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A14 · 2017. 9. 20. · Simmel e la sociologia , 31 ± 1.2.2 . Arte, estetica e teoria sociale , 33 ± 1.2.3 . Gli studi psicologici ed etnologici sulla musica , 36 ± 1.3. La mu

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Rosario Ponziano

La musicain una prospettiva sociologica

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Aracne editrice

[email protected]

Copyright © MMXVIGioacchino Onorati editore S.r.l. – unipersonale

[email protected]

via Sotto le mura, Canterano (RM)

()

----

I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,di riproduzione e di adattamento anche parziale,

con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.

Non sono assolutamente consentite le fotocopiesenza il permesso scritto dell’Editore.

I edizione: dicembre

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A Miriam

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Indice

9 Introduzione

21 Capitolo I

La musica nel pensiero sociologico classico 1.1. Musica e Positivismo, 21 – 1.1.1. Herbert Spencer: le origini della musi-ca, 28 – 1.2. La musica nell‘opera di Georg Simmel, 31 – 1.2.1. Simmel e la

sociologia, 31 – 1.2.2. Arte, estetica e teoria sociale, 33 – 1.2.3. Gli studi

psicologici ed etnologici sulla musica, 36 – 1.3. La musica nell‘opera di Max

Weber, 45 – 1.3.1. La sociologia come scienza comprendente, 45 – 1.3.2.

Musica e razionalità: la costruzione sociale dei suoni, 50 – 1.3.3. I fonda-menti razionali e sociologici della musica, 54.

61 Capitolo II

La sociologia della musica 2.1. La sociologia della musica: alcune definizioni, 61 – 2.2. Sviluppi post-

weberiani: due prospettive a confronto, 62 – 2.2.1. Kurt Blaukopf e la socio-

logia della musica: aspetti teorici tra continuità e rinascita, 62 – 2.2.2. Al-phons Silbermann: la sociologia «empirica» della musica, 67 – 2.3. Theodor

W. Adorno: teoria critica, musica e società, 71 – 2.3.1. La teoria critica, 71 –

2.3.2. Arte e società, 76 – 2.3.3. La sociologia della musica tra produzione, riproduzione e fruizione, 77 – 2.3.4. Riflessioni critiche su musica e media,

84 – 2.3.5. Riflessioni critiche su jazz e popular music, 90 – 2.3.6. L’attualità

di Adorno, 95 – 2.4. Alfred Schütz: musica e sociologia fenomenologica, 97 – 2.4.1. La sociologia fenomenologica, 97 – 2.4.2. Frammenti di fenomeno-

logia della musica, 102 – 2.4.3. La musica tra comunicazione, linguaggio e

significato, 104 – 2.4.4. La centralità della dimensione temporale, 106 – 2.4.5. Musica, intersoggettività e relazione sociale, 111.

119 Capitolo III

La musica nei processi comunicativi e formativi 3.1. Musica è comunicazione, 119 – 3.1.1. Musica, suono, rumore e silenzio,

119 – 3.1.2. La musica tra dialogo e narrazione, 126 – 3.2. Musica e media

digitali, 129 – 3.2.1. L’ascolto mediato, 131 – 3.2.2. La produzione di musi-

ca, 136 – 3.3. Giovani e musica, 142 – 3.3.1. La centralità del legame tra i

giovani e la musica, 142 – 3.3.2. Giovani e musica nella ricerca sociale ita-liana, 146 – 3.4. Musica e formazione, 150 – 3.4.1. L’educazione musicale,

159 – 3.4.2. La musica a scuola, 163.

169 Bibliografia

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Introduzione

Tra musica e società esiste un forte legame. Non si conoscono

società prive di espressioni musicali. Parafrasando Franco Fer-

rarotti possiamo affermare che la musica è nella società. Fra

musica e società corre un rapporto di reciprocità sanguigna, in-

terna, congenita, cioè ―concresciuta‖. Attraverso la musica, e

più in generale l‘arte, «l‘uomo riconquista la pienezza della sua

umanità»1.

Com‘è stato già evidenziato altrove2, la musica è comunica-

zione: al pari della comunicazione, la musica è connaturata al

nostro essere nel mondo e da sempre accompagna l‘esistenza

umana. La musica, infatti, risponde a quel bisogno – consustan-

ziale all‘essere umano – di costruire determinati significati, ne-

goziarli su un piano puramente simbolico con altre persone, e

trasmettere il risultato di questa negoziazione ad altri affinché

possano contribuire alla loro condivisione. Dal momento che

nessun fenomeno può essere compreso al di fuori del suo spazio

sociale, la musica si configura come un fatto sociale totale che

consente di comprendere la vita sociale come sistema di rela-

zioni.

Se tuttavia l‘esistenza della musica è una certezza acquisita,

più problematico è il tentativo di darne una definizione univoca,

in quanto non esistono criteri assoluti tra ciò che può essere au-

tenticamente definito musica, e ciò che non lo è. Gli stessi crite-

ri mutano nel tempo e nello spazio a seconda dei diversi conte-

sti socio-culturali: si pensi, ad esempio, alle profonde trasfor-

mazioni generate dall‘avvento delle tecnologie della comunica-

1 F. FERRAROTTI, Homo sentiens. Giovani e musica. La rinascita della comunità dallo

spirito della nuova musica, Liguori Editore, Napoli 1995, p. 3. 2 G. GRECO, R. PONZIANO, Musica è comunicazione. L’esperienza della musica e del-

la comunicazione, FrancoAngeli, Milano 2007.

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Introduzione

10

zione che abbattendo barriere, cancellando confini, hanno de-

terminato un‘accelerazione violenta dei processi di ibridazione

investendo ogni forma di linguaggio, fra cui anche quella arti-

stica. L‘ascesa delle forme d‘arte popolare, il riconoscimento

delle forme di cultura extra-occidentali, il livellamento tra cul-

tura alta e cultura bassa, hanno contribuito a rendere ancora più

confuso e problematico il dibattito scientifico sulla musica.

Il termine musica3 ha un destino singolare e allude ad un fe-

nomeno infinitamente vario, anche se si è soliti utilizzare il plu-

rale solo aggiungendo un complemento di specificazione: musi-

che da ballo, musiche d‘intrattenimento, ecc. In molte lingue,

del resto, il termine plurale non esiste: die Musik, in tedesco,

non dà luogo a die Musiken. Siamo al cospetto di una «stranez-

za lessicale che ci porta talvolta ad appiattire inconsapevolmen-

te le differenze»4.

Sul piano concettuale, nella tradizione occidentale è prevalsa

per lungo tempo una concezione ―colta‖ di musica che ha pro-

dotto un restringimento del campo alla cosiddetta ―musica

d‘arte‖. A partire dalla definizione proposta da Jean-Jacques

Rousseau, in Dictionnaire de la musique (1768), fino ad appro-

dare alle varianti più recenti rintracciabili tanto nei dizionari

contemporanei quanto a livello di senso comune, la concezione

che attribuisce alla musica l’arte di combinare i suoni in manie-

ra gradevole all’orecchio e secondo determinate regole ha pro-

dotto, nel corso del tempo, riflessioni di carattere prevalente-

mente estetico volte a definire cosa è o non è musica, secondo

un modello squisitamente eurocentrico che ha espunto dal suo

interno la possibilità stessa di prendere in considerazione

l‘esistenza, prima ancora che il valore, di altre musiche. Tutta-

via, ovunque nel mondo, e per un gran numero di ragioni diffe-

3 Il termine musica (che deriva dal latino Musica), risale al greco Mousike (l‘arte delle

Muse) e si riferisce all‘«arte di combinare i suoni in base a regole definite, diverse a

seconda dei luoghi e delle epoche» (av. 1294, B. Latini). Cfr. M. CORTELLAZZO, P. ZOLLI, Musica, in ID. Dizionario etimologico della lingua italiana, Zanichelli, Bologna

1992, p. 787. 4 L. BIANCONI, La musica al plurale, in A. NUZZACI, G. PAGANNONE (a cura di), Mu-

sica, ricerca e didattica. Profili musicali e competenza culturale, Pensa Multimedia,

Lecce 2008, p. 23.

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Introduzione

11

renti, gli esseri umani amano produrre ―musiche‖ che poi sento-

no o ascoltano in momenti e luoghi diversi della loro vita.

Tra l‘Ottocento e il Novecento, si fanno strada nuove conce-

zioni. Una svolta significativa in tale direzione si registra allor-

quando una serie di fenomeni intervengono a mettere in crisi il

modello eurocentrico di musica. Tra questi si possono menzio-

nare: la ricomparsa del sistema modale e la conseguente crisi

del sistema tonale (il riferimento esplicito va alla infinita modu-

lazione wagneriana); la rinascita nell‘Est europeo della musica

popolare, grazie soprattutto agli studi di Bela Bartók; l‘ascesa

della musica afroamericana, caratterizzata dalle blue notes e dai

ritmi sincopati; la rivalutazione apportata dal futurismo alla

funzione musicale del rumore; e infine, ma non per ultimo,

l‘avvento della delle tecnologie di riproduzione del suono, che

hanno prodotto profondi cambiamenti tanto sul piano della frui-

zione quanto su quello della produzione musicale. La conver-

genza di tali fenomeni, nell‘evidenziare la debolezza della con-

cezione ―colta‖ occidentale, tende anche a rivalutare la pluralità

delle musiche e ad incentivare lo studio dei differenti ambienti

culturali in cui esse prendono forma, nonché delle relazioni so-

ciali tra gli attori coinvolti la cui comprensione richiede approc-

ci sempre più extra-musicologici, tra i quali particolarmente ef-

ficace appare quello sociologico.

La musica è, oggi, una delle principali forma di intratteni-

mento in grado di coinvolgere miliardi di persone in tutto il

mondo. Si pensi, a tale proposito, all‘avvento di strumenti come

internet che hanno offerto la possibilità ai musicisti di raggiun-

gere e coinvolgere un pubblico globale di amatori, appassionati

che, nelle forme più diverse e con diverse modalità di coinvol-

gimento, hanno potuto vivere esperienze eccitanti (individuali e

collettive), sviluppando processi di identificazione e costruendo

appartenenze socialmente significative. Più in generale la musi-

ca al pari, o in misura maggiore, di altre manifestazioni della

vita collettiva, si configura come una risposta emozionalmente

densa ai desideri e ai bisogni della persona che si rivolge ad es-

sa in quanto manifestazione espressiva, stile di vita, ideologia,

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Introduzione

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passione, passatempo, tecnologia, chiacchiera quotidiana, e so-

prattutto pratica comunicativa e formativa.

Dai risultati dell‘indagine multiscopo effettuata dall‘ISTAT

(2008)5, circa quarantadue milioni di italiani (pari all‘81,6%

della popolazione con più di 11 anni) avrebbero dichiarato di

ascoltare musica. Nelle fasce d‘età giovani e adulte (fino ai 45

anni) l‘ascolto della musica riguarda, addirittura, la quasi totali-

tà delle persone, senza distinzione di genere. Di questi, per il

56,2% si tratterebbe di una pratica quotidiana. Tali cifre contri-

buiscono a rendere stridente il contrasto tra le dimensioni (cul-

turali, demografiche, sociali ed economiche) del fenomeno e la

scarsa attenzione che la sociologia italiana ha dedicato a questo

tema. Forse perché la musica – come sostiene Luigi Del Grosso

Destreri – costituisce un oggetto di studio particolarmente pro-

blematico: «Tra tutte le arti, la musica potrebbe sembrare refrat-

taria allo studio sociologico: i caratteri di ineffabilità e di tra-

scendenza che le sono stati per lungo tempo attribuiti sembrano

infatti sottrarla a questo tipo di approccio»6. Tali considerazioni

preliminari inducono a ritenere che, rispetto ad altre sociologie

specialistiche, la sociologia della musica soffra – per così dire –

di una indeterminatezza epistemologica, testimoniata peraltro

dalla scarsa diffusione della disciplina in ambito accademico e

da un panorama di studi piuttosto eterogeneo.

È utile ricordare, a tale proposito, che la stessa sociologia si

configura come un ambito disciplinare caratterizzato da tradi-

zioni di ricerca diverse tra loro e, per certi aspetti, inconciliabili.

Dalla sociologia classica emerge la contrapposizione tra due

prevalenti approcci: «Da una parte si sostiene che la sociologia

deve studiare la totalità (la struttura, il sistema, il gruppo in

quanto tale); dall‘altra si afferma che essa deve sempre e co-

munque concentrare l‘attenzione sui comportamenti individuali,

seppur tra loro interconnessi e aggregati»7. Nel primo approc-

5 ISTAT, Spettacoli, musica e altre attività del tempo libero. Indagine multiscopo sul-

le famiglie, Edizioni ISTAT, Roma 2008. 6 L. DEL GROSSO DESTRERI, La sociologia della musica: situazioni e prospettive, in

«Studi di Sociologia», 2, 1968, pp. 155-179. 7 V. CESAREO, Sociologia. Teorie e problemi, Vita e Pensiero, Milano 1993, p. 5.

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Introduzione

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cio, definito olistico, «la società viene sempre concepita come

una totalità che possiede caratteristiche proprie spesso assimila-

te a quelle degli organismi»8; nel secondo, definito individuali-

stico, «l‘attenzione è riservata prevalentemente, se non addirit-

tura esclusivamente, alle singole parti costitutive della socie-

tà»9. Anche se i tentativi di ―andare oltre‖ questa dicotomia so-

no stati numerosi10

, olismo e individualismo hanno rappresenta-

to, e continuano a farlo, due possibilità di risposta alla natura

dei fenomeni sociali.

Analogamente il panorama degli studi sociologici della mu-

sica è caratterizzato da concettualizzazioni e categorizzazioni

per lo più diversificate ed eterogenee, che rispecchiano le predi-

lezioni teoriche e metodologiche dei diversi autori. La fase ini-

ziale degli studi sociali sulla musica si fa risalire, solitamente, ai

lavori di sociologi classici come Georg Simmel e Max Weber

che, com‘è noto, hanno contribuito alla fondazione stessa della

sociologia. Lo spirito che anima i lavori degli autori classici, e

di buona parte dei loro successori, riflette la duplice dicotomia

che ha contraddistinto la sociologia fin dalla sua nascita: empi-

rico-misurativa/teorico-filosofica; macro-sociologica/micro-

sociologica.

Un filone di studi nato successivamente fa capo ad una scuo-

la di pensiero, i popular music studies, caratterizzata da studi di

cultural studies,

produzione di cultura, semiotica, antropologia, etnomusicolo-

gia, che hanno contribuito, così, a strutturare un panorama

scientifico ancora più complesso.

autori provenienti da ambiti differenziati quali

La vasta mole di contributi prodotti se da un lato mostra

l‘interesse per lo studio della musica in una prospettiva sociolo-

gica, dall‘altro ci pone di fronte ad un ambito di studi di diffici-

le configurabilità paradigmatica. Tuttavia, al di là della plurali-

tà dei punti di vista, i diversi contributi sembrano convergere

nell‘idea che il rapporto tra musica e società costituisca un tema

8 IVI, p. 6. 9 Ibidem. 10 Il riferimento esplicito è ad autori quali Parsons, Habermas, Alexander, Bourdieu,

Giddens, Archer, Donati.

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Introduzione

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di ricerca sociologicamente rilevante nella misura in cui descri-

ve, spiega e prevede la realtà sociale. Pertanto, considerata la

pluralità dei punti di vista, chi voglia accostarsi allo studio della

musica in una prospettiva sociologica si trova di fronte a diversi

ordini di questioni:

a) sul piano teorico, si tratta di scegliere se muoversi

nell‘ambito degli approcci esistenti o formularne di

nuovi;

b) sul piano empirico, si tratta di incrementare la ricer-

ca sul campo;

c) sul piano metodologico, si tratta di individuare quali

metodi della ricerca sociale possano risultare più

idonei alle indagini in questo ambito di studi.

Lo studio della musica in una prospettiva sociologica pone,

dunque, una serie di nodi problematici già a partire

dall‘opportunità stessa di una disciplina specifica cui affidarne

il compito. Nel nostro Paese, fatte salve le dovute eccezioni, la

sociologia ha complessivamente trascurato o sottovalutato il po-

tenziale euristico della musica che, al pari di altre fondamentali

esperienze della vita quotidiana, tende a configurarsi ancora

come un fenomeno socialmente ingombrante ma sociologica-

mente sommerso11

. Come sintetizza bene Marco Santoro

se esiste una sociologia della musica, questa non è certo una

(sub)disciplina riconosciuta dalla comunità dei sociologi accademici,

ma un‘etichetta tra le molte di quel grande contenitore che è la socio-

logia intesa come ramo del sapere contemporaneo, di cui ci si può li-

beramente occupare soprattutto se si è non sociologi ma scrittori free

lance, critici, filosofi (dell‘arte), o musicologi ―aperti al nuovo‖ e al-

meno un po‘ dissidenti.12

11 G. GRECO, Editoriale. L’esperienza della musica nella musica nella vita quotidiana

dei giovani, in «In-formazione. Studi e ricerche su giovani, media e formazione», 2,

2007, p. 11. 12 M. SANTORO, La musica, la sociologia e 40 milioni di italiani, in «il Mulino», 5,

2002, pp. 953-954.

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Introduzione

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Passiamo ora in rassegna alcuni dei maggiori contributi che

nel nostro Paese, dal dopoguerra ad oggi, hanno influenzato lo

studio sociologico della musica.

Fra gli autori stranieri una figura predominante è stata quel-

la di Theodor W. Adorno le cui opere più influenti, ―Filosofia

della musica‖ e ―Dissonanze‖, sono state pubblicate in italiano

nel 1959, e alle quali hanno fatto seguito ―Introduzione alla so-

ciologia della musica‖ (1971) e il saggio sul jazz contenuto in

―Prismi‖ (1972). La matrice che accomuna questi lavori è de-

terminata dalla volontà di Adorno di assegnare alla musica una

funzione conoscitiva nel quadro della teoria critica della società.

Attraverso la musica l‘autore denuncia l‘alienazione capitalisti-

ca che neutralizza il gusto estetico degli ascoltatori e le modalità

di composizione. Ascolto e composizione mostrano perfetta-

mente – secondo Adorno – questa condizione di alienazione. Da

ciò «venne un atteggiamento sprezzante verso tutto ciò che ve-

niva vissuto come facile, gradevole, popolare»13

. Da qui provie-

ne il suo atteggiamento negativo nei confronti del jazz e, più in

generale, della musica leggera, d‘uso e di intrattenimento14

.

Con la traduzione dei contributo di Amiri Baraka (Leroi Jo-

nes), ―Il popolo del blues‖ (1968) e, qualche anno, più tardi di

Simon Frith, ―Sociologia del rock‖ (1982), si apre la strada alla

legittimazione di generi musicali come il blues, il jazz e il rock

che, al pari della musica colta, cominciano a essere presi in con-

siderazione. Prende avvio, dunque, un certo interesse anche nei

confronti della popular music, grazie soprattutto all‘apporto di

studiosi appartenenti a diversi ambiti disciplinari. Fra questi si

può citare Franco Fabbri il quale, oltre a curare la presentazione

del lavoro di Richard Middleton, ―Studiare la popular music‖

(1994), è autore di numerosi saggi che hanno per tema teorie sui

generi musicali, la forma canzone, la musica e i media, ecc.

Esistono, tuttavia, anche altri autori (anch‘essi non propria-

mente sociologi) che hanno fornito dei contributi volti a esplo-

13 L. DEL GROSSO DESTRERI, Sociologia delle musiche. Teorie e modelli di ricerca,

FrancoAngeli, Milano 2002, p. 15. 14 Ibidem.

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Introduzione

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rare le connessioni tra musica e sociologia. Fra questi si posso-

no segnalare: ―Sociologia della musica‖ (1980) di Antonio Ser-

ravezza e ―Musica e sociologia‖ (1996) di Marcello Sorce Kel-

ler. Nel primo caso, si tratta di un‘antologia che raccoglie diver-

si saggi utili a inquadrare alcuni temi di fondo quali, ad esem-

pio, le differenze fra sociologia, storia sociale ed estetica della

musica, e la contrapposizione fra sociologia della musica teori-

co/speculativa ed empirica. Nel secondo caso l‘autore si sof-

ferma in particolare sul rapporto tra sociologia della musica ed

etnomusicologia, proponendo una stimolante rassegna tematica:

dal mecenatismo, alla professionalizzazione, ai mass media, alla

stratificazione sociale.

Fra i sociologi italiani che hanno tentato di diffondere la so-

ciologia della musica nel nostro Paese, spicca l‘interessante

contributo di Luigi Del Grosso Destreri. Il sociologo italiano

pubblica una prima edizione del volume ―La sociologia, la mu-

sica, le musiche‖ (1988), in cui si sofferma sulle riflessioni pro-

dotte dagli autori classici della sociologia a proposito del rap-

porto tra musica e società, cui fa seguito una seconda edizione

―Sociologia delle musiche‖ (2002), arricchita di alcuni esempi

di ricerche empiriche in campo musicale: dal valore dei testi

delle canzoni all‘offerta concertistica dei diversi generi musica-

li, dalla produzione di musica all‘istruzione musicale.

Franco Ferrarotti, uno dei pionieri della sociologia italiana,

alimenta il dibattito sociologico della musica con alcuni impor-

tanti contributi: ―Homo sentiens. Giovani e musica. La rinascita

della comunità dallo spirito della nuova musica‖ (1995), ―Rock,

rap e l‘immortalità dell‘anima‖ (1996) e il più recente ―La fun-

zione della musica nella società tecnicamente progredita‖

(2011). L‘autore s‘interroga sul significato che la musica as-

sume per le giovani generazioni, mettendo in evidenza il fatto

che i giovani ―abitano‖ la musica, in quanto trovano in essa la

«casa» che sentono di non avere più altrove, esprimendo così

quel bisogno primario di appartenenza al gruppo che si manife-

sta nei raduni, nei concerti rock, che diventano i luoghi simbolo

di una «neotribalizzazione» in cui la musica soddisfa quel biso-

gno ancestrale insito nelle persone di creare comunità.

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Introduzione

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Più recentemente, altri autori hanno messo in evidenza

l‘importanza di lavorare attorno all‘idea di una «nuova sociolo-

gia della musica». In questa direzione, Marco Santoro sostiene

che se c‘è un compito che «la sociologia della musica può as-

sumersi in quanto sociologia, questo è proprio quello di offrire

una conoscenza e una comprensione critica del ruolo della mu-

sica nella vita sociale, e di quello della vita sociale nella produ-

zione e nella fruizione musicale»15

.

Lello Savonardo, nel testo ―Sociologia della musica‖ (2010),

sottolinea la necessità di lavorare attorno all‘idea di una «mo-

derna sociologia della musica». In questo lavoro, a partire dalle

teorie dei classici della sociologia, l‘autore si sofferma sulle

relazioni esistenti tra i diversi fenomeni musicali e i contesti so-

ciali in cui avvengono, mettendo in luce il ruolo significativo

che i «linguaggi musicali», grazie anche all‘avvento e allo svi-

luppo delle tecnologie della musica, assumono nei processi di

costruzione sociale della realtà e dell‘immaginario collettivo e

individuale.

Nonostante la loro indubbia utilità sul piano tematico e bi-

bliografico, il valore di questi lavori si colloca principalmente

sul piano teorico, mentre piuttosto scarna è la produzione di

contributi sul piano della ricerca empirica. Relativamente a que-

sto aspetto, si possono evidenziare le (poche) ricerche che han-

no analizzato il legame tra giovani e musica

Nella (scarsa) misura in cui se ne è interessata, la sociologia italiana

ha sinora visto nella musica solo un‘occasione per discutere di altro,

per lo più di una genericamente definita condizione giovanile e delle

politiche ad essa relative, lasciando sostanzialmente inesplorato non

solo l‘aspetto determinante della produzione musicale, ma anche quel-

lo – peraltro essenziale per una adeguata comprensione di condizioni e

politiche (giovanili o meno) – della costituzione, proprio attraverso la

musica, di identità e gerarchie culturali.16

Una rassegna di queste ricerche è stata curata da Maria Tere-

15 M. SANTORO, La musica, la sociologia e 40 milioni di italiani, cit., pp. 955-956. 16 IVI, pp. 960-961.

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sa Torti (2000) la quale ha svolto delle interessanti indagini

qualitative sulle forme di comunicazione che sorgono nei luoghi

di incontro giovanili. Nel volume intitolato ―Abitare la notte.

Attori e processi nei mondi delle discoteche‖ (1997), l‘autrice

dà voce alle testimonianze degli stessi giovani sul significato

che hanno per loro la musica e il ballo. Emerge un panorama

interessantissimo di testimonianze che mettono in evidenza il

desiderio dei giovani di riscoprire e valorizzare il corpo come

segno/simbolo, di frequentare ambienti che consentono di eva-

dere dalla routine quotidiana, dove la musica e il ballo si confi-

gurano come ritualizzazione comunitaria, anche se effimera,

all‘interno della quale si celebrano gli eventi, le feste, ecc.

Si può menzionare, infine, il volume ―La musica e gli adole-

scenti. Pratiche, gusti, educazione‖ (2004), a cura di Giancarlo

Gasperoni, Luca Marconi e Marco Santoro, che raccoglie i ri-

sultati di una ricerca condotta sulla vita musicale degli adole-

scenti. Lo studio ha descritto atteggiamenti, valori, motivazioni,

conoscenze, preferenze e pratiche dei giovani adolescenti rispet-

to al mondo della musica, con riferimento ai diversi momenti di

vita dei soggetti intervistati (infanzia e adolescenti), e in rappor-

to ai differenti contesti sociali e istituzionali nei quali prende

forma la loro esperienza musicale (famiglia, amici, scuola).

In sintesi, al di là dei contributi fin qui menzionati,

l‘esperienza della musica come fenomeno sociale ha seguito la

sorte di altre manifestazioni della vita individuale e collettiva

(quali ad esempio lo sport e le emozioni) che, per quanto dense

di implicazioni sociologiche, rimangono ancora campi poco

esplorati.

Il presente lavoro è articolato in tre capitoli. Il primo capito-

lo presenta il percorso che ha portato la sociologia ad interessar-

si di musica. La fase di avvio dello studio sul rapporto tra musi-

ca e società in ambito sociologico, piuttosto frammentaria e

problematica, ha avuto notevoli sviluppi grazie all‘apporto e al-

la convergenza di diverse discipline: dall‘estetica alla musico-

logia, dall‘etnomusicologia alla fisica acustica e alla fisiologia.

Nello specifico, i lavori di Simmel e Weber sono basati, ol-

tre che sulle loro prospettive sociologiche, anche sulle proprietà

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formali e sulla storia sociale della musica, nonché sulle ricerche

etnografiche di carattere musicale svolte da autori di diverso

orientamento. Weber analizza il sistema tonale occidentale in

riferimento al grado in cui si manifesta una certa razionalizza-

zione del materiale sonoro, sia nei suoi sviluppi storici, sia at-

traverso la comparazione con sistemi musicali ―altri‖. Pertanto,

il suo studio sui fondamenti razionali e sociologici della musica

può essere considerato anche come un tentativo di risolvere al-

cune difficoltà teoriche della musicologia, illuminandole con

l‘ausilio di aspetti extra-musicali. Analogamente, Simmel cerca

di chiarire i rapporti fra produzione e ricezione musicale utiliz-

zando, nel contempo, materiali di diversa natura (musicologica,

estetica, psicologica, etnologica), oltre che propriamente socio-

logici.

I due autori possono essere considerati come pionieri del

dibattito sociologico della musica, nonostante i contributi, pre-

sentati sinteticamente in queste pagine, appaiono complessi,

frammentati e, per certi aspetti, incompleti. Il contributo di We-

ber, nonostante sia unanimemente riconosciuto come un contri-

buto decisivo o, come lo ha definito Adorno, il più completo ed

ambizioso abbozzo di una sociologia della musica, non sembra

avere avuto una influenza determinante nell‘impostazione negli

studi successivi.

Weber, tuttavia, lascia degli eredi che si sono ispirati diret-

tamente alle sue tesi. Si tratta di autori come Blaukopf, Silber-

mann e, soprattutto, Adorno e Schütz, alle cui teorie è dedicato

il secondo capitolo. Le riflessioni di Adorno sui processi sociali

di produzione, riproduzione e ricezione musicale, organizzati

intorno ai moderni mezzi di comunicazione di massa, si basano

su un approccio «critico» che, se da un lato tende a metterne in

evidenza gli aspetti negativi, dall‘altro mira a stimolare le co-

scienze degli individui.

Mentre Adorno adotta una prospettiva macrosociologica, at-

traverso cui prende in considerazione i processi di cambiamento

a lungo termine, i grandi processi storico-sociali, le comunica-

zioni di massa, Schütz adotta una prospettiva microsociologica

grazie alla quale analizza, nelle situazioni di interazione faccia-

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a-faccia, il complesso rapporto tra compositore, esecutore ed

ascoltatore. Secondo l‘autore, il significato di un‘opera musica-

le è riconducibile a quelle situazioni sociali dotate di un certo

tasso di intersoggettività, come il concerto o le rappresentazioni

teatrali, situazioni che sono soltanto occasioni tipizzate per con-

sentire l‘esibizione di atteggiamenti tipici da parte dei perso-

naggi.

Il terzo capitolo esplora il ruolo della musica nei processi

comunicativi e formativi. Tra le diverse funzioni che la musica

assolve sul piano sociale, quella comunicativa riveste un ruolo

fondamentale che consiste nella capacità di metterci in relazione

con noi stessi, con gli altri e con l‘ambiente circostante. La mu-

sica, al pari della comunicazione, può farci comprendere la vita

sociale come sistema di relazioni. Esplorando i nessi tra musica,

media, giovani e formazione si è posto l‘accento

sull‘importanza dell‘azione simbolica, proprio per dimostrare

come la musica dia forma e senso alle percezioni dei modi in

cui siamo coinvolti in un determinato universo intersoggettivo.

In tale senso, la musica costituisce una dimensione simbolico-

espressiva importante nella vita quotidiana delle persone, tanto

sul piano della comunicazione e delle relazioni sociali, quanto

su quello dei processi di costruzione dell‘identità.