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DOMENICA 15 NOVEMBRE 2009 2 Consiglieri Giuseppe Camadini Francesco Ceriotti Franco Dalla Sega Paolo Mascarino Domenico Pompili Paola Ricci Sindoni Luigi Roth Direttore Generale Paolo Nusiner Registrazione Tribunale di Milano n. 227 del 20/6/1968 Servizio Clienti Vedi recapiti in penultima pagina - Abbonamenti 800820084 - Arretrati (02) 6780.362 - Informazioni 800268083 Redazione di Milano Piazza Carbonari, 3 20125 Milano Centralino telefonico (02) 6780.1 (32 linee) Segreteria di redazione (02) 6780.510 Redazione di Roma Vicolo dei Granari, 10 /A 00186 Roma Telefono: (06) 68.82.31 Telefax: (06) 68.82.32.09 Edizioni Teletrasmesse C.S.Q Centro Stampa Quotidiani Via dell’Industria, 52 Erbusco (Bs)T. (030)7725511 STEC, Roma via Giacomo Peroni, 280 Tel. (06) 41.88.12.11 TI.ME. Srl Strada Ottava / Zona Industriale 95121 Catania Centro Stampa L’UNIONE EDITORIALE SpA Via Omodeo - Elmas (CA) Tel. (070) 60131 Distribuzione: PRESS-DI Srl Via Cassanese 224 Segrate (MI) Poste Italiane Spedizione in A. P. - D.L. 352/2003 conv. L. 46/2004, art.1, c.1, DCB Milano AVVENIRE Nuova Editoriale Italiana SpA Piazza Carbonari, 3 MILANO Centralino: (02) 6780.1 Presidente Marcello Semeraro Vice Presidente Lorenzo Ornaghi LA TIRATURA DEL 14/11/2009 È STATA DI 160.337 COPIE ISSN 1120-6020 FEDERAZIONE ITALIANA EDITORI GIORNALI CERTIFICATO ADS n. 6351 del 4-12-2008 La testata fruisce dei contributi statali diretti di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 250 GIORNALE QUOTIDIANO DI ISPIRAZIONE CATTOLICA PER AMARE QUELLI CHE NON CREDONO Vicedirettore responsabile: Marco Tarquinio Vicedirettore: Tiziano Resca Scriviamo sui biglietti la probabilità di vincere A corte. «Chi non ascolta li consigli avrà ni- mico il consigliere». Sentenza di Emanuele Tesauro, apprezzato politologo del ’600 al servizio dei Savoia. Vagamente minacciosa. Velocizzare. Secondo alcune indiscrezioni, i processi potrebbero essere celebrati sui tre- ni "frecciarossa". Previo cambiamento di no- me. Droghe. Spese pazze nelle lotterie? Sui bi- glietti, per frenare gli eccessi, è opportuno scrivere le probabilità di vincita. Lo afferma una petizione (712) inviata alla Camera. In fondo, costituisce precedente l’avvertenza contro il pericolo-fumo stampata sui pac- chetti di sigarette. La prossima settimana MARTEDÌ Pagina Gmg MERCOLEDÌ Portaparola è Lavoro Speciale Anno Sacerdotale Speciale Auto&Motori GIOVEDÌ è Vita GIOVEDÌ E SABATO Popotus il giornale per i ragazzi SABATO CSI Stadium lo sport di base vrà sei, sette anni. Genny è un bimbo bello e sveglio. Passa il pomeriggio a giocare nel giardino della parrocchia e a disturbare suore e volontari nelle loro attività di doposcuola e catechesi. Ogni tanto fa irruzione in chiesa per chiedere una caramella. Le caramelle in parrocchia non mancano mai, ma è tanto difficile impegnare Genny in qualche cosa. Ieri è arrivato prima del solito, più serio del solito. Non correva, non giocava, non prendeva in giro le vecchiette. Mi ha atteso sul sagrato, poi: «Lo sai che stanotte i carabinieri si sono portati via il mio papà?». Andrea, il papà, come molti altri nei nostri quartieri attorno a Napoli, deve scontare una vecchia condanna per errori del passato: furti, rapine, eccetera. Errori a cui va incontro la maggior parte dei nostri adolescenti. Sembra quasi un maledetto, obbligato percorso. Succede spesso – non sempre – che diventati uomini e messa su famiglia questi giovani, già tanto vecchi dentro, vengano invasi da un desiderio di vita nuova, da una nostalgia di normalità. Iniziano allora a chiedere aiuto: assistenti sociali, politici locali, qualche amico di famiglia. Aiuto che non arriva quasi mai. Intanto la macchina della giustizia, lenta come una tartaruga, fa il suo corso. E vecchie condanne dimenticate si abbattono su loro come una mannaia. Andrea così ritorna in carcere, e Genny rimane, ancora una volta, senza il suo papà e con in cuore un odio verso chi glielo ha portato via. Gaetano e Delia, invece, sono una coppia modello. Ho benedetto io stesso il loro amore. La fede in Gesù li ha sostenuti nei momenti belli e difficili della vita. Hanno messo al mondo cinque stupendi figlioli. Con coraggio, pensa qualcuno; con incoscienza, dice qualcun altro. Vivevano sereni fino a poco tempo fa. Delia, casalinga, ha imparato anche lei, come nel Vangelo, a moltiplicare pani e pesci. Gaetano lavora presso una clinica privata che rischia la chiusura. Lo stipendio non è più sicuro. L’ultimo arrivò ad agosto e siamo a novembre. I miracoli che Delia era abituata a fare non bastano più. Si può risparmiare quando c’è qualcosa, non quando manca tutto. Le famiglie di origine, in questi casi, si rivelano una vera provvidenza, un porto sicuro per non naufragare, per non cadere in mano all’usuraio. Ma le esigenze di una famiglia numerosa sono tante. I bambini capiscono presto che i capricci sono un lusso che non possono permettersi. Perdono pian piano la voglia di giocare e di stare insieme agli altri. Si chiudono a riccio, riversi sul loro computer. Parlano poco. Non capiscono perché al babbo che si alza presto la mattina per andare a lavorare lo stipendio non viene dato. Non capiscono perché debbono indossare anche quest’anno il vecchio cappotto striminzito, mentre l’amico ha già comprato il nuovo. La vergogna, l’imbarazzo di guardare negli occhi i loro figli, è il prezzo più alto pagato da questi coraggiosi genitori, assaliti da assurdi sensi di colpa. Singole storie di periferie? No, le famiglie che versano in condizioni simili, da queste parti, sono migliaia. Andrea ha sbagliato e sconta la sua pena. Purtroppo non da solo: la moglie e i figlioletti espiano con lui. Genny a scuola arriverà quasi sempre impreparato. I complimenti riservati ai bravi non lo gratificheranno mai. Imparerà ad arrossire presto, prima di fare della violenza il suo riscatto. I figli di Gaetano si andranno convincendo che non vale la pena fare come papà, uomo onesto e dignitoso, che non riesce a portarli neanche una sera in pizzeria. Sono questi brodi di coltura a dar vita, poi, a quei mostriciattoli capaci di uccidere – lo stiamo vedendo quasi ogni giorno, purtroppo – con una freddezza degna dei peggiori criminali. Ma prima di inorridire scandalizzati, vogliamo chiederci che cosa si può e deve fare per impedire a questi ragazzi di smarrire la speranza? A halid Sheikh Mohammed, che tra poco sarà alla sbarra davanti al tribunale di New York, è colui che passerà alla storia come il mastermind. La Commissione indipendente che ha indagato sugli attacchi alle Torri Gemelle e al Pentagono ha già archiviato la pratica, indicando in lui la «mente» dell’11 settembre. Ha preso per buona la sua confessione che, come lo stesso Khalid Sheikh Mohammed ha più volte dichiarato, è stata «spontanea», e non resa in seguito alle torture che pure ha denunciato di aver subito: «Sono io il responsabile dell’operazione dell’11 settembre, dalla A alla Z». Ci sono molti interrogativi sugli esiti possibili del processo "civile" voluto da Barak Obama che si andrà a celebrare contro i cinque cospiratori dell’11 settembre 2001. Il primo dei quali riguarda proprio la battaglia che la difesa si appresterebbe a dare sul punto delle torture inflitte ai prigionieri. Ma difficilmente Khalid Sheikh Mohammed rinuncerà a ribadire la propria confessione. E chi sta preparando il processo lo sa. Essere condannato – e a quel punto probabilmente giustiziato – come il mastermind torna utile a lui, e di conseguenza ad al-Qaeda. E torna utile agli Usa. Che, disperatamente, vogliono chiudere il tragico capitolo dell’attacco al cuore dell’America e dell’Occidente. In questo senso senso, Khalid Sheikh Mohammed è l’ultimo kamikaze del 2001, pronto a immolarsi per la causa malata di Ossama Benladen. Per il resto, il responsabile delle operazioni dell’organizzazione dello sceicco del terrore, membro del consiglio ristretto di al-Qaeda, è un personaggio al limite dell’incredibile. O forse si dovrebbe dire della farsa. Perché, cosa nota (e agli atti anche se non viene ricordata) è che l’oggi 45enne kuwaitiano ha confessato, oltre all’11 settembre, un’impressionante lista di attentati – compiuti o pianificati. Tra gli altri, le uccisioni di presidenti statunitensi, da Jimmy Carter a Bill Clinton, e di Giovanni Paolo II (che sarebbe dovuta avvenire a Manila nel 1995), una "seconda ondata" di azioni dopo l’11 settembre da Chicago (Sears Tower) a Londra (Canary Warf, il Big Ben e l’aeroporto di Heathrow), bombe su aerei in rotte transoceaniche, la decapitazione del reporter statunitense Daniel Pearl («compiuta dalla mia mano destra benedetta») e via così. Trentuno in tutto, giusto per la precisione. Se si andasse a vedere nel dettaglio – e in molti ci sono andati – sono diverse le cose che non tornano. A cominciare dal fatto che alcune delle cose "confessate" potrebbero perfino precedere la nascita di al-Quaeda. Così come sono state bollate come «seamless propaganda extravaganza» – più o meno «stravaganze propagandistiche senza nesso» – le ricostruzioni offerte dallo stesso Khalid Sheikh Mohammed circa la preparazione dell’attentato dell’11 settembre. Perché, allora, credere quasi fosse un atto di fede che sia lui il mastermind? Perché, appunto, fa comodo a tutti gli attori di quella grande tragedia. Fa comodo ad al-Qaeda, innanzitutto, che può così mettere un suo timbro ufficiale sull’11 settembre – cosa che per primo lo stesso Fbi ancora oggi non crede, se Ossama Benladen, nonostante le confessioni di Khalid Sheikh Mohammed, continua a non essere ricercato quale responsabile per l’11 settembre. Ma fa comodo anche agli Stati Uniti. Che non potendo venire a capo dell’origine della cospirazione, vogliono comunque voltare pagina sulla più sanguinosa ferita inferta al proprio territorio. E che cercano di far passare alla storia qualcosa che, altrimenti, forse neppure tra cent’anni, gli storici riusciranno mai a chiarire. Khalid Sheikh Mohammed può essere utile anche a questo. K VERSO IL PROCESSO PER LE T ORRI GEMELLE Quella «mente» incredibilmente utile S ALVATORE M AZZA Due campioni «in volo» durante una gara australiana (Epa) L’IMMAGINE Motociclismo «acrobatico» he la legge 194 – che permette l’aborto a pubbliche spese – non avesse eliminato gli aborti clandestini (calcolati in almeno ventimila l’anno) era cosa nota, anche se di questo insuccesso della legge si parla il meno possibile. Ma che questo genere di aborti si "organizzassero" in una grande città come Milano, alle fermate degli autobus e nei meandri della metropolitana, non lo sapeva quasi nessuno. Va dunque riconosciuto a Elena Loewenthal, che lo ha raccontato due giorni fa sulla Stampa di Torino, di aver rotto il tabù dell’aborto clandestino, cosa che quasi nessuno fa sui cosiddetti giornali "laici", e di aver anche rivelato i tristi spazi urbani in cui esso viene negoziato. Le fermate dell’autobus e i sotterranei della metrò, ad esempio, dove straniere e italiane si trovano immerse in una specie di «immenso consultorio» parallelo a quello legale, dove «si chiedono, si ottengono e si pagano gli aborti clandestini». Dove un’oscura ragnatela di personaggi intavolano trattative, forniscono indirizzi, distribuiscono «sacchetti di pillole»... «Un sistema intero che funziona a pieno regime», scrive Loewenthal. In quei posti che Marc Augé ha definito come «non luoghi», dove nessuno ti guarda in faccia e dove nessuno ha tempo e voglia di interessarsi di nessun altro, molte donne – straniere e no – vanno a cercare una "soluzione" al loro "problema". C’è la clandestina disperata e senza mezzi, ma c’è anche la giovane italiana colta e presumibilmente ben informata, che non può permettersi di «guastarsi una carriera ben avviata». E ci sono «minorenni» per le quali l’articolista della Stampa non trova aggettivi. La loro abbandonata solitudine parla da sola, aggiungendo desolazione a desolazione. I lettori di Avvenire già conoscono il mondo di sentimenti e di paure che venerdì è emerso anche dalle pagine del quotidiano torinese. È un mondo osservato dal punto di vista delle donne che faticano ad accettare una gravidanza. È un mondo nel quale, da decenni, si addentrano con passione e rispetto i volontari del Movimento per la vita e dei Centri di aiuto alla vita. Spesso circondati dal silenzio (o dall’ostilità) di buona parte dei mass media e dei soliti ambienti "evoluti". E questi volontari sanno – per averlo sperimentato mille volte – che, di fronte a una maternità imprevista e non voluta, la prima causa di rifiuto del figlio da parte della donna è la sensazione terribile dell’abbandono, è il sentirsi immerse in una società dove «ognuno si fa i fatti suoi», una società in cui anche le persone più vicine – marito, partner, madre e padre, amiche e amici – ti dicono: «Devi decidere tu». Il che, magari, suona bello e giusto, ma troppo spesso vuol dire: «Arrangiati». Questi volontari conoscono, per esperienza, i "miracoli" che accadono quando anche la madre più determinata ad abortire scopre che qualcuno le vuol dare una mano sul serio, vuol "perder tempo" a occuparsi di lei, ad ascoltarla senza stancarsi, senza scoraggiarsi mai. Guardandola in faccia, insomma, stabilendo con lei quella relazione che ci trasforma da individui in persone. Riflettendo sul triste e solitario fenomeno dell’aborto clandestino e fai-da-te, Loewenthal trova incomprensibile il fatto che una donna italiana, istruita e matura, volendo abortire, preferisca il tetro mondo dei sotterranei della metropolitana al ricovero ospedaliero che, almeno, la sottrarrebbe agli inevitabili pericoli di natura sanitaria. Pensa che si tratti di italica, atavica diffidenza nei confronti della legalità. O di qualcosa di più profondo e oscuro, come se «l’emancipazione e il progresso non fossero riusciti ad estirpare... la sottomissione femminile ad un destino ingrato…». Ma c’è dell’altro. E se Elena Loewenthal, che è giornalista intelligente e di fini sentimenti, volesse, ospite gradita, "scoprire" anche il mondo del volontariato pro-life, vedrebbe appunto altre cose, altre profondità del cuore. E un nucleo straordinario di umanità e di storie che a volte sembrano inventate e invece sono tutte vere. Difficili eppure calde di vita e di speranza, lontane mille miglia dalla desolazione dell’aborto in pillole spacciato nel buio della metropolitana milanese. C I VOLTI DELL EMARGINAZIONE NEL VULCANO NAPOLETANO Perché la rassegnazione non uccida la speranza dei piccoli M AURIZIO P ATRICIELLO LA VIGNETTA UN REPORTAGE- SCOPERTA, AMARI DUBBI , IL TENACE IMPEGNO PER LA VITA Il buio dell’aborto clandestino e la luce che pure è accesa G ABRIELLA S ARTORI tagliarcorto di Dino Basili

2 15 NOVEMBRE 2009 DOMENICA - scienzaevita.org fileimpegnare Genny in qualche cosa. Ieri è arrivato prima del solito, più serio del solito. Non correva, non giocava, non prendeva

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DOMENICA15 NOVEMBRE 20092

Consiglieri Giuseppe CamadiniFrancesco Ceriotti Franco Dalla SegaPaolo MascarinoDomenico PompiliPaola Ricci SindoniLuigi Roth

Direttore GeneralePaolo Nusiner

Registrazione Tribunale di Milanon. 227 del 20/6/1968

Servizio Clienti

Vedi recapiti in penultima pagina

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Redazione di MilanoPiazza Carbonari, 320125 MilanoCentralino telefonico(02) 6780.1 (32 linee)

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TI.ME. SrlStrada Ottava / ZonaIndustriale95121 CataniaCentro StampaL’UNIONE EDITORIALE SpAVia Omodeo - Elmas (CA)Tel. (070) 60131

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AVVENIRE Nuova Editoriale Italiana SpAPiazza Carbonari, 3 MILANOCentralino: (02) 6780.1PresidenteMarcello SemeraroVice Presidente Lorenzo Ornaghi

LA TIRATURA DEL 14/11/2009 È STATA DI 160.337 COPIE

ISSN 1120-6020

FEDERAZIONEITALIANA EDITORIGIORNALI

CERTIFICATO ADS n. 6351 del 4-12-2008

La testata fruisce dei contributi statali diretti di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 250

GIORNALE QUOTIDIANO DI ISPIRAZIONE CATTOLICAPER AMARE QUELLI CHE NON CREDONO

Vicedirettore responsabile: Marco Tarquinio

Vicedirettore: Tiziano Resca

Scriviamo sui bigliettila probabilità di vincereA corte. «Chi non ascolta li consigli avrà ni-mico il consigliere». Sentenza di EmanueleTesauro, apprezzato politologo del ’600 alservizio dei Savoia. Vagamente minacciosa.Velocizzare. Secondo alcune indiscrezioni,i processi potrebbero essere celebrati sui tre-ni "frecciarossa". Previo cambiamento di no-me.Droghe. Spese pazze nelle lotterie? Sui bi-glietti, per frenare gli eccessi, è opportunoscrivere le probabilità di vincita. Lo affermauna petizione (712) inviata alla Camera. Infondo, costituisce precedente l’avvertenzacontro il pericolo-fumo stampata sui pac-chetti di sigarette.

La prossima settimanaMARTEDÌ

Pagina GmgMERCOLEDÌ

Portaparolaè LavoroSpeciale Anno SacerdotaleSpeciale Auto&Motori

GIOVEDÌ

è VitaGIOVEDÌ E SABATO

Popotusil giornale per i ragazzi

SABATO

CSI Stadiumlo sport di base

vrà sei, setteanni. Genny èun bimbo bello

e sveglio. Passa ilpomeriggio a giocarenel giardino dellaparrocchia e adisturbare suore e

volontari nelle loro attività didoposcuola e catechesi. Ogni tanto fairruzione in chiesa per chiedere unacaramella. Le caramelle in parrocchianon mancano mai, ma è tanto difficileimpegnare Genny in qualche cosa.Ieri è arrivato prima del solito, più seriodel solito. Non correva, non giocava,non prendeva in giro le vecchiette. Miha atteso sul sagrato, poi: «Lo sai chestanotte i carabinieri si sono portati viail mio papà?». Andrea, il papà, comemolti altri nei nostri quartieri attorno a

Napoli, deve scontare una vecchiacondanna per errori del passato: furti,rapine, eccetera. Errori a cui vaincontro la maggior parte dei nostriadolescenti. Sembra quasi unmaledetto, obbligato percorso.Succede spesso – non sempre – chediventati uomini e messa su famigliaquesti giovani, già tanto vecchi dentro,vengano invasi da un desiderio di vitanuova, da una nostalgia di normalità.Iniziano allora a chiedere aiuto:assistenti sociali, politici locali, qualcheamico di famiglia. Aiuto che non arrivaquasi mai. Intanto la macchina dellagiustizia, lenta come una tartaruga, fa ilsuo corso. E vecchie condannedimenticate si abbattono su loro comeuna mannaia. Andrea così ritorna incarcere, e Genny rimane, ancora unavolta, senza il suo papà e con in cuore

un odio verso chi glielo ha portato via.Gaetano e Delia, invece, sono unacoppia modello. Ho benedetto io stessoil loro amore. La fede in Gesù li hasostenuti nei momenti belli e difficilidella vita. Hanno messo al mondocinque stupendi figlioli. Con coraggio,pensa qualcuno; con incoscienza, dicequalcun altro. Vivevano sereni fino apoco tempo fa. Delia, casalinga, haimparato anche lei, come nel Vangelo, amoltiplicare pani e pesci. Gaetanolavora presso una clinica privata cherischia la chiusura. Lo stipendio non èpiù sicuro. L’ultimo arrivò ad agosto esiamo a novembre. I miracoli che Deliaera abituata a fare non bastano più. Sipuò risparmiare quando c’è qualcosa,non quando manca tutto. Le famiglie diorigine, in questi casi, si rivelano unavera provvidenza, un porto sicuro pernon naufragare, per non cadere inmano all’usuraio. Ma le esigenze di unafamiglia numerosa sono tante.I bambini capiscono presto che icapricci sono un lusso che nonpossono permettersi. Perdono pianpiano la voglia di giocare e di stareinsieme agli altri. Si chiudono a riccio,riversi sul loro computer. Parlano poco.Non capiscono perché al babbo che sialza presto la mattina per andare alavorare lo stipendio non viene dato.

Non capiscono perché debbonoindossare anche quest’anno il vecchiocappotto striminzito, mentre l’amicoha già comprato il nuovo. La vergogna,l’imbarazzo di guardare negli occhi iloro figli, è il prezzo più alto pagato daquesti coraggiosi genitori, assaliti daassurdi sensi di colpa.Singole storie di periferie? No, lefamiglie che versano in condizionisimili, da queste parti, sono migliaia.Andrea ha sbagliato e sconta la suapena. Purtroppo non da solo: la mogliee i figlioletti espiano con lui. Genny ascuola arriverà quasi sempreimpreparato. I complimenti riservati aibravi non lo gratificheranno mai.Imparerà ad arrossire presto, prima difare della violenza il suo riscatto. I figlidi Gaetano si andranno convincendoche non vale la pena fare come papà,uomo onesto e dignitoso, che nonriesce a portarli neanche una sera inpizzeria.Sono questi brodi di coltura a dar vita,poi, a quei mostriciattoli capaci diuccidere – lo stiamo vedendo quasiogni giorno, purtroppo – con unafreddezza degna dei peggiori criminali.Ma prima di inorridire scandalizzati,vogliamo chiederci che cosa si può edeve fare per impedire a questi ragazzidi smarrire la speranza?

A

halid SheikhMohammed, che trapoco sarà alla sbarra

davanti al tribunale di NewYork, è colui che passerà allastoria come il mastermind. LaCommissione indipendente cheha indagato sugli attacchi alle

Torri Gemelle e al Pentagono ha già archiviato lapratica, indicando in lui la «mente» dell’11settembre. Ha preso per buona la suaconfessione che, come lo stesso Khalid SheikhMohammed ha più volte dichiarato, è stata«spontanea», e non resa in seguito alle tortureche pure ha denunciato di aver subito: «Sono ioil responsabile dell’operazione dell’11 settembre,dalla A alla Z».Ci sono molti interrogativi sugli esiti possibili delprocesso "civile" voluto da Barak Obama che siandrà a celebrare contro i cinque cospiratoridell’11 settembre 2001. Il primo dei qualiriguarda proprio la battaglia che la difesa siappresterebbe a dare sul punto delle tortureinflitte ai prigionieri. Ma difficilmente KhalidSheikh Mohammed rinuncerà a ribadire lapropria confessione. E chi sta preparando ilprocesso lo sa. Essere condannato – e a quelpunto probabilmente giustiziato – come ilmastermind torna utile a lui, e di conseguenzaad al-Qaeda. E torna utile agli Usa. Che,disperatamente, vogliono chiudere il tragicocapitolo dell’attacco al cuore dell’America edell’Occidente.In questo senso senso, Khalid SheikhMohammed è l’ultimo kamikaze del 2001,pronto a immolarsi per la causa malata diOssama Benladen. Per il resto, il responsabiledelle operazioni dell’organizzazione dellosceicco del terrore, membro del consiglioristretto di al-Qaeda, è un personaggio al limitedell’incredibile. O forse si dovrebbe dire dellafarsa. Perché, cosa nota (e agli atti anche se nonviene ricordata) è che l’oggi 45enne kuwaitianoha confessato, oltre all’11 settembre,un’impressionante lista di attentati – compiuti opianificati. Tra gli altri, le uccisioni di presidentistatunitensi, da Jimmy Carter a Bill Clinton, e diGiovanni Paolo II (che sarebbe dovuta avvenire aManila nel 1995), una "seconda ondata" diazioni dopo l’11 settembre da Chicago (SearsTower) a Londra (Canary Warf, il Big Ben el’aeroporto di Heathrow), bombe su aerei inrotte transoceaniche, la decapitazione delreporter statunitense Daniel Pearl («compiutadalla mia mano destra benedetta») e via così.Trentuno in tutto, giusto per la precisione.Se si andasse a vedere nel dettaglio – e in molti cisono andati – sono diverse le cose che nontornano. A cominciare dal fatto che alcune dellecose "confessate" potrebbero perfino precederela nascita di al-Quaeda. Così come sono statebollate come «seamless propagandaextravaganza» – più o meno «stravaganzepropagandistiche senza nesso» – le ricostruzioniofferte dallo stesso Khalid Sheikh Mohammedcirca la preparazione dell’attentato dell’11settembre. Perché, allora, credere quasi fosse unatto di fede che sia lui il mastermind?Perché, appunto, fa comodo a tutti gli attori diquella grande tragedia. Fa comodo ad al-Qaeda,innanzitutto, che può così mettere un suotimbro ufficiale sull’11 settembre – cosa che perprimo lo stesso Fbi ancora oggi non crede, seOssama Benladen, nonostante le confessioni diKhalid Sheikh Mohammed, continua a nonessere ricercato quale responsabile per l’11settembre. Ma fa comodo anche agli Stati Uniti.Che non potendo venire a capo dell’origine dellacospirazione, vogliono comunque voltare paginasulla più sanguinosa ferita inferta al proprioterritorio. E che cercano di far passare alla storiaqualcosa che, altrimenti, forse neppure tracent’anni, gli storici riusciranno mai a chiarire.Khalid Sheikh Mohammed può essere utileanche a questo.

K

VERSO IL PROCESSO PER LETORRI GEMELLE

Quella «mente»incredibilmente utile

SALVATORE MAZZA

Due campioni «in volo» durante una gara australiana (Epa)

L’IMMAGINE

Motociclismo «acrobatico»

he la legge 194 – che permettel’aborto a pubbliche spese – nonavesse eliminato gli aborti

clandestini (calcolati in almenoventimila l’anno) era cosa nota, anchese di questo insuccesso della legge siparla il meno possibile. Ma che questogenere di aborti si "organizzassero" in

una grande città come Milano, alle fermate degliautobus e nei meandri della metropolitana, non losapeva quasi nessuno. Va dunque riconosciuto a ElenaLoewenthal, che lo ha raccontato due giorni fa sullaStampa di Torino, di aver rotto il tabù dell’abortoclandestino, cosa che quasi nessuno fa sui cosiddettigiornali "laici", e di aver anche rivelato i tristi spaziurbani in cui esso viene negoziato. Le fermatedell’autobus e i sotterranei della metrò, ad esempio,dove straniere e italiane si trovano immerse in unaspecie di «immenso consultorio» parallelo a quellolegale, dove «si chiedono, si ottengono e si pagano gliaborti clandestini». Dove un’oscura ragnatela di

personaggi intavolanotrattative, fornisconoindirizzi, distribuiscono«sacchetti di pillole»... «Unsistema intero che funzionaa pieno regime», scriveLoewenthal.In quei posti che Marc Augéha definito come «nonluoghi», dove nessuno tiguarda in faccia e dovenessuno ha tempo e voglia di

interessarsi di nessun altro, molte donne – straniere e no– vanno a cercare una "soluzione" al loro "problema".C’è la clandestina disperata e senza mezzi, ma c’è anchela giovane italiana colta e presumibilmente beninformata, che non può permettersi di «guastarsi unacarriera ben avviata». E ci sono «minorenni» per le qualil’articolista della Stampa non trova aggettivi. La loroabbandonata solitudine parla da sola, aggiungendodesolazione a desolazione.I lettori di Avvenire già conoscono il mondo disentimenti e di paure che venerdì è emerso anche dallepagine del quotidiano torinese. È un mondo osservatodal punto di vista delle donne che faticano ad accettareuna gravidanza. È un mondo nel quale, da decenni, siaddentrano con passione e rispetto i volontari delMovimento per la vita e dei Centri di aiuto alla vita.Spesso circondati dal silenzio (o dall’ostilità) di buonaparte dei mass media e dei soliti ambienti "evoluti". Equesti volontari sanno – per averlo sperimentato millevolte – che, di fronte a una maternità imprevista e nonvoluta, la prima causa di rifiuto del figlio da parte della

donna è la sensazione terribile dell’abbandono, è ilsentirsi immerse in una società dove «ognuno si fa i fattisuoi», una società in cui anche le persone più vicine –marito, partner, madre e padre, amiche e amici – tidicono: «Devi decidere tu». Il che, magari, suona bello egiusto, ma troppo spesso vuol dire: «Arrangiati». Questivolontari conoscono, per esperienza, i "miracoli" cheaccadono quando anche la madre più determinata adabortire scopre che qualcuno le vuol dare una mano sulserio, vuol "perder tempo" a occuparsi di lei, adascoltarla senza stancarsi, senza scoraggiarsi mai.Guardandola in faccia, insomma, stabilendo con leiquella relazione che ci trasforma da individui in persone.Riflettendo sul triste e solitario fenomeno dell’abortoclandestino e fai-da-te, Loewenthal trovaincomprensibile il fatto che una donna italiana, istruita ematura, volendo abortire, preferisca il tetro mondo deisotterranei della metropolitana al ricovero ospedalieroche, almeno, la sottrarrebbe agli inevitabili pericoli dinatura sanitaria. Pensa che si tratti di italica, atavicadiffidenza nei confronti della legalità. O di qualcosa dipiù profondo e oscuro, come se «l’emancipazione e ilprogresso non fossero riusciti ad estirpare... lasottomissione femminile ad un destino ingrato…». Mac’è dell’altro. E se Elena Loewenthal, che è giornalistaintelligente e di fini sentimenti, volesse, ospite gradita,"scoprire" anche il mondo del volontariato pro-life,vedrebbe appunto altre cose, altre profondità del cuore.E un nucleo straordinario di umanità e di storie che avolte sembrano inventate e invece sono tutte vere.Difficili eppure calde di vita e di speranza, lontane millemiglia dalla desolazione dell’aborto in pillole spacciatonel buio della metropolitana milanese.

C

I VOLTI DELL’EMARGINAZIONE NEL VULCANO NAPOLETANO

Perché la rassegnazionenon uccida la speranza dei piccoli

MAURIZIO PATRICIELLO

LA VIGNETTA

UN REPORTAGE-SCOPERTA, AMARI DUBBI, IL TENACE IMPEGNO PER LA VITA

Il buio dell’aborto clandestinoe la luce che pure è accesa

GABRIELLA SARTORI

tagliarcortodi Dino Basili