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TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI – Ver. 01 CAP. 13- TECNOLOGIE Materiale didattico per uso personale degli studenti. Non è consentito l’uso di questo materiale a scopo di lucro. E’ vietato utilizzare dati, informazioni e immagini presenti nel testo senza autorizzazione. Copyright Dipartimento Ingegneria Aerospaziale - Legge Italiana sul Copyright 22.04.1941 n. 633. G. Sala, L. Di Landro, A. Airoldi, P. Bettini 1 Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale – Politecnico di Milano CAPITOLO 13 13 TECNOLOGIE DI DEFORMAZIONE PLASTICA A FREDDO Sinossi e costruzioni aeronautiche convenzionali in metallo sono costituite da elementi sottili (pannelli di rivestimento, ordinate, centine) e da irrigidimenti esili (correnti), i quali danno luogo alla struttura a guscio, estremamente efficientemente nel sopportare i carichi flessionali/torsionali e, nel tempo stesso, nel contenere il carico pagante. Dal punto di vista costruttivo, gli elementi sottili, generalmente realizzati in lega leggera, sono realizzati a partire da lamiere piane tramite tecnologie di lavorazione plastica a freddo (piegatura e stampaggio). Prima di essere deformate, le lamiere devono essere tagliate e contornate, in modo da assumere la forma adatta alla successiva lavorazione. La loro formabilità viene valutata preliminarmente ed eventualmente migliorata con opportuni trattamenti termici. Il processo di deformazione vero e proprio viene scelto anche in base a considerazioni legate all’economicità e numerosità della serie, prendendo in considerazione, in aggiunta alle classiche tecniche di stampaggio alla pressa con stampo e controstampo, altre tecnologie peculiari delle costruzioni aeronautiche, quali lo stampaggio con cuscino in gomma, la tornitura in lastra ed i vari tipi di stretch forming. Ciò comporta l’adozione di impianti, stampi e attrezzature particolari. Tutti questi aspetti costituiscono l’oggetto del presente capitolo. 13.1 Taglio e contornatura processi di lavorazione a freddo delle lamiere si possono dividere in base all’area coinvolta nella deformazione: estesa per le tecnologie di stampaggio (Figura 13.1), concentrata per le tecnologie di piegatura e di taglio/contornatura (Figura 13.2). Figura 13.1 – Tecniche di stampaggio. Lavorazioni a freddo che interessano una superficie estesa. In particolare, queste ultime costituiscono la fase preparatoria alle operazioni successive, in quanto L I

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TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI – Ver. 01 CAP. 13- TECNOLOGIE

Materiale didattico per uso personale degli studenti. Non è consentito l’uso di questo materiale a scopo di lucro. E’ vietato utilizzare dati, informazioni e immagini presenti nel testo senza autorizzazione. Copyright Dipartimento Ingegneria Aerospaziale - Legge Italiana sul Copyright 22.04.1941 n. 633.

G. Sala, L. Di Landro, A. Airoldi, P. Bettini 1 Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale – Politecnico di Milano

CAPITOLO

13

13 TECNOLOGIE DI DEFORMAZIONE PLASTICA A FREDDO

Sinossi e costruzioni aeronautiche convenzionali in metallo sono costituite da elementi sottili (pannelli di rivestimento, ordinate, centine) e da

irrigidimenti esili (correnti), i quali danno luogo alla struttura a guscio, estremamente efficientemente nel sopportare i carichi flessionali/torsionali e, nel tempo stesso, nel contenere il carico pagante. Dal punto di vista costruttivo, gli elementi sottili, generalmente realizzati in lega leggera, sono realizzati a partire da lamiere piane tramite tecnologie di lavorazione plastica a freddo (piegatura e stampaggio). Prima di essere deformate, le lamiere devono essere tagliate e contornate, in modo da assumere la forma adatta alla successiva lavorazione. La loro formabilità viene valutata preliminarmente ed eventualmente migliorata con opportuni trattamenti termici. Il processo di deformazione vero e proprio viene scelto anche in base a considerazioni legate all’economicità e numerosità della serie, prendendo in considerazione, in aggiunta alle classiche tecniche di stampaggio alla pressa con stampo e controstampo, altre tecnologie peculiari delle costruzioni aeronautiche, quali lo stampaggio con cuscino in gomma, la tornitura in lastra ed i vari tipi di stretch forming. Ciò comporta l’adozione di impianti, stampi e attrezzature particolari. Tutti questi aspetti costituiscono l’oggetto del presente capitolo.

13.1 Taglio e contornatura processi di lavorazione a freddo delle lamiere si possono dividere in base all’area coinvolta nella

deformazione: estesa per le tecnologie di stampaggio (Figura 13.1), concentrata per le tecnologie di piegatura e di taglio/contornatura (Figura 13.2).

Figura 13.1 – Tecniche di stampaggio. Lavorazioni a freddo che interessano una superficie estesa.

In particolare, queste ultime costituiscono la fase preparatoria alle operazioni successive, in quanto

L I

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predispongono la lamiera nelle dimensioni e nella forma opportuna. Esse si possono dividere in:

processi per l’ottenimento di semilavorati

processi per l’ottenimento di fori

processi per l’ottenimento di intagli

processi per il controllo dimensionale

Figura 13.2 – Tecniche di piegatura, taglio/contornatura. Lavorazioni a freddo che agiscono su una superficie limitata.

Tutte le operazioni di taglio effettuate tramite stampo e punzone (Figura 13.3) comportano l’applicazione di forze di taglio, di entità dipendente da:

il gioco tra stampo e punzone

l’affilatezza dei bordi taglienti

l’angolo di taglio del punzone e/o stampo

la resistenza a taglio del materiale

la percentuale di penetrazione.

Figura 13.3 - Fasi di una operazione di taglio tramite stampo e punzone.

Il valore g del gioco dipende dallo spessore t e dal materiale della lamiera; la sua influenza è mostrata in Figura 13.4; il valore corretto è calcolato dalla formula:

g = Gt

ove la costante G, dipendente dal materiale, vale (Tabella 13.1):

Tabella 13.1 – Valore della costante G

TIPO DI METALLO o LEGA G

L.L. alluminio della serie 1100 e 5052 0,045

L.L. alluminio della serie 2024 e 6061, acciai inossidabili 0,060

Acciai inossidabili, acciai al carbonio laminati a freddo 0.075

Figura 13.4 - (a) Influenza del gioco g nei confronti della modalità di taglio (b) Distribuzione degli sforzi durante l’operazione di taglio.

Supponendo punzone e stampo con bordi squadrati, e completa rescissione della lamiera, la forza di taglio F vale:

F = τRLt

ove:

τR = sforzo di rottura a taglio del materiale

L = perimetro del taglio

t = spessore della lamiera

Il lavoro L compiuto è dato da:

L = Fd

dove d rappresenta la lunghezza d’azione della forza F, data dallo spessore della lamiera moltiplicato per la percentuale di penetrazione prima del cedimento. In realtà, per limitare il carico istantaneo sul punzone e sullo stampo, i loro bordi sono dotati di un certo angolo di taglio (Figura 13.5); in tal caso la forza di taglio media Fmed risulta ridotta:

Fmed = L/(d + d1)

ove:

d1 = profondità dell’angolo di taglio

Le operazioni di taglio basate su questo principio vengono effettuate per mezzo di:

cesoie a ghigliottina (tagli rettilinei)

pressa con stampo/punzone (tagli curvilinei)

Le costruzioni aeronautiche fanno però largo uso del processo di contornatura, che consiste generalmente in un processo di sgrossatura seguito da una finitura effettuate tramite una fresatrice a braccio scorrevole o articolato, di solito dotata di una testa di foratura e di una testa di contornatura (Figura 13.6). Tale tecnica possiede diversi vantaggi, infatti:

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possono essere realizzati contorni di forma qualsivoglia;

possono essere contornati pacchi di lamiere sottili o singole lamiere di forte spessore;

le lamiere non vengono deformate;

il grado di finitura dei bordi è eccellente;

il procedimento non richiede una tracciatura preventiva: il profilo è ottenuto tramite controllo numerico del braccio della fresatrice oppure tramite opportune dime in metallo, legno o vetroresina (contornatura a copiare).

Figura 13.5 – Esempi di angoli di taglio sul punzone e sullo stampo.

Caratteristiche salienti di una tipica contornatrice sono:

potenza testa di contornatura: 5,0 kW

potenza testa di foratura: 1,5 kW

raggio brandeggio del braccio: 3 m

diametro utensili di fresatura: 12-18mm

materiale utensili di fresatura: WIDIA

raffreddamento: CO2

regime di rotazione: 5.000 rpm

Metodi alternativi per il taglio delle lamiere (alcuni dei quali saranno descritti in capitoli seguenti) sono:

taglio al plasma

taglio laser

taglio water-jet

Figura 13.6 - Esempio di macchina per la realizzazione dell’operazione di contornatura.

13.2 Formabilità a formatura a freddo dei metalli può sostanziarsi in due modalità di deformazione: lo stiramento e

l’imbutitura, a seconda della forma della parte da realizzare; ad ogni modo la formabilità è definita come la capacità di una lamiera di acquisire in maniera permanente la forma voluta senza incontrare fenomeni di strizione localizzata o di strappamento. A questo fine possono essere individuate alcune caratteristiche delle lamiere metalliche di importanza basilare ai fini dell’applicabilità delle tecnologie di deformazione plastica a freddo:

deformazione plastica – definisce la capacità della lamiera di deformarsi uniformemente senza strizioni localizzate (necking): a tal fine sono auspicabili elevati valori degli esponenti di incrudimento n e sensibilità alla velocità di deformazione m;

deformazione allo snervamento – si tratta di un comportamento tipico degli acciai dolci e delle leghe di alluminio e magnesio, in base al quale

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alcune zone si snervano ed altre no, con formazione di irregolarità superficiali (bande di Lueder), che ne rendono difficoltose le operazioni successive (p.e. la verniciatura);

anisotropia nel piano – le lamiere laminate a freddo presentano caratteristiche meccaniche diverse (6-10%) nelle direzioni longitudinale e trasversale a causa dell’orientazione dei grani; essa può essere rimossa tramite ricottura;

anisotropia nello spessore – produce una riduzione di spessore della lamiera durante lo stampaggio, specie nell’imbutitura profonda;

dimensioni del grano – influisce sulla rugosità e sulle prestazioni meccaniche del materiale dopo l’allungamento: tanto maggiore è la dimensione del grano, tanto maggiore è la rugosità (effetto buccia d’arancia);

sforzi residui – causati da deformazioni non uniformi durante lo stampaggio; provocano distorsioni e cricche da stress-corrosion; sono eliminabili tramite distensione;

ritorno elastico – dovuto al recupero elastico del materiale una volta rimosso il carico di stampaggio; esso causa distorsione e perdita di accuratezza dimensionale; viene limitato dalle tecniche di overbending e bottoming (ovvero maggiorazione dei valori effettivi di piegatura e di imbutitura rispetto a quelli teorici);

presenza di grinze – dovuta a sollecitazioni di compressione nel piano della lamiera; può essere evitata con un opportuno progetto degli stampi, dei punzoni e dei premilamiera;

qualità dei bordi – essi possono avere forma irregolare, contenere cricche e zone incrudite; essa può essere migliorata grazie al progetto di stampi, tolleranze e lubrificazione;

qualità della superficie – essa dipende dalla modalità di laminazione delle lamiere; può dar luogo a rotture per strappo (tearing) e indurre un’inaccettabile finitura superficiale.

Per valutare la formabilità di una lamiera può essere utilizzato il cupping test (Figura 13.7), nel quale una lamiera vincolata al contorno viene deformata da un punzone sferico sino all’apparire di una cricca: maggiore è il valore d della profondità di imbutitura, maggiore è la formabilità della lamiera. Un metodo più quantitativo e rappresentativo della realtà consiste nel diagramma limite di formatura (forming-limit diagram FLD) che tiene conto contemporaneamente di:

materiale

processo

orma

Figura 13.7 - Cupping test per la valutazione della formabilità di una lamiera. (a) Schematizzazione della prova. (b) Provini ottenuti con il cupping test. Si notino le cricche.

Per ottenere l’FLD, sulla lamiera viene ricavata per fotoincisione una griglia di circonferenze di diametro 2,5-5,0 mm (Figura 13.8), dalla quale si ricavano provini rettangolari di diversa larghezza, portati poi a rottura in stati di sollecitazione variabili dalla trazione pura alla trazione biassiale.

Figura 13.8 – Forming Limit Diagram – FLD (a) schema della griglia di circonferenze su una porzione di lamiera (b) griglia deformata a seguito di una sollecitazione di trazione (c) diverse tipologie di provini soggetti al cupping test (d) diagramma limite di formatura.

Le circonferenze si trasformano in ellissi: misurandone in corrispondenza della rottura l’asse maggiore (deformazione maggiore sempre positiva) e l’asse minore (deformazione minore può essere positiva o negativa) si ricavano coppie di valori che corrispondono a punti sull’FLD (Figura 13.9).

Il luogo di tali punti costituisce la curva limite di formatura (forming-limit curve FLC) che discrimina le condizioni di formatura “sicure” (al di sotto della curva) da quelle che portano a rottura (al di sopra della curva). Tale curva dipende dalle condizioni di trattamento termico, dallo spessore e – ovviamente - dal materiale della lamiera (Figura 13.10).

Inoltre, confrontando l’area dei cerchi originali con quella delle ellissi, e tenendo conto che le deformazioni plastiche

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Figura 13.9 – Costruzione della curva di FLD.

avvengono a volume costante, è possibile anche valutare la riduzione di spessore della lamiera.

Anche il valore assoluto dello spessore è importante nella formabilità: tanto maggiore esso è, tanto più le curve di Figura 13.10 si innalzano e la formabilità migliora.

Figura 13.10 - Curve limite di formatura per diversi materiali metallici.

Contemporaneamente diminuisce però la capacità di conformarsi senza cricche secondo piccoli raggi di curvatura. Infine, tanto migliore è la lubrificazione e minore l’attrito, tanto più uniformi sono le deformazioni e la riduzione di spessore.

13.3 Piegatura a piegatura è una delle più comuni operazioni di formatura: in questo modo si ottengono svariate

forme di correnti, le solette dei longheroni a C, nonché i labbri delle centine e delle ordinate che ne consentono la chiodatura ai pannelli. Va notato che, a causa della piegatura, le fibre esterne del materiale sono tese, quelle interne compresse: in conseguenza della diversa contrazione trasversale, la larghezza della parte tesa è minore di quella della parte compressa. La lunghezza Lo di lamiera necessaria per ottenere tramite piegatura un dato manufatto è uguale alla lunghezza dell’asse neutro della sezione, ma la posizione dell’asse neutro dipende dal raggio e dall’angolo della piegatura. In pratica, Lo viene determinata dalla formula:

Lo =(2π/360)α(R + kT)

ove:

α = angolo di piegatura

R = raggio di piegatura

T= spessore della lamiera

L

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k = costante 0,33 per R < 2T; 0,5 per R > 2T

La deformazione ε nella lamiera durante la piegatura vale:

ε = 1/[(2R/T) + 1]

al decrescere del rapporto R/T la deformazione delle fibre tese esterne cresce e la lamiera può criccarsi. Il minimo valore del raggio cui una lamiera può essere piegata viene generalmente espresso in funzione dello spessore della lamiera stessa. Esso dipende dal tipo di materiale e dallo stato di trattamento termico (Tabella 13.2).

Tabella 13.2 - Valori del minimo raggio di piegatura. Dipendenza del raggio minimo di curvatura dal materiale e dai trattamenti termici.

Il minimo raggio di piegatura può essere espresso anche in funzione della riduzione dell’area a trazione r, diagrammata in Figura 13.11:

R = T[50/(r – 1)]

Figura 13.11 - Diagramma del raggio minimo di piegatura in funzione della riduzione dell’area a trazione r.

La piegabilità dipende anche dallo stato dei bordi della lamiera: una superficie rugosa, la presenza di inclusioni e di incrudimenti locali promuovono l’innesco di cricche di bordo e la rottura i bordi

vanno eliminati da lavorazioni di macchina o resi duttili con trattamenti termici. Infine va tenuta in conto anche l’anisotropia, le cui direzioni principali si deducono dall’orientazione delle cricche generate a seguito di un cupping test.

Poiché tutti i materiali posseggono un modulo elastico, alla rimozione del carico, la deformazione plastica è seguita da un ritorno elastico (springback), che riduce l’angolo di piegatura e ne aumenta il raggio. Con riferimento alla Figura 13.12, il ritorno elastico è calcolato approssimativamente in funzione dei raggi iniziale Ri e finale Rf come:

Ri/Rf = 4(Riσsn/ET)3 – 3(Riσsn/ET) + 1

dove σsnè lo sforzo di snervamento del materiale.

Figura 13.12 - Ritorno elastico per una lamiera di spessore T soggetta all’operazione di piegatura.

Va notato che il ritorno elastico aumenta all’aumentare del rapporto R/T e dello sforzo σsn e al ridursi del modulo E: spesso nelle costruzioni aeronautiche, a causa dei grandi raggi di piegatura dei pannelli, del basso spessore delle lamiere e del ridotto modulo delle leghe d’alluminio, in assenza di opportuni accorgimenti, la piegatura non raggiunge il regime plastico e si ha un ritorno elastico completo. Il ritorno elastico può essere limitato con diverse tecniche: esasperando la piegatura (overbending Figura 13.13a,b); applicando uno sforzo di compressione localizzato (bottoming, Figura 13.13c,d); applicando una trazione durante la piegatura (stretch-forming, vedi più avanti); usando lamiere pre-stirate (già plasticizzate); operando ad alta temperatura.

La forza necessaria per una piegatura a singolo raggio può essere stimata considerando una semplice lamiera rettangolare. La forza P dipende dalla resistenza σr del materiale, dalla lunghezza L e dallo spessore T della lamiera e dall’apertura W dello stampo (cfr Figura 13.13):

P = (kσr LT2)/W

La costante k assume valori variabili da 0,7 (stampo a U) a 1,33 (stampo a V). La relazione si applica particolarmente bene ai casi in cui il raggio del punzone e lo spessore della lamiera sono molto minori dell’apertura dello stampo.

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Figura 13.13 - Tecniche per limitare il ritorno elastico. (a) e (b) Overbending; (c) e (d) Bottoming.

Durante l’operazione, il valore della forza aumenta fino ad un massimo, poi può diminuire a piegatura completata, per aumentare poi bruscamente quando il punzone raggiunge il suo fondo-corsa. Il processo di piegatura con punzoni a V oppure U viene condotto con presse piegatrici (Figura 13.14), capaci di gestire lamiere di lunghezza fino a 8-10m.

Figura 13.14 – Schema di una pressa piegatrice.

Altre tecniche di piegatura tipica delle costruzioni aeronautiche sono la flangiatura per ottenere i labbri di centine e di ordinate (Figura 13.15), la calandratura per ottenere pannelli dotati di singola curvatura continua (Figura 13.16), la piegatura dei bordi dei pannelli per aumentarne la rigidezza o consentirne la giunzione (Figura 13.17), la formatura per rullatura (Figura 13.18) atta a produrre componenti di piccolo spessore (0,125-2mm), notevole lunghezza e profilo variabile (longheroni a uniforme resistenza) e la piegatura di tubi per impianti idraulici e pneumatici (Figura 13.19); per evitare instabilità locali, devono essere usati mandrini non monolitici/flessibili.

Figura 13.15 - Flangiatura. (a) Semplice, (b) Convessa (c) Concava.

Figura 13.16 - Esempio di una operazione classica di calandratura.

Figura 13.17 - Tipologie di piegatura per i bordi dei pannelli.

Figura 13.18 - Formatura per rullatura.

In generale il raggio minimo R di piegatura di un tubo dipende dalla natura del materiale, dal suo stato di trattamento termico, dal diametro D e dal rapporto tra spessore s e diametro. Nel caso delle leghe d’alluminio in stato di tempra fresca, vale la relazione lineare:

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sR = αD – β

ove:

α = 170

β = 300

Tale relazione si applica entro i limiti (misure in mm):

25 < D < 50, 1 < s < 2

Figura 13.19 - Tipologia di piegature per tubi. (a) Piegatura per stiramento (b) Piegatura per rotazione (c) Piegatura per compressione.

13.4 Stampaggio (o imbutitura) o stampaggio delle lamiere è un’operazione atta a produrre componenti sottili a doppia curvatura, di

forma anche complessa. In via esemplificativa, essa consiste nel porre una porzione di lamiera sopra la cavità di uno stampo e poi di costringervela per mezzo di un punzone. Durante il processo, la lamiera viene premuta contro lo stampo da un premilamiera. Tutti i contatti lamiera/premilamiera/stampo/punzone devono essere accuratamente lubrificati. Lo stampaggio in senso lato comprende un ampio spettro di lavorazioni e condizioni di deformazione della lamiera. I casi estremi sono: a) una deformazione principale positiva, l’altra negativa; b) entrambe le deformazioni principali positive (trazione biassiale della lamiera, con riduzione dello spessore). Convenzionalmente si suddividono queste operazioni in imbutitura leggera (coppe di profondità < al raggio e modesto assottigliamento della lamiera) e imbutitura profonda (profondità > del raggio e forte riduzione di spessore). Durante lo stampaggio (Figura 13.20) la lamiera va soggetta ai seguenti cinque processi:

1) trazionamento puramente radiale tra stampo e premilamiera;

2) piegatura e scorrimento lungo il profilo dello stampo;

3) stiramento e scorrimento tra lo stampo ed il punzone;

4) piegatura e scorrimento lungo il raggio del punzone;

5) stiramento e scorrimento all’estremità del punzone.

A questo proposito, la lamiera può essere divisa in tre porzioni anulari (Figura 13.21):

zona X: in contatto solo con lo stampo e con il premilamiera (subisce i processi 1-3);

zona Y: all’inizio in contatto né con lo stampo né con il punzone (subisce i processi 2-4);

zona Z: in contatto solo con l’estremità piana del punzone (subisce i processi 3-5).

Figura 13.20 - Processo di stampaggio.

Figura 13.21 - Divisione della lamiera in tre porzioni anulari.

All’evolvere dell’operazione, la parte più esterna della lamiera è soggetta ad uno sforzo radiale di trazione e a uno circonferenziale σθ di compressione che, quando supera un valore critico (che dipende dalla dimensione della lamiera), dà luogo ad instabilità con conseguente

L

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formazione di grinze. Si può dimostrare teoricamente che tale valore è compreso tra:

0,46 t0/D0 < σθ /E0 < 0,58 t0/D0

ove:

t0 = spessore iniziale della lamiera

D0 = diametro iniziale della lamiera

E0 = modulo plastico di instabilità, espresso da:

E0 = 4EP/(E1/2 + P1/2)2

ove:

E = modulo elastico

P = modulo plastico secante

Per valutare la stampabilità di una lamiera in una coppa a pareti cilindriche e fondo piatto, occorre considerarne due zone: il bordo esterno, che subisce le deformazioni maggiori e la parete, che deve sopportare una forza sufficiente a deformare il bordo esterno. Se il diametro della lamiera di partenza è eccessivo, tale forza è, a sua volta, eccessiva e la lamiera si assottiglia e cede. La formabilità può quindi essere definita da un rapporto LDR (limiting drawing ratio), tra il massimo diametro della lamiera che può essere stampata senza rotture ed il diametro della coppa. Per studiare la stampabilità si assumono le seguenti ipotesi:

si trascurano le perdite per attrito (efficienza η=1);

si considera materiale perfettamente plastico (esponente d’incrudimento n=0);

lo spessore della lamiera rimane costante;

il materiale è isotropo nel piano;

si applica la teoria di Hill per la plasticità anisotropa.

Si considerino dapprima le deformazioni nel bordo esterno (Figura 13.22), in stato piano di deformazione (εz=0); l’area di un generico elemento originariamente al raggio ρ0 e poi al raggio ρ rimane inalterata:

πρ02 = πρ2 + 2πr1h = costante

derivando :

2 πρdρ + 2πr1dh = 0

da cui:

dρ = - r1dh/ρ

poiché la circonferenza dell’elemento è proporzionale a ρ, dεy = dρ/ρ e dεx = 0, sostituendo risulta:

dεx = - dεy = dρ/ρ= r1dh/ρ2

Il lavoro incrementale dW fatto su questo elemento è dato dal suo volume 2πtρdρ moltiplicato per il lavoro incrementale per unità di volume σxdεx + σydεy + σzdεz.

Poiché dεx = -dεy e dεz = 0, il lavoro per unità di volume vale (σx – σy) dεx ed il lavoro sull’elemento è:

dW = 2πtρdρ(σx - σy)r1dh/ ρ2

Sebbene i valori relativi di σx e σY varino con la posizione dell’elemento, il termine (σx – σy) rimane costante e viene definito σf (sforzo di flusso).

Poiché dεz = 0, σz = 0, σx = -σy risulta σf = 2 σx. Il lavoro totale W di un materiale perfettamente plastico, per ogni elemento, per ogni incremento dh di posizione del punzone e col fattore di efficienza della deformazione η = 1, vale così:

2rrl s1f1f1 Fr/rlntr2dtr2dh/dW

Figura 13.22 - Deformazioni nel bordo estremo. Grandezze che intervengono nella definizione delle forze agenti su una lamiera sottoposta ad una operazione di stampaggio.

La forza di stampaggio Fs, che deve eguagliare dW/dh, raggiunge il suo massimo all’inizio dello stampaggio quando r = r0, cosicché:

Fs(max) = dW/dh(max) = 2πr1tσfln(r0/r1) = 2πr1tσfln(d0/d1)

ovvero:

σf(max) =σfln(d0/d1)

dove d0 e d1 rappresentano rispettivamente i diametri della lamiera e della coppa (cioè del punzone). Oltre alla forza di stampaggio Fs è di massima importanza anche la forza esercitata dal premilamiera Fp, calcolata assumendo empiricamente che la pressione esercitata dal premilamiera pp sia uguale allo 0,15% dello sforzo di snervamento σsn della lamiera, da cui si ricava:

Fp = 0,015 σsn π[d02 – (d1 + 2,2t + 2rr)

2]

dove rr rappresenta il raggio di raccordo tra la parete cilindrica ed il fondo della coppa. Se Fp è troppo bassa si verificano grinze, se è troppo alta la lamiera rimane

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“bloccata”, si stira e si assottiglia eccessivamente, fino a eventuale rottura: molto importante la lubrificazione.

Il diametro della lamiera diminuisce con continuità durante lo stampaggio dal valore iniziale d0 al valore finale del punzone d1. Ad ogni valore intermedio di, lo sforzo di stampaggio σs, per il valore η dell’efficienza di deformazione, è dato da:

σs = (1/η) σfln(di/d1)

ovvero:

Fs = (1/η)πdit σfln(di/d1)

da cui si evince che i valori di σs e Fs diminuiscono con continuità man mano che il punzone penetra nella lamiera. Nel frattempo, per evitare il cedimento, la sezione della parete della coppa deve sopportare la forza Fs(max), ovvero il limite di stampabilità viene raggiunto quando lo sforzo assiale σx raggiunge lo sforzo di rottura della parete σp, cioè:

σx = σp = Fs(max)/2πr1t = σfln(d0/d1)

Per quanto riguarda il limite di stampabilità, poiché la circonferenza della parete è impedita a contrarsi a causa della presenza del punzone, prevale uno stato di deformazione piano εy = 0, cosicché LDR = d0(max)/d1 è governata dal rapporto delle componenti di sforzo corrispondenti allo stato piano di deformazione σp (nella parete) e σb (nel bordo):

β = σp (εy = 0)/ σb (εz = 0) = ln(LDR)

Per un materiale isotropo e perfettamente plastico si ha σp = σb e β =1, quindi LDR = e = 2,72. In realtà, a causa della presenza di flessione e di attrito, il valore di LDR è vicino a 2,1 – 2,2. E’ possibile tener conto di queste perdite introducendo un fattore correttivo nell’efficienza della deformazione η. Per un materiale perfettamente plastico, la reale forza e sforzo massimi di stampaggio valgono:

Fs(max)(a) = (2πr1 σf/η)ln(d0/d1)

e

σx(a) = (σf/η)ln(d0/d1)

e la corrispondente espressione di LDR vale:

ln(LDR) = ηβ

L’efficienza η dipende dalla lubrificazione, pressione del premilamiera, spessore della lamiera, raggio dello stampo. Per LDR = 2,1 – 2,2, η vale 0,74 – 0.79. Per metalli non isotropi:

β = [2R/(R + 1)]0,27

dove R è l’anisotropia normale (plastica) della lamiera, ovvero il rapporto tra le deformazioni plastiche εt/εn

1.

Tabella 13.3 – Valori di anisotropia normale plastica per alcuni materiali metallici.

L’effetto dell’incrudimento può essere tenuto in conto tramite una legge costitutiva tipo σ = Kεn: il massimo della forza di stampaggio Fs(max) è ritardato (rispetto all’azione del punzone) all’aumentare dell’esponente di incrudimento n, mentre il valore di LDR aumenta all’aumentare dell’esponente n e del rapporto β= σp/ σb.

I bordi superiori della coppa stampata generalmente non sono continui, ma presentano irregolarità (vedi sotto “difetti”) sotto forma di valli e di creste (earing); solitamente queste ultime sono quattro, ma possono essere anche due o otto; sono dovute all’anisotropia nel piano: la loro altezza e posizione sono correlate con R:

ΔR = (R0 – 2R45+ R90)/2

per ΔR = 0 non si formano creste; per ΔR > 0 creste a 0°/90°, per ΔR < 0 creste a 45°. Per evitare lo sfrido, il fenomeno dell’earing deve essere il più possibile limitato (valore massimo 4%). L’esito dell’operazione di formatura dipende anche da:

gioco tra stampo e punzone: generalmente il suo valore è maggiore (10-25% ca.) dello spessore della lamiera, per consentirne l’ispessimento durante lo stampaggio;

raggio di raccordo all’entrata dello stampo: se il suo valore aumenta (rimanendo però nel range 2t – 10t, con t spessore della lamiera) il valore della forza di stampaggio può diminuire anche del 35%. Il lavoro di piegatura della

1 Si ricavi dalla lamiera un provino: siano l (longitudinale) e t (trasversale) le due direzioni perpendicolari nel piano ed n (normale) la direzione perpendicolare fuori dal piano. Essendo l, t e n le rispettive deformazioni, si definisce R = t/n. La lamiera è però di solito affetta da un’anisotropia nel piano. In tal caso viene definita l’anisotropia media Rmed:

Rmed = (R0 + 2R45 + R90)/4 Dove R0, R45, R90 sono i valori di anisotropia normale calcolati per provini aventi assi orientati rispettivamente a 0°, -/+45° e 90° rispetto alla direzione di laminazione (Tabella 13.3).

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lamiera, quando essa scorre sul raccordo di entrata dello stampo, aumenta se aumenta il rapporto tra spessore della lamiera e raggio di raccordo. Se però il valore del raggio è eccessivo, si possono verificare grinze nella zona non supportata tra stampo e punzone;

raggio dell’estremità del punzone: esso non influisce in maniera rilevante sull’entità della forza di stampaggio;

modalità di lubrificazione: il ruolo svolto dall’attrito è duplice: è preferibile che esso sia basso sul bordo esterno per ridurre la dissipazione ed elevato sulla superficie cilindrica per migliorare la stampabilità: vengono perciò adottate tecniche di lubrificazione differenziale ed irruvidimento superficiale del punzone. I lubrificanti consistono in oli minerali, saponi, cere, emulsioni e lubrificanti solidi.

Se si trascura la riduzione di spessore della lamiera, l’area della lamiera di partenza deve essere uguale alla somma dell’area della coppa stampata e dei bordi esterni da rifilare. Per una coppa cilindrica con piccolo raggio di raccordo parete/fondo, trascurando lo sfrido per la rifilatura, il diametro della lamiera di partenza si può calcolare a partire dall’espressione:

πD02/4 = πd2/4 + πdh

ove:

D0 = diametro iniziale della lamiera

d = diametro della coppa

h = profondità della coppa

se si vuole che la coppa abbia un bordo esterno w da rifilare, allora il diametro di partenza della lamiera è:

D0 = [(d + 2w)2 + 4dh]1/2

se i raggi di raccordo sono maggiori o se la forma è più complessa, essa viene divisa in forme più piccole e semplici. Il bordo esterno per la rifilatura può variare in dipendenza della dimensione della coppa da 1,5 a 25mm; infine si deve tener conto della riduzione di spessore della lamiera. Una volta calcolato il diametro D0, la stampabilità di una lamiera può essere espressa come D0/d, oppure come percentuale di riduzione dell’area della sezione della lamiera2 (cfr. Figura 13.23): se A0 è l’area della sezione del bordo esterno della lamiera e A1 è l’area del bordo interno (che usualmente viene considerato uguale al diametro della coppa, cioè del punzone) e S0 ed S1 sono le lunghezze dei rispettivi archi, risulta:

2 Un terzo metodo per valutare il limite di stampabilità è costituito dal rapporto tra spessore iniziale e diametro della lamiera t/d0, che è preferibile sia > 1% per evitare grinze. In tutti i casi in cui uno dei tre criteri di stampabilità non sia soddisfatto, è preferibile effettuare l’operazione in più passi successivi, intervallati da trattamenti termici (tempra o ricottura) per le leghe d’alluminio, ricottura per gli acciai.

S0 = D0αα e S1 = D1α

da cui:

A0 = αD0t e A1 = αD1t

e la percentuale di riduzione dell’area vale :

%R = 100(αD0t - αD1t)/αD0t =100(D0 - D1)/D0

il limite di stampabilità si colloca attorno al 47-50% a seconda della natura del metallo (Tabella 13.4):

Tabella 13.4 – Limiti di stampabilità per alcuni metalli

metallo limite di stampabilità

acciaio inox austenitico 50 %

ottone 70% - 30% 50 %

rame 45 %

acciaio dolce 45 %

lega leggera d’alluminio 40 %

Figura 13.23 - Stampabilità di una lamiera. Grandezze che intervengono nella definizione della percentuale di riduzione dell’area della sezione della lamiera.

Nel caso di stampaggi multipli (per esempio tre), la riduzione cumulativa è calcolata come:

%R = 100(D0 – D3)/D0 =100(1 – D3/D0)

cioè:

%R= 100[1 – (D3/D2)(D2/D1)(D1/D0)]

ma:

(D3/D0) = (D3/D2)(D2/D1)(D1/D0)

essendo:

R1 = (D0 – D1)/D0 = (1 – D1/D0) D1/D0 = (1 – R1)

da cui, in conclusione:

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%Rtotale = 100[1 – (1 – R1)(1 – R2)(1 – R3)]

Oltre allo stampaggio vero e proprio, le costruzioni aeronautiche spesso adottano altre operazioni consimili quali:

- stampaggio multiplo: nel caso in cui l’imbutitura sia troppo profonda o la forma sia troppo complicata, l’operazione viene svolta in più passi, inframmezzati da opportuni trattamenti termici. Generalmente la massima riduzione (vedi sopra) al primo stampaggio è del 40-45%, ca.30% per il secondo stampaggio, ca.15% per il terzo stampaggio (Figura 13.24);

Figura 13.24 – Stampaggio multiplo o a più passi. (1) Posizionamento/serraggio di un pezzo ottenuto con un primo stampaggio mediante premilamiera; (2) Secondo stampaggio.

- stampaggio inverso: per il materiale lo stampaggio inverso è meno gravoso dello stampaggio multiplo, in quanto esso va soggetto ad un minor incrudimento; inoltre è necessaria una forza minore (Figura 13.25);

Figura 13.25 - Stampaggio inverso. (1) Posizionamento/serraggio di un pezzo realizzato con un primo stampaggio mediante premilamiera (2) Secondo stampaggio di tipo inverso.

- stampaggio senza premilamiera: la funzione primaria del premilamiera è di evitare la formazione di grinze. A questo fine è anche utile aumentare il rapporto t/d0

tra lo spessore e il diametro della lamiera. Se è verificata la relazione:

dlamiera – dpunzone < 5 tlamiera

allora l’operazione può essere portata a termine senza premilamiera, con un risparmio di costo (Figura 13.26);

Figura 13.26 - Stampaggio senza premilamiera. (1) Posizionamento/serraggio della lamiera senza premi lamiera (2) Stampaggio tramite punzone.

- estrusione (ironing): durante lo stampaggio, il bordo esterno della lamiera tende a ridurre il proprio perimetro e quindi, per conservare il volume, ad aumentare lo spessore: se non vengono presi provvedimenti, il componente stampato avrà bordo di spessore maggiore rispetto alla parete. Per evitare tale inconveniente, il gioco tra punzone e stampo viene progettato in modo che il materiale venga “spremuto”, lo spessore uniformato e le caratteristiche meccaniche del materiale leggermente innalzate (Figura 13.27);

Figura 13.27 - Estrusione per stampaggio. (1) Posizionamento del “sistema” punzone/lamiera nello stampo (2) Estrusione.

- nervatura (embossing): spesso accade che sia necessario conferire maggior rigidezza flessionale ad una lamiera piana. A questo scopo si effettua una operazione di embossing, ricavando tra stampo e contro-stampo un lieve

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imbozzamento, che provoca un assottigliamento e stiramento del materiale (Figura 13.28);

Figura 13.28 - Nervatura.(a) Operazione di nervatura (b) Pezzo nervato finito.

- taglio/stampaggio (lancing): si tratta di un’operazione che viene effettuata quando è necessario ottenere una separazione parziale in una lamiera per ricavare un’apertura a scopo di ventilazione (Figura 13.29).

Figura 13.29 - Tipologie di aperture ottenibili con le operazioni di taglio/stampaggio.

Figura 13.30 - Varietà di difetti associati alla operazione di stampaggio.

L’operazione di stampaggio può portare ad una serie di difetti, mostrati schematicamente in Figura 13.30:

a) grinze (wrinkling) nel bordo: si verificano a causa di fenomeni di instabilità;

b) grinze nella parete cilindrica: si verificano quando anche il bordo viene stampato dentro la coppa e diviene parte della parete cilindrica;

c) cricche nella parete cilindrica: (generalmente vicino alla base) sono dovute a un eccessivo sforzo di trazione e assottigliamento della parete;

d) irregolarità (earing) nel bordo: sono dovute ad anisotropia della lamiera (vedi sopra);

e) rigature superficiali: esse sono imputabili ad irregolarità delle superfici dello stampo e/o del punzone e/o ad insufficiente lubrificazione.

13.5 Magli, presse e stampi l metodo più semplice e meno costoso per effettuare lavorazioni di deformazione a freddo delle lamiere

(utilizzando stampo più punzone) consiste nell’utilizzo di magli ad azione meccanica o pneumatica (Figura 13.31) i quali, applicando una successione di impatti (4-6) di entità crescente (pressioni istantanee di 70-140 MPa), consentono di ottenere imbutiture profonde o di forma complessa.

Figura 13.31 - Esempio di maglio meccanico per lavorazioni di deformazione plastica a freddo.

In genere lo stampo è realizzato in zinco e il punzone in piombo o gomma dura, oppure entrambi in alluminio. Gli attrezzi sono poco costosi, e il processo è semplice, ma molto dipendente dall’esperienza e dalla capacità dell’operatore. In conseguenza della carente ripetibilità, il processo non è adatto a serie produttive numerose. Per questi motivi, nelle moderne costruzioni aeronautiche, lo stampaggio a freddo delle lamiere viene più sovente effettuato per mezzo di presse, di tipo meccanico o idraulico. A differenza del maglio, la pressa esercita la sua azione in maniera lenta e continuativa, così da evitare le conseguenze dell’incrudimento dinamico (aumento dello sforzo di snervamento, aumento del modulo elastico e riduzione del campo plastico) che affliggono un materiale al di sotto della temperatura di ricristallizzazione. Le presse meccaniche vengono classificate in base al tipo di meccanismo che genera la forza (e quindi la pressione), mostrati in Figura 13.32a-c:

a vite

ad eccentrico Figura 13.32a

a manovella Figura 13.32b

a ginocchiera Figura 13.32c

oppure in base alla loro architettura:

I

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a collo di cigno (1 montante)

a portale (2 montanti)

a colonne (4 montanti)

Figura 13.32 - Meccanismi per la generazione della forza di stampaggio per presse meccaniche. (a) Ad eccentrico (b) A manovella (c) A ginocchiera.

Esse sono generalmente di piccolo tonnellaggio, hanno un tempo ciclo più breve delle presse idrauliche, ma più complesse operazioni di regolazione della corsa, sicché non sono adatte per le piccole serie aeronautiche e sono utilizzate per lo stampaggio di piccoli particolari o per l’accoppiamento forzato di componenti. Nel campo delle costruzioni aeronautiche sono più usate le presse idrauliche, il cui schema tipico è riportato in Figura 13.33.

Figura 13.33 - Schema tipico di una pressa idraulica per applicazioni aeronautiche.

Esse sono costituite da un plinto interrato, da un basamento fuori terra, cui è appoggiata la tavola inferiore, alla quale è vincolato lo stampo inferiore, attraverso il quale può eventualmente agire il sistema di eiezione (idraulico) del pezzo stampato. La tavola inferiore è collegata tramite 4 colonne cromate e rettificate alla traversa superiore, che generalmente ospita il motore e le pompe idrauliche, il serbatoio dell’olio e la circuiteria. Alla traversa superiore sono collegati: a) l’attuatore idraulico principale che movimenta (guidata dalle 4 colonne) la traversa mobile, cui è vincolato lo stampo superiore (punzone); b) gli attuatori idraulici secondari, che movimentano la traversa secondaria, collegata al premilamiera (vedi sotto). Rispetto alle meccaniche, le presse idrauliche hanno il vantaggio di poter gestire una qualunque storia temporale sia della velocità della traversa mobile che della pressione applicata. Anch’esse si possono dividere in base all’architettura:

a collo di cigno (1 montante)

a portale (2 montanti)

a colonne (4 montanti)

Di seguito vengono riportate le caratteristiche massime esemplificative di alcune presse usate nello stampaggio delle lamiere aeronautiche:

altezza fuori terra: 11m

profondità plinto: 4m

capacità massima 80 MN

area stampabile 3x9m

spessore stampabile 13mm lega leggera

corsa 1000mm

luce libera 500mm

velocità avvicinamento 130 mms-1

velocità di lavoro 3 mms-1

velocità di ritorno 130 mms-1

Dal punto di vista operativo, le presse idrauliche vengono divise anche in base al numero dei possibili movimenti indipendenti dei suoi componenti. In Figura 13.34a è riportato lo schema di una pressa a semplice effetto, nella quale l’attuatore principale movimenta la traversa mobile, cui è collegato il punzone, che stampa la lamiera. La Figura 13.34b mostra due possibili schemi di una pressa a duplice effetto; in entrambi i casi per prima cosa scorre verso il basso il premilamiera3 e in un secondo tempo il punzone.

3 Il premilamiera è una parte mobile dello stampo, a forma di cornice. Esso, movimentato da attuatori secondari, anticipa la discesa del punzone e prende contatto con la lamiera lungo il contorno di quest’ultima. Il premilamiera applica una pressione (lubrificata) non tanto forte da bloccare del tutto la lamiera, né tanto leggera da lasciarla completamente libera di scorrere. Così facendo esso “stira” la lamiera, induce un’uniforme riduzione dello spessore, evita la formazione di grinze e la concentrazione delle deformazioni.

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(a)

(b)

(c)

Figura 13.34 – (a) Schema di una pressa a semplice effetto; (b) Tipologie di schemi per presse a duplice effetto. Pressa con punzone tuffante (a sinistra) e pressa con punzone non tuffante (a destra); (c) Schema di una pressa a triplice effetto.

Il primo schema prevede un punzone completamente avvolto dal premilamiera (punzone tuffante), mentre il secondo schema prevede invece un premilamiera posto sotto il punzone, mosso da attuatori che attraversano la traversa mobile. In Figura 13.34c è riportato lo schema di una pressa a triplice effetto, in cui, ai movimenti verso il basso di punzone e premilamiera si aggiunge il moto verso l’alto di un contro-punzone, azionato da un attuatore idraulico/pneumatico. In tal modo si possono realizzare delle contro-imbutiture (doppia imbutitura con raggi di segno opposto) o lavorazioni combinate di imbutitura e di coniatura, per eliminare parti interne della lamiera (ad esempio i fori di alleggerimento nelle centine e nelle ordinate). Per maggior chiarezza, in Figura 13.35 è riportata la sequenza delle operazioni relative ad uno stampaggio a triplice effetto, facendo riferimento al solo assieme punzone-premilamiera-stampo-eiettore (per simmetria, ne viene rappresentata una sola metà).

Figura 13.35 - Sequenza delle operazioni relative ad uno stampaggio con una pressa a triplice effetto. (0) Posizionamento della lamiera (1) Serraggio della lamiera mediante premilamiera (2) Imbutitura tramite punzone (3) Contro-imbutitura tramite il contro-punzone.

Nelle operazioni convenzionali alla pressa con punzone e stampo, questi sono normalmente realizzati in acciaio o in ghisa lavorati alla macchina utensile CNC, cromati e rettificati; devono anche essere previsti opportuni fori per evitare che rimanga intrappolato un cuscino d’aria. Gli stampi sono vieppiù complicati a seconda che si tratti di stampaggio a semplice, duplice o triplice effetto. Per evitare la formazione di grinze, spesso tra stampo e premilamiera sono posti dei risalti (beads) di diametro 13-20mm (Figura 13.36), i quali aumentano la forza

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necessaria per “tirare” la lamiera entro lo stampo e ne uniformano lo spessore.

Figura 13.36 -Risalto. (a) Posizione di un risalto in una macchina per stampaggio (vista laterale) (b) Posizione dei risalti nei confronti, prima e dopo l’operazione di stampaggio, della lamiera in lavorazione (c) Diverse tipologie di deformazione..

Per serie limitate vengono altresì utilizzati stampi in legno o legno “migliorato” (impregnato con resine). Comunque la realizzazione e l’aggiustaggio dell’accoppiamento tra punzone, premilamiera e stampo è sempre molto onerosa, anche servendosi dell’ausilio di strumenti per il virtual manufacturing. Allo scopo di ridurre tale onerosità, vengono spesso utilizzati stampi normalizzati, cioè di dimensione e forma standard, da potersi utilizzare (ed ammortare) su produzioni più numerose, eventualmente completati da particolari specializzati (Figura 13.37) per produrre forme specifiche.

Figura 13.37 - Esempio di pezzo ottenuto mediante uno stampo normalizzato e particolari specializzati aggiuntivi (A) e (B).

Una via per limitare i costi di attrezzaggio e, soprattutto, di aggiustaggio consiste nell’utilizzo di stampi in materiali plastici (eventualmente rinforzati con fibre di vetro); a questo scopo possono venire resine termoindurenti di tipo:

epossidiche

poliestere

fenoliche

Facendo riferimento alla Figura 13.38, il procedimento per ottenere un punzone in materiale plastico (dotato di un’armatura interna metallica) consiste nei seguenti passi:

si realizza la matrice (la cui forma corrisponde a quella dello stampo) in lega basso fondente zinco-alluminio (94%-6%), ricoperta con uno strato distaccante;

si avvicina alla matrice l’armatura interna del punzone, pure in lega basso fondente piombo-antimonio (95%-5%), dotata di viti prigioniere di collegamento del punzone con la traversa mobile della pressa e di canali entro cui viene colata la resina, fino ad un determinato livello;

si completa la colata della resina in maniera da ottenere una superficie perfettamente piana, orizzontale e di spessore controllato, atta a garantire il suo corretto collegamento con la traversa della pressa.

Figura 13.38 - Procedimento per l’ottenimento di un punzone in materiale plastico.

13.6 Altri processi e parti strutturali delle costruzioni aeronautiche sono caratterizzate da serie produttive limitate e da

morfologie tipiche: a semplice curvatura (a grande raggio, come i pannelli alari e di fusoliera, oppure a piccolo

L

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TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI – Ver. 01 CAP. 13- TECNOLOGIE

Materiale didattico per uso personale degli studenti. Non è consentito l’uso di questo materiale a scopo di lucro. E’ vietato utilizzare dati, informazioni e immagini presenti nel testo senza autorizzazione. Copyright Dipartimento Ingegneria Aerospaziale - Legge Italiana sul Copyright 22.04.1941 n. 633.

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raggio come i bordi d’attacco alare) e a doppia curvatura (come ogive, carenature e radomes). Sulla base di queste due specificità sono state sviluppate diverse tecnologie, di uso quasi esclusivo del settore aeronautiche, che vengono dettagliate qui di seguito:

stretch forming – un pericolo incombente, stante i bassi spessori delle lamiere e i grandi raggi di curvatura cui esse debbono conformarsi, è il verificarsi di un ritorno elastico completo, che comporta l’impossibilità di effettuare l’operazione. A questo inconveniente si può ovviare in diversi modi:

trattando termicamente le lamiere (per le leghe d’alluminio, tempra o ricottura), in maniera da ridurne preliminarmente lo sforzo di snervamento ed aumentarne il campo plastico;

utilizzare lamiere pre-stirate appena oltre il limite di snervamento, in modo che qualsiasi ulteriore deformazione si verifichi già in campo plastico;

adottare tecniche che sottopongano la lamiera contemporaneamente all’azione di formatura per raggiungere la morfologia voluta e di stiramento per garantire l’instaurarsi di un campo di deformazioni in campo plastico, oltre che un uniforme riduzione di spessore: sono queste le tecnologie di formatura per stiramento (stretch-forming), cfr. Figura 13.39.

Prima di descrivere in dettaglio i metodi specifici, vanno ricordati i vantaggi generali di questo approccio:

è necessario un solo stampo (maschio);

lo stampo è realizzato con materiale vile;

possono realizzarsi curvature composte;

non si verifica ritorno elastico.

Facendo riferimento alla Figura 13.40, a causa dell’attrito con lo stampo, la trazione nella lamiera varia lungo il suo sviluppo, dal massimo nei punti A, dove agiscono gli afferraggi, al minimo nel punto centrale O. Essendo R il raggio di curvatura dello stampo, T la forza di trazione per unità di lunghezza e ds la lunghezza dell’elementino infinitesimo, dall’equilibrio delle forze in direzione radiale si calcola la pressione di contatto p:

p = T / R

dall’equilibrio delle forze in direzione tangenziale, essendo μ il coefficiente d’attrito, si ricava:

dT/T = (μ/R)ds

da cui, integrando, si ottiene:

BAOB dsR/1T/Tln

dove TB rappresenta la tensione nel generico punto B.

Figura 13.39 - Fasi successive per una operazione di formatura per stiramento.

Figura 13.40 – Analisi globale (a) e locale (b) delle forze agenti su una generica lamiera

Per quanto riguarda la valutazione del ritorno elastico, facendo riferimento alla Figura 13.41, la deformazione flessionale alla distanza y dal piano medio vale:

εf = y/R*

essendo t lo spessore e R* il raggio del piano medio :

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R* = R + t/2

Il massimo valore di εf si verifica in corrispondenza delle fibre più esterne per y = t/2. La deformazione εt dovuta alla trazione può essere calcolata come:

εt = (T/Et) per εt < εsn

εt = (T/Kt)1-n + εsn + ε0 per εt > εsn

avendo tenuto conto delle leggi costitutive (equazione di Swift):

σ = Eε per εt < εsn

σ = K(ε0 + ε – εsn)n per εt > εsn

ove:

E = modulo elastico

K = modulo plastico

εsn = deformazione allo snervamento

ε0 = deformazione al limite elastico

n = costante d’incrudimento del materiale

Figura 13.41 - (a) Elementino infinitesimo per la valutazione del ritorno elastico (b) Andamento delle deformazioni di flessione pura, di trazione pura e la loro somma agenti su una sezione generica interessata da una operazione di formatura per stiramento.

Quindi l’entità della trazione e del momento flettente per unità di lunghezza T e M, ovvero di εt e εf, dipende la completa/incompleta plasticizzazione della sezione della lamiera. Nella tecnologia di formatura per stiramento il ritorno elastico è in pratica trascurabile. Infatti, facendo riferimento alle Figura 13.42, Figura 13.43, Figura 13.44 si nota che, all’aumentare della trazione, la parte di sezione della lamiera sollecitata elasticamente trasla verso la superficie interna. Essa scompare del tutto quando la trazione diventa sufficientemente elevata da deformare plasticamente sia la superficie esterna che quella interna. Perché la sezione sia completamente deformata in campo plastico deve risultare:

εt – εf > εsn

Nella pratica, il principio generale di formatura per stiramento è applicato a macchine del tipo mostrato nelle Figura 13.45-Figura 13.46, atte a produrre bordi d’attacco o, più specificamente dalle macchine

Schuler, Sheridan, SNCASO o Hufford riportate in Figura 13.47.

Figura 13.42 – Effetto dell’aumento della trazione durante l’operazione di piegatura rispetto alla parte di sezione della lamiera sollecitata elasticamente.

Queste macchine arrivano ad applicare trazioni di 3,2 KN e i mandrini spinte di 70 KN. Esse possono deformare lamiere lunghe fino a 10m e spesse fino a 10mm, con allungamenti del 5-10% e strizioni del 2-5%.

stampaggio con cuscino in gomma – lo stampaggio convenzionale alla pressa richiede due attrezzi specifici (lo stampo ed il punzone), molto costosi e non sempre ammortabili con le piccole serie aeronautiche. Sono allora state sviluppate diverse tecniche che, sfruttando la deformabilità e l’incomprimibilità degli elastomeri o di opportuni fluidi (che prendono il posto dello stampo femmina) consentono di “risparmiare” il costo di un attrezzo, aggiungendo talvolta ulteriori potenzialità alla tecnologia.

Il principio generale di funzionamento è rappresentato in Figura 13.48: l’elastomero (o il fluido) occupa tutto il volume attorno al punzone e, grazie alla propria incomprimibilità, applica una pressione idrostatica alla lamiera, obbligandola ad assumere la forma del punzone stesso.

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Figura 13.43 - Effetto dell’aumento della trazione durante l’operazione di piegatura rispetto alla curva sforzo-deformazione del materiale.

Figura 13.44 - Effetto dell’aumento della trazione nei confronti della parte di sezione della lamiera sollecitata elasticamente e sulla curva sforzo-deformazione del materiale.

Figura 13.45 - Esempio di macchina a cui è applicato il principio generale della formatura per stiramento. (a) Posizionamento (b) Stiramento (c) e (d) Stiramento e deformazione (e) Conferimento della forma finale del pezzo.

Figura 13.46 - Un altro esempio di macchina, di tipo idraulico, a cui è applicato il principio generale della formatura per stiramento

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Figura 13.47 - Altri schemi di tipologie di macchine. Schuler, Sheridan, SNCASO o Hufford.

Figura 13.48 - Principio generale di funzionamento dello stampaggio con cuscino in gomma.

L’analisi del processo schematizzato nella Figura 13.49a,b prende le mosse dalle ipotesi:

assenza di scorrimento lamiera/elastomero

lamiera in stato piano di deformazione

piano neutro coincidente con piano medio

sforzi radiali nella lamiera trascurabili

attrito lamiera/elastomero trascurabile

legge costituitiva per il flusso plastico del materiale data dall’equazione di Swift:

σ = K(ε0 + εp)n

ove:

σ = sforzo effettivo

εp = deformazione plastica effettiva

K, ε0, n = costanti del materiale

(a)

(b)

Figura 13.49 - Analisi di processo per lo stampaggio con cuscino in gomma. (a) forma iniziale/finale di una lamiera (b) andamento tipico del momento flettente durante la fase di stampaggio (stage 1) e nel momento in cui l’estremità tocca il punzone (stage 2)

Trascurando gli sforzi radiali, gli sforzi circonferenziali σθ che nascono in conseguenza della flessione indotta dall’elastomero sulla lamiera sono:

σθ = E ε0 per ε < εsn

σθ = AK(ε0 + ε – εsn)n per ε > εsn

ove:

A = (2/31/2)[(2+r)(1+r)/2(1+2r)]1/2

ed r è il rapporto delle deformazioni plastiche medie per lamiere anisotrope, ε e εsn la deformazione effettiva totale e la deformazione allo snervamento. La relazione tra deformazione totale e deformazione circonferenziale è espressa come:

ε = A εθ

mentre la deformazione circonferenziale vale:

εθ = y/R

avendo posto y la distanza dal piano neutro ed R il raggio di curvatura. Allora il momento flettente è:

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2/h0 ydy2M

yE0

2/tyE

nsn0 ydyAAKydyE2M

ovvero:

yE0

2/tyE

nsn0 ydyR/AyAKRydy/Ey2M

dove t è lo spessore della lamiera e yE la posizione dell’interfaccia tra zona elastica e zona plastica. Integrando tale relazione si ottiene il legame tra M ed R in caso di pura flessione. In realtà il processo può essere diviso nelle due fasi mostrate in Figura 13.49b: piegatura della lamiera fino a che l’estremo libero tocca lo stampo; conformazione della lamiera contro lo stampo dovuta alla pressione esercitata dall’elastomero. Il momento flettente in un qualsiasi punto B posto alla distanza s dall’estremo libero vale:

s0 pldsM

avendo posto p pressione ed l distanza perpendicolare tra B e la direzione di applicazione della pressione. In conclusione risulta perciò:

s0

yE0

2/tyE

nsn0 ydyR/AyAKRydy/Ey2plds

da cui si può calcolare la pressione conoscendo il raggio o viceversa. Quando l’estremità della lamiera tocca lo stampo ed inizia la seconda fase, la distribuzione del momento cambia come indicato e la lamiera può essere considerata come una trave con un estremo fisso ed uno mobile. All’aumentare della pressione, l’estremo libero scorre lungo la superficie dello stampo. Il fatto che si verifichino ulteriori deformazioni plastiche in corrispondenza del raggio di curvatura dipende dall’entità del momento, il quale –per altro – diminuisce drasticamente quando l’estremità della lamiera tocca lo stampo. Approssimativamente occorre un aumento di pressione del 400% per causare ulteriore deformazione plastica a questa estremità. Se non viene esercitato un tale livello di pressione, la deformazione relativa alla seconda fase è quasi totalmente elastica e viene recuperata alla rimozione del cuscino in gomma. Questi principi generali trovano applicazione nelle diverse tecniche; le più comunemente usate nelle costruzioni aeronautiche sono:

tecnica Guérin (Figura 13.50) – uno dei due stampi viene eliminato e sostituito da un cuscino in gomma (durezza Shore 50), contenuto in una cassetta in acciaio il più rigida possibile, in maniera da impedire dilatazioni della gomma. Il limite di deformabilità della gomma non consente di effettuare imbutiture profonde in un’unica soluzione; si possono ottenere

eccellenti raggi di raccordo convessi e mediocri raggi concavi; l’usura superficiale del cuscino principale viene limitata utilizzando materassini sacrificali.

Figura 13.50 - Tecnica Guérin.

Il cuscino svolge nel contempo la funzione di stampo complementare e di premilamiera. Gli stampi sono realizzati in:

legno

legno migliorato ( Masonite)

materie plastiche

zinco e sue leghe ( Zamak, Kirksite)

leghe di alluminio

ghisa

Il processo Guérin richiede presse idrauliche di grande capacità (sino a 150 MN). Le pressioni necessarie allo stampaggio sono riassunte nella tabella Tabella 13.5:

Tabella 13.5 – Pressioni necessarie allo stampaggio nel processo Guérin

Materiale Pressione (MPa)l.l.alluminio (spess. < 1,6mm) 20 l.l.alluminio (spess. > 3,6mm) 35

acciai inossidabili 50 acciai da imbutitura 70

leghe di titanio 180

Le lamiere da stampare in lega d’alluminio devono essere nello stato temprato fresco (l.l. alluminio) o ricotto (acciaio o leghe di titanio). Esiste un processo similare (SNCA-SO), che garantisce un miglioramento a fronte di un modesto aggravio di costo rispetto al processo Guérin. Esso comporta l’utilizzo di uno stampo vero e proprio e del suo complementare. Quest’ultimo ha però forma sbozzata e non rifinita, onde risparmiare i costi di lavorazione e, soprattutto, di aggiustaggio. Il cuscino in gomma è racchiuso tra i due ed applica alla lamiera la pressione necessaria senza dover deformarsi (ed usurarsi) eccessivamente;

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tecnica Marform (Figura 13.51) – rispetto alla tecnica Guérin classica, essa fa uso aggiuntivo di una cornice premilamiera mossa da un pistone idraulico: si tratta quindi di uno stampaggio a duplice effetto anziché a semplice (Guérin).

Figura 13.51 - Tecnica Marform. (a) Posizionamento della lamiera (b) Serraggio tramite punzone in gomma (c) Abbassamento della premilamiera in metallo e successivo stampaggio (d) Eiezione tramite premilamiera.

All’inizio la lamiera è appoggiata al premilamiera ed è tangente al punzone. Quando la traversa mobile è scesa fino a che il cuscino in gomma ha preso contatto con l’assieme lamiera/punzone/ premilamiera, quest’ultimo scende a sua volta, lasciando che il punzone (rimasto immobile) penetri nel volume del cuscino in gomma: la pressione che ne deriva è tale da deformare la lamiera racchiusa tra i due. Al termine dello stampaggio, la traversa mobile si allontana e il premilamiera funge da eiettore. Durante la deformazione la lamiera è vincolata sulla superficie dall’attrito con il cuscino in gomma e lungo il contorno dall’azione del premilamiera: questo fatto, unito al controllo in spostamento dell’attuatore idraulico che muove il premilamiera, costituisce il vero vantaggio del processo Marform. Sono così possibili imbutiture profonde (fino al 60% delle dimensioni in pianta della lamiera piana) di lamiere spesse, senza la presenza di grinze e con pressioni di 40-45 MPa. Il procedimento Hi-Draw è del tutto analogo;

tecnica Hydroform (Figura 13.52) – essa viene spesso assimilata alle tecniche Guérin e Marform, ma solo perché anch’essa richiede l’utilizzo di un elastomero, questa volta però sotto forma di un diaframma sottile e deformabile che serve a contenere liquido in pressione. Il procedimento è poi del tutto diverso e richiede l’uso di presse speciali.

Figura 13.52 - Tecnica Hydroform. (a) Posizionamento della lamiera (b) Serraggio della lamiera tramite l’azione di un fluido in pressione che agisce su un diaframma in gomma (c) Stampaggio tramite il punzone.

Viene utilizzato un solo stampo (il punzone) mosso da un attuatore idraulico, che penetra nel diaframma; quest’ultimo è mantenuto a contatto con il punzone (e con la lamiera frapposta) da una pressione idraulica retrostante. In tal modo la pressione è costante in ogni punto della lamiera: non si creano grinze ed è possibile eseguire in un’unica operazione imbutiture profonde di forma complicata di qualità migliore rispetto ai processi Guérin e Marform. La procedura prevede che il contenitore dell’olio idraulico venga prima posizionato e poi abbassato in modo che il diaframma in gomma entri in contatto con la lamiera ed il premilamiera; poi il fluido viene pressurizzato (50-60 MPa) ed è azionato il punzone (pressione del fluido in questa fase oltre i 100 MPa). Quando il punzone ridiscende, il premilamiera funge da eiettore. Presse di questo tipo sono in grado di imbutire lamiere di diametro di poco inferiore ad 1m, di spessore 10mm (acciaio dolce) e 15 (l.l. alluminio) ad un ritmo di 90 cicli/ora. La vita utile del diaframma elastomerico, a patto di utilizzare un opportuno rivestimento anti-usura è di circa 15.000 cicli di stampaggio;

tecnica Verson (Figura 13.53) – in questo caso il punzone non è dotato di alcun movimento: la pressione (35-70 MPa) deriva dal liquido contenuto in una vescica in gomma. Quest’ultima è protetta dal contatto diretto con la lamiera da stampare tramite un cuscino spesso in gomma. La tecnica Verson garantisce gli stessi vantaggi della tecnica Hydroform, ma la corsa ridotta derivante dal gonfiaggio della vescica non consente imbutiture profonde. Le presse Verson hanno struttura del tutto diversa rispetto alle presse tradizionali e, a pari capacità (che può raggiungere i 200 MN), hanno un ingombro molto minore

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Figura 13.53 - Tecnica Verson. (a) Posizionamento della lamiera (b) Iniezione di un fluido in pressione nella vescica e successivo stampaggio tramite punzone/cuscino in gomma (c) Pezzo finito.

tecnica Diaform (Figura 13.54) – si tratta di un processo molto simile alla tecnica Verson, ma migliorato, in quanto la tavola che porta lo stampo e la lamiera si solleva idraulicamente, riducendo così la corsa della vescica, limitandone la deformazione ed allungandone la vita operativa. Di seguito vengono riportate alcune caratteristiche tipiche della tecnica Diaform:

pressione nella vescica 45 MPa

capacità della pressa 180 MN

superficie utile 1,2x3,0m

spessore della vescica 10mm

spessore dello strato in gomma 150mm

ritmo produttivo 30 cicli/ora

In conclusione si può affermare che, in base al criterio della qualità dei pezzi, i processi Hydroform e Verson sono preferibili alle tecniche Guérin e Marform, in quanto la pressione è esercitata da un fluido anziché dalla gomma ed è quindi perfettamente idrostatica (uniforme e perpendicolare in ogni punto). In base invece al criterio della profondità e della complessità dell’imbutitura, sono preferibili i processi Marform ed Hydroform rispetto alle tecniche Guérin e Verson. Il processo Hydroform è il migliore in assoluto, in

quanto utilizza pressioni che possono superare i 100 MPa, mentre la pressione della tecnica Marform attualmente è limitata a 400 MPa circa.

Figura 13.54 - Tecnica Diaform.

tornitura in lastra – detta anche spinning in inglese, è una tecnologia atta a produrre pezzi medio/grandi (diametro max. 6m) di forma assialsimmetrica a partire da una lamiera piana, utilizzando un mandrino, un rullo e un’apparecchiatura assimilabile ad un tornio parallelo. La tornitura in lastra viene adottata per produrre in piccola serie: ogive di eliche, corpi cilindrici e anulari per turboreattori, coni di missili, serbatoi alari e d’estremità, cerchi ruota. Possono anche essere realizzati componenti con sotto-squadro (a patto di utilizzare un mandrino smontabile) o semi-lavorati da stampare ulteriormente alla pressa. Sono facilmente torniti in lastra (con profondità almeno pari al diametro) le leghe leggere d’alluminio e gli acciai dolci ed inossidabili. Altri metalli possono dover essere lavorati a caldo. In dipendenza della morfologia e del dimensionamento del pezzo finito, si usa suddividere la tornitura in lastra in tre metodologie specializzate:

tornitura in lastra convenzionale (Figura 13.55Figura 13.55) – un disco di lamiera è tenuto contro l’estremità di un mandrino rotante (in legno o vetroresina) avente la forma interna del pezzo da realizzare, mentre un utensile applica una pressione tale da deformare la lamiera, conformandola alla superficie del mandrino. Il processo comporta diverse fasi, che possono essere svolte manualmente o automaticamente (CNC). Poiché non si verifica apprezzabile riduzione di spessore, il diametro iniziale della lamiera viene calcolato assumendo il volume costante;

fluotornitura (Figura 13.56) – il pezzo viene formato sul mandrino non più a causa di una deformazione di

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flessione, ma di taglio; il metallo fluisce plasticamente e subisce una forte riduzione di spessore (fino al 75%).

Figura 13.55 - Tornitura in lastra convenzionale. (a) Serraggio della lamiera sul mandrino (b) e (c) Deformazione della lamiera tramite un opportuno utensile.

Figura 13.56 - Fluotornitura

Per una semplice forma conica, lo spessore finale tf del pezzo viene calcolato a partire dallo spessore iniziale ti e dalla semiapertura α del mandrino:

tf = tisinα

di norma l’assottigliamento della lamiera è quantificato dal rapporto di riduzione r:

r = (ti – tf)/ti

il cui valore massimo ammissibile è ben correlato con la riduzione di sezione in una prova di trazione: per una riduzione di area del 50%, lo spessore del materiale durante una singola passata di fluotornitura può essere dell’80%. Mentre nella tornitura in lastra il diametro della lamiera è maggiore di quello del pezzo finito, nella fluotornitura essi sono identici. Si possono ottenere pezzi tubulari a diametri multipli (max. 3m) e generatrice curvilinea. La fluotornitura, grazie all’incrudimento a freddo del metallo, ne migliora le caratteristiche e consente di ottenere tolleranze molto strette. A causa delle elevate pressioni che è necessario esercitare, gli attrezzi devono essere realizzati in acciaio da utensili, ed il tornio deve essere dotato di cilindri di reazione dalla parte opposta al rullo, per reagire alle forze applicate, oppure di una coppia di utensili contrapposti. A causa delle grandi

deformazioni che si vengono a creare, il processo è fortemente esotermico e necessita di un sistema di lubrificazione e raffreddamento;

fluotornitura di tubi (Figura 13.57) – è la tecnica utilizzata per ridurre lo spessore ed aumentare la lunghezza di un tubo in conseguenza dell’azione di un rullo che preme il metallo su di un mandrino cilindrico rotante. Si può avere fluotornitura di tubi interna o esterna, diretta o inversa (come per l’estrusione). La tecnica è simile alla fluotornitura, ma il semilavorato di partenza è un tubo anziché un disco: la riduzione di spessore r viene comunque calcolata nello stesso modo. Questa tecnica serve per produrre recipienti in pressione, componenti di missili e turboreattori e gli alberi di compressori e delle turbine dei motori a reazione (ad esempio l’albero del compressore del motore Rolls-Royce Olimpus del supersonico civile Concorde è prodotto per forgiatura e poi per fluotornitura.

Figura 13.57 - Fluotornitura di tubi. (a) Esterna (b) Interna.

In generale i vantaggi di queste tecnologie sono:

ridotti tempi ciclo (pochi secondi)

sfrido molto limitato

semplicità ed economicità degli attrezzi

possibilità di ottenere sottosquadri

mentre gli svantaggi sono:

riduzione di spessore delle lamiere

alta intensità di manodopera

necessità di manodopera qualificata

13.7 Aspetti economici dello stampaggio e tecnologie di deformazione plastica a freddo di lamiere sono molto versatili, tanto che - di solito -

uno stesso componente può venir realizzato con diverse tecniche di questo tipo, oltre che con tecnologie del tutto diverse, ma tutte potenzialmente competitive. Ad esempio, un pannello a doppia curvatura può essere realizzato per imbutitura profonda, tornitura in lastra, stampaggio con cuscino in gomma oppure per colata o

L

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forgiatura. Il componente di Figura 13.58 può venir prodotto sia per imbutitura profonda che per tornitura in lastra, con costi dei due processi significativamente diversi: gli stampi per imbutitura profonda sono infatti costituiti da molti componenti ed i loro costi sono molto più alti del semplice mandrino necessario ad una tornitura in lastra. Di conseguenza, l’ammortamento dello stampo è più gravoso per piccole serie produttive, quali di solito sono quelle aeronautiche. D’altra parte, questo componente può essere realizzato per imbutitura molto più velocemente rispetto alla tornitura in lastra (ancorché automatizzata); quest’ultima tecnica richiede inoltre manodopera più qualificata. In considerazione di tutto ciò, per il caso specifico, il punto di break-even corrisponde a circa 700 unità prodotte: la tornitura in lastra è conveniente per numerosità minori, l’imbutitura per serie produttive più numerose.

Figura 13.58 - Effetto del numero di elementi da produrre, parametrizzato in funzione della lavorazione, sul costo relativo di produzione di un pezzo.

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Elsevier Butterworth-Heinemann – Londra, 2002.

[7] Kalpakijan, S., Schmid, S.R.:

“Manufacturing Engineering and Technology”

Prentice-Hall, Inc., Upper Saddle River –New Jersey, 2001.

[8] Mielnik, E.M.:

“Metalworking Science and Engineering”

McGraw-Hill, Inc., New York, Parigi, 1991.