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SOMMARIONota del traduttore HOLZWEGE. Sentieri erranti nella selva L’origine dell’opera d’arte (1935/36) L’epoca dell’immagine del mondo (1938) Il concetto hegeliano di esperienza (1942/43) La parola di Nietzsche «Dio è morto» (1943) A che poeti? (1946) La locuzione di Anassimandro (1946) Indicazioni bibliografiche Postfazione alla settima edizione GlossariGreco–Tedesco–Italiano Latino–Tedesco–Italiano Tedesco–Italiano Italiano–TedescoIX1 5 91 137 247 317 379 443 445 449 457 473 479 653
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SOMMARIO
Nota del traduttore IX
HOLZWEGE. Sentieri erranti nella selva 1
L’origine dell’opera d’arte (1935/36) 5
L’epoca dell’immagine del mondo (1938) 91
Il concetto hegeliano di esperienza (1942/43) 137
La parola di Nietzsche «Dio è morto» (1943) 247
A che poeti? (1946) 317
La locuzione di Anassimandro (1946) 379
Indicazioni bibliografiche 443
Postfazione alla settima edizione 445
Glossari 449Greco–Tedesco–Italiano 457
Latino–Tedesco–Italiano 473Tedesco–Italiano 479
Italiano–Tedesco 653
Indice dei nomi 705
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Nota del traduttore*
«Così come non si possono tradurre poesie, non si può
tradurre un pensiero. Si può comunque parafrasarlo. Manon appena si vuol farne una traduzione letterale, tutto si trasforma.»
Pensare – tradurre – parafrasare: sono le tre coalizioni concettuali attorno a cui si coagulano le parti lessicali di queste frasi pronunciate da Martin Heidegger nel 1966,verso la fine della sua famosa intervista a Der Spiegel(pubblicata postuma dieci anni dopo). Esse dovrebbero
far subito scattare sull’attenti qualsiasi traduttore – o a-spirante tale – di scritti filosofici, a maggior ragione i tra-duttori delle opere di Heidegger stesso. Questi ultimi nondevono infatti misurarsi soltanto con le ben note asperitàe vertigini linguistiche dei testi heideggeriani, ma sonocostretti a confrontarsi con il pensatore di Meßkirch an-che nel merito della sua teoresi e prassi della traduzione
filosofica (un esempio insigne della quale è costituito pro- prio dal saggio sulla locuzione di Anassimandro in Holz- wege ). Questo confronto è inevitabile almeno quanto il chiedersi se e fino a che punto sia lecito tradurre lettera-riamente un testo di Heidegger applicando gli stessi crite-ri ermeneutici che egli ha più volte discusso nei suoi scrit-ti e corsi universitari e messo in pratica nelle sue tradu-zioni di passi filosofici o poetici. In altre parole, è filosofi-camente sensato infliggere alle opere heideggeriane uncontrappasso per somiglianza (o idempasso)?1
* Per le sigle delle opere heideggeriane citate v. infra, pp. 454 s.1 Domanda che civetta con quest’altra: è filosoficamente sensato con-
tinuare a designare come «filosofo» uno che in molte salse e nei modi più
espliciti ha dichiarato la fine della filosofia in quanto irreparabilmentecompromessa con la metafisica e come metafisica?
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Misurazione e confronto preliminare con Heidegger,
nelle direzioni citate e in altre ancora, devono restare fuo-ri da questa Nota. Il riferimento alla coalescenza concet-tuale denken–übersetzen–umschreiben avviene invece
per porre due sottoquestioni e schizzarne in breve sottori-sposte.
La collocuzione, o traducibilità del pensato
La prima sottoquestione. Ammesso per ipotesi che il pen-siero, che il pensare sia intraducibile, si ammette forsecon ciò anche l’intraducibilità dell’elocuzione scritta (cioèletteraria, sola qui in causa) attraverso cui e in cui un
pensare decide a un certo punto di trasmettersi pubblica-
mente? No. L’ammissione consecutiva non è affatto con-sequenziale, anzi. La Cosa del tradurre in generale, nellamisura in cui questo abbia un contratto con la scrittura-lità o letterarietà di un testo, non è mai il contenuto delloscritto, ma lo scritto stesso. La Cosa della traduzione let-teraria di un testo filosofico (p.es. di Holzwege ) non è il
pensiero che ne sta al fondo (il Denken heideggeriano nel
suo tragitto dalla stazione di Essere e tempo a quelladelle conferenze di Brema del 1949): è la superficie, ossiail testo stesso. Altrimenti si fa altro: perifrasi, commento,analisi, spiegazione, esplicitazione, – traduzione filosoficadel testo, insomma, nel più virtuoso dei casi, ma non suatraduzione letteraria , la quale, date certe condizioni, è inlinea di principio sempre possibile. Questa distinzione
modesta quanto incontrovertibile non andrebbe mai di-menticata. La seconda sottoquestione. E se la parafrasi fosse pro-
prio l’unica forma possibile di traduzione letteraria di untesto filosofico? In effetti cos’è o cosa può essere il para-
frasare, che viene comunemente affiancato al perifrasare etalvolta anche confuso con esso? Una parafrasi possiamo
pure pensarla come un insieme di frasi messe accanto aun testo, o intarsiate fra le sue righe, per consentirne la
NOTA DEL TRADUTTOREX
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comprensione a chi non è in grado di accedervi immedia-
tamente; così la parola di Walter Benjamin – «la versioneinterlineare del testo sacro è l’archetipo o ideale di ogni traduzione» ( Il compito del traduttore, 1923 ) – riacqui-sta linfa sotto il titolo, appunto, di parafrasi ; e si carica di ulteriore responsabilità l’impagabile funzione oggi svoltadalle traduzioni a stampa con testo originale a fronte, oda quegli ipertesti che dietro una agevole rete di link rac-
chiudono la propria traduzione in una o più lingue. Nella parafrasi due lingue scritte vengono a colloquio, e, se lastoffa della collocuzione è di quella buona, l’originale nonsolo sopravvive, non semplicemente si trasforma, ma godedi un vero e proprio arricchimento; da qui risulta, tra l’al-tro, l’opportunità di tradurre certe opere, specialmente fi-losofiche, da uno stadio anteriore a quello attuale di una
medesima lingua (p.es. La scienza nuova di Vico nell’ita-liano di oggi). Dalla parafrasi-collocuzione così intesa vaquindi distinta la perifrasi-circonlocuzione , che è nozio-ne più «contenutistica» e non adrebbe mai assimilata, ne-anche di straforo, alla traduzione letteraria: giacché si faricorso a circonlocuzioni quando non si vuole o non si puòesprimere più chiaramente qualcosa, oppure se si deve
esprimere con termini diversi un contenuto enunciato ini-zialmente in modo più semplice o più diretto o più rozzo. Il pensare sarà dunque intraducibile, magari come il
poetare, ma non lo è il pensato (e il poetato), una voltache sia fissato nella scrizione, ossia come enunciato scrit-torio. Ogni pensato può esser scritto, e perciò è senz’altrotraducibile in una collocuzione, – che gratta gratta è una
traduzione letterale.
La lessicomachia e i criteri traduttivi
La presente traduzione di Holzwege obbedisce a una se-rie di criteri specifici calibrati sulla natura peculiare del
testo – o meglio, sulla natura peculiare di ciascuno dei te-sti, visto che si tratta di sei saggi scritti nell’arco di dieci
XICOLLOCUZIONE E CRITERI TRADUTTIVI
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anni e dalla provenienza differente, sebbene tutti ricondu-
cibili all’attività didattica (v. infra , p. 443). Ci sono poi alcune parti dichiaratamente posteriori al decennio indi-cato, come p.es. l’Aggiunta al saggio sull’opera d’arte, scrit-ta negli anni ’50, e in genere tutti quanti i marginalia (per i quali v. infra , pp. 446 ss.) riportati a pie’ di pagina: que-ste zone richiedono un atteggiamento interpretativo diffe-rente, – e mettono a dura prova il traduttore, il quale si ve-
de così costretto ad apparecchiare non solo una mappaturasistematica dello stadio linguistico del pensiero heidegge-riano confluito in Holzwege , ma anche una griglia coeren-te di corrispondenze locuzionali proprie di stadi posteriori.
A provare la bontà o meno degli esiti della dura prova«lessicomachica» saranno, oltre naturalmente alla tradu-zione stessa, i quattro Glossari nella seconda parte del vo-
lume. Qui di seguito ecco invece una serie di regole erme-neutiche che stanno dietro alle opzioni lessicali e a cui il traduttore ha cercato di obbedire con la massima coerenza
possibile:1) Rispettare l’andamento della prosa heideggeriana:
le sue scansioni, le anafore, la sua tipica interpunzione.2) Riprodurre tutti i giochi di parole heideggeriani, a
partire dalle famiglie lessicali più fondamentali. 3) Quando Heidegger mette in gioco (e lo fa costante-mente) la strategia dell’interazione tra le varie accezioni
fondamentali di una parola speculativamente rilevante,da un lato, e il suo significato etimologico-speculativo,dall’altro, – alla parola e famiglia onomatica tedesca far corrispondere la parola e famiglia italiana più semantica-
mente affine (p.es. stehen–stare, stellen– porre ecc.). Làdove l’affinità è debole o comunque insufficiente, ricorre-re a una endiadi, come p.es. das Her-stellen reso con«dis-porre pro-duttivo», e solo in casi estremi a una «en-diatri» ( ): è il caso di das Schöne , tradottocon «il bello in quanto trasparente e scintillante».
4) Neologizzare anche in italiano quando Heidegger
neologizza in tedesco: p.es. Entbergung–disascondimen-to, Ruch–Curanza, Wahrnis–Vardianìa ecc.
NOTA DEL TRADUTTOREXII
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5) Evitare giochi di parole e iterazioni tematico-radica-
li assenti nel testo heideggeriano. Tuttavia: bergen–re-condere e verwahren–verecondere; e, più fondamentale,sein–essere e wesen–essenziare.
L’etimema, o argomentazione heideggeriana, e il rischiodell’«effetto-Proculo»
Il secondo punto in elenco potrà sembrare il frutto di unoscrupolo eccessivo, forse di una (infantile) voglia di gareg-
giare con Heidegger nell’abilità di coniare filiere di ca-lembours. Sennonché la regola fa capo a un serio disposi-tivo interno dello stile argomentativo heideggeriano, il quale infatti non procede per sillogismi apodittici, né dia-
lettici, né retorici (gli entimemi), ma piuttosto – si vor-rebbe dire – per «etimemi»: ragionamenti che vengonostrutturati e concatenati tramite esplicitazione delle dire-zioni etimologiche delle parole via via impiegate, ossia viavia piegate a uno svestimento concettuale e a un reinve-stimento metaforico: e le conclusioni sono sempre per eti-modeduzione2 , – quando non per allitterazione 3.
Non bisogna nascondersi che l’applicazione automati-ca o troppo indulgente di questa regola corre il rischio di lasciare nel lettore un retrogusto di artefazione, di provo-cargli una specie di effetto-Pròculo eduardiano ( Diteglisempre di sì [1927], atto II, scena I ). Ma è un rischio cheincombe sull’Autore quanto – anzi, più che – sul tradut-tore, il quale, da collocutore autentico, non potrà mai con-
tentarsi o addirittura essere fiero di reificarsi in un incen-siere per darsi sul naso del pensiero essenziale di Heideg- ger, non sarà mai un megafono rauco che con solennità palingenetica gracchi al mondo dei metafisici la metamor-
XIIICRITERI TRADUTTIVI. L’ETIMEMA HEIDEGGERIANO
2 Valga per tutti l’elucidazione dell’esperire, infra , pp. 217 s. 3 Cfr. p.es. p. 345: das schlechthin Singülare... in seiner Einzahl ein-
zig das einzig einende Eine vor aller Zahl ist («Il Singolare puro e sempli-
ce... nella sua singolarità uninumerale è unicamente l’Uno unicamenteunente prima di ogni numerazione», infra , p. 407).
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fosi del Neoevo: sarà sobrio ma non privo d’emozione,
distaccato ma non indifferente, imparziale senza essereequidistante, e cercherà di restituire l’elocuzione heideg- geriana per quella che è, anche qualora essa sconfini nellostucchevole e detestabile. Non si sentirà investito della mis-sione dell’eletto, dell’ufficio di diffondere novae urbi etnovo orbi il verbo heideggeriano, ma lavorerà di bulino,
per incidere artigianalmente sulla propria stele di Rosetta.
Tra i collocutori del passato è senza dubbio degnissimodi menzione Piero Chiodi, il pioniere delle traduzioni di Heidegger in Italia (ancora oggi l’unica di Sein und Zeitè la sua)4 e il predecessore nella versione di Holzwege ,meschinamente dileggiato da sproloquianti turiboli odier-ni. Tra i collocutori del presente, diversi dei quali davveroin gamba, un nome per tutti è Franco Volpi.
Titolo e sottotitolo
‘All’uomo futuro è assegnato il compito di meditare sul-l’essenza della metafisica occidentale e sulla sua storia...Gli Holzwege sono tentativi di tale meditazione. Visti
dall’esterno, si presentano come una raccolta di discorsi su temi che non hanno alcuna relazione tra loro. Se li si pensa invece intrinsecamente nel loro insieme, il tutto si rivela come una sinfonia orchestrata in modo rigoroso.Nessuno dei sentieri può essere battuto se non vengono
percorsi anche gli altri. Nella loro unità, essi mostrano untratto del sentiero del pensiero su cui l’autore si è nel frat-
tempo incamminato dopo Essere e tempo.’ —Così recita, in parafrasi semplice, un brano che MartinHeidegger scriveva nel 1949, nell’imminenza della pub-blicazione di Holzwege , e che si concludeva con due ver-si: «I sentieri vanno errando. / Ma non si smarriscono»5.Una singolare prosopopea. Che però va presa alla lettera.
NOTA DEL TRADUTTOREXIV
4 Resterà tale fino al 2046? Vogliamo proprio augurarci di no!5 HGA 13, p. 91.
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Sono infatti i sentieri stessi a vagare, e ad appellarsi e di-
schiudersi – insieme, per gradi, improvvisi – al viandante;mai che quest’ultimo possa imboccarli di proposito. Né so-no sentieri meramente metaforici, se in una lettera all’a-mica Elisabeth Blochmann, datata 19 dicembre 1950, Hei-degger confessava: «Qualcosa del mio cammino durante
gli ultimi quindici anni è mostrato dagli Holzwege... Cre-do che nel libro si nasconda, non esplicitamente e indiret-
tamente, molto della Foresta Nera e dei suoi sentieri»6
. Sono sentieri silvani. Due a tema: celeberrimo quellorelativo all’origine dell’opera d’arte, con la sua memora-bile analisi del quadro delle «scarpe contadine» di VanGogh; seguìto dal saggio sulla scienza moderna, indagataquale fenomeno essenziale dell’Età moderna. E quattro di impostazione esegetica, dunque ripercorrenti in parte vie
già frequentate: Anassimandro e la Fruizione, Hegel e la parusìa dell’Assoluto, Nietzsche e «Dio è morto», Rilke el’Angelo. Sentieri erranti nella selva dell’Ereignis, – chedal 1936 è divenuto l’intraducendo emblema della «svol-ta» del pensiero di Heidegger, la sua parola-guida.
Questa edizione. Caratteri gotici e font antiqua
Man erkennet das We ∫en eines Dinges, wenn man ver-
∫tehet, wodurch es in ∫einer Art determiniret wird.7
[Ch. Wolff, Metafisica tedesca (1719), § 33]
La traduzione è stata condotta sul volume: Martin Hei-degger, Holzwege. 7., durchgesehene Auflage 1994, Vit-
torio Klostermann, Frankfurt am Main, perfettamenteuguale al vol. 5 della Heideggers Gesamtausgabe sia nel testo e nell’impaginazione, sia nelle note autografe di Hei-degger recate a pie’ di pagina.
XVTITOLO E SOTTOTITOLO
6 M. Heidegger - E. Blochmann, Briefwechsel 1918-1969 , hrsg. von J.W. Storck, Deutsche Schillergesellschaft, Marbach am Neckar 1989, Br.83 (tr.it. a cura di R. Brusotti, Il Melangolo, Genova 1991, p. 162).
7 «Si conosce l’essenza di una cosa [= di un ente] quando si comprendein che modo essa viene determinata nella sua specie.»
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Tutte le citazioni testuali di altri autori (Dürer, Hegel,
Nietzsche...), come pure tutte le poesie di C.F. Meyer, Höl-derlin e Rilke, sono state interamente ritradotte8.Un chiarimento necessario riguarda l’uso frequente del
carattere book antiqua nel formato tondo: il suo com- pito principale è di segnalare, nel modo meno indiscreto possibile, che la parola italiana antiquizzata traduce unacugina tedesca derivata direttamente dalla traslitterazione
di una parola latina o anche neolatina (il book antiquacorsivo serve invece a rendere i termini latini veri e pro- pri). A prima vista la misura potrà sembrare sovradimen-sionata, cervellotica. Si noti allora che:
a) la quasi totalità di parole tedesche traslitterate dal latino viene fatalmente accomunata nel giudizio inappel-labile che Heidegger ha emesso e spesso reiterato sul (pre-
sunto) ruolo deleterio della lingua latina nella recezione,traduzione e tradizione delle parole filosofiche greche (si veda p.es. infra , pp. 12s.; un po’ più tenero è Heidegger
per le traslitterazioni tedesche dal greco, come Epoche ,ma mica poi tanto, se si pensa a Anthropologie , Ästhetik ,Logik , Technik , Thesis ecc.);
b) in diversi casi importanti la traduzione di queste
speciali parole coincide inoltre con la traduzione di voci propriamente tedesche, p.es. «oggetto» per Objekt e per Gegenstand , «produzione» per Produktion e per Her-stellung , Hervorbringung ecc.;
c) con il testo originale a fronte, la traslitterazioneavrebbe avuto ben altro nitore..., ma, vista l’impossibilitàdi disporre qui della parete già incisa, la soluzione grafica
del book antiqua è parsa la più economica e funzionale;d) non è una soluzione di tipo meramente grafico, ameno che non si vogliano considerare meri espedienti non-filosofici anche gli impieghi ipertrofici che Heidegger
fa dei trattini o il suo vezzo (posteriore) di contrapporreall’Essere–Sein il più antiquato E ere –Seyn ;
NOTA DEL TRADUTTOREXVI
8 Alle pagine 137-151 è stata ritradotta, per adeguarla al commento
heideggeriano, persino l’Introduzione hegeliana della Fenomenologia del-lo Spirito (Milano 20014 , pp. 147-167, 2ª ed. Bompiani Testi a fronte).
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e) è una soluzione che ha un nobile addentellato stori-
co-tipografico: carattere gotico e carattere antiqua (proge-nitore dell’odierno book antiqua ) hanno convissuto ele- gantemente per tutto il settecento tedesco proprio secondoil senso della differenza sopra indicata fra parole tedeschee traslitterazioni dal latino; la convivenza può ancora esse-re ammirata nei Sämtliche Werke di Schelling curati dal
figlio del filosofo negli anni 1856-619 ; nel frattempo si
torni alla breve citazione in esergo di Wolff.
Ringraziamenti ( primum ). La mia riconoscenza va innan-zitutto a Giovanni Reale e a Mario Andreose, che hannodimostrato incondizionata fiducia nel mio lavoro, specienei momenti più difficili e per certi versi surreali in cui avevo quasi deciso di mollare; quindi a Cristina Poma,
per il contributo decisivo nella confezione del volume, ealla polivalentissima Federica Visconti.Un grazie grosso così va poi a Pietro Emanuele, che
con rara pazienza e attenzione ha letto parte della versio-ne definitiva e mi ha dettagliatamente esposto tutte le sue
perplessità, discutendole epistolarmente con un umori-smo sottile, ma a tratti davvero esilarante. Il valore di al-
cune scelte traduttive mi è divenuto più chiaro proprionel corso del nostro carteggio... interreticolare. L’altro grazie immenso è indirizzato a Mimmo Caruso,
che da profano s’è avventurato per la selva heideggerianadietro il mio pressante invito, e che è riuscito a non smar-rirsi in virtù di quella comune sensibilità artistica per cui
già 25 anni fa ci si lambiccava insieme davanti alle stesse
questioni affrontate nel saggio sull’opera d’arte. L’epoca dei silenzi interminati e fecondissimi, che oggi la memorianon esita a elevare alla dignità di mito microcosmico.
Rometta Marea, ottobre 2002 Vincenzo Cicero
XVIIC ARATTERI E RINGRAZIAMENTI
9 Si veda p.es. il testo tedesco nel recente volume F.W.J. Schelling, Intro-
duzione alla filosofia della mitologia , a cura di L. Lotito, Bompiani, Mi-lano 2002, dove il gotico è sostituito da un Simoncini-Garamond oblungo.
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GLOSSARI*DI VINCENZO CICERO
* I numeri di pagina indicati sono quelli dell’originale tedesco.
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I quattro Glossari che seguono, pur avendo ciascuno una suaspecifica ragion metrica e grafica, concordano nel voler esseretutti quanti ragionati. Fanno cioè perno su famiglie di parole ,
precisamente su quelle più rilevanti che governano i sei saggi di
Holzwege. E il loro scopo precipuo è di rendere il più possibile
perspicua, agli occhi del lettore, la scacchiera linguistica e stili-stica su cui l’Autore ha mosso le sue pedine, nella prospettiva
però del traduttore e delle sue contromosse, – un obiettivo che potrebbe tradursi anche, schiettamente, così: per una autogiu-stificazione delle scelte traduttive.
Ogni famiglia di parole è costituita da tutte le voci che per af finità semantica ed etimologica sono strettamente legate fra
loro, incluse quelle che incominciano con un’altra lettera. Lavoce capofamiglia è registrata in ordine a una gamma gerarchi-ca di for mati tipografici che va dal grassetto tondo al maiuscolo,a seconda dell’importanza nell’economia del pensiero heidegge-riano. Le voci imparentate, semplici e composte, seguono in or -di ne alfabetico. Nel caso di parole-guida (p.es. Anfang, Ereig-nis ), però, sono queste a formare il lemma, non i rispettivi capi-
famiglia. — Nel Glossario tedesco–italiano i lemmi in bookantiqua corsivo e grassetto se gnalano le traslitterazioni dal la-tino (v. supra , pp. XVI - XVII ).
Martin Heidegger non era un grande sostenitore di diziona-ri e glossari. Ne faceva uso, largo e anche insistito, ma non hamancato di sottolinearne il tratto essenzialmente derivato, de-contestualizzante, quindi non-vincolante: «Troppo facilmentedi mentichiamo che le informazioni di un vocabolario devonoriposare pur sempre su una precedente interpretazione dei con-testi linguistici da cui sono tratte le singole parole e i loro im-
pieghi... Un “vocabolario” può dare indicazioni per la compren-sione dei vocaboli, ma non è mai un’istanza assolutamente e
previamente vincolante... Nell’ottica dello spirito storico di unalingua nella sua interezza, qualsiasi vocabolario manca del ca-
rattere di criterio e vincolo immediato»1.1 HGA 53, p. 74s., kairivw" citato da Franco Volpi nella premessa al suo
Glossario posto in chiusa al Nietzsche, p. 980.
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Per lungo tempo questa riserva nei confronti dell’idea stessa
di Wörterbuch Heidegger l’allargò automaticamente all’Indexin genere, cioè al glossario o registro di concetti importanti. A far lo però ricredere fu la tenacia della sua collaboratrice Hil de- gard Feick, ideatrice e redattrice dell’Index zu Heideggers›Sein und Zeit‹ (1ª ed. 1961), come ha rievocato e argomentatolo stesso pensatore di Meßkirch: «[Con la dott.ssa Feick] abbia-mo spesso discusso dei limiti e dei pericoli di un glossario. Il li -mite sta nel fatto che un glossario, per quanto esauriente possaessere, spezzetta l’integrità di un’opera e impedisce l’accesso al suo movimento interno. Il pericolo nasce dalla tentazione na-turale di ri nunciare a uno studio approfondito dell’opera e di consultarla e compulsarla solo subordinatamente ai concetti viavia trattati. Ma la dott.ssa Feick è rimasta ferma nel suo propo-sito, e ha sciolto le perplessità dando al Glossario una struttura
peculiare. Invece di una mera registrazione lessicale, ella ha for-
nito alle parole-guida un contesto, allegandovi delle frasi illu-minanti sapientemente prescelte dal testo. Grazie al l’aggiuntadi rimandi a luoghi corrispondenti negli scritti posteriori [ scil. aEssere e tempo ], non si sono soltanto illustrati i contesti chia-mati via via in causa, ma si è data insieme la possibilità di pe-netrare con lo sguardo i sentieri e le trasformazioni del mio
pensiero»2.
I Glossari seguenti, tutti e ciascuno, non spezzettano affattol’uni tà fondamentale dei sei saggi silvani , anzi ne facilitanol’intuizione, favorendo l’accesso sinottico al loro movimento in-terno. E invitano ognora non soltanto allo studio dell’integritàdi Holz wege , ma all’approfondimento del pensiero heidegge-riano in quanto tale, nei suoi più paradigmatici sentieri e muta-menti. Anche quando rendono conto dei contesti, sono registra-
zioni esplicitamente textlos , senzatesto, non autorefenziali per-ché volutamente non autosufficienti: sono sempre bisognosi del testo e dell’integrazione da parte del lettore (della sua Zu-tat ,direbbe Hegel tradotto da Heidegger).
Dunque, il limite negativo e il pericolo di cui parlava Hei -deg ger vengono qui evitati, e ciò avviene appunto tramite l’im-
GLOSSARI452
2 M. Heidegger, Frau Dr. Hildegard Feick der langjährigen getreuen Mit-arbeiterin zum Gedächtnis , in: H. Feick, Index zu Heideggers ›Sein undZeit‹ , Max Niemeyer, Tübingen 19682 , 4ª ed. rielaborata da Susanne Ziegler,ivi 1991, p. IX .
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postazione ragionata secondo parentele lessicali, la quale rag-
giunge la sua realizzazione più compiuta nel cospicuo Glossariotedesco–italiano: che da solo basta ad attestare l’esistenza di una solida e coerente impalcatura interpretativa e traduttiva al -le spalle della versione di tutti e sei i saggi 3. Il tedesco–italianoè disseminato inoltre di rinvii puntuali ad altre opere di Hei -degger, e nei lemmi più importanti suggerisce le ascendenze eti-mologiche (oggettive o congetturali, comunque utili a intendere
particolari giochi linguistici del testo originale)4.Nei due Glossari greco– e latino–tedesco–italiano vengono
restituiti tutti i contesti originali. Al Glossario italiano–tedesco tocca infine l’incombenza di
illustrare sobriamente i vari neologismi italiani, in massima par te introdotti per rendere i cugini tedeschi di primo grado(così soventi in Heidegger), e di far trasparire via via il mecca-nismo analogico-lessicale (intra- e interlinguistico) che ha per-
messo di operare le coniazioni.
Oltre al già citato Index Feick-Ziegler, fonti rilevanti per la re-dazione del quadruplice lessico sono stati i Glossari di Al fredo
Marini e, soprattutto, di Franco Volpi.
V.C.
453PREMESSA
3 Secondo il parere del Dr. Hermann Heidegger, invece, la traduzione del pri mo saggio avrebbe avuto come fonte il volumetto: M. Heidegger, L’origine del- l’opera d’arte , a cura di G. Zaccaria e I. De Gennaro, Marinotti, Milano 2000.
4 Alla base delle indicazioni etimologiche stanno soprattutto i seguenti di -zionari:
– E. Baumgartner - P. Ménard, Dictionnaire étymologique et historique dela langue française , Librairie Générale Française, Paris 1996.
– T. De Mauro - M. Mancini, Dizionario Etimologico , Garzanti Linguistica,
Milano 2000. – F. Kluge, Etymologisches Wörterbuch der deutschen Sprache (18831 ).
Unver änderter Nachdruck der 23. Auflage (1995), de Gruyter, Berlin1999. («Molte etimologie su cui Heidegger si appoggia nel suo argomenta-re filosofico sono ricavate da quest’opera.» [Volpi in Nietzsche , p. 978.])
– T.G. Tucker, Etymological Dictionary of Latin , Ares Publishers, Inc.,Chicago 1985 (Unchanged Reprint of the Edition: Halle [Saale] 1931).5 Per Marini si vedano: M. Heidegger, Prolegomeni alla storia del concet-
to di tempo , Il Melangolo, Genova 1999, pp. 403-8 (it-ted) e 409-22 (ted-it);Id. , Interpretazione fenomenologica della Critica della ragion pura di Kant , Mursia, Milano 2002, pp. 264-81. – Quanto a Volpi, cfr. tutti i Glossari da lui curati per Adelphi, in part.: Segnavia , pp. 481-522; Il principio di ragione , pp.235-75; Nietzsche , pp. 983-1034.
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TAVOLA DELLE ABBREVIAZIONI
DELLE OPERE HEIDEGGERIANE*
EiM Einführung in die Metaphysik (1953 = HGA 40, 1983). Tr.it. In-troduzione alla metafisica, di G. Masi, Mursia, Milano 1979.
EdPh Das Ende der Philosophie und die Aufgabe des Denkens (1964).
Tr.it. La fine della filosofia e il compito del pensiero, in Tempoed essere, cit.HGA Martin Heidegger, Gesamtausgabe. Ausgabe letzter Hand,
Vittorio Klostermann Verlag, Frankfurt a.M. 1975 ss.HGA 13 Aus der Erfahrung des Denkens (1910-1976). Herausgeber
Hermann Heidegger, 1983.HGA 15 Seminare (1951-1973). Herausgeber Curd Ochwadt, 1986.
Tr.it. parz. Seminari, di M. Bonola, Adelphi, Milano 1992.HGA
24 Die Grundprobleme der Phänomenologie (Sommersemester1927). Herausgeber Friedrich-Wilhelm von Herrmann, 1997 5.Tr.it. I problemi fondamentali della fenomenologia, di A. Fa-bris, il melangolo, Genova 1988.
HGA 33 Aristoteles, Metaphysik Q 1-3. Von Wesen und Wirklichkeit der Kraft (Sommersemester 1931). Herausgeber Heinrich Hüni,19902.Tr.it. Aristotele: Metafisica (Q 1-3). Sull’essenza e la realtà della forza, di U. Ugazio, Mursia, Milano 1992.
HGA 39 Hölderlins Hymnen »Germanien« und »Der Rhein« (Winterse-mester 1934/35). Herausgeberin Susanne Ziegler, 19993.
HGA 45 Grundfragen der Philosophie. Ausgewählte »Probleme« der »Lo gik« (Wintersemester 1937/38). Herausgeber Friedrich-Wilhelm von Herrmann, 19922.Tr.it. Domande fondamentali della filosofia. Selezione di «pro-blemi» della «logica», di U.M. Ugazio, Mursia, Milano 1990.
HGA 51 Grundbegriffe (Sommersemester 1941). Herausgeberin Petra
Jaeger, 19912.Tr.it. Concetti fondamentali, di F. Camera, il melangolo, Geno-va 1996.
HGA 53 Hölderlins Hymne »Der Ister« (Sommersemester 1942). Her-ausgeber Walter Biemel, 19932.
HGA 54 Parmenides (Wintersemester 1942/43). Herausgeber ManfredS. Frings, 19922.Tr.it., Parmenide, di G. Gurisatti, Adelphi, Milano 1999.
HGA 65 Beiträge zur Philosophie (Vom Ereignis) (1936-1938). Heraus-geber Friedrich-Wilhelm von Herrmann, 19942.
GLOSSARI454
* Nelle citazioni, le pagine dell’edizione italiana seguono sempre tra parentesi tonda.
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HGA 79 Bremer und Freiburger Vorträge. — 1. Einblick in das was ist.
Bremer Vorträge 1949: Das Ding – Das Ge-stell – Die Gefähr – Die Kehre. — 2. Gründsätze des Denkens. Freibürger Vorträge1957. Herausgeberin Petra Jaeger, 1994.Tr.it. Conferenze di Brema e di Friburgo. — 1. Sguardo in ciòche è: La cosa – L’impianto – Il pericolo – La svolta. — 2. Prin-cìpi del pensiero, di G. Gurisatti, Adelphi, Milano 2002.
Höld Erläuterungen zu Hölderlins Dichtung (1951 = HGA 4, 19962).Tr.it. La poesia di Hölderlin, di L. Amoroso, Adelphi, Milano20013.
HuG Hegel und die Griechen (1958). Tr.it., Hegel e i Greci, in Se- gnavia, cit.
Hum Über den Humanismus (1947). Tr.it. Lettera sull’«umanismo»,in Segnavia, cit.
IuD Identität und Differenz (1957 [= HGA 11]). Tr.it Identità e diffe-renza, di. U. Ugazio, «aut aut», 1982, n. 187-188
N I Nietzsche I (1961 = HGA 6.1, 1996). Tr.it. Nietzsche, di F. Volpi,Adelphi, Milano 20003, pp. 17-540.
N II Nietzsche II (1961 = HGA 6.2, 1997). Tr.it. Nietzsche, cit., pp. 541-939.
SdD Zur Sache des Denkens (1969 [= HGA 14]). Tr.it. Tempo ed esse-re, di E. Mazzarella, Guida, Napoli 1980.
SuH Sprache und Heimat (1960), in Aus der Erfahrung des Denkens(1954 = HGA 13, 1983), pp. 155-180. Tr.it. Linguaggio e terranatìa, di R. Cristin, «aut aut», 1990, n. 235.
SuZ Sein und Zeit (1927 = HGA 2, 1977). Tr.it. Essere e tempo, di P.
Chiodi, Longanesi, Milano 1970. SvGr Der Satz vom Grund (1957 [= HGA 10]). Tr.it. Il principio di ragione, di G. Gurisatti e F. Volpi, Adelphi, Milano 1991.
UzS Unterwegs zur Sprache (1959 = HGA 12, 1985). Tr.it. In cammi-no verso il linguaggio, di A. Caracciolo e M. Caracciolo Perotti,Mursia, Milano 1973.
VuA Vorträge und Aufsätze (1954 = HGA 7, 2000). Tr.it. Saggi e di -scor si, di G. Vattimo, Mursia, Milano 1980.
WdGr Vom Wesen des Grundes (1929). Tr.it. Dell’essenza della verità,in Segnavia,cit.WdW Vom Wesen der Wahrheit (1943). Tr.it. Dell’essenza della verità,
in Segnavia, cit.WiM Was ist Metaphysik (1929). Tr.it. Che cos’è metafisica?, in
Segnavia, cit.WM Wegmarken (1967 = HGA 9, 19962). Tr.it. Segnavia, a cura di F.
Volpi, Adelphi, Milano 1987. ZSF Zur Seinsfrage (1956). Tr.it. La questione dell’essere, in Se gna-
via, cit. ZuS Zeit und Sein (1962). Tr.it. Tempo ed essere, in Tempo ed essere,
cit.
455TAVOLA DELLE ABBREVIAZIONI