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A0356

Chiara Beatrice Vicentini

Il “mal franzoso” o “mal napolitain” nella Ferrara dell’Ottocento

Cure e rimedi

Copyright © MMXARACNE editrice S.r.l.

[email protected]

via Raffaele Garofalo, 133/A–B00173 Roma

(06) 93781065

isbn 978–88–548–3466–8

I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,di riproduzione e di adattamento anche parziale,

con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.

Non sono assolutamente consentite le fotocopiesenza il permesso scritto dell’Editore.

I edizione: settembre 2010

5

Indice

7 Introduzione 13 Capitolo I La prima metà dell’Ottocento

1.1. Antonio Campana, 13 – 1.2. Medicinali somministrati dalla Farmacia dello Spedale di S.S. Anna e Carlo alle Donne Detenute di Polizia. Genna-io-Ottobre 1812, 37

77 Capitolo II

La seconda metà dell’Ottocento

2.1. Vincenzo Bonora e Angelo Bennati, 77 – 2.2. Resoconto statistico sa-nitario dell’Arcispedale per l’anno 1871 compilato dal dott. Alessandro Bennati, Medico Direttore, 79

85 Note Conclusive 87 Indice dei Nomi e delle Materie

7

Introduzione Il proemio dell’opera Delle cose che vengono portate dall’Indie

occidentali pertinenti all’uso della Medicina … di Nicolò Monardes1 apre con: Nell’anno 1492 furono i nostri Spagnoli guidati da Don CHRISTOFORO COLOMBO natio di Genoua à discoprir le Indie Occidentali, le quali hoggi si chiamano Mondo Nouo; & discoprirono le prime alle undeci d Ottobre dell istesso anno, & da quel tempo fin à quest’hora si sono discoperte molte, & varie isole, & molta terra fer-ma, cosi in quella parte, che chiamano Noua Spagna come in quella, che chiamano Perù. Doue si trouano molte Prouince, molti Regni, molte Cittadi, che tengono varij & diuersi costumi; nelle quali si sono trovate cose, che giamai ne in questa, ne in altra parte del mondo so-no state vedute, ne al dì d hoggi sono conosciute… Scorrendo l’indice: Del Guaiacan, Della China, Della Zarzapariglia… e aprendo le pagi-ne: Dell’albero, che portano dalla Florida, chiamato Sassafras.

Nicolas Monardes (1512-1588) fisico e botanico spagnolo, descri-

vendo quest’ultima pianta, mette in guardia sulle virtù medicinali de-

1 ORTA GARCIA (DA), MONARDES NICOLAS. Delle cose, che vengono portate dall'Indie Occi-dentali pertinenti all'vso della medicina. Raccolte, & trattate dal dottor Nicolo Monardes, ... parte prima [-seconda]. Nouamente recata dalla spagnola nella nostra lingua italiana. Doue ancho tratta de'veneni, & della lor cura. Aggiuntiui doi indici; ... In Venetia : [al segno della Fontana], Francesco Ziletti, 1582; Due libri dell'historia de i semplici, aromati, et altre cose; che vengono portate dall'Indie Orientali pertinenti all'vso della medicina. Di don Garzia dall'Horto, ... con alcune breui annotationi di Carlo Clusio. Et due altri libri parimente di quelle che si portano dall'Indie Occidentali, di Nicolo Monardes, ... Hora tutti tradotti dalle loro lingue nella nostra italiana da m. Annibale Briganti ... in Venetia : appresso Francesco Ziletti, 1582.

Introduzione 8

cantate: Non gli detti credenza, perche in queste cose di piante, & er-be, che si portano di fuora in gran parte si parla assai, & se ne sa po-co; se non è per Huomo, che ne abbia fatto esperientia con studio, & diligentia …. Mi disse egli che i Francesi, i quali erano stati nella Florida al tempo, che giunsero in quelle parti, si erano infermati la maggior parte di varie, & gravi infirmità, & che gli Indiani insegna-rono loro questo arboro & il modo, come lo haueano da usare; & che così fecero, & si risanarono di molti mali: Il che certo apporta mera-viglia, che un solo rimedio facesse così meravigliosi …

In questo libro si parla della scoperta dell’America. In tempi in cui non ci occupavamo dell’argomento che qui stiamo trattando lo sguar-do si è soffermato sul guajaco, sulla china, sulla salsapariglia e lo spi-rito guida ci ha fatto aprire alla pagina del sassofrasso. Certo, qualcu-no dice, le pagine si aprono dove sono state più aperte.

La tesi americanista sostiene che la sifilide sia stata importata dai marinai di Colombo e che sia poi scesa in Italia a Napoli nel settembre

Introduzione 9

1494 con i soldati di Carlo VIII, tra i quali erano presenti numerosi spagnoli con al seguito un gruppo nutrito di prostitute.

L’epiteto di francese venne invece dalla convinzione che il terribile

morbo provenisse dalle Gallie e precisamente dalla Gallia Narbonen-se. In Francia sembra sia stato importato dai profughi marrani, quan-do cacciati dalla Spagna, dopo la presa di Granada, si rifugiarono in numero di mille circa in Francia. Questi Marrani traevano i loro na-tali dall’Africa, madre dell’Iaws, che seco portarono unitamente alla sporcizia e alla conservazione delle loro prave abitudini.2

La malattia si diffuse rapidamente in tutta Europa e, complici lo

spostamento di eserciti e di popolazioni per le guerre del tempo ed il fiorire di viaggi e commerci caratterizzanti la fine del medioevo, dall’Europa il flagello si propagò ben presto al resto del mondo allora conosciuto, diffondendosi anche in Africa settentrionale ed in Oriente e cogliendo la medicina del tempo del tutto impreparata3.

I rimedi trovavano fondamento nella teoria umorale ippocratico-galenica, che si basava sulle teorie già espresse da Empedocle dei quattro elementi (terra, acqua, aria, fuoco) e delle loro proprietà (cal-do, secco, freddo e umido) e da Ippocrate dei quattro umori secondo cui il corpo umano era costituito dal sangue, proveniente dal cuore, dalla flemma, originata dal cervello, dalla bile gialla, prodotta dal fe-gato e dalla bile nera, elaborata dalla milza. La predisposizione all’eccesso di uno dei quattro umori determina i quattro temperamenti: sanguigno, flemmatico, collerico, melanconico. Se i quattro umori so-no in equilibrio si è in presenza di un temperamento temperato, se vi è tra essi uno squilibrio vi è la malattia. Il medicamento deve opporsi al-lo squilibrio in atto tra temperamenti, così le terapie sono basate sui

2 BONORA VINCENZO, La sifilide dal 1495 al 1918: Mercurio, jodio, arsenobenzoli (606 e 914), antisifilitico Pollini. Sierodiagnosi di Wassermann nei diversi periodi della sifilide, Fer-rara, Tip. Taddei-Neppi, 1919. 3 DI CICCO CAMILLO O., Storia della dermatologia e venereologia “De morbo gallico”. 14th Congress of the European Academy of Dermatology and Venereology, London, UK Publi-shed in Journal of Academy of Dermatology and Venereology Volume 19, Supplement 2, 1-411, October 2005.

Introduzione 10

contrari, ad esempio rimedi caldi per malattie fredde, ma anche sui farmaci atti a purgare l’organismo dagli umori peccanti.

Tutti i grandi medici dell’epoca si espressero toccando varie note di queste teorie, senza risparmiare eventi atmosferici e influssi astrali, come nel caso di Leoniceno.

Francesco Raspadori, che studiò l’impatto che ebbe questo terribile

flagello a Ferrara4, evidenzia l’impronta in materia e le opere di grandi uomini di scienza ferraresi del XV-XVI secolo quali Nicolò Leonice-no5, Antonio Musa Brasavola6, Giovanni Manardo7.

Dopo un primissimo periodo di tentativi empirici, furono presto in-dividuati i due medicamenti che vennero impiegati (e con successo) nel trattamento della malattia. Il mercurio fu applicato sulla scia dell’insegnamento arabo che lo utilizzava nel trattamento delle piaghe torpide: non è noto con sicurezza chi sia stato a rilevare l’azione posi-tiva del mercurio sul mal francioso. Certamente Manardo lo prescri-veva già prima del 1500, secondo quanto lui stesso scrive nella quarta epistola del XIV libro, cioè che usava questo medicamento da oltre trent’anni con risultati soddisfacenti (e ciò nel 1532), pur conoscendo benissimo i danni dell’intossicazione mercuriale. Il metallo veniva u-sato amalgamato con strutto di maiale, in proporzioni variabili detta-te dall’esperienza del singoli Autori. Avicenna aveva usato il mercurio anche per via interna, dopo averne saggiato la tollerabilità nelle scimmie.

Il guaiaco o legno santo fu introdotto in terapia da Giovanni Con-salvo nel 1506 che importò il legno dall’America centrale ove era ampiamente usato nel trattamento della sifilide; in Italia fu introdotto nel 1517 e Manardo ne usava il decotto mentre Antonio Musa Brasa-vola ne prescriveva anche l’infuso già dal 15358. 4 RASPADORI FRANCESCO, Medici e Governanti a Venezia e a Ferrara di fronte al flagello della sifilide nel secolo XVI, Atti dell’Accademia delle Scienze di Ferrara, 1994, p. 167-181. 5 LEONICENO NICOLÒ, Nicolai Leoniceni libellus de epidemia quam vulgo morbum gallicum vocant, Venezia 1497. 6 BRASAVOLA ANTONIO MUSA, De morbo gallico tractatus lepidissimus, Ferrara, 1532. 7 MANARDO GIOVANNI, Johanni Manardi Epistularum libri XX, Schoeffer, Venetiis 1542, Ep. VII, 2°. 8 BRASAVOLA ANTONIO MUSA, Examen omnium simplicium medicamentorum, ex officina e-rasminiana, Venezia, 1545.

Introduzione 11

Vincenzo Bonora cita nel suo trattato La sifilide dal 1495 al 19189

l’uso del mercurio indicato da Paracelso “tutto intento a combattere il galenismo, si appoggiava sul morbo venereo per distruggere la teoria dei quattro umori. Disse che il mal francese nasce solo da Venere e trasmettasi per eredità”. Ricorda l’osservazione di Manardo della sin-tomatologia legata alla malattia (oftalmia, lussazioni, fratture, febbri-ciattola che conduce alla morte) e l’uso, oltre al decotto di legno santo, anche di un unguento, l’impiego da parte di Brasavola di decotto di legno d’India, ellero nero, mercurio da bere e di decotto di radici di legno di China al fine di favorire la sudorazione.

9 BONORA VINCENZO, Op. cit.

13

Capitolo I

La prima metà dell’Ottocento

1.1. Antonio Campana Il nostro obiettivo corre avanti verso l’800. Abbiamo la fortuna di

avere come riferimento un grande dell’epoca, Antonio Campana e la sua Farmacopea Ferrarese, data alle stampe nel 1797, che ebbe nume-rosissime edizioni proprio nell’ ‘800.

Per definire un quadro delle pratiche terapeutiche della prima metà del secolo a Ferrara analizzeremo i contenuti della ventunesima edi-zione10, postuma, del 1841, “arricchita di moltissime aggiunte e delle ultime più interessanti scoperte per cura del dottore Luigi Michelotti”. Questa edizione è stata scelta sia per la completezza che per la collo-cazione temporale. L’altra farmacopea di riferimento sarà la secon-da11, stampata nel 1803.12

Tra gli autori delle Farmacopee non ufficiali, ma di cui si rico-nobbe l’importanza a livello internazionale, un posto di riguardo è da riservare ad Antonio Campana.

L’autore della celeberrima Farmacopea ferrarese, che pubblicata nel 1797 vide ben venti edizioni, nacque a Ferrara nel 1751. 10 CAMPANA ANTONIO, Farmacopea. Arricchita di moltissime aggiunte e delle ultime interes-santi scoperte per cura del dottore Luigi Michelotti. Livorno, Fratelli Vignozzi e nipote, 1841. 11 CAMPANA ANTONIO, Farmacopea ferrarese del dottore Antonio Campana. Firenze, Gu-glielmo Piatti, 1803. 2 ed. 12 Nel testo a seguire al termine di ogni citazione tratta dalle Farmacopee del Campana sarà indicata il numero di pagina corrispondente all’edizione del 1841, se non altrimenti indicato.

Capitolo I 14

La prima metà dell’Ottocento 15

Capitolo I 16

Come Prefetto arricchì l’orto botanico che arrivò ad ospitare ben 3430 specie, curandone la catalogazione nel Catalogus plantarum horti botanici regii Lycei Ferrariensis.

Di grande interesse tra l’altro è il bellissimo Erbario ancor oggi cu-stodito presso l’Università di Ferrara. Medico, fu docente di Chimica farmaceutica e di botanica. Queste forti competenze portarono alla stesura di una farmacopea, che pur nata nello spirito di essere dedicata agli speziali ferraresi e quindi di uso provinciale, fu apprezzata in Ita-lia e all’estero.

La prima metà dell’Ottocento 17

Fin dal comparire della malattia nel ‘400 e fino ai primi del ‘900 la pratica terapeutica si basò fondamentalmente sull’impiego del mercu-rio sia per somministrazione orale che sotto forma di unzioni, frizioni, impiastri, inalazioni. La cura portava ad una risoluzione dei dolori os-sei, delle tubercole, degli indurimenti, delle pustole e, attraverso la provocazione di salivazione e sudorazione, si pensava determinasse l’espulsione della malattia. Gravi, ovviamente, gli effetti collaterali dovuti all’assunzione e all’impiego dei derivati mercuriali. Persino l’avvento nei primissimi decenni del novecento degli arsenobenzoli non riuscì a soppiantarli, non essendo in grado di dare le stesse certez-ze di risoluzione della malattia senza ricadute.

I principali composti, oltre al mercurio, erano il calomelano o pro-tocloruro di mercurio o mercurio dolce Hg2Cl2, il sublimato corrosivo o bicloruro di mercurio HgCl2, il cinabro o solfuro di mercurio HgS, ma anche ioduro e altri, che ritroviamo puntualmente nelle farmaco-pee del Campana.

DEUTOCLORURO DI MERCURIO - Sublimato corrosivo, of. Cloruro mercurico, of. (Berzelius) […] Il sublimato corrosivo si usa nelle malattie sifilitiche. Il sublimato si amministra incominciando da un ottavo di grano disciolto nell’acqua distillata, aumentandone gradatamente, e insensibilmente la dose sino ad un grano: a tale oggetto viene ordinariamente preparata dal farmacista la soluzione con grani quattro sublimato ed once quattro acqua distillata; così ogni dramma di essa ne conterrà un ottavo per cui in tal modo resta facile al medico di aumentare ogni giorno il detto farmaco anche in minima frazione. (pag. 278) DEUTO-FOSFATO DI MERCURIO - v. anche protofosfato, entrambi sono vantati contro le malattie sifilitiche, ma più del proto-fosfato il deuto-fosfato di mercurio siccome più energico. (pag. 279) DEUTO-IDROCLORATO DI MERCURIO - Liquore di sublimato corrosivo, of. P. acqua stillata, una libbra; sublimato corrosivo, mezza dramma. Farai solu-zione. La dose di questo pericoloso rimedio adoprato nelle malattie sifiliti-che, e che fu usato in qualche altra malattia, si estende fino ad uno sciroppo di viole. (pag. 280). DEUTO-IODURO DI MERCURIO - Ioduro mercurico (Berz) P. Idriodato di potassa sciolto in acqua stillata quanto vuoi; Soluzione di su-blimato corrosivo, quanto basta. Nella soluzione dell’idriodato di potassa in-fonderai a poco per volta la dissoluzione di sublimato corrosivo finché si

Capitolo I 18

forma precipitato. Filtra questo precipitato, che è di colore rosso vivo, lavalo con acqua stillata, e serbalo in vasi chiusi. Avverti di non infondere o troppa o poca quantità di soluzione di sublimato, perché il deuto-ioduro che si forma si riscioglie o nell’una o nell’altra soluzione qualora non sia neutralizzata per-fettamente. Si adopera nelle affezioni scrofoloso-sifilitiche con grande van-taggio. Dose: da un sedicesimo di grano fino ad un quarto di grano crescendo per gradi, in pillole, o sciolto nell’alcool o nell’etere solforico. (pag. 280) DEUTOSSIDO DI MERCURIO - Precipitato per sé, of. P. Mercurio puro, quanto vuoi. Mettilo in una boccia di fondo largo piano, e di collo stretto, che chiuderai con un tappo di vetro smerigliato, e bucato con un foro capillare. Procura che il mercurio cuopra il fondo piano del vaso all’altezza di due linee circa, e con calore eguale a bagno di arena conservalo a bollore per più mesi, e finchè sia convertito in un ossido rosso. In oggi si preferisce il seguente. (pag.282) DEUTOSSIDO DI MERCURIO - Precipitato rosso,of. P. Mercurio puro, once dieci; Acido nitrico allungato, once sedici. Fatta la soluzione in una storta tubulata con moderato calore si lascia a riposo per alcune ore acciò cristallizzi, e si ottenga il deutonitrato di mercurio. Dopo si tiene riscaldata con calore graduato la massa salina fino che cessano i va-pori, e la storta si rende trasparente e chiara. Otterrai nel recipiente un acido nitroso debole, e resta nella storta l’ossido in piccole paglie che divengono rosso-giallastre. Per assicurarsi che non vi resti acido, si può riscaldare in un crogiuolo, che si accrescerà il colore rosso. Una volta si usava il precipitato per sé internamente da mezzo grano a due; in maggiore dose è emetico e di-viene velenoso. Più modernamente è stato proposto il precipitato rosso all’interno delle malattie sifilitiche, e specialmente nella lue. Per uso ester-no come escariotico, e si fa unguento. Il precipitato rosso mescolato anche in piccola dose all’inchiostro, è suffi-ciente per impedire lo sviluppo della muffa. (pag. 282) MERCURIO - Mercurio purificato, of. P. Mercurio, quanto vuoi. Stilla con una storta di vetro a bagno di arena, ed a calore moderato; la bocca della storta sia quasi intieramente immersa nell’acqua del recipiente per metà pieno, ed abbia legato un pacchettino di te-la, attraverso del quale filtrando il mercurio depositerà nel sacchetto molte impurità. Raccogli il mercurio ottenuto nel fondo del recipiente ove è l’acqua, rasciugalo con panno lino, o con carta emporetica, e serba per l’uso. (pag. 338) PROTOCLORURO DI MERCURIO - Mercurio dolce, of. P. Sublimato corrosivo, once quattro; Mercurio puro, once tre;

La prima metà dell’Ottocento 19

Acqua stillata quant’occorre, per farne pasta. […] Ti servirai di questa preparazione mercuriale a preferenza della Panacea mercuriale, o Aquila alba o Calomelano delle officine; poiché colle reiterate sublimazioni che si fanno per questo rimedio, si produce di nuovo del subli-mato corrosivo. Altro metodo P. Mercurio puro, parti dodici. Acido solforico di Milano, parti quattordici. […] Mercurio puro, parti dodici. Idroclorato di soda deacquificato e polverizzato, parti tre. Altro Metodo Mercurio dolce di Scheele, of. […] protonitrato di mercurio […] sale marino […] Quando il mercurio dolce è puro, si può calcolare su di un eccellente rimedio non solo delle malattie veneree, ma eziandio come purgante, deostruente, antielmintico ec. Dose : da grani uno fino a dodici, avvertendo che se adoprerai il mercurio dolce di Scheele diminuirai di un terzo la dose, non perché sia diverso da quello fatto per sublimazione, ma per la somma divisione che acquista nella precipitazione. (pag. 371) PROTOIODURO DI MERCURIO Il protoioduro serve nella cura delle affezioni scrofolose veneree. (pag. 372) PROTONITRATO DI MERCURIO Il deutonitrato s’impiega nella preparazione dell’unguento citrino (pag. 372) PROTOSSIDO DI MERCURIO - Ossido nero di mercurio del Moscati Si adopra nelle malattie veneree, e si unisce anche al grasso per uso esterno (pag. 375)

Il liquore di Van Swieten, composto da sublimato corrosivo ovvero

cloruro mercurico sciolto in acqua e alcool permetteva una terapia per-sonale della malattia al fine di consentirne la segretezza. La tintura di mercurio prevedeva lo ioduro mercurico, dalla virtù eccitante in affe-zioni veneree atoniche.

ALCOOL CON DEUTOIODURO DI MERCURIO Tintura di mercurio, of.

P. Alcool a 36°, once una; Deutoioduro di mercurio, scropoli uno. Sciogli in mortajo di porcellana, e conserva la soluzione filtrata in boccia con tappo smerigliato, ed in luogo oscuro.

Capitolo I 20

È un valevole eccitante, utile nelle affezioni scrofoloso-veneree atoniche. Dose: da dieci gocce a venti, in sei once di un’acqua aromatica o mescolata con rob di sambuco, o in pillole, inzuppandone una qualche polvere vegetabi-le inerte, o un qualche estratto, come, per esempio, quello di gramigna. Dieci gocce di questa tintura contengono un sedicesimo di grano di deutoio-duro.

DEUTO-IDROCLORATO DI MERCURIO CON ALCOOL

Liquore sifilitico di Van Swieten, of. P. Sublimato corrosivo, grani sei; Alcool, once otto; Acqua stillata, once quattro. Unisci in boccia chiusa, e lascia in digestione fino a perfetta soluzione. Fu adoperato nelle malattie veneree. Dose: da due a quattro dramme. (pag.280)

Cerchiamo invano la soluzione antivenerea di Veikard, che risulta nell’indice di Campana 1941 alla pagina 398. La copia di nostra con-sultazione risulta purtroppo mutila. Viene in nostro soccorso il Formu-lario Universal o Guia pratica del Medico, del Cirujano y del Farma-ceutico13 per una formula non riportata in altre farmacopee a noi co-nosciute. È indicata per persone delicate e il cui stomaco non riesce a sopportare il Liquore di Van Swieten.

8387 S. ANTIVENÉREA (Veikard)

Agua destilada (60 gr.) Deutocloruro de mercurio, Hidroclor.de amon., ana (2 dec.) Láudano liquido (2 gr.) Esencia de canela una gota. H.S.A. Esta solution conviene principalmente á las personas deliocadas y cu-yo estómago no puede soportar el licor de Van Swieten. I. Sifilis, sifilides. D. Trenta á cuarenta gotas, por mañana y noche, en agua de goma ó leche.

13 ALVAREZ ALCALÁ DON FRANCISCO. Formulario Universal ó Guia pratica del Medi-co, del Cirujano y del Farmaceutico. Tomo IV, Madrid y Santiago: Libreria de Don Angel Calleya, Editor. Lima: Casa de los sres. Calleja, Ojea y Compañia, 1850.

La prima metà dell’Ottocento 21

Numerosi erano gli unguenti mercuriali, tra cui molto usati l’Unguento forte o citrino e l’Unguento di precipitato rosso (vedi pag. 51), impiegato contro erpeti, rogna, tigna, ed altre affezioni cutanee il primo e con l’indicazione contro la rogna complicata con malattie ve-neree, ma anche per ammazzare gli insetti della testa, il secondo. L’Unguento mercuriato veniva usato con gran successo per frizioni nelle malattie veneree.

GRASSO CON MERCURIO Unguento mercuriato, of.

P. Mercurio puro, una libbra; Grasso di porco purgato, once nove; Detto di castrato, once tre. Macina il mercurio con grasso di castrato, e con piccola porzione di quello di porco, in mortaio di marmo con pestello di legno, finché sia estinto il mercu-rio; allora aggiungi il grasso avanzato, e continua la triturazione per ore no-vantasei, ossia per giorni quattro. Essendo l’estate il tempo più opportuno per questa preparazione, ridotto che sia l’unguento in vaso adattato, circondalo di ghiaccio salato, acciò si rappigli egualmente, e serba in luogo fresco. Secondo le circostanze si può variare la dose di mercurio in proporzione del grasso, e si può anche aggiungere un poco di canfora. Questo unguento non riesce efficace se non quando il mercurio è bene estin-to. Per conoscere se l’estinzione sia perfetta, si stende sottilmente poco un-guento sopra una carta bianca, ed esposto al sole si osserva se si vedono gra-nelli di mercurio, nel qual caso conviene seguitare la triturazione. Propongono di mettere la metà del grasso in vaso o padella di ferro riscaldata o mantenuta calda a gradi 70 circa per struggere il grasso, poi aggiungere tut-ta la dose del mercurio, ed agitarlo fortemente: dopo unire l’altra metà del grasso triturando finché l’estinzione del mercurio sia completa, ed il grasso rappigliato. Con questo metodo si abbrevia il tempo e si ottiene un buon un-guento mercuriale. Si usa con gran successo per frizioni nelle malattie veneree, ed agisce con forza sul sistema glandulare. Dose: da uno scropolo ad una dramma per giorno. Recentemente venne amministrato anco per uso interno alla dose di due grani a quattro per giorno unito all’estratto di salsapariglia. (pag. 322)

I sopraccitati liquore sifilitico e unguenti figurano anche

nell’edizione della farmacopea del 1803. Compaiono successivamente l’Unguento o Pomata di Cirillo e l’unguento ossigenato d’Alyon.

Capitolo I 22

GRASSO CON DEUTOCLORURO DI MERCURIO Unguento, o Pomata di Cirillo, of.

P. Sublimato corrosivo, dramme una; Grasso di porco preparato, dramme otto. Macina in mortaio di porcellana il sublimato corrosivo, poi aggiungi il gras-so, e seguita per dieci ore la triturazione. Alcuni aggiungono prima di finire l’operazione dieci grani di sale ammonia-co. Con una mezza dramma si fanno delle frizioni, particolarmente alle piante dei piedi, nelle malattie veneree due volte il giorno con cautela. (pag. 319)

GRASSO OSSIGENATO PER L’ACIDO NITRICO Unguento ossigenato d’Alyon, of.

P. Grasso purgato, una libbra; Acido nitrico, un’oncia e mezza. Liquefatto il grasso a lento calore in vaso di vetro e di porcellana, aggiungi l’acido nitrico; agita il miscuglio con una spatola di vetro finché cominci a bollire; allora rallenta il calore, tanto che seguitando un debole bollore, si de-componga intieramente l’acido: dopo agita finché cominci a rapprendersi, gettalo in acqua per lavarlo. Indi conviene rifonderlo a moderato calore, get-tarlo nelle forme di carta, e serbarlo per l’uso. Questo grasso detto ossigenato, è molto lodato nelle ulcere veneree e nelle erpeti. (pag. 325)

Già nella Farmacopea del 1803 (pag. 219) viene riportato il Cerotto

mercuriale. Il Brugnatelli nella sua Farmacopea14 indica: Metodo di prescrizione. Si stende sopra un pannolino, e si applica alle parti ma-late. Virtù. Antivenerea, detergente. Uso esterno. Ulceri veneree, vizj della pelle. Segnala che nella Farmacopea di Edimburgo si aggiunge l’olio d’ulivo solfurato (balsamo di solfo).

SAPONE D’OSSIDO DI PIOMBO SEMIVETROSO CON MERCURIO Cerotto de ranis con mercurio of.

P. Sapone d’ossido di piombo semivetroso una libbra. Liquefatto uniscilo con unguento mercuriale, o sia grasso con mercurio ossi-dato once tre.

14 BRUGNATELLI LUIGI VALENTINO. Farmacopea Generale ossia Dizionario … Tomo I, Pavia nella Tipografia Bolzani, 1814, pag. 193.

La prima metà dell’Ottocento 23

Per uso orale vari sono i rimedi fin dall’inizio del secolo, spaziando dal mercurio al mercurio dolce all’ossido di mercurio nero del Mosca-ti. La formula detta di Plenk per preparare la massa pillolare fu perfe-zionata successivamente da Tormel, in quanto con il tempo le pillole diventavano durissime, perdendo efficacia.

Mercurio gommoso di Plenk, of.

P. Mercurio puro, dramme una; Gomma arabica, dramme tre; sciroppo di oppio, mezz’oncia. Unisci e mescola in mortaio di porcellana fino a perfetta estinzione del mer-curio. Antisifilitico. Dose: da gocce tre a dodici, una o due volte per giorno. La stessa quantità unità ad un poco di amido si può somministrare in pillole. (pag. 338)

Pillole mercuriali di Plenk, of.

P. Mercurio purificato, una dramma; Mucillagine di gomma arabica, dramme sei. Unisci a perfetta estinzione del mercurio, ed aggiungi: Estratto di cicuta, una dramma. Farai pillole di due grani l’una.

Capitolo I 24

Dose: da quattro a sei pillole. La formola della di Plenk per preparare la massa pillolare, che porta il suo nome, è stata sempre conosciuta difettosa. La mucillagine di gomma arabica non estingue il mercurio; poi le pillole di-vengono col tempo durissime, e passano senza produrre effetto; e perciò Tormel propone la seguente formola: P. Mercurio solubile del Moscati, dramme una; Polvere finissima di radici d’altea, dramme quattro; Estratto di cicuta, una dramma. Mescolato tutto insieme farai pillole di due grani l’una. (pag. 362)

Pillole antiveneree, of.

P. Mercurio rigenerato, un’oncia; Balsamo della Mecca, once una e mezza. Mescola a perfetta estinzione del mercurio, ed incorpora con massa pillolare oppiata, una dramma. Al mercurio puoi sostituire l’ossido nero di mercurio del Moscati. Dose: da grani otto a dodici, per un mese. (pag. 359)

Pillole mercuriali,of.

P. Mercurio dolce, estratto di guajaco, ana, un’oncia; Canfora raschiata, dramme una e mezza; Balsamo di copaiba, quanto basta per far massa pillolare. Dose da grani dodici a mezza dramma. Al mercurio dolce puoi sostituire l’ossido di mercurio nero del Moscati. (pag. 361)

Pillole mercuriali di Belloste, of.

P. Mercurio purificato, un’oncia. Estingui il mercurio con la trementina in mortaio di porfido, ed aggiungi: Diagridio, rabarbaro, scialappa, polverizzati, ana, un’oncia; miele depurato, quanto basta per ottenere una massa pillolare di giusta consistenza. Dose: da grani dodici a ventiquattro. (pag. 361)

Altri rimedi, che vantavano grande attività e potevano essere usati

come palliativi nel caso non si potesse ricorrere alle frizioni, a base ol-tre che di sublimato corrosivo anche di ioduro mercuroso e mercurio furono proposti successivamente. Campana propone anche un rimedio a base di mercurio tartarizzato.

La prima metà dell’Ottocento 25

PILLOLE DI DEUTOCLORURO DI MERCURIO Pillole di sublimato corrosivo, of.

P. Sublimato corrosivo, mezzo grano; Alcool a 35°, q.b. Sciogli in mortaio di porcellana e con midolla di pane fai massa da dividersi in quattro pillole, avendo avvertenza di mescolar bene il tutto. Queste pillole sono proposte nelle ostinate sifilidi nel caso che non si possa-no usare le frizioni mercuriali a dose di una la mattina ed una la sera. (pag. 360)

PILLOLE DI DEUTOIODURO DI MERCURIO, OF.

P. Deutoioduro di mercurio, un grano; Polvere di liquirizia, sei grani. Rob di sambuco, q.b. per fare con esatta mescolanza otto pillole, proposte nelle malattie scrofolose sifilitiche ad una pillola per giorno (pag. 360)

PILLOLE DI PROTOIODURO DI MERCURIO

P. Protoioduro di mercurio, un grano; Polvere di radici di liquirizia, sei grani; Rob di sambuco, q.b. Mescola esattamente, e fai otto pillole da darne tre il giorno ad una per volta. Si usano nelle malattie scrofolose veneree, negl’ingorghi glandulari ostinati, e sono attivissime (pag. 361)

TARTRATO DI MERCURIO E DI POTASSA Mercurio tartarizzato, of.

P. Carbonato di mercurio bianco, un’oncia: Sopratartrato di potassa polverizzato, once sei. Macina diligentemente in mortaio di porcellana, e su questa polvere getta ac-qua stillata bollente, libbre quattro. Filtra la soluzione saturata, la quale eva-porerai per ottenere i cristalli, che, asciutti, conserverai in boccia di vetro chiusa. Dose: da un grano a tre nelle malattie veneree. La soluzione filtrata, senza evaporare, porta il nome di Acqua vegeto-minerale di Pressavia. (pag. 494)

Sebbene il mercurio rimanesse l’approccio terapeutico per eccel-

lenza, altri rimedi di origine naturale trovarono applicazione nella pra-tica medica. Il guajaco, importato dall’isola di Hispaniola, chiamato

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anche legno santo, provoca sudorazione e diuresi, favorendo, si crede-va, l’espulsione dei veleni. Trovò, oltre a Jean Fernet, fautori anche in ambiente ferrarese, Manardo e Brasavola, che posero fiducia anche nelle proprietà terapeutiche della radice di china.

Nelle farmacopee del Campana troviamo un rimedio, lo sciroppo antisifilitico, che associa al guajaco e alla china altri due cavalli da battaglia per questo terribile male, la salsapariglia e il sassofrasso. Tutte queste risorse provenienti dal mondo vegetale dei nuovi mondi sono ampiamente descritte, oltre che nella parte dedicata alle materie prime, anche nelle preparazioni (olio di guajaco e sassofrasso). Già dalle prime edizioni è presente inoltre lo sciroppo di salsapariglia di Cusinier.

GUAJACO, o LEGNO SANTO. of. GUAJACUM OFFICINALE. Lin. Corteccia, Le-gno, Resina. Il legno è durissimo, il color giallo tendente al verde sudicio, l’alburno bianco giallastro, l’odore aromatico. È stato in gran credito come unico antisifiliti-co. Si prescriveva ancora per lo stesso fine, ma non con tanta fiducia, come aperitivo, tanto nella lue, quanto nell’artritide. Dose in decotto: da una dramma a mezz’oncia in una libbra d’acqua. Dalla resina di questo legno hanno separato una sostanza particolare, che hanno chiamato Guajacina, e che per ciò separar si deve dalle resine. (pag. 94) SALSAPARIGLIA. of. SMILAX SALSAPARILLA. Lin. Radici. Radici lunghe, della grossezza di circa una penna, striate, di colore fosco e-sternamente, che poi lavate, e preparate, prendono il giallo: hanno la cortec-cia farinosa, e nel centro un filetto o anima legnosa. Avvi un’altra salsapari-glia più bianca, detta Salsapariglia grigia o falsa, di tessuto spugnoso e con macchie porporine, di sapore un poco amaro, viscoso, ed appartiene alla Ara-lia nudicaulis. Lin. Nasce questa nei luoghi umidi ed ombrosi della Virginia e di altri luoghi d’America. Non è molto stimata, ma ciò nonostante agli Stati Uniti è usata come diuretica e sudorifica. Sono state attribuite virtù grandi alla salsapariglia, specialmente di antisifili-tica, diaforetica, antiartritica, mondificativa. Agisce sul sistema linfatico, ed è leggermente controstimolante. Pare che le proprietà medicinali della salsapariglia risiedano nella corteccia, e che la qualità che contiene la parte più attiva più d’ogni altra sia la rossa che viene portata dalla Giammaica. Dose: in decotto da due dramme a un’oncia, in una libbra e mezzo di acqua, da ridursi ad una libbra.

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* Pallotta estrasse da questa radice una sostanza bianca pulverulenta di sapo-re sgradevole ed amaro, e capace di formare dei sali, egli la chiamò smilaci-na: dopo di esso Thubeuf nel 1834 annunziò di esser giunto a separare dalla stessa radice una materia salina cristallizzabile ch’esso riguardò pel principio attivo chiamandola salsaparina. Varie altre analisi vennero fatte, ma discordi furono i resultati; dobbiamo di recente al sig. Poggiale farmacista un saggio analitico scrupoloso sopra le sostanze da altri annunziate, quali egli dice non essere altro che la pariglina ritrovata da Pallotta, e consistere la differenza solo nei processi per ottenerla. Il migliore è quello di Thubeuf, il quale consi-ste nel preparare una tintura alcoolica ben satura di salsapariglia, trattarla con del carbone animale purificato, nel filtrarla, ed evaporarla a moderato calore. La pariglina sebbene sia stata prescritta in alcuni casi, pure la sua azione sull’economia animale non è stata per anche stabilita. (pag. 128) SALSAPARIGLIA GERMANICA. of. CAREX ARENARIA. Lin. Radici. La radice secca di questa pianta, che nasce ne’luoghi sterili dell’Europa set-tentrionale, è usata in vece della vera salsapariglia nelle malattie veneree al-la dose di due once bollita in due libbre d’acqua fino alla consumazione di un quarto. Questo decotto ha di più la proprietà di fare una spuma come la sapo-naria, ed essere atto a levare le macchie di unto. Questa radice è lunga, grossa quanto una penna di piccione, o poco più, ra-mosa, legnosa, articolata, fibrosa ai nodi, e liscia da nodo a nodo, di fuori scura e dentro bianca. L’analisi fatta da Merz ci fa conoscere che questa radi-ce è formata di fecola amilacea e di materia zuccherina. (pag. 129) SASSOFRASSO. of. Laurus sassafras. Lin. Corteccia, Legno. È un legno tendente al rosso castagno, non duro, leggiero, e che fregato tra-manda odore simile al finocchio o all’anice. Credesi emetico, ma essendo a-romatico è anche stomachico, alquanto deprimente il sistema linfatico. Dicesi che abbia la proprietà di non intarlare ne d’imporrare. Adoprasi nelle affezio-ni reumatiche, in dosi da due dramme a mezz’oncia in una libbra di acqua bollente per farne infusione. I fiori sono stimati dolcificanti in America, e ne fanno delle decozioni teiformi. Con i rami giovani alla Virginia ne fanno una specie di birra. Trovasi in commercio un altro legno detto Sassofrasso. L’odore è simile e più forte; ma il legno è pesante, compatto, giallo nell’alburno, e più cupo nell’anima, simile al guajaco: si crede che sia il legno del Laurus Persea. (pag. 131)

Olio empireumatico di guajaco, of.

P. Legno guajaco tritato minutamente, quanto vuoi. Stilla in una storta di vetro a bagno di arena in ampio recipiente, con calore graduato. Otterrai un liquore, che è l’acido piro-legnoso, e dopo l’olio, il qua-le separandolo, lo rettificherai con una nuova distillazione, allungando con

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sei volte più d’acqua, o impastandolo con due parti del suo peso di cenere comune stacciata. (pag 345)

OLIO VOLATILE DI SASSOFRASSO Essenza di sassofrasso. Of.

P. Sassofrasso tagliato in minute schegge, libbre sei; Acqua, libbre trenta; Sale comune, libbre tre. Macera per quattro giorni in luogo caldo, poi stilla con tamburlano di rame, e separa l’olio che troverai sotto l’acqua nel fondo del recipiente. Nella stessa maniera otterrai gli olii volatili di garofani, di cannella, ec. Questi diversi olj volatili conservano le virtù delle piante, semi, o cortecce, dalla quale sono estratti. (pag. 349)

*ESTRATTO DI SALSAPARIGLIA DI BERAL

P. Alcool a venti B., libbre otto Salsapariglia incisa, libbre una. Si lascia in infusione per un mese, poi si decanta e si filtra. Si distilla per ri-cuperare l’alcool, e si concentra quindi il liquido rimasto nell’alambicco a bagno-maria; si ottiene un estratto molle la cui quantità è ordinariamente un ottavo della salsapariglia impiegata. Dose: da dodici a trenta grani in pillole, o disciolto in qualche decotto. (pag. 307)

SCIROPPO ANTISIFILITICO, O ROB ANTISIFILITICO

P. salsapariglia tagliata e soppesta, libbre tre; China soppesta, sassofrasso, guajaco (raspati), ana, libbre due; China gialla soppesta, libbre una; Acqua pura, libbre cinquanta. Bolli per un’ora, indi filtra per staccio, e sul residuo replica l’ebollizione per quattro o cinque volte, adoprando ciascuna volta dodici o quindici libbre di nuova acqua. Riunite e concentrate le decozioni sciogli Zucchero bianco, libbre quindici, ed altrettanto miele ottimo; spuma, filtra per tela, ed evapora fino alla dovuta consistenza: dopo versa il liquido in un piccolo orcio di terra verniciato, dentro il quale vi siano due sacchetti di tela contenenti l’uno quattro once di anaci soppesti, l’altro con egual dose di fiori secchi di borragine. Si tiene coperto il vaso e si comprimono di tanto in tanto i sacchetti prima che il siroppo si raffreddi; in fine si spremono e si levano dal vaso: si mescola il siroppo e si serba per l’uso. La notabile quantità di ma-teria feculacea tenuta in sospensione in questo siroppo, è la cagione per cui acquista la densità che è propria dei rob, o degli estratti molli.

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Fu questo rob encomiato qual infallibile rimedio delle malattie veneree, e benché ora decaduto, ha però i suoi sostenitori. Tanto a questo sciroppo, quanto a quello di Cusinier hanno talvolta aggiunto qualche sale mercuriale solubile; ma come avverte il profes. Taddei nella sua farmacopea generale, da cui sono tolte queste ricette, i sali mercuriali solubili si scompongono più o meno presto in contatto dei materiali del sciroppo, pas-sando allo stato di sali mercuriali insolubili. La dose è la stessa dello sciroppo di Cusinier. (pag. 380)

SCIROPPO DI SALSAPARIGLIA (di Cusinier)

P. Salsapariglia tagliata minutamente, once sedici; Acqua pura, libbre otto. Tieni in macerazione per ventiquattro ore in luogo caldo, poi bolli per circa un buon quarto d’ora, e filtra per tela di lino con espressione. Soppesta il re-siduo in mortaio di marmo e fa’ bollire di nuovo per circa mezz’ora in libbre sei ed once otto di acqua; ripeti successivamente le decozioni colla stessa quantità di liquido la terza e la quarta volta. Riunito il liquido di tutti questi decotti, evapora alla riduzione di quattro libbre ed aggiungi Fiori di borragine secchi; petali di rose bianche; sena mondata; semi di anaci contusi, ana, un’oncia. Ritirato tosto il vaso dal fuoco lascia freddare, poi filtrato per staccio ed eva-porato alla riduzione di libbre due aggiungi

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Miele puro; zucchero bianco, ana, once sedici. Chiarisci con albume di uovo e riduci lo sciroppo alla necessaria consistenza. È adoprato come diaforetico ed antivenereo in dose di un’oncia fino a sei per giorno. (pag. 387)

Viene evidenziato con una Stella* ciò che fu aggiunto nell’ultima

edizione del 1841 la quale d’altronde contiene tutto quanto si trova nelle farmacopee già pubblicate.

Vengono riportate le ultime novità in fatto di rimedi e l’elenco è copioso. Troviamo per primi i confetti antivenerei di Keiser a base di acetato di mercurio. In realtà osserviamo che sono presenti anche nell’edizione del 1803, infatti è noto il loro impiego a base di mercu-rio sciolto nell’aceto: fino alla Rivoluzione francese furono l’unico rimedio di ospedali militari, prigioni e ospedali per poveri.

ACETATO DI MERCURIO *ACETATO DI PROTOSSIDO DI MERCURIO

Terra foliata mercuriale,of.

P.Deutossido di mercurio quanto vuoi. Acido acetico quanto basta. Sciogli a lento calore in vaso di vetro; filtra il liquore, il quale, evaporato a pellicola, lascerai cristallizzare in luogo freddo: rasciuga i cristalli sopra la carta emporetica, e serbali in boccia chiusa.

ALTRO METODO Precipitando il nitrato di mercurio fluido con la soluzione di acetato di calce, o di potassa, si ottiene nel momento ottimo acetato di mercurio. Questo sale fu adoprato nelle malattie veneree, e forma la base delle pillole di Keiser; è però acre e di uso poco sicuro. (pag. 153)

Imperano ancora rimedi a base di composti mercuriali, per i quali è

sempre comprovata l’efficacia. Viene proposto, oltre a uno sciroppo ed una emulsione mercuriale, un clistere antisifilitico nei casi in cui fosse problematica la somministrazione per os.

*CLISTERE ANTI-SIFILITICO

P. Sublimato corrosivo, grani due. Acqua distillata, once due; Decotto di semi di lino, once sedici.