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Spirito Santo - Aprile 2009 NUMERO 15 1 Spirito e parola Mensile della parrocchia dello Spirito Santo “Pietro, nostro fratello” di Roberto Bonomo Più leggo il vangelo e più mi rendo conto di quanto S.Pietro sia importante per la nostra fede, di quanto sia importante per la nostra speranza, di quanto sia importante per la nostra fiducia nella misericordia di Dio. Più lo leggo e più mi riconosco nelle sue debolezze, nei suoi entusiasmi, nelle sue paure e nelle sue ingenuità. Durante l'ultima cena, nel momento in cui Gesù si china per lavargli i piedi Pietro esclama "Tu non mi laverai i piedi in eterno"(Gv 13,8) dimostrando di non capire il segno di amore di Gesù accecato da quell'orgoglio, che è anche il nostro, che si sente ferito ogniqualvolta dobbiamo accettare un aiuto non richiesto. Quando Gesù predice la sua passione affermando che tutti rimarranno scandalizzati di Lui, Pietro ribatte: "Anche se tutti si scandalizzeranno, io no!" (Mc 14,29). Nello stesso modo noi siamo bravissimi a promettere a destra e a manca, a giurare fedeltà e a fare proclami di buone intenzioni contando unicamente sulle nostre forze, per poi ritrovarci come Pietro addormentati nel Getsèmani a sentirci richiamare da Gesù: "Simone dormi non sei riuscito a vegliare un'ora sola?" (Mc 14,37); Dove sono finite le nostre buone intenzioni? Forti dei nostri proclami, come Pietro, seguiamo Gesù come dice il Vangelo: "Pietro lo aveva seguito da lontano." (Mc 14,54): (...) SEGUE A PAGINA 4 La Pasqua dei deboli più forte della morte del Card. Carlo Maria Martini Mentre il Natale evoca istintivamente l'immagine di chi si slancia con gioia (e anche pieno di salute) nella vita, la Pasqua è collegata con rappresentazioni più complesse. È una vita passata attraverso la sofferenza e la morte, una esistenza ridonata a chi l'aveva perduta. Perciò se il Natale suscita un po' in tutte le latitudini, anche presso i non cristiani e i non credenti, un'atmosfera di letizia e quasi di spensierata gaiezza, la Pasqua rimane un mistero più nascosto e difficile. Ma la nostra esistenza, al di là di una facile retorica, si gioca prevalentemente sul terreno dell'oscuro e del difficile. Penso soprattutto in questo momento ai malati, a coloro che soffrono sotto il peso di diagnosi infauste, a coloro che non sanno a chi comunicare la loro angoscia, e anche a tutti quelli per cui vale il detto antico, icastico e quasi intraducibile senectus ipsa morbus (la vecchiaia è per natura sua già una malattia). Penso insomma a tutti coloro che sentono nella carne o nella psiche o nello spirito lo stigma della debolezza e fragilità umana: essi sono probabilmente la maggioranza degli uomini e delle donne di questo mondo. Mi appare significativo il fatto che Gesù nel suo ministero pubblico si sia interessato soprattutto dei malati e che Paolo nel suo discorso di addio alla comunità di Efeso ricordi il dovere di «soccorrere i deboli». Per questo vorrei che questa Pasqua fosse sentita soprattutto come un invito alla speranza anche per i sofferenti, per le persone anziane, per tutti coloro che sono curvi sotto i pesi della vita, per tutti gli esclusi dai circuiti della cultura predominante, che è (ingannevolmente) quella dello "star bene" come principio assoluto. Vorrei che il senso di sollievo, di liberazione e di speranza che vibra nella Pasqua ebraica dalle sue origini ai nostri giorni entrasse in tutti i cuori. Vorrei che il saluto e il grido che i nostri fratelli dell'Oriente si scambiano in questi giorni «Cristo è risorto», «Cristo è veramente risorto» percorresse le corsie degli ospedali, entrasse nelle camere dei malati, nelle celle delle prigioni, vorrei che suscitasse un sorriso di speranza anche nelle persone che si trovano nelle sale di attesa per le complicate analisi richieste dalla medicina di oggi, dove spesso si incontrano volti tesi, persone che cercano di nascondere il nervosismo che le agita interiormente. La domanda che mi faccio è: che cosa dice oggi a me anziano, un po' debilitato nelle forze, ormai in lista di chiamata per un passaggio inevitabile, questa Pasqua? E che cosa potrebbe dire anche a chi non condivide la mia fede e la mia speranza? Anzitutto questa Pasqua dice a me che «le sofferenze del momento presente non sono paragonabili alla gloria futura che dovrà essere rivelata in noi» (San Paolo, Lettera ai Romani, 8,18). Queste sofferenze sono anzitutto quelle del Cristo nella sua passione, per cui sarebbe difficile trovare una causa o una ragione se non si guardasse oltre il muro della morte. Ma ci sono anche tutte le sofferenze personali o collettive che gravano sull'umanità, causate o dalla cecità della natura o dalla cattiveria o negligenza degli uomini. Bisogna ripetersi con audacia, vincendo la resistenza interiore, che non c'è proporzione tra quanto ci tocca soffrire e quanto attendiamo con fiducia. In questa Pasqua vorrei poter dire a me stesso con fede le parole di Paolo nella seconda lettera ai Corinti: «Per questo non ci scoraggiamo, ma anche se il nostro uomo esteriore si va disfacendo, quello interiore si rinnova di giorno in giorno. Infatti il momentaneo, leggero peso della nostra tribolazione ci procura una quantità smisurata ed eterna di gloria, perché noi non fissiamo lo sguardo sulle cose visibili, ma su quelle invisibili. Le cose visibili sono d'un momento, quelle invisibili sono eterne». (2Corinti 4,16-18). È così che siamo invitati a guardare anche ai dolori del mondo di oggi: come a «gemiti della creazione», come a «doglie del parto» (Romani, 8,22) che stanno generando un mondo più bello e definitivo, anche se non riusciamo bene a immaginarlo. Tutto questo richiede una grande tensione di speranza. Perché, come dice ancora san Paolo «nella speranza noi siamo salvati. (...) SEGUE A PAGINA 2 In questo numero, volantino del Pellegrinaggio del 25 Aprile

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Spirito Santo - Aprile 2009 NUMERO 15

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Spirito e parolaM e n s i l e d e l l a p a r r o c c h i a d e l l o S p i r i t o S a n t o

“Pietro, nostro fratello”

di Roberto Bonomo

Più leggo il vangelo e più mi rendo conto di quanto S.Pietro sia importante per la nostra fede, di quanto sia importante per la nostra speranza, di quanto sia importante per la nostra fiducia nella misericordia di Dio. Più lo leggo e più mi riconosco nelle sue debolezze, nei suoi entusiasmi, nelle sue paure e nelle sue ingenuità. Durante l'ultima cena, nel momento in cui Gesù si china per lavargli i piedi Pietro esclama "Tu non mi laverai i piedi in e t e r n o " ( G v 1 3 , 8 ) dimostrando di non capire il segno di amore di Gesù accecato da quell'orgoglio, che è anche il nostro, che si sente ferito ogniqualvolta dobbiamo accettare un aiuto non richiesto. Quando Gesù predice la sua passione affermando che tutti rimarranno scandalizzati di Lui, Pietro ribatte: "Anche se tutti si scandalizzeranno, io no!" (Mc 14,29). Nello stesso modo noi siamo bravissimi a promettere a destra e a manca, a giurare fedeltà e a fare proclami di buone intenzioni contando unicamente sulle nostre forze, per poi ritrovarci come Pietro addormentati nel Getsèmani a sentirci richiamare da Gesù: "Simone dormi non sei riuscito a vegliare un'ora sola?" (Mc 14,37); Dove sono finite le nostre buone intenzioni? Forti dei nostri proclami, come Pietro, seguiamo Gesù come dice il Vangelo: "Pietro lo aveva seguito da lontano." (Mc 14,54): (...)SEGUE A PAGINA 4

La Pasqua dei deboli più forte della mortedel Card. Carlo Maria Martini

Mentre il Natale evoca istintivamente l'immagine di chi si slancia con gioia (e anche pieno di salute) nella vita, la Pasqua è collegata con rappresentazioni più complesse. È una vita passata attraverso la sofferenza e la morte, una esistenza ridonata a chi l'aveva perduta. Perciò se il Natale suscita un po' in tutte le latitudini, anche presso i non cristiani e i non credenti, un'atmosfera di letizia e quasi di spensierata gaiezza, la Pasqua rimane un mistero più nascosto e difficile. Ma la nostra esistenza, al di là di una facile retorica, si gioca prevalentemente sul terreno dell'oscuro e del difficile. Penso soprattutto in questo momento ai malati, a coloro che soffrono sotto il peso di diagnosi infauste, a coloro che non sanno a chi comunicare la loro angoscia, e anche a tutti quelli per cui vale il detto antico, icastico e quasi intraducibile senectus ipsa morbus (la vecchiaia è per natura sua già una malattia). Penso insomma a tutti coloro che sentono nella carne o nella psiche o nello spirito lo stigma della debolezza e

fragilità umana: essi sono probabilmente la maggioranza degli uomini e delle donne di questo mondo. Mi appare significativo il fatto che Gesù nel suo ministero pubblico si sia interessato soprattutto dei malati e che Paolo nel suo discorso di addio alla comunità di Efeso ricordi il dovere di «soccorrere i deboli». Per questo vorrei che questa Pasqua fosse sentita soprattutto come un invito alla speranza anche per i sofferenti, per le persone anziane, per tutti coloro che sono curvi sotto i pesi della vita, per tutti gli esclusi dai circuiti della cultura predominante, che è (ingannevolmente) quella dello "star bene" come principio assoluto. Vorrei che il senso di sollievo, di liberazione e di speranza che vibra nella Pasqua ebraica dalle sue origini ai nostri giorni entrasse in tutti i cuori. Vorrei che il saluto e il grido che i nostri fratelli dell'Oriente si scambiano in questi giorni

«Cristo è risorto», «Cristo è veramente risorto» percorresse le corsie degli ospedali, entrasse nelle camere dei malati, nelle celle delle prigioni, vorrei che suscitasse un sorriso di speranza anche nelle persone che si trovano nelle sale di attesa per le complicate analisi richieste dalla medicina di oggi, dove spesso si incontrano volti tesi, persone che cercano di nascondere il nervosismo che le agita interiormente. La domanda che mi faccio è: che cosa dice oggi a me anziano, un po' debilitato nelle forze, ormai in lista di chiamata per un passaggio inevitabile, questa Pasqua? E che cosa potrebbe dire anche a chi non condivide la mia fede e la mia speranza? Anzitutto questa Pasqua dice a me che «le sofferenze del momento presente non sono paragonabili alla gloria futura che dovrà essere rivelata in noi» (San Paolo, Lettera ai Romani, 8,18). Queste sofferenze sono anzitutto quelle del Cristo nella sua passione, per cui sarebbe difficile trovare una causa o una ragione se non si guardasse oltre il muro della morte. Ma ci sono anche tutte le sofferenze personali o collettive che gravano sull'umanità, causate o dalla cecità della natura o dalla cattiveria o negligenza degli uomini. Bisogna ripetersi con audacia, vincendo la resistenza interiore, che non c'è proporzione tra quanto ci tocca soffrire e quanto attendiamo con fiducia. In questa Pasqua vorrei poter dire a me stesso con fede le parole di Paolo nella seconda lettera ai Corinti: «Per questo non ci scoraggiamo, ma anche se il nostro uomo esteriore si va disfacendo, quello interiore si rinnova di giorno in giorno. Infatti il momentaneo, leggero peso della nostra tribolazione ci procura una quantità smisurata ed eterna di gloria, perché noi non fissiamo lo sguardo sulle cose visibili, ma su quelle invisibili. Le cose visibili sono d'un momento, quelle invisibili sono eterne». (2Corinti 4,16-18). È così che siamo invitati a guardare anche ai dolori del mondo di oggi: come a «gemiti della creazione», come a «doglie del parto» (Romani, 8,22) che stanno generando un mondo più bello e definitivo, anche se non riusciamo bene a immaginarlo. Tutto questo richiede una grande tensione di speranza. Perché, come dice ancora san Paolo «nella speranza noi siamo salvati. (...)SEGUE A PAGINA 2

In questo numero, volantino del Pellegrinaggio del 25 Aprile

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SEGUE DA PAGINA 1

(...) Ora, ciò che si spera, se visto, non è più speranza» (ivi, 8,24). Sperare così può essere difficile, ma mi pare questa la via che ci permette di non rimanere schiacciati dai mali di questo mondo. Ed è una via tracciata da Dio stesso che vuole stare dalla nostra parte e che promette all'uomo la vita per sempre. Più difficile è però per me l'esprimere che cosa può dire la Pasqua a chi non partecipa della mia fede ed è curvo sotto i pesi della vita. Ma qui mi vengono in aiuto persone che ho incontrato e in cui ho sentito come una scaturigine misteriosa dentro, che li aiuta a guardare in faccia la sofferenza e la morte anche senza potersi dare ragione di ciò che seguirà. Vedo così che c'è dentro tutti noi qualcosa di quello che san Paolo chiama «speranza contro ogni speranza» (ivi, 4,17), cioè una volontà e un coraggio di andare avanti malgrado tutto, anche se non si è capito il senso di quanto è avvenuto. È così che molti uomini e donne hanno dato prova di una capacità di ripresa che ha del miracoloso. Si pensi a tutto quanto è stato fatto con indomita energia dopo lo tsunami di qualche anno fa o dopo l'inondazione di New Orleans. Si pensi alle energie di ricostruzione sorte come dal nulla dopo la tempesta delle guerre. Si pensi alle parole della ventottenne Etty Hillesum, scritte il 3 luglio 1942, prima di essere portata a morire ad Auschwitz: «Io guardavo in faccia la nostra distruzione imminente, la nostra prevedibile miserabile fine, che si manifestava già in molti momenti ordinari della nostra vita quotidiana. È questa possibilità che io ho incorporato nella percezione della mia vita, senza sperimentare quale conseguenza una diminuzione della mia vitalità... La possibilità della morte è una presenza assoluta nella mia vita, e a causa di ciò la mia vita ha acquistato una nuova dimensione». Uomini e donne così richiamano l'immagine del Salmo: «Nell'andare se ne va e piange, / portando la semente da gettare, /ma nel tornare viene con giubilo, / portando i suoi covoni» (Sal 126,6). Per queste cose non ci si può affidare alla scienza, se non per chiederle qualche strumento tecnico. Ma al massimo essa permette un debole prolungamento dei nostri giorni, anche se il suo impegno può testimoniare quella solidarietà umana che è l'auspicabile orizzonte di tutto il suo dinamismo. L'interrogativo più radicale è invece sul senso di quanto sta avvenendo e più ancora sull'amore che è dato di cogliere anche in tali frangenti. C'è qualcuno che mi ama talmente da farmi sentire pieno di vita anche nella debolezza, che mi dice, «io sono la vita, la vita per sempre»? O almeno c'è qualcuno al quale posso dedicare i miei giorni, anche quando mi sembra che tutto sia perduto? È così che la risurrezione entra nell'esperienza quotidiana di tutti i sofferenti, in particolare dei malati e degli anziani, dando loro modo di produrre ancora frutti abbondanti a dispetto delle forze che vengono meno e della debolezza che li assale. La vita nella Pasqua si mostra più forte della morte ed è così che tutti ci auguriamo di coglierla.

Carlo Maria Martini

"Spendete bene la vita, è un tesoro unico"diLuca Lusetti

Con queste poche parole volevo ricordare a 4 anni dalla sua scomparsa, il nostro amatissimo Karol Wojtyla (Papa Giovanni Paolo II), il quale ha saputo fondare la civiltà dell'amore: fatta di speranza, di pace, di compassione, di perdono; che ha invitato tutti a trasformare la sofferenza in uno strumento di crescita spirituale. Non possiamo

dimenticare il Papa che ha levato la voce contro le ingiustizie e le guerre in nome della fraternità, della pace, della libertà, ha difeso la vita e sostenuto la centralità della famiglia; ha predicato i valori dello spirito in modo in cui si lotta per il potere e la ricchezza; ha sollecitato l’unità dei cristiani e ha soprattutto acceso gli animi dei giovani.Ci ha definiti le sentinelle del mattino nell’alba del terzo millennio, mi ricordo ogni momento di quelle splendide giornate a Tor Vergata,

p r e c e d u t e d a l cammino a piedi da Assisi verso Roma, in pellegrinaggio seguendo le sue parole. “Vivete nella Fede, trasmettetela ai figli, testimoniatela nella vita, amate la Chiesa, vivete in essa e per essa, fate spazio nel cuore a tutti gli uomini, perdonatevi a vicenda, costruite ambienti di pace ovunque siete.Ai non credenti dico: cercate Dio, Egli sta cercando voi. E ai sofferenti dico: abbiate fiducia, Cristo che vi ha preceduto vi darà la forza di far fronte al dolore. Ai giovani: spendete bene la vita, è un tesoro unico. A tutti: la Grazia di Dio vi accompagni ogni giorno.E salutatemi i vostri bambini, appena si svegliano. Come vorrei che questo mio « buon giorno » fosse per loro presentimento di una buona vita, a consolazione vostra e mia, e di tutta la Chiesa.”

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A cura di Sara Fiorini

- LA VOCE DEI GIOVANI -La spontaneità di una grande famiglia

Vorrei raccontarvi un piccolo, ma grande avvenimento, che da qualche sabato a questa parte si sta realizzando in parrocchia. I gruppi di ragazzi di terza media e prima superiore sono stati uniti per poter creare incontri più interessanti e coinvolgenti e per avere una partecipazione più attiva e numerosa. Così, da circa un mese, stiamo vivendo una preparazione alla quaresima un po’ particolare che sta aiutando tutti quanti a rispolverare qualche punto cardine di questo lungo cammino. Ma la vera scoperta, il vero tesoro, è stato il post-incontro che si è spontaneamente creato all’oratorio.Come tutti sappiamo il campo sportivo è stato da mesi rinnovato e dotato di rete da pallavolo. Ebbene, c’è da sottolineare come questa rete sia riuscita a favorire l’aggregazione dei gruppi, tra grandi e piccini! Chi è passato, in questi ultimi sabati, avrà forse notato l’armonia in campo tra i piccoli fruitori dell’oratorio ed i grandi, in particolare proprio i ragazzi dei gruppi di cui vi parlavo sopra, che hanno passato pomeriggi divertendosi, in compagnia, riuscendo ad essere anche di esempio per i bambini. Un dono, un caso o una ritrovata armonia? Comunque sia, è bello sottolineare come queste giornate siano state vissute con una naturalezza speciale, con un senso di coesione e serenità forti, al di là degli obblighi e dei turni che spesso noi educatori, invece, siamo impegnati a rispettare per non lasciare soli i bambini, al sabato. Si respirava un clima da vera famiglia e di disponibilità. Spero possa rappresentare l’inizio di un nuovo e più fertile cammino per tutti.Buona settimana santa a tutti, ed in particolare a voi, ragazzi, un grosso grazie!

Sabati in oratorio...tutti insieme è meglio e bello!!La nuova rete di pallavolo non crea nemici ma favorisce l'aggregazione di tuti i gruppi!

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I LETTORI SCRIVONO

Metti una sera a cena…di Tiziana Bagni

Sabato sera, cena con amici. Si parla di un po' di tutto, si passa con disinvoltura da un argomento all'altro; e con un volo pindarico (che non ricordo) si arriva anche alla religione, alla fede. Silvio, colto, informato e benestante, sbotta che sì, Gesù è vissuto duemila anni fa, è morto e poi risorto, ma tutto è finito lì. La Chiesa si è istituzionalizzata, però rimane un rituale religioso da mantenere. Dov'è Dio oggi?Il risotto mi va un po' di traverso, di solito sono sempre io quella piena di dubbi. Comincio un po' balbettando a dire che anche un grande Papa, Giovanni Paolo II, ha parlato del “Silenzio di Dio”, che perfino Madre Teresa di Calcutta nel suo Epistolario trentennale domandava disperatamente e dolorosamente a Dio di farsi presente a lei, che disperatamente e dolorosamente lo invocava. Poi mi ricordo di un pittore, anzi “del” pittore che amo con passione: Michelangelo Merisi, più noto come Caravaggio. Nel sedicesimo secolo ebbe una vita avventurosa, difficile e sconvolgente: accusato di omicidio, morì perseguitato. A Milano, all'accademia di Brera, sono stati esposti a marzo alcuni suoi capolavori, tra cui due splendide “Cene in Emmaus”. I committenti gli chiedevano temi religiosi, ma Caravaggio viveva nei bassifondi e da lì, scandalosamente , traeva la sua ispirazione.Una volta dipinse la Madonna con il volto di una donna del popolo annegata nel Tevere; i poveri bambini di quelli che oggi chiamiamo “ghetti” diventavano volti di Gesù Bambino; persino San Matteo fu ritratto con i piedi pieni di fango dei poveri, che camminavano scalzi. In questi quadri, la cena in Emmaus è sempre ambientata in una taverna, gli avventori-apostoli sono rozzi popolani; anche Gesù ha poco di soprannaturale nello spezzare il pane e benedire il vino. Le ombre sono cupe, ma un raggio luminoso cade su Gesù e da quella luce radente tutta la scena ha il suo incanto. Credo che lo scomunicato e perseguitato pittore abbia voluto dirci che Gesù è tra noi, vive nelle nostre azioni quotidiane e nelle persone che incontriamo, nella storia degli uomini. Con la libertà, che è il nostro fardello e la nostra benedizione, l'uomo può scegliere di cercare Gesù e dire, come i discepoli di Emmaus:” Resta con noi Signore, si fa sera.” Facile? Per niente. Non mi sembra infatti che la via del cr is t iano s ia la più semplice…Grazie, Caravaggio.

SEGUE DA PAGINA 1

(...) Lo seguiamo si, ma da lontano, per non farci notare, per non farci coinvolgere troppo e perché in fondo ci teniamo troppo a noi stessi, alla nostra vita, alle nostre cose, alle nostre abitudini e l'idea della rinuncia in fondo, anche se non lo a m m e t t i a m o , c i spaventa. Ci spaventa al punto che sappiamo trovare mille scuse e mille scappatoie; arriviamo anche a far finta di non conoscerlo, come Pietro che dichiara: "Non conosco quest'uomo di cui parlate!" (Mc 14,71) Quando però "il gallo cantò", il nostro fratello Pietro, si è lasciato avvolgere dall'amore del Signore, di questo amore ha fatto la sua forza e da questo amore si è lasciato trasformare diventando colui che tutti conosciamo.Auguro a tutti noi di poter ricevere, da questa S. Pasqua, la forza per trasformarci in veri testimoni di Cristo. S. Pietro, nostro fratello, ci pro tegga e c i accompagni in questo cammino.

Buona Pasqua

Roberto

Il tentatoreProposto da Monica Denti

"Il tentatore allora gli si accostò e gli disse:<<Se sei il Figlio di Dio, dì che questi sassi diventino pane>>." (Matteo 4,3)Il tentatore rivolge a ogni uomo e a ogni donna il suo invito: "Dì che questi sassi diventino pane".E' la tentazione del materialismo, terribile e seducente, perché un panino sazia più di una preghiera. Una bibita ghiacciata rinfresca più di un sacramento. Una passeggiata in bicicletta rinforza più di una messa. Un'auto potente dà più ebbrezza della carità. Una bella casa e un sostanzioso conto in banca danno più sicurezza della coscienza di aver compiuto del bene. E' difficile non ascoltare i crampi dello stomaco. E' facile far tacere quelli dello spirito. per questo il tentatore ha spesso buon gioco, e anche le realtà più alte (l'amicizia, l'amore, la bellezza, la sessualità...) vengono ridotte a merce. Ma soltanto chi sa resistere alla tentazione del materialismo sperimenta la grandezza dell'essere figlio di Dio.Basta guardarsi intorno: chi riduce tutto a pane per i denti, finisce per essere mangiato da ciò che crede di divorare. I mangioni, i beoni, i ricconi consumano, non costruiscono. La bellezza, la verità, la bontà, la giustizia sono il frutto della vita dei poveri in spirito.

(da "Io con Te per 365+1" di Tonino Lasconi)

Caravaggio: Cena di Emmaus

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RIFLESSIONI

La felicità degli altriProposto da Fam. Pozzani

Due uomini, entrambi molto malati, occupavano la stessa stanza d'ospedale. A uno dei due uomini era permesso mettersi seduto sul letto per un'ora ogni pomeriggio per aiutare il drenaggio dei fluidi dal suo corpo. Il suo letto era vicino all'unica finestra della stanza. L'altro uomo doveva restare sempre sdraiato. Infine i due uomini fecero conoscenza e cominciarono a parlare per ore. Parlarono delle loro mogli e delle loro famiglie, delle loro case, del loro lavoro, del loro servizio militare e dei viaggi che avevano fatto. Ogni pomeriggio l'uomo che stava nel letto vicino alla finestra poteva sedersi e passava il tempo raccontando al suo compagno di stanza tutte le cose che poteva vedere fuori dalla finestra. L'uomo nell'altro letto cominciò a vivere per quelle singole ore nelle quali il suo mondo era reso più bello e più vivo da tutte le cose e i colori del mondo esterno. La finestra dava su un parco con un delizioso laghetto. Le anatre e i cigni giocavano nell'acqua mentre i bambini facevano navigare le loro barche giocattolo. Giovani innamorati camminavano abbracciati tra fiori di ogni colore e c'era una bella vista della città in lontananza. Mentre l'uomo vicino alla finestra descriveva tutto ciò nei minimi dettagli, l'uomo dall'altra parte della stanza chiudeva gli occhi e immaginava la scena. In un caldo pomeriggio l'uomo della finestra descrisse una parata che stava passando. Sebbene l'altro uomo non potesse sentire la banda, poteva vederla. Con gli occhi della sua mente così come l'uomo dalla finestra gliela descriveva. Passarono i giorni e le settimane. Un mattino l'infermiera del turno di giorno portò loro l'acqua per il bagno e trovò il corpo senza vita dell'uomo vicino alla finestra, morto pacificamente nel sonno. L'infermiera diventò molto triste e chiamò gli inservienti per portare via il corpo. Non appena gli sembrò appropriato, l'altro uomo chiese se poteva spostarsi nel letto vicino alla finestra. L'infermiera fu felice di fare il cambio, e dopo essersi assicurata che stesse bene, lo lasciò solo. Lentamente, dolorosamente, l'uomo si sollevò su un gomito per vedere per la prima volta il mondo esterno. Si sforzò e si voltò lentamente per guardare fuori dalla finestra vicina al letto. Essa si affacciava su un muro bianco. L'uomo chiese all'infermiera che cosa poteva avere spinto il suo amico morto a descrivere delle cose così meravigliose al di fuori da quella finestra. L'infermiera rispose che l'uomo era cieco e non poteva nemmeno vedere il muro 'Forse, voleva farle coraggio. ' disse. Vi è una tremenda felicità nel rendere felici gli altri, anche a dispetto della nostra situazione. Un dolore diviso è dimezzato, ma la felicità divisa è raddoppiata. Se vuoi sentirti ricco conta le cose che possiedi che il denaro non può comprare.Oggi è un dono, è per questo motivo che si chiama presente.

La pietra azzurra Proposto da Roberto Bonomo

Il gioielliere era seduto alla scrivania e guardava distrattamente la strada attraverso la vetrina del suo elegante negozio. Una bambina si avvicinò al negozio e schiacciò il naso contro la vetrina. I suoi occhi color del cielo si illuminarono quando videro uno degli oggetti esposti. Entrò decisa e puntò il dito verso uno splendido collier di turchesi azzurri. "È per mia sorella. Può farmi un bel pacchetto regalo?". Il padrone del negozio fissò incredulo la piccola cliente e le chiese: "Quanti soldi hai?". Senza esitare, la bambina, alzandosi in punta di piedi, mise sul banco una scatola di latta, la aprì e la svuotò. Ne vennero fuori qualche biglietto di piccolo taglio, una manciata di monete, alcune conchiglie, qualche figurina. "Bastano?" disse con orgoglio. "Voglio fare un regalo a mia sorella più grande. Da quando non c'è più la nostra mamma, è lei che ci fa da mamma e non ha mai un secondo di tempo per se stessa. Oggi è il suo compleanno e sono certa che con questo regalo la farò molto felice. Questa pietra ha lo stesso colare dei suoi occhi". L'uomo entra nel retro e ne riemerge con una stupenda carta regalo rossa e oro con cui avvolge con cura l'astuccio. "Prendilo" disse alla bambina. "Portalo con attenzione". La bambina partì orgogliosa tenendo il pacchetto in mano come un trofeo. Un' ora dopo entrò nella gioielleria una bella ragazza con la chioma color miele e due meravigliosi occhi azzurri. Posò con decisione sul banco il pacchetto che con tanta cura il gioielliere aveva confezionato e dichiarò: "Questa collana è stata comprata qui?". "Sì, signorina". "E quanto è costata?". "I prezzi praticati nel mio negozio sono confidenziali: riguardano solo il mio cliente e me". "Ma mia sorella aveva solo pochi spiccioli. Non avrebbe mai potuto pagare un collier come questo!". Il gioielliere prese l'astuccio, lo chiuse con il suo prezioso contenuto, rimise con cura la carta al pacchetto-regalo e lo consegnò alla ragazza. "Sua sorella ha pagato. Ha pagato il prezzo più alto che chiunque possa pagare: ha dato tutto quello che aveva".

"Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo unico Figlio perché chi crede in lui non muoia ma abbia vita eterna" (Gv 5,16).

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SPAZIO DEDICATO AI PIÙ PICCINI

C’era una volta....

Verticchio e l’indovinoVerticchio aveva lavorato tutta la giornata da solo, nel suo campicello, e verso il tramonto era salito sul grosso carrubo per tagliarne alcuni rami, e fane legna da ardere. Passò Andrea, suo conoscente, e gli gridò:- Verticchio, che fai? Non vedi che stai tagliando il ramo al contrario? Volta le spalle al tronco, e taglia la parte che si sporge innanzi;

se no, farai un bel capitombolo!- Ma che capitombolo! Voi avete sempre voglia di scherzare! Io sono così saldo qui a cavallo che neanche una calamita può tirarmi

giù!E nel dire questo Verticchio seguitava a menar colpi di scure. Ad un tratto il ramo reciso precipitò sl suolo, seguito dal piccolo taglialegna.- Ohimè! Ohi, ohi, che mi son rotto le ossa!- Te l'avevo detto io, si o no, che saresti caduto?- Avevate ragion, Andrea; scusatemi, perdonatemi; avete ragione. Ma ditemi: come avete fatto a indovinare?L'uomo che cominciava a pigliarci gusto, pensò di farsi beffa di quello stolto e con aria misteriosa sussurrò:- Ma non sai che io so indovinare tutto?- Davvero? - chiese meravigliato Verticchio. - Allora ditemi, che c'è nel mio paniere? Se indovinate, ve ne regalerò due grappoli.- Uva, c'è nel tuo paniere, uva! - fece con accento di veggente il buontempone.- Misericordia! C'è uva davvero! - esclamò quel salame di Verticchio. - Allora sentite, fatemi un ultimo favore, ditemi: quanto vivrò ancora?- Tu non hai che tre calci di vita! - rispose divertito Andrea. - Quando il tuo asinello avrà tirato tre calci, sarai bell'e spacciato.E, senza dir altro, proseguì il suo cammino. Il misero Verticchio, spaventatissimo, corse dal suo somarello, che era legato a una cavicchia fuori dal casolare, vi montò su e... via verso il paese. Cavò di tasca un piccolo punteruolo e punzecchiò la bestia perché accelerasse il passo. Questa, per il dolore, tirò un calcio.- O povero me! - implorò il ragazzo. - Due soli calci mi restano!Ed esortò il ciuchino a correre, perché non voleva morire in mezzo alla campagna. Diede una tiratina alla cavezza e, manco a farlo apposta, il quadrupede menò un secondo calcio. Verticchio si disperò; l'ora fatale ormai era vicina! Forse non sarebbe neppure arrivato a casa! Morire lontano dia suo cari...Spronò con dolcezza, quasi supplicando il somarello, perché avesse pietà di lui; ma questo, senza pietà e misericordia, tirò il terzo calcio. Allora Verticchio fermò la bestia, discese dalla groppa, si distese lungo lungo in terra e chiuse gli occhi:- Non c'è più nulla da fare - disse. - Sono bell'e morto! Andrea non sbaglia mai. E non si mosse più.Di li a poco passarono due contadini che, al tenue chiarore crepuscolare, scorsero e riconobbero il ragazzo.- Toh, - esclamarono - è Verticchio! Povero Verticchio! E' morto, sì, è proprio morto! Chissà che dolore ne proverà la sua buona mamma! E così commiserandolo, se lo caricarono sulle spalle, e via a passo veloce verso il paese. Ad un bivio si fermarono. Uno propose: - Seguiamo la strada comunale; è più lunga, è vero, ma più sgombra e più piana.L'altro rispose: - Si, ma se imbocchiamo il viottolo, arriveremo più presto, perché è u n a scorciatoia.Mentre così disputavano, quel gonzo di Verticchio aprì gli occhi, sollevò la testa e, teso l'indice verso il viottolo, disse: - Io, quand'ero vivo, andavo sempre di qua...Vi lascio immaginare il resto. I due uomini, credendosi beffati, gettarono a terra il ragazzo e gli appiopparono tanti scapaccioni da lasciarlo intontito per un bel pezzo.

A. d'Erice

Ceppo... d’alloroCongratulazioni al Dottor Ing. Francesco Beltrami, laureatosi in Ingegneria gestionale il 17 marzo scorso, presso l’università di Modena e Reggio Emilia.

Spirito Santo - Aprile 2009 NUMERO 15

7

Questa notte ho fatto un sogno,

ho sognato che ho camminato sulla sabbia

accompagnato dal Signore

e sullo schermo della notte erano proiettati

tutti i giorni della mia vita.

Ho guardato indietro ed ho visto che

ad ogni giorno della mia vita proiettati nel film

apparivano orme sulla sabbia:

una mia ed una del Signore.

Così son andato avanti, finchè

tutti i miei giorni si esaurirono.Allora mi fermai, guardai indietro ed in certi posti cʼera solo unʼorma.

Questi posti coincidono con i giorni difficili della mia vita,

i giorni di maggior angustia, di maggior paura e dolore...

Ho domandato allora:

“Signore, tu mi avevi detto che saresti stato con me in tutti i giorni della mia vita;

ed io ho accettato di viverli con te, ma perchè mi hai lasciato proprio nei momenti peggiori?”.

Ed il Signore rispose: “figlio mio, io ti amo e ti dissi che sarei stato con te durante tutta la camminata e che non ti avrei lasciato solo neppure per un attimo, e così è stato...

i giorni in cui tu hai visto solo unʼorma sulla sabbia, sono stati giorni in cui tio ho portato in braccio”.

Anonimo brasiliano

I lettori scrivono....Spazio dedicato a chiunque voglia lasciare scritto qualcosa, proporre spunti di riflessione o esprimere un proprio pensiero, firmato o anonimo. Potete inviare materiale attraverso l’indirizzo di posta elettronica segnalato o lasciare una lettera nella cassetta posta all’entrata della chiesa. La redazione si avvale del diritto di selezionare gli articoli più interessanti da pubblicare nello spazio.Vi aspettiamo...

Per scriverci potete utilizzare questa casella di posta elettronica: [email protected], oppure la cassetta postale posizionata all’entrata della chiesa.

Messaggio di tenerezza

L’ANGOLO POETICO

E tu, ridendo come un innocente angelo, mi guardi e scappi via, dandomi inevitabilmente l'impulso di seguirti per un "non so dove", nel vano tentativo di prenderti per porti una moltitudine di domande, e per ricevere altrettante risposte.

Nuanda

Spirito Santo - Aprile 2009 NUMERO 15

8

• Domenica Delle Palme

• Ore 9.00: Santa Messa [Chiesa Spirito Santo]• Ore 11.00: Santa Messa [Chiesa Spirito Santo]

Letture: Is 50,4-7; Sal 21; Fil 2,6-11; Mc 14,1-15,47 - Mio Dio, mio Dio, perché mi hai abbandonato?

Domenica 5 Aprile 2009

Messa• da Lunedi a Giovedì e Sabato santa messa ore 18:30 [Chiesa Spirito Santo]• il Venerdì la messa si terrà alle ore 16:30 [Casa delle Magnolie]

Altri Eventi• 5 Aprile, Domenica delle Palme: Inizio della settimana santa.• 9 Aprile, Giovedì Santo: Ore 21:00 Santa messa della cena del Signore.Presentazione dei bimbi ammessi allʼEuarestia. Adorazione personale.• 10 Aprile, Venerdì Santo: digiuno e astinenza. Ore 18:30 celebrazione della Passione del Signore. Ore 21:00 in città via crucis.• 11 Aprile, Sabato Santo: nel pomeriggio Don Mario è a disposizione per le confessioni. Ore 21:00 inizio della solenne veglia pasquale con liturgia battesimale e santa messa della Resurrezione.• 12 Aprile, Pasqua di Resurrezione: Sante messe ore 9:00 e 11:00• 13 Aprile, Lunedì dellʼAngelo: Santa messa in orario festivo.• 19 Aprile: Incontro delle giovani coppie con i loro bimbi prima della santa messa delle 11:00.• Nel mese di Aprile, Don Mario incontra i bimbi che si preparano alla prima comunione e continua la visita alle famiglie per la benedizione annuale.• Catechismo: Sabato ore 14:30• Oratorio: Sabato dalle 16:00 alle 17:30• Casa di carità: Lunedì 9 Marzo e Martedì 24 Marzo

Buon Compleanno a...• Elira Murataj - Venerdì 3 Aprile• Carmen Capuano - Lunedì 6 Aprile• Rampini Valentino - Sabato 11 Aprile• Patrizia Delmonte - Lunedì 13 Aprile• Monia Bedocchi - Mercoledì 15 Aprile• Davide Pedrini, Ferri Mattia - Giovedì 16 Aprile• Sabrina Gibertini - Mercoledì 30 Aprile

Auguri a...• Lucia e Corrado - Giovedì 16 Aprile, felicitazioni per il 30° anniversario di matrimonio• Gigi e Monia - Giovedì 23 Aprile, felicitazioni per il 3° anniversario di matrimonio

Altre Date

• II Domenica Di Pasqua

• Ore 9.00: Santa Messa [Chiesa Spirito Santo]• Ore 11.00: Santa Messa [Chiesa Spirito Santo]

Letture: At 4,32-35; Sal 117; 1Gv 5,1-6; Gv 20,19-31 - Abbiamo contemplato, o Dio, le meraviglie del tuo amore

Domenica 19 Aprile 2009

• Pasqua: Risurrezzione Del Signore

• Ore 9.00: Santa Messa [Chiesa Spirito Santo]• Ore 11.00: Santa Messa [Chiesa Spirito Santo]

Letture: At 10,34.37-43; Sal 117; Col 3,1-4 opp. 1Cor 5,6-8; Gv 20,1-9 - Questo è il giorno di Cristo Signore: alleluia, alleluia

Domenica 12 Aprile 2009

• Lunedì dellʼAngelo

• Ore 9.00: Santa Messa [Chiesa Spirito Santo]• Ore 11.00: Santa Messa [Chiesa Spirito Santo]

Letture: At 2,14.22-32; Sal 15; Mt 28,8-15 - L'anima mia esulta nel Signore

Lunedì 13 Aprile 2009

• III Domenica Di Pasqua

• Ore 9.00: Santa Messa [Chiesa Spirito Santo]• Ore 11.00: Santa Messa [Chiesa Spirito Santo]

Letture: At 3,13-15.17-19; Sal 4; 1Gv 2,1-5a; Lc 24,35-48 - Risplenda su di noi, Signore, la luce del tuo volto

Domenica 26 Aprile 2009

• Giovedì Santo, ore 21.00: Santa Messa

• Venerdì Santo ore 21.00: Via Crucis cittadina

• Sabato Santo ore 21.00: Santa Messa, veglia pasquale

Giovedì 9, Venerdì 10 e Sabato 11 Aprile