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PERIODICO del Comitato Provinciale Associazione Nazionale Partigiani d'Italia di Reggio Emilia notiziario Vogliamo renderti omaggio con queste testimonianze di donne, così come ci hai più volte indicato di fare, e di questo ti siamo infinitamente grate. 01 -03 2012 gennaio marzo SUPPLEMENTO AL N. 8 MARZO 2012 GIORNATA INTERNAZIONALE DELLA DONNA "Stiamo vivendo un presente molto difficile, ma c’è stato un passato ancor più difficile e duro… dal quale trarre insegnamento e forza per costruire il futuro" Laila "Non bisogna stancarsi mai di parlare, di raccontare, soprattutto ai giovani e nelle scuole, come ho cercato di fare io per tanti anni, con grande soddisfazione” Laila Coordinamento donne ANPI provinciale SPECIALE A CURA DEL COORDINAMENTO PROVINCIALE DONNE ANPI dedicato a Laila Teresa Vergalli e Annita Malavasi (Laila)

2012 - 01 inserto - Gennaio-Marzo

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Dedicato a Laila

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PERIODICO del Comitato Provinciale Associazione Nazionale Partigiani d'Italia di Reggio Emilia

notiziario

Vogliamo renderti omaggio con queste testimonianze di donne, così come ci hai più volte indicato di fare, e di questo ti siamo infinitamente grate.

01 -032012gennaiomarzo

SUPPLEMENTO AL N.

8 MARZO 2012 GIORNATA INTERNAZIONALE DELLA DONNA

"Stiamo vivendo un presente molto difficile, ma c’è stato un passato ancor più difficile e duro… dal quale trarre insegnamento e forza per costruire il futuro" Laila

"Non bisogna stancarsi mai di parlare, di raccontare, soprattutto ai giovani e nelle scuole, come ho cercato di fare io per tanti anni, con grande soddisfazione” Laila

Coordinamento donne

ANPI provinciale

SPECIALE A CURA DEL COORDINAMENTO PROVINCIALE DONNE ANPI

dedicato a Laila

Teresa Vergalli e Annita Malavasi (Laila)

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Annita Malavasi, nome di battaglia Lai-la, è nata il 21 maggio 1921 a Roncolo di Quattro Castella in una famiglia contadi-na di cultura antifascista, che si trasferirà a ridosso della guerra nella nostra città in Via Dalmazia.E’lì che entra in contatto con l’organiz-zazione clandestina della Resistenza, par-tecipa giovanissima alla costruzione dei Gruppi di difesa della donna, assume il ruolo di staffetta. Dal settembre 1944 fa parte della 144a Brigata Garibaldi e, grazie alle capaci-tà e al coraggio dimostrati in diverse e rischiose azioni, le viene riconosciuto il grado di sergente maggiore.Dopo la Liberazione partecipa all’opera di ricostruzione della vita sociale, civile politica nella nostra città. Per dieci anni (dal 1960 al 1970) è eletta consigliere co-munale del Comune di Reggio Emilia.Si impegna in particolare alla ricostru-zione e riorganizzazione della Camera del Lavoro. E’ Responsabile della Com-missione femminile della CGIL e sino al 1968 Segretaria del sindacato provinciale tessile e abbigliamento, poi nella Segre-teria Provinciale della Federbraccianti e Federmezzadri.Come dirigente sindacale dedica tutte le sue energie per fare acquisire alle donne, che tra gli anni ’50 e ’60 in misura sempre più ampia entrano nei luoghi di lavoro e lavorano in condizioni di vero e proprio sfruttamento, coscienza della propria di-

gnità e dei diritti loro riconosciuti dalla Costituzione, della necessità di essere unite nell’affermarli, del ruolo delle orga-nizzazioni sindacali sui luoghi di lavoro.Le lavoratrici del Calzificio Riva, della Max Mara, della Calza Bloch, della Con-fit, di tante aziende reggiane ed anche le lavoranti a domicilio imparano a ricono-scerla come una leader forte, lucida, ap-passionata ed autorevole, sempre vicina a loro, nelle battaglie importanti per la difesa del posto di lavoro, per la parità salariale, per il riconoscimento dei diritti delle lavoratrici madri e delle lavoranti a domicilio, per gli asili nido. Alcune volte viene fermata dalla polizia durante mani-festazioni in difesa delle lavoratrici e su-bisce processi, ma viene sempre assolta. Grazie anche a queste lotte e al suo perso-nale impegno in quegli anni è stata possi-bile per le donne la conquista di migliori condizioni di vita nei luoghi di lavoro e di nuovi diritti nella legislazione. Negli ultimi anni, Laila, che ha sem-pre considerato la esperienza partigiana fondamentale nella sua vita e nella sua formazione, sceglie come vera e propria missione la trasmissione alle generazioni più giovani della memoria storica della esperienza compiuta dalla generazione della Resistenza e della ricostruzione.Fa parte della segreteria provinciale, del Coordinamento femminile provinciale dell’ANPI e attraverso l’ANPI e la col-laborazione con Istoreco inizia un lavoro

sistematico ed infaticabile di incontri con gli studenti nelle scuole, nei Comuni, con delegazioni straniere, per testimoniare la sua esperienza e trasmettere i valori e le motivazioni che l’hanno portata giovanis-sima a una scelta che segnerà e caratteriz-zerà tutta la sua vita. Malgrado l’età e le condizioni precarie di salute dovute alla durezza della vita partigiana, dedica ogni energia a questo prezioso lavoro.Sulla vita di Laila il Coordinamento donne SPI CGIL in collaborazione con il Centro Studi R. 60 ha pubblicato un libro dal tito-lo: Fascismo, resistenza, emancipazione del lavoro: storia di una donna nel ’900. La fatica della libertà, a cui rimandiamo per una più completa documentazione e comprensione del profilo umano e politi-co di questa donna straordinaria.Molte sono le interviste a Laila, le sue testimonianze uscite anche sul Notiziario ANPI ed altre pubblicazioni. Tutta la sua vita testimonia il valore dell‘assunzione di responsabilità personale, della solida-rietà, dell’impegno per migliorare in con-creto la vita delle donne e la fatica della conquista della libertà e della democrazia. Per questo sappiamo di esserle debitrici e la proponiamo alle più giovani come “Donna per esempio”.

La presidenza dell‘ANPI di RE(su proposta del Coordinamento donne

ANPI provinciale)

ANNITA MALAVASI LAILA21 maggio 1921-27 novembre 2011

a Laila

La proponiamo alle più giovani come "Donna per esempio"

gennaio - marzo 2012notiziario anpi

II

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Dalla scomparsa di Laila, avvenuta il 27 novembre 2011, per noi inaspettata e crudele, anche se lei ci aveva preparato a questo evento e lo ha affrontato con la forza d’animo, la dignità e il coraggio che la caratterizzavano, abbiamo tanto parlato di lei, con i familiari, gli amici e le amiche dell’ANPI, con le tante persone che hanno voluto renderle omag-gio. Ciascuno ha portato un suo ricordo di Laila, un episodio, un evento della sua vita straordinaria, un tratto del suo carattere.Tanti sono i messaggi venu-ti anche da ogni parte d’Ita-lia, tanti i pensieri lasciati per ringraziarla, per testimoniarle l’affetto, la stima, l’ammirazio-ne, per dirle addio, per ricordare il suo ruolo nella storia di questa nostra terra, nella storia dell’anti-fascismo e della Resistenza e so-prattutto nella storia delle donne. E tante sono state in questi anni le sue testimonianze, e anche le riflessioni su di lei, sulla sua vita.Ci sarà il tempo per ricomporre questi contributi, dovremo riflettere con più di-stacco sul ruolo di Laila e sul ruolo del-le donne reggiane nel passaggio cruciale dal fascismo alla conquista della libertà, s u l processo di evoluzione e di crescita che ha porta-to le donne a conquistare dignità, autonomia, una nuova idea di se stesse. Laila ha incarnato in modo emblematico e simbolico questa evoluzione, questa maturazione che è stata anche sua personale e che l’ha portata dalla scelta, ancora giovanissima, della Resistenza all’impegno sociale e politico cui ha de-dicato la sua vita.Ricordiamo il percorso che la compiuto: prima, an-cora giovanissima, la scelta della Resistenza, come partigiana combattente col grado di sergente mag-giore e come organizzatrice dei gruppi di difesa del-la donna, e poi, dopo la Liberazione, il faticoso ed esaltante impegno come dirigente politica e sindaca-le per organizzare le donne lavoratrici, le operaie, le lavoranti a domicilio, perché acquistassero coscien-za dei propri diritti e infine l’ impegno

"Mi dispiace non poter essere con voi a festeggiare Maria. Dovete sapere che con Maria c'è un legame che è più forte di quello tra sorelle per aver fatto La Resistenza assieme!"

LailaDa conversazione telefonica nel

corso dei festeggiamenti per i 90 anni di Maria Montanari "Miscia"

Per non dimenticare Laila

Maria Montanari con Laila

gennaio - marzo 2012 IIInotiziario anpi

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senza risparmio nell’Anpi per testimoniare la sua esperienza alle nuove generazioni e trasmettere loro la memoria della conquista e della costruzione della democrazia.Sì, dovremo riflettere e ricavare stimoli ed insegnamenti da questa vita straordina-ria. Abbiamo perduto una compagna ed una amica che ammiravamo, che amavamo e che ci voleva bene, che c’era sempre, con un consiglio, una proposta, con la sua stessa presenza fisica. Laila non si è mai rispar-miata: troppo grande era in lei la moralità, l’etica della responsabilità e la passione politica, troppo profonda la sua fede anti-fascista e radicato in lei il segno della espe-rienza che aveva vissuto come partigiana, il ricordo dei compagni perduti, delle sue compagne di lotta e il dovere di non dimen-ticare nessuno e nessuna di loro. L’ultima volta che ha voluto partecipare ad un even-to pubblico è stato il 6 ed il 14 ottobre, per le iniziative a Cadelbosco Sopra e a Villa Seta in ricordo dell’Adunata sediziosa, una delle prime manifestazioni antifasciste che già nel 1941 vide un migliaio di donne in gran parte braccianti manifestare in piazza per il pane e per la pace. Già la malattia avanzava ed era sofferente, ma ha voluto essere ugualmente presente e prima aveva sollecitato i compagni dell’ANPI di Ca-delbosco perché ricordassero degnamente questo episodio, si era preoccupata perché l’evento avesse il giusto rilievo nella rivista nazionale dell’Anpi: Patria. Questa era Lai-la: ciò che era giusto , doveva essere fatto e implicava un’assunzione di responsabilità personale. Per questo, se le chiedevamo di fare qualcosa, di essere presente a un’inizia-tiva, di fare un intervento, lei c’era sempre anche se le costava. Tante di noi ricorda-no i suoi interventi alle assemblee dello SPI, all’incontro di ‘Se non ora quando’ o all’Università durante una lezione sulla sto-ria delle donne. Specie negli ultimi tempi sentiva l’urgenza, il dovere e la necessità della testimonianza, dell’esserci in prima persona, sentiva l’assillo di trasmettere ai giovani e alle ragazze il senso della sua esperienza. Non raccontava solo di se stes-sa ,ma voleva che fosse conosciuta ed ap-prezzata nel suo giusto valore la storia delle donne che avevano fatto in tanti modi di-versi, ma con valori comuni, la Resistenza. Non si stancava di insistere perché nessuna di quelle donne, spesso umili e sconosciute, fosse dimenticata.In quante scuole è andata Laila, a quante manifestazioni ha partecipato, a quanti in-contri con le delegazioni straniere! Eppure questo impegno le costava un grandissimo

sforzo perché la malattia avanzava e sentiva che il suo tempo stava finendo. Laila non si è mai arresa alla malattia, perché non era abituata ad arrendersi, ma era perfettamente consapevole che la vita ha il suo ciclo e si era preparata all’evento estremo. Ha volu-to congedarsi da ciascuno e ciascuna di noi con un ricordo, un pensiero, un messaggio, lasciando qualcosa di sé stessa. È stata l’anima, il cuore, la memoria del nostro Coordinamento femminile: era convinta della necessità di un lavoro autonomo delle donne nell’Anpi, è sempre stata con noi in questo percorso, ci ha sostenuto, aiutato, consigliato, a volte, se lo riteneva giusto, criticato, ma quello che conta è che la senti-vamo vicina e solidale, sempre dalla nostra parte. Dietro la corazza di donna forte ed indomita, nascondeva una umanità e sensi-bilità mai esibita, ma profonda e vera: la fe-deltà al suo amore partigiano perduto e mai dimenticato; i gesti di amicizia, di genero-sità, vicinanza e solidarietà di cui era capa-ce, che tante di noi possono testimoniare e che restano nel nostro cuore e nella nostra memoria come doni preziosi. Laila amava le cose belle, vestiva con gusto (la ricordate col suo basco un po’ sbarazzino ?), le pia-ceva donarci i suoi vasetti di marmellate o di castagne sotto spirito. Amava la natura e soprattutto le montagne del nostro Appenni-no, dove aveva combattuto da partigiana e dove tornava sempre. Erano il suo buen re-tiro, lì poteva finalmente respirare, lì era vi-cina alla sua giovinezza e ai suoi compagni di lotta e lì stava bene. E per sua volontà lì su quei monti saranno sparse le sue ceneri.Questa è stata Laila. Ricordiamola ora in quella bella foto da ragazza pubblicata nel bel libro “Storia di una donna del Novecen-to: la fatica della libertà”. Ricordiamola, sorridente e commossa, in un momento lie-to: alla festa per il suo novantesimo com-pleanno, circondata dall’affetto delle donne dell’Anpi, delle associazioni e delle istitu-zioni. Ricordiamo il messaggio che non si stancava mai di ripetere e che ci ha ricor-dato anche nella cerimonia in sala Tricolore per la menzione ricevuta in occasione del premio “Le reggiane per esempio”: Nulla ci è stato regalato, tutto è stato conquistato con fatica, impegno ed amore ed ora tocca a voi preservarlo e difenderlo. Sì, cara Laila, non lo dimenticheremo e non ti dimentiche-remo.

Eletta Bertani (orazione al funerale)

a Laila

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IV

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“Battiamoci di più per le cose che facciamo, le cose che facciamo sono importanti perchè si rivolgono alle fasce più deboli, le donne; è come se il Paese fosse ancora di proprietà degli uomini.Le donne sono un elemento di equilibrio nella società ed è importante che noi teniamo sempre presente il loro valore.Alle donne di tutto il mondo non ha mai regalato niente nessuno! Quello che hanno adesso, se lo sono guadagnato con dei grossi sforzi!Bisogna uscire dalle sole iniziative commemorative, vincere il senso di impotenza e la frustrazione e lavorare sull’educazione dei giovani e sulla memoria usando metodi e strumenti nuovi... Io ho rilasciato tante interviste, ci sono filmati e documenti sulla mia vita, e perfino un libro… ho già detto e fatto abba-stanza! Dovete ascoltare le altre donne, tante altre donne”.

Laila (da verbali di riunioni del Coordinamento donne ANPI provinciale del 14/12/2010 e del 28/02/2011)

AMARTYA SEN, Lo sviluppo è libertà. Perchè non c’è crescita senza democrazia, (premio Nobel per l’economia)

“La trasformazione dell’azione femminile è uno dei principali mediatori del mutamento economico e sociale, e sia la sua determinazione, sia le sue conseguenze sono strettamente legate a molti aspetti centrali del processo di sviluppo ...

“Oggi, verosimilmente, nell’economia politica dello sviluppo niente ha un’importanza pari a quella di un riconoscimento adeguato della partecipazione e della funzione direttiva, politica, economica e sociale, delle donne. Si tratta di unn aspetto davvero cruciale dello “sviluppo come libertà” (op. cit. pag. 204)

Laila e le altre

“DOVETE ASCOLTARE LE ALTRE DONNE,

DIRE E NON TRADIRE CON IL SILENZIO

PAROLE SuLLE DONNE

“Nella sua autobiografia, curata dal Coordinamento donne del sindacato pensionati, in collaborazione con il Centro Studi R60 della Camera del lavoro di Reggio Emilia, pubblicata nel 2004, Laila interpreta con intensità la fatica della libertà di tutte le generazioni di giovani donne impegnate nell’emancipazione di una intera società civile. Rimane la forza e la determinazione del suo narrare argomentato, riflettuto, e delle sue prese di posizione sul nodo delle responsabilità soggettive, l’orgoglio e la consapevolezza dei valori fondativi della cittadinanza repubblicana e dei diritti sociali e civili, contro ogni ingiustizia e disuguaglianza.

Una consapevolezza coerentemente incarnata nella propria vita privata, giocata sulla scena pubblica con logica del servizio, nella libertà e nell’indipendenza, per non tradire la Resistenza col silenzio”.

(brani conclusivi letti da Marianella Casali e tratti dalla commemorazione funebre del 28 novembre 2011 a nome della Camera del lavoro territoriale

di Reggio Emilia)

TANTE ALTRE DONNE...”

alle donne di tutto il mondo non ha mai regalto niente nessuno

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Laila e le altre

Quelle che seguono, sono “le voci” di alcune donne impegnate in diverse attivi-tà lavorative , sociali e nel volontariato (molte di loro sono iscritte all’ANPI). Le ringraziamo per aver risposto in modo sintetico a due domande, che di seguito pubblichiamo.Le risposte, a nostro avviso, contengono interessanti esempi di azioni concrete, spunti di riflessione e sollecitazioni all’impegno:

D omanda1 Che cosa, quale fatto o situazione (politica o sociale) ha susci-tato/suscita maggiormente la tua indignazione e perché?

D omanda2 E’ possibile o ti è stato possibile oltrepassare l’indignazione? Se sì come? (Partendo dalla tua storia personale di donne, puoi indicare un’azione concreta che ti ha impegnato o ti impegna... oppure, cosa ritieni si debba fare e chi lo dovrebbe fare?

A cura di: Fiorella Ferrarini (vice presidente ANPI provinciale),

Eletta Bertani (Coordinamento donne ANPI nazionale), Loredana Cavazzini (Coordinamento donne ANPI provinciale)

DONNEDI PAROLACara Laila,

noi, che abbiamo avuto la fortuna di conoscerti personalmente, e di percorrere pezzi di strada assieme, continueremo, forti del tuo esempio e dei tuoi insegnamenti ad essere uno

strumento della memoria. Continueremo a onorare quella eredità che ci hai lasciato e che noi lasceremo alle generazioni future. Seguiremo il tuo monito per resistere alle sfide attuali, per lavorare ogni giorno, affinchè si riconoscano appieno i valori dell’antifascismo e della Resi-stenza; per il raggiungimento di una Democrazia compiuta. Vogliamo renderti omaggio con queste testimonianze di donne, così come ci hai più volte indicato di fare, e di questo ti siamo infinitamente grate.

Coordinamento donne ANPI provinciale

Continueremo a onorare quella eredità che ci hai lasciato

LA PAROLAALLE DONNE

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VI

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Anna fava(Insegnante, collaboratrice Notiziario ANPI)

Tanti i fatti passati e recenti che mi hanno indignato. Gli ultimi in ordine di tempo: le uscite del ex presidente Berlusconi sulle donne, l’uso del corpo della donna come merce di scambio per favori o agevolazioni, la legittimazione della prostituzione da parte di uomini, e, purtroppo, donne ahimè, di stato. Quelli che hanno cambiato la mia vita: le stra-gi di mafia del 1992 ed il suicidio di Rita Atria (mi piace ricordarla, perché ormai lo fanno in pochi). Ma anche i fatti di Rosarno… fatti di diversa natura che hanno suscitato in me indi-gnazione e rabbia, tanta rabbia! Il rispetto del-la persona umana, del suo corpo, dei suoi dirit-ti fondamentali e il rispetto della legalità sono principi fondamentali dai quali non si può e non si deve transigere: è la nuova resistenza!

L’impegno, in prima persona e in quanto cittadina a partecipare, sempre e con tutti i mezzi a mia disposizione. L’impe-gno nell’ANPI ed in LIBERA: per divulgare una cultura di legalità, ovunque ce ne sia il bisogno. E poi la scrittura e la possibilità di esprimere liberamente le mie idee e la mia in-dignazione. L’impegno nelle cose che faccio non mi fa superare l’indignazione, ma mi fa sentire partecipe di una comunità nella quale, ognuno non debba sentirsi solo ed isolato.

Annalisa Lusuardi(Vice presidente ANPI Correggio - Presidente di "Libera" Reggio Emilia)

Non è facile scegliere una situa-zione fra le tante che nella vita ti indignano, è certo però che la scorta ad un giovane giorna-lista proprio non mi va giù. Giovanni Tizian è un ragazzo in gamba che fa seriamente il proprio lavoro e lo fa tra Modena e Reggio Emilia. Mio nonno era partigiano e i partigia-ni hanno sempre raccontato che la libertà non ti viene tolta tutta in una volta ma lentamente pezzo dopo pezzo. Questo mi sembra, mi sem-bra che le mafie ci stiano togliendo la liber-tà un pezzo alla volta e non abbiamo ancora capito la gravità della situazione. Ecco, l’in-differenza mi fa arrabbiare. Come dice quella canzone? “e poi ti dicono: “tutti sono uguali, tutti rubano alla stessa maniera”. Ma è solo un modo per convincerti a restare chiuso dentro casa quando viene la sera” La verità è che “la storia siamo noi” e solo noi cittadini possiamo fare il cambiamento, nostra è la responsabili-tà della presenza delle mafie nelle nostre co-munità, nostra è la possibilità di scacciarle. In fondo la democrazia è un fatto partecipativo, se i cittadini non partecipano la democrazia si indebolisce. L’indignazione però si supera, e lo si fa ogni volta che vedi la partecipazione delle persone, la presenza, il sostegno e anche perché credi alla forza del cambiamento, altri-menti non lotteresti.

“Libera” è il mio impegno, un’esperienza bellissima, a volte totalizzante, ma che mi dà moltissimo. E’ una bellissima realtà, fatta di persone che hanno molto da in-segnare, un pezzo della migliore Italia.

Laila e le altre

Anna

fava

Divulgare una cultura di legalità, ovunque ce ne sia il bisogno

gennaio - marzo 2012 VIInotiziario anpi

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Claudia Setti (ex delegata sindacale)

Ciò che mi ha indignato di più è vedere come determinate appartenenze politiche siano riuscite a devastare la nostra società, facendo riemergere una arretratezza culturale spaventosa e cancellando valori im-portanti come il diritto a un lavoro e ad una vita dignitosa; aver messo in secondo piano la cultura, l’intelligenza e la passione per la politica di uomini ma soprattutto donne, “ob-bligandoli” (per modo di dire) ad una fedeltà nei confronti di chi ha gestito il nostro paese che non ha nulla a che vedere con la demo-crazia. Quello che mi ha fatto più male e ve-dere come la nostra società sia rimasta per molti anni immobile e a volte persino diver-tita davanti a certi avvenimenti, e indifferen-te di fronte ad iniziative per contrastare tutto questo. Grande indignazione la provo anche di fronte a quegli industriali che hanno fatto della crisi il loro cavallo di battaglia per fare i propri comodi sfruttando vergognosamen-te la mano d’opera dei giovani e migranti. Bisognerebbe trovare strumenti per vigilare di più su questo terreno, magari avvalendosi della collaborazione delle istituzioni...

Sicuramente ciò che mi ha dato la forza per superare questi eventi (come anche la perdita del lavoro), è stato la voglia di impegnarmi per ridare un futuro di-gnitoso ai nostri giovani, di dimostrare a me stessa e in modo particolare a mia figlia e ad una cerchia di persone che come individuo come donna, madre e moglie ho il diritto ad un’altra occasione e che se sono disoccupata non è colpa mia! Mi sono rimessa in gioco nonostante l’età (48 anni), e con impegno e un po’ di fortuna ci sono riuscita. La perdita del lavoro non è solo un danno economico, il danno più grande è l’emarginazione dalla vita pubblica! Lavoro qualche mese all’anno ma lavoro, cerco di rimanere impegnata an-che con attività di volontariato, c’è bisogno di stare tra la gente di dialogare e cercare di risanare, per quel che ognuno di noi può, la nostra società. Un importante aiuto l’ho avuto dai miei colleghi/e della CGIL, che essendo stata una

delegata mi hanno permesso di fare volonta-riato all’interno della camera del lavoro dove ho imparato molte cose stando a contatto con le persone, attività che porto avanti a livello personale (è più forte di me non riesco a ta-cere) con le persone del luogo dove vivo e anche nel luogo di lavoro dove sono ora, non bisogna smettere di parlare e confrontarsi. Superare l’indignazione non è facile, ci sto ancora provando, perché quando noi disoc-cupati giovani e meno giovani ci troviamo in una agenzia e ti guardano come se fossi trasparente e ti dicono “sa c’è la crisi, ma alla sua età non è facile imparare un mestiere” e ti offrono contratti vergognosi sapendo che spesso non puoi rifiutare ti senti una nullità. La soddisfazione più grande è che, nonostan-te alle domande durante il colloquio di lavo-ro, non abbia nascosto la mia passata attività sindacale e lavorativa in CGIL mi abbiano assunta ugualmente.E’ stata e lo è ancora, molto dura, perché ci sono ancora molte persone che pensano che il lavoro per una donna sia una cosa in più, ti dicono che così curi meglio la tua famiglia, ma la mia famiglia l’ho sempre curata e in ogni caso deve essere una scelta personale, dobbiamo avere l’opportunità di scegliere e di poter conciliare il lavoro con il lavoro di cura!!!! Sono convinta di essere un esempio positivo soprattutto per mia figlia e per quel-le persone che vivono la mia stessa esperien-za, devono sapere che se a un certo punto della vita qualcosa va storto ce la possono fare a qualunque età e che nessuno ha il di-ritto di toglierti la tua dignità! Il sindacato, delegate/i compresi devono insieme trovare, a mio avviso, gli strumenti e mettere in atto le proprie competenze per capire come fare per avvicinare di più le persone, anche nelle scuole, difficile lo so ma è necessario. Qua fuori c’è un modo con pensieri che fanno spavento. Ci sarebbe bisogno credo di inve-stire nella formazione professionale in modo serio, nel lavoro e nella scuola. C’è bisogno di recuperare quei valori come il rispetto la dignità delle persone, non deve essere tutto lecito, dobbiamo ristabilire quella coesione sociale che non abbiamo più e che è stata sostituita dall’ individualismo e dalla “legge del più furbo”.

Laila e le altre

LA PAROLAALLE DONNE

Qua fuori c’è un modo con pensieri che fanno spavento

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VIII

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Antonella Incerti (Sindaco del Comune di Albinea)

Ho vissuto con sconcerto, preoccupazione e profonda indignazione i recenti episodi di rigurgiti xenofobi e raz-zisti, le manifestazioni di violenza nei con-fronti di immigrati o, comunque, dei cosid-detti “diversi”.Prima il selvaggio assalto ad un campo rom a Torino per uno stupro inventato, poi il du-plice omicidio di due senegalesi a Firenze.Non sono episodi isolati. Sono, piuttosto, il frutto di una cultura che trova ancora spazio di legittimazione nel nostro Paese, una cul-tura dell’intolleranza che è alimentata dalla retorica razzista di alcune parti politiche ma che, più in generale, diventano l’esemplifi-cazione di un sistema di relazioni e di mo-dalità – spesso fondate sullo sfruttamento – con cui ci si rapporta ai tanti migranti che lavorano nel nostro Paese.E in un momento di profonda crisi, non solo economica, invocare la paura del “diverso”, del “mostro” che ci ruba identità e pane può convincere ed affascinare qualcuno.Il razzismo è subdolo. Può annidarsi dovun-que ed è facile rimuoverlo dalle coscienze.

Lottare contro il razzismo vuol dire lavorare ogni giorno per rimuovere le disuguaglian-ze e lo sfruttamento, creare pari opportunità per tutti. Vuol dire - più profondamente - fare i conti anche con la memoria del nostro Paese, fatta di importanti progressi in questi 150 anni di unità, ma pure di scomode ere-dità, partendo dall’olocausto e dalle violen-ze coloniali.E’ necessario pensare ad un più vasto pro-getto di cambiamento della nostra società, progetto che deve interessare tutti, migranti e non.Come sempre ci sostengono le parole del nostro Presidente della Repubblica Napoli-tano: “E’ sempre più urgente l’impegno di tutte le Autorità politiche e della società ci-vile per contrastare sul nascere ogni forma di intolleranza e riaffermare la tradizione di apertura e solidarietà del nostro Paese”.

L’indignazione si può supe-rare con azioni attive e progetti concreti. La recente campagna “L’Italia sono anch’io” promossa e sostenuta da tante associazio-ni, da tanti comuni italiani e dai cittadini, è un ottimo esempio di come la forza del-le parole si compie quando si trasforma in

buone pratiche, piccoli passi che ci fanno avanzare come cittadini e cittadine. Perso-nalmente è stato utile impegnarmi in questa campagna che vuole riformare la norma-tiva sulla cittadinanza promuovendo due leggi di iniziativa popolare in armonia con l’articolo 3 della Costituzione Italiana che sancisce il principio di uguaglianza. Credo sia necessario aggiornare il concetto di na-zione e nazionalità sulla base del senso di appartenenza ad una comunità determinato da percorsi di studio, vita e lavoro.Come Amministratrice ritengo fondamen-tale continuare ad investire nella scuola e nella cultura. In un momento di grandi sa-crifici e di tagli ai bilanci comunali, il nostro comune ha investito in cultura realizzando una nuova biblioteca, uno spazio di infor-mazione, crescita civile e culturale, di de-mocrazia e partecipazione a cui non abbia-mo voluto rinunciare. Continuo a pensare come M. Yourcenar che “Fondare biblioteche è come costruire ancora granai pubblici. Ammassare riserve contro un inverno dello spirito, che da molti indizi, mio malgrado, vedo venire”.

Laila e le altre

Anna ferrari(Presidente ANPI Cittadina)

La parola indignazione e di-ventata oggi più che mai presente nel quoti-diano Il motivo di base della Resistenza era l’indignazione. Oggi l’assenza di molta par-te della popolazione, nel ricordare i valori della Resistenza e la mancanza di impegno nel cercare di migliorare la nostra società “indigna”.Indignata… lo sono per i recenti episodi di rigurgiti xenofobi e razzisti, per le manife-stazioni di violenza nei confronti di immi-grati, per il divario crescente fra i “molto ricchi” e i “molto poveri”, per “la dittatura

dei mercati finanziari”, per l’erosione delle conquiste della Resistenza, per la mancanza di memoria dei cittadini, per l’opportuni-smo.Tutto è possibile, ma troppe sono le indi-gnazioni quotidiane che il superamento non sarà ne indolore né veloce. Saremo noi cit-tadini che dovremo lavorare maggiormente nella difesa della nostra Costituzione con la nostra partecipazione attiva, ognuno con le proprie potenzialità. L’indignazione si supe-ra anche con la volontà del voler cambiare

Nella mia esperienza di don-na, ci sono stati momenti di impegno varia-bili. In giovane età impegnata politicamen-te, poi la scelta di dedicarmi alla famiglia e

ad un lavoro gratificante che mi ha permes-so un continuo aggiornamento di studio, ed ora l’impegno all’associazione partigiani, doveroso come figlia di..., e dove posso, in base alla mia esperienza lavorativa aiutare nell’informatizzazione e nell’organizzazio-ne oggi più che mai indispensabili. Il mio impegno anche come Presidente della se-zione “cittadina”, eredità pesante in sosti-tuzione (per motivi di salute) del mitico e insostituibile Enrico Lelli, mi aiuta nello sti-molo dell’approfondimento quotidiano dei rapporti umani e sociali. L’impegno sociale dà moltissimo a noi stessi e aiuta a realizza-re gli obiettivi nel vecchio detto “L’unione fa la forza”.

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gennaio - marzo 2012 IXnotiziario anpi

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Laila e le altre

Ione Bartoli (ex Assessore regionale Emilia Roma-gna)

Le ragioni per indignarsi sono più di una. Tra le tante scelgo quella che mi ferisce di più come donna: assiste-re ad un uso del corpo femminile, dalle Tv ai media e ai tanti benpensanti, che rasenta l’indecenza, il buon gusto e offende le intel-ligenze. Se poi si aggiunge che non di rado sono gli stessi che inneggiano alla donna madre e organizzano il “family day” l’ipo-crisia non ha limiti. Ma se ciò non bastasse occorre ricordare che spesso le ragazze al momento della assunzione al lavoro sono indotte a firmare un foglio in cui si dichiara l’autolicenziamento in caso di maternità. Addirittura Berlusconi ha cancellato una legge del governo Prodi che rendeva ille-gittimo e nullo il documento firmato dalle ragazze.Ho perciò vissuto come un momento li-beratorio l’urlo di migliaia di donne che in tutte le piazze rispondendo alla doman-da “Se non ora quando?” Hanno detto: “Ora, adesso”. So bene che non basta quel grido,occorre che ognuna si impegni per cambiare rotta.

Dal 1970 al 1980 sono sta-ta assessore regionale. Tra gli atti compiuti uno mi è costato parecchio: l’ordinanza di chiusura di una colonia estiva che ospitava molti ragazzi. Sapevo bene che quei ragaz-zi sarebbero stati privati delle cure eliotera-piche di cui avevano bisogno e sarebbero stati rinviati subito a casa, ma non potevo

Lidia greci (ex staffetta partigiana, ex assessore comunale, ex presidente UDI Reggio Emilia)

Di fronte alla necessità di diminuire il debito dello Stato e ai sacrifi-ci chiesti ai cittadini italiani, penso sia ne-cessaria anche una diversa organizzazione dello Stato stesso. Non mi riferisco alla sop-pressione delle province o ad una moderna funzionalità delle due Camere, ma occorre-rebbe intervenire alla soppressione di tutti quegli enti che sono inutili “parcheggi” che gravano pesantemente sul bilancio statale.

Collegandomi alla risposta della prima domanda, l’indignazione su-perata è collegata al ricordo di una vittoria ormai storica: lo scioglimento di un Ente quale l’Opera nazionale maternità ed infan-zia (ONMI). E’ stata una vittoria voluta da tante donne a sostegno dell’azione in Par-lamento dell’on. Carmen Zanti (reggiana e partigiana). Oggi può sembrare piccola cosa, ma lo scioglimento di un ente assi-stenziale e il passaggio delle sue competen-ze agli enti locali ha contribuito ad avviare quella politica di intervento sul sociale che ancora oggi Reggio vanta.

accettare di lasciarli in “ custodia” a degli irresponsabili a cui erano stati appaltati lo-cali e bambini.Un importante Istituto nazionale di previ-denza ne era l’artefice. Si era passati dalle vecchie e non amate colonie alla Casa di vacanza per bambini ed adolescenti. Vole-vo e dovevo verificare quanto accadeva in loco. Questa la situazione: non esisteva un elenco completo né numerico né nomina-tivo dei ragazzi, cioè non si sapeva quanti erano i ragazzi ospitati. Parte del personale erano ragazzine handicappate “prelevate” da uno degli istituti gestiti dalla signora di Roma che aveva in appalto la colonia. Di-rettrice ed ispettore dell’istituto previden-ziale pareva non si rendessero conto della situazione. Per loro era tutto nella norma. Non esistevano le cartelle sanitarie delle ragazzine handicappate né la loro identità.Naturalmente convocai “la signora di Roma” presso la sede del municipio. A lei, assieme all’Ufficiale sanitario comunale dovevo consegnare l’ordinanza di chiusu-ra della colonia. Nel frattempo la Direttrice si era dimessa. Non voleva responsabilità. Così conobbi di quale pasta fossero fatte certe “benefattrici”, che tra l’altro riceveva-no le rette dagli enti locali per “ assistere handicappati”.Scrissi al presidente nazionale dell’Isti-tuto per avere risposta e spiegazioni. Non ricevetti nessuna risposta. Mi sono sempre chiesta: quali argomenti avranno usato per giustificare la riconsegna dei ragazzi alle loro famiglie?

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Ognuna si impegni per cambiare rotta

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Katia Palladini (delegata Funzione pubblica Coopselios come Oss)

Quello che suscita maggior-mente la mia indignazione è la situazione politica e sociale attuale, che ci sta riportan-do ad un passato, intendo alla prima metà del secolo scorso, dove il paese era portato e governato da un sistema di destra. Mi in-digna perché sento vani gli sforzi dei nostri padri costituenti, di chi ha fatto la resistenza mettendoci e rimettendoci la vita per dare a noi nuove generazioni un paese libero da soprusi, equo e democratico.

Io ho 34 anni, sono cresciu-ta in una famiglia contadina dove ho sem-pre respirato aria di uguaglianza, libertà, democrazia. Crescendo ed entrando nel mondo del lavoro la prima cosa che ho fat-to è stata entrare in una camera del lavoro, e me ne sono innamorata, per il suo forte senso etico e civile. Come superare questo momento? Cercando un confronto con chi vede e divulga un’idea di destra. Parlare coi più giovani, far tornare a piede pari nelle scuole il valore della Resistenza, insegna-re loro che non bisogna cercare il nemico a tutti i costi e combatterlo con la stessa mo-neta, renderli consapevoli di ciò che è stato il passato, accompagnarli per mano ad una maturazione voluta e consapevole, per ren-derli i nuovi giovani uomini e giovani don-ne del futuro. Solo così si può partire, a mio vedere, per un nuovo avvio in un sistema di pace ed uguaglianza.

Linda Eroli (organizzatrice teatrale)

Negli ultimi tempi di occa-sioni per indignarsi ne abbiamo avute ve-ramente tante. La scelta è ampia e difficile. Vorrei quindi tentare di riassumere indivi-duando nella perdita di valore e di senso condiviso di alcune parole l’orizzonte prin-cipale del mio disagio. Dignità, etica, soste-nibilità, onestà intellettuale sono i termini intorno ai quali ruota la mia indignazione. Uno spostamento dell’immaginario collet-tivo su altre priorità che si declina in eventi, comportamenti, politiche e approccio alla convivenza.Dalla legittimazione di comportamenti ille-citi da parte di chi doveva guidare un pae-se, all’abuso e stravolgimento di legittime tutele democratiche del fare politica, alla mercificazione senza filtri del corpo delle donne, alla riduzione a parametri di profitto di servizi pubblici e strategici per il benes-sere collettivo come il trasporto ferroviario, l’acqua, il sapere, la cultura, la salute, fino ad arrivare alla supremazia della finanza sulle sorti degli stati nazionali e sui desti-ni delle popolazioni. Tutto questo, e altro ancora, passa attraverso il filtro di queste parole e del significato e del peso che as-sumono.

Direi che ho molta speran-za in un’inversione di rotta che mi sembra inevitabile. Credo che nel momento in cui si parla di crisi mondiale sia necessaria

un’analisi che ci porti a ragionare in termini di eco sistema non solo dal punto di vista ambientale ma anche sociale, culturale e nella relazione tra uomo e donna.Tuttavia non mi sembra di vedere il reale superamento di schemi e strategie che ma-nifestano evidenti segni di logoramento e disequilibrio.Vengo da una famiglia (mia zia era Lucia Sarzi Madidini) che ha contribuito alla sto-ria democratica del nostro paese e mi ha sempre insegnato il valore della partecipa-zione. Per capire quanto il ruolo della donna pos-sa andare al di là dei quel dualismo troppo stretto che ci vede unicamente come madri o come “bambole”.Mi hanno anche insegnato come il Teatro può essere un luogo straordinario per con-dividere, con emozione, pensieri e valori; svelare mondi nuovi e paesaggi inusuali; aprire possibilità e orizzonti.Io cerco di portare avanti i loro insegna-menti nel mio lavoro di organizzatrice teatrale che ha scelto come interlocutori i bambini e i ragazzi, nella consapevolezza che l’investimento culturale sulle giovani generazioni possa offrire un’opportunità per costruire nuove prospettive.Si tratta di un’occasione che dobbiamo sta-re attenti a non sprecare, con onestà e gran-de senso di responsabilità.

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Eco sistema non solo dal punto di vista ambientale ma anche sociale, culturale

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Nuccia Ciambrone (Studentessa - Giovani contro le mafie e Collettivo Locomotori

Il fatto che mi ha spinto ad interessarmi ri-guardo ai fenomeni mafiosi e la loro possibile lotta è sta-to una serie di episodi e luoghi comuni che ho vissuto in quanto alcune persone mi giudicavano e mi ritenevano una persona delinquente, poco di buono o mafiosa solo in base alle mie origini e dalla terra da cui provengo, la Calabria.Purtroppo, penso che finché si verificheranno episodi di di-scriminazione, ingiustizia politica e sociale e violazione dei diritti umani esisterà l’indignazione.L’indignazione, a mio parere, è quel sentimento che, oltre a farti sentire umano rispetto vicende a volte disumane, ti spinge a impegnarti e lottare contro quel sistema, quella mentalità o quel meccanismo che ti impedisce di vedere il mondo in cui vorresti vivere.

Dal 2009 faccio parte di due realtà giovanili che sono i “Giovani a Reggio Emilia contro le mafie” e “Cortocircuito”, con il primo ci impegniamo ad organizzare eventi che ci permettano di informare e sensibilizzare la cittadinanza riguardo la forte presenza mafiosa, soprattutto ‘ndranghetista, nel territorio reggiano.“Cortocircuito”, che nasce come giornalino del “Collettivo Locomotori” un collettivo di studenti delle scuole superio-ri, è uno spazio on line in cui tutti possono esprimere la propria opinione e scrivere articoli, poiché esso si basa sui principi come l’uguaglianza, l’antifascismo e la libertà di pensiero. Dallo scorso anno queste due realtà collaborano insieme soprattutto in eventi sul tema della lotta alla crimi-nalità organizzata. Inoltre tengo a ricordare che la Gabella (unico spazio comunale in centro) e i suoi volontari ci dan-no la possibilità di avere un luogo di ritrovo e ci appoggia-no in tutte le nostre iniziative.

Loretta giaroni (ex Assessore comunale, ex Presidente UDI)

Il lavoro che non c’è. Il lavoro è la vita, è dignità, è il nostro modo di stare nel mondo, per noi stessi e per tutti. L’arroganza dei privilegiati che non di-sarmano il loro recinto. A cominciare dai parlamentari, ex ed attuali, ai quali domando: “Cosa hai fatto/ fai per cambiare le vostre (auto)regole del privilegio? Albertina Soliani ed Eletta Bertani hanno compiuto atti concreti da tempo. E tu?”.

Sono decenni che non mi fermo all’indi-gnazione, reagisco per carattere e per formazione politi-ca. Reagisco attraverso forme organizzate collettive ma non temo di prendere iniziative in prima persona, anche da sola, per non “lasciar perdere”.Le mie azioni concrete sono documentate nel libro sulla storia dell’UDI di Reggio Sebben che siamo donne e nel libro sulle amministratrici negli enti locali Tra storia e memoria, nonché sul Notiziario dell’ANPI.Dal 2007 collaboro volontariamente con le scuole e con i nidi comunali per costruire la “carta d’identità storica” di ogni scuola. E’ un lavoro bellissimo: di emersione delle radici e della nostra lotta per conquistare i servizi educa-tivi, che produce conoscenza reciproca tra le generazio-ni, che trasmette forza e fiducia indispensabili in questo difficile presente. Sono fortunata ad avere una vecchiaia attiva e Resistente.

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Augusta Palazzi (Ingegnere Gest. , volontaria de “La nostra Africa Onlus”)

Il primo valore in assoluto è quello di una vita dignitosa. Come si fa a non indignarsi per il grado di povertà in cui versano intere popolazioni di molti Paesi non tanto lontani da noi, che spesso vengo-no sfruttate e depredate delle loro ricchezze naturali dai paesi più “sviluppati”. Che dire poi dell’indifferenza e della leggerezza con la quale si leggono e ascoltano i nume-ri, pubblicati dai giornali e che girano sui siti internet, di esseri umani che quotidia-namente soffrono e muoiono per carestie e guerre, ma soprattutto per denutrizione, per fame e per malattie da noi debellate da decenni. La vita umana non ha dunque va-lore? Ci sono migliaia di associazioni nel mondo (governative, internazionali, religio-se, laiche) che si occupano di questo grave problema, ma, ancora oggi gli obiettivi principali del millennio (sanciti dall’Onu) rimangono: la lotta alla fame, alla povertà, all’analfabetismo, alla mortalità infantile, assieme alla tutela dell’ambiente e alla tu-tela dei diritti delle donne; tutti problemi strettamente collegati tra di loro. C’è biso-gno dell’aiuto di tutti!!! Non è possibile ri-manere indifferenti di fronte allo spreco, e alla mancanza di solidarietà per non dire lo sfruttamento verso chi non ha nulla. Il pen-siero che le cose per noi superflue e che scartiamo potrebbero mantenere in vita altri esseri umani dovrebbe farci riflettere.

Non si deve superare l’in-dignazione ma è importante tenere viva l’attenzione e chiedere impegni precisi a coloro che devono intervenire in modo più efficace (Governi, Istituzioni, Stati, Enti). Personalmente ho voluto dare il mio pic-colo contributo. Ho conosciuto un’asso-ciazione di volontariato di Bologna “La

nostra Africa Onlus”, formata da un gruppo di giovani, che con le loro “forze” , contri-buiscono a realizzare dei progetti di soste-gno alle popolazioni dei villaggi Maasai, in Kenia (su richiesta delle autorità africane). Ho partecipato ad un campo di volontariato internazionale, presso il villaggio Maasai di Olpirikata, a sud di Nairobi, al confine con la Tanzania. Tra i vari progetti di svilup-po, edile, scuola, artigianato femminile, ho scelto quest’ultimo. Abbiamo fornito alle donne il materiale necessario per realizza-re i tradizionali gioielli Maasai. Il loro la-voro è stato retribuito con generi di prima necessità che hanno consentito il sostenta-mento delle loro famiglie e della comunità (le donne sono amministratrici più attente rispetto agli uomini dovendo allevare i fi-gli). Grande è la ricchezza derivata dalla conoscenza di popolazioni così ospitali che condividono in modo naturale il poco che hanno (secondo la nostra cultura) ma mol-to orgogliose delle loro tradizioni. E’ stata un’esperienza che non si può spiegare a pa-role. La mia idea è che forse servirebbe un maggior coordinamento mondiale, di tutti i contributi materiali e di risorse umane im-pegnate nei paesi sottosviluppati, per aiuta-re meglio il passaggio dall’assistenzialismo alla cooperazione e alla partecipazione; per far rimanere quelle popolazioni sui loro territori ad un livello decoroso di autosuf-ficienza alimentare e sanitaria, e farle “pro-gredire” nel rispetto delle loro tradizioni e della loro cultura.

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Laila e le altre

Paola Cagliari (Direttore istituzione del Comune di Reggio Emilia, Scuole e nidi d’infanzia)

I servizi educativi dell’infanzia, tra tagli e regressione culturale hanno dovuto af-frontare in questi anni prove durissime di “ resistenza”. Come vivono e affrontano le educatrici e le famiglie questo momento difficile?I Nidi e le Scuole comunali dell’infanzia della nostra città che hanno le loro radi-ci nell’esperienza delle scuole gestite dal CLN, dall’UDI, dalle associazioni della so-cietà civile e che offrono giornalmente un servizio educativo a migliaia di famiglie e bambini della nostra città, sono un proget-to ed una esperienza saldamente ancorati a valori etici, pedagogici e politici, condivisi, attraverso la partecipazione e la gestione so-ciale con una grande parte delle famiglie e dei cittadini reggiani. Intendo con reggiani anche tanti genitori e bambini provenienti da tante parti del mondo che abitano a Reg-gio Emilia e trovano nei nidi e nelle scuole dell’infanzia possibilità di integrazione, so-cializzazione, conoscenza e condivisione.Credo sia da ricercare in questa dimensione valoriale, pedagogica e politico-sociale, del progetto e nel suo radicamento nella città, la ragione dello straordinario senso di ap-partenenza del personale. E’ forte, anche nelle giovani generazioni di insegnanti e di personale ausiliario, la consapevolezza che non è possibile contrapporre i diritti dei bambini, delle famiglie, dei lavoratori, e che i servizi per l’infanzia sono un patri-monio troppo prezioso per la città per esse-re svenduti di fronte alle spinte al maggior risparmio. I Comuni virtuosi che gestiscono servizi, educativi e sociali, sono stati mes-si in forte difficoltà dalle leggi di stabilità che si sono succedute negli anni: difficoltà economiche ma anche limitazioni alle pos-sibilità di scegliere come investire le risor-se. La crisi attuale sembra rendere legittimo qualsiasi taglio o cambiamento; per fortu-na non è così nei nostri servizi. Personale

e genitori hanno condiviso con l’Ammini-strazione l’obiettivo di mantenere la rete attuale di servizi 0/6, un sistema pubblico integrato che offre posti a più del 40 per-cento dei bambini 0/3 anni e a quasi il 90 percento dei bambini 3/6 anni, e la gestio-ne delle 33 strutture a diretta conduzione comunale. Una rete di servizi pubblici di collettività, mentre molti amministratori, in Comuni anche vicino a noi, si stanno facen-do convincere dall’idea che per i bambini piccini basta un adulto di buon senso con pochi bambini, in un qualsiasi luogo. Basta dare risposta ai bisogni delle famiglie, met-tendo in secondo piano i diritti dei bambi-ni. Il Patto per la qualità e la sostenibilità dell’educazione in città e a livello interna-zionale stretto con personale, genitori, enti gestori, città, ha significato produrre anche alcune riorganizzazioni sulla rete dei servizi e sulla organizzazione interna, oltre che un aumento della contribuzione delle famiglie. C’è un grande fermento di discussione e di impegno politico da parte di tutto il perso-nale e dei genitori. Il 12 novembre abbia-mo portato in 36 luoghi della città Tracce grafiche dei bambini per rendere visibile la cultura che l’infanzia ha il diritto e la possi-bilità di produrre, se le riconosciamo luoghi educativi cha hanno condizioni organizzati-ve, strumentali, ambientali e di formazione adeguate. Abbiamo eletto a dicembre i Con-sigli infanzia città: considerando comples-sivamente i 32 servizi a gestione comunale, sono più di 1300 le persone che ne fanno parte, tra cui quasi 900 i genitori e cittadini che si sono resi disponibili e sono stati eletti in questi organismi. Un numero veramente elevato, che dichiara il desiderio di esser-ci in questo momento storico e culturale di grande incertezza per i servizi educativi e sociali nel nostro Paese.

A tuo avviso, un nuovo rapporto tra memo-ria storica della nascita e dello sviluppo delle scuole e dei nidi comunali e sforzo di innovazione può contribuire a dare slan-cio all’impegno per “costruire” il futuro

dell’esperienza educativa reggiana? Rinnovare la conoscenza delle radici, che si collocano dentro alla storia, una storia collettiva e partecipata che ha visto la mo-bilitazione e l’impegni di tante donne, per avere strumenti interpretativi rinnovati e più capaci di interpretare il cambiamento, e co-struire il futuro credo sia straordinariamente importante. Non c’è futuro infatti senza una cultura ca-pace di leggere dentro all’oggi le ragioni delle scelte che hanno dato vita alle forme istituzionali, valoriali, civili, in cui agiamo ogni giorno, di svelarle togliendole dalla invisibilità di oggetti dati per farli diven-tare dimensioni processuali in mutamento costante. Non c’è futuro senza una capacità di analizzare con rigore critico e prospettico le ipotesi di cambiamento. Ma la prospetti-va ha bisogno di distanza per essere vista. Avere sguardi larghi dell’orizzonte richiede sempre di fare passi indietro (nel mondo fi-sico come nel mondo delle idee).Crediamo sia per noi un privilegio ancora oggi poterci confrontare direttamente con testimoni della storia, una storia collettiva e partecipata, che è stata capace di saldare l’iniziativa popolare, che esprimeva richie-ste, esigenze, bisogni, e la politica istituzio-nale, che è stata capace di proporsi come punto di sintesi e di interpretare le esigenze specifiche di singoli o di gruppi portatori di interesse e farli diventare una politica che ha orientato lo sviluppo civile, politico e culturale della nostra città, dando contributi di rilievo alla politica nazionale.Una storia e un’azione caratterizzate da un intreccio potente fra utopia e concretezza. E di utopia, cioè la capacità di non soggia-cere alla dittatura della assenza di alterna-tive che domina oggi il pensiero politico, economico e sociale, e di concretezza, cioè aderenza all’oggi e progettualità, abbiamo più che mai bisogno oggi, in un momento in cui lo stato sociale è assalito da difficoltà di ordine culturale e politico, più ancora che economico.

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Paola Cavazzoni (Pedagogista membro Direzione opera-tiva e responsabile consulenze Reggio Children)

Credi che il tuo essere donna ed educatri-ce, in una realtà molto connotata al femmi-nile, abbia contribuito alla elaborazione e costruzione di una cultura e di una pratica innovativa quale quella che caratterizza le scuole e i nidi del Comune di Reggio, Reggio Children e la nascente fondazione Internazionale.Quando sono entrata per la prima volta come insegnante, in una scuola di Reggio, poi pedagogista nei Nidi e nelle Scuole d’Infanzia – erano 20 anni fa – mai avrei immaginato che il mio percorso di donna e di professionista mi avrebbe portato prima ad occuparmi di risorse umane, all’interno di Reggio Children, e poi di consulenza per progetti con aziende che si rivolgono a Reg-gio Children.Forse, all’epoca, mi sarei chiesta che cosa potevano avere questi tre ruoli in comune.Oggi, a distanza di anni, so che essere inse-gnante e pedagogista nei Nidi e nelle Scuole dell’infanzia di Reggio ha accresciuto non solo la mia professione, ma quelle caratteri-stiche di attenzione e sensibilità all’ascolto dell’altro, quell’abitudine alla relazione e al senso di comunità a cui poi, tante volte ho fatto ricorso, seppure in ambiti apparen-temente lontani da quelli da cui provengo, nell’affrontare tutti i giorni il mio lavoro. Ascolto, relazione, senso di comunità sono concetti universali, che non riguardano solo i bambini, ma sono tipici dell’essere uma-no. E all’essere umano ho sempre cercato di guardare, mentre mi occupavo di risor-

se umane (in fin dei conti i termini si so-migliano), ed ora mentre mi approccio non tante alle aziende, quanto alle persone, che creano un’azienda e che chiedono a Reggio Children tante cose, ma soprattutto un nuo-vo modo di guardare alle persone, al lavoro, ai temi della conciliazione, della qualità del-la vita. I nidi e le scuole non rappresentano solo un luogo di cultura dei bambini ma, insieme a loro, anche degli adulti. L’espe-rienza di tanti anni ha contribuito a concet-tualizzare, assieme ai diritti dei bambini, altri diritti: delle donne, dell’uomo, della città stessa.Credo che essere una donna, essere una edu-catrice, assieme a tantissime altre donne ed educatrici che con me portano avanti questa storia, abbia contribuito alla costruzione di una pratica talmente antica – il riconosci-mento dei diritti di ciascun essere umano – da diventare, paradossalmente, una grande innovazione.

Quali sfide culturali e quali progetti con-creti ti stanno impegnando in questo mo-mento?Di questi tempi, ogni sfida, se accompagna-ta alla parola “culturale” diventa una mon-tagna in apparenza insormontabile. E anche qui torna la mia esperienza nelle scuole. Se è stato possibile realizzare un’utopia quoti-diana come quella delle scuole dell’infan-zia e dei nidi di Reggio, è possibile anda-re avanti ed affrontare nuove sfide. Come quella del Centro internazionale “Loris Malaguzzi” e del nuovo Atelier dei sapori – Pause, che ho seguito fin dalla fase em-brionale, quando era solo un’idea che qual-cuno poteva pensare molto ambiziosa, ma che aveva profonde radici nei valori di ac-

coglienza e partecipazione della nostra cit-tà, nell’esperienza e nella ricerca dei nidi e delle scuole dell’infanzia. Tanto che, come ogni albero con profonde radici, la speranza ora – che l’idea è diventata realtà – è che dia frutti sempre nuovi e di qualità.E, parallelamente, porto avanti – forte di un lavoro di gruppo che è elemento identitario e caratteristica di tutta l’attività di Reggio Children – una sfida non più nuova ma di grande interesse: quella di contribuire allo sviluppo di progetti di servizi educativi di qualità fuori dalla città, in Italia, in Europa, nel mondo, cercando di ri-vivere (nel sen-so di dare nuovo significato) a quei valori e atmosfere che caratterizzano le scuole di Reggio nelle altre realtà, a volte tanto diverse dalla nostra città. E così il Reggio Emilia Approach è diventata la base irrinun-ciabile per un nuovo nido-scuola Eni, a San Donato Milanese, oppure a Treviso con il gruppo Benetton dove giorno dopo giorno cerchiamo di dare il nostro contributo di idee e di esperienze, diventando promotori attivi di ricerca e di innovazione culturale per chi incontra il servizio come bambino e come adulto e per i suoi territori. Esperienze quindi da intendersi come possibili presidi formativi per lo sviluppo di occupazione qualificata di giovani donne in ambito edu-cativo, luoghi di partecipazione per le fami-glie e di scambio tra le esperienze educative locali per nuovi ed originali dibattiti attorno ai diritti dell’infanzia, ai diritti dell’uomo e della donna.

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Battiamoci di più per le cose che facciamo

Spedizione in abbonamento postale - Gruppo III - 70%Periodico del Comitato ProvincialeAssociazione Nazionale Partigiani d'Italia di Reggio EmiliaVia Farini, 1 - Reggio Emilia - Tel. 0522 432991e-mail: [email protected]; [email protected] web: www.anpireggioemilia.itProprietario: Giacomo NotariDirettore: Antonio Zambonelli - Caporedattore: Glauco BertaniComitato di redazione: Eletta Bertani, Ireo Lusuardi

Collaboratori: Paolo Attolini (fotografo), Massimo Becchi, dott. Giulia-no Bedogni, Bruno Bertolaso, Sandra Campanini, Nicoletta Gemmi, Claudio Ghiretti, prof. Enzo Iori, Enrico Lelli, Saverio Morselli, Fabrizio TavernelliRegistrazione Tribunale di Reggio Emilia n. 276 del 2 Marzo 1970Stampa: Modulstampa Group – Corte Tegge (RE)Questo numero è stato chiuso in tipografia il 6-02-2012 Per sostenere il “Notiziario”: UNICREDIT, piazza del Monte (già Cesa-re Battisti) - Reggio Emilia IBAN: IT75F0200812834000100280840CCP N. 3482109 intestato a: Associazione Nazionale Partigiani d'Ita-lia - Comitato Provinciale ANPI

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Napolitano:

Giovedì 8 marzo ore 17.30Incontro con Normanna Albertini "Donne a Memoria" . By-heartVenerdì 23 marzo ore 17.30Ripercorrendo i sentieri partigiani. Videointervista a Giacomo NotariVenerdì 27 aprile ore 17.30Incontro con Lorenza Mazzetto "Il sangue degli Einstein. Storia di un crimine nazista"

Presso la Biblioteca "Panizzi" di Reggio Emilia, via Farini, 3

Alle iniziative per l'8 marzo

il coordinamento donne ANPI provinciale

Napolitano: “La parità di genere non riguarda solo le donne…”

“E’ evidente che le donne stesse devono agire da protagoniste nel condurre fino in fondo la marcia verso la parità, gli uomini non sono esentati dal dovere di comportarsi come loro validi e solidali compagni. Perché, in effetti la parità di genere non riguarda solo le donne, cosi come le battaglie per dare a tutti i cittadini una vita decorosa non riguardano solo i poveri, le lotte per la libertà politica non sono esclusiva dei dissidenti, quelle per la tolleranza non toccano solo le minoranze. Sono e devono essere cause comuni che coinvolgono chiunque assuma come propri i valori democratici. Ne consegue che l’ulteriore cammino verso la parità di genere non può non essere parte di una generale ripresa di valori civili”.

“E sono certo che anche le nuove italiane, le tante donne immigrate che sono già diventate o diventeranno nostre concittadine, le tante che lavorano con abnegazione e senso del decoro, faranno anche esse la loro parte. Auguro in conclusione a tutte voi e a tutti noi di lavorare insieme con successo per un’Italia migliore, più ricca di futuro per le donne e per le giovani generazioni”.

(Brani tratti dall’intervento del Presidente Napolitano in occasione della giornata internazionale della donna 08/03/2011)

A sostenere l'asilo di Seilat in Palestinamediante la raccolta fondi per l'acquisto di sussidi didattici e informatici

Aderire alla campagna per i diritti di cittadinanza “L’Italia sono anch’io” con la propria firma

Aderire all'appello contro le “dimissioni in bianco” rivolto da donne di diverse associazioni e movimenti al Ministro Fornero , che ha preannunciato di voler porre fine a tale pratica, perché al più presto il governo assuma atti concreti, nel contesto di un più ampio impegno per sostenere le donne che vogliono essere lavoratrici e madri, dando contenuto concreto al principio costituzionale del valore sociale della maternità.

Coordinamento inserto a cura di Loredana Cavazzini

Supplemento al n. 1-3 - 2012 del Notiziario ANPI

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