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15 07.09.2012 n° 31 L’Angolo di Cesare Pradella Carpi - Medjugorje: il viaggio dell’anima La solitudine del carcere G li scrittori Vittorio Messori e Antonio Socci hanno scritto che “Medjugorje è un luo- go speciale, privilegiato, un luogo di grazia, oltre a essere il più grande confessionale del mondo, visto che qui, vi si confessano mediamente 4mila persone al giorno”. E il giornalista cattolico Pao- lo Brosio ha aggiunto che la “maggior parte delle persone che ci vanno per la prima vol- ta (1 milione da tutto il mondo ogni anno) non conoscono i motivi del loro viaggio. E’ soltanto al ritorno che ne scoprono le ragioni: una chiamata”. Persino papa Giovanni Paolo II disse, “se non fossi Pontefice sarei già andato a Medjugorje per confessare”, unendosi ai 500 sacerdoti che, giornalmente, si alternano ai confessionali. Medjugorje è per i pellegrini di oggi, con le salite al Pro- dbo, la collina delle appari- zioni e alla collina della croce bianca, il Krizevac, quello che è stato il Monte Tabor per i discepoli. Anche la Parroc- chia di Soliera, diretta da don Antonio Manfredini, ha vo- luto trascorrere il ferragosto in maniera insolita, recandosi tra le colline di questa sperdu- ta località della Bosnia, vicina a Mostar e a Dubrovnik, in pieno territorio musulmano, poco distante dal confine col Montenegro, località divenu- ta nel giro di trent’anni, dal momento della prima appari- zione di Maria nel 1981 a sei giovani, luogo privilegiato di incontri, preghiera, solidarie- tà, fratellanza e condivisione dei veri valori spirituali. E così 80 pellegrini di Solie- ra, Carpi e Modena hanno viaggiato in pullman, gui- dati da don Antonio e dagli organizzatori Albachiara, Margareth e Massimo. Del gruppo facevano parte an- che don Giancarlo Suffritti, fondatore della Comunità di recupero l’Angolo di Modena e due Legionari di Cristo, i messicani padre Alejandro e padre Fernando, attual- mente impegnati in Italia nella Diocesi di Verona. E così, grazie anche alla visi- te alle Comunità di recupero di tossicodipendenti Il Cena- colo di suor Elvira, dove i ragazzi affermano di essere “risorti in questa scuola di vita da dove non si scappa dai problemi, ma li si affronta per superarli”, a quella di ac- coglienza di bambini orfani della guerra dei Balcani e di anziani soli di suor Corne- lia e all’ultima, creata dal sassolese Fabio Sghedoni e Chiara Amirante, Nuovi Orizzonti, dove si sono create scuole professionali per i gio- vani senza lavoro della zona, ci si immerge nella realtà irri- petibile di queste apparizioni mariane. Una novità assolu- ta per la Chiesa, in quanto mai la Madonna in passato era apparsa così a lungo e a un gruppo così numeroso di veggenti, facendosi maestra di vita spirituale e di santità per un’intera generazione attraverso i suoi messaggi mensili, mettendo in movi- mento moltitudini di fedeli da tutto il mondo, compresi sacerdoti, vescovi e cardinali, come è il caso del cardinale di Vienna, Schonborn. La Chiesa sinora ha mantenu- to un atteggiamento di riserbo circa le apparizioni, in attesa di una prima dichiarazione dell’apposita Commissione vaticana nominata da papa Ratzinger e presieduta dal cardinal Ruini. Resta tuttavia la testimonianza dei sei gio- vani ora divenuti adulti che, da 31 anni, confermano ciò che dissero quel 24 giugno del 1981, nonostante le minacce, le persecuzioni e le violenze perpetrate del regime comu- nista (che cadrà nel 1989). Nemmeno l’equipe di medici e psichiatri dell’ospedale di Mostar, cui il regime affidò i ragazzi, li dichiarò malati di mente. “Non sono pazzi – di- chiararono coraggiosamente i medici – pazzi semmai sono coloro che li hanno portati qui in manicomio”. Ma soprattutto restano i mi- lioni di pellegrini provenien- ti da ogni parte del mondo, specialmente giovani, che cantano e leggono il Vange- lo in cento lingue diverse. E rimangono anche le toc- canti testimonianze rese dai partecipanti modenesi al loro rientro, che hanno conferma- to come la Madonna avesse lasciato un segno nel cuore di tutti. La prima volta io mi sono recato là come giorna- lista e ne sono tornato come testimone. All’inizio preva- leva la curiosità tipica della mia professione, ora sono convinto che la Madonna appare davvero e la mia fede è autentica. E ogni volta che ritorno da Medjugorje que- sta mia convinzione ne esce rafforzata. Non occorre che tu esca di casa. Resta al tuo tavolo e ascolta. (F. Kafka) C ’è stato un tempo in cui la solitudine, o meglio, momenti di solitudine le erano indispen- sabili, per “ricaricare le pile” dai tanti impegni quotidiani e dal lavoro. Un lavoro che le piaceva moltissimo. Così, cercava di crearseli questi momenti di solitudine posi- tiva. Bastava una breve pas- seggiata o entrare qualche istante in una chiesa vuota, sebbene non fosse mai stata particolarmente credente o praticante. Dai quei brevi at- timi ne usciva ritemprata, più serena e pronta a rimettersi in moto. Poi, in un istante, un tragico e infamante even- to l’ha catapultata in un luo- go brulicante e stagnante di persone, stracolmo di rumori ma tristemente intriso di una strana solitudine che le era sconosciuta, quella della “non appartenenza”. La solitudine di chi non crede, di chi non si aspetta più nulla dalla vita e dalle persone, se non da quelle pochissime da lei amate: “La solitudine del carcere”. Dopo parecchi mesi, si è accorta che in quel luogo, dove anche i muri trasudano tristezza, era riuscita a sorridere, ridere e, paradossalmente, a volte, pure a divertirsi… anche in carcere aveva scoperto che da alcune persone riusciva a ricevere conforto e forse riusciva a ricambiare a sua volta quei sentimenti e quei gesti. In quei momenti, la solitudine si faceva sempre meno pesante. Lei, quando era ancora una persona libera, era circondata da un sacco di amici, sempre presa da mille feste e dagli impegni che la vita quotidiana le riserva- va… poi, gli sbagli, commessi con le sue stesse mani, l’hanno portata a varcare il por- tone del carcere. Tutti gli amici sono spariti, svaniti nel nulla, come se un mago li avesse fatti sparire con la sua bacchetta magica. All’inizio, ha sofferto per questo “vuoto” che si era creato intorno a lei. Non è facile accettare di aver passato gli anni più belli con persone che le stavano accanto esclusivamente per interes- se. Questo vuoto, però, le ha fatto riscoprire il valore di avere una famiglia solida; una famiglia che, pur non essendo orgogliosa di quello che lei ha fatto, non la giu- dica e le è sempre accanto. Non la molla un attimo. Qui, le capita ogni tanto di voler stare da sola, di cercare un po’ di tranquillità ma è difficile perché qui, ogni tanto, può accadere che si faccia “molto rumore per nulla”. Riflettendo, lei pensa che quella solitudine provata all’inizio della sua carcera- zione, le abbia fatto provare un po’ di sofferenza ma che le abbia anche fatto capire la vera essenza della vita: la sua famiglia. La solitudine tra le sbarre: l’accompagna ogni giorno, ogni momento, in ogni occasione. Vive in compa- gnia della solitudine, per la mancanza della sua famiglia, della sua libertà, dei suoi figli. Per lei la solitudine è un dolore costante, incurabile ma non è dovuta solo alle sbarre. L’accompagna da anni. Ha convissuto con un ragazzo dall’età di sedici anni e ha avuto tre splendidi bambini ma, in tutto ciò la sua unica compagnia era la solitudine, anche oggi che ne ha ventitrè. E, come tutti sanno, ogni storia ha una fine. La solitudine si può combattere, ma tra le sbarre la parola fine non la si dice perché in carcere è facile entrare ma non si può sapere quando si uscirà. Di conse- guenza, questo è uno dei tanti luoghi dove la solitudi- ne è “di casa” e si presenta in tanti modi. Non è facile combatterla, è più facile per lei conviverci fino a quando troverà un motivo per essere felice. Nella vita è facile giudicare qualcuno senza aver provato sulla pelle il suo dolore. Quel dolore spesso lacerante che fa capire cosa vuol dire esse- re soli, senza avere al proprio fianco le persone a cui si vuole bene. Spesso si ritrova a pensare. Il suo pensiero va lontano … raggiunge mete purtroppo irraggiungibili ma che vorrebbe tanto rag- giungere. A volte, vorrebbe sentirsi stretta tra le braccia di qualcuno, quel qualcuno che tuttora cerca nella sua vita, nei suoi sogni, nei suoi movimenti… Tutte queste cose l’aiutano a rialzarsi quando tocca il fondo, perché nulla ha il diritto di togliere la voglia di vivere. Il gruppo di lavoro della sezione femminile della Casa Circondariale S. Anna di Modena (dal progetto di laboratorio espressivo d’Arte e di Danzamovimentoterapia proposto e realizzato da ArServizi di Carpi e promosso dall’associazio- ne Gruppo Carcere-Città di Modena) Chi vuole partecipare con pensieri, articoli o lettere a questa rubrica: [email protected]

15 G L’Angolo di Cesare Pradella

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1507.09.2012 n° 31

L’Angolo di Cesare PradellaCarpi - Medjugorje: il viaggio dell’anima

La solitudine del carcere

Gli scrittori Vittorio Messori e Antonio Socci hanno scritto

che “Medjugorje è un luo-go speciale, privilegiato, un luogo di grazia, oltre a essere il più grande confessionale del mondo, visto che qui, vi si confessano mediamente 4mila persone al giorno”. E il giornalista cattolico Pao-lo Brosio ha aggiunto che la “maggior parte delle persone che ci vanno per la prima vol-ta (1 milione da tutto il mondo ogni anno) non conoscono i motivi del loro viaggio. E’ soltanto al ritorno che ne scoprono le ragioni: una chiamata”. Persino papa Giovanni Paolo II disse, “se non fossi Pontefice sarei già andato a Medjugorje per confessare”, unendosi ai 500 sacerdoti che, giornalmente, si alternano ai confessionali. Medjugorje è per i pellegrini di oggi, con le salite al Pro-dbo, la collina delle appari-zioni e alla collina della croce bianca, il Krizevac, quello che è stato il Monte Tabor per i discepoli. Anche la Parroc-chia di Soliera, diretta da don Antonio Manfredini, ha vo-luto trascorrere il ferragosto in maniera insolita, recandosi tra le colline di questa sperdu-ta località della Bosnia, vicina a Mostar e a Dubrovnik, in pieno territorio musulmano, poco distante dal confine col Montenegro, località divenu-ta nel giro di trent’anni, dal

momento della prima appari-zione di Maria nel 1981 a sei giovani, luogo privilegiato di incontri, preghiera, solidarie-tà, fratellanza e condivisione dei veri valori spirituali. E così 80 pellegrini di Solie-ra, Carpi e Modena hanno viaggiato in pullman, gui-dati da don Antonio e dagli organizzatori Albachiara, Margareth e Massimo. Del gruppo facevano parte an-che don Giancarlo Suffritti, fondatore della Comunità di recupero l’Angolo di Modena e due Legionari di Cristo, i

messicani padre Alejandro e padre Fernando, attual-mente impegnati in Italia nella Diocesi di Verona.E così, grazie anche alla visi-te alle Comunità di recupero di tossicodipendenti Il Cena-colo di suor Elvira, dove i ragazzi affermano di essere “risorti in questa scuola di vita da dove non si scappa dai problemi, ma li si affronta per superarli”, a quella di ac-coglienza di bambini orfani della guerra dei Balcani e di anziani soli di suor Corne-lia e all’ultima, creata dal

sassolese Fabio Sghedoni e Chiara Amirante, Nuovi Orizzonti, dove si sono create scuole professionali per i gio-vani senza lavoro della zona, ci si immerge nella realtà irri-petibile di queste apparizioni mariane. Una novità assolu-ta per la Chiesa, in quanto mai la Madonna in passato era apparsa così a lungo e a un gruppo così numeroso di veggenti, facendosi maestra di vita spirituale e di santità per un’intera generazione attraverso i suoi messaggi mensili, mettendo in movi-

mento moltitudini di fedeli da tutto il mondo, compresi sacerdoti, vescovi e cardinali, come è il caso del cardinale di Vienna, Schonborn. La Chiesa sinora ha mantenu-to un atteggiamento di riserbo circa le apparizioni, in attesa di una prima dichiarazione dell’apposita Commissione vaticana nominata da papa Ratzinger e presieduta dal cardinal Ruini. Resta tuttavia la testimonianza dei sei gio-vani ora divenuti adulti che, da 31 anni, confermano ciò che dissero quel 24 giugno del

1981, nonostante le minacce, le persecuzioni e le violenze perpetrate del regime comu-nista (che cadrà nel 1989). Nemmeno l’equipe di medici e psichiatri dell’ospedale di Mostar, cui il regime affidò i ragazzi, li dichiarò malati di mente. “Non sono pazzi – di-chiararono coraggiosamente i medici – pazzi semmai sono coloro che li hanno portati qui in manicomio”.Ma soprattutto restano i mi-lioni di pellegrini provenien-ti da ogni parte del mondo, specialmente giovani, che cantano e leggono il Vange-lo in cento lingue diverse. E rimangono anche le toc-canti testimonianze rese dai partecipanti modenesi al loro rientro, che hanno conferma-to come la Madonna avesse lasciato un segno nel cuore di tutti. La prima volta io mi sono recato là come giorna-lista e ne sono tornato come testimone. All’inizio preva-leva la curiosità tipica della mia professione, ora sono convinto che la Madonna appare davvero e la mia fede è autentica. E ogni volta che ritorno da Medjugorje que-sta mia convinzione ne esce rafforzata.

Non occorre che tu esca di casa. Resta al tuo tavolo e

ascolta. (F. Kafka)

C’è stato un tempo in cui la solitudine, o meglio, momenti di

solitudine le erano indispen-sabili, per “ricaricare le pile” dai tanti impegni quotidiani e dal lavoro. Un lavoro che le piaceva moltissimo. Così, cercava di crearseli questi momenti di solitudine posi-tiva. Bastava una breve pas-seggiata o entrare qualche istante in una chiesa vuota, sebbene non fosse mai stata particolarmente credente o praticante. Dai quei brevi at-timi ne usciva ritemprata, più serena e pronta a rimettersi in moto. Poi, in un istante, un tragico e infamante even-to l’ha catapultata in un luo-go brulicante e stagnante di

persone, stracolmo di rumori ma tristemente intriso di una strana solitudine che le era sconosciuta, quella della “non appartenenza”. La solitudine di chi non crede, di chi non si aspetta più nulla dalla vita e dalle persone, se non da quelle pochissime da lei amate: “La solitudine del carcere”. Dopo parecchi mesi, si è accorta che in quel luogo, dove anche i muri trasudano tristezza, era riuscita a sorridere, ridere e, paradossalmente, a volte, pure a divertirsi… anche in carcere aveva scoperto che da alcune persone riusciva a ricevere conforto e forse riusciva a ricambiare a sua volta quei sentimenti e quei gesti. In quei momenti, la solitudine si faceva sempre meno pesante.

Lei, quando era ancora una

persona libera, era circondata da un sacco di amici, sempre presa da mille feste e dagli impegni che la vita quotidiana le riserva-va… poi, gli sbagli, commessi con le sue stesse mani, l’hanno portata a varcare il por-tone del carcere. Tutti gli amici sono spariti, svaniti nel nulla, come se un mago li avesse fatti sparire con la sua bacchetta magica. All’inizio, ha sofferto per questo “vuoto” che si era creato intorno a lei. Non è facile accettare di aver passato gli anni più belli con persone che le stavano accanto

esclusivamente per interes-se. Questo vuoto, però, le ha fatto riscoprire il valore di avere una famiglia solida; una famiglia che, pur non essendo orgogliosa di quello che lei ha fatto, non la giu-dica e le è sempre accanto. Non la molla un attimo.Qui, le capita ogni tanto di voler stare da sola, di cercare un po’ di tranquillità ma è difficile perché qui, ogni tanto, può accadere che si faccia “molto rumore per nulla”.Riflettendo, lei pensa che quella solitudine provata all’inizio della sua carcera-zione, le abbia fatto provare un po’ di sofferenza ma che le abbia anche fatto capire la vera essenza della vita: la sua famiglia.

La solitudine tra le sbarre: l’accompagna ogni giorno,

ogni momento, in ogni occasione. Vive in compa-gnia della solitudine, per la mancanza della sua famiglia, della sua libertà, dei suoi figli. Per lei la solitudine è un dolore costante, incurabile ma non è dovuta solo alle sbarre. L’accompagna da anni. Ha convissuto con un ragazzo dall’età di sedici anni e ha avuto tre splendidi bambini ma, in tutto ciò la sua unica compagnia era la solitudine, anche oggi che ne ha ventitrè. E, come tutti sanno, ogni storia ha una fine. La solitudine si può combattere, ma tra le sbarre la parola fine non la si dice perché in carcere è facile entrare ma non si può sapere quando si uscirà. Di conse-guenza, questo è uno dei

tanti luoghi dove la solitudi-ne è “di casa” e si presenta in tanti modi. Non è facile combatterla, è più facile per lei conviverci fino a quando troverà un motivo per essere felice.

Nella vita è facile giudicare qualcuno senza aver provato sulla pelle il suo dolore. Quel dolore spesso lacerante che fa capire cosa vuol dire esse-re soli, senza avere al proprio fianco le persone a cui si vuole bene. Spesso si ritrova a pensare. Il suo pensiero va lontano … raggiunge mete purtroppo irraggiungibili ma che vorrebbe tanto rag-giungere. A volte, vorrebbe sentirsi stretta tra le braccia di qualcuno, quel qualcuno che tuttora cerca nella sua

vita, nei suoi sogni, nei suoi movimenti… Tutte queste cose l’aiutano a rialzarsi quando tocca il fondo, perché nulla ha il diritto di togliere la voglia di vivere.

Il gruppo di lavoro della sezione femminile della

Casa Circondariale S. Anna di Modena (dal

progetto di laboratorio espressivo d’Arte e di

Danzamovimentoterapia proposto e realizzato da

ArServizi di Carpi e promosso dall’associazio-ne Gruppo Carcere-Città

di Modena)

Chi vuole partecipare con pensieri, articoli o lettere

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