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19-05-24 RASSEGNA STAMPA 19-05-23 ALIMENTARE, E’ DI BARILLA L’UNICA OFFERTA PER LO STABILIMENTO PASTA ZARA DI MUGGIA Agrisole 19-05-23 IL CONSIGLIO UE ADOTTA LE NUOVE REGOLE SULL’UTILIZZO DEI FERTILIZZANTI Agrisole 19-05-24 PASTA ZARA, IN CAMPO SOLO L’OFFERTA BARILLA Il Sole 24 Ore 19-05-24 SONO LE IMPRESE USA A PAGARE IL CONTO DEI DAZI ALLA CINA Il Sole 24 Ore 19-05-24 TRUMP: 16 MILIARDI DI AIUTI PER COMPENSARE GLI AGRICOLTORI Il Sole 24 Ore 19-05-24 BARILLA ASSAGGIA LA PASTA ZARA Qn

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19-05-24PASTAZARA,INCAMPOSOLOL’OFFERTABARILLAIlSole24Ore

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Alimentare, è di Barilla l'unica offerta per lo stabilimento Pasta Zara di Muggia Radiocor

Secondolasocietàilpassaggioalcolossoparmense(per118milioni)assicureràstabilitàoccupazionaleelapossibilitàdirispettaregliimpegniconicreditori

Diventa concreta la possibilità che lo stabilimento produttivo di Pasta Zara a Muggia (Trieste) passi a Barilla. A scriverlo in una nota è la stessa azienda trevigiana. L'offerta, secondo quanto si apprende, è di 118 milioni di euro. Il termine ultimo, previsto dal bando per la presentazione delle buste con le offerte di eventuali terzi interessati, era stato fissato per oggi dal tribunale di Treviso. Al giudice Antonello Fabbro non sono arrivate altre offerte oltre a quella del gruppo industriale di Parma (risalente al settembre scorso). L'aggiudicatario sottoscriverà con Pasta Zara un contratto di produzione a beneficio della società per 54 mesi (imballaggio, confezionamento ed etichettatura dei prodotti Zara), con volumi minimi vincolanti decrescenti nel tempo. Un aspetto che «garantirà continuità e solidità all'offerta commerciale di Pasta Zara». L'eventuale passaggio a Barilla, inoltre, «assicurerà stabilità occupazionale». Si tratta di uno step che garantirebbe la possibilità per Pasta Zara, al momento in concordato preventivo, di «dare esecuzione al piano, rispettando gli impegni con i creditori».

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Il Consiglio Ue adotta le nuove regole sull'utilizzo dei fertilizzanti G.C.

Varatoilregolamentochefissalimitiarmonizzatiperunaseriedicontaminantipresentineiconcimimineraliaprendocosìnuovepossibilitàperlaproduzioneelavenditasulargascala

Il Consiglio dei ministri Ue ha adottato nei giorni scorsi un regolamento che armonizza i requisiti nell'Ue per i concimi prodotti da fosfati minerali e da materie prime organiche o secondarie, aprendo nuove possibilità per la loro produzione e commercializzazione su vasta scala. Il testo è in via di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione ed entrerà in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione, per essere applicato dopo tre anni.

Il regolamento varato dal Consiglio fissa limiti armonizzati per una serie di contaminanti presenti nei concimi minerali, come ad esempio il cadmio. Secondo le nuove regole, soltanto i concimi che soddisfano rigorosi requisiti e standard in materia di qualità e sicurezza, uniformi in tutta l'Ue, potranno essere venduti liberamente negli Stati membri. Inoltre, le nuove norme promuoveranno la produzione e l'utilizzo dei concimi fosfatici a basso tenore di cadmio e dei concimi biologici e offriranno una maggiore scelta agli agricoltori orientati a un'agricoltura più rispettosa dell'ambiente.

I prodotti fertilizzanti dell'Ue che recano la "marcatura Ce" dovranno soddisfare determinati requisiti per beneficiare della libera circolazione nel mercato interno dell'UE. Questi riguarderanno, tra l'altro, i limiti massimi obbligatori di contaminanti, l'utilizzo di categorie definite di materiali costituenti e gli obblighi di etichettatura. I fabbricanti di concimi che non recano la marcatura CE avranno ancora la possibilità di immetterli sul mercato a livello nazionale.

Il nuovo regolamento, che sostituisce il precedente regolamento relativo ai concimi del 2003, comprende tutti i tipi di concimi (minerali, organici, ammendanti, substrati di coltivazione). Da ricordare, infine, che la proposta iniziale della Commissione era stata presentata nel marzo 2016, nel quadro del piano d'azione dell'Ue sull'economia circolare, con l'obiettivo di incoraggiare la produzione su larga scala di concimi ottenuti da materie prime nazionali, organiche o secondarie, mediante la trasformazione dei rifiuti in nutrienti per le colture.

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Data 24/05/2019

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10 Venerdì 24 Maggio 2019 Il Sole 24 Ore

Economia & Imprese

Pasta Zara, in campo solo l’offerta BarillaALIMENTARE

Per la fabbrica di Muggiala società di Parma è pronta a spendere 118 milioni

Il contratto di produzione sarà a beneficio della società per 54 mesi

Barbara GanzTREVISO

L’unica offerta giunta a Pasta Zara per l’acquisto dello stabilimento pro-duttivo di Muggia (Trieste) è stata de-positata da Barilla, che propone un importo di 118 milioni. La documen-tazione è stata resa nota alle parti; spetta ora al pastificio di Riese Pio X(Treviso), in concordato preventivo,decidere se accettare o meno l’offerta.L’assemblea dei creditori è fissata peril prossimo 24 luglio; il piano presen-tato e approvato nel dicembre scorsoprevede il rimborso del 70% delle spettanze entro un anno dall’omolo-ga ai creditori chirografari strategicie del 33%, sempre in dodici mesi, aglialtri. Il 33%, ma in cinque anni, è an-che la quota per i “crediti chirografaridi Sga e Bank of China - si legge nel piano - derivanti dalle garanzie rila-sciate nell’interesse della controllan-te Ffauff Italia”, cioè la holding di casaBragagnolo.

«Diventa quindi concreta - osser-va Pasta Zara in una nota - la possibi-lità che lo stabilimento produttivo diMuggia passi a Barilla». Il termineprevisto dal bando per la presenta-zione delle buste con le offerte di eventuali terzi interessati era fissatoper le 12 di ieri, e il giudice AntonelloFabbro ha preso atto che non erano pervenute altre offerte oltre a quelladel gruppo industriale di Parma, il cuiinteresse era noto fin dallo scorso no-vembre, quando l’azienda aveva fatto

sapere che la scelta di Barilla rispon-deva «all’esigenza di investimento nell’espansione della capacità pro-duttiva del Gruppo. Se l’offerta do-vesse andare a buon fine - si era dettoallora - l’accordo con Pasta Zara offri-rebbe l’opportunità di destinare par-te di tale investimento in Italia». E inparticolare sul sito di Muggia, forte diun magazzino autoportante da65mila posti pallet (finora utilizzatoper un terzo), cinque linee produttiveda 610 tonnellate al giorno, il più tec-nologicamente avanzato e ben posi-zionato geograficamente, nel quale Pasta Zara ha recentemente investitorendendolo uno dei pastifici più al-l’avanguardia d’Europa e in una re-gione, il Friuli VG, che si è subito dettapronta a mettere a disposizione del nuovo investitore «tutti gli strumentiper favorire lo sviluppo produttivo el’occupazione». L’offerta Barillacom-

prende un contratto di “co-paking”:l’aggiudicatario cioè - precisa la nota- «sottoscriverà con Pasta Zara uncontratto di produzione a beneficio della società di Riese Pio X per 54 mesi(imballaggio, confezionamento edetichettatura dei prodotti Zara), convolumi minimi vincolanti decrescen-ti nel tempo. Ciò garantirà continuitàe solidità all’offerta commerciale di Pasta Zara. L’eventuale passaggio a Barilla - legato ormai solo all’omolo-ga - assicurerà stabilità occupaziona-le. Tale passaggio inoltre assicure-rebbe la possibilità concreta per PastaZara di dare esecuzione al piano ri-spettando gli impegni con i credito-ri». Per questo, afferma l’ad di PastaZara, Angelo Rodolfi - «è un passo inavanti importante. Stiamo prose-guendo sulla strada indicata dal pia-no industriale 2019-2024, approvatodal consiglio di amministrazione».

Pasta Zara, azienda campione diexport, è entrata in una crisi finanzia-ria, non produttiva: a pesare una esposizione con le banche da anni nelmirino dei sindacati e aggravata dallacrisi delle popolari venete. Quando idue istituti avevano mostrato le pri-me difficoltà, c’erano 73 milioni di de-bito con Popolare Vicenza e Veneto banca, confluiti nei crediti deterioratigestiti dalla Sga. A questo si erano sommati gli importanti investimentiin capacità produttiva coincisi con laflessione delle vendite a livello inter-nazionale, con una esposizione debi-toria che superava i 240 milioni. Orala svolta, che vede l’azienda trevigia-na proseguire in autonomia negli al-tri siti con la sola vendita di Muggia.L’ipotesi di accordo era stata sottopo-sta al voto dei lavoratori: i 158 del Tre-vigiano, i 115 di Rovato (Brescia) e i 147di Muggia. La consultazione avevadato esito positivo, con il numero maggiore di “si” proprio nello stabili-mento triestino dove la prospettiva diun ingresso del colosso dell’alimen-tare era stata accolta con sollievo.

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Fratelli Carli crescecon 25 punti venditaCOMMERCIO

Ricavi 2018 in crescitaa quota 155 milionied export al 30 per cento

Enrico Netti

Un passo avanti nel digitale e uno nelretail. Questa la strategia di sviluppodi Fratelli Carli, storica pmi ligureleader nella produzione e vendita diolio extra vergine. Oggi viene inau-gurato il dodicesimo Emporio Carliin Italia e il sesto in Lombardia. «En-tro fine anno avremo 14-15 puntivendita e l’obiettivo è di arrivare a 25nel prossimo triennio - spiega CarloCarli, direttore generale e quarta ge-nerazione nell’azienda di famiglia -.In nostro modello di business nonviene rivoluzionato, ora il retail sta semplicemente diventando un cana-le di vendita importante». In questastrategia di medio periodo l’obiettivoè di presidiare le principali città del Nord Italia. «Stiamo anche pensan-do all’estero e potremmo aprire en-tro il 2021 un negozio in Germania, ilnostro mercato più importante, o inProvenza» continua il dg.

Accanto alla crescita del canale re-tail secondo il modello dell’omnica-nalità per offrire ai clienti il migliore punto di contatto con l’azienda c’è poil’export. Oltre alla Germania spiccanocome mercati chiave la Francia e gli Usa «dove la nostra presenza inizia adiventare consolidata, con un model-lo B2C disintermediato portandoavanti un approccio verticale sul digi-tale». Non vengono tralasciati gli altrimercati esteri in cui l’azienda non è presente direttamente. «In questesettimane stiamo testando un model-lo di vendita attraverso marketplaceB2c come, per esempio, Amazon».

Per quanto riguarda i conti dellasocietà il 2018 viene archiviato con un giro d’affari di 155 milioni e una quota di export del 30 per cento. «Ilbudget del 2019 è fissato intorno ai 160 milioni e per l’anno successivo

puntiamo a 165 milioni» continua ildirettore generale della Fratelli Car-li. Anche per le esportazioni si puntasu una crescita costante legata a in-crementi di pochi punti percentualianno dopo anno.

Se le confezioni di olio extravergi-ne d’oliva (Evo) restano il best sellercon una quota di ricavi del 60% nel-l’offerta cresce il peso degli altri pro-dotti alimentari derivati dalle olive olegato al territorio che valgono pocopiù di un altro terzo del fatturato. Sitratta di pesto, sugo di noci, olive tag-giasche, creme e sott’oli, vini oltre al-la focaccia genovese e i piatti pronti.«Con i nostri fornitori abbiamo rap-porti consolidati nel tempo a cui si aggiunge un progetto di Csr per gli olivi e un patto di filiera con le realtà

del territorio». Indubbiamente l’olioextra vergine di oliva Dop Riviera deiFiori resta un prodotto di nicchia maanche grazie a queste radici con ilterritorio la società è entrata nelgotha delle Benefit corporation. Nelmondo sono circa 2.300 le aziende che volontariamente rispettano ri-gorosi standard sociali e ambientalie contribuiscono alla creazione di unnuovo modello di business, basato sulla responsabilità e sulla traspa-renza. Sul fronte degli investimentitecnologici entro la fine di luglio en-trerà “in produzione” la nuova piat-taforma per la gestione dell’e-com-merce e dei rapporti con i clienti oltreal nuovo sito web. Questa soluzionesarà dedicata ai clienti dei mercati Ue«privilegiando e valorizzando lostorytelling dell’azienda e dei suoi prodotti ed è stato ridisegnato per lanavigazione da smartphone».

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IL ME RC AT O RE SIDE NZIALE

Bologna guida la crescita degli acquisti di caseLe compravendite di case nel 2018 hanno raggiunto quota 578.647, in aumento del 6,5% nel 2018. Per un “fatturato” stimato che supera i 94 miliardi. A confermare il trend di crescita che prosegue ormai dal 2014 è il Rapporto annuale pubblicato ieri dall’Osservatorio Immobiliare

dell’Agenzia delle Entrate ed elaborato in collaborazione con l’Abi. Una crescita resa possibile dal forte calo dei prezzi degli ultimi anni e dai mutui più accessibili grazie ai tassi ai minimi storici. Tra le città, ad accelerare di più è Bologna (+10,5%), in coda Roma con +3%.

Italpizza, duello col sindacato sul contrattoRILANCI

Al via investimenti da 25 milioni nella logistica per sfidare i grandi gruppi

Ilaria Vesentini

È un piano di investimenti in lo-gistica 4.0 da 25 milioni di euroche permetterà alla modeneseItalpizza di sfidare i due marchistranieri leader nel mercato ita-liano delle pizze surgelate, glisvizzeri di Nestlé-Buitoni e i te-deschi di Cameo. Ma il nuovo polo logistico da120mila mq che entro il 2021 do-vrebbe sorgere a ridosso dellostabilimento di San Donnino diModena - la più grande fabbrica

tricolore di pizze surgelate, 100milioni di pezzi l'anno - rischia direstare anche l'ultimo investi-mento in patria del gruppo, fon-dato nel 1991 da Cristian Pederzi-ni, tornato al timone nel 2014quando la proprietà ingleseBakkavor, cui nel 2008 avevavenduto l'azienda, minacciò didelocalizzare la produzione.

In cinque anni Italpizza ha rad-doppiato il fatturato, dai 75 milio-ni del 2014 ai 140 milioni previstiquest'anno, tra marchio proprioe private label, per il 60% export.

E dopo i 16 milioni già inve-stiti in impianti e i 25 milioni inprogramma per l'hub logistico,servono a breve nuovi spazi perla produzione, ormai satura. MaPederzini sta pensando di aprireun secondo sito non in Italia manegli Stati Uniti, terra indu-

strial-friendly e primo mercatoestero per il gruppo (pesa il 25%del fatturato).

Il clima è però esacerbato dal-la guerriglia sindacale in atto,con Cgil e Cobas che dallo scorsodicembre bloccano a singhiozzole attività. «Non ci sono le con-dizioni per fare impresa in Italiase l'attività è ad alta componen-te di manualità - spiega Pederzi-ni -. Il modello di successo diItalpizza è basato sulla capacitàdi industrializzare il processoartigianale, con un impasto lie-vitato per oltre 24 ore, poi stesoe farcito tutto a mano e cotto inforno a legna. Siamo una pizze-ria industriale, non un'industriadi pizze e questo spiega la no-stra qualità pluripremiata. Pergli stessi volumi di produzionenoi abbiamo mille lavoratori, i

CARLOCARLI

Dg della FratelliCarli e quartagenerazionedell’azienda

di famiglia

DESIGN

Roberta Silva arrivaalla guida di Flos Sarà Roberta Silva la nuova chief executive officer di Flos, aziende dell’illuminazione parte del gruppo Design Holding fondata lo scorso novembre da Investindustrial e The Carlyle Group e guidato da Gabriele Del Torchio. La manager – già Global Retail Director di Bose – prenderà il posto di Piero Gandini, che la scorsa settimana ha annunciato le sue dimissioni da Flos e dalla holding.

INNOVAZIONE

Nuova partnership tra Poste e Microsoft È stato siglato ieri un nuovo protocollo d’intesa tra Microsoft e Poste italiane per la trasformazione digitale della propria rete e dei servizi offerti. Sulla rampa di lancio anche un piano di formazione congiunto per accelerare l’innovazione, focalizzandosi su Pmi, Pa e Cybersecurity nell’ambito del progetto Ambizione Italia. Il Gruppo Poste Italiane amplierà il fronte di collaborazione con Microsoft a supporto della propria crescita sostenibile in linea con il piano Deliver 2022. A tal fine il Gruppo farà leva sulle tre piattaforme cloud di Microsoft, potendo beneficiare delle funzionalità di analisi e Intelligenza Artificiale integrate: Dynamics 365, Azure e Microsoft 365.

IN BRE VE

LACTALIS-PARMIGIANO

Centinaio: «Più anticorpi contromultinazionali»

«L’Italia deve cominciare ad attivare degli anticorpi nei confronti di tutte quelle multinazionali che pensano di venire qui e di fare shopping». A dichiararlo è il ministro delle Politiche agricole, Gian Marco Centinaio, in merito alle indiscrezioni di stampa – anticipate da Il Sole 24 Ore del 22 maggio – che vedrebbero il gruppo francese Lactalis coinvolto in trattative per l’acquisto dell’azienda alimentare Nuova Castelli, produttrice e principale esportatrice del Parmigiano Reggiano.

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tedeschi di Cameo 300».Questo il motivo per cui la ma-

nodopera, circa 600 persone, èassunta con contratto multiservi-zi - regolare e firmato da tutte etre le sigle confederali - attraver-so uno storico appalto a due coop(Cofamo ed Evologica): i sindacatida fine 2018 manifestano per ot-tenere il contratto dell'alimenta-re. «Siamo disponibili al confron-to, ma non sotto ricatto - precisaPederzini -. Già oggi i 200 addettiche toccano gli impasti sono statiportati al livello del contratto ali-mentare, ma se lo applicassimo atutti l'Ebitda crollerebbe dall'at-tuale 10% a meno del 4%, un mar-gine che non ci permetterebbe piùdi investire e crescere. L'alterna-tiva è automatizzare i processiper dimezzare i posti di lavoro».

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MARKA

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Data 24/05/2019

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Il Sole 24 Ore Venerdì 24 Maggio 2019 3

Primo Piano

Sono le imprese Usa a pagare il conto dei dazi alla CinaLe tensioni commerciali. Secondo il Fondo monetario gli importatori americani hanno assorbito le tariffe volute da Trump. Il Pil globale rischia un’ulteriore perdita dello 0,3%

Gianluca Di Donfrancesco

I veri perdenti nella guerra com-merciale tra Washington e Pechi-no sono le imprese Usa: secondoun’indagine pubblicata ieri dalFondo monetario internazionale,gli importatori americani del ma-de in China hanno sacrificato iprofitti pur di assorbire i dazi sen-za alzare i prezzi e difendere i vo-lumi di vendita.

L’indagine, firmata dal capo-economista Gita Gopinath, da Eu-genio Cerutti e da Adil Mohommad,dimostra anche che il calo delle im-portazioni dalla Cina è compensatodall’aumento dell’import da altriPaesi, senza incidere sul deficitcomplessivo degli Stati Uniti, che amarzo è aumentato del 3% su baseannua (solo beni), malgrado il calodel 20% del disavanzo con Pechino.L’Fmi torna poi a lanciare l’allarme:lo scenario innescato dal rialzo deidazi deciso a maggio dal presidenteDonald Trump e dalle ritorsioni diPechino, con tariffe sull’intero in-terscambio, abbasserebbe la cre-scita mondiale dello 0,3%.

Chi pagaL’indagine del Fondo monetario prende in esame gli effetti dei daziimposti in tre tranche nel corso del2018, prima quindi dell’ultima sal-va di tariffe, quelle annunciate il 10maggio. Il peso di quei balzelli, silegge nel report, è stato sostenutosoprattutto dalle imprese importa-trici americane. Soltanto una partedelle tariffe è stata invece scaricatasui consumatori.

Una strategia che potrebbecambiare quando entreranno invigore i nuovi dazi: a quel punto,comprimere i profitti potrebbenon essere più un’opzione. Secon-do un diverso studio, condotto daun economista della Federal Re-serve di New York e pubblicato an-che questo ieri, l’aumento dei dazial 25% su 200 miliardi di dollari diimport dalla Cina costerà 106 mi-liardi di dollari l’anno alle famiglieamericane: in media 800 dollariall’anno per ogni nucleo.

Vincitori e vintiGli effetti sui produttori sono me-no univoci: «Ci sono alcuni vinci-tori e molti perdenti», afferma laricerca dell’Fmi.

Tra i primi, vengono elencate leimprese che producono negli Usaper il mercato domestico beni esposti alla concorrenza di prodottiimportati dalla Cina: questi, infatti,sono diventati meno competitiviper effetto dei dazi. Lo stesso di-scorso vale in Cina per chi producebeni in concorrenza con il made inUsa soggetto a tariffe.

Tra i perdenti, l’Fmi colloca tuttele imprese negli Usa e in Cina cheesportano i prodotti tassati, cometutte quelle che acquistano queiprodotti e li utilizzano come beniintermedi o componenti. Il Fondocita espressamente i produttori disoia americani, che erano i princi-pali fornitori della Cina e che han-no visto quel mercato crollare, in-sieme ai loro prezzi. Allo stessotempo, sono aumentati i prezzipraticati dai produttori di soia bra-siliani, che sono subentrati agliamericani e possono iscriversi trai beneficiari della guerra dei dazidichiarata da Trump.

Schivare i daziI dazi spostano i flussi commer-ciali. Se il Paese che tassa l’importnon ha capacità produttiva inuti-lizzata, oltre a sperimentareun’aumento dei prezzi nel settoreinteressato, vede un reindirizza-mento dei flussi.E infatti, la ricerca dell’Fmi sottoli-nea che la flessione delle importa-zioni Usa dalla Cina sono statecompensate dall’aumento delleimportazioni da altri Paesi, so-prattutto dal Messico. Dopo l’en-trata in vigore di dazi su 16 miliardidi beni importati dalla Cina adagosto del 2018, gli acquisti da quelPaese sono diminuiti di circa 850milioni di dollari. Contemporane-amente, è aumentato di circa 850milioni di dollari l’import di queiprodotti dal Messico.

Effetto globaleL’Fmi lancia l’allarme da tempo. Enell’Outlook di aprile lo ha ribaditocon forza, affermando che la guerracommerciale è la principale minac-cia alla «delicata» congiuntura del2019 e alla cagionevole ripresa atte-sa per il 2020. L’aumento delle ta-riffe sull’intero interscambio traUsa e Cina, afferma ora la ricerca,costerebbe al Pil mondiale lo 0,3%nel breve termine, soprattutto at-traverso il calo della fiducia deimercati e degli operatori economicie la frenata degli investimenti.

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ECONOMIA TEDESCA IN CRISI

Germania, la fiducia è ai minimi L’indice Ifo peggiora più del previsto, ripresa sempre più incerta

Isabella BufacchiDal nostro corrispondenteFRANCOFORTE

Si incrina ancora una volta il frontedell’economia tedesca. La Germania stenta a dare segnali chiari di ripresa edi freno al rallentamento in corso: al punto che un netto miglioramentonella seconda metà dell’anno apparivaieri meno certo, nonostante il Pil tede-sco nel primo trimestre 2019 sia statoconfermato a +0,4% trimestre su tri-mestre. A sorprendere in negativo ieristesso è stata la fiducia delle imprese tedesche calata ai minimi da oltrequattro anni: l’indice Ifo è peggioratoa detta degli analisti «considerevol-mente» più del previsto, scendendo amaggio a 97,9 da 99,2 di aprile e rispet-to al consensus di 99,1.

Sulla base di questi ultimi dati, esenza un deciso allentamento delletensioni derivanti dalla guerra com-

merciale tra gli Usa e la Cina e persi-stendo i timori sul protezionismo di Donald Trump che prima o poi punte-rà all’Europa, il Pil della Germania -molto esposto ancora all’export - ri-schia di crescere quest’anno non più dello 0,5%, confermando così le previ-sioni più pessimistiche.

A controbilanciare lievemente ilpeggioramento del morale dell’indu-stria tedesca, mai così basso dal no-vembre 2014, è stato il sottoindice chemisura le aspettative, rimasto invaria-to. Il sottoindice che misura le condi-zioni economiche attuali per contro èsceso a 100,6 da 103,3. A pesare sulla situazione attuale sono state soprat-tutto le tensioni tra Usa e Cina risaliteper l’appunto di recente.

Ma è dall’analisi dei quattro settoridove viene rilevata la fiducia delle im-prese tedesche che gli economisti ed analisti hanno letto un dato inatteso etra tutti il più preoccupante: i servizi, che finora avevano reagito bene al ral-lentamento, sono calati rapidamentein maggio, -5,5% a 20,9, riportandosi alivelli che non si vedevano dal novem-bre 2014. Il settore manifatturiero,quello che si è deteriorato da tempo e

che viaggia sui livelli del 2012, è peg-giorato marginalmente, -0,1% a 4,0 e anche il commercio, tenuto conto delcontesto, è sceso senza sorprese del-l’1,7% a 5,4. Infine, il settore delle co-struzioni, quello che finora è andato meglio di tutti, ha confermato la fase diboom salendo a quota 24,4, il livello piùalto degli ultimi cinque mesi.

Anche i verbali dell’ultima riunionedel consiglio direttivo della Bce, pub-blicati ieri, hanno fatto emergere un quadro in chiaroscuro: alcuni gover-natori hanno infatti espresso i loro ti-mori che il rallentamento dell’econo-mia nell’Eurozona possa durare piùdel previsto, estendendosi al secondosemestre dell’anno. Qualche segnale dimiglioramento è stato intercettato mapermane una debolezza che la Bce è in-tenzionata ad arginare con tutti glistrumenti a disposizione: uno di que-sti, il più recente, è il prestito mirato al-l’economia TLTRO che nella sua terzaversione, i cui dettagli saranno resi noticon tutta probabilità al prossimo con-siglio il 6 giugno, potrebbe risultare piùgeneroso di quanto non si attendesseil mercato solo qualche settimana fa.

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Quadro misto.Il Governo di Angela Merkel deve affrontare un rallentamentodell’economiaa causa delle tensioni sul commerciointernazionale, mentre tienela domandadomestica106

MILIARDI DI DOLLARIPer la Federal Reserve di New York l’aumento dei dazi sull’import dalla Cina costerà alle famiglie americane106 miliardi di dollari all’anno

DOPO LO STOP DI GOOGLE

Huawei al lavorosul sistema operativo «made in China»

È necessario che gli Stati Uniti correggano «i propri sbagli», se vogliono riprendere a negoziare con la Cina dopo aver inserito Huawei nella “lista nera” delle aziende bandite: decisione che ha scatenato una tempesta sul mercato globale delle tlc. «I negoziati commerciali - ha detto ieri il portavoce del ministero cinese al Commercio, Gao Feng - possono continuare solo sulla base del rispetto reciproco».

Una di queste è il "piano B” diHuawei, costretta a dotarsi di un sistema operativo proprio da usare in alternativa ad Android di Google. Sarà pronto per l’autunno, al massimo in primavera. Andrà su smartphone, tablet, notebook, smartwatch, tv e auto al posto di Android (o Windows). Una scelta obbligata, ha detto il capo della divisione consumer dell’azienda cinese, Richard Yu: «Non vorremmo, ma potremmo non avere alternative».

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L’IMPATTO SUI SETTORI

Trump: 16 miliardi di aiutiper compensare gli agricoltoriLo scontro sui dazi si riflette nel calo di acquisti cinesi di soia e riso

Riccardo BarlaamDal nostro corrispondenteNEW YORK

Alta tensione. Volatilità ai massimisui mercati. E l’economia americanacomincia a mostrare i primi segnalidi rallentamento. L’indice Pmi cheregistra l’andamento dell’attivitàmanifatturiera, a maggio, nella suaprima lettura, è peggiorato di duepunti, a quota 50,6, da 52,6 di aprile.Frenata maggiore da quasi un de-cennio, dal settembre 2009. Superale aspettative degli analisti che pre-vedevano un calo a 50,5 punti. Nonè l’unico dato negativo.

Le vendite di nuove case negliStati Uniti in aprile sono scese del6,9%, a 673mila unità. Il calo è deci-so. Gli economisti stimavano unrallentamento al 2,8%. A marzo levendite di nuove case avevano rag-giunto le 723mila unità. Il livello piùalto dall’ottobre 2007. Il declino diaprile arriva dopo tre mesi conse-cutivi di crescita.

Sui mercati e sull’economia re-

ale pesano le incertezze sullaguerra dei dazi. Gli americani vor-rebbero riaprire i negoziati inter-rotti a inizio maggio e si sono dettidisponibili per bocca del segreta-rio al Tesoro Steven Mnuchin a in-dividuare una data.

Dalla Cina ieri è arrivato un chia-ro stop alle trattative con gli Usa cheha mandato in tilt in mercati: «Sevogliono davvero continuare i ne-goziati gli Stati Uniti dovranno, consincerità, rivedere le loro decisionisbagliate. Solo allora i colloqui po-tranno riprendere» ha detto GaoFeng, portavoce del ministro delCommercio. Trump ieri ha annun-ciato altri 16 miliardi di aiuti agliagricoltori, per compensarli dalleperdite della battaglia sui dazi conla frenata degli acquisti cinesi di so-ia e riso. Il nuovo pacchetto si va asommare a quello stanziato lo scor-so anno, portando a 28 miliardi lesovvenzioni concesse all’agricoltu-ra americana.

Un altro motivo di preoccupa-zione per l’economia e i mercatiarriva dal fronte interno. Alla Ca-mera a guida democratica si co-mincia a parlare di procedura diimpeachment dopo la doppia deci-sione che autorizza il Congressoad avere accesso alle dichiarazioni

dei redditi e ai conti bancari diTrump e delle sue società.

Il giudice di New York EdgardoRamos ha respinto l’istanza del pre-sidente, dei suoi tre figli e della suafondazione, la Trump Organization,per impedire a Deutsche Bank e Ca-pital One di fornire i documenti ri-chiesti da due Commissioni dellaCamera che indagano sulle attivitàfinanziarie della famiglia Trump esull’utilizzo dei fondi durante lacampagna elettorale. Poche ore pri-ma il Parlamento dello Stato di NewYork ha approvato una legge che au-torizza il rilascio delle dichiarazionidei redditi di Trump al Congresso.

La speaker della Camera NancyPelosi, terza carica dello Stato, disolito moderata, ha reagito con pa-role molto dure allo stop al dialogodi Trump e al varo del piano infra-strutturale bipartisan da 2.200 mi-liardi. Parole che non lasciano dub-bi sulle intenzioni dei democratici:«Prego per il presidente e per gliStati Uniti» ha detto. «Noi non vo-gliamo arrivare all’impeachment.Ma il fatto è che questo presidentesta ostruendo la giustizia ed è im-pegnato in un insabbiamento, equesto potrebbe essere un reato daimpeachment».

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L’indice generale e per settoredella fiducia delle impresetedesche

Ifo BusinessClimate

Situazioneattuale

Aspettative

90

95

100

105

110

2015 2016 2017 2018 2019

Fonte: Ifo Business Survey , maggio 2019

Ai minimi da quattro anni

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Page 6: 19-05-24 RASSEGNA STAMPA · 19-05-23 Il Consiglio Ue adotta le nuove regole sull'utilizzo dei fertilizzanti G.C. ... Commissione era stata presentata nel marzo 2016, nel quadro del

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Il Sole 24 Ore Venerdì 24 Maggio 2019 3

Primo Piano

Sono le imprese Usa a pagare il conto dei dazi alla CinaLe tensioni commerciali. Secondo il Fondo monetario gli importatori americani hanno assorbito le tariffe volute da Trump. Il Pil globale rischia un’ulteriore perdita dello 0,3%

Gianluca Di Donfrancesco

I veri perdenti nella guerra com-merciale tra Washington e Pechi-no sono le imprese Usa: secondoun’indagine pubblicata ieri dalFondo monetario internazionale,gli importatori americani del ma-de in China hanno sacrificato iprofitti pur di assorbire i dazi sen-za alzare i prezzi e difendere i vo-lumi di vendita.

L’indagine, firmata dal capo-economista Gita Gopinath, da Eu-genio Cerutti e da Adil Mohommad,dimostra anche che il calo delle im-portazioni dalla Cina è compensatodall’aumento dell’import da altriPaesi, senza incidere sul deficitcomplessivo degli Stati Uniti, che amarzo è aumentato del 3% su baseannua (solo beni), malgrado il calodel 20% del disavanzo con Pechino.L’Fmi torna poi a lanciare l’allarme:lo scenario innescato dal rialzo deidazi deciso a maggio dal presidenteDonald Trump e dalle ritorsioni diPechino, con tariffe sull’intero in-terscambio, abbasserebbe la cre-scita mondiale dello 0,3%.

Chi pagaL’indagine del Fondo monetarioprende in esame gli effetti dei daziimposti in tre tranche nel corso del2018, prima quindi dell’ultima sal-va di tariffe, quelle annunciate il 10maggio. Il peso di quei balzelli, silegge nel report, è stato sostenutosoprattutto dalle imprese importa-trici americane. Soltanto una partedelle tariffe è stata invece scaricatasui consumatori.

Una strategia che potrebbecambiare quando entreranno invigore i nuovi dazi: a quel punto,comprimere i profitti potrebbenon essere più un’opzione. Secon-do un diverso studio, condotto daun economista della Federal Re-serve di New York e pubblicato an-che questo ieri, l’aumento dei dazial 25% su 200 miliardi di dollari diimport dalla Cina costerà 106 mi-liardi di dollari l’anno alle famiglieamericane: in media 800 dollariall’anno per ogni nucleo.

Vincitori e vintiGli effetti sui produttori sono me-no univoci: «Ci sono alcuni vinci-tori e molti perdenti», afferma laricerca dell’Fmi.

Tra i primi, vengono elencate leimprese che producono negli Usaper il mercato domestico beniesposti alla concorrenza di prodottiimportati dalla Cina: questi, infatti,sono diventati meno competitiviper effetto dei dazi. Lo stesso di-scorso vale in Cina per chi producebeni in concorrenza con il made inUsa soggetto a tariffe.

Tra i perdenti, l’Fmi colloca tuttele imprese negli Usa e in Cina cheesportano i prodotti tassati, cometutte quelle che acquistano queiprodotti e li utilizzano come beniintermedi o componenti. Il Fondocita espressamente i produttori disoia americani, che erano i princi-pali fornitori della Cina e che han-no visto quel mercato crollare, in-sieme ai loro prezzi. Allo stessotempo, sono aumentati i prezzipraticati dai produttori di soia bra-siliani, che sono subentrati agliamericani e possono iscriversi trai beneficiari della guerra dei dazidichiarata da Trump.

Schivare i daziI dazi spostano i flussi commer-ciali. Se il Paese che tassa l’importnon ha capacità produttiva inuti-lizzata, oltre a sperimentareun’aumento dei prezzi nel settoreinteressato, vede un reindirizza-mento dei flussi.E infatti, la ricerca dell’Fmi sottoli-nea che la flessione delle importa-zioni Usa dalla Cina sono statecompensate dall’aumento delleimportazioni da altri Paesi, so-prattutto dal Messico. Dopo l’en-trata in vigore di dazi su 16 miliardidi beni importati dalla Cina adagosto del 2018, gli acquisti da quelPaese sono diminuiti di circa 850milioni di dollari. Contemporane-amente, è aumentato di circa 850milioni di dollari l’import di queiprodotti dal Messico.

Effetto globaleL’Fmi lancia l’allarme da tempo. Enell’Outlook di aprile lo ha ribaditocon forza, affermando che la guerracommerciale è la principale minac-cia alla «delicata» congiuntura del2019 e alla cagionevole ripresa atte-sa per il 2020. L’aumento delle ta-riffe sull’intero interscambio traUsa e Cina, afferma ora la ricerca,costerebbe al Pil mondiale lo 0,3%nel breve termine, soprattutto at-traverso il calo della fiducia deimercati e degli operatori economicie la frenata degli investimenti.

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ECONOMIA TEDESCA IN CRISI

Germania, la fiducia è ai minimi L’indice Ifo peggiora più del previsto, ripresa sempre più incerta

Isabella BufacchiDal nostro corrispondenteFRANCOFORTE

Si incrina ancora una volta il frontedell’economia tedesca. La Germania stenta a dare segnali chiari di ripresa edi freno al rallentamento in corso: al punto che un netto miglioramentonella seconda metà dell’anno apparivaieri meno certo, nonostante il Pil tede-sco nel primo trimestre 2019 sia statoconfermato a +0,4% trimestre su tri-mestre. A sorprendere in negativo ieristesso è stata la fiducia delle imprese tedesche calata ai minimi da oltrequattro anni: l’indice Ifo è peggioratoa detta degli analisti «considerevol-mente» più del previsto, scendendo amaggio a 97,9 da 99,2 di aprile e rispet-to al consensus di 99,1.

Sulla base di questi ultimi dati, esenza un deciso allentamento delletensioni derivanti dalla guerra com-

merciale tra gli Usa e la Cina e persi-stendo i timori sul protezionismo di Donald Trump che prima o poi punte-rà all’Europa, il Pil della Germania -molto esposto ancora all’export - ri-schia di crescere quest’anno non più dello 0,5%, confermando così le previ-sioni più pessimistiche.

A controbilanciare lievemente ilpeggioramento del morale dell’indu-stria tedesca, mai così basso dal no-vembre 2014, è stato il sottoindice chemisura le aspettative, rimasto invaria-to. Il sottoindice che misura le condi-zioni economiche attuali per contro èsceso a 100,6 da 103,3. A pesare sulla situazione attuale sono state soprat-tutto le tensioni tra Usa e Cina risaliteper l’appunto di recente.

Ma è dall’analisi dei quattro settoridove viene rilevata la fiducia delle im-prese tedesche che gli economisti ed analisti hanno letto un dato inatteso etra tutti il più preoccupante: i servizi, che finora avevano reagito bene al ral-lentamento, sono calati rapidamentein maggio, -5,5% a 20,9, riportandosi alivelli che non si vedevano dal novem-bre 2014. Il settore manifatturiero,quello che si è deteriorato da tempo e

che viaggia sui livelli del 2012, è peg-giorato marginalmente, -0,1% a 4,0 e anche il commercio, tenuto conto delcontesto, è sceso senza sorprese del-l’1,7% a 5,4. Infine, il settore delle co-struzioni, quello che finora è andato meglio di tutti, ha confermato la fase diboom salendo a quota 24,4, il livello piùalto degli ultimi cinque mesi.

Anche i verbali dell’ultima riunionedel consiglio direttivo della Bce, pub-blicati ieri, hanno fatto emergere un quadro in chiaroscuro: alcuni gover-natori hanno infatti espresso i loro ti-mori che il rallentamento dell’econo-mia nell’Eurozona possa durare piùdel previsto, estendendosi al secondosemestre dell’anno. Qualche segnale dimiglioramento è stato intercettato mapermane una debolezza che la Bce è in-tenzionata ad arginare con tutti glistrumenti a disposizione: uno di que-sti, il più recente, è il prestito mirato al-l’economia TLTRO che nella sua terzaversione, i cui dettagli saranno resi noticon tutta probabilità al prossimo con-siglio il 6 giugno, potrebbe risultare piùgeneroso di quanto non si attendesseil mercato solo qualche settimana fa.

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Quadro misto.Il Governo di Angela Merkel deve affrontare un rallentamentodell’economiaa causa delle tensioni sul commerciointernazionale, mentre tienela domandadomestica106

MILIARDI DI DOLLARIPer la Federal Reserve di New York l’aumento dei dazi sull’import dalla Cina costerà alle famiglie americane106 miliardi di dollari all’anno

DOPO LO STOP DI GOOGLE

Huawei al lavorosul sistema operativo «made in China»

È necessario che gli Stati Uniti correggano «i propri sbagli», se vogliono riprendere a negoziare con la Cina dopo aver inserito Huawei nella “lista nera” delle aziende bandite: decisione che ha scatenato una tempesta sul mercato globale delle tlc. «I negoziati commerciali - ha detto ieri il portavoce del ministero cinese al Commercio, Gao Feng - possono continuare solo sulla base del rispetto reciproco».

Una di queste è il "piano B” diHuawei, costretta a dotarsi di un sistema operativo proprio da usare in alternativa ad Android di Google. Sarà pronto per l’autunno, al massimo in primavera. Andrà su smartphone, tablet, notebook, smartwatch, tv e auto al posto di Android (o Windows). Una scelta obbligata, ha detto il capo della divisione consumer dell’azienda cinese, Richard Yu: «Non vorremmo, ma potremmo non avere alternative».

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L’IMPATTO SUI SETTORI

Trump: 16 miliardi di aiutiper compensare gli agricoltoriLo scontro sui dazi si riflette nel calo di acquisti cinesi di soia e riso

Riccardo BarlaamDal nostro corrispondenteNEW YORK

Alta tensione. Volatilità ai massimisui mercati. E l’economia americanacomincia a mostrare i primi segnalidi rallentamento. L’indice Pmi cheregistra l’andamento dell’attivitàmanifatturiera, a maggio, nella suaprima lettura, è peggiorato di duepunti, a quota 50,6, da 52,6 di aprile.Frenata maggiore da quasi un de-cennio, dal settembre 2009. Superale aspettative degli analisti che pre-vedevano un calo a 50,5 punti. Nonè l’unico dato negativo.

Le vendite di nuove case negliStati Uniti in aprile sono scese del6,9%, a 673mila unità. Il calo è deci-so. Gli economisti stimavano unrallentamento al 2,8%. A marzo levendite di nuove case avevano rag-giunto le 723mila unità. Il livello piùalto dall’ottobre 2007. Il declino diaprile arriva dopo tre mesi conse-cutivi di crescita.

Sui mercati e sull’economia re-

ale pesano le incertezze sullaguerra dei dazi. Gli americani vor-rebbero riaprire i negoziati inter-rotti a inizio maggio e si sono dettidisponibili per bocca del segreta-rio al Tesoro Steven Mnuchin a in-dividuare una data.

Dalla Cina ieri è arrivato un chia-ro stop alle trattative con gli Usa cheha mandato in tilt in mercati: «Sevogliono davvero continuare i ne-goziati gli Stati Uniti dovranno, consincerità, rivedere le loro decisionisbagliate. Solo allora i colloqui po-tranno riprendere» ha detto GaoFeng, portavoce del ministro delCommercio. Trump ieri ha annun-ciato altri 16 miliardi di aiuti agliagricoltori, per compensarli dalleperdite della battaglia sui dazi conla frenata degli acquisti cinesi di so-ia e riso. Il nuovo pacchetto si va asommare a quello stanziato lo scor-so anno, portando a 28 miliardi lesovvenzioni concesse all’agricoltu-ra americana.

Un altro motivo di preoccupa-zione per l’economia e i mercatiarriva dal fronte interno. Alla Ca-mera a guida democratica si co-mincia a parlare di procedura diimpeachment dopo la doppia deci-sione che autorizza il Congressoad avere accesso alle dichiarazioni

dei redditi e ai conti bancari diTrump e delle sue società.

Il giudice di New York EdgardoRamos ha respinto l’istanza del pre-sidente, dei suoi tre figli e della suafondazione, la Trump Organization,per impedire a Deutsche Bank e Ca-pital One di fornire i documenti ri-chiesti da due Commissioni dellaCamera che indagano sulle attivitàfinanziarie della famiglia Trump esull’utilizzo dei fondi durante lacampagna elettorale. Poche ore pri-ma il Parlamento dello Stato di NewYork ha approvato una legge che au-torizza il rilascio delle dichiarazionidei redditi di Trump al Congresso.

La speaker della Camera NancyPelosi, terza carica dello Stato, disolito moderata, ha reagito con pa-role molto dure allo stop al dialogodi Trump e al varo del piano infra-strutturale bipartisan da 2.200 mi-liardi. Parole che non lasciano dub-bi sulle intenzioni dei democratici:«Prego per il presidente e per gliStati Uniti» ha detto. «Noi non vo-gliamo arrivare all’impeachment.Ma il fatto è che questo presidentesta ostruendo la giustizia ed è im-pegnato in un insabbiamento, equesto potrebbe essere un reato daimpeachment».

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L’indice generale e per settoredella fiducia delle impresetedesche

Ifo BusinessClimate

Situazioneattuale

Aspettative

90

95

100

105

110

2015 2016 2017 2018 2019

Fonte: Ifo Business Survey , maggio 2019

Ai minimi da quattro anni

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Page 7: 19-05-24 RASSEGNA STAMPA · 19-05-23 Il Consiglio Ue adotta le nuove regole sull'utilizzo dei fertilizzanti G.C. ... Commissione era stata presentata nel marzo 2016, nel quadro del

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22 VENERDÌ24 MAGGIO 2019 LAVITA DELLE AZIENDE

Abi eFieg: credito più facile alle edicoleIntesa tra editori e banche per supportare la rete di vendita della stampa

MILANO

SE ANDRÀ in porto sarà la seconda acquisizione di Barilla in Italiadopo quella (1994) di Pavesi. Il gruppo guidato dal presidente GuidoBarilla (nella foto) e Claudio Colzani (ad), dopo aver presentato unamanifestazione d’interesse lo scorso novembre è stato l’unico adepositare ieri, ultimo giorno di gara, un’offerta al Tribunale diTreviso per la Pasta Zara. O meglio, solo per lo stabilimento diMuggia (Trieste) dell’azienda trevisana in cordato preventivo. Aquesto punto sarà l’assemblea dei creditori, fissata per il 24 luglio, adare il decisivo via libera. L’offerta di Barilla vale 118 milioni ecomprende un contratto di produzione a beneficio del gruppo venetoper 54 mesi (imballaggio, confezionamento ed etichettatura deiprodotti Zara). Pasta Zara continuerà a operare in autonomia aTreviso e, attraverso Pasta Zara 3, nel polo di Rovato, nel Bresciano.

SI DOVREBBE risolvere così positivamente la vicenda del marchio diRiese, scivolato in un dissesto finanziario – lo scorso autunnol’esposizione debitoria era quantificata in circa 240 milioni, 170 deiquali verso istituti bancari, fra i quali le ex popolari venete con ilconseguente passaggio dei crediti alla Sga – tale da indurre laproprietà (la famiglia Bragagnolo) a chiedere al Tribunale ilconcordato in bianco. Misura concessa con l’elaborazione di un pianoai creditori che prevede il rimborso del 70% delle spettanze entro unanno dall’omologa ai creditori chirografari strategici e del 33%,sempre in dodici mesi, agli altri. Il salvataggio operato da Barilladovrebbe restituire serenità al marchio dell’alimentare trevigiano, cheoggi fattura circa 240 milioni. L’impianto di Muggia, che occupa circa150 addetti, del resto è uno fra i più grandi al mondo nel settore dellapasta. L’intervento del gruppo di Parma, secondo l’ad di Pasta ZaraAngelo Rodolfi, «è un passo avanti importante: stiamo proseguendosulla strada indicata dal piano industriale 2019-2024». Per Barillainvestire in un nuovo pastificio rientra nella strategia d’investimentodi un gruppo già ampiamente leader in Italia e nel mondo e che hachiuso il 2017 con 3,46 miliardi di ricavi e 241 milioni di utile netto.

Achille Perego©RIPRODUZIONE RISERVATA

Barilla assaggiala PastaZaraRilevato lo stabilimento triestino

MILANO

UN ACCORDO tra editori di giornali ebanche che avrà ripercussioni positivesulla filiera della distribuzione della stam-pa. Con l’obiettivo di rafforzare l’accessoal credito e facilitare l’acquisizione di ga-ranzie dei diversi soggetti che partecipa-no alla filiera, e in particolare delle edico-le, fornendo un quadro di riferimentoche favorisca i rapporti delle banche e de-gli intermediari finanziari con gli opera-tori della distribuzione della stampa. So-no questi i contenuti e le finalità del Pro-tocollo d’intesa siglato dal presidente del-la Federazione italiana editori giornali,Andrea Riffeser Monti, e da quello

dell’Abi (Associazione bancaria italiana)Antonio Patuelli, per promuovere a livel-lo regionale iniziative che facilitino accor-di diretti di edicolanti e operatori della di-stribuzione della stampa con le banche.

INTESE che serviranno a sostenere e farcrescere chi permette ogni giorno la di-stribuzione dei giornali e che negli ulti-mi dieci anni ha sofferto la crisi del mer-cato, a partire dalle edicole, la cui rete si èridotta da 40mila a circa 26mila. Il nuovoaccordo tra Abi e Fieg, spiega una notadegli editori, affianca il protocollo d’inte-sa sottoscritto il 30 ottobre dello scorsoanno, diretto a favorire il dialogo tra edi-tori e banche, nel comune interesse di tu-

tela della libertà di informazione e di dif-fusione dell’educazione finanziaria e al ri-sparmio. «Con l’accordo – ha commenta-to Andrea Riffeser Monti – proseguiamoin maniera concreta la nostra attività disupporto della rete di vendita della stam-pa, a dimostrazione dell’importanza e del-la centralità che essa svolge nell’avvicina-re i cittadini alla lettura di quotidiani eperiodici». «L’accordo – ha sottolineatoAntonio Patuelli – è un’ulteriore dimo-strazione che il dialogo tra le associazionicontribuisce al progresso e allo sviluppo,creando le condizioni per agevolare il rap-porto tra le banche e l’intera filiera delladistribuzione dei giornali».

a. pe.©RIPRODUZIONE RISERVATA