindi le resine acetaliche sono caratterizzateda una temperatura massima d’uso abbastanza alta, comerisulta dalla temperatura di deflessione sotto carico (HDT),pari rispettivamente a 136 e a 110 °C (a 1,8 MPa) peromopolimeri e copolimeri. L’elevato grado di cristalli-nità conferisce alle resine acetaliche un’elevata resistenzaa quasi tutti i solventi alle normali temperature d’uso;esse diventano solubili in molti solventi polari altobol-lenti a temperature prossime alla temperatura di fusione(100-160 °C). Parallelamente si osserva una buona resi-stenza chimica rispetto alla maggior parte dei solventiorganici, mentre va segnalata la scarsa resistenza rispet-to agli acidi forti; anche ambienti alcalini possono risul-tare pericolosi per polimeri con terminali acetilati chepossono idrolizzarsi e dare inizio a reazioni di depoli-merizzazione. Le resine acetaliche si caratterizzano perun insieme ben bilanciato di buone caratteristiche mec-caniche, riassumibili in modulo elastico e resistenza rela-tivamente elevati, anche senza l’impiego di rinforzanti,discreta tenacità (allungamenti a rottura relativamentealti) e buona resistenza a creep e a fatica, anche in pre-senza di acqua e di alcuni tipi di solventi. I copolimerihanno valori di modulo elastico e di resistenza legger-mente inferiori e tenacità leggermente superiore. Alcu-ni valori indicativi di proprietà meccaniche per omopo-limeri e copolimeri sono riportati in tab. 3.

    Se ben stabilizzate le resine acetaliche mantengonobuone proprietà meccaniche anche per lunghi tempi di fun-zionamento a temperature relativamente alte; per esem-pio, si è osservato che la resistenza a trazione dell’omo-polimero diminuiva solo del 20% dopo riscaldamento a60 °C per 5 anni o a 82 °C per 1,5-2 anni. In relazioneal tipo di resina acetalica le norme UL stabiliscono una

    900 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

    MATERIALI POLIMERICI

    Omopolimero CopolimeroOmopolimero

    Proprietà Normanon caricato non caricato

    caricato con 25%di fibra di vetro

    Densità (g�cm�3) ASTM D1505 1,42 1,41 1,58

    Tg /Tm (espresse in °C) a 10 °C min�1 DSC (1) /175 (1) /165 (1) /178

    HDT (1,8 MPa) (°C) ASTM D648 136 110 172

    Modulo a trazione (GPa) 3,1 2,8 9,5

    Resistenza a trazione (MPa) ASTM D638 69(2) 61(2) 140

    Allungamento a rottura (%) 23-75 40-75 3

    Resistenza urto Izod (J�m�1) ASTM D256senza intaglio/con intaglio (23 °C) –/69-122 –/53-80 50(3) /8(3)

    Resistenza alla fiamma UL94 HB HB HB

    tab. 3. Proprietà tipiche di alcune formulazioni per resine acetaliche

    (1) i valori di Tg riportati in letteratura per POM variano da �85 a �10 °C; (2) a snervamento; (3) prove Charpy.

  • temperatura continua di uso di 75-100 °C per impieghiin cui siano importanti le proprietà meccaniche con esenza urto e di 105 °C per impieghi in cui siano impor-tanti le proprietà elettriche.

    La resistenza alla fiamma delle resine acetaliche èbassa (HB, Horizontal Burning, secondo le norme UL94).

    Una delle caratteristiche premianti delle resine ace-taliche è il basso coefficiente di attrito rispetto al con-tatto con altre resine acetaliche, metalli e altri polimeri.Premianti da un punto di vista applicativo sono anche lequalità estetiche, come gradevolezza al tatto, brillantez-za delle superfici, ampia scelta di colori, ecc.

    LavorabilitàLa struttura molecolare delle resine acetaliche, alta

    flessibilità e basso ingombro sterico, rende particolar-mente facile la loro cristallizzazione e consente di rag-giungere elevati gradi di cristallinità anche per raffred-damento veloce. Queste caratteristiche, coniugate a un’al-ta fluidità, fanno diventare molto interessanti le resineacetaliche in termini di lavorabilità per stampaggio ainiezione, anche con stampi a multicavità e per manu-fatti con pareti sottili. Naturalmente, presupposto indi-spensabile per una facile e buona lavorazione è che leresine siano ben stabilizzate e che sia evitato il contattocon contaminanti (per esempio derivanti dall’uso dellastessa pressa con cui in precedenza erano stati lavoratialtri polimeri) che possano indurre depolimerizzazione.In particolare è da evitare lo stampaggio di resine ace-taliche in una pressa in cui in precedenza siano stati stam-pati PVC, poliammidi o acetato di cellulosa (oppure ènecessario ‘pulirla’ molto bene).

    Le temperature tipiche di stampaggio variano da 180a 220 °C in relazione al grado impiegato. Per evitarel’insorgere di fenomeni degradativi intollerabili in ter-mini di deterioramento delle proprietà è bene evitare diraggiungere 250 °C. Le temperature dello stampo pos-sono variare da 65 a 120 °C. È tollerato l’utilizzo discarti di lavorazione, purché siano aggiunti in misuraridotta (15%) al polimero vergine. Il materiale vienegeneralmente essiccato a 80 °C per 2-4 ore se il conte-nuto di acqua nella resina è superiore allo 0,2 %. Conle stesse precauzioni descritte sopra, la maggior partedelle resine acetaliche commerciali può essere lavora-ta anche per estrusione per produrre barre, tubi, lastre,profilati, ecc., che possono poi essere trattati con mac-chine utensili. Le resine acetaliche possono essere stam-pate anche con stampaggio rotazionale (rotomoulding),ma esistono invece pochi gradi commerciali per lo stam-paggio-soffiatura di contenitori. È possibile ottenereresine acetaliche espanse, con densità inferiori fino al40% rispetto a quelle non espanse. Una mancata osser-vanza delle condizioni di stampaggio indicate dal for-nitore può causare la formazione di formaldeide, chepuò risultare nociva per la salute degli operatori in caso

    di esposizioni prolungate; per questo è consigliabilepredisporre nella zona di lavorazione adeguati sistemidi aspirazione/abbattimento dei vapori e di rilevazionedella formaldeide.

    Tipi commerciali e applicazioniI gradi commerciali delle resine acetaliche a diverso

    indice di fluidità e variamente formulate sono oltre 700;tra i nomi commerciali più conosciuti ricordiamo Del-rin (DuPont), Celcon (Ticona), Ultraform (BASF), Alcom(Albis Plastics), Tenac (Ashai Chemical), Kepital(Network Polymers), Edgetek-AT (PolyOne), Pomalux(Westlake Plastics), Latilub (LATI), RTP (RTP Com-pany). Esistono gradi adatti allo stampaggio a iniezio-ne di oggetti a pareti sottili (ad alta fluidità, easy flowgrades), per estrusione, rinforzati con fibre, caricaticon PTFE per prodotti a basso coefficiente di attrito eresistenti all’usura, supertenaci, additivati con antista-tici, ecc.

    I principali utilizzi dei diversi gradi di resine aceta-liche includono varie applicazioni: in campo automobi-listico, dove si sfrutta la buona resistenza chimica rispet-to a benzine, oli e vapori usualmente presenti nel vanomotore; articoli per impianti idraulici, poiché le proprietàmeccaniche di un copolimero risultano praticamenteinvariate dopo un anno di contatto con acqua a 82 °C; iningranaggi, cuscinetti e parti di macchinari a cui sianorichieste basse tolleranze di progetto, proprietà autolu-brificanti e buona resistenza all’usura e alla fatica; incomponenti elettronici, dispositivi elettrici, alloggiamentiper piccoli elettrodomestici, apparecchiature da ufficio,valvole, ventole, ecc.

    12.6.6 Polifenileneteri

    GeneralitàI polifenileneteri (PPE), noti anche come polifeni-

    lenossidi (PPO) o poliossifenileni, rappresentano unaclasse di polimeri ottenibili per polimerizzazione ossi-dativa di fenoli sostituiti (Hay et al., 1959). L’accop-piamento ossidativo del 2,6-dimetilfenolo porta alla for-mazione del poli(2,6-dimetil-1,4-fenilenossido) che èdi gran lunga il più importante polimero appartenentea questa classe e attualmente il solo di importanza com-merciale. Per problemi di lavorazione e costi questo poli-mero non viene generalmente utilizzato come tale main miscela con altri polimeri come il polistirene e lepoliammidi.

    PolimerizzazioneNumerose sono le reazioni proposte per la prepara-

    zione del poli(2,6-dimetil-1,4-fenilenossido), noto anchecon il nome commerciale di PPO. Limitatamente al pro-cesso industriale, una soluzione di 2,6-dimetilfenolo in

    901VOLUME II / RAFFINAZIONE E PETROLCHIMICA

    ENGINEERING PLASTICS

  • toluene viene fatta reagire con ossigeno alla temperatu-ra di 20-60 °C in presenza di composti del rame o delmanganese e ammine. La reazione è veloce ed esotermi-ca e, attraverso un complicato meccanismo, porta alla for-mazione del polifenilenossido in alte rese (White, 1989):

    Al termine della polimerizzazione il catalizzatoreviene generalmente rimosso con agenti complessanti emediante estrazione liquido-liquido e il polimero vienepurificato e lavato tramite precipitazione utilizzando unnon-solvente come il metanolo. Il PPE commerciale risul-ta generalmente caratterizzato da un peso molecolaremedio ponderale (Mw) di 32.000-40.000.

    Analogamente al 2,6-dimetilfenolo, altri fenoli 2,6-bisostituiti con gruppi alchilici, arilici o atomi di cloroo bromo sono stati utilizzati con successo per otteneremediante reazione di accoppiamento ossidativo polife-nileneteri in buona resa (White, 1989). A esclusionecomunque di un parziale successo del poli(2,6-difenil-1,4-fenilenossido) questi polimeri non hanno finora tro-vato un interesse industriale e commerciale.

    Proprietà del polimero e delle sue misceleIl poli(2,6-dimetil-1,4-fenilenossido) è un polimero

    termoplastico lineare amorfo, caratterizzato da una tem-peratura di transizione vetrosa di 205-210 °C, una den-sità di 1,06 g�cm�3 e da buone caratteristiche mecca-niche in un ampio intervallo di temperature, compresetemperature molto basse (conserva buona resistenzaall’impatto anche a �200 °C). Altre caratteristiche pre-mianti di questo polimero sono l’ottima stabilità dimen-sionale, le buone proprietà elettriche, il basso assor-bimento di acqua, la buona resistenza agli acidi e allebasi. La solubilità in alcuni solventi organici risulta al

    contrario critica. Alcune delle proprietà caratteristichedi questo polimero sono riportate in tab. 4.

    Il problema maggiore nell’utilizzo del PPE è legatoalla sua processabilità: l’alta temperatura di transizionevetrosa e l’elevata viscosità del fuso richiedono infattitemperature di trasformazione molto alte (300-350 °C)alle quali il PPE risulta generalmente termossidativamenteinstabile. Anche per questa ragione esso non viene gene-ralmente utilizzato come tale, ma in miscela con altri poli-meri. Per esempio, la temperatura di lavorazione può esse-re notevolmente abbassata per semplice addizione di poli-stirene (PS), il quale, oltre a un costo contenuto, ha unaTg di 100 °C, è facilmente lavorabile e termodinamica-mente miscibile con il PPE a tutte le composizioni. Ilvalore della temperatura di transizione vetrosa e dellaviscosità in fuso di miscele PPE-PS varia con un anda-mento praticamente lineare tra i valori dei due omopoli-meri. Le proprietà e i costi di queste miscele sono quin-di facilmente modulabili sulla base della qua